200 QI + 15 bicchieri di sakè di Lucy Farinelli (/viewuser.php?uid=19035)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una serata tra amici ***
Capitolo 2: *** I grandi ninja di Konoha ***
Capitolo 3: *** Il buongiorno si vede dal mattino ***
Capitolo 4: *** Kurenai ***
Capitolo 5: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Una serata tra amici ***
200 QI
+
15
bicchieri di sakè
1.
Una serata tra
amici
Shikamaru Nara incrociò le braccia dietro la nuca e
cercò di fare un calcolo approssimativo delle volte in cui
si era recato in quel prato per stendersi e osservare placidamente le
nuvole. Cento? Centocinquanta? In diciassette anni e mezzo di vita,
quante volte era scappato dai suoi doveri e si era rifugiato in quel
piccolo paradiso privato?
Bah, che seccatura.
Shikamaru lasciò perdere i conti e cercò una
posizione più comoda sull’erba, indeciso se un
particolare sbuffo bianco potesse assomigliare o meno ad un grosso
rospo ciccione.
Era un tardo pomeriggio di metà aprile, un periodo
relativamente tranquillo per il villaggio di Konoha, e Shikamaru aveva
intenzione di approfittarne il più possibile, prima che i
suoi impegni di chuunin e richieste di missioni tornassero a bussare
prepotentemente alla sua porta.
Il cielo stava diventando sempre meno azzurro per sfumare su un blu
più scuro e Shikamaru calcolò che di
lì a mezz’ora al massimo sarebbe dovuto rientrare
a casa. Chiuse gli occhi e sospirò, lasciando che
l’aria frizzantina gli pizzicasse la gola.
“Shikamaru.”
Il ragazzo inarcò un sopracciglio e socchiuse un occhio.
“Choji.”
Il suo migliore amico gli sorrideva a testa in giù, la lunga
matassa di capelli castani che incombeva su di lui.
“Ti cercavo,” disse Choji. “Volevo dirti
che stasera andiamo al pub per una bevuta. Inoltre, tua madre, non
sapendo dove venire a
pescarti – sue testuali parole, mi manda a
dirti che devi tornare a casa all’istante.”
Shikamaru aprì anche l’altro occhio.
“Sì, sì. Grazie, ora vado.”
“Io mi sbrigherei se fossi in te,”
commentò Choji, grattandosi pensieroso una guancia.
“Era in cucina a inveire contro la nullafacenza dei Nara e
non sembrava di buon umore.”
Shikamaru si alzò con un gemito: conosceva fin troppo bene
le abitudini di sua madre.
“Dice che se non ti presenti subito alla sua porta,
conoscerai il vero dolore.”
“Grazie, Choji. Ho capito.”
Shikamaru si spazzolò i vestiti scuri e si
incamminò con l’amico verso casa, camminando
accanto a lui con le mani in tasca e un filo d’erba tra le
labbra, lanciando vaghe occhiate alle nuvole sopra le loro teste.
Percorsero le scorciatoie di cui erano a conoscenza da una vita tra i
viottoli di Konoha e, ben presto, raggiunsero la tenuta dei Nara.
“Ti fermi a cena?” chiese Shikamaru a Choji prima
di entrare.
L’amico scosse la testa. “Anche mia madre mi
aspetta. Ci vediamo dopo, d’accordo? Solito posto, solita
ora.”
Shikamaru sorrise. “Alle nove da te.”
Mentre Choji si allontanava, Shikamaru gettò via il filo
d’erba e, dopo aver guardato con nostalgia l’ultima
nuvola per quel giorno, si rassegnò ad entrare in casa.
“Shikamaru
Nara.”
Un sibilo lo placcò appena mise piede
nell’ingresso.
“Mamma.”
Shikamaru alzò cauto lo sguardo per vedere sua madre che lo
fulminava con le mani piazzate sui fianchi e un mestolo nella destra.
“Ti pare questa l’ora di tornare?” lo
aggredì. “Dove sei stato? È da
stamattina che sei in giro, si può sapere dove te ne vai
tutto il giorno?”
“Fuori,” rispose Shikamaru a bassa voce.
L’espressione di Yoshino divenne omicida.
“Fuori.
Sei sempre fuori,
tu! Per una volta che tu e tuo padre non siete impegnati in missioni
suicide, non potreste passare un po’ più di tempo
a casa? Sono fiera che mio marito e mio figlio siano due ninja della
Foglia, ma ciò non toglie che io mi preoccupi costantemente
per voi!”
Shikamaru sapeva che, quando sua madre era di quell’umore,
era consigliabile non replicare e rimanere in assoluto silenzio,
perciò abbandonò le braccia lungo i fianchi e
chinò la testa, ascoltando senza fiatare la tirata
inferocita di Yoshino, finchè la sua voce si spense e
l’ingresso piombò in un silenzio innaturale. Solo
allora, Shikamaru si azzardò a rialzare il capo, giusto in
tempo per cogliere lo sguardo arcigno di sua madre.
“E adesso, levati le scarpe e vai a tavola con tuo padre,
prima che la cena si freddi.”
Anche se dubitava fortemente della precisazione finale, Shikamaru si
guardò bene dal dare voce ai suoi pensieri e
obbedì senza fiatare.
“Vuoi una mano, Yoshino?” chiese Shikaku con
espressione incerta, al termine della cena.
Sua moglie lo guardò malissimo, raccolse i piatti sporchi e
li portò in cucina con un secco “No, grazie”.
Padre e figlio si scambiarono uno sguardo di intesa e si defilarono in
salotto.
“Ma che diavolo le prende?” sbottò
Shikamaru, socchiudendo i fusuma. “È
più isterica del solito.”
“Nah, non è isterica,”
borbottò Shikaku, sprofondando nel divano e accendendo la
televisione. “Solo preoccupata. In più, credo sia
in quel periodo del mese.”
“Per lei è sempre quel periodo del
mese,” ribattè Shikamaru, appollaiandosi sul
bracciolo della poltrona.
Suo padre ridacchiò. “Ti ha dato una bella
strigliata, eh?”
“Di certo non può essere peggiore di quella che
avrà dato anche a te,” replicò
Shikamaru, incrociando le braccia sul petto e affilando lo sguardo.
Suo padre cambiava canale senza prestare molta attenzione allo schermo.
“No, infatti.”
Sospirarono all’unisono, poi Shikamaru guardò
l’orologio.
“Ci sarebbe un problema.”
“Hai un QI pari a 200.”
“Papà…”
“D’accordo, d’accordo. Cosa
c’è?”
“Alle nove devo essere da Choji. Usciamo con gli
altri.”
Shikaku girò finalmente la testa verso suo figlio e
sgranò gli occhi.
“È stato bello conoscerti, figliolo.
Pregherò davanti al tuo altare ogni giorno, te lo
prometto.”
“Papà!”
“Ascolta, Shikamaru,” disse allora suo padre,
mettendosi a sedere e posando gli avambracci coperti di rete sulle
ginocchia. “Ormai sei grande, sei un uomo. Inoltre, sei un
ninja della Foglia e appartieni al clan dei Nara e noi Nara non siamo
dei codardi.”
Shikamaru attese il resto del discorso, inarcando sempre più
il sopracciglio sinistro.
“Perciò vai di là e affronta tua madre
da vero uomo.”
“Mentre tu te ne stai qui beato, ben al riparo dalla linea di
fuoco.”
“Ovviamente.” Shikaku tornò a stendersi
sul divano. “Sono io a dividere il letto con quella donna e
domani mattina vorrei risvegliarmi ancora tutto intero –
senza alcun pezzo mancante, non so se ci intendiamo.”
“Che seccatura.”
Shikamaru si alzò e camminò in silenzio fino
all’ingresso, dove si rimise le scarpe e una maglia nera a
collo alto sopra quella a rete che indossava già. Solo
allora, già pronto alla fuga, osò chiamare
Yoshino.
“Mamma! Vado da Choji, ci vediamo dopo!”
Yoshino comparve alla velocità della luce di fronte a lui.
“Esci? Di
nuovo?” sibilò.
“Sì, ma – torno presto,”
balbettò Shikamaru. “Davvero.”
Shikaku comparve inaspettatamente alle spalle di Yoshino, proprio
mentre la donna apriva la bocca per rispondere.
“Yoshino, lascia stare Shikamaru,” intervenne a
sorpresa suo padre con fare conciliante. “Non fa niente di
male, dopotutto.”
Lo sguardo della donna vagò tra suo marito e suo figlio, il
primo con un’espressione incoraggiante dipinta sul viso, il
secondo in preda al terrore di un attacco improvviso.
“Bah!” sbottò, girando loro le spalle.
“Uomini.”
“Muoviti, figliolo,” bisbigliò Shikaku a
Shikamaru, facendogli l’occhiolino. “Prima che le
sue maledizioni facciano effetto.”
“Certo che tua madre è proprio un tipo
strano,” borbottò Choji.
Lui e Shikamaru stavano camminando con calma per le vie semideserte di
Konoha, sotto le luci delle insegne dei negozi e dei lampioni.
“È la seccatura più seccante di
tutte,” precisò Shikamaru. “Come lo
possono essere solo le donne.”
“Eccolo che ricomincia,” rise Choji. “Il
solito maschilista misogino. Ti consiglio di andarci piano con le
generalizzazioni, non sai mai cosa potrebbe capitarti nella
vita.”
“Lo sai che scherzo, Choji,” sorrise Shikamaru con
le mani affondate nelle tasche dei pantaloni. “Ma su mia
madre sono serissimo. Di certo, non sposerò mai una donna
come lei.”
Choji lo ignorò. “Guarda, sono già
arrivati tutti!”
Shikamaru seguì lo sguardo dell’amico fino al pub
dove si erano già radunati Naruto, Lee, Neji, Kiba e Shino,
in attesa del loro arrivo.
“Bene, ci siamo tutti,” li accolse Naruto con
impazienza. “Cominciamo.”
“Cominciamo cosa?”
chiese sospettoso Shikamaru.
Neji si voltò verso Choji e i suoi occhi bianchi parvero
infilzarlo da parte a parte. “Non gliel’hai detto!
Mi sembrava strano che fosse venuto così
tranquillamente!”
“Di che state parlando, tutti quanti?”
domandò piccato Shikamaru mentre Choji sorrideva sornione e
Neji scuoteva il capo.
“Andiamo, andiamo!”
Naruto li pungolò fin dentro il locale e scelse un posto
nell’angolino più appartato che riuscì
a trovare.
“Neji?” soffiò Shikamaru al compagno
mentre sedevano fianco a fianco.
“Naruto ha appena avuto un’idea
geniale per movimentare le nostre serate,”
rispose atono Neji.
“E sarebbe?” Shikamaru stava già
valutando le possibili vie di fuga.
“Ubriacarsi.”
Ok, era morto.
Shikamaru era un uomo morto.
Se c’era una cosa che Yoshino non tollerava era vedere la
gente completamente ubriaca.
“Non se ne parla.”
“A chi lo dici.” Neji si voltò verso di
lui a labbra serrate.
“E allora perché sei qui?” gli chiese
Shikamaru.
“Qualcuno dovrà pur tenerli
d’occhio.”
“Allora!” esclamò Naruto, facendo
sobbalzare mezzo locale. “Per chi si fosse appena
sintonizzato, le regole sono molto semplici: dobbiamo bere quindici
bicchieri di sakè a testa. Chi è più
ubriaco, perde, e chi perde deve pagare il conto e fare penitenza. Lee
è il nostro arbitro, dal momento che non può
toccare una goccia di alcool.”
Rock Lee si esibì nella migliore delle sue Nice Guy Pose.
“Che idea stupida,” disse subito Neji.
“Io non partecipo.”
“Concordo,” disse Shikamaru.
Si levò un coro di lamentele generali.
“Oh, andiamo,”
disse Naruto, sporgendosi sul tavolo, affiancato da Kiba e Lee.
“Non ditemi che avete paura. Che uomini siete, se non sapete
reggere un po’ di sakè?”
“Uomini sani di mente,” puntualizzò
Neji, posando la punta delle dita sul legno del piano.
“Senza una madre come la mia,” gli diede man forte
Shikamaru.
A quelle parole, ridacchiarono tutti. Konoha intera conosceva la moglie
di Shikaku Nara.
Dopo l’ammutinamento di Neji e Shikamaru, Lee diede inizio
alla sfida e ordinò il primo giro per quattro sotto gli
sguardi disgustati dei due reietti.
A favore dei partecipanti, bisogna dire che i primi tre o quattro
bicchieri li ressero alla grande. Dopo il quinto, però,
cominciarono a manifestarsi i primi segni di cedimento, come risatine e
scoppi di violenza improvvisi, sedati in fretta da chi era ancora
lucido.
Al settimo, Kiba improvvisò un valzer con Akamaru.
Al nono, Shino partì per inscenare uno strip-tease, ma venne
prontamente bloccato da Neji e Lee.
Al dodicesimo, Choji cominciò a battere il ritmo sul tavolo
e a cantare quella che, a suo modesto parere, era una serenata alla
“bella e dolce Ino Yamanaka”.
Al quindicesimo bicchiere, Lee dichiarò chiusa la partita e
stabilì che il perdente era Naruto: il ninja era steso
supino sul tavolo e biascicava di rospi giganti appesi ad un carillon
che ballavano seguendo la musica delle stelle.
Come penitenza, Choji, Shino, Kiba e Lee decisero che Naruto si sarebbe
dovuto intrufolare nella stanza del maestro Kakashi e rubargli la serie
completa de Il paradiso
della pomiciata e lasciare al posto dei libri i suoi
vestiti, poi sarebbe dovuto andare in mutande da Sakura per portarle il
bottino.
Neji e Shikamaru, disgustati, li guardarono partire in pompa magna,
senza avere il coraggio di seguirli. Dopo un’occhiata di
intesa, se ne tornarono ognuno a casa propria.
“Gaara.”
L’onorevole Kazekage alzò la testa dal mucchio di
documenti che aveva sparsi sul tavolo e fece cenno alla sorella di
entrare nell’ufficio.
“È appena arrivata una comunicazione da Konoha da
parte dell’Hokage,” disse Temari, tendendo il
foglio al fratello. “Quegli ingredienti per i medicinali che
avevamo richiesto tre settimane fa sono arrivati.”
“Molto bene,” rispose Gaara, restituendole il
foglio. “Parti quando vuoi.”
Temari annuì e uscì fuori. Kankuro la aspettava
dietro la porta.
“Cos’è quel sorrisetto da ebete che hai
stampato sulla faccia, Temari?”
La ragazza gli sventolò il foglio di Tsunade davanti al
viso. “Parto per il villaggio della Foglia.”
“Quando?” Kankuro afferrò il pezzo di
carta e lo scorse velocemente.
“Adesso. I medicinali mi aspettano.”
Kankuro sollevò le sopracciglia e assunse un’aria
scettica.
“Hai qualcosa da dire, fratellino?” gli chiese
Temari, piazzandosi le mani sui fianchi e divaricando le gambe.
“Porta i miei saluti ai tuoi amici,”
ridacchiò Kankuro, restituendole il foglio e allontanandosi
nell’oscurità del corridoio.
SPAZIO
DELL'AUTRICE
Eccomi di ritorno con la mia prima Shikatema! Nata come one shot,
è poi diventata una long (not-so-long) fic.
Che dire? Intanto, grazie a tutti coloro che hanno recensito Orochimaru's birthday,
poi vi auguro buona lettura anche per questa storia. Spero abbiate
voglia e pazienza di seguirmi in tanti.
Shikatema di tutto il
mondo, uniamoci! ^^
Lucy Farinelli
|
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Capitolo 2 *** I grandi ninja di Konoha ***
2.
I grandi ninja
di Konoha
[One week later]
“Stamattina
ho incontrato Kurenai al negozio di Ino,” disse Yoshino,
portando in tavolo l’arrosto. “Ha quasi finito il
tempo. Dice che si aspetta di andare in ospedale da un momento
all’altro.”
Sorrise
ai due uomini seduti alla sua tavola mentre riempiva loro i piatti.
“Sarà
felice, immagino,” commentò Shikaku con un sorriso.
“Molto,”
rispose Yoshino, sedendosi davanti a Shikamaru. “Mi ha
confessato di essere un po’ preoccupata perché
prevede che sarà una situazione piuttosto complicata, ma
– “
“Perché?”
chiese subito Shikamaru.
“Perché
è il suo primo figlio e perché non ha parenti che
possano aiutarla. Per qualche anno almeno, sarà costretta ad
abbandonare i suoi impegni di kunoichi.”
Shikamaru
abbassò la testa sul piatto. La fame gli era passata.
“Da
quanto ho potuto capire, non ha nessuna intenzione di trovare un altro
compagno,” commentò Shikaku a bassa voce.
“Come madamigella Tsunade.”
“Già,”
disse Yoshino. “Passato questo primo periodo, sperava di
rimanere in accademia a insegnare, altrimenti dovrà cercarsi
un altro lavoro.”
“Vedrai
che l’Hokage la aiuterà. Anche se il villaggio non
disponesse di fondi proprio per queste occasioni, non credo che Tsunade
la lascerebbe in mezzo alla strada.”
Ci
fu un momento di silenzio in cui si sentì solo il ticchettio
delle posate nei piatti.
“Asuma
le manca molto,” disse infine Yoshino.
“È serena e il bambino sta bene, ma ogni volta che
la vedo da Ino il suo sguardo parla per lei.”
Shikamaru
alzò la testa verso i suoi genitori. Aveva giurato di non
comportarsi più come un bambino, ma in certe occasioni era
difficile trattenersi.
“Choji
ha chiesto se stasera dormivo da lui,” disse a sua madre,
mentre riusciva ancora a controllare il tremito nella voce.
“Posso?”
Yoshino
addolcì l’espressione severa del viso.
“Certo.”
“Allora
mi preparo.” Shikamaru scostò la sedia dal tavolo
e si alzò.
“Ma
– non vuoi finire la cena, Shikamaru?” chiese
preoccupata sua madre, indicando il piatto intatto del figlio.
“Non
ho fame, mamma,” sorrise lui. “Non – sto
bene così, davvero.”
Yoshino
annuì e lo guardò dirigersi verso la sua stanza
con occhi tristi.
“Forse
non avrei dovuto tirare fuori l’argomento,” si
rivolse a Shikaku.
“Nah,”
rispose l’uomo con un sorriso. “Solo che anche lui,
come tutti, ha i suoi momenti.”
“Lo
vedo solo, Shikaku,” disse Yoshino. “È
troppo serio e – e adulto, per la sua
età.”
“Beh,
non mi sembra un male. E poi ha i suoi amici, non è
solo.”
“Non
so, Shikaku… Dopo la morte di Asuma, sembra invecchiato
all’improvviso. Non ha certo la mentalità di un
ragazzo di diciotto anni.”
“Non
ha mai avuto la mentalità tipica della sua età,
Yoshino, fin da bambino. E Asuma è stato il primo a
capirlo.” Shikaku mise giù il coltello e
guardò sua moglie. “Noi siamo i genitori, ma anche
lui l’ha cresciuto, è stato per anni il suo punto
di riferimento. Non puoi pretendere che cancelli tutto il dolore nel
giro di qualche mese.”
“No,
certo,” convenne Yoshino con un sospiro.
“Lascialo
fare, Yoshino.”
La
donna ci pensò su, poi tirò un gran sospiro.
“Forse… Ma sì, in fondo, Shikamaru
è sempre stato un ragazzo affidabile. Non
commetterà pazzie, vero?”
Shikaku
osservò qualche momento sua moglie, poi si alzò
e, con calma, la abbracciò da dietro, posando le proprie
braccia sulle sue.
“Certo
che no.”
“Sei
andato a trovare il maestro, per caso?” gli chiese Choji
mentre camminavano fianco a fianco per le vie di Konoha diretti verso
il pub.
“L’altro
giorno. Perché?” chiese Shikamaru con le mani
infilate nelle tasche dei pantaloni.
“Perché
ti vedo distratto, Shikamaru,” rispose Choji.
“Così ho pensato che c’entrasse il
maestro.”
“Oh,
no, è solo… Niente di che: prima, mia madre a
cena parlava della maestra Kurenai, così...”
“Oh.
Capisco.”
Shikamaru
sorrise, ma stava mentendo. Voleva cambiare discorso al più
presto perché quella era una delle sue serate peggiori,
quelle che lo colpivano a tradimento quando meno se lo aspettava e che
gli facevano venir voglia di chiudersi nella sua stanza per settimane.
Era uscito con i ragazzi solo per non far preoccupare troppo sua madre
e per cercare di trovare un minimo di sollievo.
“Naruto
vuole la rivincita,” lo informò Choji con un
sorriso. “Stasera dovete partecipare anche tu e Neji,
d’accordo? Altrimenti non c’è
sfida.”
“Mmm…
E cosa è successo a Naruto, la volta scorsa?”
“Niente
di che. Il maestro Kakashi si è limitato a bruciacchiarlo un
po’ con il Mille Falchi,” scrollò le
spalle Choji. “Allora? Sei dei nostri?”
“Da
quand’è che sei così fanatico del
sakè?” bofonchiò Shikamaru.
“Oh,
avanti, Shikamaru,” lo punzecchiò Choji.
“Stasera dormi a casa mia, cosa ti importa se sei un
po’ alticcio al momento del ritorno? Tua madre non lo
verrà mai a sapere.”
Shikamaru
lo guardò a lungo, valutando tutte le alternative possibili,
ma non ne trovò. Era però perfettamente
consapevole di star firmando la sua condanna a morte quando,
finalmente, annuì. Choji esultò.
“Allora,
adesso tocca a… ?” biascicò Naruto
già piuttosto brillo.
“Kiba!”
esclamarono in coro Lee, Choji e Shino.
Il
nono bicchiere di sakè venne fatto scivolare sotto il naso
di Kiba.
“Nove…
nove… nove… nove…”
cantilenarono gli altri finchè il ragazzo non lo ebbe
tracannato tutto d’un fiato.
Quando
Kiba schioccò le labbra e rimise il bicchierino sul tavolo,
esplose un applauso.
“E
ora,” annunciò Lee,
“Shikamaru!”
Contro
ogni previsione, Shikamaru, con otto bicchieri all’attivo,
era ancora abbastanza lucido. Cominciava ad avere un po’ di
sonnolenza e a sentirsi le membra piuttosto intorpidite, ma un altro
paio di giri li avrebbe retti benissimo. Di certo non sarebbe arrivato
a quindici, ma avrebbe fatto una figura migliore di Neji, che, dopo il
quarto, era sparito in bagno.
“Shika…
Shika… Shika…”
ricominciarono a cantilenare gli altri.
Il
sakè arrivò tra le mani di Shikamaru, che
osservò la superficie tremolante del liquore con espressione
indecisa, domandandosi se davvero ne valeva la pena. Strinse il
bicchierino tra le dita e trattenne il respiro.
“Nove!
Nove! Nove!”
Giù
tutto d’un fiato, quel liquore gli bruciò la gola
già in fiamme e gli annebbiò ancora di
più il cervello. I compagni esplosero in grida entusiaste,
dando fraterne pacche sulla schiena dell’amico, e Shikamaru
alzò la testa, le guance un po’ arrossate e gli
occhi lucidi.
“E…
sì, Shikamaru è ancora in gara!”
esclamò Lee, mentre preparava il sakè per Choji.
“Finora, è il nostro concorrente
migliore!”
Shikamaru
agitò debolmente una mano a mezz’aria, lottando
contro l’improvviso desiderio di poggiare una guancia sul
tavolo e mettersi a ronfare davanti a tutti, quando una voce sprezzante
si fece sentire alle sue spalle.
“Ma
che bello spettacolo. Il villaggio della Foglia è davvero in
buone mani.”
Choji,
Lee e Shikamaru sobbalzarono e si voltarono di scatto, mentre Kiba,
Shino e Naruto, seduti davanti a loro tre, alzavano lo sguardo, colti
in flagrante.
In
piedi vicino al loro tavolo, in kimono nero, obi rosso e
l’enorme ventaglio assassino di traverso sulla schiena,
c’era…
“Temari!”
“Shikamaru,”
lo salutò la ragazza con un ghigno sarcastico dipinto sulle
labbra. “Altri ninja ubriachi.”
I
ragazzi risposero con un cenno.
“Cosa
– cosa fai qui?” Shikamaru cercò di
scandire bene le parole, ma dalla smorfia schifata di Temari
capì di non aver raggiunto il proprio intento.
“Sono
in missione per conto di mio fratello Gaara, l’onorevole
Kazekage di Suna. Devo ritirare alcune cose di madamigella
Tsunade.”
“Noi
stiamo facendo un gioco, invece,” saltò su Naruto,
fuori di sé. “Dobbiamo bere quindici bicchieri di
sakè e chi è più ubriaco perde e paga
pegno. Vuoi partecipare anche tu?”
Shikamaru
era ancora abbastanza lucido per portarsi le mani alla testa mentre
Temari affilava lo sguardo.
“Sì,
me ne ero accorta, si sente la puzza di alcool fin
dall’esterno,” commentò, lanciando
un’occhiata in tralice a Shikamaru. “Comunque, no.
Devo sistemare le mie cose in albergo. Ci vediamo.”
Girò
i tacchi e uscì dal locale.
È
ancora presto, dopotutto.
Temari
lanciò una valigia dietro la porta della camera da letto
dell’albergo e gettò un’occhiata
all’orologio, indecisa se restarsene lì a riposare
o approfittare della bella serata per fare una passeggiata nelle vie di
Konoha.
Evitando
possibilmente branchi di ninja ubriachi.
Non
sapeva nemmeno lei perché era entrata in quel pub. Era vero
che li aveva visti da fuori, era vero che aveva udito le loro grida
divertite, era vero che aveva notato anche lui al loro tavolo.
Ma perché era entrata?
Avrebbe
potuto benissimo salutarli il giorno dopo, incrociandoli casualmente
per strada o al palazzo dell’Hokage.
Però
aveva visto Shikamaru tra i suoi amici palesemente ubriachi, come un
suono del tutto stonato in una bella melodia.
Shikamaru
non era tipo da fare quelle cose. Cosa gli era successo da provocargli
una reazione del genere? Certo, Temari sapeva della terribile disgrazia
capitata al suo maestro, ma non poteva essere stato quello il motivo
scatenante.
Ecco
perché era entrata a controllare.
Temari
sbuffò pesantemente e decise che, piuttosto che restarsene
lì a farsi paranoie mentali, era meglio schiarirsi le idee
– fuori.
Prese
le chiavi e uscì, girovagando senza meta tra i negozietti e
i locali del villaggio, approfittandone per cedere alla sua
golosità e comprare qualche dolcetto di riso. Senza
pensarci, si ritrovò a gironzolare nei pressi del pub dove
aveva colto in flagrante Shikamaru e compagni e stava per cambiare
direzione quando li vide uscire a due a due, Naruto in testa in
condizioni disastrose, sorretto da Choji, messo poco meglio di lui.
Scomparvero ridendo per una viuzza laterale, barcollando a destra e a
sinistra nella notte, seguiti da Kiba e Shino ubriachi fradici che
riuscivano a stare in piedi solo grazie alla schiena di Akamaru. Lee
uscì per ultimo, di corsa, e si lanciò al loro
inseguimento.
Infine,
con somma sorpresa di Temari, comparvero Neji e Shikamaru, ancora
abbastanza sobri – almeno quel tanto che consentiva loro di
camminare in posizione eretta.
“Ah,
i grandi ninja di Konoha,” ridacchiò Temari tra
sé e sé.
I
due si fermarono appena fuori dal locale e si guardarono intorno
perplessi, rendendosi subito conto che i compagni li avevano
abbandonati. Un’ombra di preoccupazione offuscò
l’espressione intontita di Shikamaru e Temari, mossa da un
improvviso istinto di umana compassione, si avvicinò a loro.
“Se
ne sono andati,” li informò. “I vostri
amici.”
“Che
seccatura,” biascicò Shikamaru, passandosi una
mano sul viso. “Maledizione a loro e alle loro stupide idee.
E ora cosa faccio?”
Da
vicino, Temari si accorse che Neji appariva un po’ sbattuto,
ma sobrio, mentre Shikamaru crollava letteralmente di sonno: profonde
occhiaie gli segnavano il viso, aveva gli occhi lucidi e arrossati e la
vista appannata. Si vedeva lontano un miglio che non avrebbe retto
ancora a lungo e che il mattino dopo avrebbe rimpianto ogni singola
goccia di alcool.
“In
che senso?” chiese Temari.
“Doveva
dormire da Choji, stanotte,” le spiegò Neji.
“E se sua madre lo vede in queste
condizioni…”
“Capisco.”
“No.”
Shikamaru ridacchiò e fu una scena davvero inquietante.
“Tu non puoi capire. Non hai mai conosciuto mia
madre.”
Anche
Neji ridacchiò, chiaramente risentendo di quel poco
sakè che era riuscito a farsi entrare in circolo, e Temari
si domandò perché diavolo non se ne era rimasta
chiusa in albergo a riposare dopo un viaggio di tre giorni. Davanti a
lei, Neji e Shikamaru ridacchiavano in preda ai fumi
dell’alcool e Temari fu costretta a prendere in mano la
situazione.
“Tu,”
disse a Neji. “Vattene a casa e fatti una bella dormita. E
tu…”
Shikamaru
smise di ridere e la guardò preoccupato.
“Per
stanotte puoi dormire sul mio divano. Cerco di farti passare la sbronza
e domattina ti riconsegno a tua madre in condizioni migliori di
– beh, queste,” concluse
Temari, agitando vagamente una mano con espressione disgustata.
“Siete uno spettacolo pietoso.”
“Domani
devo essere in ufficio a compilare un paio di scartoffie,”
bofonchiò Shikamaru, socchiudendo un occhio.
“Sì,
certo, come no.”
Temari
sbuffò e lo prese per un braccio, pilotandolo nella
direzione dell’albergo. Neji le fece un cenno di
ringraziamento e si eclissò tra le vie di Konoha.
SPAZIO
DELL’AUTRICE
Uuuuuuuuuuuh,
quanti commenti ^_^
*me
davvero stupita e contenta*
Non
avrei mai detto di poter riscuotere tanto successo in così
breve tempo! Adesso mi viene l’ansia e comincio a farmi
paranoie sul resto della fic, chiedendomi se sia davvero
così meritevole o se non finisca in qualche modo per
deludere le vostre aspettative XD.
Ho
notato che la scena di Shino ubriaco ha generato un po’ di
scalpore *ride*. Beh, il sakè gioca brutti scherzi e lui
è sempre coperto fino al naso… è stata
un’associazione mentale del momento, una delle tante
istantanee che vedo nella mia testa mentre scrivo.
Un
piccolo nota bene (non so se qualcuno se ne è accorto):
quando Shikamaru torna a casa propria con Choji, ho scritto che era
vestito di scuro, mentre, prima di uscire per andare al pub, ho detto
che si era messo una maglia nera a collo alto sopra quella di rete che
indossava già.
Mmmmm…
è stato un errore di disattenzione da parte mia, ma
è del tutto possibile che Shikamaru, prima di andare in
salotto con Shikaku, si fosse tolto la maglia scura e fosse rimasto con
quella di rete che si vede spesso indosso anche a suo padre. Non
è importante, ma ci tenevo a precisarlo U.U
E
ora….
Salice
--->
Grazie! Sì, la coppia Shikatema è davvero
favolosa! Combinazione esplosiva? In effetti… XD
x
Saretta x ---> *me arrossisce* Sono
davvero contenta che la mia fic ti piaccia (guarda caso, io
l’altro giorno stavo riguardando la tua Pride
and…)! Beh, ovviamente,
quando si parla di Naruto, la Shikatema è
d’obbligo XD. Sì, Shikaku è il massimo,
non sai quanto ho riso mentre leggevo tutte le sue conversazioni con
Shikamaru sulle donne nei vecchi numeri. Accenno InoCho *si guarda
intorno perplessa*? Quale accenno InoCho?? XDXD Tranquilla, tranquilla:
era un voluto
accenno InoCho. Sono canon, del resto (Kishimoto dixit U.U).
Kimmy_Tamer
--->
Grazie mille ^_^ Sì, in effetti doveva essere una one shot,
poi la penna è impazzita e i fogli sono aumentati in numero
consistente XD
blablaba
--->
Eggià, devo proprio ringraziarvi per la mia conversione! Che
mondo sarebbe senza Naruto? Che Naruto sarebbe senza Orochimaru? Che
Shippuuden sarebbe senza le Shikatema? Domande esistenziali a cui non
troveremo mai una risposta XDXDXD. Le tue ansie saranno presto
soddisfatte *fischietta*.
KiMiKo_93
--->
Allora con questa fic spero di completare la tua conversione allo
Shikatema! No, sto scherzando, ma sono contenta che, pur non essendo
così sfegatata, tu abbia deciso di leggere ugualmente la mia
storia ^_^ Per Shino, vedi sopra XD.
Lady
Wird ---> Orgoglio Mosca Nera!
Non ti abbattere e continua anche tu la tua missione XDXD. Visto che
Tem è arrivata? E guarda caso, chi incontra per primo? E il
titolo è stato un vero strazio trovarlo, non mi veniva in
mente niente! Stavo per impazzire, fortuna che poi alla fine qualcosa
ho trovato.
Proud
to be a black fly! ^_^
Al
prossimo capitolo!
Besitos,
Lucy
Farinelli
|
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Capitolo 3 *** Il buongiorno si vede dal mattino ***
3.
Il buongiorno
si vede dal mattino
“Guarda che
ce la faccio a camminare,” disse Shikamaru, spostando con
gentilezza la mano di Temari dal proprio braccio.
“Certo,
come no,” replicò lei, riacciuffandolo per il
gomito. “Infatti tu ti stai dirigendo verso il palazzo
dell’Hokage che è da tutt’altra parte
rispetto al mio albergo.”
Shikamaru
si fermò in mezzo all’incrocio e si
guardò intorno perplesso. “Oh.”
“Già,
oh,” gli fece
il verso Temari. “E adesso, seguimi, per favore. Avrei dovuto
abbandonarti al tuo destino.”
“Ricordami
di ringraziarti, più tardi,” bofonchiò
sarcastico Shikamaru, con un gran sbadiglio.
Un
ceffone improvviso gli fece bruciare la guancia ed ebbe
l’effetto immediato di fargli ritrovare un po’ di
lucidità. Barcollò leggermente in mezzo alla
strada buia, illuminata a sprazzi dalle lanterne dei negozi e dai
lampioni del marciapiede.
“Crepa,
Shikamaru Nara.”
Senza
più nessuno a cui appoggiarsi, Shikamaru fu costretto a
seguire il passo marziale di una Temari particolarmente infuriata.
Temari
aprì la porta della sua camera e andò dritta in
cucina a prendere un po’ d’acqua, ma non fece in
tempo a tornare nell’ingresso che Shikamaru era
già sparito.
“Dove
diavolo - ?”
Ridusse
gli occhi a fessure e, con il bicchiere ancora in mano, si
precipitò nella stanza da letto.
“Tu!”
gridò oltraggiata, posando di scatto il bicchiere sul
comò prima di combinare qualche disastro. “Cosa
credi di fare, Nara?”
Shikamaru
era steso a braccia aperte e gambe divaricate sul letto.
Il suo letto.
Il
letto di Temari.
E
lo occupava tutto.
“Dormire,”
farfugliò Shikamaru a occhi chiusi.
“Non
se ne parla!” Temari lo prese per una caviglia e
cominciò a tirare.
“Stai
ferma,” protestò Shikamaru senza muoversi di un
millimetro.
“È
il mio letto!” Temari lasciò perdere la caviglia e
passò al braccio destro.
Il
ragazzo sul materasso si limitò a scivolare appena sulle
coperte e a grugnire proteste inarticolate.
“Shikamaru!”
sbottò Temari al limite della sopportazione.
“Shikamaru Nara! Scendi da qui e striscia sul divano, subito!”
Silenzio.
Se
non fosse stato per il petto che si alzava e si abbassava ritmicamente,
Temari l’avrebbe scambiato per un cadavere.
“Shikamaru?”
Il
ragazzo cominciò a russare.
Bip…
Bip… Bip… Clang.
La
sveglia cadde per terra e si smontò, finalmente silenziosa.
Poco importava, più tardi l’avrebbe rimessa a
posto.
Temari
si girò sull’altro fianco e le sue mani si
chiusero pigramente sul petto del ragazzo profondamente addormentato
accanto a lei. Era sudato e sapeva di sakè, ma il suo calore
era ugualmente piacevole.
Un
momento.
Come
fulminata, Temari schizzò fuori dal letto, cadendo per terra
e rotolando sulla sveglia muta, e rimase a fare mente locale stesa sul
pavimento.
Come
era finita lì? La sera prima, era stata costretta ad
andarsene a dormire sullo scomodissimo divano del salotto, dove si era
anche tolta il kimono da viaggio e aveva indossato canottiera e
calzoncini come pigiama. Si controllò rapidamente: aveva
ancora tutti i vestiti addosso – se quelli potevano
considerarsi vestiti. Kankuro la
punzecchiava sempre con battutine sarcastiche sulle sue curve un
po’ troppo pronunciate, ogni volta che la vedeva
così. Ma suo fratello era un orso da quel punto di vista.
Mentre
se ne stava lì stesa a rimuginare in preda
all’agitazione, la testa ad ananas di Shikamaru si sporse
oltre il bordo del materasso, gli occhi aperti solo a metà e
lo sguardo ancora vitreo.
“Temari?”
bofonchiò assonnato.
Senza
riflettere, la ragazza scattò in piedi e, afferrato a due
mani il ventaglio ancora chiuso, lo abbatté di piatto con
tutta la forza che aveva sulla faccia di Shikamaru.
“Come
sono finita qui?” ringhiò al ragazzo che mugolava
di dolore con il viso affondato tra strati di lenzuola e coperte.
“Mi
addormento sul divano e mi risveglio in un letto con te,”
continuò, spietata. “Allora? Come – sono
– finita – qui – ?”
“Ti
ci ho portato io, seccatura,” sbottò Shikamaru,
alzandosi carponi sul letto. “È questo il modo di
ringraziarmi?”
“Ringraziarti?” esplose
Temari. “Ringraziarti?”
“Verso
le tre o le quattro di stamattina, mi sono svegliato e ti ho vista sul
divano in una posizione così scomoda che, se mi ci fossi
addormentato io, avrei sofferto di mal di schiena per tutto il mese a
venire, perciò ti ho presa in braccio e ti ho portata qui.
Ho dormito sul mio bordo di materasso per tutto il resto della notte,
visto che hai la pessima abitudine di allargarti su tutto lo spazio
disponibile.”
Shikamaru,
finalmente sveglio, mise i piedi a terra e schioccò le
articolazioni indolenzite. I vestiti della sera prima erano tutti
gualciti e il ragazzo aveva urgente bisogno di una doccia. Temari era
rimasta di sasso.
“Io
pensavo – credevo – “
balbettò, riponendo il ventaglio contro il muro e
incrociando le braccia sul petto, improvvisamente consapevole di non
avere quasi nulla addosso.
“Temari.”
Shikamaru si portò le mani alle tempie. “Ho la
testa che mi scoppia, un pezzo di carta vetrata al posto della lingua e
gli occhi che mi bruciano.”
Si
sciolse i capelli, li scosse finchè non gli ricaddero sulle
spalle e si rimise a posto la coda.
“Inoltre,
ti pare che io possa essere quel tipo d’uomo? Neanche non mi
conoscessi, Temari. Ma per chi mi hai preso?”
Temari,
con il viso in fiamme, abbassò lo sguardo a terra.
“E
ora, scusami, ma devo tornare a casa,” continuò
Shikamaru, uscendo dalla camera da letto. “Tu mi hai
svegliato con un ventaglio in faccia, ma mia madre metterà
mano ai kunai per scuoiarmi non appena mi vedrà in questo
stato.”
Silenziosa,
Temari seguì Shikamaru in cucina. Mentre il ragazzo si
sciacquava il viso, lei preparò un po’ di the e
qualche biscotto per colazione, che Shikamaru accettò senza
parlare, lo sguardo fisso nel vuoto e la linea serrata delle labbra.
Fece scorrere un po’ di acqua nella tazza ormai vuota e la
mise a testa in giù nel lavandino, poi si bagnò
ancora il viso prima di tirare un gran sospiro e dirigersi verso la
porta. Temari si era appollaiata sul bordo del tavolo, ma corse dietro
a Shikamaru quando il ragazzo mise la mano sull’intelaiatura
del fusuma.
“Shikamaru,”
si decise finalmente a dire.
Lui
si trattenne, un piede già nel corridoio.
“Scusa
se ti ho fatto male.”
Shikamaru
voltò la testa e le sorrise, facendole un vago cenno con la
mano che Temari interpretò come un “Non
preoccuparti”. Poi il fusuma
scivolò sui binari e si richiuse dietro alle spalle del
ragazzo.
Di
kunai non ne volarono, ma di sibili sì.
Yoshino
smetteva di adoperare toni normali quando era infuriata e passava a
versi che andavano dagli ultrasuoni al serpentese.
E
tutto perché Shikamaru aveva bevuto un po’.
E
tutto perché Yoshino ci aveva messo meno di tre secondi per
capirlo.
“Dove
sei stato?” lo bloccò sulla porta appena lo vide
tornare a casa.
Shikamaru
si immobilizzò a metà nel gesto di togliersi le
scarpe.
“Da
Choji,” rispose Shikamaru senza esitare, con la guancia che
gli pulsava dolorosamente.
Sulla
via del ritorno, il ragazzo aveva cercato di escogitare un piano
abbastanza credibile da imbrogliare sua madre, ma sapeva già
che non sarebbe stato facile, primo perché Yoshino aveva un
sesto senso sovrumano per le bugie e secondo perché
conosceva fin troppo bene i trucchetti del figlio. Perciò
l’idea migliore che gli era venuta, era stata quella di
mentire il meno possibile e attenersi ai fatti essenziali.
“E
prima?” Yoshino aveva incrociato le braccia sul petto e aveva
ridotto gli occhi a fessure.
Attenzione:
pericolo.
“Al
pub,” aveva confessato Shikamaru.
“A
bere.” Non era una domanda. “E quella mezza faccia
gonfia come te la sei procurata?”
“Cadendo
dal letto di Choji questa mattina.”
“Perché
avevi bevuto.”
“Sì.”
Sempre
meglio passare per alcolizzato che far sapere a sua madre della notte
trascorsa nella camera d’albergo della principessa di Suna.
Shikamaru trattenne una smorfia. Principessa,
come no.Cresciuta tra i lupi come una selvaggia.
“Cos’è
quella faccia ghignante, Shikamaru?” Yoshino lo
squadrò da capo a piedi, fumando come una teiera impazzita.
“Niente.”
Shikamaru
pregò che il suo viso non tradisse alcuna emozione.
“Dentro,”
ordinò infine Yoshino con un secco cenno del polso.
“E bada bene, Shikamaru: i tuoi giochetti mentali, con me,
non funzionano. Prega che quello che mi hai detto corrisponda a
verità, perché se vengo a sapere qualcosa per
conto mio, è la fine.”
A
quell’interrogatorio seguì una lunghissima tirata
sul comportamento, sulle responsabilità, sul dispiacere che
le aveva procurato e sul rammarico che doveva provare il maestro Asuma,
dovunque egli fosse in quel momento.
“Vuoi
essere il punto di riferimento per quel bambino, vuoi diventare il suo
maestro, e ti comporti in questo modo?” aveva concluso
Yoshino in un sibilo sferzante.
“Per
tutti i Kami, dagli un po’ di tregua, donna.”
Shikaku era comparso sulla soglia della porta della cucina,
già vestito per andare in missione e con una tazza fumante
in mano. “Lo stai ammazzando a parole.”
Le
spalle di Shikamaru si incurvarono ancora di più.
“Shikaku,
sto solo cercando di fargli entrare in quella testa dura che si
è comportato da idiota!” strillò
Yoshino.
“Penso
che l’abbia intuito,” replicò suo padre
con calma, finendo l’ultimo sorso di the. “E poi,
ci siamo tutti comportati da idioti, una volta o
l’altra.”
Scomparve
un attimo in cucina e tornò nel corridoio per posare una
mano sulla spalla della moglie.
“Noi
due, per esempio, ci siamo sposati.”
“Shikaku!”
“D’accordo,
d’accordo, battuta infelice.” L’uomo si
avvicinò a Shikamaru e cominciò a sospingerlo
verso la sua stanza. “Adesso, però, lascialo
andare.”
Yoshino
li aveva guardati mandando lampi dagli occhi e aveva sbuffato.
“D’accordo. Comunque, per la cronaca, sei in
punizione.”
Eh?
“Già,”
commentò aspra Yoshino, leggendo la sua espressione
annichilita. “Non mi importa se hai diciassette anni, se te
ne vai in missione per conto tuo da quando ne avevi dodici, se hai
sepolto un demone immortale nella foresta di famiglia. Io sono tua
madre e, finchè abiti sotto il mio tetto, se ti comporti da
stupido, ne paghi le conseguenze. Hai qualcosa da dire?”
Shikamaru
scosse la testa e scappò nella sua stanza, mentre suo padre
dava un velocissimo bacio sulla guancia a sua moglie e si dileguava
fuori dalla porta di casa.
SPAZIO
DELL’AUTRICE
Et
voilà, terminato anche il terzo capitolo. E il mio ego
gioisce sempre più leggendo le recensioni, vedendo il numero
delle letture e scorrendo la lista delle persone che hanno inserito
questa fic tra le proprie seguite. Davvero non pensavo di riscuotere
tanto successo da una fic semplice semplice come questa.
Ma
bando alle ciance e passiamo ai ringraziamenti:
Salice
--->
Grazie di nuovo, sono davvero contenta che ti piaccia il mio stile ^_^
Se attendevi l’incontro dei due, allora spero che sarai
ancora più soddisfatta da questo capitolo. In effetti, per
chi non ha sperimentato con mano il potere dispotico di Yoshino,
è difficile comprendere la situazione, ma… non
so, io Temari ce la vedo a comportarsi un po’ come lei, con i
suoi fratelli. È un’idea divertente XD.
_Sumiko_
--->
*.* Wow, grazie °///°
“Questa
fan fiction è fantastica.” *arrossisce fino alla
punta delle orecchie*.
Sono
davvero contenta di sapere che la fic sia così IC: cerco
sempre di calarmi il più possibile all’interno
della storia, mentre la scrivo, e di osservare la scena con gli occhi
dei personaggi, per poter descrivere le loro reazioni nel modo
più realistico possibile. La domanda che mi faccio in
continuazione è: “Cosa farebbe Tizio/Caio se si
trovasse in questa situazione?”. E poi cerco di tirare fuori
qualcosa. >w<
Lady
Wird ---> Ahahahaha! Beh, in
effetti, sono completamente in vostra balia *si guarda intorno
sospettosa per vedere se c’è qualcuno con ortaggi
già pronti in mano*. Povero crybaby ubriaco: è un
momento davvero no per lui, ma per fortuna c’è
qualcuno che lo capisce. Infatti mi serviva un motivo davvero valido
per farlo bere (un pochino XD), visto che, per me, lui è
sempre quello che (con Neji) si differenzia sempre dagli altri per
serietà e responsabilità. “Il solito
sonno del pigrone”… sì, beh, quando gli
torna comodo XDXD. Non a caso, Temari è l’unica
che riesce a dargli una bella svegliata. Chissà
perché *sorride sorniona*.
Kimiko_93
---> Temari è
in realtà una spia della Yakuza mangiatrice di uomini
scansafatiche dalla testa ad ananas XDXD. Scherzi a parte, magari
Temari voleva veramente rivedere Shika, ma di certo non aveva la minima
intenzione di fargli da balia. Come si fa a fargli passare la sbronza?
Dice Temari: “La mia idea era quella di offrirgli un rifugio
sicuro per quella notte, dal momento che, se Shika fosse tornato a casa
da Yoshino, molto probabilmente non avrebbe rivisto la luce del sole.
Perché, secondo te quali altri metodi esistono? Gli ho
salvato la vita per l’ennesima volta, non basta?”
*torna a cercare il plushie di Shikamaru, che non trova più
perché le è stato rubato dalla sottoscritta*.
Povero
Neji: anche lui non è proprio tagliato per certe cose!
blablaba
--->
Eh, cosa vuoi che siano 300 ettari di foresta? Doveva stanare una
possibile fiamma di Shika, visto che tutte lo vogliono e tutte lo
bramano XDXD. Ma no, ma no, un goccetto a settimana, e poi è
stata tutta un’idea di Naruto, quindi cosa vuoi pretendere? E
frequentare Orco può avere i suoi lati positivi, tu che ne
sai -.-’’’’? *Orco si mette in
un angolino e lancia occhiate indignate*.
La
gravidanza dura da nove mesi giusti giusti, ho calcolato tutto: la mia
idea è che la morte di Asuma sia avvenuta nove mesi circa
prima dell’inizio di questa fic, quindi a metà
agosto (dell’anno prima) e Shikamaru aveva 16 anni (se non ho
capito male io mentre leggevo il manga). Ora siamo a metà
aprile, quindi Shikamaru ha diciassette anni e mezzo, perché
è nato a settembre. No?
OMN!
°O°
Sempre
su questa rete, alla prossima,
Lucy
Farinelli
|
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Capitolo 4 *** Kurenai ***
4.
Kurenai
Da quattro lunghissimi
giorni, Shikamaru era intrappolato in casa propria.
Yoshino, che
non gli rivolgeva la parola dal momento del rientro, gli aveva permesso
di uscire solo per percorrere un preciso itinerario prestabilito
– da lei – che collegava casa Nara al palazzo
dell’Hokage. Niente uscite con gli amici, niente visite al
mercato, niente capatine in città o nella foresta di
famiglia: solo lavoro. Shikamaru non l’avrebbe mai detto, ma
non vedeva l’ora che madamigella Tsunade gli affibbiasse
anche la più seccante delle missioni, anche
perché, quando era a casa, sua madre lo costringeva ad
accollarsi tutti i lavori di casa più pesanti. Mentre
Yoshino spadellava in cucina o leggeva un libro, Shikamaru lavava il
pavimento, scartavetrava le finestre, riparava i fusuma. Il tutto in
religioso silenzio. Yoshino gli faceva trovare già pronti al
suo ritorno stracci o martelli, a seconda dell’occasione, e
lui si limitava a prenderne atto e ad eseguire i compiti. Sua madre era
così fuori di sé che neppure Shikaku aveva osato
emettere un solo fiato in difesa di Shikamaru: nessuno dei due
l’aveva mai vista tanto inferocita.
Persa ogni
speranza di assaporare nuovamente la libertà prima del
sopraggiungere della vecchiaia, Shikamaru, anche quel tardo pomeriggio,
stava lavando il pavimento della veranda sul cortiletto interno,
alternando lo sguardo tra le nuvole sopra di lui e i pesciolini sotto
la superficie dell’acqua del laghetto che aveva di fronte.
Senza un suono, Yoshino comparve alle sue spalle proprio mentre lui si
stava rimboccando le maniche e si passava un braccio sulla fronte
sudata.
“C’è
una ragazza che ti cerca,” gli disse la madre con espressione
strana. “La sorella del Kazekage di Suna.”
“Temari?”
Shikamaru
rimase di stucco, ma abbandonò all’istante
scopettone e straccio e seguì Yoshino fino
all’ingresso, cercando di darsi una sistemata veloce. Sapeva
di essere in condizioni indecenti.
La ragazza era
nell’ingresso ad agitarsi nervosamente sul posto,
l’enorme ventaglio ondeggiante sulle spalle.
“Shikamaru,”
esalò non appena lo vide. “Mi manda madamigella
Tsunade: devi andare subito in ospedale, Kurenai è entrata
in travaglio e ha chiesto di te.”
Fu come se un
mattone gli avesse appena compresso le viscere, ma lo scrollone di sua
madre lo riportò alla realtà in un battibaleno.
“Muoviti,
Shikamaru,” gli disse, spingendolo verso la porta.
“Cosa aspetti?”
Senza pensare,
Shikamaru mise le scarpe e precedette Temari fuori di casa, dritto
sulla via dell’ospedale, correndo il più
velocemente possibile a zig zag tra le persone. Temari gli stava dietro
senza sforzo e, ad un certo punto, lo affiancò, per poter
comunicare a occhiate quando era ora di cambiare direzione.
Arrivarono nel
giro di qualche minuto, fecero una brevissima sosta al banco
dell’accettazione per sapere a che piano dovevano recarsi e
ripresero la corsa forsennata, facendo gli scalini a due a due.
Shizune li
aspettava a metà corridoio del quarto piano, fuori dalla
camera operatoria.
“È
già – ?“ disse Shikamaru senza fiato,
frenando in scivolata.
“Non
ancora,” rispose Shizune. “Madamigella Tsunade mi
manda a dirvi che il parto si prevede un po’ più
complicato del previsto e che se ne sta occupando personalmente. Anche
Choji Akimichi e Ino Yamanaka sono stati mandati a chiamare, ma sono
fuori in missione e non sappiamo quando rientreranno.”
“E
noi cosa dovremmo fare allora?” chiese Shikamaru con una nota
di disperazione nella voce.
“Sedere
qui e aspettare,” replicò con calma Shizune.
“A Kurenai farà piacere sapervi qui con
lei.”
Shikamaru
inghiottì a vuoto e si passò una mano sul viso,
mentre Temari gli metteva una mano sul braccio.
“Andrà
tutto bene, Shikamaru,” continuò Shizune.
“Kurenai è nelle mani di madamigella Tsunade, puoi
stare tranquillo.”
Shizune fece
un breve sorriso, poi scomparve nella sala operatoria. Shikamaru si
guardò intorno e crollò sulla prima poltroncina
che riuscì a individuare, prendendosi la testa fra le mani.
Temari sedette poco dopo accanto a lui.
“Senti,
Shikamaru…” cominciò, esitante.
“So che non è il momento adatto, ma pare che
dovremo restare qui per un po’, così ne volevo
approfittare per dirti una cosa.”
“Che
c’è?” mugugnò, sempre con la
testa fra le mani.
Temari trasse
un profondo respiro. “Mi dispiace di averti svegliato a
randellate, l’altro giorno. Non te lo meritavi.”
Shikamaru si
lasciò sfuggire un sorriso. “Mi stai chiedendo
scusa per avermi dato del pervertito?”
Lanciò
un’occhiata di sottecchi a Temari e la vide assottigliare la
linea delle labbra.
“Sì.”
“Acqua
passata,” disse Shikamaru. “Avrei reagito anche io
allo stesso modo.”
Stavolta
toccò a Temari sorridere. “Non credo proprio. Tu
avresti fatto tutti i tuoi soliti calcoli mentali e avresti tratto
conclusioni meno affrettate.”
Temari
sganciò il ventaglio e sedette più comodamente
sul divanetto.
“Ci
tenevo a scusarmi solo perché ho visto che tua madre ti ha
– come dire – “
“Mi
sta torturando in maniera esemplare? Sì.”
Si scambiarono
un’occhiata e sorrisero contemporaneamente.
“Grazie,”
disse Shikamaru. “E non c’è bisogno che
tu stia qui con me. Immagino che dovrai tornare a Suna al
più presto.”
“I
miei fratelli sanno cavarsela benissimo anche senza di me,”
replicò pragmatica Temari. “Non ti lascio qui da
solo, piagnucolone. Chissà che disastri finiresti per
combinare senza di me.”
“Ino
e Choji non tarderanno.”
“Ma
ora non ci sono.”
Temari gli
fece un gran sorriso. Shikamaru abbassò lo sguardo a terra e
cominciò a tormentarsi le mani in grembo, senza sosta.
“Me
l’ha chiesto Asuma, sai?” mormorò.
“Di tener d’occhio quel bambino.”
“Andrà
tutto bene, Shikamaru.” Temari gli passò una mano
sulla schiena. “Non so cosa intendano loro con complicazioni,
ma anche mia madre ha avuto dei problemi quando sono nata io.
L’ho fatta dannare parecchio prima di decidermi ad
uscire.”
“Ma
non mi dire,” ridacchiò Shikamaru. “Fin
da piccola eri una seccatura.”
“Taci,
piagnucolone.”
Shikamaru
tornò a tormentarsi le mani.
“Non
posso perdere anche loro.”
“Non
li perderai, non è successo niente.”
“Ho
giurato che quel bambino sarà mio allievo.”
“E
così sarà.” Temari posò le
proprie mani sulle sue per arrestarne il tremito. “Shikamaru,
piantala di tormentarti. Andrà tutto bene.”
Shikamaru
strinse la presa sulle dita, ma solo quando alzò la testa,
Temari si accorse che il ragazzo stava piangendo.
Cazzo.
Lei odiava
quando le persone le piangevano davanti. Non sapeva mai come
comportarsi, né cosa dire. Quel tipo era proprio un
piagnucolone. Istintivamente, cercò di tirarsi indietro, ma
Shikamaru non la lasciava andare. Incurvando sempre più le
spalle nel tentativo di trattenersi, le stritolava la mano in una presa
ferrea, ma profondi tremiti lo scuotevano suo malgrado, intervallati da
singhiozzi sempre più frequenti e incontrollabili. Temari si
guardò intorno, non sapeva nemmeno lei se per cercare aiuto
o per allontanare eventuali scocciatori, poi, mossa da uno strano
istinto di compassione, si avvicinò un po’ di
più a Shikamaru e gli circondò le spalle con le
braccia, facendogli appoggiare il capo sulla propria spalla. Shikamaru
le si aggrappò disperato, affondandogli le dita sul retro
del kimono, lasciandosi finalmente andare ad un pianto disperato.
Temari gli accarezzò piano i capelli, come faceva a volte
quando Kankuro era piccolo e la supplicava di non lasciarlo solo con
Gaara, e si accorse che quei gesti funzionavano da calmante sui
singulti del ragazzo. Seguendo il metodo imparato da bambina, Temari si
appoggiò allo schienale del divanetto e continuò
a stringere Shikamaru a sé.
Tsk, pensò tra
sé e sé, guardandolo con occhi gentili. Che
piagnucolone. E mi usa pure come cuscino.
“Shikaku?”
“Vedo,
Yoshino.”
Erano ormai le
otto di sera e i genitori di Shikamaru, non vedendo tornare a casa il
figlio, avevano deciso di seguirlo all’ospedale per sapere
cosa stesse succedendo, ma appena erano giunti al corridoio del quarto
piano, si erano bloccati sull’entrata, troppo stupiti per
muovere un altro passo.
Shikamaru e la
sorella del Kazekage di Suna, sonnecchiavano su un divanetto a
metà corridoio, uno addosso all’altra. Shikamaru
abbracciava la ragazza come se fosse stata un pupazzo, con la testa
reclinata sulla sua spalla, mentre Temari aveva le braccia abbandonate
sulla sua schiena e la testa poggiata su quella del ragazzo.
Tsunade
uscì dalla sala operatoria proprio in quel momento,
svegliando i due che si destarono con un sobbalzo. Shikamaru e Temari
si guardarono confusi e imbarazzati, prima che la ragazza si scostasse
bruscamente per rialzarsi in piedi con la scusa di sgranchirsi le gambe
anchilosate.
Solo allora
Shikaku e Yoshino si avvicinarono a loro, dopo essersi scambiati un
sorrisetto complice.
“Il
bambino era in una posizione difficile, ma ora stanno bene entrambi e
Kurenai non vuole riposare finchè non ti vede,”
disse Tsunade a Shikamaru. “Anzi, vorrebbe tutto
l’ex Team 10 qui, ma dal momento che Akimichi e la Yamanaka
non sono ancora tornati, pretende che almeno tu conosca suo
figlio.”
“È
un – “ Shikamaru si alzò in piedi.
“
– maschio, sì,” rispose Tsunade con un
sorriso stanco. “Un bellissimo maschietto.”
“Shikamaru.”
“Mamma.”
Il ragazzo si voltò di scatto. “Papà.
Cosa fate qui?”
“Siamo
venuti a vedere perché tardavi così
tanto,” ripose Shikaku, sorridendo a Temari che si era
addossata alla parete per non dare fastidio.
“Svelto,
Shikamaru,” lo incoraggiò Tsunade. “Vai
da Kurenai, ti sta aspettando.”
“Sì.”
Shikamaru si rivolse a Temari. “Vieni?”
“No,”
rispose lei, scuotendo il capo. “Io cosa c’entro?
Non faccio parte di questa storia. Vai tu.”
Shikamaru
esitò un momento, poi si affrettò a raggiungere
Shizune che era appena comparsa sulla soglia della camera operatoria.
La ragazza lo condusse nel corridoio dietro l’angolo e gli
indicò la stanza di Kurenai.
Shikamaru
schiuse la porta, entrò e li vide.
Nella penombra
della stanzetta singola e accogliente, ogni cosa acquistava una
sfumatura ambrata grazie alle persiane socchiuse della finestra.
Kurenai era a letto, con il bambino in braccio e una foto di lei e
Asuma sul comodino. Lo sguardo che alzò su Shikamaru per
vederlo avanzare cautamente nella sua direzione era colmo di gioia e
tenerezza, mentre cullava il fagottino immobile sul suo petto.
Shikamaru si immobilizzò ai piedi del letto, consapevole
solo del silenzio ronzante nelle sue orecchie.
“Kurenai…
come stai?”
“Shikamaru,”
rispose la donna, facendogli cenno di avvicinarsi con la mano libera.
“Vieni, devo presentarti una persona.”
Kurenai era il
ritratto della felicità. Il viso non recava traccia di
stanchezza e la voce non tradiva alcun accenno di malinconia. Shikamaru
obbedì e avvicinò la sedia al letto dalla parte
del comodino, proprio accanto alla foto del maestro. Anche
se era lì solo da qualche ora, Tsunade aveva provveduto a
rendere la stanza il più accogliente possibile, osservò il
ragazzo, studiando con occhio critico tende e armadietti.
Kurenai si
sporse verso di lui, scostando le coperte che avvolgevano il bambino, e
gli mise il figlio tra le braccia.
“Ti
presento Kichirou Sarutobi,” gli disse Kurenai.
“No, Shikamaru, aspetta. Tienigli la testa un po’
più sollevata… ecco, bravo,
così.”
“Kichirou,”
ripetè sottovoce Shikamaru. “Figlio
fortunato*.”
“Sarà
fortunato ad avere un maestro come te,” spiegò
semplicemente Kurenai. “Ed è stato molto fortunato
ad essere nato in una famiglia come questa.”
Shikamaru
teneva cautamente il bambino, incapace di distogliere lo sguardo da
quella minuscola creatura che agitava i pugnetti ed emetteva versetti a
labbra socchiuse.
“Secondo
te, gli assomiglia?” chiese Kurenai, inclinando la testa di
lato e osservando Kichirou.
“Ad
Asuma?” si riscosse Shikamaru. “Non è un
po’ presto per dirlo?”
Lei
scrollò le spalle. Il bambino si agitava piano tra le
braccia di Shikamaru, che non riusciva a smettere di sorridere.
“Non
è giusto che ci sia io e non lui, qui, in questo
momento,” disse dopo qualche momento di silenzio.
“Oh,
Shikamaru, no,” lo riprese Kurenai. “Invece io so
che lui è contento di sapere che tu sei con noi, adesso. Non
siamo soli.”
Shikamaru
deglutì, ma il groppo che gli si era appena formato in gola
non si mosse di un millimetro.
“E
lui non se ne è andato, Shikamaru,”
continuò Kurenai, accarezzandogli una guancia.
“Asuma vive ancora: in te, in me, in questo bambino. Non
morirà mai finchè ci saremo noi a
ricordarlo.”
“È
così piccolo,” riuscì soltanto a dire
Shikamaru.
“Mai
quanto te. Tu eri davvero minuscolo, eppure hai impiegato il doppio del
tempo prima di deciderti a uscire, pigrone che non sei
altro,” disse Yoshino sulla porta. “Scusate. Volevo
dirvi che sono arrivati Ino e Choji.”
“Fateli
entrare,” si illuminò Kurenai, tirandosi su a
sedere. “Entrate tutti!”
Shikamaru
restituì il bambino alla legittima madre, mentre gli altri
entravano in camera e li accerchiavano con gridolini entusiasti.
“Maestra
Kurenai!” esclamò Choji, correndole incontro.
“Siamo tornati non appena abbiamo saputo.”
“È
lui?” chiese Ino con timore reverenziale.
“Si
chiama Kichirou,” disse Shikamaru.
Kurenai
annuì e, appena le mise il bambino tra le braccia, la
ragazza scoppiò in lacrime.
“S-s-scusate,”
singhiozzò disperata. “È che in questi
momenti non riesco a – a –“
Choji le
andò vicino e le cinse le spalle con un braccio,
approfittandone per toccare la guancia di Kichirou con un dito. Ino fu
costretta a dare il bambino a Shikamaru a causa del pianto
incontrollabile e Kurenai gli fece cenno di allontanarsi un poco,
perché Kichirou si stava agitando.
Shikamaru
lasciò gli altri attorno al letto e si voltò
verso la porta, accorgendosi solo in quel momento che Temari era
l’unica ad essere rimasta in disparte, appoggiata allo
stipite della porta.
“Tu
non entri?” Shikamaru le si avvicinò con il
bambino in braccio.
Temari scosse
la testa, aggiustandosi un codino con gesto nervoso. “Non
sono affari miei.”
Shikamaru le
scoccò un’occhiata esasperata. “Avanti.
Prendilo in braccio.”
Temari
sgranò gli occhi e agitò le mani davanti al viso.
“No, preferisco di no. Davvero.”
“Avanti.
Se ce l’ho fatta io, puoi farlo anche tu.”
“Non
è questo,” replicò Temari.
“Ho due fratelli più piccoli, so come si tiene un
bambino. È che – sì, insomma,
Shikamaru: io non faccio parte di questa faccenda. È la tua,
la vostra storia, la storia della tua squadra.”
“Guarda
che ho capito quello che vuoi dire.”
Temari lo
guardò confusa.
“Ma
io voglio che tu conosca il figlio del mio maestro Asuma
Sarutobi.”
Temari
osservò prima il sorriso di Shikamaru e la sua espressione
categorica, poi il bambino che stringeva a sé. Tese le
braccia e lo prelevò da quelle di Shikamaru, senza rendersi
conto che l’espressione che le si era appena dipinta sul viso
era identica a quella del ragazzo a pochi centimetri da lei.
Shikaku
tamburellò piano sulla spalla di Yoshino e le
indicò la coppia sulla porta.
“Ho
notato una cosa,” le bisbigliò
all’orecchio. “Avete tutte e due lo stesso
sorriso.”
La moglie
voltò solo la testa per guardarlo e sorrise.
SPAZIO
DELL’AUTRICE
Eccoci
arrivati al penultimo capitolo. Come vi avevo preannunciato
all’inizio, non era una così long fic ^^'.
Mosche
nere, non temete: alcune cose devono ancora essere sistemate e
nell’epilogo avrete la risposta a tutte le vostre domande (si
fa per dire XD).
Ma
ora, passiamo ai ringraziamenti!
Ops,
no, stavo per dimenticare una cosa:
*Kichirou = figlio
fortunato. Non posso garantire sulla veridicità di questo
significato: non studio il giapponese (quindi se
c’è qualcuno più esperto di me, si
faccia pure avanti) e faccio affidamento sul sito in lingua inglese in
cui l’ho trovato.
E
adesso, i ringraziamenti ^^.
blablaba --->
Caro ammiratore segreto, lasciamo perdere, che è meglio
*Puffo Quattrocchi mode on*. Grazie per la recensione a questo capitolo
e alle altre vecchie fic (Megs, rassegnati!!! XDXD).
_Sumiko_ --->
Ma sotto sotto (molto sotto, sotto tutta quella scorza da ragazza del
deserto) Temari è
dolce. Anche la donna più gelida, si scioglie con
l’uomo che ama, disse una volta un padre molto saggio (io sto
parafrasando perché non ricordo le parole esatte ^^'). E ho
detto tutto.
Anzi,
no: i segnali che Kishi-sensei (in tutta la sua follia xD) ci manda in
continuazione nel manga sono innegabili!
Kimiko_93 --->
Sono davvero contenta che la mia storia ti piaccia così
tanto! *.* Io sono sempre più contenta di ricevere le vostre
recensioni ;-)
x Saretta x --->
*stappa per la sua entrata nel mondo delle mosche nere*
Sì,
ventagli e grida, cose di ordinaria follia in casa Nara
ù.ù Povero Shikamaru, lui si era persino alzato
nel cuore della notte per andarla a prendere dal divano e lei non esita
a randellarlo di mazzate XDXD. Però Temari è una
ragazza dolce e comprensiva (… ogni tanto), quindi sa
riconoscere i propri errori (*Temari si interroga se sia davvero così
esagerato prendere a bastonate qualcuno di prima mattina, senza neanche
chiedere spiegazioni*).
Ah,
Shikaku the best, è uno dei miei personaggi preferiti. E la
tripletta Shika/Shika/Yoshi è fantastica, sembra di stare a
casa mia XDXD.
Alla
prossima,
Lucy Farinelli
|
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Capitolo 5 *** Epilogo ***
5. Epilogo
200 QI di
intelligenza dovranno pur servire a qualcosa…
Nel
giro di due giorni, tutta Konoha aveva saputo di Kurenai e del piccolo
Kichirou. Shikamaru aveva trascorso con loro ogni momento libero,
finchè Tsunade non lo aveva sbattuto fuori dalla camera di
Kurenai.
“La tengo in osservazione solo per un altro giorno ancora, uno solo,”
aveva ringhiato, vedendolo seduto per l’ennesima volta al
capezzale della neo mamma. “Non devi sbrigare quelle
commissioni che ti avevo affidato ieri, Shikamaru?”
“Quei rapporti sono già sulla vostra scrivania,
madamigella Tsunade,” rispose distratto Shikamaru, porgendo
un dito al bambino perché glielo stringesse.
“Li hai già finiti?” Tsunade
spalancò gli occhi e guardò Kurenai, che sorrise
e scosse il capo.
“Shikamaru,” lo chiamò allora Kurenai.
“Madamigella Tsunade sta dicendo che non
c’è bisogno di stare qui a vegliarmi tutto il
tempo. Hai sentito? Domani torno a casa.”
“Non se ne parla,” ridacchiò Shikamaru.
“L’ho promesso ad Asuma.”
“Bah,” inveì ancora Tsunade,
avvicinandosi per controllare le condizioni di Kurenai e Kichirou.
“Finirai per consumarlo, questo bambino, a forza di star qui
a spupazzartelo. Ti ricordo che loro
non vanno da nessuna parte, mentre c’è una persona
che deve ripartire al più presto.”
Shikamaru alzò gli occhi su Tsunade e la guardò
senza battere ciglio. “Lo so.”
Shikamaru bussò due volte sull’intelaiatura del
fusuma.
“Ohi, sei tu.”
Temari gli aprì con espressione indaffarata, sporgendo solo
la testa e lasciando intravedere la propria silhouette dietro la porta.
“Vieni, vieni. Entra,” gli disse subito, facendosi
da parte. “Sto finendo di preparare i bagagli, ma
c’è un po’ di the in cucina, se vuoi
sederti.”
Shikamaru si tolse il giubbotto verde da chuunin e lo
abbandonò sullo schienale del divano, arrotolandosi fino al
gomito la maglia nera che indossava sotto.
“Come sta Kurenai?” gli chiese Temari,
dall’altra stanza.
“Benissimo,” rispose Shikamaru, andando in cucina a
curiosare un po’ in giro. “Tsunade la lascia andare
a casa domani, ma solo per precauzione.”
“Sono contenta.” Temari fece capolino sulla soglia
della cucina con una borsa in mano, poi scomparve di nuovo per andare a
depositarla nell’ingresso.
“E sono contenta di constatare che tua madre ti ha finalmente
lasciato andare,” commentò, tornando da lui.
“Sono in libertà vigilata,”
scherzò Shikamaru.
Temari rise e si versò una tazza di the.
“Senti, Temari,” cominciò Shikamaru,
incrociando le braccia sul petto.
“Sì?”
“Io…”
Anche con tutti i suoi 200 QI, Shikamaru non era riuscito ad elaborare
una strategia accettabile per quello che si apprestava a fare.
“Resti molto a Suna?”
Temari batté le palpebre, perplessa. “Beh,
sì. Ci abito.”
Idiota. Mentecatto.
“No, volevo dire… Torni presto a Konoha?”
“Oh.” Temari ridacchiò e mise la tazza
vuota nel lavandino. “Non lo so. Dipende.”
“Da cosa?”
“Da quanti affari avrò da sbrigare, tra qui e
Suna. Perché?”
Forza, Shikamaru.
È il tuo momento, usa il cervello!
“Perché – “ si interruppe.
Temari lo guardò, poi si mise a sciacquare la tazza nel
lavandino prima di riporla nella credenza.
“Perché mia madre ha detto che, la prossima volta
che ricapiti da queste parti, devo invitarti a cena da noi,”
snocciolò Shikamaru tutto d’un fiato.
“Le stai simpatica.”
Temari si accigliò pericolosamente.
Uh-oh. Scelta infelice
di parole?
“Ma davvero? Devi
invitarmi… beh, se sto simpatica a tua madre…”
E ora perché
si arrabbiava?
Temari rimase a fissarlo intensamente per qualche secondo,
probabilmente per permettere ai suoi 200 QI di svolgere il loro lavoro,
ma capì al volo che sarebbe stata una partita persa.
“Shikamaru,” sibilò in tono conciliante.
“Me lo dici solo perché sto simpatica a tua
madre?”
Ops.
“Certo che no!” esclamò Shikamaru,
dandosi mentalmente del ritardato. “Anche a me farebbe
piacere.”
Temari si lasciò sfuggire un sorriso arcigno. “In
questo caso, la durata del mio soggiorno a Suna potrebbe essere
indirettamente proporzionale alla tua quantità di
piacere.”
Shikamaru sogghignò. Temari gli si avvicinò con
calma premeditata e si fermò a pochissimi centimetri di
distanza dal suo viso.
“Allora?” lo sfidò.
Shikamaru la prese per i fianchi e la baciò
all’improvviso, con un impeto di cui non si sarebbe mai
immaginato capace e che parve cogliere Temari ugualmente alla
sprovvista. Sentì la ragazza tirarsi un momento indietro per
lo stupore, poi avvinghiarsi di nuovo a lui come se non stesse
aspettando altro da giorni. Avida, gli passò le mani sugli
avambracci nudi attorno ai propri fianchi, poi risalì lungo
le spalle, fino al collo e alla nuca, dove intrecciò le dita
ai suoi capelli, scompigliando il codino.
Shikamaru mugolò qualche protesta contro le sue labbra e la
mise a sedere sul tavolo, passandole le mani sulle cosce tornite e
sulla vita morbida cinta dall’obi scarlatto.
Temari si lasciò scappare un risolino.
“E questo dove l’hai imparato,
ragazzino?” gli soffiò all’orecchio,
mentre si allontanava per riprendere fiato e gli accarezzava i
lineamenti aguzzi con le mani.
“Conoscere Ino a volte torna utile,” rispose
Shikamaru con un sorriso angelico. “Non sai quante volte
l’ho sentita parlare con Sakura di ciò che avrebbe
voluto fare con questo o quell’altro ragazzo.”
“La Yamanaka?” ripetè Temari pungente.
“Ah, sì?”
Shikamaru ridacchiò e la baciò di nuovo,
mandandola quasi riversa sul tavolo. Temari si puntellò con
i gomiti per non cadere, ma lasciò andare la testa
all’indietro quando Shikamaru le passò le mani
sulla schiena e le baciò il collo fino alla clavicola.
“Gelosa?” mormorò.
“Non ancora,” ribattè Temari,
fulminandolo con lo sguardo. “Ma se ti becco con lei, ti
faccio a pezzettini, Nara, sappilo.”
“Allora mi si prospetta una vita lunga e serena,”
ridacchiò Shikamaru.
“Certo che hai un tempismo perfetto, piagnucolone,”
esalò Temari, abbracciandolo e baciandogli il collo.
“Ti decidi a muovere il culo proprio ora che devo tornare a
casa.”
“Sei la ragazza più fine che abbia mai incontrato,
seccatura,” disse Shikamaru, abbracciandola a sua volta e
raddrizzandosi con lei addosso. “E chi te lo dice che la mia
non fosse tutta una tattica per farti tornare qui?”
“Ma se non riuscivi nemmeno a intavolare il discorso,
prima!” Temari gli passò una mano sulla guancia e
seguì la linea del sopracciglio sottile con un dito.
“Devo andare. Mi aspettano.”
“Ma torni presto, vero?”
“Il prima possibile, te lo giuro.”
“Così, per una volta, secondo mia madre
combinerò qualcosa di buono.”
“Non le basta sapere che hai sepolto quel tizio
dell’Akatsuki, Hidan, nella foresta di famiglia?”
“Cose di ordinaria amministrazione in casa Nara.”
Ridacchiarono entrambi.
“Senti, piagnucolone…”
“Che vuoi, seccatura?”
“Quindi… noi stiamo insieme?”
“Non so,” rispose lui, passandole una mano sotto
l’orlo del kimono. “Tu che dici?”
“Dico che – “ Temari scese dal tavolo e
scostò la sua mano dalla propria gamba con un sorrisetto
malizioso. “Se non fai il bravo, lo dico ai miei
fratelli.”
“D’accordo, d’accordo.”
Shikamaru sopirò rassegnato. “Sei ufficialmente la
mia ragazza, principessa selvaggia di Suna. Contenta, ora?”
Temari gli diede un bacio a fior di labbra e andò ad
agganciarsi il ventaglio sulla schiena, prima di dirigersi verso la
porta e prendere in mano la borsa.
“Questa la faccio mandare direttamente a casa,” gli
disse. “Voglio viaggiare leggera.”
“Andiamo, seccatura,” sorrise Shikamaru,
rimettendosi il giubbotto da chuunin e aprendole la porta.
“Devo accompagnarti fino alle porte del villaggio, o Tsunade
diventerà una belva. Ho già messo la sua pazienza
a dura prova, negli ultimi giorni.”
Shikamaru le prese la borsa per consegnarla personalmente al portiere
dell’albergo e si sporse per dare un bacio sulla guancia a
Temari.
“Le donne sono una gran seccatura, sai?”
commentò con espressione annoiata.
Temari gli fece un sogghigno a trentadue denti e gli tese la mano in
modo che Shikamaru potesse intrecciare le proprie dita alle sue.
FINE
SPAZIO
DELL’AUTRICE
Allora
allora allora!
Eccoci
qua, alla felice conclusione per la nostra coppia di ninja preferiti ^_^
Che
dire? Intanto un ringraziamento particolare a tutte le mie recensitrici
DOC. Sempre puntuali e sempre fin troppo gentili nei vostri commenti.
Fa sempre un gran piacere vedere tante persone interessate ai propri
lavori (io stessa mi sto prodigando per lasciare più
commenti possibili U.U, anche se con il mio tempo a disposizione
– poco – è un po’ difficile).
Un
altro ringraziamento va a tutte quelle persone che hanno inserito
questa fic tra le seguite e a tutti quelli che si sono fermati di qui
per leggere e basta.
Spero
davvero che vi siate divertiti a leggere almeno la metà di
quello che mi sono divertita io a scrivere. Cerco sempre di pubblicare
con le migliori intenzioni, ovvero quelle di far trascorrere almeno 10
minuti in serenità a chi legge, dimenticando per un momento
il mondo esterno.
Vista
la carrellata di complimenti sul mio stile di scrittura (ancora sono
veramente stupita e arrossisco fino alla punta dei capelli quando
rileggo i vostri commenti *.*), se date un’occhiata alla mia
pagina personale potete avere un’idea di quello che
significhi per me “scrivere”. Riporto una citazione
in particolare di Stephen King, uno scrittore che, al di là
dei gusti personali (io stessa non riesco a reggere più di
un racconto breve, a volte XD), in merito a questo argomento dice cose
molto sensate, a mio modesto parere.
“Quando
leggete un racconto, voglio farvi ridere o piangere, o entrambe le cose
insieme. In altre parole, voglio il vostro cuore.”
E
ora, i ringraziamenti ^_^
Salice
--->
Tranquilla! Vero che Shikaku e Yoshino sono carinissimi?? Spero che tu
sia rimasta soddisfatta da questa conclusione! Ciao!
Kimiko_93
--->
^^’ (vedi sopra XD). Sì, in effetti Ino mi serviva
a sdrammatizzare un po’ la situazione. Visto il carattere
generale della fic, mi sembrava un po’ sbilanciato fare di
quel capitolo un piagnisteo generale. Grazie mille per la tua conferma
al nome giapponese (e anche tutte le altre volte in cui hai commentato
sei stata utile, cosa credi?? *si aggira con occhio assassino brandendo
il ventaglio di Temari*)! Figurati che io ho dato alla mia gatta il
nome Yuki perché è tutta bianca, sapendo appunto
che voleva dire “neve”. E poi ho controllato meglio
e ho scoperto che voleva dire anche triliardi di altre cose T.T. I nomi
giapponesi mi fanno impazzire XD.
_Sumiko_
---> XD: vedi
sopra anche tu. Sono convinta anche io che sarebbero genitori
fantastici, sia Shikamaru che Temari. Me li sono immaginata tante volte
e vedere come Shikamaru si comporta con Kurenai nel manga ha fomentato
ancora di più le mie speranze.
Perla
nera?? Alludi forse a quella di Jack Sparrow/mitico Johnny Depp??? XD
No, sto scherzando! È bello sapere che la mia fic
è paragonata ad una cosa così preziosa *.*
blablaba
---> Prima o
poi rivelerò al mondo la tua vera natura di Mosca Verde
XDXD. A proposito delle nostre teorie, ti immagini se Shiho diventasse
come Shizune?? Temari fa una strage, altro che foresta disboscata dal
ventaglio assassino.
Ah,
davvero: Kurenai pare avere una gestazione da elefante; forse
Kishi-sensei non ha capito molto bene come funzionano certe cose,
chissà. Matto come un cavallo pure lui. Per il nome, ho
scartabellato una sera prima di trovarne uno abbastanza azzeccato e
abbastanza carino. Ce n’erano di più azzeccati nel
significato, ma non mi piacevano neanche un po’ e, allo
stesso tempo, volevo evitare ripetizioni quali Asuma o Hiruzen.
Piaciuta la fic?? ;-)
ami90
---> Anche tu
un tempismo perfetto, gioia! Stavo giusto per postare quando ho visto
la tua recensione XD! Spero che anche questo epilogo ti sia piaciuto.
Figurati se Naruto poteva portare a termine il compito! anche se non
fosse stato ubriaco, ti pare che Kakashi possa farsi fregare
così? Che copia ninja-con-sharingan-ultrararissimo-superpotente-figlio-di-Zanna-Bianca
sarebbe allora??? XDXDXD E che pessimo spettacolo per Sakura T.T
“E
se qualcuno di questi racconti ti è utile, ti fa volare con
la fantasia, ti aiuta a trascorrere una noiosa ora di pausa per la
colazione, un viaggio in aereo, o un’ora di punizione da solo
in classe per aver tirato palline di carta, questa è la mia
ricompensa.”
Sperando
di risentirci presto, sempre vostra
Lucy Farinelli.
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