A necklace and a book of Fables

di Minina
(/viewuser.php?uid=84932)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap.1 "D&M, di nuovo quegli occhi" ***
Capitolo 3: *** Cap.2 ***
Capitolo 4: *** Cap.3 ***
Capitolo 5: *** Cap.4 ***
Capitolo 6: *** Annuncio! ***
Capitolo 7: *** Cap.5 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 17 anni prima

 

“prendi”

 

un ragazzino dai grandi occhiali si avvicinò alla bambina che stava seduta sul prato di casa sua porgendole un libro dalle rifiniture ocra e da una grande figura stampata in copertina raffiugrante un drago, una bella e giovane principessa, un principe, fate e un enorme castello in lontananza.

 

 “cos’è?” chiese la bambina andando a fissare il compagno sedutosi vicino a lei.

 

La casa che possedeva il prato stava venendo continuamente percorsa da uomini che non facevano altro che portare dentro ad un enorme furgone un sacco di mobili sotto attenta vigilanza dei padroni nonché genitori della bambina seduta per l’ultima volta sull’elrba di quel giardinetto.

 

“è un libro di favole no? Ti piacciono tanto” gli disse il bambino sistemandosi gli occhiali sul naso.

 

La bambina lo guardò con dolcezza con i suoi bellissimi occhi blu e lo abbracciò tenendo sempre stretto il libro di favole consapevole che, molto probabilmente, quello sarebbe stato il loro ultimo abbraccio.

 

“grazie” lo ringraziò la bambina quasi con le lacrime agli occhi

“sai, mi dispiace per quello che ti ho detto ieri, anche se sarai lontana tu rimarrai sempre nel mio cuore!”

“e anche tu nel mio! Però hai avuto ragione ad arrabbiarti, io ti avevo promesso che ti sarei sempre rimasta vicino e invece ora devo rompere la nostra promessa, mi dispiace tanto”

“sei stata l’unica amica che ho avuto e sono davvero tanto felice per questo! Grazie mille”

 

i due bambini si erano messi a discutere e a parlare con le loro vocine e con quelle espressioni che nessuno poteva dire che non rispecchiassero gli stati d’animo, così reali.

Dopo l’ultima frase del bambino dai grandi occhiali la bambina dagli occhi blu si sganciò la sua catenella, una catenella a cui teneva molto e che, roccontò all’amico, era un caro regalo della nonna defunta.

 

“voglio darti questa” gli disse porgendogliela con la manina

“no, non posso prenderla, è molto importante per te!”

“io invece voglio che tu la prenda così, quando ti sentirai solo, basta che tu la stringa forte forte a te e vedrai che io arriverò immediatamente; però quando lo farai dovrai chiudere gli occhi, promesso?”

 

un po’ contrario il bambino la prese tremante e non appena andò a toccare la mano della bambina lei gliela strinse forte appoggiando anche l’altra mano libera, guardandolo dolcemente, trasmettendogli i suoi veri sentimenti d’amicizia.

Il bambino sicuro di se le sorrise a sua volta dicendole un sicuro “promesso” e stringendo a sua volta le mani della bambina nelle proprie.

 

“però anche tu, se ti sentirai giù di morale o farai un brutto sogno, dovrai leggere una favola dal libro, promesso?”

“si…promesso!”

 

quello stesso giorno la bambina dagli occhi blu partì e se ne andò per sempre da quella città, lasciando il bambino nuovamente solo fisicamente, ma non spiritualmente perché tante e tante furono le volte in cui il ciondolo venne stretto al petto e il libro letto fino al logorarsi delle pagine dalla fragile carta.

La bambina non tornò più nella città natale della loro forte amicizia e anni dopo anche il bambino diventato grande si trasferì da quel posto; da Las Vegas.

 

 

saaaaalve!!! questo è l'inizio di una storia nata da un'idea sorta misteriosamente così ho deciso di provare a scriverla. Spero che come prologo vi piaccia e se è così allora a breve ci sarà un primo capitolo.

accetto qualsiasi tipo di recensione, ma siate comunque clementi! ^^ grazie per aver letto! un bacio.

p.s= se ci sono errori di battitura ditemelo perchè ho la tastiera del pc che va come vuole lei, grazie=)

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Cap.1 "D&M, di nuovo quegli occhi" ***


 Era una tiepida mattina di aprile e negli uffici del BAU e precisamente per la squadra di Aaron Hotchner, non si era ancora presentato alcun caso così i loro membri erano dediti a complicare e scrivere scartoffie sulle loro scrivanie.

L’agente Morgan era più che annoiato di qui pezzi di carta così, per distrarsi un po’, andò a prepararsi un caffè nella saletta relax dell’unità e tornato indietro con la tazza fumante fra le mani non si fermò alla sua di scrivania, bensì a quella del giovane Dr.Spencer Reid intento a frugare dentro la tasca del suo pantalone senza estrarla.

 

“che fai ragazzo?” gli chiese sedendosi sopra il tavolo

“finisco di completare il fascicolo sul caso di Pittsburgh” gli rispose Reid continuando a non volgergli lo sguardo

“elettrizzante” ironizzò il moro più annoiato che mai “che hai in tasca?” gli domandò allora curioso notando che Spencer non aveva ancora estratto la mano dalla tasca, ma che comunque continuava a frugarci dentro.

“nulla” disse togliendo e alzando immediatamente la mano andandola però a sbattere contro l’estremità della scrivania “ahia!”

“giusto, anche io inizio a frugare o a giocherellare con il nulla all’interno della mia tasca” continuò a stuzzicarlo ironico Morgan sorridendogli a scherno.

“sei così annoiato che ti interessa persino ciò che c’è nella mia tasca?” domandò il genietto crucciando gli occhi al collega che rispose un “si” divertito.

“dai, tira fuori quello che c’è li dentro e la finiamo!”

“sai, sai essere pesante alle volte Morgan!”  lo rimproverò guardandolo in volto con fare un po’ sarcastico senza accorgersi che dalla tasca era uscita un’estremità di una catenella d’oro.

“cos’è?” fece Morgan andando a sfilare la catena curioso come un bambino

“Moragn ridammela!”

 

Morgan fissò quello strano ciondolo, era tutto d’oro a forma di goccia con incastonata all’interno una pietra azzurra molto lucida e con una catena non molto ampia di circonferenza; Reid guardava il collega perplesso per l’espressione scrutatrice che aveva assunto.

 

“potresti ridarmela?” chiese nuovamente con la sicurezza di un piccolo cucciolo.

“da dove salta fuori?” domandò il moro porgendogli la collana senza cambiare la sua espressione di curiosità

“è un ricordo” spiegò lui velocemente e a voce bassa “me lo regalò una persona a cui tengo ancora molto, almeno credo”

“da quanto tempo non vedi questa persona?”

“…17 anni” terminò il ragazzo spostando lo sguardo dall’amico all’oggetto che stringeva nella mano.

 

In quel momento dentro di se si sentì bene, certo, si fece sentire un po’ di malinconia, ma come ogni volta che guadava e stringeva quella collana si sentiva bene e non poteva far altro che sorridere, seppur leggermente. Gli mancava quella bambina dagli occhi blu, gli mancava tantissimo.

L’amico non gli rispose limitandosi a sorridergli di cuore potendo immaginare ciò che in quel momento provava, Derek gli poggiò una mano sulla spalla attirando il suo sguardo e dicendogli “se il fato vorrà, un giorno vi rincontrerete”.

Reid non capì quella frase dato che lui non credeva nel fato, ne nel destino ne in qualsiasi altra “entità superiore”, ma prima che potesse chiedere un chiarimento a Morgan, JJ fece la sua entrata nell’open speace chiedendo a tutti di riunirsi nella sala riunioni, finalmente era arrivato un caso.

 

“JJ informaci” la incitò Hotch sedendosi su una delle sedie che circondavano il tavolo.

“tre donne tra i 30 e i 35 anni di Boston trovate uccise nei loro appartamenti, stesso modus operandi, strangolate. La prima vittima Mary Simons, è stata uccisa circa un mese fa mentre la seconda e la terza, in corrispondenza Kelly Nich e Nicole Cooper, sono morte a differenza di circa due settimane”

“come mai ci hanno chiamato?” la interruppe Emily Prentiss mentre quadrava attentamente la fotografia dell’ultima vittima

“tutte e 3 le donne prima di venire uccise stavano per stipulare un contratto con la casa discografica D&M, erano a pochi giorni dal concluderlo” spiegò la bionda mostrando sul monitor l’immagine dell’edificio della casa discografica

“come si chiama il proprietario” domandò Rossi

“Glenn Lowell” rispose Hotch togliendo la parola a JJ

“si parte Boston allora?” chiese Morgan

“si, partiamo tra un paio d’ore al massimo” terminò definitivamente Hotch alzandosi e uscendo dalla stanza.

 

E così fecero, partirono poco meno di un’ora dopo con il Jet privato della squadra sistemandosi nei morbidi sedili e continuando a discutere sul caso cercando già di strutturare una bozza di profilo.

 

“l’omicidio è brutale, lo strangolamento è stato eseguito molto lentamente così da far soffrire la vittima, non c’è stato segno di violenza sessuale e l’SI sicuramente non conosceva le donne” determinò Hotch

“può essere che l’SI possieda odio contro le persone e più specificamente contro le donne che vogliono stipulare un contratto con questa casa discografica?” ipotizzò Prentiss

“perché solo queste tre donne però?” la corresse Morgan guardano le foto.

 

Tutt’un tratto i profiler vennero interrotti dal suono della voce dell’informatica Penelope Garcia che dall’altro capo del monitor del computer in dotazione alla squadra, stava per dar loro delle nuove notizie riguardanti le donne uccise.

 

“Heilà zuccherini, ho delle belle –se così possiamo dire- notizie per voi!”

“dicci Garcia” la incitò Rossi

“queste tre povere donne uccise erano le uniche, in quest’ultimi mesi, che avevano proprio dai 30 ai 35 anni nel ultimo passo verso la cara celebrità”

“quindi l’SI si sta concentrando su una certa categoria” confermò Reid avvicinandosi al monitor

“esattamente ragazzo!”

“bene” si intromise Hotch “io, JJ e Rossi andremo direttamente in centrale mentre voi altri andrete alla casa discografica e avvertite di non stipulare contratti almeno finché non troveremo l’SI”

 

e così mentre Hotch, JJ e Rossi si trovarono in centrale iniziando a tracciare un profilo geografico mantenendo un silenzio stampa, il secondo trio si avviò in SUV verso la casa discografica D&M.

Non ci misero molto ad arrivare e non appena scesi dall’auto davanti a loro si propose un imponente edificio di un certo grigio scuro dal quale uscivano ed entravano parecchie persone, molte delle quali attaccate ad un telefono cellulare o ad un’agenda elettronica; la hall era molto ampia e presentava a bizzeffe poltroncine d’attesa nelle quali erano sedute molte persone, mostrando il distintivo i tre si fecero immediatamente portare nell’ufficio del capo Glenn Lowell che un po’ sconvolto li ricevette senza opposizione.

Glenn era un uomo sulla cinquantina dai capelli brizzolati e da una poco visibile pancietta che si notava a malapena sotto una giacca grigia e una camicia bianca, indossava dei pantaloni del medesimo colore della giacca mentre poco si curava delle scarpe dato che erano entrambe slacciate. Il signor Lowell li fece accomodare.

 

“lei sa che le donne uccise erano tutte e tre in procinto di stipulare un contratto con lei e che erano tutte fra i 30 e i 35 anni?” iniziò a interrogarlo Morgan

“si, purtroppo lo so e non me lo so spiegare” rispose calmo l’uomo sprofondando ulteriormente nella sua poltrona “Mary, Kelly e Nicole erano tutte ottime musiciste e avrebbero sicuramente sfondato nel mondo della musica, è un vero peccato che se ne siano andate” continuò dispiaciuto

“lei sa se c’era qualcuno che odiava quelle tre donne? Non so, un qualche impiegato qua dentro” chiese Prentiss

“che io sappia no, siamo tutti molto collaborativi qua dentro”

“prima di Mary quando c’è stato l’ultimo contratto con una donna della loro stessa età?” domandò Spencer iniziando a giochicchiare con le mani

“tra i 30 e i 35 anni? Credo un anno fa…” rispose il signor Lowell

“il fattore scatenante deve essersi manifestato tra gli ultimi 6 mesi” continuò il ragazzo

“sei mesi? Non dovrebbe essere da almeno dodici?” domandò l’uomo dal retro della scrivania d’ebano

“dodici mesi è un arco di tempo troppo lungo, si sarebbe sfogato in qualche altro modo” spiegò Prentiss

 

in quel momento vennero interrotti dalla suoneria del cellulare di Morgan che squillò imperterrita finché non rispose alla chiamata; era Garcia.

Il moro uscì dall’ufficio lasciando i colleghi all’interno sperando che scoprissero qualche altro dettaglio magari importante; ascoltò Garcia attentamente che, usufruendosi dei suoi soliti giochi di parole, lo informò che sulle schiene delle tre vittime fu disegnato un pentagramma con certe note musicali interrotte da spazi incompiuti, il tutto post mortem e con una penna con al posto dell’inchiostro una soluzione di Kina nera e rossa.

Garcia gli mandò un’immagine dei tre corti arrangiamenti musicali sperando che, forse, il genietto potesse risolverli.

 

“hei ragazzi, guardate che c’era dietro la schiena delle tre vittime” disse Morgan entrando nuovamente nell’ufficio e mostrando le foto ai colleghi attraverso lo schermo del telefono

“cosa sono” domandò Prentiss perplessa

“sono arrangiamenti musicali” le spiegò Reid “in chiave di Sol a quanto pare”

“le dicono qualcosa questi?” domandò Morgan a Lowell mostrandogli una fotografia

“non molto così come sono…però”

“però?” chiese nuovamente Morgan

“però c’è una persona che può capire a che canzone appartiene –sempre che ne appartenga a qualcuna- e se è così può trovare l’autore e può anche completarla”

“chi è? Può chiamarcela?” domandò Reid

“certo” assicurò Glenn andando a premere il pulsante del telefono collegato alla segretaria “signorina Stircker può chiamarmi Shill per piacere? Le dica che è urgente”

 

dopo non molti minuti nell’ufficio entrò la figura di una giovane donna, sicuramente con non più di 25 anni, castana, snella e ben vestita, con un enorme cura per se stessa e per i suoi oggetti; apparentemente sembrava una ragazza acqua e sapone, senza trucco in viso e probabilmente lo era anche caratterialmente, lo si poteva notare scrutando nei suoi occhi, dei magnifici occhi blu che lasciarono il giovane Dr.Reid completamente confuso e spaesato.

Quegli occhi gli ricordavano tremendamente lei, la bambina dagli occhi blu di 17 anni fa; che fosse proprio lei?

 

 

Eccomi con il 1° e vero capitolo di questa storia, spero vi piaccia e sappiate che comunque questo è un capitolo di passaggio perciò non ne succede un granchè, dal prossimo la storia inizierà a farsi più interessante e intrigante.

Grazie mille per quelli che hanno dedicato un po’ del loro tempo a leggere il prologo e spero che se continuerete a seguirmi anche questo capitolo almeno un po’ vi piaccia, anche se è di passaggio. =)

 

Nihal93: anche io amo le yaoi e le leggerei tutto il giorno (soprattutto tra Morgan e Reid!) però non sono molto brava a scriverle  ^^’

Cercherò di mettere tutto il mio impegno nello scrivere bene questa storia etero sperando che sia di tuo gusto =)

Grazie per la recensione

 

LadyArtemis: sono felice che tu ti stia emozionando, mi ha fatto molto piacere che tu me lo abbia detto hihi ^//^

Che sarà stupenda lo spero tanto anche se sarà un po’ difficile scrivere essendo questo un maledettissimo periodo di compiti di recupero a scuola! L’idea mi è venuta pensando al mio libro di favole del fratelli Grimm ahah X)

Ne approfitto per farti anche i miei complimenti per la tua di storia=)

Grazie per la recensione e per il tuo tempo=)=)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Cap.2 ***


Reid era spaesato nel vedere quella figura sulla soglia della stanza, tuttavia era certo che quella bambina di 17 anni non fosse l’unica con degli occhi del genere perciò quella si trattava solo di una coincidenza, una bellissima coincidenza dai lunghi capelli ricci e da un viso dolce; quando lei andò a rivolgergli lo sguardo, Reid, imbarazzato, si girò repentinamente dalla parte opposta con il volto mentre lei, chiamata da Lowell, s’avvicinò alla scrivania.

 

“cosa posso fare per voi?” chiese dolcemente stringendo al petto dei fascicoli color ocra.

“cosa puoi dirmi di questi arrangiamenti?” le chiese l’uomo in giacca e cravatta mostrandole quelle fotografie piene d’orrore.

“così a prima vista posso dire che probabilmente non sono completi, ma non ne sono certa, potrebbero appartenere a qualche canzone oppure hanno un normale senso melodico anche in questa condizione”

“noi avremmo bisogno che lei ci aiutasse signorina Shill” le chiese Prentiss avvicinandosi “potrebbe appunto trovare la canzone a cui appartengono o in qualche modo completarli oppure disporli in senso logico fra loro?”

“certo, ma mi ci vorrà un po’ di tempo” acconsentì lei sempre con voce dolce accennando un piccolo sorriso.

 

Reid era ancora appoggiato alla parete al limite della stanza evitano lo sguardo di lei e cercando di capire se potesse essere proprio la bambina a cui teneva tanto da piccolo e a cui teneva ancora oggi oppure se si trattsse solo di una somiglianza.

Era assorto nei suoi pensieri confrontando i lineamenti della ragazzina con quelli della giovane adulta che ora si trovava davanti a lui quando fu nominato da Morgan.

 

“Reid tu rimarresti qui cercando più informazioni possibili sulle tre vittime e per aiutare la signorina Shill se servirà mettendoci al corrente di eventuali tue deduzioni?” gli chiese Morgan.

 

Quella situazione per Reid si rilevò quasi perfetta, avrebbe potuto capire se quella donna fosse la sua cara amica, tuttavia con il suo essere di perenne imbarazzo lavorare con lei non sarebbe stato affatto facile, ma non avendo praticamente scelta acconsentì alla richiesta del collega.

 

“si…” acconsentì il Ragazzo sollevandosi dal muro iniziando a manifestare immediatamente un certo disagio.

“se volete potete andare al piano di sotto nella stanza della masterizzazione, dove ci sono tutti i computer” propose Lowell ai due giovani che si sarebbero soffermati per una lungo lavoro.

 

I due diretti interessati accettarono e Reid, una volta salutati i colleghi, si allontanò con la ragazzo verso il piano inferiore e all’interno della stanza dove avrebbero lavorato e dove fortunatamente si trovavano anche alcune lavagne mobili.

 

“bhe, buon lavoro ragazzi” augurò il signor Lowell prima di congedarsi “se serve qualsiasi cosa non esiti a chiedere Dr.Reid”

“grazie, ma credo di aver già tutto quello che mi serve” gli rispose il giovane appoggiando i fascicoli riguardanti le tre vittime e i loro curriculom della casa discografica.

“come ho già detto, buon lavoro!”

 

l’uomo se ne andò definitivamente lasciando i due giovani da soli in quell’ampia stanza assalita dal silenzio; non ostante l’iniziale scopo di Reid questo non riuscì ad emettere suono se non il rumore del suo cuore che batteva assai più velocemente del normale.

Voleva parlarle, voleva rompere il ghiaccio e risolvere quel suo tremendo quesito sull’identità della giovane che dal canto suo si era messa subito al lavoro su una delle sedie adiacenti a quella dove ora stava seduto il Dr.Spencer Reid.

“devo dirle qualche cosa, devo dirle qualche cosa!” continuava a ripetersi Reid non accorgendosi che stava guardando la ragazza seduta vicino a lui da ormai troppo tempo.

 

“è tutto ok Dr.Reid” chiese alzando lo sguardo facendolo incontrare con quello del ragazzo-

“s-si…tutto…ok” rispose lui abbassando gli occhi al foglio riguardante il caso per poi alzarli nuovamente “ma chiamami pure Spencer..o Reid…co..come preferisci”

“ok…Spencer!” gli rispose non riuscendo a trattenere una leggera e dolce risata sottolineando il nome “Spencer” con la voce.

 

Quella risatina fece accelerare ancora di più i battiti del giovane dottore che non sapeva minimamente ne come comportarsi ne cosa fare.

sei qua da solo con lei, con un dubbio che ti sta per far diventare pazzo, chiedile –con un sotterfugio- qualche cosa del suo passato e scopri se è lei no?!?!  Non sembra poi così difficile, ma mi raccomando, discrezione Reid!”

 

“tu..com’è che ti chiami?” domandò tenendo a freno l’agitazione

“mi chiamo Karen” gli rispose gentilmente senza sollevare lo sguardo dalle fotografie e dal foglio pentagrammato che aveva sotto mano “chiamami pure così” terminò sollevandosi incontrando gli occhi di Reid che si sentì bruciare dall’interno.

 

Passò ancora del tempo prima che Reid riuscisse a raccogliere ancora del coraggio per farle un’altra domanda, non prima però di aver svolto almeno un po’ del suo lavoro sulle vittime, scoprendo però pressoché nulla, per poter proseguire aveva bisogno saper cosa volessero dire quegli arrangiamenti a cui Karen stava lavorando.

“aspetta aspetta…Karen? Ma..ma..”

 

“scusami Karen potrei farti una domanda?” domandò Reid venendo però subito interrotto da un urlo di Karen che proclamava “Eccolo!!!” seguito dalla sua veloce andatura verso il computer centrale della stanza.

 

Karen non si era nemmeno accorto che Reid le aveva fatto una domanda tanto era concentrata sulla sua scoperta.

 

“hei Spencer, vieni a vedere!” disse tutta euforica facendo gesto al ragazzo di raggiungerla

“guarda, questo pezzo di musica scritto sulla prima vittima appartiene ad un piccolo passaggio di una canzone che si chiama “The Riddle” dei Five For Fighting”

“potresti scaricarmi il testo per piacere?” chiese Reid con lo sguardo fisso sul monitor.

“mi ci vorrà un po’ dato che non sono molto pratica di comuper e dato che la stampante è a chissà che piano” gli rispose trattenendo una risatina “è un po’ un labirinto questo posto!”

 

lei si girò di scatto trovandosi a pochi centimetri dal volto il viso del ragazzo che ormai aveva assunto un bel color porpora.

Si guardarono dritti negli occhi per qualche istante che a loro sembrò un’eternità; potevano giurare di riuscire a vedere la loro immagine riflessa negli occhi dell’altro tale era l’intensità del loro sgurardo, i loro cuori presero a battere così forte che sembrava che volessero uscire dai loro petti facendo appesantire il loro respiro. Reid si decise a riformularle la domanda a cui poco prima non ricevette risposta, ma venne fermato dal suono del suo cellulare.

 

“…pronto?” domandò un po’ tremante date le circostanze.

“hei genietto, qui Garcia con delle novità fresche fresche, vuoi che ti illumini?”

“…si?” le disse titubante il ragazzo non completamente sicuro della frase posta dall’occhialuta collega.

“tutte e tre le nostre vittime hanno studiato all’accademia artistica di Boston, non si conoscevano direttamente, ma avevano tutte una stessa insegnate. La signora Selma Foster che, guarda caso, aveva collaborato per un piccolo periodo con la casa discografica dove tu ora ti trovi. Ah, mi faccio paura da sola quanto sono brava!” si congratulò da sola Garcia.

“già, anche a me” scherzò quasi del tutto Reid dall’altro capo del telefono “grazie mille Garcia”

“di niente tesorino” terminò la ragazza concludendo la telefonata.

 

Ora Reid avrebbe dovuto tornare dal signor Lowell, chiedere di questa Selma Foster, farsi dare l’indirizzo ed andarci a parlare, ma non lo fece immediatamente, prima doveva soddisfare quel suo dubbio che non l’aveva ancora abbandonato così, accantonato momentaneamente imbarazzo e agitazione, si avvicinò a Karen che intanto era tornata alle fotografie e sedendosi di fronte riuscì a farle quella maledetta domanda.

 

“Karen, tu vivevi a Las Vegas?”  chiese serio guardandola negli occhi

“si…” disse fievolmente “aspetta, non dirmi che tu..”

 

fu allora che Reid estrasse dalla tasca il ciondolo a forma di goccia che la bambina gli regalò 17 annifa, una bambina che ora doveva avere 25 anni, di nome Karen dai magnifici occhi blu cobalto; e lei era proprio così.

Alla vista di quella collanina Karen a stento riuscì a trattenere delle lacrime di gioia; quel bambino di 17 anni prima dagli spessi occhiali a cui lei volle un bene dell’anima le era proprio davanti agli occhi, con un sorriso di felicità stampato in volto e con in mano il dono che lei gli fece quando dovette pertire. Era proprio lui.

Entrambi s’alzarono ancora increduli, si avvicinarono e senza alcuna esitazione ne alcun imbarazzo si abbracciarono; si diedero un lungo abbraccio pieno di calore, come quelli di quando erano piccoli, un abbraccio pieno di gioia. Lei andò a poggiare la testa sull’incavo del collo di Spencer liberando le lacrime che non era riuscita a trattenere facendo quasi piangere l’amico finalmente ritrovato;

 

“sai, mi dispiace per quello che ti ho detto ieri, anche se sarai lontana tu rimarrai sempre nel mio cuore!”

“e anche tu nel mio! Però hai avuto ragione ad arrabbiarti, io ti avevo promesso che ti sarei sempre rimasta vicino e invece ora devo rompere la nostra promessa, mi dispiace tanto”

“sei stata l’unica amica che ho avuto e sono davvero tanto felice per questo! Grazie mille”

 

“sei tornata” le disse Spencer con una voce piena di sentimento

“non me ne sono mai andata Spencer” gli rispose Karen con la voce troncata dal pianto.

 

Rimasero abbracciati per parecchi minuti non avendo la forza per allontanarsi, ora che si erano finalmente ritrovati.

 

 

Heilà!!! Grazie per le recensione a cui ora non riesco a rispondere mio malgrado per mancanza di tempo.

Spero che a coloro che hanno letto questua FanFiction si piaciuta e spero altrettanto questo capitolo anche se ho fatto un po’ fatica a scriverlo perché come il precedente è leggermente di passaggio. Dal prossimo SICURAMENTE inizia la vera azione e il vero rapporto che unisce e unirà Spencer e Karen.

Ditemi pure come vi è sembrato, accetto critiche e consigli ovviamente ;)

Recensite e ancora grazie per aver letto!!!!

Un bacio!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Cap.3 ***


Erano ancora abbracciati fortemente quando il telefono di Reid iniziò a squillare costringendolo ad allontanarsi dalla cara amica appena ritrovata, quella sua cara bambina dagli occhi blu.

Controvoglia estrasse il cellulare dalla tasca del pantalone leggendo poi sul display “Morgan” e pigiando il tasto verde rispose al collega.

 

“Hei ragazzo! Hai sentito la novità trovata da Garcia?”

“si, mi ha informato dell’insegnate in comune a tutte le vittime”

“bene, allora” continuò il moro “lei è ancora in attività e tu sei quello più vicino alla scuola d’arte, perciò ti spiace andare te?”

 

negli occhi di Reid si manifestò parecchia esitazione seguita poi da alcuna tristezza nello scrutare la figura della giovane dinnanzi a lui, ora che l’aveva ritrovata voleva starle vicino, voleva in qualche modo recuperare tutti quegli anni di lontananza, voleva che lei gli raccontasse tutto ciò di bello e non che le era successo nella vita trascorsa lontano da lui e anche lui, poi, avrebbe voluto fare lo stesso. Voleva rimanerle abbracciata e sentire il suo calore, il battere del suo cuore, voleva solo starle vicino.

Sin da piccolo il giovane Spencer Reid si sentiva a suo agio con quella bambina tanto dolce e tanto gentile, con lei non era praticamente mai in imbarazzo, non gli capitava pressoché mai di balbettare ed erano nulle le volte in cui lei lo fermava per la sua parlantina; lei lo sapeva ascoltare, lei lo sapeva capire, lei era diversa e Reid era sicuro che lo fosse ancora.

Dal canto suo Karen era immensamente felice di aver ritrovato il suo caro Spencer Reid, per molto tempo era rimasta nella solitudine, nessuno la capiva, nessuno voleva stare con lei, nessuno tranne quel bambino dagli spessi occhiali che spesso girava per il marciapiede con un libro sempre diverso sotto mano e che non esitò ad andare da quella bambina sconosciuta quando la vide in lacrime, se quel giorno non si fosse fatta male al ginocchio inciampando su di un gradino loro probabilmente non si sarebbero mai conosciuti. “Grazie gradino” pensò immediatamente Karen lasciandosi scappare un leggero sorriso sincero.

 

“perché ridi?” le chiese Reid curioso

“nulla” gli rispose ridacchiando e suscitando ancora più perplessità nel volto del giovane agente dell’ FBI.

“ok, sei rimasta sempre la strana di sempre sai?”

“lo predo come un complimento” disse lei non spegnendo il suo sorriso dolcemente divertito.

 

Reid avrebbe voluto rimanere la con lei, ma doveva andare a parlare con quella Selma Foster. “Maledizione” pensò.

 

“Karen non vorrei, ma devo andare” dissi il giovane a malincuore, manifestando in volto una leggera tristezza.

 

Karen gli si avvicinò e porgendoli due dita sotto il mento lo sollevò, costringendolo a guardarla.

 

“d’ora in poi avremo tutto il tempo del mondo per rinsanire la nostra distanza, ma la fuori c’è un vile assassino che probabilmente avrà già trovato un’altra possibile vittima e questa avrà i minuti contati” disse la ragazza fissando l’amico negli occhi continuando a tenere il suo mento tra le dita “va a fare il tuo lavoro e arresta questo bastardo, capito?”

 

solo allora Reid capì quanto gli fossero mancati quegli occhi e quella delicatezza da angelo, lei era davvero capace di far sentire bene le persone e il suo appena accennato sorriso lo convinse ancora di più a uscire da quell’edificio.

 

“io continuerò a lavorare sugli arrangiamenti, tu vai dove devi andare Dr.Reid”  continuò Karen abbandonando la presa dal volto di Reid che, sorridendole a sua volta, si accinse ad uscire dalla stanza.

“vado da questa Selma Foster, a dopo allora!”

“Selma Foster?” domandò la ragazza sorpresa fermando involontariamente la camminata del ragazzo.

“si…perché?”

“ah, se è quella che penso io è la mia vecchia insegnate di canto all’accademia artistica qua a Boston”

“ah…si, sarà lei…probabilmente”

“non ti trattengo oltre, forza” terminò soffermandosi vocalmente sul ‘forza’ accompagnando la parola con un pugno alzato per aria da incitazione.

“s-si!”

 

Reid uscì finalmente dalla stanza e mentre saliva gli scalini si accorse che a quel volto, a quegli occhi e a quel sorriso lui portava in se, sistematicamente, un velo di imbarazzo che con tutto se stesso combatteva, almeno con lei; tuttavia in alcuni momenti questo velo si faceva notare, nonostante il suo impegno a nasconderlo.

Era così felice di aver ritrovato la sua Karen che per tutto il viaggio verso la scuola d’arte non poté far altro che mantenere un costante sorriso sul suo volto.

Anche Karen continuava a mantenere un certo sorriso sul viso dopo l’uscita di Reid dall’edificio tanto che dovette andarsi a prendere un potente caffè per riuscire a concentrarsi su quei pentagrammi scritti e “scacciare” il pensiero dell’amico dalla sua mente.

 

Il viaggio verso la scuola non fu molto lungo, come aveva detto Morgan, lui era parecchio vicino all’edifico scolastico perciò parcheggiato il SUV nel parcheggio della scuola si diresse all’interno di questa alla ricerca della signora Selma Foster dovendo dirigersi dal preside per trovarla; il preside difficilmente si sarebbe dimenticato di uno come lui dato che su circa quattro o cinque frasi dette riuscì a pronunciare correttamente solo una decina di parole essendo stato perso da un senso di agitazione che solitamente tutte le scuole gli provocavano.

 

Dopo la magra figura fatta con il preside il giovane agente del FBI si diresse verso una piccola aula all’estremità del corridoio con tanto di pianoforte una trentina di sedie movibili probabilmente di modano dato il colore molto scuro.

Su una di queste stava seduta una non più giovane donna dai capelli rossi molto corti, ricci, indossava una maglietta decisamente larga per la sua magra figura e un paio di jeans ben tenuti ed era concentrata a scrivere chissà che cosa su di un foglio apparentemente bianco.

Sperando che si fosse accorta di lui, Reid avanzò verso la rossa ed esile figura capendo però che questa non si era minimamente accorta che qualcuno fosse entrato nella stanza; per far sentire la sua presenza Reid tossì più volte suscitando finalmente l’interesse della donna che, con gli occhi sul naso, lo guardò incuriosita.

 

“chi è lei?” chiese.

“ehm…salve, sono il Dr.Reid e sono dell’FBI” continuò Reid mostrando il distintivo “lei è Selma Foster?”

“si, sono io, è successo qualcosa?” s’allarmò leggermente la donna

“devo farle qualche domanda riguardanti Mary Simons, Kelly Nich e Nicole Cooper, se le ricorda?” domandò Reid prendendo posto anch’esso su una delle sedie

“certo che me lo ricordo! Avevano delle voci fantastiche, perché?”

“bhe…sono state uccise e stiamo indagando per trovare il loro assassino”

“oddio…povere ragazze” disse tutto d’un fiato la donna porgendosi una mano alla bocca “cosa volete sapere da me?”

“potrebbe parlarmi di loro per piacere?” domandò ulteriormente Reid cercando di essere più rassicurante possibile, ma non riuscendoci.

“Mary, Kelly e Nicole non sono mai state amiche, almeno non credo proprio, non le ho mai viste insieme” cominciò a spiegare Selma “erano tutte e tre delle brave ragazze, competitive, lavoratrici e studiose, sarebbero andate lontano. L’unico punto che le associa tutte e tre insieme, oltre la mia classe, è stato un concorso canoro tenutosi a New York circa 10 anni fa, adesso non ricordo precisamente la data”

“non si preoccupi, non è essenziale, mi parli del concorso”

“a questo concorso parteciparono loro e altre due ragazze, molto più giovani e tutte e 5 riuscirono a ottenere il primo premio, ognuna cantava una canzone diversa” continuò la donna lasciandosi scappare un sorriso al ricordo dello spettacolo.

“mi potrebbe scrivere su di un foglio il nome delle altre ragazze e le canzoni che ognuna di loro contò a quel concorso?” domandò Reid a cui venne in mente una possibile teoria e un sospetto che le altre due ragazze potessero essere possibili vittime.

“certo”

 

la donna, preso un foglio e una penna, iniziò a scrivere i nomi delle altre ragazze e delle canzoni e prendendosi il tempo necessario per ricordarsi delle varie cose, diede il foglietto giallo a Reid che leggendolo diede validità alle sue teorie.

 

Mary Simons – The Riddle “Five For Fighting”

Kelly Nich – Resterà L’amre “Josh Groban”

Nicole Cooper – Then You Look At Me “Celine Dion”

Emma Collins – You Raise Me Up “Celtic Women”

Medison Cook –Hold Your Dream- OST “Fame 2009”

 

“ok, grazie mille signora Foster, è stata certamente d’aiuto” terminò Reid congedandosi dall’edificio lasciando Selma Foster nuovamente sola con un dubbio che l’attanagliava la mente.

ma l’ultima ragazza era Madison Cook o Karen Shill?” continuava a domandarsi.

 

 

Ecco qua un altro capitolo di questa mia storia. Spero di vostro gusto =)

Ah, la cara professoressa Foster non si ricorda se l’ultima ragazza (cioè possibile vittima) sia questa certa Medison o Karen, chi sarà?

Nel frattempo ringrazio ulteriormente coloro che mi seguono anche solo leggendo, grazie =)

Grazie poi, ovviamente, a coloro che hanno messo la mia storia tra le seguite e un supergrazie a coloro che hanno recensito, grazie davvero =)

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Cap.4 ***


Reid era ancora in SUV intento a raggiungere i colleghi alla centrale di polizia quando il cellulare iniziò a squillare imperterrito segnando una chiamata da Aaron Hotchner.

 

“dimmi Hotch” rispose alla chiamata portandosi il telefono sull’orecchio stando bene attento però anche alla strada.

“abbiamo un’altra vittima Reid”

“un’altra? Ditemi dove siete che vi raggiungo”

“siamo ad un’isolato dalla casa discografica, non ti sarà difficile trovare la casa dato che ci sono poliziotti ovunque”

“ok…arrivo”

 

detto ciò Reid interruppe la chiamata ponendo il telefono all’interno di una delle sue tasche. Rifletteva su quella lista che la professoressa Foster gli aveva dato e se la questa ultima vittima fosse stata Emma Collins allora la sua teoria sarebbe stata fondata, avrebbe poi fatto esaminare l’arrangiamento a Karen assicurandosi che la canzone fosse You Raise Me Up e allora in qualche modo avrebbero scovato il nome dell’SI che, secondo il profilo, era un uomo tra i 35 e i 40 anni, ossessionato dalla musica e dal canto, competitivo e orgoglioso, che non riusciva a mandar giù delle sconfitte diventano tremendamente isterico; dovrebbe aver partecipato a quella famose competizione dove le vittime ricevettero il primo premio e non appena aver lavorato sull’ultima vittima Garcia avrebbe trovato il nome dell’SI che poi loro avrebbero assegnato alla giustizia.

Questo era quello che immaginava Spencer Reid mentre si dirigeva alla casa della vittima.

Scese dall’auto entrando poi all’interno dall’abitazione trovandoci già tutti i suoi colleghi raccolti intorno al corpo privo di vita della vittima.

 

“Reid, questa è l’ultima vittima, Emma…” cominciò a spiegare Rossi venendo però interrotto dal ragazzo prima che potesse finire di pronunciare il nome della vittima.

“Emma Collins…si lo so”

“ok che sai tutto, ma anche il nome di una vittima appena annunciata? Inizi a spaventarmi Reid” si stupì l’agente Emily Prentiss porgendo al Dr.Reid la sua espressione sorpresa.

“la professoressa Selma Foster mi ha dato una lista di cinque ragazze che parteciparono e vinsero un concorso anni fa e questi nomi corrispondono alle vittime e secondo questa lista la prossima sarà Medison Cook” spiegò lui rivolgendosi a Hotch che prendendo il mano il foglio con i vari nomi delle ragazze si diresse, seguito dal resto della squadra fuori dall’abitazione di Emma Collins

“Reid porta questa foto dell’ultima arrangiamento tatuato sulla schiena di Emma a Karen e assicuriamoci che corrisponda al testo cantato da lei a quel famoso concorso, noi andremo in centrale e parleremo del profilo a tutti gli agenti di polizia mentre JJ lo renderà noto alla stampa”

 

Reid risalì in SUV mettendolo in moto ed iniziando a guidare verso la casa discografica dove ancora si trovava Karen, era sicuro che sarebbero riusciti a salvare Medis Cook.

Hotch e tutto il resto della squadra intanto si era diretto alla centrale di polizia e dopo aver rivelato il profilo dell’SI contattarono Garcia per mettere immediatamente in guardia la signorina Cook mentre loro si sarebbero mossi a raggiungere la casa della donna.

 

“Hei bambolina, devi trovarmi un indirizzo” disse Morgan chiamando la bionda informatica che repentinamente rispose.

“facile come bere un bicchier d’acqua ragazzo mio!”

“il nome è Medison Cook”
”34 Eve’s Evenue” rispose in un batter d’occhio Garcia

 “ti devo lasciare super ragazza, grazie per lo straordinario aiuto!”

 

detto ciò Morgan riferì l’indirizzo della donna a Hotch che, pigiando sull’acceleratore, si diresse a tutta velocitò verso casa della prossima potenziale vittima.

Reid intanto era ormai arrivato alla casa discografica scendendo verso quell’enorme stanza che aveva ospitato la “rimpatriata” sua e di Karen e dove, entrandoci, la trovò seneramente seduta su una di sedie girevoli color panna che circondavano l’ampia tavolata grigia affiancata dalle lavagne intenta a sorseggiare una caffè fumante.

 

“Karen” manifestò la sua presenza il ragazzo dato che la donna non si era minimamente accorta del suo ritorno.

“già qua?” domandò voltandosi verso Spencer e poggiando la tazza sul tavolo.

“si, abbiamo praticamente risolto il caso”

“acchiappate i cattivi con velocità eh, siete dei super eroi!” scherzò sorridendo al ragazzo che, nel vedere quello stupendo volto, assunse un colorito rossastro in volto.

“g-già” rispose ancora imbarazzato. “d-dovresti confrontare quest’ultimo arrangiamento a una canzone che si chiama “You Raise Me Up”

“You Raise Me Up?” domandò prendendo in mano la fotografia del pezzo “la conosco bene quella canzone, davvero bellissima”

 

la ragazza tornò a sedersi sulle sedia girevole fissando la fotografia e riportando le labbra sul bordo di quella tazza che ospitava la sua bevanda preferita, si scostò i lunghi capelli dal viso portandoli tutti sulla spalla destra lasiandole libera la parte sinistra del collo. Reid in quel momento di sentì il cuore battere a mille e la temperatura salirgli vertiginosamente, non aveva mai provato una sensazione simile nel solo guardare una ragazza; il mondo in cui beveva e poggiava le labbra sulla tazza, il modo in cui scurata quella fotografia pensierosa, il modo in cui si accarezzava i capelli, quei stupendi e morbidi capelli castani lo faceva sentire in modo strano, il cuore sembrava volesse scappar via, iniziava a sudare freddo, arrossiva e la connessione bocca-cervello non funzionava più come doveva.

“ma che mi prende?!?” pensò tra se e se scuoendo la testa per scacciare quelle sensazioni, ma non riuscendoci e posando lo sguardo sul lungo e agrazziato collo della ragazza sentì che tutto quel sentirsi che aveva cercato di allontanare da se si ripropose improvvisamente; gli piaceva provare emozioni simili, ma in parte non sopportava di non riuscir più a collegare il cervello, non poteva credere che il suolo guardare la ragazza lo facesse allontanare dal mondo.

“Spencer concentrati sul caso, Spencer concentrati!”

Inutile, tutto inutile, non ci riusciva; solo il suono della voce di Karen con la risposa alla sua precedente domanda riuscì a smuoverlo dallo stato confusionario che in parte si era creato.

 

“si Spencer, è una parte dello spartito di You Raise Me Up” enunciò alzandosi e porgendo la fotografia a Reid

“grazie…ora è meglio che chiami i miei collagi…i-miei colleghi!”

 

ecco, era riuscito a storpiare l’ennesima parola ed era assolutamente sicuro che in quel momento fosse diventato più rosso di un pomodoro maturo così, per sfuggire dall’ imbarazzante situazione, uscì dalla stanza chiamando Hotch e dicendogli che la canzone combaciava; ora avrebbero dovuto trovare l’uomo che assecondava il profilo e grazie a Garcia il nome di questo sarebbe saltato fuori in pochi minuti.

Spencer, ripreso dalla figura, rientrò nella stanza notando che Karen stava sistemando gli oggetti usati riportandoli tutti al loro posto indossando già una leggerissima giacca, come se dovesse andarsene da qualche parte.

 

“vai via?” domandò Reid rimanendo sulla soglia della porta

“si, ho finito il turno e dato che ora non vi servo più ho una vasca da bagno che mi aspetta” gli rispose lei tutta eccitata avvicinandosi  “senti, se ti va questa sera…se non hai impegni e/o problemi…potremmo vederci, così per ricordare i vecchi tempi” gli propose impacciandosi un po’ anche lei.

“si…certo che…mi va” gli rispose accennando un sorriso e prendendosi una minuscola pausa tra qualche parola e l’altra.

“bene allora, sappimi dire quando stacchi, questo è il mio numero”

 

Karen gli porse un biglietto di carta gialla con soscritto un numero di cellulare poi, dopo avergli sorriso un ultima volta, si allontanò dalla sala vogliosa di passare un tardo pomeriggio a mollo nell’acqua calda ed aromatizzata della sua vasca da bagno.

Hotch, Morgan e tutti gli altri erano ormai nei pressi della casa di Medison Cook e dopo aver bussato pesantemente alla porta vennero aperti e accolti da un’alta donna dai capelli rossi e dagli occhi verde scuro.

 

“Medison Cook?” domandò Prentiss avvicinandosi alla donna che rispose con un flebile “si”

“lei la prossima potenziale vittima di un uomo a cui lei e altre quattro ragazze avete soffiato la vittoria ad un concorso quando ancora eravate al liceo” le spiegò velocemente Emily facendola accomodare sul divano del soggiorno.

“dite sul serio?” domandò la donna visibilmente agitata

“si, ma non le succederà nulla ora, siamo qua per proteggerla”

“Morgan, chiama Garcia e cercate di trovare il nome del nostro SI” ordinò Hotch riponendo la pistola estratta nel fodero.

“ma perché quest’uomo vuole uccidermi?” domandò ulteriormente Medison

“lei quand’era all’ultimo anno di liceo ha partecipato ad un concorso ed ha vinto il primo premio con Mary Simons, Kelly Nich, Nicole Cooper e Emma Collins e…”

 

Emily Prentiss non riuscì a terminare la frase perchè Medison l’interrupe sfoggiando unna faccia perplessa e confusa.

 

“io non partecipai mai a quel concorso”

“come?!?!?” le chiese Prentiss imitando l’espressione della signorina Cook

“io ebbi dei problemi in quel periodo e fui sostituita da un’altra ragazzina prodigio”

“e come si chiama questa ragazza?” chiese Prentiss facendo avvicinare Hocth che, anch’esso sorpreso, ascoltò con attenzione.

“mi pare Karen…si, Karen Shill!”

 

Hotch e Prentiss si scambiarono uno sguardo di paura, avevano sbagliato persona e ora la vittima non era più Medison Cook, ma Karen Shill, la donna che avevano conosciuto alla casa discografica e che ora era in imminente pericolo di vita; Hotch, vedendo Morgan tornare, si sbrigò a fargli chiamare Karen per metterla in guardia dall’SI di cui ora avevano il nome, ma non sapevano che tutto quanto sarebbe stato inutile.

Karen era appena scesa dalla macchina parcheggiata nel vialetto davanti a casa sua, alla luce di un imminente tramonto che per lei svanì immediatamente sostituito da un freddo buio e da un tremendo dolore alla nuca.

 

 

Eccolaaaa! Scusate il ritardo ma ho avuto problemi in questo periodo X)

Questo è il nuovo capitolo, spero vi piaccia e che continuiate a seguirmi; Karen rapita dall’SI, come la prenderà Reid?!? (fa un po’ rima XD)

Purtroppo non ho il tempo per rispondere alle recensioni ma comunque ringrazio a coloro che leggono questa mia storia e che l’hanno messa tra le seguita.

Spero di non deludervi

Un Bacio! p.s: se riuscite a recensire mi farebbe piacere :) bye bye

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Annuncio! ***


Saaaaalve a tutte!!!

dato il cattivo periodo a scuola mi devo proprio mettere sotto con lo studio (ma tanto tanto tanto tanto tantooooo) perciò non aggiornerò per credo un mesetto, ma non sono ancora sicura.

Chiedo scusa ma cercate di capirmi.

tornerò appena sitemerò abbastanza bene la situazione con un capitolo bello bello ;)

intanto vi faccio immaginare ciò che potrebbe succedere alla povera Karen e a ciò che potrebbe fare un agitatissimo Dr.Reid XD

un abbraccio e grazie mille per la pazienza!!! :):):)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Cap.5 ***


10:12 p.m

Da qualche parte ai confini di Boston.

 

A fatica riuscì ad aprire quelle palpebre che fino ad allora erano rimaste chiuse.

Era tutto sfuocato e un senso di giramento si impossessò di lei portandole una smorfia di dolore in volto, la testa le faceva un gran male e nel tentativo di andarsi a massaggiare laddove il dolore si faceva sentire capì che c’era qualcosa che non andava.

Le mani erano legate dietro la schiena con un qualche materiale che le sembrava le lacerasse la pelle, probabilmente era vecchia plastica; così come le mani anche i piedi, privi di scarpe, erano legati nello stesso modo.

Si mosse per quanto riuscì, non ottenendo un buon risultato; si guardò intorno e dalle sagome offuscate che notava intorno a se capì che si doveva trovare all’interno di una macchina, e lo scossone che ricevette dovuto ad un dosso confermò questa sua teoria.

Era sicuramente notte, il poco cielo che si poteva scrutare al di la del finestrino era totalmente buio; ne un lampione, ne i fari di altre macchine, ne una luce di una qualsiasi casa, ne una stella…il nulla.

Si poteva intravedere la figura di un uomo alla guida, robusto, con un cappello in testa, paurosamente ritirato in uno strano silenzioso.

Karen avrebbe voluto parlare, dare risposta ad almeno alcune delle domande che vagavano per la sua testa: chi era lui, perché l’aveva rapita, cosa voleva…sarebbe mai tornata a casa viva?  Ma per quanto si sforzasse di aprir bocca non ci riusciva, non usciva nessun suono dalla sua gola, come in quei bruttissimi sogni dove devi gridare, ci provi con tutte le tue forzi, urli…ma non esce nessuna vocale dal fondo della gola.

Era li, zitta, dietro al sedile del conducente tutta chiusa in se stessa, creandosi un cantuccio che le desse almeno la sensazione di una qualche protezione; tremava, era spaventata, e in tutti i modi possibili cercava di non guardare l’uomo con il berretto in testa che guidava con noncuranza nei confronti di Karen che, per ogni metro in più e per ogni dosso, accelerava involontariamente il suo battito cardiaco.

 

“fai bene a non agitarti, sarebbe del tutto inutile”

 

L’uomo con il cappello finalmente si decise a parlare portando in volto a Karen un’espressione di terrore, facendole spalancare gli occhi nella sue direzione, fissandola attraverso lo specchietto retrovisore, e mostrandole un sorriso che avrebbe messo il terrore addosso a chiunque.

 

10:13 p.m

Centrale di Polizia di Boston.

 

Non poteva crederci, era impossibile.

Il Dr. Spencer Reid non riusciva minimamente credere a quello che i suoi colleghi gli avevano detto qualche tempo prima, di ritorno dall’abitazione di Medison Cook; non era lei la potenziale vittima, era Karen!

Reid non poteva far altro che pensare che se avesse trattenuto Karen anche solo per qualche minuto in più, ora lei sarebbe li con loro mentre quel bastardo che l’aveva rapita si sarebbe trovato già dietro le sbarre; sentiva la rabbia nascergli ed aumentargli in corpo ogni secondo che passava, non doveva andare così.

Il cellulare di Karen era stato trovato davanti a casa sua, vicino alla macchina con ancora la portiera aperta e con uno schizzo di sangue sul marciapiede; quanto tempo avevano per trovarla viva? Poco.

Reid non riusciva a stare fermo un secondo cercando e sfruttando una qualsiasi traccia possibile, ma inutilmente; non sapevano dove quel bastardo l’avrebbe portata prima di ucciderla, non sapevano nemmeno perché l’aveva rapita.

Il nome dell’SI era Glenn Reeve, un uomo di 39 anni che corrispondeva perfettamente al profilo, erano riusciti a scoprire tutto di lui, ma chi l’avrebbe mai immaginato che in quel momento tutte quelle informazioni non sarebbero servite a niente?

Non riuscivano a capire il perché questa volta abbia rapito una sua futura vittima, non l’aveva mai fatto; tutte le altre donne erano state colte di sorpresa e uccise poi nei loro appartamenti e così avrebbe potuto fare anche con Karen, ma allora perché l’aveva rapita? Perché?!

Glenn Reeve e Karen erano completamente spariti.

Tutti gli agenti e poliziotti si misero in moto per trovare anche un loro minimo segno, facendosi anche aiutare da più gente della città possibile, ma senza molti risultati.

 

“dobbiamo ritornare al profilo, perché ha voluto cambiare?”

 

Prentiss aveva decisamente ragione, la risposta a quel dannato “perché” si poteva trovare solo nel profilo; si misero tutti intorno ad una scrivania vicino alla lavagna che reggeva i dati delle vittime, di Reeve e che sosteneva la mappa della città.

 

“forse si è sentito minacciato dalle autorità, così ha deciso di rapirla per poterla portare in un luogo dove poi possa compiere l’omicidio in modo più…bhe…riservato” ipotizzò JJ poggiandosi alla scrivania di schiena.

“si, potrebbe essere, ma dove?”

“è quello che stiamo cercando si scoprire, Morgan”

 

Reid fissava quelle lavagne con uno sguardo assente, come se fosse fuori dal mondo, non riusciva a concentrarsi per scoprire dove l’avesse portata, dove lui avesse portato Karen.

L’aveva ritrovata dopo diciassette anni e ora che finalmente avevano ottenuto una possibilità di riunirsi ecco che un tedioso SI la va a rapire portandola lontano da lui, di nuovo. Quello che si chiama sfortuna eh?

Si stava torturando l’interno delle tasche dei pantaloni quando andò a scontrarsi con un materiale che non era tessuto; si passò quel materiale fra le dita. Era la collana che le diede Karen quant’erano ancora bambini e quando si volevano ancora un gran bene, bene che non si era mai estinto anche a distanza di così tanti anni.

Strinse forte quella collana chiudendo gli occhi, come se ciò potesse dargli conforto e coraggio.

 

“io invece voglio che tu la prenda così, quando ti sentirai solo, basta che tu la stringa forte forte a te e vedrai che io arriverò immediatamente; però quando lo farai dovrai chiudere gli occhi, promesso?”

 

e in quel momento si sentiva davvero solo, sapendo che lei era nelle mani di uno squilibrato che voleva farle del male.

“magari una semplice stretta di questa tua collana ti portasse qui da me, ora” si ritrovò a pensare Reid continuando a tenere gli occhi chiusi senza allentare la presa dal ciondolo.

“…una collana non può salvarti…ma io si!”

Reid ritrovò finalmente quella sicurezza che aveva momentaneamente perso, lasciò cadere il ciondolo nuovamente all’interno della tasca e poi, andando a rileggere le informazioni su Glenn, mise in moto la sua testa e si concentrò su quel profilo e sulla risoluzione di quel “perché” e del consecutivo “dove”.

 

Confini di Boston.

10:20 p.m

 

Una capanna, lui l’aveva portata all’interno di una capanna intrisa di un nauseabondo odore stantio per poi lasciarla sola. Aveva perso la cognizione del tempo e il dolore alla testa non le rendeva le cose sicuramente più facili e quelle domande che ancora le vagavano in testa non la lasciavano in pace, portandola all’interno di un vortice di terrore e agitazione.

Si guardò intorno alla ricerca di qualcosa che nemmeno lei sapeva, forse solamente una qualsiasi cosa che tenesse vivo quel minuscolo barlume di speranza ancora vivo in lei, ma che, poco a poco, andava spegnendosi.

Abbandonò la testa all’indietro, così che potesse appoggiarsi alla parete di legno e senza chiudere gli occhi lasciò volare libera la mente; pensò al suo ultimo lavoro, ai suoi anni del liceo dove poté dare sfogo alla sua creatività e dove poté finalmente concedersi completamente alla sua passione: la musica e il canto.

Pensò a quando dovette abbandonare Las Vegas e, infine, si soffermò a Spencer, quel bambino con gli occhiali spessi dall’aria da adulo, ma in fondo bisognoso d’affetto e di coccole; era così felice di averlo potuto ritrovare. Quanto le sarebbe piaciuto passare qualche ora con a lui, da sola, parlare di tutto e di più, parlare di loro, stare solamente di nuovo insieme.

Ricordò del libro di favole che le regalò quando dovette partire da Las Vegas…

 

“però anche tu, se ti sentirai giù di morale o farai un brutto sogno, dovrai leggere una favola dal libro, promesso?”

 

ma purtroppo quello non era un brutto sogno, era tutto reale.

L’ultima volta che lesse per l’ennesima volta una di quelle favole fu qualche settimana prima quando, dopo una brutta giornata di pioggia, si sentiva triste, vuota e sola, così prese quel vecchio libro soffermandosi sulla sua favola preferita, leggendola due volte di seguito.

 

“Un uomo aveva un asino, che per molti anni aveva assiduamente portato i sacchi di farina al mulino; ma ora le forze l’abbandonavano e di giorno in giorno era meno atto al lavoro…”

 

Iniziò così a leggere mentalmente quella sua favola preferita, che ormai sapeva a memoria…I musicanti di Brema. Amava davvero quel racconto così che ci si immerse con il pensiero finché, dal retro della baracca, non sentì dei passi cadenzati farsi sempre più vicini alla porta d’ingresso, se così si poteva definire quel pertugio.

I passi si facevano via via sempre più vicini aumentando di suono in suono i battiti del cuore di Karen che, presa dalla paura, iniziò a respirare più pesantemente finché questo suo affannoso respiro non venne mozzato dalla vista di un grande coltello nella mano del suo sequestratore.

 

Centrale di polizia di Boston.

10:22 p.m

 

“non ha senso”

“cosa Reid?” gli domandò Rossi sentendolo dire quell’affermazione davanti alla cartina della città mentre si passava fra le mani un grosso pennarello nero.

“non ha senso che sia un luogo legato fortemente a lui in qualche modo, non c’è logica!”

“allora a che pensi?” domandò ulteriormente Rossi.

“non lo so…”

 

Reid vedeva tutto sfuocato davanti a lui, tutto tremendamente in confusione.

Si passò una mano sulle tempie massaggiandosele cercando di alleviare quella stanchezza e quel disordine da lui, attirando l’attenzione di Rossi che notando quel suo comportamento gli si avvicinò.

 

“vai a prenderti un caffè Reid, stacca un po’”

“non posso, la fuori c’è Karen da qualche parte, ed è in pericolo, come faccio ad allontanarmi e non lavorare?!”

“ti capisco, ma in queste condizioni rischi solo di sprecare tempo senza ottenere nessun risultato, fidati di me. Prenditi un caffè e una bella boccata d’aria fresca, poi torna a lavorare”

“…ma” cercò di contraddirlo Reid, lui voleva trovare Karen, il prima possibile!!

“va…ci siamo noi qua” gli disse per l’ultima vota Rossi prima che Spencer, convinto, si diresse verso la macchina del caffè in una stanza poco distante.

 

Non riusciva ad allontanare dalla sua testa l’immagine di una Karen terrorizzata in balia di quell’assassino, ma in fondo sapeva, che se non l’avesse fatto anche solo per qualche secondo, non sarebbe stato in grado di mantenere un ragionamento lucido.

Versò il caffè nella tazza e lo bevve lentamente portandosi una mano in tasca, e tornando a stringere con forza quel ciondolo, chiudendo nuovamente gli occhi.

L’avrebbe ritrovata, non poteva perderla…non di nuovo.

 

 

-ANGOLO DELL’AUTRICE- 

 

Buonos Dias A Todos!


Eccomi finalmente qua, ad un mese esatto di distanza del mio “annuncio!” (sono brava eh?XD)

In questo capitolo, come avrete notato, non compaiono molti dialoghi dato che è strutturato soprattutto sulle circostanze. In questo 5° Capitolo tornano quasi come protagonisti la collana e il libro di favole che, d’ora in poi, avranno via via sempre più importanza per un Reid tutto agitato e una Karen tutta immobilizzata dalla paura.

Come il protagonismo della collana e del libro, anche i sentimenti di Reid e Karen andranno sempre più ad aumentare nei prossimi capitoli dove, dopo aver scoperto il luogo dove Reeve tiene prigioniera Karen, ci sarà una lotta contro il tempo in SUV per raggiungere –appunto in tempo- la ragazza dal SI.

 

Ringraziamenti:

 

ovviamente a tutti coloro che leggono e a:

 

aliena.

Anemone333

Chocco

Elawen Aeglos

Giorgitas

Lars Black

LoLe_Sora_Chan

Lulaan

Nihal93

Purisuka

 

Che hanno messo la mia storia fra le seguite. <3

 

E poi:

 

Lole_ Sora_Chan:

l’ispirazione c’è…ma dato che aveva circa 3 settimane di fila con tutti i compiti in classe che mi hanno potuto salvare dalla bocciatura, ho deciso di abbandonare il computer e dedicarmi allo studio, e con successo direi ;)

Grazie per la recensione!

Comunque si ho notati anche io gli errori…ma il problema è che quando vado a modificare la storia non ci sono più, e poi quando torno a rileggere ecco che ricompaiono! Bha….o.O

 

LadyArtemis:

Heilà! :)

Eh si, Karen è stata rapita…ta ta taaaaan!

Reid si dovrà dare una calmatina povero, che è tutto stra agitato e quindi la sua cara concentrazione e lucidità si sta andando a far benedire! X)…Comunque ce la farà…credo….!!

Eh, più tardi i cari Spencer e Karen saranno tirati dentro ad un vortice rosa che li porterà in situazioni assurde…altro che rapimento!

Grazie per la recensione, Bacioni!

 

Chocco:

non ricordo più quello che dovevo scrivere…o mio dio! O.o…so solo che c’era la vecchia con il cesto della spesa e le arance che cadevano. Se ti ricordi…dimmi! XD

Ciao Ciao more…ti voglio bene!

 

Finalmente dovrei riuscire a postare una volta a settimana, almeno spero; sennò posterò tra tre settimane dato che….

FINIRA’ LA SCUOLAAAAAAAA!! E IO NON VEDO L’ORAAAAAA!!

Baci a tutti. E grazie ancora!! ;)

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=471458