Stupendomi...

di eagle_chan
(/viewuser.php?uid=2938)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Autore: eagle_chan

 

Autore: eagle_chan

Desclaimer: I personaggi non sono miei ma appartengono alla Rowling, la trama della storia invece è mia (altrimenti facevo la copia dal libro, no?). I tarocchi non li ho inventati io, ma gli egizi (non vi da fastidio che li uso vero egiziuccioli???) ma alcuni metodi di consultazione e interpretazione nascono dalla mia mente bacata.

Dedica: questa fanfic è dedicata a Mafiosa90 per avermi aiutato a riprendere a scrivere, con la speranza di vedere presto un suo nuovo lavoro.

Ringraziamenti: ringrazio Kayra e Yuko Hiwatari per avermi aiutato a colmare alcune lacune su Harry Potter.

 

Draco Malfoy deve morire.

Chiamalo un presentimento…( prima parte )

 

Un profumo di incenso si spandeva incontrastato nella camera, tende e panneggi mano a mano assorbivano quella dolce fragranza di lavanda. Draco Malfoy, disteso sul suo letto ad occhi chiusi, si chiedeva come la maggioranza delle persone potesse odiare l’incenso. Aveva un così buon odore, adorava perfino quella leggera puzza di bruciato che si sentiva all’inizio…In definitiva amava l’incenso, punto e basta. Due morbide labbra ben delineate si incresparono in un mezzo sorriso di soddisfazione quando si rese conto che i muscoli tesi poco a poco si stavano rilassando. La pallida luce di una luna piena di inizio luglio illuminava lievemente l’ambiente dove la fiammella dell’ultima candela avrebbe dovuto essere spenta già da un bel po’. Ma questo a Draco Malfoy non interessava, non era dell’umore giusto per dormire. Decisamente no. Nei suoi da poco compiuti diciassette anni quale problema poteva avere il caro Malfoy, figlio di Lucius Malfoy e Narcissa Black, erede di tutti i beni della famiglia di maghi più ricca di tutta l’Inghilterra? Questo si chiedeva, disteso sul suo letto, Draco Lucius Malfoy. Che fosse una questione di cuore? Arricciò il naso e scartò a prescindere questa opzione. Il primo luogo lui non era così dannatamente dolce e debole da star male per qualche stupida ragazzina che non lo ricambiava e poi, in secondo luogo…Chi sarebbe stata la ragazza tanto cretina da rifiutare Draco, a detta di tutte il ragazzo più bello della scuola, nonché partito migliore dal punto di vista economico? Un ghigno comparve sul volto di Malfoy, perfettamente a conoscenza dell’opinione che il genere femminile aveva di lui. Era bello, bellissimo, e avendolo scoperto da due anni a questa parte aveva avuto modo di constatare tutte le agevolazioni che poteva avere grazie al suo bell’aspetto. Capelli biondi come l’oro e lisci, a cadere sul viso dandogli un qualcosa di angelico, pelle chiara, diafana, perennemente dall’odore di lavanda, due occhi azzurro-grigi, dai riflessi metallici, per non parlare poi della bocca, di un colore rosato, per niente tendente al solito rosso acceso. Quelle stesse labbra che, a suo piacimento, sapevano insultare spietatamente o stregare le persone come sotto un incantesimo di innamoramento. Il tutto, naturalmente, moltiplicato da un fisico snellissimo e mozzafiato, una mente giovane e sveglia, incredibilmente deduttiva e, ultimo ma non meno importante, anzi quasi fondamentale, un carattere a dir poco indescrivibile, in quanto misterioso ed enigmatico. Impossibile definirlo buono o cattivo, dolce o freddo, amico o nemico. Cercando di inserirlo in una di queste categorie le uniche persone che lo conoscevano davvero bene sarebbero giunte ad un’ unica soluzione, decretando per ognuno di questi aggettivi, che essi rispecchiavano Draco Lucius Malfoy solo “in parte”. Ma se, come molti, non si faceva parte della cerchia di amicizie fondamentali di Draco Malfoy, tutto cambiava. La maggioranza, infatti, lo definiva un “bastardo viziato figlio di papà dalla malvagità pari a quella di Salazar Serpeverde, e futuro seguace del Signore Oscuro” mentre una piccola minoranza, formata dal pubblico femminile, lo considerava nient’altro  che un “essere fantastico da scopare assolutamente”.

Malfoy si rigirò su un fianco, spiegazzando ancora di più il soffice lenzuolo di lino candido che avrebbe dovuto coprirlo durante il suo sonno…Sonno in cui non era ancora caduto. Chi erano i suoi veri amici? Due. Soltanto due. Infatti il resto del mondo girava intorno a lui cautamente, avendo paura della sua malvagità quanto del suo cognome. Eppure non era triste in quanto sapeva che i suoi unici due amici erano i migliori che avesse potuto sperare di avere. “Pochi ma buoni” recitava il detto e Draco, sistemando meglio che poteva il cuscino sotto al capo, sembrò approvare quel proverbio babbano. Guardò l’orologio rendendosi conto dell’ora. Mancavano solo dieci minuti. Possibile che avesse sprecato tre ore filate a riflettere senza arrivare al punto del problema? Pensò di darsi mentalmente del cretino ma poi ci ripensò…La paura lo aveva spinto a rinunciare a riflettere sulle sue preoccupazioni per un po’. Perché anche lui, Draco Lucius Malfoy, era umano e in quel momento aveva paura. Altro che domande retoriche sul perché e percome stava male -Sapeva benissimo la risposta!!!-e discorsi mentali ripensando ai suoi due angeli guida, che in quel momento erano del tutto all’oscuro di ciò che stava succedendo, o almeno lo sapevano ma non immaginavano neanche lontanamente quello che lui aveva deciso di fare. Loro non potevano agire in alcun modo, c’era solo lui e il suo problema. E, se le mani avessero avuto la premura di smettere di tremare come foglie, magari avrebbe potuto concentrarsi meglio sulla serietà della sua posizione.

Qualcuno bussò alla porta. Draco non si premurò neanche di rispondere “Avanti”: Un uomo piuttosto alto che gli somigliava in modo impressionante, entrò a passo lento nella stanza. Suo padre. Lucius Malfoy. Parte integrante del suo problema.

 

-Dracone, tra cinque minuti si parte- Fissò un attimo il foglio e sospirò spazientito –Avresti almeno potuto prepararti, cosa hai fatto tutto questo tempo?-

 

Normalmente un figlio avrebbe risposto al padre, ma ciò non accadeva mai in casa Malfoy. Quella non era una domanda, era un ordine con il punto esclamativo trasfigurato in uno interrogativo. La vera frase era questa: “Tra cinque minuti si parte. Preparati e scendi subito.”

Appena la porta si fu richiusa Draco scattò in piedi ed indossò sopra i jeans e la t-shirt scuri, una veste nera che il padre gli aveva portato poche ore prima.

Si guardò allo specchio e sospirò per poi afferrare la bacchetta e metterla nella tasca, nascosta sotto la veste. Controllò l’orologio: Aveva ancora tre minuti. Gli occhi grigio-azzurri si posarono sul letto, anzi no, sotto il letto. Ma non doveva farlo. Era sbagliato. Però, sapere prima cosa sarebbe accaduto, lo avrebbe reso più pronto a lottare. “Deficiente” disse una voce della sua mente “Il destino non cambia anche se ne vieni a conoscenza in precedenza. Vuoi iniziare già da ora a spaventarti a morte?” Draco chiuse un secondo gli occhi, quel tanto che gli ci volle per capire che già stava morendo di paura e che perciò la situazione non poteva peggiorare ancora di più. Ci volle un attimo: Si inginocchiò ai piedi del letto e da sotto un asse mobile cacciò una scatola di legno intarsiato. La posò sulla scrivania lì accanto e la aprì. Tarocchi. 22 carte. Gli arcani maggiori. Con un movimento deciso Malfoy ribaltò il contenuto della scatola nelle sue mani, iniziando a mischiare. I suoi pensieri in quel momento erano chiari. Se avesse avuto più tempo sarebbe ricorso al metodo dell’Albero della Vita ma in due minuti l’unica cosa che poteva fare era la predizione dei due arcani. Perché se un arcano vale la certezza, due arcani sono il dubbio, o per meglio dire le alternative. In pratica le due porte in cui il destino si divideva; l’unica scelta che l’uomo può effettuare indipendentemente dal fato è la porta da aprire fra le due che ci sono state concesse da una volontà superiore.

Sottili rettangoli di pergamena ingiallita e dipinta a mano probabilmente qualche secolo prima risplendevano nei loro colori consunti alla luce lunare. Draco li riposò sul tavolo e prese la prima. Ai suoi occhi comparve una figura in parte scheletrica che lavorava con una falce su una distesa scura di erba disseminata di teste e membra. Una delle teste era incoronata, la figura aveva un piede mozzato. La tredicesima carta dei tarocchi. La Morte.

Mentre il suo cuore faceva un tonfo rassegnandosi al peggio si rese conto che non tutto era ancora stabilito. Cosa gli aveva insegnato in fondo Narcissa Black? Non gli aveva forse fatto comprendere i doppi significati delle carte? La morte non era capovolta perciò poteva anche essere di buon auspicio. Costrinse il suo cervello a riflettere. La valenza di quella carta, in effetti, da sempre era stata difficilmente definibile in quanto abbinava morte e rinascita, praticamente il simbolo del rinnovamento della vita che si riproduceva attraverso la morte. Molto c’era sicuramente da dire su quella carta, ma la mente di Draco in quel momento si era come inceppata. Passi sulle scale, lenti ma decisi. Suo padre stava ritornando. Con quello scatto e velocità derivanti solo dalla voglia di sopravvivere, Malfoy posò tutte le carte e le infilò sotto l’asse mobile. In tasca aveva la Morte e la seconda carta. Aggiustandosi il cappuccio sulla testa Draco Malfoy aprì la porta ancora prima che il padre avesse modo di bussare.

 

-Andiamo padre- Furono le sue uniche parole, quasi del tutto sicuro che l’uomo accanto a lui non riuscisse a sentirle dato i cappucci che coprivano il volto di entrambi.

 

-E’ ora Draco- Disse infatti quello, in ciò che sarebbe potuto sembrare un inizio di conversazione –La cerimonia sta per iniziare. Presto sarai un Margiamorte-

Padre e figlio scesero le scale, ed uscirono di casa sotto l’occhio vigile di Narcissa Black.

 

-Come arriveremo al raduno padre?-Chiese il ragazzo incappucciato.

 

-A piedi Draco, ci sarà una passaporta qui vicino-

 

Draco sospirò, almeno camminando forse il brivido che aveva alle gambe sarebbe passato. Un’ unica domanda sorgeva nella mente del ragazzo. Cosa sarebbe successo di lì a poco? Il suo piano sarebbe risultato vincente? Si maledì in silenzio per non esser riuscito a leggere l’ultima carta, che avrebbe risposto a questo dubbio atroce. Praticamente niente era cambiato da tre ore prima: Ancora non sapeva se pensare che sarebbe morto moralmente dopo il rito del marchio, dopo il quale la sua volontà sarebbe svanita e  avrebbe vissuto per tutta la vita sotto un incantesimo Imperius, sotto il libero arbitrio del Lord Oscuro,  o che la sua esistenza si sarebbe conclusa in modo rapido con un bell’Avada Kedavra a opera di uno dei Mangiamorte, nel caso si fosse opposto al rito di iniziazione. Non sapeva quale delle due opzioni preferire. Un dubbio continuo, come un martellare incessante nella sua mente, lo zittì per tutto il viaggio. Quella che agli occhi del padre poteva sembrare concentrazione altro non era che il ragionamento più inconcludente che il figlio avesse mai formulato. Se erano davvero le due opzioni sopraccitate a nascondersi dietro le due porte del suo destino, allora non aveva proprio scampo. Era un uomo morto. A labbra strette sospirò un’impercettibile “Chiamalo un presentimento…”

Nella tasca dei pantaloni, la Morte fissava truce un pezzo di pergamena con su disegnato un giovanotto affiancato da due figure femminili. Sesta carta degli arcani maggiori.

Gli amanti.

 

Fine primo capitolo.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Stupendomi…

Stupendomi…

 

Draco Malfoy deve morire.

Chiamalo un presentimento…( Seconda parte )

 

Con uno sbadiglio più forte del dovuto Harry Potter, schiena contro un albero e seduto sull’erba, fece capire ai suoi compagni di essersi finalmente svegliato. Alzò un sopracciglio incuriosito mentre quattro persone lo guardavano inviperite, facendogli segno di stare zitto. Era passata un’altra ora e ancora non si vedeva niente. Rendendosi conto che, anche volendo, non si sarebbe più addormentato –ormai aveva superato di molto le ore di sonno che un diciassettenne era solito fare- incominciò a maledirsi in silenzio per aver voluto fare “esperienza sul campo”. Se una caccia ai mangiamorte per gli Auror equivaleva a stare quattro ore nascosti nel folto della foresta proibita a spiare qualcosa che non era ancora arrivato senza poter neanche mangiare o parlare, allora non era più sicuro di voler diventare uno di loro. Non che all’improvviso disprezzasse quel lavoro ma, per Merlino, si aspettava qualcosa di vagamente più eccitante!

Eppure gli altri sembravano completamente presi dalla situazione e, nel più completo silenzio, si preparavano ad agire scambiandosi fra loro piccoli cenni della testa e delle mani. Davanti ad Harry Potter, il bambino sopravvissuto alla maledizione senza perdono di Voldemort, c’erano due Auror, una spia e un Licantropo. Nel medesimo ordine, Sirius Black, Malocchio Moody, Severus Piton e Remus Lupin.

Sistemandosi meglio contro il tronco e afferrando dallo zaino un panino clandestino, Harry Potter si chiedeva come ammazzare il tempo. Se fosse rimasto al numero 12 di Grimmauld Place con Hermione e Ron si sarebbe di certo divertito di più, avrebbe passato la sera con i suoi due migliori amici a giocare agli Scacchi Magici, immaginando la battaglia che gli Auror stavano combattendo. Sbuffò. Che battaglia e battaglia, oh se Godric non sapeva quanto ne aveva le palle piene di aspettare che i Mangiamorte gli facessero la concessione di presentarsi. Se solo avesse saputo come farlo si sarebbe smaterializzato immediatamente a Grimmauld Place!

Ancora con un velo di sonno sugli occhi, Harry Potter sospirò. Il numero 12 di Grimmauld Place, ancora non riusciva a dire “Casa”. Perché si, colui che aveva sconfitto Voldemort alla tenera età di un anno, adesso viveva a Londra con il suo padrino. Sirius Black, noto anche come “il prigioniero di Azkaban”, o meglio come colui che era inspiegabilmente evaso dalla prigione dei Maghi, era stato finalmente scagionato e, con le scuse ufficiali del mondo magico, aveva messo la parola fine ai suoi giorni da galeotto ricostruendosi una vita insieme al suo figlioccio. Harry sapeva di dover ringraziare Silente per questo, era lui che aveva organizzato tutto. Ancora ricordava il giorno dell’udienza in tribunale, quando il Preside della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts aveva proposto la prova del Veritaserum. Sotto l’effetto della pozione Sirius, Remus e Harry stesso avevano dichiarato cosa era veramente successo quella notte, quando il giovane Potter aveva appena concluso il suo terzo anno di lezioni e, con le testimonianze aggiuntive di Hermione, Ron, Silente e di un riluttante quanto inaspettato Piton, avevano dimostrato l’innocenza di Black rendendolo finalmente libero. Naturalmente avevano evitato i particolari dell’evasione da Azkaban e poi dalla scuola, chiedendo direttamente a Cornelius Caramell che annullasse le domande concernenti all’argomento. In fondo erano importanti solo relativamente e la versione dei fatti di tutti i testimoni bastava già da sola a far vergognare l’intera aula per l’ingiustizia che era stata commessa, tanto da far sperare a giudici, giurati e spettatori che l’inchiesta finisse al più presto, con un risultato o con l’altro. E, se per far smettere di sputare sentenze a Sirius Black bisognava dargli la libertà, questo e altro gli sarebbe stato dato.

Il suo padrino aveva finalmente avuto la vendetta a cui tanto aveva agognato, e lui stesso aveva potuto abbandonare la casa dei suoi odiati zii, come per anni aveva desiderato invano. Cosa si poteva volere di più dalla vita?

All’improvviso il sorriso di Harry svanì dal suo volto e, chiudendo gli occhi, sospirò vagamente sconsolato. Per essere felice doveva chiedere alla vita ancora un’ultima cosa: gli mancava l’amore. E’ vero, Sirius era per lui come un padre, come Remus d'altronde, e aveva Ron ed Hermione che si sarebbero gettati nel fuoco per lui, per renderlo felice. Eppure non bastava.

Harry voleva qualcuno da amare e da cui essere ricambiato. Ma non un qualcuno a caso, ma un qualcuno biondo, con gli occhi azzurro grigi, un fisico mozzafiato e un carattere di merda. Harry Potter voleva Draco, Draco Malfoy, la sua Nemesi, il suo nemico più acerrimo dopo Voldemort. Era stato difficile accettarlo, soprattutto i primi tempi quando, a scuola, doveva convivere con l’esasperante pensiero che il ragazzo per cui aveva una cotta stratosferica venisse a sfotterlo con gli amici Slytherin, ma adesso, con il senno di poi e sentendosi vagamente più maturo, aveva imparato a convivere con questi suoi…come chiamarli? Sentimenti…No, meglio di no, desideri!

A nessuno aveva detto dei suoi recenti –ma neanche tanto-  “desideri” e a chiunque chiedesse del suo stato amoroso rispondeva sinceramente dicendo che c’era una persona per cui nutriva un certo interesse, ma non aveva la minima intenzione di dichiararsi. Né una parola di più, né una di meno. Ridacchiò pensando ad un vecchi telefilm babbano che sua zia Petunia vedeva…Come si chiamava? “Un medimago in famiglia”? No no, “Un medico in famiglia”! C’era un certo tizio che diceva sempre “Perché una parola è troppo, e due sono poche!” Ecco, lui pensava la stessissima cosa! Il prossimo anno scolastico sarebbe stato l’ultimo ad Hogwarts e lui lo avrebbe affrontato prontamente, non lasciando trasparire i suoi “desideri” e comportandosi normalmente con Malfoy, sperando che, anche se in una rissa, le mani di lui toccassero il suo corpo.

Perché, se esisteva una cosa che Harry adorava della sua nemesi, erano le mani. Bianche come il latte, pallide, perfettamente curate, con le unghie tutte perfette e pulite. Sottili, morbide, con l’assenza di alcun segno del tempo e dello sforzo. Immancabilmente l’occhio cadde sulle sue di mani. Polpastrelli duri e leggeri calli all’attaccatura delle dita dovuti all’attrito con il legno della bacchetta durante i duelli. E invece le mani di Malfoy erano perfette…

Cercando di destarsi da questi pensieri si diede del malato mentale. Di un figo come Malfoy come faceva ad essere attratto dalle sue mani? Che fosse una specie di maniaco? Aveva sentito parlare di persone che avevano una mania per i piedi altrui, i feticisti…che fosse diventato un feticista delle mani? Un manicista? Fortunatamente a interrompere queste macabre riflessioni sopraggiunse Malocchio Moody, che lo scrollò per le spalle per svegliarlo meglio e gli indicò un punto dove guardare. Il moro inforcò gli occhiali, appoggiati sull’erba fino ad allora, e strizzò gli occhi. Gli ci volle poco a capire cosa stava succedendo: Figure avvolte in vesti nere e incappucciate si avvicinavano al centro della foresta, dove diversi alberi erano stati in precedenza tagliati.

Uno, due, cinque, dodici, ventisei, ma quanti erano?

 

-Sirius, cazzo, sono troppi!- Disse una voce di fianco a lui. Era stato Remus a parlare.

 

-Cosa c’è Lunastorta? Paura?-

 

-Mai Felpato, mai. Ma fattelo dire…Per essere il migliore amico dell’uomo, sei troppo acido!-

 

Harry soffocò una risata mentre Black mormorava qualcosa simile a “lupaccio bastardo”. Malocchio Moody li zittì all’istante puntando gli occhi su di loro. Harry pensò che avrebbe potuto risparmiarsi quella performance, l’occhio magico bastava e avanzava a far venire i brividi a chiunque. Cercando di non ripensare a quando il caro Auror puntava la vista verso l’interno di se stesso – spettacolo alquanto raccapricciante soprattutto dopo i pasti- Potter cercò di concentrarsi su ciò che facevano i mangiamorte. Gli incappucciati si erano riuniti in cerchio e sembravano aspettare qualcosa, o meglio qualcuno. Il dubbio sorse spontaneo e lo rivolse al padrino, che di tutti era quello più vicino a lui di posizione.

 

-Che stiano attendendo Voldemort?-

 

Con un piccolo ghigno l’uomo affianco a lui gli passo una mano sulla spalla attirandolo a se e dandogli un leggero scappellotto sulla nuca.

 

-No Harry, non credo. Voldemort è uno che comanda, non ce lo vedo a riunirsi con i suoi sottoposti. Ma, se va come dico io, oggi assisterai all’iniziazione di un mangiamorte.-

 

Harry deglutì sentendo finalmente arrivare un po’ di quella sana eccitazione che dovrebbe accompagnare ogni Auror nelle sue battaglie. Vide il padrino parlare a bassa voce con i compagni e intuì che anche gli altri avessero capito a che genere di evento stavano per presenziare. Fu questione di un attimo, al centro del cerchi di figure incappucciate comparvero due mangiamorte, e l’attenzione di tutti fu su di loro: uno era molto alto e l’altro più modesto di statura, un po’ più basso di Harry stesso. Mentalmente lo classificò come il più giovane di tutti i presenti.

Quello che Harry riuscì a capire di tutta la serata fu molto poco. Uno dei due arrivarti, quello più basso, si era posizionato su ciò che restava di un tronco tagliato e stava parlando in una lingua che non conosceva. Escludendo a prescindere il serpentese, di cui poteva considerarsi un indiscusso esperto, quello strano modo di parlare gli sembrava vagamente familiare, infatti riuscì ad afferrare due tre parole.

I due Auror si scambiarono un segno di assenso mentre Piton decretava che di sicuro era di ceppo indo-europeo.

 

-Ma sai quanto ce ne frega?-Disse acido Moody che, come Harry e tutti i presenti sapevano, non riusciva ancora a fidarsi di Severus e non perdeva occasione per ricordare a chicchessia la sua vecchia devozione a Voldemort.

 

-Capra ignorante- Rispose brusco Severus decidendo mentalmente di prestare attenzione all’iniziazione più che a quell’Auror fuori di testa.

 

Anche il resto del gruppo cessò i mormorii e prese ad ascoltare la conversazione. Il secondo mangiamorte arrivato stava rivolgendo delle domande a quello che aveva smesso di parlare e quest’ultimo, con tono basso e strascicato, rispondeva lentamente scandendo l’inizio delle parole e lasciando il resto in un sussurro.

Quando quella specie di conversazione indecifrabile finì venne acceso un fuoco magico, di colore rosso violaceo, abbastanza alto da poter sembrare un falò estivo. In malo modo uno dei mangiamorte spingeva verso le fiamme quello che aveva parlato. Questo si alzò il braccio sinistro della tunica mostrando la pelle candida.

 

-Il Marchio- Sussurrò Remus abbastanza forte da farsi sentire dagli altri. –dovremmo andare!-

 

-Non se ne parla minimamente Lupin, usa quel cervello che dici di avere! Se aspettiamo la fine della cerimonia ne prendiamo uno in più, con il marchio ancora fresco sulla pelle!-

 

Harry guardò Moody con profondo rispetto: Lui, come Lupin, avrebbe agito sul momento, sbagliando. Aveva molto da imparare come Auror ma, in fondo, per i suoi diciassette anni aveva già visto cose di cui potersi vantare per secoli.

Volse per l’ennesima volta lo sguardo al quasi neo-mangiamorte. Lo incuriosiva, per quanto lo disprezzasse come ogni seguace di Voldemort. Fatto sta che, quando si accorse del modo in cui il Marchio Oscuro gli sarebbe stato impresso sull’avambraccio, ebbe pena di lui: A fuoco, con un ferro incandescente. Inconsciamente chiuse gli occhi quando sentì un grido: Subito pensò al ferro caldo sulla pelle e al bruciore che certamente procurava. Presto però dovette ricredersi. Quando aprì gli occhi, pronto a seguire i suoi compagni, notò che a terra c’era un mangiamorte e, di fianco a lui, quello giovane brandiva una bacchetta che puntava contro quelli che avrebbero dovuto essere i suoi compagni.

 

-Iter Nefas- Gridò questo e dalla punta dell’arma un sottile filo d’oro lo circondò.

 

Alcuni incappucciati cercarono di raggiungerlo ma si trovarono di fronte ad una barriera stregata al cui contatto venivano sopraffatti da un dolore immenso. Molti si gettarono a terra, mentre urla di sofferenza echeggiavano nell’ aria notturna.

 

-Ripeto, dovremmo agire!- Disse Remus attirandosi un’occhiataccia dall’Auror più anziano.

 

-E perché scusa? Quel tizio sta facendo il nostro lavoro!- sentenziò Moody portandosi alla bocca la sua fiaschetta.

 

-Io vado! Non ho la minima intenzione di prendermi il merito di un lurido mangiamorte.- Sbottò Sirius deciso e, senza aspettare gli altri, si lanciò nella mischia anche se immediatamente tutti lo seguirono.

 

Harry rimase lì, nascosto ai margini della foresta a guardare la sua prima battaglia di Auror. Fremeva per combattere anche lui ma se lo avesse fatto Sirius non si sarebbe più fidato di lui. “Patti chiari, amicizia lunga” gli aveva detto il padrino stringendogli la mano prima di arrivare nel bosco e lui, per quanto non accettasse quella posizione, non voleva per nulla al mondo deludere quello che ormai per lui era un genitore. Non capì molto di quello che successe nella mezz’ora successiva: di certo non era normale che un Mangiamorte attaccasse i suoi simili con le maledizioni oscure. Ammise con se stesso che quel tipo incappucciato se la cavava proprio bene, deciso di non rivelare a nessuno che quasi quasi iniziava a fare il tifo per lui. Anche Sirius, Remus, Piton e Moody stavano facendo un buon lavoro, aiutati da rinforzi di cui Harry non riuscì a visualizzare il punto di arrivo. A mano a mano il terreno si coprì di figure vestite di nero prive di coscienza. Eppure quel ragazzo continuava a combattere ancora, provando ad allontanarsi il più possibile. Stava cercando una via di fuga.

 Quasi senza pensarci il bambino sopravvissuto iniziò a muoversi cautamente ai bordi del bosco, inseguendo di nascosto quella che poteva essere la sua preda. Decisamente nel giro di dieci minuti la sua voglia di non contraddire il padrino era andata a farsi fottere per la felicità della sua nuova idea di stupire Sirius catturando “il fuggitivo”.

Quello che seguì di lì a poco, Harry non lo avrebbe dimenticato per molto molto tempo. Moody e Sirius, lasciati gli altri ad annientare gli ultimi mangiamorte, stavano cercando di raggiungere la preda di Harry che, avendoli scorti tutti e tre, aveva preso a correre bacchetta in mano. Moody, smaterializzandosi davanti al “fuggitivo” era riuscito a bloccarlo ma uno schiantesimo lanciato all’ultimo momento gli aveva fatto perdere l’equilibrio, già penalizzato dalla gamba di legno. Arrivati Lunastorta e Piton, il fuggitivo si era girato per un secondo e aveva lanciato un incantesimo Impedimenta, seguito quasi contemporaneamente da un Reductor, facendo perdere loro molta strada. Il peggio però arrivò quando lui stesso ebbe la fantastica idea di mostrarsi al mangiamorte cercando di prenderlo di sorpresa. Il tutto non fu invano, anche se si beccò un Imperius semplice ma efficace alle gambe che inspiegabilmente non ressero più il suo peso costringendolo a fermarsi, infatti Sirius fece capire di aver perso la pazienza. Un neo-mangiamorte non poteva battere la sua squadra migliore, ma soprattutto non poteva far male alle persone più importanti della sua vita: Harry e Remus.

L’animagus lanciò un incantesimo sul terreno che cedette facendo incastrare la gamba del fuggitivo. Di lì alla fine il passo fu veloce: dalla bocca di Sirius uscirono due semplici parole, parole di morte. Avada Kedavra. Il mangiamorte si coprì il volto con le mani ed Harry, che a stento camminava, capì tutto troppo tardi. Quelle mani che per mesi aveva sognato erano lì, di fronte a lui, a coprire il viso di una persona che non aveva riconosciuto in tempo. Il neo-mangiamorte, il fuggitivo, era Draco Malfoy. E stava morendo. Senza neanche pensare Potter lanciò un incantesimo verso il suo padrino, o meglio verso la bacchetta di quest’ultimo. Expelliarmus.

Il fascio di luce verde, troppo vicino, nonostante tutto centrò esattamente il petto dell’incappucciato che cadde a terra con un leggero tonfo.

 

-Ma che cazzo fai Harry!- Gridò Sirius con rabbia pura negli occhi.

 

-Quello non era un mangiamorte, gente- Disse con voce ferma e occhi puntati verso i compagni –Quello era un ragazzo di diciassette anni. Quello era Draco Malfoy-

 

L’espressione del viso di Remus, Piton e Moody – di cui i primi due si erano appena liberati della maledizione con l’aiuto dell’ultimo- non l’avrebbe dimenticata mai. Tutti e tre conoscevano Malfoy, anche se in modo diverso, ed Harry si rese conto di non aver mai visto Piton con l’aria così triste. Sirius invece non disse niente, neanche una parola, e il suo volto non subì alcun cambiamento.

A conferma di ciò che il figlioccio aveva detto, si avvicinò al mangiamorte e gli tolse il cappuccio: Occhi chiusi, capelli biondi scomposti e pelle diafana. Davanti a loro il corpo senza vita di Draco Malfoy, con le braccia ancora serrate in una croce a coprire il volto e la bacchetta stretta nella mano destra.

L’Animagus lo prese delicatamente in braccio, attento a non stringerlo troppo e, senza degnare nessuno di un’occhiata, si smaterializzò al numero 12 di Grimmauld Place.

 

Fine Secondo Capitolo

 

 

 

Ringrazio Copilote, Sammy Malfoy, miss black, mistica, moon89, Sabryyy, Michelle Malfoy e  impossible dream*per i commenti. Non vi ho fatto aspettare troppo per il secondo capitolo…vero?

Qualche piccola risposta:

Miki_TR: conquistata??? Miii, grazie! Sei molto gentile…non ti piace Malfoy, hai detto? Beh, a me non piace Harry! Comunque per la tua felicità Draco ne passerà di brutte per questo avrai modo di divertirti. ^___^ Grazie

Agartha: ma il nick viene da quello Agartha e la Sfida dei Cinque? E’ il mio libro preferito!!!! Ok ok, passo alle cose serie! Sei esagerata, non sono così brava a descrivere come dici tu…ma cosa mi dici mai! (versione topo gigia)

Sere: ho cercato di seguire il tuo consiglio anche se è la prima-anzi seconda-volta che uso l’html e non so dove andare a parare. Un giorno qualcuno mi spiegherà perché devo usare questa cosa…io sono “ignorante” con computer!!!!! Ami Draco? Anche tu? Dammi il cinque collega!

Jackie Hooker: promettente io? ^////^ Mi mettete in imbarazzo. Sono felice che ti piaccia l’idea dei tarocchi, la sto sviluppando ancora. E pensare che all’inizio non erano previsti…

Kia91: non dire così!!!! Mi metti l’ansia addosso…^_^ Comunque grazie

Myriam Malfoy: ehm…beh, ma sai, con il laser adesso si possono togliere i tatuaggi. Su su, non disperare…al massimo gli mettiamo sulla pelle un casino di correttore e vediamo se sparisce ok? ^_^’Oppure possiamo provare con il “Gratta e netta”!

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


13° arcano maggiore, la Morte (Parte prima)

13° arcano maggiore, la Morte (Parte prima)

 

La morte: parte grafica.

E’ l’unico arcano senza nome nella versione originale.Mostra una figura in parte scheletrica intenta a lavorare con una falce in un campo di erba scura disseminato di testa e membra. Da notare che una delle teste è incoronata e che la figura ha un piede mozzato.

 

Al numero 12 di Grimmauld Place, da pochi conosciuto anche come sede dell’Ordine della Fenice, non vi fu mai nottata più strana. La quiete di tutti i suoi inquilini, impegnati nelle abituali attività serali, venne spezzata dalla materializzazione di Sirius nel salotto. Al “ciao” di gruppo dei ragazzi della casa, troppo impegnati a giocare –e ad assistere- a quella che si prospettava come la partita a scacchi magici più combattuta del secolo per soffermarsi a guardare il nuovo arrivato, seguì l’urlo di Ginny, che aveva alzato leggermente la testa quel quanto che le era servito per scorgere le braccia di Sirius cercare di mantenere il corpo immobile di un ragazzo avvolto in una lunga veste nera.

Il suo primo pensiero, che non mancò di urlare a squarciagola in modo che tutta la casa la sentisse, fu -Oh mio Dio! Cosa è successo ad Harry?-

In men che non si dica tutta la popolazione del numero 12 di Grimmauld Place si era riunita in salotto: i coniugi Weasley con i figli ancora studenti, Ninfadora Tonks, Hermione Granger e, appena materializzati, Alastor Moody, Severus Piton, Remus Lupin e Harry Potter. Il tutto senza contare i soggetti raffigurati nei quadri della casa, tutti stretti a curiosare attraverso il vetro di una piccola cornice da fotografia appoggiata sulla mensola vicino al camino spento. Appena resisi conto che Harry era vivo e vegeto davanti a loro, anche se mantenuto da Remus e Piton vista l’improvvisa immobilità delle gambe, tutti gli occhi puntarono su Sirius e sul corpo che manteneva ancora tra le braccia. L’Animagus, tornato bruscamente alla realtà, diede ordine ad Hermione e Ron –i più vicini- di sgomberare velocemente il tavolo, dato che le sue braccia erano momentaneamente occupate. Nessuno dei due osò obiettare l’interruzione della partita a scacchi –di cui entrambi erano sicuri della propria vittoria-: in quel momento Sirius Black sembrava una persona diversa, con gli occhi spalancati e i lunghi capelli scarmigliati. Quella stessa aria infelice e afflitta dei tempi della detenzione ad Azkaban, sembrava rivivere sul suo volto, più forte e più presente che mai. Appena l’operazione fu terminata Black poggiò cautamente sulla superficie fredda del tavolo il corpo del ragazzo che, alla luce della stanza, si rivelò come Draco Malfoy.

Fu di nuovo la piccola Weasley a dar voce ai pensieri di tutti i presenti.

 

-Perché è qui? Cosa…Cosa gli è accaduto?-

 

-Le spiegazioni a dopo Ginny- fu l’unica, laconica risposta che le venne concessa da Sirius –Scusa la fretta ma ho da stabilire se davanti a me c’è un cadavere o qualcos’altro!-

 

Molto delicatamente, il guaritore raffazzonato sciolse le braccia ancora serrate a croce di Draco e iniziò ad allentare i fili che legavano il mantello del ragazzo, in modo che potesse respirare più agevolmente. I muscoli del ragazzo si rilassarono all’istante e, dalla mano destra, cadde sul pavimento la sua bacchetta. Fu Severus Piton a riprenderla squadrandone, con occhio indagatore, la punta che emanava un bagliore verdastro appena percettibile.

 

-Non dovremmo portarlo a San Mungo?- Chiese Tonks avvicinandosi al presunto cadavere-Qui non possiamo fare niente per lui…-

 

Ma Black non l’ascoltava, intento com’era a tastare il polso di Malfoy. Non riuscendo a sentire niente gli poggiò due dita all’inizio del collo e chiuse gli occhi. Gli ci volle un minuto buono per avvertire quel debole, aritmico battere interno, unico segnale che il cuore del ragazzo davanti a lui sembrava ancora funzionare decentemente.

 

-Respira- Concluse poi, rendendo gli altri partecipi del risultato di quella che per fortuna, sembrava non essere risultata un’autopsia – E il cuore sembrerebbe a posto…-

 

-L’unica domanda da porci è…“Per quanto tempo ancora?”- Sentenziò Moody.

 

-Forse è il caso che uno di voi ci dia qualche spiegazione…- Ingiunse Arthur Weasley che, come gli altri, sentiva gravare sulle spalle il peso dell’ignorare gli avvenimenti accaduti quella notte. –Chi ha ridotto così questo povero ragazzo?-

 

-Mangiamorte… Carogne!- Giudicò in torto Molly, giunta a causa del silenzio ad una conclusione errata.

 

-No Molly!-La corresse Sirius posando lo sguardo su di lei e poi su tutti i presenti, che notarono immediatamente il pallore del suo volto –Non è stata opera dei Mangiamorte, anche se ci hanno provato. Sono stato io. Gli ho lanciato contro un Avada Kedavra. E, se vi chiedete perché non è morto, sappiate che io non so rispondervi. Adesso andate… Tutti… Devo parlare da solo con Severus-

 

Nessuno nella casa osò contraddire l’ordine di Sirius. Leggere nei suoi occhi la disperazione, aveva convinto tutti a sparire, coscienti del fatto che non potevano fare niente per aiutare. Una sola persona non interpellata restò nel salotto, guadagnandosi un angolo della stanza: Harry Potter, colui che aveva salvato la vita che il suo padrino stava per distruggere. Al professore di pozioni, contrario alla sua presenza, riuscì a ricambiare solo uno sguardo di odio profondo, facendogli capire che non avrebbe fiatato.

 

-Cosa facciamo?- Chiese celere Sirius, reclinando la testa verso il ragazzo privo di sensi.

 

-Noi non facciamo niente- Fu l’altrettanto rapida risposta di Piton –Qui bisogna vedere cosa vuoi fare tu e cosa voglio fare io… E poi decidere chi avrà la meglio!-

 

Harry trasalì, facendosi immediatamente attento e velocemente si rese conto del problema principale della questione: La versione dei fatti da fornire. Sirius rischiava grosso, aveva utilizzato una maledizione senza perdono su un minorenne e il misfatto l’avrebbe senz’altro riconsegnato ad Azkaban. La sola via di fuga era costituita dal fatto che la legge in merito sanciva che gli Auror potessero avvalersi di pratiche di magia oscura contro Tu-sai-chi e i suoi seguaci, in quanto considerati il pericolo numero uno del Mondo magico. Perciò il padrino di Harry si sarebbe salvato a patto che qualcuno dimostrasse che Draco era un Mangiamorte, e tecnicamente quest’ultimo rientrava nella categoria in quanto Moody ed Harry potevano testimoniare che stasera vi era stata la sua iniziazione. Anche nel caso in cui il giudice avesse giudicato Malfoy non completamente come un Mangiamorte, non avrebbe potuto fare a meno di pensare comunque a lui come un sostenitore del Lord Oscuro, e perciò colpevole.

 

-Fammi capire bene Sirius… A che gioco stai giocando?- Fu la domanda perentoria di Piton.

 

-A nessuno Severus. Io non so se il ragazzo sia un mangiamorte o no,  e perciò non posso giudicarlo. Era lì, è vero, ma stava scappando e ha soppresso una buona parte di quelli che dovevano essere i suoi alleati. E poi… -

 

-Stavi per ucciderlo e ti senti in debito con lui!- Concluse Piton, chiudendo gli occhi e lasciandosi cadere su una poltrona, esasperato.

 

-No, non è così!- Ribatté immediatamente Black, sedendosi anche lui.

 

-Come vuoi… Come vuoi… In definitiva tu tieni a non far finire ad Azkaban Draco, no? Se ho capito bene credo proprio che, per la prima volta nella vita, ci troviamo dalla stessa parte.-

 

-Perché vuoi aiutarlo?- Chiese l’Animagus.

 

-Tu hai i tuoi motivi segreti e io i miei… E poi ti sembra il caso di perdere tempo così? Ci resta ancora da decidere cosa fare. Tutte le prove portano alla colpevolezza di Malfoy e, anche se ce la volessimo cavare con poco, non ci riusciremmo. Ha aggredito due Auror, una spia e un collaboratore dell’Ordine della Fenice ma, cosa ben più grave,  ha utilizzato sul tuo figlioccio e su buona parte dei Mangiamorte delle Maledizioni senza Perdono che non dovrebbe neanche saper adoperare. E, non so se hai notato l’Iter Nefas: E’ quel genere di incantesimo che si trova solo sui libri proibiti…-

 

-Arriva al sodo!- Gli ingiunse, Sirius, spazientito da tutti quegli inutili giri di parole.

 

-Caramell, insieme alla giuria, lo valuterà un soggetto a rischio, potenzialmente pericoloso. Se poi consideriamo che non si può svicolare sul fatto che fosse lì alla sua iniziazione…-

Il silenzio calò nella stanza. Per Draco non c’era scampo, sarebbe finito ad Azkaban. Harry spostò lo sguardo dalle stringhe delle sue scarpe al volto del padrino, cercando quegli occhi pieni di sconforto che prima aveva mostrato a tutti e che, in quel momento, gli avrebbero dato la prova inconfutabile della fine della libertà del suo tanto desiderato Serpeverde. Rimase interdetto quando non li trovò più: Sirius si era alzato e, con un ghigno divertito, si era avvicinato a grandi passi al corpo di Draco.

Prima di parlare gli passò una mano fra i capelli biondi e scomposti, aggiustandoglieli alla meglio.

 

-Forse ho avuto un’idea, Severus… -Si fermò a prendere fiato, prima di continuare –Non posso dimostrare che Draco sia innocente ma posso farlo diventare da soggetto potenzialmente pericoloso a soggetto potenzialmente utile!-

***

Lentamente si rese conto di non saper definire come si sentiva. L’unica cosa che sapeva per certo era che non era morto e che non stava dormendo come tutti pensavano. Lui, Draco Malfoy, si era svegliato dopo aver sentito un urlo lanciato probabilmente da una ragazza e, da qual momento, aveva ascoltato ogni voce e rumore. Il tutto in cognizione delle sue precarie condizioni fisiche. Non riusciva ad aprire gli occhi, gli sembrava di elaborare ciò che le sue orecchie udivano in tempi troppo lunghi per essere naturali, faticava a pensare e non riusciva a muovere un solo muscolo. Immaginò che quella fosse la conseguenza del mancato Avada Kedavra. All’ultimo momento aveva sentito un urlo e qualcuno, probabilmente un mangiamorte, aveva disarmato l’Auror che gli aveva appena lanciato la maledizione di sonno eterno. Prontamente lui aveva ricorso ad un incantesimo di scudo, per potersi salvare dall’incanto, che a causa dell’interruzione non era più a piena forza. Ed eccolo lì adesso, mentre non riusciva a capire cosa avesse il suo corpo. Era stanco, terribilmente stanco ma al corrente che addormentarsi in una situazione delicata come la sua, avrebbe comportato il rischio di non svegliarsi mai più. Da un punto di vista poteva essere una buona soluzione, se considerato come un modo per porre fine a quella situazione di impotenza completa, ma non poteva permettersi di lasciarsi andare già adesso, quando ancora non sapeva cosa poteva essere della sua vita. Degli spezzoni di discorso che aveva udito in precedenza con molta difficoltà, e da cui aveva riconosciuto la voce di Severus Piton, era arrivato alla conclusione che non tutto era perduto ma, in tutta sincerità, aveva capito ben poco di quello che si erano detti, un po’ per la difficoltà di comprendere parole che gli arrivavano in ritardo e che irrimediabilmente si accavallavano l’una sull’altra, sia perché, dopo un po’, si era accorto che le voci avevano iniziato ad affievolirsi. Nel giro di pochi minuti aveva smesso anche di udire. Di questo passo si chiese quanto tempo sarebbe passato prima che i suoi polmoni cedessero a quell’insistente sensazione di sonno, decretando la sua fine. Ah, nella fatica di rimanere cosciente si era perfino dimenticato che stava letteralmente morendo dal freddo e che, se solo ne avesse avuto la forza, il suo corpo avrebbe preso a tremare piuttosto visibilmente. L’ultima sensazione di calore che ricordava erano due braccia forti che, più o meno un quanto d’ora prima, lo avevano sollevato da quella superficie dura su cui era stato steso prima, deponendolo su quello che ai suoi deboli come non mai sensi sembrava un letto. Due braccia che, come gli piaceva pensare, erano quelle di suo padre. Sapeva in cuor suo che era una cosa assai improbabile, soprattutto visto che con i suoi occhi lo aveva osservato cadere nella trappola dell’Iter Nefas, ma era un pensiero dolce con cui cullarsi, cercando di riprendere le forze. Dopo circa mezz’ora riuscì ad aprire gli occhi, in quella che gli parve un’infinità riacquistò un utilizzo piuttosto instabile delle gambe. Dopo qualche ora si ritrovò in posizione verticale, ad aggrapparsi con le deboli mani al muro. Un solo pensiero aveva in testa: Scoprire cosa stava succedendo. Tremante avanzò verso la porta, impaziente d’aprirla. Per sua sfortuna non udì dei passi salire le scale ed avvicinarsi a lui. In poco più di un attimo si ritrovò sostenuto da braccia che riconobbe come quelle che lo avevano portato fino a lì. Aveva perso l’equilibrio ed attirato dal rumore, un uomo era accorso alla porta mantenendolo in tempo, prima che cadesse. Adesso che aveva gli occhi aperti, Draco vide finalmente il volto della persona che aveva scambiato per suo padre, collegandolo con quello che appariva sui manifesti di Hogsmeade durante il suo terzo, quarto e quinto anno ad Hogwarts. Davanti a lui, che lo sosteneva osservandolo con uno sguardo indecifrabile, c’era Sirius Black, ex-detenuto ad Azkaban, ex fuggitivo e attuale Auror. Probabilmente fra quelli che lo avevano inseguito c’era anche lui, nella sua mente Malfoy si diede dello stupido per averlo collegato al padre. Sirius lo ricondusse sul letto, dove lo fece sedere e, riprendendo un po’ le distanze, decise che era il momento di agire.

 

-Posso darti del tu Draco?- Chiese, cercando di essere più gentile possibile.

 

Il ragazzo rinunciò, guardandolo torvo. Non lo sentiva, non riusciva a udire la sua voce. E, se era per questo, non  riusciva neanche più a muovere le gambe. La stanchezza stava tornando, e questa volta non sapeva se sarebbe riuscito a resistervi. Ebbe paura, per la seconda volta in quella sera. Maledisse mentalmente il suo destino, i tarocchi che non era riuscito a consultare, i Mangiamorte e il Lord Oscuro stesso. Dalla sua bocca uscirono tre semplici parole.

 

-Uccidimi, ti prego…- Disse con voce rotta dallo sforzo. Black non si mosse, non disse niente, continuando a guardarlo. Draco non riusciva a sopportare oltre.

 

-Uccidi il…Mangiamorte- Disse con le ultime forze che gli restavano.

 

Sirius notò il pallore del ragazzo diventare maggiore e gli si avvicinò. Quando lo alzò per scrollarlo meglio per le spalle, Draco gli si appoggiò addosso e chiuse gli occhi.

Sirius lo prese piano in braccio, deciso a portarlo al San Mungo, sperando che non fosse troppo tardi. Senza che se ne rendesse conto, parlò dando voce a quello che aveva in mente confidando che Draco potesse sentirlo.

 

-Tu non sei un Mangiamorte Malfoy, non sei niente, ma presto ti trasformerò in un Auror degno di questo nome!-

 

 

 

Rispondo ai commenti:

 

Miki_TR: tu non sai quanto mi fa piacere vedere che qualcuno comprende la difficoltà di descrivere azioni su azioni senza far perdere il “tono” della storia e sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto. Grazie per i complimenti…anche se forse esageri, non sono così brava. Diciamo che ce la metto tutta ok? E se il mio lavoro piace sono contenta!^_^

 

Copilote: E’ vero, “un medico in famiglia” non è certo un programma inglese e perciò il riferimento non è credibile. Ma, a mia scusa, posso dire che ho usato questa “parentesi” per uno scopo ben preciso, anche se non avevo pensato a questa cosa del riscontro “italiano-inglese”. L’utilizzazione di questa piccola “parentesi” va a delineare, seppur in minima parte, il carattere del personaggio Harry Potter. Avete visto nel primo capitolo i pensieri di Draco, adesso avete quelli di Harry e si, c’è differenza. Draco è più formale, riflessivo, preciso nelle cose e attento. Harry no, nonostante stia pensando seriamente gli capita di divagare con le riflessioni e ciò non perché è stupido o superficiale –come mai potrebbe esserlo chi ha sconfitto Voldemort- ma perché fa parte del suo carattere, più solare e più giusto per la sua età rispetto a quello di Malfoy, totalmente sottomesso alle rigide regole dettate dalla famiglia e dal suo cognome. Vedendola sotto un’altra ottica ancora, questo “stacco” può essere definito come una “volontaria pausa”: harry sta pensando con serietà ma, di tanto in tanto, divaga uscendosene fuori con frasi divertenti ma nel complesso non inerenti allo scopo della riflessione. E’ un suo modo per svicolare la serietà della vita che molto lo ha messo alla prova, per conservare quel buonumore che gli conquista la lucidità di vedere le cose senza abbattersi. Mi sono spiegata? Quando mi dici di usare un tono più formale devo però darti torto, sempre per lo stesso motivo. Harry è un teenager, un quasi maggiorenne e dal modo in cui parla devono scaturire le sfumature del suo carattere e del suo modo di fare. Draco decisamente è più formale, ma se facessi anche Harry così i personaggi risulterebbero piatti. E poi…non era altro che una frase, o meglio una parola. “Quello non era un mangiamorte, gente” è la frase e potrei capire se magari utilizzasse “Questo non era un mangiamorte, ragazzi” che è per niente adatto. Dire gente mi sembrava giusto e assolutamente consono sia al resto del capitolo (cioè il modo in cui è scritto) sia al mio modo di vedere il personaggio. Poi naturalmente è una questione di gusti e di modo di parlare.^_^

 

M.: sono commossa…grazie T_T

 

Agartha: non è un libro bellissimo ma a me piace perché è il primo che ho letto. Sul momento non lo adorai affatto perché lo consideravo spazio-temporalmente poco riscontrabile e serio…cioè era ambientato nel presente ma io pensavo, e penso ancora adesso, che collocato nel passato avrebbe fatto la sua figura! Mi piace perché ha un valore affettivo…se lo vuoi leggere si chiama Agartha e la sfida dei cinque…è un libro per ragazzi!

 

Michelle Malfoy: ehm ehm…Draco è mio…ma ti perdono per questo momentaneo appropriamento di proprietà provata…non sai quello che dici! ^_^ Scherzo…che dici? Draco ce lo spacchiamo in due come un Kit Kat. Ehi Draco? Perché mi guardi così? Cosa ci fai con la mannaia in mano? ARGHHH Interruzione di collegamente…l’utente Eagle_chan non è al momento viva. Arrivederci!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=43493