Diabolici segreti

di Diana924
(/viewuser.php?uid=93724)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Castello Ossowiesky 1764 ***
Capitolo 2: *** Parigi 2004 ***
Capitolo 3: *** Castello Ossowiesky 1764 ***
Capitolo 4: *** Parigi 2004 ***
Capitolo 5: *** Castello Ossowiesky 1764 ***
Capitolo 6: *** Parigi 2004 ***
Capitolo 7: *** 1764, castello Ossowiesky ***
Capitolo 8: *** Parigi 2004, Trocaderò ***
Capitolo 9: *** 1764, castello Ossowiesky ***
Capitolo 10: *** 2004 Parigi ***
Capitolo 11: *** 1764, castello Ossowiesky ***
Capitolo 12: *** 2004 Parigi ***
Capitolo 13: *** 1764, paesino vicino castello Ossowiesky ***
Capitolo 14: *** 2004 Sorbona ***
Capitolo 15: *** 1764, castello Ossowiesky ***
Capitolo 16: *** 2004 stazione Guèdavan ***
Capitolo 17: *** 2004 autostrda ***
Capitolo 18: *** 1764, castello Ossowiesky ***
Capitolo 19: *** 2004, castello Ossowiesky ***
Capitolo 20: *** 1764, castello Ossowiesky ***
Capitolo 21: *** 2004 alberghetto Guèdavan ***
Capitolo 22: *** 1764, castello Ossowiesky ***
Capitolo 23: *** 2004 castello Ossowiesky ***
Capitolo 24: *** 1764, esterno chiesa Guedavan ***
Capitolo 25: *** 2004 stazione Guèdavan ***



Capitolo 1
*** Castello Ossowiesky 1764 ***


Sentendo la luce sulla sua pelle Bathildé si svegliò. Mentre si sistemava la cuffia pensò a com’era scomodo il suo giaciglio e a come fosse comodo il letto della signora marchesa. Mentre si dirigeva verso le cucine per portare il desinare a sua Signoria incontrò Julie che usciva dagli appartamenti del marchese padre, il marchese Stanislas Ossowiesky. Julie la salutò, ma Bathildé tirò dritto, ignorandola. Non voleva avere nulla a che fare con lei, ora che era diventata la puttana di sua Signoria, non era una cosa onorevole da fare, dividere un uomo da sua moglie, rimuginò.

Nelle cucine prese il vassoio per la marchesa dalle mani del vecchio Marc: << Ho aggiunto due biscotti per te, sembri digiuna da due mesi >> le sussurrò. Bathildé li mangiò, mentre si dirigeva dalla marchesa. Raggiunti i suoi appartamenti vide il precettore del marchesino e della marchesina, l’abate Corrilaut, che stava per entrare negli appartamenti. << Buona giornata, padre. Come sta Madame questa mattina? >> gli chiese lei. << Male, figliola. Madame la marchesa è venuta a conoscenza di ciò che tutti noi già sapevamo, ovvero che il marchese suo marito ha una relazione con la cameriera Julie Bonnet. Ho raccomandato alla marchesa di avere pazienza, ma Madame non mi vuole dare retta >> le rispose lui.

Bathildé entrò nella stanza di Madame. Dopo aver deposto il vassoio e tirato le tende sentì che la marchesa la chiamava. << Mia cara, conosci Mlle Bonnet? >>. << Si, Madame, la conosco da quando eravamo bambine >> rispose lei, presagendo il peggio. Alta, mora, occhi verdi, la marchesa Elisabeth Ossowiesky era una bella donna, Bathildé non capiva perchè il marito dovesse tradirla.

<< Sapete dove passa la notte? >> le chiese Madame, una domanda difficile, << Si, Julie passa la notte negli alloggi della servitù, se non erro con sua sorella maggiore, Christine Bonnet >> le rispose Bathildé, in fondo era una mezza verità.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Parigi 2004 ***


Incolla qui il testo.

rue de Valois, 45:

 Reprimendo il disgusto Elise chiuse il libro che aveva davanti e cercò di non correre in bagno a vomitare. Se l’avesse saputo non avrebbe scelto Gilles de Rais come soggetto per la sua tesi di laurea in psicologia criminale. Come poteva scriverla e poi declamarla se non riusciva nemmeno a leggere gli atti del processo? La deposizione di Etienne Corrilaut, detto Poitou, aveva il potere di mandarla al bagno almeno dieci volte al giorno per rigettare. Lui aveva ventidue anni nel 1440, come poteva un adolescente rendersi complice di delitti così efferati? Riaprì il libro, vi era una presunta incisione di Poitou, senza rendersene conto sfiorò con le dita l’incisione, lui era davvero bello! Mentre osservava quel disegno capì perchè Gilles de Rais lo aveva risparmiato e lo aveva fatto diventare suo complice. Accese il computer e scannerizzò l’immagine. Quando ebbe finito scrisse una didascalia: “Presunto ritratto di Etienne Corrilaut, 1418-1440, altrimenti detto Poitou, complice di Gilles de Rais, impiccato e bruciato con de Rais”.

Dopo tornò alla scrivania e riprese il libro in mano, si porto fino alla scrivania, lo aprì e si accinse a copiare:

E disse e depose che il detto Gilles de Rais, per esercitare con i detti fanciulli, bambini e bambine, le sue perversioni contro natura e appagare il suo desiderio libidinoso, prendeva dapprima la sua verga o membro virile tra le mani, la maneggiava o la faceva erigere o la tendeva, poscia la metteva tra le gambe dei detti bambini e bambine, trascurando il naturale orifizio di dette bambine con grande piacere, bramosia e libidinosa concupiscenza, fino a che lo sperma non si spandeva sul loro ventre.*

Fu quello che riusci a scrivere prima di sentire la cena e la colazione che le tornavano prepotentemente in gola.

Fece l’unica cosa sensata che le poteva venire in mente: ovvero corse in bagno per la terza volta, quella mattina, dopo aver trascritto anche le virgole.

* questo è preso dagli atti originali del processo a Gilles de rais, tradutto of course.

La fonte si trova nella biografia di Matei Cazacu: "Gilles de Rais"

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Castello Ossowiesky 1764 ***


1764:

Bathildé stava pulendo le finestre dell’ala ovest, quando sentì la lezione dell’abate Corrilaut che chiedeva: << Allora, Xavier, dimmi chi sono i figli del Delfino >>. << Luis-Auguste, duca del Berry, Luis-Stanislas, conte di Provenza, Charles-Philippe, conte d’Artois e Madame Clotilde >> intervenne Victoire, la marchesina. << Benissimo, mademoiselle, ma questa domanda non era rivolta a voi, ma a vostro fratello >> la rimproverò l’abate. << Avete ragione, ma Xavier sbaglia sempre, e non ha ancora capito che il duca di Borgogna è morto, lo aggiunge sempre! >> si difese la marchesina, sorridendo, conosceva l’abate, non sarebbe stata punita, non per questo.

Bathildé sorrise e tornò a pulire le finestre. Era alla quarta quando vide il signor marchese che si stava preparando per la caccia. Tra i guardiacaccia riconobbe anche suo fratello Antoin, vestito con i colori del marchese: verde e blu. Dopo aver finito vide la governante dei marchesini, Madame Dupond, che accompagnava i due. Fece la riverenza ai due e si diresse verso la biblioteca, voleva osservare i volumi. Dopo essersi assicurata che non ci fosse nessuno in giro prese il suo volume preferito, le fiabe di Perrault; lo aprì e cominciò a leggere. Il libro si era aperto sulle pagine della storia di Barbablù, quella storia le faceva da sempre paura. Sentendo rumore di passi si affrettò a richiudere il libro e si diresse verso la finestra per pulirla. Era il marchesino, accompagnato da monsieur Roché, l’amministratore. Il marchesino si diresse  verso un libro, lo sfogliò, fissò per tre secondi una pagina, lo richiuse e uscì, seguito da Roché. Bathildé incuriosita uscì dal suo nascondiglio e aprì il libro. Era un volume di storia naturale. La pagina che il marchesino aveva consultato era una tavola sui lupi. Bathildé non capì perchè la pagina fosse stata aperta. Sotto vi era un’iscrizione in latino, che non capì. Suo padre buonanima, non aveva avuto il tempo di insegnarle quella lingua, sapeva solo leggere e scrivere, ed era già troppo per sua madre.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Parigi 2004 ***


rue Valois 45:

Elise si stava  sciacquando la faccia quando sentì il postino che suonava alla sua porta.

Questa volta era riuscita a leggere la deposizione di Corrilaut fino in fondo. Arrivata al passo in cui Poitou descriveva nei dettagli le violenze e gli stupri di de Rais sui bambini non l’aveva fatta, ed era corsa in bagno a rigettare il pranzo. Aprì la porta.

<< Ecco il pacco che avevi richiesto, Elise, una bella firma qui, e là, e siamo a posto. Alla prossima >> Il pacco, aperto sul tavolino del soggiorno, conteneva “Contes de ma mére l’Oye”, il libro di fiabe di Perrault dove appariva, sotto le sembianze di Barbablù Gilles de Rais. Il libro, acquistato su internet, era appartenuto ai marchesi Ossowiesky, una famiglia di origini polacche che si era stabilita nel Guèdavan.

Quando lo aprì una lettera scivolò sul pavimento. Elise la raccolse, l’aprì e iniziò a leggerla. Era indirizzata a una certa Bathildé Erbé, da parte di Antoin Erbé, suo fratello.

La lettera si trovava all’inizio della fiaba di Barbablù, e sembrava che la stesse aspettando.

La grafia era incerta e in alcuni punti un po’infantile, ma la cosa che la sorprese furono alcune macchie rosse attorno alla busta, sembrava sangue.

Antoin raccontava a sua sorella di strani eventi, ma non scendeva mai nei dettagli, sua sorella doveva conoscerli.

Felice di potersi svagare Elise iniziò a leggerla: la lettera parlava di qualcosa che aveva massacrato alcune persone, erano date soltanto le iniziali. Alla terza riga Elise capì di cosa si parlava, ovvero della bestia del Guèdavan, uno dei più grandi misteri della storia francese. La lettura poteva essere interessante, così, dopo essersi procurata un atlante Elise si riemerse nella lettura.

Ogni cosa, pur di interrompere quella tortura.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Castello Ossowiesky 1764 ***


Mentre portava la cena in tavola Bathildé inavvertitamente origliò la conversazione della Loro Signorie. Il conte Ossowiesky, fratello del marchese, sarebbe venuto in visita per una settimana. Bathildé, euforica, per poco non fece cadere il piatto dov’era adagiato il fagiano catturato dal marchese durante la battuta di caccia della mattina.

Parigi, dove viveva il conte le sembrava una città magica, e li vicino c’era Versailles! Dove vivevano il Re, la Regina e la stupenda marchesa di Pompadour.

<< Naturalmente la visita di Fabien non è solo di cortesia, vuole trovare una moglie per suo figlio, Marie Michel, e ha pensato alla nostra Victoire >> stava dicendo il marchese.

<< Diventerei contessa e abiterei a Corte!!! >> esclamò subito la marchesina entusiasta.

<< Mia cara, avverti gli altri membri della servitù di cominciare a preparare le stanze per il conte e il suo seguito >> ordinò la marchesa a Bathildé.

Obbediente lei posò il piatto in tavola, fece una riverenza e si allontanò. Corse nelle cucine, dove gli altri stavano cenando per avvisarli. Giunta vide il sorriso di Julie sparire.

Con una visita e un matrimonio da organizzare il marchese avrebbe avuto poco tempo da dedicare agli svaghi notturni. Sarebbe stato occupato con la dote, un ricevimento e il contratto di matrimonio, pensò Bathildé.

Felice per la sfortuna di Julie, nonostante la conoscesse dall’infanzia ormai stavano perdendo i legami, si sedette al suo posto e iniziò a mangiare il patè preparato da Marc. Mentre lo mangiava ripensava alle differenze che c’erano fra lei e i suoi amici con il marchese e la sua famiglia.

Non riusciva più a sopportare che il mondo fosse diviso in “ Loro ” e “ Noi ”, le sembrava sempre più inaccettabile. Solo per amore di sua madre continuava a restare, perchè avevano bisogno di soldi.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Parigi 2004 ***


Una cena tranquilla, solitamente a base di cibo cinese, era il massimo per rilassarsi e non pensare a niente. Né al domani, né al giorno prima, a volte nemmeno al presente, soltanto a quei pochi minuti in cui decideva con che portata iniziare. Così pensava Elise mentre faceva sparire il decimo involtino primavera.

Il giorno dopo si sarebbe recata al Trocaderò per poter visionare un presunto quadro sull’esecuzione di Gilles de Rais.

Ma quella sera era meglio non pensare al lavoro, aveva bisogno di distrarsi. Mentre sciacquava i piatti si chiedeva se fosse stato meglio uscire o restare a casa a vedere un film.  Alla fine, dopo aver riposto il bicchiere decise, visto che il giorno dopo si sarebbe dovuta alzare presto era meglio se rimaneva a casa, altrimenti avrebbe fatto le ore piccole e si sarebbe alzata minimo alle undici.

Andò verso il divano sfogliando la guida TV per decidere che cosa avrebbe visto.

Su France 2 davano “Vatel”, un film americano ambientato nel XVII secolo, in Francia. Perchè no? Si disse.

Dopo mezz’ora già rideva, la storia era stupenda e anche esilarante. Fu sorpresa quando, tramite il film, scoprì che Luigi XIV aveva un fratello, Filippo d’Orleans, gay dichiarato per di più! Una dimostrazione che a scuola non stavo particolarmente attenta, si disse.

Alle undici, finito il film, si diresse verso il suo letto. E dopo essere uscita dal bagno l’occhio le cadde sulla lettera. Non ci doveva pensare, ma il suo contenuto era per le come una calamità, o una droga, l’attirava e sentiva il bisogno di saperne di più.

Prima di addormentarsi lesse, come d’altronde faceva tutte le sere, un libro; il prescelto di quella sera era un libro appena comprato “Profumo”, di un certo Patrick Suskind. Ne lesse tre capitoli, prima di rendersi conto che i suoi occhi cominciavano a chiudersi come le saracinesche di un garage, così spense la luce e si addormentò in un sonno senza sogni.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 1764, castello Ossowiesky ***


Il primo suono che Bathildé udì, quando lasciò gli alloggi della servitù fu una nota: un sol per la precisione.

Infatti, il marchesino Luis-Xavier-Philippe amava molto la musica, così il marchese padre aveva fatto venire dall’Italia un musicista, il signor Ferdinando Zanchi, per insegnargli e farlo migliorare. Ma il marchesino era totalmente negato per la musica, così almeno pensava Bathildé, che aprì un poco la porta per curiosare.

Il marchesino faceva steccare il povero violino, Monsieur Zanchi guardava con troppa insistenza lo spartito, Madame Dupond ascoltava impassibile quello scempio e la marchesina, unica fra tutti, era l’unica che si turava le orecchie con le mani.

Dopo aver richiuso la porta Bathildé si diresse verso la porta che portava alle scale, le scese e raggiunse le scuderie.

Lì trovò Antoin che stava preparando i cani per la caccia, il conte Ossowiesky arrivava il giorno seguente.

<< Pronta sorellina? Questa sera arriva a casa nostra Paul Criart, il tuo promesso, dopo che hai finito raggiungici e soprattutto renditi presentabile >> le annunciò lui, su due piedi.

<< Ma perchè devo sposare un uomo di quaranta anni se ne ho solo sedici? Non sarà per quel debito che ha fatto la mamma? >> gli rispose Bathildé, per nulla al mondo si sarebbe sposata, meglio il convento. Infatti per poter fare un funerale grandioso a suo marito, e il poverino chiedeva sempre di essere lasciato annegare in un fiume; Charlotte Erbé aveva dovuto chiedere dei soldi in prestito a Frédéric Criart, l’usuraio del paese. Disgraziatamente comare Erbé non era riuscita a restituire i soldi, nonostante i figli lavorassero da quando avevano otto anni e avessero affidato i soldi alla madre, così alla fine Criart aveva proposto una soluzione: suo fratello minore avrebbe sposato la figlia di comare Erbé, Bathildé appunto.

Però la ragazza si rifiutava, amava troppo la sua indipendenza, e contro ogni logica, secondo la madre e il fratello, spettava il grande amore. “Sciocchezze” secondo il più realista Antoin.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Parigi 2004, Trocaderò ***


Elise osservò il quadro per la quarta volta, voleva essere sicura di ricordarlo per sempre.

Un condannato, Gilles de Rais, aveva davanti a sé un prelato, Jean de Malestroit, dietro sette donne, collegamento con Barbablù, accanto a lui due uomini inginocchiati, Etienne Corrilaut e Henriet Criart.

Dopo solo cinque minuti quei tre corpi sarebbero penzolati da una forca. Elise si assicurò che non ci fosso nessuno, era, infatti, vietato, inforcò la sua macchinetta fotografica e scattò due foto, una col flash e una senza.

Dopo essere uscita dal Trocaderò accese in suo cellulare, in tempo per poter rispondere: era il suo relatore, voleva sapere a che punto era con la sua tesi.

Dopo aver riposto nella sua borsa il cellulare le capitò di urtare con le dita la lettera di Bathildé Erbé. La prese e decise: l’avrebbe portata con sé per farla esaminare.

Forse il suo professore avrebbe compreso qualcosa che le era sfuggito. Ma prima doveva tornare a casa.

Almeno un secondo.

Doveva infatti prendere il libro di Perrault, forse c’era un collegamento fra quella vecchia raccolta di fiabe di almeno trecento anni e la lettera trovata con il personaggio che più la aborriva.

Infatti il suo relatore, il professor Edouard Blanchett, s’intendeva di diverse cose. Per Elise era l’essere umano più vicino ad un genio. Questo nonostante almeno dieci anni il professore vedesse principalmente criminali efferati e serial-killer. Bathildé era più interessata a come funzionava il loro cervello e a trascrivere le loro storie per poterli ascoltare e cercare almeno di comprenderli, come faceva il professor Blanchet, che ormai non aveva quasi più bisogno di parlare con loro, gli bastava vederli e leggere il loro profilo. Per lei sarebbe stato impossibile.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 1764, castello Ossowiesky ***


 

Mentre puliva il pavimento Bathildé sentì un discorso, piuttosto concitato, fra il marchese padre, il marchesino e l’amministratore. Si appiattì contro il pavimento e origliò: << Ne sei sicuro, Xavier? >> diceva il marchese padre. << Sicurissimo, padre, è stata attaccata da qualcosa, nemmeno lei sa da cosa, ma si è salvata >> replicò il marchesino. << Che cosa ha detto Monsieur Briqueville? >> chiese Roché, riferendosi al medico del vicino paese. << Che Mlle Gouiter è molto spaventata, che le ferite non sono gravi, e mi ha consigliato che era meglio non scomodarlo e chiamare un prete >> rispose il marchesino.

Poi Bathildé non sentì nient’altro, Lucie Gouiter ere sua cugina, la madre di lei era infatti la sorella di sua madre.

Decise che la sera stessa, dopo essere stata a Messa, sarebbe passata per una breve visita, per accertarsi dello stato di Lucie. E per portarle alcuni dolci, le avrebbero restituito il sorriso.  Dopo sarebbe tornata a casa di sua madre per conoscere il suo promesso, anche se l’idea di sposarsi l’atterriva. Salendo le scale verso gli alloggi della servitù per poco non si scontrò con Ethel, la fantesca più anziana, che avanzava carica di pacchi, seguita a breve distanza da suo figlio, il diciottenne Etienne.

<< Che cosa sono tutti questi preparativi? Il conte arriva fra due giorni >> chiese lei. << E’ la biancheria nuova per il conte e famiglia, c’è anche il corredo della marchesina; Sua Signoria ha avvisato che arriva con un giorno d’anticipo, soltanto per farci lavorare di più! >> fu la risposta di Etienne, sua madre era troppo occupata a guardare dove metteva i piedi per poter rispondere.

In quel momento si udì dalla finestra un rumore di zoccoli, e un paggio con la livrea del conte: rossa e nero; consegnò al giardiniere Blanchet un biglietto. Poi tornò su i suoi passi e si dileguò. Bathildé e gli altri compresero che cosa sarebbe accaduto: il conte Ossowiesky stava per arrivare, e fra due giorno ci sarebbe stato un matrimonio.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 2004 Parigi ***


Elise stava bevendo un caffè e nel frattempo rimuginava. Il suo relatore era rimasto meravigliato dalla sua tesi; ma aveva dei dubbi. Non capiva per quale motivo lei voleva sapere il numero esatto delle vittime di de Rais, a lui bastava una stima. Piuttosto lui avrebbe preferito uno studio sulle personalità e sulle psichi dei principali indagati, ma per fare questo era necessario leggere, rileggere e straleggere gli atti del processo, e ogni volta che lo faceva Elise si sentiva male e aveva voglia di andare al bagno.

Soprattutto Blanchet voleva sapere di Corrilaut, del suo omonimo e di Prelati, poiché erano a suo parere i più interessanti.

Per quanto riguardava la lettere i risultati erano scarsi. Blanchet, tramite un collega e alcune analisi, era riuscito individuare la data presunta, sul finire del 1764. Però a quel tempo la minaccia della belva del Guédavan non era ancora arrivata a proporzioni enormi, vi era soltanto un po’ di paura.

E allora perchè la lettera e il suo tono così spaventato?

Ripensando a questo Elise si alzò, pago distrattamente il conto e si avviò. La sua destinazione era l’agenzia di viaggi gestita da sua cugina, Giselle Lourrier. Era da un po’ che desiderava visitare i luoghi di quell’orribile vicenda, era arrivato il momento di passare all’azione. D’altra parte l’investigazione sul campo era il metodo preferito del professor Blanchet, gli avrebbe senz’altro fatto piacere che la sua allieva voleva seguirne le orme, almeno così pensava Elise. Per questo voleva programmare una gita culturale a Machecoul, per poter studiare meglio i luoghi di quei delitti efferati. Appena entrata fu ben accolta da sua cugina, che le propose diverse opzioni: treno, pulman, persino l’aereo.

Elise scelse il treno, e poi una pensione, ma c’era un problema. Infatti il treno non era diretto, partiva da Parigi alle 23:12 e doveva arrivare alle 6:09 a destinazione. << Pazienza, è l’unico disponibile e non ho tempo da perdere, si tratta soltanto di una gita di tre giorni >> rispose Elise a Giselle.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 1764, castello Ossowiesky ***


Durante la sera Bathildé ebbe occasione di poter osservare da vicino il conte e la sua famiglia. Sapeva che alla morte della prima moglie il conte si era risposato, mai avrebbe immaginato con che donna! La nuova contessa era giovanissima, aveva la stessa età del loro primo figlio! Bionda, provocante, con grandi occhi azzurri, le sembrava proprio una bella stupidina, pensava Bathildé; forse il conte l’aveva sposata per la sua ricca dote.

Il contino le sembrava un po’ troppo mondano, e la contessina di soli dieci anni una vanesia viziata, insomma per Bathildé il conte non si era costruito una bella famiglia. Ma la loro vicinanza poteva aiutarla nel sapere nuovi pettegolezzi da riferire poi negli alloggi della servitù, quindi con noschalnse si avvicinò.

<< Quindi il Duca di Choiseul è il nuovo prima ministro>>. << Segreto, ma si. La Pompadour si fida di lui, quindi anche il Re si fida, ma lui è una persona spregevole, ho sentito una settimana fa all’Operà che sua sorella, la Duchessa de Grammont, è la sua amante >>.<< Davvero? E’ una cosa orribile!!>> << Conoscendolo no, già usa una puttana per il suo lavoro, un’altra che differenza fa?! Passando a notizie migliori la Delfina Marie-Josepha è incinta per l’ottava volta >>. << Di certo il Delfino vuole accrescere la famiglia! Come sarà felice sua madre la Regina!>>. << Sono le questioni familiari a renderla felice, il Re ha avuto un altro bastardo, e il giovane enfant prodigé Mozart è appena arrivato a Corte con la sua famiglia, sono odiosi, come tutti i tedeschi! >> << Tra l’altro il nipote del Re, il duca di Chartes, si sta facendo conoscere a Corte e in città per avere la stessa reputazione del suo bisnonno, il Reggente >>. << Victoire, dopo ore di anticamera, che non sono degne della guardarobiera della Delfina, sono riuscita a procurarti un lavoro presso Mme Adelaide, sarai la sua lettrice >> aggiunse la contessa. Bathildé vide la marchesina gongolare, finalmente avrebbe lasciato la casa e sarebbe vissuta a Corte. << Ne sei sicura Athenais? Victoire mi sembra un po’ troppo grande per essere una lettrice, ha sedici anni! >> << Non penso, aggiungiamo che fra due giorni sarà una donna sposata, è perfetta per quel ruolo>> la difese la marchesa. Forse suo fratello aveva ragione, la Corte era pericolosa, ma Bathildé si sentiva attratta da essa.

Dopo aver preso il piatto di fagiano a cui tutti e otto avevano fatto onore Bathildé si incamminò verso le cucine, per riportarlo. Mentre avanzava incrociò Julie che avanzava con un piatto di pesce; sogghignò pensando a lei, ora che avrebbe fatto il signor marchese? Di certo non l’avrebbe presentata come la sua amante, di sicuro l’avrebbe ignorata.

Stava girando l’angolo quando si sentì afferrare per il braccio, per la paura per poco non fece cadere il piatto. Era Antoin, stranamente vestito di nero, con una faccia molto triste. Lo tempestò di domande: << Che cosa è successo? Chi è morto? La mamma? o Criart? Se è così non essere triste >> .  << No, Bathildé. Si tratta di Lucie >> le rispose lui. << Lucie? Ma quando sono passata a trovarla prima stava bene >> disse Bathildé, cercando di non mostrare le lacrime che iniziavano a rigarle il viso. << E’ successo appena due ore fa. Il dottor Briqueville era passato per una breve visita. Quando ha aperto la porta l’ha trovata sul letto. In un primo momento ha pensato che dormisse, poi l’ha guardata meglio, e si è reso conto che era morta. Aveva una strana espressione, era incredibilmente spaventata >> le rispose lui, che guardava con insistenza la finestra, affinché sua sorella non lo vedesse piangere. << E i funerali? >> << Ci saranno domani, alla chiesa, poi al cimitero, dovremo chiedere a Roché la mattina libera >>. Poi si incamminarono entrambi verso le cucine, dove diedero la notizia agli altri. Ethel, che aveva già perso due fratelli in guerra e un figlio, si offrì di sostituire Bathildé, che fu visibilmente commossa da quel gesto di amicizia. In quel momento il giovane Etienne le si avvicino e le chiese, con voce rotta se era vede che si sposava da lì a breve. << Si, mia sorella si sposa, fra due settimane, lo sposo è Paul Criart, un notaio di Tolosa >> si intromise Antoin, vedeva ovunque minacce alla virtù di sua sorella.

 X farrahlennigton, ho scelto il nome a caso, semplicemente perchè mi piaceva, ma... sappi che il collegamento c'è, aiutino ino ino: guarda come si chiama il precettore dei ragazzi, quello chiarirà tutto

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** 2004 Parigi ***


Talvolta decollandoli o decapitandoli, talaltra sgozzandoli, talaltra squartandoli e ancora rompendo loro l’osso del collo con un bastone; e che c’era una spada che appositamente usava per la loro uccisione, volgarmente detta squarcina.*

Almeno Elise per quella sera era riuscita a trascrivere la deposizione di Poitou fino a circa metà, e per lei questo era già un gran risultato, era andata in bagno a vomitare soltanto una volta. Sapeva che il peggio, per quanto riguardava quella confessione era ormai passato; quindi la sua gita giungeva a fagiolo.

Decise di volerne sapere di più sulla bestia del Guèdavan, forse così sarebbe avrebbe compreso meglio la lettera.

Ebbe una grande sorpresa quando scoprì che appena ventotto anni dopo il 1764 in Italia, vicino Milano, vi erano stati dei fatti simili. La bestia in questione era stata rinominata La bestia di Cusago, dal nome di un comune vicino il capoluogo. In quelle circostanze però le vittime erano bambini, infatti 10 di loro furono ritrovati sbranati. Secondo molti il responsabile era un lupo ibrido, ucciso il 13 settembre, o per qualcun altro un Corocotta, un cane-lupo mitologico. Vi era accanto alla spiegazione anche la foto di una iena, secondo alcuni perchè il carnivoro in questione corrispondeva alla descrizione.

Elise non sapeva che cosa pensare, in ogni caso salvò l’informazione in una cartella che aveva creato da pochi giorni, aveva deciso di intitolarla “Bathildé Erbé”.  Dopo averlo fatto spense il computer portatile lo ripose nella sua custodia e si diresse verso la sua stanza. Lì c’erano le sue valigie, che aveva preparato nel pomeriggio. Le prese e scese le scale.

C’era un taxi che l’aspettava.

Mentre il taxi la portava verso la Gare Montparnasse Elise rifletteva: A cosa stava pensando mentre il taxi faceva il giro del Palais Royale?

Al primo posto fra i suoi pensieri vi erano Gilles de Rais e Machecoul, dove si stava per recare. Ma quando era sicura di non pensare nella sua mente si formavano tre immagini: Bathildé Erbé come credeva che fosse, la lettera, e la bestia del Guédavan. Sapeva bene che non i avrebbe dovuto interessare a quella storia, ma una forza irrefrenabile sembrava sospingerla non verso l’ovest della Francia, ma verso sud. Era così assorta in questi pensieri da non rendersi nemmeno conto di essere arrivata, fu l’autista a farglielo notare. Confusa Elise estrasse dalla borsa il suo portafoglio e pagò, dando anche una discreta mancia.

Mentre si dirigeva verso il suo treno pensò che aveva bisogno di un libro prima di riaddormentarsi riaddormentarsi. Subito dopo aver pensato a questo si diede una manata sulla fronte, aveva lasciato “Profumo” a casa, precisamente sul comodino! Maledicendosi si diresse verso la libreria-cartoleria della stazione. Il primo libro che vide, appena entrata, fu “Il Fantasma dell’Opera”* un titolo che non aveva bisogno di altro. Fin da piccola conosceva la storia, aveva visto diversi film, e durante una gita a Londra era andata a teatro a vedere il musical; quindi di slanciò prese il libro, si diresse alla cassa e sborsò 10 euro richiesti.

Poi corse fuori, spaventata di perdere il treno. Fu fortuna a metà, infatti il suo treno stava per partire, se avesse tardato anche solo cinque minuti l’avrebbe perso. Dopo tre minuti di ricerca individuo la sua cuccetta, per fortuna era sola, avrebbe potuto scegliere il letto che preferiva. Mise le valige sul letto in basso, andò in bagno e si cambiò. Tornata prese il suo nuovo libro, lo lanciò sul letto e poi si issò. Mentre il treno lasciava Parigi, e poi Versailles, Elise iniziò a leggere.

Poi stanca rilanciò il libro all’estremità del letto, si mise sotto le coperte e per quella notte sognò.

Sognò Gilles de Rais e i suoi immondi festini e riti satanici, sognò Bathildé Erbé e suo fratello, per ultimo sognò la belva del Guédavan, e infine una strana figura.

*come quello nel secondo capitolo anche questa parte è presa da "Gilles de Rais. La vera storia di Barbablù", di Matei Cazacu. Per la precisionedalla traduzione degli atti del proceso

* lo avevo appena comprato, come Elise, è stupendo, lo adoro.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** 1764, paesino vicino castello Ossowiesky ***


Uscendo dalla chiesa Bathildé non riuscì a non trattenere le lacrime, era la seconda persona che vedeva seppellire, era troppo lo strazio. Ora, mentre osservava la bara di Lucie che si avviava verso la sua ultima destinazione non riusciva a non pensare a che cosa sarebbe potuto accadere a lei, fra un anno, due o venti.

Si sentì tirare per una manica, era Antoin. << Che cosa c’è ora? >> gli chiese, non aveva voglia di fingersi educata. << Dobbiamo tornare al castello, Roché ci ha dato soltanto due ore libere, senza appello >> le rispose lui, gelido e con lo sguardo fisso. Qui, pensò Bathildé si vede l’ingiustizia dei padroni, loro si potevano allontanare quando volevano e per quanto desideravano, lei e suo fratello al massimo per un’ora.

Mentre tornavano al castello, dopo aver salutato comare Erbé, la zia Babette e la cugina Anne, ad Antoin parve di scorgere qualcuno che si allontanava furtivamente. Indicò la direzione a Bathildé, che si girò, curiosa di poter avere una scusa per non pensare a Lucie. Erano l’abate Corrilaut e il credenziere del conte Ossowiesky, Roger Criart, che raggiungevano abbastanza di corsa il dottor Briqueville, che era insieme al parrucchiere del marchese, GianGastone Prelati. Sembrava che avessero una fretta incredibile e cosa strana sembravano conoscersi da sempre.

Non vi badarono molto e continuarono a camminare verso il castello.

Arrivati incontrarono Etienne che teneva per le briglie Titan, il cavallo preferito del marchesino. << C’è una caccia e non sono stato avvisato?>> chiese Antoin, un po’ stizzito. << No, i giovani vogliono fare una cavalcata nei dintorni, ecco mia madre con tutto l’occorrente >>. Infatti Ethel si stava avvicinando con i finimenti per il pony della contessina. Mentre Antoin si allontanava Bathildé rimase a parlare con Etienne. Sebbene si conoscessero fin da quando erano bambini, soltanto ora stava iniziando a vederlo con altri occhi. Proprio nel momento in cui lei si stava avvicinando per poter essergli più vicina udì una vocina stizzita: << Allora? Ci vuole tanto per farmi salire? Maledetta serva! >>A parlare era stata la contessina, che indossava una stupenda amazzone azzurra che la faceva sembrare una piccola adulta. << Come volete, Mlle >> le rispose ossequiosa Bathildé, com’era indisponente e viziata quella bambina. L’aiutò a montare in sella, e la contessina si sistemò con un movimento civettuolo che non poteva aver appreso in convento. Dopo che ebbe girato il suo pony si videro gli altri, già in groppa ai loro cavalli. La contessina si girò e li seguì.

Bathildé si era nuovamente girata verso Etienne, decisa a riprendere la conversazione, quando apparve Antoin.

Diciassette anni di conoscenza avevano dato a Bathildé una conoscenza quasi perfetta dell’animo di suo fratello, soprattutto l’incredibile paura dello scandalo e l’attaccamento alle donne della famiglia, lei e la madre in primis. Quindi la conoscenza approfondita di sua sorella, prossima al matrimonio, con un segretario; anche se da bambini lui ed Etienne erano amici, non poteva di certo piacergli. Infatti storse la bocca nella sua tipica smorfia di disprezzo. << Allora, il mio matrimonio è rimandato? >> << Non ci contare, ti sposi fra sei giorni, non tre, perchè Paul è un uomo veramente comprensivo e ci ha concesso un periodo per il lutto che ha colpito la nostra famiglia >> le rispose lui gelido. << Già, invece di tre giorni sei! La comprensione in persona! >> urlò Bathildé che si stava accalorando. << Stai zitta, non mi parlare mai più con questo tono, lascialo alle puttane, mi auguro che tu non sia una di loro. E ora vai di sopra, è arrivata Mme Lourrier con il tuo abito da sposa! >> le urlò in faccia Antoin, che odiava essere contraddetto. Il tono aveva qualcosa di gelido che contribuì a demolire la ribellione di Bathildé. Infatti lei si girò e corse verso Mme Lourrier, decisa fermamente a non voler sentire nemmeno nominare il suo matrimonio. Per fortuna Mme Lourrier si dimostrò comprensiva, non era il primo matrimonio combinato a cui assisteva. Quindi Bathildé si affidò a lei per il suo vestito da sposa.

farrahlennington: no, il collegamento non c'è, semplicemente il giorno in cui ho scritto il capitolo avevo appena comprato il libro, così l'ho voluto inserire

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** 2004 Sorbona ***


Edouard Blanchet era alla sua scrivania, di sera. Ad un osservatore poco attento sarebbe sembrato il classico professore occupato fino a tardi, ma non era così. Edouard Blanchet non era quello che sembrava. Già il suo cognome era per i colleghi un brutto cognome, ma lui non se ne curava.

Mentre era occupato nel suo studiò sentì il telefono suonare. Sobbalzò, solo altre sette persone  compreso lui conoscevano quel numero. << Pronto? Chi è? >> .<< Ah! Sei tu, Henry, ne sei sicuro? >> .<< E’ salita sul tuo taxi, benissimo >> .<< E Prelati e Corrilaut l’hanno vista prendere il treno?! >> .<< E Rossignol non l’ha vista scendere a Machecoul? Questo è male, molto male lo sai anche tu >>. << De Sille e la Meffraye l’aspettano lì, come fai ad esserne sicuro? >> .<< Mi fido di te, questa volta non falliremo >>. << Duecentoquarant’anni fa ci fu un contrattempo, lo sappiamo tutti, ma non si ripeterà, Lui potrà tornare a vivere >> .<< No, non l’ho dimenticato, allora fu un fiasco completo, ma non sapevano nemmeno la metà di quello che noi sappiamo >> .<< Hai ragione, non ho consacrato la mia vita a lui, come mio padre suo padre e via dicendo per nulla >>. << Si, Vivat Barron, ce la faremo; Vivat Barron>>.

Detto questo Blanchet riattaccò. Si alzò, chiuse la porta e prese un libro. Poi si svestì accese delle candele e aprì le finestre. Come era già avvenuto prima di lui ripete delle formule. Erano le formule utilizzate da Francesco Prelati quando lavorava per Gilles de Rais. Sapeva che anche gli altri, ovunque si trovassero le stavano ripetendo, solo loro le conoscevano.

Perchè erano i diretti discendenti di tutto l’entourage diabolico del barone de Rais.

Solo loro infatti stavano per ripetere ciò che era accaduto 564 anni prima al cospetto di de Rais e 204 anni dopo nel Guèdavan.

E ora quella ragazzina cercava di intralciarli, andava fermata, prima che scoprisse troppe cose. Così pensava Edouard Blanchet mentre si rivestiva, destinazione: il Guèdavan.

X  farrahlennington; no, il prossimo morto non sarà Criart, nonostante finora si sia reso irritante non morirà, ma... All'epoca pochi si sarebbero preoccupati di indagare sulle cause della morte di una contadina, per questo nessuno nutrirà dei sospetti.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** 1764, castello Ossowiesky ***


La sera Bathildé si ritrovò in uno stato di apatia totale. Non aveva voglia di fare niente, e se proprio non poteva farne a meno eseguiva il lavoro prescelto come se il tutto si svolgesse in un sogno. Fu così che servì la cena alle Loro Signorie, riunite per la cena prima del matrimonio. Mentre tornava verso le cucine non udì gli auguri e le felicitazioni che le lanciavano gli altri membri della servitù, la sua mente era occupata solo da un pensiero: il suo matrimonio. Aveva visto Criart due sere prima, quando era andata a casa sua tornando da casa della povera Lucie. Non sapeva che idea avere: era sulla trentina, molto alto, biondo, vestito decentemente e con modi cortesi. Però aveva dei modi ipocriti e freddi, e quelli la disgustavano. Quando sua cugina Anne gli aveva detto la mattina, vicino alla chiesa per il funerale di Lucie, che Criart era un assiduo cliente della Meffraye, una cortigiana dei dintorni, si era decisa: l’avrebbe sposato solo perchè così voleva sua madre, non c’erano altri motivi, lo detestava ma non si era mai sottratta ai desideri materni.

Mentre si cambiava per la notte, restando in camicia, ripenso ad Etienne. Lui si che poteva essere un buon marito per lei. Mentre si distendeva fu invasa da un pensiero: lo amava, ma il suo era un amore come quelli che leggeva nei libri della biblioteca, e poi chi era lei per poter ostacolare i disegni materni? No, non poteva farla soffrire soltanto per un suo capriccio, non poteva.

Ma nello stesso istante in cui spegneva il lume le venne un’idea: doveva assolutamente baciare Etienne, prima di sposarsi con Paul. Assolutamente doveva farlo prima, voleva almeno scorgere l’Amore, e forse Etienne l’avrebbe aiutata a comprendere un tale mistero della vita.

Fu con questa idea che Bathildé spense il lume della sua candela, sprofondò sotto le coperte e si accinse a dormire. L’ultima cosa a cui pensò furono Etienne, le sue labbra, il suo corpo, e come poteva essere baciarlo sulla bocca e toccarlo.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** 2004 stazione Guèdavan ***


Quando la mattina Elise Bauché scese dal treno si sentì mancare: aveva sbagliato tutto! Invece di leggere Machecoul sul cartello di fronte a lei, leggeva il nome di una cittadina sconosciuta nel Guèdavan. Lo sconcertò aumentò quando guardò l’ora sul quadrante dell’orologio: erano le 9:30, si sarebbe dovuta svegliare tre ore prima!!!

Mentre osservava una cartina, per potersi rendere conto di dove si trovava, urtò per sbagliò una persona. Quando si girò per scusarsi rimase di sasso: alto, biondo, vestito due pezzi. << Mi scusi, mi dispiace moltissimo >> balbettò interdetta. << Non fa niente, io sono il barone Guillarme de Sille, sindaco dei questo piccolo paese. Che cosa la porta da queste parti? >>, le rispose lui, aveva una voce angelica. << La sfortuna, signor barone, la sfortuna. Dovevo scendere a Machecoul tre ore fa, mi sono dimenticata di svegliarmi ed eccomi qui! Così perderò la prenotazione dell’hotel, e non so dove passerò la notte! >> concluse adirata. << Per la sfortuna e la destinazione mi dispiace molto, desolato non posso fare nulla. Ma per la sistemazione notturna si: qui vicino c’è un alberghetto molto pittoresco, abbastanza economico, gestito da una brava donna, noi la chiamiamo la Meffraye >> le annunciò lui con voce suadente. Poi le diede le indicazioni necessarie per raggiungere l’alberghetto della Meffraye.

Mentre Elise si incamminava seguendo le indicazioni si sentì chiamare, il barone aveva deciso di comportarsi da cavaliere ed accompagnarla.

Giunti a destinazione, il paesino era davvero pittoresco, pensò Elise, videro un’insegna: “ Hôtel de la région ”, con un bella porta di legno massiccio, accanto c’era una targa che diceva che l’hotel era aperto dal 1765. Una scritta quasi microscopica annunciava i giorni di chiusura: soltanto la morte di Luigi XVI, la sconfitta di Sedan, la vittoria del 1918, l’ingresso dei tedeschi a Parigi e il ’68!. Elise aprì la porta e si diresse verso la hall. Vide al banco della reception una donna, di circa trent’anni, mora; forse era lei la Meffraye. Si avvicinò e chiese: << Scusi, avete una camera disponibile per tre giorni, compreso oggi? Mi chiamo Elise Bauché >>. Sentendo una voce la signora si girò e le rispose con voce vellutata: << Certo, la 403 è libera, le do le chiavi >>. Ricevute le chiavi Elise si diresse verso le scale, era un edificio storico, niente ascensore; quando l’occhio le cadde su un gruppo di vecchie fotografie. In particolare ne fissò una, molto bella, con una castello circondato da un certo numero di frondosi alberi. << Posso sapere che castello è? >> chiese, rivolta alla Meffraye. << E’ il castello del marchese Ossowiesky, la casata si è estinta durante il Secondo Impero, e il castello è divenuto proprietà dello Stato, poi negli anni ’50 è stato rivenduto al conte Ossowiesky, parente del defunto marchese. da quel che so non ci abita nessuno. Dalla sua stanza lo si vede perfettamente, Mlle >>.

Ossowiesky, lo stesso nome dei padroni del libro di Perrault, una coincidenza? Elise la considerò un segno del destino, con la D maiuscola, e in seguito i fatti le diedero ragione.

Giunta in camera cominciò a disfare le valigie, il tutto fatto con molta calma, aveva parecchio tempo davanti a sé, ben tre giorni! Ne avrebbe approfittato per visitare il paesino e fare un giro nei dintorni, forse proprio al castello Ossowiesky.

Il castello era diverso da come se l’era immaginato; lei pensava ad un maniero in rovina, tipo castello di Frankestein, mentre questo era un piccolo castello, ben curato e massimo massimo poteva risalire alla Guerra dei Cento Anni.

Dopo aver pensato questo andò in bagno, si lavò ed indosso degli abiti puliti, ora era pronta.

Scendendo trovò il sindaco de Sille che parlava con la Meffraye in tono piuttosto agitato. Essendo curiosa per natura fece per avvicinarsi, ma come se l’avessero vista, ed era impossibile, il barone e la Meffraye si allontanarono verso una scala opposta a lei,

lasciandola sola con i suoi pensieri , la sua curiosità inappagata e la sua macchinetta fotografica.

 

X farrahlennington, il padre di bathilde era un uomo colto, per questo sia lei che suo fratello sanno leggere e scrivere, perchè gliel'ha insegnato

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** 2004 autostrda ***


Edouard Blanchet era al volante da almeno sei ore e aveva sonno e fame e desiderava fermarsi per riposare. Ma non poteva fare niente. Doveva soltanto guidare. Ancora due ore, guidava molto, ma sapeva di non poterne fare a meno. Era chiamato da un impegno sacro. Fu il rumore prodotto dal suo cellulare a ridestarlo dai suoi problemi. Rispose. Erano de Sille e la Meffraye.

Elise Bauché era arrivata a destinazione, e tutto era andato secondo i loro piani. Persino lei li aveva velocizzati, inconsciamente, quando aveva notato la fotografia del castello Ossowiesky. Stupida, anche se non l’avesse notata ci avrebbe pensato la Meffraye. Qualcosa si sarebbe inventata, ma non era il momento. De sille fece una domanda. No, fu la risposa di Blanchet, come poteva de Sille, che in passato aveva dimostrato un’astuzia machiavellica, dimostrarsi così stupido in quella circostanza? No, idiota, gli rispose, non va uccisa ora, la uccideremo quando vi avrò raggiunto con gli altri, hai forse dimenticato che ci serve per il rituale? No, non l’aveva dimenticato, ma si chiedeva se era proprio necessario, come al solito odiava aspettare. La Meffraye fece notare che probabilmente Elise si sarebbe recata o il giorno stesso o il giorno dopo al castello, occorreva che Edouard si spicciasse, gli altri erano arrivati: Rossignol era in camera sua, Prelati e Corrilaut stavano recuperando i bagagli e Criart era appena entrato in paese. Mancava soltanto lui. Dopo aver promesso che avrebbe fatto più velocemente che poteva Blanchet spense il cellulare, non voleva essere disturbato. Gli tornarono in menti i ricordi di quando da piccolo era all’oscuro del segreto di famiglia, si rivedeva bambino a correre per il Bois de Boulogne. Poi adolescente, schivo e malinconico, ormai sapeva, circondato solo dagli altri che erano come lui. E infine adulto, quando alla morte di suo padre aveva dovuto giurare che avrebbe seguito le sue orme e servito il loro bestiale e demoniaco padrone: il demone Barron.  E avrebbe compiuto il suo dovere, lui e gli altri, gli unici di cui si fidava.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** 1764, castello Ossowiesky ***


 

Bathildé stava tornando dalla fontana, dove aveva appena lavato la biancheria, quando si sentì prendere per un braccio. Era Etienne. Le si avvicinò e molto velocemente la baciò, poi sentendo un rumore di passi si dileguò. Bathildé stava ancora pensando al bacio, e alla situazione che non era come l’aveva pensata in quei giorni, quando si sentì chiamare da una voce che riconobbe subito, quella di Antoin. Nonostante quello che lei gli aveva detto Antoin, la sera prima era sgaiattolato fuori dal castello, voleva soltanto andare a guardare le stelle nel bosco. Giunto nel suo luogo preferito, una radura a tre leghe dal castello si era reso conto di non essere solo. Spiando dai cespugli aveva visto otto persone, tra cui una donna, che ripetevano strane frasi accanto ad un fuoco. Dopo pochi secondi uno di loro si allontanò, tornò con un bambino e lo porse ad un altro. L’altro mise il bambino sull’altare e lo sgozzò. Era ancora ammutolito per il terrore quando l’uccisore si girò, tenendo in mano il cuore del povero bambino e colui a cui consegnò quel cuore era Corrilaut, cui l’abito telare dava l’aspetto di un demone.

<< E poi? >> chiese Bathildé. << E poi cosa? Mi sono spaventato e sono fuggito. Mi sarei aspettato di trovare chiunque, tranne Corrilaut, un uomo come lui, invischiato in questa storia orrenda! >> le rispose lui, parlando a scatti, doveva essersi molto spaventato, anche se non l’avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura. << Sei sicuro di quello che hai visto? >> << Sicurissimo, non lo scorderei mai, anche se vivessi quanto Adamo >> << Va bene, ma se ti fossi sbagliato, se l’uomo che hai visto non fosse l’abate Corrilaut? Immagini lo scandalo? >> << Si, come possiamo fare? >>. Camminando e parlando erano giunti all’ingresso. Mentre stavano per salire le scale incontrarono l’abate Corrilaut e Prelati, sicuramente venuto per acconciare i capelli della marchesina. Quando i due li precedettero Prelati si girò per tre secondi verso la finestra,forse per ammirare il paesaggio. Bastò quel gesto insignificante a terrorizzare Antoin.

Infatti girandosi Prelati aveva rivelato una cicatrice sul collo, identica a quella che Antoin aveva visto la notte precedente sul collo dell’omicida del bambino! Per un secondo si sentì mancare e fu solo grazie a Bathildé che non crollò a terrà.

Bathildé temendo che il fratello avesse un colpo apoplettico lo portò nelle sue stanze, quasi di peso.

<< Che cosa ti succede?>> <>, le rispose lui, tutto d’un fiato. << E ora che vuoi fare? >>. << Ma è possibile che voi donne siate così stupide? Ci torno stasera, stando più attento, non mi vedranno perchè mi vestirò di nero, non preoccuparti per me> >. Detto questo si alzò, Bathildé l’aveva messo sul suo giaciglio, raggiunse la porta e uscì, lasciando sua sorella interdetta. Mentre stava cercando di dare un significato alle parole di suo fratello, Bathildé avvistò il marchese, il conte e il marchesino e il contino che si stavano preparando per la caccia. Si rese conto, forse troppo tardi, che il contino la stava osservando con troppa intensità. Spaventata si allontanò dalla finestra e si diresse verso il guardaroba della servitù. Madame Lourrier le aveva dato appuntamento lì per il vespro e lei aveva intenzione di non tardare, anche se non riusciva ad accettare che fra due giorni si sarebbe sposata.

Mentre Mme Lourrier le provava l’abito Bathildé ripensava ad Etienne, a come le fosse piaciuto il suo bacio anche se era stato un po’ brusco, a suo fratello Antoin ed a quello che aveva visto,e ai colpevoli. Ripensando a quello che aveva visto dopo il funerale di Lucie le venne un’idea terribile: sapeva chi erano gli altri presenti a quell’orrido rito pagano, ma ancora non sapeva chi era la donna che si era resa colpevole di tale empietà. Nello stesso tempo pensava a Lucie e a come fosse strano che fosse morta dopo poco tempo e così velocemente, senza sacramenti; e a che cosa l’aveva spaventata a tal punto da farla morire di paura. Chiuse gli occhi e cercò di rilassarsi pensando al suo matrimonio, e immaginando Etienne al posto di Criart.

 

X farrahlennington: è una discendente, anche eprchè secondo Matei Cazacu è una donna sulla trentina, secondo il sito www.occhirossi.it è una vecchia

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** 2004, castello Ossowiesky ***


Elise era nel cortile del castello Ossowiesky, con il suo portatile. Non volendo nemmeno sprecare un giorno, e non sapendo che avrebbe sbagliato orario, si era portato il computer portatile, su cui aveva salvato i testi della sua tesi. C’era una cosa che non la convinceva, o meglio più di una. Per usare le parole di sua madre “ qui qualcosa non quaglia  ”, e in quella situazione molte cose, insignificanti da sole, devastanti unite, non quagliavano. La prima riguardava gli avvenimenti accaduti 564 anni fa. Non riusciva a capire chi avesse confessato e fornito diversi indizi: Poitou e Criart erano morti, Rossignol era troppo giovane, de Sille e Briqueville avevano tagliato la corda prima del fattaccio di Nantes, ovvero il sequestro del Vescovo. Ma allora perchè Prelati e Blanchet erano stati giudicati soltanto dal tribunale ecclesiastico?

Forse uno di loro, o entrambi, avevano confessato spontaneamente per evitare la tortura? E avevano denunciato i loro compagni, evitando intenzionalmente di ricordare il loro ruolo. Ora che ci pensava meglio si rese conto che il cognome del sindaco era de Sille, lo stesso del cugino, procacciatore e complice del barone de Rais: Gilles de Sille. Era una strana coincidenza, ma forse il sindaco era un lontano discendente di de Sille, e in modo indiretto di de Rais. Elise si ripromise di parlare con lui, poteva risultare interessante la sua testimonianza. Finito di pensare a questo, le venne in mente un’altra cosa: la padrona dell’alberghetto aveva lo stesso nome della vecchia che rapiva i bambini per poi consegnarli a de Rais! E in quel caso la situazione si complicava, si complicava eccome! Uno era un caso, due una coincidenza, tre era in atto qualcosa, e lei non sapeva cosa, e questo l’angustiava.

Il secondo pensiero era più che altro un accusa contro sé stessa: come poteva aver dimenticato di svegliarsi alle 6:30?

In ogni caso ormai era lì, e sarebbe ripartita soltanto fra due giorni, che succeda quello che deve succedere, pensava Elise.

Così pensando si alzò dall’erba e si avvicinò di soppiatto al castello, quanto le sarebbe piaciuto poterlo visitare. Era già in piedi quando le cadde l’occhio su una finestra dell’antico maniero, e le parve di scorgere un’ombra. Cercò di aguzzare la vista, ma rapida com’era apparsa l’ombra sparì. Elise non sapeva più che cosa pensare, ma oramai era sicura di una cosa: era osservata da qualcuno, che doveva conoscerla da parecchio tempo. Non sapeva chi poteva essere così interessato a lei da seguirla passo passo da Parigi a quello sperduto paesino, ma era determinata a scoprirlo. Fin da bambina odiava essere seguita, ma allora cercava in tutti i modi di seminare lo spione. Oggi aveva un altro piano: le parti sarebbero mutate, e da preda sarebbe diventata predatrice.

Pensò di cominciare andando a vedere a chi apparteneva l’ombra, quello era di primaria importanza. Mentre si avvicinava alla porta per poco non fu schiacciata da quello che un tempo doveva essere un tavolo, che cadde dove lei si trovava cinque minuti prima. Il tavolo, logoro ma ancora pesante dopo tanti anni significava due cose: c’era chi la voleva morta e chiunque fosse non era solo: il tavolo era troppo grande per poter essere stato sollevato e lanciato da una sola persona. Guardandosi le spalle Elise scavalcò il cartello che vietava di entrare, la curiosità era troppa, valeva rischiare.

Era sicura che la porta fosse chiusa, invece si aprì subito. Una cosa la sorprese, il catenaccio era stato rimosso da poco: c’erano ancora i segni della polvere. E la polvere era molto spessa, quindi quel qualcuno era entrato da poco dopo diverso tempo.

Stava per salire le scale quando udì il rumore che fanno più paia di scarpe, c’era qualcuno, ora ne era cortissima!

Tutto il suo coraggio svanì e non aveva ancora messo il piede sul primo scalino che già si rigirava e iniziava a fuggire a gambe levate verso il paesino, terrorizzata a morte e ben decisa a non tornare al  castello Ossowiesky per tutta la durata della sua vacanza nel Guèdavan, mai più! Meglio la morte alla paura che aveva provato in quel posto.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** 1764, castello Ossowiesky ***


Bathildé osservava dalla finestra come sorella Anna, e come lei aspettava notizie. Solo che queste dovevano essere notizie di Antoin. Aveva passato una notte insonne, e sapeva che il matrimonio della marchesina e del contino doveva aver luogo quello stesso giorno, verso mezzodì. Tre ore dopo il vespro aveva chiamato Ethel, perchè ardeva dal desiderio di vedere Etienne, doveva assolutamente vederlo. Ma Ethel non sapeva dove fosse finito suo figlio, non lo vedeva dalla fine del Vespro, all’uscita della cappella, e si stava preoccupando anch’essa. Bathildé l’aveva rassicurata con vaghe parole ed aveva ripreso ad aspettare suo fratello. Ormai era l’alba e non c’era nessuna traccia di Antoin.

D’un tratto lo vide, o almeno le parve che fosse lui. Un’ombra nera, un po’ stracciona, si diresse verso il castello, per poi ricomparire dopo tre minuti accanto a Bathildé che si rassicurò un po’: era Antoin. Le si avvicinò, le diede una lettera, si buttò sul letto ed iniziò a dormire profondamente, come quando era bambino. Tremante Bathildé aprì la lettera e la lesse. Quello che lesse la spavento moltissimo, si sentì invadere dal terrore. Antoin si era dimostrato vendicativo fino in fondo: convinto che la virtù di sua sorella fosse minacciata aveva condotto Etienne con se. Ed era tornato solo lui.

Lo maledisse per tre minuti, poi si diresse verso la biblioteca, sapeva che cosa doveva fare, e che cosa Antoin si aspettava da lei consegnandole quella lettera.

Giunta prese dallo scaffale un libro, “ Contes de ma mère l’Oye ” di Perrault, lo aprì alla prima pagina della storia di Barbablù e vi infilò la lettera. Infine lo richiuse e lo rimise sullo scaffale, esattamente dove si trovava quando l’aveva preso. Era certa che la lettera non sarebbe mai stata trovata: nessuno in famiglia leggeva quelle favole, era l’unica di tutto il castello che lo apriva regolarmente. Rassicurata tornò da Antoin, gli avrebbe estorto una confessione, voleva sapere tutto delle ultime ore di Etienne.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** 2004 alberghetto Guèdavan ***


Tornata nella sua stanza Elise stava ancora pensando a come si era comportata nel pomeriggio; era stata troppo precipitosa a fuggire; la prossima volta, si ripromise, non sarebbe fuggita come un’ossessa, sarebbe rimasta.

Essendo ora di cena si cambiò, quella sera avrebbe cenato in albergo, domani forse avrebbe cercato un ristorante.

Scesa si diresse verso la sala ristorante. Giunta chiese un tavolo, le fu dato quello vicino alle finestre, e si sedette. Quando si presentò la cameriera per le ordinazioni scelse paté e del pollo alla vinaigrette.

Dopo un po’ la cameriera tornò con una zuppa di legumi, omaggio della casa. << La ringrazio molto, ma non posso mangiarla, infatti sono allergica ai legumi >> le rispose Elise. << Bene, ça va bien, avviso la padrona >> disse la cameriera di rimando, prendendo il piatto e riportandolo in cucina. Ritornò dopo cinque minuti portando quello che Elise aveva ordinato, che lei mangiò con gusto.

Verso le nove ritornò in camera, si cambiò e prese “ Il Fantasma dell’Opera ” e si mise sotto le coperte.

Ne lesse sette capitoli, poi lo mise sul comodino, spense la luce e si addormentò.

Quattro piani più sotto la Meffraye era intenta a discutere animatamente con altre persone. Una di queste era il barone de Sille, un altro Edouard Blanchet, gli altri Corrilaut, Rossignol, Prelati, Briqueville e Criart. Insomma l’entourage diabolico di Gilles de Rais si era dato appuntamento in quell’alberghetto!

Fin dall’inizio della conversazione si erano creati due schieramenti contrapposti: de Sille, Briqueville, Rossignol e Prelati contro la Meffraye, Blanchet, Corrilaut e Criart; chi aveva perso i parenti quel giorno del 1440 contro chi era in qualche modo sopravvissuto, i fedelissimi contro i moderati. I fedelissimi sostenevano che Elise Bauché doveva essere uccisa, se era arrivata fin lì con le sue sole forze e un pizzico di fortuna, che cosa avrebbe potuto scoprire se ci si fosse messa d’impegno? Era vero che il tavolo non l’aveva colpite, e nemmeno sfiorata, e che non aveva bevuto la zuppa avvelenata, ma come si dice non c’è due senza tre e il terzo tentativo sarebbe sicuramente riuscito. D’altra parte i moderati, soprattutto Rossignol, insistevano per lasciar perdere, se non avesse trovato niente anche il giorno seguente Elise sarebbe tornata a Parigi e risaluto e sono, niente sarebbe cambiato. Ma se il giorno dopo entrava a l castello Ossowiesky e scopriva nella stanza dell’abate Corrilaut i suoi libri antichi? Ma non li avrebbe saputi leggere, erano in ebraico, ribatté la Meffraye, alla fine l’unico modo di poter tirare un sospiro di sollievo era quello di estirpare il problema alla radice, ovvero con la morte, volontaria o no, di Elise. D’altra parte, secondo Prelati poteva farseli tradurre da qualcuno.

Dopo tre ore di conciabili concitati non si era ancora giunti ad una soluzione che potesse soddisfare tutti, anzi, la situazione si era fatta più complicata, perchè si era passati a discutere delle condotte del 1440 e i fedelissimi avevano lanciato pesanti accuse ai moderati: dalla fuga alla confessione fino a perchè nessuno di loro non avesse tentato un salvataggio in estremis.

<< Basta rivangare il passato! >> urlò Blanchet, << Proprio tu lo dici, figlio di un traditore che ha mandato due dei nostri antenati alla forca? >>replicò dall’altro lato della stanza Corrilaut. << Sarà, ma ho un piano per poterci liberare di quella ficcanaso, mi serve solo il vostro aiuto >>. << Ti daremo tutto l’aiuto di cui hai bisogno, purché tu ci liberi di quella ficcanaso, ci sta creando dei problemi soltanto con la sua presenza >> gli assicurò de Sille, che non vedeva l’ora che tutto finisse e si ricominciasse con la vita normale.

Dopo aver giurato sul loro demoniaco padrone i  membri della setta si ritirarono, lasciando da sola la Meffraye.

Era sua intenzione quella di pugnalare Elise nel sonno, ma poi, mentre camminava sul corridoi del terzo piano si rese conto di come il piano sarebbe stato inutile e dannoso. Se infatti non sarebbe riuscita nel suo intento, Elise l’avrebbe vista e i suoi progetti e quelli degli altri sarebbero miseramente falliti.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** 1764, castello Ossowiesky ***


<< Allora che cosa è successo? >> << Che cosa vuoi che sia accaduto? Quello che ti ho scritto nella lettera >>. << Non mentirmi, Antoin, è accaduto dell’altro, lo so. Come è morto Etienne? E perchè vuoi che segua la marchesina a Versailles? Fino a ieri pomeriggio eri contrario! >> disse Bathildé. << Hai ragione, ti racconterò tutto, è giusto che tu sappia.

Ieri sera sono tornato dal castello, ero in paese, e ho incontrato Etienne, era da solo. Gli ho chiesto se aveva voglia di uscire la sera, sai, si guardano le stelle, si pesca e poi si va da Mme Tibert. Mi ha detto di si.

Così dopo la cena siamo sgagliattolati fuori. Ci siamo diretti verso la radura. Con Etienne mi sentivo più padrone di me, e il fatto che lui non sapeva nulla mi confortava. Giunti abbiamo sentito i rumori di ieri. E ho chiesto a Etienne se davamo un’occhiata. Ha acconsentito. Questa volta era peggio: era un autentico sabba pagano, dove le streghe si incontravano con Satana. C’era un fuoco acceso e due persone dicevano delle preghiere in una lingua che non conosco. Gli altri sei ballavano attorno al fuoco, urlando frasi blasfeme. Ad un certo punto uno di loro si è girato verso il fuoco e si è sollevato il mantello: era Briqueville, il prevosto dei mercanti. Ha raggiunto il fuoco, si è ferito con un’arma consegnatagli da Prelati e ha fatto scorrere il sangue nel fuoco. Una donna si è avvicinata, si è avvicinata,ha preso la stessa arma di Briqueville è si è ferita a sua volta, poi si è girata verso la luna: era la Meffraye, la famosa cortigiana. Dovevano essere gli ultimi, perchè gli altri si sono avvicinati e hanno intonato un inno sacrilego, ma prima si sono tolti i mantelli: erano oltre a Prelati e Corrilaut, Blanchet, il barone de Sille, Luc Rossignol, il cantore e per ultimo Marc Criart, il cugino del tuo promesso. Mentre ci allontavamo discretamente una nuvola che copriva la luna si è spostata e ci ha rivelato. Etienne era vestito di azzurro, così lo hanno visto. Subito Corrilaut ha mormorato qualcosa ed Etienne ha iniziato ad urlare. Poi ha smesso e mi sussurrato di fuggire, io sono fuggito. Ha ricominciato ad urlare, ha urlato così tanto e così forte che lo sentivo anche quando ero a pochi passi dal castello. Verso l’alba sono tornato a vedere. Del corpo di Etienne non era rimasto quasi niente, gli animali ne stavano facendo scempio. Li ho allontanati e gli ho visto la faccia, Dio volesse che non l’avessi mai fatto. Era la personificazione del dolore e della paura, deve aver urlato così forte da provocarsi un colpo apoplettico, o dell’altro.

In ogni caso l’immondo festino era terminato, così mi sono seduto sull’erba e ti ho scritto la lettera, poi sono tornato. Ecco sai tutto >> concluse con un tono stanco e uno sguardo leggermente allucinato.

Poi stramazzò sulla paglia, erano nelle scuderie ed iniziò a russare, la stanchezza e la paura avevano lo stesso effetto di due libbre di camomilla, pensò Bathildé mentre si allontanava da suo fratello.

Ethel aveva il diritto di sapere che suo figlio era morto, ma in che modo potava dirglielo? E come poteva convincerla che diceva il vero e non mentiva?

Mentre pensava a questo incrociò Ethel ed altre fantesche che scendevano le scale, dirette verso la cappella per gli ultimi preparativi del matrimonio della marchesina e del contino. Al principio pensò di avvicinarsi e di parlarle, ma Ethel non era sola.

Doveva fare in modo che la raggiungesse. << Ethel, ti devo parlare, puoi assentarti per un po’? >> << Certo, Bathildé, che cosa vuoi dirmi?>> << Riguarda Etienne, Antoin mi ha riferito che l’ha trovato questa mattina in una radura, devi essere forte e confidare in Nostro Signore Ethel; Etienne era morto, mi ha detto che è probabilmente trapassato per un colpo apoplettico>> le riferì, cercando di restare calma. La reazione di Ethel la sconvolse: la donna rimase per tre secondi immobile, dopo di che grosse lacrime iniziarono a rigarle il volto, prese un fazzoletto, se ne asciugò qualcuna, iniziò a sgranare un rosario; infine corse via, voleva restare da sola per poter piangere indisturbata la sue lacrime, pensò tra sé Bathildé, che si diresse verso i suoi alloggi.

X farrahlennington, grazie, ho letto solo ora. In effetti molte delle mie protagoniste, Bathilde inclusa, ma soprattutto Isabel di "Intrigo alla corte dell'ultimo medici" sono donne forti, ma che si lasciano trascinare dal fato, poche volte prendono l'iniziativa, ma quando accade... apriti cielo.

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** 2004 castello Ossowiesky ***


Bathildé cara, ti scrivo in fretta, devo cercare comprendere e la scrittura mi gioverà.

Avevo ragione, c’erano tutti anche lei, la cortigiana. Erano impegnati in un altro rito sacrilego, che Nostro Signore ci aiuti. Poi hanno avocato qualcosa, allora Etienne è morto. Io sono fuggito.

Ti scongiuro sposati e poi parto subito per la Corte con tuo marito, non puoi più restare qui.

Tuo fratello

Antoin

Così diceva la lettera che Elise stava esaminando, la famosa lettera di Antoin Erbé a sua sorella Bathildé. In quei giorni l’aveva riletta e straletta, ma non ne era venuta a capo, doveva esserci qualcosa che soltanto i due sapevano.

mentre pensava a questo su una panchina vicino il castello Ossowiesky si sentì chiamare. Curiosa si voltò: era il professor Blanchet. Elise lo raggiunse, il professore era appoggiato ad un albero sul limitare della vicina foresta.

<< Sai Elise, tu sei molto brava e potresti fare un ottimo lavoro, ma ora io ti devo uccidere, non volermene >>. << Mi deve uccidere? E per quale motivo professore? >> lo interrogò Elise chi iniziava a pensare che forse il professore fosse impazzito.

<< Perchè sei stata troppo curiosa. Ricordi tre mesi fa, quando hai iniziato la tua tesi? Ti avvisai di non scegliere de Rais, te ne proposi altri, ma tu, testarda come pochi, non hai voluto e hai fatto di testa tua. E quando, tre giorni fa mi hai parlato del libro, e mi hai mostrato la lettera ho capito: era ora che prendessi in mano la situazione. Devi sapere una cosa: l’entourage di de Rais divenne durante quegli anni una setta satanica, una delle prime. Prelati riuscì davvero ad evocare il demone Barron, nostro padrone, ma soltanto pochi mesi prima di morire. Per un po’ la setta sospese le sue attività, sai con le Guerre di religione non era proprio l’ambiente adatto. Le attività giunsero al culmine nell’estate del 1764, proprio qui, in questo paesino; molti di noi vivevano qui da generazione, i restanti li raggiunsero. Ma qualcosa andò storto, il membro più potente fra loro, l’abate Corrilaut, disperse troppe energie per uccidere un ragazzo, più o meno della tua età, che aveva visto tutto. Il resto lo sai: il rituale imperfetto generò la bestia del Guèdavan, che fu impossibile controllare e che rese un piano studiato cento anni un autentico fiasco >> tutto questo lo disse con un tono calmo che contribuì a spaventare a morte Elise.

<>. << Sarete? Quindi non è solo! >> << No affatto, ci siamo tutti, come nel 1764 e ancora prima nel 1440, ma per poterci dedicare completamente a questo c’è un ostacolo che deve essere rimosso: tu! Ti seguiamo da quando sei partita da Parigi, il taxista era uno dei nostri. Ci hai fatto prendere un bello spavento quando non sei scesa a Machecoul, Corrilaut stava dando in escandescenze, ma poi de Sille ti ha visto alla stazione. Che coincidenza, proprio qui dovevi finire, dove noi dovevano andare dopo averti uccisa a Machecoul! >> terminò con una sghignazzata folle, con occhi da pazzo.

Elise lo aveva appena sentito, visto che aveva iniziato a correre verso il castello più veloce che poteva. Girandosi si rese conto che Blanchet la seguiva camminando, non correndo come invece lei si era aspettata. Quindi lui sapeva dove lei si sarebbe potuta nascondere, perciò se la prendeva comoda. Tremendamente angosciata Elise superò con un salto il cartello e aprì con forza, decuplicata dalla disperazione, la pesante porta d’ingresso. Si precipitò per le scale, finchè raggiunse la biblioteca. Chiuse la porta e si guardò intorno. I vecchi libri ammuffiti la scrutavano severi, sembrava che volessero giudicarla. Accanto ad una mensola trovò uno stiletto, era un po’ arrugginito, ma poteva risultarle ancora utile.

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** 1764, esterno chiesa Guedavan ***


Il vestito bianco le donava, ma l’espressione di Bathildé Erbé non esprimeva gioia. Pensava ad Etienne, e a come suo fratello si fosse vendicato di lei, conducendolo a morte certa.

Capiva perchè voleva che lei e Criart partissero per Parigi: lei non gli avrebbe ricordato quell’orrore a cui aveva assistito e forse si sarebbe convinto di aver sognato.

Aspettava fuori dalla chiesa con Antoin al suo fianco, pronta a fare il suo ingresso.

Di certo non sarebbe stato come il matrimonio della marchesina: opulento e fastoso, con un grande banchetto, ma quello che aveva le bastava. C’era tuttavia una cosa che le mancava enormemente: Etienne.

Sentì le campane che suonavano la sesta, era ora!

Si aggrappò al braccio di Antoin, che aprì la porta, in modo che tutti potessero vederli.

Ad attenderla c’era Paul Criart, in abito nero a galloni di bronzo, che indossava una parrucca nuova.

Antoin fece dei passi e trascinò con sé Bathildé, che per farsi forza guardò verso la parte sinistra, dove in prima fila si trovava comare Erbé, vestita a festa e con nuovi gioielli, comprati per l’occasione.

Vedendo sua madre Bathildé comprese che per lei l’età spensierata della fanciullezza era terminata, che da quella sera in poi non sarebbe stata più Mlle Erbé, ma Mme Criart, cosa che l’angustiò moltissimo. Significava dire addio al suo lavoro, a coloro che aveva conosciuto in otto anni di servizio, persino ai padroni, di cui iniziava a sentire la lontananza. L’unica cosa positiva era che a Corte forse avrebbe dimenticato quello che le aveva raccontato Antoin. E che sarebbe sempre stata a servizio della famiglia Ossowiesky.

Arrivata all’altare, ascoltò il parroco, si fece il segno della croce e s’inginocchiò. Il rito poteva pure iniziare, lei non l’avrebbe interrotto. Il curato iniziò a parlare.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** 2004 stazione Guèdavan ***


Elise si avvicinò al suo treno, portando con sé le valigie. Era sua intenzione fuggire da quel paese e da tutto quello che poteva ricordarle ciò che le era capitato.

La parte più difficile era stata quella che aveva affrontato la sera prima, quando aveva nascosto il corpo di Blanchet nelle cantine del castello. A quell’ora i suoi confratelli l’avrebbero sicuramente trovato, ma stranamente non le importava.

Ogni tanto le tornava in mente quando aveva affondato lo stiletto nel collo di Blanchet, era legittima difesa, tuttavia si sentiva terribilmente in colpa. Tornata in albergo si era comportata con quanta naturalezza le fosse possibile, lasciando senza fiato la Meffraye, che si era stupita di vederla tornare viva.

Prima di tutto aveva bruciato la lettera, anche perchè l’aveva trascritta sul suo computer, quel foglio era pericoloso.

La sera, dopo aver cenato, si era diretta verso il castello Ossowiesky, sapeva cosa fare.

Giunta lì si era diretta in biblioteca, dove c’era il corpo senza vita di Edouard Blanchet.

Lo aveva osservato per l’ultima volta, successivamente l’aveva trascinato per le scale fino alle cantine, che aveva visto nel pomeriggio. Lo sforzo era stato superiore a quello che si aspettata; e nelle cantine, quando vi era giunta, era grondante di sudore, che le imperlava la fronte. L’aveva nascosto vicino la porta e in un secondo tempo però aveva occultato il cadavere fra le botti di vino. Uscita dal castello si era resa conto che era l’alba, quindi era tornata in albergo a prendere le valigie, le aveva preparate nel pomeriggio.

Sentì una voce che annunciava che il treno per Parigi era in partenza. Salì sul treno, lasciandosi alle spalle quella terra piena di diabolici segreti.

E questo è l'ultimo capitolo

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=475772