A song to say goodbye di Annina88 (/viewuser.php?uid=80931)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 1 *** Capitolo I ***
Capitolo I
Mi muovo
piano, come solo io sono in grado di fare. I miei
passi sono così leggeri che nemmeno le foglie ed i rami secchi riescono
a
rompersi sotto i miei piedi. Il terreno è umido e morbido, ma le mie
scarpe non
affondano. Alzo lievemente il capo. Una leggerissima pioggia bagna il
mio
volto. Chiudo gli occhi e dilato le narici. Fiuto l’aria, come il
migliore – ed
il più affamato – dei segugi. Un odore famigliare ed intenso colpisce
le mie
ghiandole odorifere. Odore di sangue. Un cervo. Bene. Un animale
abbastanza
grande da placare la mia sete per qualche giorno. Uno scoiattolo o un
uccello
non sarebbero andati bene nemmeno come aperitivo. Un umano…meglio non
pensarci.
Seguo la traccia attraverso la foresta. Lentamente, senza fare alcun
rumore. Ed eccolo lì. Una giovane femmina si
sta
dissetando con l’acqua di un piccolo specchio. Mi acquatto come un
leone a
caccia, e la osservo. Aspetto il momento giusto per scattare. Chiudo
gli occhi,
e respiro ancora un po’ il suo odore. Vorrei poter dire delizioso ed
attraente
come quello degli umani. Ma non lo è. Purtroppo. Subito distolgo la mia
mente
da quel vile pensiero e torno a concentrarmi sulla mia preda. Beve.
Ignara del
suo inevitabile destino. Ignara del fatto che grazie a lei un’altra
vita umana
è salva. Le mie ginocchia sono piegate. Le mani poggiano sul terreno
scuro e
bagnato. La cerbiatta continua a bere. E improvvisamente, decido che è
il
momento giusto. Più veloce di un felino, balzo in avanti con uno scatto
felino.
Il fruscio delle foglie calpestate allertano l’animale, che inizia
subito la
sua fuga disperata. Ed inutile. Poco male, più divertimento per me. Le
sono
dietro, ma decido di anticiparla e coglierla di fronte. In pochi
secondi, riesco ad affiancarla e a superarla.
Lungo il
suo percorso, vedo un tronco accasciato al suolo che la costringerà a
saltare.
Quei millesimi di secondo in cui rallenterà mi permetteranno di
prenderla.
Eccola. Vede il tronco e spicca un salto. Subito le sono addosso e, con
tutta
la mia forza, di gran lunga superiore a quella di un uomo,
l’afferro con le braccia e la sbatto al
suolo. Ora è mia. La fatica e la paura fanno sì che il cuore batta in
maniera
incredibilmente forte, e che pulsi ancora più sangue nelle vene.
L’odore è più
forte e gradevole che mai. Per quanto l’odore di un cervo possa esserlo
rispetto a quello di un uomo. O meglio ancora, di una donna. E’ come
paragonare
l’odore dei broccoli lessi a quello della cioccolata calda. Il veleno
sale
lungo la mia gola, giungendo alla mia bocca e riempiendo i miei canini.
Stringo
la mia preda che si dimena con tutte le sue forze. Guardo i suoi occhi
neri.
Spaventati. Quasi provo pena per lei. Quasi. Mi getto su di lei,
mordendole la
giugulare. Proprio lì, dove il sangue affluisce e scorre come un fiume.
I miei
denti bucano la carne e attraverso quei due piccoli e vitali – e
mortali –
pertugi inizio a succhiare. Mentre bevo, tutto il resto del mondo
scompare. La
mia mente è completamente vuota. L’unica cosa a cui riesco a pensare, a
sentire, a odorare è il sangue. La mia unica fonte di sostentamento e
nutrimento. Cerco, in tutti i modi possibili, di pensare che questo sia
sangue
umano. Immagino che gli umani a dieta facciano la stessa cosa: pensano
che i
broccoli bolliti, la soya ed il tofu che sono costretti a mangiare per
perdere
chili siano cioccolata calda, cheeseburger e patatine. La differenza
tra noi e
loro è che se noi cediamo alla tentazione della cioccolata e dei
cheeseburger,
non ingrassiamo. Molto peggio. Uccidiamo. Ho ucciso anche questa povera
creatura, agonizzante sotto le mie mani e sotto i miei denti. Ma se non
l’avessi uccisa io, lo avrebbe fatto un uomo, o un orso. E’ la legge
della
natura: tutti i cervi nascono prede e muoiono prede. Sono ad un livello
piuttosto basso della catena alimentare. L’uomo invece è l’unico essere
vivente
in grado di uccidere tutti gli altri animali. Tranne uno. Si dice che
l’uomo
sia in testa alla catena alimentare. Il fatto che dopo millenni di
stragi e
“misteriose” uccisioni e scomparse l’uomo ne sia ancora convinto desta
davvero
meraviglia. Lì in cima ci siamo noi. Pendiamo sulle loro teste come una
ghigliottina. La vita ormai ha abbandonato la povera cerbiatta. Preso
dalla mia
sete, dalla mia fame, dalla frenesia che ci imprigiona ogni volta che
assaggiamo il sangue. Quella frenesia che ci rende i mostri che siamo.
L’ho
interamente prosciugata di ogni sua linfa. Ho recuperato le forze e,
soprattutto, ho placato la mia sete. Abbandono la carcassa accanto a
quel
contro, destinata ad essere il pasto di qualche altro animale. Gli
altri della
nostra specie, quelli che non si accontentano di nutrirsi degli
animali,
considerano me e la mia famiglia degli eroi, perché abbiamo imparato a
resistere alla tentazione del sangue umano. Be, anche oggi l’ho fatto.
Ho
salvato una vita umana…sono un eroe…Edward, smettila! Sei ridicolo…Sai
benissimo che non hai salvato la vita a nessuno. Hai solo risparmiato
la vita a
qualcuno. E, soprattutto, sai benissimo che non è sempre stato
così…Eroe, puah!
Tu sei l’esatto opposto dell’eroe. Sei il cattivo. Sei il mostro.
Sei…un
vampiro.
“Ehy!
Eccoti qua!”
La voce di
Emmet interrompe quel mio monologo. Ero talmente
concentrato nelle mie riflessioni che non avevo sentito i suoi
pensieri.
Leggere nella mente degli altri è l’ennesima qualifica che appare nel
mio curriculum
di “predatore più pericoloso del mondo”.
“Allora,
com’è andata la caccia?”
Emmet è
sempre di buon umore. Ha accettato il fatto di
essere un vampiro, ma so che comunque è
un peso anche per lui e probabilmente cerca di convivere con quella
realtà prendendola
con filosofia.
“Guarda tu
stesso”
Gli indico
la carcassa adagiata al suolo. La guarda e
sorride, illuminando, per quanto sia possibile, quel suo faccione
simpatico
quanto pallido. I suoi occhi non sono più neri come quando ci siamo
separati prima
della caccia. Hanno già riacquistato il colore ambrato, come
sicuramente
avranno fatto i miei. La sua maglietta è sporca di sangue.
Inevitabilmente,
inizio a penetrare nella sua mente. Una
cerbiatta…mmm…il cervo che ho gustato prima era grande almeno il
doppio! Emmet
e le sue manie di competizione…Parlando di forza bruta, lui è il
migliore nella
nostra famiglia. E non c’è da stupirsi, data la sua stazza. Dopo anni
ed anni
trascorsi insieme, non smette mai di decantare la sua forza e di
cercare sfide.
Eppure sa che con tutta la forza del mondo, non può cavarsela con uno
che,
leggendogli nel pensiero, è in grado di anticipare le sue mosse.
Secondo lui
baro…Ma d’altra parte ognuno usa i suoi punti di forza. Un’altra “voce”
entra
nella mia mente. Dove saranno gli
altri…ah ecco, sento l’odore. Rosalie compare alle spalle di Emmet
dopo
pochi secondi. E’ sempre velocissima. E sempre bella in un modo
spaventosamente
perfetto. I suoi capelli biondi, sciolti sulle spalle, sono
impeccabili,
nonostante la caccia. Ricordo il momento in cui era entrata nella
nostra
famiglia, quando Esme e Carlisle desideravano che diventasse la mia
compagna.
Immagino che, non riuscendo nel loro intento, abbiano fatto la felicità
di
Emmet.
“Eccovi…ciao
scimmione!”
Rosalie si
avvicina al suo compagno e gli dà un bacio sulla
guancia che somiglia di più ad un morso, ed in risposta Emmet avvicina
la sua
lingua al residuo di sangue che sporca il collo di mia sorella. Come
ogni volta
che assisto ad uno scambio di effusioni, distolgo lo sguardo. Credo che
la mia
mente sia già sufficientemente invadente. E non nego che siano
situazioni per
me imbarazzanti. E ammetto anche tristi. Confesso che provo un po’ di
invidia…Oh, Dio! Ogni volta la stessa storia…Mi sforzo per chiudere le
porte
della mia testa per evitare che i pensieri a dir poco impuri di Emmet e
Rosalie
entrino. La caccia li eccita in modo particolare…e per lasciare loro un
po’ di
privacy, che spesso manca quando vivi in una casa affollata come la
nostra. Con
un fratello che legge nel pensiero poi…
Corro
attraverso il gli alberi e in due o tre minuti sono
già a casa. In salotto, mia sorella Alice ed il suo compagno Jasper si
stanno
dilettando in una partita a scacchi. Cavallo
in C3,pensa Alice. E so che non è la sua prossima mossa. Ma la
mossa che
Jasper attuerà fra chissà quanto. Eh già…la mia piccola sorellina
prevede il
futuro. Rimango qualche secondo ad osservarli, divertito per
l’ostinatezza di
Jasper che sa benissimo che non ha nessuna speranza. Come si può
battere una
persona che prevede le tue mosse in un gioco che è tutto basato sulle
capacità
tattiche, la furbizia e l’astuzia? Infatti, due o tre mosse e…scacco
matto per
Alice, che con un balzo gioisce come se avesse vinto la maratona,
agitando i
suoi capelli neri, corti e sbarazzini. Inizia a fare piroette nel
soggiorno,
con quella sua grazia e quella sua leggerezza invidiabili. Jasper la
osserva,
con il sorriso e lo sguardo di un innamorato. Sei così
pazza e così bella quando fai così… E subito mi pento per
quell’intrusione nella sua mente romantica, perché un po’ sono felice
per loro
e un po’ mi fa male perché mi sento ancora più solo.
“Jasper,
mi spieghi perché ti ostini a voler perdere?”
Mi
sorride. Perché mi
piace quando Alice fa così. E lo pensa, senza dirlo, perché sa che
con me
basta. Sorrido e decido di lasciarli soli e andare in camera mia.
Mentre salgo
le scale, incontro Esme, mia madre.
“Edward,
tesoro, com’è andata?”
“Bene
grazie”
“Ti senti
a posto? Domani è il grande giorno…”
Già.
L’ennesimo grande giorno. Un altro primo giorno di un
altro primo anno di università. Questa volta è Dartmouth. Lettere
moderne. Un
altro foglio di carta da incorniciare ed appendere accanto agli altri:
letteratura 1958, biologia 1971, medicina 1980 e ancora medicina 1994.
Carlisle, mio padre, è un grande chirurgo e nel corso degli anni, anzi
dei
secoli ha sviluppato una notevole capacità di resistenza di fronte al
sangue
umano. Oramai gli è praticamente indifferente. Per me non è ancora
così. Io e i
miei fratelli abbiamo imparato a convivere con gli umani, e infatti
frequentiamo regolarmente liceo e università. Ma manteniamo sempre un
certo
distacco. Per questo ci considerano strani, più che per il colorito
straordinariamente pallido delle nostre pelli e per la bellezza che ci
caratterizza ai loro occhi. I ragazzi stanno alla larga da noi, come se
sapessero che siamo pericolosi. In realtà ci trattano solo con
indifferenza.
“Si mamma,
sono a posto. Gli studenti universitari non
corrono rischi nemmeno stavolta.”
Bene.
Ho pulito la tua
stanza ma tranquillo non ho spostato niente. E sorride, nel modo
più dolce
ed affettuoso possibile. La amo come se fosse la mia vera madre. E lei
mi ama
come se fossi davvero suo figlio. Quel figlio che non ha potuto avere
naturalmente.
So che il fatto di non aver mai concepito un bambino suo e di Carlisle
è un
fardello che tiene racchiuso nel suo cuore, nascosto e mai dimenticato.
Io,
Alice, Jasper, Emmet e Rosalie colmiamo quel vuoto e lei ringrazia Dio
ogni
giorno per la nostra presenza. Si, ringrazia Dio…nonostante siamo
creature
provenienti dall’inferno. E condannate a ritornarci.
Entro in
camera mia e mi getto a corpo morto sul divano in
pelle. Senza trovare, per l’ennesima volta, la morbidezza che si cela
in un
caldo ed accogliente letto, che nella mia stanza avrebbe la stessa
utilità di
un soprammobile. Io non dormo. Noi vampiri non dormiamo. Nonostante
tutte
quelle fantasie sui nostri ipotetici sonnellini nelle bare…Niente bare,
niente
liquefazione al sole, niente intolleranza all’aglio e alle croci. Però
non
dormiamo…Mi chiedo cosa diavolo ci sia rimasto di umano in noi…Però
forse è
meglio così. Se mi addormentassi in questo momento so che sognerei. E
soprattutto so che cosa sognerei. E l’ultima cosa che voglio è un sogno
in cui
io sono un ragazzo normale, che può vivere come una persona normale,
stare tra
la gente, avere amici, magari innamorarsi...L’ultima cosa che voglio è
l’illusione. Se mi svegliassi e, guardandomi allo specchio, vedessi
ancora il
topazio invece del verde naturale nei miei occhi, sarebbe troppo da
sopportare.
Altra sofferenza alla mia vuota ed ignobile esistenza.
Mi alzo,
prendo uno dei miei cd di Debussy e lo inserisco
nello stereo. La deliziosa melodia del pianoforte si espande ed invade
tutta la
camera. Ho voglia di leggere. Qualcosa che ho già letto e che mi è
piaciuto.
Qualcosa di rassicurante. Scelgo “Grandi speranze” di Dickens e mi
ributto sul
divano. Leggo e già penso a domani. Al grande giorno…un altro e vuoto
grande
giorno.
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Capitolo 2 *** Capitolo II ***
Capitolo II
“Bene
ragazzi. Ora vi mostro la scena più famosa di tutto il
cinema italiano e poi lascerò che siate voi a parlare”.
Il
professore di storia del cinema si avvicina agli
interruttori della luce perché cali il buio. I capelli e la barba
bianca gli
danno più anni di quelli che ha. Che
palle questo film, detesto il cinema italiano! Guardo il ragazzo
seduto
alla mia sinistra. Tra me e lui ci sono tre posti, eppure sento forte e
chiaro
i suoi pensieri così fastidiosamente
noiosi e superficiali. “La dolce vita” è un capolavoro, e non sopporto
chi non
ha rispetto per i capolavori. Lo guardo. Ha i capelli quasi a zero e
qualche
chilo di troppo. Certamente non detesta i cheeseburger…Meno
male che ha spento la luce, almeno mi faccio un sonnellino invece
di guardarmi questa noia in bianco e nero…Se cedessi alla
tentazione con un
individuo del genere, non credo che me ne pentirei più di tanto. Di
sicuro
cesserebbe di essere così insopportabilmente ignorante. Sorrido
pensando a
quanto sia fortunato di avere accanto a sé un vampiro vegetariano.
Talvolta la
fortuna accompagna chi davvero non la merita. Si accende il proiettore
e sullo
schermo bianco appaiono le prime immagini. La scena della fontana di
Trevi è
splendida, talmente colma di significati, citazioni, sfaccettature che
mi
chiedo se Fellini le abbia davvero programmate tutte. Mentre ammiro per
l’ennesima volta quelle immagini, vengo attratto da un rumore in fondo
all’aula. La porta si è aperta ed entra qualcuno. Una ragazza. Una
corporatura
all’apparenza piuttosto gracile, i lunghi capelli castani tenuti
indietro da un
cerchietto, gli occhi color cioccolato. Mi colpisce molto il colore
della sua
pelle: diafana, bianca come il latte, pallida. Ma di un pallido ancora
umano.
Al contrario del mio, totalmente disumano. Noto subito la sua
espressione
imbarazzata per quell’ingresso ritardatario. Evito in tutti i modi di
pensare
all’afflusso di sangue che le fa arrossire le guance. Sale le scale per
cercare
un posto e, forse per la fretta, forse per il buio, inciampa su un
gradino. Oh mamma…che imbranata…però, carina…Di
nuovo lui. E non so perché, ma quel commento mi risulta ancora più
fastidioso
di tutti gli altri che la sua mente pacata mi ha, mio malgrado,
proposto.
Concentro di nuovo la mia attenzione sulla ragazza che si sta
avvicinando alla
mia fila. Detesto ammetterlo, ma in fondo quel ragazzo ha ragione. E’
davvero
bella. E forse non sa nemmeno di esserlo, perché non indossa nulla di
particolarmente alla moda e sul suo viso non c’è traccia di trucco. Ma
ciò che
mi stupisce davvero è il suo silenzio. Il silenzio della sua mente. E’
talmente
imbarazzata che la sua testa dovrebbe urlare. Eppure, niente. Nessun
pensiero,
nessuna immagine. La cosa mi incuriosisce. Quasi arrancando, nota che
alla mia
destra ci sono un paio di posti liberi e si siede, lasciando un banco a
separarci. La vicinanza non cambia le cose. Silenzio totale. La sua
mente è
come protetta da uno scudo che non riesco ad abbattere. Quando si
siede, in
maniera incredibilmente goffa, si volta verso di me. I nostri sguardi
si
incontrano. I suoi occhi sono di una profondità disarmante, insolita.
Un libro
aperto in confronto alla barriera impenetrabile della sua mente. Questo
un po’
mi irrita…forse perché per la prima volta dopo quasi un secolo mi sento
impotente di fronte ad un umano. Che presuntuoso…O forse, per qualche
inspiegabile motivo, mi irrita non conoscere i pensieri di quella
ragazza. Cerco
di cogliere qualcosa di più dal suo sguardo. Per quel paio di secondi
riesco a
intravedere l’imbarazzo, credo per la caduta, la stanchezza, credo per
la corsa
che certamente avrà fatto per evitare un ritardo ancora maggiore, e
forse la
sorpresa mista ad una specie di attrazione. Probabilmente verso di me.
Ecco
cosa ci rende così pericolosi: le nostre prede sono sempre molto
attratte da
noi, dalla perfezione dei nostri visi, dalla persuasiva sensualità delle nostri voci e dei nostri sguardi e
dall’alone di misteriosità che ci accompagna. E per quel paio di
secondi mi
sento strano. I suoi occhi mi sembrano due lame che mi infilzano. Anzi,
ancora
peggio…Quel suo sguardo sembra scavare dentro di me. Non mi sono mai
sentito
così a disagio. Così…in pericolo. La ragazza arrossisce di nuovo ed
abbassa lo
sguardo. Con incredibile accuratezza, estrae un quaderno dal suo
zainetto rosso
e lo sistema sul banco insieme ad una penna. Noto che mi lancia
un’occhiata di
sbieco. Per tutto il tempo ha tenuto la bocca lievemente dischiusa. Le
sue
labbra sono piccole e quasi rosse. Oserei dire graziose. Alza lo
sguardo e
quando riconosce il film, sorride. Lo ha visto e le è piaciuto, o forse
semplicemente ne ha sentito parlare e desiderava vederlo. Non lo so, ma
mi
compiaccio di quella reazione, di quel suo interessamento verso quel
capolavoro
così snobbato dalla maggior parte degli studenti presenti in aula. I
corsi sono
iniziati da tre giorni e non ho visto il suo volto in nessuna delle
menti in
cui mi sono imbattuto. Probabilmente è appena arrivata. Le mie
conoscenze sulla
“Dolce vita”, e, ammetto, le mie capacità, mi permettono di non
dedicarmi alla
visione del film e di concentrarmi su questa curiosa ragazza. Continua
a
fissare lo schermo, con uno sguardo seriamente interessato. Con le mani
tiene
una matita, che fa rotolare su e giù tra i pollici e gli indici. Le sue
mani
sono piccole, di quelle che davvero non farebbero del male ad una mosca
nemmeno
se volessero. Improvvisamente, si sistema dietro l’orecchio la ciocca
di
capelli che le copriva il lato del viso. Una piccola ondata di profumo
mi
accarezza e mi stuzzica. E’ buono, particolarmente buono. Ammetto che è
una
tentazione talmente squisita che un po’ mi scombussola e mi scuote. Ma
mi
controllo. Devo. L’odore dolce del suo sangue si accompagna ad una
fragranza di
fragole. Forse lo shampoo che ha usato, forse un profumo che indossa.
Non lo
so. Ma mi piace. Ignara, o almeno spero, della mia analisi, guarda
ammirata Marcello
Mastroianni che entra nella fontana per raggiungere Anita Eckberg. Il
suo
sguardo è intenso, perso in quelle immagini, catturato da quelle
immagini. Strabuzza
un po’ gli occhi quando termina la proiezione ed il professore accende
le luci.
“Allora
ragazzi. Voglio sentire i vostri pareri…Cos’avete da
dire su questa scena?”
Decido che
devo assolutamente trovare un modo per
distogliere la mia esagerata ed incomprensibile attenzione da questa
ragazza.
Senza pensarci più di tanto, inizio a parlare.
“Credo sia
evidente l’omaggio che Fellini rende a
Botticelli. Anita Eckberg in quella fontana ricorda moltissimo la
Venere
botticelliana che nasce dall’acqua del mare. Ma soprattutto, credo che
la
Eckberg rappresenti i due volti della donna: da un lato sembra una dea,
una
Venere appunto, un angelo…ma dall’altro lei è anche il diavolo, è la
tentazione
che può portare Mastroianni alla totale perdizione.”
Il
professore mi guarda soddisfatto. Finalmente uno studente
interessato al cinema italiano, anche bravo.
“Ma io
invece non la vedo così…”
Mi volto
di scatto. E’ lei a parlare. Finalmente posso
sentire la sua voce. Il suo contraddirmi però mi sorprende, perché sono
fermamente
convinto della correttezza della mia interpretazione.
La guardo
e vedo di nuovo il suo imbarazzato. Sembra quasi
pentita di aver parlato…ma gli sguardi incuriositi del professore e mio
la
incoraggiano a proseguire. Capisce che ormai il dado è tratto e non può
tirarsi
indietro.
“Lei è
semplicemente un donna bellissima e Mastroianni è
attratto da lei, come lo sarebbe chiunque. Non si può considerare la
bellezza
come una colpa o cedere ad essa come un peccato. Mastroianni è
innamorato e
basta, non c’è nulla di male…Se lei rappresenta una tentazione è solo
perché è
l’uomo che la vede così…”
La sua
osservazione mi sorprende. Capisco che quella ragazza
è sì intelligente e riflessiva, ma è anche un’inguaribile e ingenua
romantica.
E quasi provo tenerezza verso di lei, perché ancora non sa quanto la
vita possa
essere crudele. Non sa che un giorno tutte le convinzioni, tutti i
propositi,
tutti i progetti, tutti i romanticismi scompaiono. E l’unica cosa che
ti rimane
è la disillusione. Non puoi nemmeno prenderti il lusso di sognare.
Perché hai
ceduto ad una tentazione che ti ha privato di tutto.
“No, non è
vero. La scena della ballo in quel locale
notturna è esemplare di ciò che intendeva Fellini. Sembra in tutto e
per tutto
un girone degli inferi e la Eckberg ne è la regina. La adorano come se
fosse
una dea pagana. Lei nella sua prorompente femminilità rappresenta tutti
gli
aspetti negativi che Fellini descrive nel film: il degrado,
l’ossessione verso
il divertimento, la perdita di moralità. Per tutto l’episodio lei tenta
Mastroianni, che se cedesse tradirebbe la sua compagna e si perderebbe
per
sempre…Perché se cedi alla tentazione, è la fine…”
E mi rendo
conto che in realtà sto parlando di me.
“Ma allora
perché il battesimo?” chiede la ragazza,
guardandomi negli occhi. Prima era imbarazzata, ora sembra addirittura
irritata
con me. Tutto ciò mi lascia completamente interdetto. “Lei lascia
cadere
dell’acqua sulla testa di Mastroianni e quello è chiaramente una sorta
di
battesimo. Non è il diavolo, anzi, è come se stesse tentando di
liberarlo, di
salvarlo. Come se volesse espiare le sue colpe…”
“Ma non
tutte le colpe possono essere espiate…”
E non
capisco come quella frase, così tremendamente
personale, mi possa essere uscita dalla bocca. Mi sono lasciato
trasportare troppo
da quella discussione che spontaneamente è diventata un’analisi della
mia vita.
E ciò che più mi spaventa è lo sguardo di questa ragazza, uno sguardo
sorpreso
ed incuriosito. Se la sua mente non fosse impenetrabile, sentirei la
sua voce
chiedermi “Ma stai ancora parlando del film?”. E allora distolgo lo
sguardo,
perché non riesco più a sostenere quegli occhi indagatori. E
tremendamente
intuitivi. Per la prima volta da quando sono un vampiro, mi sento
debole.
“Bene
ragazzi, mi piacciono questi dibattiti fra voi!
Peccato sia finita l’ora…ma riprenderemo la discussione la prossima
settimana.
Arrivederci a tutti.”
Tutti
gli studenti infilano i quaderni nelle borse e si
apprestano ad uscire dall’aula. Lo stesso fa lei. Si sistema lo zaino
su una
spalla e se ne va. Noto che prima di scendere i gradini mi dà un’ultima
occhiata. Io rimango seduto, ancora scosso da quanto accaduto. Mi
domando come
posso essere stato così imprudente in mezzo ad un centinaio di umani.
Edward,
che ti succede oggi? Da quando quella ragazza è entrata nell’aula ti
sei
comportato da idiota. E perché? Solo perché non riesci a leggere nella
sua
mente. Ti sembra un motivo valido? Si…perché in 91 anni non mi è mai
capitato. E
questa ragazza è tutto tranne che una testa vuota. Ironia del destino:
l’unica
persona di cui mi piacerebbe conoscere i pensieri è proprio l’unica in
grado di
celarmeli. Ma forse, i suoi pensieri mi interessano proprio perché mi
vengono
celati. Non lo so…So solo che i suoi pensieri mi interessano. E voglio
capire
perché non posso leggerli. Alzo lo sguardo e vedo che è uscita. Con uno
scatto
mi alzo e in un batter d’occhio sono fuori dall’aula.
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Capitolo 3 *** Capitolo III ***
Capitolo III
Guardo
oltre la fila di ragazzi, cercandola. Guardo da una
parte, poi dall’altra. Poi vedo uno zaino rosso. Il suo. Vedo i suoi
capelli
lunghi. E’ lei, senza dubbio. Cammina a passo rapido, diretta chissà
dove. La
seguo, mantenendomi a distanza. Mantiene un profilo basso. Non si ferma
e non
parla con nessuno. Quel suo modo di camminare è sufficiente a rendere
chiara la
sua timidezza, il suo disagio nel trovarsi in mezzo alla gente.
Dev’essere una
ragazza che ama la solitudine…Scende le scale. Vorrei poter dire che la
sua
deambulazione è aggraziata, ma non è così. E’ piuttosto scoordinata e
per
questo sta attenta ad ogni suo singolo passo. Ovviamente, sono cose che
solo io
sono in grado di notare. E’ buffa ed osservarla mi diverte. Rallenta il
passo
ed entra in biblioteca. Io rimango per un attimo sulla soglia. Chiede
informazioni alla segretaria. Probabilmente le ha chiesto l’ubicazione
di un
libro, perché la donna inizia una ricerca al computer. Mi concentro
sulla
bibliotecaria per capire di che libro si tratta. Il
cinema di Fellini. Istintivamente mi viene da sorridere. Quel film
e quella
discussione l’hanno davvero colpita…Dopo aver ricevuto le indicazioni,
si
infila tra gli scaffali alla ricerca del libro. Prendo un bel respiro e
la seguo.
Ed eccola lì. Fissa una fila di libri posta in alto. Le dita della mano
sinistra tamburellano sul suo mento delicato. Poi è come se si
illuminasse. Lo
ha trovato. Si appoggia allo scaffale e sale sulla punta dei piedi. Ma
nulla da
fare, il libro è troppo in alto. Alla sua destra c’è la scaletta, ma
sembra
molto restia ad usarla. Probabilmente per la faccenda della poca
coordinazione,
avrà paura di cadere. O forse soffre di vertigini. Presumo che questo
sia il
momento migliore per avvicinarmi e parlarle.
“Posso
aiutarti?”
Si volta
di scatto verso di me. I suoi occhi spalancati non
nascondono il suo stupore. Non si aspettava di rivedermi così presto.
Forse
l’ho spaventata…Sarebbe normale che un’umana, dall’apparenza così
fragile, sia
spaventata da un mostro come me. Il colore insolitamente dorato delle
mie iridi
e il bianco disumano della mia pelle devono apparirle piuttosto strani.
Inquietanti.
Di nuovo
le sue guance si arrossano. Ma com’è possibile? Non
ho mai visto una persona arrossire con così alta frequenza.
“Ehm…si
grazie…”
“Che libro
ti serve?”
Fingo di
non saperlo.
“Il cinema
di…Fellini…”
La sua
voce trema. E’ talmente imbarazzata che quasi mi
viene da ridere. Lo trovo subito e glielo porgo, stando molto attento
ad
evitare un contatto tra le nostri mani. Se la toccassi, sentirei il suo
calore
e per me sarebbe troppo da sopportare. Se la toccassi, lei sentirebbe
il freddo
glaciale della mia pelle e non so come potrebbe reagire di fronte alla
mia ennesima
e disgustosa stranezza.
“Grazie”
“Figurati…stai
cercando conferme alle tue tesi?”
Penso che
la discussione avuta prima sul film sia il modo
migliore per rompere il ghiaccio. Mi sento quasi un idiota, a dir la
verità. Mi
sento come un liceale che sta cercando di “attaccare bottone” con una
ragazza
che le piace. Cerco di mantenere un atteggiamento cortese, usando il
tono più
gentile che mi è possibile e sorridendo
per farla sentire a suo agio.
“Scusa?”
Di nuovo
la vedo intimidita, insicura, quasi scossa. Sento
che le palpitazioni del suo cuore sono aumentate. Forse ho
esagerato…Quando
tentiamo di non spaventare gli umani, utilizziamo un tono di voce
morbido e
setoso. E sorridiamo, in modo sicuro e suadente. Così otteniamo
l’effetto
contrario alla paura. Attraiamo. Usare questo “potere” con gli umani mi
disgusta e fortunatamente sono poche le occasioni in cui ho necessità
di
comportarmi in questo modo.
“Il tuo
libro è su Fellini. Vuoi scoprire chi ha ragione tra
me e te?”
“Oh…beh…diciamo
che voglio sapere cosa dovrò dire all’esame”
“Ah, certo”
Non è
spaventata, almeno non sembra. Mi guarda dritto negli
occhi, quasi perforandoli. E’ come se cercasse qualcosa. Forse la
risposta alle
domande che sicuramente si starà ponendo su di me e sul mio aspetto,
bizzarro
per usare un eufemismo.
“Ti chiedo
scusa, sono stato del tutto maleducato a non
presentarmi prima. Io sono Edward Cullen”
Se fossi
un umano, le porgerei la mano, come si conviene ad
ogni presentazione cortese. Ma per quanto io possa essere cortese, non
sono
umano. Perciò continuo a tenere le mani in tasca.
“Bella…cioè,
veramente il mio nome sarebbe Isabella, ma non
lo sopporto perciò solo Bella. Swan”
“Bella…”
Mi piace
pronunciare il suo nome. E’ come se la mia bocca si
riempisse di un sapore dolce e delizioso. Solo ora noto i riflessi
ramati che
le luci artificiali creano sui suoi capelli.
“Volevo
anche scusarmi per prima. Forse ti sono sembrato
scortese e troppo insistente con le mie teorie…”
Indago nei
suoi occhi, cercando di cogliere se
effettivamente il mio comportamento le ha recato disturbo. Ma non si
direbbe.
La sua espressione sembra sorpresa e confusa.
“Oh no,
non devi scusarti. Io mi sono comportata allo stesso
modo. Avevamo solo pareri diversi…”
“E’ che
non sono molto abituato ad essere contraddetto”
Edward, ma
che ti prende? Cosa stai dicendo? Cosa stai
facendo? Nessuno ti ha mai contraddetto perché non hai mai dato a
nessuno
l’opportunità di contraddirti…Smettila di commettere errori.
“Ah…vuoi
dire che hai sempre ragione?”
L’ironia
trapela dal suo tono e dalla sua espressione.
“No, no,
non volevo dire questo…niente, lascia stare…”
Lascio
cadere così il discorso, sperando che Bella non mi
chieda nulla a riguardo. La vedo incuriosita e ancora confusa, ma non
mi
domanda nulla. Probabilmente ha capito che non è un discorso che voglio
proseguire.
Bella
tiene il libro stretto al suo petto, in una sorta di
atteggiamento difensivo. Non ha paura, ma è comunque intimidita da me.
E non sa
quanto farebbe bene ad essere terrorizzata dal mostro che ha di fronte.
Un
mostro che ora, respirando l’odore delizioso della sua pelle e dei suoi
capelli, sta pensando a quanto dev’essere squisito il sapore del suo
sangue…Siamo
quasi totalmente isolati. Se cedessi, se mi avventassi su di lei, sul
suo bel
collo, riuscirei ad uccidere solo lei senza necessità di eliminare
eventuali
testimoni. Ma mi convinco di essere abbastanza forte da resistere. Mi
impongo
di cancellare quei pensieri orribili e di assumere un atteggiamento
umano.
“Non ti ho
visto i giorni scorsi a lezione…”
“Oh…infatti sono
arrivata ieri sera…Dovevo arrivare domenica ma il mio volo è stato
cancellato e
non c’erano posti fino a ieri. La mia solita sfortuna…”
Sorride.
Un sorriso timido, contenuto, molto dolce. Un
sorriso che d’istinto mi regala un minuscolo momento di gioia.
Voglio
sapere di più di lei. Di questa ragazza così
misteriosa e così interessante.
“Da dove
vieni?”
“Forks”
Sgrano gli
occhi e trasalgo. Non è possibile…Io e la mia
famiglia abbiamo vissuto lì per tre anni tempo fa. Com’è possibile che
non mi
sia mai capitato di incontrarla?
“Che c’è?”
mi chiede, notando la mia reazione.
“Io e la
mia famiglia abbiamo vissuto per qualche tempo a
Forks”
“Davvero?”
“Si…dal
2000 al 2002…però non ricordo di averti mai vista…”
“Be, io e
mia madre siamo andate via da Forks quando ero
piccola e ci siamo trasferite a Phoenix. Sono tornata a vivere lì tre
anni fa
con mio padre. Forse lo conosci, è il capo della polizia…”
“Ah si,
certo. Charlie Swan”
Annuisce.
Avevo sentito dire che il capo Swan era divorziato
e aveva una figlia. Trovarla e conoscerla qui è davvero un’incredibile
combinazione .
“Ma,
perdonami se sono invadente, come mai sei tornata a
Forks?”
La mia
curiosità forse la sorprende, ma non sembra
infastidirla.
“Be…mia
mamma si è risposata”
“E lui non
ti piace?”
Le pongo
questa domanda delicata con un tono inconsciamente
premuroso. Come se non mi facesse piacere l’idea che Bella non si
sentisse a suo agio con la sua situazione
familiare.
“No no,
Phil va bene…è carino”
“E come
mai non sei rimasta con loro?”
“Phil
gioca a baseball e quindi viaggia spesso. Mia madre
rimaneva a casa con me, ma sapevo che soffriva a stare lontana da lui e
perciò
ho deciso di andare a vivere con mio padre”
Rimango
impressionato dal suo altruismo, dalla sua
generosità, dall’amore nei confronti della madre. Mi ha colpito anche
il
commento sul nuovo marito, “Phil va bene”. Il tono era premuroso, come
quello
di una madre che dà la benedizione al fidanzatino della figlia. E’ come
se in
realtà fosse Bella a prendersi cura della madre. Questo dà mostra di
quanto lei
sia una ragazza matura e responsabile.
“E questo
sacrificio ti è costato? Voglio dire…non mi sembra
che trasferirti da tuo padre sia stato esaltante per te…”
La sua
risposta a quel mio tentativo di indovinare non è
altro che un’espressione frustrata. Distoglie lo sguardo e sorride
amaramente.
Forse sto esagerando in questa mia intromissione.
“Scusami,
sono stato troppo indiscreto…”
“No no, è
che sono io che non riesco mai a nascondere i miei
stati d’animo. Per quanto mi sforzi, tutti riescono a capire quello che
penso…”
Sentirla
pronunciare questa frase è dannatamente ironico per
me. Io che so leggere davvero nella mente, ho molte difficoltà a farmi
spazio
tra i suoi pensieri.
“Perché
ridi?” mi chiede.
“Perché io
mi ritengo un buon osservatore, ma con te ho
qualche difficoltà”
Le sue
labbra si tendono in un altro timido ed imbarazzato
sorriso. Mi fissa intensamente. I suoi occhi sono così profondi che
quasi mi
perdo dentro di loro. Noto che aggrotta leggermente la fronte, come se
avesse
visto qualcosa di strano in me. Cosa che non mi sorprenderebbe, ma
quello
sguardo mi mette fortemente a disagio. E’ lo stesso sguardo che aveva
prima in
aula, quando mi sono lasciato troppo andare con la mia interpretazione.
Non del
film, ma di me stesso.
“Che c’è?”
chiedo nervoso.
“Niente è
che…i tuoi occhi…hanno un colore particolare, non
l’ho mai visto”
Dovevo
aspettarmi una domanda del genere. Nel mio corpo ci
sono troppe stranezze ed è perfettamente normale che Bella, dopo tutte
quelle
mie domande personali, faccia qualche osservazione sul mio aspetto.
Nonostante
mi fossi preparato a questa eventualità, ora non so davvero cosa
rispondere. Decido
di essere vago, di sviare il discorso in modo astuto.
“Ti
sembrano strani? Brutti…?”
Che
domanda stupida, Edward! Sono gli occhi di un vampiro,
di un mostro. E lei lo ha capito subito. Ha visto che non sono occhi
normali,
occhi umani.
“No, anzi.
Sono belli…”
E di
nuovo, Bella mi sorprende e mi lascia senza parole.
Come può pensare che i miei occhi siano belli? Come può essere così
tranquilla
in mia presenza? In presenza di un assassino, una creatura infernale
che
potrebbe ucciderla semplicemente toccandola. Controllarmi è un’impresa
talmente
ardua che non so per quanto ancora potrò resistere. Eppure la sua
serenità mi
rende felice. Sono terribilmente confuso, perché provo emozioni che non
dovrei
provare. E, soprattutto, sto facendo una cosa che non dovrei fare.
Essere così
a stretto contatto con un umano è ancora pericoloso. Io non sono
Carlisle. E
poi Bella sembra così intuitiva…Scommetto che le basterebbe poco a
scoprire chi
sono, o meglio, che cosa sono. Devo andarmene. Non posso mettere in
pericolo il
mio segreto, la mia famiglia. E non posso mettere in pericolo lei. Non
perché è
un’umana, ma perché è lei.
“Ho detto
qualcosa che non va?” mi chiede Bella, con aria
preoccupata.
Ha
sicuramente notato la mia tensione.
“No…scusami
ma devo andare ora, ho lezione. Ci vediamo”
“Ehm…ok…”
E me ne
vado via, come un ladro. Senza salutarla, senza
guardarla. Sento i suoi occhi confusi e indagatori trafiggermi le
spalle. So
che il mio sarà un comportamento per lei incomprensibile, ma è l’unico
comportamento che mi è permesso avere.
Perdonami
Bella, vorrei tanto che sapessi che è solo per il
tuo bene…
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Capitolo 4 *** Capitolo IV ***
Ringrazio
tutti quelli che leggono e che commentano la mia ff!
@ Sara Twilighters:
per poter caricare le foto, devi procurarti l'HTLM. Puoi andare sul
sito www.imageshack.us, caricare la foto e copiare l'HTLM. Un bacione e
grazie per il commento!!!
Capitolo IV
Non sono
andato a nessuna lezione. Sono troppo sconvolto da
quanto è accaduto. Sono salito sulla mia auto, deciso a tornare a casa.
Mi
domando per quale motivo Alice non mi abbia detto nulla dell’arrivo di
Bella.
Eppure sicuramente lo avrà visto…Se me lo avesse detto, mi sarei
comportato in
modo diverso. Non mi sarei mai avvicinato a Bella in un modo così
avventato. E
pericoloso per entrambi. Io e la mia curiosità. Io e la mia stupida
illusione
di poter intrattenere una conversazione con qualcuno, e magari
diventare amico
di quel qualcuno, come se fossi umano. “Sei così intelligente Edward…”
. Esme
me lo dice talmente tante volte. Mi spiace deluderti Esme, oggi sono
stato
solamente molto stupido.
Stringo il
volante, attento a non frantumarlo tra le
mie mani rabbiose. Devo rilassarmi, devo distrarmi. Prendo un cd a caso
e lo
inserisco nel lettore. Solo quando le prime note del Notturno numero 8
si
perdono all’interno dell’abitacolo della mia Volvo mi rendo conto di
aver preso
il cd di Chopin. Bene. Il tipo di musica che mi rilassa. Chiudo gli
occhi e
istintivamente le mie dita iniziano a picchiettare delicatamente sul volante come se fossero i tasti di un
pianoforte. Notturno numero 8 è uno dei brani che so suonare meglio.
Esme,
Carlisle ed Alice lo adorano… E’ tanto tempo che non compongo qualcosa…
E
improvvisamente, come se ne sentissi il bisogno, come se fosse una
forza ignota
a comandarmi, apro gli occhi e la vedo. Vicino all’ingresso della
mensa. Sta
parlando con un ragazzo. Lo conosco, è Ted Lowen. Frequenta la nostra
stessa
facoltà. Sta sempre seduto nelle prime file, con un atteggiamento
tipicamente
ruffiano nei confronti di tutti i professori. Potrebbe apparire come un
secchione di prima categoria, ma io posso affermare con assoluta
certezza che
nei suoi pensieri non ci sono solamente Hegel ed Hemingway. Li guardo.
Lui
parla in continuazione e Bella sembra rispondere a monosillabi o a
volte solo
con un cenno del capo. Il suo sguardo è piuttosto eloquente: si sta
annoiando.
Sorrido perché non capisco come faccia Lowen a non accorgersi del suo
effetto
soporifero su Bella. Probabilmente sta solo cercando di fare colpo su
di lei
ostentando la sua ricca conoscenza della dialettica hegeliana. Ammetto
di
essere un po’ infastidito. Quello che non capisco è perché…Lei è umana
ed ha
tutti i diritti di relazionarsi con chiunque desideri. Può farlo, e
deve farlo.
Perché non voglio che si ritrovi sola come lo sono io. E’ un' agonia
che non
auguro a nessuno. Men che meno a Bella Swan.
Dovrei
andarmene, o quantomeno
smettere di guardarla, anzi di spiarla. La sua vita non è e nemmeno
dev’essere
affar mio…Eppure non riesco a distogliere lo sguardo da quei due.
Saprai
capirla meglio di me, Ted? Saprai leggere in quei suoi occhi al
cioccolato?
Forse un giorno potrai starle accanto, tenerla per mano. Potrai
assaporare il
profumo della sua pelle e dei suoi capelli senza avere la tentazione di
morderla. Potrai toccarla senza immaginare quanto possa essere dolce e
delizioso il sapore del suo sangue. Potrai anche baciarla senza il
timore di
ucciderla. E se non sarà Bella, sarà qualcun’altra. In qualunque caso,
mio caro
Ted, io ti invidio. Perché a te è concesso tutto ciò che a me è
proibito.
Di
nuovo guardo Bella. Ted deve averle chiesto qualcosa, perché la vedo
fare un
cenno negativo con il capo e poi dare una sorta di spiegazione.
Scambiano
ancora poche parole e poi Bella si allontana. Ted rimane fermo qualche
secondo
a guardarla. La sua espressione è a dir poco dispiaciuta. Probabilmente
l’ha
invitata a pranzo, o a bere un caffè…E lei ha rifiutato. E non so
perché, ma mi
ritrovo a mettere in moto la macchina, e a sorridere compiaciuto.
“Alice,
perché non me lo hai detto?” le domando appena
entrato in casa. Il mio tono, più che arrabbiato, è disperato.
Mia
sorella mi guarda, con quella dolce espressione da
bambina. Non c’è bisogno che aggiunga altro alla mia domanda, perché
lei sa
benissimo a cosa mi riferisco.
“Ma detto
cosa?” chiede Carlisle.
“Della
ragazza…”
“Quale
ragazza?”
Tutta la
famiglia si ritrova riunita in soggiorno. Siamo
molto uniti. Ogni volta che c’è un problema, se ne parla tutti insieme.
Perché
nella nostra a dir poco “particolare” situazione, se uno solo ha un
problema,
allora lo hanno anche tutti gli altri.
“Oggi
ho…incontrato una ragazza…e le ho parlato”
“Oh…e come
mai, tesoro?” mi chiede Esme, curiosa e premurosa
come sempre.
“Perché è
la prima volta che non riesco a leggere nella
mente di qualcuno e questa cosa mi ha incuriosito… Diciamo anche che
lei mi ha
incuriosito…”
Tutti mi
guardano con espressioni che vanno dalla meraviglia
di Carlisle ed Esme all’incomprensione di Jasper, fino alla totale
disapprovazione da parte di Rosalie ed Emmet.
“Quello
che non capisco è perché Alice non mi abbia detto
nulla…”
“Edward,
non possiamo vivere sempre basandoci sulle mie
visioni, anche perché lo sai che non sempre sono affidabili…”
“Si, ma
questa volta io avevo bisogno che tu mi mettessi
almeno in guardia!”
Dall’espressione
mortificata di Alice, mi rendo conto che
forse ho esagerato. Allora, cerco di ammorbidire il mio tono.
“Alice, se
tu me lo avessi detto, io mi sarei comportato in
maniera meno stupida. Non avrei mai…”
“Edward,
vorresti farmi credere che se io ti avessi detto
che oggi una ragazza avrebbe attirato la tua attenzione, tu non ti
saresti incuriosito?
Edward…saresti stato comunque interessato, probabilmente anche di più”
E con
quella risposta, Alice abbatte tutte le mie
convinzioni. Perché non posso fare a meno di ammettere la verità di
quelle
parole. Che lei me lo dicesse o no, a quanto pare ero destinato a
provare
interesse nei confronti di Bella Swan.
Cosa
farai ora Edward?
E’ il pensiero di Esme, di Carlisle. Di tutti.
“Non lo
so…” sono le uniche parole che riesco a pronunciare,
immerso come sono nella mia totale confusione.
E’
pericoloso, Edward.
Per tutti. E lo sai. Le parole fastidiosamente corrette di Rosalie
irrompono prepotentemente nella mia testa.
“Riuscirai
ad evitarla?” mi domanda Carlisle, ma la sua non
è una richiesta. Sembra solo una semplice domanda. La fiducia che i
miei genitori
nutrono nei miei confronti è inspiegabilmente grande. Ma il dubbio di
mio padre
è totalmente fondato. Ed è una domanda alla quale sinceramente non
saprei cosa
rispondere. Perché oggi non sono riuscito a resistere alla tentazione
di
parlarle per svelare quei segreti che mi vengono celati dalle sue
barriere. E
allora, terribilmente insicuro delle mie stesse parole, mi affido
all’unica
risposta sensata, l’unica risposta che mi è permesso dare. E l’unica
risposta
che più si avvicina al mio stato d’animo.
“Devo”
E
senza aggiungere altro, senza nemmeno guardare nessuno
della mia famiglia, salgo le scale e mi chiudo in camera. Ho bisogno di
stare
da solo. Di riflettere senza essere influenzato dalle parole e dai
pensieri di
nessuno. “Riuscirai ad evitarla?” e la mia risposta “Devo”. Cosa
significa,
Edward? Che ti sei cacciato in una situazione pericolosa? Si. Che
dovrai
sforzarti per fare in modo che quello che è accaduto oggi non accada
mai più?
Si. Che devi, ma non vuoi? Assolutamente s
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Capitolo 5 *** Capitolo V ***
Capitolo V
E’ quasi
mezzanotte. Da quando mi sono chiuso in camera non
ne sono più uscito. Non voglio ascoltare i pensieri di nessuno. Ma mi
rendo
conto che la solitudine e l’assoluta incapacità di distrarmi non fanno
che
rendere l’immagine di Bella Swan sempre più vivida nella mia testa. E
più mi
affanno per cercare di comprendere il perché di tutto questo mio
sconvolgimento
interiore, più mi sento frustrato e quasi impotente. Guardo fuori dalla
finestra e quell’immagine della luna che scompare e riappare dietro le
nuvole
in movimento ha un non so che di malinconicamente romantico. Questi
pensieri,
queste sensazioni così umane incrementano il mio disagio. Devo
smetterla di
sentirmi così. Devo smetterla di pensare a lei. Devo distrarmi. Esco
dalla mia
camera e scendo le scale. In salotto, Alice, Jasper, Esme e Carlisle
sono
accomodati sui divani, concentrati a guardare un film.
“Cosa
guardate?”
“Come se
tu non lo sapessi, Edward” mi risponde Carlisle,
con un sorriso affettuoso.
Effettivamente
lo so, perché l’ho letto nelle loro menti.
Era solo un modo per conversare.
“E’ un bel
film, caro. Siediti con noi” mi invita Esme.
Bisognoso
di pensare ad altro, mi accomodo sulla poltrona e
cerco di trovare un minimo di divertimento e soprattutto di distrazione
in quelle
immagini comiche. Ma, nonostante quella commedia sia di ottimo livello,
non
riesco ad accompagnare sinceramente le risate dei miei familiari. Li
osservo.
Carlisle stringe Esme, circondandole le spalle con un braccio. Jasper
tiene
stretta la mano di Alice. Quei contatti, così sinceramente amorevoli,
così
teneri, così stupendamente liberi, in questo particolare istante della
mia
esistenza sono quasi insopportabili. E mi sento peggio di prima. Balzo
in piedi
e mi dirigo verso la porta di casa.
“Dove vai
Edward?” mi chiede Esme, in tono preoccupate.
“A fare un
giro…ho bisogno di correre e di sfogarmi un po’…”
Stai
attento è il
pensiero comune, perfettamente intuibile anche dalle loro espressioni
ansiose.
Annuisco
con il capo e mi getto fuori casa, catapultandomi
direttamente nel cuore della foresta.
Corro,
corro, veloce come non mai, per gustare di quel
minuscolo sollievo che è il vento sul mio viso. Mi arrampico su un
albero ed in
pochissimo tempo sono già in cima. Guardo il paesaggio che mi circonda.
Com’è
possibile che sia tutto così bello…così romantico? Per me non dovrebbe
essere
così. Queste sono sensazioni profondamente umane, sensazioni che per me
dovrebbero essere totalmente sconosciute. Perché devo obbligare me
stesso a
soffrire?
E di nuovo
la vedo. Bella. I suoi incredibili occhi, i suoi
capelli profumati di fragola, la sua pelle candida e dall’apparenza
così
delicata. E la sua acuta e riflessiva intelligenza. E la sua adorabile
goffaggine. E l’irritante silenzio della sua mente. E le sue reazioni
bizzarre
ed inaspettate. E la mia incapacità di comprendere perché. Ed il patto
che ho
dovuto stringere con me stesso e l’assoluto desiderio di non volerlo
rispettare. Ora. Proprio ora. Il mio assoluto desidero di vederla. Di
capire.
E senza
nemmeno rendermene conto, sono già sulla strada
dell’università. In poco tempo, mi ritrovo a calpestare l’erba ben
tagliata che
circonda il complesso. Mi avvicino al dormitorio femminile e facilmente
riesco
ad entrare dalla finestra. Non so quale sia la sua stanza, perciò devo
controllare la lista. L’ingresso e la reception sono completamente
desolati.
Bene. Apro i cassetti del bancone ma non trovo nulla di utile. Allora
mi dedico
agli armadietti in metallo alle sue spalle. Non si sono nemmeno
sforzati troppo
di nascondere le chiavi. E’ vero che avrei potuto aprirli senza troppo
sforzo,
ma non volevo lasciare tracce del mio passaggio. Ecco la lista delle
stanze.
Scorro velocemente tutti i nomi e poi, finalmente, il nome che cercavo:
Bella
Swan – Chandra Cole, camera 27c. E’ al terzo piano. Do un rapido
sguardo alla
mappatura dell’edificio per individuare l’esatta ubicazione della
camera. Non
posso entrare dalla porta, perciò dovrò ancora una volta fare ricorso
alle
finestre, sperando che non siano bloccate dall’interno.
Esco di
nuovo e mi dirigo in prossimità della stanza di
Bella. Alzo lo sguardo e vedo la finestra che dovrebbe essere la sua.
Scalo la
facciata e guardo attraverso il vetro. E la vedo. La sua compagna di
stanza non
c’è…Probabilmente sarà insieme a qualche ragazzo. E allora colgo
l’occasione.
Sollevo la finestra, che fortunatamente – o sfortunatamente – non è
stata
bloccata. Ed entro, ringraziando le mie capacità di muovermi in
assoluto
silenzio.
Bella è
girata su un fianco con le ginocchia piegate, in una
sorta di posizione fetale. Entrambe le mani sono appoggiate sul
cuscino. Il
lenzuolo la avvolge sino alla vita. I capelli sciolti le coprono
parzialmente
il volto. Indossa una canotta marrone e la visione della pelle nuda
delle sue
braccia è di una bellezza insopportabile. Sento il suo respiro lento e
tranquillo scandire i movimenti dolci della sua pancia. Vorrei
allungare la
mano e sistemarle i capelli per liberare la dolcezza del suo viso. E’
bellissima. E lo è anche nella sua inconsapevolezza. Dorme senza sapere
che un
mostro le sta accanto, e la sta osservando. Un mostro che si sta
chiedendo se
sta sognando e cosa. Un mostro che in tutta la sua lunga esistenza non
ha mai
visto nulla di più bello.
Distolgo
lo sguardo da lei per osservare il suo piccolo
mondo e scoprire qualcosa in più di lei. Le mensole sopra il suo letto
sono
colme di libri e cd. La mia attenzione cade su un libro diverso dagli
altri. Un
libro senza titolo e dalla copertina lievemente rovinata. La mia
curiosità mi
spinge a prenderlo. Mi rendo subito conto che non è un libro, bensì un
diario.
Quasi ho un sussulto…il suo diario. Ho in mano una fonte inesauribile
di
informazioni su di lei. Dovrei metterlo immediatamente a posto, perché
un
diario è un oggetto infinitamente intimo e personale.
Avanti
Edward…mettilo a posto!
Ma è come
se una forza mi impedisse di seguire la mia parte
educata. E forse mi adagio sul mio essere inevitabilmente un mostro. E
allora
cedo alla tentazione. Di nuovo. E sfoglio quel diario. Le pagine
scritte si
alternano a disegni, ricordi vari e fotografie. Una ritrae Bella
abbracciata ad
una bella donna bionda sui 45 anni, probabilmente la madre. Un’altra è
una foto
di Bella da piccola circondata dalla stessa donna e dal capo Swan.
All’epoca
aveva qualche capello in più. Osservando quella foto, mi rendo conto
dell’incredibile somiglianza tra padre e figlia. Ed ecco una foto del
diploma:
Bella regge in mano il rotolo e assieme a lei il padre, la madre e un
uomo
sulla trentina. Stringe la spalla della donna, quindi deduco sia Phil.
E poi
Bella su una spiaggia assieme ad un gruppo di ragazzi. Riconosco la
spiaggia, è
First Beach a La Push, nella riserva dei Quileutes. Indossano tutti
delle
giacche a vento ed il cielo è nuvoloso. Non mi sorprende. Ci eravamo
trasferiti
lì proprio per la mancanza quasi totale di sole.
Bella
sorride in tutte le foto, ma è un sorriso strano, come
se fosse trattenuto da non so quale timidezza o imbarazza. E’ come se
si
sentisse sempre inadeguata e si sforzasse di non mostrarlo. Continuo a
sfogliare. Una delle prime pagine del diario è una pagina scritta.
Leggo. Una
poesia.
Non
t'amo come se
fossi rosa di sale, topazio
o
freccia di garofani che propagano il fuoco:
t'amo
come si amano certe cose oscure,
segretamente,
entro l'ombra e l'anima.
T'amo
come la pianta che non fiorisce e reca
dentro
di sè, nascosta, la luce di quei fiori;
grazie
al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il
concentrato aroma che ascese dalla terra.
T'amo
senza sapere come, nè quando nè da dove,
t'amo
direttamente senza problemi nè orgoglio:
così
ti amo perchè non so amare altrimenti
che
così, in questo modo in cui non sono e non sei,
così
vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così
vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.
Pablo Neruda
Conosco
questi versi. E’ una sensazione strana…è come se
queste parole, celate dentro qualche angolo buio della mia mente, ora
stessero
tornando alla luce. E una poesia semplicemente splendida e mi stupisco
sempre
di cosa la mente umana sia in grado di partorire.
Guardo
ancora Bella. Si è girata nel frattempo, ora dorme a
pancia sotto, con un’espressione quasi imbronciata. Sorrido. Il fatto
che le
piaccia questa poesia mi rende quasi felice. Chissà se hai mai provato
queste
sensazioni per qualcuno…Chissà se anche in questo momento le stai
provando…T’immagino in piedi di fronte ad un ragazzo. T’immagino
guardarlo negli
occhi e con il tuo solito imbarazzo recitare questi versi. T’immagino
innamorata ed è uno spettacolo meraviglioso. Sei mai stata innamorata,
Bella?
Hai mai desiderato vivere e morire per qualcuno?
Dio,
dov’è il letto…La
compagna di stanza sta per tornare. Mi alzo e mi avvicino alla
finestra. Guardo
quel diario tra le mie mani. E’ ancora pieno di parole che non ho
letto,
segreti ancora da svelare. Dovrei lasciarlo qui, non sono un ladro.
No…ma sono
un mostro. Chandra sta per aprire la porta, ma sono già fuori prima che
possa
accorgersi di qualunque cosa. Corro nella notte, tra gli alberi. Il
diario di
Bella in mano.
Giunto a
casa, mi fiondo in camera mia, per stare da solo e
leggere. Non sono molti i commenti personali di Bella. Piuttosto le
pagine sono
piene di citazioni di Shakespeare, Jane Austen, lo sorelle Bronte…Un
appassionata di classici. Una romantica appassionata di classici. Non
ci sono
altre poesie, perciò quella che ho letto prima dev’essere la sua
preferita.
Nessuna foto e nessun riferimento ad un ragazzo. Questo in qualche modo
mi
conforta. Vado sulla data odierna e vedo che ha scritto qualcosa. Una
specie di
poesia.
I tuoi occhi così tristi ed impauriti
I tuoi occhi che vogliono nascondere ma che
dicono tutto
I tuoi occhi che uccidono e che riportano alla
vita
I tuoi occhi che mi penetrano e che mi leggono
I tuoi occhi che sono l’unica finestra lasciata
aperta
I tuoi occhi che sono una serratura dalla quale
spiarti
I tuoi occhi che improvvisamente si sono chiusi
I tuoi occhi che hanno visto posti che non
andrò mai a
visitare
Così sono i tuoi occhi
Così belli i tuoi occhi d’ambra
Preziosi e splendenti come l’oro
E
immediatamente chiudo quel diario. Non posso leggere
oltre. Se avessi ancora un cuore, a questo punto avrebbe smesso di
battere. Se
il tempo non fosse un concetto quasi inesistente per me, anche lui si
sarebbe
fermato. “I tuoi occhi d’ambra…come l’oro”. I miei occhi…Ha scritto una
poesia
sui miei occhi. L’ho colpita fino a questo punto? Non so più chi sono,
né cosa
sono. Sono triste per una cosa per la quale dovrei essere felice. E
sono felice
per una cosa per la quale dovrei essere triste. So solo che le mie
emozioni
sono forti , vive, disperate, umane. Vorrei poter piangere solo per
sfogare
questa confusione. E’ incredibile quanto abbia capito di me questa
ragazza.
Forse è lei che può leggere nella mia mente. Non lo so, ma a questo
punto una
cosa è chiara. A questo punto non avrò mai la forza per rispettare quel
patto.
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