I promessi sposi senza veli

di Ary88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Secondo capitolo. ***
Capitolo 3: *** Terzo capitolo ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


                   Versione riveduta e corretta de “ I promessi sposi”

       Capitolo I: Incontro di Don Babbondio con i bravi, e il           dialogo con Peppetua.

 

In quel ramo del lago di Ganzirri che volge vero il mezzogiorno, sulle rive del suddetto lago siculo, appunto, c’erano tante ripide e sassose stradine. Su una di queste malmesse mulattiere, piene di buche e di rovi, tornava beato dalla sua usuale passeggiata un vecchio parroco di nome Don Babbondio. Il tranquillo curato leggeva il breviario, e non badava assolutamente a dove metteva i piedi. Infatti, in cinquecento metri di strada, riuscì ad inciampare almeno una dozzina di volte, e a cadere in tutte le buche. Stufo, ormai, di questa specie di Via Crucis Don Babbondio svoltò a destra per tornare al suo paesello. Iniziò a percorrere la nuova, e peggio messa strada, quando si fermò improvvisamente.”Mi… proprio a me doveva capitare! Porca…!” imprecò il parroco a mezza bocca. Aveva, infatti, visto due bravi, cioè due onesti cittadini che si guadagnavano il pane rinfrescando le spalle a qualche debitore insolvente per conto di un signorotto. Uno dei due bravi si avvicinò al prete, e, con un forte accento siculo, gli disse:” Buongiorno, signor curato!”, e Don Babbondio, trattenendo a stento la cagarella, chiese:”Sa…sa…salve, co…co…sa…comandate?”, e l’altro bravo, dandosi una raffinatissima grattata ai gioielli di famiglia, disse.”Allora, lei ha l’intenzione di maritare Renzo Travaglino e Lucia Porcella, vero?”, e il coraggiosissimo prete, inchinandosi, rispose con voce umile.” Miei signori, sapete bene come stanno le cose. Questi ragazzi combinano i pasticci, e poi vengono dal parroco per rimediare. Che ci posso fare io?”, e il bravo, sputando a terra, disse:”Questo ca… di matrimonio non si deve fare! Perché sennò Tony Rodrigo le procurerà un biglietto di sola andata per l’aldilà! Ha capito?”, e il parroco, impallidendo, annuì. Poi i due bravacci se ne andarono, cantando una canzone d’osteria. Don Babbondio, che come si è visto, era un uomo di grande forza morale, coraggio e fede cristiana, tirò un potente bestemmione contro i due sposi, e contro sua madre che lo aveva costretto a prendere i voti, e corse a velocità supersonica verso casa. Appena arrivato, entrò in cucina, ed urlò:” Peppetua!Peppetua! Dove ca… sei?”. In cucina entrò una specie di arancino con i piedi che teneva in mano un fiasco di vino, costei era Peppetua la serva. Ella, sbattendo con malagrazia il fiasco sul tavolo, sbottò:”Cosa volete? Ero impegnata!”- guardò meglio il padrone-“ Matri santa? Che fu? Avete visto il diavolo?”. Il prete si sedette, e:”Niente fu, niente! Fatevi i fatti vostri, e datemi un poco di vino!”. Peppetua, mangiata viva dalla curiosità, disse.”Come!?! A mia mi diciti “ fatevi i fatti vostri”, a me, la vostra affezionatissima serva! Avanti, parlate, sfogatevi, che io muta sono!”. Don Babbondio ribatté debolmente:” veramente, muta proprio non siete! Ogni volta che vi racconto qualcosa, dopo cinque minuti lo sa tutta la Sicilia!”. Peppetua, portandosi una mano al petto con aria sconcertata, esclamò:” Ma che dite! Io pettegola!?! Ma se io sono una tomba!”, e il prete:”Semmai, porterete me alla tomba! Non negate di essere una gran pettegola! Al posto della bocca avete la Cloaca Massima!”. Peppetua non si diede per vinta, e tanto frantumò le scatole al povero prete, finché questi, pur di non sentirla, le raccontò tutto. Ascoltato attentamente il racconto, Peppetua urlò:”Disgraziato! Figlio di buona donna, di un Tony Rodrigo!”, e Don Babbondio, cercando di zittirla:” Min…! Vi state zitta! Mi volete consumare!”, e Peppetua, prendendo penna , carta, e calamaio, disse.” Voi dovete scrivere all’arcivescovo, e chiedere aiuto!”. Don Babbondio, tirando un pugno sul tavolo e bestemmiando come un turco, urlò:” Ma che siete pazza!?! Tony Rodrigo se parlo mi fa il cappotto di legno! Ma va’ a pulire, cretina!Ora io, invece, penso a qualche scusa da inventare a quel cornuto di Renzo Travaglino!”. Presa questa ottima decisione, l’astuto parroco se ne andò a dormire.   

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Capitolo 2
*** Secondo capitolo. ***


                         Secondo capitolo:

 

Notte di Don Babbondio. Dialogo tra Don Babbondio e Renzo. E colloquio tra Renzo, Lucia e Agnese.

 

Don Babbondio, ancora sotto shock per quello che era successo, oltre che per il mezzo chilo di peperoni che si era sbafato, aveva passato una notte infernale. Il povero prete si rivoltò tutta la notte sotto le coperte per il mal di pancia e per lo spavento. “ Mannaggia a me, e a quando mi sono fatto prete! Mannaggia a quel fesso di Lorenzo Travaglino! Ora che cazzo gli invento? Ah! Certo che ‘sti peperoni sono pesanti! Mah, a quel bifolco ci penserò domani! Alla fine ho studiato, e lui è solo un fesso ignorante! Ahi…mannaggia a sti pepi! Mannaggia a Peppetua e alla sua cucina!” pensava l’onesto e gentile prelato. L’indomani, verso le otto circa, si presentò in canonica un giovane contadino vestito a festa. Era Lorenzo Travaglino, detto Renzo. Egli era un filatore di seta di modesta ricchezza, più fortunato che intelligente. Appena entrato in canonica Renzo salutò il parroco, e, con un forte accento calabrese, gli chiese:” salve, signor curato, sono venuto per sapere a che ora devo venire in chiesa con Lucia?”. Don Babbondio impallidì, e:”Guarda… per… oggi non è possibile!”, Renzo, sconcertato, chiese.” Cosa!?! Che fu?”, e il prete:” Intanto non sto bene. Peppetua ieri ha fatto i peperoni, e ce li ho ancora sullo stomaco. Sai cosa disse Socrate sui peperoni? I peperoni sono come gli zombie, a volte ritornano. E poi… ci sono degli…impedimenti!”, e Renzo, che era si mezzo scemo, ma non completamente rincoglionito, disse:” Padre… me ne sto fregando di lei, dei peperoni e di Socrate. Mi dica quali sono questi min… di impedimenti. E non attacchi con il latinorum che sennò la prendo e la faccio pezzi pezzi!”. Don Babbondio, respirando a stento per la tensione, disse:” Su.. su… figliolo. Tra una settimana tutto sarà risolto!”. Renzo si calmò, salutò con malagrazia il prete e se ne andò. Appena uscito dalla canonica incontrò Peppetua. Sapendo la discrezione e il candore della donna, il giovane la fermò, e con voce alterata le disse:”Salve ,Peppetua, peccato che oggi non ci possiamo scialare con la vostra peperonata.” Peppetua, con un’espressione maliziosa sul volto, disse:” Eh… Renzo mio, ‘sto matrimonio non era volontà di Dio!”. Renzo notò l’inflessione strana della voce della serva,e , sospettando una leggera presa per i fondelli, disse:” Che volete insinuare!?! Disgraziata!”, e Peppetua:” Niente… Dicevo solo che forse c’è qualcuno che non è d’accordo”. Renzo,al sentire queste parole sentì un certo prurito in testa, come se due escrescenze, tipo quelle che ornano i cervi e gli stambecchi, gli stessero per nascere, urlò:” Min… parlate!”- puntò il coltello verso la serva-“ O vi ammazzo!”. Peppetua, terrorizzata, rispose di non sapere niente, e invitò il giovane a tornare dal parroco. Renzo tornò immediatamente indietro. Aprì la porta della canonica con un calcio, afferrò Don Babbondio per il collo, e urlò” Prete maledetto!! O mi dici chi è che non vuole che io sposi Lucia, o sei morto!”. Don Babbondio, dopo un vano tentativo di ribellione, vuotò il sacco. Renzo, al sentire nominare Tony Rodrigo, perse il lume della ragione, e attaccò a bestemmiare come uno scaricatore di porto, e corse a casa. Salì come un fulmine le scale, per parlare con Lucia Porcella, la cui grande virtù, e il cui estremo candore si evince dal nome. Il giovane urlò:” Lucia! Il matrimonio saltò!”, e raccontò tutto alla fidanzata, e alla futura suocera. Lucia, al sentire nominare Tony Rodrigo, saltò per aria, e:” Mi… a questo arrivò!!”. Renzo, avvertendo di nuovo quel familiare prurito, esclamò:” Allora sapevi, ah? Lucia, che hai fatto? Guarda che corna io non ne voglio!”, e la suocera, Agnese, dando al genero un bicchiere di vino, disse:” Su, su, calmo. Manda le donne via! Io parlo un attimo con Lucia, e poi tutto si chiarisce!”.

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Capitolo 3
*** Terzo capitolo ***


                                  Terzo capitolo:

Dialogo di Lucia con la madre. Dialogo tra le due donne e Renzo. Incontro di Renzo con il mago ‘Mbrogghia. Frate Sordino parla con Agnese e Lucia.

 

Lucia ed Agnese entrarono nella stanza da pranzo, lasciando quel povero imbecille di Renzo fuori dalla porta come un baccalà. Lucia disse alla madre:” Minchia! Mamma potevo pensare io che Tony Rodrigo ancora mi voleva?”, e Agnese, sedendosi su una sedia di paglia:” Figghia, che dici? Chi facisti con quel malacondotta?”. Lucia si versò un bicchiere di vino e se lo tracannò in un sorso solo con una finezza pari solo agli scaricatori di porto, e domandò alla madre:” Vi ricordate dei 500 ducati che Rodrigo ci prestò l’anno scorso?”- Agnese annuì, e Lucia continuò-“ Ecco, la settimana scorsa Tony Rodrigo mi ha incontrato alla filanda, e mi ha chiesto di ridargli i soldi. Io non li avevo e ho pagato in natura.”- si interruppe per fare un rutto, e si alzò in piedi-“Mamma che fu?”. Agnese, che a furia di mangiare arancini e cassate era diventata una balena, con il suo dolce peso aveva sfondato la sedia, ed era caduta a terra. Lucia aiutò la madre a rialzarsi e le versò un bicchiere di grappa. Agnese si scolò il liquore e:” Mannaja Lucia! Ti rendi conto! Ora come facciamo con Renzo? Va bene che è scemo, ma appena lo sa ti sputa in faccia!”. Lucia tranquillizzò la madre dicendole che a Renzo ci avrebbe pensato lei. Quell’idiota di Renzo entrò, e gli fu propinata dalle due donne una storia degna delle peggiori soap operas moderne. La vergine Lucia Porcella sostenne che quel malacriatu di Tony Rodrigo l’aveva insidiata con proposte oscene, e che lei sdegnata l’aveva rifiutato e lui aveva promesso vendetta. Renzo, che certo non brillava per intelligenza, ci cascò con tutte le scarpe, e urlò come un pazzo che avrebbe ammazzato il signorotto.  Prima che la cosa degenerasse Agnese, però, si mise tra Renzo e la porta, e, bloccando il genero, gli disse:” Fermo! Fermo! Non fari burdellu! Invece di fare ammazzatine e simili, vai dal mago ‘Mbrogghia!”. Renzo posò la lupara e:” E chi è questo?”. Agnese gli spiegò che il mago ‘Mbrogghia era uno stregone specialista nel risolvere i casi più intricati. Renzo non si fidava tanto, ma alla fine cedette, e uscì. Dopo un’ora di cammino egli giunse a Paradiso, un piccolo paese lì vicino, e vagò per le strade alla ricerca del mago. Chiese indicazioni in un’osteria, e gli fu mostrata una casetta malmessa vicino alla chiesa. Il giovane si recò nel luogo indicato, ed entrò in una piccola stanza semibuia. Renzo, intravedendo qualcuno, esclamò:” Il Mago ‘Mbrogghia qua sta?”. Dal buio spuntò un uomo alto, imponente e vestito alla turca, che guardò Renzo con aria arrogante. L’uomo rise e con voce tonante disse:” Si, figliuolo, sono io il magnifico, eccelso mago ‘Mbrogghia! Dimmi il tuo problema e te lo risolverò!”. Renzo gli espose brevemente il suo caso, e il mago, grattandosi la barba rispose:” Tranquillo, amico, il tuo rivale d’amore sarà presto sconfitto.”- mostrò al filatore una boccetta contenente un intruglio verde vomito-“ questo è il miglior elisir del mondo. Mettilo sotto il naso del tuo rivale ed egli diventerà un rospo.” Renzo, subodorò che la cosa non era tanto normale, per cui chiese:” E questo elisir quanto costa?”, e il mago:” per un baldo giovane come te, solo 200 ducati!. Al sentire la cifra Renzo saltò per aria, e:” Minchia! Ma levati! 200 ducati per questa paddazza! Ma va…”. Arrabbiato nero Renzo tornò di corsa a casa, e, appena dentro, iniziò ad insultare la suocera che lo aveva mandato da quell’imbroglione. Lucia, prima che Renzo le ammazzasse la madre, disse:” Su, su. Renzuccio mio calmati. C’è un rimedio cento volte migliore della magia.”- si rivolse al fidanzato-“ Tra poco passa il cercatore di noci e gli dico di chiamare Fra Cristoforo che è uno sempre con le mani in pasta”. Mentre i tre discutevano animatamente, si sentì un picchiettio alla porta e un:” Deogratias!”. Lucia, avendo capito chi era, aprì la porta. Venne avanti un frate cappuccino con in mano una bisaccia. “ Frate Sordino!” salutarono con riverenza le due donne. “ Buongiorno, figlie care, sono qui per le noci!” disse il frate.  Lucia andò a prendere le noci, mentre Agnese faceva accomodare il cappuccino. Quest’ultimo guardò con curiosità la donna e:” Ma, scusate, il matrimonio non era oggi?”, e Agnese, sospirando:” Si, era oggi. Ma il curato si è ammalato.”, e Fra’ Sordino:” Come? Il castrato si è ammazzato?”, e Agnese urlò:” No, il curato si è ammalato, per cui abbiamo spostato la cerimonia.”, e il frate:” Avete raccolto la cicoria? Che dite, Agnese?”. Prima che Agnese prendesse a colpi di scopa il cercatore, Lucia riempi di noci il sacco, e, porgendolo al cappuccino, disse:” Ecco, questo è per il convento, e per i poveri. Ma mi dovreste fare un servizio, per favore”. Fra’ Sordino   guardò male Lucia, ed esclamò:” Come? Volete portato un novizio!”. Lucia, alzò gli occhi al cielo, e gridò:” Mi dovete fare un servizio: mandatemi Frate Cristoforo!”. Ma il frate cercatore era proprio duro d’orecchi, per cui capì a modo suo, e:” Va bene, allora volete che vi mandi un carciofo?”. Agnese, trattenendo Renzo, che, leggermente incavolato, stava per bestemmiare, disse:” Caro padre, chiamate FRATE CRISTOFORO!”. Fra Sordino, per fortuna, capì e rispose che avrebbe fatto l’amabasciata.

 

 

 

 

Spazio dell’autrice:

 

Cari amici mi scuso per il ritardo, ma ho avuto un periodo un po’ incasinato, comunque cercherò di aggiornare sempre più spesso.

Ne approfitto per ringraziare le persone che mi hanno recensito ovvero:

  • Francesco Finucci
  • Smolly Sev
  • Marti94
  • Daicchan
  • barbidoluzza
  • ghirigoro
  • halcyon

 e tutti coloro che mi hanno messo tra  i seguiti, cioè: Alchimista, Hannah Potter, lilibeth, e Marti94.

 

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