Angel of mercy.

di OneNightButterfly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The day I met you... ***
Capitolo 2: *** Big boys don't cry. (Part one) ***
Capitolo 3: *** Big boys don't cry. (Part two) ***
Capitolo 4: *** Your eyes, again. ***
Capitolo 5: *** You. (Part one) ***
Capitolo 6: *** You (Part two) ***



Capitolo 1
*** The day I met you... ***


Past.

Avevo cinque anni, quando lo vidi, per la prima volta.
Me lo ricordo già un bambino splendido. Un angelo. Ecco cos'era. Con quegl'occhioni verdi e quei lineamenti morbidi sembrava una ragazza. All'inizio lo prendevo in giro, per quello, e lui mi rispondeva piangendo e correndo dalla mamma. Forse, però, era stata anche quella parte schiva, timida e piagnona, di lui, ad avermi attratto così tanto.
Sì, già a quell'età lo trattavo come il mio piccolo gioiello. Non era amore. Eravamo troppo piccoli per quello, ma, per me, era come un fratellino da proteggere. Lui, poi, non faceva che alimentare quel mio desiderio di protezione, correndo sempre da me (e non più dalla mamma), quando aveva bisogno di qualcosa o non stava bene.

«Sho-chan, Sho-chan!»

Era l'unico, a chiamarmi in quel modo. Se ci penso ora, lo rivedo, piccolo e impacciato, correre da me, per poi cadere, rovinosamente, al suolo e sbucciarsi le ginocchia. Beh, in effetti, quella parte di lui non era cambiata per niente.

«Guarda!»

Vidi fra le sue mani un gatto. Sembrava perfino più grosso di lui.

«Mi hanno detto che posso tenerlo! Lo chiamerò Chihiro. Ti piace?»

Gli sorrisi, annuendo, pensando che fosse un bambino veramente fortunato. L'avevo sempre pensato e, un po', lo invidiavo. Lui era amato e coccolato, da tutti i membri della sua famiglia, mentre io non potevo dire lo stesso di me.
Avevo solo la mamma ed il papà. Niente nonni, niente zii, nè cugini, nè fratelli. Solo lui, il mio angelo.


Present.

«Amore... Amore, svegliati.»

Aprii gl'occhi, arpionando i suoi, sorridenti. Ci scambiammo il nostro consueto bacio del buongiorno e, alla fine, ci alzammo dal letto, pronti ad affrontare una nuova giornata insieme, anche se non vedevo l'ora di tornare nel mondo dominato da Morfeo, dove potevamo essere ancora piccoli ed innocenti, non intaccati dalle brutture e dalle difficoltà del mondo degl'adulti, per colpa dei quali tutto era cambiato.



Note dell'autore:
Il primo capitolo ho deciso di pubblicarlo in questo stano modo, ma non so se continuerò con questo stile...magari metterò solo il passato, oppure boh... xD
Aspetto i vostri consigli, anche su questo! ^w^
To be continued...

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Capitolo 2
*** Big boys don't cry. (Part one) ***


Past.

La famiglia di Subaru era composta da suo padre, sua madre, lui ed il suo fratellino, più piccolo di tre anni, rispetto a lui. Mio padre ed il suo lavoravano insieme: entrambi militari. Il mio era un tenente colonnello ed il suo un maggiore.
Si erano trasferiti da poco, in quella base militare ed io, Subaru e, poi, suo fratello, Tadahiko, eravamo gl'unici bambini, quindi stavamo praticamente sempre insieme.

«Braccio...braccio...»

Sì, Tadahiko è sempre stato la pustola fastidioso nel rapporto fra me e Subaru. Certo, all'inizio non me ne accorgevo e lo consideravo solo fastidioso, ma col passare del tempo... Insomma, voleva sempre stargli appiccicato e, da quando sua madre lo lasciava uscire, con noi, io non avevo più la possibilità di stare vicino a suo fratello e, tantomeno, di prenderlo per mano, ch'era una cosa che adoravo fare, assieme al fissarlo continuamente.

«Sho-can, smettila di fissarmi!» mi ripeteva sempre, imbarazzato, ma io non ci riuscivo. Per me era l'unico. Vedevo solo lui.

Passarono due anni ed arrivò una notizia improvvisa.

«La mamma mi darà una sorellina!» urlava, tutto felice, il mio angelo, correndo per il salotto di casa sua. Io ero seduto sul divano, leggermente imbronciato, pensando che sì, ero felice per lui, ma, al tempo stesso, mi chiedevo se anche lei si sarebbe intrufolato fra noi, come aveva fatto suo fratello.

«Shosuke, la vuoi sentire?» mi domandò sua madre. Era una donna bellissima e tanto gentile... A differenza della mia, poi, lei si curava dei suoi figli. Non usciva quasi mai, se non con loro, li amava e li coccolava sempre.
Annuii, alla sua domanda, allungando una mano su quella pancia tonda ed enorme. Poco dopo, sentii un movimento, ma non ritrassi la mano, troppo impegnato a pensare a come facesse, un bambino, a stare lì dentro, chiedendomi se, quando anch'io ero lì, mia madre mi volesse. Perchè in quel periodo sembrava non fregargliene più niente.
Qualche mese dopo, arrivò la sorellina di Subaru, Kana. Era splendida ed assomigliava come una goccia d'acqua a sua madre, mentre Subaru e Tadahiko avevano preso tutto dal padre. Pensavo seriamente che la loro famiglia fosse perfetta: due genitori amorevoli e tre figli stupendi.

Un giorno, però, più precisamente nell'estate dei miei sette anni, mi fu vietato d'incontrare Subaru. Mio padre era appena tornato da una spedizione e aveva deciso che non avrei più dovuto incontrarlo. Mi disperai, provai a scappare, ma fu tutto inutile. Insomma, avevo solo sette anni...
Qualche settimana dopo, quando avevo cominciato uno sciopero della fame (anche se, in realtà, imboscavo le merendine sotto il materasso per mangiarle di nascosto), mio padre si decise a farmi uscire di nuovo. Tutto contento, arrivai a suonare alla porta di Subaru, ma, ad aprirmi, non fu nessun membro della sua famiglia, ma un uomo che non avevo mai visto. Perplesso ed agitato, tornai a casa e chiesi a mio padre il perchè di quel fatto, visto che lui stava sempre col padre di Subaru.

«Kimihiro è morto.» mi comunicò, senza mezze misure. «Quindi Tohru ha dovuto andarsene.»

Quella notizia mi sconvolse.

«Ma...io non l'ho salutato! Non l'ho nemmeno salutato prima che partisse!» mi disperai, piangendo come un neonato. In tutta risposta, mio padre mi tirò uno schiaffo.

«Sei cresciuto, Shosuke, e gli uomini non piangono.»

Lo dispezzai, con tutto me stesso. Arrivai a non parlargli quasi più. Il giorno del mio decimo compleanno scappai di casa, convinto di poter trovare Subaru, ma, quando rientrai, ormai rassegnato al fatto che non l'avrei mai più rivisto, trovai mio padre, seduto al buio, su una sedia in cucina.

«Hai provato a cercarlo, vero?» mi chiese, sghignazzando. Non reputai necessario rispondergli, visto che mi sembrava ovvio che dalle mie labbra sarebbe uscita una sola sillaba, cioè "".
Lo vidi muoversi. Si alzò in piedi, barcollante, e notai, grazie alla luce della luna, che filtrava da una finestra, che teneva in mano una bottiglia di birra. Assottigliai gl'occhi, per vedere meglio, e notai che ce n'erano altre, sul tavolo, affiancate da un'altra bottiglia ancora, che non sapevo cosa fosse, ma potevo immaginarlo. Era ubriaco, insomma.

«Loro non torneranno, Shosuke.» Ridacchiò. Avevo un leggero timore, a stare lì con lui, al buio. Infatti non mi ero nemmeno spostato dall'entrata della cucina, dove mi ero piantato, quando l'avevo visto. Non ci fu bisogno che mi mossi, poichè venne lui, da me. Deglutii a vuoto, quando mi posò una mano sul capo, scompigliandomi i capelli.

«E' proprio ubriaco...» pensai, affranto, notando quanto fosse più affettuoso, dopo aver bevuto.

«Sono stato io.» Non gli domandai a fare cosa, visto ch'ero sicuro stesse cominciando a delirare. «Io ho ucciso Kimihiro.» Certo, ed io ero una femmina. «Mi è partito un colpo, per sbaglio...» Stava cominciando a tremare, sia col corpo che nella voce. «Io...non volevo. Ero in tensione e ho perso il controllo dei miei nervi...il mio dito ha premuto il grilletto da solo...»

L'aveva fatto davvero, allora..! Lui aveva ucciso il padre di Subaru, per sbaglio! Chissà come doveva essere triste, in quel momento, il mio angelo... Ed  io non ero lì con lui... Non potevo stringerlo, nè consolarlo...
Mi sentii completamente vuoto, quando mio padre mi lasciò i capelli.

«Dall'anno prossimo comincerai un corso d'addestramento.» Si allonatnò un po' da me, pronunciando quelle parole, e mi permise di scorgere il suo volto.
Un secondo dopo, notai una linea cristallina, solcargli una guancia.

«Pa-»
«E ricordati:» m'interruppe, posando la birra sul tavolo. «gli uomini non piangono.»

Detto quello, se ne andò, e mi lasciò solo, nel buio della stanza.



Note dall'autore:
Innanzitutto, volevo ringraziare eliana1991 e SyamTwins, per i loro commenti. *-*
Sono veramente felice che vi sia piaciuto, il primo capitoloo! ^//////^

Ora, comincerà una parte un po' pesantuccia, quindi vi prego di portare pazienza... ^.^

To be continued...

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Capitolo 3
*** Big boys don't cry. (Part two) ***


Past

Avevo undici anni, quando, per la prima volta, misi piede in quella caserma. Ero il più piccolo, ovviamente, e, all'inizio, seguii un addestramento particolare, pensato per un bambino della mia età. Studiavo tutte le materie comuni, anche se, maggiormente, i miei studi si concentravano sulle strategie militari e la storia del nostro Paese.
Passarono gl'anni. Ne avevo quattordici, quando, per la prima volta, mi buttarono in mezzo agl'altri soldati. Ero ancora piccolo ed inesperto, quindi era come se avessero buttato un topolino in una stanza piena di enormi gatti affamati. Incontrai un ragazzo, in mensa, che aveva solo diciassette anni. Mi raccontò che i suoi genitori l'avevano spedito lì perchè si era comportato come non avrebbe dovuto. Gli chiesi a cosa si riferisse e mi rispose ch'era malato.

«Sono malato di sesso.» mi disse. Stortai il capo, perplesso. Sapevo, più o meno, cosa fosse, ma non l'avevo mai provato.

«Mi piace da matti...» Mi guardva con fare strano, ma non ci feci caso più di tanto.

Una notte, avevo bisogno di andare al bagno, e, sgattaiolando fuori dalla camera, mi ci recai. Appena finito, aprii la porta, spaventandomi. C'era lui, il ragazzo malato.

«Mi hai spaventato...» gli feci notare, divertito da quella situazione.

Senza rispondermi, mi riportò nel bagno e chiuse la porta a chiave.

«C-Che vuoi fare..?» gli domandai, terrorizzato. Mi tappò la bocca, così che non potessi più parlare, ed abusò di me, senza riserve, in quel bagno.

Non raccontai mai a nessuno, quel fatto, e mi chiusi in me stesso, facendomi trascinare, da quel giorno, in una spirale di eccessi e trasgressioni, poco raccomandabili, per un ragazzino della mia età.

Present

«Shosuke...a cosa stai pensando?» Lo sentii cingermi le spalle, dolcemente. A quel punto, mi risvegliai da quell'incubo ad occhi aperti, e lo guardai, sorridendogli dolcemente. Mi limitai a sospirare e lui capì subito dove fosse stata la mia mente.

«Non ci pensare. Ora ci sono io, con te.»

Gli presi una mano e feci intrecciare le nostre dita, annuendo, lentamente, col capo.

«Grazie, Subaru.»

Mi tirò una leggera pacca sul capo, stiracchiandosi, successivamente, per poi cominciare a saltellare come una cavalletta per casa.

«Dobbiamo prepararci, lo sai? Gl'altri saranno già tutti là!»

Annuii, alzandomi dalla sedia. Lo presi per mano e lo portai in camera, dove avevamo tutto il necessario per quel giorno.


Note dell'autore:
Grazie, cry_chan, per i complimenti! *w*
Chiedo scusa per il tempo che avete dovuto aspettare per questo capitolo, ma non ho avuto il tempo di scriverlo fino a questa mattina. ^.^

Un ringraziamento anche ad Elee! *3*

To be continued...

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Capitolo 4
*** Your eyes, again. ***


Past

Avevo quandici anni, quando uscii da quell'accademia. Solo in quegl'ultimi 365 giorni, n'erano cambiate, di cose. Avevo assaggiato qualsiasi tipo di cocktail e superalcolico, fumato ed ingerito di tutto, scopato con chiunque. Mi ero rovinato, in pratica, ma, dal mio aspetto, proprio non si notava. Ero cresciuto molto, sia in altezza che in "consistenza". Avevo una buona muscolatura, dovuta ai continui addestramenti e punizioni, e, dulcis in fundo, tanto per rendermi quasi irriconoscibile, mi si erano scuriti i capelli.

Era una fredda mattina di novembre, quando terminai il mio corso e venni trasferito, dai miei genitori, in una scuola normale. Riuscii a trovare la mia aula solo un'ora dopo. Bussai, quindi, ed aprii la porta.

«Buongiorno.» salutai il professore, porgendogli un foglietto che mi avevano dato in presidenza. Annuì e mi fece mettere in piedi accanto alla cattedra.

«Questo è Kawamura Shosuke, il vostro nuovo compagno di classe.» mi presentò ai presenti.

«Siediti pure là in fondo, che sto per fare l'appello.» Seguii il suo consiglio, ovviamente, andando ad accomodarmi sulla sedia che mi aveva indicato.

Il professore cominciò a chiamare, uno per uno, i miei compagni, i quali, se presenti, si alzavano in piedi. Un solo nome, inevitabilmente, mi colpì.

«Igarashi Subaru.» Lo cercai subito, con lo sguardo, e l'osservai attentamente. Era lui. L'avrei riconosciuto fra mille. Era solo un po' più alto, rispetto a quand'eravamo bambini. I suoi grandi occhi erano gli stessi, così come i chiari capelli, lucidi e visibilmente morbidi. Mi ritrovai, come otto anni prima, a fissarlo intensamente, dalla mia posizione. Ad un tratto, si voltò, sentendosi, probabilmente, osservato. Gli sorrisi e lui, di tutta risposta, si voltò, di scatto, arrossendo leggermente.

All'intervallo, il suo banco venne circondato da una folla immensa. Tutta la classe era lì e non ne capivo il motivo. Era una specie di celebrità, quindi?

Continuai, per una settimana, a fissarlo, imperterrito, finchè, un giorno, durante un'ora buca, non venne da me. Prese una sedia e si sedette dall'altra parte del banco, quindi, di fronte a me.

«Senti, non so cosa ti passi per la testa, ma puoi smetterla di fissarmi?» Era arrossito e mi guardava saltuariamente negl'occhi. Anche s'ero cambiato, possibile che non si ricordasse di me?

«Non ti ricordi proprio di me?» gli domandai, allungando una mano verso di lui, portandola sul suo volto, dove gl'accarezzai una guancia, dolcemente.

«Direi proprio di no.» mi rispose, visibilmente imbarazzato, alzandosi, interrompendo, così, il contatto fra le nostre pelli.

«Mi piacerebbe solo che la smettessi di fissarmi, grazie.» ribadì, prima di tornare al suo banco.

Mi aveva fatto leggermente male, sapere che non si ricordava di me. Insomma, io l'avrei riconosciuto ovunque...in mezzo ad una folla infinita, io avrei saputo trovarlo.
Comunque, esaudii il suo volere. Smisi di fissarlo, pensando, però, a come fargli capire chi fossi. Decisi, comunque, di lasciar passare ancora un po' di tempo.

La mia occasione arrivò una decina di giorni dopo, quando lo vidi attorniato da una folla di ragazzine. Si vedeva chiaramente che stava cercando di respingerle, ma, quelle, non desistevano. Intervenni, quindi, facendomi spazio in mezzo a loro, posando un braccio sulle spalle di Subaru.

«Ti stanno dando fastidio?» gli domandai, guardandole male, una per una.

«N-No, non ti preoccupare...» Le ragazzine ricambiarono i miei sguardi e, dopo aver parlottato fra loro, se ne andarono.

«Ti ringrazio...» mi disse Subaru, per poi sospirare.

«Nessun problema.» gli risposi, per poi accarezzargli i capelli, sperando che, quello, gli facesse ricordare qualcosa.

«Ti va di pranzare con me, oggi, sul terrazzo?» gli proposi, sorridendogli, come a fargli capire che non avevo cattive intenzioni. Lui annuì e, quindi, all'ora di pranzo, ci trovammo sulle scale, per poi salirle ed arrivare sul terrazzo, dove eravamo soli.
Mi sedetti per terra e, lui, si sistemò accanto a me. A vederlo così, sembrava quasi che stesse cominciando a ricordarsi qualcosa.

«Non so perchè, ma mi dai una sensazione di sicurezza...» mi disse. Capii ch'era arrossito, perch vidi le sue orecchie prendere fuoco.

«Mi ricordi un mio vecchio amico, che ho conosciuto quand'ero bambino...» Forse ci stava arrivando, a capire ch'ero io, quel bambino.

«Mi fissava sempre e mi trattava come se fossi una specie di entità da proteggere, ma non era come tutti gl'altri. Lui non lo faceva per un tornaconto personale, ma perchè mi voleva bene, ne sono sicuro.» Era proprio per quello, che lo facevo: perchè gli volevo bene. Allora non era così tardo come sembrava...

Quando mi sorrise, arrossii impercettibilmente. Ora era diverso: avevo quindici anni, come lui, e sapevo ch'ero attratto dai ragazzi, quindi, avrebbe dovuto stare attento, a sorridermi così, se no avrei potuto saltargli addosso, letteralmente.

«Se ti dicessi che sono io, quel bambino?» gli domandai, accarezzandogli i capelli, delicatamente, guardando in quei suoi grandi occhi verdi, che mi comunicavano sempre una grande dolcezza.

«Ti crederei.» mi rispose, a bassa voce.

«Anche perchè l'ho sospettato, in effetti.» I suoi occhi erano leggermente lucidi, ora, o forse era solo una mia impressione?

«Sono io, Subaru. Mi dispiace che non ci siamo più visti, in questi ultimi otto anni...» Non dovetti aggiungere altro, che mi abbracciò, cominciando a piangere, proprio come quand'era bambino. Lo strinsi forte, accarezzandogli la schiena ed i capelli, contento che non si fosse dimenticato di me.

Aspettai che terminasse di piangere, ma, comunque, non mi lasciò lo stesso, anzi, continuò a tenermi stretto a sè, proprio come se fossimo tornati indietro a quando avevamo cinque anni.


Note dell'autore:
Innanzitutto, ringrazio S_jlms per i complimenti! *-*
Poi, un grazie anche a coloro che hanno aggiunto la mia storia fra le preferite o le seguite. <3

E, infine, chiedo scusa per questi capitoli un po' piatti, ma vi prometto che presto ci sarà anche la parte yaoiosa della storia! *ç* xD


To be continued...

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Capitolo 5
*** You. (Part one) ***


Past.

I nostri giorni passarono, così, senza problemi. Pranzavamo insieme, andavamo al centro commerciale, ma, soprattutto, eravamo tornati amici come prima, se non di più. Occupavamo, perfino, la stessa stanza, al dormitorio della scuola! Insomma, era tutto perfetto. C'era solo un piccolo, insignificante, problema: l'età.
Ora, infatti, eravamo decisamente diversi. O, almeno, io lo ero... Avevo scoperto la mia sessualità, sapevo che mi piacevano i ragazzi e, guarda caso, ne avevo proprio uno accanto a me, in quel periodo, ch'era stato mio amico d'infanzia. E qui sorgeva il problema: lui pensava che fossimo ancora amici, mentre io, dentro di me, capivo che qualcosa non andava... Io non gli volevo semplicemente bene, io mi stavo innamorando di lui. Passavo notti intere, spesso, a guardarlo dormire, a studiare i movimenti del suo petto, i suoi lineamenti, ad ascoltare il frusciare delle coperte, che si muovevano, allo spostarsi delle sue gambe...
Forse stavo diventando un maniaco, ma non potevo farne a meno, così come non potevo dirgli quello che provavo veramente, per lui. Conoscendolo, non mi avrebbe risposto, oppure, avrebbe trovato un modo per evitare il discorso, passando, subito, ad un altro. In quello, era rimasto decisamente un bambino.
Lasciai passare, quindi, ancora qualche settimana, durante la quale, molte ragazze, gli si erano dichiarate. Quella, era una cosa che non sopportavo. Non tanto perchè quelle fossero delle ochette piagnucolone, dal mio punto di vista, quanto perchè lo facevano solo per un tornaconto personale.
Avevo scoperto, infatti, che Subaru era trattato come un Re, in quella scuola. Piaceva a tutti, preside compreso, era ambito ed ammirato sia dai ragazzi che dalle ragazze e, più o meno, ogni settimana, riceveva circa sei o sette dischiarazioni d'amore, in media.
Io, ovviamente, ero geloso. Maledettamente geloso.
Avevo provato anche a dirglielo o, per lo meno, a farglielo capire, ma niente. Lui era troppo gentile per chiedere a quella marmaglia di smetterla, quindi avrei dovuto prendere io l'iniziativa e trovare un modo per togliergli di torno tutte quelle persone.

Un pomeriggio, finite le lezioni, eravamo in camera. Lui aveva appena fatto la doccia ed indossava solo una maglietta bianca, a maniche corte, ed un paio di pantaloncini. Io, invece, ero troppo nervoso perfino per lavarmi. Parlammo un po', ma, qualche minuto dopo, crollò il silenzio. Ero strano e, sicuramente, se n'era accorto anche lui.
Lentamente, quindi, mi alzai e, successivamente, m'inginocchiai davanti a lui, prendendogli, delicatamente, le mani, stringendole con le mie.

«Subaru,» cominciai. «io...» Era difficile essere costantemente osservato da quei grandi occhi verdi, che sembravano scrutarmi dentro, ogni volta, e capire le mie parole, prima che le pronunciassi.

«Io ti amo.» riuscii, finalmente, qualche lunghissimo secondo dopo, a confessargli.

Lui, all'inizio, mi guardò come un cucciolo smarrito, allargando ancora di più gl'occhi, mordendosi nervosamente il labbro inferiore. Succssivamente, cominciò a cambiare colore, diventando sempre più rosso, fino a rasentare, quasi, il bordeaux e, infine, mi sorrise. Quando lo fece, capii che aveva accettato il mio sentimento e che, probabilmente, aveva già avuto qualche sospetto. Insomma, anche se, spesso, sembrava avere la testa fra le nuvole, in realtà era molto più sveglio di me.

«Anch'io.» mi rispose, in un sussurro.

Per poco non mi venne da piangere... Ero talmente felice, che non resistetti e lo abbracciai, intrecciando le dita ai suoi capelli umidi, riportando, poi, il volto di fronte al suo. Ci guardammo negl'occhi per un attimo e, insieme, abbassammo le palpebre, mentre le nostre labbra si accarezzavano.
Subito, sentii un brivido caldo percorrermi la schiena. Con lui era così diverso, anche solo un bacio...
Lentamente, lasciai scendere le mani sulla sua schiena, che massaggiarono piano, spostandole, poi, sul suo petto. A quel punto, Subaru, evidentemente inesperto, trattenne a stento un gemito, soffocandolo nella mia bocca.
Con le dita, quindi, salii, fino ad intercettare i suoi capezzoli, che presi a stuzzicare, delicatamente. In quel momento, si allontanò dalle mie labbra. Aprii gl'occhi e vidi i suoi, languidi, che mi osservavano. Vi leggevo, chiaramente, un po' di paura, ma, del resto, era normale.
Sorridendogli, lo costrinsi a distendersi. Le mie iridi passarono in rassegna il suo esile corpo, soffermandosi, poi, su qualcosa che, prima, non era così visibile.

«S-Scusa..!»

Scossi il capo, sorridente, avvicinandomi al suo volto.

«Non preoccuparti.» gli risposi, soltanto, scendendo, con una mano, ad accarezzare la sua flebile eccitazione.

A quel punto, gemette, evidentemente imbarazzato. Ora, sapevo che nessuno l'aveva mai nemmeno sfiorato ed ero felicissimo di essere io, il primo. Lentamente, quindi, lasciai che la mia mano varcasse il limite dei suoi pantaloncini e dei suoi boxer. Cominciai, quindi, a stimolare dolcemente la sua eccitazione, sentendola crescere fra le mie dita.
Non passarono nemmeno cinque minuti, che venne, con un gemito decisamente sensuale. Aveva apprezzato, lo si capiva dal suo sguardo, dal colorito che avevano assunto le sue guance e dalla sua voce, bassa e roca, probabilmente per il piacere appena provato.
Ora, però, c'era un problema. Anch'io mi ero leggermente eccitato... Il mio bacino si spinse, automaticamente, contro il suo, e Subaru mi guardò, sconvolto.

«S-Shosuke..!» mi chiamò, implorandomi, con gl'occhi, di non continuare. Non mi sembrava giusto, però avrei rispettato la sua volontà. Non volevo obbligarlo a fare l'amore con me, se ancora non se la sentiva. Annuii, quindi, col capo, spostandomi, alzandomi in piedi.

«Beh, allora io vado in bagno...» gli dissi, imbarazzato, correndo, in pratica, nella stanza accanto, chiudendomi la porta alle spalle.

Cavolo, ma cosa gli saltava in mente?! Insomma, capivo che fosse agitato, ma rifiutarmi così..! Forse avrei dovuto insistere io...oppure...oppure...oh, cavolo, che situazione!
Accesi la musica e, dopo una decina di minuti, uscii, guardando Subaru che, nel frattempo, si era sistemato.

«Scusami, Shosuke...è che io non so...insomma, come fanno due ragazzi, a fare...certe cose?»

Oddio, andavamo bene! Mi aspettava un lungo travaglio, prima di ottenere anche il suo affetto, dal punto di vista fisico...


Note dell'autore:
E con quasi un mese di ritardo, ecco un nuovo capitolo! xD

@NemuChan: ti ringrazio per i complimenti e spero che questo capitolo ti soddisfi di più! *-* Poi, per quanto riguarda il senso della storia, beh, non è che ne abbia uno... xD è solo un modo per raccontare la storia di questi due personaggi, inventati, da me e mia sorella, per un gdr. =)

@S_jlms: che dire? :D grazie della recensionee! *A*  sono proprio contenta, che ti piaccia la mia storia! *////*  E sì, per le parole fra virgolette, hai proprio ragione, infatti ero indecisa se metterle o no e, alla fine, ho sbagliato... xDxD Spero che anche a te, questo capitolo, piaccia di più! *w*


To be continued...

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Capitolo 6
*** You (Part two) ***


Past.

Passarono parecche settimane, da quel pomeriggio che avevamo passato insieme, durante il quale mi aveva detto che non sapeva come facessero l'amore due uomini. Più ci pensavo, più mi chiedevo come facesse a non averne idea...insomma, bastava sapere come succedeva fra un uomo ed una donna e provare ad usare un po' d'immaginazione, tutto lì. Mi venne quasi il dubbio che non lo volesse fare, perchè riuscivamo a spingerci solo fino a del superficialissimo petting. Il problema era che la mia voglia del suo corpo, inevitabilmente, stava aumentando parecchio, soprattutto in quei giorni.
Stava arrivando l'estate e Subaru cominciava a spogliarsi... Vedere il suo corpo attraverso la leggera camicia a manica corta della divisa era più che una tortura..! Per non parlare delle canotte, dei pantaloncini o delle magliette leggermente attillate che indossava. Era una tentazione vagante e nemmeno se ne accorgeva...
Un pomeriggio, ci recammo al centro commerciale per qualche acquisto e passammo davanti ad un negozio di animali che aveva appena aperto. Subaru insistette per entrare e, alla fine, lo accontentai. C'erano un sacco di animali carini, ma noi non potevamo tenerli, al dormitorio, senza prima aver chieto l'approvazione del preside, quindi cercai di farlo desistere, ma lui, ormai, si era innamorato: erano due piccoli conigli, uno bianco ed uno nero.

«Ti prego, Shosuke! Guarda che musetti... Questo è carinissimo!»  esclamò, prendendo in braccio quello nero, avvicinando il suo naso a quello del cucciolo, strofinandolo appena. «Lo chiamerò Sho-chan.» Usò un tono fin troppo dolce, per pronunciare quelle parole, tanto che non riuscii a resistergli.

«E va bene...» lo accontentai, prendendo quello bianco. Mi piaceva farlo felice, ma sarebbe stata la volta buona, quella, per chiedergli in cambio qualcosa. Ormai erano tre mesi che stavamo ufficialmente insieme ed era arrivato il momento, secondo me. Doveva mettere da parte le sue paure e cercare di aprirsi a me in maniera più profonda.

Preso tutto l'occorrente per i cuccioli, compresa una grossa gabbia per ospitarli entrambi, tornammo a scuola. Il tempo, per fortuna, quel giorno, era fresco, così chiesi a Subaru se volesse passare per il giardino esterno. Lui annuì, tutto contento, e ci fermammo dove non c'era nessuno, seduti sull'erba. Guardai l'ora e trovai la spiegazione al fatto che fossimo completamente soli: erano le sei e mezza e i ragazzi, a quell'ora, si preparavano per andare a cena, quindi avremmo potuto parlare con calma.

«Subaru, visto che oggi sono tre mesi che stiamo insieme, che ne dici se quelli fossero una specie di regalo per l'anniversario? Come una specie di anello di fidanzamento...»

Quello che gli proposi m'imbarazzo, ma, più di tutto, al mio imbarazzo, contribuì la sua risata. Per fortuna, però, accettò e mi diede un bacio su una guancia. Mi voltai verso di lui, a quel punto, e gli posai una mano sul volto, fissandolo, serio, per qualche attimo, dritto negl'occhi. Notai anche la sua espressione farsi più seria e la cosa non potè che farmi piacere.
Abbassammo entrambi le palpebre e poi, finalmente, le nostre labbra si toccarono. Provai un forte brivido, segno che ormai il tempo era scaduto. Lo volevo, desideravo tutto, di lui, più di ogni altra cosa sulla faccia della Terra.
Lentamente, ci ritrovanno distesi sull'erba, mentre le nostre labbra, ora dischiuse, si assaporavano e le nostre lingue si cercavano, raccogliendo tutto il sapore dell'altro. Lasciai passare ancora qualche minuto e, poi, mi staccai con un leggero schiocco dalle sue labbra, sedendomi quasi sul suo bacino. Lo guardai un attimo e mi sfilai la maglietta, appoggiandola sull'erba. L'espressione di Subaru in quel momento era strana, ma comunque dolce. Annuì, quasi come a dirmi che sarebbe stato perfetto, quel momento, e poi fece come me: si sfilò la maglietta, lasciando scoperta la metà superiore del suo splendido corpo, permettendomi, poi, di assaggiarla, almeno superficialmente.
Il suo respiro non impiegò molto a diventare pesante e, ormai, qualcosa cominciava a pulsare sia nei miei che nei suoi pantaloni, che slacciai per primi, sfilandoglieli, dopo le scarpe e le calze. Eravamo lontani da occhi indiscreti, nascosti a pochi passi dalla grande fontana che troneggiava in giardino, mentre gl'altri si stavano preparando per la cena. Non ci avrebbero visti, ma anche se fosse successo, non mi sarebbe importato... Di lì a poco, ci ritrovammo completamente nudi. Percepivo perfettamente quel calore del quale non riuscivo più a fare a meno e sentivo la pelle bruciare, quasi...

«Subaru...» lo chiamai, mentre una delle mie mani gli massaggiava lentamente una coscia.
«Non devi avere paura... Non ti farò male, specialmente se sarai rilassato...» lo avvertii, in un lieve sussurro. Lo amavo talmente tanto che non sarei riuscito a ferirlo, mai.

«Mi fido, Shosuke.»

Sorrisi, allungando una mano verso i miei pantaloni, dalla cui tasca estrassi un preservativo. Non che me lo portassi dietro nella speraza che succedesse qualcosa... Beh, forse solo un pochino...ma, soprattutto, perchè non volevo farmi trovare impreparato, nel caso in cui fosse, appunto, successo. Lo tirai fuori e, piano, me lo infilai, guardando Subaru, dolcemente. Mi avvicinai al suo volto e, dopo aver fatto sfregare leggermente i nostri nasi, chiusi gl'occhi, tornando incollato alle sue labbra. Nel frattempo, la mano che avevo sulla sua coscia di spostò in mezzo alle sue gambe e scese, fino ad arrivare ad accarezzare quella parte di lui che ci avrebbe permesso di unirci, fino a formare una persona sola.
Lo preparai per un po', cercando di ammorbidire le pareti del suo corpo, per evitare di fargli male, e, appena lo ritenni abbastanza pronto, mi sistemai in mezzo alle sue gambe, che mi cinsero la vita.

«Ti amo.» sussurrai, spingendomi appena verso di lui, che strizzò gl'occhi, mordendosi il labbro inferiore. Mi fermai, lasciando che si abituasse, e lo vidi prendere un respiro profondo.

«A-Anch'io...» mi rispose, sorridente, sollevando una mano ad accarezzarmi il volto, lentamente. La presi e ne baciai il palmo, mentre mi spingevo ancora di più nel suo corpo, guadagnando spazio, dentro di lui, poco alla volta.

Una lacrima gli solcò il volto, ma solo quella. Andò tutto a meraviglia, i nostri corpi combaciavano alla perfezione e le nostre anime facevano lo stesso. Eravamo più vicini che mai, sia fisicamente che spiritualmente e non avrei potuto essere più felice. L'aria, attorno a noi, era calda e piena dei nostri sospiri, mugolii e gemiti. Non mi ero mai sentito così vivo, in vita mia...e, in quel momento, mi accorsi quanto mi fosse mancato, averlo accanto. Mi ero perso otto anni della nostra vita insieme e tante cose, di lui... Avevo saputo di sua madre ma non avevamo ancora toccato il discorso e mi aveva detto che ora Kana e Tadahiko stavano dai suoi nonni. Anche a lui, probabilmente, era mancata una figura di appoggio e, di quello, ero immensamente dispiaciuto.
Una lacrima mi solcò il volto ed ero indeciso se attribuirla alla tristezza per i momenti perduti o all'estrema felicità che provavo in quel momento, mentre entrambi raggiungevamo quel piacere immenso e quella consapevolezza di essere completi, finalmente. Ero contento che fosse lui, anche se ero convinto che non potesse essere altrimenti.

«O tu o nessuno.»

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