La setta degli Eletti di Beatrix Bonnie (/viewuser.php?uid=83290)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una visita tanto attesa ***
Capitolo 2: *** Villa Maleficium ***
Capitolo 3: *** La proposta del Presidente della Magia ***
Capitolo 4: *** Un nuovo colpo per l'EIF ***
Capitolo 5: *** Piccoli bulli crescono ***
Capitolo 6: *** La setta degli Eletti ***
Capitolo 7: *** Terrore, schemi e pidocchi ***
Capitolo 8: *** Un ritardo quasi fatale ***
Capitolo 9: *** La paura più grande ***
Capitolo 10: *** Et cum spiritu tuo ***
Capitolo 11: *** Cimiteri e ragazze complicate ***
Capitolo 12: *** La storia di sir Percevall ***
Capitolo 13: *** Lealtà e slealtà ***
Capitolo 14: *** Il ladro di ingredienti ***
Capitolo 15: *** La pozione di differenziazione ***
Capitolo 16: *** Il rapimento ***
Capitolo 17: *** La regina degli scacchi ***
Capitolo 18: *** Un aiuto dal medioevo ***
Capitolo 19: *** Il cerchio si chiude ***
Capitolo 20: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Una visita tanto attesa ***
CAPITOLO
1
Una
visita tanto attesa
La
vecchina alla fermata dell'autobus stringeva con fare frenetico il
manico del suo ombrellino. «Sssh, buona Roxy...» ordinò
alla sua cagnetta, che continuava ad abbaiare contro quei due
sconosciuti. In effetti il loro aspetto bizzarro non convinceva
nemmeno l'anziana padrona, che riservava loro occhiatacce infuocare
con intervalli di pochi secondi. L'uomo indossava un completo verde
scuro che sembrava uscito da un romanzo dell'ottocento, con tanto di
ghette bianche e bastone da passeggio. Il ragazzino biondo al suo
fianco portava una buffa mantellina marrone che lasciava scoperte le
ginocchia ossute e un paio di calzettoni verde bottiglia. La vecchia
strinse a sé la borsetta con foga, come sa la cosa potesse
salvarla da una possibile aggressione.
Non
gli piacevano proprio quei due.
«Laughlin,
ricordami perché dobbiamo muoverci con questi mezzi Babbani»
sibilò l'uomo, rivolto al ragazzino, guardandosi intorno con
aria scocciata.
«Papà,
Edmund vive in un orfanotrofio di Babbani. Avrebbero seri problemi se
uscissimo dal tombino davanti al loro marciapiede!» spiegò
animatamente il giovanotto, tenendo d'occhio la strada, per
controllare che non arrivasse l'autobus.
Riuscire
a salire su quella vecchia scatola di latta con le ruote fu
un'impresa epica per Eoin Maleficium, una di quelle che i nonni
raccontano ai nipoti, se non fosse che il signor Maleficium non
avrebbe mai ammesso ai nipoti di essere salito su un autobus Babbano.
La
vecchia con in braccio la sua cagnetta spelacchiata che abbaiava come
una gallina strozzata si catapultò verso le porte del pullman
non appena quello rallentò davanti alla fermata. Lanciando
occhiatacce a chiunque le capitasse sotto tiro, si arrampicò
sui due gradini dell'autobus e si piazzò davanti all'entrata.
Gli
altri che dovevano salire la guardarono perplessi, ma quella non
accennò a muoversi.
Il
signor Maleficium era straniato. Rimase immobile davanti alla vecchia
acida che, sebbene fosse sopra due gradini, non riusciva ancora a
superarlo in altezza. Fu Laughlin a riscuoterlo, strattonandolo per
la manica, alla vista degli altri che furibondi si dirigevano verso
le porte sul fondo. Queste tuttavia erano destinate alla discesa dei
passeggeri, quindi ci fu un cozzare di gente tra chi tentava di
scendere e chi spingeva per salire.
Laughlin
si intrufolò tra gli spintoni e riuscì a salire
sull'autobus, ma il signor Maleficium, troppo poco avvezzo ai mezzi
Babbani e troppo di classe per trasformarsi in una belva da ora di
punta, rimase a terra. Le porte gli si chiusero davanti al naso e il
pullman riprese la sua corsa.
«Si
fermi! Si fermi!» strillò Laughlin dal fondo
dell'autobus, battendo i pugni contro il vetro, dal quale osservava
l'aria costernata del padre, appoggiato con nonchalance al suo
bastone da passeggio. L'autista frenò tanto bruscamente che
Laughlin si ritrovò con il naso spiaccicato contro la porta a
vetri.
«Che
succede?» domandò l'uomo allarmato, convinto che ci
fosse un guasto al suo mezzo.
«Mio
padre è restato giù!» esclamò un ragazzino
biondo sul fondo dell'autobus.
L'autista
sbuffò scocciato, ma ormai si era dovuto fermare, quindi tanto
vale far salire anche il genitore. Schiacciò il pulsante rosso
e le porte sul fondo si aprirono: un signore dall'aria indispettita
che sembrava essere uscito da un film in costume salì
sull'autobus.
Era
passato un anno dal giorno in cui il professor Captatio era venuto a
dirgli che lui era un mago. Esattamente un anno. Eppure Edmund era
ancora lì, nell'angolo più buio dell'orfanotrofio con
un libro appoggiato sulle gambe e la stessa divisa grigia che ormai
gli era diventata irrimediabilmente corta. Solo una cosa era
cambiata, all'apparenza: il libro che stava leggendo parlava di cose
che i Babbani non si potevano nemmeno immaginare.
In
realtà nel profondo di Edmund erano cambiate molte più
cose di quanto non sembrasse: aveva trovato degli amici, aveva
scoperto che aiutare gli altri lo faceva stare bene e che sentirsi
amato era una sensazione impagabile.
Mancava
solo una settimana all'inizio del nuovo anno scolastico e Edmund, al
contrario di qualsiasi altro tredicenne del mondo, non vedeva l'ora
di ricominciare. Era stato obbligato a fare i compiti che gli avevano
assegnato al Trinity nelle sale comuni dell'orfanotrofio, suscitando
l'ilarità nei suoi compagni, che si facevano beffe delle
pergamene e delle piume d'oca con l'inchiostro o che si divertivano a
rubargli gli enormi volumi rilegati sui quali doveva studiare. Per
Storia della Magia aveva dovuto svolgere una ricerca sulla battaglia
di Mag Tured, tra i mitici abitanti dell'Irlanda, i Tuatha e Danann e
i demoniaci Fomori, ma aveva a disposizione delle informazioni così
scarse che era stato costretto a recarsi alla biblioteca Babbana,
nella speranza di trovarvi qualcosa che gli permettesse di allungare
il suo misero tema.
Laughlin
gli aveva promesso che sarebbe venuto a prenderlo prima della fine
delle vacanze, ma non aveva ancora specificato la data esatta, così
Edmund era in febbrile attesa del suo arrivo da giorni. Tutte le
volte che qualcuno suonava al cancello, il ragazzino alzava gli occhi
dal libro, ma si trattava quasi sempre del lattaio o del postino.
Così ogni sera tornava al suo dormitorio con aria sconsolata,
cercando di convincersi che Laughlin sarebbe venuto a prenderlo il
giorno dopo.
«Rassegnati,
non verrà nessuno. Sei solo uno sfigato!»
Edmund
non alzò nemmeno gli occhi dal libro: era Shannon, lo
riconosceva da quella sua voce odiosa.
«Verrà
invece» rispose con tono tagliente.
Sì,
Laughlin glielo aveva promesso, ma sarebbe venuto davvero?
Mairead
gli aveva mandato un sacco di lettere, ma quando la direttrice
dell'orfanotrofio aveva sparato con il suo fucile a sale contro
l'ennesimo barbagianni che aveva recapitato la posta ad Edmund, la
sua amica si era rassegnata a usare i mezzi Babbani. Per fortuna era
cresciuta in un paese Babbano, quindi lei sapeva come spedire una
lettera, mentre Laughlin, che aveva smesso di scrivergli dopo
l'increscioso incidente con il barbagianni, non sapeva nemmeno da che
parte incollare il francobollo. Era arrivata solo una sua lettera,
con incollati tredici francobolli, disposti a caso sulla busta, e con
l'indirizzo scritto sbagliato. Era in quell'occasione che aveva
scritto a Edmund che sarebbe venuto a prenderlo prima della fine
delle vacanze, ma da allora erano passati quindici giorni e di
Laughlin non si era vista nemmeno l'ombra.
«Sei
solo uno sfigato e sfigati sono i tuoi amici!» continuò
Shannon, tirandogli addosso manciate di ghiaia del vialetto.
Edmund
mise a terra il libro e si alzò di scatto. «Lascia stare
i miei amici!» esclamò con veemenza, stringendo i pugni.
Shannon
gli mise una mano sulla spalla, come se fingesse di volergli dare un
consiglio amichevole. «Quali amici, sfigatello? Dici da giorni
che verranno a prenderti, ma io non ho ancora visto nessuno» E
poi scoppiò a ridere.
Edmund
distolse gli occhi: Shannon aveva sfondato una porta aperta. Laughlin
non era venuto.
«Edmund!»
esclamò qualcuno alla sue spalle.
Era
una voce che conosceva bene. Si voltò incredulo: un ragazzino
biondo gli stava rivolgendo un sorrido smagliante. «Laughlin!»
strillò pieno di entusiasmo.
Alla
fine era venuto! Avrebbe lasciato l'orfanotrofio, sarebbe andato a
casa di Laughlin, una vera casa di maghi!
Alle
spalle del suo amico, l'elegante signor Maleficium si guardava
intorno con aria sospetta. Era buffo vedere un uomo vestito con un
frac verde e un bastone da passeggio circondato da agitati ragazzetti
Babbani. Sebbene Edmund ora fosse abituato al mondo magico, si
rendeva benissimo conto dell'effetto che faceva agli altri
l'abbigliamento eccentrico del signor Maleficium.
Arrivò
la direttrice dell'orfanotrofio a rompere l'incanto. «Non credo
che Edmund possa venire con voi, signore. I ragazzi non possono
allontanarsi dall'orfanotrofio per più di ventiquattro ore
senza il premesso dell'assistente sociale» disse la donna con
un tono incerto. Probabilmente quanto sosteneva la direttrice era
vero, e certo sarebbe stata più disposta a chiudere un occhio
se il signor Maleficium non si fosse presentato all'appuntamento
vestito in quel modo.
Edmund
fu preso dallo sconforto: tanto per cominciare l'assistente sociale
che lo aveva in cura pensava che non fosse un ragazzino del tutto a
posto, e sicuramente se avesse visto chi era venuto a prenderlo, non
lo avrebbe mai lasciato andare a casa di Laughlin.
Ma
Edmund non aveva tenuto in conto quanto potesse essere influente Eoin
Maleficium. Si piantò davanti alla povera direttrice e la
fissò con uno sguardo che avrebbe fatto tremare anche il più
impavido. «Senta, signora, non ho affrontato un traumatico
viaggio in autobus fin qui per sentirmi dire che Edmund non può
venire a casa con noi».
La
direttrice si allontanò impercettibilmente. «Non dipende
da me, signore».
«Non
sono qui per negoziare una resa. Ragazzo, vai a prendere il tuo
baule. Noi intanto troveremo il modo di contattare questo assistente
nosoché».
Non
era una proposta amichevole, era un ordine.
Laughlin
sollevò un pugno al cielo esultando come se la sua squadra del
cuore avesse vinto la coppa di Quidditch. «Andiamo Ed»
disse poi, trascinando per un braccio l'amico incredulo.
In
realtà il baule di Edmund era già pronto da una
settimana abbondante, ma questo evitò di farlo notare
all'amico, per non far trapelare l'ansia con cui l'aveva atteso.
«Caspita,
e così tu dormi qui?» domandò Laughlin, quando
Edmund lo accompagnò fino al suo dormitorio. Era una stanza
enorme con le pareti di un tristissimo color grigio: cinque letti su
una parte ed altrettanti difronte con una serie di comodini erano
l'unico mobilio. Laughlin indovinò subito quale fosse quello
del suo amico: innanzitutto era l'unico che era stato rifatto e poi
sul comodino c'erano una serie di grossi volumi rilegati in pelle.
Edmund li prese e, insieme a quello che stava leggendo in giardino,
li ripose nel baule che teneva sotto il letto, dove c'erano tutte le
sue cose, perfettamente ordinate.
«Allora,
sei pronto?» domandò Laughlin.
Edmund
gli rispose con un sorriso. Guardò per un istante solo il suo
dormitorio, che non avrebbe più rivisto fino all'anno
prossimo.
«Assolutamente
sì».
Eccomi
di nuovo qui, con il seguito delle avventure del trio irlandese!
Spero che vi sia piaciuto il primo capitolo e che continuerete a
leggere il resto della storia.
A
presto, Beatrix
EDIT:
comincia anche per questo racconto la mia (coraggiosa e fiaccante)
opera di sistemazione dei dialoghi, che consiste nella sostituzione
di – con « e » e nell'andare a capo ogni volta che
parla un personaggio diverso, con l'obiettivo di rendere il tutto più
leggibile; oltre a ciò, correggerò alcuni piccoli
errori qua e là. B.B.
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Capitolo 2 *** Villa Maleficium ***
CAPITOLO
2
Villa
Maleficium
Andare
in giro per le strade affollate di Dublino trascinando un enorme
baule non era certo un'impresa facile per Edmund, ma il signor
Maleficium non accennava a rallentare il passo. Edmund era convinto
che per persuadere l'assistente sociale a lasciarlo partire, Eoin
Maleficium avesse fatto un incantesimo alla direttrice, perché
quando lui e Laughlin li avevano raggiunti nel suo ufficio, la donna
aveva un'aria stranamente pacifica dipinta sul volto e reggeva in
mano la cornetta del telefono con il quale aveva chiamato il
distretto comunale. «Allora ci vediamo l'estate prossima
Edmund» aveva detto con voce sognante.
Così
ora si trovava a trascinare il suo baule per Nassau Street con la
prospettiva di passare l'ultima settimana delle vacanze a villa
Maleficium. C'era solo un dubbio che frullava nella sua testolina.
«Come facciamo ad arrivare a casa tua? Prendiamo ancora
l'autobus?» domandò rivolto all'amico.
Laughlin
gli riservò un sorriso incoraggiante. «No, certo che no.
Un altro viaggio come quello farebbe impazzire papà. Useremo
la Metrombino».
«La
che?» ripeté Edmund scioccato: non aveva mai sentito
parlare di nulla del genere.
«Vedrai»
gli rispose Laughlin, battendogli una mano sulla spalla.
Il
signor Maleficium li condusse senza indugio verso una viuzza laterale
poco frequentata. Edmund non capiva cosa stesse cercando il signor
Maleficium con gli occhi fissi a terra, quando quello si accovacciò
con aria soddisfatta accanto ad un tombino. Sotto lo sguardo allibito
di Edmund, Eoin Maleficium levò la grata che copriva il buco.
«Vado prima io, così ti faccio vedere» spiegò
con aria seria.
Edmund
non aveva la più pallida idea di cosa il signor Maleficium
volesse mostrargli, ma non riuscì a trattenere un urlo quando
quello si buttò con un salto nel tombino, esclamando nel
frattempo “Villa Maleficium!”
«Che
cosa...?!» strillò il ragazzino, accucciandosi accanto
al tombino e scrutando il fondo con aria spaventata.
Laughilin
nel frattempo era scoppiato a ridere come se qualcuno avesse fatto
una battuta di spirito particolarmente divertente. Non appena si fu
ripreso dalla risata, spiegò all'amico: «Ed, quella è
la Metrombino. Tu salti nel tombino e pronunci il luogo dove vuoi
arrivare, così sbuchi fuori da un tombino collegato alla rete,
esattamente nel luogo che hai richiesto».
Ingegnosi
questi maghi!
Edmund
osservò ancora il buco, questa volta non per scoprire che fine
avesse fatto il signor Maleficium, ma per cercare di capire che magie
regolassero quel meccanismo. «Ma... puoi buttarti in qualsiasi
tombino?»
Laughlin
ridacchiò, perché non si rendeva mai conto di quante
cose il suo amico non conoscesse sul mondo magico. Gli spiegò
che c'erano una serie di metrombini collocati in tutta l'Irlanda,
controllati dal Dipartimento dei Trasporti Magici, di cui più
di una ventina nella sola Dublino. Saltandoci dentro, potevi andare
in qualsiasi luogo dove ci fosse un altro metrombino collegato alla
rete e per averne uno di fronte a casa propria bastava pagare un
canone annuo al Dipartimento.
«Avanti,
ragazzi. C'è anche altra gente» protestò un mago
anziano alle spalle di Laughlin, indicando con il bastone il tombino
accanto al quale era ancora accucciato Edmund.
«Certo,
mi scusi» rispose Laughlin, incitando l'amico con un cenno del
capo a buttarsi nel tombino. «Ti porto io il baule»
aggiunse poi, afferrando la maniglia del bagaglio.
Edmund
fece un sorrisetto tirato, poi prese un respiro e si tuffò
dentro, gridando con quanto fiato aveva in gola la sua destinazione.
L'idea
di buttarsi in un tombino non gli piaceva affatto, per questo aveva
chiuso gli occhi. Per prima cosa sentì un freddo glaciale che
gli penetrava fino alle ossa, ma forse era solo una sensazione: come
poteva esserci freddo, in piena estate?
Per
qualche secondo ebbe l'impressione di cadere, perché sentiva
come se qualcuno si fosse aggrappato alle sue gambe per trascinarlo
verso il fondo, poi improvvisamente avvertì un terreno
elastico sotto i suoi piedi e aprì gli occhi di scatto. C'era
solo buio intorno a sé. In una frazione di secondo la sua
caduta si arrestò e l'elasticità del terreno gli
restituì uno slancio tale che Edmund cominciò a
risalire. Urlò, finché non venne risputato fuori.
Luce
e un prato verde.
Atterrò
maldestramente sull'erba, con la faccia a pochi centimetri da una
formica che trasportava una grossa briciola. Il viaggio in sé
non doveva essere durato più di una manciata di secondi, tanto
che poco dopo arrivò Laughlin, atterrando con naturalezza in
piedi al suo fianco, reggendo tra le braccia il suo baule. Scoppiò
a ridere quando lo vide con la faccia a terra.
Edmund
si alzò in fretta e cercò di ripulirsi il più
possibile la divisa grigia dell'orfanotrofio. La Metrombino non era
certo il suo modo preferito di viaggiare.
«Benvenuto
a casa» esclamò Laughlin, allargando le braccia.
Edmund
non ci aveva nemmeno fatto caso: era arrivato in un giardino molto
curato, con aiuole di fiori e il prato tagliato all'inglese. Una
stradina di ghiaia bianca conduceva ad un'immensa villa in stile
neoclassico, con un colonnato davanti all'ingresso. «Uau...»
si lasciò sfuggire Edmund, osservando il tutto a bocca aperta.
Laughlin
gli sorrise, poi cominciò a trascinare il suo baule verso
l'entrata.
«Ma,
Laugh, stai sradicando tutta l'erba!» protestò Edmund
allibito, osservando l'effetto disastroso del passaggio del suo
baule.
Laughlin
si voltò con noncuranza ad osservare la scia che aveva
lasciato sul prato: non sembrava eccessivamente preoccupato del danno
che aveva provocato. Infatti, sotto gli occhi sgranati di Edmund,
l'erba cominciò a ricrescere rigogliosa, cancellando
completamente la traccia del passaggio di Laughlin. «Papà
utilizza un fertilizzante molto potente» ridacchiò
l'amico, facendogli l'occhiolino.
Edmund
rimase immobile a fissare il prato che pian piano si riformava dopo
il transito del pesante bagaglio. Quel fertilizzante doveva essere
una cosa molto comune tra i maghi, ma per Edmund era uno spettacolo.
Chissà quante cose non conosceva del mondo magico, cose che
non avrebbe mai imparato sui suoi adorati libri!
«Ed,
vieni?» lo richiamo Laughlin, che ormai era quasi arrivato
davanti alla porta di casa.
Edmund
si affrettò a raggiungerlo. Sull'uscio li stava attendendo una
bella signora, vestita in modo molto curato, con i capelli rossi
legati in un nodo dietro la testa: Daire Maleficium. Edmund l'aveva
vista una volta sola, quando a giugno era venuta a prendere Laughlin
alla stazione di Dublino.
Li
accolse con un sorriso benevolo e aprì loro la porta.
«Benvenuto Edmund» lo salutò dolcemente.
«Ehm...
grazie. Permesso» bisbigliò nell'entrare in casa. Non
era sicuro di sapere che cosa prevedesse l'etichetta dei maghi in
situazioni come quelle, ma cercò di essere il più
educato possibile.
«Accomodati
pure» rispose la signora Maleficium con gentilezza.
La
sala d'ingresso era enorme, curata nell'arredamento in ogni minimo
dettaglio: mobili d'antiquariato, tappeti dall'aria costosa e quadri
raffiguranti vari antenati della dinastia Maleficium, che lo
fissavano con aria austera dalle cornici elaborate. Sembrava che il
biondo fosse una caratteristica di famiglia, perché tutti i
soggetti ritratti avevano lo stesso colore di capelli di Laughlin e
di suo padre Eoin. Apparentemente non c'era nulla di magico nella
stanza, ad esclusione dei personaggi che si muovevano nei quadri, ma
Edmund era sicuro che ogni singolo mattone di quella casa nascondesse
un incantesimo di qualche tipo.
«Ehi,
ciao!» strillò una vocetta acuta. Edmund alzò gli
occhi sulla scalinata di marmo che stava di fronte alla porta
d'ingresso e vide un bimbetto biondo dall'aria esagitata che lo
salutava con la mano.
«Bearach,
mio fratello» lo presentò Laughlin con un cenno del
capo. Non sembrava particolarmente entusiasta della presenza del
fratellino. «Nove anni ma è una peste. Farà di
tutto per intrufolarsi nei nostri divertimenti in questi giorni»
sussurrò infatti poco dopo all'orecchio dell'amico.
Edmund
ridacchiò sotto i baffi, poi salutò il piccolo Bearach.
«Vieni,
ti mostro la stanza degli ospiti, dove dormirai tu, e dopo ti faccio
vedere camera mia» disse Laughlin, cominciando a salire la
scalinata dalla quale era appena sceso suo fratello.
«Ehi,
Laugh, ehi... posso venire con voi, eh, Laugh, posso?» esclamò
eccitato Bearach, saltellando da un piede all'altro.
Laughlin
si voltò verso di lui con aria contrariata. «No».
«Ma...
dai, per favore, per favore!» lo supplicò il fratellino.
Per
fortuna intervenne la signora Maleficium. «Bearach, lascia in
pace tuo fratello. Vieni qui con me» disse con un tono di voce
sereno, ma che non ammetteva la possibilità di disubbidire.
Finalmente
liberi dall'esagitato bimbetto, i due amici si recarono al piano di
sopra. La stanza degli ospiti era una camera da letto enorme, con il
soffitto a cassettoni e una grande vetrata che dava sul giardino. Al
centro c'era un letto a baldacchino, ai piedi del quale Laughlin
sistemò il baule. «Ora vieni a vedere qualcosa di
davvero straordinario!» esclamò poi, trascinando l'amico
per la manica verso camera sua.
«I
signorini gradiscono dei biscotti?» domandò una vocetta
stridula alle loro spalle.
Edmund
si voltò, ma trattenne a stento un urlo. «Oddio, e
questo cos'è?»
La
cosa che aveva parlato era un mostriciattolo verdognolo alto meno di
un metro, con due occhi sporgenti e delle spropositate orecchie a
punta.
«È
Lappy, il nostro elfo domestico» rispose Laughlin, afferrando
un biscotto dal vassoio che la creatura reggeva in mano.
«Lappy
non voleva spaventare il signorino, no, no, voleva solo portare dei
biscotti al padroncino e al suo amico» cantilenò il
piccolo elfo, dondolandosi avanti e indietro.
«Tranquillo,
Lappy, è tutto a posto. Ed non è abituato a vivere in
una casa di maghi» rispose Laughlin, dando un buffetto sulla
testa all'elfo. «I biscotti sono ottimi, comunque»
aggiunse poco dopo, afferrandone una manciata dal vassoio.
La
creaturina si sciolse in un sorriso di ringraziamento. «E
l'amico del padroncino non vuole assaggiare i biscotti di Lappy?»
domandò poi, porgendo il vassoio con aria estasiata verso
Edmund.
Il
ragazzo, ancora troppo sorpreso dalla scena, ne prese uno con aria
titubante, senza dire una parola.
«Grazie,
Lappy, sei stato davvero gentile» lo congedò Laughlin,
mentre quello retrocedeva con una serie infinita di inchini.
«Per
Lappy è un piacere servire la famiglia Maleficium!»
esclamò con entusiasmo, prima di sparire dietro l'angolo.
Vedendo
la faccia scioccata dell'amico, Laughlin fu costretto a spiegare la
natura del servizio degli elfi domestici e di come fossero attaccati
alla famiglia che servivano, soprattutto se venivano trattati con
gentilezza.
Dopodiché,
finalmente, lo condusse alla sua camera. Entrando nella stanza pareva
di essere passati in un'altra dimensione: non c'era più
traccia del curato stile neoclassico che permeava tutto il resto
della casa. Le pareti erano verdi e appeso c'era lo stendardo e un
poster della sua squadra preferita di Quidditch, i Kenmare Kestrels.
Il letto era in un angolo, ancora disfatto, e i vestiti che vi erano
abbandonati sopra erano talmente tanti che sembrava che l'armadio vi
avesse vomitato sopra tutto il suo contenuto. In un altro angolo
c'era una scrivania completamente ricoperta di pergamene, libri e
boccette di inchiostro lasciate a metà.
La
stanza nel complesso era molto luminosa, grazie all'ampia vetrata che
si apriva sulla parete davanti a loro. Al centro della camera,
venerata come fosse un'antica reliquia, stava l'arpa celtica che Eoin
Maleficium aveva regalato al figlio il Natale scorso. L'unica cosa
che potesse vagamente ricordare l'appartenenza di Laughlin ad una
nobile stirpe di maghi, era lo stemma di famiglia che troneggiava
sopra il letto.
«Questo
è il mio regno!» esclamò il ragazzino, allargando
le braccia.
Edmund
sorrise, cercando di reprimere quel vago senso di invidia che faceva
capolino nel suo cuore. Dopotutto, lui non avrebbe mai avuto nulla
del genere.
«È
fantastico, Laugh».
Ecco
qui il nuovo capitolo!
Per
rinfrescare un po' la memoria, scrivo le pronunce dei nomi irlandesi
fin qui citati.
Mairead
= Mayreed; Laughlin = Locklin (l'abbreviativo Laugh, si leggerà
dunque Lock); Eoin = Owen; Bearach = Barock; Daire = Dora.
@
Salice: grazie mille del commento! Anche a me piace molto la famiglia
Maleficium, perché dimostrano che essere purosangue non va
necessariamente a braccetto con l'essere cattivi. Ma questo lo
sappiamo bene io e te, che scriviamo storie molto simili! ;-) Per la
correzione, grazie mille, ho provveduto a cambiare il vocabolo. Se
trovi qualche altro errore, segnalamelo pure. Anzi, mi fai un favore
se mi correggi, perché quando sarà finita, intendo
regalare questa storia alla mia sorellina (è una fan di HP!),
quindi meno errori ci sono, meglio è!
Ciao
ciao, a presto!
EDIT:
continua l'opera di sistemazione dei dialoghi; visto che ci siamo,
QUI l'immagine che rappresenta
Bearach Maleficium!
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Capitolo 3 *** La proposta del Presidente della Magia ***
CAPITOLO
3
La
proposta del Presidente della Magia
La
vita a villa Maleficium trascorreva piacevolmente per Edmund. Dopo il
disadattamento iniziale, si era perfino abituato alle servizievoli
attenzioni di Lappy. Daire Maleficium era sempre gentile e amorevole
e soprattutto era l'unica a cui Bearach ubbidisse senza lamentarsi.
Lei lavorava come stilista per una casa di moda, ma in quella
settimana aveva preso dei giorni di ferie, per poter stare a casa con
i ragazzi. Il signor Maleficium, invece, andava a lavorare tutti i
giorni, attraverso la Metrombino, a Dublino, dove c'era la sede del
Corriere del Mago di cui lui era il direttore, e tornava a
casa sempre in tempo per la cena, con sottobraccio una copia in
anteprima del giornale che sarebbe uscito giorno successivo. La sera,
dopo mangiato, si sedeva in poltrona e ricontrollava con attenzione
l'impaginatura e gli articoli, fumando con calma la sua pipa. Quando
era soddisfatto, dava il comando ai suoi sottoposti di procedere con
la stampa.
Ogni
giorno Laughlin inventava qualcosa di nuovo da fare per divertire il
suo ospite, come inseguire per tutto il giardino, armati di
bombolette di diserbante, le spruzzicavallette, degli insetti enormi
che saltavano e spruzzavano liquido tossico, o giocare a lanciarsi la
Pluffa di cuoio rosso, correndo nel campo di grano poco lontano da
villa Maleficium, di proprietà di un burbero contadino
Babbano, che tutte le volte li inseguiva adirato perché gli
distruggevano il raccolto.
Come
aveva previsto Laughlin, suo fratello Bearach tentò in ogni
modo di intrufolarsi, ma Laughlin lo scacciava tutte le volte che
poteva. Ogni tanto Daire Maleficium lo costringeva a portarlo con sé,
ma il più delle volte Laughlin riusciva a scaricarlo alla
mamma. I due battibeccavano sempre, per qualsiasi motivo, e i
genitori avevano un gran da fare per tentare di farli andare
d'accordo.
Edmund
chiese anche all'amico di suonare per lui un pezzo con l'arpa
celtica, richiesta che Laughlin accettò di buon grado. Non
appena cominciò a suonare, Edmund capì che il suo amico
era davvero portato per la musica. Anche Eoin Maleficium era un bravo
musicista, anzi, sapeva suonare numerosi strumenti, e ogni sera li
deliziava con un pezzo, di volta in volta con l'arpa, il violino, il
pianoforte o la cornamusa irlandese. Laughlin confermò che se
il padre non fosse direttore del giornale più letto in
Irlanda, gli sarebbe piaciuto aprire una scuola di musica.
Infine
Eoin Maleficium aveva messo a disposizione di Edmund la sua
fornitissima biblioteca, così il ragazzo passava la notte a
leggere, accoccolato tra le coperte profumate del suo letto a
baldacchino, alla luce fioca di una candela.
Fu
l'ultimo giorno di vacanza che i signori Maleficium ricevettero un
ospite inaspettato. Laughlin e Edmund si stavano preparando per
uscire a giocare a Quidditch, nonostante la pioggia battente, quando
qualcuno bussò alla porta. Laughlin andò ad aprire, ma
rimase impietrito quando vide chi aveva bussato. C'era un uomo
sull'uscio, con uno sguardo penetrante e la mascella contratta.
L'unica cosa che spiccava del suo completo blu scuro era una coccarda
rossa adagiata sulle spalle e ornata con una enorme spilla dorata.
«Oh,
ehm... le chiamo mio padre, signor Presidente. Prego, si accomodi»
farfugliò Laughlin, facendo entrare in casa l'uomo. Edmund gli
lanciò uno sguardo interrogativo, così lui bisbigliò
all'orecchio: «Non la vedi la coccarda rossa?»
«E
cosa vuol dire?» sussurrò Edmund di rimando.
Laughlin
sgranò gli occhi di fronte all'ignoranza dell'amico sul mondo
dei maghi. «È Adolfus McPride, il Presidente della
Magia!»
Edmund
squadrò l'uomo di sottecchi: emanava un'aurea di potere e
autorità anche solo nel modo in cui camminava. Il suo sguardo
penetrante ispirava al medesimo tempo sicurezza e terrore. Quell'uomo
era nato per comandare.
Laughlin
nel frattempo lo aveva fatto accomodare in salotto ed era corso al
piano di sopra per chiamare suo padre. Edmund era rimasto impalato in
ingresso, ancora con la scopa in mano e gli occhialetti da Quidditch
sulla fronte.
McPride
gli rivolse un sorriso dal salotto. Non che la cosa riuscì a
rassicurare Edmund perché McPride aveva l'aria di uno squalo
che sogghigna davanti alla sua preda. Il mago gli fece un cenno del
capo perché si avvicinasse. Non c'era l'opzione “rifiuto”
nei suoi occhi, così Edmund si accostò alla poltrona
dove era seduto il Presidente, come un condannato che va al patibolo.
«Tu
non sei il figlio di Eoin Maleficium» disse McPride, non appena
Edmund si fu avvicinato.
«No,
signore. Sono un amico di Laughlin» replicò
sommessamente il ragazzino.
McPride
sembrava sapere già come avrebbe risposto Edmund, per cui
continuò: «E come ti chiami?»
«Edmund
Burke, signore» sussurrò il ragazzo, a disagio. Non
capiva perché McPride gli stesse facendo quell'interrogatorio.
Il
Presidente osservò per un attimo la delicata fattura del
caminetto di fronte a lui, aggiustandosi il monocolo che portava
sull'occhio sinistro, come se fosse assorto nei suoi pensieri. Poi
disse, nuovamente rivolto verso Edmund: «Burke... non ne ho mai
sentito parlare. Non è una famiglia irlandese di maghi molto
famosa, vero?»
Edmund
si irrigidì e si allontanò di un passo da McPride.
L'uomo,
per un attimo, fu sorpreso da quella reazione, ma poi quando vide lo
sguardo glaciale del ragazzetto, sfoderò nuovamente il suo
sorriso da squalo.
«Che
importanza ha la mia famiglia, signor Presidente, quando ciò
che rende grande un mago è il modo in cui utilizza la sua
intelligenza, non le sue origini?» rispose Edmund con
freddezza.
Adolfus
McPride contemplò il ragazzino che aveva davanti, con un
sorriso lupesco. «Credo che sentirò ancora parlare di
te, giovane Burke».
«Signor
Presidente» esclamò Eoin Malefiucium entrando in salotto
e interrompendo la tacita guerra di sguardi tra Edmund e McPride.
L'uomo si alzò dalla poltrona e si fece incontro a Eoin per
stringergli la mano.
Edmund
ne approfittò per sgattaiolare fuori dalla stanza. Corse su
per le scale, diretto alla camera di Laughlin, quando un braccio
sbucò da una porta che non c'era mai stata e lo trascinò
dentro.
«Ssssh.»
fece Laughlin, posandosi l'indice sulle labbra.
Edmund
si guardò intorno: sembrava un vecchio stanzino delle scope,
pieno di paccottiglia magica. «Che posto è questo?»
domandò all'amico, presagendo una risposta che comprendeva
incantesimi e losche trame.
«È
il nostro ripostiglio. È nascosto alla vista di chiunque, a
meno che tu non sappia come entrarci. La casa è piena di
stanze del genere e per la maggior parte le usiamo come magazzino, ma
a volte possono tornare utili anche per altri scopi» rispose
Laughlin con aria cospiratrice.
«E
qual è il nostro scopo?» chiese Edmund, temendo che la
cosa avesse a che fare con il Presidente della Magia.
«Qui
passa la cappa del camino: se appoggi l'orecchio alla parete si
sentono le voci della sala» sussurrò Laughlin con un
sorrisetto complice. Origliare una conversazione privata tra suo
padre e il Presidente della Magia era certamente un'idea
sconveniente, ma la curiosità rodeva lo stomaco ai ragazzini.
E poi c'era sempre il fascino di fare qualcosa di proibito.
I
due amici accostarono le orecchie al muro, ma le voci dei maghi che
discutevano al piano di sotto giungevano soffocate.
Edmund
allora si allontanò dalla parete scocciato ed estrasse la
bacchetta dalla tasca dei pantaloni. «Spostati» intimò
all'amico. «Sonorus!» bisbigliò, puntando
il muro.
«Gradisce
una tazza di te, Presidente?» la voce di Eoin Maleficium riempì
il piccolo stanzino, come se l'uomo fosse proprio lì accanto a
loro.
«E
questo dove l'hai imparato?» domandò Laughlin con un
sorriso di approvazione.
Edmund
fece spallucce. «L'ho letto in un libro di incantesimi».
«Non
puoi fare magie fuori dalla scuola!» esclamò una vocetta
acuta. Bearach, fermo sull'uscio dello stanzino, li fissava con gli
occhietti ridotti a due fessure. Evidentemente aveva aperto la porta
senza che loro se ne fossero accorti e aveva assistito alla scena
dell'incantesimo.
Laughlin
avrebbe voluto scagliarsi contro il fratellino, ma il tono sicuro con
cui rispose Edmund lo trattenne. «Lo so, tutti i minorenni
hanno addosso una Traccia, ma siamo in una casa piena di maghi: il
governo saprà solo che qui è stato fatto un
incantesimo... non da chi» spiegò in tutta tranquillità.
Il
sorrisetto di Edmund era quasi terrificante. Con quel cervello, se si
fosse dato al crimine, sarebbe diventato il mago più temuto di
tutti i tempi. Per fortuna fino ad allora aveva usato le sue risorse
solo a fin di bene.
«E
questo come lo sai?» domandò Laughlin, sempre più
stupito dalla profonda conoscenza dell'amico.
Ancora
una volta Edmund alzò le spalle. «L'ho letto in
“Regolamenti e leggi per la restrizione della magia tra i
minorenni”. Sai, mi interessava per sapere se avrei potuto
fare magie all'orfanotrofio».
«Te
l'ho già detto che leggi troppo, Ed?» rispose Laughlin,
scuotendo la testa in segno di disappunto.
La
questione si sarebbe potuta concludere lì, se Bearach
Maleficium non fosse stato un bambino veramente pestifero. «Be',
comunque lo dirò alla mamma!» strillò, battendo i
piedi a terra e incrociando le braccia al petto con aria
indispettita.
Laughlin
sospirò sonoramente. «Senti, se non glielo dici, ti
facciamo restare qui con noi ad ascoltare».
L'umore
di Bearach cambiò improvvisamente. «Uau! Va bene!»
esclamò con entusiasmo, poi fece un sorriso smagliante e si
avvicinò ai due ragazzini.
«Si
lascia corrompere facilmente il mio fratellino» sussurrò
Laughlin, strizzando l'occhio al suo amico, con l'aria di chi la sa
lunga.
I
tre ragazzetti rimasero in religioso silenzio ad ascoltare la
conversazione che si svolgeva al piano di sotto, che a quanto pareva
stava prendendo una piega interessante.
«...
ovviamente in cambio del suo appoggio, la mia fondazione verserà
un cospicuo contributo nelle casse del suo quotidiano» stava
appunto dicendo McPride. Che cosa poteva attirare l'attenzione del
Presidente della Magia, tanto da proporre un accordo a Eoin
Maleficium?
«Non
sono interessato alla sua proposta» rispose con tono gentile ma
fermo il signor Maleficium.
«Non
si affretti a prendere una decisione. Si tratta di un accordo
importante. Le lascerò qualche giorno per pensarci»
esclamò McPride di rimando con un tono che voleva essere
gioviale. Edmund se lo immaginò mentre rivolgeva a Eoin lo
stesso sorriso da squalo che aveva riservato a lui.
«Ho
già riflettuto a sufficienza, signor Presidente. Il mio è
un giornale libero e, per quanto il contributo da lei versato possa
essere cospicuo, se appoggiassi la sua candidatura alle elezioni di
gennaio, mi sentirei obbligato a darle il mio sostegno
incondizionato, cosa che mi renderebbe meno obiettivo nel giudicare i
fatti. E il mio è un giornale che esprime fatti, non
ideologie» rispose la voce ferma di Eoin.
Ci
fu un attimo di silenzio, poi McPride riprese: «Molto bene. Se
queste sono le sue ultime parole...»
«Sono
le mie ultime parole» confermò il signor Maleficium in
tono tagliente.
«Allora
non mi resta che ritirarmi» completò McPride. Nonostante
il rifiuto di Eoin, la sua voce sicura e sempre gentile sembrava
mascherare bene la delusione che aveva ricevuto. Era un uomo che
sapeva come tramare una fitta rete di relazioni sociali e non lasciar
deteriorare i rapporti con nessuno. Era un politico, un uomo di
governo fatto per comandare.
«Non
c'è che dire, tuo padre è un uomo tutto d'un pezzo»
bisbigliò Edmund con ammirazione.
Laughlin
sogghignò. «Già, quasi quanto Bearach»
rispose, accennando con il capo al fratellino.
Quella
sera a cena nessuno fece domande sull'incontro tra Eoin e il
Presidente della Magia, perché tutti sapevano cosa era
successo: Daire perché glielo aveva raccontato il marito, i
tre ragazzini perché avevano origliato di nascosto la
conversazione tra i due maghi.
Tuttavia
Edmund era curioso di conoscere come funzionavano le istituzioni
della Repubblica Magica d'Irlanda e l'unico che potesse rispondere
alla sua domanda era proprio il signor Maleficium. Così gli si
rivolse leggermente impacciato.
Eoin
si mostrò disponibile nei suoi confronti ed era felice di
poter soddisfare la curiosità di quel ragazzino così
assetato di notizie. «Vedi, Edmund...» cominciò a
spiegare, dopo aver bevuto un sorso di vino rosso. «I cittadini
eleggono l'Uachtaran na Poblacht Driochta na hEireann, il
Presidente della Repubblica Magica d'Irlanda, che resta in carica
cinque anni. Una volta eletto, egli sceglie tra i suoi collaboratori
chi mettere a capo dei vari Ranna na Aireacht, i Dipartimenti
del Ministero».
«Come
il Dipartimento dei Trasporti Magici!» esclamò Edmund,
ricordandosi delle parole di Laughlin riguardo alla Metrombino.
Eoin
fece un cenno d'approvazione con il capo. «Esatto, o come il
Dipartimento degli Affari Esteri...» continuò, prima che
Laughlin lo interrompesse di nuovo, commentando in tono acido: «E
indovina chi è il boss di questo dipartimento? Scipio
Diablaiocht, il padre di Ailionora, quella maledetta, odiosa...»
«Ti
piace!» strillò Bearach, alzandosi in ginocchio sulla
sedia, per poter dominare meglio il tavolo.
Laughlin
gli lanciò un'occhiata fulminante. «Che roba dici?»
«Ti
piace, ti piace! Quando uno dice che odia qualcuno è perché
gli piace!» insistette Bearach, agitando la forchetta in aria
come un folle predicatore. Chissà dove aveva sentito quella
frase, che ora spacciava come verità assoluta.
Ancora
una volta fu necessario l'intervento di Daire Maleficium per calmare
il bollente spirito del piccolo Bearach.
Finalmente
Eoin poté continuare nella sua spiegazione: «Il
Presidente della Magia e il capi dei Dipartimenti formano l'Aireacht
na Draiocht, il Ministero
della Magia, un collegio che ha il potere esecutivo e quello di
proporre le leggi. Tuttavia, queste ultime, per essere approvate,
necessitano del voto favorevole dell'Indipendente Parlamento Magico,
il Neamhspleach Parlaimint Draiochta. Anche i membri del
Parlamento vengono eletti dai cittadini, ma una volta ogni sette
anni. Il Parlaimint, oltre a votare le leggi, è l'unico
ad avere il potere di destituire il Presidente della Magia, qualora
questo si macchi di gravi reati contro la Repubblica» Eoin
bevve un altro sorso di vino rosso. «Infine...» continuò,
«Il potere giudiziario è nelle mani del collegio di
magistrati indipendenti dalla politica, chiamato Breith Cuirt na
Draiocht, Corte della Magia».
Edmund
aveva ascoltato affascinato tutta la spiegazione del signor
Maleficium. Dunque il potere di McPride era parecchio ampio e bastava
guardarlo per capire come aveva fatto a raggiungere quella posizione.
Però a Edmund McPride faceva venire i brividi. Gli sembrava
una persona che non si sarebbe fatta troppi scrupoli ad eliminare
chiunque gli avesse intralciato la strada. Il fine giustifica i
mezzi, pareva che dicessero i suoi occhi penetranti. E ciò che
più lo faceva raggelare era il fatto che McPride riusciva a
nascondere la sua parte animalesca per incantare il popolo con modi
affabili e con un'immagine di forza e sicurezza. Era uno squalo,
quell'uomo.
«Forza,
giuristi, è ora di andare a letto» esclamò Daire,
strappandolo ai suoi pensieri. «Domani ci aspetta una giornata
faticosa. Avete già preparato i vostri bauli?»
«Certo!»
rispose Laughlin con un entusiasmo forse troppo marcato, tanto che il
padre gli lanciò un'occhiata di sbieco, intuendo la verità:
la camera di Laughlin era nello stesso stato di pietoso disordine da
quando Edmund era arrivato e il baule era sommerso da vestiti e
cartacce, ben lontano dall'essere pronto.
«Allora
a nanna» concluse Daire con un sorriso, dando un buffetto a
Bearach che si era lamentato sbuffando e incrociando le braccia al
petto.
Mentre
Edmund si appollaiava sul suo letto a castello, solo nell'immensa
camera degli ospiti, i cupi pensieri su Adolfus McPride lasciarono
posto ad un dolce sollievo: l'indomani sarebbe tornato nell'unico
posto che aveva mai chiamato casa, il Trinity College per
Giovani Maghi e Streghe.
Ecco
qui il terzo capitolo! Scusatemi per questo excursus sull'ordinamento
della repubblica, ma il modo in cui la Rowling liquida la situazione
mi sembrava troppo semplicistico, e poi queste nozioni mi serviranno
anche più avanti. Spero che non sia stato troppo noioso!
@Sydelle:
grazie mille dell'interessamento, aspetterò con ansia le tue
recensioni!
@Salice:
anche io adoro Bearach, è troppo insopportabile! Mi sono
divertita un sacco a scrivere di lui. E sì, penso che la
Metrombino sia una grande trovata per questi maghi, anche perché
esclude le scomodità della Metropolvere, che ti fa uscire dal
camino come se avessi fatto un bagno nella cenere! E infine, forza
purosangue onesti! Fatevi valere! Ehehe! A presto!!
@quigon89:
tranquillo, anche io mi stupisco di aver aggiornato così
presto! Ma la pacchia sta per finire... appena ricomincerò le
lezioni all'università, sarò sempre più lenta!
Anche a me piacciono un sacco i Maleficium, sono una famiglia molto
ben assortita. Adoro poi la fermezza di Eoin e mi sono divertita un
sacco a parlare di lui in questo capitolo. Per Mairead, arriverà
presto, vedrai! Sempre più impulsiva ed esagitata! Ciao ciao
@darllenwr:
adoro leggere i tuoi commenti, mi dai sempre un sacco di nuove idee e
mi sproni a dare sempre il meglio. In tuo onore, in questo capitolo
ho messo tantissime parole in irlandese (ho usato un vocabolario
english-irish su internet... speriamo siano corrette le traduzioni!).
Che dire del povero Edmund? E sì, tutti lo prendono in giro e
avere tredici anni, senza sapere chi sono i suoi genitori ed essendo
lo zimbello di tutti i coetanei, per lui non è per niente
facile. Ma almeno ha degli amici che lo aiutano! Per la descrizione
di Villa Maleficium, mi sono divertita tantissimo a mettere a
soqquadro la camera di Laughlin. Insomma, alla sua età ha
tutto il diritto di essere disordinato! A presto!
Grazie
a tutti per i commenti, o anche sono per aver letto la storia!
Beatrix
EDIT:
continua l'opera di sistemazione dei dialoghi; visto che ci siamo,
QUI l'immagine che rappresenta Adolfus McPride!
|
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Capitolo 4 *** Un nuovo colpo per l'EIF ***
CAPITOLO
4
Un
nuovo colpo per l'EIF
Erano
in ritardo, in spaventoso ritardo. Tanto per cambiare.
Mairead
schivò con destrezza i Babbani che affollavano la stazione di
Dublino, tenendo stretta al petto la gabbietta del suo furetto Roddy,
mentre il padre la seguiva incespicando e trascinandosi dietro
l'enorme baule. «Papà! Sbrigati o il treno partirà
senza di me!» si lagnò la ragazzina.
Era
colpa di Reammon se erano così in ritardo, perché
quando stavano per partire, lui si era accorto all'improvviso che non
aveva la bacchetta magica e quindi avevano passato almeno un quarto
d'ora a cercarla per tutta la casa. Quando finalmente Mairead l'aveva
trovata tra i cuscini del divano, aveva minacciato di legargliela al
collo perché non la perdesse più. Suo padre era l'uomo
più caotico che avesse mai conosciuto. Però le piaceva
così com'era.
Si
tuffarono entrambi nel minuscolo sgabuzzino che dava accesso al
binario dell'espresso per il Trinity e aprirono il varco magico.
Tutti i ragazzi erano già sul treno e si sbracciavano per
salutare i genitori dal finestrino.
Reammon
aiutò la figlia a caricare il bagaglio sul treno. «Fai
la brava» le raccomandò con dolcezza.
Tutti
gli anni la stessa storia.
«Papà,
io sono brava» rispose Mairead, alzando gli occhi al
cielo. Tuttavia questa volta il padre la squadrò con occhio
critico: l'ultima volta che gli aveva risposto in quel modo, aveva
rubato un prezioso manufatto, inseguito una pazza criminale e
rischiato di farsi uccidere. Mairead intuì i pensieri del
padre, quindi si affrettò a rassicurarlo: «L'incidente
dell'anno scorso con la Lancia di Lugh è stato...» ci
pensò un attimo. «...un incidente. Quest'anno filerà
liscio come l'olio, vedrai».
Il
treno cominciò a muoversi. Reammon diede un bacio sulla fronte
alla figlia.
«Ti
voglio bene, papà» lo salutò Mairead con un
sorriso smagliante.
Quando
il treno fu finalmente partito, e suo padre non era altro che un
puntino in lontananza, Mairead cominciò a trascinare il baule
lungo il corridoio, fino a che non individuò uno
scompartimento occupato da due ragazzini intenti a chiacchierare.
«Edmund!
Laughlin!» esclamò entrando.
I
due si voltarono a guardarla.
«Ciao
Mairead!» la salutò Laughlin, alzandosi per
abbracciarla. Nel frattempo Edmund estrasse la bacchetta dalla tasca
dei pantaloni e fece levitare il baule dell'amica fino alla retina
sopra i sedili.
«Passato
bene le vacanze?» domandò Edmund con un sorriso.
Mairead
raccontò dei suoi viaggi in tutta l'Europa al seguito del
padre che era alla caccia di chissà quale manufatto magico
andato perduto. Avevano studiato siti archeologici di otto diverse
nazioni, si erano persi nei dedali di biblioteche di monasteri
medioevali e avevano partecipato a riti magici delle popolazioni
scandinave del Circolo Polare Artico.
«Io
ho assistito alla caccia al barbagianni» disse Edmund, cercando
di dare un tono avventuroso all'episodio. «La direttrice
sembrava impazzita, continuava a sparare a caso verso l'alto».
Mairead
scoppiò a ridere. «Mi dispiace per quell'incidente, Ed.
D'ora in poi ti spedirò lettere soltanto con la posta Babbana»
gli disse, mettendogli una mano sulla spalla.
Laughlin
sbuffò. «Che meccanismo antiquato. Io ti avrò
spedito almeno dieci lettere, ma tu mi hai risposto solo una volta»
si lagnò, incrociando le braccia al petto, in una posa che a
Edmund ricordò terribilmente il fratellino Bearach.
Allora
Laughlin gli aveva spedito altre lettere, non l'aveva abbandonato!
Evidentemente però, così come l'unica che aveva
ricevuto era arrivata a destinazione per intervento divino, le altre
dovevano essersi perse, a causa di indirizzi scritti sbagliati o di
francobolli incollati in malo modo.
«Tranquillo,
Laugh, alla fine di quest'anno dovremmo scegliere i nuovi corsi. Tu
potrai fare Babbanologia, se ti interessa» ridacchiò
Mairead.
«Scordatelo»
rispose Laughlin, offeso.
Fu
l'immagine di una enorme croce celtica che si agitava dalla prima
pagina del giornale abbandonato sul tavolino che rapì
l'attenzione di Mairead. C'era solo una spiegazione per una foto del
genere: l'EIF.
«Che
è successo?» domandò la ragazzina preoccupata,
accennando con il capo al quotidiano.
«Questo?»
chiese Laughlin, afferrando il giornale. «Pare che qualche
giorno fa l'EIF abbia assalito e rapito un mago, ma la notizia è
trapelata solo ieri sera. Papà è stato sveglio tutta la
notte per riorganizzare gli articoli».
«Posso?»
domandò Mairead, allungando le mani per farsi passare il
quotidiano.
“Un
altro colpo per l'EIF: rapito un pozionista molto noto.”
recitava il titolo stampato a caratteri cubitali in prima pagina.
Poco sotto, la spettrale croce celtica di fumo verde tremolava sopra
una casa buia e cupa.
«Sembra
che nessuno abbia visto niente, ad esclusione di un denso fumo blu»
commentò in tono piatto Laughlin.
Gli
occhi di Mairead furono rapiti da alcune parole sul fondo
dell'articolo: Rodolphus Cox non era di origini inglesi, come lo
sono invece molte altre vittime dell'EIF. Ma allora nessuno può
più stare tranquillo? L'Aireacht
na Draiocht dovrà darsi molto più da fare per
garantire l'incolumità dei suoi cittadini.
A Mairead quelle parole risuonarono nella testa. Le sembravano molto
velenose nei confronti dell'inefficienza del Ministero della Magia
nel fermare i crimini commessi dall'EIF, che restavano quasi sempre
impuniti. D'altronde lei non poteva che condividere quell'accusa,
visto che chiunque avesse ucciso sua madre quasi sette anni fa era
ancora a piede libero.
Mairead
appoggiò il giornale sul sedile vuoto accanto a sé con
aria sconsolata. «Chissà perché l'hanno
rapito...» si chiese con un sospiro.
Edmund
alzò le spalle, come se la risposta fosse ovvia. «Se è
un pozionista così bravo, potrebbe far sempre comodo all'EIF»
disse con semplicità. «Quello che mi scoccia è
che la notizia sia trapelata solo ieri» continuò poi,
incupendosi al ricordo dell'interrogatorio di McPride.
Laughlin
invece non sembrava eccessivamente stupito dalla cosa. «Il
Ministero non avrà voluto dare nessuna informazione, finché
non fossero stati sicuri di quello che era successo» commentò,
osservando fuori dal finestrino i contorni del paesaggio sfumati
dalla pioggia.
Edmund
afferrò il giornale e gli piazzò davanti al naso la
foto della croce celtica. «Questa
non lascia dubbi su cosa sia successo» rispose in tono
tagliente.
Laughlin
scrollò le spalle, disarmato di fronte alla logica
schiacciante dell'amico. «Senti, non so che dirti. Sono i
meccanismi di governo» farfugliò, strappando il giornale
dalle mani di Edmund e lanciandolo sul sedile.
Edmund
incrociò le braccia al petto. «Be', sono meccanismi
sbagliati» disse con cocciutaggine.
Mairead
gli mise una mano sulla spalla. «Ma Ed, con che scopo avrebbero
dovuto tenere nascosta la cosa per qualche giorno?»
Edmund
riprese spirito e batté il pugno sul misero tavolino di legno
sotto il finestrino. «Perché così la gente pensa
inconsciamente che il fatto sia accaduto ieri, mentre invece è
avvenuto giorni prima! E in questo modo nessuno arriva a collegarlo a
qualche altro crimine che è successo nel frattempo!»
protestò con veemenza.
Mairead
e Laughlin ridacchiarono. «Dai, Ed, adesso stai esagerando»
gli rispose la ragazzina, scuotendo la testa.
Edmund
sbuffò e si imbronciò. Era sicuro che ci fosse qualcosa
di losco sotto quel caso di rapimento e la bassa stima che provava
nei confronti di McPride non migliorava certo la situazione.
Il
resto del viaggio trascorse abbastanza tranquillo. Mairead e Laughlin
fecero qualche partita a Sparaschioppo e i tre amici chiacchierarono
allegramente. Fu verso la fine, quando i ragazzi avevano già
indossato le loro divise, che qualcuno aprì la porta dello
scompartimento con violenza: una ragazzina dai lunghi capelli neri,
con un'espressione di superiorità stampata sul volto.
Ailionora Diablaiocht.
«Che
vuoi?» le domandò con cattiveria Laughlin, al quale
scottava ancora la battuta fatta ieri dal fratellino.
Ailionora
alzò una spalla, in segno di disinteresse. «Volevo
accertarmene di persona. Sai, credevo che non saresti venuta»
commentò in tono di scherno, guardando Mairead.
La
ragazzina digrignò i denti. «Perché non sarei
dovuta venite?» domandò, perforando la sua avversaria
con lo sguardo.
Ailionora
indicò il giornale, abbandonato accanto a Laughlin: la croce
celtica spiccava in prima pagina. «Sarà un anno
pericoloso per voi sasanachfuil».
«Non
chiamarmi in quel modo!» strillò Mairead, alzandosi si
scatto dal sedile.
Ailionora
non fece una piega. «Io me ne starei chiusa in casa, fossi in
te. Non si sa mai, di fare la stessa fine della tua cara mammina».
Fu
un lampo. Mairead aveva estratto di tasca la bacchetta e aveva
spedito contro Ailionora una qualche fattura, prima che i suoi amici
riuscissero a fermarla.
La
ragazzina rotolò sul pavimento del corridoio, ma non perse
tempo: estrasse anche lei la bacchetta e contrattaccò senza
esitazione. L'incantesimo mancò per un pelo l'orecchio destro
di Mairead.
Qualcuno
si aggrappò alla manica della sua camicia e la strattonò.
«Mairead,
smettila!» protestò Edmund. A quelle parole la ragazzina
si tranquillizzò e abbassò la bacchetta, ma Ailionora
ne approfittò per lanciarle un incantesimo di disarmo che la
colpì in pieno. La bacchetta di Mairead volò in aria e
ricadde rotolando a terra, fino a che qualcuno non la fermò
con il piede. Un qualcuno non molto contento di quella scaramuccia
nel corridoio del treno. Intorno al collo aveva una coccarda con una
spilla d'orata: Nicolaj Connery, il nuovo dictator
dei Raloi.
«Che
sta succedendo qui?» chiese con tono accusatore, chinandosi a
raccogliere la bacchetta di Mairead.
«Ha
cominciato lei!» esclamò subito Ailionora, nel tentativo
di discolparsi.
«Nicolaj,
lei... mi ha provocato!» si giustificò Mairead, sperando
che Connery fosse incline al perdono visto che erano della stessa
casa e che giocavano insieme nella squadra di Quidditch, entrambi
come Cacciatori.
Ma
Connery non si lasciò addolcire.
«È
vietato improvvisare duelli nei corridoi del treno» sentenziò.
Proprio in quel momento le carrozze cominciarono a rallentare. «E
ora seguitemi, tutte e due».
Ailionora
e Mairead si lanciarono un'occhiata infuocata e poi si affrettarono a
seguire Nicolaj Connery verso una probabile punizione.
Ecco
qui il quarto capitolo. Spero che vi sia piaciuto come sempre!
Beatrix
@
Salice: grazie mille dei complimenti! Anche io adoro tantissimo
Bearach e non vedo l'ora che arrivi anche lui al Trinity... ne
combinerà di ogni! Per la trama e gli intrighi non posso
rivelare niente, ma ti prometto parecchi colpi di scena e una storia
bella complicata, anche perché più vado avanti a
scriverla, più mi vengono idee sempre più contorte.
Sarà un bel caos! eheheh! Ailionora, eccola comparire in
questo capitolo, e, sì, hai ragione, avrà un ruolo da
protagonista in questo racconto. ps. Ti ho mandato il disegno di
Fabian, non ti è arrivato? Fra poco ti spedisco anche i tre
tassorosso. A presto!
@
darllenwr: sapevo che avresti apprezzato sia l'integrità
morale di Maleficium Senior, sia la brillante risposta di Edmund. Mi
sono divertita tantissimo a scriverle. Per le origini di Edmund...
be', devo tenervi sulle spine ancora fino al quinto racconto, mi
spiace! Sì, ho pensato la repubblica magica come una
repubblica presidenziale (stile quella americana) perché
volevo consegnare nelle mani di McPride un discreto potere. Sarà
un personaggio chiave per tutta la serie di racconti. Il suo nome poi
è tutto un programma: Adolfus riprende Adolf Hitler e Pride è
orgoglio in inglese. È un uomo scaltro e saprà
sfruttare bene il suo potere, senza far mai sospettare a nessuno che
ne stia abusando. Ora cerco di risolvere i tuoi dubbi: i libri sono
scritti principalmente in inglese, soprattutto quelli moderni, ma ce
ne sono anche molti scritti in gaelico, però nella varietà
dell'alfabeto latino. Infine esistono vecchi manoscritti nell'antico
gaelico o in latino, soprattutto di epoca medioevale. Ma questi
possono essere letti solo da persone con una buona cultura (per
quanto siano tradizionalisti e bilingue, non tutti sono in grado di
leggere in antico gaelico o latino!). Gli irlandesi dell'Ulster vanno
principalmente a Hogwarst (direi che Seamus Finnegan potrebbe essere
uno di questi, no?); qualche coraggioso si addentra al Trinity, ma
sicuramente non riceve un gentile trattamento: è pur sempre
una sorta di sasanachfuil. Comunque è una provocazione
interessante... potrei aggiungere un personaggio dell'Ulster! Grazie
mille dei commenti e degli stimoli che mi dai! Ciao ciao
@
quigon89: grazie mille!! Mi fai arrossire (e accresci la mia già
elevata autostima, il che non so se è un bene! XD). Sono
contenta che ti sia piaciuta la descrizione del governo: è
stato divertente da creare e poi mi serviva proprio per gli sviluppi
futuri della saga. Vorresti candidarti come parlamentare, eh? Allora
ti do una piccola anticipazione: anche Mairead coltiva lo stesso
sogno, chissà che prima della fine non si realizzi! ;-) E per
quanto riguarda la suspance, ho intenzione di farvi trepidare
parecchio in questo racconto! A presto, ciao ciao
EDIT:
continua l'opera di sistemazione dei dialoghi.
|
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Capitolo 5 *** Piccoli bulli crescono ***
CAPITOLO
5
Piccoli
bulli crescono
Non
appena il treno si fermò, Connery fece salire Mairead e
Ailionora sulla carrozza insieme a lui e, una volta arrivati al
Trinity, le condusse nello studio della professoressa O'Connel. «Ora
attenderete qui che torni la vicepreside e lei deciderà la
vostra punizione» disse loro, prima di uscire dalla stanza e
lasciarle sole.
Le
due ragazze si squadrarono in silenzio, con astio. L'attesa divenne
snervante. La professoressa ovviamente doveva presiedere lo
smistamento nelle tre case degli studenti del primo anno, quindi
erano obbligate ad aspettarla per parecchio tempo.
Finalmente,
dopo quasi mezz'ora di silenzi e sguardi infuocati, la porta dello
studio si aprì ed entrò la professoressa O'Connel. Le
squadrò entrambe con freddezza, poi si sedette dietro la
scrivania. «Allora, non è ancora cominciato il trimestre
e voi due vi siete già messe nei guai» commentò
in tono tagliente.
Ailionora
e Mairead si scambiarono uno sguardo avvelenato.
«Non
mi interessa di chi sia la colpa. Sarete in punizione per una
settimana a partire da domani sera: dovrete collaborare nella pulizia
dei corridoi del terzo piano».
La
parola collaborare fu quella che spaventò maggiormente le due
nemiche: niente e nessuno avrebbe mai potuto indurle ad una pacifica
cooperazione, ma la professoressa non sembrava preoccuparsene troppo.
«E ora andiamo al banchetto» sentenziò, alzandosi
dalla sedia.
La
professoressa O'Connel condusse le due ragazzine verso la Sala Mor,
camminando davanti a loro a passo di marcia. Appena entrati, si
diresse senza voltarsi al tavolo degli insegnanti sul fondo
dell'immensa sala.
Mairead
non rivolse nemmeno uno sguardo alla sua acerrima nemica, mentre si
dirigeva verso la lunga tavolata sulla destra, quella dei Raloi.
Edmund
le aveva tenuto il posto accanto a sé. Il banchetto era già
cominciato: i Lepricani vestiti da camerieri sfrecciavano per tutta
la sala, reggendo vassoi carichi di prelibatezze.
«Abbiamo
acquistato sette nuovi membri» disse Edmund, accennando con la
testa ai Raloi che sedevano a capo del tavolo e si guardavano intorno
con aria sperduta.
Mairead
sogghignò. «Facevamo la stessa impressione anche noi,
l'anno scorso?» domandò ridendo a Edmund.
Lui
sorrise con aria furba. «Io no di certo».
L'aveva
detto così, senza pensarci, ma quella verità lo colpì
come una coltellata: era vero, lui un anno fa era un ragazzo
completamente diverso e certamente non assomigliava ai giovani e
sperduti Raloi. Lui era stato egoista e solitario, deciso e sicuro di
sé. Ma ora era cambiato, era una persona migliore. Guardò
Mairead di sottecchi: stava chiacchierando con Beatrix Connery, la
Cercatrice del terzo anno. Sì, era stato grazie a lei e a
Laughlin, che tanto per cambiare si stava abbuffando al tavolo
dall'altra parte della sala, che Edmund ora era una persona diversa.
«Ehi,
avete saputo di Codail?» esclamò ad un tratto Brion
Brennan, un loro compagno di casa dello stesso anno.
«Codail?
Il professor Codail?» gli fece eco Peig, un'alta Raoi del
secondo anno, particolarmente incline al pettegolezzo.
Brion
annuì con solennità. «Sì, c'era un
trafiletto sul giornale qualche giorno fa. Pare che in piena notte
Codail abbia chiamato i Tiratori Scelti per una aggressione, che si è
rivelata un falso allarme» spiegò il ragazzino alla sua
platea di ascoltatori.
Mairead
si voltò verso il tavolo degli insegnanti, dove il professor
Codail, l'anziano docente di Storia della Magia, stava chiacchierando
serenamente con la vicedirettrice. Non aveva proprio l'aria di uno
che aveva subito un'aggressione.
«Si
sarà un po' rimbecillito per l'età» ridacchiò
divertita Ailis, la migliore amica di Peig.
Il
resto del banchetto passò piacevolmente, tra una portata
succulenta e una chiacchierata con gli amici.
Conclusa
la cena, il professor Captatio si alzò da tavola. La punta del
suo buffo cappello raggiungeva appena lo schienale dorato della sua
sedia, eppure emanava un'aurea di rispetto e serietà. «Miei
cari studenti e gentili colleghi» cominciò, non appena
tutta la sala si fu zittita. «Spero che abbiate gradito il
banchetto. Prima di tutto, vorrei presentarvi il professor Timberlen,
che è il nuovo responsabile del Quidditch e delle lezioni di
volo».
Captatio
indicò un uomo grande e grosso, in fondo al tavolo degli
insegnanti, pelato ma con un paio di folti baffoni neri. Un debole
applauso attraversò la sala. Non appena si fu spento, Captatio
ricominciò: «Come ogni anno, vorrei ricordarvi che non
potete uscire dal territorio del Trinity senza la presenza di un
professore e che tutte le assenze devono essere giustificate.
Inoltre, è vietato compiere magie per i corridoi e
soprattutto...» a quelle parole lanciò un'occhiata
eloquente a Mairead e Edmund. «...non si deve gironzolare per
il castello dopo le undici di sera».
I
due ragazzini ridacchiarono e risposero al sorriso divertito di
Laughlin dall'altra parte della sala. L'anno scorso ne avevano
combinate anche di peggio.
«Per
quando riguarda la vostra permanenza al Trinity, vi auguro di passare
un buon anno scolastico. Spero che sappiate cogliere tutte le
occasioni che vi verranno offerte per arricchirvi nello spirito e
nell'intelletto» continuò Captatio, osservando tutta la
sala con i suoi occhi penetranti nascosti dietro due spesse lenti. «E
ora, tutti a letto! I consoli e i dictatores aiutino i ragazzi
di prima a trovare il proprio dormitorio».
Tutti
gli studenti cominciarono ad alzarsi e ad accalcasi all'uscita della
Sala Mor. Nicolaj Connery, cercò di richiamare l'attenzione
dei ragazzini di prima, per insegnare loro la strada verso la sala
comune dei Raloi. «Da questa parte, seguitemi!» esclamò
per sovrastare il vociare confuso degli studenti.
Mairead
e Edmund riuscirono a fare un cenno di saluto a Laughlin, prima che
le loro strade si dividessero.
“A
domani.” lessero sulle labbra dell'amico.
I
due ragazzini si lasciarono condurre verso la porta verde con
disegnata un'aquila, che dava sulla sala comune dei Raloi. «La
parola d'ordine è misneach» disse Nicolaj. «Per
quelli di prima: è una parola irlandese, significa coraggio».
La
sala comune era esattamente come Mairead se la ricordava: i due
caminetti, i tavolini con le poltrone e il verde come colore
dominante. Salutò con la mano Edmund e poi si diresse verso la
scala a chiocciola sulla sinistra e salì con soddisfazione al
primo piano; le stanze del dormitorio erano suddivise per anno: a
piano terra c'era quella del primo anno e man mano si saliva si
trovavano gli alloggi delle studentesse più grandi. Nella
stanza circolare destinata al secondo anno, c'erano i tre letti a
baldacchino, ai piedi dei quali erano già stati posizionati i
loro bauli. Mairead si distese sul suo letto e si addormentò
all'istante, senza nemmeno togliersi la divisa.
Edmund
entrò nel dormitorio per ultimo.
«Buonanotte
a tutti» disse Iulius McEwan, con un lungo sbadiglio, proprio
mentre Edmund stava entrando.
«Notte,
notte» rispose Anneus Secula, già sdraiato sul letto.
Edmund
si levò la divisa e indossò il pigiama che gli avevano
dato all'orfanotrofio: aveva i pantaloni troppo corti e la maglietta
eccessivamente larga, ma non aveva molta scelta. O quello, o dormire
in mutande. Si arrampicò sul letto a baldacchino e tirò
le tende tutte intorno. «Buonanotte» disse mentre si
avvolgeva come un bozzolo nelle coperte. Qualcuno, forse Iulius,
rispose con un debole “notte”, mentre gli altri
mugugnarono qualcosa, troppo assonnati per rispondere.
“Ben
tornato a casa” si disse Edmund, prima di scivolare nel sonno.
Laughlin
non era mai stato un tipo mattiniero, tant'è che il giorno
dopo fu l'ultimo ad alzarsi: tutti i suoi compagni di dormitorio
erano già usciti. Il suo primo pensiero fu che non sarebbe
rimasto più nulla per colazione, così si vestì
in tutta fretta e corse fuori dalla stanza. Le sei porte dei
dormitori maschili dei Nagard si trovavano nei sotterranei e davano
su un corridoio dove si trovava la scala a chiocciola, tramite la
quale si poteva raggiungere la sala comune, ormai deserta.
Laughlin
era tremendamente in ritardo per la sua colazione di rito, ma quando
sentì quel pianto non poté non fermarsi. C'era un
ragazzetto raggomitolato in un angolo della sala comune con la testa
tra le ginocchia e il corpicino scosso dai singulti. Doveva essere
del primo anno, forse aveva perso qualcosa.
Lui
non era certo così piagnucolone l'anno scorso.
Provò
il terribile impulso di far finta di non vederlo e lasciarlo lì,
ma poi la compassione ebbe la meglio e gli si avvicinò
sbuffando.
«Ehi,
che succede?» chiese con dolcezza, accucciandosi di fronte a
lui e mettendogli una mano sulla spalla.
Il
ragazzino sollevò la testa e lo guardò con i suoi
occhioni azzurri ricolmi di lacrime. Provò a balbettare
qualcosa, ma Laughlin non capì una parola. «Ok, andiamo
con calma. Perché non mi dici come ti chiami?» gli
chiese con un sorriso, passandogli il suo fazzoletto ricamato con le
iniziali L.M.
Il
ragazzetto lo prese e si asciugò le lacrime. «Mi
chiamo... Dominique.» rispose tra i singulti.
«Piacere,
io sono Laughlin. Che ti è successo, Dominique?» lo
incitò Laughlin, osservando con disgusto il fazzoletto che il
piccolino gli aveva restituito.
«È...
è stata una ragazza più grande» cominciò
Dominique, gli occhi che gli si riempivano nuovamente di lacrime al
solo ricordo.
“Diablaiocht!”
pensò immediatamente Laughlin, ma non osò pronunciare
quel nome. «Che ti ha fatto?» chiese invece.
«Lei...
lei è entrata nel mio dormitorio con i suoi amici e ha dato
fuoco al mio letto. Ha detto che se lo avessi spifferato ad un
professore, mi avrebbe fatto anche di peggio» sussurrò
Dominique. «Diceva che... che io non merito di studiare al
Trinity perché sono dell'Ulster. Io... sì, ho ricevuto
la lettera da Hogwarts, ma la mamma mi ha voluto mandare qui perché
tutta la mia famiglia ha studiato al Trinity. Noi siamo irlandesi e
cattolici...»
«Ehi!»
Laughlin interruppe con foga quel piagnisteo. «Dominique,
guardami negli occhi!» gli ordinò e il piccolino alzò
lo sguardo su di lui. «Chi se ne frega di quello che dicono gli
altri! Tu sei irlandese! E sei un Nagard, santo folletto! Noi siamo
persone ambiziose, sicure di noi e otteniamo sempre quello che
vogliamo! Fatti valere, dimostra loro di che pasta sei fatto!»
Un
sorriso di speranza si disegnò sul volto di Dominique. Il
discorso di Laughlin gli aveva fatto ritrovare la forza: era vero,
era sempre stato un bambino sicuro e ambizioso, aveva sempre sognato
il giorno in cui sarebbe arrivato al Trinity e sarebbe diventato un
grande mago. «Grazie» sussurrò con un ultimo
singhiozzo represso.
Laughlin
si alzò da terra con semplicità. «E di cosa?»
chiese, allungando la mano verso Dominique per aiutarlo ad alzarsi.
«Ora andiamo, la colazione ci aspetta!»
Si
recarono insieme verso la Sala Mor. Dominique aveva gli occhi ancora
un po' rossi, ma nel complesso era più tranquillo. Laughlin si
ritrovò a pensare che l'anno scorso aveva salvato Henry
Alabacor dai suoi aguzzini, che lo volevano schiantare solo perché
era di origini inglesi, mentre quel giorno aveva consolato il piccolo
Dominique, tiranneggiato da Ailionora. Salvare le vittime dei bulli
stava diventando una specie di hobby per lui.
Avrebbero
dovuto dedicargli una statua, Laughlin, l'eroe del castello.
Eccomi
qui con il nuovo capitolo! Spero che vi sia piaciuto... ora vorrei
proporvi un piccolo gioco: su ispirazione della scena con il piccolo
Dominique MacPassel, vi domando... in che casa sareste finiti se
foste stati al Trinity? Vi metto qui sotto le descrizioni delle case,
e voi rispondere onestamente!
Nagard
(QUI il link dello stemma della casa): Sei
ambizioso, orgoglioso, sicuro di te e delle tue potenzialità,
ottieni sempre quello che vuoi. La tua determinazione nasce da una
presa di coscienza della tua superiorità (reale o presunta che
sia). Hai una distaccata sicurezza nel fare le cose, come se pensassi
sempre “tanto io ce la faccio.” La tua testardaggine può
essere un forte incentivo a migliorarti sempre, ma rischia di
renderti strafottente e superbo. Guai a ferirti nell'orgoglio, perché
potresti diventare davvero vendicativo e perfido. L'animale simbolo
della tua casa è un drago, segno di nobiltà e orgoglio,
il colore il rosso.
Llapac
(QUI il link dello stemma della casa): A
volte sei un po' insicuro, ma negli altri trovi la tua forza. Sei
onesto, gentile e aperto verso il prossimo e il tuo primo pensiero è
sempre quello di aiutare gli amici che sono in difficoltà. Per
il tuo essere un po' troppo aperto e bonaccione, spesso si dice di te
che sei un sempliciotto e che ti lasci abbindolare facilmente. La tua
miglior caratteristica è la lealtà: per quegli amici
che consideri come fratelli sei disposto a fare qualsiasi cosa.
L'animale simbolo della tua casa è un unicorno, segno di
purezza e bontà, il colore il blu.
Raloi
(QUI il link dello stemma della casa): Intraprendente,
coraggioso ed energico, sei sempre pronto all'azione e a mettersi in
gioco. Non ti piace stare in disparte ad osservare: devi entrare in
campo in prima persona, altrimenti ti annoi o ti senti inutile. Devi
sempre dire la tua su qualsiasi argomento e odi quando qualcuno non
ti prende in considerazione. Stai attento, però, perché
la tua iperattività può trasformarsi in mania di
protagonismo e renderti egocentrico, mentre il tuo coraggio ti può
portare ad essere incosciente o beffardo. L'animale simbolo della tua
casa è un'aquila, segno di ardore e coraggio, il colore il
verde.
Per
come sono fatta io, vi dico subito che sarei finita tra i Nagard... e
voi?
@
Salice: no, non sarà affatto un anno tranquillo, anzi! Oserei
dire quasi peggio del precedente! Ma almeno ho già progettato
la prossima risposta di Mairead alla raccomandazione del padre di
fare la brava... eheh! Per quando riguarda Reammon, mi diverte troppo
descriverlo come un personaggio un po' svampito, con la testa tra le
nuvole. D'altronde, il suo stesso lavoro non lo tiene molto con i
piedi per terra! A presto!!
@
quigon89: grazie mille! Sono contenta di riuscire a tenere vivo il
tuo interesse, capitolo dopo capitolo. Sì, Mairead è
comparsa un po' tardi in questo racconto, ma è sempre piena di
energie e ne combinerà di belle anche quest'anno. Purtroppo la
punizione l'ha decisa la O'Connel: d'altronde è la
vicedirettrice, ha sicuramente più voce in capitolo. Ma non
temere, Cumhacht arriverà presto. Avrei potuto dimenticare il
tuo professore preferito? XD Mairead comunque, più che
lavorare al Ministero, punta al Parlamento: più dibattito e
politica che potere esecutivo! Ma questo avverrà fra moooolto
molto tempo! Ciao ciao!
@
darllenwr: ecco, credo che riconoscerai il tuo zampino in una parte
del racconto! Eheheh! In origine Dominique era semplicemente di
origini inglesi, poi ho seguito il tuo brillante suggerimento sugli
studenti dell'Ulster... spero non mi chiederai i diritti d'autore! E
inoltre, avrai notato che Ailionora è contro qualsiasi
sasanachfiul: tartassa di più Mairead semplicemente perché
i loro padri si conoscono e quindi loro due sono entrare in contatto
anche prima di frequentare il Trinity. Ailionora è
semplicemente convinta del valore della purezza del sangue celtico e
per il suo ideale è disposta a tutto. Anche il padre,
d'altronde non è proprio uno stinco di santo. Di McPride...
ormai sai quasi tutto! Ehheeh! A presto!
Grazie
a tutti quelli che continuano a seguire questa storia.
Beatrix
EDIT:
continua l'opera di sistemazione dei dialoghi. QUI il link del
Trinity College tour (forse l'avevo già messo, ma va be'!),
ovvero una serie di disegni su alcuni ambienti del Trinity.
Altra
cosa: ho aggiunto la distinzione (presa da interviste della Row) tra
Auror, ovvero cacciatori di maghi oscuri e Tiratori Scelti
(bruttissima traduzione dall'inglese), ovvero quella che potremmo
chiamare polizia magica.
|
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Capitolo 6 *** La setta degli Eletti ***
CAPITLO
6
La
setta degli Eletti
La
vita al Trinity riprese i ritmi di sempre. Ora che erano passati al
secondo anno, i professori non si fecero riguardo nel caricarli di
compiti sin dai primi giorni. Le lezioni di Trasfigurazione con
Cumhacht non migliorarono dall'anno precedente: eseguire le
istruzioni dell'insegnante era sempre tanto complicato che solo
Edmund riusciva a portarle a termine.
Inoltre
Mairead doveva passare la sera in compagnia di Ailionora a pulire i
corridoi e le aule del terzo piano. La Diablaiocht non aveva alcuna
intenzione di collaborare e, anzi, non si sforzava nemmeno di pulire,
perché sosteneva che quello fosse un lavoro da elfi domestici.
«Senti,
la O'Connel ci ha dato questa punizione. Vedi di metterti a
lavorare!» protestò una sera Mairead, esasperata dalle
arie da principessina che si dava Ailionora.
«Altrimenti
che fai?» la canzonò, senza una minima traccia di
preoccupazione.
«Altrimenti
vado ad avvertirla» disse una voce roca alle sue spalle.
Ailionora
si voltò disgustata verso Armandus, il custode del castello,
un mago burbero che viveva in una capanna aldilà del ponte che
collegava l'isola dove sorgeva il castello alla terraferma.
Armandus
sorrise divertito, scoprendo una serie di denti giallognoli e
cariati. «Non si sa mai, magari ti trova una punizione
migliore: potresti venire con me a sgusciare le lumache carnivore»
disse sogghignando.
Ailionora
fece un gesto stizzito con la mano, ma da quel momento cominciò
a lavorare sodo, forse per la paura di finire a sgusciare lumache con
Armandus.
Verso
l'inizio di ottobre, Lucius Connery, scelto dal professor Ballerinus
come capitano della squadra di Quidditch dei Raloi, annunciò
che presto ci sarebbero state le selezioni per il nuovo Battitore che
avrebbe sostituito O'Shalley. Così la squadra si riunì
al campo di Quidditch un piovoso sabato mattina. Lucius fece fare a
tutti una prova di volo e qualche passaggio con la Pluffa, ma alla
fine riconfermò tutti i vecchi giocatori: Beatrix Cercatrice,
Leonard Portiere, Milo e Nicolaj Cacciatori di Ala e Mairead
Cacciatrice di Punta.
Dopo
aver valutato gli aspiranti Battitori, il capitano scelse Seamus
O'Sharey, un ragazzone del quarto anno.
Poi
fece riunire la squadra a terra e cominciò a spiegare i nuovi
schemi tattici. La prima partita, che si sarebbe giocata a novembre,
era tra i Raloi e i Llapac, per cui Lucius cominciò a
sottoporre la squadra a tre allenamenti a settimana.
Tra
gli allenamenti di Quidditch e la marea di compiti assegnati dai
professori, Mairead non aveva un attimo di tempo libero. Edmund ogni
tanto si offriva di aiutarla con i temi da svolgere per Cumhacht, ma
quello che mancava davvero alla ragazzina erano i pomeriggi passati
in riva al lago con i suoi amici.
Nel
frattempo Laughlin si era affezionato al piccolo Dominique: aveva
solo un anno meno di lui, ma era talmente basso che dimostrava molto
meno della sua età. Aveva due grandi occhioni azzurri, la
carnagione pallida e delle minuscole efelidi sul naso e sulle guance.
Dopo il primo giorno non aveva più pianto, e anzi, aveva
denunciato Ailionora alla professoressa O'Connel, direttrice della
loro casa, cosicché la ragazza si era trovata nuovamente in
punizione, questa volta proprio con Armandus.
La
sera di Halloween i Lepricani avevano preparato un banchetto di
leccornie, così tutti gli studenti si presentarono a cena
puntuali. Cumahcht, probabilmente su ordine di Captatio stesso, vista
la scarsa propensione del professore ai festeggiamenti, aveva
stregato delle zucche di Halloween che ora fluttuavano per tutta la
Sala Mor come dei buffi fantasmi.
Laughlin
mangiò talmente abbondante che a fine pasto la divisa
scolastica rossa gli tirava sul davanti.
Concluso
il banchetto, Captatio si alzò da tavola per annunciare come
ogni anno l'inizio della stagione di Quidditch e il calendario degli
incontri. Infine congedò gli studenti augurando loro buona
notte. Tutti i ragazzi si alzarono contemporaneamente, facendo
stridere le panche di legno sul pavimento. Usciti dalla Sala Mor,
cominciarono a disperdersi, ognuno verso la propria sala comune.
Ma
improvvisamente un grido lacerò la tranquillità della
serata. Era qualcuno che strillava e chiedeva aiuto, la voce di una
ragazza.
«Che
succede?»
La
domanda rimbalzò di bocca in bocca, riflessa negli occhi
sgranati e spaventati degli studenti.
E
poi comparve. Una ragazzina Llapac correva disperata giù dalle
scale, strillando con quanto fiato aveva in gola. C'era del fumo
bianco che riempiva i corridoi del secondo piano dal quale era appena
scappata la ragazzina. Per un attimo tutti pensarono che fosse
scoppiato un incendio.
E
poi una voce, terrificante e spaventosa.
«TREMATE!
LA SETTA DEGLI ELETTI
È QUI PER PURIFICARE IL SANGUE CELTA! TREMATE
SASANACHFUIL!»
Il
panico si sparse tra i presenti come una macchia d'olio.
«La
setta degli Eletti?» sussurrò qualcuno.
«Tremate
sasanachfuil...» bisbigliò Henry Alabacor, un Llapac
paffutello del secondo anno.
«Silenzio!»
ordinò la voce ferma di Captatio.
Una
strana tranquillità scese sui presenti: il Preside aveva
l'incredibile capacità di trasmettere sicurezza. La ragazzina,
che era scappata dal secondo piano piangendo, si gettò tra le
braccia del professor Captatio e cominciò a singhiozzare
rumorosamente.
«I
dictatores portino tutti gli studenti nelle rispettive sale
comuni. Rian, Scoth e Elan, per favore seguitemi nel mio studio»
ordinò il preside.
I
tre dictatores cominciarono ad eseguire gli ordini con fare
concitato, mentre i direttori delle case, i professori Ballerinus,
Blath e O'Connel si affrettarono a seguire Captatio, che stringeva
ancora a sé la ragazzina dei Llapac che piangeva sulla sua
spalla.
Per
quanto Nicolaj Connery tentasse di mantenere l'ordine, non poté
evitare che i Raloi cominciassero a parlottare spaventati.
Cos'era
successo? Chi era la setta degli Eletti? Che cosa voleva?
«Forza,
ognuno nel proprio dormitorio!» ordinò Nicolaj. «Non
voglio più sentire fiatare nessuno. Fra dieci minuti, spente
tutte le luci».
Gli
studenti obbedirono a malincuore.
Prima
di sparire oltre la scaletta a chiocciola, Mairead vide con la coda
dell'occhio il professor Ballerinus che entrava nella sala comune con
una faccia da funerale. Lui e Nicolaj cominciarono a parlottare
sommessamente. Mairead tese l'orecchio per cercare di capire cosa si
stavano dicendo, ma poi una ragazza del quarto anno le intimò
di continuare a salire per le scale perché stava creando un
ingombro. Così Mairead fu costretta a proseguire.
Brion
Brennan e Anneus Secula continuarono a discutere tutta la notte,
nonostante Iulius avesse chiesto loro ripetutamente di abbassare la
voce perché non riusciva a dormire.
Edmund
non sapeva che pensare. Appena avesse avuto più informazioni,
avrebbe fatto una ricerca in biblioteca, su quella famigerata setta.
«Siamo
tutti in pericolo, te lo dico io!» continuava a ripetere Brion,
anche se aveva già dichiarato di discendere da una famiglia
purosangue irlandese.
«Ti
stai fasciando la testa per niente. È stato solo uno stupido
scherzo di Halloween» rispose Anneus in tono leggero.
Su
quelle parole Edmund si addormentò.
La
mattina dopo a scuola non si parlava d'altro. La ragazzina che aveva
assistito alla scena era perennemente circondata di curiosi che
volevano sapere cosa fosse successo.
«Stavo
andando al dormitorio perché volevo andare a prendere una cosa
per la mia amica Roxanne che avevo dimenticato» stava appunto
raccontando per la milionesima volta, ferma in mezzo al corridoio.
«Quando ad un certo punto...» la sua voce si incrinò
per il terrore che evocava quel ricordo ancora così vivido
nella sua memoria. «... sono emerse dal nulla, cinque figure
incappucciate. C'era fumo dappertutto, e loro continuavano ad
avanzare verso di me. Non... non sembravano umane. Io sono stata
invasa dal terrore... è stato bruttissimo» concluse in
tono di voce sommesso.
Mairead,
Edmund e Laughlin si allontanarono pensierosi per dirigersi alla
lezione di Cumhacht.
«Pensate
che sia vero?» domandò Laughlin con tono serio.
Mairead
scosse la testa senza sapere cosa dire.
«Devo
fare delle ricerche in biblioteca» rispose invece Edmund,
pensando che sapeva troppo poco sull'argomento per poter esprimere la
propria opinione.
La
lezione di Cumhacht quella mattina fu più terribile del
solito: il professore pretendeva che i ragazzi trasfigurassero un
coniglietto in un vaso di fiori e visto che nessuno riusciva a
portare a termine quel compito difficilissimo, l'insegnante si
arrabbiava sempre di più. Solo Edmund ottenne un vaso che non
aveva zampe e code e delle rose profumate senza peli bianchi. Il
disastro peggiore lo provocò Henry, che fece spuntare dei
fiori dalle orecchie del suo coniglio. Il professore lo strapazzò
così tanto, che a fine lezione Henry corse fuori dall'aula
piangendo. Dedalus Consolatus, un suo amico, disse che Henry era
preoccupato per quella storia della setta degli Eletti, visto che i
suoi genitori erano entrambi inglesi.
Quando
finalmente arrivò la pausa pranzo, Edmund decise che era ora
di scoprire qualcosa di più su quella setta, quindi si mise in
tasca un paio di panini e si ritirò in biblioteca.
Raggiunse
i suoi amici davanti alla porta dell'aula di Pozioni, la prima
lezione del pomeriggio, con la cartella piena di vecchi volumi
polverosi.
«Dove
diavolo ti eri cacciato?» domandò Laughlin, visto che
l'amico era sparito per tutto il tempo del pranzo.
«Sono
andato in biblioteca» rispose Edmund, accennando ai libri che
traboccavano dalla sua tracolla.
Il
professor Uisce, il druido che insegnava Pozioni, arrivò
proprio in quel momento.
«Adesso
vi spiego» sussurrò Edmund, mentre i ragazzi prendevano
posto dietro ai calderoni. I tre amici scelsero l'ultima fila, per
riuscire a parlare senza essere visti dal professore.
«Ho
fatto delle ricerche sulla setta degli Eletti» spiegò
Edmund rivolto ai suoi due compagni estraendo un pesante volume dalla
cartella. Lo aprì dove aveva messo un segno con un pezzetto di
carta, proprio mentre il professor Uisce spiegava alla classe le
istruzioni per la pozione da eseguire. «Sembra che non sia mai
esistito nulla del genere nella storia dell'Irlanda. Ho trovato
qualche notizia su una certa setta del Gautrland, un gruppo di goblin
riunitisi durante la guerra del 1623, e qualcosa sulla setta dei
Progressisti del 1889, ma non hanno niente a che fare con la nostra
setta degli Eletti» sussurrò Edmund, scorrendo con il
dito le notizie che aveva trovato.
«Quindi?»
si informò Mairead con la voce che tradiva la sua
preoccupazione.
Edmund
alzò gli occhi dal libro. «Quindi non so che pensare. Ci
troviamo di fronte ad una setta senza precedenti, un fenomeno del
tutto nuovo» rispose con un sospiro.
Laughlin
tirò fuori dalla borsa il libro di testo di pozioni e lo
posizionò sul banco a fianco del calderone. «Credete che
sia vera? Voglio dire, che ci sia davvero un gruppo di pazzi che
vuole eliminare tutti coloro che hanno origini inglesi?»
domandò con un filo di voce.
Mairead
si guardò in giro. «La ragazza che li ha visti, ha detto
che non erano umani» sussurrò con la voce incrinata
dall'ansia.
Edmund
chiuse il libro della biblioteca con uno scatto secco. «Se ci
lasciamo spaventare, facciamo il loro gioco! Sono sicuro che ci sia
una spiegazione razionale dietro questa storia, e noi la troveremo!»
Ecco
qui il nuovo capitolo: il mistero comincia a infittirsi! Spero che
abbiate gradito la lettura.
Beatrix
@
quigon89: la punizione non è stata di per sé molto
crudele (dopo tutto si erano solo lanciate qualche sciocco
incantesimo sul treno, senza fare grandi danni), ma temo che far
collaborare Mairead e Ailionora sia quanto di peggio la O'Connel
potesse escogitare! Per quanto riguarda il nuovo membro del corpo
insegnanti... be', mi serviva solo per rimpiazzare la Trust.
Succederà ben di peggio quest'anno! Ma ovviamente non ti posso
anticipare niente! E sì, Laughlin è un grande! Sempre
molto modesto! Ehehe... per quel che riguarda il sondaggio, molto
bene, abbiamo un Llapac! Allora conoscerai Dedalus Consolatus: è
troppo simpatico come personaggio e come dirà Edmund “non
è tanto a posto con la testa”!! ehehehh! A presto!
@
Salice: sì, anche a me piace molto Laughlin, è un
purosangue a posto insomma. Quel minimo di orgoglio e ambizione che
non guastano, ma alla fine ha un cuore tenero anche lui. Gli piace
fare un po' il “mammo”! XD Ailionora è una tipina
tosta che metterà a dura prova la resistenza dell'iperattiva
Mairead. Quanto a Dominique... be', porterà a grandi sviluppi,
ma non posso anticipare nulla! È un personaggio che mi piace
molto e quindi, anche se è fuori dal trio, avrà grande
spazio in tutti i racconti. Per il test: a metà tra Nagard e
Lapac? Anche io sono lì in mezzo, ma alla fine prevale la
sicurezza di sé sulla bontà; alla fine quello che ti
caratterizza di una casa è ciò che prevale del tuo
carattere, ma non toglie che ci siano tante sfumature. Esistono anche
i Llapac coraggiosi come sarà Dedalus, ma l'altruismo resterà
sempre la sua caratteristica più importante. Alla prossima!
@
darllenwr: sì, la peggiore penitenza per quelle due è
sopportarsi a vicenda. Per quanto riguarda la collaborazione, siamo
ben lontani da quell'utopia! È già tanto se riescono a
convivere senza tentare di uccidersi a vicenda! Già, meno male
che Dominique ha trovato Laughlin e, oserei dire, anche per Laughlin
è un bene aver trovato Dominique. Ma tanto tu sai già
tutta la storia, che è nata anche per merito tuo! (sempre
infinito il mio ringraziamento!). Per Edmund, be' è tanto
cambiato dall'anno scorso e tanto cambierà ancora, ma il
Trinity resterà sempre e solo la sua prima vera casa, l'unico
luogo dove non solo è accettato per quello che è, ma
dove addirittura ciò che era motivo di scherno da parte dei
suoi compagni babbani, lì è motivo di vanto e orgoglio
(ammettiamolo, è il migliore del suo corso, forse persino di
tutta la scuola!). È la sua rivincita, alla fine! Oh, bene un
altro Llapac! Non immaginavo che questa casa riscuotesse così
tanto successo! A presto!
Un
grazie a tutti quelli che continuano a leggere e seguire con
interesse questa storia!
EDIT:
continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! B.B.
|
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Capitolo 7 *** Terrore, schemi e pidocchi ***
CAPITOLO
7
Terrore,
schemi e pidocchi
In
realtà gli studenti del Trinity pensarono a tutto in quei
giorni, tranne che a trovare una spiegazione logica al fenomeno:
anzi, cominciarono a girare strane voce di creature maligne che
avrebbero attaccato gli studenti di origini inglesi, e si sparse il
terrore. I più scaltri sfruttarono la situazione per cercare
di vendere agli studenti spauriti inutili amuleti che avrebbero
dovuto proteggerli dai mostri. I professori tentarono di rassicurare
gli alunni, dicendo loro che avevano tutto sotto controllo, ma il
fatto che perfino gli insegnanti prendessero la cosa con serietà,
non faceva altro che contribuire a spargere il terrore. Non migliorò
la situazione quando, a circa una settimana dal primo incidente,
un'altra Llapac del secondo anno che aveva un bisnonno inglese,
Helwia Bowe, vide cinque figure incappucciate che le venivano
incontro aleggiando tra un denso vapore bianco.
La
setta degli Eletti aveva colpito ancora.
Gli
studenti cominciarono a girare per il castello a gruppetti, lanciando
occhiate sospettose dietro ogni angolo e ogni porta.
L'unico
che sembrava reggere bene la tensione era Edmund.
«Siate
ragionevoli» disse un giorno ai suoi amici, mentre si trovavano
in una delle tante aule studio del castello. «Questa setta sarà
anche spaventosa, ma è fondamentalmente innocua».
«Innocua?»
gli fece eco Laughlin in tono allibito.
Edmund
alzò le spalle. «Be', né Helwia, né
l'altra ragazza si sono fatte niente» rispose con logica
inattaccabile.
«Sì,
solo perché sono riuscite a scappare prima che la setta
riuscisse a fare qualcosa!» intervenne Mairead. Lei non era
certo una ragazza che si faceva impressionare, ma non riusciva ad
essere immune al clima di terrore che regnava a scuola, soprattutto
considerando che aveva la mamma inglese.
Edmund
posò la penna sul tavolo dove stavano svolgendo il tema di
Trasfigurazione per il giorno successivo. Capitava raramente che
Edmund si distraesse dal fare i compiti: doveva avere qualcosa di
serio da dire. «Sentite, l'unica arma che la setta possiede
sembra essere la paura, e vi assicuro che può essere una
valida alleata. Non dobbiamo fare il loro gioco!»
«Facile
per te, tua madre non era inglese!» protestò Mairead,
forse un po' troppo ad alta voce, tanto che si beccò un
ammonimento dal professor Ballerinus.
Edmund
fissò per un attimo il suo foglio di pergamena, poi sussurrò:
«Mairead, io non so nemmeno chi fosse mia madre».
La
ragazzina si rigirò tra le mani la sua penna d'oca, a disagio.
Alla fine, tornò a guardare Edmund dritto negli occhi e gli
strinse la mano con una delicatezza. «Scusa, non volevo, è
che sono un po' spaventata. Ma hai ragione, come sempre. Ti prometto
che non ci lasceremo prendere dal panico».
Aveva
parlato con sincerità, e l'intensità del suo sguardo
era tale che Edmund si sentì messo a nudo. L'unica cosa che
riuscì a fare fu un mezzo sorriso. Quando Mairead gli lasciò
andare la mano, gli sembrò che bollisse. Doveva avere anche il
volto in fiamme. “Ma che ti prende, idiota?” si domandò.
Non era certo la prima volta che Mairead gli prendeva la mano, e
certamente non sarebbe stata l'ultima. Non poteva certo reagire in
quel modo tutte le volte!
Dopo
l'incidente capitato a Helvia Bowe, un altro studente, un Raloi del
primo anno, entrò di corsa nella sala comune una sera di metà
novembre. Aveva gli occhi sgranati per lo spavento e il cuore che
batteva a mille.
«La
setta, la setta!» strillò in preda all'ansia.
Una
ventata di terrore investì tutti gli studenti che erano in
sala comune, come se il suono prodotto da quella parola avesse
provocato un'onda che si espanse nella stanza, trascinando nel panico
anche i cuori più impavidi.
Nicolaj
Connery cercò di riportare l'ordine, senza gradi risultati.
«Che cosa è successo?» domandò al ragazzino
tremante.
«Io...
io stavo semplicemente tornando qui dalla sala studio al secondo
piano, quando... sono apparsi dal nulla, usciti dalla parete di
fronte a me come fantasmi, cinque figure incappucciate, e... tutto
quel fumo! Io sono corso via più veloce che potevo...»
balbettò il povero sfortunato.
Nicolaj
prese un lungo respiro. «Molto bene, vieni con me: andiamo dal
professor Captatio. Voi intanto restate qui tranquilli. Guai a chi si
azzarda ad uscire dalla sala comune» disse, mettendo una mano
sulla spalla del ragazzino.
Nessuno
si fece nemmeno sfiorare dall'idea di uscire, visto che la setta
poteva ancora essere in agguato là fuori.
Il
fatto che anche i Raloi, famosi per coraggio e intraprendenza, si
fossero dimostrati spauriti davanti all'apparizione della setta degli
Eletti, non fece altro che peggiorare il clima di terrore che regnava
al castello. Ormai erano già avvenute tre apparizioni e non
c'era anima viva che riuscisse a venire a capo della situazione,
nemmeno i professori. Nessuno che non avesse il sangue puro e non
discendesse da stirpi celtiche poteva definirsi al sicuro. Solo
Edmund persisteva nella sua cocciuta convinzione che dietro quella
faccenda ci fosse qualcosa di logico.
Un
giorno si presentò davanti alla serra di Erbologia con il naso
incollato ad un enorme foglio di pergamena, fitto di linee e simboli
tracciati con sicurezza in inchiostro nero.
«Quello
che è, Edmund?» gli domandò perplesso Laughlin.
Il
ragazzino alzò gli occhi dal foglio leggermente spaesato, come
se avesse percorso tutta la strada dalla biblioteca (dove ormai
passava ogni suo minuto libero) alla serra leggendo quello che aveva
scritto sulla pergamena. «Questo? Oh, è una mappa del
castello» rispose, mostrando il foglio ai suoi amici.
Alcuni
compagni si voltarono verso di loro incuriositi. «E questi
segni rossi? Sembrano pidocchi salterini del Punchao» domandò
incuriosito Dedalus Consolatus, indicando dei pallini sulla cartina.
Tutti
si girarono a fissarlo.
«I
pidocchi che?» chiese Laughlin alzando un sopracciglio
dubbioso.
«I
pidocchi salterini del Punchao» rispose quello con un sorriso
gioviale, come se stesse parlando del tempo. «Sono creaturine
interessanti che vivono in Perù. Vengono utilizzati dalla
popolazione locale per curare la Gorgoleosi Sudamericana. Peccato
siano molto difficili da catturare, altrimenti si potrebbe debellare
per sempre una malattia che fa ancora tante vittime nei paesi del Sud
America».
«E
questa cosa come la sai?» chiese ancora Laughlin, sempre più
certo che a Dedalus mancasse qualche rotella.
Il
ragazzino estrasse una rivista dalla borsa che portava a tracolla.
«L'ho letto in “Aneddoti magici dal mondo”»
rispose, sventolando il giornale sotto il naso di Laughlin. «Ci
sono un sacco di notizie curiose che gli altri quotidiani non
pubblicano».
Laughlin
afferrò la rivista e la scrutò con occhio critico. “In
Congo scoperta la dodicesima proprietà magica della foglia di
Leosella.” recitava un titolo; sotto, la foto di un vecchio
sciamano sdentato che sventolava con soddisfazione una strana foglia
oblunga. «Per forza queste notizie non vengono pubblicate»
disse poi, restituendo il giornale a Dedalus. «Non interessano
a nessuno le foglie del Congo o i pidocchi del Perù»
aggiunse in tono da saputello. Dopotutto suo padre era il direttore
del quotidiano più letto in Irlanda: doveva pur saperne
qualcosa nel campo dell'editoria.
«Comunque,
Burke, non ci hai ancora detto che sono quei puntini rossi»
chiese Ailis O'Gara, una compagna di stanza di Mairead, indicando il
foglio di pergamena.
«Sono
i punti dove ci sono stati gli avvistamenti della setta degli Eletti»
annunciò Edmund, provocando un brivido di terrore tra i suoi
ascoltatori al solo pronunciare quel nome.
«E
a che ti servono?» domandò Henry Alabacor, con un filo
di voce.
Edmund
assunse un'aria saggia. «Per scoprire lo schema che ci sta
sotto. Per esempio, nessuno di voi aveva notato che le apparizioni
sono avvenute tutte al secondo piano?» domandò,
guardando i suoi compagni dritti in volto.
I
ragazzi si scambiarono uno sguardo perplesso. Schemi? Apparizioni?
Burke era fuori almeno quanto Consolatus.
Peig
Kenneth, una Raloi che aveva entrambi i genitori Babbani, scosse la
testa. «Tu hai visto troppi film polizieschi, Burke»
liquidò la faccenda con tono di superiorità.
Edmund
fece una smorfia e, visto che nessuno sembrava condividere le sue
idee, ripiegò con cura il foglio di pergamena per farlo stare
nella borsa.
«Che
cos'è un film?» domandò Laughlin, che discendendo
da una famiglia di maghi, non aveva la più pallida idea di
cosa fossero quelle diavolerie Babbane.
«Te
lo spiego io!» si propose con entusiasmo Dedalus.
Laughlin
inorridì. «No, fa niente. Resterò nella mia
ignoranza!»
Fu
salvato dall'arrivo tempestivo della professoressa Blath, insegnante
di Erbologia, che invitò i ragazzi ad entrare nella serra.
«Ti
farebbe proprio bene un corso di Babbanologia!» sussurrò
Mairead all'orecchio di Laughlin, mentre prendevano posto ognuno
dietro una strana pianta che si agitava in modo sinistro.
L'amico
le rispose con una linguaccia, ma forse l'idea non era poi così
male: avrebbe fatto di tutto pur di evitare una conversazione con
quello svitato di Consolatus.
Per
fortuna ci fu qualcosa che riuscì a distrarre Mairead al punto
da farle dimenticare per un po' la setta degli Eletti: la partita di
Quidditch con i Llapac si stava avvicinando. Dopotutto quella era per
lei solo la seconda volta, visto che l'anno scorso ne aveva saltata
una perché era distesa in fin di vita su un letto
dell'infermeria, e l'agitazione per il gioco era ancora forte.
La
mattina della partita si svegliò molto presto, tanto che il
cielo era ancora scuro e nebbioso. Dopo un paio di ore, siccome non
riusciva a riprendere sonno, decise di alzarsi. La giornata si
prospettava grigia e piovosa, ma nessun irlandese aveva problemi a
giocare a Quidditch con la pioggia, anzi, tutti erano più che
abituati, visto che l'isola era tristemente famosa per le sue
abbondanti precipitazioni.
Mairead
scese a fare colazione di buon mattino, ma molti studenti erano già
in Sala Mor, forse per assistere alla prima partita del campionato
scolastico.
Laughlin
non rinunciò al suo rito mattutino, che comprendeva una serie
di procedure infinite, dall'imburrare cinque fette di pane, a bere un
bicchiere di succo di arancia e una tazza di latte con due cucchiai e
mezzo di zucchero. Poi finalmente si avvicinò al tavolo dei
Raloi, dove una tesissima Mairead fissava con aria straniata una
fetta di bacon abbandonata nel suo piatto. «La mangi quella?»
le chiese Laughlin, sedendosi al suo fianco.
Mairead
scosse la testa.
Laughlin
allora ingurgitò in un sol boccone la fetta di bacon lasciata
indietro dalla ragazza. «Comunque sappi che faccio il tifo per
te» disse all'amica, mettendole una mano sulla spalla.
Mairead
aveva un nodo allo stomaco. Si voltò verso di lui e fece una
specie di sorriso di ringraziamento.
«Che
ci fa un Nagard al tavolo dei Raloi?» domandò una voce
fredda alle loro spalle.
Mairead
non aveva nemmeno bisogno di voltarsi per sapere a chi apparteneva:
Oengus Cumhacht non perdeva mai un'occasione per rimproverarli. Quel
richiamo specifico non poteva avere altro scopo che allontanare
Laughlin e la sua azione consolatrice dalla agitatissima Mairead.
«Mi
scusi, signore» farfugliò Laughlin alzandosi dal tavolo.
«Ci vediamo in campo. Vedrai che andrai benissimo!»
sussurrò invece all'orecchio dell'amica, prima di allontanarsi
con una strizzata di occhio.
Mairead
lo fissò mentre usciva dalla Sala Mor, sistemandosi il
mantello marrone, accompagnato dal suo amico Dominique. Solo allora
realizzò che mancava qualcuno: dove si era cacciato Edmund?
Era
da ieri sera che non lo vedeva più: dopo cena lui si era
ritirato in biblioteca, come ormai faceva da giorni, alla ricerca di
notizie sulla setta degli Eletti, ma poi non lo aveva più
visto. Che cieca che era stata! Tutta presa dalla sua stupita partita
di Quidditch!
«Iulius!»
chiamò la ragazzina.
Un
compagno di stanza di Edmund si voltò verso di lei con un
sorriso gentile. «Dimmi Mairead».
«Dov'è
Edmund?» domandò con aria concitata. Che gli fosse
successo qualcosa?
Iulius
scosse la testa. «Non lo so. Ieri sera mi sono addormentato che
non era ancora tornato in camera e stamattina non era nel suo letto
quando mi sono svegliato» rispose il ragazzo con tono
dispiaciuto.
«Non
è tornato in camera?» gli fece eco Mairead, sempre più
spaventata.
«Il
suo letto non era disfatto questa mattina» si intromise Anneus
Secula.
«Mi
spiace, non so dove sia.» concluse Iulius, scuotendo la testa.
Mairead
non li lasciò aggiungere altro. Si alzò dalla panca
come se fosse stata attraversata da una scarica elettrica e corse
fuori dalla Sala Mor. Non le importava di essere in ritardo, o di
perdere l'inizio della partita di Quidditch: avrebbe cercato Edmund
per tutto il castello, setacciandolo palmo a palmo se si fosse reso
necessario. E se la setta gli avesse fatto qualcosa?
Per
prima cosa si recò in biblioteca, l'ultimo posto dove in
teoria il suo amico era stato. La grande sala, suddivisa in sezioni
dagli scaffali stracolmi di libri, era vuota e silenziosa. Perfino il
bibliotecario era andato ad assistere alla partita di Quidditch.
«Edmund!»
chiamò Mairead, girovagando tra i corridoi, il mantello verde
della divisa da Quidditch che svolazzava alle sue spalle. Le rispose
solo l'eco della sua voce. «Edmund!» chiamò di
nuovo.
E
poi lo vide: un ragazzino moro con il capo chinato sulle braccia
incrociate, appoggiate su un volume aperto.
Mairead
si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
«Edmund»
sussurrò con dolcezza, sedendosi al suo fianco e scuotendolo
leggermente.
Il
ragazzo alzò la testa dal tavolo: aveva gli occhi gonfi di
sonno e delle righe rosse sul volto, dove le pieghe della sua giacca
gli avevano impresso dei segni per la posizione in cui aveva dormito.
«Che?»
farfugliò confuso.
«Ti
sei addormentato in biblioteca, ieri sera?» chiese Mairead con
un leggero tono di rimprovero. Quella fissazione nello scoprire cosa
si celasse dietro la setta degli Eletti stava arrivando ai limiti
dell'accettabile.
«Oh...»
balbettò Edmund, guardandosi intorno spaesato. «Sì,
temo di sì».
«Mi
hai fatto spaventare, Ed. Credevo ti fosse successo qualcosa!»
protestò Mairead fissandolo dritto negli occhi.
Il
ragazzino aprì la bocca per rispondere qualcosa, poi notò
che la sua amica indossava la divisa di Quidditch. «La tua
partita!» esclamò, alzandosi improvvisamente dalla
sedia. Proprio in quel momento, l'orologio della torre batté
dieci colpi.
Mairead
ridacchiò, anche se sapeva che Lucius l'avrebbe spennata viva,
perché la partita stava per cominciare e lei aveva saltato
tutta la parte degli schemi tattici. «Non avrei mai potuto
giocare, se non ci fossi stato tu a fare il tifo per me!»
rispose Mairead ridacchiando.
Edmund
si sfregò gli occhi e trattenne uno sbadiglio, ma alla fine
ricambiò il sorriso. «Ora andiamo, però»
disse, mettendo in borsa il libro sul quale si era addormentato e
altri volumi che aveva sparso sul tavolo. «Non vorrei essere
ritenuto il responsabile, se i Raloi dovessero giocare con un
Cacciatore in meno!»
Perdonate
il mio terribile ritardo! Spero almeno che ne sia valsa la pena. Come
ricompensa, il prossimo capitolo sarà dedicato alla partita
Raloi-Llapac! Grazie a tutti quelli che mi seguono nella lettura,
a
presto Beatrix
@quigon89:
ebbene sì, la setta degli Eletti compare molto presto, ma i
nostri tre amici riusciranno a capire cosa sta accadendo fra molto,
molto tempo! Ovviamente l'intuizione arriverà da Edmund, ma ho
deciso di giocare molto sulla suspance in questo racconto: vi terrò
per bene sulle spine. Quanto a Cumhacht sarà sempre molto
presente, rigido fino a diventare detestabile da tutti. Ma ho deciso
di dare spazio anche ad altri professori, soprattutto Ballerinus,
Saiminiu e Codail. Grazie mille del tuo commento, come sempre! Ciao
ciao, Beatrix
@darllenwr:
ti dirò che non ho mai apprezzato molto Catone (anzi, nessuno
dei due Catoni!), e direi che il paragone con Ailionora è
piuttosto azzeccato. Un po' di sano patriottismo ci sta, ma lei è
davvero folle! Certo non aiuta il clima familiare dove è
cresciuta, visto che il padre Scipio non è propriamente ben
intenzionato verso i sasanachfuil. Per la tua stima verso Cumhacht,
non so proprio che dire! Pensare che volevo renderlo un personaggio
odioso, ma a quanto pare sta riscuotendo un enorme successo.
Poverino, di per sé non è male a spiegare la sua
materia, ma è davvero troppo rigido con gli studenti e
soprattutto tartassa in continuazione Mairead. Però in fondo
non è malvagio: stima moltissimo il professor Captatio e anche
se patteggia per il sangue puro e per le tradizioni celtiche, non
arriva agli eccessi dell'EIF. Sono comunque contenta che ti sia
piaciuta la descrizione dell'apparizione della setta. Ho cercato di
renderla il più spaventosa possibile attraverso frasi brevi e
incisive. Quanto a Edmund, è sempre stato abituato a nutrire
la sua sete di conoscenza (anche perché all'orfanotrofio,
isolato com'era, non poteva fare altro), quindi per lui ogni cosa che
accade ha una spiegazione. Rifiuta di lasciarsi guidare da sentimenti
irrazionali. Lui vuole scoprire. Non si tratta solo di curiosità,
per lui conoscere è una necessità e “la
conoscenza è potere” (l'aveva detto in un passo della
“Lancia di Lugh”). Ti ringrazio infinitamente per i tuoi
complimenti. A presto, Beatrix
EDIT:
continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! QUI l'immagine di Ed
addormentato in biblioteca... non è carinissimo? *-*
|
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Capitolo 8 *** Un ritardo quasi fatale ***
CAPITOLO
8
Un
ritardo quasi fatale
«Si
può sapere dove diavolo eri finita?» sbraitò Lucius, nella sua
peggiore versione imbestialita che lo rendeva molto simile al vecchio
capitano O'Shalley. Evidentemente il potere e le responsabilità
corrompono anche l'animo dei più pacifici.
Mairead
tentò di scusarsi con un mezzo sorrisetto.
Dagli
spalti del campo, tutti gli spettatori fischiavano per il ritardo
sull'inizio della partita.
«Mister
Timberlen si è spazientito! Stava per farci incominciare anche senza
di te!»
Mairead
si sistemò gli occhiali da Quidditch e si preparò a cavalcioni
della sua Nimbus 1700. «Pronta» esclamò con entusiasmo. L'ansia
per la ricerca di Edmund l'aveva caricata di adrenalina e le aveva
fatto dimenticare le preoccupazioni per la partita.
Anche
gli altri giocatori si misero in posizione, pronti a sollevarsi in
aria al fischio di Mister Timberlen.
Nicolaj
si posizionò accanto a Mairead e le sussurrò gli schemi tattici che
avevano deciso nel pre-partita. «Prima schema a coniglio, poi schema
ad ala».
Mairead
sorrise a disagio: si ricordava perfettamente lo schema a coniglio
perché era uno di quelli che avevano provato anche l'anno scorso con
O'Shalley (consisteva nel passare la Pluffa non al compagno più
vicino ma a quello più lontano, effettuando così un “salto di
uomo”, per disorientare gli avversari), ma non aveva la più
pallida idea di quale fosse quello ad ala. Tuttavia non ebbe tempo di
chiedere chiarimenti a Connery, perché Timberlen fischiò e i
giocatori si sollevarono in aria, pronti a scattare al secondo
segnale dell'arbitro.
Anche
Timberlen salì a cavalcioni della sua scopa, con la Pluffa
sottobraccio, mentre il professor Ballerinus, come suo solito,
cominciava la telecronaca della partita presentando i giocatori delle
due squadre. «Per i Raloi abbiamo il capitano Connery, il nuovo
battitore O'Sharey, Connery, Connery, un altro Connery, Hook e
Boenisolius».
Dalla
curva verde dietro gli anelli dei Raloi si alzò un'unica ovazione
per i propri giocatori.
«Per
i Llapac, vi presento la capitana Allen, Judge, Tobin, Wildem, Moran,
O'Connor e infine Yates».
I
Llapac si sgolarono per la propria squadra.
«I
capitani si stringano la mano» ordinò l'arbitro, e Connery si
avvicinò con un sorriso smagliante a Cecelia Allen, che aveva il
ruolo di portiere ed era considerata dal pubblico maschile
all'unanimità la giocatrice più carina di tutte le squadre.
«Pronti
a partire!» annunciò Ballerinus.
Non
appena Timberlen fischiò, Mairead si gettò all'inseguimento della
Pluffa, che l'arbitro aveva lanciato in alto, e riuscì ad afferrarla
prima dell'altra punta, O'Connor.
«Presa
di Boenisolius, Raloi in possesso di palla».
Mairead
stava per lanciare la Pluffa a Milo, che era più lontano di Nicolaj,
quando il fischio di un bolide la distrasse. Riuscì a scansarsi
appena in tempo, ma le cadde la Pluffa, che venne velocemente
recuperata dalla Moran.
«Moran,
Wildem, ottimo passaggio a O'Connor, ancora Moran. La Cacciatrice sta
risalendo verso i pali. Tira... e Connery para! Magnifica presa del
portiere Raloi!» annunciò il professor Ballerinus.
Leonard
soppesò il tiro per un attimo, permettendo ai Cacciatori di
riposizionarsi, poi lanciò la Pluffa a Milo. Lucius scagliò un
bolide contro Wildem, che continuava a zigzagare davanti a Milo per
distogliere la sua attenzione dal tiro, con una tale potenza che per
poco il Llapac non venne disarcionato dalla scopa.
«Sapiente
passaggio a Boenisolius, che sfreccia verso i pali, ma la Pluffa
viene intercettata da Moran... no! Ahi, quello fa male!»
Seamus,
il nuovo battitore, aveva spedito un altro Bolide conto la
Cacciatrice avversaria, colpendola in pieno stomaco.
La
Pluffa cominciò a roteare verso il basso. Mairead intercettò la sua
caduta prima di Wildem, risalì dalla picchiata che era stata
costretta a fare per recuperare la palla, si appiattì sul suo manico
di scopa per evitare un Bolide di Judge e infine tirò in uno dei tre
anelli.
«Ehi,
Allen è sbucata dal nulla! Parata spettacolare!»
Un
boato salì dalla curva blu, dove i Llapac osannavano la loro grande
capitana. Cecelia Allen era davvero una brava Portiera: per quanto i
Cacciatori dei Raloi fossero più veloci e agili di quelli avversari,
dopo mezz'ora di partita il risultato era ancora di zero a zero.
I
problemi tattici di Mairead si fecero sentire quando, nuovamente in
possesso di palla, Nicolaj le fece segno di passare allo schema ad
ala. Mairead si trovò spaesata, quando vide i suoi due compagni che
zigzagavano per il campo, andando a posizionarsi di volta in volta
sull'ala destra e sinistra. Mairead esitò un secondo di troppo e un
Bolide la colpì in pieno volto, comprimendole gli occhialetti da
Quidditch contro l'occhio sinistro. Un dolore lancinante le fece
perdere per un attimo ogni senso. La Pluffa le cadde di mano e venne
immediatamente recuperata da Wildem. Tutti gli spettatori trattennero
il fiato come un sol uomo: il Cacciatore era solo davanti al
portiere.
«E
Widem segna! Dieci a zero per i Llapac!»
La
curva blu scoppiò in un boato d'esultanza.
«Tempo!
Tempo!» chiese Lucius sbraitando e Timberlen concesse cinque minuti
di pausa.
Tutti
i Raloi si riunirono a terra. Lucius sembrava fuori di sé. «Si può
sapere che avete? Non abbiamo mai giocato così male! Non abbiamo
ancora segnato una volta!» rimproverò la squadra con furore.
«La
Allen sa il fatto suo. Non ne lascia passare nemmeno una» si scusò
Milo, in tono sommesso. «Sì, ma noi siamo meglio dei Llapac! Loro
hanno solo un buon giocatore, noi ne abbiamo sette! E per la barba di
Merlino, Mairead! Gli schemi tattici! Guai a te se ti presenterai
ancora in ritardo prima di una partita!»
Come
se non bastasse, cominciò anche a piovere. Nel giro di poco, grossi
goccioloni d'acqua avevano infradiciato completamente i giocatori.
Per fortuna gli occhialetti da Quidditch avevano un incantesimo che
respingeva la pioggia, altrimenti giocare, soprattutto in una terra
piovosa come l'Irlanda, sarebbe stato impossibile.
Mairead
era quasi in lacrime, un po' per il dolore all'occhio, un po' per il
pessimo modo in cui stava giocando, un po' per la strigliata di
Lucius. Certo, il capitano aveva ragione, ma quando aveva scoperto
che Edmund era sparito, la cosa migliore le era sembrata andare alla
ricerca del suo amico, soprattutto visto quello che stava succedendo
a scuola in quel periodo.
Timberlen
fece segno a Connery che il tempo per la pausa era scaduto.
«Forza
ragazzi, facciamo vedere quello che sappiamo fare!» li incitò il
capitano.
I
giocatori salirono nuovamente sulle scope e si sollevarono da terra.
«Mairead,
tutto bene?» domandò premuroso Leonard.
La
ragazzina si strinse nelle spalle.
«Prima
hai preso un bel colpo, ero preoccupato quando ti ha colpito in
faccia» continuò, avvicinandosi a lei e togliendole gli
occhialetti, per controllare che stesse bene. Aveva uno scuro segno
rosso intorno all'occhio sinistro, dove il Bolide l'aveva colpita,
imprimendo lo stampo dell'occhiale sulla sua pelle.
«Ehi,
voi due, muovetevi! Stiamo per ricominciare!» li richiamò Nicolaj.
Mairead
si affrettò a seguire il suo compagno Cacciatore, allontanandosi il
più possibile da quella situazione imbarazzante.
La
partita rincominciò e l'emozione del gioco fece dimenticare alla
ragazza ogni altra cosa.
Ad
un certo punto Wildem fece un passaggio in avanti che Mister
Timberlen fu costretto a fischiare: la prima mischia della partita.
Mairead
si posizionò in fondo al campo tra Milo e Nicolaj, pronta a partire
al segno dell'arbitro. Appena sentì il fischio si lanciò in volo
seguita dalle ali, ma non spinse al massimo la sua corsa: aveva
un'idea in mente. Nicolaj e Milo cercarono di accelerare, ma era lei
che, in qualità di Punta, dettava la velocità alla formazione.
I
tre Llapac erano visibilmente in vantaggio.
«Desistere!»
ordinò Mairead ai suoi compagni, appena vide che O'Connor, la punta
dei Llapac era ad un soffio dalla Pluffa.
La
formazione si sciolse giusto in tempo da permettere alla ragazzina di
schizzare in avanti, intromettersi tra i Cacciatori avversari, e
intercettare il passaggio di O'Connor alla Moran.
«Boenisolius
in possesso di palla si avvicina minacciosa al portiere!» esclamò
Ballerinus. La sua voce era piena di eccitazione: forse avrebbero
finalmente segnato!
Mairead
tirò la Pluffa con decisione verso l'anello in basso a sinistra... e
la Allen non riuscì a parare in tempo.
«Raloi
segna! Dieci pari!»
«Yeah!»
esultò Mairead, sollevando il pugno al cielo.
Dopo
il primo goal della sua giovane Punta, la squadra dei Raloi si
riprese dal torpore e segnò altri due punti, per un risultato di
trenta a dieci, ma la partita si stava rivelando più sofferta del
previsto.
Ad
un certo punto Mairead notò che le due Cercatrici, Beatrix e la
Yates, si erano lanciate in picchiata: evidentemente avevano
avvistato il Boccino.
«Vai
Beatrix!» strillò con quanto fiato aveva in gola per incitare la
sua compagna.
La
giovane Connery era in vantaggio, fra poco avrebbe preso il Boccino.
Tutto
lo stadio trattenne il fiato come un sol uomo.
Poi
un Bolide sbucò all'improvviso, tagliando la corsa delle due
Cercatrici, che furono obbligate ad una brusca frenata. Judge, il
battitore dei Llapac, aveva scagliato il Bolide davanti a Beatrix e
in quella frazione di secondo il Boccino scomparve.
I
Raloi gridarono la loro delusione, mentre i Llapac acclamavano la
bravura del loro Battitore. Lucius allora colpì il Bolide con forza,
per spedirlo addosso a Judge che, troppo preso dai complimenti della
sua casa, non si accorse della palla e fu colpito in piena schiena.
«Ben ti sta!» commentò Lucius soddisfatto, vedendo il risultato
del suo lancio.
In
seguito Nicolaj segnò un altro punto, ma subito dopo O'Connor
accorciò le distanze, riportando il punteggio a un più equilibrato
quaranta a venti per i Raloi.
Mairead
e gli altri cercarono di rendere il gioco più veloce, aumentando il
numero dei passaggi tra i Cacciatori e accorciando le distanze dei
lanci, visto che i Llapac sembravano eccellere sui tiri lunghi, ma
avevano difficoltà a muoversi velocemente. Dopo che la Allen fece
un'altra parata spettacolare, la Pluffa tornò in possesso dei
Llapac, allora Lucius e Seamus furono costretti ad intervenire con le
loro mazze.
«Un
bolide fa perdere il tiro a Wildem» commentò Ballerinus.
Milo
recuperò la Pluffa e, dopo qualche scambio tra i compagni, si
ritrovò da solo davanti al Portiere.
«Hook
segna! Cinquanta a venti per i Raloi!» esclamò soddisfatto il
professore, segnando i punti sul tabellone dorato alle sue spalle.
In
seguito Leonard riuscì a parare un tiro un po' maldestro della Moran
e i Cacciatori Raloi, risalirono il campo verso gli anelli avversari
con velocità impressionante. Mairead, con la Pluffa sotto braccio,
si acquattò sulla scopa per evitare un Bolide e fece un passaggio a
Milo.
«Boenisolius,
Hook, Connery, di nuovo Boenisolius.»
Lucius
spedì un Bolide verso la Allen e Mairead approfittò dell'attimo di
distrazione per tirare.
«Un
altro goal per i Raloi! Sessanta a venti».
La
curva verde dietro Leonard scoppiò in un boato d'esultanza. I
Cacciatori della squadra stavano finalmente dimostrando il loro
valore.
E
poi tutti si voltarono di nuovo verso le due Cercatrici, che avevano
cominciato un nuovo testa a testa.
Perfino
Mairead riuscì a vederlo: un minuscolo scintillio dorato, poco
lontano dai pali dei Llapac, sembrava quasi riflettersi negli enormi
goccioloni di pioggia che cadevano dal cielo. Tutto lo stadio,
persino gli altri giocatori, si fermarono a guardarle. Beatrix
sembrava essere in vantaggio nella corsa: forse ce l'avrebbero fatta!
«Dai,
dai, dai!» esclamò Mairead.
E
poi Beatrix allungò la mano, distese le dita... e infine alzò il
pugno al cielo: l'aveva preso, aveva preso il Boccino!
«Connery
prende il Boccino d'Oro! I Raloi conquistano la vittoria con un
punteggio di duecentodieci a venti!»
Li
avevano stracciati!
Dopo
un imperdonabile e indecoroso ritardo, finalmente sono riuscita a
completare e pubblicare il nuovo capitolo. Spero che la partita vi
sia piaciuta! Grazie della vostra infinita pazienza...
Beatrix
@quigon89:
anche a me piace come Dedalus e Laughlin siano in continuo conflitto:
dopo tutto Laugh è un purosangue, ambizioso e legato alla
tradizione, Dedalus è un ragazzino un po' fuori dal comune,
estroverso ed espansivo... non possono cento andare d'accordo! Le tue
speculazioni mi interessano davvero. Ti posso solo dire che in un
modo o nell'altro, Laughlin comincerà ad apprezzare anche
l'espansività di Dedalus, ma questo solo fra parecchio tempo. Quanto
alla setta degli Eletti, pazienta, si scoprirà tutto!
@Salice:
ipotizza, ipotizza pure! È divertente sapere quello che vi passa per
la testa quando leggete quello che scrivo! Ma sarà davvero così
pericolosa questa setta? E chi c'è dietro? A tempo debito scoprirai
tutto, ma dovrai seguire il percorso che faranno anche i
protagonisti. Pian piano capiranno tutto... ma fino ad allora, non ti
resta che ipotizzare!
@darllenwr:
sì, la paura è il grande alleato della setta, e oserei dire, che
alleato! Scatenare un terrore di massa può essere una grandissima
arma per chiunque la sappia usare! Quanto a Laughlin, è troppo
orgoglioso per ammettere di aver bisogno di un corso di babbanologia:
preferisce restare nella sua ignoranza! Edmund è davvero impacciato
e timido di natura in certe situazioni e sicuramente non gli giova
essere cresciuto in un orfanotrofio, odiato e deriso da tutti, senza
sapere nulla delle proprie origini. Per ora è ancora troppo
“bambino” per rendersi davvero conto di che cosa significhi non
avere un'identità, ma fra qualche anno si troverà a chiedersi chi
è, da dove viene e chi erano i suoi genitori. Erano babbani o maghi?
E perché l'hanno abbandonato? Domande non da poco, tanto più per un
giovane mago molto talentoso. Quanto a Cumhacht, temo che lo possa
apprezzare solo chi non è costretto a sopportarlo a lezione: un
professore del genere è davvero terribile!
Grazie
a tutti dei commenti, a presto
Beatrix
EDIT:
continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! QUI Mairead e
Beatrix con la divisa di Quidditch.
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Capitolo 9 *** La paura più grande ***
CAPITOLO
9
La
paura più grande
Era
stata una partita sofferta, ma alla fine i Raloi avevano
letteralmente stracciato i Llapac. Lucius si complimentò con la
squadra, nonostante l'inizio zoppicante, e andò perfino a scusarsi
con Mairead per la strigliata.
«No,
avevi ragione: non arriverò più in ritardo, promesso!» lo
rassicurò la ragazzina.
La
sua euforia per la vittoria schiacciante le fece dimenticare per un
po' le ansie legate alle apparizioni della setta, che tra l'altro non
si era più fatta viva dopo il terzo incidente.
Le
vacanze di Natale si stavano avvicinando e l'aria di festa che
cominciava a regnare per i corridoi del castello, contribuì ad
alleggerire la tensione tra gli studenti. Che fosse finalmente
tornata la tranquillità anche al Trinity?
Una
sera Mairead, Edmund e Laughlin si trattennero in giro fino a tardi
perché la professoressa Blath, che insegnava Erbologia, chiese loro
una mano per appendere il vischio davanti alle porte delle aule. I
tre ragazzi si divertirono ad aiutare l'insegnante perché il vischio
era stato incantato in modo da lasciar cadere bacche rosse quando
qualcuno vi passava sotto, e quindi gli amici si sfidavano a chi
riusciva ad evitare di essere colpito.
«Guardate,
mi ha sporcato la giacca della divisa!» si lamentò Laughlin,
osservando con disappunto la macchia lasciata da una bacca che lo
aveva colpito.
«Si
vede che non ti sai scansare abbastanza velocemente!» lo scherzò
Mairead.
L'orologio
della torre aveva già suonato le dieci e mezza, così i ragazzi
stavano percorrendo un corridoio del secondo piano, per dirigersi
ognuno verso il proprio dormitorio.
«Tre
funghetti stan nel bosco...» cominciò a canticchiare Mairead.
«Si
avvicina un tipo losco» completò la frase Laughlin.
I
due amici si scambiarono uno sguardo complice, poi cominciarono a
cantare a squarcia gola: «È un mago che ha fame, ha mangiato solo
pane! La bacchetta gli han rubato, quando dormiva là nel prato!»
«Che
roba...?» Edmund non riuscì nemmeno a completare la frase, tanto
era allibito dalle note stonate che rimbombavano nei corridoi vuoti
del castello.
Mairead
e Laughlin smisero di cantare e scoppiarono a ridere, mentre il loro
amico li squadrava con aria perplessa. «Eddai, Ed... è una stupida
filastrocca per bambini. È...»
Ma
Mairead non completò mai la frase. Un forte senso di terrore si
impadronì di lei, come se all'improvviso avesse realizzato che stava
per succedere qualcosa di terribile. Cominciò ad ansimare, in preda
ad un attacco di panico. Il corridoio fu invaso da denso fumo bianco
e il silenzio si fece irreale. Mairead, Edmund e Laughlin,
immobilizzati dal terrore, fissavano impotenti cinque figure
incappucciate, sfocate e tremule, che si avvicinavano a loro. Per un
attimo sembrò che il tempo si fosse fermato, che sarebbero morti lì,
incapaci di muoversi.
E
poi Edmund urlò. «Via!»
I
tre amici si riscossero e cominciarono a correre disperati alla
cieca. Il terrore che fino a poco tempo prima li aveva paralizzati,
gli mise le ali ai piedi. Via di lì, il più presto possibile.
La
figura di un adulto si stagliò in fondo al corridoio che stavano
percorrendo. Chiunque fosse, si aggrapparono alla sua apparizione
come ad un'ancora di salvezza. Mairead, che era la più veloce dei
tre, si gettò tra le braccia dello sconosciuto e cominciò a
singhiozzare. L'uomo rimase impietrito.
«Boenisolius,
che diavolo...»
La
voce del professor Cumhacht la riportò violentemente alla realtà.
Stava abbracciando un professore! Ed era Cumhacht, per di più! Si
staccò d'impeto da lui e arrossì dalla punta dei capelli ai piedi.
In
quel momento li raggiunsero anche Edmund e Laughlin. Erano ancora
terrorizzati e tremanti, ma almeno sembrava che alla vista del
professore avessero recuperato le facoltà intellettive di base.
«Che
cosa sta succedendo?» domandò Cumhacht in tono tagliente.
Edmund
si strinse la milza dolente e, con la voce rotta e il fiato corto,
farfugliò: «Signore, la setta!»
La
notizia di una nuova apparizione della setta degli Eletti si sparse a
scuola con una velocità impressionante. Edmund sembrava aver perso
tutto il suo razionale autocontrollo e almeno per un po' lasciò da
parte vecchie cartine e schemi astrusi.
In
compenso, Mairead evitò di incontrare lo sguardo del professor
Cumhacht per l'intera settimana, perché bruciava ancora all'idea di
essersi buttata piangente tra le sue braccia.
L'unica
cosa che riusciva a distrarre per un po' i ragazzi del secondo anno
erano le ore del professor Ballerinus che, per tenere la loro mente
occupata, aveva organizzato una serie di lezioni pratiche.
Una
mattina entrò in aula appoggiando sulla cattedra una scatola
dall'aria sospetta. «Oggi affronteremo un Molliccio» annunciò il
professore alla classe.
Un
mormorio eccitato percorse gli alunni. «Chi sa dirmi cos'è un
Molliccio?» chiese Ballerinus, dando qualche colpetto alla scatola
che prese ad agitarsi.
Edmund
non alzò nemmeno la mano. «È un mutaforma. Assume l'aspetto di ciò
che ci fa più paura, nel tentativo di spaventarci» rispose con
naturalezza, gli occhi fissi sulla scatola di cartone.
Il
professor Ballerinus fece un segno di assenso con il capo.
«Esattamente. Ora, l'incantesimo per combattere un molliccio è
Riddikulus, ma ciò che davvero lo sconfigge sono le ristate»
spiegò alla classe eccitata. «Tutti in piedi e mano alle
bacchette!»
Lo
strisciare di una ventina di sedie sul pavimento venne accompagnato
da svolazzi di bacchette e da tonfi di libri che venivano
maldestramente riposti nelle borse di scuola. Balleriuns fece un
veloce gesto con la bacchetta e i tavoli si disposero in modo
ordinato ai lati dell'aula.
I
ragazzini si accalcarono e si spintonarono per ottenere una migliore
visuale sulla cattedra.
«Retrocedete,
tutti in fondo alla classe!» ordinò il professore indicando il
luogo con il braccio.
I
ragazzi si allontanarono a malincuore, ammassandosi in modo
disordinato in fondo all'aula.
«Consolatus,
vieni avanti, oggi sarai tu il mio assistente.» disse poi
Balleriuns, facendo un cenno al Llapac. Dedalus si avvicinò
saltellando alla cattedra, con un largo sorriso sul volto, come se
qualcuno gli avesse offerto dei dolcetti. «Allora, Dedalus, qual è
la cosa che ti fa più paura?» gli chiese il professore.
Il
ragazzino ci pensò un po' su, poi esclamò: «I pagliacci!»
«I
pagliacci?» gli fece eco Ballerinus con aria perplessa.
Dedalus
annuì convinto. «Sì, i pagliacci. Mio papà è Babbano e una volta
quando ero piccolo mi portò al circo... è stato terribile!»
spiegò, rabbrividendo al solo ricordo.
Il
professor Ballerinus si arrese di fronte al largo sorriso di Dedalus.
«Bene, vada per i pagliacci. Ora Consolatus, pensa ad un modo
per...» il professore si interruppe appena in tempo. Stava per dire
“rendere ridicolo”, ma di per sé un clown dovrebbe già essere
ridicolo! «Insomma, per rendere meno spaventoso il tuo pagliaccio».
Dedalus
si concentrò un attimo, poi annuì con aria decisa.
Il
professor Ballerinus non ebbe il coraggio di chiedere all'alunno cosa
avesse pensato, perché temeva la risposta. Semplicemente si rivolse
alla classe e spiegò il compito: «Voglio che ognuno pensi alla
propria paura più grande e trovi il modo di renderla ridicola,
perché quando farò uscire il Molliccio dalla scatola, per primo lo
affronterà Consolatus, poi chiamerò alcuni di voi a fare la stessa
cosa».
Nell'aula
scese il silenzio più profondo, tutti i ragazzini concentrati sulle
proprie paure.
La
prima cosa che pensò Mairead fu “Io non ho paura di niente!”, ma
poi un ricordo spaventoso le riempì la memoria. Denso fumo bianco,
un silenzio innaturale e delle figure incappucciate che strisciavano
verso di lei. Mairead rabbrividì. La setta degli Eletti.
Sì,
quella era la sua paura più grande. Ma come avrebbe potuto renderla
meno spaventosa?
Laughlin
nel frattempo bisbigliava qualcosa a proposito di un cavaliere senza
testa, la creatura mostruosa che popolava i suoi incubi fin da
bambino, quando la madre lo ammoniva di comportarsi bene, altrimenti
un Dullahan sarebbe venuto a prenderlo.
Ma
quello più in crisi di tutti era Edmund. Una domanda gli ronzava nel
cervello: “qual è la mia paura più grande?” e non sapeva come
rispondervi. Ci pensò a lungo, ma non gli venne in mente nulla che
lo terrorizzasse veramente. Sì, da piccolo aveva paura dei ragni, ma
adesso gli era passata. Non conosceva creature mostruose che gli
incutessero terrore, non aveva paura del buio, anzi, gli piaceva
starsene nell'oscurità da solo a pensare. In che cosa si sarebbe
trasformato il Molliccio, se l'avesse avuto davanti?
«Siete
pronti?» domandò il professor Ballerinus.
Un
coro di “sì” si levò dal fondo dell'aula.
No,
Edmund non era pronto, ma non voleva essere l'unico a chiedere una
proroga, visto che i suoi compagni sembravano aver già finito.
D'altronde, se il professore l'avesse chiamato, non sarebbe stata la
prima volta che si ritrovava ad affrontare situazioni critiche: se la
sarebbe cavata, come sempre.
Ballerinus
annuì soddisfatto. «Molto bene, allora proviamo la pronuncia
corretta. Ripetete con me: Riddikulus!»
«Riddikulus»
gli fecero eco i ragazzi.
«Perfetto.
Ora, Dedalus, sei pronto?» chiese il professore, mentre tutti gli
alunni estraevano le bacchette.
Dedalus
annuì con convinzione. Chissà cosa aveva pensato per rendere
ridicolo il suo pagliaccio!
Ballerinus
si avvicinò alla scatola di cartone, diede un ultimo sguardo
d'incoraggiamento al ragazzino, poi sollevò il coperchio. Un
pagliaccio dall'aria minacciosa si eresse dalla misera scatola e
avanzò verso Dedalus.
Per
un momento parve che il ragazzino fosse rimasto pietrificato dalla
paura (sempre che si possa aver paura di un pagliaccio) ma poi alzò
la bacchetta con decisione ed esclamò: «Riddikulus!»
Il
naso rosso del Molliccio-clown cominciò a gonfiarsi a dismisura, e
quando raggiunse le dimensioni di una grossa Pluffa, esplose come una
bolla di sapone.
La
classe scoppiò in una risata fragorosa e il pagliaccio senza più
naso si contorse su se stesso.
«Ottimo,
Consolatus! Cinque punti ai Llapac.» esclamò soddisfatto il
professor Ballerinus. «Balosky, tocca a te».
Un
Nagard smilzo con i capelli biondissimi si fece avanti. Il Molliccio
lo osservò per un attimo, poi con un suono sordo si trasformò in
una creatura di fuoco. Qualcuno urlò: quell'essere sembrava un
demone sputato fuori dall'inferno. Balosky strinse la bacchetta con
maggiore forza, poi gridò l'incantesimo con foga. Un getto potente
d'acqua investì il molliccio, le cui fiamme si spensero miseramente,
lasciando la creatura nuda e rosea come un verme.
«Benisismo!
Cinque punti anche ai Nagard. D'arcy, ora tu».
Una
ragazzina dei Llapac si fece avanti con aria tremante. Il molliccio
si trasformò in un enorme serpente a sonagli. Liadan D'Arcy soffocò
un urlo. Sollevò la bacchetta con poca convinzione e sussurrò:
«Riddikulus».
Forse
l'incantesimo non funzionò a dovere, perché l'unica cosa che
ottenne Liadan fu che la coda del serpente si trasformasse in un
sonaglio per bebè. Certamente la cosa non lo rese molto meno
spaventoso.
«Un
po' più di convinzione, la prossima volta, D'Arcy. Boenisolius, ora
a te» chiamò il professore.
Mairead
si fece avanti con passo deciso. “Sono coraggiosa, sono
coraggiosa!” si ripeté mentalmente, mentre il Molliccio-serpente
la squadrava. Per un attimo la classe fu invasa da un denso fumo
bianco, poi cinque figure incappucciate, tremule come fantasmi,
cominciarono ad avanzare verso di lei.
«La
setta degli Eletti...» sussurrò qualcuno alle sue spalle, con voce
piena di apprensione.
Mairead
alzò la bacchetta con decisione. Se solo si fosse dimostrata così
sicura anche di fronte alla vera setta. «Riddikulus!»
esclamò con foga. Dal nulla comparvero globi luminescenti che
sparavano raggi di luce ovunque e la classe risuonò di pessima
musica da discoteca anni ottanta. Gli esseri incappucciati si
ritrovarono vestiti con tutine bianche piene di strass e paillettes.
Tutti
scoppiarono a ridere, compreso Ballerinus, forse perché la visione
aveva evocato qualche reminiscenza della sua gioventù. «Magnifico,
Mairead, davvero magnifico. Cinque punti ai Raloi» disse battendo le
mani divertito, mentre gli improbabili Molliccio-ballerini si
agitavano per le risate. «Diablaiocht, tocca a te».
Ailionora
si fece avanti e nel passare diede una spallata a Mairead. Le due si
scambiarono un'occhiata di fuoco, mentre il Molliccio si trasformava
in un vampiro sanguinolento. Ailionora non ci mise nemmeno troppa
convinzione, come se affrontare un Molliccio fosse un compito indegno
delle sue grandi qualità. «Riddikulus.» disse e il vampiro
si ritrovò vestito con l'abito tradizionale irlandese. Leida O'Hara
e Finan Best, i due compagni di Ailionora, sogghignarono, ma nel
complesso la trasformazione non fece ridere nessuno.
«Bene
Diablaiocht, non ti sei fatta spaventare» commentò il professore.
«Wollace, a te».
Un'altra
ragazzina dei Nagard si fece avanti, ma Mairead non prestò
attenzione alla sua prestazione perché era stata rapita dalle parole
di Ailionora. «Se quel vampiro fosse stato un purosangue irlandese,
non avrei avuto paura di lui» stava dicendo ai suoi amici con un
sorrisetto furbo stampato in faccia.
«Se
fosse stato un purosangue irlandese, probabilmente sarebbe stato tuo
alleato nella caccia ai sassanachfuil» ridacchiò Best.
«Idioti»
sussurrò Mairead tra i denti, proprio mentre il professor Ballerinus
esclamò: «Burke, è il tuo turno.»
“Bene,
il momento della verità” pensò tra sé Edmund, facendosi avanti.
Il Molliccio lo squadrò per un attimo, poi con un suono sordo si
trasformò in una figura incappucciata. Edmund rimase immobile, la
bacchetta levata pronta a colpire. I suoi compagni credettero che
fosse immobilizzato dal terrore, ma lui era solo curioso di capire in
cosa si fosse trasformato il Molliccio.
«Edmund?»
lo chiamò il professore in tono dubbioso.
La
figura era alta più o meno quanto lui, il corpo sottile e
longilineo, ma non si riuscivano ad intravedere i lineamenti del
volto.
“Avanti,
levati il cappuccio!” pensò con foga Edmund.
E
quella, come avesse sentito i suoi pensieri, si portò le mani alla
testa e calò il copricapo.
Carnagione
pallida, capelli neri pettinati di lato e due penetranti occhi
azzurri.
I
suoi occhi.
Solo
che erano illuminati da una luce crudele e diabolica.
Edmund
retrocedette spaventato. Il suo io malvagio avanzò verso di lui con
la bacchetta levata, pronto a colpirlo. Il ragazzino inciampò e
cadde all'indietro. Il ghigno del Molliccio-Edmund si fece ancora più
minaccioso, la bacchetta davanti a sé. E poi...con una mossa
improvvisa, la sollevò in aria e con la sua stessa voce gridò:
«MORSMORDRE!»
«Riddikulus!»
esclamò Ballerinus, nel medesimo istante in cui il Molliccio aveva
gridato il suo incantesimo, ricacciandolo così nella scatola.
Un
silenzio opprimente scese sulla classe.
Edmund
era ancora a terra, ansimante, incapace di spiegare quello che era
successo. Perché il Molliccio si era trasformato nella sua versione
malvagia? E che incantesimo era quello che il Molliccio-Edmund aveva
cercato di scagliare in aria, prima che Ballerinus lo respingesse
nuovamente nella scatola?
«Bene
la lezione è finita» annunciò il professore con un sorriso tirato.
Edmund
si alzò da terra lentamente, ancora scosso.
Ballerinus
gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla con aria
incoraggiante. «Non temere Edmund, non sei il primo che non riesce
ad affrontare un Molliccio» gli disse, nel tentativo di rincuorarlo.
Ma la vera preoccupazione di Edmund non era il suo fallimento, bensì
scoprire perché la creatura si fosse trasformata in un se stesso
malvagio.
La
lezione aveva instillato nei ragazzi ancora eccitati il bisogno di
confrontarsi, così mentre si dirigevano all'aula di Storia della
Magia, cominciarono a chiacchierare.
«Avete
visto il mio pagliaccio?» domandò soddisfatto Dedalus.
«Accidenti,
sì! Ma il tuo, Sergey, che cosa era?» domandò Henry Alabacor.
«Era
un Svarožič,
uno spirito del
fuoco. In Russia sono molto temuti» spiegò Balosky in tono
risoluto, sfidando chiunque a parlar male delle sue radici.
Ma
la vera domanda che tutti si ponevano e che nessuno aveva il coraggio
di fare ad alta voce era perché Burke avesse paura di se stesso.
Ecco
qui, la mia rilettura del magnifico capitolo “Un molliccio
nell'armadio”! Spero che abbiate gradito!
ps.
scusate la brevità dei commenti, ma sono un po' influenzata... spero
che apprezziate lo stoicismo nel voler comunque pubblicare il
capitolo! (Ve lo meritate, dopo che vi ho fatto attendere così a
lungo!)
@quigon89:
non proprio un regalo di Pasqua, ma questa volta ho cercato di essere
il più veloce possibile! Sono davvero contenta che ti sia piaciuta
la partita di quidditch! Alla prossima!
@darllenwr:
sapevo che ti sarebbe piaciuta la Allen: dopo tutto mi sono detta che
anche i Llapac meritavano un minimo di gloria e credo che la capitana
portiere fosse il giusto idolo per una squadra che diciamocelo, non
brilla di luce propria! Purtroppo però i momenti di distensione sono
finiti e anzi, si prospetta un gran brutto periodo per il Trinity. A
presto!
Beatrix
EDIT:
continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! QUI Edmund e il suo
Molliccio.
|
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Capitolo 10 *** Et cum spiritu tuo ***
CAPITOLO
10
Et
cum spiritu tuo
Con
l'avvicinarsi delle vacanze di Natale, Edmund divenne sempre più
taciturno. Prima di tutto, si sarebbe ritrovato nuovamente solo,
visto che i suoi amici sarebbero tornati a casa dalle rispettive
famiglie, e in secondo luogo aveva mille pensieri che gli ronzavano
in testa.
L'incidente
con il Molliccio l'aveva incupito, perché non riusciva a
spiegarsi quella assurda trasformazione. Cosa voleva dire che aveva
paura di se stesso?
Inoltre
aveva rincominciato a spremersi le meningi sulla questione della
setta degli Eletti. Gli dava sui nervi il fatto di essere scappato
davanti al pericolo, di essersi arreso al terrore, di aver fatto il
gioco del nemico, proprio lui che aveva osannato il valore della
razionalità davanti alla paurosa superstizione dei suoi
compagni. Riportando alla mente quell'episodio, non riusciva proprio
a capacitarsi di come il terrore lo avesse inchiodato in mezzo al
corridoio. E poi ricordò che la sensazione di paura l'aveva
invaso ancora prima di vedere la setta, come se qualcosa lo
avesse indotto a pensare che doveva spaventarsi ad ogni costo.
Tutto ciò era assurdo.
Riprese
in mano i suoi vecchi schemi e cominciò a meditare di
appostarsi di sera in qualche corridoio del famigerato secondo piano
per sperare di rincontrare la setta. Voleva vederci chiaro in quella
situazione.
Per
fortuna arrivò Laughlin, l'ultimo giorno prima delle vacanze,
a distrarlo dai suoi pensieri. «Sai, non torno a casa per
Natale» gli annunciò, durante la lezione di Erbologia.
Edmund
stritolò con troppa forza la foglia di bicoccus che
aveva in mano, tanto che la linfa verdognola schizzò da tutte
le parti. «Ah, no?» gli fece eco, fingendo disinteresse.
«E come mai?»
Laughlin
si strinse nelle spalle. «I miei vanno a trovare una vecchia
zia fissata con la storia dei purosangue, e poi non ho affatto voglia
di vedere Bearach» rispose, con naturalezza.
Tuttavia
Edmund era certo che l'amico avesse deciso all'ultimo di rimanere al
Trinity per fargli compagnia. Non ebbe però il coraggio di
ringraziarlo a dovere perché si sentiva leggermente in
imbarazzo. Si accontentò di fargli un mezzo sorriso.
Fu
così che, il giorno successivo, Mairead salutò i suoi
amici con affetto e si preparò a tornare a casa da suo padre,
che, tanto per cambiare, arrivò in ritardo alla stazione.
Mairead aveva ormai fatto l'abitudine alla sua disordinata
distrazione, per cui non se ne preoccupava più. Stranamente
lei e suo padre non passarono il Natale vivendo una di quelle pazze
avventure da archeologo squilibrato in cui la trascinava sempre
Reammon, ma anzi, andarono a fare visita ai suoi nonni paterni, due
anziani maghi che vivevano in un cottage in mezzo alla campagna. Fu
il Natale più tranquillo di tutta la sua vita. E forse fu
meglio così, visto quello che aveva passato al Trinity.
Nel
frattempo Edmund e Laughlin avevano il castello a loro completa
disposizione, perché molti studenti avevano approfittato delle
vacanze per allontanarsi dal senso di opprimente terrore che regnava
a scuola a causa della setta.
Al
pranzo di Natale, Edmund ottenne perfino di sedersi al tavolo dei
Nagard, vicino a Laughlin e Dominique, come intese dall'occhiata
benevola del preside Captatio: praticamente gli studenti rimasti
erano talmente pochi che si poteva anche concedere loro un minimo di
libertà in più. Cumhacht distorse il naso quando li
vide, ma non poté andare contro un'autorizzazione diretta del
Preside. Il banchetto preparato dai Lepricani fu particolarmente
piacevole e Laughlin, come suo solito, mangiò fino a
scoppiare.
Il
giorno successivo, lui e Edmund si ritrovarono in una delle aule
studio per fare una partita a scacchi. Quando Laughlin arrivò,
vide che il tavolo occupato dal suo amico era stato praticamente
invaso da pergamene, carte e vecchi libri polverosi.
«Non
starai facendo i compiti, vero?» gli chiese perplesso,
sedendosi difronte a lui.
Edmund
scosse la testa. «No, sto cercando di capirci qualcosa
nell'apparizione della setta».
«Ancora
con questa storia?» si lamentò Laughlin, chiudendo i
vari volumi che l'amico aveva lasciati aperti sul tavolo.
Edmund,
di rimando, lo punse con la sua penna d'oca, sporcandogli di
inchiostro il dorso della mano.
«Ahi!»
strillò Laughlin, immusonito.
«Devo
capire quello che è successo, Laugh!» protestò
Edmund. «Voglio dire... la loro apparizione: non parevano
esseri umani!»
«Sembravano
fantasmi» buttò lì Laughlin, scuotendo le spalle
e massaggiandosi la mano che era stata punta.
Edmund
lo fissò sollevando un sopracciglio. «Laugh, non
esistono i fantasmi» gli disse in tono piatto.
Questa
volta toccò al Nagard fissare l'amico con aria allibita. «Stai
scherzando, vero? Certo che esistono!»
«Sono
cose da film dell'orrore per Babbani troppo impressionabili»
rispose Edmund, scuotendo la testa.
Laughlin
non sapeva come convincere l'amico che stava delirando. «Ed, i
fantasmi e-s-i-s-t-o-n-o. Non c'entrano i Babbani. È roba
magica, esistono davvero» gli disse, come se stesse spiegando
ad un bambino i primi rudimenti magici.
Edmund
si morse un labbro pensieroso: non aveva mai incontrato nelle sue
letture la possibilità che esistessero i fantasmi, ma dopo
tutto Laughlin veniva da una famiglia Purosangue, doveva
necessariamente conoscere più cose del mondo magico. «Davvero
esistono?» domandò in tono dubbioso.
Laughlin
fece un cenno di assenso con il capo, soddisfatto di aver finalmente
convinto l'amico.
«Quindi
i componenti della setta potrebbero essere fantasmi?» indagò
Edmund.
«Non
lo so... è un'ipotesi. Solo che non ne ho mai visti in giro
qui al Trinity» rispose Laughlin scuotendo la testa. Certo,
anche a lui sarebbe piaciuto vedere chiaro in quella situazione, ma
visto l'eccessivo entusiasmo di Edmund, stava rimpiangendo di aver
detto la frase sui fantasmi.
«Vado
a cercare in biblioteca!» sentenziò infatti Edmund,
soddisfatto di aver trovato una nuova prospettiva per analizzare
tutta la faccenda.
«Aspetta
Ed!» lo richiamò Laughlin: aveva un sorriso complice
sulle labbra. «C'è un modo più veloce. Io so a
chi possiamo chiedere».
Non
aveva voglia di vedere il suo amico defilarsela per l'ennesima volta
in biblioteca. Non il giorno di Santo Stefano, almeno.
Edmund
ricambiò il sorriso. «Fantastico, andiamo!»
La
prima cosa che lo colpì fu l'intenso odore di cera, misto a
quello di incenso di scarsa qualità. Edmund non aveva mai
visitato tante chiese, ma quella gli ricordava proprio una cripta
medioevale dove si consumavano riti antichi, come quelle che si
citavano nei libri di storia per Babbani. Niente a che fare con le
imponenti abbazie di Dublino, né con le chiesette di campagna
che sorgevano tra i prati e i pascoli. Quella era una cappellina
sotterranea, con due ordini di colonne longilinee che la dividevano
in tre navate, intrisa di puzzo di candele e incenso, risonante di
vecchie canzoni liturgiche in latino. Alcuni banchi malridotti,
occupati da ben pochi fedeli, riempivano la piccola navate centrale.
Il sacerdote dava le spalle all'assemblea, recitando la messa rivolto
verso l'altare di pietra che stava sul fondo.
«Come
sapevi di questa cosa?» sussurrò Edmund a Laughlin,
mentre prendevano posto in uno degli ultimi banchi. Da quasi un anno
e mezzo che frequentava il Trinity, Edmund non aveva mai saputo
dell'esistenza di quella cripta, né tanto meno della presenza
di un sacerdote a scuola che celebrasse le messe.
«Non
ne sapevo niente, finché Dominique non me ne ha parlato»
rispose Laughlin, indicando con il capo un ragazzetto moro seduto
poco più avanti. «Viene a messa tutte le domeniche,
impressionante» commentò poco dopo.
Proprio
in quel momento, tutta l'assemblea si alzò in piedi e i due
amici fecero lo stesso macchinalmente.
«Dominus
vobiscum» recitò il sacerdote, e i fedeli risposero:
«Et cum spiritu tuo».
A
quello scambio di battute, l'uomo si era girato verso l'assemblea.
Edmund poté finalmente vederlo in volto: aveva i capelli scuri
e portava un paio di occhiali, ma in generale pareva essere molto
giovane.
«Oremus».
«Non
gli darei più di trentacinque anni» sussurrò
Edmund all'orecchio di Laughlin, mentre il sacerdote recitava la
preghiera finale.
Laughlin
scosse la testa. «Oh, no, ne ha anche meno. Si chiama padre
Rafael, se non sbaglio».
«...per
omnia secula seculorum».
«Amen».
«Dominus
vobiscum» disse padre Rafael, allargando le braccia.
«Et
cum spiritu tuo».
«Sei
sicuro che sappia quello che ci interessa? Mi sembra troppo giovane»
continuò Edmund, rivolto all'amico.
Laughlin
si strinse nelle spalle. «Non lo so... Dominique dice che è
molto bravo».
«Speriamo
bene» concluse Edmund con un sospiro.
«Benedicat
vos Onnipotens Deus: Pater, Filius et Spiritus Sanctus»
terminò il sacerdote, dando la benedizione all'assemblea.
«Amen»
«Amen»
ripeté anche Laughlin, leggermente in ritardo rispetto al
resto del coro.
«Ite,
missa est».
«Deo
gratias».
Il
prete si ritirò nella piccola sacrestia a cui si accedeva
tramite una porticina dietro l'altare, mentre i fedeli cominciarono
lentamente ad abbandonare la cappella. Edmund e Laughlin si
risedettero e si misero ad aspettare.
«Laughlin!»
chiamò Dominique, in tono di voce sorpreso e felice allo
stesso tempo. «Sei venuto a messa!»
Laughlin
si voltò verso Edmund con un espressione che pareva
dispiaciuta, poi tornò a guardare il piccolo Dominique.
«Ehm... veramente no» sussurrò.
Il
sorriso di Dominique si spense. «Oh» commentò,
senza sapere bene cosa dire.
«Dobbiamo
parlare con padre Rafael» spiegò Edmund, in tono
pratico. «Puoi presentarcelo?»
Il
volto di Dominique tornò ad illuminarsi. Certo, gli sarebbe
piaciuto che Laughlin fosse stato lì per ascoltare la messa,
visto che non solo era un suo amico, ma era anche uno dei pochi che
non lo prendeva in giro per la sua fede. Anzi, l'unico.
Comunque, era contento che fosse almeno venuto a parlare con padre
Rafael: a suo parere, era il migliore professore della scuola (a
partire dal quinto anno insegnava Filosofia della Magia, come materia
opzionale), ma nessuno lo prendeva davvero in considerazione, sia
perché era un sacerdote, sia perché era molto giovane.
«Sicuro,
venite con me» disse ai due ragazzi, che si alzarono dal banco
e lo seguirono in sacrestia.
«Padre
Rafael?» domandò con cautela Dominique.
L'uomo
si voltò. Visto da così vicino, pareva perfino più
giovane. Edmund notò anche che aveva gli occhi azzurri, di un
azzurro celeste, limpido e luminoso.
«Dominique»
esclamò il prete, in tono gioviale e con un sorriso sincero.
«Padre,
questi sono dei miei amici: vorrebbero parlarle» spiegò
il ragazzino, indicando i due alle sue spalle.
Il
prete si rivolse ai ragazzi con sguardo interrogativo, ma pareva
essere mosso da sincero interesse.
Dominique
uscì dalla sacrestia e fece un cenno a Laughlin, per dirgli
che si sarebbero visti in sala comune.
Non
appena il ragazzino se ne fu andato, padre Rafael commentò
pensieroso, forse più rivolto a se stesso che ai due amici:
«Un Nagard e un Raloi».
Laughlin
e Edmund si scambiarono uno sguardo perplesso.
«Come,
scusi?» domandò Laughlin, non del tutto sicuro che la
frase del prete volesse dire qualcosa.
Padre
Rafael tornò sorridente. «No, nulla... mi è solo
tornata in mente una cosa di quando ero giovane. C'erano due ragazzi,
come voi, un Nagard e un Raloi, che erano molto amici... all'epoca
era una cosa alquanto strana! Voi mi avete fatto ricordare alcuni
episodi che credevo di aver dimenticato» spiegò l'uomo,
ma quelle informazioni non dissero nulla ai due ragazzi.
Chissà
quali avventure aveva vissuto il giovane prete negli anni in cui
aveva frequentato il Trinity, per ritrovarsi a vagare nei suoi
ricordi più profondi alla sola vista di qualcosa che potesse
riportarglieli alla mente.
«Ma
lasciamo stare! Di che mi volevate parlare?» chiese l'uomo, di
nuovo sorridente e disponibile.
Fu
Edmund a prendere l'iniziativa; si schiarì la voce e disse:
«Vorremmo sapere qualcosa sui fantasmi».
«Sui
fantasmi?» gli fece eco padre Rafael.
«Sì»
intervenne Laughlin. «Perché non se ne vedono qui al
Trinity?»
Il
prete annuì, per far capire che aveva inteso il problema.
«Credo che sappiate che la scuola è stata fondata nel
1317 da un uomo di Chiesa, padre Patrick di Wexford» cominciò
poi a spiegare il professore.
Edmund
rispose un debole sì, anche se la domanda di padre Rafael era
retorica.
«Bene,
padre Partick impose certe protezioni al castello, contro intrusi,
Babbani e magia oscura. Tuttavia, dovete sapere che i fantasmi non
sono ben visti dal Cristianesimo, perché si tratta di persone
che hanno rifiutato di andare verso il loro destino, nell'incontro
con il Padre dopo la morte, per scegliere di continuare la propria
esistenza terrena, seppure in una pallida imitazione di vita. Per
questo, tra i vari incantesimi di protezione, padre Partick decise
anche di tenere i fantasmi lontani dal castello. Credeva che non
fossero un buon esempio di fede per i ragazzi» spiegò il
prete.
Edmund
scosse la testa, contrariato: quello significava che la setta degli
Eletti non era composta da fantasmi.
«In
nessun caso possono entrare al Trinity?» chiese Laughlin, che
non era disposto ad arrendersi così facilmente.
Padre
Rafael rifletté un attimo, poi rispose: «Un modo ci
sarebbe...»
Gli
occhi di Edmund si illuminarono di una nuova luce e i due ragazzi si
fecero più attenti.
«Quale?»
sussurrò Laughlin, in preda all'eccitazione.
«Che
il corpo del fantasma sia stato seppellito nel territorio del
castello».
«Tu
credi che sia possibile?» domandò Laughlin, appena
furono usciti dalla cappellina sotterranea.
Edmund
era pieno di pensieri, perché stava rielaborando tutte le
informazioni che padre Rafael aveva dato loro. Alla fine, concluse:
«Sì, credo di sì».
Laughlin
annuì soddisfatto.
«Voglio
dire...» riprese Edmund. «Il castello è stato
fondato da un frate animato da troppo entusiasmo per l'educazione e
per la sua fede, ma ciò non toglie la possibilità che
qui ci siano seppelliti dei corpi».
Per
tutto il resto delle vacanze, Edmund rifletté sul modo in cui
verificare se le cinque figure incappucciate fossero o meno dei
fantasmi. Pensò che il modo migliore fosse ancora cercarlo su
qualche libro, ma nuovamente i suoi tentativi si rivelarono
infruttuosi. Poi gli venne in mente che, se il castello era stato
fondato da un frate, era possibile che in origine ospitasse anche un
convento: visto che nel mondo Babbano i frati medioevali erano soliti
seppellire i confratelli in un cimitero adiacente al monastero, c'era
l'eventualità che anche nel mondo magico avvenisse qualcosa di
simile. Magari la setta era formata da fantasmi di frati morti secoli
addietro che, mossi da spirito nazionalistico, volevano eliminare
tutti gli studenti di origini inglesi. Quello che non capiva,
tuttavia, era perché la setta si fosse mossa solo ora.
Che
fine avevano fatto questi frati fantasmi in tutti gli anni
precedenti?
Nel
frattempo, ai primi di gennaio, l'attenzione di tutto il mondo magico
fu rapita da un altro evento molto importante: le nuove elezioni del
Presidente della Repubblica Magica. McPride, candidato uscente, si
era riproposto con il sostegno del Pairti an Tridisiun
(Partito della Tradizione), mentre il suo avversario era un certo
Rodanus Mowe, sostenuto dal Pairti an Daonlathas (Partito
della Democrazia).
Con
grande dispiacere di Edmund, che non riusciva a farsi piacere
McPride, fu proprio quest'ultimo a vincere le elezioni, con un grande
margine di maggioranza.
Con
quella spiacevole novità, si conclusero le vacanze natalizie.
E
infine eccomi qui, con il nuovo capitolo! Perdonate l'attesa
infinita, ma ho avuto un sacco da fare in questo periodo; comunque,
per rassicurarvi, voglio confermare a tutti che non ho alcuna
intenzione di mollare la mia storia, né di lasciare i poveri
Mairead, Laughlin e Edmund nei casini!
Inoltre,
vorrei rendervi partecipi di due progetti di “corollari”,
per così dire, alla saga del Trinity: il primo riguarda le
avventure del giovane Reammon Boenisolius al Trinity, storia che, per
la gioia di molti, vedrà comparire molti personaggi noti,
quali Oengus Cumhacht, sua sorella Daireen, Mr e Miss Maleficium e
tanti altri; il secondo corollario riguarderà invece la mamma
di Mairead, Mary Weasley, e la sua frequentazione ad Hogwarts al
tempo di Narcissa Malfoy, con la comparizione ovviamente di molti
personaggi della saga canon della Rowling. Tuttavia questi due
corollari saranno pubblicati sono in seguito al terzo racconto della
saga, “La sorella perduta”, perché contengono
avvenimenti e personaggi nuovi che saranno noti solo a partire da
quel terzo racconto. Non vorrei mai rovinarvi la sorpresa!
Veniamo
ora ai ringraziamenti personali:
@
Julia Weasley: sono molto contenta che tu ti sia appassionata alle
avventure dei giovani maghi irlandesi! Io ho sempre avuto un debole
per l'Irlanda e le sue tradizioni, quindi la mia scelta è
stata molto influenzata dalle mie idee. Sì, in effetti avevo
seguito anche io la storia “Il mistero del quadro”,
trovandola davvero piacevole. Dici che Edmund assomiglia a Tom
Riddle? Davvero? Be', potrebbe essere qualcosa che ha a che fare con
il suo passato...Un giorno si scoprirà! Quanto all'amicizia
tra case diverse, sono davvero stufa che uno debba essere amico solo
di qualcuno della propria casa: voglio allargare gli orizzonti!
Quanto alla Trust, non sono affatto offesa, anzi! Ho cercato apposta
di disseminare qualche indizio lungo il racconto, perché il
colpevole deve essere inaspettato, ma non illogico. Venendo alla
setta degli Eletti, sono contenta che ti sia piaciuto anche l'inizio
di questo secondo racconto. Eoin Malefiucium è uno dei miei
personaggi preferiti, per la sua integrità morale che non
sfocia comunque in un'intransigenza anche a livello affettivo (vuole
davvero bene alla sua famiglia!). Credo comunque che tu sia una
lettrice molto attenta, perché riesci a cogliere tutti gli
aspetti: sì, Edmund prova qualcosa per Mairead, ma non sa bene
ancora che cosa sia, e non lo capirà se non fra qualche anno.
Quanto alla setta, sorry, ma non voglio anticipare nulla! Lo
scoprirete leggendo! Anche a me piace molto la figura di Edmund ed è
un piacere scrivere di lui: ha davvero paura di un suo “lato
oscuro”, di una sua tendenza verso la magia nera. L'incantesimo
del marchio nero, evoca quello, non la croce celtica (per quella c'è
un incantesimo apposta). Non ho scelto a caso il grido del
molliccio-edmund, ma il suo vero significato si svelerà molto
più avanti. Infine, spero di riuscire a mantenere vivo il tuo
interesse per questa saga! Alla prossima! (ps. Sono anche nel forum
del quartier generale dei mangiamorte, ma non credo di doverti
rivelare il mio nickname!)
@
Meissa_S: grazie mille del tuo voto! Mi ha fatto davvero molto
piacere! Spero che continuerai a seguire le mie storie!
@
quigon89: sì, in effetti i Mollicci sono argomento da terzo
anno, ma visto che al Tinity gli anni di studio sono 6 e non 7 come
in Inghilterra, e visto che la scuola comincia un anno dopo (quindi
qui i ragazzi ne hanno 13, come se fossero al terzo anno di
Hogwarst), ho deciso di anticiparli qui. Eh, come mai la setta non ha
ancora dato un colpo definitivo? Mi spiace, ma la risposta alle tue
domande la avrai solo più avanti! La tua passione per Cumhacht
è incredibile! Spero che ti piacerà vederlo in versione
“young” nel corollario su Reammon! Alla prossima!
@
Salice: carissima, grazie mille per il tuo voto! Mi ha fatto molto
piacere! Quanto a Edmund, in un certo senso ha paura del suo io
malvagio, perché, diciamocelo, è un mago molto dotato e
che è sempre stato abituato ad essere da solo, quindi teme di
cadere nel baratro della magia oscura. Se questo accadesse,
significherebbe perdere i suoi amici, quindi in un certo senso ha
anche paura di restare solo. Tuttavia sente come crescere dentro di
sé un “potere oscuro”, una forza negativa, che gli
fa paura; se non fosse stato per i suoi amici, non avrebbe mai
riuscito a reprimere il suo istinto “cattivo”. Non ti
devi affatto preoccupare, comunque! Significa solo che hai capito
bene la psicologia di questo personaggio!
@
darllenwr: no, non credo che Lucius si sarebbe scusato, se avessero
perso; certo è vero che Lucius non è burbero come
O'Shalley, ma è pur sempre il capitano. Quanto a Cumhacht, si
potrebbe dire che non ha mai nemmeno abbracciato sua madre,
figuriamoci una sua studentessa, che per di più mal sopporta!
Sicuramente l'imbarazzo c'è stato da parte di entrambi. Per la
lezione di Balleriuns, volevo che Dedalus avesse una paura un po',
come dire, particolare, visto che lui non è un tipo tanto a
posto! Il demone russo di Balosky mi pareva una citazione necessaria
e dovuta, visto che voglio dare un sapore folcloristico al mio
racconto. Quanto alla paura di Edmund, è davvero una paura
molto umana, ma in Edmund è anche qualcosa di più: egli
teme infatti che il suo grande potere, possa sfociare in qualcosa di
più oscuro; se non fosse stato per i suoi amici, certo avrebbe
ceduto al suo lato malvagio molto prima.
Grazie
a tutti voi che continuate a leggere e recensire la mia storia!
A
presto, Beatrix
EDIT:
continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! QUI l'immagine di
padre Rafael Majestis.
Visto
che ci sono, aggiungo anche una nota sulla Chiesa
Magica Ecumenica
(dato che la mia idea ha suscitato parecchio scandalo e opposizioni!
^^):
è
una chiesa di rito cattolico pre concliliare (visto che i maghi sono
parecchio legati alle tradizioni), riconosciuta anche dalla Chiesa
Cattolica Babbana (un po' come il rito ambrosiano della diocesi di
Milano); infatti, così come il Primo Ministro Babbano conosce
quello Magico, così anche il Papa e i suoi più stretti
collaboratori sono a conoscenza di questa chiesa parallela, governata
da un Patriarca che ha sede a Roma, dove si trova anche la Scuola di
Teologia; esistono dunque seminari, preti, vescovi (a capo delle
diocesi) e cardinali.
Ora,
lo so... scandalo!
Religione e Magia non sono mai andate d'accordo! Va bene, ma mi
sembra francamente impossibile pensare che, nel momento di diffusione
ed espansione del cristianesimo (nel primi secoli d.C, quando,
ricordo, non c'era in vigore nessuno statuto di segretezza), nessun
mago abbia ricevuto la buona novella e che non si sia formata nessuna
comunità magico-cristiana;
vi ricordo infatti che il messaggio più importante del
Cristianesimo è la Resurrezione di Gesù e tornare dal
mondo dei morti nemmeno la magia (stando alla Rowling) può
farlo. Inoltre mi pare giusto offrire anche ai maghi la possibilità
di credere in qualcosa.
Non
voglio convincere nessuno: semplicemente, mi sembrava corretto
giustificare la mia scelta.
|
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Capitolo 11 *** Cimiteri e ragazze complicate ***
CAPITOLO
11
Cimiteri
e ragazze complicate
Edmund
bussò alla porta con poca convinzione: dopotutto, i professori
gli mettevano sempre una certa soggezione. Non avendo trovato le
notizie che gli interessavano in biblioteca, aveva deciso di
rivolgersi direttamente all'insegnante di Storia della Magia,
l'anziano Codail; magari avrebbe potuto consigliargli qualche libro
specifico in cui poter trovare le risposte sui frati fantasmi del
Trinity.
Mairead
non aveva affatto gradito il suo nuovo entusiasmo per quella faccenda
e Edmund non poteva certo biasimarla, visto che lei era di origini
inglesi, ma non riusciva proprio a lasciar perdere: doveva andare a
fondo, doveva vederci chiaro.
Laughlin,
dal canto suo, lo incoraggiava solo se questo riusciva a trascinarlo
fuori dalla biblioteca, come quando lo aveva portato a parlare con
padre Rafael. Edmund era convinto che l'interesse del suo amico
avesse a che fare con una certa dose d'incoscienza e di noia: per lui
doveva essere un'avventura un po' come origliare la conversazione tra
suo padre e McPride.
Edmund
sentì il rumore di chiavistelli che venivano schiusi, come se
qualcuno armeggiasse dentro allo studio per aprire la porta. Poco
dopo, da un minuscolo spiraglio, sbucò l'occhio critico e
indagatore del professor Codail.
«Sì?»
domandò con voce incerta.
Edmund
si sentì uno sciocco nel parlare davanti alla porta chiusa se
non per una fessura. «Ehm, professore, dovrei chiederle una
cosa. Posso entrare?» farfugliò, stropicciandosi le
mani.
L'anziano
insegnante strizzò gli occhi per vedere meglio, come se non
fosse in grado di riconoscerlo. Eppure, nonostante la sua età,
tutti gli studenti si meravigliavano sempre della sua memoria
infallibile, che ricordava di ogni singolo avvenimento storico la
precisa data. C'era addirittura chi malignava che il professore
avesse compiuto un incantesimo per ampliare la sua capacità di
memorizzare. Ora invece scrutava Edmund come se non avesse la più
pallida idea di chi fosse.
«Non
è il momento migliore, ragazzino» disse poi, richiudendo
la porta con un forte colpo.
«Ma
professore...» cominciò a dire Edmund, allibito.
«Torna
domani!» sbraitò il vecchio mago.
Edmund
rimase interdetto davanti alla porta chiusa per parecchi minuti,
incapace di muoversi, poi, alla fine, si avviò meditabondo al
suo dormitorio.
La
mattina seguente, alla fine della lezione di Storia della Magia,
Edmund aspettò che tutti i suoi compagni se ne fossero andati,
poi si avvicinò con cautela alla cattedra.
Nel
vederlo, il professor Codail alzò gli occhi dal registro e gli
sorrise benevolo. «Oh, Burke».
Bene,
almeno l'aveva riconosciuto.
Edmund
trasse un profondo respiro, poi cominciò: «Professore,
mi dispiace per ieri sera, non volevo disturbarla».
Il
vecchio Codail lo scrutò in silenzio per qualche secondo,
infine fece un cenno di assenso con il capo, ma in realtà
sembrava non aver afferrato bene a cosa si riferissero quelle parole.
«C'è qualcosa che desideri chiedermi?» domandò
poi, soprassedendo alle scuse dell'alunno.
«Oh,
sì, certo» rispose Edmund, riprendendosi dallo
smarrimento che gli aveva causato lo strano comportamento del
professore. «Avrei bisogno di un consiglio».
«Si
può sapere dove ti eri cacciato?» lo aggredì
Mairead non appena lo vide arrivare.
Edmund
fece un sorrisetto a mo' di scusa e mostrò ai suoi amici un
vecchio volume polveroso rilegato in pelle.
«Vuoi
dirmi che hai saltato il pranzo per quello?» domandò
allibito Laughlin, che non era in grado di concepire come qualcuno
potesse rinunciare ad una bella costoletta ai ferri per un libro.
«Me
lo sono fatto dare da Codail» spiegò Edmund, ignorando
la domanda di Laughlin. Delle lettere rosso cupo recitavano la
scritta: Medioevo irlandese: contatti tra magia e religione.
«Parla
anche dei conventi, magari riesco a scoprire qualcosa su quello del
Trinity».
«Tu
sei fissato, Ed» commentò Mairead scuotendo la testa,
proprio mentre entrava in classe il professor Saiminiu.
Edmund
passò i due giorni successivi con il naso incollato al grosso
volume che gli aveva dato il professor Codail, alla ricerca di
qualche informazione che potesse tornargli utile per smascherare la
setta. Alla lezione di Incantesimi, entrò in aula con il libro
tra le braccia e lo appoggiò aperto sul banco di Mairead.
«Cholaiste
na Trionoide» lesse la ragazza a mezza voce il titolo che
troneggiava in rosso sulla pagina.
«Ecco
perché non riuscivo a trovare alcuna informazione sul convento
del Trinity» spiegò Edmund con voce eccitata.
Mairead
e Laughlin si scambiarono un'occhiata perplessi.
«Trinity
College è il nome moderno! Cholaiste na Trionoide è
invece quello che veniva comunemente utilizzato nel medioevo»
continuò il ragazzo, indicando la pagina del libro. «Solo
che...» cominciò, ma si interruppe.
«Solo
che?» gli fece eco Laughlin, incuriosito.
«Solo
che non è il caso di discutere di storia nella mia ora,
Maleficium» concluse la professoressa O'Connel, apparendo
dietro a Laughlin.
«Mi
scusi» bofonchiò il ragazzino, ritraendo la testa nelle
spalle, mentre Edmund andava a sedersi all'ultimo posto rimasto vuoto
in prima fila. Sfidando la sorte, Laughlin appoggiò il libro
sulle ginocchia e, nascondendosi bene dietro Anneus Secula, cominciò
a leggere la pagina che aveva indicato Edmund, mentre la
professoressa cominciava la lezione.
“Il
Trinity
College per giovani maghi e streghe fu
fondato nel 1317 da padre Patrick di Wexford, monaco domenicano
particolarmente incline all'educazione giovanile. Originariamente il
nome era Cholaiste
na Trionoide, e tale scelta è
indicativa di come padre Patrick fosse mosso da intenti anche
religiosi: non solo Teologia era una materia integrata nel corso di
studi dei giovani maghi, ma addirittura ogni singolo aspetto della
vita degli studenti era scandito e regolato dalle preghiere
giornaliere, come se si trattasse di un monastero.”
Laughlin
fece scorrere velocemente le pagine in cui si parlava di come la
religione era integrata all'interno della vita scolastica, perché
non era interessato; anzi, in situazioni normali non gli sarebbe
passato nemmeno per l'anticamera del cervello di leggersi quel
mattone, per lui buono solo per fare spessore tra la malta. Ma quella
storia della setta egli Eletti lo stava eccitando, come se ti
trattasse di una divertente marachella tra amici.
Finalmente
notò un punto che gli interessava:
“Tuttavia
i monaci non venivano seppelliti nel territorio del Trinity, perché
quando diventavano troppo vecchi per l'insegnamento, si trasferivano
nella vicina abbazia di Calmouth, e lì passavano il resto dei
loro giorni in meditazione e preghiere.”
«Accidenti!»
borbottò Laughlin deluso, chiudendo il libro di scatto: anche
quell'ipotesi era da scartare.
«Signor
Maleficium, qualche problema?» domandò indispettita la
professoressa O'Connel.
Laughlin
nascose velocemente il libro sotto il banco, mentre Mairead gli
lanciava un'occhiataccia. «No, niente» rispose il
ragazzino, con un sorriso innocente.
Alla
fine dell'ora di lezione, Laughlin corse da Edmund con il libro sotto
braccio. «Non venivano seppelliti qui!» esclamò
con costernazione, come se avessero ripreso un discorso interrotto da
poco.
«Già...»
rispose Edmund in tono piatto.
«Piantatela
con questa storia! State diventando paranoici!» protestò
Mairead, battendo i piedi a terra con aria corrucciata.
I
tre si avviarono lentamente verso la lezione successiva, ma
nonostante l'ammonimento della ragazza, i due amici non parevano
affatto intenzionati a lasciar perdere.
«Sai...»
buttò lì d'un tratto Laughlin.
Mairead
gli lanciò un'occhiataccia, ma lui la ignorò.
«Magari
c'è qualcun altro seppellito in questa zona, qualcuno... che
ne so, che era seppellito qui prima della costruzione della scuola».
Il
volto di Edmund si illuminò: certo, che sciocco che era stato!
Poteva essere una soluzione anche quella!
«Ma
come possiamo scoprirlo?» domandò, di nuovo eccitato
all'idea di smascherare la setta. Certamente non potevano setacciare
tutti gli ettari di proprietà della scuola alla ricerca di
vecchie tombe abbandonate.
«Un
modo ci sarebbe...» sussurrò Laughlin abbassando la voce
in tono da cospiratore.
Edmund
tese l'orecchio e sporse la testa verso di lui, come se stesse per
essergli rivelato un segreto impensabile.
«...potremmo
evocare i fantasmi».
«Evocare
i fantasmi? Che idea stupida!» protestò Mairead ad alta
voce, facendo voltare verso di loro un gruppo di studenti del quinto
anno che li squadrò sospettoso.
«Che
idea stupenda!» sussurrò invece Edmund, con gli occhi
che brillavano.
Si
poteva davvero evocare i fantasmi? Sembrava molto una fandonia
inventata dai film esoterici dei Babbani, ma a quanto pareva nel
mondo magico erano reali tante cose che i Babbani potevano solo
immaginare nella loro fantasia.
«Allora,
come si fa? Quando lo facciamo? Dove lo facciamo?» cominciò
Edmund eccitato.
Ma
prima che Laughlin potesse rispondere, Mairead scattò come una
vipera: «Non faremo nulla del genere!»
«Ma
come?» protestarono i due amici in coro.
Gli
occhi di Mairead mandavano scintille nella loro direzione: sembrava
infuriata. «Ma siete diventati matti? Avete idea di quanto
potrebbe essere pericoloso?»
«E
da quando ti preoccupi della pericolosità delle cose?»
domando Laughlin sospettoso, ricordando come l'anno scorso Mairead
fosse stata la prima ad accettare la sfida di buttarsi nel lago, o
come non avesse esitato a tentare di fare da Punta in una mischia
senza aver mai giocato a Quidditch in vita sua.
«Non
è questo il punto!» strillò esasperata la
ragazzina. Stringeva convulsamente i pugni e aveva il volto arrossato
dalla rabbia. Non l'avevano mai vista in quello stato.
«Mairead,
che succede?» domandò preoccupato Edmund.
La
ragazza trasse un profondo respiro, e poi vomitò loro addosso
tutte le sue ansie. «È che... tutta questa storia...
sono preoccupata, va bene? Mi spaventa, con... con questa cosa dei
Nati Inglesi. Insomma, non so cos'è. E voi continuate a voler
scoprire a tutti i costi di che si tratta, come se fosse uno scherzo.
E poi fra dieci giorni c'è la partita contro i Nagard e io non
riesco più nemmeno ad afferrare una Pluffa. E... e dobbiamo
anche scegliere le materie nuove per l'anno prossimo, e io non so
neppure cosa voglio fare da grande! Insomma... è tutto così...
complicato!»
E
poi scoppiò a piangere e scappò via.
Edmund
e Laughlin rimasero immobilizzati in mezzo al corridoio.
«Ma
che diavolo ha?» domandò alla fine Edmund, scioccato
dalla reazione dell'amica.
Laughilin
scoppiò a ridere. «Sai cos'è, ad un certo punto
le ragazze impazziscono» spiegò in tono risaputo.
«Impazziscono?»
gli fece eco Edmund.
«Ma
sì, è come se improvvisamente fossero colpite da un
gazzullo...» disse Laughlin, anche se non poteva sapere che
l'amico non fosse affatto avvezzo con quei modi di dire da mago.
«Cominciano a chiederti se stanno bene con quella nuova
pettinatura, se ti piace il vestito che hanno appena comprato, e se
tu dici loro qualsiasi cosa si arrabbiano perché vorrebbero
sentirsi dire il contrario; quando dicono no, intendono sì e
quando dicono sì, intendono no; e poi quando ti fanno una
domanda, sanno già prima cosa vogliono sentirsi rispondere e
se tu sbagli, ti assicuro che preferiresti essere chiuso in casa con
un lupo mannaro in una notte di luna piena, piuttosto che subire la
loro ira. Insomma, diventano complicate» concluse Laughlin con
aria di chi la sa lunga.
«Uau...»
commentò Edmund. Nessuno gli aveva mai spiegato così
tante cose sulle ragazze e si chiese dove il suo amico le avesse
imparate, ma non ebbe il coraggio di domandarglielo. Invece sussurrò
titubante: «E con i fantasmi che facciamo?»
«Sai
che ti dico? Li evochiamo noi, senza dirle niente».
Eccomi
qui (oserei dire finalmente!). Perdonate il ritardo, ma se tutto va
bene, la settimana prossima avrò finito gli esami e quindi
tornerò ad aggiornare regolarmente. Spero che abbiate goduto
del nuovo capitolo; il periodo di crisi di Mairead è più
che giustificato: dopo tutto ogni ragazza ha diritto ad averlo,
soprattutto una che ha due amici maschi con cui non si può
confidare e che certamente non la capiscono (si veda in proposito il
discorso alquanto misogino di Laughlin!). Comunque non temete, le
passerà presto e tornerà quella di una volta!
Alla
prossima!
@
Julia Weasley: sei gentilissima, fingerò che il tuo voto ci
sia! Comunque, credo proprio che tu sia una lettrice molto acuta...
scoprirai il perché andando avanti con la storia! Sinceramente
non so come la Rowling avesse immaginato l'incantesimo del marchio
nero, ma io ho arbitrariamente deciso che “morsmordre”
evochi solo quello; ce ne sarà uno specifico anche per la
croce celtica dell'EIF, ma devo ancora decidere quale. Poi il motivo
del fatto che il molliccio-Edmund abbia evocato il marchio nero si
scoprirà solo molto più avanti. Anche a me piace
tantissimo Reammon! È uno dei miei personaggi preferiti! Per
Mairead e Edmund... be', sarà una storia ben sofferta e molto,
molto lunga! A presto
@
darllenwr: sì, direi proprio che Laughlin è mosso da
una certa leggerezza di spirito: insomma, è un po'
superficiale e crede di essere in un'avventura divertente. Quanto
alle domande sulla religione, ti risponderò nella prossima
mail (in fase di elaborazione)! Infine era doverosa la menzione alla
vincita di McPride, anche se a Edmund non sta particolarmente
simpatico! Alla prossima
@
quigon89: oh, il povero padre Rafael non ha voluto nascondere nulla
ai due amici, ma ben presto i due saranno costretti a sconvolgenti
scoperte! Quanto alla ff su Mary, sarà intrisa di famiglia
Weasley, in ogni campo! Soprattutto per quel che riguarda Arthur (il
mio Weasley preferito, dopo i gemelli!). A presto
@
Salice: grazie della comprensione! Non ci saranno cimiteri nei
prossimi capitoli, ma scene di evocazioni, coronate da uno spirito
parodistico che mi ha colto in questo periodo (ho già scritto
il dialogo tra i due amici e il fantasma che evocheranno)! Ormai la
storia sarà sempre più frenetica per le nuove scoperte
del trio: non manca molto a capire che cosa sia la setta e cosa
voglia! Alla prossima
Un
grazie a tutti coloro che continuano a leggere questa storia!
Beatrix
EDIT:
continua l'opera di risistemazione dei dialoghi!
|
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Capitolo 12 *** La storia di sir Percevall ***
CAPITOLO
12
La
storia di sir Percevall
Il
problema che assillò per i giorni successivi Laughlin e Edmund
fu quello di trovare un luogo adatto per l'evocazione. Serviva loro
un posto che non fosse frequentato da nessuno e sufficientemente
ampio per poter procedere con il rito.
Edmund
era rimasto sconcertato dal fatto che il procedimento per evocare un
fantasma si trovasse tranquillamente descritto in uno dei libri sulla
Difesa dalle Arti Oscure nella biblioteca della scuola: la facilità
con cui si potevano reperire tali informazioni era scioccante.
«Ma
sì, chi vuoi che sia interessato a questo genere di cose,
oltre a noi e qualche pazzo invasato di queste cose erotiche?»
gli disse Laughlin un giorno, mentre vagavano nei piani più
alti del castello alla ricerca di una stanza che facesse al caso
loro.
«Esoteriche,
vorrai dire?» precisò Edmund, guardando l'amico con aria
scioccata.
«Sì,
e io che ho detto?»
Per
caso si ritrovarono davanti ad una porta chiusa. I due si scambiarono
un'occhiata d'intesa, poi Edmund estrasse la bacchetta e sussurrando
la formula fece scattare il chiavistello. Si aprì ai loro
occhi una stanza abbandonata, con qualche vecchio banco e delle sedie
accostate al muro. Sulle pareti c'erano appese delle consunte cartine
geografiche, su cui erano state segnate alcune date di battaglie
famose: doveva essere un'aula dismessa di Storia della Magia.
«Sai,
credo che questa potrebbe fare al caso nostro» buttò lì
Laughlin, con un sorriso complice.
«Credo
anche io» asserì Edmund, guardandosi attorno: uno strato
di polvere ricopriva ogni cosa e quello era un buon segno perché
significava che nessuno entrava più lì da molto tempo.
«Direi che potremmo farlo stasera» sentenziò poi,
sfiorando con l'indice la copertina del libro di evocazioni che si
trovava al sicuro nella sua borsa.
«Stasera,
è deciso».
«Dove
vai?» gli domandò Mairead, finita la cena, quando vide
che Edmund non si dirigeva alla sala comune dei Raloi.
«Ehm,
devo chiedere una cosa al professor Ballerinus» inventò
Edmund sul momento.
Mairead
si scurì in volto e fissò il suo amico con uno sguardo
indagatore. Che avesse intuito qualcosa?
«Va
tutto bene?» le chiese Edmund, in un sussurro.
Il
“sì” che rispose Mairead fu talmente tagliente che
Edmund quasi rabbrividì. Aveva ragione Laughlin quando diceva
che ad un certo momento le ragazze diventavano complicate: con quel
sì, Mairead intendeva certamente dire no, proprio come aveva
spiegato il Nagard.
«Ehm,
io vado... a dopo» bisbigliò Edmund, squagliandosela
seguito dallo sguardo perforante di Mairead.
«Ce
ne hai messo di tempo!» lo aggredì Laughlin quando lo
vide arrivare.
Edmund
sbuffò e rispose una sola parola: «Mairead».
«Capisco»
ridacchiò Laughlin, estraendo la bacchetta per sbloccare il
chiavistello della porta.
Una
volta entrati, Edmund bisbigliò: «Colloportus»
e la porta si richiuse nuovamente. «Così nessuno entrerà
senza che noi ce ne accorgiamo» spiegò, strizzando
l'occhio all'amico. Poi estrasse dalla borsa il libro che aveva preso
in biblioteca e lo aprì alla pagina dove aveva messo un
segnalibro.
Lanciò
uno sguardo a Laughlin, per avere la conferma: erano pronti, stavano
per evocare un fantasma.
Trasse
un profondo respiro, poi incominciò a leggere: «Tracciate
un cerchio in terra, con il sale. Hai preso il sale, vero?»
Laughlin,
con un sorriso smagliante, estrasse dalla borsa una saliera, che
evidentemente aveva sgraffignato da tavolo dei Nagard e cominciò
a versarlo per terra in forma di cerchio.
Edmund
guardò il lavoro eseguito dall'amico con occhio critico. «Non
sembra un cerchio, sembra una banana...» commentò in
tono piatto.
«Oh,
non rompere! Va benissimo!» gli rispose Laughlin con uno
spintone.
Edmund
scosse la testa rassegnato, e poi riprese a dare le istruzioni: «Ora
iscrivi un triangolo equilatero nel cerchio».
Laughlin
rimase immobile con il salino sollevato in aria e l'aria perplessa.
«Che dovrei fare?»
Edmund
gli strappò di mano il sale, sbuffando scocciato, poi eseguì
lui stesso l'istruzione. «Passami le candele» ordinò
poi all'amico, che gli porse un pacchettino di tela contenente tre
candele bianche che avevano rubato da un candeliere del corridoio.
Edmund le accese con un semplice incantesimo, fece colare un po' di
cera sul pavimento che poi utilizzò per farle stare in piedi,
una per ogni vertice del triangolo.
«Bene,
la formula è: oramus ut venias, spirite e va ripetuta
finché non appare lo spirito» disse poi, guardando
Laughlin dritto negli occhi.
L'amico
annuì con aria decisa.
«Lo
sai, vero, che se l'incantesimo funziona, potrebbe apparire un membro
della setta?»
«Sono
pronto» rispose Laughlin, estraendo la bacchetta.
Ora
la faccenda diventava seria. I due ragazzini si scambiarono uno
sguardo d'intesa, poi cominciarono a ripetere all'unisono la formula.
«Oramus
ut venias, spirite. Oramus ut venias, spirite!»
Inizialmente
non accadde nulla, poi cominciò ad apparire un fumo grigio al
centro del triangolo.
«Oramus
ut venias, spirite!»
Lentamente
il fumo grigio si delineò in una figura umana.
«Credo
che basti» sussurrò Edmund, interrompendo la cantilena,
con voce roca ma ferma.
Era
il momento della verità.
I
due amici strizzarono gli occhi per scorgere meglio i tratti
dell'uomo che stava apparendo: aveva uno strano cappello a punta da
cui fuoriuscivano le due orecchie di una buffa cuffietta, e indossava
quella che pareva una casacca con un pettorale di cuoio.
«Chi
mi ha evocato?» domandò il fantasma, guardandosi
attorno, con una voce che sembrava provenire da una lontana caverna.
Come... dall'Oltretomba.
Sgranò
le sue argentee e fumose pupille, quando vide i due ragazzini. «Ahi
mali cavalieri, la vostra fatal ora è giunta!» strillò
poi, agitando una spada immaginaria verso i suoi evocatori.
Edmund
e Laughlin si scambiarono uno sguardo perplesso: avevano immaginato
di evocare terribili fantasmi assetati di sangue, non uno spiritello
squilibrato che parlava come se stesse recitando versi di una vecchia
e scadente commedia.
«E
tu chi diavolo saresti?» domandò Laughlin, sollevando un
sopracciglio con aria sorpresa.
Il
fantasma si sporse verso Laughlin, fino a che i loro visi non si
sfiorarono. «Se tuo disio è di saver di me e di mia
vita, nobil cavaliere, dì prima chi tu sei e chi furon li
maggior tui».
Laughlin
si voltò verso Edmund con la faccia allibita. «Ma questo
è fuori!» disse, con gli occhi sgranati.
Edmund
si morse un labbro: l'aspetto buffo del fantasma e il suo modo
antiquato di parlare gli ricordavano un libro di ballate medioevali
Babbane che aveva letto una volta alla biblioteca di Dublino. Che
l'uomo fosse un mago del medioevo, un cavaliere morto e sepolto nel
territorio del Trinity prima della costruzione della scuola?
«Sei
un cavaliere medioevale?» chiese cauto il ragazzo.
Il
fantasma si voltò allora verso di lui. «Io non omo, omo
già fui. Cavaliere fui, e son sir Percivall. Al vostro
servizio» rispose con un inchino rivolto a Edmund.
«Il
tuo corpo è seppellito qui al Trinity?» domandò
ancora il ragazzo.
A
quelle parole sir Percivall fece una smorfia come un attore di
tragedie di basso livello. «Ahi mal giorno in cui io nacqui!
Non ebbi l'onor di sepoltura, lo corpo mio giacque in una selva
abbandonata. Lo mio più fedel amico mi tradì e
m'uccise, ma io tornai per far vendetta a la sua colpa»
raccontò poi, alternando toni pieni di fervore con voce
dimessa.
Al
di là della toccante storia del cavaliere, i ragazzi avevano
ricevuto tutte le informazioni per poter dire che sir Percivall aveva
le carte in regola per essere uno dei pochi fantasmi della scuola.
«Ci
sono altri spiriti al Trinity?» chiese poi Edmund.
Era
ovvio che sir Percivall non era un membro della setta degli Eletti,
ma forse poteva conoscere i fantasmi che ne facevano parte. «Oh,
no, io son il solo. Quando il nobile padre Patrick costruì la
sua schola impose una magia però che nessun fantasma quivi
entrasse. Io son il solo perché già morto fui quando
questa magia fece».
Quella
notizia stroncò ogni possibile ipotesi che la setta fosse
composta da fantasmi. I due amici si scambiarono uno sguardo deluso:
erano daccapo nella risoluzione di quel mistero. Tanta fatica per
niente. Si erano ritrovato con un pugno di mosche in mano.
«Non
sai niente della setta degli Eletti?» provò a chiedere
Edmund. Magari, visto che il fantasma poteva andare tranquillamente
in giro per tutto il perimetro del castello, aveva visto qualcosa di
sospetto.
«Non
so di che favelli» rispose invece sir Percivall, scuotendo il
capo.
Edmund
sbuffò per la delusione e si lasciò cadere a terra, con
le gambe incrociate. Si prese la testa tra le mani e cominciò
a riflettere: fantasmi non erano, ma apparivano come tali. Quindi, se
si trattava di persone reali, dovevano usare qualche incantesimo per
modificare il loro aspetto. Ma con che scopo? Solo per apparire più
terrificanti? Ma in effetti, quale altra arma aveva usato la setta
fino ad allora, oltre alla paura? La paura, la migliore alleata di
chi vuole tenere in pugno un'intera popolazione, in questo caso di
studenti facilmente impressionabili.
«Che
accadde al nobil cavaliere?» domandò sir Percivall a
Laughlin, accennando con il capo a Edmund, ancora seduto in terra con
le game incrociate.
«Sta
pensando» rispose Laughlin in tono serio. «È una
cosa che fa spesso, forse anche troppo».
«Guarda
che ti ho sentito» sibilò Edmund, senza tuttavia alzarsi
da terra o cambiare posizione.
Laughlin
ridacchiò, ma proprio in quel momento sentirono un rumore che
fece rabbrividire entrambi.
«Alohomora!»
esclamò con veemenza una voce fuori dalla stanza. La porta si
spalancò e sull'uscio apparve Mairead con la bacchetta levata
e lo sguardo infuocato.
«Oh,
Morgana, che spavento!» si lasciò sfuggire Laughlin con
un sospiro, ma la faccia di Mairead non lasciava comunque presagire
nulla di buono.
«Come
hai fatto a trovarci?» domandò Edmund con un filo di
voce, alzandosi da terra.
«Ero
andata a cercare Laughlin ma Dominique mi ha detto che lo aveva visto
venire in questa direzione, poi ho sentito le vostre voci»
rispose la ragazzina. Non si sarebbe potuto dire se fosse più
minacciosa l'espressione della faccia o il tono della voce, sebbene
le parole fossero gentili.
«Quello
chi è?» chiese poi Mairead, agitando la bacchetta con
fare intimidatorio verso il fantasma.
«Madonna,
io son sir Percivall, servo vostro» esclamò lo spettro,
in una profusione di inchini.
«È
un fantasma, è un fantasma! Oddio, avete evocato un fantasma!»
strillò la ragazzina, battendo i piedi a terra.
Edmund
le si avvicinò e la prese per le spalle, nel tentativo di
calmarla. «Tranquilla, Mairead. Sir Percivall è un tipo
a posto» le disse, guardandola dritta negli occhi.
Insomma,
più o meno a posto, ma forse era meglio non parlare delle
stranezze del fantasma cavaliere.
Mairead
fece un lungo respiro, poi sussurrò: «Ho paura, Ed. voi
due vi caccerete nei guai, prima o poi. La setta è
pericolosa».
Edmund
fece un mezzo sorrisetto: lui non credeva affatto che la setta fosse
realmente pericolosa, ma non gli sembrava il caso di spiegare le sue
teorie proprio in quel momento. «È proprio per questo,
Mairead, che dobbiamo impegnarci a scoprire che cosa stia succedendo,
prima che accada qualcosa di davvero spiacevole. Dobbiamo avere il
coraggio di affrontare quei pazzi che ci stanno rovinando l'anno
scolastico. Tu sei con noi?»
La
ragazzina sospirò: era spaventata per quella storia della
setta e non sapeva che cosa l'avesse presa in quel periodo. Era tutto
così complicato! Mille problemi avevano cominciato a
turbinarle nella testa, e ognuno di essi pareva insormontabile. Però
Edmund aveva ragione, la sua codardia stava rasentando i limiti del
ridicolo. Che c'era poi di così spaventoso in cinque fanatici
incappucciati? La ragazzina rabbrividì al solo ricordo del
loro incontro. Sì, certo, aveva paura, ma nessuno poteva
permettersi di spaventarla, senza pagarne le conseguenze!
«Sono
con voi» sussurrò alla fine, con ritrovata
determinazione.
Ecco
qui il nobile sir Percevall! Spero che abbiate gradito la sua
apparizione! Perdonate il suo modo antiquato di favellare, ma sono i
postumi dell'esame di letteratura italiana... da qualche parte ci
sono anche un paio di versi danteschi! Un premio a chi li scova!
Eheheh!
Alla
prossima, Beatrix
@Julia
Weasley: e brava alla nostra Julia! Avevi ragione, i fantasmi non
c'entravano nulla! Te l'ho detto che sei una lettrice acuta... ora
vedremo se ci hai azzeccato anche con il professor Codail! La povera
Mairead si è abbastanza ripresa, dai. Non deve essere facile
per lei avere 13 anni con un padre come Reammon e due amici maschi!
Sì, Laughlin è l'elemento allegro del gruppo, un po'
incosciente e spensierato, forse anche troppo, con questa storia
della setta. Ma almeno riesce a tirare Edmund fuori dalla sua adorata
biblioteca! Quanto alla tresca tra Edmund e Mairead, ti farò
sudare sette camice! A presto!
@elliepotter:
grazie mille dei complimenti! Sono contenta che la storia ti abbia
intrigato a tal punto! Spero che ti sia piaciuto anche questo
capitolo! Alla prossima, e benvenuta!
@darllenwr:
mi spiace deluderti, ma le ragioni del cambiamento di Codail si
scopriranno solo più avanti! Vi devo tenere un po' con il
fiato sospeso, no? Il nome gaelico è in tuo onore, ovviamente,
che in uno dei tuoi primissimi commenti alla Lancia di Lugh mi avevi
consigliato di dare un nome anche irlandese al Trinity. Come vedi, i
tuoi preziosi suggerimenti mi sono sempre utili! Non smetterò
mai di ringraziarti abbastanza! Laughlin è uno di quei tanti
studenti che decidono che la lezione non li interessa e quindi fanno
altro: chissà quanti ce ne sono come lui! Gli è andata
bene che la O'Connel non l'ha beccato, altrimenti non si sarebbero
stati santi! Sono molto interessanti tutte le tue ipotesi su Mairead,
ma la questione è molto più semplice: 13 anni sono un
periodo critico un po' per tutte le ragazze, tanto più per una
come lei che è praticamente circondata da maschi (il padre e i
due amici) e quindi non ha nessuno con cui confidarsi. Quanto al
discorso di Laughlin, credo proprio che molti maschi la pensino
davvero così, e anche lui rimarrà della stessa opinione
per parecchio tempo, fino a quando una bella studentessa del medio
oriente non gli farà perdere la testa! Allora si dovrà
ricredere! Grazie mille dei tuoi complimenti, a presto!
@Salice:
guarda, temo che i maschietti non saranno mai in grado di capire gli
stati d'animo di una ragazza! Tanto meno quelli così grezzi e
insensibili come Laughlin! Eheheh! Scherzi a parte, Mairead non potrà
di certo cercare aiuto da quei due... per fortuna c'è almeno
Beatrix Connery! Spero che ti sia piaciuto il nuovo capitolo:
l'evocazione non è proprio così mistica, ma mi sono
divertita tantissimo con sir Percevall! Grazie mille per gli auguri,
a presto!!
Beatrix
Bonnie
EDIT:
continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! QUI l'immagine di
sir Percivall!
|
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Capitolo 13 *** Lealtà e slealtà ***
CAPITOLO
13
Lealtà
a slealtà
Mairead
e Edmund stavano rientrando nella propria sala comune, dopo aver
salutato sir Percivall, che aveva giurato loro di aiutarli nella
lotta contro i malvagi (senza bene sapere di che cosa si trattasse),
quando sentirono delle voci provenire dallo studio del professor
Uisce; una pareva quella del preside Captatio.
«Ed,
non possiamo origliare!» sussurrò Mairead, quando vide
che il suo amico si era fermato davanti alla porta socchiusa.
Edmund
si mise un dito sulle labbra, e si accostò allo spiraglio con
sguardo beffardo e con un sorriso perfido, che a Mairead fece quasi
paura.
«Da
quanto tempo, Pol?» stava chiedendo il preside a Uisce.
«Quasi
dall'inizio dell'anno» rispose il druido. Ci fu un attimo di
silenzio, poi il professore di pozioni riprese: «All'inizio non
me ne sono reso conto, perché si tratta sempre di piccole
porzioni, ma ora la mancanza è troppo evidente».
Un
altro attimo di silenzio, poi Captatio chiese: «Ne sei proprio
sicuro?»
«Assolutamente
sì, Caius. Scaglie di dente di drago e foglie di erborella
sono ingredienti molto rari e insieme servono solo per quel tipo di
pozione» rispose il professor Uisce.
Edmund
si morse il labbro: qualcuno rubava dall'inizio dell'anno dei rari
ingredienti per produrre una pozione? Perché Uisce non ne
ripeteva il nome? Magari era qualcosa che aveva a che fare con la
setta!
«La
faccenda è molto seria, Pol. Ho bisogno di tempo per
riflettere» sussurrò il preside Captatio.
«Edmund!»
bisbigliò Mairead con fare concitato, gesticolando per farlo
allontanare dalla porta. «Stanno uscendo!»
Edmund
si allontanò in silenzio e appena raggiunse Mairead, i due si
misero a correre. Rallentarono solo quando furono sufficientemente
distanti dallo studio del professor Uisce. Mairead si strinse la
milza che doleva per la corsa e tentò di riprendere fiato,
mentre Edmund si appoggiò al muro con un sorriso soddisfatto.
«Cosa
fai quella faccia? Mancava poco che ci facevamo beccare!»
protestò Mairead, gesticolando verso il corridoio che avevano
appena attraversato di corsa.
Edmund
scoppiò a ridere.
«Tu
sei pazzo» commentò la ragazzina, ma alla fine la risata
del suo amico la contagiò a tal punto che fu presa da un
attacco di ridarella e si ritrovò accasciata a terra con le
lacrime agli occhi.
«Ma
la smetteremo mai di cacciarci nei guai?» domandò poi,
in tono rassegnato.
Edmund
fece un sorrisetto sarcastico. «Dove sta il divertimento, se
no?»
Il
giorno successivo raccontarono a Laughlin della conversazione che
avevano origliato tra il professor Uisce e il preside Captatio. Il
ragazzino era tanto estasiato quanto eccitato. «Quindi credete
che qualcuno rubi degli ingredienti dalla scorta personale di Uisce
per produrre chissà quale pozione?» domandò in
preda all'euforia.
«Esatto»
confermò Edmund in tono serio. «E sono quasi certo che
il ladro di ingredienti abbia a che fare con la setta. Questa scuola
è troppo piccola per ospitare due casi del genere, senza che
siano in qualche modo collegati».
«Se
solo sapessimo che pozione si produce con quegli elementi...»
bisbigliò Mairead, scuotendo la testa.
«Ma
per questo c'è la biblioteca!» rispose prontamente
Edmund, battendo le mani.
Laughlin
gli riservò uno sguardo di sufficienza. «Finirai per
farci la muffa, là dentro, Ed» commentò in tono
piatto.
In
quel momento passò per il corridoio Ailionora, spalleggiata
come sempre da Leida O'Hara e Finan Best. La ragazzina si voltò
verso i tre amici con un sorriso beffardo sulle labbra. «Tremate,
sasanachfuil! La setta è vicina!» esclamò in tono
divertito, suscitando le risate dei suoi compagni.
«Idiota»
sussurrò Mairead, con una smorfia di disgusto.
«Lascia
perdere, Mairead. Quando avremo smascherato la setta, avrà ben
poco da ridere» rispose Edmund, perforando con lo sguardo la
schiena di Ailionora che si si allontanava per il corridoio.
Per
fortuna Mairead ebbe ben altro a cui pensare in quei giorni: la
partita con i Nagard si stava avvicinando e Lucius aveva deciso di
mettere la squadra sotto torchio.
«Se
vinciamo anche questa, abbiamo buone possibilità di
conquistare la coppa, quest'anno» disse loro all'ultimo
allenamento. Un buon modo per metterli sotto pressione.
La
notte prima della partita Mairead dormì male, perché
non aveva affatto voglia di incontrare in campo Blake Finnegan, la
punta dei Nagard. L'anno scorso aveva vinto la mischia contro di lui,
ma aveva come l'impressione che quest'anno Finnegan non gliela
avrebbe lasciata passare facilmente.
La
mattina si svegliò presto, quasi più stanca di quando
era andata a dormire, ma decise lo stesso di alzarsi, per evitare di
arrivare in ritardo anche questa volta. Lucius l'avrebbe uccisa!
Quando
scese in Sala Mor, non c'era quasi nessuno seduto ai tavoli, tranne
qualche studente assonnato. Mairead si versò un bicchiere di
latte e prese una fetta di torta, quando una voce squillante la
riscosse dal suo torpore. «Io tiferò per i Raloi!»
Mairead
alzò lo sguardo verso il ragazzino che aveva parlato: Dedalus
Consolatus indossava una sciarpa verde sopra la sua divisa blu e
sventolava una bandierina con disegnata un'aquila. Aveva un sorriso
che arrivava da un orecchio all'altro, come se tifare per una casa
che non era la sua, fosse assolutamente entusiasmante.
«Uau,
Dedalus. Ehm... grazie» rispose Mairead titubante.
«Mi
spiace per Laughlin, anche lui mi è simpatico, ma gli altri
Nagard proprio no» aggiunse poi il ragazzino.
Mairead
trattenne a stento una risata, perché Laughlin non si sarebbe
certo dispiaciuto per la perdita di Dedalus come tifoso. «Ehm,
glielo dirò, ok?»
«Sì,
grazie, saresti molto gentile» rispose Dedalus con un sorriso
bonario.
Mairead
si ficcò in bocca l'ultimo boccone di torta, poi esclamò:
«Ora dovrei proprio andare... sai, per la partita».
Era
un po' nervosa e non le andava di chiacchierare con nessuno, tanto
meno con quello sballato di Dedalus.
«Certo,
certo, vai pure. E forza Raloi!»
Mairead
corse a rintanarsi negli spogliatoi, ma era talmente presto che
dovette aspettare quasi mezzora prima che arrivasse il resto della
squadra.
«Ah,
già qui?» le domandò Lucius, quando la vide
seduta sulla panca con la Nimbus 1700 appoggiata sulle gambe. M
airead
fece una smorfia che non aveva bisogno di essere commentata.
Dopo
che anche gli altri si furono cambiati, Lucius spiegò gli
ultimi schemi tattici e Mairead questa volta prestò bene
attenzione. Infine, ad un cenno del capitano, la squadra si avviò
verso il campo con le scope in spalla.
«Ecco
i Nagard, alla loro prima partita del campionato: il capitano
Finnegan, seguito da Nott, Patterson, Xadom, O'Malley, O'Daren e il
nuovo battitore MacQuote» annunciò il professor
Ballerinus, come al solito adibito alla telecronaca, quando sette
frecce rosse comparvero in campo.
I
Nagard accolsero esultando la loro squadra.
Lucius
fece un cenno ai suoi e i Raloi salirono in sella alle loro scope e
fecero il giro del campo per salutare gli spettatori, mentre il
professore annunciava i loro nomi.
«I
capitani si stringano la mano» ordinò mister Timberlen,
quando la squadra ebbe completato il giro. Lucius e Blake Finnegan si
stritolarono le mani a vicenda, nel tentativo di far male
all'avversario, lanciandosi fulmini dagli occhi.
«Pronti
a partire» disse Timberlen. Quattordici giocatori si
prepararono a volare in alto al fischio dell'arbitro.
«Partiti!»
annunciò Ballerinus.
Mairead
si buttò a capofitto per recuperare la Pluffa, ma Finnegan fu
più veloce.
«Mangia
i rametti della mia scopa, sasanachfuil!» ghignò il
Nagard, sfrecciando verso i pali.
Mairead
si appiattì sulla Nimbus per aumentare l'accelerazione e
cominciò a tallonare Finnegan.
«Nagard
in possesso di palla, O'Malley, Finnegan, Bolide!» esclamò
Ballerinus, quando Seamus O'Sharey scagliò la pensate palla
contro il capitano avversario.
Milo
si tuffò a recuperare la Pluffa e cominciò a risalire
verso i pali dei Nagard. Fece un passaggio a Nicolaj che tentò
un tiro, ma Lucy Patterson, la Cacciatrice dei Nagard, intercettò
la palla. Mairead, che era rimasta indietro, bloccò la strada
all'avversaria, per questo costretta ad una brusca virata che le fece
sbagliare il tiro.
«Connery
afferra la Pluffa e si dirige minaccioso verso il portiere. Tira... e
segna! Dieci a zero per i Raloi!» annunciò soddisfatto
Ballerinus, segnando i punti sul tabellone alle sue spalle.
Dopo
pochi minuti di partita, avevano già fatto il primo centro.
Mairead e Nicolaj si scambiarono il cinque.
«Facciamogli
vedere chi siamo!» la incitò il suo compagno.
Mairead
esultò e da quel momento nessuna preoccupazione le impedì
di concentrarsi sul gioco. Caricati dal primo punto fatto da Nicolaj,
i Cacciatori dei Raloi segnarono altre quattro volte, per un
punteggio di cinquanta a zero. La ragazza che faceva da portiere ai
Nagard, Äoife Xandom, entrò in crisi e cominciò a
sbagliare ogni parata. Tutti sapevano che, sebbene non fosse l'ultima
partita del campionato, era quella decisiva per sapere che avrebbe
vinto. I Battitori iniziarono a scagliare i loro Bolidi con forza
inaudita, soprattutto contro i Cacciatori dei Raloi, che sembravano
imbattibili.
«Bolideee!»
gridò Milo.
Mairead
lo evitò per un soffio, ma le cadde la Pluffa, che venne
recuperata da Finnegan.
«I
Nagard risalgono verso i pali. Patterson, O'Malley, di nuovo
Patterson, tira...»
Leonard
fu troppo lento.
«...
e segna! Cinquanta a dieci per i Raloi» annunciò
Ballerinus.
Leonard
recuperò la Pluffa con costernazione, poi la lanciò a
suo fratello.
I
Nagard erano bravi ad intercettare i passaggi, ma non veloci e agili
come i Raloi, così, quando Mairead fu di nuovo in possesso di
palla, cominciò a zigzagare per il campo, a cambiare direzione
di frequente e fa fare brusche accelerate. Finnegan tentava di
inseguirla, ma non era sufficientemente scattante per starle dietro.
«Mangia i rametti della mia scopa, se ci riesci, sangiunista!»
lo schernì Mairead, avvicinandosi ai pali.
«Boenisolius
segna! Sessanta a dieci!»
Dopo
il tiro di Mairead, O'Malley segnò un altro punto per i
Nagard, ma immediatamente Nicolaj fece altri due centri, e il
punteggio arrivò ottanta a venti. I Raloi capirono di fare
meno passaggi possibili, per evitare di essere intercettati dai
Cacciatori avversari, ma questo gioco era rischioso perché si
diveniva facili prede dei Bolidi. Milo fu colpito in pieno petto da
O'Daren, ma non appena Finnegan recuperò la Pluffa, Lucius gli
spedì contro lo stesso Bolide che gli fece perdere
l'equilibrio e cadere la palla.
Appena
Mairead riuscì ad afferrarla al volo, si diresse senza
esitazione verso i pali. Tutti e tre i Bolidi della partita furono
scagliati contro di lei dai Battitori Nagard, ma Mairead si scansò
e si appiattì sulla scopa, tanto che riuscì ad
evitarli. I Raloi scoppiarono in un boato di incitamento per la loro
Cacciatrice. E Mairead tirò.
«Altro
punto per Boenisolius! Novanta a venti!» esultò
Ballerinus.
I
Raloi non avevano mai giocato così bene.
«Beccati
questo, Finnegan!» gridò Mairead, levando il pungo al
cielo in segno di vittoria.
Non
appena il Cacciatore dei Nagard fu di nuovo in possesso di palla,
scagliò la Pluffa con violenza contro Mairead, colpendola in
piena nuca.
Mister
Timberlen fischiò. La curva verde dei Raloi scoppiò in
un boato di fischi e imprecazioni.
«Fallo,
fallo questo è un vile fallo!» protestò
Ballerinus con veemenza, dimenticando di dover essere imparziale.
Mister
Timberlen si avvicinò minaccioso a Blake Finnegan. «Non
si può scagliare la Pluffa contro un giocatore avversario! Non
è mica un Bolide! Rigore per i Raloi» ordinò con
voce dura.
Gli
spettatori dietro Leonard esultarono.
Mairead
prese la Pluffa e si posizionò davanti alla Xandom. Fece un
lungo respiro, soppesò il tiro e poi lanciò.
«Ah!
Boenisolius segna ancora! Cento a venti per i Raloi».
Mairead
rivolse un sorriso beffardo a Finnegan e poi andò ad
accogliere le grida di giubilo dei suoi compagni.
Fu
in quel momento che Finnegan afferrò la Pluffa e fece un
passaggio che era vistosamente in avanti. Mister Timberlen fischiò
la mischia. La Punta dei Nagard lanciò un sorrisetto di sfida
alla sua avversaria: finalmente si sarebbero incontrati sul campo
della mischia.
«L'ha
fatto apposta!» gridò Mairead, in preda al furore.
L'aveva fatto apposta, quel passaggio in avanti, per poter fare una
mischia contro di lei!
«Arbitro,
l'ha fatto apposta!» strillò ancora la ragazza, ma
mister Timberlen alzò le spalle e scosse la testa.
Le
due squadre si prepararono in formazione in fondo al capo.
«Nicolaj,
Finnegan l'ha fatto apposta!» protestò nuovamente
Mairead.
«Senti,
non lo puoi dimostrare. E poi non c'è nessun regolamento che
lo vieta» le rispose il ragazzo.
Mairead
si rassegnò alla mischia, ma non gliela avrebbe mai fatta
vincere. L'arbitro posizionò la Pluffa in mezzo al campo e poi
si preparò a fischiare.
Non
appena sentirono il segnale, i tre Cacciatori Raloi si tuffarono
nella corsa. Mairead spinse la sua scopa al massimo della velocità,
ma anche Finnegan non sembrava voler demordere.
Stavano
volando a grandissima rapidità, si avvicinavano sempre di più.
“Resisti
e sangue freddo” si disse Mairead.
«Blake,
desisti!» gridò Lucy Patterson, in ansia.
Si
sarebbero schiantati.
«Mairead?»
la richiamò preoccupato Milo.
Ma
né lei né Blake ordinarono nulla.
E
poi ci fu l'impatto. Tremendo.
Finnegan
sfiorò la Pluffa con la punta delle dita, ma non riuscì
ad afferrarla, perché Mairead si schiantò con la faccia
contro la sua scopa.
Un
dolore lancinante al naso la investì in pieno. Mairead si
portò le mani al volto, mentre un fiume di sangue le scendeva
dal naso: doveva essere rotto. Il male fu tale che la ragazza
cominciò a perdere quota e zigzagò verso il terreno.
«Mairead!»
esclamò preoccupato Lucius, inseguendo la sua Cacciatrice.
«Arbitro, tempo! Giocatore ferito!» gridò quando
vide il sangue che sporcava le mani e la divisa di Mairead. Le volò
incontro e la sostenne, per evitare che cadesse dalla scopa.
«Arbitro, tempo!»
Ma
mister Timberlen non lo sentì: lo sguardo di tutti era rapito
dalla figura dei due Cercatori che stavano inseguendo il Boccino: la
giovane Cercatrice Raloi era in testa. Poi un Bolide lanciato da
MacQuote sbucò dal nulla e colpì in peno Beatrix.
Nott
superò la sua avversaria e strinse le dita intorno al Boccino
d'Oro.
«Nott
prende il Boccino! I Nagard vincono la partita per centosettanta a
cento.»
Avevano
perso.
Lucius
volò verso terra, sempre sostenendo Mairead. «Tutto
bene?» le domandò preoccupato.
La
ragazzina mugugnò qualcosa di incomprensibile.
Anche
gli altri giocatori atterrarono.
E
Lucius divenne una bestia. «Arbitro! Avevo chiesto tempo! C'era
la mia cacciatrice ferita, questa vittoria non è valida!»
«Niente
scuse, Connery. Abbiamo vinto onestamente» gli rinfacciò
Finnegan.
«Stai
zitto tu! Arbitro! Avevo chiesto tempo!» si appellò
all'autorità di mister Timberlen.
L'uomo
si avvicinò ai due capitani e scosse la testa. «Mi
dispiace Connery, ma i Nagard hanno preso il Boccino lealmente. I
giocatori feriti sono cose che capitano, non potevo interrompere la
partita in quel momento» disse l'arbitro in tono fermo.
Lucius
aprì la bocca per protestare, ma mister Timberlan lo zittì
con lo sguardo.
«Rassegnati,
abbiamo vinto noi» gli rispose Blake Finnegan con aria
beffarda.
E
poi i Nagard se ne andarono a festeggiare, lasciando lì gli
avversari sconfitti e delusi.
«Lugius,
bi disbiace.» farfugliò Mairead, cercando di ignorare il
dolore al naso. Se non avesse perso la mischia, Lucius non avrebbe
dovuto soccorrerla e avrebbe potuto evitare che MacQuote spedisse il
Bolide contro Beatrix.
«Lascia
perdere, non è colpa tua. Sono i Nagard che giocano sporco»
rispose Lucius, incamminandosi verso gli spogliatoi pieno di rancore.
Ecco
qui il nuovo capitolo! Mi dispiace per i Raloi, ma non possono
vincere sempre tutto loro! Laughlin avrebbe tutto il diritto di
protestare con me! XD
Comunque,
ecco la soluzione dei versi di Dante del capitolo precedente:
“chi
furon li maggior tui” è Farinata a Dante, canto X
dell'Inferno
“io
non omo, omo già fui” è Virgilio a Dante, canto
I dell'Inferno
“Cesare
fui e son Giustiniano” (ripreso in cavaliere fui e son sir
Percevall) è Giustiniano a Dante, canto VI del Paradiso.
In
realtà “non ebbi l'onor di sepoltura” è sì
un ricordo di Manfredi (canto III del Purgatorio), ma non è un
verso dantesco, è mio! Mi onora sapere che il mio favellar è
arrivato a tali livelli da essere confuso con i versi del Sommo Vate!
Comunque, complimenti a Julia e Erika che li hanno individuati quasi
tutti!
Inoltre,
vi comunico ufficialmente che ho finito di scrivere il racconto,
quindi da adesso tenderò ad aggiornare ogni 2-3 giorni! Grazie
a tutti,
Beatrix
Bonnie
@Julia
Weasley: bene cara collega, li hai azzeccati quasi tutti i versi! Sir
Percevall è uno dei personaggi più divertenti: ho la
tendenza a creare esseri schizzati e simpaticoni... anche Dedalus non
è del tutto a posto! Comunque, sì, avevi ragione:
niente fantasmi. Ma allora chi sarà? Ora si entra nel vivo
dell'azione!! A presto!
@Erika91:
sì, direi che sei pronta per la maturità! Eheheheh!
Grazie mille per i complimenti, comunque! Alla prossima!
@darllenwr:
lo so, sono stata un po' lenta ad aggiornare, ma ora sono tornata in
piena attività! Mi fa piacere che ti sia piaciuto l'episodio
dell'evocazione. Quanto alla parlata di sir Percevall, è stata
una delle cose più divertenti da scrivere: purtroppo per Dante
ho una profonda ammirazione, quindi mi sembrava giusto fare un
divertente lavoro di intertestualità, citando il mio autore
preferito! Tra l'altro, grazie per il nome gaelico di padre Patrick!
Non lo sapevo! Sei sempre una fonte inesauribile di ispirazione e io
non finirò mai di ringraziarti! Quanto all'apnea, non ho
intenzione di far soffocare nessuno di voi, ma ho giocato molto sulla
suspance in questo racconto, soprattutto interrompendo i capitoli
dopo frasi sensazionali o dopo grandi rivelazioni... lo so, sono
sadica! Ahahah! Ma non temere, aggiornerò con frequenza questi
ultimi capitoli! Infine, come al solito, grazie per le tue
stuzzicanti domande. In realtà non avevo pensato a come
avvenissero le elezioni: comunque credo che venga allestito un seggio
a Doolin, e che gli interessati al voto vi si dirigano! Se hai altre
curiosità, non esitare a chiedere, perché mi stimolano
sempre tantissimo le tue domande! A presto!
@elliepotter:
è sempre un piacere scoprire di avere una nuova lettrice!
Diciamo che Edmund ha avuto ragione fino ad adesso, ma poi chissà...
comunque spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo!
@Salice:
in realtà è strano che sir Percevall parli ancora da
medioevale: dopo tutto ha attraversato tutte le epoche da fantasma,
ma ho immaginato che abbia vissuto una vita un po' da randagio,
pellegrinando per le foreste, e che quindi gli sia rimasto il modo di
parlare antiquato. Quanto alla brevità del capitolo, ti
assicuro che sono tutti tra le 3-4 pagine di word... sei tu che leggi
troppo velocemente! Ahahah! Spero che la partita ti abbia divertito,
alla prossima!
Grazie
a tutti! Beatrix
EDIT:
continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! QUI Blake Finnegan e
Lucy Patterson.
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Capitolo 14 *** Il ladro di ingredienti ***
CAPITOLO
14
Il
ladro di ingredienti
In
realtà, i Nagard avevano vinto la partita lealmente, ma
nessuno della squadra lo fece notare a Lucius: meglio che la sua ira
si scagliasse contro gli avversari sleali, che contro di loro.
Anzi,
Lucius era ancora pieno di entusiasmo. «Ragazzi, abbiamo
giocato bene!» li incitò in spogliatoio. «I nostri
Cacciatori sono stati spettacolari e i Nagard ci hanno battuto per
poco. Tutto dipende dalla prossima partita: se i Llapac riescono a
vincere sui Nagard, anche con un minimo margine, noi potremmo
conquistare la coppa! Voglio dire, abbiamo più di trecento
punti! Voglio vedere i Nagard a superarci!»
La
squadra esultò, ma nessuno credeva davvero alle parole di
Lucius: Cecelia Allen era una brava capitana e un'ottima giocatrice,
ma non sarebbe mai stata in grado di trasformare i Llapac in campioni
e farli vincere contro i Nagard di Finnegan.
La
primavera arrivò in anticipo, quell'anno, e già a metà
marzo le verdi colline che circondavano il castello si riempirono di
fiori di campo. Mairead passava delle ore a guardare il panorama
dalla finestra, cercando di godersi il leggero tepore che cominciava
a invadere l'isola smeraldo.
Durante
una lezione di fine marzo, la professoressa O'Connel, in qualità
di vicepreside, annunciò ai ragazzi del secondo anno
l'importanza della scelta delle nuove materie, di cui i direttori
delle varie case avrebbero consegnato ai propri studenti un elenco.
Edmund,
ancora con la testa presa dall'enigma della setta, cominciò a
passare ogni suo momento libero in biblioteca, alla ricerca
dell'utilizzo del dente di drago e delle foglie di erborella, senza
troppi risultati.
Un
giorno, disperato, si ritrovò a chiedere aiuto alla
professoressa Blath, che insegnava Erbologia.
Dopo
lezione, attese nella serra che gli altri compagni fossero usciti,
poi si avvicinò all'insegnante. «Mi scusi...»
domandò esitante.
«Dimmi
pure, Burke» gli sorrise la professoressa Blath, mentre
riponeva al sicuro i semi di girostrato in un panno di cotone.
«Volevo
chiederle una delucidazione su una pianta che ho trovato nelle mie
letture» rispose Edmund, stropicciandosi le mani.
L'insegnante
era una strega molto gioviale e non per niente era la direttrice
della casa dei Llapac, ma Edmund temeva che potesse poco gradire la
sua richiesta d'aiuto, visto che non era mai stato particolarmente
attento alle lezioni di Erbologia.
«Che
pianta?» domandò invece la professoressa.
«Erbosella»
rispose con sicurezza Edmund.
La
strega fece una faccia perplessa. «Non esiste nessuna pianta
con quel nome, Burke. Devi esserti sbagliato».
La
notizia che la pianta di nome erbosella non esisteva, aveva
completamente sconvolto Edmund. Che cos'altro poteva avere le foglie,
oltre ad una pianta? Possibile che il professor Uisce si fosse
sbagliato?
Edmund
era frustrato, perché tutte le informazioni gli giravano
vorticosamente in testa, ma lui non riusciva ad afferrarne il senso,
come se dovesse risolvere un rebus complicatissimo. Il fatto, poi,
che la setta non si fosse più manifestata, Edmund era certo
che dipendesse dai turni di guardia che i professori avevano
organizzato per tenere d'occhio il castello. Dopotutto, se non si
trattava di fantasmi, dovevano essere delle persone in carne e
d'ossa, persone che come tali vivevano a scuola perché era
impossibile entrare di nascosto nel territorio del Trinity, visti gli
incantesimi di protezione imposti da Captatio stesso. Forse erano
studenti un po' troppo nazionalisti.
Ma
come facevano ad apparire come fantasmi? Come facevano a terrorizzare
in quel modo chiunque li vedesse? E come avrebbero fatto a
smascherarli?
Una
sera Edmund prese una decisione drastica. Se le informazioni di cui
aveva bisogno non si trovavano in biblioteca, avrebbe cercato nella
dispensa personale di Uisce. Farsi beccare a peregrinare per il
castello di notte, non doveva essere una buona idea, ma non aveva
altra scelta. Così una sera aspettò che tutti i suoi
compagni si fossero addormentati, poi scivolò silenziosamente
fuori dalla stanza. In sala comune non c'era più nessuno e le
braci che si stavano spegnendo nei camini donavano alla stanza un
barlume rossastro. Edmund strinse la bacchetta e, dopo un profondo
respiro, uscì in corridoio.
Il
castello era buio e silenzioso. I passi di Edmund risuonavano fino
alle volte degli alti soffitti, per quanto il ragazzino cercasse di
non fare rumore. «Lumus» sussurrò, nel
tentativo di farsi un minimo di luce.
Era
poco distante dall'ufficio del professor Uisce, quando sentì
dei passi. «Nox» bisbigliò con il cuore che
batteva a mille. Si appiattì contro la parete, nella speranza
che chiunque fosse non lo vedesse.
Il
suono di passi si arrestò.
Edmund
trattenne il respiro, convinto che anche solo il rumore del suo
torace che si alzava e si abbassava l'avrebbe tradito.
«Ti
ho beccato».
Una
bacchetta era puntata contro il suo petto.
«Diultach!»
Edmund
fece a tempo solo a sgranare gli occhi, poi del fumo blu lo avvolse e
infine tutto divenne nero.
«Hai
preso il ladro, Niall» disse una voce che Edmund era certo di
aver già sentito, ma non sapeva riconoscere.
«Così
sembrerebbe» rispose un'altra con aria un po' seccata, la
stessa che gli aveva lanciato l'incantesimo.
«Ma
si può sapere che gli hai fatto?» chiese la prima.
Edmund
sentì che qualcuno gli metteva una mano sulla fronte, ma non
ebbe il coraggio di aprire gli occhi.
«Oh,
nulla di serio. Ho usato l'incantesimo stordente: fa svenire chiunque
nel raggio di parecchi metri. È molto utile, peccato che non
lo conoscano in molti».
«Credo
che dovremmo portarlo da Caius. Lui deciderà se espellerlo».
A
quelle parole Edmund spalancò gli occhi spaventato: non
potevano buttarlo fuori dalla scuola! Il Trinity era la sua casa!
«Oh,
Burke, ti sei svegliato» disse in tono severo il professor
Uisce, che era chino su di lui.
Gli
occhi di Edmund saettarono da lui alla figura in piedi che lo
sovrastava.
«Siamo
in grossi guai, mio caro ladruncolo» disse il professor Codail,
con un ghigno divertito.
Il
preside Captatio si presentò nel suo ufficio in camicia da
notte, con in testa una terribile cuffietta bianca con tanto di
pon-pon. «Grazie, Pol, Niall. Lasciateci soli» ordinò
ai due professori, che con un cenno del capo lasciarono la stanza.
Captatio si sedette sulla poltrona dietro alla sua scrivania e fissò
Edmund con uno sguardo perforante.
Il
ragazzino si stritolò le mani a disagio e cominciò a
guardare le venature delle piastrelle di cotto del pavimento.
«Siediti,
Edmund» sospirò infine il preside.
Il
ragazzino si lasciò cadere sulla sedia, poi incominciò:
«Signore, non voglio essere espulso, io non stavo... non ho...»
Captatio
sollevò una mano e Edmund fu costretto a tacere. Per un attimo
si sentì solo il suo deglutire affannoso.
«Non
ho intenzione di espellerti, Edmund. E non credo che sia tu il ladro
che ruba dalla dispensa del professor Uisce» disse infine il
preside.
Il
ragazzino si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. «Ti
dirò che non voglio nemmeno sapere che ci facevi in giro per
il castello a notte fonda. Ciò non toglie che non posso
ignorare l'accaduto e sarò costretto a levare cinquanta punti
ai Raloi e a metterti in punizione per un mese» continuò
Captatio in tono serio.
Paragonati
al pensiero dell'espulsione, quei provvedimenti parevano sciocchezze.
«Sissignore» fu l'unica cosa che Edmund riuscì a
dire.
Nel
piccolo e incasinato ufficio calò il silenzio. Lo sguardo di
Captatio sembrava perforare il ragazzino, alla ricerca di chissà
quale verità.
«C'è
una cosa di cui vorrei parlare con te, Edmund» disse ancora il
preside, sempre in tono grave.
«Cosa,
signore?» chiese Edmund, con la gola secca. In quegli ultimi
mesi aveva combinato parecchie cose di cui il preside avrebbe potuto
voler parlare: tanto per fare un esempio, l'evocazione di sir
Percevall.
Captatio
invece si concesse un piccolo sorriso, che increspò gli angoli
della sua bocca, nascosta dai giganteschi baffi bianchi. «Ho
saputo che il tuo Molliccio assume una forma abbastanza singolare. Ti
sei mai chiesto il perché?»
Edmund
non riuscì a evitare di fare una faccia stupita: certo che si
era chiesto il perché, ma non gli era mai passato per la testa
di parlarne con qualcuno, tanto alle tre del mattino, con il preside
Captatio vestito in camicia da notte.
«Ci
ho pensato, signore, ma non saprei spiegarne il motivo» rispose
infine, con voce titubante.
Il
mago si sporse dalla sedia verso di lui. «Non riesci a capire
perché la tua paura più grande è di diventare
malvagio?»
Edmund
scosse lentamente la testa. Captatio avrebbe potuto spiegargli quella
cosa che nemmeno lui riusciva a capire?
Il
preside si appoggiò nuovamente allo schienale della sedia e
sorrise. «Edmund, tu sei un ragazzo estremamente dotato e credo
che potresti diventare uno dei maghi più potenti che io abbia
mai conosciuto. Sai che cosa succederebbe se tu decidessi di usare le
tue capacità per scopi malvagi?»
«Io...»
farfugliò Edmund a disagio. Non era abituato a ricevere dei
complimenti, ma soprattutto non aveva mai pensato ai risvolti etici
delle sue azioni.
«Edmund,
tu potresti tenere il mondo intero nelle tue mani, far calare
un'oscurità di terrore tale da spegnere il sole» disse
Captatio con convinzione.
Edmnund
abbassò lo sguardo, riflettendo sulle parole del preside.
Lui...? tenere il mondo nelle sue mani? Non aveva mai pensato di
essere tanto potente. Avrebbe potuto davvero...?
«È
molto saggio che tu tema tutto questo» commentò
Captatio, riportandolo bruscamente alla realtà.
Sì,
lui aveva paura di diventare malvagio perché sapeva di avere
un potere tale da terrorizzare il mondo, ma era anche terribilmente
affascinato da quella prospettiva. Forse era la stessa oscura
attrazione che provava per quella possibilità che lo
spaventava tanto.
«Signore,
lei sa che effetto ha l'incantesimo che pronunciò il mio
molliccio? La parola era “Morsmordre”, se non ricordo
male» chiese il ragazzino, nella speranza di capirti qualcosa.
Il
Preside esitò una frazione di secondo. «No, non saprei.
Comunque il fatto stesso che tu tema questa eventualità,
significa che hai già scelto da che parte stare» gli
disse Captatio, con un sorriso.
Il
problema era che, sì, la temeva, ma anche lo affascinava.
Edmund represse quei pensieri in fondo al suo animo: ora aveva ben
altro a cui pensare. Come smascherare la setta, tanto per cominciare.
Doveva trovare il modo, doveva farlo per Mairead. Se solo avesse
potuto ricevere una mano dal professor Captatio: sicuramente lui
doveva sapere cosa fosse l'erbosella. Ma come avrebbe potuto
chiederglielo, senza ammettere di aver origliato la conversazione tra
lui e Uisce?
«Ah,
c'è una cosa che volevo darti!» esclamò poi
Captatio, con un sorriso giovale, come se non stesse discutendo con
uno studente indisciplinato a notte fonda. Il Preside si alzò
dalla sedia e prese un libro dalla copertina violacea da un piccolo
scrittoio affollato di pergamene e vecchi volumi polverosi. «Questo
libro mi è stato mandato di recente dal suo autore, per sapere
un mio parere» disse il mago, nel porlo a Edmund.
“Pozioni
complesse dalla dubbia utilità.” recitava il titolo a
lettere dorate. Il ragazzino prese il volume e ne sfogliò le
prime pagine.
«Io
non sono d'accordo con alcune sue posizioni» spiegò
Captatio. «Mi chiedevo se ti andava di leggerlo e di farmi
sapere che ne pensi».
«Perché
io, signore?» Edmund, sorpreso, non riuscì a trattenersi
dal domandarlo. Il Preside avrebbe potuto chiederlo a mille altre
persone, a cominciare del professore di Pozioni. Chissà quanti
maghi molto più qualificati conosceva che potessero dargli un
parere su quel libro.
Captatio
sorrise divertito. «Sei un ragazzo brillante, Edmund, sempre a
chiederti il perché delle cose. Be', se non sbaglio c'è
una sedia con scritto sopra il tuo nome, in biblioteca: chi meglio di
un lettore esperto come te potrebbe farmi sapere che ne pensa di un
libro appena pubblicato?»
Ecco
il nuovo capitolo! Spero che vi sia piaciuto: ho deciso che era il
momento di far riflettere un po' il giovane Burke sulle sue
potenzialità. A presto,
Beatrix
@
Julia Weasley: eh, insomma, era giusto che perdessero un po' anche
loro! Altrimenti il loro orgoglio si sarebbe gonfiato a dismisura!
Come vedi, questo capitolo era incentrato su Edmund, quindi non si
parla dei festeggiamenti di Laughlin, ma credo che si sia comunque
moderato per rispetto dell'amica ferita. Sì, Dedalus è
un po' ispirato a Luna, volevo anche io il mio Lovegood! Quanto alla
trama, si sta complicando sempre di più, ma ci avviciniamo a
grandi passi allo svelamento del mistero! A presto!
@
darllenwr: dopo tutto, ogni protagonista che si rispetti, deve essere
al posto giusto nel momento giusto! Per la partita, immagino che se
c'è tensione anche per semplici amichevoli, deve esserci
necessariamente un clima teso per quella che è la partita più
attesa del campionato studentesco! Meno male davvero che non possono
portarsi la bacchetta in campo! Anche io penso che questa sconfitta
abbia fatto bene ai Raloi, dopo tutto. Quanto alle tue domande, spero
di poterti rispondere in modo esauriente:
a)
l'indipendenza dell'Irlanda magica è avvenuta un po' prima,
verso fine ottocento, ovviamente in seguito a rivoluzioni spesso
anche violente e manifestazioni nazionalistiche poco raccomandabili.
I Michael Collins irlandesi erano tutti esponenti dell'EIF (il
corrispettivo dell'IRA, dopo tutto, anche se è stato fondato
nel 1600 circa), ma come tali, il loro “glorioso” ricordo
è stato cancellato dalle azioni successive dell'EIF, che
continuano il loro terrorismo xenofobo, dimenticando l'antico (e
nobile, oserei dire) obiettivo che aveva mosso i loro predecessori.
b)
il Trinity in quanto tale, accetta tutti, ma i nazionalisti
vorrebbero un sangue puramente celta. Ovvio che il loro odio si
manifesta maggiormente contro chi ha origini inglesi, visto che
l'Inghilterra è la malvagia dominatrice, ma in generale
chiunque è “straniero” è malvisto. Spero di
aver soddisfatto tutti i tuoi dubbi, se hai altre domande, chiedi
pure! Alla prossima!
EDIT:
continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! QUI l'immagine!
|
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Capitolo 15 *** La pozione di differenziazione ***
CAPITOLO
15
La
pozione di differenziazione
L'intenso
odore di candela e incenso era uguale a come se lo ricordava e gli
studenti presenti alla funzione erano sempre pochi. Eppure c'era
qualcosa di spirituale e affascinante in quella cappella sotterranea
che nemmeno conosceva la luce del sole. Non sapeva dire se
l'impressione che fosse presente in quel posto una sorta di spirito
divino derivasse dalla coscienza che quello era un luogo sacro o
dall'aspetto stesso della cripta, così oscuro e mistico.
«Dominus
vobiscum» disse padre Rafael, allargando le braccia verso i
suoi pochi fedeli.
«Et
cum spiritu tuo» rispose in coro tutta l'assemblea. Con
quelle parole, i ragazzi cominciarono ad uscire dalla piccola
chiesetta.
«Laughlin!»
esclamò Dominique, quando vide il suo amico seduto all'ultimo
banco. «Sei venuto a parlare ancora con padre Rafael?»
gli chiese con un sorriso.
Anche
Laughlin sorrise. «Veramente sono venuto a messa»
rispose, scrollando le spalle.
Dominique
non poté evitare di sgranare gli occhi per la sorpresa: si
poteva dire di tutto del suo amico, ma non che fosse cristiano o
anche solo interessato alle questioni religiose.
«Davvero?»
domandò scioccato, dopo qualche secondo di silenzio. L
aughlin
alzò le spalle, come se stesse parlando del tempo o di qualche
altro argomento banale. «Tu mi hai detto che Pasqua è la
festa più importante per i cristiani, no? Ero curioso di
scoprirne il motivo» rispose con naturalezza.
In
realtà non sapeva spiegarsi nemmeno lui perché avesse
scelto di andare a messa il giorno di Pasqua, con tutte le cose
interessanti che avrebbe potuto fare quella mattina. Forse era per
condividere con Dominique un'esperienza che per lui era così
importante, forse davvero per curiosità e interesse o forse
perfino per uno stimolo implicito di dubbio e fede che lo spingeva
verso il luogo dove teoricamente si trovavano le risposte a tutte le
domande.
«Sei
stato gentile» rispose Dominique, con un sorriso di
gratitudine.
Laughlin
era davvero una grande persona.
E
insieme si incamminarono verso la Sala Mor.
«Laughlin!
Dov'eri finito?» lo chiamò una voce squillante, non
appena entrarono nella Sala Mor.
«Oh,
Ed...» esclamò sorpreso Laughlin, mentre il suo amico
gli correva incontro con un libro dalla copertina violacea
sottobraccio.
«Ciao,
Dominique» disse Edmund, con un cenno di saluto verso il
ragazzino.
«Ciao,
Edmund. Buona Pasqua» rispose Dominique sorridendo. Gli piaceva
Edmund, era un ragazzo serio e pieno di buoni propositi, sempre
pronto a mettersi in gioco. Ogni tanto si offriva di aiutarlo con i
compiti di Trasfigurazione, visto che lui in quella materia era un
completo disastro.
«Grazie,
anche a te» gli rispose, poi si rivolse a Laughlin: «Laugh,
ti devo parlare, è importante».
«Ehm,
va bene. Scusaci, Dominique» disse Laughlin, salutando il suo
amico e seguendo Edmund verso il tavolo dei Raloi, dove li stava
attendendo Mairead.
«Cerchiamo
un posto tranquillo.» sussurrò Edmund ai suoi amici,
venendo che in Sala Mor troppa gente avrebbe potuto ascoltare i loro
discorsi. Visto che quel giorno un tiepido sole si era affacciato da
dietro le nubi, i tre decisero di andare in riva al lago.
«Di
che volevi parlarci, Ed?» domandò Mairead, sedendosi
sull'erba, di fronte alla distesa d'acqua che circondava l'isola del
Trinity.
Edmund
guardò i suoi amici con aria risoluta. «Ho scoperto i
segreti della setta» annunciò in tono serio.
«Che
cosa?» esclamarono in coro Mairead e Laughlin.
Edmund
mostrò loro il libro che aveva sottobraccio.
«Pozioni
complesse dalla dubbia utilità» lesse Mairead, dalla
copertina.
«Me
l'ha dato Captatio una settimana fa» spiegò Edmund,
aprendo il volume alla pagina che aveva segnato. «Non ne capivo
bene il motivo, finché non ho trovato questa: la pozione di
differenziazione. Indovinate gli ingredienti?»
«Scaglie
di dente di drago e foglie di erbosella» rispose Laughlin, con
sicurezza.
Edmund
annuì. «Esatto. Tra l'altro la professoressa Blath aveva
ragione: erbosella non è una pianta, ma un uccello che si
mimetizza tra i rami più alti degli alberi e per questo le sue
piume sono verdi e simili a foglie, tanto che vengono comunemente
chiamate “foglie di erbosella”»
«Che
effetto ha questa pozione?» domandò Mairead, sbirciando
sul libro che teneva in mando Edmund.
«Un
effetto molto interessante: praticamente ti consente di proiettare
una tua immagine sbiadita a parecchi metri di distanza da dove ti
trovi. Di solito viene usata per disorientare i nemici, ma può
avere anche altri scopi» spiegò Edmund.
«Quindi...
vuoi dire che la setta la usa per apparire in quel modo?»
chiese Laughlin, allibito da quella faccenda.
Edmund
annuì un'altra volta.
Immaginare
cinque studenti che bevevano una pozione tanto inutile solo per
assomigliare a dei fantasmi, non era poi così terrificante.
Alla fine Edmund aveva ragione: c'era una spiegazione razionale
dietro quel fenomeno apparentemente spaventoso.
«E
non è tutto!» esclamò il ragazzino, sempre più
eccitato, estraendo dalla borsa un secondo libro. «Una volta
che ho capito che la setta faceva uso di pozioni, ho scoperto anche
come fanno a terrorizzare chiunque» Edmund aprì l'altro
volume e lesse ad alta voce: «Pozione del terrore,
comunemente chiamata “terrore liquido”: provoca in chi la
beve una sensazione paralizzante di terrore; solitamente deve essere
bevuta, ma anche inalata ottiene un certo effetto, seppure minore».
Ecco
perché ancora prima di vedere la setta, i tre amici erano
stati invasi da una sensazione di puro panico.
«E
come fanno a spargerla per i corridoi?» chiese Mairead, sempre
più coinvolta da quella storia.
«Semplice»
rispose Edmund. «Attraverso queste altre pozioni: la pozione
del fumo, che produce quel denso fumo bianco, e la pozione di
effusione, per cui basta metterne una goccia in un'ampolla contenente
un'altra pozione e quest'ultima si effonde in tutto l'ambiente.
Solitamente si usa per i profumi, ma può avere mille altre
finalità».
«Accidenti...»
commentò Laughlin sottovoce.
Ora
era tutto così chiaro, così semplice ed evidente. La
setta non faceva più tanta paura, dopo che erano stati svelati
i suoi trucchi.
Mairead
scosse la testa. «Pensi che il professor Captatio lo sappia?»
domandò incerta.
«Sì,
credo di sì» rispose Edmund con un sospiro.
«Ma
allora perché non fa nulla? Perché non li ferma? Perché
ha dato questo libro a te? Cosa pensava che potessi fare
contro la setta?» esclamò in tono frustrato la
ragazzina.
Edmund
la guardò dritta negli occhi per cercare di tranquillizzarla.
«Il problema è che sappiamo cosa fanno e come lo fanno,
ma non sappiamo chi sono».
«Oh,
be', qualche nome io ce l'avrei» intervenne Laughlin.
Mairead
e Edmund si voltarono simultaneamente verso di lui.
«La
Diablaiocht, tanto per cominciare, e Deamundi: sono dei sanguinisti
spudorati» rispose il ragazzino, alzando le spalle.
«Chi
è questo Deamundi?» domandò Edmund. L'aveva visto
un paio di volte, era un tipo del quarto anno dei Nagard, moro con
gli occhi scuri e lo sguardo torvo, uno di quelli perennemente con la
puzza sotto il naso.
«È
uno dei figli del Conte Deamundi, l'ultimo nobile discendente di una
delle più famose famiglie celtiche di maghi. Sono della stirpe
di Con Cetchthach, una delle più antiche, che fa risalire la
sua origine alla fondazione di Eriu. Sono tutti fissati con il sangue
puro e quelle idiozie lì» spiegò Laughlin,
storcendo il naso.
Certo,
persone come quelle avevano tutte le carte in regola per far parte
della setta, ma non avendo prove di nessun tipo, non potevano
accusarle. Edmund fece un lungo sospiro. «Sentite, non so
perché Captatio ha dato il libro proprio a me, ma
evidentemente sospetta qualcosa e pensa che noi possiamo riuscire a
smascherare la setta. Inoltre, credo che Captatio tema che sia
coinvolto anche un'insegnate, perché la pozione di
differenziazione è troppo difficile per essere preparata da
degli studenti. Altrimenti, perché non si sarebbe fatto
aiutare dai professori nello scoprire chi c'è dietro tutta
questa storia?»
Mairead
e Laughlin annuirono con serietà.
«Hai
ragione, se Captatio non può fidarsi del suo corpo docenti, ci
deve essere una grave ragione» asserì Mairead. «Dobbiamo
capire come smascherare i colpevoli».
Proprio
in quel momento sentirono provenire dal castello quello che pareva un
urlo di terrore. I tre amici si scambiarono uno sguardo pieno di
apprensione: nessuno osò pronunciare quelle parole, ma tutti
sapevano che cosa stava succedendo. E poi, nel medesimo istante, come
se qualcuno avesse suggerito loro che cosa fare, cominciarono a
correre verso il castello. Arrivati nel salone d'ingresso, ebbero la
conferma dei loro timori: un denso fumo bianco riempiva i corridoi
del secondo piano.
«Beato
Merlino...» sussurrò Laughlin sgranando gli occhi
davanti a quello spettacolo terribile. La setta non aveva mai
attaccato di giorno né con tanto clamore. Anche sapendo tutto
quello che ci stava dietro, era comunque spaventoso.
«Andiamo!»
esclamò Edmund, trascinando i suoi amici verso le scale:
dovevano smascherarli approfittando dell'occasione in cui si erano
rifatti vivi. Salendo verso il secondo piano, una crescente
sensazione di terrore invase i loro cuori, ma i tre ragazzi non si
fermarono. Non c'era niente di cui aver paura, in fondo.
A
metà della seconda rampa di scale, Edmund, che era in testa al
gruppo, cadde a terra in ginocchio, paralizzato. Razionalmente voleva
continuare a salire, ma il panico che aveva invaso il suo cervello
gli impediva di pensare lucidamente. Anche Laughlin, poco dietro di
lui, si immobilizzò, incapace di proseguire.
«Nooo!»
gridò Mairead. Con una forza d'animo che non credeva di
possedere, continuò a salire i gradini che la separavano dal
secondo piano, bacchetta alla mano. Il denso fumo le impediva di
vedere dova stava andando, ma il peggio era il puro terrore che le
attanagliava le membra. Cominciò a piangere per la paura, ma
non smise di avanzare. Doveva farlo, doveva smascherare la setta.
E
poi inciampò su qualcosa e cadde. C'era un ragazzino con una
divisa blu, che si contorceva a terra.
«Henry...»
sussurrò Mairead, riconoscendo i tratti paffuti del Llapac.
Aveva la bava alla bocca e gli occhi torti all'indietro.
Mairead
non riuscì ad alzarsi da terra, ma non solo per la paura:
sentiva i polmoni bruciare, come se avesse un fuoco che le divorava
le membra. “Sciocca coraggiosa...” si disse, mentre
cominciava schiumare dalla bocca.
«Morte
ai sasanachfiul!» disse una voce roca alle sue spalle. Fu
l'ultima cosa che sentì, poi tutto divenne buio.
«Mairead,
ti sei svegliata?» le chiese una voce preoccupata, quando la
ragazzina aprì lentamente gli occhi.
Era
in infermeria. Aveva un lieve mal di testa, ma soprattutto sentiva
come se i polmoni le bruciassero ad ogni respiro.
«Ohi...»
fu l'unica cosa che riuscì a dire con voce flebile.
«Ti
sei presa una bella avvelenata» commentò Laughlin, con
un mezzo sorriso.
Improvvisamente
Mairead ricordò tutto: l'apparizione della setta, la salita
impossibile verso il secondo piano, il fumo bianco che circondava
ogni cosa, Henry a terra e poi il bruciore ai polmoni. Doveva aver
inalato qualche veleno, sparso per l'ambiente tramite la pozione di
effusione.
«Henry?»
domandò con un filo di voce, preoccupata.
«È
stato portato al St. Bartleby Hospital di Dublino: ha rischiato di
brutto. Pare che dovrà restare ricoverato per almeno un mese»
spiegò Laughlin in tono sommesso.
Lentamente
Mairead stava riprendendo lucidità. Si mise a sedere e guardò
le facce spaesate dei suoi amici. «Cos'è successo?»
chiese, anche se temeva già la risposta.
Edmund
prese un profondo respiro e poi cominciò a raccontare: «Quando
è arrivato Captatio tu eri a terra insieme a Henry: hanno
chiamato i medimaghi e hanno portato via lui, mentre tu sei stata
portata in infermeria».
«E
la setta?»
Edmund
scosse la testa. «Se l'era già defilata».
«Maledizione!»
imprecò Mairead, tirando un pugno al cuscino.
Edmund
le lanciò uno sguardo sommesso. «E ora le cose si
complicano.»
Il
ragazzino aveva ragione: le cose si complicarono parecchio. Non
appena la notizia che due Nati Inglesi erano quasi morti avvelenati
si sparse nella comunità magica, la Corte della Magia,
su incitamento dell'opinione popolare, citò in giudizio il
Preside Captatio, perché rispondesse del suo operato in
qualità di dirigente e delle misure di precauzione prese
contro la setta degli Eletti. Essendo sotto processo, Captatio fu
costretto a dimettersi dal ruolo di Preside, che fu momentaneamente
occupato dalla professoressa O'Connel. Ma in realtà, con
Captatio lontano dal Trinity, il rischio delle aggressioni da parte
della setta si moltiplicava.
Mairead
restò in infermeria per solamente per qualche giorno, visto
che aveva inalato troppo poco veleno per avere delle gravi
conseguenze. All'interno della scuola furono prese una serie di
precauzioni per evitare altri incidenti: a tutti gli studenti era
proibito uscire dalla propria sala comune dopo le nove, per quanto
possibile i movimenti dovevano essere limitati e ogni spostamento tra
le aule doveva essere accompagnato da un'insegnante. Ovviamente il
torneo di Quidditch fu annullato, con grande dispiacere di tutti. Ma,
d'altronde, come si poteva permettere ai giocatori di allenarsi in
tutta sicurezza?
Edmund
era frustrato: ora che gli era impedita ogni libertà di
movimento, era assolutamente impossibile smascherare i componenti
della setta. Non poteva permettere che restassero impuniti! Non ora
che aveva scoperto tutti i loro segreti, il modo in cui apparivano,
le pozioni che utilizzavano.
Eppure
c'era qualcosa che ancora gli sfuggiva: un pensiero oscuro che vagava
nella sua mente, ma ogni volta che cercava di afferrarlo, gli
sgusciava via come una nuvola di fumo. C'era qualcosa che non
quadrava in tutta quella storia. Era come se il professor Captatio,
consapevole che prima o poi sarebbe stato allontanato dal castello,
avesse voluto lasciargli un messaggio in codice, nascosto tra le
pagine del libro dalla copertina violacea. Edmund continuava a
sfogliarle, tanto che ormai le conosceva a memoria, senza tuttavia
ottenere nulla.
Proprio
in quel libro, aveva anche scoperto una pozione inventata dal dottor
Cox, il pozionista che era stato rapito dall'EIF a settembre: si
chiamava pozione del controllo e se fatta bere a qualcuno, permetteva
a chi l'aveva preparata di prendere possesso del corpo dell'altro dal
tramonto del sole fino all'alba. Una pozione fondamentalmente
inutile, sia perché esisteva già una maledizione che
otteneva lo stesso risultato, sia perché il preparato andava
bevuto regolarmente ogni sera, infine anche perché il suo
effetto durava solo la notte.
«Be',
se sei innamorato della moglie del tipo di cui prendi il controllo,
allora ha senso...» buttò lì Laughlin, un
pomeriggio, mentre ascoltavano annoiati la lezione di Storia della
Magia.
«Che
idiota» bofonchiò Mairead scuotendo la testa.
Ecco
a voi il nuovo capitolo! Finalmente si scoprono i segreti della
setta! Ma ora riusciranno i nostri amici a smascherare i colpevoli?
Ai posteri l'ardua sentenza! O meglio... ai prossimi capitoli!
Un
grazie a tutti,
Beatrix
@
Julia Weasley: te l'ho detto che sei una lettrice molto acuta! Avevi
ragione, l'erbosella è un animale! Cos'è adesso riesci
anche a scoprire tutto il mistero? Vuoi battere anche Edmund? Lui ci
arriverà solo fra un po'...XD Sono contenta che ti piaccia
Edmund, anche a me affascina molto. Poi mi diverto tantissimo a
descrivere il suo “lato oscuro”! Mi piacciono i
personaggi tentati dal male. Captatio poi è la versione
“buffa” di Silente: volevo farlo un po' folle insomma!
Credo che solo lui potrebbe presentarsi in camicia da notte! Sono
felice di averti coinvolto! A presto!
@
darllenwr: Lucius cerca di incitare i suoi compagni di squadra, ma
probabilmente non crede nemmeno lui a quello che dice: è solo
dispiaciuto perché quello è il suo ultimo anno al
Trinity e credo che ci tenesse a vincere la coppa. Sì, Edmnund
ha rischiato grosso, ma alla fine Captatio ha un occhio di riguardo
per quel talentoso ragazzo quindi credo che non arriverebbe mai ad
espellerlo. Captatio sa che Edmund è un mago molto dotato e
vorrebbe in un certo senso tenerlo sotto la sua ala, per evitare che
si lasci tentare “dal lato oscuro”, cosa assai probabile,
essendo così potente. Anche perché Edmund è
oltretutto orfano e quindi senza un terreno solido, che gli insegni
valori morali. L'incantesimo in gaelico è fatto apposta: in
Irlanda non ci sono solo gli incantesimi tradizionali in latino, ma
anche alcuni in gaelico propri dell'isola. Per questo i ragazzi
studiano sia Latino che Irlandese. Sapevo che avresti apprezzato la
scelta! ;-) A presto!
@
quigon89: sì, la professoressa Blath è disponibile
verso tutti gli alunni, cosa non da poco visti gli insegnanti che
girano (anche nel mondo babbano!). Eheee... diciamo che Captatio
sospetta qualcosa, che però non può rivelare a Edmund!
E che io non posso rivelare a te! Altrimenti ti rovinerei tutto il
gusto di leggere. =) Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto:
in questo nuovo si scoprono un sacco di cose sul libro violetto di
Captatio... ma saranno a sufficienza? Ti lascio con questo
interrogativo! Alla prossima!
EDIT:
continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! QUI Mairead che
tenta di smascherare le setta.
|
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Capitolo 16 *** Il rapimento ***
CAPITOLO
16
Il
rapimento
Edmund
entrò titubante in sala insegnanti. Sedute in un angolo
c'erano solo la professoressa O'Connel e la professoressa Dorcha, che
insegnava Astronomia; le due stavano chiacchierando tranquillamente.
«Codail
ti ha invitato a bere il tè da lui?» stava chiedendo
Dorcha con una risata tintinnante.
«Assurdo,
vero?» rispose la O'Connel, scuotendo la testa.
Edmund
si fece avanti impacciato.
«Burke,
che ci fai in giro da solo?» esclamò la vicedirettrice,
non appena notò il ragazzino.
«Ehm,
cercavo il professor Ballerinus» sussurrò Edmund in tono
dimesso.
La
O'Connel si alzò con aria rassegnata. «È nel suo
ufficio, vieni che ti accompagno».
La
strada fu percorsa in un silenzio quasi imbarazzante. Edmund
farfugliò un “grazie”, quando la professoressa gli
indicò la porta dello studio di Ballerinus.
«Avanti»
rispose la voce dell'insegnante, non appena Edmund bussò
timidamente sul legno. «Oh, Burke. Dimmi pure» gli disse
Ballerinus, quando lo vide entrare.
Ormai
andare a colloquio con i professori stava diventando una specie di
passatempo per lui. «Io... ehm, volevo chiederle un consiglio
sulle materie da scegliere per l'anno prossimo» rispose Edmund
tutto d'un fiato.
Alla
lezione precedente, Ballerinus aveva consegnato a tutti i suoi
studenti un foglio con l'elenco di nuovi insegnamenti: Babbanologia,
Cura delle Creature Magiche, Divinazione, Artimanzia, Antiche Rune,
e Magicologia Irlandese. Edmund sapeva quanto fosse importante quella
decisione, ma non aveva la più pallida idea di cosa scegliere.
Mairead
e Laughlin avevano deciso di optare per le stesse materie, così
almeno avrebbero frequentato il corso assieme, ma Edmund era convinto
che avessero tirato a caso, perché alla fine si erano iscritti
a Magicologia Irlandese e Cura delle Creature Magiche. Nonostante le
insistenze di Mairead, Laughlin si era categoricamente rifiutato di
scegliere Babbanologia.
«Sono
un mago, che senso ha studiare i Babbani? Non ho mica bisogno di
scoprire come funzionano tutte le loro diavolerie tecnologiche!»
aveva detto in tono stizzito ai suoi amici.
«Siediti
pure, Edmund. Vediamo, che cosa ti piacerebbe fare?» gli chiese
il professore in tono gentile.
«Ehm...
io non lo so» rispose il ragazzino, fissandosi le mani.
«Be',
in tal caso, cominciamo ad escluderne qualcuna. Babbanologia la
eliminerei, tu sei cresciuto tra i Nabbani, no?» cominciò
Ballerinus, leggendo l'elenco che Edmund gli aveva prestato.
Il
ragazzino accennò un segno affermativo con la testa.
«Bene,
ti piace stare all'aria aperta, a contatto con la natura e gli
animali?» chiese ancora il professore.
Questa
volta Edmund fece un cenno negativo.
«Allora
via anche Cura delle Creature Magiche. Divinazione... non saprei, è
una scienza piuttosto imprecisa» continuò l'insegnante.
Ma
questa volta Edmund lo interruppe con tono deciso: «A me
piacciono le scienze esatte, quelle fondate sulla logica, sulla
razionalità, sui dati certi, sull'evidenza».
Il
professor Ballerinus sorrise a quelle parole. «Molto bene,
allora ti consiglio assolutamente Artimanzia e Antiche Rune. Ti direi
anche di iscriverti a Magicologia Irlandese: è un corso molto
interessante, tenuto sempre dal professor Saiminiu» propose
l'insegnante.
«Va
bene» rispose Edmund con un cenno di assenso.
Ballerinus
sorrise e gli restituì il foglio, dal quale aveva depennato le
materie scartate. «Visto che non era difficile?»
Proprio
in quel momento qualcuno bussò alla porta: era il professor
Codail con in mano una teiera decorata da una fantasia di fiori e
farfalle. «Ti ho portato un assaggio del mio famoso tè,
spero non ti dispiaccia» esclamò gioviale l'insegnante,
sventolando la teiera.
Ballerinus
sorrise. «Affatto, Niall, affatto. Aspettami qui, che
riaccompagno Burke alla sua sala comune».
Dopo
l'incidente accaduto a Henry e Mairead, non ci furono altre
apparizioni a scuola, ma il clima era comunque teso. Gli studenti di
seconda dovevano consegnare entro la fine di aprile l'elenco delle
materie nuove che avevano scelto per l'anno successivo, quelli del
quinto anno dovevano prepararsi ad affrontare la P.R.O.B.A.T.I.O.
(Prova Regolare Ordinaria Basata sull'Apprendimento Totale
Inizialmente Ottenuto), mentre quelli del sesto avevano davanti il
difficile ostacolo della D.I.M.I.S.S.I.O. (Diploma Immutabile
Maturato da Insigni Stregoni Stimati Idonei ad Ottenerlo). Il
nervosismo era alle stelle e il fatto che gli studenti non si
potessero muovere liberamente, non faceva altro che aumentare il
clima di tensione.
L'unica
cosa che sollevò un po' il morale degli alunni di seconda fu
l'assenza del professor Codail ad una lezione di un bel pomeriggio di
maggio, cosicché i ragazzi avevano guadagnato un'ora libera.
In realtà, come al solito, furono costretti a passarla chiusi
in sala comune, il che era un vero peccato, visto che il sole aveva
stranamente deciso di affacciarsi anche sull'Irlanda e il lago era
così invitante.
«Dai,
Ed, usciamo! Chi se ne importa del coprifuoco!» protestò
Mairead, strapazzando l'amico per la giacca della divisa. «Tanto
noi non abbiamo paura delle setta, noi conosciamo i suoi segreti»
lo incitò, strizzandogli l'occhio.
Edmund
non era più tanto sicuro che la setta fosse innocua, dopo
quello che era successo a lei e Henry, ma anche lui aveva voglia di
uscire. «Va bene» rispose, con l'incoscienza tipica di
quell'età.
I
due uscirono di soppiatto dalla sala comune e poi si diressero verso
quella dei Nagard per andare a chiamare Laughlin. In realtà si
incrociarono a metà strada, perché anche a Laughlin era
venuta in mente l'idea di uscire e quindi stava andando a cercarli.
«Dai,
andiamo in riva al lago» propose Mairead, prendendo per le
spalle i suoi due amici.
«Fermi
voi tre!» ordinò una voce alle loro spalle, non appena
misero piede nel salone d'ingresso. I ragazzini si voltarono
lentamente, per trovarsi difronte la vicedirettrice.
Bene,
beccati ancora prima di uscire dal castello.
«Maleficium,
vieni con me nel mio ufficio. E voi due immediatamente nella vostra
sala comune!» disse la professoressa O'Connel in tono
tagliente. Nessuno si fece ripetere quell'ordine una seconda volta.
Per
tutto il resto del pomeriggio, Mairead e Edmund rimasero in
apprensione per il loro amico. Quanto l'aveva strapazzato la
professoressa? E perché se l'era presa solo con lui?
Finalmente,
quando gli studenti si mossero verso la Sala Mor per andare a cena,
ai due amici fu concesso di uscire dalla sala comune.
Trovarono
Laughlin in atrio. Aveva le spalle curve il volto rivolto verso il
basso. C'era il suo baule accanto a sé.
Lo
volevano espellere?
«Laughlin!»
gridò Mairead correndogli incontro. «Che è
successo?»
Il
ragazzino alzò il viso verso i suoi amici. Restò in
silenzio per un attimo, poi rispose in un sussurro: «L'EIF ha
rapito Bearach. Io torno a casa. I miei genitori si stanno accordando
con la vicepreside».
«Oh
Morgana, è terribile!» esclamò Mairead,
portandosi le mani alla bocca.
«Ma
Bearach... voglio dire, è un purosangue...» farfugliò
Edmund, incapace di credere a quello che era successo.
Laughlin
scosse la testa. «Papà ha detto che erano mesi che
riceveva minacce dall'EIF, perché lasciasse la direzione del
giornale. Ma sapete come è fatto mio papà, non gli ha
dato peso...» la sua voce si spense in un sussurro.
Mairead
allora lo strinse a sé in un abbraccio. «Vedrai che gli
Auror lo ritroveranno» gli disse nel tentativo di consolarlo.
«Come
è potuto succedere?» chiese Edmund, scuotendo la testa.
La
sua non era una vera domanda, ma Laughlin la prese come tale e
rispose: «Mamma era in casa con Bearach... poi è stata
avvolta da tantissimo fumo blu ed è svenuta. Quando si è
ripresa lui non c'era più e sulla casa c'era la Croce
Celtica».
Fumo
blu... quelle parole accesero una lampadina nel cervello di Edmund.
Era tutto collegato! C'era un unico schema! Il fumo blu, la setta,
l'EIF e...
«Laughlin!»
esclamò in preda all'eccitazione.
«Cosa?»
domandò il ragazzino, senza capire. Ma proprio in quel momento
arrivarono i signori Maleficium.
«Andiamo,
Laugh caro?» domandò Daire in voce sommessa, mettendo
una mano sulla spalla al figlio.
Laughlin
annuì tristemente.
Eoin
prese il suo baule e cominciò ad incamminarsi verso l'uscita
con la moglie per lasciargli il tempo di salutare i suoi amici.
«Laugh!»
esclamò Edmund afferrandogli il braccio. «Io so chi ha
rapito tuo fratello!»
«Cosa?»
Eoin
si voltò verso di loro per incitare il figlio a seguirli.
«Laugh, non andare. Convincili a partire domani mattina, di'
che hai bisogno di stare un po' con noi!» gli disse Edmund con
voce concitata.
«Laughlin?»
domandò Eoin con voce ferma.
«Avanti,
vai a chiederglielo. Ti aspettiamo su, nella stanza dove abbiamo
evocato Percivall!» sussurrò Edmund, lasciandogli andare
il braccio. «Fidati di me!»
Laughlin
si avvicinò con passo dubbioso verso i suoi genitori, mentre
Edmund e Mairead correvano verso la vecchia aula di Storia della
Magia. Era ancora come l'avevano lasciata, con il disegno fatto con
il sale sul pavimento e le tre candele consumate poste ai vertici del
triangolo.
«Si
può sapere che ti prende?» domandò Mairead, con
il fiato corto per la corsa.
Edmund
era agitato e su di giri come se la nazionale di Quidditch avesse
vinto il campionato. Fece segno a Mairead di tacere, poi le rispose:
«Quando arriva Laughlin».
Dovettero
aspettare parecchi minuti, che sembrarono durare un'eternità.
Finalmente
Laughlin entrò come un tornado nella stanza. «Abbiamo
due ore. È tutto quello che sono riuscito a contrattare»
disse, afferrandosi la milza che doleva per la corsa.
«Basteranno»
rispose Edmund, con un cenno del capo.
«Ora
ci vuoi dire che succede?» gli chiese Mairead, in tono di
rimprovero.
«So
chi è il colpevole: è Codail! Ha rapito il dottor Cox e
tuo fratello!» annunciò Edmund con sicurezza.
Mairead
e Laughlin lo guardarono con gli occhi sgranati. «Codail?»
gli fece eco la ragazzina stupita.
Edmund
non vacillò. «Sì, Codail».
«Ma
Ed, come puoi sospettare del professore?» domandò
Laughlin allibito.
«Anche
l'anno scorso nessuno pensava alla Trust, e invece...» rispose
Edmund con foga.
«Ma...»
provò ad obiettare Mairead.
«Niente
ma! Sono come tanti tasselli di un puzzle e Codail è la chiave
di lettura! State a sentire...» cominciò a spiegare con
tono di voce animato. «Quando Cox venne rapito, l'unica cose
che fu vista era del fumo blu. Tua madre ha visto del fumo blu quando
hanno preso Bearach. Fumo blu, capite?» Mairead e Laughlin si
scambiarono un'occhiata perplessi. «È l'incantesimo
stordente, quello che Codail ha usato su di me! E lui aveva detto che
non è un incantesimo che conoscono in molti, sebbene sia così
utile».
«Ed,
non puoi accusare il professor Codail sulla base di supposizioni!»
protestò Mairead.
Edmund
scosse la testa senza demordere. «Non sono supposizioni! È
tutto collegato! Cox, la setta, Bearach! L'artefice è un'unica
persona e Codail non era al Trinity oggi! E non è tutto!
Riflettete: un noto pozionista viene rapito e guarda caso al Trinity
accadono strani fatti che implicano l'utilizzo di una complessa
pozione! Non vi pare un po' strana la cosa? E Codail è la
chiave che scioglie tutti i nodi: io so dove sono il dottor Cox e
Bearach» spiegò animatamente Edmund, gesticolando e
fissando le facce allibite dei suoi amici.
Era
tutto così strano, eppure...
«Come
sai dove sono?» domandò Laughlin con un filo di voce.
Dopo tutto Edmund era un genio e non aveva mai sbagliato. Possibile
che fosse riuscito a capire dov'era nascosto suo fratello?
«Sono
qui al Trinity, per forza! La pozione di differenziazione deve essere
preparata e bevuta costantemente: qui sono spariti gli ingredienti al
professor Uisce e il dottor Cox deve essere qui a prepararla»
rispose con sicurezza Edmund, ma Mairead sembrava ancora dubbiosa.
«Va
bene, Cox è qui. Ma Bearach? Come fai ad essere sicuro che sia
anche lui al Trinity?» domandò la ragazzina con voce
incerta.
Edmund
le prese un braccio e la fissò dritto negli occhi. «Pensaci
Mairead: i due delitti sono collegati dal fumo blu, come una firma.
Significa che sono stati compiuti dalla stessa persona, Codail. Dove
nasconderesti un ostaggio, se fossi il professore? Io lo porterei
nello stesso luogo dove ho tenuto prigioniero un altro mago per quasi
nove mesi senza che nessuno si accorgesse di nulla».
«Al
Trinity» sussurrò Mairead improvvisamente consapevole
del vero significato di quelle parole.
«Già»
le rispose Edmund, lasciandole andare il braccio. Aveva un'aria
risoluta e sicura.
Laughlin
prese un lungo respiro. «Dobbiamo avvertire la professoressa
O'Connel» disse con un filo di voce.
I
tre amici si scambiarono sguardi d'intesa, carichi di tensione, poi
Edmund fece un cenno di assenso con il capo e a quel gesto i
ragazzini si mossero come un sol uomo.
Si
diressero a passo svelto verso lo studio della vicepreside, ma non
appena passarono davanti alla sala insegnanti, un ricordo affiorò
inconsciamente nella testa di Edmund: la professoressa O'Connel che
parlava del tè con Codail e poi l'insegnante che si presentava
con lo stesso tè anche da Ballerinus. E improvvisamente si
ricordò di Brion Brennan che rideva del falso allarme dato da
Codail, alla fine dell'estate.
“In
questo modo nessuno arriva a collegarlo a qualche altro crimine che è
successo nel frattempo.”
Le
sue stesse parole riguardo al rapimento di Cox gli rimbombarono in
testa. Il dottor Cox e la sua pozione del controllo, Codail
con il suo incantesimo stordente, gli articoli di giornale, il tè
della professoressa O'Connel, il libro che gli aveva lasciato
Captatio... era tutto collegato! Le varie informazioni che prima gli
vorticavano caoticamente nella testa, pian piano cominciarono a
formare un quadro completo di quello che era successo fin
dall'inizio.
E
Edmund capì tutto.
La
mia crudeltà ha raggiunto il limite! Vi lascerò per il
fiato sospeso ancora per un paio di capitoli! Chissà che cosa
ha capito Edmund... lo scoprirete fa un po'! Nel frattempo, godetevi
la sensazione di frenesia che ha colto i nostri protagonisti.
Alla
prossima,
Beatrix
@
Julia Weasley: altro che colpi di scena! Mi sto divertendo un mondo a
complicare sempre di più la faccenda! E come vedi, avevi
ragione ancora una volta: il colpevole è proprio Codail, ma
non è tutto finito come sembra... la parte più
complessa (quel “tutto” che ha capito Ed) deve ancora
arrivare! Ovvio che Mairead è la più coraggiosa: dopo
tutto è una Raloi a pieno titolo! Al prossimo capitolo!
@
darllenwr: la scelta di allontanare Captatio è stata
obbligata: in Irlanda il potere politico è molto più
opprimente che in Inghilterra e la storia della setta non poteva
passare inosservata. Quello che dirà Reammon, si coronerà
all'inizio del prossimo racconto, quando, rassegnato, per l'ennesima
volta, le raccomanderà di fare la brava: ma non ti voglio
anticipare la risposta che darà Mairead! È troppo
divertente e ti toglierei il gusto della lettura!
Quanto
alle tue domande:
a.
sì, l'Irlanda ha un proprio corpo specializzato di auror, ma
ho deciso di dare loro lo stesso nome della controparte inglese per
la vicinanza e l'influenza della Gran Bretagna sull'isola.
Probabilmente il corpo degli auror è stato importato in luogo
proprio durante la dominazione inglese.
b.
sinceramente non ci ho mai pensato (ma la tua proposta è
davvero interessante, magari ci penserò ad inserirli in un
prossimo capitolo della saga). Certo che ci sono anche dei gruppi di
maghi tra loro, ma visto che si tratta di popoli nomadi l'istruzione
dei loro bambini non avviene in nessuna scuola, ma direttamente in
famiglia; proprio per questo sono molto più attaccati alle
tradizioni e alle superstizioni locali; solitamente bazzicano un po'
in tutta l'isola, sia magica che non. Grazie mille per le tue
domande, che arricchiscono sempre di più la mia storia!
Alla
prossima!
@
quigon89: le novità sono appena cominciate, in realtà!
Questi ultimi capitoli sono il momento cruciale di tutta la storia.
Sono contenta che l'idea delle foglie di erbosella ti sia piaciuta:
in realtà non so come mi sia venuta, perché in origine
non era affatto un uccello. Solo che poi ho pensato che facevo fare a
Edmund la figura dello stupido se non fosse riuscito a trovare la
pozione partendo da quei due ingredienti, allora ho avuto la trovata
delle foglie di erbosella! Credo comunque, che dovrai scervellarti
ancora un po', perché fino alla fine non si sveleranno tutti i
misteri! A presto!
EDIT:
continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! QUI Laughlin e il
suo baule davanti al portone d'ingresso.
|
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Capitolo 17 *** La regina degli scacchi ***
CAPITOLO
17
La
regina degli scacchi
«Fermi!»
strillò Edmund, con gli occhi sgranati.
I
suoi amici si bloccarono in mezzo al corridoio.
«Che
succede adesso?» domandò Mairead preoccupata.
«Non
possiamo andare dalla professoressa O'Connel» annunciò
Edmund in tono serio.
«Perché?»
«Vi
fidate di me?» chiese il ragazzino.
Mairead
e Laughlin annuirono convinti.
«Allora
seguitemi» disse Edmund e cominciò a correre verso il
dormitorio del Raloi.
Quando
arrivarono, la sala comune era deserta, perché tutti gli
studenti erano a cena, ignari della gravità della situazione.
Fosse stato un momento più tranquillo, Laughlin avrebbe
ammirato con interesse la sala comune della casa sua avversaria, ma
l'agitazione frenetica di Edmund l'aveva completamente rapito.
Il
suo amico era sparito lungo le scale che portavano al suo dormitorio,
ed era tornato poco dopo con un foglio spiegazzato di pergamena, che
aprì appoggiandolo su un tavolo. Era la sua vecchia mappa del
castello, con segnati i puntini rossi per ogni apparizione della
setta. «Non è molto aggiornata» si scusò il
ragazzo, che dopo il loro primo incidente aveva smesso di ragionare
sugli schemi della setta.
«L'ultimo
avvistamento è avvenuto qui» disse Mairead, indicando un
punto sulla cartina, dove Edmund fece un segno rosso con la
bacchetta.
«E
quello che è capitato a noi a Natale, era successo qui»
aggiunse Laughlin, facendo un secondo puntino.
Edmund
allora prese una matita e collegò tutti i vertici in una
figura informe.
«A
che serve tutto questo, Ed?» domandò Mairead, perplessa.
«La
pozione di differenziazione permette di proiettare un'immagine ad una
distanza non troppo grande. Significa che il luogo dove si nasconde
la setta non può essere molto lontano da dove sono avvenute le
apparizioni» spiegò Edmund con fare concitato, cercando
di tracciare il baricentro della figura. «Il punto centrale è
esattamente qui» disse poi, segnando con la bacchetta una
stanza vuota.
I
tre ragazzi si avvicinarono con il naso alla cartina, per capire di
che aula si trattasse.
«Io
so cos'è: ci sono stato un paio di volte con Dominique.»
annunciò Laughlin in tono serio.
I
suoi amici si voltarono verso di lui.
«È
l'aula del club di scacchi».
Senza
un attimo di esitazione i tre ragazzini erano accorsi al secondo
piano. Ora si trovavano davanti alla porta chiusa dell'aula del club
di scacchi. Si scambiarono uno sguardo d'intesa e di incoraggiamento,
poi Edmund aprì la porta. La stanza era silenziosa e avvolta
nella penombra, visto che entrava poca luce dalle finestre in alto,
sopra le volte, perché ormai il sole era tramontato dietro le
colline. Una serie di serie e di relativi tavolini in marmo, con
incastonata per ogni piano una scacchiera, erano l'unico arredamento.
«Ci
deve essere un passaggio segreto, o qualcosa del genere»
commentò Edmund guardandosi intorno.
Per
un attimo i tre ragazzi rimasero fermi al centro della stanza,
circondati dal silenzio e dall'immobilità.
E
poi a Laughlin venne un'idea. «Là, quella scacchiera
nell'angolo» disse, indicando un tavolino in fondo a sinistra.
I
ragazzini si avvicinarono al posto che aveva indicato Laughlin.
«Che
cos'ha di strano?» domando Mairead che, non essendo esperta del
gioco, non notava nulla di particolare.
«È
inutilizzabile perché i pezzi non rispondono ai tuoi comandi e
poi, guardate, il re e la regina neri sono invertiti di posto»
spiegò Laughlin, indicando i due pezzi: la regina stava sul
quadratino bianco, il re su quello nero.
Edmund
annuì pensieroso. «Se ti chiedessi quale delle delle due
pedine è nel posto sbagliato, tu cosa risponderesti?»
chiese poi rivolto a Laughlin.
Il
ragazzino si strinse nelle spalle. «Non saprei... sono
invertiti».
«Ma
istintivamente?» insistette Edmund, con l'aria crucciata.
«Be',
direi la regina, di solito si posiziona prima quella» rispose
Laughlin di getto.
Edmund
annuì soddisfatto, poi sfiorò la regina nera con la
bacchetta. Non accadde nulla.
Forse
ci voleva una parola d'ordine o qualcosa di simile.
«Io
proverei con “purosangue”» disse Mairead, come
leggendo i pensieri di Edmund.
«No,
non può funzionare. Voglio dire, la stanza non l'hanno creata
quelli della setta, doveva esserci già nel castello»
rispose il ragazzino in tono pensieroso.
Poi
ebbe un'intuizione. «Laugh, tu hai detto che i pezzi non
obbediscono, vero?» chiese eccitato.
Laughlin
annuì, senza capire dove volesse andare a parare l'amico.
Edmund
sorrise beffardo. «Forse è perché non gli si
danno gli ordini giusti».
Mairead
e Laughlin si scambiarono un'occhiata senza capire.
«Regina
nera in E-7» ordinò Edmund con sicurezza.
Laughlin
stava per rispondergli che di solito si muovono prima i bianchi, e
certamente non si comincia dalla regina, quando il pezzo si scrollò
dalla sua immobilità e andò a posizionarsi nella
casella indicata da Edmund. Nel medesimo istante in cui la regina si
fermò, nella parete alla loro destra si aprì un'arcata
su un lungo e buio corridoio, sufficientemente ampio da permettere il
passaggio di due persone accostate.
Mairead
e Laughlin si guardarono con gli occhi sgranati e la bocca
semiaperta.
«Come
cavolo hai fatto?» chiese Mairead, stupita dal colpo di genio
dell'amico.
Edmund
sorrise soddisfatto. «Semplice, tra le tante combinazioni
possibili, ho accostato la E di enigma e il 7, numero che secondo
l'Artimanzia rappresenta il mistero e l'intuizione» spiegò
ai suoi amici che lo guardavano con aria scioccata.
«Ma
Artimanzia la farai solo l'anno prossimo!» protestò
Mairead.
Edmund
scrollò le spalle. «Appunto, ho letto dei libri in
biblioteca per prepararmi».
Laughlin
scosse la testa con rassegnazione, poi attraversò l'arcata e
entrò nel corridoio buio.
«Lumus»
sussurrò Edmund alle sue spalle, per fare un po' di luce.
Il
percorso sembrava non terminare mai, ma probabilmente era solo una
sensazione dovuta all'ansia di raggiungere l'altro capo. Alla fine si
ritrovarono davanti ad una porta chiusa.
«Credete
che siano qui? Voglio dire, Cox e mio fratello?» chiese
Laughlin titubante.
Edmund
annuì con convinzione.
«Va
bene» rispose Laughlin, deglutendo sonoramente.
Era
il momento della verità.
«Alohomora».
E
la porta si aprì davanti ai loro occhi.
«Laughlin!»
strillò una vocetta acuta.
«Bearach!»
gridò Laughlin, quando riconobbe il fratellino che gli correva
in contro.
I
due si abbracciarono stretti.
«Oh,
Merlino, Bearach, stai bene? Sei tutto intero?» gli chiese,
strapazzandolo avanti e indietro.
«Laugh,
sì, sto bene, calmati!» rispose il piccolo Bearach,
ridendo. «Visto, signor Rodolphus? Glielo avevo detto che mio
fratello sarebbe venuto a liberarmi!»
Solo
allora, superato il primo momento di euforia, Laughlin si rese conto
di essere entrato in un'ampia stanza dall'alto soffitto a volta. In
un angolo, un vecchio materasso sgualcito e delle coperte ammuffite
avevano rappresentato per mesi l'unico giaciglio del prigioniero lì
confinato. Tre grossi calderoni ribollivano al centro della stanza,
ognuno contenente una diversa pozione. Dietro ad essi, un uomo magro,
con gli occhi infossati e una lunga barba incolta: il dottor Cox
sopravvissuto a mesi di prigionia.
Edmund
si avvicinò ad uno dei calderoni e ne scrutò contenuto.
«Quante porzioni al giorno di questa, dottor Cox?»
chiese, sollevando il mestolo e annusando la pozione.
«Di
solito una, ultimamente quattro» rispose l'uomo, come se fosse
la cosa più naturale del mondo che tre ragazzini piombassero
all'improvviso nella sua prigione a fargli strane domande sulle
pozioni da lui preparate.
Edmund
lasciò cadere il mestolo nel calderone con aria pensierosa.
«Bene, credo che sia il caso di andarcene da qui» disse
poi, rivolto ai suoi improbabili compagni di avventura. Il gruppetto
lasciò la stanza senza farselo ripetere.
Non
appena si ritrovarono nella sala delle scacchiere, il passaggio nel
muro si chiuse alle loro spalle e la regina nera ritornò al
suo posto sulla casella bianca. Edmund si fermò in mezzo alla
stanza.
«Che
c'è, Ed?» domandò Mairead, preoccupata. Era
andato tutto liscio, avevano salvato Bearach e il dottor Cox, che
altro problema c'era?
Edmund
deglutì. «Voi andate alla cappella, da padre Rafael. Io
devo fare una cosa».
«Ma,
Ed...»
«Niente
ma, Mairead. Dovete fidarvi di me. Non date retta a nessuno, non
deviate strada e non muovetevi da là. Se incontrate un
professore, chiedetegli il vostro nome e se non lo sa, datevela a
gambe» disse il ragazzino in tono grave.
Era
tutto così assurdo, così complicato. Mairead sospirò,
ma alla fine annuì. «Ve bene» sussurrò e le
loro strade si divisero.
Laughlin
condusse Mairead, suo fratello e il dottor Cox nei sotterranei, fino
alla cappella del Trinity.
Padre
Rafael era seduto nei primi banchi, e al suo fianco stava una figura
scura, con le spalle curve.
«Non
lo so, Rafael, è che... è complicato. Io vorrei anche
perdonarlo e riallacciare i rapporti, ma non ce la faccio. E poi
vedere continuamente sua figlia...» stava dicendo la figura di
spalle, con voce roca.
«Be',
Septimius, ne sono passati di anni, ormai. E poi lo sai, fu un
incidente...» cominciò padre Rafael, ma quando si
accorse che qualcuno era entrato in chiesa si interruppe.
«Non
dovreste andare in giro per il castello di sera» disse nel
voltarsi verso i nuovi arrivati, ma alla vista di quel bizzarro
gruppetto si bloccò.
«Padre,
noi...» iniziò a dire Laughlin, ma quando la figura in
nero si voltò, rivelando i tratti del professor Saiminiu,
l'insegnante di Latino e Irlandese, il ragazzino cambiò frase.
«Professore, come mi chiamo?» chiese con forza, così
come aveva detto Edmund.
L'insegnante
lo guardò stupito, poi osservò i suoi compagni: quella
scalmanata della Boenisolius, un bambino troppo piccolo per
frequentare il Trinity e un uomo con la barba sfatta e l'aria
provata. «Maleficium, Boenisolius, non so cosa stiate
combinando voi due, ma temo proprio che dovrete seguirmi dalla
professoressa O'Connel» disse Saiminiu in tono di rimprovero.
«No!»
esclamò Mairead con foga. «Signore, non sappiamo cosa
stia succedendo, ma Ed ci ha detto di restare qui».
«Ed?»
le fece eco il professore, sempre più stupito.
Proprio
in quel momento, la voce della vicedirettrice risuonò in tutto
il castello: «Tutti gli studenti e i professori sono pregati di
radunarsi in Sala Mor immediatamente!»
«Avanti,
avete sentito che ha detto la professoressa?» esclamò
Saiminiu e fece per muoversi, ma Mairead gridò ancora: «No,
la prego! È importante che restiamo dove siamo!»
«Ma,
si può sapere che vi prende?» chiese il professore,
scioccato. Probabilmente era successo qualcosa di grave, se la
vicepreside aveva richiamato tutti in Sala Mor. In che modo erano
coinvolti quei due, e chi erano quelli che erano con loro?
Mairead
scosse la testa con cocciutaggine. «Non so che stia succedendo,
ma io mi fido di Edmund. Lui ci ha detto di restare».
Padre
Rafael e il professor Saiminiu si scambiarono un occhiata perplessi.
«Padre,
la prego! Ci dia ascolto» intervenne Laughlin con veemenza,
mentre stringeva a sé il bimbetto biondo, come per volerlo
proteggere.
«Io...»
cominciò padre Rafael, titubante. Si ricordava di quello
studente: era l'amico di Dominique, che era venuto a chiedergli dei
fantasmi insieme a quel ragazzetto dei Raloi, e poi era venuto anche
a messa per Pasqua. Doveva essere successo qualcosa di molto grave.
«Facciamo così: Septimius, tu vai in Sala Mor a vedere
cosa sta accadendo, noi ti aspettiamo qui, va bene?» propose il
sacerdote, in tono pratico.
Il
professor Saiminiu annuì, non del tutto convinto, ma quando
fece per uscire dalla chiesetta, la porta si spalancò
all'improvviso.
«Ah,
non abbiamo sentito l'ordine, qui?» disse la voce del professor
Ballerinus. Eppure non poteva essere lui: non aveva mai utilizzato
quel tono così beffardo e sarcastico. E poi entrò nella
cappella con la bacchetta levata verso di loro e lo sguardo malvagio.
Li scrutò tutti, uno ad uno, mentre un sorriso divertito gli
saliva alle labbra. Cosa stava succedendo? Anche il professor
Ballerinus era coinvolto?
«Rian,
cosa...?» provò a dire padre Rafael, scioccato, ma
Ballerimnus lo zittì con lo sguardo.
«Il
dottor Cox, immagino? E tu devi essere il piccolo Maleficium»
disse il professore, guardando prima Cox e poi Bearach.
Laughlin
strinse più forte il braccio intorno alle spalle del
fratellino e squadrò con tutta la cattiveria di cui era capace
il professore. La situazione rimase congelata per parecchi secondi.
Saiminiu
allora si portò lentamente una mano verso la tasca della
veste. «Oh, non ci provare! Expelliarmus!» gridò
Ballerinus e la bacchetta di Saiminiu gli volò via dalle dita,
prima ancora che potesse reagire.
Nel
medesimo istante in cui Mairead e Laughlin estrassero le loro
bacchette, due figure apparvero alle spalle di Ballerinus, entrando
nella chiesetta con le armi levate verso di loro. Indossavano una
tunica di colore bianco sporco, coronata da una sopraveste nera con
cappuccio e una fascia nera in vita. A coprire i loro volti, avevano
una maschera bianca, con solo due fori scuri per gli occhi. Sul
petto, una croce celtica verde, l'unico elemento colorato, che
spiccava sul nero della sopraveste.
Erano
due membri dell'EIF.
«Vi
prego, questa è la casa di Dio!» esclamò padre
Rafael, alzando le mani verso gli assalitori.
«Oh,
Dio non si offenderà se la sporchiamo un po' di sangue, no?»
ghignò il professor Ballerinus.
Bearach
sgranò gli occhi spaventato e si aggrappò alla giacca
del fratello.
«Avanti,
abbassate le bacchette, non potete fare niente voi due da soli»
disse il professore, in un tono falsamente amichevole.
Mairead
aveva il cuore che le batteva all'impazzata e la gola secca per la
paura, ma non voleva desistere.
«Avanti...»
li incitò ancora Ballerinus.
Mairead
e Laughlin strinsero ancora di più le loro bacchette,
consapevoli che non avrebbero potuto competere conto tre adulti.
«Fate
come vi dice» sussurrò infine il professor Saiminiu.
Nemmeno lui avrebbe voluto cedere, ma non poteva mettere a rischio la
vita dei suoi due studenti.
Mairead
e Laughlin abbassarono lentamente le bacchette, di fatto sconfitti,
ma con gli sguardi pronti ad una nuova lotta. I due membri dell'EIF
disarmarono loro e padre Rafael, poi li condussero insieme a
Ballerinus verso la Sala Mor.
«Ah,
ecco i ritardatari!» esclamò il professor Codail quando
li vide entrare.
C'era
Codail dietro tutta quella storia: Edmund aveva ragione! Ma al suo
fianco c'erano anche la professoressa O'Connel e la professoressa
Blath, oltre ad altri due membri dell'EIF. Gli altri insegnanti erano
stati disarmati e sedevano ai tavoli insieme a tutti gli studenti,
che si lanciavano sguardi ora di paura, ora di puro terrore.
«Ah,
c'è anche lei dottor Cox? Che piacere rivederla! Come ha fatto
a scappare?» chiese Codail.
Ma
non ottenne alcuna risposta, perché Laughlin gridò:
«Mamma, papà!»
Aveva
riconosciuto i suoi genitori seduti tra i Nagard.
Eoin
Maleficium si alzò dal tavolo. «Laughlin! Bearach!»
esclamò, perdendo per un attimo tutta la sua aurea di dignità.
Corse incontro ai suoi figli e li abbracciò, scacciando con le
lacrime tutta la tensione che aveva accumulato nelle ultime ore.
«Oh,
ma che quadretto commuovente» ridacchiò Codail,
dall'alto del tavolo insegnanti. «Ora, seduti!» ordinò
in tono imperioso.
Eoin
si sedette al tavolo del Llapac, che era il più vicino, sempre
tenendo in braccio i suoi figli.
Mairead,
il dottor Cox, padre Rafael e Saiminiu lo imitarono, obbedendo con
maggiore riluttanza.
E
ora? Mairead scrutò verso il tavolo dei Raloi, ma non riuscì
ad individuare Edmund. Dove si era cacciato?
«Bene,
ho in ostaggio tutta la scuola. Finalmente il comando dell'EIF sarà
mio e soltanto mio!» gridò il mago, sollevando le
braccia al cielo come un pazzo furioso. «Chi oserà
fermarmi ora? Chi?»
Dal
fondo della sala si levò una voce sicura e beffarda.
«Io».
Ecco
qua! La suspance è alle stelle! Chi ha capito quello che sta
succedendo? Di chi è la voce che si alza dal fondo della Sala
Mor?? Al prossimo capitolo tutte le risposte, promesso! Nel
frattempo, spero che vi sia piaciuto anche questo,
alla
prossima!
@
quigon89: Eoin non avrebbe mai ceduto ai ricatti dell'EIF, non è
proprio il tipo! Lui è l'uomo integro per eccellenza! Quanto a
Bearach, non sentirà troppo i postumi del rapimento: per
quelle poche ore in cui è rimasto in cella con il dottor Cox,
ha già fatto amicizia con lui. Sono contenta che hai capito la
storia del molliccio: è esattamente quello che intendevo!
Codail, evidentemente, è stato più stupido di quanto
pensi, ma siamo sicuri che ci sia proprio lui dietro tutto questo? XD
Al prossimo capitolo!
@
Julia Weasley: eh, già, Codail ha distribuito troppi tè...
ma per fare cosa? Bearach sta simpatico anche a me, mi diverto troppo
a scrivere di lui e non vedo l'ora di farlo arrivare al Trinity! Ma
come vedi, non ha sofferto troppo per il rapimento. Laughlin finge di
odiare il fratellino, ma in realtà non potrebbe stare senza di
lui ed è molto protettivo nei suoi confronti. Sì,
l'anno prossimo cercherò di dare un po' di spazio alle nuove
materie, soprattutto quella tenuta dal professor Saiminiu. Ideare le
sigle è stata una bella impresa, ma alla fine sono soddisfatta
del mio risultato! Ci sentiamo presto!
@
darllenwr: Edmund dopo tutto è cresciuto tra i babbani e
nonostante sia un mago, non può non privilegiare l'aspetto
logico e razionale delle cose (esattamente come cercava di farlo
scoprendo lo schema che stava dietro le apparizioni della setta).
Sono molto soddisfatta delle mio sigle: è stato un lavoraccio,
ma alla fine ce l'ho fatta! Ovviamente doveva essere Edmund l'unico
in grado di capire il mistero che si celava dietro tutta quella
storia, ma credo che non sia stato affatto difficile convincere i
suoi amici a seguirlo nell'impresa, visto che i due non si sono mai
tirati indietro quando c'era l'occasione di intraprendere qualche
avventura. Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo! A presto!
Un
grazie a tutti coloro che continuano a leggere la storia dei giovani
irlandesi,
Beatrix
EDIT:
continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! QUI due membri
dell'EIF con le loro meravigliose divise (ispirate ai monaci
cistercensi, perché mi piacciono troppo i loro abiti!)
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Capitolo 18 *** Un aiuto dal medioevo ***
CAPITOLO
18
Un
aiuto dal medioevo
Edmund
aveva capito tutto passando davanti all'aula insegnanti, quando gli
era tornato a mente l'episodio con la professoressa O'Connel. Si era
ricordato del fatto che il rapimento del professor Cox era arrivato
alla stampa solo qualche giorno dopo l'accaduto, e così come
aveva già detto lui, nessuno l'aveva collegato ad un fatto che
era avvenuto prima, ovvero lo strano incidente a casa del professor
Codail.
Significava
che prima era stato rapito Cox: questo aveva permesso al rapitore di
costringerlo a preparare la pozione del controllo, pozione che poi
era stata somministrata a Codail. Certo che quando gli auror erano
arrivati, Codail aveva detto che si trattava di un falso allarme:
avendo bevuto la pozione del controllo, non era più il
professore a comandare il suo corpo, ma qualcun altro!
Aveva
capito che Codail era sotto l'effetto della pozione di Cox,
ricordandosi di come l'avesse trattato quando era andato a chiedergli
un consiglio sulla religione medioevale: possibile che la sera non
riuscisse nemmeno a dire il suo nome, mentre il giorno successivo si
era dimostrato così disponibile?
In
effetti il professor Codail era sempre stato un'adorabile vecchietto,
mentre quando l'aveva catturato quella famosa notte, sembrava che
fosse stato mosso da un sadico senso di piacere. Non poteva essere
davvero lui.
E
poi, perché portare al Trinity il dottor Cox? Solo per la
pozione di differenziazione? Quella avrebbe potuto prepararla Codail
anche da solo. Mentre il pozionista era indispensabile per la
preparazione della pozione del controllo, di cui era l'inventore,
dopotutto.
Tramite
le pozioni preparate da Cox, il professor Codail aveva convinto
cinque studenti ad organizzare le apparizioni della setta. Laughlin
aveva ragione: Diabliaiocht e Deamundi erano certamente coinvolti.
Inoltre
Edmund era convinto che Captatio non solo sospettasse del
coinvolgimento di un insegnante, ma che sapesse anche che uno dei
suoi professori era sotto il controllo della pozione. Per quello gli
aveva lasciato il libro in cui si trovavano sia la pozione di
differenziazione, sia quella del controllo.
Come
avrebbe fatto, poi, il Preside a smascherare il colpevole?
Evidentemente, nel momento in cui si era dimesso dal ruolo di
dirigente, aveva cominciato a fare delle ricerche fuori dalla scuola,
per scoprire chi si celasse tutte le notti dietro il volto
raggrinzito del vecchio professore di Storia della Magia.
Infine
Edmund aveva capito che, attraverso il pretesto di bere insieme una
tazza di tè, Codail, o meglio, chiunque fosse a comandarlo,
aveva irretito anche il professor Ballerinus e la professoressa
O'Connel. E forse anche qualcun altro.
Per
quello aveva detto ai suoi amici che non potevano correre ad
avvertire la vicepreside: prima doveva scoprire quante porzioni di
pozione erano state fatte preparare dal dottor Cox.
Quando
aveva visto l'intruglio giallastro bollire in uno dei calderoni,
aveva capito immediatamente che si trattava della pozione di
controllo, perché quella color prugna era la pozione di
differenziazione, mentre l'ultima verdognola era terrore liquido.
Così aveva chiesto il numero delle porzioni e la risposta di
Cox aveva confermato i suoi timori: quattro, una per Codail e una per
ogni direttore delle tre case.
Aveva
ordinato a Mairead e Laughlin di andare a nascondersi nella
cappellina della scuola, mentre a lui restava ancora una cosa da
fare: doveva avvertire il professor Captatio.
Non
appena i suoi amici scomparvero dietro l'angolo, Edmund corse
all'ultimo piano, nella vecchia aula di Storia della Magia. Prese la
bacchetta ed accese le tre candele ai vertici del triangolo e
cominciò a recitare la formula. «Oro ut venias, oro
ut venias!»
Esattamente
com'era accaduto la prima volta, un denso fumo grigiastro apparve al
centro della figura, finché non si condensò a formare
l'immagine di sir Percevall. «Oh, nobil cavaliere! Sir
Percevall al vostro servizio!» esclamò il fantasma,
quando vide il ragazzino che lo aveva evocato.
«Chiamami
Edmund» disse sbrigativo il giovane. «Ho bisogno del tuo
aiuto».
«Sir
Edmund, se io non tegno fede alla mia parola, al fondo dell'inferno
ir mi convegna!» esclamò allora lo spirito, ricordandosi
di aver giurato di aiutare i suoi giovani amici nella lotta contro i
malvagi.
«Prefetto»
rispose Edmund, con fare frenetico. «Devi chiamare a raccolta
tutti i fantasmi che conosci e dovete cercare il professor Captatio
per recapitargli un mio messaggio. Sai chi è?»
«Ovvio!
Uomo molto savio, sir Captatio. Ben lo conosco» rispose sir
Percevall, con un moto di orgoglio.
«Bene,
ho la massima urgenza. Devi dirgli che ho scoperto il colpevole di
tutto e che deve venire subito al Trinity. Digli che lo aspetto
davanti al portone d'ingresso. Va', fa presto!» gli ordinò
Edmund, con un tono di voce agitato.
Sir
Percevall fece un inchino e scomparve.
Edmund
si concesse il lusso di un lungo respiro: sperava davvero che tutto
andasse secondo i piani.
Improvvisamente
la voce della professoressa O'Connel rimbombò in tutto il
castello: «Tutti gli studenti e i professori sono pregati di
radunarsi in Sala Mor immediatamente!»
Per
la barba di Merlino, era successo! Codail voleva impossessarsi della
scuola!
Niente
di più semplice, avendo dalla sua parte la vicepreside e gli
altri direttori delle case. Avrebbe persino potuto far entrare nel
castello altri membri dell'EIF.
Edmund
sperò vivamente che Mairead e Laughlin ascoltassero il suo
consiglio e non si muovessero dalla cappella.
Mentre
tutti gli studenti, con l'aria spaesata e preoccupata si dirigevano
verso la sala Mor, Edmund corse giù dalle scale, verso il
pesante portone d'ingresso. Con tutto quel movimento, nessuno si
accorse della sua assenza. Edmund si nascose dietro una delle due
ante del portone e attese in silenzio.
Sbirciando
da una fessura vide il professor Ballerinus, seguito da due figure
incappucciate che si incamminava verso i sotterranei. Da un lato
esultò, perché il professore aveva sicuramente bevuto
la pozione del controllo, proprio come lui aveva sospettato,
dall'altro lato temette che il drappello stesse andando alla ricerca
dei suoi amici e di padre Rafael, di cui si era evidentemente notata
l'assenza.
L'attesa
si fece snervante. E se Percevall non fosse arrivato in tempo? E se
non avesse trovato Captatio?
Represse
l'impulso di aggredire Ballerinus, quando lo vide tornare dalla sua
spedizione insieme ai suoi amici, Bearach, Cox, padre Rafael e il
professor Saiminiu. Se anche fosse riuscito a coglierlo di sorpresa,
poi cosa avrebbe potuto fare lui da solo contro tutti quei maghi
molto più esperti di lui? Doveva sperare nell'arrivo di
Captatio.
E
poi, finalmente, un gruppo di maghi fece il suo ingresso nel
castello: a guidarli era il Preside in persona, al suo fianco
aleggiava in modo piuttosto sinistro sir Percevall.
«Professore!»
bisbigliò Edmund, uscendo dal suo nascondiglio.
Captatio
si bloccò in mezzo alla sala e si voltò verso di lui.
Sorrideva.
«È
Codail, signore, è sotto l'effetto della pozione del
controllo!» esclamò il ragazzino, agitato.
«Sapevo
che saresti riuscito a risolvere il mistero, Edmund. Hai anche
scoperto il colpevole, cosa che io non sono stato in grado di fare.
Però, come vedi, mentre sono stato via, anche io mi sono dato
da fare» rispose il Preside accennando al gruppo di persone che
lo seguiva. Indossavano tutti una divisa blu scuro, ma alcuni di essi
sostenevano quattro corpi di persone che parevano svenute.
«Questi
sono tutti Auror del Ministero, ma lascia che ti presenti chi ha
manovrato il povero Niall nelle notti degli ultimi otto mesi»
continuò il preside, accennando al corpo di un uomo piuttosto
corpulento. «Il signor Xavier O'Costal, non ha avuto delle
serate particolarmente entusiasmanti un quest'ultimo periodo».
«Come
ha fatto a scoprirlo, signore?» chiese Edmund, incuriosito.
Captatio
sorrise e Edmund per un attimo temette che non volesse rispondergli.
Era sempre lì a chiedergli il perché delle cose, prima
o poi il Preside si sarebbe stancato di soddisfare la sua curiosità.
Invece
Captatio disse: «È stato più semplice di quello
che sembra. Il signor O'Costal lavora al Ministero, e non sono molti
i dipendenti che ogni sera prima del tramonto scappano dall'ufficio e
non escono di casa fino alla mattina dopo. Vedi, Edmund, chi utilizza
la pozione del controllo, la sera abbandona il proprio corpo e abita
in quello dello sfortunato che ha bevuto il terribile intruglio.
Quanto agli altri, per prevenire la tua prossima domanda, non so chi
siano, ma erano tutti a casa di O'Costal questa sera. Non credo che
si trattasse di un semplice pigiama party».
Alla
conclusione del racconto, Captatio gli strizzò l'occhio e, pur
nella situazione tragica in cui si trovavano, Edmund non riuscì
a trattenere un sorriso.
«Finalmente
il comando dell'EIF sarà mio e soltanto mio!» gridò
una voce, all'interno della Sala Mor.
«Credo
che sia ora di sventare i piani grandiosi del signor O'Costal, che ne
dici?» sussurrò Captatio all'orecchio di Edmund.
Improvvisamente
il ragazzino capì che cosa avrebbe dovuto fare.
«Chi
oserà fermarmi ora? Chi?»
Edmund
entrò in Sala Mor con la bacchetta levata, e in tono sicuro e
beffardo disse semplicemente: «Io».
«Tu?»
gracchiò O'Costal con la voce del professor Codail. «Ah,
sì, mi ricordo di te: sei quello che ho beccato vicino alla
dispensa di Uisce. Cos'è, già allora pensavi di
catturarmi tutto da solo?» sghignazzò divertito il mago.
Edmund
sorrise, un sorriso che faceva venire i brividi. «No»
sussurrò. «Non da solo».
E
nel medesimo istante in cui lo disse, apparvero alle sue spalle gli
Auror guidati da Captatio.
«Cosa,
com'è possibile? Chi vi ha avvertiti? Come sapevate?»
gridò O'Costal, in preda alla rabbia.
«Buonasera,
signor Xavier» disse gentilmente Captatio, come se fosse stato
invitato a cena da un vecchio amico.
O'Costal
sgranò gli occhi allibito, incapace di proferir parola. Come
avevano fatto a scoprirlo?
«Xavier,
avevi detto che sarebbe filato tutto liscio!» protestò
il mago che occupava il corpo di Ballerinus, cedendo al panico.
O'Costal
si infuriò.
«Anche
se avete scoperto tutto, non potete fare niente! Ho in pugno la
scuola!» gridò esasperato, agitando la bacchetta verso
gli Auror.
«Oh,
io non credo, invece. Vedi, prima di venire qui ho avuto la premura
di passare da casa sua e sa cos'ho trovato?» chiese il
professor Captatio, sempre in tono affabile, indicando i quattro
corpi svenuti.
Sulla
faccia rugosa di Codial comparve un'espressione indecifrabile, a metà
tra il terrore e la sorpresa.
«Vi
conviene arrendervi immediatamente, altrimenti dove andranno le
vostre anime, quando all'alba saranno costrette a lasciare i corpi
degli insegnanti?» chiese ancora Captatio, puntando la sua
bacchetta contro il massiccio corpo di O'Costal.
«Voi...
non potete farlo!» esclamò il mago, terrorizzato.
L'espressione
di Captatio divenne glaciale. «Oh, sì che posso. Lei ha
rapito un pozionista, aggredito un mio insegnante, rinchiuso un uomo
per otto mesi in una stanza, convinto cinque studenti ad organizzare
agguati contro i Nati Inglesi e ha quasi ucciso due ragazzi, solo per
fare un colpo militare e conquistare il comando di un'associazione di
terroristi xenofobi! Ho tutto il diritto di farlo!»
«Nooo!!»
gridò O'Costal, scagliando un incantesimo contro Captatio.
Ma
il Preside fu più veloce: con un rapito movimento della
bacchetta, bloccò la fattura di O'Costal e nello stesso
momento evocò una serie di bolle dentro in cui rinchiuse i
quattro professori e i membri dell'EIF.
«Nooo!»
gridò ancora O'Costal, ma il suo urlo fu attutito dalla parete
trasparente che lo circondava.
«È
finito, è tutto finito» sussurrò Captatio con un
sospiro. «Grazie, Edmund. Non ce l'avrei mai fatta senza il tuo
aiuto».
Ecco
finalmente svelato tutto il mistero! In realtà nel prossimo
capitolo (nonché ultimo, purtroppo) Edmund avrà anche
dei chiarimenti da parte di Captatio, ma credo che già adesso
la spiegazione abbia soddisfatto la vostra curiosità. Chi era
riuscito a capirlo?
A
presto, Beatrix
@
Julia Weasley: e brava la nostra sibilla! Come vedi, sebbene Bearach
sia un tipino poco tranquillo, ha fatto breccia anche nel cuore del
fratello; spero che ti sia piaciuta anche la reazione di Eoin nel
rivedere i suoi figli. Visto che le tue folli teorie, non erano poi
tanto lontane dalla realtà?! In realtà, avevi già
tutti gli elementi per scoprire il mistero come Edmund (la pozione
del controllo l'avevo citata di sfuggita in qualche capitolo
precedente), ma come hai giustamente notato gli indizi spesso paiono
insignificanti. Quell'”io” è stato detto da
Edmund, perché Captatio non avrebbe mai usato un tono
beffardo. Quanto ad un probabile coinvolgimento di McPride... be',
anche Edmund sospetterà qualcosa del genere, dopo tutto...
chissà! A presto!
@
darllenwr: il dottor Cox è un personaggio un po' strano: non
si è ribellato particolarmente alla sua prigionia a non ha
nemmeno seriamente cercato di scappare. Non è che sia debole,
ma semplicemente è passivo difronte agli eventi. Per questo
quando arrivano Ed & co a liberarlo non fa una piega. Sono
contenta comunque che ti sia piaciuta la scena ambientata nella sala
degli scacchi. Descrivere poi l'irruzione di Ballerinus nella piccola
chiesetta è stato per me molto piacevole, quindi sono felice
che apprezzi il risultato. Quanto alle tue domande:
a-
sinceramente non ci ho mai pensato, ma non credo che ci siano
celebrazioni del genere: dopo tutto, nel mondo della Rowling la
religione non ha questo grande rilievo, quindi credo che l'Ulster
magico non sia poi così attaccato al protestantesimo.
b-
no, i sasanachfiul non hanno una loro organizzazione: per quello che
possono, sperano nell'aiuto del governo, ma più che altro si
lasciano andare al ruolo di “vittime” perché
spesso anche il governo, non dà tutto l'aiuto che dovrebbe.
Inoltre nessun sasanachfiul ha avuto la forza e il coraggio necessari
per reagire e formare un proprio gruppo. Ma non è detto che la
situazione resti per sempre così... a buon intenditore poche
parole! A presto!
@
quigon89: aaargh! Errori di grammatica! Scusami, mi devono proprio
essere sfuggiti... non esitare a farmeli notare la prossima volta,
perché io leggo e rileggo, ma spesso non lo vedo! XD Le tue
supposizioni non erano affatto sbagliate, come vedi! C'era di mezzo
la pozione del controllo. Comunque, povero padre Rafael... che ti ha
fatto?A me pare così carino come personaggio! Quanto al
dialogo tra lui e Saiminiu... è un'anticipazione di quello che
sarà scoperto nel terzo racconto, quindi temo proprio che
dovrai aspettare ancora un po' prima di soddisfare la tua curiosità!
Eeheheh! Alla prossima!
EDIT:
continua l'opera di risistemazione dei dialoghi! QUI due Auror in
divisa con il corpo di Xavier O'Costal.
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Capitolo 19 *** Il cerchio si chiude ***
CAPITOLO
19
Il
cerchio si chiude
Aspettare
sveglio l'arrivo dell'alba, fu una delle esperienze più
strane, per Edmund. Teoricamente gli studenti erano stati invitati a
tornare nei propri dormitori, ma Captatio permise a chi l'avesse
voluto di restare in piedi. Così la Sala Mor si era
trasformata in una specie di raduno di maghi minorenni stanchi e
provati, ma troppo elettrizzati per andare a dormire. Pochi in realtà
riuscirono a passare tutta la notte in bianco. Se le chiacchiere e le
risate erano durate fino alle prime ore del mattino, tempo che
arrivasse l'alba, molti avevano ceduto ed erano andati a dormire nei
propri comodi letti.
Dominique,
che aveva insistito per restare sveglio in Sala Mor, alla fine si era
addormentato con la testa sul tavolo, mentre il piccolo Bearach
russava beatamente steso su una panca. I professori nel frattempo
avevano ripreso le proprie bacchette e, pur non approvando l'idea di
Captatio, si erano dimostrati disponibili a pattugliare il castello e
controllare gli studenti che avessero voluto passare la notte in
piedi.
I
membri dell'EIF che Captatio aveva imprigionato nelle bolle si erano
rassegnati alla propria sconfitta e attendevano nelle loro prigioni,
come dei sinistri oggetti esposti in una teca di un museo, l'arrivo
dell'alba, momento in cui sarebbero ritornati nei propri corpi, che
erano già stati portati al sicuro in cella dagli Auror. Gli
altri quattro che avevano aiutato O'Costal erano già stati
arrestati.
Edmund,
dopo la frenetica successione degli eventi, non aveva affatto voglia
di dormire, così era rimasto in Sala Mor con i suoi amici.
All'arrivo dell'alba si sentiva gli occhi pesanti e le membra
spossate, ma non cedette al sonno.
Mairead
versava in uno stato comatoso, con la testa sostenuta dalle braccia
appoggiate al tavolo, mentre Laughlin era in piedi per tentare di
restare sveglio, ma in realtà dondolava avanti e indietro,
come se fosse sul punto di crollare.
Edmund
sorrise e si alzò dal tavolo facendo il meno rumore possibile.
Proprio in quel momento i primi raggi del sole sbucarono da dietro le
colline e illuminarono la Sala Mor attraverso le ampie vetrate. I
quattro professori racchiusi nelle loro bolle si contorsero
debolmente e poi ognuno acquisì nuovamente possesso del
proprio corpo. Captatio allora fece scomparire le prigioni con un
sorriso.
«Che
è successo?» domandò l'anziano Codail, portandosi
una mano alla testa e guardandosi intorno con aria spaesata.
Captatio
ridacchiò. «È una lunga storia, Niall».
«Siamo
sicuri che questa notte quei pazzi non torneranno ad occupare i loro
corpi?» chiese il professor Cumhacht con occhio critico.
«Oh,
no, Oengus, non temere. Non hanno bevuto la pozione la scorsa notte:
dormiranno sogni tranquilli. Ora ti dispiacerebbe accompagnarli in
infermeria? Credo che si sentano un po' spossati» rispose
Captatio, sempre con il suo sorriso tranquillo.
Cumhacht
annuì e aiutò i suoi quattro colleghi a raggiungere
l'infermeria.
«Non
trovi che sia meraviglioso il sole che sorge, Edmund?» chiese
il Preside, osservando l'orizzonte con sguardo perso.
Edmund
fece un debole segno di assenso con il capo, ammirando quello
spettacolo naturale. C'erano ancora un sacco di domande che gli
frullavano in testa, alcuni passaggi non chiari di tutta quella
vicenda, ma non era sicuro che il professore avesse ancora intenzione
di rispondergli.
«Hai
delle domande da farmi, Edmund? Dei perché che ti sfuggono?»
gli chiese allora Captatio, voltandosi verso di lui con un sorriso,
come se avesse letto nei suoi pensieri. Ma forse aveva davvero letto
nei suoi pensieri. Avrebbe potuto farlo, no?
«Sì,
signore» rispose flebilmente il ragazzino.
«Dimmi
pure» lo incoraggiò il preside, tornando a guardare
l'orizzonte.
Edmund
prese un profondo respiro. «Mi chiedevo, signore, perché
O'Costal non abbia utilizzato la maledizione Imperius.»
«Saggia
domanda, Edmund. Ma, vedi, io non sono d'accordo con il libro che
mette la pozione di Cox tra quelle di dubbia utilità:
innanzitutto si prepara con ingredienti comuni e facili da reperire,
e in secondo luogo è sempre efficace. Al contrario, la
maledizione Imperius, se viene usata a lungo, rischia di perdere la
propria efficacia, soprattutto sulle menti più forti. Invece,
se tu occupi il corpo di una persona, è impossibile che questa
non ti obbedisca» spiegò Captatio in tono pratico.
Edmund
rifletté su quelle parole e si ritrovò d'accordo con il
Preside. «Ma dove stava la coscienza del professor Codail,
mentre O'Costal occupava il suo corpo?» chiese ancora il
ragazzino.
Captatio
sorrise benevolo. «Credo che per il povero Niall sia stata
un'esperienza alquanto spiacevole: restava sempre nel proprio corpo,
in uno stato di trance. Probabilmente non si accorgeva di quello che
stava succedendo, ma anche se si fosse accorto, non avrebbe potuto
comandare il proprio corpo».
Al
solo pensiero, Edmund rabbrividì: sarebbe impazzito all'idea
di non poter decidere liberamente della propria sorte. Rimase un
attimo in silenzio, infine sussurrò: «Un'altra cosa,
signore».
«Dimmi».
«Pensa
che fosse questo il piano, fin dall'inizio? Voglio dire, rapire
Bearach e tutto il resto?»
Captatio
fece un lungo sospiro prima di rispondere. «No, Edmund, non
credo. Penso che l'obiettivo dell'EIF fosse semplicemente quello di
avere un punto d'appoggio all'interno della scuola, per organizzare
la setta e tramite essa terrorizzare tanto gli studenti e la comunità
magica da spingermi alle dimissioni, così come le minacce al
signor Maleficium avevano come scopo quello di costringerlo a
rinunciare alla carica di direttore del Corriere. Insomma,
eliminare due personaggi scomodi. Credo che poi O'Costal e i pochi
che lo appoggiavano, meditarono di sfruttare la situazione a proprio
vantaggio e di prendere due pixie con una trappola. Rapirono il
piccolo Maleficium e lo portarono qui al Trinity e nello stesso
momento organizzarono questa messa in scena per tentare di prendere
il potere all'interno dell'EIF stesso. Ma forse questo è un
bene, perché se non fosse stato per la sventatezza di O'Costal
e dei suoi allegri compagni, non avremmo mai fermato la setta degli
Eletti».
«E
gli studenti che ne facevano parte? Scopriremo mai chi erano?»
chiese ancora Edmund.
Finalmente
Captatio distolse gli occhi dal sole, ormai completamente sorto, e si
rivolse al ragazzino con un sorriso dispiaciuto. «Temo di no».
Non
era giusto! Edmund avrebbe facilmente potuto nominare i colpevoli:
tanto per cominciare Deamundi, e poi Diablaiocht con le sue due
spalle, Best e O'Hara. Ma Captatio aveva ragione: non avevano le
prove per incastrarli, sarebbero rimasti impuniti.
Proprio
in quel momento, una figura che era appena entrata in Sala Mor,
seguita da altri maghi e Auror, richiamò l'attenzione di
Edmund: un passo sicuro, un lungo mantello scuro, uno sguardo
rassicurante e un sorriso da squalo.
L'Uachtaran
na Poblacht Driochta, il
Presidente della Repubblica Magica in persona. Adolfus McPride.
«Scusami,
Edmund. Ci sono certe noiose procedure che richiamano la mia
attenzione» disse Captatio, con uno sguardo d'intesa.
«Certo,
signore» rispose Edmund, che non aveva affatto voglia di
rivedere McPride. Forse il Presidente si era anche dimenticato del
loro incontro. Edmund lo sperava vivamente. Con un cenno di saluto
verso il professor Captatio si congedò e raggiunse i suoi
amici, che all'apparizione di McPride sembravano essersi risvegliati.
Con
grande disappunto di Edmund, il Presidente della Magia, con lo stuolo
di maghi al seguito, si avvicinò a Eoin Maleficium, poco
distante da dove si trovavano loro tre.
«Signor
Maleficium, è terribile quello che è successo»
disse McPride in tono dispiaciuto.
«L'importante
è che ora tutto si sia risolto» rispose Eoin con un
cenno di saluto verso il Presidente.
McPride
sorrise. «Avrà parecchie notizie per la prossima
edizione del giornale» disse in tono affabile, così, per
fare due convenevoli con uno dei personaggi più illustri
d'Irlanda.
«Non
credo proprio, signor Presidente. Mi sono dimesso dalla carica di
direttore giusto un paio di ore fa» rispose Eoin con
un'espressione indecifrabile sul volto.
McPride
rimase spiazzato. O comunque interpretò bene la parte di una
persona rimasta spiazzata.
A
Edmund sembrava così
falso.
«Come
sarebbe? Ora che tutto si è sistemato e i colpevoli sono stati
arrestati?»
«Appunto,
non avevo alcuna intenzione di cedere a degli squallidi ricatti, ma
non voglio nemmeno che la mia famiglia sia messa nuovamente in
pericolo» rispose Eoin con sicurezza, senza abbassare lo
sguardo. «E poi ho un vecchio sogno da realizzare»
concluse, lanciando un'occhiata d'intesa a Laughlin.
Edmund
e Mairead osservarono il loro amico perplessi, senza capire a che si
riferisse il signor Maleficium.
Ma
prima che qualcuno potesse commentare quella frase sibillina,
sopraggiunse il professor Captatio. «Signor Presidente»
salutò cortesemente Captatio.
Quei
due uomini messi uno a fianco dell'altro erano veramente ridicoli:
uno autoritario e sicuro di sé, alto, con lo sguardo deciso e
la mascella contratta, l'altro che gli arrivava sì e no alla
spalla, con un sorrisetto gioviale e un ridicolo cappello a punta.
Eppure erano i due uomini più potenti d'Irlanda.
«Preside
Captatio» rispose McPride, sempre con quel suo tono
irrimediabilmente affabile.
E
assolutamente falso, a parere di Edmund.
«Il
suo contributo è stato fondamentale per la risoluzione di
tutta la faccenda. La ringrazio a nome della Repubblica Magica
d'Irlanda. Sono anche sicuro che si potranno eliminare tutte le
accuse a suo carico: certamente non c'è preside migliore di
lei, per questa scuola» disse McPride, in tono pomposo.
«Bazzecole,
semplice come mangiare dei finocchi fritti» rispose Captatio lo
stesso fare altezzoso di McPride, che rimase spiazzato da quella
risposta assurda detta in tono epico.
Edmund
ridacchiò sotto i baffi, convinto che Captatio l'avesse fatto
apposta per prendersi gioco di McPride.
«Comunque
non è tutto merito mio» continuò il Preside,
sempre con fare pomposo. «Mi permetta di presentarle gli
artefici della vittoria».
Con
quelle parole, indicò Edmund, Mairead e Laughlin.
I
tre ragazzini, colti di sorpresa per quel coinvolgimento improvviso,
sorrisero a disagio.
«Sono
tre studenti molto brillanti e senza il loro contributo, O'Costal non
sarebbe stato catturato» disse ancora Captatio.
McPride
si avvicinò loro. Uno squalo che si avvicina alla preda.
«E
così abbiamo tre giovani eroi» disse McPride,
osservandoli uno ad uno, con un sorriso.
Era
affabile, ma Edmund sentì un brivido percorrergli la schiena.
«Credo
che meritiate un Encomio della Repubblica, con una cerimonia
ufficiale nel Palazzo del Ministero» esclamò il
presidente.
Mairead
e Laughlin si scambiarono un'occhiata estasiati: caspita, un Encomio
della Repubblica! Edmund continuò a scrutare McPride con
sguardo ostile.
Proprio
in quel momento il presidente si voltò verso di lui. I due si
fissarono negli occhi.
Era
una dichiarazione di guerra.
Un
leggero sorriso beffardo increspò le labbra di Adolfus
McPride.
«Giovane
Burke».
«Signor
Presidente».
«Lo
sapevo che ci saremmo rivisti».
Ecco
qui, il capitolo conclusivo di questo secondo racconto! La settimana
prossima pubblicherò l'epilogo e poi dovremmo salutarci per un
mesetto, temo. Spero comunque che i chiarimenti di questo capitolo vi
siano piaciuti. Alla fine dell'epilogo, grazie all'aiuto di Julia
Weasley (che non finirò mai di ringraziare), ci sarà
anche una sorpresa!
A
presto!
@
quigon89: la divisa blu è quella degli auror irlandesi: visto
che sono una specie di corpo di polizia, mi sembrava giusto che
avessero una divisa. In particolare consiste in gonna o pantaloncini
al ginocchio neri, maglietta nera, stivali neri e mantello blu con
l'arpa celtica sul petto, a sinistra. Be', una novità c'era,
anche se non so se era proprio quella che speravi: Eoin si è
dimesso, ma che lavoro andrà a fare? Eheheh... lo saprai
nell'epilogo! A presto!
@
Julia Weasley: ecco la mia fata madrina! XD Sono contenta che la
trama si capisca bene, avevo paura che fosse poco chiara. Spero che
con le ultime rivelazioni di questo capitolo, il quadro generale sia
anche più chiaro! L'entrata di Edmund è stata meditata
a lungo, ma penso che alla fine il risultato sia molto ganzo e
proprio nel suo stile! A presto!
@
darllenwr: Sir Percevall è un cavaliere di altri tempi, quindi
mi sembrava giusto che fosse rimasto legato ai suoi ideali di nobiltà
e cortesia anche post-mortem. Sì, il fatto che Captatio e
Edmund si siano incontrati, è stata una fortuna per entrambi:
il preside ha trovato un ottimo allievo su cui fare affidamento, e il
ragazzo una figura di mentore che lo aiutasse nelle difficoltà
del suo essere orfano eppure geniale.
Quanto
alle tue domande:
a-
la bandiera dell'Irlanda magica è verde, con due bacchette
incrociate e davanti l'arpa celtica. Per lungo tempo si è
anche meditato di mettere, al posto dell'arpa, la croce celtica, che
era il simbolo di quel gruppo di combattenti, l'EIF appunto, che
erano stati artefici della liberazione, ma per fortuna alla fine si è
optato per un segno che fosse più “neutro”, visto
che già allora l'EIF aveva fatto parecchio uso della violenza
per ottenere le proprie rivendicazioni, mentre lo stato che stava per
nascere era improntato ad ideali di pace e fratellanza. Quindi l'arpa
celtica è il segno del Governo, insieme ovviamente al
trifoglio che è il simbolo tradizionale dell'isola.
b-
all'epoca delle lotte per l'indipendenza, l'EIF non si risparmiava
dal provocare disordini e violenza anche in Gran Bretagna, ma una
volta liberati dal morbo inglese, i difensori del sangue puro celtico
si sono arroccati nella linea difensiva, cercando di scacciare
dall'isola chiunque avesse contatti con il mondo inglese. Per loro
sarebbe motivo di disonore anche solo poggiare piede in Inghilterra,
figuriamoci andare là a combattere! Meno contatti hanno con
quell'isola, meglio è. Nell'epilogo si parlerà anche
del periodo in cui Voldemort era al potere e di come si è
reagito in Irlanda. Grazie mille per le tue domande sempre così
stuzzicanti! Alla prossima!
EDIT:
continua l'opera di risistemazione dei dialoghi!
|
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Capitolo 20 *** Epilogo ***
EPILOGO
Il
resto delle lezioni fu poco seguito dagli studenti del Trinity, visto
quello che era successo quella fatidica notte di maggio. I professori
O'Connel, Balleriuns, Blath e Codail erano finalmente tornati in sé,
anche se soprattutto l'insegnante di Storia della Magia risentiva
ancora degli effetti della pozione, con frequenti vuoti di memoria e
pessima capacità di concentrazione.
Henry
tornò dal St. Bartleby Hospital poco prima che finissero le
lezioni e il suo ritorno fu accolto gioiosamente da tutti.
L'ultimo
giorno di scuola arrivò in un baleno.
Grazie
ai duecento punti a testa che Captatio aveva conferito a Laughlin,
Edmund e Mairead, i Raloi avevano vinto l'Arpa Celtica per il secondo
anno di fila. Nicolaj, in qualità di dictator, andò
a ritirare l'ambito premio, sotto uno scroscio di applausi
provenienti dall'ala verde della Sala Mor.
In
generale prevaleva un clima di allegria e rilassatezza, anche se
alcune facce al tavolo dei Nagard non parevano particolarmente
inclini ai festeggiamenti: Ailionora e il conte Deamundi, seduti uno
di fianco all'altro, passarono tutta la serata con lo sguardo torvo e
il capo chinato sul piatto.
La
mattina della partenza arrivò anche troppo presto per Edmund:
gli pareva incredibile che fosse già finito il suo secondo
anno al Trinity, quando sembrava solo ieri il giorno in cui Captatio
gli aveva rivelato di essere un mago. E invece eccolo lì,
sulla banchina della stazione di Doolin, ad aspettare il treno che lo
avrebbe riportato a Dublino.
Non
appena arrivò l'espresso, i tre amici si scelsero uno
scompartimento vuoto tutto per loro. Per la prima parte del viaggio
Mairead e Laughlin giocarono a Sparaschiocco, mentre Edmund osservava
pensieroso il paesaggio che scorreva fuori dal finestrino.
Ad
un certo punto Mairead esclamò: «Laugh, non ci hai più
detto che pensa di fare adesso tuo padre!»
Laughlin
sorrise compiaciuto. «Oh, già. Papà aprirà
una scuola di musica» annunciò tutto soddisfatto.
«Che
bello!» commentò Mairead entusiasta. «Che ne dici,
Ed?»
«Oh,
sì, grandioso» rispose Edmund, riscuotendosi dai suoi
pensieri.
«Che
c'è?» gli chiese la ragazzina, in tono preoccupato.
«No,
è che... pensavo.»
«A
cosa?»
«A
McPride e a tutta la faccenda della setta. Non vi sembra che McPride
potrebbe essere in contatto con l'EIF?» rispose Edmund,
esprimendo i suoi dubbi agli amici.
Laughlin
e Mairead si scambiarono un'occhiata perplessa.
«Ma,
Edmund, che dici?» gli chiese Laughlin, guardandolo con la
faccia stranita.
«Be',
insomma, tuo padre riceve da McPride una proposta che rifiuta, e poco
dopo l'EIF lo minaccia di lasciare la direzione del giornale. La cosa
non vi pare un po' strana?» spiegò Edmund, in tono
convinto.
«Saranno
coincidenze» rispose Laughlin alzando le spalle. Non gli
sembrava affatto possibile che McPride avesse qualcosa a che fare con
l'EIF.
«Be',
sono coincidenze fin tanto che non si trova un qualcosa che le
unisce» rispose Edmund imbronciato.
Mairead
scosse la testa con veemenza. «Non può essere malvagio!
Era un fervido cacciatore di maghi oscuri al tempo di Tu-sai-chi».
«Chi?»
le fece eco Edmund.
«McPride»
rispose Mairead, come se fosse ovvio: stavano parlando di lui o no?
«No,
io so chi, chi?»
«Tu-sai-chi!»
«Chi?»
«Tu-sai-chi!
Non sai chi è Tu-sai-chi?» intervenne Laughlin con tono
sorpreso.
Edmund
scosse lentamente la testa.
Mairead
e Laughlin si scambiarono uno sguardo allibito.
«È
il più terribile mago oscuro di tutti i tempi!» esclamò
il ragazzino, scioccato.
«Be'
scusa se non lo sapevo» rispose Edmund, incrociando le braccia
al petto, imbronciato.
Laughlin
scoppiò a ridere: Edmund conosceva così tanti
incantesimi, che ogni tanto lui si dimenticava che il suo amico
veniva dal mondo Babbano. Al vederlo con il broncio, si commosse e
cominciò a spiegare: «Il suo nome non lo pronuncia
nessuno, perché fa paura anche solo quello. Prese il potere in
Inghilterra negli anni Settanta e terrorizzò il paese per
moltissimi anni insieme ai suoi seguaci, chiamati Mangiamorte, finché
non perse tutto quando tentò di uccidere un bambino di un
anno, Harry Potter, l'unico essere mai sopravvissuto ad un anatema
che uccide».
Edmund
sembrava affascinato da quella storia. «E poi che ne fu di lui,
voglio dire, del mago oscuro?» chiese con interesse: non aveva
mai sentito parlare di quelle cose, perché non si interessava
molto ai libri di storia contemporanea.
«Alcuni
dicono che sia morto, ma io non credo: un mago tanto potente non si
lascia fregare così facilmente» rispose Laughlin con una
scrollata di spalle.
«Comunque
anche in Irlanda, sebbene Tu-sai-chi non estese mai ufficialmente il
suo dominio fin qui, c'era il finimondo in quel decennio» si
intromise Mairead. «Alcuni si schieravano dalla parte dei
Mangiamorte, alcuni con l'Ordine della Fenice, il gruppo di maghi
capeggiato da Silente che combatteva i maghi oscuri, mentre l'EIF
acquisiva sempre più seguaci, facendo leva sulla paura che
causava Tu-sai-chi; spesso c'erano dei rastrellamenti sommari o si
scatenava la caccia all'inglese, perché tutto ciò che
veniva da quell'isola era visto come qualcosa che avesse a che fare
con Tu-sai-chi. Così il governo si trovava a fronteggiare due
minacce: i Mangiamorte e la xenofobia dell'EIF. A quell'epoca McPride
era un giovane Auror che catturò numerosissimi Mangiamorte».
«Caspita,
non ne sapevo nulla. E qual era il nome di Tu-sai-chi?» chiese
cauto Edmund.
Mairead
guardò Laughlin, senza avere il coraggio di rispondere a
quella domanda. Alla fine, il ragazzino, preso un profondo respiro,
sussurrò: «Lord Voldemort».
«Lord
Voldemort...» ripeté Edmund tra le labbra, quasi
ammaliato da quel nome. Quanto doveva essere stato potente quel mago,
quanto terrificante doveva essere stato nel periodo in cui era
all'apice del suo dominio, perché a più di dieci anni
di distanza la gente avesse ancora timore nel pronunciare il suo
nome? Aveva fatto calare sul mondo un'oscurità di terrore tale
da far spegnere il sole. Come avrebbe potuto fare lui.
Il
treno cominciò a rallentare, segno che ormai dovevano essere
arrivati a Dublino. Edmund smise di fantasticare su Voldemort e
ritornò bruscamente alla realtà: lo attendeva un'altra
terribile estate all'orfanotrofio.
Quando
i ragazzi si ritrovarono sulla banchina, Mairead e Laughlin corsero
incontro alle rispettive famiglie.
«Buongiorno,
Edmund» lo salutò con gentilezza Eoin.
«Signor
Maleficium» rispose il ragazzino in tono educato.
«Ciao
Ed! Ciao Ed! Ciao Ed!» cominciò a strillare Bearach,
saltellando da un piede all'altro.
Evidentemente
aveva già superato lo shock del rapimento ed era tornato
esagitato ed euforico proprio come prima.
«Ciao,
Bearach» lo salutò Edmund, nella speranza che smettesse
di strillare.
Anche
Mairead e suo padre si avvicinarono. «Ed, quando ci sarà
la cerimonia per l'Encomio della Repubblica, ti verremo a prendere
all'orfanotrofio e poi passerai il resto dell'estate con noi!»
esclamò la ragazzina entusiasta.
Edmund
non riusciva a credere alle sue orecchie: la cerimonia ufficiale era
stata fissata per l'inizio di agosto e quello significava che avrebbe
passato un intero mese di vacanze a casa di Mairead!
«Uau,
è... fantastico! Grazie!» disse, leggermente a disagio.
Mairead gli sorrise di rimando, poi afferrò i suoi amici per
le spalle e insieme attraversarono la barriera magica per ritrovarsi
nella stazione Babbana di Dublino.
Forse
quell'estate non si sarebbe rivelata poi così male.
Eccoci
qui, giunti alla fine della seconda avventura dei giovani maghi
irlandesi! Ora che il racconto è finito, spero che possiate
dire che vi sia piaciuto davvero. Un po' mi dispiace, ma verso
settembre arriveranno i primi capitoli de “La sorella perduta”,
perciò vi chiedo solo un po' di pazienza.
Come
promesso, c'è anche una sorpresa! Ecco a voi, grazie
all'incomparabile aiuto di Julia Weasley, i banner per i membri delle
case del Trinity College! Potete metterli nella vostra firma o dove
volete, scegliendo ovviamente la casa a cui preferite appartenere!
Spero che vi piaccia l'idea.
Nagard
: ambiziosi, sicuri di sé, testardi, ottengono sempre quello
che vogliono; a volte sono un po' stronzi e strafottenti.
codice
per i forum:
[IMG]http://i25.tinypic.com/b8jnyo.jpg[/IMG]
Raloi:
intraprendenti, coraggiosi ed energici, sempre pronti all'azione e a
mettersi in gioco; spesso il loro coraggio li porta ad essere
incoscienti o addirittura beffardi.
Codice
per i forum: [IMG]http://i27.tinypic.com/4kk9ds.jpg[/IMG]
Llapac:
fondamentalmente buoni ed onesti, gentili e aperti verso il prossimo,
leali fino alla morte ai propri amici e alla causa in cui credono; a
volte rischiano di essere troppo buoni e finiscono per essere
considerati dei boccaloni sempliciotti.
Codice
per i forum: [IMG]http://i26.tinypic.com/167s9y9.jpg[/IMG]
Grazie
a tutti coloro che hanno seguito questa storia, che l'hanno
commentata, che l'hanno inserita tra le preferite o tra quelle da
ricordare. Spero solo che i miei racconti vi abbiano ripagato per il
vostro interesse.
Un
saluto e a presto,
Beatrix
Ora
passiamo ai ringraziamenti personali:
@
Julia Weasley: innanzitutto non finirò mai di ringraziarti per
il tuo lavoro sui banner! Sei stata gentilissima. Un indizio su quale
fosse il prossimo lavoro di Eoin l'avevo già lanciato nei
primi capitoli, ma forse era sfuggito: una scuola di musica! Io adoro
Eoin Maleficium! Anche McPride è un personaggino niente
male... tutti lo considerano un grande mago e un bravo presidente,
tutti tranne Edmund che lo considera un falso e Captatio che annusa
più verità di quanta non voglia dare a vedere. Ma chi
avrà ragione? Spero nel frattempo che l'epilogo sia stato di
tuo gradimento! Alla prossima!
@
darllenwr: anche a me piace molto l'immagine di Bearach che dorme
sulla panca: mi sembrava il simbolo del fatto che sia finalmente
tornata la tranquillità. Purtroppo Diablaiocht, Deamund e gli
altri sono riusciti a farla franca, ma anche Captatio sa benissimo
che loro sono implicati, quindi li terrà d'occhio e non
permetterà loro di fare altri “scherzi” del
genere. McPride sa di essere la persona giusta per la massa (dopo
tutto è stato votato, no?) e come vedi, anche Mairead, il cui
padre sicuramente non ha votato per McPride, non può fare a
meno di considerarlo una “brava persona”. Solo Edmund (e
anche Captatio, dopo tutto) sente che c'è qualcosa che non va
in lui e nei suoi modi sempre affabili. Anche McPride comunque ha
capito fin dal suo primo incontro con il ragazzo, che era il caso di
tenerlo d'occhio perché non sembrava uno che si sarebbe
lasciato facilmente incantare dal suo fascino. Grazie mille per i
complimenti e a presto!
@
quigon89: sì, c'è molto dei due che vi tengo nascosto,
ma le rivelazioni arriveranno a tempo debito, temo! Sono contenta che
ti piacciano le divise degli auror: mi sembrava giusto che ne
avessero una, visto che sono più o meno come i nostri
poliziotti. Spero che l'epilogo ti abbia soddisfatto. A presto!
EDIT:
finalmente finita anche per questo secondo racconto l'opera di
risistemazione dei dialoghi!
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