Wishing On a Star [Traduzione di besemperadreamer] di Herbologist (/viewuser.php?uid=44538)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un Paradosso all'Alba ***
Capitolo 2: *** Ferito a Mezzanotte ***
Capitolo 3: *** Buttandosi il passato alle spalle ***
Capitolo 1 *** Un Paradosso all'Alba ***
Wishing On A Star
Titolo italiano: Una stella
fortunata dalla sua
Traduzione a cura di besemperadreamer
Disclaimers:
va da se
senza doverlo specificare ovviamente, ma dichiaro di non possedere
nessun personaggio di Harry Potter o il suo universo magico creato da
J.K. Rowling. Sto scrivendo questa storia puramente per divertimento e
non per trarne profitto.
N/A: questa storia deve parte della sua ispirazione al lavoro di
questi autori:
"Why Not" e "No Matter the Cost" di NorthAngel27, "A Valentine's
Quartett" di Snappettes.
Specialmente le prime due, nella mia testa, sono diventate
quasi parte del canon, e non sarei stata capace di scrivere una
Snape/Sinistra, senza esserne influenzata. Sono grandi storie che vi
raccomando di leggere.
Note della traduttrice:
ovviamente l'autrice si riferisce a storie in inglese che non ho
tradotto. Come specifica lei, ad ogni modo, non è
assolutamente necessario leggerle per capire la storia, anche se
l'hanno di certo influenzata. Se non fosse per tutte queste email da
creare per l'account di ogni autore le tradurrei subito...vedremo!
Capitolo primo:
Un paradosso all'alba
Il sole del primo mattino che si stava levando al di sopra di Hogwarts
illuminò una scena di distruzione e di caos. I giardini
erano ricoperti dai corpi senza vita di creature differenti ed anche il
castello aveva risentito molto della battaglia. La Torre di Astronomia,
tuttavia, era ancora in piedi, scagliando la sua consistente ombra
giù nel cortile sottostante. Al di sopra della sua
piattaforma di osservazione, una piccola figura femminile poteva essere
scorta, appoggiata all'inferriata, mentre la brezza mattutina le
scombinava gli abiti e i lunghi capelli.
La professoressa Aurora Sinistra si abbandonò al vento e
chiuse gli occhi. Il suo stomaco provò a dirle che che
avrebbe dovuto essere alla festa, con tutti gli altri, ma aveva bisogno
di stare sola, ed era dimentica delle proteste dello suo stomaco come
lo era dei cerchi scuri sotto i suoi occhi ed del dolore alla schiena e
alle gambe. Come ogni altro portava i segni di una notte senza riposo,
una notte di combattimento, di timore, di lacrime, seguita da una
vittoria insperata.
Vittoria. Tu-Sai-chi non esisteva più. Gli orrori dell'anno
scorso, quando i Mangiamorte avevano spadroneggiato sulla scuola, erano
finiti. Eppure, a lei, non sembrava l'inizio, ma la fine di ogni
speranza. La stella più luminosa della sua vita era
precipitata. Quell'opprimente vuoto interiore la sovrastava come
un'enorme buco nero, che risucchiava tutta la felicità, e la
compattava in una massa di pesantezza infinita.
Lasciò scorrere le sue lacrime, che fuoriuscirono dai suoi
occhi in calde scie, ma ciò non le portò nessuna
consolazione, nessuna aiuto, nessuna liberazione. Aveva sempre saputo
che Severus era dalla loro parte. Lo conosceva meglio di qualunque
altro dei suoi colleghi, naturalmente, ma, tuttavia, era rimasta delusa
da come tutti avevano creduto prontamente al suo tradimento apparente.
Al contrario di lei, non erano riusciti a vedere come lui li stesse
invece proteggendo dal peggio. Da vera Ravenclaw, tuttavia, era stata
così saggia da non mostrare lealtà e sostegno in
suo favore apertamente. Niente, per lui, poteva essere più
pericoloso. Camminava su una linea sottile, mantenendo le apparenze di
un devoto Mangiatore che dirigeva la scuola nel miglior interesse del
Signore Oscuro, mentre preveniva i peggiori atti di crudeltà
verso gli allievi. Il meglio che aveva potuto fare era stato non
causargli alcuna difficoltà aggiuntiva, che era esattamente
il contrario di quello che si poteva dire del resto del corpo docenti,
che non aveva fatto nessun tentativo per nascondere la propria
avversione e disapprovazione. “Hai sempre detto che avresti
dovuto affrontare tutto da solo. Non hai mai contato su nessuno e
facevi bene,' pensò.
Si asciugò le lacrime con la manica dei suoi abiti blu notte
ed si lasciò sfuggire un singhiozzo rumoroso. Aveva passato
alcuni dei momenti più felici della sua vita lì
sulla Torre di Astronomia e non erano da attribuire al suo amore per le
stelle. Mentre faceva scorrere la mano sulla pietra fredda che
componeva la parete vicino a lei, le immagini del giovane, scuro,
Professore di Pozioni che la pressava proprio contro quella parete le
fluttuarono nella mente, immagini di lui che la baciava
appassionatamente, mentre le sue mani aggraziate vagavano sul suo corpo
ed i suoi occhi neri intensi sembravano volessero perforarla. Adesso
tutte quello che le era rimasto di lui erano ricordi, ma in quei
ricordi, avrebbe vissuto per sempre.
Per parecchi anni, avevano condiviso una relazione segreta ed il sesso
era stato molto soddisfacente, effettivamente. Ma mentre i suoi
sentimenti per lui erano cresciuti col passare del tempo, per lui,
sembrava che non fosse stato nulla più di una situazione di
convenienza. L'anno in cui Tu-Sai-Chi era ritornato, lui aveva chiuso
con lei senza dire neanche una parola, ma lasciandola nella certezza
che fosse finita. E mentre lui ritornava a trattarla con la stessa
distaccata formalità usata con tutti gli altri suoi
colleghi, lei lo desiderava sempre di più. Il suo cuore
batteva ogni volta che le passava oltre nei corridoi, ogni volta che
sentiva la sua voce profonda e sonora alle riunioni dei professori,
ogni volta che i loro occhi brevemente si incontravano passandosi
vicino nella biblioteca. Infatti, aveva trascorso una certa
quantità assolutamente inutile in biblioteca, nella speranza
di avere la strana opportunità di rimanere sola con lui. E
in tutti quegli anni, non aveva mai perso la speranza che un giorno,
una volta finiti quei tempi oscuri, avrebbero potuto ritornare insieme.
Ora il giorno era arrivato, ma le sue speranze si erano sgretolate.
Lentamente, discese le scale che conducevano giù dalla torre
e vagò tra i corridoi del castello, senza una meta. Ma
quando si ritrovò improvvisamente davanti all'ufficio del
preside, realizzò che aveva voluto andare
lì sin dall'inizio. Il gargoyle giaceva, frantumato, sul
pavimento e lasciò andare appena un debole gemito quando
Aurora vi passò di sopra continuando per salire la scala a
chiocciola. La porta dell'ufficio era aperta a metà.
Titubante, sentendosi come un bambino che sta facendo qualcosa di
proibito, entrò.
Non era stata all'interno di quella stanza dalla morte di Silente.
Severus aveva protetto quel posto come un santuario personale. Anche le
riunioni dei professori erano state tenute nella stanza del personale
e, per quanto ne sapeva, nessun degli altri insegnanti aveva messo
piede lì dentro durante la sua carica. Forse temeva che le
indiscrezioni di qualche ritratto lo avrebbe potuto fare scoprire?
Adesso però, sembrava che l'accesso fosse permesso a tutti.
Dando uno sguardo intorno, notò quanto poco era cambiato dal
tempo in cui Silente lo aveva occupato. Su una tavolo nell'angolo, gli
stessi strumenti d'argento curiosi ronzavano ancora e soffiavano
tranquillamente, la pertica di Fanny era ancora dietro lo scrittorio,
anche se la fenice aveva lasciato Hogwarts, e il pesante pensatoio di
pietra di Silente giaceva sul davanzale della finestra. Era come se
Severus avesse lasciato esattamente tutto come prima. “Non
hai mai pensato di appartenere qui, vero? Per te, ha continuato sempre
ad essere l'ufficio di Silente,' rifletté.
C'era poco che avrebbe potuto testimoniare che un Professore di Pozioni
aveva occupato ultimamente l'ufficio, non c'era nessuno dei vasi e le
bottiglie che contenevano sostanze viscose, o piante ed animali
marinati, che una volta avevano ornato le pareti dell'ufficio di
Severus nei sotterranei. Tranne forse per il fatto che l'armadietto da
esposizione di Dumbledore, che aveva usato per raccogliere a
suo tempo i ricordi, ora conteneva una collezione di bottiglie di
pozioni. Scrutò attraverso la lastra di vetro per leggere le
etichette, scritte con la calligrafia spigolosa e fitta di Severus :
“Pozione Senza Sogni“, "Filtro
Rinvigorente“, "Essenza del Dittamo“ "Felix
Felicis“ "Pozione Rimpolpa Sangue" “Pozione Che
Rafforza Capacità Cognitive" “Veritas Serum"
“Era naturale che avrebbe tenuto una riserva dell'essenziale"
pensò. L'autosufficienza era stata necessaria per lui
durante tutto l'anno scorso. Se soltanto avesse preso un po' della
Felix Felicis la notte prima, forse sarebbe stato ancora vivo. C'era
inoltre una fiala molto piccola, contenente un liquido chiaro, di cui
l'etichetta non portava la stessa scrittura a mano delle altre, su cui
si poteva leggere “Lacrime di Fenice" blasonate su
essa in grandi linee ampie. Si chiese se fosse stata scritta da Silente.
L'unica altra aggiunta alla stanza era il grande ritratto dietro la
sedia a forma di trono. La placca incisa d'oro nella parte inferiore
del telaio lo identificava come Silente. L'occupante, tuttavia, era
assente, così come tutti gli altri direttori e direttrici
dei tempi passati. Apparentemente anche loro erano andati nella Sala
Grande, dove era tenuta la festa.
Si piegò sopra lo scrittorio intagliato elaboratamente al di
sotto del ritratto e diede un'occhiata al pesante libro rilegato in
cuoio che era aperto su esso. Sembrato molto, molto vecchio ed era
scritto in un dialetto di rune che lei non era in grado di decifrare.
Che cosa stava leggendo Severus così prossimo alla sua
morte? Fece scorrere, quasi teneramente, la punta delle sue dita sulle
pagine, come se avesse potuto mettersi in contatto in qualche modo con
lui, toccando la pergamena su cui la mano di lui si era posata
così recentemente. Una penna nera dell'aquila giaceva sullo
scrittorio al lato del libro. La prese e con fare amoroso fece scorrere
le morbide piume sul suo palmo. L'avrebbe tenuta come segno per
ricordarle le belle mani che l'avevano usata. Chiudendo i suoi occhi,
la pressò contro il suo petto, ricordandosi come tempo
addietro quelle mani le prendevano i seni e li stringevano
delicatamente, mentre le sue labbra depositavano baci roventi dietro il
suo orecchio e la sua eccitazione pressava dietro di lei...
Venne riscossa improvvisamente della sua fantasticheria da una voce
esperta, che le si rivolgeva parlandole da dietro.
“Ah, Aurora, persa nei ricordi dell passato?"
Lei si girò, leggermente imbarazzata, sperando che la sua
espressione non la tradisse sulla natura dei suoi pensieri. Silente era
tornato nel suo ritratto e le stava sorridendo benevolo.
Ed in quel momento, ebbe un'epifania. Non avrebbe dovuto esserci un
ritratto di Severus? Secondo Minerva, il ritratto di Silente era
comparso magicamente a meno di un'ora dalla sua morte. Era antica
tradizione che chiunque avesse ricoperto la carica di Preside, non
importava se per poco tempo, venisse ricordato ai posteri allo stesso
modo. Poteva Hogwarts essere davvero così ingrata, da negare
a Severus quell'ultimo riconoscimento? Oltraggio e indignazione
proruppero nel suo cuore al pensiero di questa mancanza di
considerazione per l'uomo che aveva dato la sua vita per la loro causa.
“Albus, perché Severus non ha un ritratto come il
tuo?" chiese, amaramente.
“Perché qualcuno lo ha salvato, suppongo,"
spiegò tranquillamente l'anziano mago,
“e sono felice di vedere che quella persona sia tu, Aurora."
Qualsiasi risposta si aspettava, questa non era neppure lontanamente
vicina. Imbambolata, le ci vollero diversi secondi per elaborare
l'informazione.
“Purtroppo, penso che tu abbia torto, Albus. Non ricordo
neppure di averlo visto ieri sera," rispose stancamente ed ancora
piuttosto confusa, “e non penso nemmeno di essere stata sotto
la Maledizione Imperius."
“Ah, questo è perché non l'hai fatto
ancora," rispose Silente, i suoi occhi azzurri che mostravano il loro
caratteristico scintillio.
Al contrario della maggior parte delle persone, Aurora non aveva mai
incontrato difficoltà a seguire le dichiarazioni spesso
misteriose di Silente. Lui raramente spiegava esattamente le cose,
un'abitudine, che lei sospettava, aver acquisito dai lunghi anni di
insegnamento. Ma come Ravenclaw, doveva essere brava a
risolvere enigmi, o non sarebbe nemmeno riuscita ad entrare nella sua
Stanza Comune. E così le ci vollero solo alcuni momenti per
capire che cosa lui volesse dire.
L'unica risposta possibile, naturalmente, era viaggiare nel tempo. Come
Insegnante di Astronomia della scuola, i misteri dello spazio e del
tempo rientravano nelle sue competenze ed aveva sempre tenuto una
lezione sull'argomento nella sua classe che attendeva i GUFO. Poteva
quasi sentire la propria voce nella testa, mentre parlava ad una folla
di allievi leggermente interessati.
“I viaggi nel tempo sono pericolosi, poiché
generano una rottura nella continuità spazio-temporale in
modi che potrebbero facilmente portare voi e altri sull'orlo della
pazzia. Immaginate se vi trovaste improvvisamente di fronte al vostro
doppione del futuro! È quindi essenziale che i viaggiatori
del tempo rimangano inosservati. Dovete anche stare estremamente
attenti alle vostre azioni, poiché potreste cambiare
facilmente il corso del futuro in modi imprevedibili ed indesiderabili.
Anche con la più grande precauzione, tutto il cambiamento
che determinate conduce alla creazione di fenomeni paradossali.
Troverete cose incompatibili con la vostra comprensione del mondo e non
potrete spiegarle se non dopo, quando avrete realmente intrapreso il
viaggio. È per questo motivo che i viaggi nel tempo sono
stati regolamentati sempre rigorosamente dal Ministero. Per esempio,
non è permesso andare indietro per più di un
giorno. E recentemente, le autorità hanno deciso che i
rischi superano i benefici e che è meglio evitare del
tutto...'
Allora era questo uno dei suddetti paradossi? Non c'era nessun
ritratto, perché, nell'avvenire, lei sarebbe andata indietro
a cambiare il passato? Non c'era nessun ritratto, perché
Severus era realmente vivo? Ma per viaggiare indietro lungo l'asse di
tempo, avrebbe avuto bisogno di un Gira-Tempo ed il Ministero li aveva
distrutti tutti. No?
“Albus, non dirmi che possiedi un Gira-Tempo non autorizzato
nascosto da qualche parte?" chiese.
“Ah, nascosto non è la parola giusta" disse
l'anziano direttore, a malapena in grado di sopprimere un sorriso.
“Ma ho ritenuto che fosse prudente tenerne uno a portata di
mano. Spesso vedrai che la miglior strategia per celare qualcosa,
è di metterla in bella vista."
Allora lei capì. Si avvicinò al piccolo tavolo
nell'angolo, dove la collezione di Silente di strumenti bizzarri e
meravigliosi continuava a ronzare ed oscillare innocentemente, e
certamente, poggiato in maniera poco appariscente nel mezzo, c'era un
Gira-Tempo d'argento elaboratamente intarsiato. Non era per niente
sorpresa che il piccolo segreto dell'anziano preside fosse passato
inosservato. Poche persone avevano mai dato agli aggeggi di Silente un
secondo sguardo, pensando che fossero capricci superflui di un
eccentrico uomo anziano la cui sanità mentale era stata
messa in discussione da molti.
Con un senso di reverenza, si avvicinò per rimuovere lo
strumento prezioso dalle altre curiosità del tavolo ed si
mise la sua catena intorno al collo. Ora avrebbe solo dovuto trovare un
modo per aiutare Severus in un modo che non avrebbe compromesso gli
eventi delle ore passate.
“Albus, le lacrime di Fenice potrebbe curare il genere di
ferite che Severus ha dovuto sopportare?
“Certamente," confermò l'anziano mago sagace, il
suo volto raggiante.
Aurora camminò fino all'armadietto nell'angolo e prese la
piccola fiala dalla relativa mensola, mettendola in una tasca dei suoi
abiti con le bottiglie Pozione Rimpolpa-Sangue, Filtro Rinvigorente e
Felix Felicis. Prima che potesse scivolare fuori della stanza, il
dipinto di Silente la chiamò.
“Aurora, non devo ricordarti di stare attenta, vero?"
“Non preoccuparti, Albus, so cosa sto facendo."
Il suono dell'allegro chiacchiericcio e del tintinnio dei calici poteva
ancora essere sentito attraverso le porte della Sala Grande, mentre
camminava oltre loro verso la Stamberga Strillante, sentendosi sicura
che la sua assenza non sarebbe stata notata.
Note della traduttrice:
ciao a tutti!
Eccoci con un'altra fantastica storia di Herbologist:-) La storia al
momento conta solo due capitoli ed è una WIP (work in
progress), ma personalmente già l'adoro e mi impegno a
tradurre ogni capitolo appena verrà caricato su Fanfiction.net
Recensite numerosi!
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Capitolo 2 *** Ferito a Mezzanotte ***
A/N:
Cari lettori, grazie per
le vostre osservazioni ed i vostri meravigliosi incoraggiamenti. Non
ero sicura se continuarla, ma non c'è niente di
più motivante di postare un capitolo e ricevere molte
risposte. La mia mente è entrata in modalità
creativa e adesso ho delle grandi idee per trasformare questa in una
vera e propria storia.
Sono una scrittrice
lenta e ho ripreso a lavorare a tempo pieno, per questo chiedo scusa se
impiegherò molto tempo ad aggiornare. C'è un modo
in cui mi potete farmi scrivere più velocemente comunque:
continuare a cliccare il tasto delle recensioni, funziona veramente!
Dei ringraziamenti molto
speciali vanno a Mark Darcy per correggere e ricercare errori nel mio
inglese, a besemperadreamer per la traduzione di questa storia per i lettori
italiani a velocità lampo e a ZairaAlbereo per l'onesta
critica e ore di fruttuose discussioni.
Ferito a Mezzanotte
Traduzione a cura di besemperadreamer
Alla chiara luce solare, niente di lugubre poteva essere percepito
nella Stamberga Strillante. Era solo una sbilenca costruzione malmessa,
non esattamente invitante, ma certamente non sinistra. Eppure, per
qualche motivo che non riusciva bene ad identificare, Aurora non se la
sentiva di aprirne la porta.La ragione le ricordava che a causa di
quello che stava per fare, non avrebbe dovuto esserci nient'altro
dall'altro lato, nessun corpo, niente sangue, niente di spaventoso.
Forse era superstizione, ma decise che preferiva non scoprirlo. E
così rimase all'esterno, mentre girava le manopole
complicate del dispositivo d'argento che ciondolava intorno al suo
collo.
Non aveva mai usato un GiraTempo prima. Era l'esperienza più
meravigliosa che si potesse immaginare. Con ogni giro, il sole si
avvicinava all'orizzonte a est. Mentre il sole spariva,
guardò, affascinata, il cielo scurirsi e le stelle comparire
nel firmamento, puntate nella direzione sbagliata. Quando la posizione
delle costellazioni indicò la mezzanotte, smise di girare le
manopole, ritrovandosi ancora al di fuori della Stamberga Strillante,
titubante, domandandosi come esattamente dovesse procedere. Fu
bruscamente scossa dai suoi ragionamenti quando la porta venne
spalancata, quasi colpendola sulla fronte, facendola sprofondare
maggiormente nell'ombra della costruzione.
Un momento dopo, l'ombra di una figura alta e sottile comparve,
allontanandosi da lei, e la porta si chiuse con un forte rumore. La
creatura aveva la testa calva, bianca come l'avorio, e lunghe dita
ossute che non sembravano appartenere ad un essere vivente. Un serpente
voluminoso era raggomitolato intorno alle sue spalle. Quando
realizzò chi fosse, un freddo gelo corse lungo la sua
schiena. Era lui, Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, l'oscuro mago
più malvagio e pericoloso di tutti i tempi. Sentì
il bisogno di smaterializzarsi sul posto, ma, fortunatamente, lui non
la aveva notata. Quando lui sparì nella foresta, Aurora
tirò un sospiro di sollievo. Ed allora realizzò
che cosa doveva essere appena accaduto all'interno della stamberga.
Severus - questo era il suo momento per agire.
Pulì un piccolo angolo della sudicia finestra con la manica
del suo abito, per poter scrutare all'interno. La scena che le si
presentò davanti, illuminata dalla debole luminescenza della
bacchetta di qualcuno, le fece quasi fermare il cuore.
La notizia di come e dove il Preside fosse morto si era sparsa come un
incendio violento fra la folla riunita nella Sala Grande. Lei aveva
udito solo le parti cruciali dalla conversazione di un gruppo di
allievi che sedevano al tavolo, e quello che aveva sentito l'aveva
fatta sentire così debole e nauseata, che aveva sentito il
bisogno di lasciare i festeggiamenti per ritirarsi in un posto isolato
e all'aria aperta. Ma vederlo con i suoi stessi occhi era decisamente
peggio. Severus giaceva sul pavimento, scosso da spasmi, in una pozza
del suo stesso sangue. La sua mano stava disperatamente afferrando il
suo collo. “Deve provare così tanto
dolore” pensò con il suore spezzato.
Harry era inginocchiato al fianco dell'uomo morente, i suoi due amici
in piedi dietro di lui. Lei guardò, mentre Severus dava le
sue memorie al ragazzo che, conseguentemente, avrebbe vissuto.
Impaziente, attese che i ragazzi andassero via, ma loro rimasero
semplicemente fermi a guardare, scossi da ciò di cui erano
stati appena testimoni, o poco disposti ad aiutare a causa del loro
odio per il mago sul pavimento. Avrebbe voluto correre all'interno,
scuoterli e dire loro di andare a chiamare Madame Pomfrey. Ma sapeva
che non doveva permettere loro di vederla. E così attese.
Con ogni secondo che passava, la sua ansia aumentava, fino ad arrivare
a livelli quasi insopportabili. Severus aveva smesso di muoversi ed era
disteso immobile con gli occhi chiusi. E se fosse già troppo
tardi? Se fosse già morto? La voce della ragione all'interno
della sua testa le diceva che tutto sarebbe andato bene, che data
l'assenza del ritratto, lei doveva essere riuscita a salvarlo. Ma il
suo cuore non voleva ascoltare e batteva contro le sue costole come un
uccellino disperato intrappolato all'interno della propria gabbia.
Alla fine, i ragazzini sparirono da qualche parte nella parte
posteriore della stanza. C'era un porta sul retro? Sollevata da
quell'attesa forzata, Aurora corse all'interno, la piccola fiala di
lacrime di Fenice pronta all'uso. S’inginocchiò al
lato della forma prona di Snape e sfibbiò il colletto ed i
lacci dei suoi abiti con mani tremanti, esponendo le profonde ferite a
puntura nel suo collo, da cui il sangue ancora sgocciolava in un flusso
costante. Lasciò cadere alcune gocce del liquido
madreperlaceo su esse. Quando toccarono la sua pelle, bollirono,
volatilizzandosi in un fumo argenteo e le ferite sparirono
semplicemente. Stupita, lasciò la sua mano vagare lungo la
perfetta pelle pallida, che ora era miracolosamente intatta e si
meravigliò del potere curativo contenuto all'interno di
quella piccola fiala. C'erano ancora alcune gocce rimaste, che lei
versò nella sua bocca semiaperta, prima di sedersi indietro
e aspettare con nervosa anticipazione che lui si muovesse.
* * *
Se c'era qualcosa di cui Severus Snape era rimasto veramente sorpreso,
era quanto facile fosse morire. Doveva ammetterlo, il dolore che si
è espanso dal suo collo in tutto il suo corpo era orrendo,
ma presto anche quello sarebbe finito. L'unica cosa che aveva
importanza era che avesse compiuto la sua missione, anche se esalando
il suo ultimo respiro, e che avesse consegnato il messaggio di Silente.
E così, con un ultimo sguardo negli occhi verdi del giovane
mago piegato sopra di lui, si era concesso di mollare tutto. I suoi
muscoli, che fino a un momento prima si contraevano senza controllo a
causa del veleno che scorreva nelle sue vene, ora erano flaccidi, e lui
ne aveva perso ogni controllo. Anche i suoi sensi sembravano non
rispondere più, ma l'immagine di quegli occhi verdi
persisteva nel profondo della sua coscienza.
Adesso appartenevano ad una bella giovane donna con ardenti capelli
rossi. Il suo viso era raggiante e la sua risata, chiara e pura come il
canto di un uccello, riverberava nella sua testa. Era così
grato che fosse lei ad accompagnarlo in quell'ultimo viaggio, rispetto
a tutti gli altri volti che infestavano normalmente i suoi sogni. Si
sentiva inconsistente e confuso, e la testa gli girava. Era come se
stesse ballando con lei, volteggiando sempre più, sciocchi e
liberi da ogni preoccupazione come due bambini.
Alla fine, il dolore si arrestò, e venne sostituito da una
piacevole sensazione di calore. Poteva sentire mani delicate toccargli
il collo. Lei lo stava realmente toccando! Era meraviglioso e si
ritrovò semplicemente a sperare che lei sarebbe rimasta
lì per tutta l'eternità. Poteva anche tastare
qualcosa di dolce nella sua bocca. Era possibile? L'aveva baciato?
Desideroso di scoprirlo, si rese conto che poteva muovere le sue
palpebre di nuovo, o almeno ne aveva la convinzione, e decise di
schiuderle per dare uno sguardo adeguato alla situazione. Quando lo
fece, una debole luce investì le sue pupille e, lentamente,
mise a fuoco l'offuscata figura davanti lui. Ma una volta che riconobbe
le sue forme, ne rimase deluso.
“No… Non tu…" gracchiò.
L'aveva contata fra le persone rimaste in vita e si addolorò
nel vederla lì. Un'altra vita persa. In qualche modo, si
sentiva come se fosse colpa sua. Lei non aveva un bell'aspetto. I suoi
capelli erano scombinati, il suo viso era cinereo ed i suoi occhi
sembravano gonfi. Sperò soltanto che non avesse sofferto.
Lei lo guardò, leggermente offesa, ma non disse niente.
Lui si schiarì la gola per riguadagnare il controllo della
sua voce. “Come sei morta?" domandò, ancora
suonando un poco rauco.
A quelle parole, lei esplose improvvisamente in una risata, una risata
che suonava stranamente allegra.
“Non sono morta, Severus, e neanche tu."
Che cosa? Cominciò a sentirsi irritato. Che cosa stava
succedendo? Dove era Lily, e che cosa ci faceva lei qui?
“Che diavolo ci fai qui, Aurora?" ringhiò.
“Non è meraviglioso? Il potere curativo delle
lacrime di Fenice..." cinguettò, sollevando la piccola fiala
che lui riconobbe appartenere al suo ufficio.
Prima che potesse protestare, lei gli aveva messo un'altra bottiglia
sulle labbra ed aveva versato il relativo contenuto nella sua bocca.
Lui non ebbe altra scelta che inghiottire, per evitare di rimanere
soffocato. E se aveva bisogno di qualche altra cosa in più
per convincerlo che fosse, di fatto, vivo, il gusto metallico della
Pozione RimpolpaSangue tolse ogni dubbio a riguardo. I suoi occhi le
lanciavano occhiate affilate.
“Per la barba di Merlino! Non potevi lasciare un uomo morire
in pace?" saltò su appena riguadagnò il respiro.
“Ed io che pensavo saresti stato riconoscente..." rispose con
una traccia del suo secco senso dell'umorismo. “Non ti
preoccupare...Sono sicura che un Professore di Pozioni come te
può produrre qualcosa per raggiungere lo stesso obiettivo
con meno dolore e maggior dignità. Almeno ora hai la
possibilità di scegliere.."
Non era sicuro di volere quella scelta. Aveva fatto appena pace con il
mondo e non era per niente felice di ritrovarsi gettato nuovamente
dentro. Per un momento, rimase silenzioso, mentre cercava di ricordarsi
che cosa fosse successo poco prima e che cosa avrebbe dovuto fare dopo.
Ah, sì. C'era ancora una battaglia da combattere.
“Tieni, bevi." disse, estraendo un'altra bottiglia dai suoi
abiti.
Lui la strappò rapidamente dalla sua mano, prima che lei
avesse la possibilità di forzarlo a bere e diede un'occhiata
all'etichetta.
“Che cosa ti ha fatto sentire in diritto di saccheggiare il
mio armadietto delle pozioni?" la rimproverò, ma in un tono
che sbordava nel conciliatorio. Il suo Filtro Rinvigorente - aveva la
sua approvazione. Svitò il tappo e prese un sorso, prima di
offrirla a lei. “Mi sembra che anche tu ne abbia bisogno."
Lei scosse vigorosamente la testa, uno sguardo di disgusto sul suo
viso. “No, grazie, sto benissimo."
“Fa come credi, " brontolò e, con un sorso, si
scolò la pozione restante.
Quello che seguì fu un silenzio lungo e scomodo. Lei non
aveva ancora risposto alla sua domanda e lui non riusciva ad immaginare
perché un membro del personale sarebbe dovuto accorrere alla
Stamberga Strillante mentre Hogwarts stava combattendo la battaglia
delle battaglie. Perché diamine avrebbe dovuto sprecare
quelle preziose lacrime di Fenice su un Mangiamorte, per salvarlo da un
destino che tutti avevano sicuramente sperato?
Anni fa, aveva condiviso un certo grado di intimità con la
giovane attraente Professoressa di Astronomia, ma si era domandato
sempre che cosa mai vedesse in lui, per concedersi così
volentieri. E di certo, proprio come gli anni di servizio per l'Ordine
della Fenice, anche quello non contava più niente? Ma ora,
quella domanda era il minimo delle sue preoccupazioni. Aveva dato a
Potter le sue memorie, un atto di disperazione assoluta che lo fece
rabbrividire ora che l'aveva ricordato. Non doveva essere troppo tardi
per fermare il ragazzo. Doveva tornare indietro nel suo ufficio ed
intercettare Potter prima che potesse usare il Pensatoio che Silente
gli aveva lasciato. Allora avrebbe potuto continuare con il suo piano
originale.
Finalmente, si sentiva abbastanza bene da potersi alzare.
Toccò la tasca dei suoi abiti per controllare la sua
bacchetta e fu soddisfatto di costatare che fosse ancora al suo solito
posto. Sentiva una sensazione umida e appiccicosa al posto di quella
familiare della lana grezza del suo cappotto, il ché gli
fece realizzare di essere coperto di sangue, il suo stesso sangue. Si
mosse di nuovo per la sua bacchetta, questo volta prendendola dal suo
mantello. Mentre scagliava un incantesimo pulente rimase soddisfatto
nel vedere che i suoi poteri non avessero risentito del trauma. Le
lacrime di Fenice erano proprio una sostanza meravigliosa. Si sentiva
ancora un po’ rigido ed i suoi muscoli dolevano ancora, ma
riuscì a levarsi in piedi con un movimento rapido e
camminò verso la porta zoppicando leggermente.
“No, no, no, rimani qui!" ordinò lei,
“Che cosa credi di fare?"
Si voltò e la fissò con uno sguardo sprezzante.
“Il mio lavoro." rispose con un tono di chi sta dichiarando
una cosa evidente.
“Non capisci, Severus. Ho viaggiato indietro nel tempo per
salvarti. Eri - voglio dire, tutti pensano che tu sia morto. I
ragazzini ti hanno visto morire. Non puoi uscire là e
tornare ad Hogwarts come se niente fosse. E poi, prima che il sole
sorga, Harry avrà ucciso il tuo Oscuro Signore e non
avrà bisogno del tuo aiuto..."
Sembrò che gli ci volle un momento per elaborare
completamente l'informazione. Aurora osservò la forma
torreggiante del mago scuro di fronte a lei, sentendo la pelle d'oca
sotto l'intensità del suo sguardo penetrante. Non riusciva a
ricordarsi quando era stata l'ultima volta che era stata
così vicina a lui. Si è levata in piedi, per
mettersi all'altezza dei suoi occhi.
“Stai forse insinuando che sei tornata indietro dal futuro?"
chiese sospettoso, i suoi occhi che si assottigliavano quasi
impercettibile. “Ti spiacerebbe spiegarmi come sei riuscita
in una tale impresa?
Invece di rispondere alla sua domanda, lei indicò
semplicemente il pendente d'argento elaborato che ciondolava dalla
relativa catena intorno al suo collo.
“Un GiraTempo? Dove l'hai preso?"
“Dal tuo ufficio, era proprio sotto il tuo enorme naso, "
rispose con un sorriso compiaciuto.
Una traccia di sorpresa comparve sul suo volto. Chiuse gli occhi
prendendo il ponte del suo naso tra pollice e indice.
“Maledizione, quella vecchia volpe sleale..."
borbottò. “Albus ti ha mandato qui? Ha trovato un
altro burattino per le sue richieste?"
Aurora si sentì in dovere di difendere l'anziano mago.
“Sono venuta di mia spontanea volontà."
“Perché? Perché me? Non c'erano vittime
più degne di essere salvate?"
“Sei realmente così stupido, Severus? Certamente
un uomo del tuo intelletto avrebbe dovuto capito ormai."
“Lasciami indovinare… Così da poter
continuare a seccarmi?"
“Devo proprio dirtelo chiaro e tondo? Perché ti
amo!"
Lui sussultò come se fosse stato schiaffeggiato. Aurora
rabbrividì interiormente alle sue stesse parole, imbarazzata
da quanto ridicole fossero suonate, dopo averle veramente pronunciate.
Ma allo stesso tempo si sentì sollevata. Ecco, adesso aveva
gettato tutte le carte in tavola. Almeno non si sarebbe domandata tutta
la vita 'E se'. Sperò che lui le rispondesse con una battuta
sarcastica, ma lui rimase semplicemente a guardarla. Lo sguardo
indagante nei suoi occhi neri era scomodo tanto quanto quel silenzio.
Se soltanto avesse saputo cosa gli stava passando per la testa. Poteva
dire che era molto, anche troppo, probabilmente.
“Che cosa ti aspetti che ti dica, Aurora?" disse infine.
“Che anche io ti amo? Non sono capace di amare. Non essere
infelice. Avresti dovuto lasciarmi morire."
Lei provò a non mostrare quanto l'avessero ferita quelle
parole, ma le sue guance erano in fiamme, tradendo i suoi migliori
sforzi. Ed allo stesso tempo era impaurita, aveva paura che lui se ne
sarebbe semplicemente andato via, che non lo avrebbe mai più
rivisto.
“Beh, sei libero di ricominciare da zero, Severus, cominciare
una nuova vita. Vuoi realmente essere un bastardo solitario ancora una
volta? Potrei venire con te, tenerti compagnia..." Era felice che fosse
riuscita a parlare senza far tremare la sua voce.
“Assolutamente no. Sai che non amo la compagnia." rispose
freddamente.
“C'era un periodo in cui sembravi godere la mia..."
“Mi hai sentito, Aurora. Posso avere avuto dei momenti di
debolezza nel passato, ma questo non è uno di quelli."
Come era possibile che una voce così profonda e vellutata
potesse trasportare parole affilate che sembravano pugnalate nel suo
petto? Era realmente questo che sentiva riguardo alla loro relazione
passata, riguardo a quelle stesse memorie che lei serbava ancora nel
suo cuore come il migliore periodo della sua vita? Realmente riteneva
che fossero nient'altro che un momento di debolezza, un errore? Aveva
sempre attribuito il suo comportamento freddo verso lei al suo ruolo
difficile di spia, al suo senso del dovere ed al pericolo costante in
cui si trovava. Ma ora, quale era la sua giustificazione? Lei era
lì, avendogli appena salvato la vita, pronta a seguirlo
dovunque dovesse andare, e lui aveva appena liquidato i sentimenti che
lei provava e li aveva usati per ferirla. Si sentì male
quasi fisicamente, sentì le sue ginocchia deboli ed un nodo
doloroso si formò nel suo petto. Se soltanto avesse avuto
alcune di quelle lacrime di Fenice rimaste, per arrestare l'emorragia
all'interno del suo cuore. Ma tutto quello che aveva era un'altra
bottiglia delle sue pozioni e si domandò persino
perché l'avesse portata lì. Mettendosi
un'espressione coraggiosa, prese il piccolo flacone e lo
passò a lui.
“Ti auguro buona fortuna allora, Severus," disse freddamente,
incontrando i suoi occhi senza batter ciglio, anche se internamente si
sentiva come un agnello condotto al macello.
Snape esaminò l'articolo nella sua mano con fare domandante,
prima di prenderlo con un brusco cenno del capo. Alzò un
sopracciglio, mentre studiava l'etichetta con un'espressione sdegnosa
sul suo viso ed infine fece scivolare il discutibile oggetto nella sua
tasca.
Poi girò i tacchi, e, in un vortice di vesti nere, era
sparito.
Note della traduttrice:
ciao a tutti^^
Ecco pronto il secondo
capitolo...sfortunatamente la scrittrice non ha ancora pubblicato il
terzo perciò ci sarà da aspettare ma credo
proprio che ne varrà la pena, personalmente mi sono
già innamorata della sua storia^^
Grazie mille a chi ha
inserito la storia tra le seguite, e chi ha speso un
pò del proprio tempo per lasciare un commento come
Jiulia Weasley: sono
contenta che il pairing ti appassioni, anche io conosco la fanfiction
di Shes_a_star, veramente divertente ed ironica, ma qui la
nostra Aurora non è esattamente come quella descritta
lì, ed il bello, come dicevi, è proprio questo:-)
spero che questo capitolo abbia risposto in maniera soddisfacente alla
tua domanda sul canon. Continua a seguirci!
sS_FrA_sS: grazie per i
complimenti sulla traduzione^^ e grazie ovviamente da parte
dell'autrice. Sono felice di poter condividere storie che mi piacciono
con altri lettori, mi diverto moltissimo a tradurle dall'inglese e mi
esalto se le persone apprezzano e seguono^^
erigre spero che anche
questo capitolo ti sia piaciuto^^
Alla prossima!!!!
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Capitolo 3 *** Buttandosi il passato alle spalle ***
A/N:
Scuse per il fortissimo ritardo, ho
promesso che non avrei mai abbandonato questa storia e non
l’ho fatto. E’ solo
che non ho avuto molto tempo per scrivere quest’anno e quando
ne ho avuto, la
mia musa è stata più generosa per le mie altre
storie. Ma eccoci qui. Non vi
posso promettere un capitolo la settimana, ma vi posso assicurare che
per il
prossimo non ci saranno tempi così lunghi… E
probabilmente dovrei darvi
un'indicazione sulla trama, per aiutarvi a decidere se vale l'attesa:
Questa sarà
una storia romantica tra Sinistra e Piton, ma con uno sguardo critico
al suo carattere. Il
suo personaggio è interamente
votato alla redenzione. A
questo punto, potreste ribattere
dicendo che ha pagato per i peccati della sua gioventù, ma
è ancora amaro,
crudele, emotivamente chiuso e terribile presuntuoso - qualcosa che
forse non è
del tutto colpa sua, ma non lo rende esattamente il candidato ideale
per essere
un marito premuroso. Quindi, riuscirà a cambiare da questo
punto di vista e
dove lo porterà un cambiamento del genere?
Ringrazio tutti quelli che la
stanno
ancora seguendo e in particolare chi mi ha spronato recensendo!
Buttandosi il
passato alle spalle
Traduzione a cura di besemperadreamer
Il silenzio che regnava in quella
strada, completamente deserta e avvolta
dall’oscurità, fu infranto da un debole
schiocco. Se ci
fosse stato qualcuno lì intorno a
testimoniare l’evento, sarebbe rimasto decisamente turbato,
poiché con quello
schiocco, un uomo alto, dai lineamenti spigolosi, sembrò
comparire dal nulla.
Egli procedette verso l’ingresso di una casa con falcate
decise e con le lunghe
vesti nere, uscite da chissà quale film d’epoca,
che gli svolazzavano dietro.
I capelli neri gli
ricadevano retti sulle spalle,
incorniciando un volto scarno, che sarebbe stato sgradevole anche senza
l'espressione torva che vi era dipinta sopra.
Ma fortunatamente, non
c’erano molti
passanti in quella parte desolata della città. La
maggior parte delle proprietà sembrava abbandonata.
Erano modeste casette
Vittoriane a schiera, indistinguibili
l’una dall’altra se non per le porte verniciate di
colori diversi. Aleggiava
un'aria di trasandatezza su tutta la zona, aggravata dall'odore di
fogna intasata.
L'unico altro essere vivente nel raggio di miglia era una volpe
dall’aspetto
malaticcio, che fiutava speranzosa una confezione vuota di patatine
gettata nel
canale di scolo. La
presenza dello sconosciuto sembrò
impaurire la creatura, che abbandonò la
possibilità di cibarsi per trovare
rifugio in un cespuglio.
L'uomo dall’aria cupa
entrò in una
delle case, la cui porta non doveva essere stata chiusa,
poiché egli non si
premurò di fare uso delle chiavi. Dopo esservi sparito
all'interno, un debole
barlume tremolante comparve dietro le finestre.
La porta conduceva direttamente a
un
piccolo salotto, le cui pareti erano del tutto ricoperte da scaffali
pieni di
libri. La
luce fioca rivelò uno spesso strato
di polvere coprente ogni superficie e delle ripugnanti ragnatele appese
agli
angoli del soffitto. L'enigmatico
uomo era Severus Piton,
ultimo preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts e
– ancora egli
stesso ignaro – prossimo eroe del mondo magico britannico, un
mondo che egli aveva
appena abbandonato per sempre. Si mise davanti al camino, poggiando le
mani sul
frontale, con la testa incassata tra le spalle, a fissare le fiamme che
divoravano i grossi ceppi che vi erano accatastati dentro.
Odiava quel posto, anche se
tecnicamente
era casa sua. Era
piena di ricordi di un'infanzia
infelice, vissuta nella povertà e nell'emarginazione, a
guardare i suoi
genitori impegnati a rendersi la vita miserabile, e risentire in prima
persona del
fallimento del loro matrimonio. L'unico
motivo per il quale era andato lì, era che non aveva nessun
altro posto dove andare.
Ce l’aveva con
colei che l’aveva messo in quella situazione.
Perché non
l’aveva lasciato al suo destino? –Il destino di morire
sul campo di battaglia,
portando a compimento la sua ultima
missione, espiando i suoi peccati e allo stesso tempo ponendo fine alla
sua sventurata
vita? Perché
si era dovuta intromettere
nei suoi affari?
Amore… Non aveva veramente né
il tempo, né l'inclinazione, di avere
a che fare con la sconsiderata infatuazione di quella lì.
Era stato innamorato
soltanto una volta, e cosa ne aveva
ricavato? Soltanto dolore e umiliazione. Nel
corso degli anni, aveva imparato ad allontanare tali sentimenti e
apprezzava la
capacità di controllo che ciò gli aveva dato,
l’abilità di concentrarsi solo
sui suoi doveri e sui suoi interessi intellettuali. Sì, si era abbandonato
occasionalmente ai piaceri carnali,
ma questo certo non significava che avrebbe dovuto sopportare la
compagnia di
qualcuna dopo aver soddisfatto i suoi bisogni fisici, né mai
più si sarebbe
reso così vulnerabile.
Il suo stomaco brontolò,
ricordandogli gli altri inconvenienti dell’esser vivo.
Con uno sbuffo sprezzante,
si allontanò dal fuoco e sparì
attraverso una porticina incassata fra gli scaffali. La cucina era
ancora più
piccola e ancor meno invitante del salotto, poiché oltre
all’onnipresente
polvere e alle ragnatele c’erano pure sporcizia e odore di
muffa. Frugò
nelle dispense, i cui cardini cigolavano forte mentre apriva
e chiudeva le ante, ma trovò soltanto una pagnotta ammuffita
e un pacchetto di
biscotti che si sbriciolarono non appena li ebbe toccati. Per il
disgusto, il
suo volto si contorse in una smorfia. Avrebbe
potuto trasfigurare quella roba in qualcosa di più
appetitoso, ma di sicuro non
aveva così fame da ricorrere a misure così
disperate.
I suoi occhi ricaddero su una
polverosa
bottiglia di vetro verde lasciata fuori sul ripiano da lavoro davanti a
lui,
ancora piena per metà di liquido scuro. Quando
la stappò e ne fiutò l'apertura, il caldo e dolce
aroma di vino elfico sommerse
i suoi sensi. Dopo
un attimo d'esitazione, prese
un bicchiere da una delle credenze, scagliando un incantesimo pulente
prima di
riempirlo di vino vermiglio. Piton beveva
raramente. Nella
sua testa, era un’ignobile abitudine
che gli ricordava fin troppo suo padre. Ma
di certo, in quella situazione, sfuggito all’abbraccio della
morte per un
soffio, un bicchierino era giustificabile, o almeno così
pensava mentre lasciava
la cucina con la bevanda in mano.
Con un sospiro, si
lasciò sprofondare
sul misero, vecchio sofà davanti al camino. La
nube di polvere che si alzò dal tessuto liso sotto il suo
peso avrebbe indotto
quasi chiunque a starnutire ma, dopo essere stato esposto tutti quegli
anni ai
vapori delle pozioni, il suo naso era abituato anche a peggio.
Allungando le gambe, prese
un corposo sorso di vino, chiudendo
gli occhi mentre sentiva il liquido scivolare giù nella gola.
Sentì una
piacevole sensazione di calore irradiarsi dal suo
stomaco, che contribuì a scacciare il freddo mortale che gli
si era insinuato
nelle ossa.
Spesso si diceva che essere messo
davanti
alla propria mortalità facesse apprezzare maggiormente la
vita, ma Piton
sentiva solo un tedioso senso di vuoto. La
sua vita non era mai stata piacevole. Durante
la sua infanzia non aveva conosciuto altro che povertà e
umiliazione e poi, nella
sua gioventù, c’era stato un periodo in cui era
stato consumato dalla rabbia, dall’odio
e da una feroce ambizione, che l’avevano solo fatto
sprofondare in un abisso di
dolore, senso di colpa e disprezzo di se stesso, lasciandolo con un
debito che avrebbe
richiesto una vita per essere saldato. Ironicamente,
era stato proprio quel debito che per la maggior parte delle ultime due
decadi aveva
dato alla sua vita un senso, e ora che aveva adempiuto il suo ultimo
dovere, si
sentiva completamente perso. Nella sua vita non aveva niente per cui
valeva la
pena vivere. Non aveva mai provato felicità e dubitava che
sarebbe successo ora.
Il pensiero di poter
giungere alla veneranda età del suo
predecessore, Albus Silente, un’età per niente
inconsueta per un mago, accompagnato
unicamente dalla sua disillusione, bastava a tentarlo di puntarsi
contro la sua
stessa bacchetta. Ma sarebbe stato decisamente da codardi - e un
vigliacco era
l'ultima cosa che Piton aveva mai voluto essere.
Dopo aver bevuto il vino rimasto,
posò
il bicchiere sul traballante tavolino basso accanto a lui, dove rimase
in
equilibrio precario in cima a un’ altissima pila di libri.
Sebbene la bevanda avesse
di gran lunga contribuito ad alleviare i crampi del suo stomaco,
c’era ancora qualcosa
che lo infastidiva. Scorrendo le sue lunghe dita tra i capelli, li
trovò ancora
piuttosto appiccicosi e pregni dell’odore metallico del
sangue, a dispetto
dell’incantesimo pulente che aveva scagliato prima su di
sé. Era
uno dei suoi più grandi fastidi, che nessun incantesimo
inventato fino ad allora potesse fare concorrenza ad acqua e sapone
Babbano
quando si parlava d’igiene personale. Mentre
molti maghi e streghe godevano nel farsi lunghi bagni caldi tanto
quanto i
Babbani – e l’enorme quantità di ricette
per essenze da bagno magiche ne era la
prova - Piton avrebbe felicemente fatto a meno della
necessità di immergersi in
acqua una volta ogni tanto. Rassegnandosi
al fatto che, in quella situazione, sarebbe stato inevitabile, decise
quantomeno di togliersi il pensiero il prima possibile. E così, fu con crescente
terrore che si alzò dal sofà e salì
le scale verso il bagno.
La piccola stanza si presentava
triste
esattamente come la ricordava, con le sue sudice mattonelle rotte, la
vasca da bagno
arrugginita e l’infisso dell’unica finestra
presente del tutto marcio. L'unica cosa che si poteva prendere
era lo specchio sopra al
lavabo, che da tempo non rifletteva più e che dunque aveva
la decenza di non
ricordargli quanto la natura non fosse stata generosa con lui per
quanto
riguardava l'aspetto fisico.
Fece Evanescere quella che sembrava
una fila di escrementi di topo dal fondo della vasca e girò
le manopole
dell’acqua. Cigolarono
e gorgogliarono
miseramente, come se volessero protestare per esser state maneggiate in
quel
modo, ma non vi uscì comunque nulla. Poiché
Piton era un mago, tuttavia, mormorò appena un incantesimo
per risolvere il
problema.
Disfece i molti bottoni dei suoi
vestiti con dita pratiche, liberandosi strato dopo strato degli
indumenti,
prima di entrare cautamente nella vasca. La
sensazione dell'acqua calda non era del tutto sgradevole e, sebbene la
vasca fosse
troppo piccola per distendere completamente le lunghe gambe,
contribuì
notevolmente a ridargli le forze. L'obiettivo
principale di quel teatrino, tuttavia, era lavarsi i capelli.
Su un piccolo sgabello di
legno a fianco della vasca c’era una
tazza scheggiata, che era sempre stata utilizzata per quello scopo. La
prese e
cominciò a versarsi l'acqua sopra la testa finché
la massa nera dei suoi
capelli non fu del tutto zuppa. Dopodiché usò un
pezzo di sapone grigio e
dall’aspetto poco invitante, preso dallo stesso sgabello, per
fare un po’ di
schiuma. Il suo odore inconsistente e asettico era terribilmente
familiare, e
lo portò indietro a un tempo di cui non ricordava neppure di
avere memoria.
“Severus!
Guardati, sei
tutto sporco! Veloce! Entra nella vasca! Tuo padre
sarà a casa da un momento
all’altro…”
Il ragazzino dai capelli scuri
voleva protestare. Aveva fame
e avrebbe preferito cenare prima, ma uno sguardo a sua madre gli disse
che
qualsiasi forma di resistenza sarebbe stata inutile.
E così
la seguì fino al bagno e la guardò mentre
riempiva la
vasca.
“Che cosa stai
aspettando? Togliti i
vestiti e salta dentro!”
Mentre obbediva, la
guardò pulire i
suoi vestiti appena levati con la sua bacchetta, domandandosi
perché non poteva
fare lo stesso con lui, se lo stava facendo solo per punirlo e se
sapeva che
era stato ancora giù al fiume, dove gli era proibito giocare.
Odiava farsi il
bagno, soprattutto farsi lavare i capelli, specialmente
perché sua madre era sempre di fretta, e non stava attenta a
non fargli andare
il sapone negli occhi né faceva sforzo alcuno per essere
delicata.
Mentre era seduto nella vasca,
sopportando stoicamente quell’ardua prova con gli occhi
serrati, la porta venne
improvvisamente spalancata e sua madre, che stava sfregando
vigorosamente la
sua testa, gelò sul posto. Severus
aprì un po’ gli occhi, malgrado il pericolo che
sapone li facesse bruciare.
Suo padre era
davanti alla porta e
aveva uno sguardo indefinibile, strano. Emanava lo stesso odore
disgustoso che diceva
sempre a Severus di tenersi alla larga da lui. Ma ora era intrappolato
nella
vasca. E vedeva che sua madre era spaventata.
“Eccoti qui, puttana, a
nasconderti
da me,” farfugliò
suo padre.
“Per favore, Tobias, non
ora, il
bambino… “lo supplicò.
Ma suo padre non sembrava averla
sentita
affatto. Le afferrò il braccio e la strattonò per
farla alzare da dov’era inginocchiata
accanto alla vasca, spingendola fuori dal bagno. La donna rivolse al
figlio un
ultimo sguardo carico di panico da sopra la spalla.
“Severus, finisci di
lavarti, va
bene?”
La sua voce tremava e stonava
proprio con quello che aveva appena detto. Un momento dopo,
sentì sbattere la
porta della stanza attigua, la camera da letto dei suoi genitori,
quindi un
tonfo, un grido represso, uno schiaffo e un altro ancora. Poi sembrava
che sua
madre stesse gemendo e sentì degli strani rumori, come se
qualcuno stesse
ansimando. Si ficcò le dita nelle orecchie, non voleva
sentire. Aveva paura. Non
sapeva esattamente di cosa aveva paura, ma capiva che c’era
qualcosa che non
andava. La schiuma gli stava colando giù sulla faccia e
dovette strizzare gli
occhi perché questa non li facesse bruciare. Rimase
lì seduto, circondato
dall’oscurità e dal suono del suo stesso sangue
che gli rombava nelle orecchie,
sentendo solo l'odore tagliente del sapone e l'acqua che diventava
sempre più
fredda. Cominciò a tremare, sperando che sua madre
ritornasse per farlo uscire
dalla vasca, ma lei non venne.
Alla fine si rese conto che avrebbe
dovuto passare la notte nell'acqua fredda, se non si fosse riscosso e
si fosse
preso cura da solo di se stesso. Piegandosi, provò a
immergere la testa sotto
l'acqua, sfregando le mani sul viso e sui capelli per lavare via il
sapone. Finalmente
poté aprire di nuovo gli occhi. Uscì dalla vasca
con i denti che battevano e si
asciugò con il vecchio asciugamano ruvido di famiglia, prima
di scivolare nuovamente
dentro i suoi vestiti che si trovavano ancora a terra accanto alla
vasca,
adesso freschi di bucato.
La casa era scura e silenziosa
mentre scendeva le scale in punta di piedi verso la cucina.
Il suo stomaco era
ora così vuoto da quasi dolere.
Alla tavola della
cucina c’era
seduta sua madre, con la testa tra le mani. Sembrava triste, ma non riusciva a
capire se stesse piangendo.
Quando lo
sentì avvicinare, sollevò
lo sguardo e sorrise, un sorriso che non sembrava felice come invece
avrebbe
dovuto. Severus voleva chiederle se andava
tutto bene, ma non sapeva come prendere l’argomento.
“Severus, è
ora di cena,” gli disse
cinguettando, come se niente fosse accaduto, continuando ad aprire e
chiudere
gli sportelli della credenza, recuperando un piatto e un po’
di pane, mentre
lui si sedeva.
Quando infine gli mise davanti al
suo pasto, Severus era quasi eccitato. Era
meglio del solito, poiché il consueto pane raffermo era
accompagnato da un
pezzo di formaggio e c’era persino una mela. Sua madre lo
guardò mentre trangugiava affamato
il cibo. Si domandò se questo trattamento fosse un segno di
amore, ma lo sguardo
di sua madre era triste e non ne poteva essere tanto sicuro.
“Adesso fila
a letto, tu,” disse non appena ebbe finito.
Voleva darle
l’abbraccio della buonanotte, ma gli sembrava così
distante, e non sapeva se fosse
una buona idea. Così invece, salì riluttante le
scale senza dire una parola,
strisciò nel suo letto e si tirò le coperte fin
sopra
le orecchie.
La luce fioca dell'alba stava
già
filtrando attraverso il vetro sporco dell’unica finestra
presente quando
Severus Piton riemerse dal quel cupo ricordo. Erano anni che non
pensava a sua
madre. Non sapeva bene cosa provasse per lei. Certo, pensava che fosse
sua, in
gran parte, la colpa dell’infelicità che aveva
provato quand’era bambino - sua
e di quell’ubriacone di marito che si era
scelta - ma allo stesso tempo lei stessa era stata una vittima e
innamorarsi
dell’uomo sbagliato sembrava essere un tipico errore della
maggior parte delle
donne. Ricordandosi
l’ultimo esempio di una
tale stupidità con il viso corrucciato, uscì
dalla vasca e si scagliò addosso
un incantesimo asciugante.
Mentre si vestiva, si rese conto di
avere un piccolo oggetto arrotondato nel taschino dei suoi abiti.
Lo prese e quando vide cosa
era, il suo ghigno diventò
ancora più cupo. Felix Felicis - o fortuna liquida, come veniva
chiamata, era una pozione che
Piton si divertiva a fabbricare per la sfida che essa rappresentava, ma
non si
sarebbe mai sognato di usarla, tranne forse in circostanze disperate.
Non aveva mai contato sulla
fortuna ed era una buona cosa,
perché non ne aveva mai avuto. Solo gli
stupidi credevano nella fortuna. Lui,
invece, aveva realizzato tutto nella vita contando sulla propria
abilità, intelligenza
e duro lavoro. A
partire dalle circostanze più
sfavorevoli, era riuscito persino a ricoprire la carica di Preside di
Hogwarts,
una posizione di cui andava più fiero di quanto volesse
ammettere. Il
suo ritratto avrebbe raggiunto quelli dei più grandi
nell'ufficio del Preside, in cui sarebbe stato per sempre ricordato e
rispettato, se non fosse stato per quella sciocca malata d'amore alla
quale doveva
la piccola bottiglia in suo possesso.
Si voltò bruscamente,
estraendo la bacchetta
per far sparire l'acqua dalla vasca insieme alla pozione. Ma quello che vide lo
gelò sul posto. Era possibile che ci fosse stato
ancora così tanto sangue
nei suoi capelli? L'acqua
era rossa.
L'acqua era rossa.
Era sangue,
c’era sangue dappertutto, strisciato sulle
mattonelle, gocciolato sul pavimento. Un
momento prima, cercava sua madre per le stanze silenziose di casa sua,
desideroso di comunicarle i risultati dei suoi MAGO.
Sette MAGO, tutti
Eccezionale, tranne che per un’O in Antiche
Rune, avrebbero veramente reso lei e la sua Casa fiere.
Ma la persona che
stava cercando era dentro la vasca, senza
vita, con la testa reclinata e i capelli che ricadevano come una
cascata nera sul
pavimento.
No. Non
un altro viaggio nei suoi ricordi. Ricacciò indietro quelle
immagini sgradite,
ma si sentì male quasi fisicamente ed era veramente felice
che il suo stomaco fosse
vuoto. Doveva
andarsene. Non
sopportava di stare in quella casa un momento di più.
Scese velocemente le scale per
l’ultima volta. La porta principale si richiuse dietro di lui
con un tonfo
mentre si allontanava in la strada con lunghe falcate. All'esterno, era
sopraggiunto il nuovo giorno, l'aria era fredda e tonificante e il sole
faceva
capolino all’orizzonte al di sopra della fabbrica
abbandonata. Era una mattina
gloriosa, ma Piton non aveva lo spirito per godersela. Era arrabbiato. La
sua intera vita era stata un macello e tutto era cominciato da
lì - nato in
povertà, trascurato e maltrattato dai suoi stessi genitori,
evitato dai suoi arroganti
parenti maghi, preso costantemente in giro e umiliato dai suoi compagni
di
Hogwarts, ignorato dal suo Capocasa e dagli insegnanti malgrado i suoi
ottimi
voti – doveva sorprendere che fosse stato attirato dalle
uniche persone che riconoscevano
i suoi meriti? Le
uniche da cui si sarebbe dovuto
tenere alla larga? Anche
dopo aver voltato le spalle al
lato Oscuro, era stato soltanto usato e manipolato stato dai suoi
cosiddetti
alleati, non ricevendo altro se non disprezzo e ingratitudine da quelli
per la
cui protezione aveva rischiato la vita. Aveva
sempre saputo che la vita non era giusta, ma era come se l'intero mondo
avesse
cospirato contro di lui ed era stanco, stanco di pescare sempre il
bastoncino
più corto*. Lasciò che la sua rabbia prendesse il
sopravvento, sommergendo
tutti i suoi sensi, concentrandosi e amplificandosi attraverso il suo
braccio
teso verso la sua bacchetta. Quando la rilasciò, ci fu
un’esplosione vigorosa
che fece tremare la terra sotto i suoi piedi. I mattoni e gli altri
materiali
usati per fabbricare casa sua non potevano reggere una tale forza
magica, un
così rabbioso potere. Vennero distrutti, scagliati in aria
da un'esplosione che
poteva essere sentita anche a miglia di distanza.
Mentre la polvere si depositava,
Piton rimase fermo, immobile, a fissare le rovine della sua casa
d'infanzia con
un’improvvisa sensazione di calma. Questa
volta, tutto sarebbe stato diverso. Aveva
ancora un asso nella manica. E che fosse proprio lui il produttore
della
pozione non lo rendeva forse l'architetto della sua stessa fortuna?
Quel pensiero, da solo,
sembrava rendere il suo impiego più accettabile.
All’orizzonte,
sentiva le sirene dei vigili del fuoco
Babbani in avvicinamento. Stavano
venendo a causa dell’esplosione, e non voleva dar loro
l'occasione d’interrogarlo.
Con una rinnovata
risoluzione, stappò la boccetta a sua
portata, ne deglutì il contenuto, e sparì nel
nulla con un debole schiocco.
A/N: Ancora interessati?
Ritagliatevi un momento per
recensire e farmi sapere che ne pensare, per favore!
Potrebbe pure servire per farmi scrivere più veloce!
*Si
allude
a un tipo di conta. Si mettono dei bastoncini (o fili di paglia) in
mano, e chi
pesca il più corto, perde. Qui è usato come
metafora per la sfortuna.
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