Blackout_Intermezzo_ di lalledy (/viewuser.php?uid=29298)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Risveglio ***
Capitolo 2: *** Tra donne ***
Capitolo 3: *** Perdente ***
Capitolo 4: *** Buio ***
Capitolo 5: *** Dolore ***
Capitolo 1 *** Risveglio ***
Risveglio
Queste gioie violente
Hanno fini violente
E muoiono nel loro trionfo
Come la polvere da sparo e
il fuoco
Che si consumano al primo
bacio.
Shakespeare.
Alba, forse le cinque, forse le otto
di mattina.
Qualche piccolo raggio filtrava tra
le tapparelle cadendo
sul lenzuolo pastello attorcigliato alla base del letto, piccole gocce
di
sudore mi imperlavano la fronte colando lungo le guance.
Ero perfettamente sveglia da tempo
ormai, un po’ per l’afa
insopportabile, un po’ per la testa piena di pensieri.
Non riuscivo a capacitarmi di come la
mia vita fosse
cambiata nel giro di poche settimane, in meglio per giunta.
Papà mi aveva nominata
vice presidente delle Capsule
Corporation, Yamcha aveva finalmente accettato la nostra rottura, la
mia nuova
invenzione stava ottenendo un successo inaspettato
e…bhè la novità più
importante era sicuramente quella che mi dormiva accanto.
Vegeta.
Vegeta e…me!
Dovevo ripetermelo più
volte questo concetto durante la
giornata perché tuttora mi sembrava impossibile che il nome
del sayan potesse
associarsi al mio.
Tuttavia…
Erano passati due mesi dal giorno del
blackout, dalla notte,
più buia, lunga e bella della mia esistenza, ma ancora
sapevo di non poter
stabile il genere di rapporto che avevo con Vegeta.
Ci cercavamo, in silenzio, come
fedifraghi amanti, con
quella sottile frenesia e un po’ di rabbia che tanto fa
ribelli i giovani.
Stretto dentro di me viaggiavo in un
mondo di cui non sapevo
l’esistenza, cadevo tra mille vertigini, vivevo esistenze
lunghe una spinta.
Oltre i suoi respiri però
non ci dicevamo una parola.
Giocavamo con il corpo, i sentimenti
perdevano sempre.
Visto che io lo amavo con la
venerazione di un dio e la sua
vestale, tale situazione non poteva che uccidermi.
“La smetti di
fissarmi?” sobbalzai al suono della sua voce
impastata dal sonno.
Non mi ero accorta che fosse sveglio,
aveva ancora le
palpebre abbassate.
Ci vedeva anche così
adesso?
“Da quanto tempo sei
sveglio?”
“Da quando lo sei tu, ho il
sonno leggero…”
“Ma come fai a sapere che
ti sto fissando?”
Mi avvicinai di più al suo
viso con espressione scettica.
La tranquillità del sonno
lo rendeva quasi angelico, era
impossibile indovina re il diavolo tra quei lineamenti aristocratici,
le labbra
disegnate, le ciglia scure.
Il mio serafico arcangelo punitore.
Aprì gli occhi
tutt’a un tratto e mi inchiodò nel suo
universo.
“Ne hai altri quattro di
sensi oltre la vista, lo sai?”
“Solo i sayan li hanno
così sviluppati. Dimenticavo che
siete animali…”
“E io dimenticavo che i
terrestri non sono che fragili steli
senza interesse per quello che gli accade intorno”
“Che intendi
dire?”
Vegeta si girò lentamente
mettendosi supino sul materasso e
cominciò a guardarsi intorno con febbrile attenzione coma
alla ricerca di
qualcosa, dopo una breve frazione di secondi indicò un punto
indistinto del mio
soffitto.
Fissai a lungo in quella direzione
senza capire cosa dovessi
notare.
“È il mio
soffitto quello, eh allora?”
Ghignò.
“C’è
un filo di ragnatela, là, vicino all’angolo, un
moscerino ci è rimasto impiccato. È ancora vivo,
ma non ce la farà, vedi più a
destra?” quel puntino nero è il ragno. Potrebbe
finirlo, ma non lo farà. È
sadico lui, se lo uccidesse a morsi si rovinerebbe il
pasto…”
Ascoltai la sua storia senza vedere
niente, ma immaginandola
attraverso i suoi occhi affascinati.
Quanto era crudele quel piccolo
affranto di vita, come era
possibile che i terrestri non si rendessero conto dei cinici assassini
che
avevano intorno.
Forse semplicemente lo sapevano, ma
erano troppo incoscienti
per dar loro importanza.
Sì, i terrestri erano
stupidi ed io innamorata di un
carnefice ne ero la prova lampante.
All’improvviso mi voltai,
lui fece lo stesso.
Sarei rimasta così per
sempre, era una convinzione strana di
cui rendersi conto, qualcosa di potente, ma straziante.
La mia vita era nelle sue mani.
Era nelle sue mani perché
lui ne era il senso.
Poteva distruggermi con una parola
volendo, colpirmi con un
bacio.
Ero nuda con Vegeta, indifesa.
“Mi ami?” gli
dissi masochista, vomitandole quasi quelle due
parole.
“…No…”
fece lui in sussurro, senza smettere di guardarmi.
Calmatevi,
fate un respiro profondo e…ce la farete. La
curiosità
è tanta, la delusione e la rabbia pure,
ma…calmatevi, ok?!
Ci
vediamo al prossimo capitolo, che ne dite?
Lalledy
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Tra donne ***
Tra
donne
L’intesa
tra donne
È
una cosa spettacolare…
(Edgar
Allan Poe)
La psiche umana è strana.
Fa di tutto per costruirsi la sua
potenza, la sua nomea di
forza apparente.
Poi?
Poi basta una parola e tutto crolla
come un castello di
carte.
A volte basta addirittura una
sillaba, due lettere esatte.
Rigirai per l’ennesima
volta il cucchiaino nella tazza:
ormai quella sottospecie di liquido marrone non era più
definibile caffè, né
tanto meno commestibile. Presi la quarta fetta di torta propinatami da
mia
madre nel giro di due ore e la porsi al gattino nero appena fuggito
dalla spalla
di papà. Come era facile per quella donna risolvere i
problemi, un dolce, un
po’ di zucchero e tutto andava meglio, il mondo tornava in
equilibrio.
Purtroppo quella era una
caratteristica che io proprio non
avevo ereditato.
Erano trascorsi due giorni
dall’ultimo dialogo con Vegeta e
per evitare gratuite sofferenze in quelle quarantotto ore me ne ero
rimasta buona,
buona nel mio laboratorio a guardare in aria ripensando alla scena,
soffrendo
in silenzio come un automa.
Non vederlo né sentirlo mi
dava l’illusione di non essere
poi così dipendente di lui come temevo.
Chissà se si era accorto
che lo evitavo…
“Salve! Posso chiederle
un’informazione? Conosce per caso
una ragazza…una certa Bulma Brief? Sa, è
scomparsa più o meno due secoli fa!”
Mi voltai sorpresa verso la fonte
della voce.
Non poteva essere davvero
lei…
“Chichi!”
“Ah! Ma allora sei ancora
viva!”
Corsi verso la nuova arrivata
abbracciandola calorosamente,
mentre dietro di noi un piccolo Gohan vestito da damerino infagottato
elargiva
un sorriso a trentadue denti.
Era davvero tanto tempo che non
vedevo né loro, né quel
babbeo del mio migliore amico troppo preso ad allenarsi sui monti Paoz
per
ricordarsi di me. Io e Chichi avevamo un rapporto un po’
altalenante, lei non
era una donna semplicissima, ma sotto quella scorza dura nascondeva un
cuore grande,
ricolmo di amore per la famiglia. La continua assenza di Goku, essere
la moglie
di un uomo la cui vita stava perennemente appesa a un filo, difendersi
dal
dolore o dalla consapevolezza che suo figlio e suo marito ogni volta
che
uscivano di casa potevano benissimo non tornare l’avevano
resa d’acciaio, forse
più tosta di quello che anche lei stessa potesse immaginare.
“Scusaci, stavi lavorando
forse? Abbiamo provato a chiamarti
ieri, ma tua madre diceva che eri sepolta qui dentro e le scartoffie ti
impedivano la fuga”
“No, ma che dici! Vieni,
andiamo di sopra all’aria aperta.
Le carte possono attendere un po’!”
Li feci accomodare in giardino sotto
il gazebo che avevamo
appena comprato. A furia di stare segregata giù in
laboratorio mi ero
dimenticata di quanto fosse piacevole l’aria fresca del
pomeriggio. Gohan ci
abbandonò quasi subito dopo una bella sorsata di limonata
per giocare con gli
animali di papà, così rimanemmo io e Chichi sole,
a chiacchierare del più e del
meno.
“Goku è ad
allenarsi vero?” cominciai io.
“Sarebbe voluto davvero
venire con noi, credimi, ma dopo
quello che ci ha annunciato il ragazzo del futuro, pensava fosse meglio
non
perdere neanche un minuto prezioso”
“Tu sei
preoccupata?”
“Lo sono
sempre…”
Sorrise.
Che sorriso stanco…
“Ma…vedi, ormai,
ci ho fatto l’abitudine mio malgrado. A
volte mi chiedo se quelle sfere del drago siano un bene per noi o meno.
A una
morte ci si abitua, un abbandono si supera, ma il pensiero che esso
possa
ripetersi…un po’ spaventa…”
Prese un bicchiere di aranciata e lo
sorseggiò piano. Non
c’era ombra di tristezza nella sua espressione, nessuna forma
di amarezza.
Serena accettazione del suo destino,
amore materno
incondizionato, fragilità latente nascosta da urla di
rimprovero.
Questa era Chichi.
Questo non sarei mai stata.
“Sei una donna
straordinaria, Chichi…”
“Ogni donna nel suo piccolo
è straordinaria”
“Tu e Goku vi siete sposati
giovani. Queste lontananze non
vi hanno mai fatti vacillare?”
“La lontananza è
solo qualcosa di fisico, Bulma. Io parlo
con Goku, anche quando è via…”
“Nella tua mente?”
“Anche ad alta voce. Io
parlo al mio cuore. Goku è il mio
cuore, quindi è come se fosse lì con
me…e poi c’è Gohan. Goku vive in
Gohan”
“Dici cose molto
belle…”
“Ti parlo di dolore e
lontananza. Credimi, vorrei non
saperne parlare”
Dolore.
Lontananza.
Mi girai automaticamente verso la
stanza gravitazionale dove
una luce rossastra irradiava il prato morbido sottostante.
Un’ombra di muoveva veloce
dietro la finestra inseguendo un
robot di metallo.
Quando l’ombra
diventò Vegeta ebbi letteralmente un
sussulto.
Tra un anno esatto lui avrebbe
combattuto contro i cyborg,
forse avrebbe perso, magari sarebbe morto ed io…io mi
nascondevo da lui per la
vergogna di un rifiuto.
“Ti piace, non è
vero?” trasalii così forte che alcune gocce
di aranciata mi macchiarono il pantaloncino bianco.
Guardai Chichi molto imbarazzata.
“Di chi parli?”
“Di LUI”
“Io e Yamcha non stiamo
più insieme”
“E mi sembrava anche
l’ora! Che essere abominevole! Non che
Goku sia brillante, lo ammetto, ma era un vero e proprio energumeno
quello lì.
Uno scansafatiche, pure un po’ vigliacco”
“Cavolo! L’hai
inquadrato con due parole!”
“Conosco il mondo
io…come conosco quegli occhi”
“Non è
vero…”
“Oh, sì invece.
Tu sei innamorata, ma temi…lui non è una
persona facile. Potrebbe farti soffrire, non è abituato ad
avere una donna
accanto”
Feci finta di prendere un biscotto e
cominciai a
mordicchiarlo nervosa, così per temporeggiare. Era vero,
dannazione, tutto ciò
che diceva Chichi rispecchiava la realtà dei fatti e i miei
sentimenti. Mi
sentivo un’idiota, una minorata mentale: il mio amore per
Vegeta era palese
agli occhi di chiunque, traspariva dal mio sguardo esplicito come
un’insegna al
neon.
Mi aveva rifiutata, mi aveva
abbandonata di punto in bianco,
ma lo stesso, quel mio dannato, stupido cuore si intestardiva ad
amarlo!
Anche lui, come me, soffriva di un
masochismo innato.
“Bulma, l’amore
non è semplice. Esso colpisce dentro le
persone e credimi quando ti dico che ognuno ha un abisso
nell’anima. Lu non è
come te. Nessuno è uguale all’altro. Conquistare
un altro essere umano
significa viaggiare in quell’infinito spazio”
“Ho paura di
perdermi…”
“E chi ha mai detto che lo
scopo del viaggio sia la meta?!”
Ecco a voi il secondo
capitolo miei prodi! Ci
tengo particolarmente a questo capitolo, perché oltre alla
difficoltà di
descrivere i sentimenti di una donna rifiutata,
c’è quella sottospecie di
intervista a Chichi che mi ha preso un mare di tempo. Non so voi, ma
quelle
sono le domande che avrei voluto farle anche io se fosse davvero
possibile
incontrarla! Quelle sono le ipotetiche risposte. Voi che ne pensate?
Eterno grazie a…
Silvia_sic1995: devo
ammettere che la scena
del ragno è uscita per caso, mentre scrivevo. Mi fa piacere
ti sia piaciuta, un
po’ meno che ti abbia fatto venire i brividi, mi dispiace
tantooo!! XD! Che ne
pensi del nuovo capitolo?
Luna_07: grazie per il tuo
sostegno Luna. Io
da parte mia leggo le tue fan fiction in continuazione, ma mi dimentico
sempre
di commentare. Sono una beota! Mi sono fatta proprio un post-it
così me lo
ricordo, sei contenta? XD Comunque grazie di tutto!
Ka93: l’avevo
dato per forse questo seguito,
ma solo per mancanza di tempo. Adesso che la voglia di scrivere mi
è tornata, non
potevo non riprenderlo in mano! Grazie per il sostegno!
Vegeta4e: ogni cosa ha il
suo tempo, amica,
ogni cosa ha il suo tempo. Veggy ha i suoi motivi per dire no, ma non
ti
preoccupare. Tutto verrà chiarito…non so ancora
se per il meglio o per il
peggio.
Yori: grazie! Solo sapere
il tuo sostegno mi
basta e avanza! Continua a seguirmi!
BulmaMiky: grazie! Sono
felice di sapere che
tu continuerai a seguirmi! Mi fa davvero piacere! Come si è
capito finora, e si
capirà anche in avanti, l’amore di Bulma per
Vegeta è di una grandezza inimmaginabile.
Anche a me questo amor carnale, un po’ profano, di chi venera
con una passione
viscerale mi fa impazzire. In tutte le mie fan fiction ce ne
è un tocco.
Francescald1990: ma certo
che non poteva
finire così! Grazie per il tuo commento. Ti è
piaciuto questo capitolo?
Fiby_elle: non posso non
amarti, mamma! XD
Saku_chan:
ciao cara! Sono molto contenta che il
capitolo ti piaccia! La frase di Shakespeare mi sembrava
azzeccattissima per l’occasione!
Come ho detto la scena del ragno invece è venuta
così d’istinto. Ho notato che
però ha avuto un discreto successo. Grazie sempre per le tue
recensioni *_*
Maia74: Ciao! Bulma come
hai visto non si è
infuriata, spero che per te vada bene lo stesso. Se l’avessi
fatta infuriare,
avrei bruciata l’attesa del chiarimento in poche scene e
invece tutta la fan
fiction si basa proprio su quel –no- di Vegeta. Grazie della
recensione!!
Al prossimo capitoloooo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Perdente ***
Si
innamorò così
come
scoppiò a ridere
o
a piangere.
Scoppiò
ad amare.
“Bulma”
“Bulma!”
“Cosa
vuoi?”
“Bulma!”
Mi
svegliai così di soprassalto
che quasi non caddi dal letto per lo slancio.
Sbattei
violentemente la nuca
sulla testata d'acciaio e urlai avvilita quando le lenzuola inzuppate
di sudore come catene di fuoco mi negarono la fuga.
Mi ero
sentita chiamare, nel buio
della mia testa, da una voce metallica, inumana, così
minacciosa e
fredda da mettere i brividi con appena un suono.
Mi aveva
talmente spaventata da
essere riuscita addirittura a liberarmi dello stato catatonico che da
due settimane sostituiva il mio sonno.
Avevo
preso l'abitudine di
prendere dei sonniferi la sera, prima di andare a dormire,
papà non
era affatto d'accordo, ma di quello che pensava lui proprio non me ne
importava.
Se non
li avessi presi avrei
sognato Vegeta ogni notte e questo mi avrebbe oltremodo distrutta.
Non ci
parlavamo, non ci
guardavamo, avrei anche preferito che non ci incontrassimo, ma la mia
casa era quello che era, benchè cercassi di evitarlo, la sua
presenza, i suoi passi, il suo odore che filtrava tra le fessure
della porta del bagno mentre faceva la doccia erano presenti,
inconfondibili, inoppugnabili.
Avrei
dovuto odiarlo, portargli
rancore per il suo rifiuto, meditare vendetta per la voragine ancora
colante di sangue e vergogna che mi ritrovavo nel petto, invece...
Lo amavo.
Incondizionatamente.
Sempre
di più.
Come se
la sua assenza mi avesse
portato a rendermi conto, perfino razionalmente, di quanto nella mia
vita lui fosse importante, basilare.
Avevo
bisogno di Vegeta, senza di
lui non ero nulla.
Mi alzai
dal letto sistemando la
maglietta che portavo come una camicia da notte e legando i capelli
inumiditi in una coda, qualche ciocca capricciosa rifiutò
l'elastico
appiccicandosi alla fronte già imperlata, dovevo sembrare
appena
uscita da una centrifuga, ma non me ne preoccupai.
Avevo
solo deciso di scendere in
cucina, tutte quelle elucubrazioni notturne mi avevano fatto venire
fame.
Uscii
dalla mia camera cercando di
non fare alcun rumore, mi guardai attorno spaesata dal buio e a
tentoni provai a scendere giù per le scale. Il legno
scricchiolava
sotto il mio peso emettendo suoni assordanti in quella pace, il mio
incedere pericolante dovette mettere a dura prova la
stabilità del
corrimano che ad ogni inciampo tremava in maniera preoccupante.
Praticamente
fu un vero e proprio
miracolo se riuscii a toccare il pian terreno incolume visto il mio
equilibrio precario.
Cercai
di attraversare più
velocemente il soggiorno tentando di evitare gli spigoli dei mobili,
un lampione fuori la finestra rendeva il tragitto più facile
con i
suoi riflessi, tuttavia, guardandomi intorno, mi resi conto che
l'oscurità non mi spaventava.
Mi
sentivo invisibile lì,
protetta, il buio non mi attanagliava, anzi mi lasciava scivolare al
suo interno cortesemente, era una sensazione unica, speciale.
Peccato
che scomparve non appena
varcai la soglia della stanza.
Vegeta
era davanti al frigorifero
intento a bere da un bottiglia di vetro inscurita dalle ombre, gli
occhi chiusi, l'espressione rilassata e il viso leggermente
illuminato dalla luce fioca.
Lo avevo
dimenticato.
Avevo
dimenticato quanto fosse
bello, quanto fosse elegante, avevo cancellato la perfezione
aristocratica dei suoi lineamenti, la forma affusolata dei muscoli
degli arti, le dita troppo lunghe per essere quelle di un guerriero.
Avevo
rimosso tutto.
Persino
la mia reazione alla sua
vista.
Il cuore
si fermò di colpo, le
mani cominciarono a tremare, la gola deglutì a vuoto
occludendosi
quasi stessi soffocando.
Mi aveva
sentita, questo era
certo.
Conoscevo
bene quel giochetto
delle auree e doveva avermi riconosciuta fin da sopra le scale,
eppure continuava a star lì e a bere e a lasciarsi guardare
e a
lasciarsi amare.
La
voragine che avevo nel petto si
allargò facendo male.
La poca
dignità rimasta mi
convinse a scappare.
“No...me
ne vado io...”
sussurrò una voce, così salda e scura da sembrare
di un dio
notturno.
Quando
mi girai aveva già chiuso
il frigorifero e superato la mia posizioni passandomi avanti veloce e
leggero come un soffio di vento.
I
ricordi mi travolsero impietosi,
le mani tremarono dalla voglia di toccarlo, il suo profumo intenso mi
bruciò la gola.
Eppure
non piansi, non crollai.
La
voragine nel petto grondava
ancora sangue, questo sì, ma oramai avevo imparato a
conviverci, a
sentirla come mia.
Il
dolore non mi avviliva, anzi,
stuzzicava una parte di me che non conoscevo, una parte più
fredda,
più coraggiosa, più dura.
Una
parte che mi spingeva a non
mollare.
“Io
sì”
La mia
voce si perse nella notte,
ma non dubitai che il demone l'avesse colta.
Non
sapevo neanche quello che
avevo detto, stavo semplicemente lasciando andare la testa, le
parole, buttandole fuori come respiri.
Il dio
notturno fermò la sua
avanzata, ma non si voltò.
Meglio,
non so se avrei retto il
suo sguardo.
“A
quella domanda....quella che
ti feci quel giorno famoso...e tu hai detto no, bhè...io
dico sì.
Ti amo. Era la cosa più stupida che potessi fare innamorarmi
di te.
Non chiedermi come sia potuto accadere. Non lo so. Amarti mi viene
naturale come respirare, ingoiare, bere se ho sete, mangiare se ho
fame. Potrei anche provare a non amarti, ma
vedi...è...inutile.
Anche in questi giorni. D'un tratto mi ero illusa di essere guarita,
che non avevi più nessun ascendente su di me...quanto mi
sbagliavo.
Mi è bastato vederti di sfuggito, sentire il tuo profumo,
notare un
bicchiere dove avevi bevuto per ricaderci di nuovo, o meglio capire
che in realtà non ne ero mai uscita. Sono bloccata. Sono
ferma. Sono
morta. Ti amo”
Silenzio.
Tensione.
Solo un
rumore di fondo, leggero e
distante come un battito d'ali.
Era il
mio cuore.
Non
pensavo di averne ancora uno,
ormai.
Poi
qualcosa mi afferrò, da
dietro, e mi fece voltare, sbattere contro di sé, piegare
quel
briciolo di volontà che mi rimaneva, costringendo quel cuore
appena
ricomparso a battere in modo anormale.
La mia
fronte toccò quella del
sayan con dolcezza, ma altrettanto dolce non fu il contatto, lo
scontro dei nostri respiri, simili a venti contrari, delle nostre
pelli, inasprite dalla lontananza, delle nostre mani, ferocemente
nostalgiche tra loro.
Cercai
di sfuggirgli, ma sapevo
che ogni tentativo era vano.
E non
perchè davanti a lui, al
principe guerriero io ero soltanto una fragile umana.
Ogni
volta che mi guardava, che mi
inchiodava con quegli occhi perfetti, sapevo che non c'era
più
niente da fare.
Ogni
volta che mi baciava in quel
modo sapevo di aver già perso la partita.
Ok,
lo ammetto: sono sparita! La scuola, le vacanze, il fidanzato, le
amiche...e Bulma e Vegeta ne hanno pagato le conseguenze. Ma ecco il
capitolo che tanto attendevate.
Grazie
infinite a francescald1990, yori, vegeta4e, Silvia_sic1995, Maia74,
Ka93, Luna07, BulmaMiky, Bulma97.
Risponderò
alle vostre recensioni nel prossimo capitolo.
Alla
prox!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Buio ***
Buio
E ci siamo mischiati
la pelle, le anime, le ossa
ed appena finito
ognuno ha ripreso le sue…
(Luciano Ligabue)
Ci
scontrammo, ci cercammo, ci incontrammo, ma sopra ad ogni cosa ci
baciammo.
Le
sue labbra modellavano le mie con l'urgenza e la frenesia di una danza
orientale, le nostre lingue si attorcigliavano come sorelle, mentre le
mie mani
grattavano sul suo corpo cercando di rapirlo, di rubarlo al mondo e
alla sua
natura che lentamente lo stava portando via.
Lo
volevo, lo pretendevo, incondizionatamente, sempre di più,
nonostante il
dolore, la dignità, la vergogna, ancora, ancora, ancora...
“Vegeta...”
sussurrai lievemente, i denti che mi solleticavano il collo.
“Non
parlare” disse lui perentorio e senza sforzo mi
sollevò sul tavolo dove mi
coprì come velluto.
La
sua forza non pesava su di me soffocante e tesa, ma al contrario mi
sfiorava
appena, leggera, calda e famigliare come un balsamo senza profumo,
un'alba di
primo mattino.
Pareva
inaudito, a tratti addirittura spaventoso che un assassino di popoli e
morali,
uno che del sangue aveva fatto secondo vestito, fosse capace di tanta
eleganza,
tanta precisa lentezza, eppure quel principe senza pianeta, piccolo
esule
involontario del nulla, si muoveva su di me con la grazia sensuale di
una
pantera, con la diligenza di un'onda che, ambiziosa, tentava di portare
a
presso a sé tutto il mare.
Presa
così da quell'euforia rovinosa, io lo divorai letteralmente,
con la bocca, con
le mani e preda di un masochismo indecente spensi deliberatamente i
miei
pensieri: non mi importava tornare indietro, non mi avrebbe distolta
l'idea che
per Vegeta questo, come tutto, fosse soltanto un gioco, né
il fatto che ai suoi
occhi, di certo, dovessi apparire ridicola.
Sapevo
solo che lui era lì, con me, e domani sarebbe potuto non
esserci, tra poche ore
saremmo tornati due estranei.
Se
era una sfida quella, se il nostro era un gioco al massacro, avrei
perso, sì,
volentieri, ma del mio nemico avrei preso più del necessario.
“Smettila”
disse all'improvviso, le sue mani che mi spogliavano la pelle.
“Di
fare cosa?” chiesi, confusa.
“Di
amarmi così”
Non
ebbi il tempo di sorprendermi, di rispondergli, di maledire i miei
occhi
traditori che nonostante l'impegno mi avevano sputtanato il cuore, d'un
tratto
così, senza preavviso, il principe mi prese fissando il suo
sguardo nel mio che
folle, tremebondo, si era già perso nell'abisso infinito
racchiuso nel nulla
dell'animo suo.
Ci
amammo, quella notte, o almeno mi illusi che fu così.
Dondolando
l'uno sull'altro su quel tavolo scarno ci conoscemmo dentro studiandoci
come
non mai, discorremmo con parole fatte di gemiti, ci respirammo
all'infinito scambiandoci
tutto ciò che ci apparteneva.
Venimmo,
più volte, non in sincrono, ma in sintonia ed io quasi
piansi ad ogni fine
spaventata dal pensiero che quella volta potesse significare
l'abbandono.
Ora
era lì, era mio, legato suo malgrado dal sesso tra noi due,
ma dopo, senza
carne, senza corpo, cosa sarebbe stato di noi?
Quando
crollammo sfiancati, Vegeta semplicemente mi scivolò sul
corpo, mentre i miei
occhi, come era prevedibile, cominciarono a lacrimare.
“Non
lo so”
Un
sussurro.
Un
affanno.
La
sua voce che si confondeva con la notte.
“Non
lo so se ti amo, potrebbe anche darsi, sarebbe possibile, ma non lo so.
Per
me sarebbe incredibilmente facile dirti di sì, prendere
ciò che hai da darmi e
ingannarti senza rimorso alcuno, ma...
Il
mio popolo è morto, donna, sterminato da milioni, milioni di
bugie.
Quelle
di mio padre, di Freezer, addirittura le mie, tutte al loro modo hanno
contribuito alla distruzione, al devasto e... io non posso, ora, non
voglio più
mentire, in nessun caso”
Tremavo.
Piangevo.
Morivo.
“Per
questo ti ho detto no, quella volta, perchè non ho alcuna
intenzione di dire
bugie, neanche per cose simili, neanche per qualcosa che potrebbe
andare a mio
vantaggio.
E
sempre per questo ti dico basta, smettila di amarmi in questo modo,
perchè io
l'amore non l'ho mai visto, né mai provato e qualunque cosa
io possa sentire
per te non lo riconoscerò mai come tale...”
Frantumi.
Sangue.
Il
mio cuore.
“Mi
stai abbandonando...”
“No,
ti sto lasciando andare...”
Veloce,
rapido più di un pugno nello stomaco, Vegeta
sparì nel nulla, volatilizzandosi
crudele come il sogno che era stato.
Io
rimasi lì, ferma, immobile come il mondo che per me aveva
perso ogni
significato.
Quando riaprii gli occhi era l'alba di
un
nuovo giorno e il dolore mi aveva completamente annientata.
Eccomi
di nuovo qui! L’attesa è stata tanta, lo
so, ma le crisi da pagina bianca sono davvero difficili da superare.
Tra gli
impegni di un esame che sta arrivando, le varie gite e i test
universitari che
incombono lì, ghignando da lontano, capirete che
l’ispirazione va a farsi
benedire senza scrupolo alcuno.
Informo
i cari lettori che questo sarà il
penultimo capitolo di “Blackout_Intermezzo”, in
quanto, essendo una serie, mi
metterò a lavorare sui successivi (Blackout_Notturno
sarà il prossimo) e in
primis su gli altri lavori di Dragon Ball che attendono una fine!
Grazie
infinite per la vostra pazienza, a chi ha
ancora voglia di seguirmi e non mandarmi a quel paese e a chi si prende
soprattutto la briga di lasciarmi un commentino! Le risposte alle
vostre
recensioni arriveranno a breve, non temete!
Saluti!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Dolore ***
Dolore
Il
brutto della dipendenza
è
che
non finisce mai bene.
Perché
ad un certo punto qualunque cosa sia
quella
che ti fa stare bene...
smette
di farti bene...
e
comincia a farti male.
Eppure
dicono che non ti togli il vizio
finché
non tocchi il fondo.
Ma
come fai a sapere quando l'hai toccato?
Non
importa quanto una cosa ci faccia male...
certe
volte rinunciare a quella cosa...
fa
ancora più male.
(Grey’s
Anatomy)
Se
ne era andato.
Vegeta
se ne era andato.
Come
un incendio disastroso e poi
domato, una malattia sfibrante e poi curata, il principe dei saiyan
aveva
abbandonato la mia casa senza dire una parola, senza lasciare nulla
dietro di sé.
Forse
era meglio così…
Un
osso rotto guarisce più in
fretta di una ferita, soprattutto non lascia cicatrici.
Almeno così
pensavo…
“Non devi soffrirne, Bulma,
lui è fatto così…”
Sedute sotto il gazebo in giardino,
io e Chichi guardavamo
il tramonto assorte, mentre l’aria di fine giugno si faceva
sempre più afosa.
Nonostante la compagnia e lo
spettacolo naturale che aveva
davanti, i miei occhi continuavano a girare inquieti, da destra verso
sinistra,
calamitati, mio malgrado, sempre verso la stessa traiettoria: quella
della
Gravity room, vuota.
“La colpa è mia,
Chichi, sapevo a cosa andavo incontro… sono
una stupida”
“Tutti gli uomini sono
stupidi quando si parla d’amore”
“Già…”
Una piccola lacrima rigò
il mio viso lentamente, ma né la
mia espressione né tanto meno il mio sguardo diedero segno
di cambiare.
Piangevo come un vaso ricolmo ormai,
un recipiente
impassibile troppo pieno.
Non potevo più permettermi
di crollare.
“Penso che lui abbia
bisogno di tempo, Bulma… solo questo…”
“Ed io di dimenticarlo,
magari”
“Non è questo
che vuoi, lo sai”
“Davvero?”
“Sì, tu non vuoi
dimenticarlo, Bulma, avresti bisogno di dimenticarlo, questo
è
differente. L’amore non è raziocinio, qui sta il
problema, non decidi di chi
innamorarti, non abbiamo voce in capitolo su come, dove, quando. Amiamo
le
persone senza un perché a volte, anche se ci sarebbero mille
motivi per non
farlo, anche se sappiamo che ci farà male. Ciechi, sordi,
muti, sciocchi… l’amore
ci rende scheletri sensibili, ma senza organi. è una
ferita…una sanguinosa,
orribile ferita, eppure… viviamo più in quel
momento, prima della morte, che in
anni e anni di vita”
Sorrisi, tra le lacrime.
Crepa di luce nel mio cuore in
cancrena.
“Chichi…”
“Non scordarti di lui,
Bulma, sarebbe difficile, ne
soffriresti…”
“Oh, non potrei neanche se
volessi…”
“…Cosa?”
“Sono
incinta, Chichi… sono
incinta…”
Blackout_Intermezzo_
Lalledy
E
giunse l’attesissima fine.
No,
tranquille non intendo la fine-fine, intendo quella di
Blackout_Intermezzo_.
Il
seguito, Blackout_Notturno arriverà su Efp tra poco, quando
mi sarò messa in
pari con le altre storie, bellamente abbandonate dalla mia ispirazione.
Prendetevela
con lei, non è colpa mia!
Grazie
a chi mi ha seguito sempre!
Grazie
a chi mi ha sostenuto sempre, anche fuori dal web (Abba, Boss, Malu,
Sabri sto
parlando proprio di voi!!)
Grazie
a chi ha recensito ogni capitolo, chi solo una volta, chi ha letto e
basta!
Grazie
a chi ha deciso di condividere con me quel viaggio magnifico che io
chiamo fantasia!
Lalledy
<3
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=484929
|