My Little Bloody Wonderland

di keli
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sweet Sweet Candy ***
Capitolo 2: *** La Danza della Pioggia ***



Capitolo 1
*** Sweet Sweet Candy ***


Che dire? Sono tre Shot collegate tra loro (in un qualche strambo modo °°)
Nate dalla sfida con Giulia, meglio conosciuta come pralinedectetive o uchiha_girl.
E quindi, per questo, dedicate a lei con tutto il <3
Conosce già le prime due, quindi l'ultima sarà una sorpresa e non la leggerà uOu (quanto sono cattiva *W*)
Detto questo... ehm... buona lettura?°°

Chuu!






My Little Bloody Wonderland




{°{°Sweet Sweet Candy °}°}




Adorava il suono che produceva la plastica colorata quando scartava una delle sue caramelle.
Sapeva di dolci promesse, più del sorriso ammiccante di una donna.
Tutti –o tutti quelli che lo conoscevano, per lo meno- sapevano che il processo dell’apertura di uno di quei frutti proibiti era sacro per lui, e doveva essere svolto con la più maniacale delle cure.
Prima srotolava i lembi esterni fra le dita, poi, piano, senza rompere la plastica o la fragile carta, tirava fuori il dolciume, posandolo sulla punta della lingua e degustandolo.
Durante tutto questo non doveva mai essere disturbato.
Peccato non proprio tutti fossero al corrente della sua mania, o comunque, c’era qualcuno in particolare che sembrava bellamente ignorarlo.

<< Break-kun, Break-kun posso assaggiarlo? Ti preeeego!!! >>


Di norma era un tipo se non paziente, almeno non troppo facile all’ira. Certo, strano e tutto quello che volete, ma la calma l’aveva acquisita col tempo e perderla non gli era poi così congeniale.
Ma era anche alquanto g e l o s o delle sue cose, soprattutto dei dolci –ovviamente era conscio del fatto che sarebbe finito nel girone dei Golosi una volta tirate le cuoia-
Ma doveva ammettere che litigarseli con il moccioso dei Vessalius poteva anche dare un tocco speciale alle sue scorpacciate zuccherose.

<< Uhuhuuu! Ma nemmeno per sogno Oz-kun! >>


Il biondino mise su un broncio infantile, che per i suoi diciassette anni- compiuti solo da qualche giorno a onor del vero- poteva tranquillamente risultare a dir poco ridicolo.
Il platinato appartenete alla Pandora si voltò allora a guardarlo, il cucchiaino fra le labbra che creava un leggero rigonfiamento da roditore alla guancia destra, il piattino con quel che restava di una fetta di crostata davanti al viso.
Sembrò rifletterci su, l’occhio cremisi puntato sulle iridi cobalto del Nobile, la mano libera ad accarezzare sul capo Emily che se la sghignazzava tranquillamente, apparentemente immobile come al solito sulla sua spalla.
Schiuse appena le labbra, osservando lo sguardo del giovane farsi trepidante. Poi, con tutta la calma possibile, gli porse il piattino.
Oz, i cui occhi avevano preso inquietantemente a brillare, fece per avventarsi sul dolce.

<< Yattaaaa! Arigatou Bre- >>


Un atmosfera da cartone animato scese sulla stanza.
Braccia spalancate, il biondo erede del casato dei Vessalius annaspava tra i rimasugli di cioccolato e panna, il piattino di porcellana spalmato sul viso, e Break a ridersela dietro la manica della camicia tenendo premuto crudelmente il piatto sul muso dell’altro.
Quando finalmente si liberò della fastidiosa presenza della ceramica, afferrando impazientemente il cerchio di porcellana e tirandolo via, l’aria leggermente offesa si ritrovò davanti il viso dell’altro.
E non poté fare a meno di arrossire.

<< B-break … >>
<< Ha della panna sul naso Oz-kun >>


Dal tono del “buffone”, come lo chiamava B-Rabbit, era sparita qualsivoglia nota giocosa.
Quello che era rimasto, però, fece scorrere un brivido lungo la schiena del ragazzo.
Sapeva di languore, giri fra le lenzuola e –oh kami, si- sesso.
Oz chiuse gli occhi, il viso rosso d’imbarazzo, senza nemmeno accorgersene.
La risatina silenziosa che provenne dall’altro lo fece indugiare, pronto a riaprire gli occhi, quasi deluso.
Ma quello che fece Xerxes, anche se non lo baciò come si era immaginato, fu comunque molto intimo. Si sporse verso di lui, leccandogli via la panna dal naso.

<< Mhh però… siete buono Oz-kun >>


Il ragazzo aprì gli occhi, boccheggiando. Qualcosa di indefinito si era risvegliato in lui, come sempre quando stava troppo vicino a quello strano uomo.
Abbassò il viso, lasciando che la frangia dorata gli coprisse gli occhi e gli oscurasse il volto.
Un sorriso che sapeva d’amaro, malgrado il dolce che aveva ancora all’angolo delle labbra, prese spazio sul candore della pelle.

<< Io mi sposerò con Alice >>

Le parole rimasero a galleggiare nell’aria, sospese, come se non volessero tornare al loro proprietario ma non riuscissero neppure ad arrivare a chi erano state destinate.
Per un attimo un lampo di indefinito passò nell’iride screziata di rosso dell’uomo, subito nascosta-soffocata forse- da un sorriso tutto denti.
Vessalius alzò sorpreso lo sguardo quando il freddo del metallo del cucchiaino gli colpì seccamente la fronte.
Nell’espressione di Break c’era qualcosa che poteva passare per rassegnazione, mascherata dalla solita aria di insana follia che caratterizzava ogni suo gesto.

<< Lo so Oz-kun. In realtà lo sapevamo tutti. Credo stessimo solo aspettando. Quindi non deve darmi spiegazioni >>


Poi come se un soffio di vento avesse cancellato in un secondo il passato, Xerxes Break tornò a guardarlo con aria profondamente seria, tanto da farlo preoccupare.
Pensò a quello che sarebbe arrivato, ma il broncio dell’altro si limitò a farlo rimanere di sasso.

<< Naaa… mi deve una crostata Oz-kun! >>

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Capitolo 2
*** La Danza della Pioggia ***


My Little Bloody Wonderland




{°{°La Danza della Pioggia°}°}




Nella sua vita aveva creduto in poche cose.
Non c’era un Dio da pregare, né un Fato a cui lasciare le redini della propria esistenza.
Da bambino gli piaceva guardare la pioggia, seduto davanti alla finestra, coi gomiti poggiati sul freddo marmo e il viso incollato al vetro, seguiva la lenta danza delle gocce frustate dal vento.
Si chiedeva come fosse essere una di quelle lacrime insapori, che la sua Kaa-san diceva essere pianto degli Angeli.
Voleva bene alla sua Kaa-san, era una donna buona e gentile, bella oltre ogni dire, ma debole.
Era stata debole di salute, debole di volontà.
Non l’aveva salvato dalle cinghiate dell’uomo che doveva chiamare padre.
Non l’aveva salvato dal sangue che aveva inondato ogni cosa, che era diventato parte di se stesso e in cui aveva creduto poter annegare.
Non era nemmeno riuscita a salvare se stessa, come avrebbe potuto fare qualcosa per quel suo s t r a n o figliolo?
In realtà non aveva molti ricordi di sua madre. L’unica lode alla sua memoria era rappresentata da una vecchia foto ingiallita dagli anni, dove una donna dai lunghi capelli rossi sorrideva agitando la mano verso l’obbiettivo.
Non assomigliava a quella donna. Di lei non aveva nulla, nemmeno lo strascico di quel suo carattere. Spesso negli anni dopo la sua morte, solo a guardare quella foto, si era chiesto se fosse davvero stata lei a metterlo al mondo.
Si era dannato, si era odiato.
Perché la risposta era sempre e solo si.
Ma il suo aspetto non era quello della sua bellissima Kaa-san. Purtroppo aveva gli stessi lineamenti affilati, identici capelli argentei e medesimi occhi rossi di quell’uomo che diceva essere il suo Tou-san.
Spesso si era chiesto se non avesse preso anche il suo carattere.
Il cuore si alleggeriva un po’, quando guardandosi allo specchio sorrideva al suo riflesso, battendo le mani infantilmente.
No, non era e non sarebbe mai stato come suo padre.
Non sarebbe potuto esserlo in ogni caso.
C’erano così tante cose che li dividevano … forse per quel motivo non l’aveva mai apprezzato, arrivando perfino ad odiarlo.
Questa era una cosa che aveva in comune con il giovane Oz Vessalius. Non gli e l’aveva mai detto, e non l’avrebbe mai fatto, ma loro due erano simili. Per questo motivo nonostante ciò che essere un appartenente -sia pure del suo livello- alla Pandora comportava, non l’aveva mai consegnato né segnalato, preferendo tenere tutto sotto il suo controllo.
Preferendo proteggerlo, anche a discapito della propria carriera e della propria vita.
Un mesto ghigno, più simile a una smorfia sul viso ancora di venticinquenne, si rifletté sulla superficie liscia dello specchio che lo inquadrava, come inglobandolo al suo interno, e rispedendogli di rimando l’immagine quasi distorta di un uomo che aveva passato la sua vita a cercare qualcosa senza trovarla, ora infagottato in uno smoking nero che non gli rendeva giustizia come i suoi normali abiti.
Quella mancanza di qualcosa si poteva perfino leggere nell’unico occhio rubino che fissava scocciato il suo gemello di vetro, e che lo rendeva inquietante e affascinante allo stesso tempo.
Abituato a non vedere quasi mai le sue mani per via delle lunghe maniche delle vesti che utilizzava, si stupì di vederle ancora fasciate, quando le alzò per sistemare la cravatta e tentare di costringerla in un nodo che gli avrebbe mozzato di sicuro il respiro ma l’avrebbe altrettanto sicuramente reso elegante.
Almeno erano state quelle le parole della signorina Sharon.
Il fragore di un tuono in lontananza gli fece per un attimo perdere la sicurezza con cui si era mascherato in tutta quella giornata, e per il resto del mese precedente, e che forse si era preparato a sfoderare anche per gli anni a venire.
Indietreggiò di qualche passo, lasciandosi cadere sulla poltrona nell’angolo della stanza, che si rispecchiava solo per metà sulla superficie riflettente davanti a cui era stato fermo per circa un ora.
Inclino all’indietro il capo, guardando il soffitto alla ricerca di qualcosa, fosse anche solo la risposta a quella domanda che era esplosa nella sua mente con la stessa prepotenza del tuono che si era schiantato da qualche parte poco prima.

{P e r c h i l o s t a i f a c e n d o ?}


Si ritrovò a stringere fra le dita i duri bordi di legno dei braccioli, quasi nell’intento di ferirsi la carne tenera dei palmi con qualche scheggia e ritrovare una lucidità che molto probabilmente non gli era mai del tutto appartenuta.
Sospirò, con forza, cercando di espellere le sue preoccupazioni con l’aria in eccesso nei polmoni.
Voltò il capo, ignorando il suo riflesso ghignante che lo derideva per metà, puntando lo sguardo sulle gocce di pioggia che scendevano calme lungo le ampie vetrate della finestra, facendo a gara per chi arrivasse a perdersi sul terreno prima.
Scrollò il capo, ripetutamente, dandosi dell’idiota.
Non era da lui comportarsi così. Non lo sarebbe mai stato, in effetti.
Il rintocco dell’orologio appeso sulla parete proprio sopra la sua testa lo ridestò da quei sogni, ricordandogli che avrebbe dovuto alzarsi e uscire e continuare a fare come nulla fosse anche se l’unica cosa che voleva in quel momento era sparire. O farli sparire.
T u t t i.

<< Break-kun presto siamo in ritardo per la cerimonia! Non vorremo mica fare brutta figura, vero? >>

Annuì al vuoto, alzandosi con uno scatto dalla poltrona, come colto in fragrante, anche se conscio che la voce della sua Padrona arrivava da un'altra stanza, e questa non l’avrebbe potuto vedere.
Passando davanti allo specchio ignorò ostentatamente, con testardaggine, lo sguardo desolato del suo ghignante gemello fatto di schegge di vetro, fermandosi solo ad afferrare il bastone da passeggio affiancato al mobile di mogano.
Senza che potesse far nulla il suo sguardo andò alla foto appoggiata sul piano, che lo sbeffeggiava nel sorriso imbarazzato ma solare del ragazzo dai capelli biondi che guardava dritto nell’obbiettivo, mentre abbracciata a lui la giovane dagli occhi viola sorrideva facendo la linguaccia a qualcun altro fuori fuoco.
Un sorriso secco, vuoto come lui, si formò sulle sue labbra, mentre dava un ultima occhiata al giovane appartenente ai Vessalius, facendo un piccolo cenno col capo che voleva mimare un inchino.

<< Arrivo Sharon-san, uhuhuh … non sia così impaziente ! >>

{ P e r l u i a n c o r a u n a v o l t a.
L’ u l t i m a v o l t a. }

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