Under the same sky di KikiWhiteFly (/viewuser.php?uid=33036)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Prologo ***
Capitolo 2: *** Primo capitolo. ***
Capitolo 3: *** Secondo capitolo. ***
Capitolo 4: *** Epilogo. ***
Capitolo 1 *** 1. Prologo ***
Angst Power!
Note
dell'autore pre-lettura: Un
paio di noticine (i miei soliti sermoni ù_ù):
non a caso il titolo è il motto delle black panthers, nostre
esimie
colleghe, americane...
Sotto lo stesso cielo, letteralmente, è il
vero senso della mia storia (Si svolge proprio sotto un cielo,
nominato più volte. Ricorre spesso l'espressione
“sole di corallo”
per indicare proprio la crudeltà della scena, il cielo
è rosso
sangue, si sta consumando una battaglia di leoni, le scene non sono
solo nominate, bensì menzionate,
ecco perché ho alzato il rating da
verde a giallo). Una storia che – sempre, non a caso
– ci ho
messo parecchio a scrivere, spesso mi sono dovuta fermare,
quasi mi
stava assorbendo. Specialmente il fatto di aver inserito un nuovo
personaggio – la Morte, scritto con la lettera grande non
casualmente ma
proprio perché l'ho voluta come personificazione,
quasi fosse una persona che agisce accanto a Sasuke –
è stato
parecchio difficile gestire una figura
così onirica.
Anche
se può sembrare una storia “fatta”
– nel senso di già letta –
in verità non è così, in quanto alla
fine viene sviscerato tutto,
il lettore ne dovrebbe rimanere colpito – o, perlomeno, mi
auguro
che sia così XD.
Or
dunque, spero ti piaccia. Una delle mie ship preferite, mischiate ad
una buona dose di angst e un romanticismo velato,
quasi masochistico
– Sasuke e Sakura probabilmente si amano nella mia storia
(poi
l'interpretazione è personale, beninteso)
ma il loro è un amore
masochistico.
Buona
lettura ^^
Frase
scelta:
Vederli morire, senza poter far nulla,
questa è stata la mia guerra.
Under
the same sky
Prologo.
La lama affilata
brillò dietro un
tramonto più acceso che mai: era un sole di corallo, dipinto
su uno
sfondo arancio che dominava gran parte del mondo.
Si sentirono
sospiri affannati, altri morenti, talvolta affaticati. Si udivano
campane di morte – immaginari rintocchi –
pareva di vedere la dea
Morte che, dal canto suo,
era costretta ad adempiere ai propri
doveri.
Ella,
regina, si avvicinava con passo lento e cadenzato, determinata e
violenta; l'aggressiva falce su una mano, l'orgoglio di una tramite
dall'altra.
La sua veste era un insieme di stoffe, nient'altro che
morbidi teli che assumevano pieghe deformate stando al suo passo e
alla voce del ristoratore vento d'inizio inverno.
Sasuke,
vinto e vincitore al tempo stesso, riusciva a scorgere quella figura
angelica e tetra, un diavolo o forse un angelo – non
gli era ben
chiara la differenza, le morbide
labbra della figura attentavano il
suo controllo – camminava avvolta nella fitta nebbia e il
suono dei
suoi passi non era udibile sul terreno fangoso.
La sua lama decretava
con infida bontà il destino di ogni essere umano, era sempre
intagliata alla perfezione, pulita con estrema accortezza,
provocatrice e assassina; le povere anime che cadevano ai suoi piedi
sembravano troppo attente a osservare la lucentezza di quel diamante,
per studiarne l'affilatura.
«Vuoi
forse farmi credere che sei venuta a prenderli... tutti?»
Quanto
dolore, quanta dolciastra presunzione in quelle peccaminose parole.
«Straniero»
morbida la voce della donna, eppure
non si fletteva nemmeno un
secondo, ella era convinta di esser sempre la giustizia e nessuno
poteva
disubbidire al suo divino volere. «Mi vedete?»
Con
una semplice domanda riusciva a confonder i sensi del ragazzo e
quest'ultimo, leggermente atterrito dalla figura femminile che aveva
davanti,
decise di rimetter la fedele Kusanagi al proprio posto, nel
fodero. Asserì col capo, era un tipo di poche parole.
La
figura inclinò le labbra in una strana angolazione, un
astuto
sorriso che l'Uchiha non riusciva a catalogare con un
aggettivo.
Le
labbra – rosse come
il pesco, il ciliegio e il sangue non
potrebbero mai esserlo!
– si schiusero, mostrando una dentatura
oltremodo perfetta: quel demonio lo
voleva trarre in inganno forse,
acuendo i suoi riflessi pronti nel sol modo in cui era capace.
«Certo.
Chi siete?»
Si
rivolse a lei in maniera formale, incuriosito.
«Chi
ti sembro, Sasuke Uchiha?
Non sono forse la consapevolezza, la
giustizia, la coscienza e Dio solo sa quali altri ideali incarno in
me?
Io sono la dannazione di tutti gli uomini e le donne esistenti in
questo vasto pianeta. Veloce e indolore o lenta e agognata, se
preferisci.»
L'Uchiha
le puntò un dito contro, scegliendo le parole più
giuste. Poi,
guardando la radura dissanguata attorno a
sé – scoprendo nelle sue
mani ogni goccia di
sangue versata da quelli che anni prima aveva
denominato suoi amici
– capì,
finalmente.
«Morte.»
Ed
era con una parola che il tono della sua voce divenne incerto, il
corpo più molleggiante, i riflessi meno ligi al proprio
dovere.
La
donna annuì col capo, poi, impugnò con maggior
potenza la fedele
falciatrice e raccolse una ad una le anime dei corpi, non provando il
benché minimo
disgusto – men che meno sensibilità –
nell'afferrare per un braccio i loro cadaveri, ormai inutili.
Uccisi
tutti, dalle crudeli e temibili mani di un assassino, un demonio,
forse l'incarnazione del diavolo stesso.
Li
aveva uccisi... E li aveva visti morire.
In
entrambi i casi non si era curato di far nulla: era stata la sua
coscienza a decidere per lui.
Vederli
morire, senza poter far nulla, questa è stata la mia guerra.
Note
dell'autore post-lettura:
Questa
storia si è classificata terza all'Iliade
Contest indetto da
Mayumi_san,
sul forum di Efp ed è vincitrice del Premio
Angst.
Gentili
lettori, questa probabilmente è una delle storie
più angst della
mia “carriera” (per così dire XD)
l'ultima che ho scritto
di
pari intensità e con lo stesso pairing è stata
“Cuore di zingara”
ma quella, d'altronde, era un Alternative Universe.
La cosa ai tempi
mi lasciò oltremodo soddisfatta di me stessa, ma, essendo
una storia
ambientata in un universo completamente diverso dal mondo
narutiano,
non ne ero pienamente entusiasta. Con questa – pur essendo
una What
If, è ambientata nel “vero ambiente” con
in corso un'ipotetica e
ormai sempre più
probabile battaglia – mi sono sentita abbastanza
soddisfatta, in quanto amo questo pairing quasi ossessivamente
–
altresì chiamato fangirlamento questa strana malattia *_*
– e sono
felice di non essere caduta nel banale, anche se, come leggerete in
seguito,
alcune cose possono parere piuttosto scontate; ma, dovete
sapere, il tutto è stato fatto con la sola
finalità di far sembrar
reale i fatti,
così da coinvolgere un po' anche voi.
Devo
inoltre informarvi che questa storia mi ha completamente assorbita,
tant'è che non ne ero mai soddisfatta abbastanza
– ho dovuto
chiedere un paio di proroghe, di questo mi scuso ancora con gli altri
partecipanti T_T – ma alla fine ce l'ho fatta.
Dunque, mi
chiederete anche l'attinenza alla frase – cosa che poi mi ha
sottolineato anche la giudice, avrei dovuto spiegarlo nelle
note
–
che in realtà è un po' contorta:
Vederli morire, senza poter
far nulla, questa è stata la mia guerra; ebbene
Sasuke è vinto
e vincitore allo stesso tempo,
ha ucciso ed ha visto morire, ma è
arrivato ad un punto che non si domandava neppure più cosa
stesse
facendo, quali terribili azioni stesse compiendo.
Non vuol essere una
giustificazione, beninteso, semplicemente la sua psiche che ha
superato di gran lungo la sua coscienza, inducendolo a
compiere
gesti
così deplorevoli, che non si è nemmeno preso la
briga di riflettere
su di essi con maggior accortezza.
Ultimissima
cosa: ho sistemato un po' la
grammatica, in effetti c'erano
errori di virgole e vari altri passaggi che non avevo controllato
bene,
ma perlomeno alle cinque di mattina davanti al computer e mezza
assonnata ero abbastanza sveglia da prendere un voto decente in
grammatica XD.
Grazie
alla giudice per l'oculare precisione con cui ha sottolineato i miei
errori e un complimenti
a tutti gli altri partecipanti,
davvero non credevo di poter arrivare al podio, invero, specialmente
con nomi così importanti *-*.
Al
prossimo capitolo, mie care black
panthers!
Kiki-chan
<3
|
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Capitolo 2 *** Primo capitolo. ***
Under
the same sky
Primo
Capitolo.
Quel
giorno Sakura si era svegliata con uno strano presentimento,
probabilmente dovuto ai tetri spettri della notte; si era alzata con
un mal di testa a tratti violento,
ma cercò di non dar troppa
importanza a quella leggera emicrania, non in quel momento. Aveva
riposato un paio d'ore o poco più, il tempo concessole per
far
distendere bene i muscoli indolenziti e lasciar assorbire il dolore
provocatole in battaglia. Non vi era da stupirsi, poi, se
improvvisamente fossero scattati colpi a
vuoto o fossero ruotati
kunai e shuriken. Era tempo di stare allerta, quello, Sakura questo
lo rammentava bene. Dunque, quando aprì le palpebre e
realizzò di
trovarsi
ancora sul suolo erboso, a pochi metri di distanza dal fuoco
ormai spento, fece un gran sospiro di sollievo. Le iridi smeraldine
volsero al cielo plumbeo,
parzialmente annebbiato. S'intravedeva una
fitta foschia da un lato, dove si era prossimi alle montagne, mentre
dall'altro c'era ancora un barlume
limpido – di
speranza?
«Sakura-chan...»
Un
tono basso e non troppo rumoroso la fece scattare, conosceva solo una
persona a cui era concesso chiamarla in quel modo e la ragazza
incontrò il suo sorriso bonario proprio a pochi metri da
lei,
parallelamente al suo volto.
Quello sciocco le stava coprendo la
vista d'una nuvola, come al solito non sapeva stare al proprio posto.
«Mi
togli l'aria, baka.»
Bastò
quella semplice frase, tagliente e affilata come una lama, a farlo
capitolare.
Il sorriso cristallino che aveva intravisto tra una
guancia e l'altra si rabbuiò poco a poco, fino a spegnersi
lentamente.
Sakura
scosse il capo, con una certa fermezza, acconciandosi i capelli in
modo quanto meno decente; sentì solo allora una pioggerella,
aghi
che
puntavano dritti alla sua pelle, anch'essi taglienti.
Cominciò
a pensare che quella zona fosse una congiura, tutto sembrava volger
contro, il pericolo di morte s'odorava, si sentiva, si avvicinava
con
qualche astruso strumento in loro direzione. Ed era cosa risaputa:
l'unica cosa che un essere umano non poteva fare a meno di fermare
era il proprio destino.
Egli,
in qualche modo imparentato con la dea Morte, qualificato dunque a
condannare gli uomini giusti – perché era
così che funzionava,
ormai, nel mondo –
e portare fortuna a coloro che son ricchi per
meriti non propri, avari però di bontà.
E,
sulla base di quelle nuove scoperte, Sakura si trovò a fare
i conti
con la realtà, capendo d'un tratto quanto la vita fosse
ingiusta,
per certi versi.
«Ormai
è quasi ora.»
Bisbigliò
Naruto, in tono imperioso.
Sakura
lo precedette, dopo essersi curata di aver preso tutto l'occorrente.
Stava quasi per procedere in avanti – lo sguardo
incendiato, quasi
sapesse quello che le sarebbe spettato – e il capo rivolto
verso
l'alto; Naruto si fermò qualche istante ad osservare
l'espressione
dell'amica,
non l'aveva mai vista così sicura. Qualcosa,
però,
frenò il braccio di Sakura, un contatto freddo a primo
acchito.
Naruto le aveva bloccato il braccio, una morsa stretta quanto bastava
a farle bloccare l'intera circolazione sanguigna.
«Cosa
c'è?»
Disse
lei, quasi infastidita da quel gesto. Non si potevano permettere di
perdere tempo, in nessun modo possibile: era tempo di guerra,
quello,
le emozioni e i sentimenti non erano adatti ad uno scenario
così
macabro.
«Questa
potrebbe essere l'ultima volta che ci vediamo... Sakura-chan.»
Il
ragazzo chinò il capo, palesando una certa insofferenza.
Sakura
allora, con leggerezza estrema, gli prese anche l'altro
braccio,
fino
ad arrivare alla sua mano e a sovrapporla alla propria.
«Potrebbe...»
proferì, con amarezza. «... ma questo non vuol
dire che dovrebbe.»
Gli
occhi cerulei di Naruto si specchiarono nei suoi cercando un
abbraccio, una carezza, un qualsiasi gesto che avesse
dell'affettuoso.
«Non
guardarmi così, Sakura-chan. Ti prego.» ritrasse
lo sguardo il
ragazzo, affascinato o forse infastidito dal gesto che gli era stato
riservato.
«Se il fatto che ti
amo – lo sai, ormai
–
conta qualcosa, non guardarmi così.»
Proprio
qualche giorno prima Naruto le si era dichiarato.
Sakura aveva
sospettato negli ultimi tempi qualcosa, ma non aveva pensato di certo
ad una prova d'amore così, servita su un piatto
d'argento.
Quella
sera aveva cercato di sfuggire dallo sguardo indagatore e innamorato
dell'amico, ma alla fine aveva dovuto fare i conti con il
cuore,
chiedendosi quale fosse la risposta. E, con enorme rammarico, dovette
convenire dandosi della stupida: cosa desiderava di
più?
Poteva
avere un ragazzo – un vero ragazzo e non un sogno, come lo
era
ormai da anni l'altro
– e si era lasciata sfuggire
l'occasione.
Con una sola parola – Sasuke
– aveva visto il
fiore della giovinezza che disegnava i suoi lineamenti appassire,
tramutandosi in un serio e cupo sguardo.
Le doleva ancora, ma,
dopotutto, come poteva ingannarsi e ingannarlo? Ingannare gli altri
equivale ad ingannare se stessi, assomiglia un po' ad
un omicidio, in
quanto, quando lo si commette si conosce il colpevole, ma anche la
vittima.
La
cosa che le faceva più male era essere il colpevole...
Colpevole
mille volte! Naruto l'amava, la stimava, la considerava in un modo
che Sasuke non
si sarebbe nemmeno sognato di pensare, la desiderava
non solo come un uomo innamorato, bensì come colui che
venerava una
divinità,
in piena contemplazione dell'eterna e immutabile bellezza
interiore ed esteriore che possedeva.
Perché?
– si domandava di notte, torcendosi in mille pensieri,
soffrendo
quando il pensiero di colui che era stato il primo amore, ma
anche
l'amore attuale, la disturbava.
Allora
le certezze venivano meno, i dissidi interiori erano all'ordine del
giorno. La sensibilità di un cuore innamorato è
tanto fragile
quanto duro:
più si rafforza, tanto più si frantuma, nel giro
di
un millesimo di secondo. Serviva a quello innamorarsi? – si
chiedeva abitualmente, tra una lacrima
e un sorriso di cartapesta per
attenuare il dolore.
Giurare
eterno riposo al proprio cuore non era un bel modo di andare avanti,
anzi, più soffriva più tornava indietro con la
memoria,
ripescando
ricordanze che sembravano sepolte.
«Perdonami,
Naruto.» bisbigliò Sakura, incespicando in qualche
lacrima
assassina. «Perdonami come ad un'assassina si potrebbe
perdonare un
reato,
perché quello che amo merita davvero di esser
punito.»
D'un
tratto non sentì più la stretta amica, Naruto
l'aveva lasciata
andare. Vide solamente il suo sguardo perduto, assente, forse piccato
nell'animo.
Un sorriso mesto indugiò con amarezza sulle sue labbra,
ormai denigrate in ogni maniera possibile.
Sakura
non lo vide più: una folata di vento investì
armonicamente i suoi
capelli, poi, più nulla.
Una lacrima giustiziò indegnamente il suo
zigomo, solitaria e crudele come solo l'amarezza sa esserlo.
Sakura
si alzò poco a poco, con le mani piuttosto doloranti. Le
ginocchia
le chiedevano pietà, date le numerose ferite che l'avevano
costretta
più volte
a cadere, sottomettendosi al dolore. I due occhi smeraldo
cercarono la figura di Tsunade-Sama, di Yamato-Sensei, di
Kakashi-Sensei... Persino di Naruto
– l'aveva immaginato gettarsi
in pista con il suo solito fare brioso, completamente estraneo alla
razionalità – ma non fu tentata di pronunciare i
loro nomi
ad alta
voce, quell'inquietante silenzio stava seriamente mettendo a dura
prova il suo coraggio. Faticò ad ergersi in piedi,
all'iniziò
ciondolò un po', ma
si mantenne ad una roccia nei paraggi. Quando si
sentì abbastanza sicura abbandonò anche quella
presa, ma, con suo
rammarico, lo spettacolo che vide non
gli piacque affatto: dalle sue
mani colava un liquido vermiglio, quasi inorridì
osservandolo.
Durante
la sua vita da medic-ninja aveva visto tante persone morire, aveva
pregato fino all'ultimo che il loro sangue fosse risparmiato,
trattenendolo addirittura
sulle sue mani quando le era possibile. Ma,
quella volta, quel sangue non era solo rosso, bensì anche
nero e
sembrava volerle dire qualcosa, come ad avvisarla
di uno spettacolo a
cui non era stata invitata, men che meno ne aveva preso parte.
E,
spostando lo sguardo oltre la semplice visuale delle proprie mani,
vide una serie di corpi martoriati e gettati insieme, uno sopra
l'altro,
quasi fossero un castello di anime ormai andate in pezzi,
uno scenario in cui il rosso era l'unico dolore che predominava.
Le
parve addirittura di vedere le loro anime salire verso l'alto e i
loro sguardi sorriderle per un'ultima volta. Erano davvero morti
tutti?
I suoi insegnanti, suoi mentori, sue guide, li vedeva li uni
accanto agli altri, nei loro volti la vita si era spenta e
ciò che
ne restava era solo il ricordo,
delle leggende che presto o tardi si
sarebbero tramandate, di padre in figlio, generazione dopo
generazione.
Tutti
i suoi amici, ogni cosa, ogni costruzione, persino i dettagli di
Konoha che fino ad allora aveva odiato, tutto era stato distrutto e,
in quel momento,
vide solo macerie a terra, camminava e calpestava il
Villaggio sotto di lei, ben attenta a non pestare l'orgoglio dei
ninja che avevano dato la vita per difenderla.
Poi,
mentre s'addentrava con passo lento e cadenzato nella foresta delle
anime, qualcosa attirò in particolar attenzione il suo
sguardo:
Sasuke Uchiha,
la lama impugnata con orgoglio da una parte e la
vittoria in tasca dall'altra, agiva in religioso silenzio, uccidendo
gli ultimi respiri degli abitanti di
Konoha, proprio sotto di lui.
La
ragazza strinse i pugni con forza, talmente tanto che le nocche
parvero arrossarsi anch'esse di rabbia, i suoi occhi dapprima
piangenti, frastornati dal macabro
spettacolo che aveva veduto senza
il minimo rispetto per quella popolazione che le aveva dato tanto,
ora brillavano di un colore estraneo al suo volto, un misto
tra il
rosso più acceso e il nero più cupo.
«Sasuke
Uchiha»
Lo
chiamò ad alta voce, sperando di aver attirato la sua
attenzione;
così fu, perché un istante dopo vide il corpo del
ragazzo dirigersi
in sua direzione,
leggermente sbigottito. Non credeva davvero che
quell'inutile ragazza avrebbe mantenuto la pelle fino a quel
punto.
Per un buon minuto i loro sguardi si scontrarono, travolti da un
tripudio di emozioni, di parole dette e non dette, di silenzi che
precedevano un aspro scontro.
Addio
sentimenti – proferì a
bassa
voce, pronta come una leonessa in battaglia a dare il massimo di
sé.
|
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Capitolo 3 *** Secondo capitolo. ***
Under
the same sky
Secondo
Capitolo.
Davanti
i suoi occhi c'era solamente una radura rossa, come il sangue versato
dai ninja di Konoha. Il silenzio era l'anima di tutto, il sol
conforto, il sol abbraccio.
Un'altra mano divenne inutile, si mosse
qualche secondo e poi morì sul suolo, sotterrata dalla terra
bruna.
Sasuke ghignò di compiacimento, sfoderando la
fedele
kusanagi
davanti al sole acceso, come per glorificare quella vittoria.
«Non
così presto, Sasuke.»
Udì
una voce, un lieve ronzio invero, acuto quanto bastava per farlo
voltare dalla parte opposta. La vide: pallida e tremante, faticava ad
ergersi sulle proprie gambe,
aveva numerose ferite ancora non
cicatrizzate lungo tutto il corpo.
«Spero
vivamente che tu sia in vena di scherzare, Haruno.»
Per
dimostrarle l'inconsapevolezza delle sue parole Sasuke ritrasse
l'arma, riponendola al proprio posto. Allora Sakura si
avvicinò,
gemette più volte per il dolore
e, dal punto di vista dell'Uchiha,
poteva fare addirittura pena. Egli l'aspettava, a braccia conserte,
come se ignorasse totalmente la sua presenza; forse aveva avuto la
fortuna di rimaner viva fino a quel momento, di aver vissuto ogni
attimo dell'aspra guerra che si era venuta a creare, ma non avrebbe
retto ancora per molto.
Risparmiarla non era nelle sue intenzioni, ma
godersi il macabro spettacolo della sua caduta era davvero troppo per
lui.
«Scherzare...
Nonostante in guerra e in amore tutto è lecito, non
è nelle mie
vene scherzare»
Cacciò
fuori un kunai, osservò per un attimo la lama scintillare
davanti il
cocente sole, poi guardò Sasuke negli occhi, un misero
secondo che
valse un'eternità.
In un attimo, fu un incrocio di braccia e mani,
di false cadute e reali ferite, il filo che tagliava la vita di un
essere umano era sottilissimo ma anche labile.
D'un
tratto Sasuke sentì un rivolo di sangue pizzicargli la
guancia,
appena sotto le ciglia. Aveva sottovalutato la ragazza, senza dubbio,
indi, dovette indietreggiare pochi
metri per strusciare contro la
propria pelle la parte superiore del kimono. Sakura lo stava
osservando, compiaciuta di se stessa, come se avesse appena lottato
contro una
grande minaccia e ne fosse uscita vittoriosa. Il suo corpo
aveva ripreso nuovo vigore, il colore della pelle era tornato di
nuovo come prima, di un piacevole rosato, le
ferite in battaglia
erano nient'altro che cicatrici, ormai risanate.
La
forza di volontà può tutto: basta volere una
cosa, lottare il più
possibile per difenderla ed ecco che essa si realizza. L'impegno, la
costanza, la forza, la pazienza, sono
tutte virtù che s'acquisiscono
con tenacia e determinazione, senza mai flettersi un secondo.
Guardare in basso non è auspicabile, si vedrebbe solamente
il
passato, quello
che eravamo
e non saremo
più.
Sakura
aveva continuato quindi a guardare avanti, allenandosi giorno dopo
giorno, merito anche degli insegnamenti di Tsunade-Sama –
mollò
per un momento il suo
coraggio, osservando il corpo dell'Hokage
disteso accanto a centinaia e centinaia, aveva dato la vita per
difendere una carica che in fondo non voleva, una patria che
non le
apparteneva – ma la vera forza l'aveva trovata dentro se
stessa,
indi, in quel momento pensò davvero di essersi meritata un
applauso
morale.
Aveva
a lungo pensato a come sarebbe stato il giorno prediletto da molti, a
quali pericoli sarebbe andata incontro; non aveva, invece,
minimamente tenuto in conto
il fatto che sarebbe stata l'unica a
rimanere viva e a dover affrontare il temibile Sasuke Uchiha.
Vide
il ragazzo digrignare i denti, come il cane che si prepara
all'assalto, poi tirò fuori la kusanagi, impugnandola con
fare
spavaldo; l'aveva presa sul serio, finalmente.
«Sei
stupida Haruno.» disse, pulendo con la manica la spada.
«L'ora
della tua morte decreterà l'ora della mia vita e della mia
vittoria.»
Sakura
lo sapeva benissimo: non aveva speranze contro di lui; ma
perché
nascondersi al riparo di una roccia piuttosto che affrontarlo
direttamente?
Non era anche quella una prova di fedeltà al proprio
villaggio?
Eppure,
le mancò un battito. Per lui qualche settimana prima si
sarebbe
spinta ad abbandonare tutto, pur di stargli accanto, amarlo –
forse
senza essere ricambiata,
ma una donna innamorata vede solo il proprio
amore, quello che può donare, poco importa se non lo
può ricevere –
ed essere per lui quelli
che
in tanti anni gli erano mancati. Un genitore, un'amica, una
sorella... Qualsiasi cosa purché smettesse di macellare
sangue e
vittime lungo il suo cammino e
abbandonasse quella vendetta che di
nobile non possedeva proprio nulla.
Le
labbra carnose della ragazza tremarono qualche secondo, poi, una
raffica di vento investì i suoi capelli. Lo avvertiva:
Sasuke era
dietro di lei, voltarsi non sarebbe
servito assolutamente a nulla, la
sua velocità comparata alla sua forza non aveva pari.
«L'ultima
parola?»
La
spada timorosamente puntata alla sua giugulare, il suo braccio che
andava ad impattare contro la sua spalla, il tessuto quasi tangente
alla pelle... Sakura
dovette richiamare tutta la forza di volontà
che l'aveva spinta ad affrontarlo, poi, con estrema delicatezza e un
timbro più sottile del normale, gli disse:
«Te ne pentirai.»
Aveva
mantenuto un tono di voce autoritario, nonostante i fremiti di paura
che le scorrevano lungo il corpo, specialmente nelle parti
più
sensibili, come
la colonna vertebrale. A quel punto le parve che
Sasuke avesse trattenuto la spada, senza infilarla nemmeno nella sua
pelle, raccogliendo la prima goccia di
sangue che sarebbe zampillata
direttamente sulla lama.
Non
aveva mutato i suoi intenti per qualche parolina dolce, non era nei
suoi canoni. Sakura si voltò, di scatto, incontrando il
volto del
ragazzo, ad una spanna dal
proprio viso. Gli occhi ossidiana si
specchiarono in quelli della ragazza, due smeraldi lucenti, la
sfumatura che vi vedeva riflessi in essi in quel momento non era di
malvagità, anzi, le parve di vederli per la prima volta.
«Adesso
puoi.»
Disse
Sakura, prendendogli con forza la mano – ignorando il battito
accelerato del cuore – e portando la spada al suo collo. La
ragazza
ingoiò il boccone dell'amara
sconfitta, vide per l'ultima volta i
contorni di tutto ciò che le sembrava reale ma che, presto,
sarebbe
diventato tutto frutto di un sogno, nella nuova dimensione che
l'avrebbe accolta si sarebbe purgata, dimenticando ogni pena terrena.
Sasuke
inclinò il capo, studiando con magistrale precisione quale
punto
attaccare, eppure, se si guardavano attentamente i suoi lineamenti,
qualcosa sembrava attentare
al proprio controllo, quasi volesse
reprimere la voglia di uccidere.
«Non
le decido io le regole in guerra, Haruno...»
mormorò, osservando
per l'ultima volta il capo color pastello della ragazza, studiando il
suo corpo ormai diventato
adulto, cresciuto con tanta grazia... Ma
che, ben presto, sarebbe appassito con altrettanta impazienza.
«Nonostante
tutto Sasuke, io sarei disposta a seguirti» qualche lacrima
scivolosa si stazionò sul suo volto. «L'odio
nell'amore è
la cosa più masochistica che abbia mai
conosciuto», proferì,
ottenendo l'attenzione del ragazzo. «Ma anche la
più romantica. Ne
conosco solo una alla pari»
Il
volto del ragazzo sembrava chiedere un “cioè?”
ma, anche
quella volta, non si scompose più di tanto. «L'amore
nell'odio.»
Sotto
il cielo color cremisi sembrarono tuonare quelle parole; la volta
celeste dovette quasi inchinarsi davanti a quella prova d'amore
indiscutibilmente reale e,
convenendo giusto dare un segno della
propria presenza, iniziò a piovere, copiosamente.
Quella
pioggerellina sottile, come tanti piccoli aghi acuminati, non
sembrava tangere minimamente sulle loro figure, non davano il minimo
segno di sensibilità di fronte
a tali e naturali fenomeni.
Nonostante l'acqua piovana grandinasse sui loro volti nessuno dei due
dava un segno, anche impercettibile, di mutamento.
«Belle
parole Haruno» sembrò beffeggiarla, il suo sorriso
sghembo quasi
applaudiva di fronte a tale dichiarazione d'amore. «Ma senza
contenuto» aggiunse un
attimo dopo, premendo con più forza alla sua
gola.
In
seguito un urlo squarciò il cielo e tanti avvoltoi si
levarono in
aria, spaventati. L'ultimo abitante di Konoha era scomparso, e, con
esso, si era compiuta la sua vendetta.
Sasuke osservò la pozza di
sangue allargarsi sotto i propri piedi, infangò perfino le
sue
scarpe; vide la gola della ragazza martoriata dalla sua spada che,
con nobile maestria,
aveva adempiuto ancora una volta al proprio
dovere. Il ragazzo, prima di ripulirla, si soffermò sulla
linea
rossastra che colava verticalmente, rivedendo i tratti di
Sakura
all'interno della lama: il suo volto disperato, la voce intimorita,
le lacrime che con fatica aveva trattenuto, l'ultimo singulto prima
di cadere nel più abissale silenzio,
crollando come un misero essere
umano sul tappeto che era il suolo insanguinato.
Ben
presto i loro resti sarebbero stati mangiati da un uccello migratore,
pensò Sasuke, osservando ancora una volta il cielo terso.
Niente più
rossastre nubi,
solamente uno scenario grigiastro, mescolato ad
un'anima nera che viaggiava con passo lento e cadenzato sulla strada
ormai deserta, non curandosi minimamente
di pestare i cadaveri che
incontrava, palesando un menefreghismo degno di un traditore della
patria o di un assassino.
D'un
tratto si fermò sopra una roccia spigolosa, poggiando la
schiena
provata dal duro combattimento. Vide una carrellata di immagini che
scorrevano come diapositive
di un filmato, ma la differenza stava nel
fatto che esse erano vere, reali... E Sasuke per un attimo venne
meno, finché non vide uno strano bagliore – si
avvicinava sempre
di più – e la figura angelica di un demone o forse
un angelo, che
sembrava il suo ritratto al femminile.
***
Note:
Il prossimo
è l'ultimo capitolo, l'epilogo. In esso saranno contenuti
tutti i ringraziamenti, ringrazio anticipatamente
tutti coloro che si sono soffermati a leggere il secondo capitolo
:).
Kiki-chan
<3
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Capitolo 4 *** Epilogo. ***
Under the same sky
Epilogo.
La
donna stava raccogliendo i cadaveri – o meglio, le loro anime
–
che erano morti in battaglia, in religioso silenzio, e, al contempo,
in modo autoritario. Dopo la breve chiacchierata che avevano avuto
Sasuke stentava a mantenere un certo controllo, chiedendosi per quale
motivo vedesse quella figura, se non fosse frutto di un'ardita
fantasia o di un sogno; d'un tratto mille congetture si formarono
nella sua mente.
«Sono
morto, non è vero?»
Si
rivolse alla figura con un tono disperato, come se già
conoscesse la
risposta. La donna lasciò per un momento i suoi cadaveri,
avanzò di
pari passo con la divina falce, poi reclinò il capo e nel
suo volto
vide un sorriso che aveva del malevolo.
«Solo
se senti di esserlo»
Gli
toccò il petto con le dita ossute, fasciate solamente da un
guanto
di pizzo nero. La Morte – l'avrebbe chiamata così,
adesso –
proseguì il suo cammino, raccogliendo lo stuolo di anime che
incontrava; ora Sasuke vedeva per la prima volta la furia e l'orrore
che aveva seminato in quei lunghi mesi, raccogliendo ovunque morte e
disperazione, godendo come il diavolo godeva dei peccati umani dei
migliaia e migliaia di ninja che si erano prostrati ai suoi piedi.
Non
riusciva più a distinguere se quello che aveva vissuto fosse
sogno
oppure realtà, se fosse vivo o morto: tutte le certezze si
fecero
dubbi. Quella figura, gli doleva pensarlo, l'aveva scombussolato,
tutta la sua sicurezza era andata bellamente a farsi benedire e, ad
essa, si sostituiva il più cupo terrore. Le labbra della
Morte si
erano mosse in modo cadaverico, bianche come il latte e con una
curvatura inspiegabilmente obliqua che aveva del macabro, facendolo
ricredere circa il proprio auto-controllo.
«Sembra
quasi che tu abbia visto un fantasma»
Le
formalità adesso cessarono, l'unica cosa che parve ridestare
il
silenzio spettrale venutosi a creare era la figura onirica e, a
tratti, surreale della donna.
Sasuke
non gli rispose, non avrebbe obbiettato assolutamente nulla, si
considerava già abbastanza turbato per ciò che
stava vedendo e
colloquiare era l'ultimo dei suoi pensieri.
«Mi
duole informarti che fra poco lo sarai davvero, Sasuke.»
Il
volto del ragazzo impallidì; alzò gli occhi
all'istante, osservando
le labbra rosse – non le ricordava così scure.
Quelle labbra,
dannatamente sensuali, gli sembravano tinte di sangue, piuttosto che
di una miscela vera e propria – della giovine; poi, in un
lampo, si
leccò la parte superiore ed inferiore delle labbra.
«Sono
morto in battaglia, vero?»
Silenzio.
La donna piegò le labbra, in modo piuttosto sinistro; poi,
dopo aver
ispezionato bene la zona, si diresse in una direzione. In
verità
fece ritorno dopo alcuni minuti, ma ciò che recava in mano
mise alla
prova lo scetticismo del ragazzo che si sentiva impallidire e venire
meno. Ella teneva con un braccio la tunica bianca – ora rosso
sangue – di Sasuke, quasi fosse un panno sporco.
«Non
tutte le battaglie sono fatte per essere vinte.»
La
Morte parlava come se dalla sua bocca uscissero grandi perle di
saggezza, verità che parevano scandalizzare persino
l'imperturbabile
Sasuke Uchiha, improvvisamente scosso, confuso, scombussolato... Cosa
stava accadendo? Non riusciva più a distinguer il sogno e a
percepire la realtà, davanti i suoi occhi ogni cosa
apparentemente
reale in verità era un teatro, una finzione, un palcoscenico
che
l'aveva visto protagonista ed antagonista, vinto e vincitore, bene e
male. In quel momento i dubbi presero il sopravvento, davanti il
proprio corpo martoriato in battaglia poteva solamente trasalire,
sentendosi piccato nell'orgoglio. Sì, l'orgoglio, una bestia
persino
peggiore dell'odio, malevolo quanto bastava per farlo sentire
inferiore.
La
donna gli tese la mano, quasi intimandogli di lasciar perdere i falsi
e banali convenevoli e di seguirlo senza troppe costrizioni.
«Dammi
la mano, Sasuke. Credevi di aver vinto, ma non sai forse che non
sempre una vittoria equivale ad una vera vincita e una perdita a
volte può essere una vittoria. Chi ha vinto, ti chiederai...
Ebbene,
guarda coi tuoi stessi occhi.»
Sasuke
si lasciò guidare dalla donna, che gli mostrò con
l'ausilio della
divina falce cosa ne era rimasto di Konoha, com'era stata ridotta e
putrefatta in cenere. Ora gli abitanti erano nient'altro che cibo per
avvoltoi, tanti uccelli neri stavano già partecipando ad un
raduno
di massa. Solo le generazioni a venire avrebbero raccontato quello
che era successo quel giorno, ormai storico, forse avrebbero
modificato la storia, l'avrebbero romanzata, aggiungendo una serie si
frivolezze che non avevano nulla a che vedere coi sentimenti di
guerra, ma i nomi di Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha e Sakura Haruno
sarebbero rimasti scolpiti sopra le macerie di Konoha – anche
quando sarebbe stato ricostruito il Villaggio, perché loro
sarebbero
rimasti nella memoria di tutti.
L'ultima
cosa che vide fu un desolante palcoscenico, in cui si era visto
protagonista; guardò in alto, il sole corallo ora stava
diventando
meno acceso, segno che tutto era finito.
Veramente
finito.
E
della vana gloria, dell'orgoglio e tali altri sentimenti cosa se ne
era fatto?
Esiste
un punto da cui non si può far più ritorno, tutto
ciò che è bene
viene oscurato dal male e non sempre la propria coscienza riesce a
decidere.
La
Dea Morte, figura amara ma che l'aveva guidato fino a quel momento,
voleva rammentargli proprio questo, quando ormai le conseguenze
dell'odio e del rancore avevano predominato e la via che conduceva al
bene era perduta per l'eternità.
Fine.
E il
polpettone finì XD. Anzitutto, scusatemi per non aver
ringraziato nessuno, ma sono riuscita ad avere nuovamente il pc in mano
da poco, ._.
Anzitutto voglio ringraziare Ainsel, non pensavo che ti soffermassi a
leggere questo polpettone ^^... Grazie per i complimenti, ultimamente
però
di SasuSaku se ne vedono poche ;_;... Dobbiamo popolare il fandom *_*.
Poi, ringrazio Ainsel e NemesisLostControl per aver inserito questa
storia
tra le preferite e dubhe93 e SaphiraLearqueen per averla inserita tra
le seguite. Inoltre, potete ammirare i magnifici bannerini che ho
ricevuto * c'è addirittura
la figura della morte *O*, che bello XD * e posso dire che sto
collezionando molti Premi Angst ultimamente, ma ne sono felice *_*. Ci
tengo a precisare che l'immagine iniziale,
quella sotto alla parola "Epilogo" è stata modificata,
colorata, graficata da me... Il tutto per rovinare l'immagine reale
XD... No, vabeh, scherzi a parte è un vero
schifo, però mi si era fissata questa immagine nella mente,
mentre scrivevo la guardavo continuamente *_*. Et voilà!
Or dunque, non mi resta che sperare che il finale non vi abbia deluso,
ma, in cuor mio, spero piuttosto che vi abbia sorpresi.
A presto cari lettori,
Kiki, :).
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