200 QI + 15 bicchieri di sakè

di Lucy Farinelli
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una serata tra amici ***
Capitolo 2: *** I grandi ninja di Konoha ***
Capitolo 3: *** Il buongiorno si vede dal mattino ***
Capitolo 4: *** Kurenai ***
Capitolo 5: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Una serata tra amici ***



200
QI
+
15 bicchieri di sakè



1.
Una serata tra amici

Shikamaru Nara incrociò le braccia dietro la nuca e cercò di fare un calcolo approssimativo delle volte in cui si era recato in quel prato per stendersi e osservare placidamente le nuvole. Cento? Centocinquanta? In diciassette anni e mezzo di vita, quante volte era scappato dai suoi doveri e si era rifugiato in quel piccolo paradiso privato?
Bah, che seccatura.
Shikamaru lasciò perdere i conti e cercò una posizione più comoda sull’erba, indeciso se un particolare sbuffo bianco potesse assomigliare o meno ad un grosso rospo ciccione.
Era un tardo pomeriggio di metà aprile, un periodo relativamente tranquillo per il villaggio di Konoha, e Shikamaru aveva intenzione di approfittarne il più possibile, prima che i suoi impegni di chuunin e richieste di missioni tornassero a bussare prepotentemente alla sua porta.
Il cielo stava diventando sempre meno azzurro per sfumare su un blu più scuro e Shikamaru calcolò che di lì a mezz’ora al massimo sarebbe dovuto rientrare a casa. Chiuse gli occhi e sospirò, lasciando che l’aria frizzantina gli pizzicasse la gola.
“Shikamaru.”
Il ragazzo inarcò un sopracciglio e socchiuse un occhio.
“Choji.”
Il suo migliore amico gli sorrideva a testa in giù, la lunga matassa di capelli castani che incombeva su di lui.
“Ti cercavo,” disse Choji. “Volevo dirti che stasera andiamo al pub per una bevuta. Inoltre, tua madre, non sapendo dove venire a pescarti – sue testuali parole, mi manda a dirti che devi tornare a casa all’istante.”
Shikamaru aprì anche l’altro occhio. “Sì, sì. Grazie, ora vado.”
“Io mi sbrigherei se fossi in te,” commentò Choji, grattandosi pensieroso una guancia. “Era in cucina a inveire contro la nullafacenza dei Nara e non sembrava di buon umore.”
Shikamaru si alzò con un gemito: conosceva fin troppo bene le abitudini di sua madre.
“Dice che se non ti presenti subito alla sua porta, conoscerai il vero dolore.”
“Grazie, Choji. Ho capito.”
Shikamaru si spazzolò i vestiti scuri e si incamminò con l’amico verso casa, camminando accanto a lui con le mani in tasca e un filo d’erba tra le labbra, lanciando vaghe occhiate alle nuvole sopra le loro teste. Percorsero le scorciatoie di cui erano a conoscenza da una vita tra i viottoli di Konoha e, ben presto, raggiunsero la tenuta dei Nara.
“Ti fermi a cena?” chiese Shikamaru a Choji prima di entrare.
L’amico scosse la testa. “Anche mia madre mi aspetta. Ci vediamo dopo, d’accordo? Solito posto, solita ora.”
Shikamaru sorrise. “Alle nove da te.”
Mentre Choji si allontanava, Shikamaru gettò via il filo d’erba e, dopo aver guardato con nostalgia l’ultima nuvola per quel giorno, si rassegnò ad entrare in casa.
Shikamaru Nara.
Un sibilo lo placcò appena mise piede nell’ingresso.
“Mamma.”
Shikamaru alzò cauto lo sguardo per vedere sua madre che lo fulminava con le mani piazzate sui fianchi e un mestolo nella destra.
“Ti pare questa l’ora di tornare?” lo aggredì. “Dove sei stato? È da stamattina che sei in giro, si può sapere dove te ne vai tutto il giorno?”
“Fuori,” rispose Shikamaru a bassa voce.
L’espressione di Yoshino divenne omicida.
Fuori. Sei sempre fuori, tu! Per una volta che tu e tuo padre non siete impegnati in missioni suicide, non potreste passare un po’ più di tempo a casa? Sono fiera che mio marito e mio figlio siano due ninja della Foglia, ma ciò non toglie che io mi preoccupi costantemente per voi!”
Shikamaru sapeva che, quando sua madre era di quell’umore, era consigliabile non replicare e rimanere in assoluto silenzio, perciò abbandonò le braccia lungo i fianchi e chinò la testa, ascoltando senza fiatare la tirata inferocita di Yoshino, finchè la sua voce si spense e l’ingresso piombò in un silenzio innaturale. Solo allora, Shikamaru si azzardò a rialzare il capo, giusto in tempo per cogliere lo sguardo arcigno di sua madre.
“E adesso, levati le scarpe e vai a tavola con tuo padre, prima che la cena si freddi.”
Anche se dubitava fortemente della precisazione finale, Shikamaru si guardò bene dal dare voce ai suoi pensieri e obbedì senza fiatare.

“Vuoi una mano, Yoshino?” chiese Shikaku con espressione incerta, al termine della cena.
Sua moglie lo guardò malissimo, raccolse i piatti sporchi e li portò in cucina con un secco “No, grazie”.
Padre e figlio si scambiarono uno sguardo di intesa e si defilarono in salotto.
“Ma che diavolo le prende?” sbottò Shikamaru, socchiudendo i fusuma. “È più isterica del solito.”
“Nah, non è isterica,” borbottò Shikaku, sprofondando nel divano e accendendo la televisione. “Solo preoccupata. In più, credo sia in quel periodo del mese.”
“Per lei è sempre quel periodo del mese,” ribattè Shikamaru, appollaiandosi sul bracciolo della poltrona.
Suo padre ridacchiò. “Ti ha dato una bella strigliata, eh?”
“Di certo non può essere peggiore di quella che avrà dato anche a te,” replicò Shikamaru, incrociando le braccia sul petto e affilando lo sguardo.
Suo padre cambiava canale senza prestare molta attenzione allo schermo. “No, infatti.”
Sospirarono all’unisono, poi Shikamaru guardò l’orologio.
“Ci sarebbe un problema.”
“Hai un QI pari a 200.”
“Papà…”
“D’accordo, d’accordo. Cosa c’è?”
“Alle nove devo essere da Choji. Usciamo con gli altri.”
Shikaku girò finalmente la testa verso suo figlio e sgranò gli occhi.
“È stato bello conoscerti, figliolo. Pregherò davanti al tuo altare ogni giorno, te lo prometto.”
Papà!
“Ascolta, Shikamaru,” disse allora suo padre, mettendosi a sedere e posando gli avambracci coperti di rete sulle ginocchia. “Ormai sei grande, sei un uomo. Inoltre, sei un ninja della Foglia e appartieni al clan dei Nara e noi Nara non siamo dei codardi.”
Shikamaru attese il resto del discorso, inarcando sempre più il sopracciglio sinistro.
“Perciò vai di là e affronta tua madre da vero uomo.”
“Mentre tu te ne stai qui beato, ben al riparo dalla linea di fuoco.”
“Ovviamente.” Shikaku tornò a stendersi sul divano. “Sono io a dividere il letto con quella donna e domani mattina vorrei risvegliarmi ancora tutto intero – senza alcun pezzo mancante, non so se ci intendiamo.”
“Che seccatura.”
Shikamaru si alzò e camminò in silenzio fino all’ingresso, dove si rimise le scarpe e una maglia nera a collo alto sopra quella a rete che indossava già. Solo allora, già pronto alla fuga, osò chiamare Yoshino.
“Mamma! Vado da Choji, ci vediamo dopo!”
Yoshino comparve alla velocità della luce di fronte a lui.
“Esci? Di nuovo?” sibilò.
“Sì, ma – torno presto,” balbettò Shikamaru. “Davvero.”
Shikaku comparve inaspettatamente alle spalle di Yoshino, proprio mentre la donna apriva la bocca per rispondere.
“Yoshino, lascia stare Shikamaru,” intervenne a sorpresa suo padre con fare conciliante. “Non fa niente di male, dopotutto.”
Lo sguardo della donna vagò tra suo marito e suo figlio, il primo con un’espressione incoraggiante dipinta sul viso, il secondo in preda al terrore di un attacco improvviso.
“Bah!” sbottò, girando loro le spalle. “Uomini.”
“Muoviti, figliolo,” bisbigliò Shikaku a Shikamaru, facendogli l’occhiolino. “Prima che le sue maledizioni facciano effetto.”

“Certo che tua madre è proprio un tipo strano,” borbottò Choji.
Lui e Shikamaru stavano camminando con calma per le vie semideserte di Konoha, sotto le luci delle insegne dei negozi e dei lampioni.
“È la seccatura più seccante di tutte,” precisò Shikamaru. “Come lo possono essere solo le donne.”
“Eccolo che ricomincia,” rise Choji. “Il solito maschilista misogino. Ti consiglio di andarci piano con le generalizzazioni, non sai mai cosa potrebbe capitarti nella vita.”
“Lo sai che scherzo, Choji,” sorrise Shikamaru con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni. “Ma su mia madre sono serissimo. Di certo, non sposerò mai una donna come lei.”
Choji lo ignorò. “Guarda, sono già arrivati tutti!”
Shikamaru seguì lo sguardo dell’amico fino al pub dove si erano già radunati Naruto, Lee, Neji, Kiba e Shino, in attesa del loro arrivo.
“Bene, ci siamo tutti,” li accolse Naruto con impazienza. “Cominciamo.”
“Cominciamo cosa?” chiese sospettoso Shikamaru.
Neji si voltò verso Choji e i suoi occhi bianchi parvero infilzarlo da parte a parte. “Non gliel’hai detto! Mi sembrava strano che fosse venuto così tranquillamente!”
“Di che state parlando, tutti quanti?” domandò piccato Shikamaru mentre Choji sorrideva sornione e Neji scuoteva il capo.
“Andiamo, andiamo!”
Naruto li pungolò fin dentro il locale e scelse un posto nell’angolino più appartato che riuscì a trovare.
“Neji?” soffiò Shikamaru al compagno mentre sedevano fianco a fianco.
“Naruto ha appena avuto un’idea geniale per movimentare le nostre serate,” rispose atono Neji.
“E sarebbe?” Shikamaru stava già valutando le possibili vie di fuga.
“Ubriacarsi.”
Ok, era morto.
Shikamaru era un uomo morto. Se c’era una cosa che Yoshino non tollerava era vedere la gente completamente ubriaca.
“Non se ne parla.”
“A chi lo dici.” Neji si voltò verso di lui a labbra serrate.
“E allora perché sei qui?” gli chiese Shikamaru.
“Qualcuno dovrà pur tenerli d’occhio.”
“Allora!” esclamò Naruto, facendo sobbalzare mezzo locale. “Per chi si fosse appena sintonizzato, le regole sono molto semplici: dobbiamo bere quindici bicchieri di sakè a testa. Chi è più ubriaco, perde, e chi perde deve pagare il conto e fare penitenza. Lee è il nostro arbitro, dal momento che non può toccare una goccia di alcool.”
Rock Lee si esibì nella migliore delle sue Nice Guy Pose.
“Che idea stupida,” disse subito Neji. “Io non partecipo.”
“Concordo,” disse Shikamaru.
Si levò un coro di lamentele generali.
“Oh, andiamo,” disse Naruto, sporgendosi sul tavolo, affiancato da Kiba e Lee. “Non ditemi che avete paura. Che uomini siete, se non sapete reggere un po’ di sakè?”
“Uomini sani di mente,” puntualizzò Neji, posando la punta delle dita sul legno del piano.
“Senza una madre come la mia,” gli diede man forte Shikamaru.
A quelle parole, ridacchiarono tutti. Konoha intera conosceva la moglie di Shikaku Nara.
Dopo l’ammutinamento di Neji e Shikamaru, Lee diede inizio alla sfida e ordinò il primo giro per quattro sotto gli sguardi disgustati dei due reietti.
A favore dei partecipanti, bisogna dire che i primi tre o quattro bicchieri li ressero alla grande. Dopo il quinto, però, cominciarono a manifestarsi i primi segni di cedimento, come risatine e scoppi di violenza improvvisi, sedati in fretta da chi era ancora lucido.
Al settimo, Kiba improvvisò un valzer con Akamaru.
Al nono, Shino partì per inscenare uno strip-tease, ma venne prontamente bloccato da Neji e Lee.
Al dodicesimo, Choji cominciò a battere il ritmo sul tavolo e a cantare quella che, a suo modesto parere, era una serenata alla “bella e dolce Ino Yamanaka”.
Al quindicesimo bicchiere, Lee dichiarò chiusa la partita e stabilì che il perdente era Naruto: il ninja era steso supino sul tavolo e biascicava di rospi giganti appesi ad un carillon che ballavano seguendo la musica delle stelle.
Come penitenza, Choji, Shino, Kiba e Lee decisero che Naruto si sarebbe dovuto intrufolare nella stanza del maestro Kakashi e rubargli la serie completa de Il paradiso della pomiciata e lasciare al posto dei libri i suoi vestiti, poi sarebbe dovuto andare in mutande da Sakura per portarle il bottino.
Neji e Shikamaru, disgustati, li guardarono partire in pompa magna, senza avere il coraggio di seguirli. Dopo un’occhiata di intesa, se ne tornarono ognuno a casa propria.

“Gaara.”
L’onorevole Kazekage alzò la testa dal mucchio di documenti che aveva sparsi sul tavolo e fece cenno alla sorella di entrare nell’ufficio.
“È appena arrivata una comunicazione da Konoha da parte dell’Hokage,” disse Temari, tendendo il foglio al fratello. “Quegli ingredienti per i medicinali che avevamo richiesto tre settimane fa sono arrivati.”
“Molto bene,” rispose Gaara, restituendole il foglio. “Parti quando vuoi.”
Temari annuì e uscì fuori. Kankuro la aspettava dietro la porta.
“Cos’è quel sorrisetto da ebete che hai stampato sulla faccia, Temari?”
La ragazza gli sventolò il foglio di Tsunade davanti al viso. “Parto per il villaggio della Foglia.”
“Quando?” Kankuro afferrò il pezzo di carta e lo scorse velocemente.
“Adesso. I medicinali mi aspettano.”
Kankuro sollevò le sopracciglia e assunse un’aria scettica.
“Hai qualcosa da dire, fratellino?” gli chiese Temari, piazzandosi le mani sui fianchi e divaricando le gambe.
“Porta i miei saluti ai tuoi amici,” ridacchiò Kankuro, restituendole il foglio e allontanandosi nell’oscurità del corridoio. 


SPAZIO DELL'AUTRICE
Eccomi di ritorno con la mia prima Shikatema! Nata come one shot, è poi diventata una long (not-so-long) fic.
Che dire? Intanto, grazie a tutti coloro che hanno recensito Orochimaru's birthday, poi vi auguro buona lettura anche per questa storia. Spero abbiate voglia e pazienza di seguirmi in tanti.
Shikatema di tutto il mondo, uniamoci! ^^
Lucy Farinelli    
 
      

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Capitolo 2
*** I grandi ninja di Konoha ***


2.
I grandi ninja di Konoha

[One week later]

“Stamattina ho incontrato Kurenai al negozio di Ino,” disse Yoshino, portando in tavolo l’arrosto. “Ha quasi finito il tempo. Dice che si aspetta di andare in ospedale da un momento all’altro.”
Sorrise ai due uomini seduti alla sua tavola mentre riempiva loro i piatti.
“Sarà felice, immagino,” commentò Shikaku con un sorriso.
“Molto,” rispose Yoshino, sedendosi davanti a Shikamaru. “Mi ha confessato di essere un po’ preoccupata perché prevede che sarà una situazione piuttosto complicata, ma – “
“Perché?” chiese subito Shikamaru.
“Perché è il suo primo figlio e perché non ha parenti che possano aiutarla. Per qualche anno almeno, sarà costretta ad abbandonare i suoi impegni di kunoichi.”
Shikamaru abbassò la testa sul piatto. La fame gli era passata.
“Da quanto ho potuto capire, non ha nessuna intenzione di trovare un altro compagno,” commentò Shikaku a bassa voce. “Come madamigella Tsunade.”
“Già,” disse Yoshino. “Passato questo primo periodo, sperava di rimanere in accademia a insegnare, altrimenti dovrà cercarsi un altro lavoro.”
“Vedrai che l’Hokage la aiuterà. Anche se il villaggio non disponesse di fondi proprio per queste occasioni, non credo che Tsunade la lascerebbe in mezzo alla strada.”
Ci fu un momento di silenzio in cui si sentì solo il ticchettio delle posate nei piatti.
“Asuma le manca molto,” disse infine Yoshino. “È serena e il bambino sta bene, ma ogni volta che la vedo da Ino il suo sguardo parla per lei.”
Shikamaru alzò la testa verso i suoi genitori. Aveva giurato di non comportarsi più come un bambino, ma in certe occasioni era difficile trattenersi.
“Choji ha chiesto se stasera dormivo da lui,” disse a sua madre, mentre riusciva ancora a controllare il tremito nella voce. “Posso?”
Yoshino addolcì l’espressione severa del viso. “Certo.”
“Allora mi preparo.” Shikamaru scostò la sedia dal tavolo e si alzò.
“Ma – non vuoi finire la cena, Shikamaru?” chiese preoccupata sua madre, indicando il piatto intatto del figlio.
“Non ho fame, mamma,” sorrise lui. “Non – sto bene così, davvero.”
Yoshino annuì e lo guardò dirigersi verso la sua stanza con occhi tristi.
“Forse non avrei dovuto tirare fuori l’argomento,” si rivolse a Shikaku.
“Nah,” rispose l’uomo con un sorriso. “Solo che anche lui, come tutti, ha i suoi momenti.”
“Lo vedo solo, Shikaku,” disse Yoshino. “È troppo serio e – e adulto, per la sua età.”
“Beh, non mi sembra un male. E poi ha i suoi amici, non è solo.”
“Non so, Shikaku… Dopo la morte di Asuma, sembra invecchiato all’improvviso. Non ha certo la mentalità di un ragazzo di diciotto anni.”
“Non ha mai avuto la mentalità tipica della sua età, Yoshino, fin da bambino. E Asuma è stato il primo a capirlo.” Shikaku mise giù il coltello e guardò sua moglie. “Noi siamo i genitori, ma anche lui l’ha cresciuto, è stato per anni il suo punto di riferimento. Non puoi pretendere che cancelli tutto il dolore nel giro di qualche mese.”
“No, certo,” convenne Yoshino con un sospiro.
“Lascialo fare, Yoshino.”
La donna ci pensò su, poi tirò un gran sospiro. “Forse… Ma sì, in fondo, Shikamaru è sempre stato un ragazzo affidabile. Non commetterà pazzie, vero?”
Shikaku osservò qualche momento sua moglie, poi si alzò e, con calma, la abbracciò da dietro, posando le proprie braccia sulle sue.
“Certo che no.”

“Sei andato a trovare il maestro, per caso?” gli chiese Choji mentre camminavano fianco a fianco per le vie di Konoha diretti verso il pub.
“L’altro giorno. Perché?” chiese Shikamaru con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni.
“Perché ti vedo distratto, Shikamaru,” rispose Choji. “Così ho pensato che c’entrasse il maestro.”
“Oh, no, è solo… Niente di che: prima, mia madre a cena parlava della maestra Kurenai, così...”
“Oh. Capisco.”
Shikamaru sorrise, ma stava mentendo. Voleva cambiare discorso al più presto perché quella era una delle sue serate peggiori, quelle che lo colpivano a tradimento quando meno se lo aspettava e che gli facevano venir voglia di chiudersi nella sua stanza per settimane. Era uscito con i ragazzi solo per non far preoccupare troppo sua madre e per cercare di trovare un minimo di sollievo.
“Naruto vuole la rivincita,” lo informò Choji con un sorriso. “Stasera dovete partecipare anche tu e Neji, d’accordo? Altrimenti non c’è sfida.”
“Mmm… E cosa è successo a Naruto, la volta scorsa?”
“Niente di che. Il maestro Kakashi si è limitato a bruciacchiarlo un po’ con il Mille Falchi,” scrollò le spalle Choji. “Allora? Sei dei nostri?”
“Da quand’è che sei così fanatico del sakè?” bofonchiò Shikamaru.
“Oh, avanti, Shikamaru,” lo punzecchiò Choji. “Stasera dormi a casa mia, cosa ti importa se sei un po’ alticcio al momento del ritorno? Tua madre non lo verrà mai a sapere.”
Shikamaru lo guardò a lungo, valutando tutte le alternative possibili, ma non ne trovò. Era però perfettamente consapevole di star firmando la sua condanna a morte quando, finalmente, annuì. Choji esultò.

“Allora, adesso tocca a… ?” biascicò Naruto già piuttosto brillo.
“Kiba!” esclamarono in coro Lee, Choji e Shino.
Il nono bicchiere di sakè venne fatto scivolare sotto il naso di Kiba.
Nove… nove… nove… nove…” cantilenarono gli altri finchè il ragazzo non lo ebbe tracannato tutto d’un fiato.
Quando Kiba schioccò le labbra e rimise il bicchierino sul tavolo, esplose un applauso.
“E ora,” annunciò Lee, “Shikamaru!”
Contro ogni previsione, Shikamaru, con otto bicchieri all’attivo, era ancora abbastanza lucido. Cominciava ad avere un po’ di sonnolenza e a sentirsi le membra piuttosto intorpidite, ma un altro paio di giri li avrebbe retti benissimo. Di certo non sarebbe arrivato a quindici, ma avrebbe fatto una figura migliore di Neji, che, dopo il quarto, era sparito in bagno.
Shika… Shika… Shika…” ricominciarono a cantilenare gli altri.
Il sakè arrivò tra le mani di Shikamaru, che osservò la superficie tremolante del liquore con espressione indecisa, domandandosi se davvero ne valeva la pena. Strinse il bicchierino tra le dita e trattenne il respiro.
Nove! Nove! Nove!
Giù tutto d’un fiato, quel liquore gli bruciò la gola già in fiamme e gli annebbiò ancora di più il cervello. I compagni esplosero in grida entusiaste, dando fraterne pacche sulla schiena dell’amico, e Shikamaru alzò la testa, le guance un po’ arrossate e gli occhi lucidi.
“E… sì, Shikamaru è ancora in gara!” esclamò Lee, mentre preparava il sakè per Choji. “Finora, è il nostro concorrente migliore!”
Shikamaru agitò debolmente una mano a mezz’aria, lottando contro l’improvviso desiderio di poggiare una guancia sul tavolo e mettersi a ronfare davanti a tutti, quando una voce sprezzante si fece sentire alle sue spalle.
“Ma che bello spettacolo. Il villaggio della Foglia è davvero in buone mani.”
Choji, Lee e Shikamaru sobbalzarono e si voltarono di scatto, mentre Kiba, Shino e Naruto, seduti davanti a loro tre, alzavano lo sguardo, colti in flagrante.
In piedi vicino al loro tavolo, in kimono nero, obi rosso e l’enorme ventaglio assassino di traverso sulla schiena, c’era…
Temari!
“Shikamaru,” lo salutò la ragazza con un ghigno sarcastico dipinto sulle labbra. “Altri ninja ubriachi.”
I ragazzi risposero con un cenno.
“Cosa – cosa fai qui?” Shikamaru cercò di scandire bene le parole, ma dalla smorfia schifata di Temari capì di non aver raggiunto il proprio intento.
“Sono in missione per conto di mio fratello Gaara, l’onorevole Kazekage di Suna. Devo ritirare alcune cose di madamigella Tsunade.”
“Noi stiamo facendo un gioco, invece,” saltò su Naruto, fuori di sé. “Dobbiamo bere quindici bicchieri di sakè e chi è più ubriaco perde e paga pegno. Vuoi partecipare anche tu?”
Shikamaru era ancora abbastanza lucido per portarsi le mani alla testa mentre Temari affilava lo sguardo.
“Sì, me ne ero accorta, si sente la puzza di alcool fin dall’esterno,” commentò, lanciando un’occhiata in tralice a Shikamaru. “Comunque, no. Devo sistemare le mie cose in albergo. Ci vediamo.”
Girò i tacchi e uscì dal locale.

È ancora presto, dopotutto.
Temari lanciò una valigia dietro la porta della camera da letto dell’albergo e gettò un’occhiata all’orologio, indecisa se restarsene lì a riposare o approfittare della bella serata per fare una passeggiata nelle vie di Konoha.
Evitando possibilmente branchi di ninja ubriachi.  
Non sapeva nemmeno lei perché era entrata in quel pub. Era vero che li aveva visti da fuori, era vero che aveva udito le loro grida divertite, era vero che aveva notato anche lui al loro tavolo.
Ma perché era entrata?
Avrebbe potuto benissimo salutarli il giorno dopo, incrociandoli casualmente per strada o al palazzo dell’Hokage.
Però aveva visto Shikamaru tra i suoi amici palesemente ubriachi, come un suono del tutto stonato in una bella melodia.
Shikamaru non era tipo da fare quelle cose. Cosa gli era successo da provocargli una reazione del genere? Certo, Temari sapeva della terribile disgrazia capitata al suo maestro, ma non poteva essere stato quello il motivo scatenante.
Ecco perché era entrata a controllare.
Temari sbuffò pesantemente e decise che, piuttosto che restarsene lì a farsi paranoie mentali, era meglio schiarirsi le idee – fuori.
Prese le chiavi e uscì, girovagando senza meta tra i negozietti e i locali del villaggio, approfittandone per cedere alla sua golosità e comprare qualche dolcetto di riso. Senza pensarci, si ritrovò a gironzolare nei pressi del pub dove aveva colto in flagrante Shikamaru e compagni e stava per cambiare direzione quando li vide uscire a due a due, Naruto in testa in condizioni disastrose, sorretto da Choji, messo poco meglio di lui. Scomparvero ridendo per una viuzza laterale, barcollando a destra e a sinistra nella notte, seguiti da Kiba e Shino ubriachi fradici che riuscivano a stare in piedi solo grazie alla schiena di Akamaru. Lee uscì per ultimo, di corsa, e si lanciò al loro inseguimento.
Infine, con somma sorpresa di Temari, comparvero Neji e Shikamaru, ancora abbastanza sobri – almeno quel tanto che consentiva loro di camminare in posizione eretta.
“Ah, i grandi ninja di Konoha,” ridacchiò Temari tra sé e sé.
I due si fermarono appena fuori dal locale e si guardarono intorno perplessi, rendendosi subito conto che i compagni li avevano abbandonati. Un’ombra di preoccupazione offuscò l’espressione intontita di Shikamaru e Temari, mossa da un improvviso istinto di umana compassione, si avvicinò a loro.
“Se ne sono andati,” li informò. “I vostri amici.”
“Che seccatura,” biascicò Shikamaru, passandosi una mano sul viso. “Maledizione a loro e alle loro stupide idee. E ora cosa faccio?”
Da vicino, Temari si accorse che Neji appariva un po’ sbattuto, ma sobrio, mentre Shikamaru crollava letteralmente di sonno: profonde occhiaie gli segnavano il viso, aveva gli occhi lucidi e arrossati e la vista appannata. Si vedeva lontano un miglio che non avrebbe retto ancora a lungo e che il mattino dopo avrebbe rimpianto ogni singola goccia di alcool.
“In che senso?” chiese Temari.
“Doveva dormire da Choji, stanotte,” le spiegò Neji. “E se sua madre lo vede in queste condizioni…”
“Capisco.”
“No.” Shikamaru ridacchiò e fu una scena davvero inquietante. “Tu non puoi capire. Non hai mai conosciuto mia madre.”
Anche Neji ridacchiò, chiaramente risentendo di quel poco sakè che era riuscito a farsi entrare in circolo, e Temari si domandò perché diavolo non se ne era rimasta chiusa in albergo a riposare dopo un viaggio di tre giorni. Davanti a lei, Neji e Shikamaru ridacchiavano in preda ai fumi dell’alcool e Temari fu costretta a prendere in mano la situazione.
“Tu,” disse a Neji. “Vattene a casa e fatti una bella dormita. E tu…”
Shikamaru smise di ridere e la guardò preoccupato.
“Per stanotte puoi dormire sul mio divano. Cerco di farti passare la sbronza e domattina ti riconsegno a tua madre in condizioni migliori di – beh, queste,” concluse Temari, agitando vagamente una mano con espressione disgustata. “Siete uno spettacolo pietoso.”
“Domani devo essere in ufficio a compilare un paio di scartoffie,” bofonchiò Shikamaru, socchiudendo un occhio.
“Sì, certo, come no.”
Temari sbuffò e lo prese per un braccio, pilotandolo nella direzione dell’albergo. Neji le fece un cenno di ringraziamento e si eclissò tra le vie di Konoha.



SPAZIO DELL’AUTRICE

Uuuuuuuuuuuh, quanti commenti ^_^
*me davvero stupita e contenta*
Non avrei mai detto di poter riscuotere tanto successo in così breve tempo! Adesso mi viene l’ansia e comincio a farmi paranoie sul resto della fic, chiedendomi se sia davvero così meritevole o se non finisca in qualche modo per deludere le vostre aspettative XD.

Ho notato che la scena di Shino ubriaco ha generato un po’ di scalpore *ride*. Beh, il sakè gioca brutti scherzi e lui è sempre coperto fino al naso… è stata un’associazione mentale del momento, una delle tante istantanee che vedo nella mia testa mentre scrivo.

Un piccolo nota bene (non so se qualcuno se ne è accorto): quando Shikamaru torna a casa propria con Choji, ho scritto che era vestito di scuro, mentre, prima di uscire per andare al pub, ho detto che si era messo una maglia nera a collo alto sopra quella di rete che indossava già.
Mmmmm… è stato un errore di disattenzione da parte mia, ma è del tutto possibile che Shikamaru, prima di andare in salotto con Shikaku, si fosse tolto la maglia scura e fosse rimasto con quella di rete che si vede spesso indosso anche a suo padre. Non è importante, ma ci tenevo a precisarlo U.U
E ora….

Salice ---> Grazie! Sì, la coppia Shikatema è davvero favolosa! Combinazione esplosiva? In effetti… XD
x Saretta x ---> *me arrossisce* Sono davvero contenta che la mia fic ti piaccia (guarda caso, io l’altro giorno stavo riguardando la tua Pride and…)! Beh, ovviamente, quando si parla di Naruto, la Shikatema è d’obbligo XD. Sì, Shikaku è il massimo, non sai quanto ho riso mentre leggevo tutte le sue conversazioni con Shikamaru sulle donne nei vecchi numeri. Accenno InoCho *si guarda intorno perplessa*? Quale accenno InoCho?? XDXD Tranquilla, tranquilla: era un voluto accenno InoCho. Sono canon, del resto (Kishimoto dixit U.U).
Kimmy_Tamer ---> Grazie mille ^_^ Sì, in effetti doveva essere una one shot, poi la penna è impazzita e i fogli sono aumentati in numero consistente XD
blablaba ---> Eggià, devo proprio ringraziarvi per la mia conversione! Che mondo sarebbe senza Naruto? Che Naruto sarebbe senza Orochimaru? Che Shippuuden sarebbe senza le Shikatema? Domande esistenziali a cui non troveremo mai una risposta XDXDXD. Le tue ansie saranno presto soddisfatte *fischietta*.
KiMiKo_93 ---> Allora con questa fic spero di completare la tua conversione allo Shikatema! No, sto scherzando, ma sono contenta che, pur non essendo così sfegatata, tu abbia deciso di leggere ugualmente la mia storia ^_^ Per Shino, vedi sopra XD.
Lady Wird ---> Orgoglio Mosca Nera! Non ti abbattere e continua anche tu la tua missione XDXD. Visto che Tem è arrivata? E guarda caso, chi incontra per primo? E il titolo è stato un vero strazio trovarlo, non mi veniva in mente niente! Stavo per impazzire, fortuna che poi alla fine qualcosa ho trovato.

Proud to be a black fly! ^_^
Al prossimo capitolo!
Besitos,
Lucy Farinelli    

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Capitolo 3
*** Il buongiorno si vede dal mattino ***


3.
Il buongiorno si vede dal mattino


“Guarda che ce la faccio a camminare,” disse Shikamaru, spostando con gentilezza la mano di Temari dal proprio braccio.
“Certo, come no,” replicò lei, riacciuffandolo per il gomito. “Infatti tu ti stai dirigendo verso il palazzo dell’Hokage che è da tutt’altra parte rispetto al mio albergo.”
Shikamaru si fermò in mezzo all’incrocio e si guardò intorno perplesso. “Oh.”
“Già, oh,” gli fece il verso Temari. “E adesso, seguimi, per favore. Avrei dovuto abbandonarti al tuo destino.”
“Ricordami di ringraziarti, più tardi,” bofonchiò sarcastico Shikamaru, con un gran sbadiglio.
Un ceffone improvviso gli fece bruciare la guancia ed ebbe l’effetto immediato di fargli ritrovare un po’ di lucidità. Barcollò leggermente in mezzo alla strada buia, illuminata a sprazzi dalle lanterne dei negozi e dai lampioni del marciapiede.
“Crepa, Shikamaru Nara.”
Senza più nessuno a cui appoggiarsi, Shikamaru fu costretto a seguire il passo marziale di una Temari particolarmente infuriata.

Temari aprì la porta della sua camera e andò dritta in cucina a prendere un po’ d’acqua, ma non fece in tempo a tornare nell’ingresso che Shikamaru era già sparito.
“Dove diavolo - ?”
Ridusse gli occhi a fessure e, con il bicchiere ancora in mano, si precipitò nella stanza da letto.
Tu!” gridò oltraggiata, posando di scatto il bicchiere sul comò prima di combinare qualche disastro. “Cosa credi di fare, Nara?”
Shikamaru era steso a braccia aperte e gambe divaricate sul letto.
Il suo letto.
Il letto di Temari.
E lo occupava tutto.
“Dormire,” farfugliò Shikamaru a occhi chiusi.
“Non se ne parla!” Temari lo prese per una caviglia e cominciò a tirare.
“Stai ferma,” protestò Shikamaru senza muoversi di un millimetro.
“È il mio letto!” Temari lasciò perdere la caviglia e passò al braccio destro.
Il ragazzo sul materasso si limitò a scivolare appena sulle coperte e a grugnire proteste inarticolate.
“Shikamaru!” sbottò Temari al limite della sopportazione. “Shikamaru Nara! Scendi da qui e striscia sul divano, subito!”
Silenzio.
Se non fosse stato per il petto che si alzava e si abbassava ritmicamente, Temari l’avrebbe scambiato per un cadavere.
“Shikamaru?”
Il ragazzo cominciò a russare.

Bip… Bip… Bip… Clang.
La sveglia cadde per terra e si smontò, finalmente silenziosa. Poco importava, più tardi l’avrebbe rimessa a posto.
Temari si girò sull’altro fianco e le sue mani si chiusero pigramente sul petto del ragazzo profondamente addormentato accanto a lei. Era sudato e sapeva di sakè, ma il suo calore era ugualmente piacevole.
Un momento.
Come fulminata, Temari schizzò fuori dal letto, cadendo per terra e rotolando sulla sveglia muta, e rimase a fare mente locale stesa sul pavimento.
Come era finita lì? La sera prima, era stata costretta ad andarsene a dormire sullo scomodissimo divano del salotto, dove si era anche tolta il kimono da viaggio e aveva indossato canottiera e calzoncini come pigiama. Si controllò rapidamente: aveva ancora tutti i vestiti addosso – se quelli potevano considerarsi vestiti. Kankuro la punzecchiava sempre con battutine sarcastiche sulle sue curve un po’ troppo pronunciate, ogni volta che la vedeva così. Ma suo fratello era un orso da quel punto di vista.
Mentre se ne stava lì stesa a rimuginare in preda all’agitazione, la testa ad ananas di Shikamaru si sporse oltre il bordo del materasso, gli occhi aperti solo a metà e lo sguardo ancora vitreo.
“Temari?” bofonchiò assonnato.
Senza riflettere, la ragazza scattò in piedi e, afferrato a due mani il ventaglio ancora chiuso, lo abbatté di piatto con tutta la forza che aveva sulla faccia di Shikamaru.
“Come sono finita qui?” ringhiò al ragazzo che mugolava di dolore con il viso affondato tra strati di lenzuola e coperte.
“Mi addormento sul divano e mi risveglio in un letto con te,” continuò, spietata. “Allora? Come – sono – finita – qui – ?”
“Ti ci ho portato io, seccatura,” sbottò Shikamaru, alzandosi carponi sul letto. “È questo il modo di ringraziarmi?”
Ringraziarti?” esplose Temari. “Ringraziarti?
“Verso le tre o le quattro di stamattina, mi sono svegliato e ti ho vista sul divano in una posizione così scomoda che, se mi ci fossi addormentato io, avrei sofferto di mal di schiena per tutto il mese a venire, perciò ti ho presa in braccio e ti ho portata qui. Ho dormito sul mio bordo di materasso per tutto il resto della notte, visto che hai la pessima abitudine di allargarti su tutto lo spazio disponibile.”
Shikamaru, finalmente sveglio, mise i piedi a terra e schioccò le articolazioni indolenzite. I vestiti della sera prima erano tutti gualciti e il ragazzo aveva urgente bisogno di una doccia. Temari era rimasta di sasso.
“Io pensavo – credevo – “ balbettò, riponendo il ventaglio contro il muro e incrociando le braccia sul petto, improvvisamente consapevole di non avere quasi nulla addosso.
“Temari.” Shikamaru si portò le mani alle tempie. “Ho la testa che mi scoppia, un pezzo di carta vetrata al posto della lingua e gli occhi che mi bruciano.”
Si sciolse i capelli, li scosse finchè non gli ricaddero sulle spalle e si rimise a posto la coda.
“Inoltre, ti pare che io possa essere quel tipo d’uomo? Neanche non mi conoscessi, Temari. Ma per chi mi hai preso?”
Temari, con il viso in fiamme, abbassò lo sguardo a terra.
“E ora, scusami, ma devo tornare a casa,” continuò Shikamaru, uscendo dalla camera da letto. “Tu mi hai svegliato con un ventaglio in faccia, ma mia madre metterà mano ai kunai per scuoiarmi non appena mi vedrà in questo stato.”
Silenziosa, Temari seguì Shikamaru in cucina. Mentre il ragazzo si sciacquava il viso, lei preparò un po’ di the e qualche biscotto per colazione, che Shikamaru accettò senza parlare, lo sguardo fisso nel vuoto e la linea serrata delle labbra. Fece scorrere un po’ di acqua nella tazza ormai vuota e la mise a testa in giù nel lavandino, poi si bagnò ancora il viso prima di tirare un gran sospiro e dirigersi verso la porta. Temari si era appollaiata sul bordo del tavolo, ma corse dietro a Shikamaru quando il ragazzo mise la mano sull’intelaiatura del fusuma.
“Shikamaru,” si decise finalmente a dire.
Lui si trattenne, un piede già nel corridoio.
“Scusa se ti ho fatto male.”
Shikamaru voltò la testa e le sorrise, facendole un vago cenno con la mano che Temari interpretò come un “Non preoccuparti”. Poi il fusuma scivolò sui binari e si richiuse dietro alle spalle del ragazzo.

Di kunai non ne volarono, ma di sibili sì.
Yoshino smetteva di adoperare toni normali quando era infuriata e passava a versi che andavano dagli ultrasuoni al serpentese.
E tutto perché Shikamaru aveva bevuto un po’.
E tutto perché Yoshino ci aveva messo meno di tre secondi per capirlo.
“Dove sei stato?” lo bloccò sulla porta appena lo vide tornare a casa.
Shikamaru si immobilizzò a metà nel gesto di togliersi le scarpe.
“Da Choji,” rispose Shikamaru senza esitare, con la guancia che gli pulsava dolorosamente.
Sulla via del ritorno, il ragazzo aveva cercato di escogitare un piano abbastanza credibile da imbrogliare sua madre, ma sapeva già che non sarebbe stato facile, primo perché Yoshino aveva un sesto senso sovrumano per le bugie e secondo perché conosceva fin troppo bene i trucchetti del figlio. Perciò l’idea migliore che gli era venuta, era stata quella di mentire il meno possibile e attenersi ai fatti essenziali.
“E prima?” Yoshino aveva incrociato le braccia sul petto e aveva ridotto gli occhi a fessure.
Attenzione: pericolo.
“Al pub,” aveva confessato Shikamaru.
“A bere.” Non era una domanda. “E quella mezza faccia gonfia come te la sei procurata?”
“Cadendo dal letto di Choji questa mattina.”
“Perché avevi bevuto.”
“Sì.”
Sempre meglio passare per alcolizzato che far sapere a sua madre della notte trascorsa nella camera d’albergo della principessa di Suna. Shikamaru trattenne una smorfia. Principessa, come no.Cresciuta tra i lupi come una selvaggia.    
“Cos’è quella faccia ghignante, Shikamaru?” Yoshino lo squadrò da capo a piedi, fumando come una teiera impazzita.
“Niente.”
Shikamaru pregò che il suo viso non tradisse alcuna emozione.
“Dentro,” ordinò infine Yoshino con un secco cenno del polso. “E bada bene, Shikamaru: i tuoi giochetti mentali, con me, non funzionano. Prega che quello che mi hai detto corrisponda a verità, perché se vengo a sapere qualcosa per conto mio, è la fine.”
A quell’interrogatorio seguì una lunghissima tirata sul comportamento, sulle responsabilità, sul dispiacere che le aveva procurato e sul rammarico che doveva provare il maestro Asuma, dovunque egli fosse in quel momento.
“Vuoi essere il punto di riferimento per quel bambino, vuoi diventare il suo maestro, e ti comporti in questo modo?” aveva concluso Yoshino in un sibilo sferzante.
“Per tutti i Kami, dagli un po’ di tregua, donna.” Shikaku era comparso sulla soglia della porta della cucina, già vestito per andare in missione e con una tazza fumante in mano. “Lo stai ammazzando a parole.”
Le spalle di Shikamaru si incurvarono ancora di più.
“Shikaku, sto solo cercando di fargli entrare in quella testa dura che si è comportato da idiota!” strillò Yoshino.
“Penso che l’abbia intuito,” replicò suo padre con calma, finendo l’ultimo sorso di the. “E poi, ci siamo tutti comportati da idioti, una volta o l’altra.”
Scomparve un attimo in cucina e tornò nel corridoio per posare una mano sulla spalla della moglie.
“Noi due, per esempio, ci siamo sposati.”
Shikaku!
“D’accordo, d’accordo, battuta infelice.” L’uomo si avvicinò a Shikamaru e cominciò a sospingerlo verso la sua stanza. “Adesso, però, lascialo andare.”
Yoshino li aveva guardati mandando lampi dagli occhi e aveva sbuffato. “D’accordo. Comunque, per la cronaca, sei in punizione.”
Eh?
“Già,” commentò aspra Yoshino, leggendo la sua espressione annichilita. “Non mi importa se hai diciassette anni, se te ne vai in missione per conto tuo da quando ne avevi dodici, se hai sepolto un demone immortale nella foresta di famiglia. Io sono tua madre e, finchè abiti sotto il mio tetto, se ti comporti da stupido, ne paghi le conseguenze. Hai qualcosa da dire?”
Shikamaru scosse la testa e scappò nella sua stanza, mentre suo padre dava un velocissimo bacio sulla guancia a sua moglie e si dileguava fuori dalla porta di casa.




SPAZIO DELL’AUTRICE
 
Et voilà, terminato anche il terzo capitolo. E il mio ego gioisce sempre più leggendo le recensioni, vedendo il numero delle letture e scorrendo la lista delle persone che hanno inserito questa fic tra le proprie seguite. Davvero non pensavo di riscuotere tanto successo da una fic semplice semplice come questa.
Ma bando alle ciance e passiamo ai ringraziamenti:

Salice ---> Grazie di nuovo, sono davvero contenta che ti piaccia il mio stile ^_^ Se attendevi l’incontro dei due, allora spero che sarai ancora più soddisfatta da questo capitolo. In effetti, per chi non ha sperimentato con mano il potere dispotico di Yoshino, è difficile comprendere la situazione, ma… non so, io Temari ce la vedo a comportarsi un po’ come lei, con i suoi fratelli. È un’idea divertente XD.

_Sumiko_ ---> *.* Wow, grazie °///°
“Questa fan fiction è fantastica.” *arrossisce fino alla punta delle orecchie*.
Sono davvero contenta di sapere che la fic sia così IC: cerco sempre di calarmi il più possibile all’interno della storia, mentre la scrivo, e di osservare la scena con gli occhi dei personaggi, per poter descrivere le loro reazioni nel modo più realistico possibile. La domanda che mi faccio in continuazione è: “Cosa farebbe Tizio/Caio se si trovasse in questa situazione?”. E poi cerco di tirare fuori qualcosa. >w<

Lady Wird ---> Ahahahaha! Beh, in effetti, sono completamente in vostra balia *si guarda intorno sospettosa per vedere se c’è qualcuno con ortaggi già pronti in mano*. Povero crybaby ubriaco: è un momento davvero no per lui, ma per fortuna c’è qualcuno che lo capisce. Infatti mi serviva un motivo davvero valido per farlo bere (un pochino XD), visto che, per me, lui è sempre quello che (con Neji) si differenzia sempre dagli altri per serietà e responsabilità. “Il solito sonno del pigrone”… sì, beh, quando gli torna comodo XDXD. Non a caso, Temari è l’unica che riesce a dargli una bella svegliata. Chissà perché *sorride sorniona*.

Kimiko_93 --->  Temari è in realtà una spia della Yakuza mangiatrice di uomini scansafatiche dalla testa ad ananas XDXD. Scherzi a parte, magari Temari voleva veramente rivedere Shika, ma di certo non aveva la minima intenzione di fargli da balia. Come si fa a fargli passare la sbronza? Dice Temari: “La mia idea era quella di offrirgli un rifugio sicuro per quella notte, dal momento che, se Shika fosse tornato a casa da Yoshino, molto probabilmente non avrebbe rivisto la luce del sole. Perché, secondo te quali altri metodi esistono? Gli ho salvato la vita per l’ennesima volta, non basta?” *torna a cercare il plushie di Shikamaru, che non trova più perché le è stato rubato dalla sottoscritta*.
Povero Neji: anche lui non è proprio tagliato per certe cose!

blablaba ---> Eh, cosa vuoi che siano 300 ettari di foresta? Doveva stanare una possibile fiamma di Shika, visto che tutte lo vogliono e tutte lo bramano XDXD. Ma no, ma no, un goccetto a settimana, e poi è stata tutta un’idea di Naruto, quindi cosa vuoi pretendere? E frequentare Orco può avere i suoi lati positivi, tu che ne sai -.-’’’’? *Orco si mette in un angolino e lancia occhiate indignate*.
La gravidanza dura da nove mesi giusti giusti, ho calcolato tutto: la mia idea è che la morte di Asuma sia avvenuta nove mesi circa prima dell’inizio di questa fic, quindi a metà agosto (dell’anno prima) e Shikamaru aveva 16 anni (se non ho capito male io mentre leggevo il manga). Ora siamo a metà aprile, quindi Shikamaru ha diciassette anni e mezzo, perché è nato a settembre. No?    

OMN! °O°
Sempre su questa rete, alla prossima,
Lucy Farinelli      

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Capitolo 4
*** Kurenai ***


4.
Kurenai


Da quattro lunghissimi giorni, Shikamaru era intrappolato in casa propria.
Yoshino, che non gli rivolgeva la parola dal momento del rientro, gli aveva permesso di uscire solo per percorrere un preciso itinerario prestabilito – da lei – che collegava casa Nara al palazzo dell’Hokage. Niente uscite con gli amici, niente visite al mercato, niente capatine in città o nella foresta di famiglia: solo lavoro. Shikamaru non l’avrebbe mai detto, ma non vedeva l’ora che madamigella Tsunade gli affibbiasse anche la più seccante delle missioni, anche perché, quando era a casa, sua madre lo costringeva ad accollarsi tutti i lavori di casa più pesanti. Mentre Yoshino spadellava in cucina o leggeva un libro, Shikamaru lavava il pavimento, scartavetrava le finestre, riparava i fusuma. Il tutto in religioso silenzio. Yoshino gli faceva trovare già pronti al suo ritorno stracci o martelli, a seconda dell’occasione, e lui si limitava a prenderne atto e ad eseguire i compiti. Sua madre era così fuori di sé che neppure Shikaku aveva osato emettere un solo fiato in difesa di Shikamaru: nessuno dei due l’aveva mai vista tanto inferocita.
Persa ogni speranza di assaporare nuovamente la libertà prima del sopraggiungere della vecchiaia, Shikamaru, anche quel tardo pomeriggio, stava lavando il pavimento della veranda sul cortiletto interno, alternando lo sguardo tra le nuvole sopra di lui e i pesciolini sotto la superficie dell’acqua del laghetto che aveva di fronte. Senza un suono, Yoshino comparve alle sue spalle proprio mentre lui si stava rimboccando le maniche e si passava un braccio sulla fronte sudata.
“C’è una ragazza che ti cerca,” gli disse la madre con espressione strana. “La sorella del Kazekage di Suna.”
“Temari?”
Shikamaru rimase di stucco, ma abbandonò all’istante scopettone e straccio e seguì Yoshino fino all’ingresso, cercando di darsi una sistemata veloce. Sapeva di essere in condizioni indecenti.
La ragazza era nell’ingresso ad agitarsi nervosamente sul posto, l’enorme ventaglio ondeggiante sulle spalle.
“Shikamaru,” esalò non appena lo vide. “Mi manda madamigella Tsunade: devi andare subito in ospedale, Kurenai è entrata in travaglio e ha chiesto di te.”
Fu come se un mattone gli avesse appena compresso le viscere, ma lo scrollone di sua madre lo riportò alla realtà in un battibaleno.
“Muoviti, Shikamaru,” gli disse, spingendolo verso la porta. “Cosa aspetti?”
Senza pensare, Shikamaru mise le scarpe e precedette Temari fuori di casa, dritto sulla via dell’ospedale, correndo il più velocemente possibile a zig zag tra le persone. Temari gli stava dietro senza sforzo e, ad un certo punto, lo affiancò, per poter comunicare a occhiate quando era ora di cambiare direzione.
Arrivarono nel giro di qualche minuto, fecero una brevissima sosta al banco dell’accettazione per sapere a che piano dovevano recarsi e ripresero la corsa forsennata, facendo gli scalini a due a due.
Shizune li aspettava a metà corridoio del quarto piano, fuori dalla camera operatoria.
“È già – ?“ disse Shikamaru senza fiato, frenando in scivolata.
“Non ancora,” rispose Shizune. “Madamigella Tsunade mi manda a dirvi che il parto si prevede un po’ più complicato del previsto e che se ne sta occupando personalmente. Anche Choji Akimichi e Ino Yamanaka sono stati mandati a chiamare, ma sono fuori in missione e non sappiamo quando rientreranno.”
“E noi cosa dovremmo fare allora?” chiese Shikamaru con una nota di disperazione nella voce.
“Sedere qui e aspettare,” replicò con calma Shizune. “A Kurenai farà piacere sapervi qui con lei.”
Shikamaru inghiottì a vuoto e si passò una mano sul viso, mentre Temari gli metteva una mano sul braccio.
“Andrà tutto bene, Shikamaru,” continuò Shizune. “Kurenai è nelle mani di madamigella Tsunade, puoi stare tranquillo.”
Shizune fece un breve sorriso, poi scomparve nella sala operatoria. Shikamaru si guardò intorno e crollò sulla prima poltroncina che riuscì a individuare, prendendosi la testa fra le mani. Temari sedette poco dopo accanto a lui.
“Senti, Shikamaru…” cominciò, esitante. “So che non è il momento adatto, ma pare che dovremo restare qui per un po’, così ne volevo approfittare per dirti una cosa.”
“Che c’è?” mugugnò, sempre con la testa fra le mani.
Temari trasse un profondo respiro. “Mi dispiace di averti svegliato a randellate, l’altro giorno. Non te lo meritavi.”
Shikamaru si lasciò sfuggire un sorriso. “Mi stai chiedendo scusa per avermi dato del pervertito?”
Lanciò un’occhiata di sottecchi a Temari e la vide assottigliare la linea delle labbra.
“Sì.”
“Acqua passata,” disse Shikamaru. “Avrei reagito anche io allo stesso modo.”
Stavolta toccò a Temari sorridere. “Non credo proprio. Tu avresti fatto tutti i tuoi soliti calcoli mentali e avresti tratto conclusioni meno affrettate.”
Temari sganciò il ventaglio e sedette più comodamente sul divanetto.
“Ci tenevo a scusarmi solo perché ho visto che tua madre ti ha – come dire – “
“Mi sta torturando in maniera esemplare? Sì.”
Si scambiarono un’occhiata e sorrisero contemporaneamente.
“Grazie,” disse Shikamaru. “E non c’è bisogno che tu stia qui con me. Immagino che dovrai tornare a Suna al più presto.”
“I miei fratelli sanno cavarsela benissimo anche senza di me,” replicò pragmatica Temari. “Non ti lascio qui da solo, piagnucolone. Chissà che disastri finiresti per combinare senza di me.”
“Ino e Choji non tarderanno.”
“Ma ora non ci sono.”
Temari gli fece un gran sorriso. Shikamaru abbassò lo sguardo a terra e cominciò a tormentarsi le mani in grembo, senza sosta.
“Me l’ha chiesto Asuma, sai?” mormorò. “Di tener d’occhio quel bambino.”
“Andrà tutto bene, Shikamaru.” Temari gli passò una mano sulla schiena. “Non so cosa intendano loro con complicazioni, ma anche mia madre ha avuto dei problemi quando sono nata io. L’ho fatta dannare parecchio prima di decidermi ad uscire.”
“Ma non mi dire,” ridacchiò Shikamaru. “Fin da piccola eri una seccatura.”
“Taci, piagnucolone.”
Shikamaru tornò a tormentarsi le mani.
“Non posso perdere anche loro.”
“Non li perderai, non è successo niente.”
“Ho giurato che quel bambino sarà mio allievo.”
“E così sarà.” Temari posò le proprie mani sulle sue per arrestarne il tremito. “Shikamaru, piantala di tormentarti. Andrà tutto bene.”
Shikamaru strinse la presa sulle dita, ma solo quando alzò la testa, Temari si accorse che il ragazzo stava piangendo.
Cazzo.
Lei odiava quando le persone le piangevano davanti. Non sapeva mai come comportarsi, né cosa dire. Quel tipo era proprio un piagnucolone. Istintivamente, cercò di tirarsi indietro, ma Shikamaru non la lasciava andare. Incurvando sempre più le spalle nel tentativo di trattenersi, le stritolava la mano in una presa ferrea, ma profondi tremiti lo scuotevano suo malgrado, intervallati da singhiozzi sempre più frequenti e incontrollabili. Temari si guardò intorno, non sapeva nemmeno lei se per cercare aiuto o per allontanare eventuali scocciatori, poi, mossa da uno strano istinto di compassione, si avvicinò un po’ di più a Shikamaru e gli circondò le spalle con le braccia, facendogli appoggiare il capo sulla propria spalla. Shikamaru le si aggrappò disperato, affondandogli le dita sul retro del kimono, lasciandosi finalmente andare ad un pianto disperato. Temari gli accarezzò piano i capelli, come faceva a volte quando Kankuro era piccolo e la supplicava di non lasciarlo solo con Gaara, e si accorse che quei gesti funzionavano da calmante sui singulti del ragazzo. Seguendo il metodo imparato da bambina, Temari si appoggiò allo schienale del divanetto e continuò a stringere Shikamaru a sé.
Tsk, pensò tra sé e sé, guardandolo con occhi gentili. Che piagnucolone. E mi usa pure come cuscino.

“Shikaku?”
“Vedo, Yoshino.”
Erano ormai le otto di sera e i genitori di Shikamaru, non vedendo tornare a casa il figlio, avevano deciso di seguirlo all’ospedale per sapere cosa stesse succedendo, ma appena erano giunti al corridoio del quarto piano, si erano bloccati sull’entrata, troppo stupiti per muovere un altro passo.
Shikamaru e la sorella del Kazekage di Suna, sonnecchiavano su un divanetto a metà corridoio, uno addosso all’altra. Shikamaru abbracciava la ragazza come se fosse stata un pupazzo, con la testa reclinata sulla sua spalla, mentre Temari aveva le braccia abbandonate sulla sua schiena e la testa poggiata su quella del ragazzo.
Tsunade uscì dalla sala operatoria proprio in quel momento, svegliando i due che si destarono con un sobbalzo. Shikamaru e Temari si guardarono confusi e imbarazzati, prima che la ragazza si scostasse bruscamente per rialzarsi in piedi con la scusa di sgranchirsi le gambe anchilosate.
Solo allora Shikaku e Yoshino si avvicinarono a loro, dopo essersi scambiati un sorrisetto complice.

“Il bambino era in una posizione difficile, ma ora stanno bene entrambi e Kurenai non vuole riposare finchè non ti vede,” disse Tsunade a Shikamaru. “Anzi, vorrebbe tutto l’ex Team 10 qui, ma dal momento che Akimichi e la Yamanaka non sono ancora tornati, pretende che almeno tu conosca suo figlio.”
“È un – “ Shikamaru si alzò in piedi.
“ – maschio, sì,” rispose Tsunade con un sorriso stanco. “Un bellissimo maschietto.”
“Shikamaru.”
“Mamma.” Il ragazzo si voltò di scatto. “Papà. Cosa fate qui?”
“Siamo venuti a vedere perché tardavi così tanto,” ripose Shikaku, sorridendo a Temari che si era addossata alla parete per non dare fastidio.
“Svelto, Shikamaru,” lo incoraggiò Tsunade. “Vai da Kurenai, ti sta aspettando.”
“Sì.” Shikamaru si rivolse a Temari. “Vieni?”
“No,” rispose lei, scuotendo il capo. “Io cosa c’entro? Non faccio parte di questa storia. Vai tu.”
Shikamaru esitò un momento, poi si affrettò a raggiungere Shizune che era appena comparsa sulla soglia della camera operatoria. La ragazza lo condusse nel corridoio dietro l’angolo e gli indicò la stanza di Kurenai.
Shikamaru schiuse la porta, entrò e li vide.
Nella penombra della stanzetta singola e accogliente, ogni cosa acquistava una sfumatura ambrata grazie alle persiane socchiuse della finestra. Kurenai era a letto, con il bambino in braccio e una foto di lei e Asuma sul comodino. Lo sguardo che alzò su Shikamaru per vederlo avanzare cautamente nella sua direzione era colmo di gioia e tenerezza, mentre cullava il fagottino immobile sul suo petto. Shikamaru si immobilizzò ai piedi del letto, consapevole solo del silenzio ronzante nelle sue orecchie.    
“Kurenai… come stai?”
“Shikamaru,” rispose la donna, facendogli cenno di avvicinarsi con la mano libera. “Vieni, devo presentarti una persona.”
Kurenai era il ritratto della felicità. Il viso non recava traccia di stanchezza e la voce non tradiva alcun accenno di malinconia. Shikamaru obbedì e avvicinò la sedia al letto dalla parte del comodino, proprio accanto alla foto del maestro. Anche se era lì solo da qualche ora, Tsunade aveva provveduto a rendere la stanza il più accogliente possibile, osservò il ragazzo, studiando con occhio critico tende e armadietti.
Kurenai si sporse verso di lui, scostando le coperte che avvolgevano il bambino, e gli mise il figlio tra le braccia.
“Ti presento Kichirou Sarutobi,” gli disse Kurenai. “No, Shikamaru, aspetta. Tienigli la testa un po’ più sollevata… ecco, bravo, così.”
“Kichirou,” ripetè sottovoce Shikamaru. “Figlio fortunato*.”
“Sarà fortunato ad avere un maestro come te,” spiegò semplicemente Kurenai. “Ed è stato molto fortunato ad essere nato in una famiglia come questa.”  
Shikamaru teneva cautamente il bambino, incapace di distogliere lo sguardo da quella minuscola creatura che agitava i pugnetti ed emetteva versetti a labbra socchiuse.
“Secondo te, gli assomiglia?” chiese Kurenai, inclinando la testa di lato e osservando Kichirou.
“Ad Asuma?” si riscosse Shikamaru. “Non è un po’ presto per dirlo?”
Lei scrollò le spalle. Il bambino si agitava piano tra le braccia di Shikamaru, che non riusciva a smettere di sorridere.
“Non è giusto che ci sia io e non lui, qui, in questo momento,” disse dopo qualche momento di silenzio.
“Oh, Shikamaru, no,” lo riprese Kurenai. “Invece io so che lui è contento di sapere che tu sei con noi, adesso. Non siamo soli.”
Shikamaru deglutì, ma il groppo che gli si era appena formato in gola non si mosse di un millimetro.
“E lui non se ne è andato, Shikamaru,” continuò Kurenai, accarezzandogli una guancia. “Asuma vive ancora: in te, in me, in questo bambino. Non morirà mai finchè ci saremo noi a ricordarlo.”
“È così piccolo,” riuscì soltanto a dire Shikamaru.
“Mai quanto te. Tu eri davvero minuscolo, eppure hai impiegato il doppio del tempo prima di deciderti a uscire, pigrone che non sei altro,” disse Yoshino sulla porta. “Scusate. Volevo dirvi che sono arrivati Ino e Choji.”
“Fateli entrare,” si illuminò Kurenai, tirandosi su a sedere. “Entrate tutti!”
Shikamaru restituì il bambino alla legittima madre, mentre gli altri entravano in camera e li accerchiavano con gridolini entusiasti.
“Maestra Kurenai!” esclamò Choji, correndole incontro. “Siamo tornati non appena abbiamo saputo.”
“È lui?” chiese Ino con timore reverenziale.
“Si chiama Kichirou,” disse Shikamaru.
Kurenai annuì e, appena le mise il bambino tra le braccia, la ragazza scoppiò in lacrime.
“S-s-scusate,” singhiozzò disperata. “È che in questi momenti non riesco a – a –“
Choji le andò vicino e le cinse le spalle con un braccio, approfittandone per toccare la guancia di Kichirou con un dito. Ino fu costretta a dare il bambino a Shikamaru a causa del pianto incontrollabile e Kurenai gli fece cenno di allontanarsi un poco, perché Kichirou si stava agitando.
Shikamaru lasciò gli altri attorno al letto e si voltò verso la porta, accorgendosi solo in quel momento che Temari era l’unica ad essere rimasta in disparte, appoggiata allo stipite della porta.
“Tu non entri?” Shikamaru le si avvicinò con il bambino in braccio.
Temari scosse la testa, aggiustandosi un codino con gesto nervoso. “Non sono affari miei.”
Shikamaru le scoccò un’occhiata esasperata. “Avanti. Prendilo in braccio.”
Temari sgranò gli occhi e agitò le mani davanti al viso. “No, preferisco di no. Davvero.”
“Avanti. Se ce l’ho fatta io, puoi farlo anche tu.”
“Non è questo,” replicò Temari. “Ho due fratelli più piccoli, so come si tiene un bambino. È che – sì, insomma, Shikamaru: io non faccio parte di questa faccenda. È la tua, la vostra storia, la storia della tua squadra.”
“Guarda che ho capito quello che vuoi dire.”
Temari lo guardò confusa.
“Ma io voglio che tu conosca il figlio del mio maestro Asuma Sarutobi.”
Temari osservò prima il sorriso di Shikamaru e la sua espressione categorica, poi il bambino che stringeva a sé. Tese le braccia e lo prelevò da quelle di Shikamaru, senza rendersi conto che l’espressione che le si era appena dipinta sul viso era identica a quella del ragazzo a pochi centimetri da lei.

Shikaku tamburellò piano sulla spalla di Yoshino e le indicò la coppia sulla porta.
“Ho notato una cosa,” le bisbigliò all’orecchio. “Avete tutte e due lo stesso sorriso.”
La moglie voltò solo la testa per guardarlo e sorrise.




SPAZIO DELL’AUTRICE
 
Eccoci arrivati al penultimo capitolo. Come vi avevo preannunciato all’inizio, non era una così long fic ^^'.
Mosche nere, non temete: alcune cose devono ancora essere sistemate e nell’epilogo avrete la risposta a tutte le vostre domande (si fa per dire XD).
Ma ora, passiamo ai ringraziamenti!   
Ops, no, stavo per dimenticare una cosa:
*Kichirou = figlio fortunato. Non posso garantire sulla veridicità di questo significato: non studio il giapponese (quindi se c’è qualcuno più esperto di me, si faccia pure avanti) e faccio affidamento sul sito in lingua inglese in cui l’ho trovato.

E adesso, i ringraziamenti ^^.

blablaba ---> Caro ammiratore segreto, lasciamo perdere, che è meglio *Puffo Quattrocchi mode on*. Grazie per la recensione a questo capitolo e alle altre vecchie fic (Megs, rassegnati!!! XDXD).

_Sumiko_ ---> Ma sotto sotto (molto sotto, sotto tutta quella scorza da ragazza del deserto) Temari è dolce. Anche la donna più gelida, si scioglie con l’uomo che ama, disse una volta un padre molto saggio (io sto parafrasando perché non ricordo le parole esatte ^^'). E ho detto tutto.
Anzi, no: i segnali che Kishi-sensei (in tutta la sua follia xD) ci manda in continuazione nel manga sono innegabili!

Kimiko_93 ---> Sono davvero contenta che la mia storia ti piaccia così tanto! *.* Io sono sempre più contenta di ricevere le vostre recensioni ;-)

x Saretta x ---> *stappa per la sua entrata nel mondo delle mosche nere*
Sì, ventagli e grida, cose di ordinaria follia in casa Nara ù.ù Povero Shikamaru, lui si era persino alzato nel cuore della notte per andarla a prendere dal divano e lei non esita a randellarlo di mazzate XDXD. Però Temari è una ragazza dolce e comprensiva (… ogni tanto), quindi sa riconoscere i propri errori (*Temari si interroga se sia davvero così esagerato prendere a bastonate qualcuno di prima mattina, senza neanche chiedere spiegazioni*).
Ah, Shikaku the best, è uno dei miei personaggi preferiti. E la tripletta Shika/Shika/Yoshi è fantastica, sembra di stare a casa mia XDXD.   

Alla prossima,
Lucy Farinelli

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Capitolo 5
*** Epilogo ***


5. Epilogo
200 QI di intelligenza dovranno pur servire a qualcosa…


Nel giro di due giorni, tutta Konoha aveva saputo di Kurenai e del piccolo Kichirou. Shikamaru aveva trascorso con loro ogni momento libero, finchè Tsunade non lo aveva sbattuto fuori dalla camera di Kurenai.
“La tengo in osservazione solo per un altro giorno ancora, uno solo,” aveva ringhiato, vedendolo seduto per l’ennesima volta al capezzale della neo mamma. “Non devi sbrigare quelle commissioni che ti avevo affidato ieri, Shikamaru?”
“Quei rapporti sono già sulla vostra scrivania, madamigella Tsunade,” rispose distratto Shikamaru, porgendo un dito al bambino perché glielo stringesse.
“Li hai già finiti?” Tsunade spalancò gli occhi e guardò Kurenai, che sorrise e scosse il capo.
“Shikamaru,” lo chiamò allora Kurenai. “Madamigella Tsunade sta dicendo che non c’è bisogno di stare qui a vegliarmi tutto il tempo. Hai sentito? Domani torno a casa.”
“Non se ne parla,” ridacchiò Shikamaru. “L’ho promesso ad Asuma.”
“Bah,” inveì ancora Tsunade, avvicinandosi per controllare le condizioni di Kurenai e Kichirou. “Finirai per consumarlo, questo bambino, a forza di star qui a spupazzartelo. Ti ricordo che loro non vanno da nessuna parte, mentre c’è una persona che deve ripartire al più presto.”
Shikamaru alzò gli occhi su Tsunade e la guardò senza battere ciglio. “Lo so.”

Shikamaru bussò due volte sull’intelaiatura del fusuma.
“Ohi, sei tu.”
Temari gli aprì con espressione indaffarata, sporgendo solo la testa e lasciando intravedere la propria silhouette dietro la porta.
“Vieni, vieni. Entra,” gli disse subito, facendosi da parte. “Sto finendo di preparare i bagagli, ma c’è un po’ di the in cucina, se vuoi sederti.”
Shikamaru si tolse il giubbotto verde da chuunin e lo abbandonò sullo schienale del divano, arrotolandosi fino al gomito la maglia nera che indossava sotto.
“Come sta Kurenai?” gli chiese Temari, dall’altra stanza.
“Benissimo,” rispose Shikamaru, andando in cucina a curiosare un po’ in giro. “Tsunade la lascia andare a casa domani, ma solo per precauzione.”
“Sono contenta.” Temari fece capolino sulla soglia della cucina con una borsa in mano, poi scomparve di nuovo per andare a depositarla nell’ingresso.
“E sono contenta di constatare che tua madre ti ha finalmente lasciato andare,” commentò, tornando da lui.
“Sono in libertà vigilata,” scherzò Shikamaru.
Temari rise e si versò una tazza di the.
“Senti, Temari,” cominciò Shikamaru, incrociando le braccia sul petto.
“Sì?”
“Io…”
Anche con tutti i suoi 200 QI, Shikamaru non era riuscito ad elaborare una strategia accettabile per quello che si apprestava a fare.
“Resti molto a Suna?”
Temari batté le palpebre, perplessa. “Beh, sì. Ci abito.”
Idiota. Mentecatto.
“No, volevo dire… Torni presto a Konoha?”
“Oh.” Temari ridacchiò e mise la tazza vuota nel lavandino. “Non lo so. Dipende.”
“Da cosa?”
“Da quanti affari avrò da sbrigare, tra qui e Suna. Perché?”
Forza, Shikamaru. È il tuo momento, usa il cervello!
“Perché – “ si interruppe.
Temari lo guardò, poi si mise a sciacquare la tazza nel lavandino prima di riporla nella credenza.
“Perché mia madre ha detto che, la prossima volta che ricapiti da queste parti, devo invitarti a cena da noi,” snocciolò Shikamaru tutto d’un fiato. “Le stai simpatica.”
Temari si accigliò pericolosamente.
Uh-oh. Scelta infelice di parole?
“Ma davvero? Devi invitarmi… beh, se sto simpatica a tua madre…”
E ora perché si arrabbiava?
Temari rimase a fissarlo intensamente per qualche secondo, probabilmente per permettere ai suoi 200 QI di svolgere il loro lavoro, ma capì al volo che sarebbe stata una partita persa.
“Shikamaru,” sibilò in tono conciliante. “Me lo dici solo perché sto simpatica a tua madre?”
Ops.
“Certo che no!” esclamò Shikamaru, dandosi mentalmente del ritardato. “Anche a me farebbe piacere.”
Temari si lasciò sfuggire un sorriso arcigno. “In questo caso, la durata del mio soggiorno a Suna potrebbe essere indirettamente proporzionale alla tua quantità di piacere.”
Shikamaru sogghignò. Temari gli si avvicinò con calma premeditata e si fermò a pochissimi centimetri di distanza dal suo viso.
“Allora?” lo sfidò.
Shikamaru la prese per i fianchi e la baciò all’improvviso, con un impeto di cui non si sarebbe mai immaginato capace e che parve cogliere Temari ugualmente alla sprovvista. Sentì la ragazza tirarsi un momento indietro per lo stupore, poi avvinghiarsi di nuovo a lui come se non stesse aspettando altro da giorni. Avida, gli passò le mani sugli avambracci nudi attorno ai propri fianchi, poi risalì lungo le spalle, fino al collo e alla nuca, dove intrecciò le dita ai suoi capelli, scompigliando il codino.
Shikamaru mugolò qualche protesta contro le sue labbra e la mise a sedere sul tavolo, passandole le mani sulle cosce tornite e sulla vita morbida cinta dall’obi scarlatto.
Temari si lasciò scappare un risolino.  
“E questo dove l’hai imparato, ragazzino?” gli soffiò all’orecchio, mentre si allontanava per riprendere fiato e gli accarezzava i lineamenti aguzzi con le mani.
“Conoscere Ino a volte torna utile,” rispose Shikamaru con un sorriso angelico. “Non sai quante volte l’ho sentita parlare con Sakura di ciò che avrebbe voluto fare con questo o quell’altro ragazzo.”
“La Yamanaka?” ripetè Temari pungente. “Ah, sì?”
Shikamaru ridacchiò e la baciò di nuovo, mandandola quasi riversa sul tavolo. Temari si puntellò con i gomiti per non cadere, ma lasciò andare la testa all’indietro quando Shikamaru le passò le mani sulla schiena e le baciò il collo fino alla clavicola.
“Gelosa?” mormorò.
“Non ancora,” ribattè Temari, fulminandolo con lo sguardo. “Ma se ti becco con lei, ti faccio a pezzettini, Nara, sappilo.”
“Allora mi si prospetta una vita lunga e serena,” ridacchiò Shikamaru.
“Certo che hai un tempismo perfetto, piagnucolone,” esalò Temari, abbracciandolo e baciandogli il collo. “Ti decidi a muovere il culo proprio ora che devo tornare a casa.”
“Sei la ragazza più fine che abbia mai incontrato, seccatura,” disse Shikamaru, abbracciandola a sua volta e raddrizzandosi con lei addosso. “E chi te lo dice che la mia non fosse tutta una tattica per farti tornare qui?”
“Ma se non riuscivi nemmeno a intavolare il discorso, prima!” Temari gli passò una mano sulla guancia e seguì la linea del sopracciglio sottile con un dito. “Devo andare. Mi aspettano.”
“Ma torni presto, vero?”
“Il prima possibile, te lo giuro.”
“Così, per una volta, secondo mia madre combinerò qualcosa di buono.”
“Non le basta sapere che hai sepolto quel tizio dell’Akatsuki, Hidan, nella foresta di famiglia?”
“Cose di ordinaria amministrazione in casa Nara.”
Ridacchiarono entrambi.
“Senti, piagnucolone…”
“Che vuoi, seccatura?”
“Quindi… noi stiamo insieme?”
“Non so,” rispose lui, passandole una mano sotto l’orlo del kimono. “Tu che dici?”
“Dico che – “ Temari scese dal tavolo e scostò la sua mano dalla propria gamba con un sorrisetto malizioso. “Se non fai il bravo, lo dico ai miei fratelli.”
“D’accordo, d’accordo.” Shikamaru sopirò rassegnato. “Sei ufficialmente la mia ragazza, principessa selvaggia di Suna. Contenta, ora?”
Temari gli diede un bacio a fior di labbra e andò ad agganciarsi il ventaglio sulla schiena, prima di dirigersi verso la porta e prendere in mano la borsa.
“Questa la faccio mandare direttamente a casa,” gli disse. “Voglio viaggiare leggera.”
“Andiamo, seccatura,” sorrise Shikamaru, rimettendosi il giubbotto da chuunin e aprendole la porta. “Devo accompagnarti fino alle porte del villaggio, o Tsunade diventerà una belva. Ho già messo la sua pazienza a dura prova, negli ultimi giorni.”
Shikamaru le prese la borsa per consegnarla personalmente al portiere dell’albergo e si sporse per dare un bacio sulla guancia a Temari.
“Le donne sono una gran seccatura, sai?” commentò con espressione annoiata.
Temari gli fece un sogghigno a trentadue denti e gli tese la mano in modo che Shikamaru potesse intrecciare le proprie dita alle sue.


FINE



SPAZIO DELL’AUTRICE

Allora allora allora!
Eccoci qua, alla felice conclusione per la nostra coppia di ninja preferiti ^_^
Che dire? Intanto un ringraziamento particolare a tutte le mie recensitrici DOC. Sempre puntuali e sempre fin troppo gentili nei vostri commenti. Fa sempre un gran piacere vedere tante persone interessate ai propri lavori (io stessa mi sto prodigando per lasciare più commenti possibili U.U, anche se con il mio tempo a disposizione – poco – è un po’ difficile).
Un altro ringraziamento va a tutte quelle persone che hanno inserito questa fic tra le seguite e a tutti quelli che si sono fermati di qui per leggere e basta.
Spero davvero che vi siate divertiti a leggere almeno la metà di quello che mi sono divertita io a scrivere. Cerco sempre di pubblicare con le migliori intenzioni, ovvero quelle di far trascorrere almeno 10 minuti in serenità a chi legge, dimenticando per un momento il mondo esterno.
Vista la carrellata di complimenti sul mio stile di scrittura (ancora sono veramente stupita e arrossisco fino alla punta dei capelli quando rileggo i vostri commenti *.*), se date un’occhiata alla mia pagina personale potete avere un’idea di quello che significhi per me “scrivere”. Riporto una citazione in particolare di Stephen King, uno scrittore che, al di là dei gusti personali (io stessa non riesco a reggere più di un racconto breve, a volte XD), in merito a questo argomento dice cose molto sensate, a mio modesto parere.


“Quando leggete un racconto, voglio farvi ridere o piangere, o entrambe le cose insieme. In altre parole, voglio il vostro cuore.”

E ora, i ringraziamenti ^_^

Salice ---> Tranquilla! Vero che Shikaku e Yoshino sono carinissimi?? Spero che tu sia rimasta soddisfatta da questa conclusione! Ciao!

Kimiko_93 ---> ^^’ (vedi sopra XD). Sì, in effetti Ino mi serviva a sdrammatizzare un po’ la situazione. Visto il carattere generale della fic, mi sembrava un po’ sbilanciato fare di quel capitolo un piagnisteo generale. Grazie mille per la tua conferma al nome giapponese (e anche tutte le altre volte in cui hai commentato sei stata utile, cosa credi?? *si aggira con occhio assassino brandendo il ventaglio di Temari*)! Figurati che io ho dato alla mia gatta il nome Yuki perché è tutta bianca, sapendo appunto che voleva dire “neve”. E poi ho controllato meglio e ho scoperto che voleva dire anche triliardi di altre cose T.T. I nomi giapponesi mi fanno impazzire XD.

_Sumiko_ ---> XD: vedi sopra anche tu. Sono convinta anche io che sarebbero genitori fantastici, sia Shikamaru che Temari. Me li sono immaginata tante volte e vedere come Shikamaru si comporta con Kurenai nel manga ha fomentato ancora di più le mie speranze.
Perla nera?? Alludi forse a quella di Jack Sparrow/mitico Johnny Depp??? XD No, sto scherzando! È bello sapere che la mia fic è paragonata ad una cosa così preziosa *.*

blablaba ---> Prima o poi rivelerò al mondo la tua vera natura di Mosca Verde XDXD. A proposito delle nostre teorie, ti immagini se Shiho diventasse come Shizune?? Temari fa una strage, altro che foresta disboscata dal ventaglio assassino.
Ah, davvero: Kurenai pare avere una gestazione da elefante; forse Kishi-sensei non ha capito molto bene come funzionano certe cose, chissà. Matto come un cavallo pure lui. Per il nome, ho scartabellato una sera prima di trovarne uno abbastanza azzeccato e abbastanza carino. Ce n’erano di più azzeccati nel significato, ma non mi piacevano neanche un po’ e, allo stesso tempo, volevo evitare ripetizioni quali Asuma o Hiruzen. Piaciuta la fic?? ;-)

ami90 ---> Anche tu un tempismo perfetto, gioia! Stavo giusto per postare quando ho visto la tua recensione XD! Spero che anche questo epilogo ti sia piaciuto. Figurati se Naruto poteva portare a termine il compito! anche se non fosse stato ubriaco, ti pare che Kakashi possa farsi fregare così? Che copia ninja-con-sharingan-ultrararissimo-superpotente-figlio-di-Zanna-Bianca sarebbe allora??? XDXDXD E che pessimo spettacolo per Sakura T.T


“E se qualcuno di questi racconti ti è utile, ti fa volare con la fantasia, ti aiuta a trascorrere una noiosa ora di pausa per la colazione, un viaggio in aereo, o un’ora di punizione da solo in classe per aver tirato palline di carta, questa è la mia ricompensa.”

Sperando di risentirci presto, sempre vostra
Lucy Farinelli.

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