Under the same sky

di KikiWhiteFly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Prologo ***
Capitolo 2: *** Primo capitolo. ***
Capitolo 3: *** Secondo capitolo. ***
Capitolo 4: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** 1. Prologo ***


Angst Power!

Note dell'autore pre-lettura: Un paio di noticine (i miei soliti sermoni ù_ù): non a caso il titolo è il motto delle black panthers, nostre esimie colleghe, americane... 
Sotto lo stesso cielo, letteralmente, è il vero senso della mia storia (Si svolge proprio sotto un cielo, nominato più volte. Ricorre spesso l'espressione “sole di corallo” 
per indicare proprio la crudeltà della scena, il cielo è rosso sangue, si sta consumando una battaglia di leoni, le scene non sono solo nominate, bensì menzionate, 
ecco perché ho alzato il rating da verde a giallo). Una storia che – sempre, non a caso – ci ho messo parecchio a scrivere, spesso mi sono dovuta fermare, 
quasi mi stava assorbendo. Specialmente il fatto di aver inserito un nuovo personaggio – la Morte, scritto con la lettera grande non casualmente ma 
proprio perché l'ho voluta come personificazione, quasi fosse una persona che agisce accanto a Sasuke – è stato parecchio difficile gestire una figura 
così onirica.

Anche se può sembrare una storia “fatta” – nel senso di già letta – in verità non è così, in quanto alla fine viene sviscerato tutto, 
il lettore ne dovrebbe rimanere colpito – o, perlomeno, mi auguro che sia così XD.

Or dunque, spero ti piaccia. Una delle mie ship preferite, mischiate ad una buona dose di angst e un romanticismo velato, 
quasi masochistico – Sasuke e Sakura probabilmente si amano nella mia storia (poi l'interpretazione è personale, beninteso) 
ma il loro è un amore masochistico.
Buona lettura ^^

Frase scelta: Vederli morire, senza poter far nulla, questa è stata la mia guerra.





Under the same sky






Prologo.





La lama affilata brillò dietro un tramonto più acceso che mai: era un sole di corallo, dipinto su uno sfondo arancio che dominava gran parte del mondo. 
Si sentirono sospiri affannati, altri morenti, talvolta affaticati. Si udivano campane di morte – immaginari rintocchi – 
pareva di vedere la
dea Morte che, dal canto suo, era costretta ad adempiere ai propri doveri.

Ella, regina, si avvicinava con passo lento e cadenzato, determinata e violenta; l'aggressiva falce su una mano, l'orgoglio di una tramite dall'altra. 
La sua veste era un insieme di stoffe, nient'altro che morbidi teli che assumevano pieghe deformate stando al suo passo e alla voce del ristoratore vento d'inizio inverno.
Sasuke, vinto e vincitore al tempo stesso, riusciva a scorgere quella figura angelica e tetra, un diavolo o forse un angelo – non gli era ben chiara la differenza, le morbide 
labbra della figura attentavano il suo controllo – camminava avvolta nella fitta nebbia e il suono dei suoi passi non era udibile sul terreno fangoso. 
La sua lama decretava con infida bontà il destino di ogni essere umano, era sempre intagliata alla perfezione, pulita con estrema accortezza, 
provocatrice e assassina; le povere anime che cadevano ai suoi piedi sembravano troppo attente a osservare la lucentezza di quel diamante, per studiarne l'affilatura.

«Vuoi forse farmi credere che sei venuta a prenderli... tutti?»

Quanto dolore, quanta dolciastra presunzione in quelle peccaminose parole.

«Straniero» morbida la voce della donna, eppure non si fletteva nemmeno un secondo, ella era convinta di esser sempre la giustizia e nessuno poteva 
disubbidire al suo divino volere. «Mi vedete?»

Con una semplice domanda riusciva a confonder i sensi del ragazzo e quest'ultimo, leggermente atterrito dalla figura femminile che aveva davanti, 
decise di rimetter la fedele Kusanagi al proprio posto, nel fodero. Asserì col capo, era un tipo di poche parole.
La figura inclinò le labbra in una strana angolazione, un astuto sorriso che l'Uchiha non riusciva a catalogare con un aggettivo. 
Le labbra – rosse come il pesco, il ciliegio e il sangue non potrebbero mai esserlo! – si schiusero, mostrando una dentatura oltremodo perfetta: quel demonio lo 
voleva trarre in inganno forse, acuendo i suoi riflessi pronti nel sol modo in cui era capace.

«Certo. Chi siete?»

Si rivolse a lei in maniera formale, incuriosito.

«Chi ti sembro, Sasuke Uchiha? Non sono forse la consapevolezza, la giustizia, la coscienza e Dio solo sa quali altri ideali incarno in me? 
Io sono la dannazione di tutti gli uomini e le donne esistenti in questo vasto pianeta. Veloce e indolore o lenta e agognata, se preferisci.»

L'Uchiha le puntò un dito contro, scegliendo le parole più giuste. Poi, guardando la radura dissanguata attorno a sé – scoprendo nelle sue mani ogni goccia di 
sangue versata da quelli che anni prima aveva denominato suoi amici – capì, finalmente.

«Morte.»

Ed era con una parola che il tono della sua voce divenne incerto, il corpo più molleggiante, i riflessi meno ligi al proprio dovere. 
La donna annuì col capo, poi, impugnò con maggior potenza la fedele falciatrice e raccolse una ad una le anime dei corpi, non provando il benché minimo 
disgusto – men che meno sensibilità – nell'afferrare per un braccio i loro cadaveri, ormai inutili.

Uccisi tutti, dalle crudeli e temibili mani di un assassino, un demonio, forse l'incarnazione del diavolo stesso.

Li aveva uccisi... E li aveva visti morire.

In entrambi i casi non si era curato di far nulla: era stata la sua coscienza a decidere per lui.



Vederli morire, senza poter far nulla, questa è stata la mia guerra.











Note dell'autore post-lettura:


Questa storia si è classificata terza all'Iliade Contest indetto da Mayumi_san, sul forum di Efp ed è vincitrice del Premio Angst.


Gentili lettori, questa probabilmente è una delle storie più angst della mia “carriera” (per così dire XD) l'ultima che ho scritto 
di pari intensità e con lo stesso pairing è stata “Cuore di zingara” ma quella, d'altronde, era un Alternative Universe. 
La cosa ai tempi mi lasciò oltremodo soddisfatta di me stessa, ma, essendo una storia ambientata in un universo completamente diverso dal mondo narutiano, 
non ne ero pienamente entusiasta. Con questa – pur essendo una What If, è ambientata nel “vero ambiente” con in corso un'ipotetica e ormai sempre più 
probabile battaglia – mi sono sentita abbastanza soddisfatta, in quanto amo questo pairing quasi ossessivamente
– altresì chiamato fangirlamento questa strana malattia *_* – e sono felice di non essere caduta nel banale, anche se, come leggerete in seguito,
alcune cose possono parere piuttosto scontate; ma, dovete sapere, il tutto è stato fatto con la sola finalità di far sembrar reale i fatti, 
così da coinvolgere un po' anche voi.

Devo inoltre informarvi che questa storia mi ha completamente assorbita, tant'è che non ne ero mai soddisfatta abbastanza 
– ho dovuto chiedere un paio di proroghe, di questo mi scuso ancora con gli altri partecipanti T_T – ma alla fine ce l'ho fatta. 
Dunque, mi chiederete anche l'attinenza alla frase – cosa che poi mi ha sottolineato anche la giudice, avrei dovuto spiegarlo nelle note 
– che in realtà è un po' contorta: Vederli morire, senza poter far nulla, questa è stata la mia guerra; ebbene Sasuke è vinto e vincitore allo stesso tempo, 
ha ucciso ed ha visto morire, ma è arrivato ad un punto che non si domandava neppure più cosa stesse facendo, quali terribili azioni stesse compiendo. 
Non vuol essere una giustificazione, beninteso, semplicemente la sua psiche che ha superato di gran lungo la sua coscienza, inducendolo a compiere 
gesti così deplorevoli, che non si è nemmeno preso la briga di riflettere su di essi con maggior accortezza.

Ultimissima cosa: ho sistemato un po' la grammatica, in effetti c'erano errori di virgole e vari altri passaggi che non avevo controllato bene,
ma perlomeno alle cinque di mattina davanti al computer e mezza assonnata ero abbastanza sveglia da prendere un voto decente in grammatica XD.

Grazie alla giudice per l'oculare precisione con cui ha sottolineato i miei errori e un complimenti a tutti gli altri partecipanti, 
davvero non credevo di poter arrivare al podio, invero, specialmente con nomi così importanti *-*.

Al prossimo capitolo, mie care black panthers!

Kiki-chan <3

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Capitolo 2
*** Primo capitolo. ***


Under the same sky

Primo Capitolo.




Quel giorno Sakura si era svegliata con uno strano presentimento, probabilmente dovuto ai tetri spettri della notte; si era alzata con un mal di testa a tratti violento, 
ma cercò di non dar troppa importanza a quella leggera emicrania, non in quel momento. Aveva riposato un paio d'ore o poco più, il tempo concessole per far 
distendere bene i muscoli indolenziti e lasciar assorbire il dolore provocatole in battaglia. Non vi era da stupirsi, poi, se improvvisamente fossero scattati colpi a 
vuoto o fossero ruotati kunai e shuriken. Era tempo di stare allerta, quello, Sakura questo lo rammentava bene. Dunque, quando aprì le palpebre e realizzò di trovarsi
ancora sul suolo erboso, a pochi metri di distanza dal fuoco ormai spento, fece un gran sospiro di sollievo. Le iridi smeraldine volsero al cielo plumbeo, 
parzialmente annebbiato. S'intravedeva una fitta foschia da un lato, dove si era prossimi alle montagne, mentre dall'altro c'era ancora un barlume 
limpido – di speranza?

«Sakura-chan...»

Un tono basso e non troppo rumoroso la fece scattare, conosceva solo una persona a cui era concesso chiamarla in quel modo e la ragazza 
incontrò il suo sorriso bonario proprio a pochi metri da lei, parallelamente al suo volto. 
Quello sciocco le stava coprendo la vista d'una nuvola, come al solito non sapeva stare al proprio posto.

«Mi togli l'aria, baka.»

Bastò quella semplice frase, tagliente e affilata come una lama, a farlo capitolare. 
Il sorriso cristallino che aveva intravisto tra una guancia e l'altra si rabbuiò poco a poco, fino a spegnersi lentamente.

Sakura scosse il capo, con una certa fermezza, acconciandosi i capelli in modo quanto meno decente; sentì solo allora una pioggerella, aghi che
puntavano dritti alla sua pelle, anch'essi taglienti.

Cominciò a pensare che quella zona fosse una congiura, tutto sembrava volger contro, il pericolo di morte s'odorava, si sentiva, si avvicinava con 
qualche astruso strumento in loro direzione. Ed era cosa risaputa: l'unica cosa che un essere umano non poteva fare a meno di fermare era il proprio destino.

Egli, in qualche modo imparentato con la dea Morte, qualificato dunque a condannare gli uomini giusti – perché era così che funzionava, ormai, nel mondo – 
e portare fortuna a coloro che son ricchi per meriti non propri, avari però di bontà.

E, sulla base di quelle nuove scoperte, Sakura si trovò a fare i conti con la realtà, capendo d'un tratto quanto la vita fosse ingiusta, per certi versi.

«Ormai è quasi ora.»

Bisbigliò Naruto, in tono imperioso.

Sakura lo precedette, dopo essersi curata di aver preso tutto l'occorrente. Stava quasi per procedere in avanti – lo sguardo 
incendiato, quasi sapesse quello che le sarebbe spettato – e il capo rivolto verso l'alto; Naruto si fermò qualche istante ad osservare l'espressione dell'amica, 
non l'aveva mai vista così sicura. Qualcosa, però, frenò il braccio di Sakura, un contatto freddo a primo acchito. 
Naruto le aveva bloccato il braccio, una morsa stretta quanto bastava a farle bloccare l'intera circolazione sanguigna.

«Cosa c'è?»

Disse lei, quasi infastidita da quel gesto. Non si potevano permettere di perdere tempo, in nessun modo possibile: era tempo di guerra, quello, 
le emozioni e i sentimenti non erano adatti ad uno scenario così macabro.

«Questa potrebbe essere l'ultima volta che ci vediamo... Sakura-chan.»

Il ragazzo chinò il capo, palesando una certa insofferenza. Sakura allora, con leggerezza estrema, gli prese anche l'altro braccio, 
fino ad arrivare alla sua mano e a sovrapporla alla propria.

«Potrebbe...» proferì, con amarezza. «... ma questo non vuol dire che dovrebbe

Gli occhi cerulei di Naruto si specchiarono nei suoi cercando un abbraccio, una carezza, un qualsiasi gesto che avesse dell'affettuoso.

«Non guardarmi così, Sakura-chan. Ti prego.» ritrasse lo sguardo il ragazzo, affascinato o forse infastidito dal gesto che gli era stato riservato. 
«Se il fatto che ti amo – lo sai, ormai – conta qualcosa, non guardarmi così.»

Proprio qualche giorno prima Naruto le si era dichiarato. 
Sakura aveva sospettato negli ultimi tempi qualcosa, ma non aveva pensato di certo ad una prova d'amore così, servita su un piatto d'argento. 
Quella sera aveva cercato di sfuggire dallo sguardo indagatore e innamorato dell'amico, ma alla fine aveva dovuto fare i conti con il cuore, 
chiedendosi quale fosse la risposta. E, con enorme rammarico, dovette convenire dandosi della stupida: cosa desiderava di più? 
Poteva avere un ragazzo – un vero ragazzo e non un sogno, come lo era ormai da anni l'altro – e si era lasciata sfuggire l'occasione. 
Con una sola parola – Sasuke – aveva visto il fiore della giovinezza che disegnava i suoi lineamenti appassire, tramutandosi in un serio e cupo sguardo. 
Le doleva ancora, ma, dopotutto, come poteva ingannarsi e ingannarlo? Ingannare gli altri equivale ad ingannare se stessi, assomiglia un po' ad 
un omicidio, in quanto, quando lo si commette si conosce il colpevole, ma anche la vittima.

La cosa che le faceva più male era essere il colpevole... Colpevole mille volte! Naruto l'amava, la stimava, la considerava in un modo che Sasuke non 
si sarebbe nemmeno sognato di pensare, la desiderava non solo come un uomo innamorato, bensì come colui che venerava una divinità, 
in piena contemplazione dell'eterna e immutabile bellezza interiore ed esteriore che possedeva.

Perché? – si domandava di notte, torcendosi in mille pensieri, soffrendo quando il pensiero di colui che era stato il primo amore, ma anche 
l'amore attuale, la disturbava.

Allora le certezze venivano meno, i dissidi interiori erano all'ordine del giorno. La sensibilità di un cuore innamorato è tanto fragile quanto duro: 
più si rafforza, tanto più si frantuma, nel giro di un millesimo di secondo. Serviva a quello innamorarsi? – si chiedeva abitualmente, tra una lacrima
e un sorriso di cartapesta per attenuare il dolore.

Giurare eterno riposo al proprio cuore non era un bel modo di andare avanti, anzi, più soffriva più tornava indietro con la memoria, 
ripescando ricordanze che sembravano sepolte.

«Perdonami, Naruto.» bisbigliò Sakura, incespicando in qualche lacrima assassina. «Perdonami come ad un'assassina si potrebbe perdonare un reato, 
perché quello che amo merita davvero di esser punito.»

D'un tratto non sentì più la stretta amica, Naruto l'aveva lasciata andare. Vide solamente il suo sguardo perduto, assente, forse piccato nell'animo. 
Un sorriso mesto indugiò con amarezza sulle sue labbra, ormai denigrate in ogni maniera possibile.

Sakura non lo vide più: una folata di vento investì armonicamente i suoi capelli, poi, più nulla.
Una lacrima giustiziò indegnamente il suo zigomo, solitaria e crudele come solo l'amarezza sa esserlo.






Sakura si alzò poco a poco, con le mani piuttosto doloranti. Le ginocchia le chiedevano pietà, date le numerose ferite che l'avevano costretta più volte 
a cadere, sottomettendosi al dolore. I due occhi smeraldo cercarono la figura di Tsunade-Sama, di Yamato-Sensei, di Kakashi-Sensei... Persino di Naruto 
– l'aveva immaginato gettarsi in pista con il suo solito fare brioso, completamente estraneo alla razionalità – ma non fu tentata di pronunciare i loro nomi 
ad alta voce, quell'inquietante silenzio stava seriamente mettendo a dura prova il suo coraggio. Faticò ad ergersi in piedi, all'iniziò ciondolò un po', ma
si mantenne ad una roccia nei paraggi. Quando si sentì abbastanza sicura abbandonò anche quella presa, ma, con suo rammarico, lo spettacolo che vide non
gli piacque affatto: dalle sue mani colava un liquido vermiglio, quasi inorridì osservandolo.

Durante la sua vita da medic-ninja aveva visto tante persone morire, aveva pregato fino all'ultimo che il loro sangue fosse risparmiato, trattenendolo addirittura
sulle sue mani quando le era possibile. Ma, quella volta, quel sangue non era solo rosso, bensì anche nero e sembrava volerle dire qualcosa, come ad avvisarla 
di uno spettacolo a cui non era stata invitata, men che meno ne aveva preso parte.

E, spostando lo sguardo oltre la semplice visuale delle proprie mani, vide una serie di corpi martoriati e gettati insieme, uno sopra l'altro, 
quasi fossero un castello di anime ormai andate in pezzi, uno scenario in cui il rosso era l'unico dolore che predominava.

Le parve addirittura di vedere le loro anime salire verso l'alto e i loro sguardi sorriderle per un'ultima volta. Erano davvero morti tutti? 
I suoi insegnanti, suoi mentori, sue guide, li vedeva li uni accanto agli altri, nei loro volti la vita si era spenta e ciò che ne restava era solo il ricordo,
delle leggende che presto o tardi si sarebbero tramandate, di padre in figlio, generazione dopo generazione.

Tutti i suoi amici, ogni cosa, ogni costruzione, persino i dettagli di Konoha che fino ad allora aveva odiato, tutto era stato distrutto e, in quel momento, 
vide solo macerie a terra, camminava e calpestava il Villaggio sotto di lei, ben attenta a non pestare l'orgoglio dei ninja che avevano dato la vita per difenderla.

Poi, mentre s'addentrava con passo lento e cadenzato nella foresta delle anime, qualcosa attirò in particolar attenzione il suo sguardo: Sasuke Uchiha,
la lama impugnata con orgoglio da una parte e la vittoria in tasca dall'altra, agiva in religioso silenzio, uccidendo gli ultimi respiri degli abitanti di 
Konoha, proprio sotto di lui.

La ragazza strinse i pugni con forza, talmente tanto che le nocche parvero arrossarsi anch'esse di rabbia, i suoi occhi dapprima piangenti, frastornati dal macabro
spettacolo che aveva veduto senza il minimo rispetto per quella popolazione che le aveva dato tanto, ora brillavano di un colore estraneo al suo volto, un misto
tra il rosso più acceso e il nero più cupo.

«Sasuke Uchiha»

Lo chiamò ad alta voce, sperando di aver attirato la sua attenzione; così fu, perché un istante dopo vide il corpo del ragazzo dirigersi in sua direzione, 
leggermente sbigottito. Non credeva davvero che quell'inutile ragazza avrebbe mantenuto la pelle fino a quel punto. 
Per un buon minuto i loro sguardi si scontrarono, travolti da un tripudio di emozioni, di parole dette e non dette, di silenzi che
precedevano un aspro scontro.

Addio sentimenti – proferì a bassa voce, pronta come una leonessa in battaglia a dare il massimo di sé.




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Capitolo 3
*** Secondo capitolo. ***


Under the same sky

Secondo Capitolo.








Davanti i suoi occhi c'era solamente una radura rossa, come il sangue versato dai ninja di Konoha. Il silenzio era l'anima di tutto, il sol conforto, il sol abbraccio. 
Un'altra mano divenne inutile, si mosse qualche secondo e poi morì sul suolo, sotterrata dalla terra bruna. Sasuke ghignò di compiacimento, sfoderando la fedele 
kusanagi davanti al sole acceso, come per glorificare quella vittoria.

«Non così presto, Sasuke.»

Udì una voce, un lieve ronzio invero, acuto quanto bastava per farlo voltare dalla parte opposta. La vide: pallida e tremante, faticava ad ergersi sulle proprie gambe,
aveva numerose ferite ancora non cicatrizzate lungo tutto il corpo.

«Spero vivamente che tu sia in vena di scherzare, Haruno.»

Per dimostrarle l'inconsapevolezza delle sue parole Sasuke ritrasse l'arma, riponendola al proprio posto. Allora Sakura si avvicinò, gemette più volte per il dolore 
e, dal punto di vista dell'Uchiha, poteva fare addirittura pena. Egli l'aspettava, a braccia conserte, come se ignorasse totalmente la sua presenza; forse aveva avuto la
fortuna di rimaner viva fino a quel momento, di aver vissuto ogni attimo dell'aspra guerra che si era venuta a creare, ma non avrebbe retto ancora per molto. 
Risparmiarla non era nelle sue intenzioni, ma godersi il macabro spettacolo della sua caduta era davvero troppo per lui.

«Scherzare... Nonostante in guerra e in amore tutto è lecito, non è nelle mie vene scherzare»

Cacciò fuori un kunai, osservò per un attimo la lama scintillare davanti il cocente sole, poi guardò Sasuke negli occhi, un misero secondo che valse un'eternità. 
In un attimo, fu un incrocio di braccia e mani, di false cadute e reali ferite, il filo che tagliava la vita di un essere umano era sottilissimo ma anche labile.

D'un tratto Sasuke sentì un rivolo di sangue pizzicargli la guancia, appena sotto le ciglia. Aveva sottovalutato la ragazza, senza dubbio, indi, dovette indietreggiare pochi
metri per strusciare contro la propria pelle la parte superiore del kimono. Sakura lo stava osservando, compiaciuta di se stessa, come se avesse appena lottato contro una 
grande minaccia e ne fosse uscita vittoriosa. Il suo corpo aveva ripreso nuovo vigore, il colore della pelle era tornato di nuovo come prima, di un piacevole rosato, le 
ferite in battaglia erano nient'altro che cicatrici, ormai risanate.

La forza di volontà può tutto: basta volere una cosa, lottare il più possibile per difenderla ed ecco che essa si realizza. L'impegno, la costanza, la forza, la pazienza, sono
tutte virtù che s'acquisiscono con tenacia e determinazione, senza mai flettersi un secondo. Guardare in basso non è auspicabile, si vedrebbe solamente il passato, quello
che eravamo e non saremo più.

Sakura aveva continuato quindi a guardare avanti, allenandosi giorno dopo giorno, merito anche degli insegnamenti di Tsunade-Sama – mollò per un momento il suo
coraggio, osservando il corpo dell'Hokage disteso accanto a centinaia e centinaia, aveva dato la vita per difendere una carica che in fondo non voleva, una patria che 
non le apparteneva – ma la vera forza l'aveva trovata dentro se stessa, indi, in quel momento pensò davvero di essersi meritata un applauso morale.

Aveva a lungo pensato a come sarebbe stato il giorno prediletto da molti, a quali pericoli sarebbe andata incontro; non aveva, invece, minimamente tenuto in conto
il fatto che sarebbe stata l'unica a rimanere viva e a dover affrontare il temibile Sasuke Uchiha.

Vide il ragazzo digrignare i denti, come il cane che si prepara all'assalto, poi tirò fuori la kusanagi, impugnandola con fare spavaldo; l'aveva presa sul serio, finalmente.

«Sei stupida Haruno.» disse, pulendo con la manica la spada. «L'ora della tua morte decreterà l'ora della mia vita e della mia vittoria.»

Sakura lo sapeva benissimo: non aveva speranze contro di lui; ma perché nascondersi al riparo di una roccia piuttosto che affrontarlo direttamente? 
Non era anche quella una prova di fedeltà al proprio villaggio?

Eppure, le mancò un battito. Per lui qualche settimana prima si sarebbe spinta ad abbandonare tutto, pur di stargli accanto, amarlo – forse senza essere ricambiata,
ma una donna innamorata vede solo il proprio amore, quello che può donare, poco importa se non lo può ricevere – ed essere per lui quelli

che in tanti anni gli erano mancati. Un genitore, un'amica, una sorella... Qualsiasi cosa purché smettesse di macellare sangue e vittime lungo il suo cammino e 
abbandonasse quella vendetta che di nobile non possedeva proprio nulla.

Le labbra carnose della ragazza tremarono qualche secondo, poi, una raffica di vento investì i suoi capelli. Lo avvertiva: Sasuke era dietro di lei, voltarsi non sarebbe
servito assolutamente a nulla, la sua velocità comparata alla sua forza non aveva pari.

«L'ultima parola?»

La spada timorosamente puntata alla sua giugulare, il suo braccio che andava ad impattare contro la sua spalla, il tessuto quasi tangente alla pelle... Sakura
dovette richiamare tutta la forza di volontà che l'aveva spinta ad affrontarlo, poi, con estrema delicatezza e un timbro più sottile del normale, gli disse: 
«Te ne pentirai.»

Aveva mantenuto un tono di voce autoritario, nonostante i fremiti di paura che le scorrevano lungo il corpo, specialmente nelle parti più sensibili, come
la colonna vertebrale. A quel punto le parve che Sasuke avesse trattenuto la spada, senza infilarla nemmeno nella sua pelle, raccogliendo la prima goccia di 
sangue che sarebbe zampillata direttamente sulla lama.

Non aveva mutato i suoi intenti per qualche parolina dolce, non era nei suoi canoni. Sakura si voltò, di scatto, incontrando il volto del ragazzo, ad una spanna dal 
proprio viso. Gli occhi ossidiana si specchiarono in quelli della ragazza, due smeraldi lucenti, la sfumatura che vi vedeva riflessi in essi in quel momento non era di
malvagità, anzi, le parve di vederli per la prima volta.

«Adesso puoi.»

Disse Sakura, prendendogli con forza la mano – ignorando il battito accelerato del cuore – e portando la spada al suo collo. La ragazza ingoiò il boccone dell'amara
sconfitta, vide per l'ultima volta i contorni di tutto ciò che le sembrava reale ma che, presto, sarebbe diventato tutto frutto di un sogno, nella nuova dimensione che
l'avrebbe accolta si sarebbe purgata, dimenticando ogni pena terrena.

Sasuke inclinò il capo, studiando con magistrale precisione quale punto attaccare, eppure, se si guardavano attentamente i suoi lineamenti, qualcosa sembrava attentare
al proprio controllo, quasi volesse reprimere la voglia di uccidere.

«Non le decido io le regole in guerra, Haruno...» mormorò, osservando per l'ultima volta il capo color pastello della ragazza, studiando il suo corpo ormai diventato 
adulto, cresciuto con tanta grazia... Ma che, ben presto, sarebbe appassito con altrettanta impazienza.

«Nonostante tutto Sasuke, io sarei disposta a seguirti» qualche lacrima scivolosa si stazionò sul suo volto. «L'odio nell'amore è la cosa più masochistica che abbia mai 
conosciuto», proferì, ottenendo l'attenzione del ragazzo. «Ma anche la più romantica. Ne conosco solo una alla pari»

Il volto del ragazzo sembrava chiedere un “cioè?” ma, anche quella volta, non si scompose più di tanto. «L'amore nell'odio.»

Sotto il cielo color cremisi sembrarono tuonare quelle parole; la volta celeste dovette quasi inchinarsi davanti a quella prova d'amore indiscutibilmente reale e, 
convenendo giusto dare un segno della propria presenza, iniziò a piovere, copiosamente.

Quella pioggerellina sottile, come tanti piccoli aghi acuminati, non sembrava tangere minimamente sulle loro figure, non davano il minimo segno di sensibilità di fronte
a tali e naturali fenomeni. Nonostante l'acqua piovana grandinasse sui loro volti nessuno dei due dava un segno, anche impercettibile, di mutamento.

«Belle parole Haruno» sembrò beffeggiarla, il suo sorriso sghembo quasi applaudiva di fronte a tale dichiarazione d'amore. «Ma senza contenuto» aggiunse un
attimo dopo, premendo con più forza alla sua gola.

In seguito un urlo squarciò il cielo e tanti avvoltoi si levarono in aria, spaventati. L'ultimo abitante di Konoha era scomparso, e, con esso, si era compiuta la sua vendetta. 
Sasuke osservò la pozza di sangue allargarsi sotto i propri piedi, infangò perfino le sue scarpe; vide la gola della ragazza martoriata dalla sua spada che, con nobile maestria,
aveva adempiuto ancora una volta al proprio dovere. Il ragazzo, prima di ripulirla, si soffermò sulla linea rossastra che colava verticalmente, rivedendo i tratti di Sakura 
all'interno della lama: il suo volto disperato, la voce intimorita, le lacrime che con fatica aveva trattenuto, l'ultimo singulto prima di cadere nel più abissale silenzio, 
crollando come un misero essere umano sul tappeto che era il suolo insanguinato.

Ben presto i loro resti sarebbero stati mangiati da un uccello migratore, pensò Sasuke, osservando ancora una volta il cielo terso. Niente più rossastre nubi, 
solamente uno scenario grigiastro, mescolato ad un'anima nera che viaggiava con passo lento e cadenzato sulla strada ormai deserta, non curandosi minimamente
di pestare i cadaveri che incontrava, palesando un menefreghismo degno di un traditore della patria o di un assassino.

D'un tratto si fermò sopra una roccia spigolosa, poggiando la schiena provata dal duro combattimento. Vide una carrellata di immagini che scorrevano come diapositive
di un filmato, ma la differenza stava nel fatto che esse erano vere, reali... E Sasuke per un attimo venne meno, finché non vide uno strano bagliore – si avvicinava sempre
di più – e la figura angelica di un demone o forse un angelo, che sembrava il suo ritratto al femminile.

***

Note

Il prossimo è l'ultimo capitolo, l'epilogo. In esso saranno contenuti tutti i ringraziamenti, ringrazio anticipatamente 
tutti coloro che si sono soffermati a leggere il secondo capitolo :). 

Kiki-chan <3

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Capitolo 4
*** Epilogo. ***


Under the same sky

Epilogo.





La donna stava raccogliendo i cadaveri – o meglio, le loro anime – che erano morti in battaglia, in religioso silenzio, e, al contempo, in modo autoritario. Dopo la breve chiacchierata che avevano avuto Sasuke stentava a mantenere un certo controllo, chiedendosi per quale motivo vedesse quella figura, se non fosse frutto di un'ardita fantasia o di un sogno; d'un tratto mille congetture si formarono nella sua mente.

«Sono morto, non è vero?»

Si rivolse alla figura con un tono disperato, come se già conoscesse la risposta. La donna lasciò per un momento i suoi cadaveri, avanzò di pari passo con la divina falce, poi reclinò il capo e nel suo volto vide un sorriso che aveva del malevolo.

«Solo se senti di esserlo»

Gli toccò il petto con le dita ossute, fasciate solamente da un guanto di pizzo nero. La Morte – l'avrebbe chiamata così, adesso – proseguì il suo cammino, raccogliendo lo stuolo di anime che incontrava; ora Sasuke vedeva per la prima volta la furia e l'orrore che aveva seminato in quei lunghi mesi, raccogliendo ovunque morte e disperazione, godendo come il diavolo godeva dei peccati umani dei migliaia e migliaia di ninja che si erano prostrati ai suoi piedi.

Non riusciva più a distinguere se quello che aveva vissuto fosse sogno oppure realtà, se fosse vivo o morto: tutte le certezze si fecero dubbi. Quella figura, gli doleva pensarlo, l'aveva scombussolato, tutta la sua sicurezza era andata bellamente a farsi benedire e, ad essa, si sostituiva il più cupo terrore. Le labbra della Morte si erano mosse in modo cadaverico, bianche come il latte e con una curvatura inspiegabilmente obliqua che aveva del macabro, facendolo ricredere circa il proprio auto-controllo.

«Sembra quasi che tu abbia visto un fantasma»

Le formalità adesso cessarono, l'unica cosa che parve ridestare il silenzio spettrale venutosi a creare era la figura onirica e, a tratti, surreale della donna.

Sasuke non gli rispose, non avrebbe obbiettato assolutamente nulla, si considerava già abbastanza turbato per ciò che stava vedendo e colloquiare era l'ultimo dei suoi pensieri.

«Mi duole informarti che fra poco lo sarai davvero, Sasuke.»

Il volto del ragazzo impallidì; alzò gli occhi all'istante, osservando le labbra rosse – non le ricordava così scure. Quelle labbra, dannatamente sensuali, gli sembravano tinte di sangue, piuttosto che di una miscela vera e propria – della giovine; poi, in un lampo, si leccò la parte superiore ed inferiore delle labbra.

«Sono morto in battaglia, vero?»

Silenzio. La donna piegò le labbra, in modo piuttosto sinistro; poi, dopo aver ispezionato bene la zona, si diresse in una direzione. In verità fece ritorno dopo alcuni minuti, ma ciò che recava in mano mise alla prova lo scetticismo del ragazzo che si sentiva impallidire e venire meno. Ella teneva con un braccio la tunica bianca – ora rosso sangue – di Sasuke, quasi fosse un panno sporco.

«Non tutte le battaglie sono fatte per essere vinte.»

La Morte parlava come se dalla sua bocca uscissero grandi perle di saggezza, verità che parevano scandalizzare persino l'imperturbabile Sasuke Uchiha, improvvisamente scosso, confuso, scombussolato... Cosa stava accadendo? Non riusciva più a distinguer il sogno e a percepire la realtà, davanti i suoi occhi ogni cosa apparentemente reale in verità era un teatro, una finzione, un palcoscenico che l'aveva visto protagonista ed antagonista, vinto e vincitore, bene e male. In quel momento i dubbi presero il sopravvento, davanti il proprio corpo martoriato in battaglia poteva solamente trasalire, sentendosi piccato nell'orgoglio. Sì, l'orgoglio, una bestia persino peggiore dell'odio, malevolo quanto bastava per farlo sentire inferiore.

La donna gli tese la mano, quasi intimandogli di lasciar perdere i falsi e banali convenevoli e di seguirlo senza troppe costrizioni.

«Dammi la mano, Sasuke. Credevi di aver vinto, ma non sai forse che non sempre una vittoria equivale ad una vera vincita e una perdita a volte può essere una vittoria. Chi ha vinto, ti chiederai... Ebbene, guarda coi tuoi stessi occhi.»

Sasuke si lasciò guidare dalla donna, che gli mostrò con l'ausilio della divina falce cosa ne era rimasto di Konoha, com'era stata ridotta e putrefatta in cenere. Ora gli abitanti erano nient'altro che cibo per avvoltoi, tanti uccelli neri stavano già partecipando ad un raduno di massa. Solo le generazioni a venire avrebbero raccontato quello che era successo quel giorno, ormai storico, forse avrebbero modificato la storia, l'avrebbero romanzata, aggiungendo una serie si frivolezze che non avevano nulla a che vedere coi sentimenti di guerra, ma i nomi di Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha e Sakura Haruno sarebbero rimasti scolpiti sopra le macerie di Konoha – anche quando sarebbe stato ricostruito il Villaggio, perché loro sarebbero rimasti nella memoria di tutti.

L'ultima cosa che vide fu un desolante palcoscenico, in cui si era visto protagonista; guardò in alto, il sole corallo ora stava diventando meno acceso, segno che tutto era finito.

Veramente finito.

E della vana gloria, dell'orgoglio e tali altri sentimenti cosa se ne era fatto?


Esiste un punto da cui non si può far più ritorno, tutto ciò che è bene viene oscurato dal male e non sempre la propria coscienza riesce a decidere.


La Dea Morte, figura amara ma che l'aveva guidato fino a quel momento, voleva rammentargli proprio questo, quando ormai le conseguenze dell'odio e del rancore avevano predominato e la via che conduceva al bene era perduta per l'eternità.




Fine.

E il polpettone finì XD. Anzitutto, scusatemi per non aver ringraziato nessuno, ma sono riuscita ad avere nuovamente il pc in mano da poco, ._.
Anzitutto voglio ringraziare Ainsel, non pensavo che ti soffermassi a leggere questo polpettone ^^... Grazie per i complimenti, ultimamente però
di SasuSaku se ne vedono poche ;_;... Dobbiamo popolare il fandom *_*. Poi, ringrazio Ainsel e NemesisLostControl per aver inserito questa storia
tra le preferite e dubhe93 e SaphiraLearqueen per averla inserita tra le seguite. Inoltre, potete ammirare i magnifici bannerini che ho ricevuto * c'è addirittura
la figura della morte *O*, che bello XD * e posso dire che sto collezionando molti Premi Angst ultimamente, ma ne sono felice *_*. Ci tengo a precisare che l'immagine iniziale,
quella sotto alla parola "Epilogo" è stata modificata, colorata, graficata da me... Il tutto per rovinare l'immagine reale XD... No, vabeh, scherzi a parte è un vero
schifo, però mi si era fissata questa immagine nella mente, mentre scrivevo la guardavo continuamente *_*. Et voilà!
Or dunque, non mi resta che sperare che il finale non vi abbia deluso, ma, in cuor mio, spero piuttosto che vi abbia sorpresi.
A presto cari lettori,
Kiki, :).

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