A song to say goodbye

di Annina88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Capitolo I

Mi muovo piano, come solo io sono in grado di fare. I miei passi sono così leggeri che nemmeno le foglie ed i rami secchi riescono a rompersi sotto i miei piedi. Il terreno è umido e morbido, ma le mie scarpe non affondano. Alzo lievemente il capo. Una leggerissima pioggia bagna il mio volto. Chiudo gli occhi e dilato le narici. Fiuto l’aria, come il migliore – ed il più affamato – dei segugi. Un odore famigliare ed intenso colpisce le mie ghiandole odorifere. Odore di sangue. Un cervo. Bene. Un animale abbastanza grande da placare la mia sete per qualche giorno. Uno scoiattolo o un uccello non sarebbero andati bene nemmeno come aperitivo. Un umano…meglio non pensarci. Seguo la traccia attraverso la foresta. Lentamente, senza fare alcun rumore. Ed eccolo lì. Una giovane femmina si sta dissetando con l’acqua di un piccolo specchio. Mi acquatto come un leone a caccia, e la osservo. Aspetto il momento giusto per scattare. Chiudo gli occhi, e respiro ancora un po’ il suo odore. Vorrei poter dire delizioso ed attraente come quello degli umani. Ma non lo è. Purtroppo. Subito distolgo la mia mente da quel vile pensiero e torno a concentrarmi sulla mia preda. Beve. Ignara del suo inevitabile destino. Ignara del fatto che grazie a lei un’altra vita umana è salva. Le mie ginocchia sono piegate. Le mani poggiano sul terreno scuro e bagnato. La cerbiatta continua a bere. E improvvisamente, decido che è il momento giusto. Più veloce di un felino, balzo in avanti con uno scatto felino. Il fruscio delle foglie calpestate allertano l’animale, che inizia subito la sua fuga disperata. Ed inutile. Poco male, più divertimento per me. Le sono dietro, ma decido di anticiparla e coglierla di fronte. In pochi secondi, riesco ad affiancarla e a superarla. Lungo il suo percorso, vedo un tronco accasciato al suolo che la costringerà a saltare. Quei millesimi di secondo in cui rallenterà mi permetteranno di prenderla. Eccola. Vede il tronco e spicca un salto. Subito le sono addosso e, con tutta la mia forza, di gran lunga superiore a quella di un uomo, l’afferro con le braccia e la sbatto al suolo. Ora è mia. La fatica e la paura fanno sì che il cuore batta in maniera incredibilmente forte, e che pulsi ancora più sangue nelle vene. L’odore è più forte e gradevole che mai. Per quanto l’odore di un cervo possa esserlo rispetto a quello di un uomo. O meglio ancora, di una donna. E’ come paragonare l’odore dei broccoli lessi a quello della cioccolata calda. Il veleno sale lungo la mia gola, giungendo alla mia bocca e riempiendo i miei canini. Stringo la mia preda che si dimena con tutte le sue forze. Guardo i suoi occhi neri. Spaventati. Quasi provo pena per lei. Quasi. Mi getto su di lei, mordendole la giugulare. Proprio lì, dove il sangue affluisce e scorre come un fiume. I miei denti bucano la carne e attraverso quei due piccoli e vitali – e mortali – pertugi inizio a succhiare. Mentre bevo, tutto il resto del mondo scompare. La mia mente è completamente vuota. L’unica cosa a cui riesco a pensare, a sentire, a odorare è il sangue. La mia unica fonte di sostentamento e nutrimento. Cerco, in tutti i modi possibili, di pensare che questo sia sangue umano. Immagino che gli umani a dieta facciano la stessa cosa: pensano che i broccoli bolliti, la soya ed il tofu che sono costretti a mangiare per perdere chili siano cioccolata calda, cheeseburger e patatine. La differenza tra noi e loro è che se noi cediamo alla tentazione della cioccolata e dei cheeseburger, non ingrassiamo. Molto peggio. Uccidiamo. Ho ucciso anche questa povera creatura, agonizzante sotto le mie mani e sotto i miei denti. Ma se non l’avessi uccisa io, lo avrebbe fatto un uomo, o un orso. E’ la legge della natura: tutti i cervi nascono prede e muoiono prede. Sono ad un livello piuttosto basso della catena alimentare. L’uomo invece è l’unico essere vivente in grado di uccidere tutti gli altri animali. Tranne uno. Si dice che l’uomo sia in testa alla catena alimentare. Il fatto che dopo millenni di stragi e “misteriose” uccisioni e scomparse l’uomo ne sia ancora convinto desta davvero meraviglia. Lì in cima ci siamo noi. Pendiamo sulle loro teste come una ghigliottina. La vita ormai ha abbandonato la povera cerbiatta. Preso dalla mia sete, dalla mia fame, dalla frenesia che ci imprigiona ogni volta che assaggiamo il sangue. Quella frenesia che ci rende i mostri che siamo. L’ho interamente prosciugata di ogni sua linfa. Ho recuperato le forze e, soprattutto, ho placato la mia sete. Abbandono la carcassa accanto a quel contro, destinata ad essere il pasto di qualche altro animale. Gli altri della nostra specie, quelli che non si accontentano di nutrirsi degli animali, considerano me e la mia famiglia degli eroi, perché abbiamo imparato a resistere alla tentazione del sangue umano. Be, anche oggi l’ho fatto. Ho salvato una vita umana…sono un eroe…Edward, smettila! Sei ridicolo…Sai benissimo che non hai salvato la vita a nessuno. Hai solo risparmiato la vita a qualcuno. E, soprattutto, sai benissimo che non è sempre stato così…Eroe, puah! Tu sei l’esatto opposto dell’eroe. Sei il cattivo. Sei il mostro. Sei…un vampiro.

“Ehy! Eccoti qua!”

La voce di Emmet interrompe quel mio monologo. Ero talmente concentrato nelle mie riflessioni che non avevo sentito i suoi pensieri. Leggere nella mente degli altri è l’ennesima qualifica che appare nel mio curriculum di “predatore più pericoloso del mondo”.

“Allora, com’è andata la caccia?”

Emmet è sempre di buon umore. Ha accettato il fatto di essere un vampiro, ma so che comunque è un peso anche per lui e probabilmente cerca di convivere con quella realtà prendendola con filosofia.

“Guarda tu stesso”

Gli indico la carcassa adagiata al suolo. La guarda e sorride, illuminando, per quanto sia possibile, quel suo faccione simpatico quanto pallido. I suoi occhi non sono più neri come quando ci siamo separati prima della caccia. Hanno già riacquistato il colore ambrato, come sicuramente avranno fatto i miei. La sua maglietta è sporca di sangue. Inevitabilmente, inizio a penetrare nella sua mente. Una cerbiatta…mmm…il cervo che ho gustato prima era grande almeno il doppio! Emmet e le sue manie di competizione…Parlando di forza bruta, lui è il migliore nella nostra famiglia. E non c’è da stupirsi, data la sua stazza. Dopo anni ed anni trascorsi insieme, non smette mai di decantare la sua forza e di cercare sfide. Eppure sa che con tutta la forza del mondo, non può cavarsela con uno che, leggendogli nel pensiero, è in grado di anticipare le sue mosse. Secondo lui baro…Ma d’altra parte ognuno usa i suoi punti di forza. Un’altra “voce” entra nella mia mente. Dove saranno gli altri…ah ecco, sento l’odore. Rosalie compare alle spalle di Emmet dopo pochi secondi. E’ sempre velocissima. E sempre bella in un modo spaventosamente perfetto. I suoi capelli biondi, sciolti sulle spalle, sono impeccabili, nonostante la caccia. Ricordo il momento in cui era entrata nella nostra famiglia, quando Esme e Carlisle desideravano che diventasse la mia compagna. Immagino che, non riuscendo nel loro intento, abbiano fatto la felicità di Emmet.

“Eccovi…ciao scimmione!”

Rosalie si avvicina al suo compagno e gli dà un bacio sulla guancia che somiglia di più ad un morso, ed in risposta Emmet avvicina la sua lingua al residuo di sangue che sporca il collo di mia sorella. Come ogni volta che assisto ad uno scambio di effusioni, distolgo lo sguardo. Credo che la mia mente sia già sufficientemente invadente. E non nego che siano situazioni per me imbarazzanti. E ammetto anche tristi. Confesso che provo un po’ di invidia…Oh, Dio! Ogni volta la stessa storia…Mi sforzo per chiudere le porte della mia testa per evitare che i pensieri a dir poco impuri di Emmet e Rosalie entrino. La caccia li eccita in modo particolare…e per lasciare loro un po’ di privacy, che spesso manca quando vivi in una casa affollata come la nostra. Con un fratello che legge nel pensiero poi…

Corro attraverso il gli alberi e in due o tre minuti sono già a casa. In salotto, mia sorella Alice ed il suo compagno Jasper si stanno dilettando in una partita a scacchi. Cavallo in C3,pensa Alice. E so che non è la sua prossima mossa. Ma la mossa che Jasper attuerà fra chissà quanto. Eh già…la mia piccola sorellina prevede il futuro. Rimango qualche secondo ad osservarli, divertito per l’ostinatezza di Jasper che sa benissimo che non ha nessuna speranza. Come si può battere una persona che prevede le tue mosse in un gioco che è tutto basato sulle capacità tattiche, la furbizia e l’astuzia? Infatti, due o tre mosse e…scacco matto per Alice, che con un balzo gioisce come se avesse vinto la maratona, agitando i suoi capelli neri, corti e sbarazzini. Inizia a fare piroette nel soggiorno, con quella sua grazia e quella sua leggerezza invidiabili. Jasper la osserva, con il sorriso e lo sguardo di un innamorato. Sei così pazza e così bella quando fai così… E subito mi pento per quell’intrusione nella sua mente romantica, perché un po’ sono felice per loro e un po’ mi fa male perché mi sento ancora più solo.

“Jasper, mi spieghi perché ti ostini a voler perdere?”

Mi sorride. Perché mi piace quando Alice fa così. E lo pensa, senza dirlo, perché sa che con me basta. Sorrido e decido di lasciarli soli e andare in camera mia. Mentre salgo le scale, incontro Esme, mia madre.

“Edward, tesoro, com’è andata?”

“Bene grazie”

“Ti senti a posto? Domani è il grande giorno…”

Già. L’ennesimo grande giorno. Un altro primo giorno di un altro primo anno di università. Questa volta è Dartmouth. Lettere moderne. Un altro foglio di carta da incorniciare ed appendere accanto agli altri: letteratura 1958, biologia 1971, medicina 1980 e ancora medicina 1994. Carlisle, mio padre, è un grande chirurgo e nel corso degli anni, anzi dei secoli ha sviluppato una notevole capacità di resistenza di fronte al sangue umano. Oramai gli è praticamente indifferente. Per me non è ancora così. Io e i miei fratelli abbiamo imparato a convivere con gli umani, e infatti frequentiamo regolarmente liceo e università. Ma manteniamo sempre un certo distacco. Per questo ci considerano strani, più che per il colorito straordinariamente pallido delle nostre pelli e per la bellezza che ci caratterizza ai loro occhi. I ragazzi stanno alla larga da noi, come se sapessero che siamo pericolosi. In realtà ci trattano solo con indifferenza.

“Si mamma, sono a posto. Gli studenti universitari non corrono rischi nemmeno stavolta.”

Bene. Ho pulito la tua stanza ma tranquillo non ho spostato niente. E sorride, nel modo più dolce ed affettuoso possibile. La amo come se fosse la mia vera madre. E lei mi ama come se fossi davvero suo figlio. Quel figlio che non ha potuto avere naturalmente. So che il fatto di non aver mai concepito un bambino suo e di Carlisle è un fardello che tiene racchiuso nel suo cuore, nascosto e mai dimenticato. Io, Alice, Jasper, Emmet e Rosalie colmiamo quel vuoto e lei ringrazia Dio ogni giorno per la nostra presenza. Si, ringrazia Dio…nonostante siamo creature provenienti dall’inferno. E condannate a ritornarci.

Entro in camera mia e mi getto a corpo morto sul divano in pelle. Senza trovare, per l’ennesima volta, la morbidezza che si cela in un caldo ed accogliente letto, che nella mia stanza avrebbe la stessa utilità di un soprammobile. Io non dormo. Noi vampiri non dormiamo. Nonostante tutte quelle fantasie sui nostri ipotetici sonnellini nelle bare…Niente bare, niente liquefazione al sole, niente intolleranza all’aglio e alle croci. Però non dormiamo…Mi chiedo cosa diavolo ci sia rimasto di umano in noi…Però forse è meglio così. Se mi addormentassi in questo momento so che sognerei. E soprattutto so che cosa sognerei. E l’ultima cosa che voglio è un sogno in cui io sono un ragazzo normale, che può vivere come una persona normale, stare tra la gente, avere amici, magari innamorarsi...L’ultima cosa che voglio è l’illusione. Se mi svegliassi e, guardandomi allo specchio, vedessi ancora il topazio invece del verde naturale nei miei occhi, sarebbe troppo da sopportare. Altra sofferenza alla mia vuota ed ignobile esistenza.

Mi alzo, prendo uno dei miei cd di Debussy e lo inserisco nello stereo. La deliziosa melodia del pianoforte si espande ed invade tutta la camera. Ho voglia di leggere. Qualcosa che ho già letto e che mi è piaciuto. Qualcosa di rassicurante. Scelgo “Grandi speranze” di Dickens e mi ributto sul divano. Leggo e già penso a domani. Al grande giorno…un altro e vuoto grande giorno.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Capitolo II

“Bene ragazzi. Ora vi mostro la scena più famosa di tutto il cinema italiano e poi lascerò che siate voi a parlare”.

Il professore di storia del cinema si avvicina agli interruttori della luce perché cali il buio. I capelli e la barba bianca gli danno più anni di quelli che ha. Che palle questo film, detesto il cinema italiano! Guardo il ragazzo seduto alla mia sinistra. Tra me e lui ci sono tre posti, eppure sento forte e chiaro i suoi pensieri così fastidiosamente noiosi e superficiali. “La dolce vita” è un capolavoro, e non sopporto chi non ha rispetto per i capolavori. Lo guardo. Ha i capelli quasi a zero e qualche chilo di troppo. Certamente non detesta i cheeseburger…Meno male che ha spento la luce, almeno mi faccio un sonnellino invece di guardarmi questa noia in bianco e nero…Se cedessi alla tentazione con un individuo del genere, non credo che me ne pentirei più di tanto. Di sicuro cesserebbe di essere così insopportabilmente ignorante. Sorrido pensando a quanto sia fortunato di avere accanto a sé un vampiro vegetariano. Talvolta la fortuna accompagna chi davvero non la merita. Si accende il proiettore e sullo schermo bianco appaiono le prime immagini. La scena della fontana di Trevi è splendida, talmente colma di significati, citazioni, sfaccettature che mi chiedo se Fellini le abbia davvero programmate tutte. Mentre ammiro per l’ennesima volta quelle immagini, vengo attratto da un rumore in fondo all’aula. La porta si è aperta ed entra qualcuno. Una ragazza. Una corporatura all’apparenza piuttosto gracile, i lunghi capelli castani tenuti indietro da un cerchietto, gli occhi color cioccolato. Mi colpisce molto il colore della sua pelle: diafana, bianca come il latte, pallida. Ma di un pallido ancora umano. Al contrario del mio, totalmente disumano. Noto subito la sua espressione imbarazzata per quell’ingresso ritardatario. Evito in tutti i modi di pensare all’afflusso di sangue che le fa arrossire le guance. Sale le scale per cercare un posto e, forse per la fretta, forse per il buio, inciampa su un gradino. Oh mamma…che imbranata…però, carina…Di nuovo lui. E non so perché, ma quel commento mi risulta ancora più fastidioso di tutti gli altri che la sua mente pacata mi ha, mio malgrado, proposto. Concentro di nuovo la mia attenzione sulla ragazza che si sta avvicinando alla mia fila. Detesto ammetterlo, ma in fondo quel ragazzo ha ragione. E’ davvero bella. E forse non sa nemmeno di esserlo, perché non indossa nulla di particolarmente alla moda e sul suo viso non c’è traccia di trucco. Ma ciò che mi stupisce davvero è il suo silenzio. Il silenzio della sua mente. E’ talmente imbarazzata che la sua testa dovrebbe urlare. Eppure, niente. Nessun pensiero, nessuna immagine. La cosa mi incuriosisce. Quasi arrancando, nota che alla mia destra ci sono un paio di posti liberi e si siede, lasciando un banco a separarci. La vicinanza non cambia le cose. Silenzio totale. La sua mente è come protetta da uno scudo che non riesco ad abbattere. Quando si siede, in maniera incredibilmente goffa, si volta verso di me. I nostri sguardi si incontrano. I suoi occhi sono di una profondità disarmante, insolita. Un libro aperto in confronto alla barriera impenetrabile della sua mente. Questo un po’ mi irrita…forse perché per la prima volta dopo quasi un secolo mi sento impotente di fronte ad un umano. Che presuntuoso…O forse, per qualche inspiegabile motivo, mi irrita non conoscere i pensieri di quella ragazza. Cerco di cogliere qualcosa di più dal suo sguardo. Per quel paio di secondi riesco a intravedere l’imbarazzo, credo per la caduta, la stanchezza, credo per la corsa che certamente avrà fatto per evitare un ritardo ancora maggiore, e forse la sorpresa mista ad una specie di attrazione. Probabilmente verso di me. Ecco cosa ci rende così pericolosi: le nostre prede sono sempre molto attratte da noi, dalla perfezione dei nostri visi, dalla persuasiva sensualità delle nostri voci e dei nostri sguardi e dall’alone di misteriosità che ci accompagna. E per quel paio di secondi mi sento strano. I suoi occhi mi sembrano due lame che mi infilzano. Anzi, ancora peggio…Quel suo sguardo sembra scavare dentro di me. Non mi sono mai sentito così a disagio. Così…in pericolo. La ragazza arrossisce di nuovo ed abbassa lo sguardo. Con incredibile accuratezza, estrae un quaderno dal suo zainetto rosso e lo sistema sul banco insieme ad una penna. Noto che mi lancia un’occhiata di sbieco. Per tutto il tempo ha tenuto la bocca lievemente dischiusa. Le sue labbra sono piccole e quasi rosse. Oserei dire graziose. Alza lo sguardo e quando riconosce il film, sorride. Lo ha visto e le è piaciuto, o forse semplicemente ne ha sentito parlare e desiderava vederlo. Non lo so, ma mi compiaccio di quella reazione, di quel suo interessamento verso quel capolavoro così snobbato dalla maggior parte degli studenti presenti in aula. I corsi sono iniziati da tre giorni e non ho visto il suo volto in nessuna delle menti in cui mi sono imbattuto. Probabilmente è appena arrivata. Le mie conoscenze sulla “Dolce vita”, e, ammetto, le mie capacità, mi permettono di non dedicarmi alla visione del film e di concentrarmi su questa curiosa ragazza. Continua a fissare lo schermo, con uno sguardo seriamente interessato. Con le mani tiene una matita, che fa rotolare su e giù tra i pollici e gli indici. Le sue mani sono piccole, di quelle che davvero non farebbero del male ad una mosca nemmeno se volessero. Improvvisamente, si sistema dietro l’orecchio la ciocca di capelli che le copriva il lato del viso. Una piccola ondata di profumo mi accarezza e mi stuzzica. E’ buono, particolarmente buono. Ammetto che è una tentazione talmente squisita che un po’ mi scombussola e mi scuote. Ma mi controllo. Devo. L’odore dolce del suo sangue si accompagna ad una fragranza di fragole. Forse lo shampoo che ha usato, forse un profumo che indossa. Non lo so. Ma mi piace. Ignara, o almeno spero, della mia analisi, guarda ammirata Marcello Mastroianni che entra nella fontana per raggiungere Anita Eckberg. Il suo sguardo è intenso, perso in quelle immagini, catturato da quelle immagini. Strabuzza un po’ gli occhi quando termina la proiezione ed il professore accende le luci.

“Allora ragazzi. Voglio sentire i vostri pareri…Cos’avete da dire su questa scena?”

Decido che devo assolutamente trovare un modo per distogliere la mia esagerata ed incomprensibile attenzione da questa ragazza. Senza pensarci più di tanto, inizio a parlare.

“Credo sia evidente l’omaggio che Fellini rende a Botticelli. Anita Eckberg in quella fontana ricorda moltissimo la Venere botticelliana che nasce dall’acqua del mare. Ma soprattutto, credo che la Eckberg rappresenti i due volti della donna: da un lato sembra una dea, una Venere appunto, un angelo…ma dall’altro lei è anche il diavolo, è la tentazione che può portare Mastroianni alla totale perdizione.”

Il professore mi guarda soddisfatto. Finalmente uno studente interessato al cinema italiano, anche bravo.

“Ma io invece non la vedo così…”

Mi volto di scatto. E’ lei a parlare. Finalmente posso sentire la sua voce. Il suo contraddirmi però mi sorprende, perché sono fermamente convinto della correttezza della mia interpretazione.

La guardo e vedo di nuovo il suo imbarazzato. Sembra quasi pentita di aver parlato…ma gli sguardi incuriositi del professore e mio la incoraggiano a proseguire. Capisce che ormai il dado è tratto e non può tirarsi indietro.

“Lei è semplicemente un donna bellissima e Mastroianni è attratto da lei, come lo sarebbe chiunque. Non si può considerare la bellezza come una colpa o cedere ad essa come un peccato. Mastroianni è innamorato e basta, non c’è nulla di male…Se lei rappresenta una tentazione è solo perché è l’uomo che la vede così…”

La sua osservazione mi sorprende. Capisco che quella ragazza è sì intelligente e riflessiva, ma è anche un’inguaribile e ingenua romantica. E quasi provo tenerezza verso di lei, perché ancora non sa quanto la vita possa essere crudele. Non sa che un giorno tutte le convinzioni, tutti i propositi, tutti i progetti, tutti i romanticismi scompaiono. E l’unica cosa che ti rimane è la disillusione. Non puoi nemmeno prenderti il lusso di sognare. Perché hai ceduto ad una tentazione che ti ha privato di tutto.

“No, non è vero. La scena della ballo in quel locale notturna è esemplare di ciò che intendeva Fellini. Sembra in tutto e per tutto un girone degli inferi e la Eckberg ne è la regina. La adorano come se fosse una dea pagana. Lei nella sua prorompente femminilità rappresenta tutti gli aspetti negativi che Fellini descrive nel film: il degrado, l’ossessione verso il divertimento, la perdita di moralità. Per tutto l’episodio lei tenta Mastroianni, che se cedesse tradirebbe la sua compagna e si perderebbe per sempre…Perché se cedi alla tentazione, è la fine…”

E mi rendo conto che in realtà sto parlando di me.

“Ma allora perché il battesimo?” chiede la ragazza, guardandomi negli occhi. Prima era imbarazzata, ora sembra addirittura irritata con me. Tutto ciò mi lascia completamente interdetto. “Lei lascia cadere dell’acqua sulla testa di Mastroianni e quello è chiaramente una sorta di battesimo. Non è il diavolo, anzi, è come se stesse tentando di liberarlo, di salvarlo. Come se volesse espiare le sue colpe…”

“Ma non tutte le colpe possono essere espiate…”

E non capisco come quella frase, così tremendamente personale, mi possa essere uscita dalla bocca. Mi sono lasciato trasportare troppo da quella discussione che spontaneamente è diventata un’analisi della mia vita. E ciò che più mi spaventa è lo sguardo di questa ragazza, uno sguardo sorpreso ed incuriosito. Se la sua mente non fosse impenetrabile, sentirei la sua voce chiedermi “Ma stai ancora parlando del film?”. E allora distolgo lo sguardo, perché non riesco più a sostenere quegli occhi indagatori. E tremendamente intuitivi. Per la prima volta da quando sono un vampiro, mi sento debole.

“Bene ragazzi, mi piacciono questi dibattiti fra voi! Peccato sia finita l’ora…ma riprenderemo la discussione la prossima settimana. Arrivederci a tutti.”

Tutti gli studenti infilano i quaderni nelle borse e si apprestano ad uscire dall’aula. Lo stesso fa lei. Si sistema lo zaino su una spalla e se ne va. Noto che prima di scendere i gradini mi dà un’ultima occhiata. Io rimango seduto, ancora scosso da quanto accaduto. Mi domando come posso essere stato così imprudente in mezzo ad un centinaio di umani. Edward, che ti succede oggi? Da quando quella ragazza è entrata nell’aula ti sei comportato da idiota. E perché? Solo perché non riesci a leggere nella sua mente. Ti sembra un motivo valido? Si…perché in 91 anni non mi è mai capitato. E questa ragazza è tutto tranne che una testa vuota. Ironia del destino: l’unica persona di cui mi piacerebbe conoscere i pensieri è proprio l’unica in grado di celarmeli. Ma forse, i suoi pensieri mi interessano proprio perché mi vengono celati. Non lo so…So solo che i suoi pensieri mi interessano. E voglio capire perché non posso leggerli. Alzo lo sguardo e vedo che è uscita. Con uno scatto mi alzo e in un batter d’occhio sono fuori dall’aula.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Capitolo III

Guardo oltre la fila di ragazzi, cercandola. Guardo da una parte, poi dall’altra. Poi vedo uno zaino rosso. Il suo. Vedo i suoi capelli lunghi. E’ lei, senza dubbio. Cammina a passo rapido, diretta chissà dove. La seguo, mantenendomi a distanza. Mantiene un profilo basso. Non si ferma e non parla con nessuno. Quel suo modo di camminare è sufficiente a rendere chiara la sua timidezza, il suo disagio nel trovarsi in mezzo alla gente. Dev’essere una ragazza che ama la solitudine…Scende le scale. Vorrei poter dire che la sua deambulazione è aggraziata, ma non è così. E’ piuttosto scoordinata e per questo sta attenta ad ogni suo singolo passo. Ovviamente, sono cose che solo io sono in grado di notare. E’ buffa ed osservarla mi diverte. Rallenta il passo ed entra in biblioteca. Io rimango per un attimo sulla soglia. Chiede informazioni alla segretaria. Probabilmente le ha chiesto l’ubicazione di un libro, perché la donna inizia una ricerca al computer. Mi concentro sulla bibliotecaria per capire di che libro si tratta. Il cinema di Fellini. Istintivamente mi viene da sorridere. Quel film e quella discussione l’hanno davvero colpita…Dopo aver ricevuto le indicazioni, si infila tra gli scaffali alla ricerca del libro. Prendo un bel respiro e la seguo. Ed eccola lì. Fissa una fila di libri posta in alto. Le dita della mano sinistra tamburellano sul suo mento delicato. Poi è come se si illuminasse. Lo ha trovato. Si appoggia allo scaffale e sale sulla punta dei piedi. Ma nulla da fare, il libro è troppo in alto. Alla sua destra c’è la scaletta, ma sembra molto restia ad usarla. Probabilmente per la faccenda della poca coordinazione, avrà paura di cadere. O forse soffre di vertigini. Presumo che questo sia il momento migliore per avvicinarmi e parlarle.

“Posso aiutarti?”

Si volta di scatto verso di me. I suoi occhi spalancati non nascondono il suo stupore. Non si aspettava di rivedermi così presto. Forse l’ho spaventata…Sarebbe normale che un’umana, dall’apparenza così fragile, sia spaventata da un mostro come me. Il colore insolitamente dorato delle mie iridi e il bianco disumano della mia pelle devono apparirle piuttosto strani. Inquietanti.

Di nuovo le sue guance si arrossano. Ma com’è possibile? Non ho mai visto una persona arrossire con così alta frequenza.

“Ehm…si grazie…”

“Che libro ti serve?”

Fingo di non saperlo.

“Il cinema di…Fellini…”

La sua voce trema. E’ talmente imbarazzata che quasi mi viene da ridere. Lo trovo subito e glielo porgo, stando molto attento ad evitare un contatto tra le nostri mani. Se la toccassi, sentirei il suo calore e per me sarebbe troppo da sopportare. Se la toccassi, lei sentirebbe il freddo glaciale della mia pelle e non so come potrebbe reagire di fronte alla mia ennesima e disgustosa stranezza.

“Grazie”

“Figurati…stai cercando conferme alle tue tesi?”

Penso che la discussione avuta prima sul film sia il modo migliore per rompere il ghiaccio. Mi sento quasi un idiota, a dir la verità. Mi sento come un liceale che sta cercando di “attaccare bottone” con una ragazza che le piace. Cerco di mantenere un atteggiamento cortese, usando il tono più gentile che mi è possibile e sorridendo per farla sentire a suo agio.

“Scusa?”

Di nuovo la vedo intimidita, insicura, quasi scossa. Sento che le palpitazioni del suo cuore sono aumentate. Forse ho esagerato…Quando tentiamo di non spaventare gli umani, utilizziamo un tono di voce morbido e setoso. E sorridiamo, in modo sicuro e suadente. Così otteniamo l’effetto contrario alla paura. Attraiamo. Usare questo “potere” con gli umani mi disgusta e fortunatamente sono poche le occasioni in cui ho necessità di comportarmi in questo modo.

“Il tuo libro è su Fellini. Vuoi scoprire chi ha ragione tra me e te?”

“Oh…beh…diciamo che voglio sapere cosa dovrò dire all’esame”

“Ah, certo”

Non è spaventata, almeno non sembra. Mi guarda dritto negli occhi, quasi perforandoli. E’ come se cercasse qualcosa. Forse la risposta alle domande che sicuramente si starà ponendo su di me e sul mio aspetto, bizzarro per usare un eufemismo.

“Ti chiedo scusa, sono stato del tutto maleducato a non presentarmi prima. Io sono Edward Cullen”

Se fossi un umano, le porgerei la mano, come si conviene ad ogni presentazione cortese. Ma per quanto io possa essere cortese, non sono umano. Perciò continuo a tenere le mani in tasca.

“Bella…cioè, veramente il mio nome sarebbe Isabella, ma non lo sopporto perciò solo Bella. Swan”

“Bella…”

Mi piace pronunciare il suo nome. E’ come se la mia bocca si riempisse di un sapore dolce e delizioso. Solo ora noto i riflessi ramati che le luci artificiali creano sui suoi capelli.

“Volevo anche scusarmi per prima. Forse ti sono sembrato scortese e troppo insistente con le mie teorie…”

Indago nei suoi occhi, cercando di cogliere se effettivamente il mio comportamento le ha recato disturbo. Ma non si direbbe. La sua espressione sembra sorpresa e confusa.

“Oh no, non devi scusarti. Io mi sono comportata allo stesso modo. Avevamo solo pareri diversi…”

“E’ che non sono molto abituato ad essere contraddetto”

Edward, ma che ti prende? Cosa stai dicendo? Cosa stai facendo? Nessuno ti ha mai contraddetto perché non hai mai dato a nessuno l’opportunità di contraddirti…Smettila di commettere errori.

“Ah…vuoi dire che hai sempre ragione?”

L’ironia trapela dal suo tono e dalla sua espressione.

“No, no, non volevo dire questo…niente, lascia stare…”

Lascio cadere così il discorso, sperando che Bella non mi chieda nulla a riguardo. La vedo incuriosita e ancora confusa, ma non mi domanda nulla. Probabilmente ha capito che non è un discorso che voglio proseguire.

Bella tiene il libro stretto al suo petto, in una sorta di atteggiamento difensivo. Non ha paura, ma è comunque intimidita da me. E non sa quanto farebbe bene ad essere terrorizzata dal mostro che ha di fronte. Un mostro che ora, respirando l’odore delizioso della sua pelle e dei suoi capelli, sta pensando a quanto dev’essere squisito il sapore del suo sangue…Siamo quasi totalmente isolati. Se cedessi, se mi avventassi su di lei, sul suo bel collo, riuscirei ad uccidere solo lei senza necessità di eliminare eventuali testimoni. Ma mi convinco di essere abbastanza forte da resistere. Mi impongo di cancellare quei pensieri orribili e di assumere un atteggiamento umano.

“Non ti ho visto i giorni scorsi a lezione…”

“Oh…infatti sono arrivata ieri sera…Dovevo arrivare domenica ma il mio volo è stato cancellato e non c’erano posti fino a ieri. La mia solita sfortuna…”

Sorride. Un sorriso timido, contenuto, molto dolce. Un sorriso che d’istinto mi regala un minuscolo momento di gioia.

Voglio sapere di più di lei. Di questa ragazza così misteriosa e così interessante.

“Da dove vieni?”

“Forks”

Sgrano gli occhi e trasalgo. Non è possibile…Io e la mia famiglia abbiamo vissuto lì per tre anni tempo fa. Com’è possibile che non mi sia mai capitato di incontrarla?

“Che c’è?” mi chiede, notando la mia reazione.

“Io e la mia famiglia abbiamo vissuto per qualche tempo a Forks”

“Davvero?”

“Si…dal 2000 al 2002…però non ricordo di averti mai vista…”

“Be, io e mia madre siamo andate via da Forks quando ero piccola e ci siamo trasferite a Phoenix. Sono tornata a vivere lì tre anni fa con mio padre. Forse lo conosci, è il capo della polizia…”

“Ah si, certo. Charlie Swan”

Annuisce. Avevo sentito dire che il capo Swan era divorziato e aveva una figlia. Trovarla e conoscerla qui è davvero un’incredibile combinazione .

“Ma, perdonami se sono invadente, come mai sei tornata a Forks?”

La mia curiosità forse la sorprende, ma non sembra infastidirla.

“Be…mia mamma si è risposata”

“E lui non ti piace?”

Le pongo questa domanda delicata con un tono inconsciamente premuroso. Come se non mi facesse piacere l’idea che Bella non si sentisse a suo agio con la sua situazione familiare.

“No no, Phil va bene…è carino”

“E come mai non sei rimasta con loro?”

“Phil gioca a baseball e quindi viaggia spesso. Mia madre rimaneva a casa con me, ma sapevo che soffriva a stare lontana da lui e perciò ho deciso di andare a vivere con mio padre”

Rimango impressionato dal suo altruismo, dalla sua generosità, dall’amore nei confronti della madre. Mi ha colpito anche il commento sul nuovo marito, “Phil va bene”. Il tono era premuroso, come quello di una madre che dà la benedizione al fidanzatino della figlia. E’ come se in realtà fosse Bella a prendersi cura della madre. Questo dà mostra di quanto lei sia una ragazza matura e responsabile.

“E questo sacrificio ti è costato? Voglio dire…non mi sembra che trasferirti da tuo padre sia stato esaltante per te…”

La sua risposta a quel mio tentativo di indovinare non è altro che un’espressione frustrata. Distoglie lo sguardo e sorride amaramente. Forse sto esagerando in questa mia intromissione.

“Scusami, sono stato troppo indiscreto…”

“No no, è che sono io che non riesco mai a nascondere i miei stati d’animo. Per quanto mi sforzi, tutti riescono a capire quello che penso…”

Sentirla pronunciare questa frase è dannatamente ironico per me. Io che so leggere davvero nella mente, ho molte difficoltà a farmi spazio tra i suoi pensieri.

“Perché ridi?” mi chiede.

“Perché io mi ritengo un buon osservatore, ma con te ho qualche difficoltà”

Le sue labbra si tendono in un altro timido ed imbarazzato sorriso. Mi fissa intensamente. I suoi occhi sono così profondi che quasi mi perdo dentro di loro. Noto che aggrotta leggermente la fronte, come se avesse visto qualcosa di strano in me. Cosa che non mi sorprenderebbe, ma quello sguardo mi mette fortemente a disagio. E’ lo stesso sguardo che aveva prima in aula, quando mi sono lasciato troppo andare con la mia interpretazione. Non del film, ma di me stesso.

“Che c’è?” chiedo nervoso.

“Niente è che…i tuoi occhi…hanno un colore particolare, non l’ho mai visto”

Dovevo aspettarmi una domanda del genere. Nel mio corpo ci sono troppe stranezze ed è perfettamente normale che Bella, dopo tutte quelle mie domande personali, faccia qualche osservazione sul mio aspetto. Nonostante mi fossi preparato a questa eventualità, ora non so davvero cosa rispondere. Decido di essere vago, di sviare il discorso in modo astuto.

“Ti sembrano strani? Brutti…?”

Che domanda stupida, Edward! Sono gli occhi di un vampiro, di un mostro. E lei lo ha capito subito. Ha visto che non sono occhi normali, occhi umani.

“No, anzi. Sono belli…”

E di nuovo, Bella mi sorprende e mi lascia senza parole. Come può pensare che i miei occhi siano belli? Come può essere così tranquilla in mia presenza? In presenza di un assassino, una creatura infernale che potrebbe ucciderla semplicemente toccandola. Controllarmi è un’impresa talmente ardua che non so per quanto ancora potrò resistere. Eppure la sua serenità mi rende felice. Sono terribilmente confuso, perché provo emozioni che non dovrei provare. E, soprattutto, sto facendo una cosa che non dovrei fare. Essere così a stretto contatto con un umano è ancora pericoloso. Io non sono Carlisle. E poi Bella sembra così intuitiva…Scommetto che le basterebbe poco a scoprire chi sono, o meglio, che cosa sono. Devo andarmene. Non posso mettere in pericolo il mio segreto, la mia famiglia. E non posso mettere in pericolo lei. Non perché è un’umana, ma perché è lei.

“Ho detto qualcosa che non va?” mi chiede Bella, con aria preoccupata.

Ha sicuramente notato la mia tensione.

“No…scusami ma devo andare ora, ho lezione. Ci vediamo”

“Ehm…ok…”

E me ne vado via, come un ladro. Senza salutarla, senza guardarla. Sento i suoi occhi confusi e indagatori trafiggermi le spalle. So che il mio sarà un comportamento per lei incomprensibile, ma è l’unico comportamento che mi è permesso avere.

Perdonami Bella, vorrei tanto che sapessi che è solo per il tuo bene…

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Ringrazio tutti quelli che leggono e che commentano la mia ff!

@ Sara Twilighters: per poter caricare le foto, devi procurarti l'HTLM. Puoi andare sul sito www.imageshack.us, caricare la foto e copiare l'HTLM. Un bacione e grazie per il commento!!!

Capitolo IV

Non sono andato a nessuna lezione. Sono troppo sconvolto da quanto è accaduto. Sono salito sulla mia auto, deciso a tornare a casa.

Mi domando per quale motivo Alice non mi abbia detto nulla dell’arrivo di Bella. Eppure sicuramente lo avrà visto…Se me lo avesse detto, mi sarei comportato in modo diverso. Non mi sarei mai avvicinato a Bella in un modo così avventato. E pericoloso per entrambi. Io e la mia curiosità. Io e la mia stupida illusione di poter intrattenere una conversazione con qualcuno, e magari diventare amico di quel qualcuno, come se fossi umano. “Sei così intelligente Edward…” . Esme me lo dice talmente tante volte. Mi spiace deluderti Esme, oggi sono stato solamente molto stupido.

Stringo il volante, attento a non frantumarlo tra le mie mani rabbiose. Devo rilassarmi, devo distrarmi. Prendo un cd a caso e lo inserisco nel lettore. Solo quando le prime note del Notturno numero 8 si perdono all’interno dell’abitacolo della mia Volvo mi rendo conto di aver preso il cd di Chopin. Bene. Il tipo di musica che mi rilassa. Chiudo gli occhi e istintivamente le mie dita iniziano a picchiettare delicatamente sul volante come se fossero i tasti di un pianoforte. Notturno numero 8 è uno dei brani che so suonare meglio. Esme, Carlisle ed Alice lo adorano… E’ tanto tempo che non compongo qualcosa…

E improvvisamente, come se ne sentissi il bisogno, come se fosse una forza ignota a comandarmi, apro gli occhi e la vedo. Vicino all’ingresso della mensa. Sta parlando con un ragazzo. Lo conosco, è Ted Lowen. Frequenta la nostra stessa facoltà. Sta sempre seduto nelle prime file, con un atteggiamento tipicamente ruffiano nei confronti di tutti i professori. Potrebbe apparire come un secchione di prima categoria, ma io posso affermare con assoluta certezza che nei suoi pensieri non ci sono solamente Hegel ed Hemingway. Li guardo. Lui parla in continuazione e Bella sembra rispondere a monosillabi o a volte solo con un cenno del capo. Il suo sguardo è piuttosto eloquente: si sta annoiando. Sorrido perché non capisco come faccia Lowen a non accorgersi del suo effetto soporifero su Bella. Probabilmente sta solo cercando di fare colpo su di lei ostentando la sua ricca conoscenza della dialettica hegeliana. Ammetto di essere un po’ infastidito. Quello che non capisco è perché…Lei è umana ed ha tutti i diritti di relazionarsi con chiunque desideri. Può farlo, e deve farlo. Perché non voglio che si ritrovi sola come lo sono io. E’ un' agonia che non auguro a nessuno. Men che meno a Bella Swan.

Dovrei andarmene, o quantomeno smettere di guardarla, anzi di spiarla. La sua vita non è e nemmeno dev’essere affar mio…Eppure non riesco a distogliere lo sguardo da quei due. Saprai capirla meglio di me, Ted? Saprai leggere in quei suoi occhi al cioccolato? Forse un giorno potrai starle accanto, tenerla per mano. Potrai assaporare il profumo della sua pelle e dei suoi capelli senza avere la tentazione di morderla. Potrai toccarla senza immaginare quanto possa essere dolce e delizioso il sapore del suo sangue. Potrai anche baciarla senza il timore di ucciderla. E se non sarà Bella, sarà qualcun’altra. In qualunque caso, mio caro Ted, io ti invidio. Perché a te è concesso tutto ciò che a me è proibito.

Di nuovo guardo Bella. Ted deve averle chiesto qualcosa, perché la vedo fare un cenno negativo con il capo e poi dare una sorta di spiegazione. Scambiano ancora poche parole e poi Bella si allontana. Ted rimane fermo qualche secondo a guardarla. La sua espressione è a dir poco dispiaciuta. Probabilmente l’ha invitata a pranzo, o a bere un caffè…E lei ha rifiutato. E non so perché, ma mi ritrovo a mettere in moto la macchina, e a sorridere compiaciuto.

“Alice, perché non me lo hai detto?” le domando appena entrato in casa. Il mio tono, più che arrabbiato, è disperato.

Mia sorella mi guarda, con quella dolce espressione da bambina. Non c’è bisogno che aggiunga altro alla mia domanda, perché lei sa benissimo a cosa mi riferisco.

“Ma detto cosa?” chiede Carlisle.

“Della ragazza…”

“Quale ragazza?”

Tutta la famiglia si ritrova riunita in soggiorno. Siamo molto uniti. Ogni volta che c’è un problema, se ne parla tutti insieme. Perché nella nostra a dir poco “particolare” situazione, se uno solo ha un problema, allora lo hanno anche tutti gli altri.

“Oggi ho…incontrato una ragazza…e le ho parlato”

“Oh…e come mai, tesoro?” mi chiede Esme, curiosa e premurosa come sempre.

“Perché è la prima volta che non riesco a leggere nella mente di qualcuno e questa cosa mi ha incuriosito… Diciamo anche che lei mi ha incuriosito…”

Tutti mi guardano con espressioni che vanno dalla meraviglia di Carlisle ed Esme all’incomprensione di Jasper, fino alla totale disapprovazione da parte di Rosalie ed Emmet.

“Quello che non capisco è perché Alice non mi abbia detto nulla…”

“Edward, non possiamo vivere sempre basandoci sulle mie visioni, anche perché lo sai che non sempre sono affidabili…”

“Si, ma questa volta io avevo bisogno che tu mi mettessi almeno in guardia!”

Dall’espressione mortificata di Alice, mi rendo conto che forse ho esagerato. Allora, cerco di ammorbidire il mio tono.

“Alice, se tu me lo avessi detto, io mi sarei comportato in maniera meno stupida. Non avrei mai…”

“Edward, vorresti farmi credere che se io ti avessi detto che oggi una ragazza avrebbe attirato la tua attenzione, tu non ti saresti incuriosito? Edward…saresti stato comunque interessato, probabilmente anche di più”

E con quella risposta, Alice abbatte tutte le mie convinzioni. Perché non posso fare a meno di ammettere la verità di quelle parole. Che lei me lo dicesse o no, a quanto pare ero destinato a provare interesse nei confronti di Bella Swan.

Cosa farai ora Edward? E’ il pensiero di Esme, di Carlisle. Di tutti.

“Non lo so…” sono le uniche parole che riesco a pronunciare, immerso come sono nella mia totale confusione.

E’ pericoloso, Edward. Per tutti. E lo sai. Le parole fastidiosamente corrette di Rosalie irrompono prepotentemente nella mia testa.

“Riuscirai ad evitarla?” mi domanda Carlisle, ma la sua non è una richiesta. Sembra solo una semplice domanda. La fiducia che i miei genitori nutrono nei miei confronti è inspiegabilmente grande. Ma il dubbio di mio padre è totalmente fondato. Ed è una domanda alla quale sinceramente non saprei cosa rispondere. Perché oggi non sono riuscito a resistere alla tentazione di parlarle per svelare quei segreti che mi vengono celati dalle sue barriere. E allora, terribilmente insicuro delle mie stesse parole, mi affido all’unica risposta sensata, l’unica risposta che mi è permesso dare. E l’unica risposta che più si avvicina al mio stato d’animo.

“Devo”

E senza aggiungere altro, senza nemmeno guardare nessuno della mia famiglia, salgo le scale e mi chiudo in camera. Ho bisogno di stare da solo. Di riflettere senza essere influenzato dalle parole e dai pensieri di nessuno. “Riuscirai ad evitarla?” e la mia risposta “Devo”. Cosa significa, Edward? Che ti sei cacciato in una situazione pericolosa? Si. Che dovrai sforzarti per fare in modo che quello che è accaduto oggi non accada mai più? Si. Che devi, ma non vuoi? Assolutamente s

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Capitolo V

E’ quasi mezzanotte. Da quando mi sono chiuso in camera non ne sono più uscito. Non voglio ascoltare i pensieri di nessuno. Ma mi rendo conto che la solitudine e l’assoluta incapacità di distrarmi non fanno che rendere l’immagine di Bella Swan sempre più vivida nella mia testa. E più mi affanno per cercare di comprendere il perché di tutto questo mio sconvolgimento interiore, più mi sento frustrato e quasi impotente. Guardo fuori dalla finestra e quell’immagine della luna che scompare e riappare dietro le nuvole in movimento ha un non so che di malinconicamente romantico. Questi pensieri, queste sensazioni così umane incrementano il mio disagio. Devo smetterla di sentirmi così. Devo smetterla di pensare a lei. Devo distrarmi. Esco dalla mia camera e scendo le scale. In salotto, Alice, Jasper, Esme e Carlisle sono accomodati sui divani, concentrati a guardare un film.

“Cosa guardate?”

“Come se tu non lo sapessi, Edward” mi risponde Carlisle, con un sorriso affettuoso.

Effettivamente lo so, perché l’ho letto nelle loro menti. Era solo un modo per conversare.

“E’ un bel film, caro. Siediti con noi” mi invita Esme.

Bisognoso di pensare ad altro, mi accomodo sulla poltrona e cerco di trovare un minimo di divertimento e soprattutto di distrazione in quelle immagini comiche. Ma, nonostante quella commedia sia di ottimo livello, non riesco ad accompagnare sinceramente le risate dei miei familiari. Li osservo. Carlisle stringe Esme, circondandole le spalle con un braccio. Jasper tiene stretta la mano di Alice. Quei contatti, così sinceramente amorevoli, così teneri, così stupendamente liberi, in questo particolare istante della mia esistenza sono quasi insopportabili. E mi sento peggio di prima. Balzo in piedi e mi dirigo verso la porta di casa.

“Dove vai Edward?” mi chiede Esme, in tono preoccupate.

“A fare un giro…ho bisogno di correre e di sfogarmi un po’…”

Stai attento è il pensiero comune, perfettamente intuibile anche dalle loro espressioni ansiose.

Annuisco con il capo e mi getto fuori casa, catapultandomi direttamente nel cuore della foresta.

Corro, corro, veloce come non mai, per gustare di quel minuscolo sollievo che è il vento sul mio viso. Mi arrampico su un albero ed in pochissimo tempo sono già in cima. Guardo il paesaggio che mi circonda. Com’è possibile che sia tutto così bello…così romantico? Per me non dovrebbe essere così. Queste sono sensazioni profondamente umane, sensazioni che per me dovrebbero essere totalmente sconosciute. Perché devo obbligare me stesso a soffrire?

E di nuovo la vedo. Bella. I suoi incredibili occhi, i suoi capelli profumati di fragola, la sua pelle candida e dall’apparenza così delicata. E la sua acuta e riflessiva intelligenza. E la sua adorabile goffaggine. E l’irritante silenzio della sua mente. E le sue reazioni bizzarre ed inaspettate. E la mia incapacità di comprendere perché. Ed il patto che ho dovuto stringere con me stesso e l’assoluto desiderio di non volerlo rispettare. Ora. Proprio ora. Il mio assoluto desidero di vederla. Di capire.

E senza nemmeno rendermene conto, sono già sulla strada dell’università. In poco tempo, mi ritrovo a calpestare l’erba ben tagliata che circonda il complesso. Mi avvicino al dormitorio femminile e facilmente riesco ad entrare dalla finestra. Non so quale sia la sua stanza, perciò devo controllare la lista. L’ingresso e la reception sono completamente desolati. Bene. Apro i cassetti del bancone ma non trovo nulla di utile. Allora mi dedico agli armadietti in metallo alle sue spalle. Non si sono nemmeno sforzati troppo di nascondere le chiavi. E’ vero che avrei potuto aprirli senza troppo sforzo, ma non volevo lasciare tracce del mio passaggio. Ecco la lista delle stanze. Scorro velocemente tutti i nomi e poi, finalmente, il nome che cercavo: Bella Swan – Chandra Cole, camera 27c. E’ al terzo piano. Do un rapido sguardo alla mappatura dell’edificio per individuare l’esatta ubicazione della camera. Non posso entrare dalla porta, perciò dovrò ancora una volta fare ricorso alle finestre, sperando che non siano bloccate dall’interno.

Esco di nuovo e mi dirigo in prossimità della stanza di Bella. Alzo lo sguardo e vedo la finestra che dovrebbe essere la sua. Scalo la facciata e guardo attraverso il vetro. E la vedo. La sua compagna di stanza non c’è…Probabilmente sarà insieme a qualche ragazzo. E allora colgo l’occasione. Sollevo la finestra, che fortunatamente – o sfortunatamente – non è stata bloccata. Ed entro, ringraziando le mie capacità di muovermi in assoluto silenzio.

Bella è girata su un fianco con le ginocchia piegate, in una sorta di posizione fetale. Entrambe le mani sono appoggiate sul cuscino. Il lenzuolo la avvolge sino alla vita. I capelli sciolti le coprono parzialmente il volto. Indossa una canotta marrone e la visione della pelle nuda delle sue braccia è di una bellezza insopportabile. Sento il suo respiro lento e tranquillo scandire i movimenti dolci della sua pancia. Vorrei allungare la mano e sistemarle i capelli per liberare la dolcezza del suo viso. E’ bellissima. E lo è anche nella sua inconsapevolezza. Dorme senza sapere che un mostro le sta accanto, e la sta osservando. Un mostro che si sta chiedendo se sta sognando e cosa. Un mostro che in tutta la sua lunga esistenza non ha mai visto nulla di più bello.

Distolgo lo sguardo da lei per osservare il suo piccolo mondo e scoprire qualcosa in più di lei. Le mensole sopra il suo letto sono colme di libri e cd. La mia attenzione cade su un libro diverso dagli altri. Un libro senza titolo e dalla copertina lievemente rovinata. La mia curiosità mi spinge a prenderlo. Mi rendo subito conto che non è un libro, bensì un diario. Quasi ho un sussulto…il suo diario. Ho in mano una fonte inesauribile di informazioni su di lei. Dovrei metterlo immediatamente a posto, perché un diario è un oggetto infinitamente intimo e personale.

Avanti Edward…mettilo a posto!

Ma è come se una forza mi impedisse di seguire la mia parte educata. E forse mi adagio sul mio essere inevitabilmente un mostro. E allora cedo alla tentazione. Di nuovo. E sfoglio quel diario. Le pagine scritte si alternano a disegni, ricordi vari e fotografie. Una ritrae Bella abbracciata ad una bella donna bionda sui 45 anni, probabilmente la madre. Un’altra è una foto di Bella da piccola circondata dalla stessa donna e dal capo Swan. All’epoca aveva qualche capello in più. Osservando quella foto, mi rendo conto dell’incredibile somiglianza tra padre e figlia. Ed ecco una foto del diploma: Bella regge in mano il rotolo e assieme a lei il padre, la madre e un uomo sulla trentina. Stringe la spalla della donna, quindi deduco sia Phil. E poi Bella su una spiaggia assieme ad un gruppo di ragazzi. Riconosco la spiaggia, è First Beach a La Push, nella riserva dei Quileutes. Indossano tutti delle giacche a vento ed il cielo è nuvoloso. Non mi sorprende. Ci eravamo trasferiti lì proprio per la mancanza quasi totale di sole.

Bella sorride in tutte le foto, ma è un sorriso strano, come se fosse trattenuto da non so quale timidezza o imbarazza. E’ come se si sentisse sempre inadeguata e si sforzasse di non mostrarlo. Continuo a sfogliare. Una delle prime pagine del diario è una pagina scritta. Leggo. Una poesia.

Non t'amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t'amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, entro l'ombra e l'anima.
T'amo come la pianta che non fiorisce e reca
dentro di sè, nascosta, la luce di quei fiori;
grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il concentrato aroma che ascese dalla terra.
T'amo senza sapere come, nè quando nè da dove,
t'amo direttamente senza problemi nè orgoglio:
così ti amo perchè non so amare altrimenti
che così, in questo modo in cui non sono e non sei,
così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.

Pablo Neruda

Conosco questi versi. E’ una sensazione strana…è come se queste parole, celate dentro qualche angolo buio della mia mente, ora stessero tornando alla luce. E una poesia semplicemente splendida e mi stupisco sempre di cosa la mente umana sia in grado di partorire.

Guardo ancora Bella. Si è girata nel frattempo, ora dorme a pancia sotto, con un’espressione quasi imbronciata. Sorrido. Il fatto che le piaccia questa poesia mi rende quasi felice. Chissà se hai mai provato queste sensazioni per qualcuno…Chissà se anche in questo momento le stai provando…T’immagino in piedi di fronte ad un ragazzo. T’immagino guardarlo negli occhi e con il tuo solito imbarazzo recitare questi versi. T’immagino innamorata ed è uno spettacolo meraviglioso. Sei mai stata innamorata, Bella? Hai mai desiderato vivere e morire per qualcuno?

Dio, dov’è il letto…La compagna di stanza sta per tornare. Mi alzo e mi avvicino alla finestra. Guardo quel diario tra le mie mani. E’ ancora pieno di parole che non ho letto, segreti ancora da svelare. Dovrei lasciarlo qui, non sono un ladro. No…ma sono un mostro. Chandra sta per aprire la porta, ma sono già fuori prima che possa accorgersi di qualunque cosa. Corro nella notte, tra gli alberi. Il diario di Bella in mano.

Giunto a casa, mi fiondo in camera mia, per stare da solo e leggere. Non sono molti i commenti personali di Bella. Piuttosto le pagine sono piene di citazioni di Shakespeare, Jane Austen, lo sorelle Bronte…Un appassionata di classici. Una romantica appassionata di classici. Non ci sono altre poesie, perciò quella che ho letto prima dev’essere la sua preferita. Nessuna foto e nessun riferimento ad un ragazzo. Questo in qualche modo mi conforta. Vado sulla data odierna e vedo che ha scritto qualcosa. Una specie di poesia.

I tuoi occhi così tristi ed impauriti

I tuoi occhi che vogliono nascondere ma che dicono tutto

I tuoi occhi che uccidono e che riportano alla vita

I tuoi occhi che mi penetrano e che mi leggono

I tuoi occhi che sono l’unica finestra lasciata aperta

I tuoi occhi che sono una serratura dalla quale spiarti

I tuoi occhi che improvvisamente si sono chiusi

I tuoi occhi che hanno visto posti che non andrò mai a visitare

Così sono i tuoi occhi

Così belli i tuoi occhi d’ambra

Preziosi e splendenti come l’oro

E immediatamente chiudo quel diario. Non posso leggere oltre. Se avessi ancora un cuore, a questo punto avrebbe smesso di battere. Se il tempo non fosse un concetto quasi inesistente per me, anche lui si sarebbe fermato. “I tuoi occhi d’ambra…come l’oro”. I miei occhi…Ha scritto una poesia sui miei occhi. L’ho colpita fino a questo punto? Non so più chi sono, né cosa sono. Sono triste per una cosa per la quale dovrei essere felice. E sono felice per una cosa per la quale dovrei essere triste. So solo che le mie emozioni sono forti , vive, disperate, umane. Vorrei poter piangere solo per sfogare questa confusione. E’ incredibile quanto abbia capito di me questa ragazza. Forse è lei che può leggere nella mia mente. Non lo so, ma a questo punto una cosa è chiara. A questo punto non avrò mai la forza per rispettare quel patto.

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