Dreams, Love and... Yaoi!

di Fiamma Drakon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In una notte di pioggia... ***
Capitolo 2: *** Fine senza inizio ***
Capitolo 3: *** In tutti i sensi ***
Capitolo 4: *** Capitano...? ***



Capitolo 1
*** In una notte di pioggia... ***


In una notte di pioggia...
~ In una notte di pioggia... ~
ShigexFuwa
Personaggi: Shigeki Sato, Daichi Fuwa

Genere: Romantico, Sentimentale
Rating: Verde
Note: One-shot, Yaoi



Le luci della casa erano tutte accese.

- Buono - pensò - ... se non altro si è ricordato che dovevo venire... -.
Il ragazzo immobile dinanzi all’edificio osservava quest’ultimo con totale distacco, quello stesso distacco che gli aveva meritato l’appellativo de “Il Distruttore”, attraverso la coltre di ciuffi che gli ricadevano davanti agli occhi.
In quel momento iniziò a schizzettare, dapprima piano, poi sempre più forte.
- Stanotte ci sarà un acquazzone... al più tardi domani... - osservò tra sé, avviandosi verso la porta.
Bussò.
Il padrone di casa non si fece attendere a lungo.
- Ah, Fuwa!! - esclamò quest’ultimo, apparendo sull’uscio in canottiera e pantaloni da ginnastica.
- Shige... - replicò l’altro col suo solito tono indifferente.
- Dai... non essere così scontroso! -.
Il biondo indietreggiò di un passo sotto il severo sguardo che il castano gli rivolse a quell’affermazione.
- Hai detto che volevi parlarmi... -.
Non gli piaceva girarci intorno alle cose: era solo uno spreco di tempo. Oltretutto, quel giorno, gli allenamenti erano stati particolarmente impegnativi e si sentiva distrutto.
Non desiderava altro che andare a casa.
Ma Shige, alla fine, lo aveva pregato di andare a casa sua, quella sera, perché aveva urgenza di parlargli, in privato.
Di cosa, non ne aveva la più pallida idea.
- Sempre il solito frettoloso, eh? - ironizzò il biondo.
Fuwa gli rivolse un’ulteriore occhiataccia.
- Piove e sono stanco. Mi sembra ovvio che sia di fretta... - rispose il portiere con impassibilità.
- Perché non ti trattieni un po’? Solo finché non smette un pochino... sta iniziando un temporale... -
- Di che vuoi parlare? -.
Dritto al punto, freddo e insensibile: il solito vecchio Fuwa.
Era proprio vero che, per quanto uno si fosse sforzato, certi modi di essere non sarebbero mai cambiati: ne era un esempio proprio il suddetto Daichi Fuwa.
Più umano di prima, certo, ma ancora freddo.
- Vieni dentro, così possiamo... - Shige s’interruppe un istante - ... parlarne con... calma -.
La voglia di Fuwa di piantare il compagno in asso, girare i tacchi e togliere il disturbo era tanta, ma lo era ancor di più la sua smania di sapere.
A malincuore dovette interrompere “Lentamente” degli Studio 3 e riporre l’auricolare in tasca, assieme al lettore mp3.
Seguì quindi Shige all’interno.
Il biondo lo condusse in una stanza che, dall’arredamento, Il Distruttore ipotizzò essere la sua camera.
Rimase fermo sulla soglia ad osservarne l’interno per qualche istante, finché la voce concitata dell’altro non lo richiamò.
- Be’, che ci fai lì impalato? Siediti pure... -.
Fuwa obbedì senza fiatare, sistemandosi dinanzi al compagno.
- Allora - ripeté per l’ennesima volta - di cosa volevi parlarmi? -.
- Non ti fermi mai, eh? Ora capisco perché ti chiamano tutti “Il Distruttore”! -
- Non hai risposto alla mia domanda -.
Si scambiarono un lungo, intenso sguardo, accompagnato da uno strano silenzio carico d’attesa.
Shige mise un sospiro, assumendo un’espressione seria, quasi inquietante.
Erano più che rare le occasioni in cui si mostrava tanto cupo: di solito era sempre pronto alle battute e agli scherzi.
Un brivido corse lungo la schiena del portiere, scuotendolo.
Al biondo non sfuggì tale movimento.
- Hai freddo? - chiese.
- No. Sto bene - replicò Fuwa, apatico.
Non sapeva spiegarsi il perché di quel brivido: certo era che non fosse per il freddo.
E allora, per cos’altro poteva essere?
Più ci si lambiccava più aveva la sensazione di allontanarsi dalla soluzione.
Era terribilmente frustrante, soprattutto per Daichi Fuwa, Il Distruttore, colui che riusciva, con una parola o un gesto, a trasformare il più audace degli uomini in un coniglio.
Eppure era fin troppo strana la sensazione d’eccitazione che aveva provato, seppur per un fugace istante, quando i loro sguardi si erano incrociati.
Era un qualcosa di completamente nuovo per lui, qualcosa che, ahimè, per lui era un mistero apparentemente privo di soluzione.
- Ecco... - esordì Shige, attirando nuovamente su di sé l’attenzione dell’altro - ... AAAHN!! Cazzo! Non so da dove cominciare! -.
- Dall’inizio, forse...? - propose Fuwa.
Shige sospirò ulteriormente: l’aveva prevista più facile di come stava effettivamente andando.
Non credeva che potesse arrivare a trovarsi, un giorno, in una situazione così: incapace di concretizzare verbalmente pensieri ed emozioni.
Dinanzi a lui, per giunta.
L’aveva invitato proprio per quello e adesso non riusciva a dirglielo.
Lo guardò di nuovo: freddo, impassibile, assolutamente calmo.
Fuwa era l’incarnazione del flemma della specie umana.
Forse era proprio per quell’abissale differenza che li separava che aveva scoperto di...
- Allora? Sto aspettando... - insisté il portiere, senza abbandonare quel suo consueto sguardo di ghiaccio.
Era difficile.
Molto, molto difficile: non sapeva come l’avrebbe presa. Era l’incognita peggiore di tutte.
Il castano continuava a guardarlo: era palese che Shige stesse pensando.
A cosa, non sapeva dirlo con certezza assoluta: forse a quello che doveva dirgli, forse ad altro.
Tuttavia il rossore diffuso sulle sue guance era senza dubbio indice di qualcosa di profondo, forse imbarazzo, nonostante una parte di sé sospettava che fosse tutt’altro tipo di sentimento ad accendere quelle guance altrimenti pallide.
Un nuovo brivido lo scosse, mentre osservava gli occhi di Shige.
- Ecco, Fuwa... ci conosciamo ormai da un po’ e... -.
Chissà perché quel principio di discorso fece già intuire al castano quale sarebbe stata la sua conclusione, tuttavia non era né arrabbiato, né sorpreso né altro.
Non provava niente di diverso da quello che aveva provato fino a che il biondo non aveva attaccato a parlare.
Era assolutamente impassibile, come sempre.
Avrebbe voluto troncare quel discorso sul nascere, arrivare al punto velocemente, ma preferì aspettare: era chiaro che il biondo era in grossa difficoltà. Interromperlo l’avrebbe messo ancor di più in soggezione.
Così ascoltò il resto del complesso, ingarbugliato e talvolta contradditorio discorso di Shige e, quando gli parve ormai al termine o quasi, senza scomporsi minimamente, si decide a concludere.
- Mi ami...? -.
Shigeki lo fissò: l’aveva capita così, al volo, e non aveva fatto una piega?
- Se ti dicessi di sì... che cosa faresti? -
- ... non lo so... -
- Allora... te lo faccio vedere io... -
- Okay... -.
Fuwa accompagnò quell’ultima parola con un’alzata di spalle.
Shige gli fu addosso in una frazione di secondo e, senza lasciargli neppure il tempo di capire cosa stesse per fare, lo spinse disteso sul pavimento, fissando lo sguardo nel suo.
- Posso...? - sussurrò poi, scendendo a sganciargli la zip della felpa, senza aspettare una sua risposta.
Gli posò un dito sulla guancia, tracciando una linea lungo il suo zigomo, avvicinando poi il proprio viso al suo, talmente vicino che i ciuffi biondi che gli circondavano il volto cadevano sul collo dell’altro, solleticandolo.
Eppure Fuwa rimaneva totalmente impassibile: non un sorriso, non una parola.
Shige gli sorrise maliziosamente, scendendo ancora più giù, finché le loro labbra non furono a pochi centimetri le une dalle altre e i loro petti a stretto contatto.
- Allora...? Qual è la tua risposta? - chiese ancora il biondo, alitandogli in faccia.
Il castano rimase in silenzio ancora un poco.
- Shige... sei gay...? -.
L’altro rise di gusto, forse per mascherare un dolore che non avrebbe faticato né tardato a manifestarsi.
- È questa, la tua risposta? “Shige sei gay”? Non hai nient’altro da aggiungere?! NIENTE?!?! -.
Silenzio.
Infine, eccolo: il dolore del rifiuto.
Penetrava come una lama nel suo inconscio, fendendo tutto ciò che trovava, senza fermarsi.
Freddo, doloroso acciaio che lo dilaniava: questo era quello che lui chiamava “dolore”.
Fuwa, dal basso della sua posizione, continuava a fissarlo, immobile, silenzioso.
Quel silenzio più assordante di qualsiasi chiasso avesse mai udito.
Fece per sollevarsi, quando si sentì strattonare per la maglietta, verso il basso, finché le sue labbra non incontrarono qualcosa di umido, che lo sfiorò dapprima pian piano, poi sempre più intensamente.
Le labbra di Fuwa, decise, abili.
Lui, invece, tremava: gioia o dolore represso?
Non sapeva dirlo.
Una mano gli arrivò a spostare alcuni molesti ciuffi dorati dal viso, portandoli dolcemente dietro un orecchio.
Quando si staccarono, tornarono a fissarsi negli occhi: quelli di Shige brillavano, ma quelli di Fuwa erano identici a prima, una maschera fredda e impenetrabile.
Il detto “gli occhi sono lo specchio dell’anima”, nel suo caso, era perfettamente falso.
- Perché lo hai f...? -
- La mia non era una risposta, ma una domanda... -.
Fu a quel punto che le labbra del castano si distesero in un labilissimo accenno di sorriso che riempì il cuore dell’altro.
- Fuwa... sei gay? -.
La domanda ora era quasi retorica, tuttavia Shige sentiva il bisogno d’una conferma.
- Non ti avrei baciato se non lo fossi stato - replicò glacialmente l’altro.
Il biondo gli si distese sul petto, ancora una volta.
- Allora... mi ami? -
- Sì... -
- Davvero? -.
Shige era al colmo della felicità.
- Te l’avrei detto, altrimenti? - replicò Il Distruttore, impassibilmente.
Si baciarono ancora, più fervidamente di prima, quindi si separarono di nuovo.
- Devi già andare...? - gli sussurrò Shige a fior di labbra, triste.
- Devo... - rispose l’altro.
Si divisero e si rimisero in piedi.
- Allora... a domani... - mormorò il biondo.
Fuwa si stava già avviando fuori.
- Ah... Shigeki... -.
Il castano si fermò sulla porta.
- Sì? -
- Non farne parola. Con nessuno -
Detto ciò, Fuwa uscì.
- Contaci -.

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Capitolo 2
*** Fine senza inizio ***


2_Fine senza inizio
~ Fine senza inizio ~
MizunoxShige
Personaggi: Shigeki Sato, Tatsuya Mizuno
Genere: Romantico, Triste, introspettivo
Rating: Giallo
Note: One-shot, AU, Shonen-ai



Un incidente.

All’inizio, credevo fosse una cosa banale: aveva attraversato senza fare attenzione, come faceva sempre, nonostante glielo avessi ripetuto un centinaio di volte di guardare prima di attraversare.
- Tatsubon, sei sempre troppo prudente! Che vuoi che mi succeda? - mi ripeteva sempre, ogni volta che lo avvertivo.
Mentre stava passando, sulle strisce pedonali per giunta, una macchina lo aveva investito, scaraventandolo a terra, sul duro asfalto.
Gli ero corso vicino, poi mi ero calmato: si muoveva un poco.
Credevo si sarebbe rialzato: non era un tipo così fragile da esser messo ko da una botta.
Mi sbagliavo: mano a mano che i secondi si tramutavano in minuti, lui non accennava a riprendersi.
Rimaneva disteso a terra, immobile.
Gli andai appresso e solo quando gli fui a fianco vidi del sangue scendergli lungo le tempie, scivolandogli sulle palpebre dolcemente chiuse e fra i capelli biondi, dai quali cadeva a bagnare l’asfalto.
Non accennava alcun movimento di sorta: la mia preoccupazione salì alle stelle.
Chiamai un’ambulanza.
Dopo poco arrivarono e lo portarono via.
Ormai, però, era troppo tardi: un trauma cranico.
Non ce l’aveva fatta.

Ora io ero lì, al cimitero, davanti alla sua lapide di candido marmo bianco.
L’avevano seppellito lì poche ore prima e non avevo la forza di andarmene: era più forte di me, sentivo che dovevo rimanere.
Ci frequentavamo solo da qualche settimana, da quando avevamo scoperto una piccola scintilla tra di noi, un’attrazione che, a quanto pareva, era destinata a rimanere incompleta, per sempre.
Era dura pensare che, fino a due giorni prima, lui era vivo e ridevamo e scherzavamo, ignari del funesto destino che si sarebbe abbattuto su di noi.
Il destino che ci avrebbe diviso.
Ora che ero lì, desideravo rimanervi: che senso aveva ritornare alla vita di tutti i giorni, sapendolo in una fossa sotto terra?
Saperlo così vicino a me, eppure così lontano, mi riempiva il cuore di tristezza e dolore: mi sentivo schiacciato dall’inevitabile dolore della perdita della persona più cara che avevo al mondo.
Mi sentivo come se tutta la felicità del mondo non potesse più essere mia.
Svuotato, irrequieto, freddo: ecco come mi sentivo.
Mi sembrava di essere separato da tutto il resto da una spessa ed indistruttibile barriera di ghiaccio.
Fredda, esattamente come il mio cuore, rimasto ormai privo del calore dell’affetto.
I miei occhi si soffermarono a guardare la sua foto sulla lapide: i capelli tenuti lontani dagli occhi da una benda rossa, uno sguardo deciso, limpido e un sorriso sincero e spensierato ad increspargli le labbra.
Lui era così. Lo era sempre stato e sempre lo sarebbe stato.
- Shige... - mormorai.
Proruppi in bassi gemiti che non riuscii più a contenere: come facevo a rimanere in silenzio di fronte alla prospettiva di una vita senza di lui?
Tremai e caddi in ginocchio, piegando il capo in avanti, fissando il bordo bianco del marmo che sigillava il suo corpo nella fredda terra.
- Perché mi hai lasciato da solo? - mormorai, mentre sempre più lacrime cadevano dai miei occhi, strisciandomi sulle guance.
Non mi giunse risposta, perché, semplicemente, non poteva più rispondermi.
- Shige... - richiamai ancora.
Non volevo arrendermi di fronte ad un inevitabile destino passato da solo, senza di lui al mio fianco.
Non riuscivo a concepire una vita senza Shige, semplicemente.
Iniziò a piovere: forse gli angeli in cielo provavano compassione per me o forse era la natura che cercava di condividere il mio dolore, per alleviarlo almeno un po’.
Ma niente riusciva a risollevarmi dall’abisso in cui stavo precipitando: vuoto, oscuro abisso dove niente sarebbe stato più come prima.
Pian piano il marmo sotto le mie mani divenne scivoloso e persi la presa, ritrovandomi disteso per metà sulla sua tomba, la pioggia che, incessante, mi tamburellava addosso.
Non mi importava: volevo rimanere lì con lui, per sempre.
Chiusi gli occhi, mentre altre lacrime scendevano, ininterrottamente.
Ero lì, accanto a lui: ciò che desideravo di più e che mi era stato negato per il resto della mia vita.
Iniziai ad aver freddo e a tremare convulsamente, ma non m’interessava: ero con il ragazzo che amavo e ciò mi bastava.
Lui era morto.
Io ero vivo.
Eppure, per quei fugaci istanti in cui rimasi lì disteso, ebbi l’impressione d’essere in un’eterea dimensione dove ambedue eravamo insieme, per sempre.
Sentii delle mani afferrarmi e tirarmi su di peso, voci che mi chiamavano, concitate, preoccupate, braccia che mi sorreggevano e mi trascinavano via.
Le mie gambe si mossero.
Guardai la sua tomba un’ultima volta, affranto, distrutto.
- Shige, aspettami... ritornerò da te. Te lo prometto -.




Angolino autrice
Finalmente ho trovato un po' d'ispirazione per continuare questa raccolta *-*
Devo dire che gran parte del merito va a Lady GaGa e alla sua "Bad Romance", che mi ha dato l'idea u_u.
Spero di trovare al più presto altre idee per poter continuare la raccolta, anche se non ci conto troppo... ^^''
Ringrazio quanti vorranno recensire ^^.
F.D.

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Capitolo 3
*** In tutti i sensi ***


3_In tutti i sensi
~ In tutti i sensi ~
TsubasaxFuwa/FuwaxTsubasa
Personaggi: Daichi Fuwa, Tsubasa Shiina

Genere: Sentimentale
Rating: Verde
Note: One-shot, AU, Shonen-ai



- Siete dei giocatori davvero scarsi! -.

- I vostri colpi sono così prevedibili! -.
- Perché non cercate di applicarvi un po’ di più?! -.
Tsubasa, fermo al centro della linea di difesa, si lasciò sfuggire una mezza risata: quel Fuwa era davvero un bel tipo, in tutti i sensi.
La sua abilità di portiere era indiscutibile, al contrario della sua dubbia sensibilità, che molti, tra cui lui, sospettavano fosse addirittura inesistente.
Non si preoccupava mai degli effetti che sortivano le sue parole: qualsiasi appunto o critica che attraversasse la sua mente, lui indifferentemente lo esplicitava, talvolta con arroganza, altre volte con tono di scherno.
Indubbiamente, era un ragazzo davvero singolare.
Tra i selezionati delle varie scuole, era l’elemento più difficile da gestire, nonostante preferisse rimanere sulle sue, con i suoi compagni di squadra, in particolare con il piccolo Kazamatsuri.
Ogni volta che quel pensiero attraversava la sua mente, inevitabilmente gli suscitava strane fitte di qualcosa che somigliava inverosimilmente alla gelosia.
Era strano: perché avrebbe dovuto esser geloso di Kazamatsuri? Certo, era un ragazzo che brillava per determinazione e spirito d’iniziativa, che non si arrendeva mai davanti a nessun tipo di difficoltà, che cercava di essere amico di tutti a tutti i costi, ma lui, Tsubasa Shiina, non aveva niente da invidiargli.
O forse sì...?

La fine dell’allenamento, l’ennesimo.
Negli spogliatoi c’era un gran via vai di ragazzi, alcuni che uscivano dalle docce, altri che, già pronti, stavano andando via, altri ancora intenti a chiacchierare.
Tsubasa era tra questi ultimi: stava finendo di vestirsi e, intanto, chiacchierava con il suo gruppetto.
- Tsubasa, che hai? Mi sembri pensieroso... - osservò ad un tratto uno degli altri.
- Sì, è vero... -
- Eh? - fece il ragazzo, perplesso - Non ho niente! -.
- Ma’, sarà... -
- È vero!!! - replicò ancora lui, infervorandosi.
Gli altri risero.
- Okay, Tsubasa, se lo dici te... ci vediamo domani! -
- Se... ci si vede... - replicò Tsubasa.
Si alzò e andò a recuperare la borsa che aveva lasciato in fondo allo spogliatoio.
Passando attraverso di esso, notò che non c’era più anima viva: sembrava essere l’ultimo rimasto, ma non se ne preoccupò.
Prese la borsa e fece dietrofront, dirigendosi verso la porta, ma, arrivato ad essa, la trovò chiusa a chiave.
- C-cosa?! Come può essere già chiusa a chiave?!?! E ora che faccio?! - esclamò, agitato, cercando di forzarla.
- Hai fretta di andare da qualche parte...? -.
Una voce fredda, calma, minata appena d’una punta di sarcasmo.
Tsubasa rimase immobile dov’era e si girò: vicino a lui c’era Fuwa.
Nei suoi occhi c’era qualcosa, un qualcosa che non aveva mai visto.
- Fuwa, ha-hai chiuso tu la porta? - chiese Tsubasa.
L’altro fece bella mostra dell’anellino che teneva in mano, al quale era appesa la chiave.
- Perché?! Che cosa vuoi da me? -
- Niente... solo fare quattro chiacchiere... -.
Tsubasa era in difficoltà: con lui non riusciva ad esser calmo.
Inevitabilmente perdeva il controllo.
Fuwa si appoggiò contro la parete, le braccia incrociate sul petto, il capo chino, gli occhi coperti dai capelli.
Aveva davvero un che di misterioso e proibito.
- Ho visto che spesso mi guardi mentre ci alleniamo... - mormorò il portiere, senza alzare gli occhi.
Tsubasa non sapeva che replicare: le parole gli erano morte in gola.
- ... e che spesso eviti di starmi vicino... -.
Tsubasa continuò a tacere.
- ... e ora sei a disagio, non sai cosa rispondere, non sai cosa ribattere, preferisci un ambiguo silenzio... -.
Era peggio di una tortura psicologica: ora capiva perché alla sua scuola era famoso con il soprannome de “Il Distruttore”.
Il portiere alzò repentino il capo verso di lui.
Si fissarono per qualche istante.
- Ed ora sei tutto rosso... non è che provi qualche cosa verso di me? - terminò, con una naturalezza inverosimile.
Il piccolo difensore arretrò.
- M-ma che sciocchezze stai dicendo? - esclamò, cercando di difendersi.
- Shiina... è palese. C’è per forza qualcosa che tu non vuoi dirmi. Qualcosa che ha per oggetto me. Odio? Gelosia? Amore? -.
Iniziava a dargli sui nervi.
- Io non ti amo!! -
- Ne sei sicuro? E allora, perché quando sto con Kazamatsuri sei sempre inspiegabilmente nervoso? -.
Era andato a toccare un tasto pericoloso, era inciampato in un nervo scoperto.
Tsubasa a quel punto gli si avventò contro e fece per colpirlo, ma non ci riuscì: rimase dinanzi a lui col pugno per metà alzato, in atto di colpirlo.
Il piccolo digrignò i denti.
- Visto? - fece Fuwa, calmo - Non hai osato colpirmi... -.
Il castano, a sorpresa, si chinò su di lui, tanto da arrivare alla sua stessa altezza.
- Sei davvero un ragazzo deciso e interessante, in tutti i sensi... - gli sussurrò all’orecchio.
Non seppe perché, ma quell’affermazione gli suonò come una maliziosa insinuazione.
O, molto più probabilmente, come una semplice dichiarazione.
Quelle parole finalmente lo sciolsero dall’invisibile vincolo che lo separava da Fuwa, che gli impediva di essere se stesso in sua presenza.
Sorrise, affabile.
- Anche tu sei un bel tipetto, in tutti i sensi... -.
Il portiere stese le labbra in quello che, probabilmente, era da intendere come un sorriso compiaciuto.
- Bene... - concluse.
Quindi, uscì dallo spogliatoio, lasciando l’altro da solo, piacevolmente sorpreso.




Angolino autrice
Oooooki, O____O è da un sacco che non aggiorno questa raccolta e me ne sono ricordata solo ora ^^'' chiedo venia.
E chiedo venia anche per la stupidità di questo capitolo, che, lo so, non è poi quel granché.
Ma l'importante è il pensiero! XD
Oki, la pianto qui perché auto-offendermi così mi fa male alla salute.
Termino ringraziando chi legge e particolarmente Kahoko, che ha recensito il precedente capitolo.
Al prossimo chappy (si spera)! ^^
F.D.

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Capitolo 4
*** Capitano...? ***


4_Capitano..._
~ Capitano...? ~
FujishiroxShibusawa/ShibusawaxFujishiro
Personaggi: Seiji Fujishiro, Katsurou Shibusawa
Genere: Romantico
Rating: Verde
Note: Drabble, Shonen-ai



- Capitano? -.

Shibusawa si girò.
- Sì, Fujishiro? -
- Le è caduta la fascia... -
- Oh... -.
Seiji gli tese la benda rossa da capitano.
Quando la mano dell’altro la prese, lo tirò a sé d’impulso, finché i loro petti non furono a contatto.
Shibusawa non si scompose minimamente e continuò a fissare l’attaccante.
- Capitano? - lo chiamò ancora Seiji.
- Dimmi, Fujishiro... - replicò Shibusawa, paziente.
- Perché non mi chiama Seiji? -.
Shibusawa esitò.
- Perché il tuo cognome è migliore -.
- Capitano...? -
- Dimmi... -
- Capitano... credo di amarla... -.
Shibusawa gli afferrò l’altro polso, bloccandolo.
Sorrise: l’ingenuità e la franchezza erano i suoi migliori pregi, quindi... perché non dirglielo...?
- Anch’io... Seiji... -.




Angolino autrice
Ecco il 4° capitolo ^^'' stupido,  banale, breve e altri aggettivi che ora come ora mi sfuggono, però almeno ho aggiornato in tempi non esageratamente lunghi, e di questi tempi è raro... ^^''
Comunque, ringrazio Kahoko-chan e monia94 per le recensioni ^^'' e quanti leggono e seguono in silenzio ^^
Well... al prossimo capitolo!
F.D.

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