Nemesis di Tabitha (/viewuser.php?uid=83156)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Yesterday ***
Capitolo 2: *** Home ***
Capitolo 3: *** Dreams ***
Capitolo 4: *** Winner ***
Capitolo 5: *** Satisfaction ***
Capitolo 6: *** Wherever ***
Capitolo 7: *** Sex ***
Capitolo 8: *** Hell ***
Capitolo 9: *** Untrue ***
Capitolo 10: *** Pride ***
Capitolo 1 *** Yesterday ***
Tabitha's 1stbbb
Ciao a tutti!!!
Questa è la mia prima fanfiction, mi sono
divertita molto a scrivere il primo capitolo e spero abbia divertito anche voi
lettori! Voglio davvero sapere che cosa ne pensate e sono disposta a ricevere
quanti più consigli potrete!… poi sarò io a decidere se seguirli o meno.
^^
Credo che la storia che ho in mente sia piuttosto
avvincente e non vedo l’ora di raccontarvela per intero!… Ecco, a dire il vero
non so ancora come andrà a finire e credo che questa sia la cosa migliore perché
sarà davvero una bella avventura scoprire la trama insieme a voi!
Grazie per la vostra pazienza e a
presto.
PS: buona lettura.
la vostra
Tabitha
CAPITOLO
I
...I
belive in
“Yesterday”...
[…] “E sinceramente” aggiunse, “ho passato abbastanza
guai per una vita intera”.
Una vita
intera. Harry non ricordava più come ci si sentiva a pensare alla propria
vita come a un qualcosa di certo, di completo e di dilatato nel tempo.
Era finita. La battaglia che combatteva da
sedici anni era finita e lo lasciava vittorioso, come un bambino che, dopo aver
osservato con meraviglia ciò che gli appariva indefinito e appena a un palmo
dal naso, si accorge spaesato di avere un'altra opportunità e finalmente volta
il binocolo.
Con un sorriso pieno d'affetto si congedò dal ritratto di
Silente, che lo ricambiò riducendo a fessure commosse i suoi occhi celesti da
sopra gli occhiali a mezzaluna, poi Harry seguì Ron e Hermione giù dalle scale a
chiocciola, fuori dall'ufficio del preside.
Hermione aprì le labbra più volte
senza emettere alcun suono: le parole non sembravano volersi assemblare a dovere
perciò vi rinunciò ed imitò la quiete dei due maghi, che dopotutto le era meno
odiosa del solito.
I loro pensieri erano velocissimi, persino quelli di Ron,
e la loro traduzione sarebbe stata inutile e limitante.
Camminarono insieme
in silenzio.
Come sotto la maledizione Imperio, lasciarono che le loro gambe
percorressero lente ogni noto, amato centimetro di Hogwarts, scambiandosi
sguardi complici a vicenda alla vista di qualunque oggetto ricordasse loro le
uscite notturne, le avventure, le lezioni, i litigi e gli amori delle loro
magica adolescenza.
La loro ostinata resistenza al sonno che li opprimeva li
portò fino al campo di Quidditch.
Hagrid stava guarendo le ferite di Grop,
che gliene infieriva altrettante nel tentativo di frenare il proprio dolore,
così che madama Chips dovette intervenire. Ma lui e tutti gli altri, che
festeggiavano la sconfitta del Signore Oscuro o piangevano i caduti, erano
lontani.
I tre stettero per un po' sugli spalti del Grifondoro al sole di
mezzogiorno.
“Forse dovremmo tornare...” sospirò Hermione in risposta al
brontolio dello stomaco affamato di Ron, che lui aveva cercato di soffocare
imbarazzato; i suoi occhi spalancati fissi su qualcosa indegno di tanta
attenzione.
“Immagino sia ora di pranzo ormai... Magari le cucine non sono
messe troppo male e gli elfi sono riusciti a racimolare qualcosa da cucinare”.
Hermione allora si rese conto di non ricordare l'ultima volta in cui avevano
mangiato; doveva esser stato il giorno precedente o forse ancora prima.
“E io
che morivo dalla voglia di una delle tue specialità ai funghi!” fece Ron,
fingendo seria convinzione.
Hermione si fece scura in volto e prima che il
suo interlocutore potesse reagire gli piantò una gomitata fra le costole.
“Ahi! Stavo scherzando”. Ron esitò senza capire la sua reazione; qualche
istante dopo la strega alzò lo sguardo verso di lui e, nonostante si fosse morsa
un labbro per rimanere impassibile, quando incontrò quei due specchi azzurri che
la guardavano perplessi, la sua espressione si schiarì e i suoi occhi
intelligenti si riempirono di dolcezza.
“Ma che ti prende?”; Ron le teneva
ferme le mani, stringendole nelle sue, per impedire che lo colpisse di nuovo,
come aveva fatto la sera del suo ritorno alla tenda. Non si sa mai.
“Iniziavo
a preoccuparmi...”
“Pensavo che dopo quello che abbiamo passato, la parola
preoccupazione avrebbe perso ogni significato per noi” borbottò Harry, che
ancora non riusciva ad abituarsi alla relazione dei suoi migliori amici, venuta
fuori solo adesso, nonostante i palesi sentimenti reciproci celati con infantile
cocciutaggine negli ultimi quattro anni.
“Già...”, qualcosa si era spento
nella voce di Ron.
Fino a quel momento c'erano state mille distrazioni e la
gioia della vittoria e del bacio lo avevano distratto abbastanza da non pensare
alla morte di suo fratello.
Ma ora lo scudo invisibile che lo proteggeva -
chissà se non fosse stato un incantesimo di Hermione - andava rarefacendosi e
si sentì indebolire da questa consapevolezza.
La sua mente non doveva dare
forma a quell'idea, non doveva. Non poteva fare altro che escludere ogni
pensiero così da evitare di incappare nel più temuto.
In quel nulla, però
affiorò un qualcosa di gentile, che gli si accostò e lo scaldò più del sole.
Ron conosceva bene quel qualcosa, ma strizzò gli occhi nel tentativo di
respingerne la sua decodificazione. Non doveva pensare il suo nome.
Troppo
tardi.
Hermione.
Hermione - Harry - è tutto finito -
Hermione.
Per quanto lei fosse il più bello dei pensieri, come tale
innescò la bomba e lo catapultò in un vortice di immagini che lo scaraventò
dritto a Fred.
Lo rivedeva ridere e scherzare insieme a George, il suo
gemello; ne sentiva la voce allegra che lo scherniva: privilegio fraterno. E
tutti i ricordi più felici si alternavano ripetutamente all'ultimo che lo
riguardava: Fred Weasley disteso a terra, immobile.
All'istante rabbrividì.
Strinse Hermione forte a sé e nascose la faccia bagnata da lacrime bollenti fra
i suoi capelli bruni, che alla luce solare risplendevano come bronzo
prezioso.
Si sentiva la testa puntellata da spilli e lo stomaco mutato in un
trampolino per il cuore in naufragio che vi affondava come in un abisso per poi
riemergere in un attimo fino a soffocarlo.
Anche Hermione aveva gli occhi
lucidi e gonfi; lasciò cadere poche gocce silenti, reprimendo la tristezza
infinita che provava e risparmiando un ulteriore sforzo al suo apparato
lacrimale, esausto per i pianti perpetrati per mesi quasi senza sosta. Doveva
essere forte per Ron.
Guardò Harry implorante, sperando in un suo
suggerimento, ma il suo sguardo duro e dolente diceva di tacere: deve sfogarsi. Ne ha bisogno. È giusto.
E lei, un po' indispettita,
convenne con lui.
Il sole splendeva insensibile e giusto piccole, sporadiche
nuvole lontane levitavano nel cielo a ricordare che dopotutto quella era la Gran
Bretagna, e la sera non accennava neanche a prendere in considerazione la
possibilità di giungere.
Troppo o troppo poco tempo dopo una minuscola sagoma
dai capelli rossi spuntò in mezzo al campo di Quidditch e li raggiunse dove i
colori degli spalti erano caldi e fieri.
Gli occhi di Harry si illuminarono e
le andò incontro.
“Ginny!”
“Eccovi finalmente! Siete stati qui tutto
questo tempo? Vi cercano tutti” disse in un solo fiato, affannata dalla ricerca
che sembrava essere durata a lungo.
“Be', avevamo tutti voglia di un po' di
tranquillità...”
“Ah-ah, lo vedo” e rivolse a Harry uno sguardo di rimprovero
per aver visto Hermione e il fratello abbracciati così stretti, mentre Harry non
l'aveva nemmeno chiamata a defilarsi con loro.
Harry notò il suo tono
indispettito e si affrettò ad aggiungere: “...E volevamo rivedere quella che è
stata la nostra casa per tutti questi anni... Un ultima volta”.
Ginny
ripiegò e mise da parte con cura la sua moderata stizza in un cassetto speciale
del suo cuore con su scritto da non
dimenticare, poi sfoderò un sorriso e rispose: “Tempo sprecato! La
McGranitt ha radunato tutti gli studenti nella Sala Grande circa due ore e mezza
fa per congratularsi con tutti del nostro coraggio, della nostra lealtà e tutto
il resto... E per comunicarci che... Ah, ma dovevi vedere la faccia di Lumacorno
quando si è accorto che il suo tavolo era completamente vuoto e che in fondo
alla sala c'era un unico piccolo gruppo di Serpeverde, Mangiamorte oltretutto! È
diventato tutto rosso e ha cominciato a muoversi sul posto agitato e in un
tremendo imbarazzo!Ah!”
“Gli sta bene! Quel pallone gonfiato!” intervenne Ron
con la voce alterata dai residui singhiozzanti del suo pianto.
“Andiamo, Ron!
Non ce l'avrai ancora con lui? Nonostante tutto ha combattuto con noi
valorosamente ieri notte” lo rimbeccò Ginny allegra.
“Un momento” fece
Hermione, “Mangiamorte ancora a Hogwarts? Ad ascoltare come se niente fosse le
chiacchiere di una vecchia strega, insegnante del castello che hanno contribuito
a ridurre in macerie?” gridò, quasi, Hermione.
“Be', non proprio come se
niente fosse... la preside, benché se la
volessero svignare, ha chiesto espressamente ai Malfoy di rimanere ad ascoltare
gli annunci che aveva da fare...” riferì Ginny.
“I Malfoy?”
Harry era
sbalordito.
Il più codardo Mangiamorte che Voldemort avesse mai avuto la
folle idea di arruolare, eccettuato Peter Minus forse, non se l'era data a gambe
di corsa dopo la sconfitta?
“Che cosa? La nuova preside non si è preoccupata della nostra assenza e ha insistito perché il nemico
stesse seduto comodo al suo fianco e prestasse attenzione alle sue amichevoli
parole accompagnato da dolce musica ed un boccale di Burrobirra
magari?”
“Intanto, Ron, noi vi abbiamo aspettati. E cercati dappertutto, se
proprio vuoi saperlo, ma poi, pensando di disturbare il meritato riposo dei
nostri eroi, dopo quarantacinque minuti di attesa la McGranitt ha deciso di
proseguire senza di voi. Che ne dici?
Quanto ai Malfoy: non li ha certo
accolti a braccia aperte! Ha trattato Draco con molta severità e non gli ha
risparmiato ben educati commenti
sprezzanti, ma aveva il diritto di ascoltare...”
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Capitolo 2 *** Home ***
Tabitha's 2nd b
Ehi ragazzi!
Come avrete notato, immagino
che presto sarò costretta ad alzare il rating della fiction; spero di non
causare problemi con questa mia decisione.
Per quelli che sperano in una mia
rivalutazione di Draco, premetto che non è il mio personaggio preferito, ma
anticipo anche che questi lettori non resteranno a bocca asciutta.
PS:
RECENSITE ;)
la vostra
Tabitha
CAPITOLO II
...but I wanna go
“Home”...
Harry
notò sollevato che le loro ombre si erano dilatate notevolmente dall'ultima
volta che aveva controllato e dopo pochi istanti di distrazione incalzò Ginny:
“Allora, che cosa ha detto di tanto importante la McGranitt?”
“Ci stavo
arrivando” rispose lei secca, “la professoressa si è scusata per il grave
disservizio scolastico causato quest'anno agli studenti e alle loro famiglie, ha
denunciato i soprusi che alcuni insegnanti, compreso il preside Piton, hanno
esercitato entro queste mura secolari ed ha espresso la propria fiducia nei
confronti del nuovo Ministro della Magia. Ci ha detto che il Ministero sarà
immediatamente reindirizzato al suo giusto compito, che verranno scarcerati gli
innocenti e liberati gli ultimi prigionieri, che Hogwarts tornerà finalmente ad
essere famosa per la sua sicurezza e...”
“E...?” fece Hermione incoraggiante,
esausta per quell'ambasciata interminabile.
Ma anche lei suonava così noiosa nei suoi monologhi
saccenti?
“E” disse Ginny
fulminando l'amica con gli occhi, “ha riferito agli studenti che tutti potranno
recuperare l'anno, perduto in torture dei Mangiamorte, dal prossimo primo di
Settembre”.
“Questo significa che avrete tra i piedi il doppio dei marmocchi
del primo anno e un sacco di ripetenti!”
“Non esattamente Ronnie. Ti deve
essere stranamente sfuggito qualcosa. Mi
dispiace distruggere la tua aspirazione ad avere un felice, ozioso anno composto
da ore di buca non-stop, ma il nuovo programma scolastico include anche voi tre,
soprattutto voi tre. E dopotutto pensa
un po' a cosa direbbero i vostri fan se il ragazzo sopravvissuto-un-milione-di-volte e i
suoi fedeli compagni di brigata riprendessero la vita di tutti i giorni senza
nemmeno il loro M.A.G.O.”. La faccia compiaciuta di Ginny era sovrastata per
intensità solo da quella rossa di Ron, che minacciava un'esplosione di rabbia e
vergogna contro la sorella sfacciata.
“Tu, piccol-”
“Davvero Ginny? Non ci
posso credere! Potremo conseguire il M.A.G.O. comunque?” lo interruppe Hermione
al settimo cielo, senza soffermarsi sull'esser stata definita una compagna di brigata. Ron intanto sbolliva la
rabbia, dopo aver gettato a entrambe sguardi offesi; infine cedette e giudicò
l'aggressività di Ginny un diverso modo di reagire al lutto comune.
Dato
l'insolito controllo e l'inattesa indulgenza di suo fratello Ginny decise di
farla finita con l'acidità, abbassò la testa un momento e riprese più pacata:
“Sì, Hermione, avrete il vostro esame finale”
“È un'ottima notizia” decretò
Harry, “ma è successo qualcos'altro oltre alla riunione della preside mentre non
c'eravamo?”
“Be' no. Non che io sappia, visto che poi ha chiesto a Luna e a
Neville di venirvi a cercare ancora e che io li ho seguiti...”
“E dov’è che
dovrebbero essere Luna e Neville in questo momento?” cantilenò Ron.
“A un
certo punto ci siamo divisi per fare prima, ma non ha funzionato più di tanto.
Comunque sarebbe meglio avviarci al castello e tranquillizzare tutti, prima che
mobilitino gli Auror”
“Si, buona idea!” le intimò Harry con fare molto più
che amichevole.
Hermione invece si rivolse a Ron ridacchiando: “Forza,
Ronald, metti in moto le gambe: si riparte!” e fece seguire le parole da uno
sbadiglio inadeguato che contagiò subito il mago.
“Sicura di non conoscere un
incantesimo per farglielo fare da sole?”
“Sicurissima”
“Mai un semplice
incantesimuccio futile, tu!” borbottò, mentre lei lo squadrava ironica in
attesa, “d'accordo, mi arrendo...”; Ron si eresse in tutta la sua altezza
stiracchiandosi, poi lasciò che Hermione lo sorpassasse e insieme scesero gli
spalti della tifoseria rosso-oro.
“A proposito, Ginny, non è che nella Sala
Grande hanno portato del cibo?...” azzardò Hermione.
“Giusto. Mm, sì. Nessuno
aveva certo previsto il combattimento perciò le cucine erano comunque ben
rifornite per i pasti che avrebbero dovuto servire nel corso della
giornata.
Abbiamo pranzato con stufato d'agnello, broccoli e per dessert un
semifreddo di cioccolato al peperoncino, decorato da zuccherini frizzanti
colorati, il tutto innaffiato da un ottimo whisky incendiario che Lumacorno è
stato costretto a stappare per i festeggiamenti, ma credo non sia rimasto
niente...”
“Vuoi scherzare? Se non metto subito qualcosa di commestibile
sotto i denti giuro che ti mangio la bacchetta, Ginny!”
“Certo. Pensa a
tenere il passo, pelle e ossa!”
Ginny aveva ragione. Non solo Ron, ma anche
Harry e Hermione erano emaciati e sembravano piuttosto deboli.
Harry misurò
lo spazio vuoto nel suo stomaco con l'acquolina in bocca e seguì il consiglio di
Ginny, quasi fosse rivolto direttamente a lui e a gran falcate arrivò ad
affiancare la ragazza, che semplicemente adorava.
Giunti al portone
d'ingresso della scuola - spalancato - si ritrovarono in un corridoio vuoto. I
combattenti avevano dovuto abbandonare le fila per tornare a casa,
ormai.
Harry fu assalito da un problema del tutto trascurato fino a quel
momento: se Hogwarts era stata la sua casa fino
ad allora, dove sarebbe andato a vivere da quel momento in poi? Tornare dai
Dursley era finalmente fuori discussione. Anche la sua casa in Grimmauld Place
era da escludere, dato che oltre ad essere uno dei luoghi più spettrali in cui
fosse mai stato - e il che era tutto dire - era caduta nelle grinfie dei
Mangiamorte e, secondo quanto Kreacher gli aveva riferito, era stata rasa al
suolo dagli stessi...
Restare lì era impossibile. Forse avrebbe comprato un
appartamento a Godric's Hollow, a Londra, o forse vicino a casa di Ron, anche se
la signora Weasley, con tutta probabilità, sarebbe stata felice di adottarlo
direttamente e l'avrebbe invitato a stare da loro alla Tana. Vivere con Ginny e
Ron e gli altri a tempo pieno però sarebbe stato troppo strano.
I Dursley!
Quasi se
ne era dimenticato. Aveva affidato gli zii e quel teppista deficiente di Dudley
a Dedalus Lux e alla strega dai capelli scuri che era venuta a Privet Drive con
lui per scortarli in un luogo più sicuro. Ora però i tre Babbani non avevano
nulla da temere e potevano tornarsene indisturbati alla loro osannata normalità.
Forse il Ministero aveva già provveduto...
Ma lui che cosa
avrebbe fatto?
Svoltarono il corridoio a sinistra.
“Ma che
diavolo?...” esclamò Neville andando a sbattere contro Harry.
Poi aggiunse
ansimando pesantemente: “Non. Fatelo. Mai
più!”
Ron fece uno strano rumore col naso che doveva essere una risata
soffocata all'ultimo.
“Ma dove eravate? Vi abbiamo cercati
ovunque!”
“Hanno fatto il giro turistico del castello e poi sono andati a
giocare a nascondino al campo di Quidditch, ecco tutto” s'intromise
Ginny.
Sul volto di Neville si dipinse un'espressione incredula ed infuriata
e Hermione arrossì sentendosi un po' in colpa.
“Scusaci, Neville, per avervi
fatto perdere tempo” disse Harry.
“Non sono io quello a cui dovreste chiedere
scusa: noi ci eravamo immaginati che cercaste solamente un po' di intimità ma la
madre di Ron ha cominciato a dare di matto e siamo stati incaricati di venire a
cercarvi”. Ora anche Ron era tutto rosso e disperato all'idea di dover
affrontare sua madre in quello stato.
Poi Harry confessò: “Sei stato molto
coraggioso, Neville, i tuoi genitori sarebbero fieri di te”.
Neville sorrise
modesto ma orgoglioso.
“Be', l'importante è che siate sani e salvi... Dai,
andiamo.”
Entrarono nella sala Grande.
Più di due terzi della moltitudine
che riempivano la sala l'ultima volta che vi si erano trovati, si era dissolta;
tutto era più tranquillo. Luna drizzò la testa che reggeva fra le mani e si
sporse da dove era seduta per strizzare l'occhio a Harry, lei, complice della
sua scappata clandestina.
Molly Weasley si precipitò su Ron stritolandolo in
un abbraccio accorato, senza interrompere il suo pianto per Fred e il suo figlio
più piccolo tornò serio d'un tratto, cinse a sua volta la donna e si diresse con
lei verso il tavolo attorno al quale era radunata la sua famiglia; anche Ginny
li seguì.
Cho Chang salutò Harry e se ne andò. Così fecero anche i membri
della vecchia squadra di Quidditch del mitico cercatore di Grifondoro e altri
che avevano voluto aspettare una benedizione dell'eroe prima di tornare alla
propria quotidianità.
Dopo la processione, nel castello non rimasero che gli
insegnanti, gli addetti di Hogwarts e l'Ordine della Fenice.
“Eccoti Potter,
finalmente. Tu, la signorina Granger e il signor Weasley avete deciso di
degnarci della vostra presenza alla fine”. La voce della McGranitt era tornata
autoritaria e asciutta come sempre, ma Harry sapeva quanto loro le fossero cari
e disse: “Volevamo solo un po' di tempo per sgombrare la mente, da
soli...”
“Capisco”.
“Ginny ci ha parlato dell'assemblea” riferì Hermione
con vivacità.
“Perfetto. Come vi avrà detto la signorina Weasley, riceverete
le vostre lettere durante l'estate e dal prossimo Settembre seguirete le lezioni
del vostro settimo anno senza anomalie significative di forma”.
La preside
alzò lo sguardo verso la famiglia dai capelli rossi ed una volta incontrato
quello di Ron, gli intimò di avvicinarsi.
Dopo essersi liberato dalla presa
serrata della madre, il ragazzo obbedì.
La strega elogiò le loro azioni
scapestrate piena del senno di poi e riassunse ancora una volta il contenuto
della dannata riunione che si erano persi. Offrì loro i resti del semifreddo e
dei dolciumi sequestrati alle riserve segrete degli studenti più golosi, con un
certo disgusto. I tre si avventarono sul rinfresco presentato loro; poi ad Harry
sovvenne: “Avrei una domanda da rivolgerle, professoressa”
“Di che si tratta,
Potter?”
“Be', Ginny Weasley ha detto che Draco Malfoy e la sua famiglia
erano presenti quando lei ha parlato agli studenti poche ore fa...”
“Draco
Malfoy è pur sempre uno studente di questa scuola, Potter”
“Ma-” intonarono
insieme i tre.
“E” continuò la McGranitt, “non è compito mio giudicare né
tanto meno punire i crimini che ha commesso un mio alunno. Ciò spetta al
Ministero”. La strega aveva assunto un tono più severo come a mascherare il
proprio desiderio autentico, per non trasgredire al regolamento.
La preside
allungò a Hermione una copia fresca di stampa della Gazzetta del Profeta.
La prima pagina
raffigurava, da un lato, il castello di Hogwarts devastato dagli attacchi dei
Mangiamorte, di fianco c'era una foto di Harry circondato da una folla immensa
che esultava intorno al cadavere di Voldemort; in un angolo in alto, invece,
stava un mezzobusto di Kinsley Shacklebolt, che scrutava il lettore con gioia
superba e semplice allo stesso tempo.
Il titolo in grassetto gridava: Harry Potter sconfigge il Signore
Oscuro.
Hermione, scettica, teneva il giornale cautamente fra le dita.
Lesse ad alta voce: “Tra le ore 00.00 e le 5.00
di stanotte si è tenuto uno scontro epico presso la Scuola di Magia e
Stregoneria di Hogwarts fra gli schieramenti di
Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato-”
“Non posso crederci! Si ostinano
ancora ad aver paura di uno stupidissimo nome?” sbraitò Harry.
“Colpa
dell'abitudine...” ipotizzò Ron, vagamente comprensivo.
“Ragazzi, posso?” I
due annuirono, l'uno furente, l'altro annoiato.
“Allora, dov'ero rimasta?...
Ah ecco: …Di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato
ed un esiguo, ardito esercito di studenti maggiorenni, professori ed Auror che
hanno identificato come propria guida il celebre Harry Potter.
Lo scontro si è
concluso con la disfatta del Signore Oscuro per mano del giovane
Potter.
Le
vittime e i feriti sono stati numerosi da entrambe le parti ed il lutto per i
martiri della giustizia e della libertà ripristinate verrà celebrato con i più
grandi onori.
È stata effettuata la cattura dei Mangiamorte Alecto
e Amycus Carrow e di Gregory Goyle.
Il Ministro Shacklebolt firmerà al più presto un
mandato di arresto per tutti i Mangiamorte fuggitivi, i quali verranno
sottoposti al processo capitale.
Al signor Harry Potter i massimi riconoscimenti ed un
sincero ringraziamento da tutti noi” terminò Hermione.
Non sapevano
cosa aggiungere.
L'articolo non era stato esauriente in verità, ma dopotutto
gli editori avevano avuto così poco preavviso...
Ma come aveva fatto la
famiglia Malfoy ad andarsene dal castello senza problemi?
Magari all'arrivo
dei ministeriali erano già lontani e quelli non avevano potuto far altro che
impossessarsi dei malcapitati fratelli Carrow, schiantati e legati ancor prima
della lotta, e di quel tonto di Goyle: fin troppo semplice.
“Be', speriamo
che li prendano in fretta...” sentenziò Hermione.
Harry e Ron assentirono col
loro silenzio.
Dato che la scuola era devastata e che le lezioni di tutto
l'anno erano state pressoché nulle, gli alunni furono rispediti a casa
anzitempo. Si ritrovarono ad avere un'estate meravigliosamente lunga in modo da
concedere ad Hogwarts il tempo necessario per risanarsi.
Intanto Harry e
Hermione discutevano di problemi più imminenti.
“No, Hermione, non posso
stare tutta l'estate a casa tua” ripeté Harry per l'ennesima
volta.
“D'accordo, non verrai da me. Allora dimmi dove hai intenzione di
abitare. Andiamo, tu sei praticamente un senzatetto, per il momento, e senza di
te dovrei stare a casa tutta da sola. I miei sono ancora in Australia e senza un
buon piano per il loro recupero vi rimarranno ancora per parecchio tempo. Se
proprio vuoi ricambiare la mia ospitalità, vedi il tuo accompagnarmi nella terra
dei canguri come la giusta ricompensa.
Ti prego, non farti pregare un'altra
volta!”
Harry non vedeva vie di uscita e dopotutto non poteva permettersi di
frapporne altre.
“Va bene, va bene. Verrò a stare a casa tua per un po'...
contenta?”
“Sì”.
I due si diressero verso l'uscita, salutarono i
professori e poi si avvicinarono alla famiglia di Ron e Ginny.
Per un momento
intravidero George nella mischia di capelli rossi e dovettero subito distogliere
lo sguardo: non potevano sopportare un confronto con lui in quel momento.
“A
presto. Risentiamoci per lettera il più presto possibile” disse Harry rivolto a
entrambi.
Ginny non poté più trattenersi e si fiondò su di Harry, che rispose
al bacio con altrettanta impazienza, incredulo dell'astinenza che era riuscito a
perpetrare, e che era sicuro, non avrebbe mai più saputo eguagliare.
Ron si
fece bordeaux e scansò subito la figura di Hermione, fingendosi interessatissimo
alla stoffa delle sue scarpe sbiadite e un troppo strette per i suoi
piedi.
Hermione parve un po' delusa e irritata, invidiosa dei due
piccioncini.
Col sollievo di tutti e due Ginny e Harry si scollarono.
“Be'
ciao, a presto” fece Harry con la faccia più disinvolta che riuscì a
simulare.
“Ci vediamo” rispose la sua ragazza.
Ron si limitò a increspare
appena le labbra verso l'alto, emulando la smorfia meno assassina
possibile.
Hermione andò per un: “Ciao, Ron” più emozionato di quanto non
avesse voluto rivelare e con un debole sorrisino imbarazzato si voltò e si avviò
insieme a Harry verso il cancello che delimitava i confini di Hogwarts, per
potersi smaterializzare con lui.
Lo avevano quasi superato quando Ron li
raggiunse di corsa.
Trattenne il fiatone e sussurrò a un orecchio di
Hermione, solleticandolo e facendole salire un brivido: “Se non l'avessi capito,
a proposito, ora stiamo insieme”
Lei non capì più nulla, non riuscendo a
credere al suo orecchio sinistro, incontrò gli occhi di Ron per un istante:
erano chiari, sinceri, gelosi della sua
ragazza e questo le piaceva molto, ma poi chiuse i suoi, le loro labbra
si sfiorarono timide e quello che seguì le piacque ancora di più.
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Capitolo 3 *** Dreams ***
Tabitha's 3rd 2
Grazie per l'incoraggiamento e i complimenti che mi
avete rivolto. Mi impegnerò a migliorare e a regalarvi emozioni forti!
:)
La vostra
Tabitha
CAPITOLO III
...the “Dreams” in which I'm
dying are the best I've ever had...
“Harry, va tutto bene?”
Hermione richiuse la
porta del suo appartamento dietro di sé e barcollando sui tacchi alti, raggiunse
una grande poltrona di fronte al divanetto sul quale era seduto Harry,
pensieroso e taciturno; vi sprofondò con sollievo e paziente, aspettò una
risposta.
Il mago era lontano da quell'accogliete salottino
inglese: ripercorreva col suo solito masochismo la giornata trascorsa.
Tre giorni dopo la
disfatta di Voldemort, quella mattina, si erano recati a Godric's Hollow per il
funerale dei coniugi Lupin. Era stata dura porgere le condoglianze ai signori
Tonks e soprattutto guardare il piccolo Teddy negli occhi - in cui a Harry era
sembrato di rivedere se stesso - così innocenti e ignari, mentre piangeva
l'assenza di una madre che non sarebbe più tornata a lui. Harry si era sentito
impotente e non aveva potuto far altro che accarezzare con tenerezza la
testolina folta di ciuffi castani e (quel giorno) lilla del suo figlioccio.
Erano
presenti tutti quelli dell'Ordine, vecchi amici, e parenti che Harry non
riconobbe, ma ai quali non rifiutò numerose strette di mano.
All'arrivo di
Neville, poi, Ron era stato abbastanza pronto da salvare la situazione,
svelandogli tempestivamente l'identità di Andromeda Tonks, che aveva quasi fatto
collassare il mago per l'incredibile somiglianza con l'odiata - defunta -
sorella Bellatrix.
La cerimonia era stata solenne e bella, nel suo
genere.
Xenophilius Lovegood non aveva fatto altro che
tartassare la figlia con domande su domande, costantemente meravigliato di
qualunque cosa e intenzionato, a quanto pareva, ad aggiornarsi su ogni dettaglio
che non ricordava.
I maghi e le streghe, in borghese Babbano, poi, erano
tornati alle proprie abitazioni uno dopo l'altro.
Harry, Ron, Hermione
e Ginny avevano seguito il corteo dei cari più stretti fino al cimitero, dove il
primo aveva ritrovato le lapidi dei propri genitori.
Era rimasto lì in
ginocchio quasi fino al tramonto, quando per la prima volta aveva rivisto
George.
I
suoi occhi erano pesti, la sua espressione contratta in una smorfia orrenda,
sconosciuta al suo volto sempre allegro.
Dietro di lui
c'erano i più giovani dei suoi fratelli e Hermione, muti.
Con mano malferma e
lo sguardo vuoto, fisso sull'erba del cimitero, porse a Harry una busta
scura.
Anche Hermione ne aveva una, il sigillo intatto. Non
aveva bisogno di aprirla per conoscerne il contenuto.
Harry accennò un
flebile sorriso di solidarietà, appoggiò una mano sulla spalla di lui e George
annuì impercettibilmente, per poi increspare le sopracciglia nella
solitudine.
Ron aveva affiancato l'amico informandolo con voce
sottile: “D-domattina, stesso posto, alle dieci”.
Harry l'aveva
abbracciato e lui e Hermione erano tornati a Londra.
“Harry?” ripeté
Hermione.
“Mm?”
“Non è stata colpa tua, non avresti potuto evitarlo”.
Harry
odiava quando gli altri volevano a tutti i costi far sì che non si sentisse
responsabile per ciò che era chiaramente accaduto per un suo errore. Lupin,
Tonks, Fred e gli altri non sarebbero dovuti morire.
Harry finse di
essere persuaso delle ragioni di Hermione e prese una mano della strega tentando
di modellare il proprio viso in un'espressione serena.
Lei gli rispose con
occhi commossi.
Avevano passato un paio di giorni tranquilli insieme.
Avevano riordinato il soqquadro trovato a casa di Hermione, del quale i
Mangiamorte erano gli artefici indiscussi; avevano parlato e si erano confidati
a vicenda come fratelli, ma un pochino meno litigiosi.
A un tratto videro
un bel gufo dall'apertura alare sorprendentemente grande avanzare verso la
finestra aperta dell'ordinato salotto.
“Sapevi che sarebbe
arrivata posta?”
“Io so tutto” scherzò Hermione dando un pizzico a
Harry sulla spalla e andando a prendere qualche zellino per il bel volatile
ministeriale.
Tirò fuori la cifra giusta dalla borsetta di perline,
il cui interno era tornato alle dimensioni originarie, e la inserì nel
borsellino appeso a una zampa del gufo, il quale lasciò andare la Gazzetta del
Profeta sulla balaustra della finestra e se ne andò baldanzoso.
Harry si alzò dal
divano, broccato in seta verde tenue, e si avvicinò alla strega che era andata a
leggere sul tavolo circolare della sala da pranzo.
“Stanno perquisendo
il ministero e interrogando i sospetti di corruzione. Hanno arrestato i primi
inquisitori che hanno torturato i figli di Babbani...” sintetizzò Hermione con
un fremito al ricordo dei Mezzosangue al cospetto di quei tremendi Dissennatori
succhia-anime.
“Mm... Hanno spedito ad Azkaban Walden McNair e
Mulciber il giorno dopo la battaglia, dice qui... e gli ultimi arresti vedono
come protagonisti dei Ghermidori e Albert Runcorn, ricordi Harry? È quello di
cui avevi preso le sembianze al Ministero...”
“Wow, hai
ragione!... L'articolo parla di qualcun altro?”
“Fammi vedere... Ah!
Sì: anche la Umbridge verrà portata davanti al tribunale del
Wizengamot”
“Finalmente qualcuno si è accorto di che razza di
persona sia! Ma con quali criteri giudicheranno gli imputati?”
“Non ne sono
sicura...”
“Che cosa? Tu?”
Hermione lo ignorò:
“La pena per omicidio in linea di massima consiste nel bacio del
Dissennatore”.
Harry divenne subito scuro in volto al ricordo di ciò
a cui era quasi andato incontro Sirius e Hermione se ne accorse: “Lo so,
Harry... È una sentenza mostruosa perfino per il più malvagio degli assassini,
tuttavia è previsto dalla legge del Ministero della Magia. C'è però la
possibilità che vengano prese in considerazione le attenuanti individuali, dato
che in guerra niente è mai bianco o nero, forse alcuni se la caveranno con
l'ergastolo ad Azkaban...
Per quelli che hanno tradito, torturato degli
innocenti o hanno comunque eseguito gli ordini di Voldemort senza macchiarsi di
omicidio, invece, il destino è comunque Azkaban anche se forse riusciranno ad
eludere la carcerazione a vita...”
“Ho capito”.
Il discorso cadde
insoddisfatto.
Dopo un po’ Hermione prese in mano una semplice
cornice metallica che ritraeva lei da piccola, i capelli arruffati che le
arrivavano alle spalle e lo sguardo divertito dalle coccole dei genitori; suo
padre la teneva sulle spalle, sua madre le faceva il solletico e la famiglia
felice percorreva Hyde Park nella neve di Dicembre.
La strega sorrise
nostalgica e ripose la fotografia sul tavolino da fumo dal quale l'aveva
sottratta.
E pensare che da quel giorno lontano, immortalato in
una statica serenità perpetua, la sua vita non era più stata la stessa, poiché
era stato allora che aveva scoperto il proprio potere.
Suo padre aveva
appena finito di spiegarle perché non avrebbero potuto fare un giro in pedalò
sul Serpentine quando lei, arrabbiata, aveva scongelato l’acqua in pochi
secondi, per poi esultare con stupore, pronta per l'escursione sul
lago.
Hermione sbuffò fra sé in una risatina e poi si
stiracchiò e si rivolse a Harry, che si stava assentando di nuovo: “Che ne
diresti di andare a dormire adesso?”
“Direi che mai proposta fu più saggia”.
Harry diede una mano
a Hermione a salire le scale in quercia fino al piano superiore dove c'erano le
camere da letto della ragazza e dei suoi genitori, uno studio pieno di
fotografie animate che tappezzavano tutta una parete, e stipato di ogni genere
di volume nella grande libreria che occupava tutto il muro opposto, sulla
scrivania e a terra; infine vi era un piccolo bagno in stile
provenzale.
Hermione entrò nella sua camera color crema e
albicocca, accese la luce e liberò subito i suoi piedi da quei trampoli
infernali che il commesso del negozio le aveva spacciato per scarpe.
Si lasciò cadere sul
letto dal materasso ad acqua, che le rilassava incredibilmente i nervi, ma
subito si ricordò i turni fissati e con voglia sotto-zero si rimise in piedi.
Entrò nel bagno per prima, a dispetto dei più sensati avvertimenti che aveva
fatto a Harry riguardo al fatto che lui sarebbe stato molto più rapido di
lei.
Harry
non sembrava pentito della sua cavalleria e questo innervosì un po' la strega,
che nonostante le rassicurazioni di lui, si sentiva in dovere di prepararsi con
quanta più fretta possibile.
Anche se avrebbero entrambi preferito convivere con
la giusta metà della coppia, vivere sotto lo stesso tetto non era un problema
per nessuno dei due finché stavano al piano di sotto, ma erano colti da insolito
e fastidioso imbarazzo una volta salite le scale. Quando dormivano nella tenda
era tutto diverso: c'era Ron che completava il quadro e legalizzava il
tutto...
Hermione rise della sua stupida
irrazionalità.
“Tergeo” pronunciò, con la bacchetta puntata verso
propria faccia.
Il trucco leggero scomparve.
Entrò in doccia, si
massaggiò il collo e la testa insaponata e finalmente ritrovò un po' di sollievo
dalla spossatezza di quella pessima giornata.
A quel punto Ron
tornò a riempire la sua mente e lei si sentì come abbracciata dall’euforia: in
quel momento la sua buffa lontra avrebbe sbaragliato qualunque esercito di
Dissennatori.
Una volta fatta scivolar via l'ultima bolla di sapone
da suo corpo, Hermione richiuse il getto d'acqua, uscì dalla cabina della doccia
e si mise addosso un praticissimo accappatoio di microfibra turchese.
Quando l'umidità si
trasferì completamente da lei al tessuto, indossò un pigiama rosa corallo e le
sue vecchie, comode pantofole.
Dopo essersi strofinata bene i denti e sistemata un
delicato smalto neutro sulle unghie, agitò la bacchetta sopra la testa e con un
incantesimo mentale asciugò e domò alla perfezione i suoi lunghi capelli
ribelli, che dopo essersi drizzati sulla testa, come spinti da un potente getto
d'aria, le ricaddero morbidi sulle spalle minute e sulla schiena.
“Ho fatto”
annunciò.
Harry le diede il cambio e portò con sé un completo
da notte a righe verticali blu e grigio fuliggine, delle ciabatte di plastica ed
il pensiero di Ginny. Nella metà del tempo impiegato da Hermione fu pronto per
andare a letto, spense la luce del bagno e si avviò verso la camera dei signori
Granger, dove Hermione l'aveva sistemato.
“Buonanotte”
fece.
“Buonanotte” si sentì rispondere dalla stanza di
fronte.
La mattina seguente la sveglia trillò alle otto e
mezza e Hermione balzò subito in piedi, come in risposta ad una minaccia onirica
che credette si fosse concretizzata davanti a lei; quando ricordò ciò che
l'aspettava, però, si sentì come schiacciata da tonnellate di
angoscia.
Calzò le pantofole logore e bussò alla porta della
camera dei suoi genitori trattenendo un enorme sbadiglio con la mano.
Harry si svegliò con
un mugolio, si stropicciò gli occhi e li spinse dove di dovere. Inforcò gli
occhiali e trascinò la gambe fino alla porta.
“Ciao”
“Buongiorno,
ghiretto” cercò di smorzare la tensione Hermione.
In un'ora furono
pronti e mangiarono con poco entusiasmo un paio di cornetti al bar sotto casa,
che Harry accompagnò a un disgustoso cappuccino e Hermione a un tè insipido;
diedero al barista bonaccione le sterline Babbane e si prepararono
psicologicamente al funerale di Fred.
Ma come potevano?
Il tempo che
impiegarono a rivolgere a se stessi quest'unica domanda li portò alle dieci meno
un quarto.
Harry seguì Hermione, con la giacca blu notte che
svolazzava leggermente al suo passo concitato; si diressero verso un luogo poco
trafficato da dove si materializzarono a Godric's Hollow.
Pensavano di essere
in anticipo eppure molti erano già radunati intorno alla chiesa.
Ron aveva una bella
giacca quasi nuova, nera, scarpe lucidate e capelli un po' più corti dell'ultima
volta, sistemati con eleganza in un modo che gli donava molto. A quella vista
Hermione sentì il cuore rimbalzarle qua e là all’impazzata, andò incontro al suo
ragazzo e lo baciò appena a metà tra la bocca e la guancia, poi si strinsero
l'uno all'altra.
Harry si fece abbracciare dalla signora Weasley con
tutto l'affetto che sapeva di suscitare in lei e che ricambiava, fece lo stesso
con il padre di Ron, sorpreso proprio in un momento di troppa consapevolezza in
cui vaneggiava sulla spalla di Bill.
Fece le condoglianze a tutti i fratelli, uno per uno
e Hermione agì allo stesso modo dopo di lui, poi il mago prese Ginny fra le
braccia e insieme piansero.
Le due coppie si sedettero vicine nella cappella e
quando tutti furono arrivati, il prete diede inizio alla messa.
Fu un'ora
d'agonia.
Il peggio venne quando George raggiunse l'altare
riluttante e risoluto a fasi alterne e pronunciò il suo ultimo saluto al
gemello: “Addio fratello”, la sua voce era irriconoscibile, spezzata da fremito
e singhiozzi, ma senza pianto: a quello aveva già provveduto; “non avevo mai
creduto di poter anche solo pensare che tu te ne andassi. Una parte di me è
m-morta insieme a te e qualunque cosa io possa fare non riuscirò mai a
riportarla in vita. Mi manchi da morire, Fred. Ci manchi... Mancherai a tutti
quelli che ti hanno conosciuto, a tutti coloro che sono riuniti oggi in questo
luogo, tanto triste quanto tu eri allegro e geniale”.
Dopo aver parlato in
questo modo con estrema lentezza, tutto cambiò: “So che mi prenderesti a pugni
se potessi reagire alle mie parole di dolore, perciò non andrò oltre. Questo è
per te, Fred!”
Una scintilla attraversò i suoi occhi a queste parole
e un'infinitesimale parte della sua usuale energia si impossessò di lui ancora
una volta.
Sfoderò la bacchetta e senza pronunciare ad alta voce
un solo incantesimo iniziò a creare motivi evanescenti e perlati che presero
diverse forme come un film fantasma che girava attorno ai presenti in tutta la
stanza. George incanalò ogni sua forza a generare suoni, effetti, colori e
scherzi nello spettacolo più meraviglioso che avessero mai visto. I fumi
raccontavano l'elogio funebre unico e irripetibile di un giovane mago
intraprendente, gioioso e pieno di coraggio e come un direttore d'orchestra, da
solo, George gestiva tutta quella meraviglia in un crescendo che lasciò tutti a
bocca aperta.
I fuochi di artificio finali rimbalzarono sulle
pareti dell'edificio millenario, lo fecero rimbombare, con lo sgomento del
parroco, e schizzarono fuori dalla porta e dalle finestre fino alle stelle; per
ricadere sfavillanti come le lacrime che grondavano dagli occhi di tutti gli
astanti.
George sorrideva rivolto al cielo, gli intimò un
occhiolino e tornò sulla terra.
Il resto della cerimonia fu decisamente più degno
della memoria di Fred.
Alcuni ragazzini, clienti dei gemelli, si sentirono
più disinvolti da quel momento e ricordarono quanto il giovane mago fosse
brillante e spassoso; osarono perfino chiedere a George se e quando i Tiri
Vispi Weasley avrebbe riaperto e lui rispose positivamente con la sua antica
voglia di scherzare.
Ron aveva il volto bagnato e anche Hermione, che
lottava per mettere a tacere la sua tristezza nel bacio più profondo che avesse
mai condiviso con qualcuno. Il mago non riusciva a credere quanto potesse quella
creatura perfetta renderlo così felice in un momento del genere; la amava,
doveva odiarla perché lo distoglieva dalla sua giusta sofferenza, ma non poteva
proprio: l'amava. Si sentiva come uno di quei vampiri descritti in qualche libro
che avrebbe dovuto leggere per scuola: tanto assetati di sangue e mai sazi,
quanto lui ne era di quel sentimento, sempre più desideroso di lei, di averla
per sempre e in ogni momento.
Anche Harry era da solo con Ginny e riverniciava la
loro relazione con la schietta passione di lei, l'esasperata protezione di lui
e il suo senso di abbandono finalmente completo, o quasi.
Quando Ginny decise
di dover dire qualcosa, Harry, ebbro di lei, si risvegliò e la guardò
immaginando di fare le fusa.
“Non mi avevi mai baciata così... eri più rigido le
altre volte, sento che ora c'è un muro di meno in te”.
La ragazza rise e i
suoi capelli brillarono come un'onda di fuoco scarlatto alla luce
crepuscolare.
Harry si sciolse e non riuscì a proferir
parola.
“D'accordo, rubacuori, non ti suicidi mica se vado a
incipriarmi il naso un momento?”
“Non ti prometto niente”
Lei gli arruffò i
capelli e se ne andò facendo cenno di tenerlo d'occhio portando l'indice e il
medio della destra su ciascuno dei suoi occhi ambrati, per poi contorcere la
mano sottile a indicare lui, con fare geloso.
Mentre Harry
gongolava seduto su un muretto in disparte, una voce lo chiamò da dietro un
angolo.
Il
mago indietreggiò ed estrasse la bacchetta di agrifoglio in uno scatto. Grazie
all'abitudine alle sorprese spiacevoli che si era guadagnato fu
rapidissimo.
Con la bacchetta tesa Harry piombò sul luogo dal
quale aveva sentito provenire le poche sillabe a mezza voce, dietro
l’angolo.
Malfoy?
“Che cosa ci fai tu qui?” disse con un tono più
simile a un rimprovero di stupore che a una minaccia.
“Ehm, devo parlarti,
Potter”.
Le parole gli uscirono dalla bocca distorta, che
tradiva supplica e disgusto insieme, come fossero veleno
amaro.
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Capitolo 4 *** Winner ***
Tabitha's 4th 2
Salve
gente! …Devo ancora imparare ad apprezzare Draco come fa
qualcuno di voi! Proverò ad impegnarmi, ma non posso garantire
che preferirò mai la coppia Draco/Hermione a quella Ron/Hermione... Ma non si sa mai.
Spero che questo capitolo vi piaccia: scrivetemi cosa ne pensate, qualunque sia la vostra impressione, sarei felice di ascoltare le vostre dritte!!!
la vostra
Tabitha
CAPITOLO IV
...the “Winner” takes it all...
Harry avrebbe voluto scagliargli contro dozzine di battute sprezzanti e insulti.
Cosa voleva
ancora da lui? Harry gli aveva salvato la pellaccia due volte in una
sola sera, nonostante Malfoy avesse tentato di catturarlo e portarlo a
Voldemort, nonostante l'avesse sempre contrastato e sfottuto ad ogni
occasione.
Allo stesso tempo, degustava con
piacere sadico quel momento irripetibile in cui la serpe che l'aveva
tormentato sin dal primo anno a Hogwarts e aveva costituito solo
complicazioni per lui, finalmente strisciava e non aveva più
veleno da iniettare.
La sua bocca non si mosse.
La curiosità poteva attendere: doveva essere il Mangiamorte a parlare.
“Che c'è? Aspetti il
momento giusto per correre dai tuoi amichetti Auror e consegnarmi a
loro, Potter?” sbottò Draco nervoso.
Era indignato dalla mancanza di compassione da parte del perfetto San Potter, denominazione inesatta purtroppo, visto che non era crepato…
Scrutò l'ambiente in cui si
trovava, ma non vedendo altro che stupidi Grifondoro di ogni età
che frignavano per la dipartita di uno degli squilibrati gemelli
Weasley e si rincuoravano a vicenda in un modo sdolcinato e pietoso,
tornò al più stupido, odiato Grifondoro di tutti, quasi
pentito di quello che era venuto a dirgli, a chiedergli.
“Potrei e dovrei” rispose
Harry, “ma prima che proceda, hai intenzione di illuminarmi sul
perché della tua visita, Malfoy?”
“Già. Mi mancava il tuo umorismo da troll!”
“Io invece speravo di essermi liberato del tuo, definitivamente...”
Draco arricciò il naso
schifato e appoggiatosi a un muro, con una mossa altezzosa del polso,
si spolverò la camicia bianca, profanata dai segni che
palesavano la serierà della sua condizione clandestina: quelli
dovevano essere gli stessi indumenti che aveva indossato il giorno
prima e forse anche quello prima ancora.
Inaudito.
“D'accordo, senti”
riprese all'improvviso, “ne ho abbastanza di questi giochini da
poppanti. Vado dritto al punto: sono venuto a smantellare il tuo
idilliaco progetto di farti la rossa per un motivo-”
“Qualunque cosa tu voglia chiedermi, la risposta è no”.
Harry era furente.
Draco soppesò le ultime parole
del nemico e si rese conto che rovesciargli addosso la stizza
accumulata in diciotto anni, ora più ora meno, non lo avrebbe
portato da nessuna parte.
Finse una pausa pentita, sibilando di compiacimento dentro di sé.
“Per favore” ammise, senza abbassarsi a inserire sentimenti in quelle due misere parole vuote e nuove, per lui.
“Come?”
“Hai capito benissimo e sai che non lo ripeterò.
Non puoi rifiutare che mi sdebiti con te perché mi hai salvato la vita, ecco tutto”
“E questo che vorrebbe dire?”
Harry non riusciva a credere alle proprie orecchie.
“Voglio che tu tenga me e la mia famiglia alla larga da Azkaban, diciamo per sempre...”
Malfoy sembrava serio e Harry credette che si fosse bevuto anche l'ultimo sorso di cervello che si ritrovava.
“Sembra un piano perfetto. Ma
non vedo la convenienza dell'accordo: sono io ad avere il coltello
dalla parte del manico e per quale ragione dovrei addossarmi una causa
persa per uno come te?”
“Non pensavo che il paladino
del bene avesse bisogno di un motivo per aiutare qualcuno... Comunque
te lo dico io perché. Non trovi che sarebbe carinissimo da parte
tua esercitare un atto d'indulgenza per un tuo nemico, appena
maggiorenne, vittima e non assassino eccetera eccetera…”
lo sbeffeggiò Draco, imitando ciò che avrebbero detto
quelle teste di cazzo di maghi e streghe che gli andavano dietro da
sempre e ora più che mai. Con disperata amarezza si prendeva
gioco dei giornalisti che avevano preso d’assalto Harry con le
loro interviste adulatorie dalla vittoria sul Signore Oscuro al giorno
del compleanno di Draco, festeggiato dalla sola consolazione di essere
libero, per il momento.
Anche Harry si era stufato dei convenevoli: “Nasconditi, Draco, non farti più vedere”.
Aveva abbassato la bacchetta e lo aveva chiamato per nome.
Il Serpeverde si sentì strano,
come se il proprio nome fosse stato violentato da quella odiosa bocca
di arringatore inetto, eppure percepì di aver raggiunto
l'obiettivo, nascose un ghigno e ribatté: “Mia madre,
Potter... L'hanno presa”.
Harry allora capì dove voleva
andare a parare; sospirò seccato e volse lo sguardo lontano,
verso il gruppo di persone che ancora celebravano il funerale di Fred.
Cercò Ginny.
“... È successo ieri, mentre ce ne andavamo da Bath... Io e mio padre siamo riusciti a evitarli e...”
“L'avete abbandonata” concluse Harry con fare per niente sorpreso.
Draco immaginò di cruciarlo con la vista: “Non siamo riusciti
a strapparla dai loro sudici artigli e abbiamo dovuto smaterializzarci
all'istante: il patto era di pensare per sé, in caso
d'emergenza... Ma tanto è inutile provare a spiegartelo”
“Che cosa vuoi da me?” lo assecondò Harry.
“Quello lo sai già... Ti
sto solo fornendo una buona ragione, dato che la desideravi tanto. Mia
madre mi ha detto del favore che ti ha fatto nella foresta proibita
l'altra notte... Che non ha denunciato il tuo respiro al... Signore
Oscuro, salvandoti la vita”
“Anche ammettendo che possa
voler fare a tua madre un favore, facendola scagionare per
collaborazione, cosa c'entri tu e quel bastardo di tuo padre?”
Draco sentì una ventata d'odio
farlo rabbrividire e la collera, che dovette sforzarsi di
comprimere per non mandare a gambe all'aria il piano da cui
dipendeva il suo destino, occludergli le vene delle tempie.
Digrignò i denti, si
passò la lingua appena sul labbro inferiore con un accenno di
sorriso acquattato agli angoli della bocca pallida.
“Inoltre” abbozzò casualmente, “non crederai di essere al sicuro, adesso...”
Harry si mostrò indifferente a questa rivelazione che pareva tanto uno dei più patetici bluff mai inscenati.
“Certo, se non adempirò
al tuo ricatto mi getterai addosso gli arazzi di casa tua e le sbarre
delle celle... Grazie dell'avvertimento, ma - chissà
perché - sento che sopravvivrò anche a questo”.
Malfoy continuò: “I
fuggiaschi vogliono riunirsi e ricostituire un'offensiva, l'era dei
Mangiamorte non è ancora finita, vanno dicendo”
“Sai? Sembravano quasi avere un
senso, le tue parole da come le hai dette... Ma non crederai davvero di
convincermi con così poco?”
Gli occhi di foglie di menta avvolte
dalla brina di Draco si spostarono da Harry a qualcosa poco dietro di
lui che lo turbò e lo spinse a sollevare la bacchetta di
biancospino, recuperata la mattina dopo la battaglia.
Ginny stava correndo da quella parte, allarmata.
Anche lei aveva estratto la bacchetta.
“Harry!” cominciò.
Puntò l'arma verso il ragazzo
biondissimo e stava per pronunciare uno dei suoi eccezionali
schiantesimi quando Harry la fermò appena in tempo: “No,
Ginny! Lascia stare, va tutto bene, Malfoy se ne stava andando”
“Sapevo di rischiare a lasciarti da solo anche un minuto soltanto... Ma questo!”
Poi si rivolse a Draco, fuori di sé: “E tu cosa diavolo ci fai qui?”
“Io e il tuo fidanzatino
abbiamo un accordo, Weasley, e presto si renderà conto di aver
fatto la scelta giusta”
“Tu, cosa?!”
Ginny mutò la sua ostilità in furia allo stato puro, e cambiò oggetto a cui indirizzarla.
“Lasciaglielo credere, Ginny” le rispose Harry, calmo, osservando la reazione di Draco.
Malfoy scoppiò in una risata
appagante: “Non hai scelta, Potter... Hai un debito con mia madre
e lo sai bene che con tutta la buona volontà, non riuscirai a
sottrarti alla tua coscienza.
Poi, perduta questa occasione mi
rivolgerò altrove e mi unirò a quelli che avete sconfitto
una volta. Sarò uno strumento prezioso per arrivare al famoso
Harry Potter, come avrei potuto esserlo per te, a discapito degli
stessi Mangiamorte. Ne ho il potere”
Il mago aveva sfoderato apertamente il suo solito ghigno e li squadrava dall'alto in basso.
“Tu non sai niente di me” sputò Harry.
“Non è esatto.
Vedi: quando sei stato colpito
dall'anatema che uccide, per un istante sei morto davvero e al momento
che sei resuscitato il tuo caro elfo domestico Kreacher era passato a
me. Lui mi dirà tutto e lo invierò a spiarti, Potter, se
necessario, quindi perché non rendi tutto più semplice e
proteggi me, la mia mammina che tu hai tanto in grazia e il mio padre
bastardo, in cambio di un aggiornamento in tempo reale sui progetti dei
Mangiamorte?” concluse Draco soddisfatto.
Ginny sembrava una belva famelica tenuta a bada dal domatore, che abbassò appena la guardia: “Kreacher?”
“A-ah... Vecchio, orrendo e petulante, ti viene in mente niente?”
Il mago si sentì in colpa per l'elfo ma aveva le mani legate, se era vero ciò che aveva detto Malfoy.
“Come faccio a sapere che non è tutta una tua messa in scena?”
“Mi offendi, così, Potter. Ancora non ti fidi di me?” e si rivolse al vuoto: “Kreacher!”
Crac!
L'elfo comparso all’improvviso
si avvicinò al nuovo padrone tranquillo, poi vide Harry e
abbassò la testa bitorzoluta con leggera vergogna.
“Kreacher” ripeté
Malfoy con tono autoritario, “di’ al tuo vecchio padrone
quello che ti ho mandato ad ascoltare”
L'esserino cencioso avanzò di
un passo e, dopo aver lanciato un'occhiata di disprezzo a Ginny,
guardò Harry malinconico, forse perché si era reso conto
della differenza fra la schiavitù sotto Draco Malfoy, parente
del suo adorato Regulus, e sotto di lui.
“Il padrone Draco ha chiesto a
Kreacher di non dire a nessuno quello che faceva...”
protestò l'elfo in imbarazzo.
“Sì, me lo ricordo bene, ma adesso ti ordino di dirlo a Potter, pezzo d'imbecille!”
Kreacher sbatté le palpebre
collose e pose i suoi grandi bulbi oculari circospetti, simili a palle
da baseball, su Draco, vuoti e velati e poi ancora su Harry: sembrava
perplesso.
Infine si decise a spiccicare parola:
“Il signore Lestrange ha parlato a tutti nella sala scura dove si
erano radunati i purosangue, ha detto che avranno la loro vendetta. Ha
detto che voleva prendere il padrone Harry Potter e che voleva cercare
altri maghi e streghe col sangue puro per riprendere il comando-”
“Sono io il tuo padrone, stupido elfo! Comunque basta così”
“E questo cosa dimostrerebbe?”
“Glielo spieghi tu a questa pezzente traditrice di sangue, Potter?”
Malfoy aveva lavato via dalla voce ogni traccia di sottomissione.
Ginny gli conficcò la bacchetta in mezzo al petto, minacciosa.
“Gli elfi domestici non possono mentire...” rispose Harry.
Ginny continuava a tener sotto mira il Mangiamorte.
“Esatto” confermò Draco divertito.
“Perché lo stai facendo?” fece Harry.
Draco sembrò esitare e il suo sguardo perfido perse qualche tassello e si ammorbidì quanto bastò.
“Io... non voglio questa
guerra. Se quindi fingerò di esser loro fedele voglio
l'immunità assoluta da qualunque processo, per me e per i miei
genitori”
“Ci sto”.
Ginny aveva lasciato andare la presa della bacchetta che quasi le era scivolata via dalla mano.
A un tratto, da dietro il solito
angolo, sbucarono Hermione e Ron, l'una inorridita da quel quartetto
improbabile e l'altro impietrito, incapace di elaborare una spiegazione
sensata a ciò che aveva davanti agli occhi.
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Capitolo 5 *** Satisfaction ***
Tabitha's 5th f
Hi
there guys! …Ho avuto un po’ da fare in questi giorni e ci
ho messo più del solito a postare, ma la storia non è che
all'inizio e ho in mente molte molte novità per i nostri eroi quindi non vi scoraggiate! >(^.^)<
Recensite, recensite, recensite!
la vostra
Tabitha
CAPITOLO V
...I can't get no “Satisfaction”...
Ron si parò di scatto davanti
a Hermione per un istinto che comandava di proteggere il suo più
grande tesoro, la sua ragione di vita prima di tutto.
La bacchetta sulla traiettoria degli occhi gelidi di Draco, con la sola intenzione di ferirlo di brutto, o peggio.
“Sparisci, Malfoy! Vuoi un altro occhio nero? Non hai che da chiedere, ti accontento subito!”
Hermione sembrava disorientata e
cercava di trascinare indietro il proprio ragazzo, mentre lui si era
già avvicinato al Mangiamorte al punto che i due erano ormai
tanto vicini da condividere lo stesso respiro, loro malgrado.
Gli occhi della serpe avevano avuto
un guizzo di terrore, ma non si era mosso, pieno della garanzia
offertagli dal migliore amico del suo impetuoso aggressore, ma questo,
pensò, Weasleyuccio non lo sapeva e si dava tanto da fare contro
una nuova recluta dell'esercito Viva-Potter.
“Harry, da quanto è qui?
Che cavolo vuole?... Ma stavate parlando? Di che diavolo vuole
chiacchierare il condannato? Harry, non-”
“Se vostra maestà ha
terminato, passerei oltre... O una decina di auto-goal a Quidditch sono
inclusi nel prezzo del discorso?”
Le orecchie di Ron si perdevano nel
rosso dei capelli e riaffiorarono alla vista solo dopo che divennero di
un violetto allarmante.
A quel punto Harry dovette spiegare
per filo e per segno a Hermione e a Ron la conversazione che aveva
avuto con Malfoy prima del loro arrivo e anche Ginny l’accolse
grata; quando tutti furono al corrente della situazione per intero, il
litigio s’inasprì ancora di più.
L'accesa discussione si protrasse per
più di mezz'ora e vide la furia di Ron avere alti e bassi, il
cheto dissenso di Hermione farsi sempre più esplicito e la
comprensione di Ginny, voler giustificare Harry a tutti i costi per la
sua magnanimità esagerata, senza troppo successo: ineffetti
neanche lei era troppo convinta della sua innocenza. Per lo più
quest'ultimo invece non si pronunciava e cercava di ammansire la
tensione fra i maghi e le streghe, poco convinti della nuova situazione.
Malfoy se la godeva e assegnava a ognuno il giusto improperio con meticolosa puntualità, sorridendo affabile.
Aveva scacciato Kreacher con una pedata che aveva definito d'incoraggiamento, seguita dal solito Crac, e dopo che l'atmosfera si fu raffreddata un poco, presentò il problema che più gli premeva: cosa avrebbero fatto adesso?
Nessuno lo sapeva.
Dovevano tenere Draco nascosto e scoprire che cosa ne fossa stato di Narcissa e dove fosse finito quel vigliacco del marito.
Poi sarebbe venuta l'azione vera e propria.
“Harry, te l'ho già
detto: se ci facciamo uccidere per aiutare questa sottospecie di
traditore, ti ammazzo!” aveva intimato Ron a Harry, risentito ma
rassegnato, in modo che Malfoy potesse sentirlo chiaramente.
“Io devo farlo, perché ho un debito con sua madre... Voi non c'entrate. Io-”
“Sì, certo, Io io io...
Niente di nuovo Harry. Non fare il coglione che tanto sai bene come
andrà a finire... Io e Hermione che ti seguiamo sempre e
comunque senza il minimo merito... Pensavo che ormai avessi capito la
nostra psicologia bacata, dopo tutti questi anni”
“E questo sarebbe il tuo modo di sostenermi da vero amico?”
“No: da migliore amico! E che pretendi? Noi due matti da legare ti daremo una mano perché sei nei guai - di nuovo
- ma non chiedermi di sprizzare gioia da tutti i pori perché
sottrarremo alla giustizia Draco Lombrico e perché dovremo
portarcelo dietro!”
Ron fece una smorfia.
“Va bene” richiamò
l'attenzione Hermione svelta, “qualcuno sa dirmi dove
starà il clandestino, di grazia?”
Draco parve profondamente offeso e
tentò di aprir bocca e rispondere il più acidamente
possibile, ma Ron gli spezzò le parole a mezza strada con una
gomitata sulla spalla che lo sbilanciò per qualche istante.
“Nella tana di Lenticchia non ci metto piede neanche morto...” ironizzò Draco come a misurare fialette di arsenico.
“Vada per l'idea del fesso ossigenato”
“Volete smetterla?” sbraitò Ginny, mentre il fratello e il Serpeverde si guardavano biechi.
“... Magari il punto non è dove nasconderlo, ma come”
Ginny e Ron erano troppo occupati a
bisticciare con gli occhi per prestare attenzione a Hermione, ma Harry
e il diretto interessato avevano assunto a un tratto un'espressione di
curiosità, l'uno concentrata, l'altro scettica.
“Be', stavo pensando alla
pozione Polisucco... Le nostre scorte sono esaurite”, Hermione
arrossì ed esitò indecisa, stranita del fatto che stava
confessando volontariamente parte dei loro piani al nemico, “...
E... forse però potremo trovarla già pronta in qualche
negozio”
“Non so, ma potrebbe essere complicato”
“E allora?” fece Malfoy stizzito.
Ginny aveva alzato gli occhi al cielo
dopo aver interpretato un breve scatto nervoso di Hermione come
un'inequivocabile colpa di Malfoy, senza aver ascoltato una sillaba del
discorso; le strega poi aveva lasciato il fratello lì impalato e
senza tanti complimenti aveva trascinato l'amica da una parte per una
consulta femminile sul da farsi.
Harry scosse la testa e fissò il Serpeverde con uno sguardo che diceva a chiare lettere: così non mi aiuti neanche un po', lo sai?
“Senti. Se dobbiamo fare questa
cosa devi scordarti questi sorrisini, la tua indisposizione e poi ne
avremmo tutti abbastanza degli assassini alle calcagna perciò
sforzati di sembrare un po' meno ostile. Anche perché-”
“Harry. Arriva qualcuno”. Ron era riapparso da pochi metri più in là, serio.
“Ah, vieni!” aveva
ordinato Harry a Draco, che stranamente obbedì, non senza gli
spintoni di Ron, inutili ma tanto graditi a lui.
Harry estrasse dalla saccoccia di
Hagrid, che teneva nascosta sotto la camicia, il mantello
dell'invisibilità e lo distese su di sé e sopra Draco,
per poterlo controllare.
Ogni muscolo di Harry era teso come
una corda di violino e minacciava di rivoltarsi contro il corpo che gli
stava accanto: l'ultima volta che Malfoy aveva avuto a che fare con il
suo mantello era stato per nasconderlo agli eventuali soccorritori dopo
avergli spaccato il naso, sul treno di Hogwarts, quasi due anni prima.
Dal canto suo Draco era altrettanto
inquieto perché non si fidava più di tanto di quella
tenda sotto la quale stava rannicchiato: dopotutto il suo coinquilino
era la prova che qualcosa non aveva funzionato al sesto anno.
“Harry?”
La soddisfazione di Draco nel vedere
lo spilungone tagliato fuori e smarrito, alla ricerca di loro due,
invisibili e a due passi da dove si trovava, fu immensa e frenò
a stento il naturale atto di colpirlo alle spalle e fargliela pagare.
Pagare che cosa?
Non aveva certo bisogno di un motivo! …Per la sua stupidità, forse.
“Siamo qui” disse Harry sottovoce.
“D'accordo. Non andate lontano, vado a vedere chi era”
Ron si atteggiò in una posa disinvolta e si preparò ad accogliere chiunque stesse per sbucare da dietro l'angolo.
I passi erano vicinissimi, dovevano
appartenere a una donna, da sola; si era fermata e sembrava decidere
che strada pendere perché i suoi tacchi continuavano a
scricchiolare sugli antichi lastroni di pietra della strada senza
avanzare.
Ron si sporse per vederla e riconobbe sua cognata.
“Ron! Che sci fai qui? Sei da solo?”
“Si, Fleur, io... c'era troppa confusione e…”
Fleur sembrava averla bevuta, anche
troppo: lui non voleva farle pena e la sua sensibilità e la sua
comprensione lo fecero vergognare di aver balbettato una balla del
genere (servendosi di suo fratello morto, involontariamente),
così tentò di sbrigarsela il più in fretta
possibile: “Ma chi cercavi?”
“Scercavamo te, Arrì e le ragosse. Li hai visti, Ron?”
“Ehm, no” rispose lui goffo.
“Va bien, alors... Jinny?!”
Per una giornata tutte quelle
apparizioni cominciavano a essere troppe. Ginny e Hermione si
dirigevano da quella parte con un due facce compiaciute e sicure di
sé: dovevano avere avuto una buona idea.
“Che c'è, Fleur?”
“Non sopevamo dov'eravate e volio chiederti una cosa, Jinny. Sciao Hermiòn”
Hermione fece un cenno della mano e
pensò di dover aggiungere anche un sorriso, quando si accorse
che stava già sorridendo, così provvedette a eliminarlo
dato che non era molto adeguato all'occasione e l'amica la emulò.
“Be', mi hai trovata!”
Il tono di Ginny suonò come un chiaro rimpianto per non essersi nascosta meglio e Fleur parve offesa.
“Allora, cosa mi devi dire?”
L'arco della bocca della Veela si
capovolse verso l'alto e annunciò: “Jinny, devo fore un
regalo a tua maman e volevo un consilio…”
Ginny era spazientita, ma decise che
quello poteva essere il modo migliore per allontanare Flebo,
così la seguì altrove e chiedendosi come stesse Harry,
chissà dove con Malfoy: non sapeva se preoccuparsi o se riderci
su.
Una volta soli, Hermione si
avvicinò a Ron e lui dimenticò tutto, pronto a riprendere
dove avevano dato un taglio prima, ma lei non sembrava dello stesso
avviso.
“Ron?”
Voleva parlare.
Accidenti a Malfoy, pensò.
“Eh?”
Lei gli suggerì: “Dove sono Harry e Malfoy?”
“Oh. Sono sotto il mantello...
L'ultima volta che li ho visti erano proprio lì...” e
indicò un punto inanimato, malsicuro.
Non aveva terminato la frase che si vide apparire davanti i due, così vicini che lo fecero sobbalzare per la sorpresa.
“Bu” lo schernì Draco sghignazzando.
“Ragazzi, venite qui. Io e
Ginny abbiamo riflettuto un po' e abbiamo escogitato un piano. Dimmi
che ne pensi, Harry”.
Hermione si ingegnava per scansare
con lo sguardo la figura del Mangiamorte, non lo calcolava minimamente
se non lo stretto indispensabile: non riusciva a dimenticare quei
momenti infernali passati a Villa Malfoy e comunque non lo desiderava
perché non poteva perdonarlo.
Harry annuì e la lasciò continuare.
“Allora: dato che avevamo in
programma di assentarci per andare in Australia, durante
l'estate” e lei, Ron e Harry si scambiarono una prudente occhiata
d'intesa, “perché non cogliere il pretesto per sbrigare
questa faccenda? Stasera avvertiremo la famiglia di Ron e Ginny che
partiremo al più presto, poi ci sistemeremo tutti nella tenda da
qualche parte e potremo organizzarci indisturbati”
“E io che ti credevo un prolisso manuale sterile di nozioni”: per Draco quello era un complimento sincero.
“Potrebbe funzionare” mormorò Harry.
“Ma sei impazzito? Mamma ci
rinchiuderà in casa fino alla morte se saltiamo fuori con una
notizia del genere!”
“Mammina ti comanda a bacchetta anche dopo i diciassette, che carino”.
Ron si risolvette per la prima volta
a non far penetrare le parole acuminate della serpe, fingendo che non
fossero mai state pronunciate e con piacere inatteso, si accorse di
riuscirci egregiamente.
“Lo so, Ron, ma non credo che abbiamo molte alternative... Comunque credo che il punto del prima partiamo, prima torniamo avrà il suo effetto”.
“Possiamo fare un tentativo.”
Fu deciso.
Draco sarebbe rimasto appartato in
incognito fino alla mattina del giorno dopo, mentre i quattro
allestivano i preparativi per la missione, compreso il congedo
travagliato.
“Ehm, mamma?” aveva aperto il discorso Ron a tavola quella sera.
Gli Weasley avevano invitato a cena
Hermione e Harry, che si sentivano un po' inadeguati immersi in quel
delicato equilibrio familiare: tutti esibivano un sorrisino
prefabbricato, come un cerotto sottile appiccicato su una brutta ferita.
“Si?... Oh, Harry caro, vuoi un'altra fetta di torta?”
“No, grazie” aveva
risposto, opponendosi a quegli zuccheri deliziosi ma superflui con la
mano e scrutando l'amico in difficoltà con incoraggiamento:
sapeva che la madre lo spaventava più di una partita di
Quidditch, e il che era tutto dire!
“Mamma. Ecco, sai che i genitori di Hermione sono in Australia...”
“Si...”
Molly aveva lo sguardo vuoto e
continuava a tenersi occupata a servire per l'ennesima volta qualunque
cosa su cui le cascasse l'occhio a turno a tutti e dieci i convitati.
“Ti avevo detto che avrei accompagnato Hermione a riprenderli...”
“Mm”
“No, tesoro: niente idromele,
grazie” aveva risposto il signor Weasley, apprensivo, dopo la
terza volta che la moglie gli aveva rivolto la stessa domanda con
insistenza.
“Mamma!”
“Ti ascolto, va avanti”.
Non lo guardava in faccia e cercava con sgomento qualcosa intorno a sé.
“Partiamo domattina”
“Ah”.
Diciotto pupille svettavano da Ron a
Molly, il brusio di sottofondo si era arrestato e tutti aspettavano in
sospeso la risposta della capofamiglia.
Ginny interruppe quel silenzio insopportabile: “Mamma, tutto bene?”
“E quando lo avreste deciso?” riuscì a sillabare in uno squittio.
“Oggi. Abbiamo pensato che fosse meglio prima che poi”
“M-hm. Va bene” scandì.
“Davvero?! Cioè, certo”
“Partiamo alle otto” decretò Ginny.
“Partono. Tu no!”
“Che cosa?”
“Ron, Hermione e Harry sono
maggiorenni, tesoro, non posso decidere per loro, ma tu hai sedici anni
e non voglio assolutamente che tu te ne vada all'altro capo del mondo
da sola!”
“Non sarò affatto da sola, mamma!”
“No, Ginny”.
La ragazza, con le lacrime agli occhi
per la rabbia si rivolse a Harry, ma non fece che peggiorare la cosa
dato che lo trovò concorde con la madre iperprotettiva, mentre
per paradosso, gli altri sembravano condividere il suo disappunto in
silenzio.
“Non è giusto!” sbraitò, e si precipitò su per le scale, in camera sua.
Anche gli altri fratelli stavano
segretamente dalla parte della piccola di casa e Fleur voleva ribattere
qualcosa alla suocera, ma Bill la trattenne gentilmente per evitare la
catastrofe.
Il resto della serata fu taciturno.
Ron aveva insistito perché
Hermione e Harry restassero a dormire alla Tana quella notte,
così si era smaterializzato insieme a lei fino a Londra, al suo
appartamento a preparare i bagagli per la partenza, approfittandone per
stare un po' da soli.
Prendeva la scossa ogni volta che la
baciava, e sentiva la necessità di scatenare quel fulmine su di
lei in una danza che li univa in energia e luce, nell'infinito,
nell'amore.
Non c'era tempo. Mai.
“Ehm... abbiamo preso tutto?” disse Ron retorico.
“E anche di più”.
Hermione strizzò un occhio e sventolò una nuova borsetta
dalle mille risorse, di cuoio scuro, deliziosamente vintage: degno
accessorio della sua proprietaria.
Era l'una di notte quando fecero di nuovo capolino nella campagna di Catchpole.
La casa aveva ripreso vita ma il piano terra era buio e deserto: ogni rumore veniva dalle camere da letto.
“Allora, domattina presto ci
alziamo, salutiamo tutti quanti e andiamo a Hogsmeade alla Testa di
Porco, dove ci aspetta Malfoy...”
La strega era triste e avrebbe tanto
voluto che la scusa dell'Australia non fosse affatto una scusa
perché l'idea di rendere un servizio a quel viscido codardo non
l'allettava per niente e i suoi genitori le mancavano molto.
“Non troppo presto, però” specificò Ron.
“Tanto la sveglia la controlla io”.
Lei riaffiorò un attimo dalla
vasca amara in cui era inzuppata e fece la linguaccia al mago, giocosa,
poi la gravità la riagguantò e la portò a fondo.
“Ehi, una volta che avremo
rinfilato Draco Lombrico nel suo buco sicuro con mamma e papà
andremo davvero a riprendere i tuoi e non ci saranno più
problemi”.
La strega sorrise e gli sussurrò a un orecchio la buonanotte.
Ron la baciava bene e non le mangiava
la faccia come faceva con Lavanda: era attento, concentrato e Hermione
immaginò che gli succedesse, come a lei, di chiudere gli occhi e
voler riversare la potenza dell'universo in un punto, nel punto in cui
erano una cosa sola.
“Buonanotte”.
Salirono le scale di legno cigolanti
e superarono il piano in cui si trovavano le camere dei signori Weasley
e quella che si erano aggiudicati Bill e Fleur, dopo un'altra rampa di
scale Hermione raggiunse Ginny, pronta a passare una notte in bianco a
consolarla e a darle ragione su tutto.
Ron vide che nella stanza accanto a
quella delle ragazze Percy e George parlavano con affetto e ne fu
felice, arrancò fino alla sua camera, in soffitta e vi
trovò Harry e Charlie che disquisivano sull'aspetto tecnico
più affascinante del volo su manico di scopa.
Non si erano accorti di lui quindi picchiò le nocche sulla porta precaria per richiamare l'attenzione.
“Caspita, fratellino, alla buon
ora! Che c'è, ti sei forse perso negli occhioni da cerbiatta
della tua fidanzata?”
“Ma smettila!” e gli tirò dietro un grosso cuscino che si faceva i fatti suoi sul pavimento.
“Purtroppo non ti ha incantato abbastanza da migliorare la tua mira”.
Harry rise e Ron non poté che imitarlo: Charlie aveva ragione.
Ron riferì all'amico il
programma del giorno dopo, avendo il buonsenso di omettere la parte che
riguardava Malfoy in presenza di Charlie.
Fecero discorsi da ragazzi finché il sonno non si impadronì di loro e dormirono sogni di penombra.
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Capitolo 6 *** Wherever ***
Tabitha's 6th
Salve a tutti!
Peto veniam per non aver postato prima, ma il
computer mi ha fatto davvero temere per la sua e la mia vita! ^^...Forse questo
capitolo è un po' logorroico… Va be’…
Sarei però curiosa di sapere se fa più male leggere
un groviglio del genere o una bella scarica di maledizione Cruciatus!
Basta con le seghe
mentali adesso: voglio annunciarvi che questa è diventata una
Ron/Hermione.
Non smetterò di parlare anche degli altri
naturalmente, ma mi concentrerò soprattutto su di loro. Ora non aspettatevi che
fra i protagonisti andrà tutto liscio perché per loro si prospetta un periodo
difficile, che metterà davvero alla prova il loro amore!
Grazie a tutti e
buona lettura.
la
vostra
Tabitha
CAPITOLO VI
...“Wherever” you will
go...
Pioveva.
L'alba si plasmava lontano, ma i raggi del sole non
riuscivano ancora a scavalcare i monti cianotici all'orizzonte. I campi di grano
erano di un verde alieno, statici e bagnati, mentre le fronde degli alberi
grondavano le lacrime del cielo senza far rumore.
L'aria blu sembrava
un sogno traforato di diamanti in caduta.
Tra le aste delle
persiane che sigillavano l'unica finestra nella camera da letto di Ronald
Weasley, sul piano più elevato della Tana, s’intravedeva la piovra di seta bruna
che incoronava la testa di Hermione a nasconderle il volto, così che solo il suo
ragazzo avrebbe potuto ammirarla, se solo si fosse svegliato.
Lei aveva cacciato
Harry senza troppi complimenti, perché le desse il cambio a far rassegnare
Ginny, irritabile più della Umbridge al suono della parola Voldemort.
Ovviamente sapevano
tutti e due il secondo e vero fine della ragazza e Harry non poté che essere un
euforico complice del suo piano malizioso, nel cuore della notte.
La strega si era
fatta spazio tra le cianfrusaglie sparse dappertutto ed era riuscita a
raggiungere il letto su cui riposava Ron, che riusciva a dormire sempre e
comunque senza problemi. Si indispettì appena, dato che dal canto suo non aveva
chiuso occhio.
Decise di svegliarlo, pur consapevole dell'onerosità
dell'impresa: avrebbe accettato la sconfitta a testa alta.
Si accoccolò vicino
al cuscino di lui e lo studiò con più diligenza di quanta non ne avesse mai
rivolta ai suoi adorati libri.
La fronte era alta e da lì svettavano i fitti ciuffi
che sembravano avere una volontà propria, avversi alla spazzola e beffardi al
ricordo dell'ordinatissima posa che avevano preso il giorno prima, per miracolo.
Hermione fece scivolare l'indice sul suo naso, lungo e un po' troppo
ingombrante, ma così carino con tutte quelle lentiggini a gruppetti sparsi che
giungevano alle guance, culle dei suoi occhi celesti.
Ron si strofinò
forte il naso con una manica del pigiama, ma non si svegliò.
Adesso russava e
Hermione rise, pentendosi di aver scatenato una reazione così poco
romantica.
Alzando gli occhi al cielo scavalcò il corpo del
mago, che si era girato dall'altra parte del materasso, e si sdraiò sul letto al
suo fianco. Riprese a ripassare la sua materia preferita, nell'attesa che
reagisse alle sua carezze come da
manuale.
Osservò la mascella scolpita e il mento ben rasato,
su cui giaceva la bocca che le apparteneva; poi scese per il collo, lui
rabbrividì e questo la divertì da morire.
Giocherellò con le
dita sulle spalle del ragazzo, larghe quanto bastava, attaccate al torace
piatto; proseguì per l'addome rigido, si serrò a lui rabbrividendo a sua volta,
e poi-
“Mm” grugnì forte qualcosa dietro di lei.
Hermione lanciò un
urlo acuto, colta di sorpresa.
“Ah! Eh? Ma che?... Miseriaccia”.
Ci voleva che
Hermione si spaventasse a morte per ridestare lo zombie?
La ragazza si voltò
cauta, per scoprire un corpo dalla chioma rossa che si dimenava nervoso in una
brandina vicino a dove stavano lei e Ron.
Quest'ultimo si rese
conto vagamente di quello che si era perso nell'ultima mezzora e sul suo volto
gonfio di sonno si dipinse un'espressione di puro panico, accresciuto dalla
furia e dalla delusione che vide luccicare negli occhi di Hermione.
“Oh, ma ch'è
successo?” fece Charlie boccheggiando irritato.
“Niente. Dormi” e
Ron gli scagliò con tutte le forze la prima cosa che gli capitò a
tiro.
Nonostante Charlie avesse molto da replicare, decise
che il letto era troppo accogliente e che era troppo presto per mettere insieme
qualunque parola o azione, così obbedì senza fare ulteriori domande.
“Hermione, io-”
cominciò poi Ron.
“Buon giorno” disse Hermione col sorriso più falso
che una donna inglese avesse mai schierato in battaglia.
“Ehi, che ci fai
qui?”
“Controllavo che non ti cadesse il tetto in testa nel
sonno,” maledetto ghiro deficiente,
avrebbe voluto aggiungere.
“Ottimo lavoro allora: va tutto bene, no?”
Stupido, stupido, stupido, ma che
razza di risposta era?
“Già...” il solito
Ronald... Ma come poteva continuare ad essere arrabbiata? Dopotutto non
era colpa sua se aveva il sonno così pesante e se era un po' impacciato a
esprimere i suoi sentimenti.
“Volevo stare con te. ...E non ne potevo più di
Ginny! Anche se mi dispiace moltissimo perché tua madre non vuole mandarla con
noi, se pure a ragione comunque! La sapesse tutta...”
“...La prossima
volta consultati con Harry: lui conosce un incantesimo che come sveglia è
micidiale” consigliò Ron a Hermione, controvoglia al ricordo del Levicorpus, ma per lei questo e altro.
Hermione però, non
sembrò apprezzare il suo suggerimento: “E adesso cosa c' entra Harry?” abbaiò,
docile quanto Fuffi.
“Be', niente... Ma che ho detto?”
“Ah, se non lo sai
nemmeno tu, andiamo benone!”
“Lo so cos'ho detto. È solo che non capisco perché
fai così...” ribatté lui risentito.
“Lascia perdere...”
“No”
“No cosa?”
“Non lascio perdere
un bel niente perché mi importa di te e non voglio litigare” continuò
accigliato.
Hermione rilassò un poco la faccia, contratta in un
broncio a puntino, e ascoltò il seguito: “Scusami, è che... Be', non so come
comportarmi con te e non so cosa sia meglio dire a volte...”; il suo sguardo era
triste.
“D'accordo” fece lei, più comprensiva, “senti, credi
che io sappia sempre cosa fare e cosa dire?
No” disse prevenendo
il suo ragazzo, che aveva aperto bocca per confermare; “Non so tutte queste cose
il più delle volte, ma comunque faccio del mio meglio... Tu continui a dire cose
senza senso per evitare gli argomenti importanti! …Capisco che non sei molto
allenato a parlare con la tua ragazza, ma che cavolo noi-”
“E che vorresti dire
con questo?”
Ron sapeva benissimo a cosa si riferisse, ma lei non
poteva paragonare il loro rapporto a quello che lui aveva avuto con Lavanda!
Sarebbe stato come dire che una Veela ha la stessa grazia di un'orripilante
sirena del Lago Nero di Hogwarts!
Lei sospirò abbassando il capo, rassegnata al fatto
di essersi messa insieme ad un ciocco di legno tarlato.
“Ehi, miss simpatia:
guarda che scherzavo. E ho capito benissimo”
La guardò in un modo
strano: furbo; “se non ti piaceva il modo in cui mangiavo la faccia a Lavanda
senza scollarci un secondo – testuale – perché mai stiamo insieme
allora?”
Hermione divenne paonazza, prima d'imbarazzo, poi di
rabbia rinnovata: “Lo sai? Me lo chiedo anch'io” affermò sostenendo con un certo
cipiglio lo sguardo di lui, che ebbe un fremito di terrore all'ipotesi che lei
non stesse scherzando, mentre Hermione dovette mordersi un labbro per reprimere
il riso.
Lui ostentò una sicurezza edificata su un instabile
terreno di consigli remoti e vaghi sentito
dire: “Ah, è così?”
Ron finse di cercare qualcosa nella più totale
confusione della sua stanza, poi vi rinunciò e di scatto e si avventò su
Hermione. Iniziò a farle il solletico, mentre lei si divincolava e lo minacciava
ridendo a più non posso.
Hermione provò a raccomandarsi in un bisbiglio
affinché quella diavoleria cessasse all'istante, ma il suo aggressore era sordo
a tali suppliche, poi provò a dimenare le gambe nel tentativo di assestare un
bel calcio a Ron che si stava divertendo un mondo, lui allora cercò di scansare
quei meravigliosi piedini che volevano colpirlo forte e finì per rotolare con
lei giù dal letto, ridotto ad una poltiglia simile a zucca fatta a
pezzi.
A
quel punto Charlie si alzò dalla brandina, nervoso a dir poco: “Che cavolo Ron,
bastava che me lo dicessi che c'era anche lei! Non mi interessa di sapere quello
che fate...”
“Merda, Charlie...” disse Ron con voce
spezzata.
Hermione rideva ancora di più, senza artifici
stavolta.
“E non ho alcuna intenzione – ciao Hermione – di
ascoltare questo chiasso né di disturbarvi”
“Ma io, ma noi-”
Il
fratello sbatté la porta e sovrastò le balbettanti giustificazioni del mago, che
ringraziò il buio di camuffare il suo volto, tinto d'umiliazione.
Sentirono i passi
pesanti e decisi di Charlie giungere al piano di sotto, probabilmente fino alla
stanza dove dormivano George e Percy.
Un secondo dopo l'unico perché di Ron fu di nuovo Hermione, che
sghignazzava al suo fianco, sul pavimento.
Il ragazzo si beava
di quel momento e non ricordava più che il motivo di tanta allegria era stato la
sua goffaggine; guardava Hermione con venerazione.
A un tratto lei si
ricompose e si stese su un fianco per guardare Ron negli occhi e dopo gli ultimi
sbuffi gai decise di rompere il silenzio: “Che c'è?” fece seria.
“Non capisco” perché voglio con tutto il cuore dirti che ti amo, ma
non lo faccio!
Lei parve confusa.
Il fatto è che tu sei tutto per
me e sono così felice... Ma ho un brutto presentimento e ho paura di
perderti.
“La frase era finita” scherzò lui. Si avvicinò e si
erse sopra di lei fino al busto; calando la testa timidamente abbracciò il suo
labbro inferiore con le proprie labbra, toccò la bocca di lei con la sua e poi
con la lingua vi si insinuò con dolce irruenza, a cui lei rispose
delicata.
Dopo il bacio del buongiorno parlarono teneramente seduti l'una
appoggiata all'altro fra le lenzuola aggomitolate del letto, finché la luce non
riuscì definitivamente ad insediarsi nella stanza e lei dovette scendere per
richiamare Harry agli ultimi preparativi per la partenza.
Ron fu pronto in un
baleno, poi diede una mano a Hermione nell'amministrazione, o meglio: si limitò
a ripetere ogni parola della strega in un ottava più bassa, agguantandola per la
vita ogni volta si incrociassero casualmente nei corridoi della casa, per
stamparle un bacio in ogni angolo della faccia.
Gli altri erano
ancora nelle rispettive camere da letto e quella di Ginny era chiusa, a
chiave.
Harry non rispose alla prima chiamata, né alla
seconda, poi rantolò debolmente che sarebbe arrivato a momenti.
Infine sbucò una
testa di scarmigliati capelli neri dalla camera della più piccola degli Weasley,
che rideva con lui per chissà quale brillante spiritosaggine.
Per un momento
un'idea terrificante passò per la mente di Ron, ma la ricacciò subito inorridito
e incapace di farla sostare un attimo di più fra i pensieri già impegnativi
della giornata, smise di fissare l'amico e la sorella e tornò alla sua
ragazza.
La casa riprese vita a poco a poco mentre da ogni
porta continuavano a uscire figure così simili tra loro da sembrare biscotti di
pan di zenzero animati, che si stropicciavano gli occhietti di glassa e si
sistemavano lo zucchero arancione sulla testa.
L'aria era fredda e
bagnata fuori, il cielo perlato.
Ron sgraffignò di soppiatto una manciata di biscotti
da un barattolo su una mensola alta e se li infilò in tasca, poi uno lo nascose
fra i denti. Ginny parlava fitto con Hermione, inspiegabilmente al settimo cielo
e soltanto quando la madre fece il suo ingresso nella sala da pranzo, chiuse il
becco canterino e si ostinò a fissare una macchia sull'allegra tovaglia
rattoppata come a volerla rammendare proprio in quel momento, fra un boccone e
l'altro del suo toast imburrato.
Molly le stampò un bacio gioviale sulla tempia e lei
per tutta risposta vuotò il bicchiere di succo di zucca, decisa a non
perdonarla.
Hermione bisbigliò qualcosa all'orecchio di Ginny e
lei scosse la testa decisa, mentre Harry le si sedeva accanto, ma non troppo
vicino perché con la coda dell'occhio aveva visto il sorellometro biologico di
Ron lampeggiare pedante.
“Eh, George? Ti darò una mano io” soggiunse
Percy.
George annuì deglutendo un sorso di scottante
cioccolata allo zenzero e peperoncino; per tutto il tempo aveva continuato a
sorridere cordiale, risparmiando il fiato per parole che non aveva voglia di
pronunciare, mentre continuava a guardarsi intorno, come smarrito, solo, in quel
trambusto di piatti, cucchiai e occhi incoraggianti.
“Come hai detto che
si chiamano quelle bislacche creaturine pelose?”
Così non andava: come poteva portare un soggetto del
genere in un negozio di scherzi? Il perfetto prefetto Perce che si metteva a
divertire la gente? Ma se non si divertiva mai neanche lui? Se non altro era
buffo sentirlo parlare in quel modo inadeguatamente forbito,
pensò.
“Puffole Pigmee” lo istruì con poco
entusiasmo.
“Ah sì, naturalmente: Pluffole Pig-Pigmee”
“Puffole”
“Ma certo: Puffole,
Puffole Pigmee”.
George scosse la
testa senza speranza.
“...Per le mutande di Merlino, è tardi!” esclamò
Hermione balzando in piedi.
“Adoro quando fa così!” commentò Ron
eccitato.
“Carina la tua rivisitazione, Hermione: perché non
vieni tu in negozio? Hai proprio lo spirito giusto!”
“Sono lusingata,
George, ma il mio cognome stonerebbe un po' troppo nei Tiri Vispi Weasley, non trovi? E poi Ron
morirebbe di gelosia” disse ammiccando.
“Ma dai! Se è per
queste sottigliezze ti assumo subito dopo le nozze con Ron e si risolve
tutto”.
I
due interessati arrossirono cercando uno sguardo alleato per poi sorridersi a
vicenda.
“Ci penserò su, boss. Intanto, però, non vorrei
rovinare la festa a Percy”.
Lui la guardò allegro dato che qualcuno si era
ricordato di lui, mentre ne ammirava lo spirito al punto che Hermione credette
stesse per estrarre un blocco per gli appunti, cosa che fortunatamente non
fece.
Ron
si avviò verso il soggiorno a lunghe falcate, impaziente di liberarsi della sua
ingombrante famiglia; poi la scenetta tranquilla si sfaldò e con flemma tutti
seguirono l'esempio del mago, chi indaffarato a non scordare il necessario per
il viaggio, chi in attesa di salutare per l'ennesima volta quei tre
incorreggibili avventurieri.
Hermione tirò fuori il cappuccio dal mantello e
liberò i capelli dalla sua presa, richiuse la patta della sua nuova borsa di
cuoio, più sportiva e meno vistosa dell'ultima, poi incrociò le braccia e attese
che anche Harry e Ron fossero pronti.
I tre infine abbracciarono i Weasley uno ad uno e si
scambiarono poche ultime battute prima di partire, poi Ginny scappò di nuovo in
camera sua furente d'invidia per la libertà degli altri e incapace di pensare
alla prospettiva di stare senza Harry forse per tutta l'estate.
La signora Weasley
rivolse un sguardo colpevole alla cima delle scale, poi tornò sollecita a Ron,
Harry e Hermione, li riempì di panini (quelli che Ron detestava), di deliziose
fette di torta al limone ed esitante su un barattolo semivuoto di biscotti fatti
in casa, afferrò una dozzina di cose che sarebbero state loro utili, fra cui due
ombrelli cerati.
“Va bene mamma, siamo apposto! Ciao” sbottò a un
tratto Ron, esasperato.
“Ciao tesoro” e molto più piano: “Mi raccomando:
non fare sciocchezze. Ti voglio bene, a
presto” e baciò la fronte di un Ron sbigottito: “Ok... anch'io”
“Ciao Hermione,
Harry caro”.
La porta della Tana era chiusa e loro stavano fuori,
immersi nella luce soffusa e nella pioggia leggera.
Harry sentì il cuore
sobbalzare nel tentativo di rimanere attaccato alla calamita che lo possedeva,
ormai: Ginny gli mancava già.
Si erano salutati a dovere, ma ciò non gli sembrava
minimamente sufficiente a separare quel potentissimo campo magnetico.
“Harry?!”
Era lei.
Ma da dove proveniva
la sua voce?
“Ginny!”
“Quassù” suggerì Ginny.
Harry guardò il
cielo strizzando gli occhi per l'intensità insopportabile di quel candore
umidiccio: era affacciata alla finestra.
“Ginny”
“Proprio io. Lo sai,
non credo che mi mancherai poi tanto”
“Non farò altro che pensare a te” confessò Harry in
risposta al suo sarcasmo.
“Lo so” fece lei sorridendo, “e poi non ho nulla da
temere, no? Ho la mia sentinella infiltrata tra i tuoi: il minimo pensiero
libertino e Ron ti fa nero”. Era sinceramente divertita, mentre Harry guardò
l'amico di soppiatto con cautela ostentata che fece ridere Ginny.
“Starò attento a non
farmi scoprire allora”
“Certo, certo…”
“Ti amo”
“Ti amo”.
Ron aveva seguito
attentamente la conversazione, prima offeso, poi rassicurato e invidioso
insieme, mentre stringeva tra le braccia Hermione e voleva imitare quel
colloquio romantico senza sembrare un idiota scontato, anonimo e senza
fantasia.
Si materializzarono a Diagon Alley.
Le strade erano
gremite di maghi e streghe, ad onta del desertico paesaggio di poche settimane
prima; i negozi erano quasi tutti aperti ed era fantastico sapere che molto del
merito di tutto quello era loro.
Non avevano bisogno di molte cose ancora, ma Hermione
era decisa a passare in alcuni posti, così gli altri due si lasciarono
trascinare al Ghirigoro, dove c'erano decine di cartelloni in cui Harry esultava
trascinato dalla folla di Hogwarts, dopo la morte di Voldemort.
Lì la strega volle
acquistare un libro di incantesimi audaci, uno di storia della magia
dell'emisfero australe, della pergamena, penne nuove e tanto
inchiostro.
“Hermione, non andiamo veramente in Australia...” si
sentì in dovere di ricordarle Harry.
“Per ora no. Ma Ronald mi ha promesso che quando
Malfoy sarà di nuovo nella sua ingiusta
campana di vetro, andremo davvero a prendere i miei genitori”.
Ron parve fiero e
Harry alzò gli occhi al cielo: e come poteva combattere con loro due, lui, il
terzo incomodo, mentre intanto Malfoy lo sfiancava a dovere?
Oh, Ginny...
Come se non bastasse
Harry dovette fare l'autografo a un gruppo di streghe urlanti che l'avevano
seguito fin lì.
Riuscì a liberarsi e a raggiungere la coppietta
felice che lo aspettava all'uscita della libreria.
Oh Ginny...
Harry era molto
irritato ed estremamente irritabile: “Allora: andiamo alla Gringott ora, giusto?
Dobbiamo prelevare un po’ di soldi...”
Ron era un po'
imbarazzato, ma si limitò a mettere il braccio al suo posto: attorno alla vita
di Hermione.
“Ottima idea” disse lei, “io vorrei aprire un conto,
ora che mi ci fai pensare... Perché non approfittare, dato che dobbiamo andarci?
A proposito: dovremmo rifornirci anche di denaro babbano...”
Hermione sentì la
presa del suo ragazzo perdere un poco di forza nel sentir parlar di finanza e lo
consolò con un bacio obliante.
Oh Ginny...
Quando furono
entrati dal portone bronzeo riemergendo dalle alte gradinate di pietra bianca ed
ebbero superato anche quello d'argento, si ritrovarono nell'ampio atrio della
banca, dove un corridoio marmoreo era costeggiato dagli scranni dei folletti che
squadrarono i nuovi arrivati con occhiate sospettose e sprezzanti o non li
guardarono nemmeno, intenti ai loro affari.
Harry intravide
Unci-unci, che non sembrava essersi accorto della loro presenza, oppure
semplicemente non desiderava un confronto con loro (cosa più che comprensibile,
dato il modo in cui li aveva traditi).
Poco male
infondo.
Un folletto dall'aria malaticcia e con un naso simile
a una candela di cera colata, si avvicinò loro annoiato e si offrì: “Posso
esservi utile, signori?”
“Buongiorno, ehm: sì. Vorrei effettuare un prelievo”
disse Harry.
“Avete la chiave con voi?” recitò il
folletto.
“Ah, già...”, quello lo squadrò con
impazienza.
“Dovrei averla qui dentro...”
Harry fece sparire
la mano nella saccoccia che portava al collo e dopo un minuto ne tirò fuori il
piccolo oggettino d'oro lucente, soddisfatto.
“Seguitemi” disse
deciso, senza più guardarli negli occhi, quasi fosse un cavallo da tiro,
talmente esperto del percorso da compiere che non ha più bisogno di guardare la
strada.
Harry andò con il mostriciattolo altezzoso e
scomparve dietro una porta massiccia: quel voi di cortesia poteva far sorgere il dubbio
che l'invito fosse rivolto a tutti e tre, ma i due piccioncini parvero intendere
il responso allo stesso modo e rimasero al loro posto.
A ripensarci la
legge oltretutto vietava che il possidente di una camera blindata della Gringott
fosse accompagnato, se non da un tutore, in caso di minor età.
Ron accompagnò la
strega fino a un bancone e, richiamata l'attenzione del folletto in questione,
svolsero le pratiche per aprire il conto corrente di Hermione, per niente
impacciata.
Anche lei ebbe la sua chiave, che ripose elettrizzata
in una tasca segreta della borsa di cuoio.
Harry era tornato,
insieme si fecero cambiare un terzo dei galeoni che avevano messo in comune per
un valore di trecento
sterline.
Uscirono dalla banca e dopo aver salutato Olivander,
nel suo negozio riordinato e messo a lucido, si materializzarono a
Hogsmeade.
Lì non pioveva, ma tirava in vento irregolare e
fastidioso.
La Testa di
Porco non sembrava cambiata di un virgola: i soliti animali impagliati
deprimenti sulla parete e tutto il resto, sembrava solamente ancor più
trascurata del solito, data la polvere stabilizzatasi negli angoli e sotto gli
oggetti di cui non si curava nessuno.
La locanda era semivuota: c'erano solo due vecchie
streghe che ciarlavano appassionatamente vicino alla finestra, un mago che
sembrava non aver la minima idea di chi né dove fosse e un altro che invece
sedeva a un tavolo dirimpetto al primo, pensieroso. Inoltre Ron giurò di aver
visto una coda di capra sparire dietro il bancone.
Malfoy non
c'era.
“Per la barba di Merlino! Ciao ragazzi”.
Harry smise di
fissare il vuoto: “Salve Aberforth, come stai?”
“Non c'è male...
Sono contento che nessun moccioso debba più attraversare il mio locale, ah ah...
posso portarvi qualcosa?”
“Ehm, sì... prendiamo-” balbettò Harry
titubante.
“Io un boccale di Idromele e... Burrobirra, amore?”
chiese Ron.
“Spaccone” si limitò a dire Hermione punzecchiandolo
fra le costole con le dita.
“Per me una Burrobirra piccola”.
Il signor Silente
tramestò fra le bottiglie un po' troppo invecchiate per qualche momento e poi
porse ai tre clienti la loro ordinazione.
“Grazie”
“Allora... Che cosa
vi porta qui?”
A Ron andò di traverso un sorso di Idromele ed iniziò
a tossire.
Hermione lo soccorse, più divertita che preoccupata e
con una punta di imbarazzo.
Harry era impegnato in altri pensieri: Dov'era Malfoy?, e ovviamente: Ginny...
“Partiamo. E questa
è la nostra prima tappa”.
Il barista non sembrava convinto, ma l'esperienza gli
aveva insegnato a farsi gli affari suoi e non aggiunse altro.
Senza che se ne
fossero accorti nel locale erano entrate altre persone e Harry e Hermione si
voltarono sul loro sgabello a spiarne i volti; Ron si era appena ripreso e stava
cercando di affogarsi di nuovo.
Niente.
“Ma dove sarà?” sussurrò Hermione a un orecchio di
Harry.
“Non lo so”.
Harry non aveva
finito di pronunciare queste parole che il campanello della porta suonò ed entrò
una figura incappucciata da un mantello di un verde molto scuro: si dirigeva
dalla loro parte a passo sicuro.
“Eccolo”.
Quando Malfoy fu abbastanza vicino, anzi troppo
vicino, da labbra oscurate alla vista pronunciò: “Non ti libererai di me così
facilmente”.
Harry non indietreggiò e istintivamente si mise a
pomiciare con il nuovo arrivato. Ron lo guardò esterrefatto, per poi allontanare
il boccale - ormai vuoto - con orrore; Hermione notò un ciuffo rosso sbucare dal
mantello e disse, senza sorpresa: “Ciao, Ginny. Ce ne hai messo di
tempo!”
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Capitolo 7 *** Sex ***
Tabitha's 7th
Ciao a tutti!!! Questo capitolo è stato un vero
parto dato che l'ispirazione era sotto i piedi: sono stata molto impegnata ed
ero così presa dall'idea dei capitoli a venire che questo l'ho proprio buttato
lì come veniva ;D
Dai, commentate questo garbuglio di parole e - so già che
me ne pentirò - siate spietati! >: 8
Grazie a tutti
per aver ascoltato le mie follie delle 3 e mezza di notte! A presto
raga!
la vostra
Tabitha
CAPITOLO VII
…and I bet I can make you believe in love
& “Sex” &
magic...
Non appena Ginny si fu fatta riconoscere anche
dal fratello, i quattro uscirono dalla Testa di
Poco e scesero per le strade di Hogsmeade, zuccherosamente avvinghiati a
due a due per fronteggiare il muro di vento che li assalì oltre la
porta.
Dopo qualche passo spensierato e leggero, Harry gettò uno sguardo al
piccolo mondo ai piedi della nuvola su cui volteggiava insieme alla propria
ragazza e riprese il discorso: “D'accordo, secondo voi che significa
questo?”
Ron fissò l'amico senza guardarlo, aspettando un'illuminazione di
cui non si sarebbe curato affatto.
“Dici che lo hanno preso?” chiese Hermione
atona.
“Non lo so, ma qualcosa non è andato per il verso giusto”.
Una cosa positiva , pensò Ron, concentrandosi
sulle spirali che i capelli di Hermione disegnavano sollecitati dal Maestrale.
Anche il solo pensiero di Draco Malfoy
gli dava sui nervi in modo insopportabile.
“Credo che dovremmo controllare le
novità ministeriali al riguardo” affermò Hermione, che già trascinava il suo
ragazzo fino alla bottega arruffata di Scrivenshaft come con una catena invisibile.
Selezionò tre quotidiani diversi che si mise sottobraccio per frugare nella
borsa di cuoio in cerca del compenso per il negoziante: un mago anziano e
ingobbito, che la osservava in modo avido, non tanto rivolto ai giornali quanto
più alla strega a cui appartenevano le esili braccia che li stringevano inerti e
questo fece infuriare Ron, combattuto fra l'estrarre la bacchetta e il limitarsi
a una sfuriata verbale di gelosia.
“Grazie, arrivederci”.
La rapidità di
Hermione aveva salvato la situazione di cui la ragazza non si era neanche resa
conto, poi lei e un Ron vigile tornarono da Harry e Ginny che li aspettavano nel
punto in cui loro li avevano abbandonati.
“Ecco qua. Allora, diamo
un'occhiata”.
Hermione scomparve tra le grosse pagine costellate di immagini
frementi, le sfogliò con attenzione ma sbrigativa, esperta, poi scollò il naso
dalla carta e riferì: “ Niente. Non si parla di nuove catture qui...
Evidentemente Malfoy è ancora in libertà; quindi il punto è: per quale ragione
non si trova qui, nel suo interesse?”
“Magari i Mangiamorte hanno scoperto il
suo doppio gioco...”
“E l'hanno fatto fuori” disse Ron, concludendo la frase
di Ginny speranzoso.
Ci fu qualche secondo di silenzio
meditabondo.
“Proviamo ad aspettare ancora un po'... rimaniamo nei paraggi e
guardiamoci intorno: potrebbe essere qui da qualche parte in incognito. Ma
potrebbe anche essere una trappola, quindi stiamo attenti” li avvertì
Harry.
“Va bene” concordarono le ragazze.
“Vieni” uccise il discorso Ron,
prendendo Hermione per una manina bianca e fredda che riscaldò fra le sue dita
con piacere. La portò via con sé allegro, senza una meta precisa.
Harry
allora sorrise e si avvicinò a Ginny per cingerle la vita; anche loro
passeggiarono per le strade del paesino camminando in serrata sincronia, senza
troppe parole, ma con occhi languidi e pieni di sottintesi.
“... ora vuoi
spiegarmi come hai fatto a far cambiare idea a tua madre?”
“Semplice: non
l'ho fatto”
“Ah no?”
Harry non sapeva se essere ammirato o preoccupato al
riguardo. La lasciò continuare.
“Andiamo, non me lo avrebbe mai permesso!"
trillò Ginny, "Perciò George - è stato lui a insistere - le ha chiesto se potevo
andare a lavoro con lui e Percy, sai, per distrarmi un po'... e la mamma non ci
ha visto nulla di male dato che crede che George abbia perso lo smalto del
monello dopo la... Be', dopo quello che è successo. Ma come puoi vedere si
sbagliava. Lui mi ha portata al negozio, come nella versione ufficiale dei
fatti, mi ha accompagnata qui ed è tornato da Percy inventandogli che andavo a
fare un giro... George mi coprirà fino a stasera, fingendo di farmi da balia a
Diagon Alley, poi dovrà vuotare il sacco ma-”
“E tua madre non si infurierà
con tuo fratello?”
“No” - Harry la guardò scettico - “ok, forse un po', ma
non glielo farà pesare: non a lui, non ora. Si limiterà a piangersi addosso e a
progettare un rimprovero da record per la piccola sconsiderata, ma quando
torneremo sarò maggiorenne anch'io... e sarà troppo occupata a stritolarci tutti
di abbracci per litigare”
“Se lo dici tu...”
Harry sorrise e la baciò
scherzoso sulla punta del naso, poi sulla bocca e in seguito il suo sorriso
scomparve perché i muscoli della bocca non avevano più tempo per sottigliezze
del genere, tanto erano impegnati ad arginare la loro lotta di lingue bramose,
che non si prospettava breve.
In quello stesso momento Draco Malfoy se ne
stava nell'ombra, accostato alla parete di pietra di un edificio in un vicolo
periferico di Hogsmeade. Non aveva chiuso occhio quella notte e un paio di
occhiaie grigiastre si erano unite al pallore delle sua pelle a dargli un
aspetto spettrale che lo segnalava esplicitamente come un tipetto davvero poco
raccomandabile.
Aspettava qualcosa, se ne stava immobile e rigido, con le
braccia conserte e il collo allungato a contemplare l'asfalto con i suoi dossi
simili a bolle squarciate e le piccole fosse colme d'acqua piovana. Poteva
intravedere la propria figura nel riflesso confuso sulle sue scarpe stringate di
vernice opaca. Era impaziente, irritato, abbattuto, ma i suoi occhi non
tradivano sentimenti: quelli li teneva tutti quanti chiusi in sé senza pietà e
intanto aspettava, benché fosse già tardi per l'appuntamento con i
Grifondoro.
Sentì un rumore provenire dalla strada principale. Senza pensarci
troppo si portò il cappuccio del mantello nero sopra la testa per non farsi
riconoscere e afferrò la bacchetta nel tentativo di frenare il terrore che lo
invadeva.
Quei temuti passi, però, a poco a poco si allontanarono alla
percezione dell'udito e quando niente ne segnalava più la minaccia, Draco sentì
il cuore fondersi e prendere fuoco. Quel calore rompeva il ghiaccio delle sue
vene in tutto il corpo e il mago fremette, immaginando di concedere a qualche
lacrima di evadere dalla prigione in cui le custodiva.
Perché non piangeva?
Di certo non gli mancavano i pretesti; poteva anche sentire l'assillante bisogno
uggioso del pianto e non aveva distrazioni né vie di fuga, niente scorciatoie
questa volta.
Eppure dai suoi occhi marmorei non scaturivano lacrime:
probabilmente non sapevano come.
Draco in cuor suo però sapeva che non
era questo il problema: doveva fare attenzione che le sue disgrazie lo
accompagnassero nel ricordo in modo impermeabile, esse dovevano scivolargli
addosso come pioggia sul vetro, così che i dettagli e la nitidezza della sua
sventura non si insinuassero fino infondo e lo facessero disperare rompendo il
suo scudo, il suo autocontrollo, la sua forza.
Rinfoderò la bacchetta e lentamente
lasciò scivolare la schiena giù per il muro fino a terra.
Il silenzio lo
capiva davvero e gli teneva compagnia.
Il mago era ancora coperto interamente
dal mantello: non lo ricacciò perché esso costituiva la sua ultima difesa,
mentre la parete su cui poggiava, il suo ultimo amico.
Crac!
Draco sobbalzò e si rimise in piedi
in fretta: il tempo del limbo era terminato.
“Quanto diavolo ci hai messo,
brutto deficiente?”
“Perdonatemi, padrone: Kreacher non doveva farsi vedere
dai maghi che portavano via tutto...”
Draco si premette la fronte, poi con
dita scheletriche strappò da quelle mani unticce le valige che l'elfo si era
apprestato a portargli.
“Ah, sta' zitto e dammele! Non ti azzardare più a
toccare le mie cose con quelle zampacce sudice, capito?”
“Kreacher deve
usare i guanti?”
“Sì. No, no! Piccolo traditore, non provarci mai più!”
Draco lo aveva afferrato per gli stracci che indossava (e che dipendendo da
lui, avrebbe indossato fin nella tomba) e lo aveva sollevato da terra per il
doppio della sua altezza.
“Ora vattene prima che te la faccia pagare cara! E
fatti un bagno prima di presentarti a me d'ora in poi!”
Lasciò cadere l'elfo
e lo congedò con un calcio più forte del solito.
Il mago era di nuovo solo,
si strofinò le mani schifato e tornò avido alle uniche cose che ormai gli
appartenevano: tre misere borse da viaggio, che contenevano - sperava - il
necessario.
Draco indossò con stizza una camicia candida, pulita, si mise
dei pantaloni stirati e tirò a lucido le scarpe che aveva ai piedi. Poi, una
alla volta esaminò il contenuto delle sacche e con una smorfia constatò che
Kreacher aveva eseguito gli ordini con discreta diligenza. C'era un decimo del
suo guardaroba lì dentro, forse un migliaio di galeoni, un libro logoro e un kit
da pozionista quasi intatto; niente manico di
scopa.
Il ministero infatti, aveva ordinato la confisca di tutti gli
averi della sua famiglia e squadre di ispettori andavano e venivano dal giorno
prima a svuotare e smembrare la sua nobile casa senza ritegno, alla ricerca dei
segni del Signore Oscuro, da mettere sotto chiave, e cacciando le ricchezze che
non gli appartenevano più.
Quelle
poche cose erano tutto ciò che possedeva al mondo ora: il suo patrimonio da
Mangiamorte.
Tentò di scacciare quei pensieri serrando le palpebre ma, come
aveva previsto, non bastò; recuperò i suoi averi e pronunciando “Reducio”, riuscì a contenere tutto in una
tracolla nera che affidò a una delle sue spalle. Diede una breve occhiata
malinconica intorno a sé e fece scorrere una mano sul muro per qualche passo,
poi lo abbandonò per sempre, deglutì e si incamminò riluttante alla ricerca dei
suoi nemici giurati, perché potessero salvarlo.
Quando vi arrivò, dalle
finestre della Testa di Porco non
riusciva a vedere nessuna faccia conosciuta, eccezion fatta per il barista
scontroso che era saltato fuori essere il fratello del vecchio preside Silente.
Non poteva essere stato
ingannato da dei Grifondoro, inguaribilmente altruisti e magnanimi: a meno che i
giorni del pianeta Terra non fossero contati, loro dovevano trovarsi nei
paraggi, se non in quella squallida locanda.
Per un istante fu preso dal
panico.
Draco si voltò con la mano alla bacchetta, sospettoso; tentò di
guardare lontano ma non vedeva nessuno e per la prima volta desiderò davvero la
compagnia di Potter e delle sue mascotte Granger e Weasley.
Questi
ultimi, non molto lontano, nel frattempo discutevano sulle imperdonabili
mancanze dell'uno e dell'altra.
“Ah, questa non vale: non è un difetto il
fatto che non mi piaccia il Quidditch!”
“Che tu lo odi, volevi dire”
“Non fa alcuna
differenza, senti-” Lui la zittì con un bacio a fior di labbra, felice e un po'
insicuro.
“Non credere di distrarmi, Ronald Weasley” disse lei suadente, “ho
comunque vinto io”.
I loro nasi si sfioravano e i due si guardarono negli
occhi ridenti a mo' di sfida, Ron a un tratto si ricordò che era il suo turno di
battuta e trovò l'uscita dal labirinto d'autunno danzante in cui si era perso
osservando gli occhi di Hermione.
“Certo, è naturale che abbia vinto tu: ti
ho lasciata vincere!”
“Ah è così? Be', stipuliamo un breve elenco
riassuntivo, ti va?: io studio troppo - tu neanche un po'; io sono una cuoca
disastrosa - tu non comprendi l'esatto uso delle posate; tu odi quando divento
isterica - io odio quando sei permaloso,
ti chiudi in te e sei scontroso con tutti per giorni e giorni; tu russi come un
cane a tre teste gigante al suono del flauto, infine io detesterei il volo?
Penso di non aver tralasciato niente”
“Impeccabile come al solito, cara”
sentenziò sarcastico, contraendo la faccia in un sorriso forzato: suonava tutto
troppo a vantaggio della strega detto in quel modo.
“Lo so, lo so. E dato che
la cosa del Quidditch non conta-”
“Ma dai! Fai delle facce ogni volta che c'è
una partita!”
Ron allora simulò un conato di vomito, poi ribrezzo e
spavento; lì per lì Hermione rise, ma dopo un po' alzando gli occhi al cielo e
scuotendo la testa intervenne agguantando la faccia di Ron, perché la sua agonia
cessasse.
“Tu sei tutto matto!” gli sussurrò con affetto. “Lo sai perché ho
vinto?”
Lui non rispose, aspettando il seguito, sognante.
“Vado matta
per i giocatori di Quidditch, non te lo
hanno detto?” Hermione era raggiante.
“Voci...” confermò lui vago,
profondamente compiaciuto però.
“A volte le voci si rivelano fondate...”
insistette lei.
“Sì, forse in questo caso ci hanno dato” concesse Ron
sollevando le sopracciglia e il mento, impettendosi con falsa vanità, mentre la
ragazza subiva il suo narcisismo beffarda.
“E questo significa…”
“Che
avete vinto, mia perfetta regina. Lasciate che vi porti sul vostro trono a fare
un giretto”.
Hermione, incuriosita da quel buffo Ronald, stette al gioco,
assaggiò ancora un petalo dal mazzo di fiori di zucchero che il suo ragazzo le
aveva comprato nel negozio di Mielandia
e poi, aggrappatasi al collo di lui, salì sulla sua schiena con un po'
d'imbarazzo. Lui le afferrò le cosce e l'interno delle ginocchia, poi lei lo
abbracciò forte e gli diede un agghiacciante bacio a ventosa in un
orecchio.
La costruzione non ebbe lunga vita poiché dopo una corsetta
sfrenata che fece strillare Hermione, già pentita del premio per la vittoria;
Ron cominciò a sbandare volontariamente, finchè entrambi non crollarono a terra.
Il ragazzo rimase steso sul prato di un giardinetto, in cerca di un soccorso
caritatevole per il nobile destriero.
Hermione invece si accasciò a sua
volta, cadendo sopra il mago senza badare alla sua solita delicatezza.
“Ehi,
ahi!”
“Carine come ultime parole”.
Risero insieme, fra i ciuffi d'erba che
li attorniavano e che ancora obbedivano al vento.
Poco dopo un ombra cancellò
la luce sul volto di Ron, che aveva chiuso gli occhi un momento per assaporare
quegli attimi di eterno: li spalancò all'istante.
“Patetico” sogghignò Draco
Malfoy, che finalmente aveva trovato chi cercava.
Ron si mise a sedere di
scatto, teso, poi con calma si alzò del tutto fino a superare l'altezza del suo
odioso interlocutore.
“Senti chi parla”
“Parla uno che non si sognerebbe
mai di fare da zerbino a una strega, tanto più se la ragazzina in questione è
una mezzosangue altezzosa e petulante”.
Ron dovette fare uno sforzo immane
per rimanere calmo, soffiò un inferno d'ira dal naso e abbassò le sopracciglia,
dopodiché inspiegabilmente sorrise.
“La sai una cosa? Mi fai pena, Malfoy.
Ti sei spinto a rivolgerti a Harry e a noi per salvare quella sottospecie di
schifo che chiami vita, quindi devi essere davvero disperato! Sei inutile adesso
che Tu-Sai... adesso cheVoldemort è
crepato. Sei sempre stato insignificante e ora sei anche solo. Pensi di essere
un dio e sputi ordini e sentenze come sempre: se dobbiamo sopportarti ancora
chissà per quanto ti consiglio di strisciare più in basso che puoi! Tra di noi
c'è un solo perdente, un solo mago veramente patetico, e quello non sono
io”.
Hermione aveva assistito alle parole di Ron con orgoglio e aveva
affiancato il ragazzo per sostenerlo contro un sicuro attacco, che prevedeva
sarebbe scattato da parte dell'ex Mangiamorte, anche se forse Ron aveva
esagerato.
No, non lo aveva fatto: Malfoy si meritava questo e altro.
Vero?
L'espressione della serpe era rimasta impassibile e anzi: si era fatta
bizzarramente gioconda.
“Ogni cosa ha il suo prezzo, Weasley: te ne
accorgerai” disse con semplicità quello.
Ron lo fissò in cagnesco con gli
occhi ridotti a fessure iniettate d'odio.
“Ron, lascia stare. Ronald!”
Il
mago indietreggiò un poco, rabbonito dalle suppliche di Hermione, ma non smise
di tenere gli occhi incollati su quelli gelidi del nemico, stringendo i pugni
fino a bloccarsi la circolazione.
La strega rimproverò Draco con un'occhiata
ostile.
“Sarà meglio trovare Harry e Ginny. Andiamo” li spronò.
Il
terzetto pittoresco si diresse veloce per la strada principale non senza
difficoltà, mentre Hermione faceva da spartiacque tra le due fiere. Ron era un
fascio di nervi e continuava a gettare sguardi preoccupati e possessivi a
Hermione, che si barcamenava tra i due senza sapere cosa fare; questa a quel
punto optò per una mediazione pacificante che ottenne scarsi risultati.
“Dai, Ron, calmati” gli intimò lei, “così non fai che peggiorare la
situazione: non vedi come ride sotto i baffi?”
In effetti Draco guardava
avanti a sé col sorriso stampato in faccia, determinato a non mostrare il minimo
sentore di turbamento; il suo ghigno era così radicato da incutere nella strega
una certa apprensione.
“Per favore”
“Non voglio nemmeno guardarlo, quello
lì. E smettila di difenderlo!”
“Non lo sto difendendo" precisò, “... forse
un petalo di dolcezza ti farà tornare in te?”
“Dipende...” Ma già il suo tono
si era fatto più disponibile.
“Rilassati e chiudi gli occhi”
“E come
faccio a camminare?” Ma aveva già obbedito.
“Ti guido io. Ora apri la
bocca”
Ron socchiuse le labbra, ormai immemore della presenza sgradevole che
li accompagnava e del bisticcio avuto pochi minuti prima; Hermione colse
un'orchidea bianco latte dal cespuglio, bellissima, e l'avvicinò alla bocca del
suo ragazzo con delicatezza. Il mago allora distese la fronte e, rasserenato,
portò avanti l'arcata inferiore e poi quella superiore dei denti, per catturare
quel nettare e assaporarlo, non avendo spazio nella mente che per la persona
gentile che glielo offriva.
“Ah! Questo è veramente ridicolo! Ah ah! Ehi,
dove sono le buone maniere, Granger? A me non lo dai un fiorellino per
cancellare il broncio?”
Ron riaprì gli occhi e accelerando il passo
procedette più infuriato di prima, senza nemmeno più guardare Hermione.
Il
fiore era precipitato a terra.
“Harry! Finalmente eccovi qua! Abbiamo trovato
Malfoy, ma più che un incontro è stato uno scontro: lui e Ronald non si
parlano...”
“Bella novità!”
“Comunque meglio così: almeno non si
insultano” ammise Hermione, scappando da Ginny.
“Ciao, Malfoy” scandì
Harry.
Draco fece un cenno con il capo e rimase in silenzio; finalmente era
tornato serio.
Ron si avvicinò all'amico in cerca di comprensione.
“Harry, non so se lo reggo” disse a mezza voce, in modo che potesse sentirlo
soltanto lui. “Per quale assurda ragione non hai permesso che ci lasciasse le
penne in quel Coso-monio di fuoco?”
“Credo fosse Ardemonio... comunque lo abbiamo salvato perché era la cosa giusta da
fare”
“Wow, originale. Sappi che ti odio”
“Vedo che non è giornata...
Hermione, ma che è successo?”
La strega frenò il discorso che aveva iniziato
con Ginny, esausta, esasperata, e rispose a Harry con una mossa evasiva che non
intendeva accompagnare a ulteriori spiegazioni, poi si rivolse nuovamente
all'amica e riprese a parlarle con frenesia.
“Dove andiamo di bello adesso?”
chiese Draco a Harry.
Questi ignorò l'alzata d'occhi di Ron e rispose: “Ci
accampiamo in un luogo isolato e sicuro, vi facciamo base, poi progettiamo un
piano d'azione per trovare tua madre e tutto il resto”
“M-hm” approvò con
spirito d'adattamento. “Ma cosa stiamo aspettando? Non deve venire nessun altro,
giusto?”
“Già. Prima però vorrei sapere perché non sei venuto a tempo e luogo
stabilito”
“Io sono venuto, Potter, ma di voi neanche l'ombra”
“Come hai
fatto a non vederci? Eravamo al bancone, vicino alla porta”
“Non sono entrato
perché c'era troppa gente. Non ho creduto fosse il caso di farsi
pubblicità”.
Ginny allora ribatté: “Non è vero, io sono arrivata dopo e non
ti ho visto all'entrata: sei arrivato quando ce ne eravamo già andati o non sei
venuto affatto, non mentire”
“Forse ho ritardato un po'...”
“Ti abbiamo
aspettato per più di mezz'ora” ricordò Ron.
“Sono stato trattenuto”
“E da
cosa?” domandò Harry.
Draco non voleva far sapere loro niente della confisca
dei suoi beni, nè del fatto che aveva recuperato alcuna cose, quindi da bugiardo
professionista quale era sempre stato, riferì: “Aspettavo un rapporto da
Kreacher sulla situazione con i”, esitò, “Mangiamorte, ma ci ha messo più del
previsto e ho aspettato il suo ritorno: ha dovuto fare attenzione a non destare
sospetti questa volta... Rodolphus Lestrange ha deciso di saggiare l'efficienza
e la lealtà dei suoi seguaci. Ora è più diffidente. A parte questo niente
novità” concluse Draco con indifferenza.
Potter c'è cascato con tutte le scarpe, pensò
lui con un sorriso beffardo.
Il suo solito
cipiglio pensante è meglio di una barzelletta, ma devo riuscire a non ridergli
in faccia! Non devo compromettermi per una stupidaggine. Certo però è un vero
imbecille! Non riesco a capacitarmi di come possa aver avuto tutto il suo
successo, quella fama ridondante di sopravvalutazione e poi la stima, la
fortuna!...
“Malfoy!”
“Forse è in coma”
“Non fai ridere, Ron” lo
rimproverò Ginny.
“Eh?”
Harry sospirò.
“Non importa. Direi che possiamo
andare”
“Per quale destinazione?”
Harry e Ginny si scambiarono uno sguardo
complice e quest'ultima li soddisfece a modo suo: “Lo vedrete”.
Hermione e
Ron la fissarono diffidenti e Draco, sinceramente preoccupato.
“Ah, non fate
quelle facce! Forza” sdrammatizzò lei, offrendo la mano libera dalla presa di
Harry, mentre in maniera più incoraggiante possibile controllava che il suo
ragazzo facesse altrettanto: la smaterializzazione a carico era
dolorosa.
Hermione si decise per prima ad afferrare il braccio di Ron e una
manica del mantello di Draco, incitandoli a toccare gli altri due senza farla
troppo lunga.
Nell'attimo in cui il contatto del cerchio fu completo Harry e
Ginny li portarono via dal noto paesino scozzese per scaraventarli in un tubo
dimensionale che li pressò, smontò e ricompose nel tempo di un battito di
ciglia, ma dovettero tutti aspettare ancora qualche secondo per essere in grado
di capire dove fossero giunti.
Ron, badando poco al dolore momentaneo del
viaggio, subito controllò di essere tutto intero. Ebbe un fremito al ricordo di
quando si era spaccato quasi morendo dissanguato, ma ogni cosa sembrava essere
al suo posto stavolta, sopracciglia e unghie comprese. Hermione si copriva la
fronte e la bocca, un po' nauseata, mentre Draco, steso a terra, boccheggiava
per l'impatto; Ginny si guardava intorno soddisfatta, accanto a un Harry
scombussolato appena.
La prima cosa di cui Hermione, Draco e Ron si accorsero
fu che si trovavano al chiuso, poi uno dopo l'altro capirono di
essersi materializzati a poco più di cento metri dal punto in cui si trovavano
prima: due di loro si voltarono sconcertati verso l'altra coppia, mentre Malfoy
sembrava tranquillamente smarrito: lui la Stamberga Strillante l'aveva vista solo
dall'esterno.
“Che c'è?” fece Ginny disinvolta.
“Qui?!” gridò Ron, “ci
siamo smaterializzati qui?”
“Quale posto migliore?” disse Harry, chiaramente
in combutta con la sorellina.
“Qualunque! E poi non potevamo venirci a
piedi?”
“Con qualunque altro mezzo avrebbero potuto vederci. Quale parte di
dobbiamo stare nascosti in un luogo
sicuro non ti entra in quella zucca vuota?” si sfogò Ginny.
“Entrambe
visto che la Stamberga Strillante si trova praticamente in mezzo a una bufera di
inchieste tra Hogwarts e Hogsmeade”.
In seguito si rivolse a Harry con occhi
indemoniati: “ Tu, poi, non so come fai a sopportarla di proposito quella,
accidenti! Ma mollala, così se ne torna da mammina! E George che-”
“Questa è la Stamberga
Strillante?” chiese Draco a un tratto.
“Sì” rispose Ginny.
“Geniale. Non
verranno mai a cercarci qui”
“E pensiamo sia meglio restare vicini a un
luogo tanto importante come Hogwarts per tenerci informati su tutto. Poi è un
posto evitato dalla gente, è spazioso...”
“D'accordo, è abbastanza
ragionevole” ne convenne Hermione. Infine anche Ron si arrese.
Il genio della
squadra pose sulla casa i soliti incantesimi di protezione, la rese silenziosa
all'ascolto esterno e disabitata alla vista, con l'aiuto di qualche incanto
nuovo proposto da Malfoy.
I maghi e le streghe rimisero un po' d'ordine in
quel disastro e lustrarono la villa da cima a fondo, con un incantesimo che ogni
casalinga Babbana ucciderebbe per poter utilizzare all'occorrenza.
Secondo
una legge non scritta, che Harry, Ron e Hermione approvarono unanimemente, una
porta venne sigillata. La sua vista riportava alla memoria tali orrori!
L'assassinio a sangue freddo di Piton, per dirne una.
Quella sera portarono
in tavola le squisitezze prelevate dalla Tana.
Ginny mangiò poco e con molta
flemma a causa dei sensi di colpa che le ronzavano in testa: avrebbe tanto
voluto sapere cosa stava facendo la sua famiglia in quel momento, sperando di
non aver causato troppo dolore.
Nessuno fu particolarmente eloquente durante
tutta la cena e perfino gli sguardi correvano solitari unicamente sull'orbita
che portava da una scodella arrangiata all’altra e da queste alla
forchetta.
Poi venne il vero dramma: la notte.
Le ragazze si avviarono
apprensive verso una stanza dal pavimento simile a una partita di Shanghai
appena iniziata, sbirciando a tratti i propri ragazzi che dubitavano di rivedere
la mattina dopo, riluttanti a lasciarli soli con Malfoy.
Magari potevano
sembrare preoccupazioni sciocche, dato che riguardavano due maghi che erano
sopravvissuti praticamente a tutto, ma quei pericoli li avevano fronteggiati
perfettamente vigili, quasi sempre.
Harry e Ron non riposarono un granché
quella notte, avvolti nei loro pensieri, e anche Draco, nel buio, se ne stette
per parecchio con gli occhi sbarrati, all'erta, per poi cadere in un piccolo
ritaglio di sonno, tappezzato di paura: nell'incoscienza non poteva nasconderla,
almeno a se stesso.
Nella camera delle ragazze, invece, l'atmosfera era
radicalmente diversa.
“Chissà cosa combinano quei tre di là” si chiese
Hermione a un tratto.
“Spero per Malfoy che non succeda proprio niente” disse
l'altra.
“Penso che Harry sia in salvo, per ora, ma Ronald si accanisce
troppo con quello… quel... e ho paura che lui si voglia vendicare
per ciò che gli ha detto oggi... Ron l'ha fatto solo per difendermi...”
“Non
vorrai prenderti la colpa per la stupidità di mio fratello, vero?”
“Lui non è
stupido! Solo un po' incosciente...”
Ginni scoppiò in una risata.
“Perché
lo offendi sempre?”
“Devo farlo: è mio fratello. Voi figli unici non potete
capire. Ma lo faccio soprattutto perché ancora non accetta che io stia con
Harry. Ha un comportamento così infantile...”
“Dai, non-”
“Hermione, sul
serio non te ne accorgi? E poi, sai cosa abbiamo fatto la notte scorsa Harry e
io, no?”
Hermione sorrise un po' imbarazzata ed annuì.
“So bene che Ron
ucciderebbe entrambi se venisse a sapere che la sua sorellina ha perso la verginità con il suo migliore amico,
quindi mi sento sotto accusa ad ogni suo sguardo e non posso che comportarmi
così”
“Ma lui non sa nulla...”
“Certo che
no! Però riesci a immaginare la sua reazione se dovesse
scoprirlo?”
Hermione non rispose ma guardò Ginny con aria
consapevole.
“Ecco”
“D'accordo, capisco la tua tensione e i tuoi scatti
aggressivi, ma se vai avanti così lo scoprirà molto presto, te ne rendi
conto?”
“Oh, forse hai ragione...”
Hermione annuì e aspettò che Ginny
avesse stabilizzato le sue emozioni che passavano dalla malizia alla timidezza,
dalla felicità alla riflessione, poi ingiunse: “Allora, vuoi raccontarmi com'è
andata?”
Tutte e due erano vivacemente interessate da
quell'argomento.
Ginny allora si morse un angolo del labbro inferiore e
avvicinandosi all'amica iniziò il suo racconto erotico, contentissima: “Be', è
stato: wow!”
Hermione la guardava avida di informazioni, euforica e anche un
pizzico invidiosa (pur non dando a vedere quest'ultima sensazione); spronò Ginny
a continuare, non che lei ne avesse bisogno.
“Appena è entrato in camera
stamattina, prima dell'alba, gli sono corsa incontro e ci siamo baciati con
veemenza senza perdere un attimo. Lui sembrava piacevolmente sorpreso della mia
foga... Ero certa che non l'avrei visto per settimane ed ero così arrabbiata:
non c'era tempo da perdere!” spiegò Ginny con un sorriso smagliante a una
Hermione tutta presa dalla storia.
“Poi abbiamo continuato a baciarci sul letto e il resto è stato puro bisogno, desiderio, alchimia! Harry
all'inizio non era sicuro che fosse il momento giusto, che fossi pronta… e
frapponeva altre stupidaggini del genere, ma gli ho fatto chiudere il becco e
gli ho detto-”
“Forse era lui a non essere pronto, Ginny”.
L'amica la
fissò con un'aria forzatamente idiota che era molto simile a quella che spesso
indossava Ron, per scherzo, e che lei criticava tanto, così Hermione sbuffò in
una risatina.
“Non credo proprio! Dovevi vederlo dopo, cara mia!”
“No
grazie. È già abbastanza strano sentirti parlare così di Harry, ah ah,
comunque-”
“Insomma, i nostri pigiamini si sono ritrovati soli soletti
infondo alle coperte del letto e Harry aveva paura di farmi male, ma io l'ho
rassicurato, anche se in realtà ne ho sentito un po', ma non gliel'ho detto di
certo e... ed è stato magico”
“Oh,
Ginny, sono felice per voi”.
Le streghe si abbracciarono e Hermione fermò
l'amica che voleva scendere in ulteriori dettagli, convincendola che era bello
restasse una cosa speciale solo tra lei e Harry.
“Parliamo degli aspetti
tecnici della cosa” la richiamò Hermione.
“Ma se hai detto che non vuoi
sapere-”
“No, non quegli aspetti tecnici! Intendevo se questa cosa io la
so o no”
Ginny la squadrò per qualche
istante per essere sicura di aver afferrato il senso delle sue
parole.
“No!”
“Certo...”
“Che c'è?”
“Niente, è solo che mi dispiace
da morire avere un segreto con Ron”
“Tranquilla, vi farà bene un po' di
mistero” la liquidò Ginny, strizzando un occhio.
Hermione sorrise debolmente:
aveva paura che Ron potesse accorgersi di qualcosa o che, messa sotto pressione,
le sarebbe scappato qualcosa; poi semplicemente non le piaceva mentire al
proprio ragazzo, ma cambiò argomento in modo esemplare.
“E... siete stati
attenti?”
Ginny la guardò perplessa e Hermione, arrossendo e roteando gli
occhi, disegnò un ampio arco invisibile che partiva da sotto il seno e finiva
sopra l'inguine.
“Oh, quello!” Ginny divenne violentemente rossa in faccia e
si affrettò a rassicurare Hermione: “Sì, tutto ok, ci ho pensato io”
Hermione
era confusa: “Tu? Non mi avevi detto che prendevi la pillola”
Ora quella
confusa era Ginny: “Ma di che cosa stai parlando?”
Che fosse una di quelle cose da Babbani che ai maghi
sembravano stranezze inaudite?
Inutile accennare al preservativo, allora,
pensò.
“Posso chiederti in che modo
ci hai pensato?” si risolvette a domandarle Hermione.
“Con un incantesimo,
che altro?”
“E dove l'hai trovato un incantesimo del genere?”
“In un
libro di Fleur che ho sbirciato... Quando è saltata fuori a Godric’s Hollow non
voleva solo un consiglio per fare un regalo alla mamma: non trovava il suo
manuale e mi aveva beccata a guardarlo il giorno prima quindi voleva sapere se
ce l’avevo io…”
“Tanto per curiosità, da quanto progetti la tua prima volta?”
“Non ricordo se è stato al
primo o al secondo anno, sai, il mio Harry era già così sexy!”
Dopo una bella
lotta di cuscini, che poi dovettero Reparare, smisero di schiamazzare e ridere a
più non posso e si misero a dormire serene.
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Capitolo 8 *** Hell ***
Tabitha's 8th
Ciao, ragazzi!
Innanzitutto un
GRAZIE ai miei lettori e un enorme augurio di Buon Natale a tutti voi!!!
... anche stavolta ci ho messo più del previsto a
postare… scusatemi!!! ^^
Mi sento tanto un pipistrello: scrivo sempre ad orari
assurdi e faccio nottata a mettere insieme frasi sconnesse, ma mi diverto da
morire!
Torniamo a noi: non so se questo capitolo si può
esattamente definire presentabile,
nonostante alcune modifiche apportate dall’ultima volta. Lasciatemi una piccola
recensione, un commentino sincero come regalo di Natale! Voglio davvero sapere cosa pensate
della mia storia quindi recensite! anche i capitoli precedenti
se vi va. Ok, penso basti come supplica ;)
Non fatemi strisciare più!!!
Beh, ancora Auguri e buona lettura (a
vostro rischio e pericolo) ;D
PS: tranquilli, questa è e rimarrà una Ron/Hermione; questo capitolo potrà farvi
sorgere dei dubbi, ma nei prossimi verrà fatta luce su ogni cosa e Ron tirerà
fuori gli artigli, forse anche troppo…
Basta anteprime:
zitti e leggete! xD
la vostra
Tabitha
CAPITOLO VIII
…hope it gives you
“Hell”…
Si trovava di nuovo in una dannata foresta. Sentiva
caldo mentre camminava impaziente nella notte nera. La luce del Deluminatore gli
avvolgeva il cuore e lo guidava come il terrore guida un Dissennatore o il
luccichio dell’oro uno Snaso: infallibilmente.
Si era riscosso
dallo sbigottimento della smaterializzazione e poi non aveva perso tempo a
guardarsi intorno per scegliere la strada più idonea, perché sapeva
perfettamente dove andare e non doveva far altro che percorrere la strada che lo
separava da Harry e Hermione, già tracciata per lui. Era certo che quella volta li avrebbe trovati, lo
sapeva semplicemente perché era il suo più grande desiderio e non avrebbe
sopportato che gli scivolasse ancora tra le dita: non poteva continuare ad
inseguire l’invisibile, l’inafferrabile.
La gioia che la
speranza di tornare alla tenda gli ispirava lo spinse a correre in un punto nel
buio con euforia, ma per molto tempo quell’oscurità fu l’unica presenza oltre a
lui. La sua felicità era mitigata da un
opprimente senso di colpa per aver abbandonato Harry, tradendo la promessa
fattagli, ma la cosa peggiore era che quel vecchio matto di Silente aveva capito
tutto e gli aveva lasciato in eredità lo Spegnino perché perfino lui conosceva
la sua debolezza. La ricerca si era
fatta estenuante e quell’ultimo viaggio lo stava logorando dentro e fuori, ma
dopotutto sapeva di meritarlo.
Senza preavviso vide un corpo luminoso in lontananza.
Non faceva rumore e sembrava avere la forma di un cervo aggraziato, doveva
essere il Patronus di Harry! Certo quell’animale aveva qualcosa di strano:
niente corna. Non era il momento di fare gli schizzinosi perciò senza obiettare
seguì il cervo pelato a grandi balzi, prima che il suo bagliore si dissolvesse.
Quando fu abbastanza vicino, vide l’amico e accelerò il passo per impedirgli
di tuffarsi mezzo nudo in una pozza di acqua dall’aspetto gelido, come
inspiegabilmente lo vedeva apprestarsi a fare.
Non poteva crederci:
Harry si era tuffato veramente!
Corse verso la polla d’acqua istintivamente e vi si
immerse da capo a piedi per recuperare quel pazzo del suo amico. L’acqua era di
un freddo pungente e lo assalì con ancor più vigore, dal momento che la luce
tiepida che gli galleggiava nel petto si spense al contatto col mago, il quale
costituiva un sicuro biglietto di ritorno a Hermione e quindi la fine della
caccia, sempre che non fossero affogati.
Dopo aver riportato
Harry all’asciutto (neve esclusa), agguantò la spada che giaceva sul fondo e
secondo le istruzioni del Prescelto la
impugnò per distruggere il piccolo, pericolosissimo oggettino che tanto odiava,
che lo aveva fatto uscire di senno e fatto fuggire, mandando a farsi benedire
ogni pensiero vagamente cosciente.
Il nulla lo circondava di nuovo e dopo che Harry ebbe
aperto il medaglione, la tortura iniziò.
Colui-che-non-doveva-essere-nominato ghermì il suo cuore e
la sua mente, lo pugnalò su una ferita pulsante e gli mostrò la sua mediocrità e
la sua insignificanza. Rivedeva immagini di come fosse sempre stato eclissato
dai fratelli e dagli amici; la mamma che continuava a preparargli panini che
detestava e maglioni del colore che gli piaceva meno e come lui avesse sempre
dovuto indossare gli abiti smessi di tutti i suoi fratelli maggiori; poi Harry
al centro dell’attenzione, sempre. A
scuola non brillava e nel Quidditch aveva avuto bisogno dell’aiuto di Hermione!
E lei non aveva mai scelto lui.
Le versioni Riddle
di Harry e di Hermione lo sbeffeggiavano e abbattevano ulteriormente, poi il
volto del Riddle-Harry si affilò improvvisamente, il corpo evanescente a cui era
attaccato si fece più affusolato ancora e i capelli sulla testa si schiarirono e
divennero di un biondo quasi impossibile.
A quel punto
Riddle-Draco cinse la vita di Hermione e la baciò con impeto, poi alzò lo
sguardo diabolico e lo piantò su di lui con una smorfia compiaciuta, mentre la
strega sghignazzava, maledettamente bella.
Lui attraversò un
tunnel veloce di ricordi spiacevoli che riguardavano soprattutto Malfoy e la
fantasia creò demoni spaventosi, che fecero svegliare Ron di soprassalto in un
bagno di sudore.
Il parquet della Stamberga Strillante scricchiolava e
il pulviscolo svolazzava nei fasci di luce che entravano da ogni fessura,
rischiarando tutta la stanza. Nonostante fosse Giugno la temperatura non
accennava ad alzarsi.
Ron si voltò verso il materasso su cui era
rannicchiato Malfoy, con il timore di trovare al suo posto il gigantesco ragno
metallico che nel suo sogno aveva squartato lui, Hermione, Harry, Ginny e un
manipolo di suoi cari spuntati fuori senza ragione; il mostro aveva la faccia di
quella viscida serpe. A quel punto non seppe cosa provare: anche mentre dormiva
sembrava aver qualcosa di sospetto quello lì e Ron non riusciva proprio a
fidarsi di lui, non dopo sette anni di callo su attacchi di ogni genere.
Negli ultimi
giorni Draco però era stato impeccabile. Aveva collaborato con tutti e Ron aveva
fatto la figura dell’idiota perché in più di un’occasione si era schierato
contro di lui, accusandolo di essere un opportunista, un falso e di nascondere
loro qualcosa. Harry aveva cercato di convincere Ron a smettere di accusare
Draco perfino di colpe che non aveva commesso.
“Tutti possono
cambiare”, gli aveva detto Harry, mentre continuava a ripetergli che anche lui
non vedeva l’ora di concludere il patto, ma Ron era certo che infondo l’amico
adorasse interpretare la parte del redentore benevolo, così aveva finito per
litigare anche con lui. Ginny era stata
stranamente silenziosa, con lui se non altro; lo evitava il più possibile e
nonostante fosse la meno incline a credere al nuovo Malfoy, non aveva sostenuto neanche un
po’ suo fratello. La cosa che aveva dato
più sui nervi a Ron, però, era stata il comportamento di Hermione.
Gli era sembrata
distaccata e quando si scambiavano timidi baci di tanto in tanto lui li aveva
recepiti come un’espressione doverosa d’affetto da parte di lei e non
un’ispirazione d’amore. Questo gli faceva male.
Forse la strega era
frustrata dalla presenza di Malfoy, che giocava a fare il bravo ragazzo, lo
aveva smascherato e fingeva di apprezzarlo per diplomazia, ma quel comportamento
non era da lei!
Ron non riusciva a
capire e soffriva tremendamente.
Il giorno prima era successa una cosa che cercava di
falsare nei suoi ricordi, di giustificare o che si sforzava di dimenticare. Ma
era più forte di lui e non poté che rimuginare al riguardo, nella solitudine
mattiniera che non gli apparteneva.
In pieno pomeriggio Ginny era riapparsa nel soggiorno
rumorosamente, sgocciolando dappertutto la pioggia raccolta nel mantello
scuro.
“Ragazzi, devo dirvi un sacco di cose!”
Sbrigativa come
sempre, aveva recuperato Harry che discuteva con Ron, poi gli altri due si erano
diretti verso il luogo della riunione.
“Non c’è tempo da
perdere, su!” aveva detto la strega.
“Parla, Ginny, siamo tutti qui” l’aveva informata
Harry, divertito.
“Ok: Draco” si era girata verso di lui soddisfatta.
“So dov’è tua madre”.
Malfoy non aveva battuto ciglio e aveva lasciato che
la rossa finisse di parlare.
“… se il processo di Narcissa si terrà oggi, dovremo
andare a testimoniare per lei”.
Draco aveva guardato Harry con una scintilla
bizzarramente amichevole e complice negli occhi; il resto della squadra invece
era scettico e un po' annoiato.
“Certo, Harry, tutto quello che vuoi”.
Ron si era
stufato di quella situazione e anche la possibilità di disfarsi di Malfoy gli
era odiosa finché lui era ancora lì. Non voleva più parlare, non voleva più
doverlo sopportare, ne aveva abbastanza dell’odio e dell’incomprensione:
dovevano agire e sbarazzarsi di Draco
Lombrico immediatamente!
“Volevo dire devo, devo testimoniare per Narcissa”.
Harry aveva abbassato la testa, esausto e dispiaciuto per quella tensione
che faceva soffrire più di una persona, compreso lui.
“E cosa avresti
intenzione di raccontare al Wizengamot?” era intervenuta Hermione in tono di
sfida, per poi tornare ai suoi mille pensieri confusi.
“Beh parlerò del
fatto che la signora Malfoy non mi abbia denunciato a Voldemort quando lui
pensava di avermi ucciso e le ha chiesto di controllare. Dirò che lei mi ha dato
la possibilità di sopravvivere e di sconfiggere Voldemort. Poi magari potrei
aggiungere qualcosa su-”
“No” lo aveva interrotto Ron deciso.
“Ron ha ragione,
Harry, non devi inventare niente che non sia vero, non puoi mentire in
tribunale!” finalmente a Ron era sembrato di riconoscere lo spirito della sua
ragazza e le aveva sorriso flebilmente allungando un braccio intorno alla sua
vita.
“Soprattutto dopo la loro calda ospitalità a Villa
Malfoy…”
Hermione si era stretta nelle spalle, rabbrividendo
al ricordo della cella scura, di quel Draco altezzoso e agghiacciante di allora,
tanto diverso dal ragazzo complicato,
sfortunato, bellissimo e bisognoso di affetto, come lo vedeva in quel
momento. Era rimasta di pietra all’abbraccio del suo ragazzo, ma non si era scostata da
lui.
“D’accordo. Spero che basti la verità”.
Harry, Ron e Hermione si erano recati
al ministero alle cinque e mezza del pomeriggio, incappucciati per non
essere riconosciuti dai passanti e soprattutto dai loro conoscenti che
li sapevano in cammino per l'Australia, se eventualmente li avessero
incontrati.
Draco era rimasto
alla Stamberga perché sarebbe stato troppo avventato portarlo dritto nelle fauci
del nemico ed a lui non era neanche
passata per l'anticamera del cervello l’idea di replicare, così Ginny lo aveva sorvegliato,
ansiosa per il ritorno degli altri.
Questi ultimi al Ministero avevano visto maghi e
streghe a frotte in piena attività, che andavano e venivano allegri da ogni
dove. Presero l’ascensore e una volta giunti al piano
giusto, scesero dalla cabina nervosi.
“Sentite, credo che
dovrei entrare solo io”. Harry aveva cercato lo sguardo di Ron, sperando lui lo
sorprendesse con un’approvazione che da giorni era restio a concedergli data la
sua irascibilità. Lui gliela aveva accordata e gli aveva sorriso, poi gli aveva
dato una pacca sulla spalla con fare incoraggiante. Non desiderava nient’altro
se non stare da solo con Hermione, senza Draco, che lo avvelenava come aveva
fatto l’Horcrux e poi non ci teneva proprio a presentarsi in tribunale!
Harry aveva rivolto le spalle agli amici e si era
avviato per il corridoio cupo, verso la porta che immetteva nella sala del noto
tribunale. Col cuore in gola, il Bambino Sopravvissuto aveva varcato l’ingresso
per testimoniare in favore di una Mangiamorte, che al suo ingresso era
sbigottita e il panico composto sul suo volto statuario l’aveva resa simile a
una foglia secca privata di ogni colore dalla neve su cui era caduta e che ormai
la ricopriva.
Il portone si era richiuso e Ron era tornato a una
Hermione taciturna.
Questa non sapeva cosa fare e in quanto a panico, ne
era soggiogata almeno quanto Narcissa; così aveva lasciato che le sue labbra
zittissero qualunque richiesta di spiegazioni da parte di Ron. Intanto pensava a
Draco e ai suoi occhi magnetici, tenendo i propri ben
sigillati.
“Caspita!” Era stato tutto ciò che Ron era riuscito a
dire, poi poche altre parole immemori di gelosia e Harry era sbucato fuori dalla
sala dal portone massiccio a testa alta.
“È andata! A dire il
vero non so se è una cosa buona, ma l’accordo era questo e fra un paio di anni,
quando avranno liberato la signora Malfoy, la sua famiglia ci sarà molto
riconoscente”
“Un paio di anni?! Lo sai che Malfoy darà di matto
vero? ricordi: quello del tutto e subito, che si compra la squadra di Quidditch
a scuola, dato che non vuole aspettare qualche anno perché gli crescano le gambe
e il cervello? e - vuoi che continui? -”
“Ah, stavolta dovrà
accontentarsi: volevano che fosse baciata e io ho ottenuto che una criminale che
ha compiuto un’unica buona azione stia ad Azkaban per due anni al massimo. Non
avrei potuto né voluto fare di più”
“Ehi, non ti scaldare! Per me potevi anche baciarla
tu se ti andava, ma questo dovrai spiegarlo al tuo nuovo amichetto”
“Il mio nuovo amichetto ci ha aiutato a sventare due
attacchi da parte dei Mangiamorte nelle ultime settimane; gli Auror ne hanno
catturati un’altra mezza dozzina e lui se non altro ha smesso con gli insulti.
Tu?”
Ron
aveva sbuffato ed incrociato le braccia.
“Dai Ronald,
andiamo”. Hermione lo aveva afferrato per il gomito e lui si era sciolto insieme
al nodo delle sue braccia. Avevano ripercorso la strada dell’andata e poi si
erano materializzati nella Stamberga Strillante.
“Oh, Harry! state
bene? com’è andata?”
“Tutto bene tesoro”, poi a bassa voce disse: “Tu
piuttosto, sei sopravvissuta al demonio in
persona!” I due avevano guardato Ron di soppiatto ed avevano ammiccato
fra sé.
Malfoy era accorso dall’altra stanza esclamando:
“Potter ce l’ha fatta?”
“Già” fece Ginny in tono compiaciuto.
Draco sorrise e
sistemandosi nella sua posizione preferita (a braccia conserte), aveva detto:
“Magari c’è qualcosa che sai fare. Dov’è
mia madre?”
“Volevano condannarla al bacio del Dissennatore, ma
sono riuscito a convincerli che lei ha collaborato con noi: fra due anni sarà
rimessa in libertà”
“Vuoi dire che la porteranno ad Azkaban?”
“Era inevitabile. Ma
scamperà al peggio”.
Draco aveva fatto uno scatto iracondo e aveva
portato un pugno alla bocca, valutando la situazione con stizza.
“Su con la vita: se
le avessero dato una pena minore avremmo dovuto spedire tutto il Wizengamot
stesso ad Azkaban” aveva sentenziato Ginny. “Adesso credo che abbiamo tutti
bisogno di un po’ di divertimento! Stavo pesando: per rendere la conversione di Draco più credibile, perché non
festeggiare la conquista legale di Harry con una bella serata in un locale
Babbano? Hermione ha detto che sono una forza!”
“Cioè vorresti
andare in discoteca?”
“Ah-ah. Malfoy ha già acconsentito! Vero?”
Ron era rimasto a
bocca aperta e aveva guardato la sorella e poi Malfoy esterrefatto.
“Lui cosa?!” avevano
detto in coro Ron, Hermione e Harry.
“Sì, avete capito bene: stasera andiamo a ballare in
nome dello scioglimento della compagnia! E poi ho vinto la scommessa perché,
come ero sicura, Harry ha fatto vincere a Narcissa la causa, mentre Draco era
certo che non ce l’avrebbe fatta: voglio proprio vedere come se la cava il
nostro aspirante traditore di
sangue!”
Ginny aveva portato le mani sui fianchi, come in
attesa dei più sinceri complimenti; non ricevendoli si era imbronciata e li aveva messi alle strette.
Ron si era sentito davvero
dell’umore giusto per festeggiare la partenza di Malfoy e anche
se l'idea di ballare per lui non era molto allettante, magari avrebbe
trovato il modo di sistemare tutto tra lui e Hermione: durante il
matrimonio di Bill era stato fantastico danzare insieme a lei.
“E se non
fossi stato abbastanza bravo da convincere i giudici?”
“Lui mi avrebbe
tatuato il Marchio Nero”. Harry era sbiancato.
Alle undici e un quarto si
erano trovati nel centro di Londra, imbarazzati e mezzi increduli del loro
intento. La coda all’entrata della discoteca era sembrata interminabile e Harry
e Ron avevano quasi dato inizio a una rissa perché due armadi a
doppia anta avevano proposto alle streghe di seguirli, saltare la fila ed entrare
con loro a bere qualcosa.
Dopo quasi un’ora erano entrati.
Il volume della
musica era assordante, dava la carica e i tre Purosangue l’avevano trovata una
gran figata! Le luci bianche intermittenti, quelle vorticose blu, verdi, rosse e
gialle, e i ragazzi Babbani che ondeggiavano sensuali o scatenati, li avevano
intontiti e quell’atmosfera era sembrata portatrice di un effetto
allucinogeno.
I cinque erano rimasti in gruppo per un po’, poi
Draco era andato a prendere da bere a tutti e fra un cocktail l'altro si erano
dispersi.
Harry e Ginny stavano ballando in modo troppo sexy
per i gusti di Ron e mentre lui stava per ricordarlo loro, aveva perso di vista
Hermione.
Aveva tentato di chiamarla nella folla, ma aveva già
sperimentato che le parole non si capivano che alla distanza di un centimetro
fra bocca e orecchio e lei si trovava chissà dove in mezzo a decine di ragazzi
indemoniati.
Facendosi trasportare dalla mischia, Ron infine aveva
trovato la strega che stava cercando, ma Hermione, stretta a Malfoy, lo baciava
appassionatamente.
Lui non aveva potuto reagire in alcun modo: in
numerose occasioni aveva desiderato pestare Malfoy, ma una situazione come
quella non l’aveva mai nemmeno calcolata ed era peggio di qualunque affronto
precedente, non che gli altri fossero stati da poco.
I suoi occhi si
erano riempiti di lacrime e lui era corso al bagno dei ragazzi. Con tutta la sua
forza e la sua rabbia aveva sferrato un pugno allo specchio, andato in frantumi
fra le imprecazioni degli spettatori Babbani che poi se l’erano
svignata.
Per quanto gli importava la sua mano poteva ancora
essere sporca di sangue e puntellata da schegge di vetro, poi ricordò che Ginny
gliel’aveva medicata e fasciata fra i suoi sbraiti che lei e Harry non erano
riusciti a comprendere, quando lo avevano recuperato all’uscita della discoteca.
Questi
ultimi avevano cercato di rassicurarlo dicendogli che doveva aver visto male e
che non era proprio possibile che Draco e Hermione si fossero baciati e lo
avevano rintronato al punto che lui incominciava a dubitare delle sue
percezioni, dando la colpa a una sbronza.
Eppure gli era sembrato tutto così
reale.
Doveva ancora decidere a chi credere e intanto, rigido come una
bacchetta, Ron esitava su un ricordo in particolare: “Ogni cosa ha il suo
prezzo” aveva detto Malfoy.
Una vendetta tale però superava ogni sua aspettativa
ed era decisamente sproporzionata alla causa, ma non poteva paragonare il suo
metro di valutazione con quello di un viziato Mangiamorte milionario come Draco
Malfoy.
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Capitolo 9 *** Untrue ***
Tabitha's 9th
Ciao
ragazzi.
Penso sia inutile continuare a
giustificare il mio continuo ritardo nel postare, vi chiedo solo di non essere
troppo infuriati con me. ^^
Questo capitolo è abbastanza
forte e immagino che molti di voi troveranno l’ispirazione per farmela pagare
tra queste righe… Vi prego, voi
super fan delle Ron/Hermione,
non preoccupatevi perché ci sarà un lieto fine!(fra molti, molti capitoli
xD...)
Ora leggete e lasciatemi una
recensione!!! xD
la vostra
Tabitha
CAPITOLO IX
…everyone is so
“Untrue”…
“Ehi” mormorò Harry da sopra il suo letto sgangherato
in un angolo buio della stanza. “Ti senti meglio?”
“Mm” mugolò Ron,
quasi in un guaito che non voleva essere un pietoso no, ma che certo non poteva passare per un
sì.
“Non stare a
scervellarti e a farti del male per ieri sera perché non è successo niente!
Magari hai esagerato con le bevute e Dra… Malfoy e Hermione stavano solo
parlando quando hai creduto di vedere-”
“Sì, deve essere
andata così”.
Ron era ancora intento a osservare il soffitto ma
suonava piuttosto sicuro.
“Grazie, Harry. Oh, giusto: buon compleanno”
aggiunse.
Harry sorrise all’amico, cercando di accertarsi che
si fosse ripreso sul serio, ma non riuscì a guardarlo in faccia finché quello
non ebbe finito di frugare sotto il letto, in cerca di qualcosa che doveva
averci nascosto. Quando riemerse con tutto il busto e rivelò uno sguardo
amareggiato ma amichevole, i suoi buffi capelli erano spettinati e teneva in
mano un pacchetto scarlatto incartato in fretta e intrappolato da un nastro
color pervinca.
“E quello che cos'è?” domandò Harry avvicinandosi al
giaciglio di Ron.
“Uhm? È per te. È un nuovo paio di occhiali” disse
Ron distratto.
“E perché me l’hai detto?”
“Perché me l’hai
chiesto. Andiamo, secondo te ti rovino la sorpresa?”
“Non dovevi farmi
nessun regalo” cominciò Harry.
“Lo so, ma credi che questo faccia la minima
differenza? Comunque è solo un pensierino. Dai, zitto e strappa la carta. Ah, a
proposito: questo non è il solo pacchetto che dovrai scartare oggi, ma immagino
lo sapessi già… Andiamo, ammettilo che ci dici sempre di non farti regali perché
così te li facciamo più volentieri. Tu adori ricevere regali”.
Harry scosse la
testa rinunciatario e con un sorriso afferrò il cubo bitorzoluto che Ron gli
passò. Sotto la carta scoprì un cofanetto di legno indaco dai bordi dorati;
Harry lo aprì con sguardo interrogativo e dentro trovò un paio di cilindri
schiacciati di vetro trasparente, poggiati sul fondo della scatola foderata di
raso.
Il
mago allora lanciò un’occhiata sospettosa all’amico e con cautela prese fra due
polpastrelli uno di quelli che sembravano obiettivi da cinepresa. Quando lo alzò
per esaminarlo più accuratamente scoprì che anche il gemello si sollevava, come
attratto dal primo da un equilibrato campo magnetico.
Harry afferrò anche
l’altro oggettino, che brillò riflettendo un raggio del primo sole e li avvicinò
entrambi agli occhi, cercando di indovinare a cosa mai potessero servire. Quando
i cilindri furono abbastanza vicini, senza preavviso vibrarono e dopo una
piccola capriola in aria, con uno schiocco si appiccicarono agli occhiali del
mago.
Harry sobbalzò, sgranando gli occhi, mentre Ron se la
rideva. I vetrini a quel punto cominciarono a scavarsi uno spazio al posto delle
vecchie lenti; stridevano e si smussavano nella montatura metallica, spigionando
polvere di vetro ovunque. Infine le lenti originarie saltarono e caddero a terra
con un tonfo secco; quelle nuove, incastrate ben bene, calzavano a pennello il
proprio scheletro, che all’istante fu percorso dalla magia e cambiò forma
repentinamente: si allungò, si schiacciò, si ingrandì di nuovo e prese mille
forme diverse prima di stabilizzarsi, poi, con un saltino, sul naso inerme di
Harry ricaddero un paio di occhiali nuovi fiammanti.
“Cavolo, non è
possibile!” esclamò Ron, fissando l’amico un po’ deluso e un po’
divertito.
Harry guardò con disappunto le lenti rotonde che
giacevano sul pavimento e poi attorcigliò la vista per rivolgerla all’estraneo
che gli si era piazzato sul viso, chiedendosi quanto il suo aspetto dovesse
essere ridicolo per far ridere Ron in quel modo.
“Non volevi
rovinarmi la sorpresa, eh?” fece sarcastico.
“Credimi, più
sorpreso di così si muore! be’ non in senso letterale perché… comunque hai
capito”.
L'attenzione di Ron ricadde per caso sulla sua mano
fasciata; la guardò con apprensione.
“... perché non ti guardi allo specchio e mi dici
cosa ne pensi? Così almeno smetti di fare quella faccia da Troll” gli suggerì
Ron, intento a srotolare le bende.
Harry si tolse gli occhiali per vedere che cosa ne
fosse stato di loro e con sua sorpresa rinnovata e conforto scoprì di avere fra
le mani un paio di occhiali identici a quelli che a Dudley piaceva tanto
spaccare quando lo prendeva a botte da bambino.
“Ma sono uguali ai
miei vecchi occhiali” osservò Harry, confuso. La sola differenza che notò
infatti fu che la montatura era appena più spessa e lucente, come fosse
nuova.
“Lo
so. Sono lenti per Occhiali su Misura e
diventano il paio ideale per chi le porta. Sai: gradazione, forma, colore…
speravo che riuscissero a rimediare, ma evidentemente neanche loro possono fare
miracoli qui”. Ron sbuffò in una risata, seguita a ruota da un’amichevole
spintonata di Harry che lo fece traballare e ricadere sul letto.
Ron per tutta
risposta lo respinse con un calcio a molla e aggiunse gioviale: “Ah, c’è
un’altra cosa che fanno quegli aggeggi: quando succede qualcosa di importante o
emozionate, ma anche se glielo ordini e basta, scattano una foto”.
“Sul serio?
Forte”.
Harry non finiva mai di stupirsi delle stravaganze
del mondo magico, che pure credeva di conoscere bene a quel punto. Si avvicinò
allo specchio opaco che si trovava accanto al letto di Ron e constatò che non
stava niente male e che anche se la differenza tra il prima e il dopo era quasi
impercettibile, quei nuovi occhiali gli davano un'aria più sicura e brillante,
meno trasandata. Riguardo alla cosa delle foto non era troppo entusiasta perché
il fatto che i suoi occhiali potessero cominciare a sfornare fotografie
all'improvviso nei momenti meno opportuni lo inquietava un po', ma poteva sempre
trovare un controincantesimo.
“Grazie, Ron” disse alla fine.
“Non c’è problema.
Piuttosto… quand’è che potremo veramente
dire addio a Draco Lombrico? Voglio dire: il processo di sua madre è andato a
buon fine e Lucius non è più un nostro problema. Dice che suo padre ha trovato
un'altra strada per salvarsi la pelle... Mah, chissà poi cosa sta tramando. E
hai detto che il processo di Malfoy ci sarà l’estate prossima, dopo i M.A.G.O.,
no?”
Harry
annuì ma non riuscì ad aprir bocca perché Ron aveva già ricominciato a sparlare
di Malfoy. Sembrava essere diventato il suo unico scopo.
“... questa poi! Che
senso ha far finire gli studi a un criminale che non è neanche minorenne?”
Harry
abbassò lo sguardo con fare colpevole e ammise: “Ecco, veramente il Ministero lo
stava cercando e non si sarebbero fatti troppi scrupoli a spedirlo ad Azkaban al
più presto se lo avessero acciuffato, ma-”
“Ma cosa?”
“Be’, durante il
processo di Narcissa volevano estorcerle dove fossero suo marito e suo figlio.
Lei non ha risposto, ma a quel punto si è aperta una discussione su Draco. C’era
chi diceva che non dovevano esser fatti sconti per la sua giovane età e tutto il
resto, altri invece la pensavano diversamente e dicevano che era necessario
tener conto di tutte le attenuanti. Insomma un gran bel guazzabuglio. Infine in
quattro e quattr’otto hanno deciso ogni cosa”
“Beh?”
Ron era nervoso e
Harry avrebbe voluto condurre la conversazione in tutt’altra direzione, ma ormai
non poteva più tirarsi indietro.
“Il Wizengamot ha deciso di rimandare il suo processo
all’estate prossima: primo, perché sono a caccia di prede ben più pericolose e
non hanno certo tempo da perdere, secondo, perché a loro avviso non ha commesso
nessun reato concreto personalmente e terzo, perché credono sia sufficiente una
severa rieducazione… quale posto migliore di
Hogwarts?, hanno detto. Ah! Ci fossero stati loro tutti questi anni a
Hogwarts con lui, la penserebbero diversamente!”
Ron sorrise appena a
Harry, concordando in pieno; poi il secondo concluse: “La cosa che ha influito
di più in questa loro decisione però è stato il fatto che, quando Voldemort e i
suoi hanno impresso a Malfoy il Marchio Nero, lui aveva ancora sedici anni,
perciò potevano averlo costretto a stare dalla loro parte... In ogni modo credo
che anche il prossimo anno non saranno intransigenti con lui”.
Ron inarcò le
sopracciglia e alzando gli occhi al cielo si lasciò cadere all’indietro sul
materasso cigolante. Stizzosamente rassegnato alla perdita di quella magnifica
soddisfazione che avrebbe ricevuto dall’incarcerazione di Malfoy, ripropose la
prima domanda sottoforma di affermazione: “Quindi adesso possiamo
mollarlo”
“Oggi dobbiamo riparlarne, ma immagino di sì. Se ne
andrà domattina, forse”
“Forse” fece eco Ron con amarezza.
Hermione e
Ginny si erano svegliate da poco e chiacchierando fra sé si stavano vestendo
senza fretta.
“Hermione ma ti senti male?” chiese a un tratto
Ginny, sbirciando l’amica da sopra le lenzuola.
“No-no, non è
niente… penso sia solo una leggera emicrania”.
La strega si
agganciò il primo bottone della camicetta a righe verticali bianche e celesti e
poi proseguì con gli altri, dopodiché strusciò pesantemente una mano sulla
fronte, serrando gli occhi per qualche istante.
“Divertita ieri
sera?”
“M-hm”. Doveva pur
rispondere qualcosa.
“Senti, ma… cos’è successo di preciso? All’uscita
dalla discoteca Ron era sconvolto e ha blaterato qualcosa su, eh… te e Malfoy
che pomiciavate!”
Hermione divenne violentemente rossa in volto e
dissimulò un attacco di panico, rompendo la breve pausa di silenzio con un “Che
cosa?!” strozzato in gola.
Ginny assunse un tono improvvisamente sospettoso:
“Sì, Ron ha detto che non ti trovava in quel putiferio e che alla fine, quando
ti ha vista, eri avvinghiata a Malfoy! Io e Harry abbiamo cercato di calmarlo,
ma non ci ascoltava. Aveva una mano coperta di sangue perché aveva colpito uno
specchio dalla rabbia e quindi l’ho accompagnato qui prima. Si è anche sentito
male a un certo punto, e io l’ho rimproverato di brutto perché pensavo si fosse
ubriacato… Harry non deve avervi detto niente per non dar peso a una
stupidaggine imbarazzante, ma… Hermione, non sarà mica vero?”
La ragazza si sfilò
l’elastico che le teneva su i capelli voluminosi, con noncuranza, si sedette
afflitta sul bordo del letto ed emise un sospiro tenendo gli occhi bassi. Ginny
la guardò e, quasi senza rendersene conto, incollò una mano sulla bocca
socchiusa, disgustata.
“Ti prego, Ginny, non guardarmi in quel
modo”
“Ma
che cosa ti è saltato in mente?! E poi da quando ti dai all’alcol in questo
modo?! Ma com’è successo? Sempre che tu riesca a ricordare qualcosa”.
Silenzio.
“Potresti degnarti
di darmi una risposta, per favore?”
Hermione sollevò timidamente uno sguardo da cucciolo
bastonato, che tuttavia non riuscì a muovere la sua amica a
compassione.
“Io devo dirti una cosa” dichiarò Hermione,
cupa.
L'altra piantò i palmi delle mani sui fianchi e
rimase in ascolto della delucidazione.
“Da giorni non ci
capisco più niente. Mi sento malissimo e sono così confusa! Io, io… oh,
accidenti! ma perché Ronald è tuo fratello? Io credo di non… provare più gli
stessi sentimenti per lui”.
Ginny non sembrava più adirata, ma pareva anzi
condividere la pena di Hermione, pur detestando quello che lei aveva
fatto.
“…
questo perché mi sono innamorata di Draco”
Ginny ridusse la
bocca a un puntino increspato e arricciò il naso con sguardo contrito, quasi
avesse assaggiato una tisana di limone e rabarbaro con un pizzico di sale
grosso.
“Eh?!” stridette poco dopo.
“Oh Ginny, non so
cosa fare!” disse Hermione sull’orlo della disperazione.
Ginny si sentiva con
le spalle al muro ed era infastidita dalla situazione critica in cui era stata
coinvolta.
Se prima o poi in ogni amicizia arriva il momento in
cui è necessario dimostrare la propria lealtà, costi quel che costi, Ginny fu
sicura che quello fosse il suo.
“Quindi è vero…”
Silenzio.
Ginny espirò
pesantemente, riprese fiato in fretta e andò avanti con tristezza: “Ma, ma com’è
possibile? Tu hai sempre odiato Malfoy”
“Non lo so... d’un
tratto riesco a vedere qualcosa di più, di diverso in lui. Non ho scordato cosa
ha fatto in passato, ma penso che sia cambiato. Non dovrei dargli una seconda
possibilità se è il mio cuore che ne ha bisogno? I suoi occhi hanno trafitto il
mio cuore e non puoi negare che abbia un fisico decisamente dotato! Non hai idea
di quanto mi costi dirti tutte queste cose, ma sei la mia migliore amica e
dovevo dirlo almeno a te”.
Queste parole spiazzarono Ginny completamente, però
la ragazza trovò il modo di rispondere: “Per me sei completamente uscita di
cervello! Che Draco è fico lo sapevamo già, ma non ti bevi una boccetta di
profumo francese solo perché ha un buon odore! Intendo dire che Malfoy è e sarà
sempre un Mangiamorte, di fatto: viziato, arrogante, codardo, egoista! Cosa mai
ci può trovare Hermione Granger, la nostra Hermione Granger in uno così?”
Hermione alzò gli
occhi al cielo e sospirò per l’ennesima volta.
“Secondo me lui è
molto più di tutto questo. Non penso sia unicamente sua la colpa per l’astio che
addossa sempre a tutti, e per rispondere alla tua ultima domanda: be’ chimica,
immagino”.
Ancora Hermione non era riuscita a darla a bere
all’amica, nonostante i suoi occhi brillassero emozionati, oltretutto Ginny
iniziava a sentirsi in colpa a sua volta, per aver nascosto a Ron che lei e
Harry avevano fatto l’amore. Voleva con tutta se stessa interrompere quella
sgradevole confidenza, possibilmente senza dover per forza scegliere se essere
una buona amica o una buona sorella.
“Hermione”
“Cosa?”
“Hermione, sia ben chiaro: io credo che tu stia
commettendo un grave errore! almeno per un milione di motivi. Non approvo e
credo che, anche se spezzerai il cuore a Ron, la prima cosa che devi fare è
dirgli la verità”
“La verità…” ripeté l’altra con sguardo perso nel
vuoto e per la prima volta preoccupato sul serio.
“Sì!”
“Sì”.
Senza alcun
preavviso Hermione scoppiò in lacrime e pianse a lungo, per motivi che solo lei,
nel profondo, conosceva davvero.
Ginny le perdonò di essere umana e le concesse di
commettere quell’errore a cui desiderava tanto andare incontro, fallito ogni
tentativo di dissuasione; l’abbracciò e si fece promettere da Hermione che
quella sera lei avrebbe parlato con Ron.
Quel
pomeriggio l’aria era così densa di tensione e menzogne che per fenderla ci
sarebbe voluto uno di quegli incantesimi potenti che soltanto Hermione
conosceva, ma la strega aveva ben altri pensieri per la testa, e continuava a
girare con violenza il cucchiaino nella tazza davanti a lei. Non voleva che il
suo sguardo andasse a scorrazzare oltre la sua tazzina di tè, latte e zucchero,
perché il suo ragazzo era seduto al tavolo proprio di fronte a lei e cercava di
catturarlo con insistenza; Hermione voleva riuscire a passare quella giornata
senza dovergli spiegare un bel niente, fino al momento cruciale. Doveva cercare
anche di stare alla larga da Draco, finché lei non fosse stata libera.
Magari sarebbe stato lui ad accompagnarla in
Australia, pensò, facendo seguire a ogni fantasia un sospiro
inconfondibilmente fedifrago.
Ginny a un certo punto le lanciò un’occhiata
glaciale, che la fece ricomporre.
“Allora, Harry, tesoro. Dai, scarta il mio regalo”
Era
l'ultimo dei quattro che gli erano stati
fatti.
Il
mago osservò l’incarto stravagante per qualche istante: era un grosso cilindro
con l’estremità superiore a forma di cupola, di un verde chiaro brillante -
come i suoi occhi, ci tenne a precisare
Ginny - pieno di fori dall’effetto specchiato grazie a un incantesimo
ermeticamente strategico. Il pacco era tenuto chiuso da una cinghia centrale;
Harry ne fece scattare la serratura e l’involucro si arrotolò subito su se
stesso, ricadendo sul tavolo con eleganza, mentre dal punto da cui la carta era
partita si udì uno schiocco acuto e prepotente che richiamò l'attenzione.
Il
festeggiato poté vedere una gabbia di ferro color avorio, in cui un simpatico
barbagianni fulvo era appostato irrequieto.
“Oh! È così carino,
Ginny” esclamò Harry, mentre il volatile lo fissava piegando il capino, “grazie
mille, amore!” concluse stringendo la sua ragazza a sé.
“Ti piace? Sapevo
che ti mancava Edvige... e questo cosino era troppo dolce! E poi fa sempre
comodo un postino, no?” chiese conferma Ginny senza la necessità di una vera
risposta. Si diedero un bacio sulle labbra, guardandosi negli occhi in modo
complice, e questo valse per un cospicuo mucchio di parole.
“Adesso devo
trovargli un nome”
“Uh, uh! ci penso io! Allo-”
“No! non ti fidare
di lei, Harry” intervenne Ron, “i nomi degli animali che battezza Ginny sono
sempre stupidi e ridicoli”
“Io li definirei originali, a dire il vero. E
comunque sono l’unica a cui vengono in mente”
“Io ti ho avvertito.
Per quanto ne sappiamo il suo cervellino schizzato sta elaborando un nome tipo
Barba-Danni, Ginry o roba del genere”
“Non è questo il
punto, Ron: il barbagianni è di Harry e
deve essere lui a scegliergli un nome... Aspetta un attimo! Ma certo: punto!”
trillò Ginny, “Potresti chiamarlo Dot. È
piccolo come un puntino, per ora, e non ha fatto altro che picchiettare la
gabbia col becco: ho dovuto incantare la carta da regalo per non farti capire
che era un chiassoso pennuto! allora, che ne dici di Dot?”
“… meglio del
solito, te lo concedo” borbottò il fratello.
“Penso che sia
perfetto” fece Harry.
Ron non era sicuro che parlassero ancora di
barbagianni.
Hermione era infine riuscita a vuotare la sua tazza
in silenzio; a quel punto Draco, che era stato per tutto il tempo a guardare la
scena zitto zitto, seduto a un angolo estremo della tavola, si offrì: “Vuoi
Un’altra tazza di tè, Hermione?”
Questa rabbrividì nel sentir pronunciare il suo nome
da quelle labbra statuarie e divenne rossa come un peperone. Ron invece torse
lentamente il collo per guardare in faccia Malfoy con un’espressione minacciosa
ed intimidatoria, da cui il destinatario non fu spaventato minimamente perché
non la vide mai: non distoglieva lo sguardo dalla ragazza del suo
nemico.
La
strega ne aveva fin sopra i capelli di tè, ma la sua lingua fu più veloce e le
fece dire: “Ehm, sì, perché no?…”
Perché fai stare di
schifo il tuo futuro ex ragazzo. Ecco perché, pensò Ginny triste, mentre
guardava l’amica con fare accusatorio.
Draco piegò gli
angoli della bocca verso l’alto, ghignando per quella nuova piccola vittoria,
diede le spalle sia a Weasley che a Granger ed avanzò di qualche passo verso la
cucina, dove recuperò la teiera, mezza prosciugata del liquido scuro, ancora
caldo. Il mago diede un fugace sguardo dietro di sé, per controllare che nessuno
lo stesse osservando, e nella tazza aggiunse il contenuto perlaceo di una
boccetta che aveva estratto dal mantello.
“Ci metti parecchio
eh, serpe?”
A Draco si raggelò il sangue. Lenticchia era dietro
la sua schiena, furente.
Ron parlò a denti stretti, calmo ma tremando per la
rabbia: “Non so cosa tu abbia intenzione di fare, ma sta’ attento, Malfoy”
Allora non l’aveva visto, era entrato nella stanza un
secondo troppo tardi e quella era semplice, pura gelosia.
Perfetto.
Draco sentì il
proprio cuore esultare e profondamente compiaciuto, disse: “Stavo solo scaldando
il tè: si era freddato. Non pensavo fosse un reato”
“Forse questo no, ma anche lo fosse, ti faresti
scrupoli?”
“Dove vuoi arrivare, Weasley?”
Ron sorrise con
sarcasmo, si avvicinò a Draco e gli confidò con voce sorda, scandendo ogni
sillaba determinato: “Sta’ alla larga da
lei”
Poi, senza più ricordare alcunché di come si fosse
convinto della falsità del bacio che aveva creduto di vedere la sera prima, con
un braccio scaraventò a terra tutti i cocci del servizio da tè in un solo colpo
e si sentì un rumore assordante di porcellana rotta in tutta la casa.
Harry, Ginny e
Hermione accorsero da quella parte, fissando prima entrambi i litiganti, poi il
pavimento e ancora Draco e Ron.
“Ma che diavolo succede qui?” gridò Ginny,
sovrastando il brusio avvelenato dei due.
Malfoy fece finta di
non aver sentito; Ron finalmente riuscì a incontrare gli occhi di Hermione:
erano imbarazzati e fugaci. Il ragazzo prese le mani della strega e tentò di
portarla via con sé, in un posto meno affollato e ostile, ma lei non si mosse e
lo guardò quasi indispettita.
Ron era talmente concentrato sullo sguardo della sua
ragazza che praticamente non sbatteva le ciglia; l’afferrò per le spalle
implorandola: “Cosa ti succede, Hermione?! Ti prego, dimmelo!”
La ragazza rimase in
silenzio mentre Ron la scrollava con veemenza.
Gli occhi di
Hermione erano statici e privi di ogni calore; la strega sbatté le palpebre e
come un Infero, che esegue gli ordini altrui pur essendo morto, lentamente
sollevò un braccio e sganciò il braccialetto che portava a un polso sottile. Lo
porse a Ron, gelida.
Lui lasciò subito la presa e cadde in ginocchio,
quasi come se tutti i suoi muscoli si fossero dileguati: quello era il regalo
che lui aveva fatto a Hermione per il loro primo mese insieme.
Hermione lasciò
cadere il bracciale fra le dita di Ron e se ne andò dalla stanza senza dire
nulla.
Ginny era su tutte le furie e la rincorse per avere
delle valide spiegazioni, subito anche Draco uscì, con passo flemmatico. Harry
era esterrefatto: non aveva mai visto Hermione comportarsi in un modo tanto
strano e incomprensibile.
“Era vero. Ha baciato Malfoy…”
Harry si accovacciò
per terra, all’altezza dell’amico, cercando di pensare a un modo per non
aggravare la situazione, se non per confortarlo (cosa che sembrava impossibile
in effetti). Ora non poteva che credere alla storia fra Draco e Hermione e gli
dispiaceva di non aver dato fiducia a Ron fin da subito.
“Mi dispiace,
Ron”.
Questo era scioccato e provava tristezza, rabbia,
rimpianto.
“Meglio che te ne vai, Harry. Scusa, ma voglio stare
da solo” sillabò, rimirando il serpentello di corda colorata e dai piccoli
ciondoli pieni di significati caduti, che giaceva sul palmo della sua mano
sana.
“Come vuoi”
Harry si tirò su,
diede una morbida pacca sulla spalla dell’amico e se ne andò agitando la
bacchetta per rimediare al disastro che Ron aveva combinato con il servizio da
tè. Quando fu nell’altra stanza Harry però sentì un nuovo scroscio agghiacciante
e seppe che il suo incantesimo era stato di troppo.
Ron era rimasto
solo.
Restò immobile per una buona mezzora, che a lui
sembrò durare una vita intera: cercava di ricostruire il puzzle raffigurante una
nebbia fitta e impenetrabile.
Non riusciva a credere che fra lui e Hermione fosse
finita.
Con smarrimento sentì passi concitati gettarsi giù
dalle scale per raggiungere lui, che si sentiva come un fantoccio inanimato,
ormai assimilato con il resto della casa: non aspettava che la visita della
muffa, di nessun altro.
Erano Harry e Ginny di ritorno.
Quanto tempo..., pensò.
Poi il suo stato confusionale
sprofondò ancora più in basso perché vide le loro facce esaltate. Ron si alzò
dalla sedia, nella sala da pranzo, dove si era ritrovato dopo un po’, senza un
perché.
“Che c’è?”
Ginny con uno sguardo chiese il
consenso a Harry di parlare, poi si avvicinò di un passo a suo fratello e gli
annunciò con quanto più tatto poté: “Ron, ecco… io e Harry crediamo che Hermione
non sia in sé-”
“Grazie ragazzi, ma è inutile.
Non-”
“Aspetta, lasciami parlare” gli
intimò Ginny con insolita dolcezza. “… secondo noi Malfoy le ha fatto bere un
filtro d’amore”.
Ron guardò i due come assalito
da un’ovvia consapevolezza, che per cecità non aveva potuto vedere
prima.
“Hermione” sussurrò Ron, fra
sé.
“Non siamo sicuri, ma è molto
probabile. Si comporta in modo così strano…” disse Harry.
“Io sì. Me ne accorgo soltanto
adesso, ma lo so per certo, è così”.
Ron rivide davanti ai propri
occhi la scena del tè e ricollegò tutto.
“Cosa vuol dire che lo sai per certo?”
“Dov'è Hermione?” bisbigliò Ron
con terrore nella voce.
Harry e Ginny si guardarono l'un
l'altra senza poter dare una risposta.
Ron si fece spazio trai due con
uno scatto impetuoso e maldestro.
“No, ASPETTA”.
Il ragazzo non li ascoltava più,
correva per i
corridoi della Stamberga Strillante, spalancando ogni porta al suo
passaggio.
“HERMIONE?!”
Quella maledetta casa era
enorme. Dovette fare le scale più di una volta e ripassare dagli stessi
corridoi, fuggendo dal dolore che le aveva inflitto la sua ex involontariamente,
mentre inseguiva quella vivida speranza di riaverla, col sangue che gli pulsava
velocissimo nelle vene.
Quando il mago arrivò alla porta
che avevano sigillato (la camera dei delitti), deglutì e disse col cuore in
gola: “Alohomora”.
Dietro alla porta c'era una
stanza molto diversa da come l'aveva vista l'ultima volta: c'erano un letto a
una piazza e mezza, un tappeto sbiadito, un comodino a cui mancava un cassetto
ed era stata fornita di un armadio a muro perfino, come se l'intera mobilia di
un'altra camera fosse stata trasferita lì direttamente.
Ron trovò Hermione.
La strega era in reggiseno e
jeans, stava pomiciando con quel demone travestito da mago, mentre gli sfilava
la camicia sganciata.
Draco vide Ron e con spavento
respinse la ragazza sgarbatamente, precipitandosi ad afferrare la propria
bacchetta.
“Stupeficium!” gridò Ron prima che Draco
potesse raggiungerla.
“Aaarg!”
Hermione incominciò a rivestirsi
in fretta, imbarazzata, e dopo aver controllato che Draco stesse bene nonostante
il colpo, si precipitò da Ron, furente.
“Come osi?! Lasciaci in pace!”
inveì contro di lui.
“Ron! Sei qui?” lo chiamarono
Harry e Ginny.
I due fecero capolino e si
resero conto di quello che stava succedendo, perciò non fiatarono
oltre.
Draco si riprese barcollando e
disse con odio: “Weasley, perché te la rifai con me? è stata la tua cara
Granger, qui, a fare tutto, sai?”
“Bugiardo! le hai dato un filtro
d'amore”
“Io? a quella? così sì che mi
offendete, vostra maestà. In quanto a bugie, poi, direi che qualcun altro è
anche meglio di me”. Draco fissò Harry e Ginny, compiaciuto, mentre dietro la
schiena impugnava la propria bacchetta.
“Già, proprio così,
Weasleyuccio, nessuno ritiene saggio dirti la verità. Lo sapevi che il tuo miglior amico e tua sorella hanno fatto sesso
senza dirti un fico secco?”
Ron si voltò verso la coppia che
occludeva la soglia della porta e Draco approfittò di quell’attimo di
distrazione per disarmare il suo nemico: “Expelliarmus!”
La bacchetta di salice di Ron
gli sgusciò via dalla mano e attraversò la stanza fino al comodino.
Il mago era completamente vulnerabile, ma senza perder
tempo si avventò su Draco a mani nude, gli sferrò un pugno con la mano già piena
di piccoli tagli, tenendo fermo il braccio con cui reggeva la bacchetta. Lo
lasciò cadere a terra stordito.
“Harry?” lo implorò poi, senza
chiedere un supporto bellico, quanto più morale.
“Mi dispiace…”
Il cuore di Ron ebbe un
singhiozzo e sembrò essere deluso, umiliato, escluso.
“Ron-” si attentò Ginny,
guardando Hermione con un'aria assassina, dato che si era fidata di lei, mentre
la sua amica era andata a spifferare
tutto a Draco Malfoy.
“No”.
Naturalmente la rabbia e il
dolore per quello che non gli avevano
detto non poté che passare in secondo piano, ma lo fecero incupire ancora di più
e con due spiragli per occhi e a testa bassa, si preparò ad affrontare il male
maggiore.
“Harry, Ginny, portatela via di
qui!” ordinò ai due, accennando a Hermione, “SUBITO!”
Hermione strillò, ma
Harry e Ginny la trattennero dall’avventarsi su Ron e la trassero via di peso,
mentre si divincolava.
Ron si voltò dall'altra parte, ma prima che potesse
rendersene conto, Draco gli piantò una ginocchiata nelle palle e lui si accasciò
a terra senza fiato. Il naso di Draco si era spaccato e perdeva molto sangue; il
ragazzo strinse i denti e si sistemò il setto nasale, mugolando e imprecando.
Nella
confusione del momento non si era reso conto che il suo sfidante non si trovava
più ai suoi piedi: era ancora piegato in due dolorante, ma si era trascinato
dall’altro lato della camera ed aveva la bacchetta in mano. Draco rimase
perplesso per un attimo perché Ron non lo colpiva, tenendo la propria arma
puntata verso il vuoto; serrò la presa sulla propria bacchetta e lo schiantò. Il
suo avversario cadde a pancia un giù.
Era davvero faticosa
una battaglia magica in un luogo così circoscritto: si sarebbero uccisi a
vicenda nel giro di venti minuti al massimo, sempre che non avessero preso scorciatoie proibite.
Ron tossì e con la
bacchetta a mezz’aria aspettò che il suo incantesimo segreto fosse
ultimato.
Un attimo dopo un mucchio di schegge di affilata
ceramica apparvero dalla cucina nel corridoio, all’entrata della camera da letto
devastata. Ron con le narici dilatate e la bocca contratta bisbigliò: “Oppugno” e rivolse la punta della sua
bacchetta verso il volto pallido di Draco.
Questo vide una
truppa compatta di lame di porcellana dirigersi dritte verso di lui. Draco tentò
di scansarsi, arrancò all'indietro inciampando, ma una parte di quelle gli
procurò comunque tagli profondi a una spalla. Il mago schizzò fuori dalla stanza
e corse via per scappare dai suoi assalitori, tentando di farsi scudo con le
braccia e con i lembi della camicia.
Ron lo seguì, con passo lento, dandogli un po' di
vantaggio suo malgrado. Poco dopo oltrepassò un angolo e si trovò davanti a
Draco, appoggiato con le braccia tese a un tavolo, la camicia bianca
sbrindellata e macchiata in più punti di un rosso acceso che si espandeva sempre
di più. Questo trovò il modo di fermare i cocci acuminati del servizio da tè,
borbottando qualcosa con la bacchetta che alzò a fatica.
Malfoy mostrò il
proprio volto graffiato e assetato di vendetta da sotto i ciuffi sudati di
capelli chiari che gli ricadevano a mazzetti sugli occhi, e rantolò: “Crucio!”
Ron riuscì a
schivare la maledizione per un pelo e Draco subito eseguì un potente incantesimo
mentale con una mossa veloce e ampia delle braccia e scaraventò l'altro contro
una finestra, che si frantumò in mille pezzi, e che lui attraversò ricadendo a
terra con un atterraggio pesante.
Il barbagianni di Harry cominciò a frullare con le
ali e a far schioccare il becco; Harry, Ginny e Hermione erano apparsi nel
salotto e Draco, vedendo che Ron si stava risollevando, premette il Marchio Nero
sul suo braccio sinistro.
“NO!”
Malfoy
uscì dall’ingresso principale e raggiunse il mago che aveva atterrato.
A quel
punti si sentirono un insieme di rumori nefasti: grida, boati e urla, tutto
mescolato insieme. I Mangiamorte erano arrivati.
Da quel momento la
confusione fu tale che i cinque ragazzi, tutti accorsi fuori, non capirono più
niente. Ron vide una squadra di Dissennatori avanzare da quella parte e
Mangiamorte che scappavano in ogni direzione e si smaterializzavano. Alcuni
vennero presi. Harry, Ginny e Ron, che si era rotto qualche ossa si trovarono
casualmente fuori portata, ma nel trambusto generale, con alcuni dei
Mangiamorte, insieme a Draco, venne portata via anche
Hermione.
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Capitolo 10 *** Pride ***
Tabitha's 10th
Ciao a tutti, guardate un po’ chi si rivede! ^^
Be’ non ho molto da dire su questo capitolo se non che è stato un po’ complicato…
Vorrei
ringraziare i miei lettori pazienti e soprattutto l’esiguo pugno
di miei recensori appassionati, che a volte mi danno davvero ottimi
consigli.
Se anche non siete soliti leggere le premesse vi prego di prestare attenzione a questa.
ATTENZIONE:
ho modificato un po’ tutto il capitolo precedente perché
mi sono accorta un in ritardo dello stato in cui era; non vi chiedo di
rileggerlo tutto, ma ho evidenziato una parte nuova e molto importante
in blu scuro, perché possiate capire bene i riferimenti futuri
che altrimenti potrebbero sfuggirvi.
Grazie ancora.
PS: mi
sentirei davvero al settimo cielo se voleste scrivermi una piccola
impressione riguardo alla mia fiction nella bacheca delle recensioni!!!
;D … confesso che molto del mio entusiasmo iniziale sta
scemando. Se anche volete rivolgermi delle critiche va benissimo:
vorrei capire i miei errori e migliorare di conseguenza ^.^
… e poi, se smettessi di scrivere non sapreste mai cosa ho in serbo per Ron, Hermione e gli altri!!!
Oki, direi che vi ho straziato a sufficienza.
Buona lettura
la vostra
Tabitha
CAPITOLO X
…does the pain weigh out the “Pride”?…
Ci sono momenti in cui
ogni certezza sembra abbandonarti all’improvviso, come se ogni
ricordo o esperienza positiva perdessero a un tratto di significato e
ti sgusciassero via da sotto i piedi, facendoti cadere in basso, nelle
tenebre. A cosa puoi aggrapparti? Il peggio però viene quando,
pur passando accanto a mille appigli, li ignori e con gli occhi tappati
ti ostini a sprofondare senza neppure provare a raggiungere il ciglio
del burrone e a risalire. Aspetti di toccare il fondo: è
più facile sperare in un tappeto elastico alla fine del tunnel,
ma per non esercitare quel poco o tanto di forza di volontà,
rischi di romperti l’osso del collo e morire nel silenzio.
Hermione era immobile, seduta sul
suolo della cella arida e fredda. Era rannicchiata su se stessa e
abbracciava le proprie ginocchia, su cui si abbandonava col volto
rigato da lacrime di requiem.
Nonostante la strega potesse sentire
il tempo correre verso l’infinito e sfuggire rapidamente al
proprio controllo, per il momento riusciva a percepire che non doveva
essere passata più di un’ora da quando avevano visto le
porte di Azkaban aprirsi al loro arrivo.
Erano stati spinti da dei
Dissennatori e da due Auror sconosciuti per un ponte che appariva
sospeso nel nulla, tanto si stagliava in altezza e profonde erano le
sue fondamenta. I Mangiamorte con cui era stata catturata sembravano
essere impazziti ed avevano urlato con occhi allucinati, cercando una
via di fuga, ma Hermione aveva compreso subito che non ce ne erano. La
prigione era simile a un’immensa caverna dal ventre allungato,
senza tetto né piani, con solo un basamento di pietra scura e
umidiccia, forse duecento metri più in basso. Il corridoio su
cui camminavano sbucava da un incavo posto verso la metà
dell’estensione totale di quella specie di un alveare gigantesco,
non portava da nessuna parte e finiva in mezzo alla circonferenza della
costruzione come il trampolino di una piscina vuota. Questo spettacolo
desolante aveva dato il capogiro a Hermione. I Dissennatori si
aggiravano ovunque, portando gelo e sconforto nei cuori dei detenuti e
la ragazza non avrebbe pensato a generare un Patronus neanche in
possesso della propria bacchetta.
I nuovi arrivati erano stati
costretti in una fila indiana compatta e uno ad uno erano stati fatti
avanzare per essere interrogati e portati in cella dagli Auror.
“Draco” lo aveva chiamato
Hermione con un tono di voce bassissimo e timido. Il mago si trovava
proprio davanti a lei. Questo aveva voltato la testa di profilo in modo
innaturale ed aveva cercato gli occhi della strega di sbieco, per non
farsi vedere dai loro aguzzini. Hermione gli aveva rivolto uno sguardo
trepidante e disperato insieme, mentre sbatteva i denti, tremava e
respirava a riprese irregolari aria condensata, bianca come la nebbia
che a macchie aleggiava ovunque in quel luogo.
Malfoy era terrorizzato e non voleva
sprecare quel poco di forza che gli era rimasta dopo il duello per
confortare quella bimbetta della Granger, ancora infatuata di lui; era
stizzito da quella palla al piede che rendeva la situazione ancora
più insostenibile.
“Io ti amo, Draco. Non riusciranno a separarci” gli aveva assicurato.
Il ragazzo le aveva dato le spalle,
imbarazzato e esasperato per l’inadeguatezza di quella
dichiarazione artificiosa; poi la strega, sfiorando le sue manette di
ferro, gli aveva toccato una mano e lui, colto alla sprovvista, si era
voltato di nuovo verso di lei, rabbrividendo senza l’ausilio del
freddo.
Malfoy era stato scosso dalla
mezzosangue sfacciata e saputella, che gli teneva la mano come a un
amico d’infanzia; al mago non piaceva affatto il contatto fisico
non autorizzato, ma per un motivo a lui sconosciuto - totalmente
inaccettabile e indesiderato - ricambiò la presa su quelle dita.
Draco, stramaledicendosi, aveva fatto
una smorfia di vergogna e poi aveva sussurrato a Hermione d’un
fiato: “Sta’ calma e rispondi alle domande che ti faranno
senza esitare. Sennò sarà peggio: ci daranno del
Veritaserum. Non dire niente che non sia strettamente necessario,
rispondi a monosillabi se possibile”. Il mago si era girato un
momento perché non li vedessero parlare ed aveva terminato:
“E rispondi solo a ciò che ti chiederanno direttamente,
qualunque cosa succeda. In ogni altro caso non dire nulla,
capito?”
Hermione aveva annuito, concentrata e un po’ preoccupata per il suo amore, che aveva un aspetto piuttosto debole e provato.
Ancora uno e poi Draco sarebbe dovuto andare.
Malfoy si era sentito come se la
propria gola, il naso e le orecchie fossero state lacerate da una lama
di ghiaccio, la testa scottare e farsi pesante fino quasi a farlo
sbilanciare.
“Forza ragazzo, vieni avanti.
Spicciati, non abbiamo tutto il giorno!” aveva grugnito una
guardia sullo strapiombo del ponte. Draco aveva gettato uno sguardo
pesto e verso l’alto, riuscendo così a vedere le alte
pareti sopra le loro teste, che si restringevano man mano che si
slanciavano verso l’alto; si era incantato a fissare un fitto
intrico di spine affilate e spunzoni a contornare il perimetro estremo
della roccia, i quali quasi coprivano l’oblò di cielo
burrascoso che faceva capolino da lassù e che vanificavano ogni
folle tentativo di fuga.
L’uomo dalla corporatura
massiccia era seduto con le chiappone su uno sgabello rialzato, dietro
a una scrivania imponente e proporzionale ad esso. Con gli occhietti
privi di spessore intanto scansionava le pagine di un enorme registro
con impazienza, vi aveva fatto scorrere una mano ricoperta di peluria
per appuntare qualcosa, poi si era rivolto a Draco con un cenno
imperativo delle dita.
Il mago aveva mosso qualche passo, tremando come una foglia, dopo aver abbandonato la presa dalla mano amica di Hermione.
“Bevi questo”.
Una boccetta di liquido nero si era
staccata dalla cattedra su cui riposava ed era volata fino a pochi
centimetri dal naso di Draco, questo aveva dischiuso le labbra
riluttante e aveva inghiottito un generoso sorso di Veritaserum.
Dopo aver distorto la bocca non aveva
avuto il coraggio di guardare il suo inquisitore negli occhi e fissava
il proprio torace spoglio pieno di ferite e la camicia sbrindellata, in
attesa di una domanda a cui non avrebbe potuto che rispondere
sinceramente.
“Allora, sentiamo un po’ cos’è successo. Ma prima il tuo nome”.
La guardia aveva un paio di piccoli
baffi grigi spampanati, che sottostavano a un naso perfettamente tondo,
non aveva barba e i suoi capelli grigio scuri - in effetti lì
tutto sembrava campito esclusivamente di grigio - gli arrivavano fin
sotto le spalle, acconciati con trascuratezza. Draco però non lo
vide mai in faccia.
“M-Malfoy” aveva biascicato quest’ultimo, prima di svenire.
La guardia si era subito sporta in
avanti e dopo il disappunto iniziale aveva esclamato furente:
“Oh, questa è bella! Ora fanno anche finta di svenire. In
piedi, su!”
Il ragazzo non si era mosso.
I Dissennatori erano stati attirati
dalla novità e si erano avvicinati a Hermione, il cui cuore le
martellava forte nel petto perché era terrorizzata
dall’immagine di Draco privo di sensi.
“Fermi!” aveva gridato il
mago, da dietro la scrivania. Subito dopo era disceso dal suo sedile
elevato e dalla sua bacchetta aveva fatto uscire un mulo argentato. Il
Patronus aveva fatto prendere ai Dissennatori le distanze dalla strega,
che si era precipitata sul suo amante, tutta accorata; l’animale
evanescente poi, ricevuti gli ordini, era partito al galoppo verso
l’alto, in cerca del destinatario a cui riferire il messaggio che
il suo padrone gli aveva affidato.
Hermione aveva provato a svegliare il
mago e a scaldarlo col proprio corpo, appoggiandosi a lui, mentre
lasciava cadere lacrime bollenti su di lui.
Poco dopo un mago e una strega,
vestiti entrambi di nero e con un grosso copricapo sghembo color
smeraldo, erano arrivati sul posto in sella a due manici di scopa.
“Salve McCalman, che succede?”
A parlare era stato il mago.
“Questo qui” aveva risposto allora il secondino McCalman, “credo sia svenuto”.
Hermione gli aveva lanciato
un’occhiataccia sprezzante e derisoria, mentre con un
orecchio controllava il battito del cuore nel petto di Draco.
“Questo mi pare ovvio”
aveva affermato la sconosciuta, facendosi spazio fra gli altri due per
raggiungere il punto in cui Draco era sdraiato immobile.
“Io non lo darei per scontato, non si sa mai che cosa studiano per scappare questi Mangiamorte…”
“Sta attenta, Scarlett”
l’aveva ammonita il mago allampanato che era giunto lì con
lei, puntando la bacchetta in modo eloquente contro Hermione,
perché arretrasse. Gli spettri neri e i due giovani e
apparentemente inesperti Auror intanto badavano agli altri futuri
detenuti, così che sia la guardia che l’ispettore avevano
potuto concentrare la loro attenzione su Draco.
“Non siate sciocchi voi due:
è disarmato e non mi sembra proprio in condizione di-” La
donna si era interrotta e gli altri erano rimasti col fiato sospeso per
qualche istante, “ha la febbre alta. Ed è ferito. Devo
portarlo nell’infermeria del carcere; sempre che il signor
McCalman non debba interrogarlo a tutti i costi mentre è privo
di sensi”
“Suvvia, signora, non faccia
così. Se deve portarlo in ospedale faccia presto e poi lo
riconsegni a noi. Ho già scoperto chi è e per ora tanto
basta”
“Ah sì? E chi sarebbe?”
“Ha detto di chiamarsi Malfoy…”
La strega aveva indugiato sul braccio
sinistro di Draco, turbata dalle inequivocabili fattezze del Marchio
Nero, che sporcavano la pelle di quello che era praticamente un
ragazzino. La donna dai capelli corti e neri aveva fatto apparire una
barella.
“Malfoy? Lucius Malfoy?…
pensavo fosse più vecchio” era intervenuto il suo
compagno, dopo aver adagiato il corpo del Mangiamorte sul telo
fluttuante.
“Infatti. Qui è ben nota la sua faccia e questo non è lui.”
“Ma il ragazzo non può aver mentito, giusto?”
“No. La procedura è
chiara e ha bevuto il Veritaserum come gli altri. Magari è un
parente di Lucius Malfoy…”
“ E quanti Mangiamorte di nome
Malfoy ci sono?” aveva chiesto il mago spilungone, mentre
l’altro aveva alzato le spalle senza poter rispondere.
Con il nuovo ministro erano stati
inseriti maghi e streghe ad affiancare i Dissennatori
nell’amministrazione di Azkaban per ovvie ragioni, ma la
burocrazia doveva ancora assestarsi e l’informazione dei
dipendenti non era delle migliori, ancora.
La guardia McCalman aveva salutato la coppia che se ne andava con il signor Malfoy
e poi, con la bacchetta ancora puntata verso la schiera dei criminali
davanti a lui, era risalito sul proprio piedistallo ed aveva scritto
quel cognome che era riuscito a estrapolare.
“Su, ragazzina, bando alle ciance”.
Hermione sapeva cosa fare, ma questo
non aveva impedito alla pelle d’oca di attraversarla fino alle
caviglie, né al suo pianto di perseverare.
Una boccetta identica a quella che
aveva dovuto prendere Draco era scomparsa tra i suoi capelli sconvolti,
crespi e in parte appiccicati alla faccia umida ed anche Hermione aveva
bevuto la pozione della verità.
Dopo aver ingerito quella sostanza
non si era sentita particolarmente diversa da prima; l’unica
differenza era stata una vaga sensazione di leggerezza alla testa, come
se fosse stato tolto un catenaccio pesante al cancello che arginava la
mandria della sua conoscenza.
“Vediamo se con te riusciamo a
fare una conversazione come si deve” aveva detto McCalman
strofinandosi nervosamente il naso, mentre osservava la strega che
assomigliava più a una bambola che a un’assassina, ma
sapeva che non bisogna farsi ingannare dalle apparenze, così
aveva continuato: “Dunque. Nome prego, signorina”
Il cuore della ragazza le era balzato
in gola e lei era stata certa che non potesse esserci niente di peggio
che il suo nome associato ad un archivio di Azkaban, a parte la
lontananza della sua inebriante ossessione forse, della sua droga:
Draco. Raddoppiò le lacrime e a denti stretti parlò:
“Il mio nome è Hermione Granger”
“Bene” aveva fatto quello, borbottando poi una storpiatura del nome di Hermione.
“Sei una Mangiamorte?”
“No”
“Cosa ci facevi sul luogo della battaglia?”
“Ero con Malfoy”
“Conosci il signor Malfoy, dunque”
“Sì”
“E qual è il suo nome?”
“Draco”
“Draco, Draco Malfoy?”
Hermione aveva annuito, facendo scivolare una grossa lacrima sulla guancia.
“Lo amo, ho tradito”
aveva cominciato, poi deglutendo aveva ripreso con un tono più
basso: “Ho tradito l’amico di Harry Potter per lui”.
McCalman aveva capito amicizia invece di amico
ed aveva preso nota con fare saccente, inoltre la faccia contrita di
Hermione non aveva fatto altro che confermare la sua convinzione
fallace e lui aveva ordinato ad una delle nuove reclute, che stavano
infondo alla fila, di scortare la strega nella propria cella.
Hermione aveva notato che
l’Auror che l’avrebbe portata nella sua gabbia di perenne
solitudine non avesse che un paio di anni più di lei, aveva
provato un forte sentimento di ingiustizia nell’essere
imprigionata da un suo alleato in fin dei conti e persino coetaneo. Non
avrebbe potuto confidargli nulla perché quel ragazzo la stimava
alla stregua di Yaxley, Barty Crouch Jr. o dei Carrow: Mangiamorte che
lei stessa aveva odiato con forza e convinzione, ma da lontano
(relativamente da lontano, nel suo caso). Quello l’aveva fatta
montare a cavallo di una scopa e dopo averle fatto indossare la divisa
di Azkaban, in uno spogliatoio sorvegliato, si erano diretti verso una
zona nella parte centrale della prigione, ma molto sopra il corridoio
sospeso.
Il pavimento di ogni cella si
prolungava per poco più di un metro verso l’esterno a
mo’ di piattaforma d’appoggio: i Dissennatori non avevano
bisogno di camminare e gli Auror o i maghi e le streghe del Ministero
potevano tranquillamente trovare mezzi volanti di cui i prigionieri non
disponevano. Il mago l’aveva discesa dal manico di scopa,
facendola atterrare su uno dei balconi senza ringhiera, aveva aperto il
cancelletto e l’aveva invitata
a entrare con un tono distaccato e sprezzante. Aveva tolto alla strega
i ferri che le stringevano i polsi da un pezzo, poi, la mente di
Hermione era andata in letargo e non aveva registrato nuovi sviluppi,
soltanto un’unica immagine, un’unica sensazione di noia
sospesa e timore.
Tornata al presente, Hermione si
avvicinò alle sbarre, attirata da un movimento che non si
ripeteva da qualche minuto: qualcuno lasciava dietro di sé la
guardia McCalman per essere scortato nella sua nuova dimora.
Non era Draco. Neanche quella volta.
Il ponte in quel momento era deserto
e Hermione per la prima volta rifletté sul fatto che non aveva
riconosciuto nessuno fra i Mangiamorte catturati, questo le
sembrò molto strano.
La strega s’immerse di nuovo
nei propri pensieri, chiedendosi perché non avesse detto di
essere innocente, perché non avesse neanche tentato di
scagionarsi; poi fra i meandri del suo cervello il pensiero di Draco le
balzò davanti e lei ricordò che non avrebbe avuto senso
salvare se stessa e lasciare lì metà della propria anima.
Per un attimo sorrise all’idea
di aver creato una specie di Horcrux con il suo amore; forse era per
questo che si trovava dietro le sbarre di una cella di Azkaban. Dopo il
suo grande sacrificio tuttavia non poteva accettare di rimanere
separata da Draco.
Hermione era sfinita ed iniziava a
pesare su di lei la forza inesorabile del sonno, ma era risoluta a non
chiudere occhio finché non avesse rivisto il mago.
La luce del giorno se ne era andata
in un batter d’occhio ed i lamenti si erano fatti più
viscerali, se possibile; Hermione, che da anni non aveva più
paura del buio, avrebbe sperimentato un flashback violento se non fosse
stato per il fioco bagliore di alcune fiaccole poste qua e là,
non che esse bastassero a rendere quel luogo di perdizione meno
inquietante.
Passavano i minuti e le ore nella noia più assoluta.
Hermione si era avvolta in una
coperta bucherellata e ruvida che aveva trovato in un angolo della
cella per isolarsi dal freddo che le penetrava fin sotto
l’uniforme di Azkaban, costituita da una tuta di panno a strisce;
appoggiata alle sbarre, raggomitolata su se stessa, era riuscita a
stabilizzare il tepore del proprio corpo: doveva solamente rimanere
immobile per tutta la notte. Mentre crissava ad occhi socchiusi
rabbrividì per il freddo e immaginò di essere abbracciata
dalla presenza di Ron, che emanava calore.
Hermione si scrollò e riprese
consapevolezza della realtà, scacciò quella sensazione
che non era altro che un residuo di esperienza passata, poi
tornò a scrutare fuori da quelle aste di metallo, aspettando di
scorgere una figura pallida nella notte scura.
Gli occhi le pesavano nelle orbite
come palle da biliardo e la ragazza non voleva ancora accettare il
fatto che stava per cedere: si sarebbe addormentata di colpo dopo aver
opposto resistenza fino all’ultimo. Pensava queste cose
perché nonostante il suo bisogno di sapere dove indirizzare il
proprio sguardo quando Draco fosse stato condotto alla sua cella fosse
tutto per lei in quel momento, non sperava più di riuscire a
rimanere cosciente ancora per molto.
Poi vide dei grandi occhi azzurri
davanti a sé, la guardavano con fiducia e solo un po’ di
soggezione, sinceri, sembravano volerle parlare quasi. Hermione
toccò il proprio seno con la testa ciondoloni, la
risollevò di scatto sbattendo le palpebre che proprio non ce la
facevano a restare aperte.
Per qualche istante fissò con
impazienza la conca della prigione, sperando di non essersi persa il
passaggio di Draco. Dopo un po’ iniziò a guardare il
proprio aspetto con attenzione: si sentiva sporca in un certo senso;
corrugò la fronte e attraverso due spiragli per occhi
studiò il paesaggio intorno a sé, smarrita e con un
enorme, inquietante punto interrogativo che le galleggiava sopra la
testa, si addormentò.
Un bagliore di luce color ocra
bagnava tutta la stanza, c’era una musica soffusa di sottofondo
tutt’intorno e lei danzava fra gli scaffali della biblioteca,
serenamente solitaria. I libri, che la ragazza sottraeva dal proprio
collocamento con grazia decisa, sprigionavano una quantità
innaturalmente abbondante di polvere e la diffondevano in ogni dove,
come fossero immersi nell’acqua.
“Ehi”. La strega,
giocherellando con le dita fra alcuni volumi sospetti, ne fece cadere
uno con una piccola spinta del polso. Dietro di esso c’era Ron,
che le sorrideva con gli occhi che gli brillavano di ardore, come se
non la vedesse da mesi. Lui continuava a guardarla felice, poi a gesti
le fece segno di seguirlo dall’altro lato dello scaffale della
biblioteca e lei acconsentì con lo stesso linguaggio. Lei
saltava leggiadra lungo la lunga teca di manuali antichi, per
raggiungere quel ragazzo dall’aria dolce e simpatica; al di
là di quel muro di nozioni però non lo trovò.
“Granger?” pronunciò lui da chissà dove con voce ovattata ed echeggiante.
La ragazza si voltò e guardò bene anche in lontananza, ma non riusciva a capire da dove venisse quella voce.
“Granger?”
Ma Ronald non l’aveva mai chiamata a quel modo.
“Ehi, rispondi. Granger?!”
Hermione sobbalzò e si strinse nella coperta infreddolita più che mai.
“Chi è?”
“Sono io”
“Malfoy?”
La voce strascicata proveniva da dietro la parete sinistra della cella.
La strega era scombussolata e
confusa, non sapeva da che parte cominciare per districare
quell’enigma che la tormentava come un buco nero nella memoria.
“Ma che cosa succede? Dove sei?”
“Sono qui dietro. Mi hanno portato nella cella accanto alla tua”
“E che ci facciamo in delle celle?”
Merda! L’effetto del filtro d’amore è svanito.
“Dov’è Ronald? e Harry? e Ginny?”
“Non qui. Ma non ricordi niente di ciò che c’è stato tra noi?”
“Ma di che diavolo stai parlando?”
Draco scoppiò in una risata nervosa, agghiacciante.
“Che ci trovi di tanto divertente, Malfoy?” lo rimbrottò Hermione, stizzita.
“No, è che… poche
ore fa mi giuravi amore eterno e ora neanche chiami il tuo tesoruccio
per nome! Buffo, no?”
La strega non rispose, elaborando le nuove informazioni inorridita.
“Un… filtro d’amore”
Hermione squadrò il muro di
pietra al di là del quale sapeva esserci Malfoy con
un’occhiata assassina ma impotente.
I ricordi che la vera sé aveva assimilato passivamente nelle ultime settimane cominciavano ad affiorare dolorosamente.
“Come hai potuto?”
“Wow, riesco ancora a
sorprendere la Granger. Sono davvero orgoglioso di me stesso. Peccato
che tu non ricordi quello che è successo: la faccia di Weasley
quando gli hai restituito quel ridicolo pezzo di corda che ti aveva
regalato è impagabile!”
“No, no!
Non è vero!” Nel pronunciare queste parole però
Hermione rivide la scena che aveva rimosso, il cuore le si fece piccolo
piccolo e le lacrime inondarono i suoi occhi profondi.
Il suo polso era libero, nudo e lei
indossava un’uniforme da carcerata, si trovava a pochi metri
dalla causa di tutti i suoi mali attuali.
Hermione continuò a
singhiozzare a lungo e ad ogni frecciata di Draco rispondeva inveendo
contro di lui con vigore cieco, imbestialito, fuori dal proprio
controllo.
“Guarda che sei stata tu a spingermi su quel letto, cara la mia perfetta ragazza perbene”.
Hermione sbatté con tutte le
sue forze un pugno sulla parete rocciosa e gridò: “Non
provarci! Sei un maledetto vigliacco!”
“E tu sei una stupida. Ti avevo
detto di non rispondere che alle domande che ti avrebbero fatto e tu ti
sei messa a ciarlare con quello! Gli hai detto che non sono mio padre,
gli hai detto il mio nome”
“Forse è stato
l’unico momento di lucidità della giornata e ti
meriteresti di essere baciato dai Dissennatori per quello che hai
fatto”
“A quello ci hai già pensato tu: sono apposto”
“Bastardo! Se non fosse arrivato Ron mi avresti violentata senza battere ciglio”.
Draco fu interdetto dalla forza di
quelle parole e non gli venne in mente di ricordare alla sua
interlocutrice che lui aveva tentato di sottrarsi alla sua smania di
sesso, indotta dalla subdola pozione perfettamente dosata.
“Ah, fra tutti gli insulti
questo no. Una mezzosangue che mette in discussione la purezza di un
Mangiamorte? tsk! Lo sai che grazie alla tua geniale prodigalità
di linguaggio mio padre ora è in grave pericolo”
“Caspita, quanto mi dispiace…”
“Non riesci ad essere cinica: è inutile-”
“Perché?” sbottò lei con la voce spezzata.
“Eh? Be’ perché è più forte di te, Granger”
“Non quello. Perché mi hai fatto questo?”
Draco non rispose subito.
“Perché ero in astinenza, ok? Ti basta come risposta?”
“Mio Dio, sei veramente un
maiale!” disse Hermione con ribrezzo, fra le lacrime. Draco
forzò una fragorosa risata perché la strega la sentisse
forte e chiara dall’altra parte del muro; essa però
mascherava una sensazione estremamente fastidiosa e opprimente che
ancora il ragazzo non riusciva a identificare.
Non si parlarono per lunghi minuti e intanto l’alba già rischiarava le superfici irregolari della prigione.
“Che ipocrita! Ora ricordo” sovvenne Hermione a un tratto, “ti sei tirato indietro…”
Draco gettò un’occhiata di biasimo alla sua destra.
“Cercavi di rimandare e di dilatare i tempi, come se volessi essere scoperto da Ron. A quale scopo?”
“Tsk! Ma ti ascolti quando
parli? Credi davvero che non sarei capace di indurti a provare una
passione sfrenata nei miei confronti per scopi personali? Allora non mi
conosci neanche un po’, Granger”
“Ah! invece è proprio
quello che è successo: tu non volevi toccarmi, il tuo obiettivo
era creare scompiglio!” Hermione era piacevolmente trasportata
dalla corrente di idee che la trascinava sempre più vicina alla
verità, ma tornò subito seria e proseguì:
“Hai annientato Ronald, con ogni mezzo! Sei spregevole e,
e… Ma qual era il piano di tuo padre per scampare ad
Azkaban?”
Draco fu sorpreso da
quest’ultima domanda: la strega non gliel’aveva rivolta con
fare indagatore, ma come se le interessasse per innocente
curiosità.
“Senti non ho più voglia di parlare. Vedi di chiudere il becco e di non rompere”
“Ti ho fatto una domanda e non intendo rinunciarvi”
“Ringrazia che ci hanno tolto
la bacchetta, perché altrimenti te lo chiudevo per sempre quel
cavolo di forno! Vuoi sapere com’è che dovevano andare le
cose? Te lo dico”
Hermione avvicinò un orecchio
alla parete e rimase in ascolto. Draco recitò a memoria ogni
aspetto del piano di Lucius; le disse che lui avrebbe dovuto farsi
catturare, essere portato ad Azkaban e farsi passare per suo padre,
così da far cessare le ricerche, poi i Mangiamorte avrebbero
pensato al resto. Draco commentò con invidia che Hermione non si
sarebbe dovuta preoccupare per la propria sorte poiché una volta
che il Ministero avesse scoperto di aver sbattuto in gattabuia
un’Auror, l’avrebbero liberata all‘istante;
confessò (tra le righe, ovviamente) che aveva paura per quello
che avrebbero deciso per lui, invece, il quale era un Mangiamorte e
figlio di uno dei più noti: un Malfoy.
Draco sembrava tralasciare
volutamente alcuni dettagli durante la narrazione, ma quella
chiacchierata era già abbastanza assurda: Hermione non aveva mai
pensato di poter intrattenere una discussione del genere con Draco Malfoy, ma finì per abbassare la guardia, incredula.
“Mi dispiace”
scappò detto alla ragazza, dopo un lungo, triste monologo di
Draco, che l’aveva addolcita molto rispetto all’inizio.
“Già, anche a me… di non aver detto la verità neanche per un istante! Ah ah ah!”
Hermione sbraitò qualcosa contro Draco e poi diede le spalle al muro comunicante in maniera definitiva.
La vera falsità uscita dalla bocca del mago nelle ultime ore era stata quest’ultima, unica frase.
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