Blackout_Intermezzo_

di lalledy
(/viewuser.php?uid=29298)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Risveglio ***
Capitolo 2: *** Tra donne ***
Capitolo 3: *** Perdente ***
Capitolo 4: *** Buio ***
Capitolo 5: *** Dolore ***



Capitolo 1
*** Risveglio ***


Risveglio

 

Queste gioie violente

Hanno fini violente

E muoiono nel loro trionfo

Come la polvere da sparo e il fuoco

Che si consumano al primo bacio.

Shakespeare.

 

 

Alba, forse le cinque, forse le otto di mattina.

Qualche piccolo raggio filtrava tra le tapparelle cadendo sul lenzuolo pastello attorcigliato alla base del letto, piccole gocce di sudore mi imperlavano la fronte colando lungo le guance.

Ero perfettamente sveglia da tempo ormai, un po’ per l’afa insopportabile, un po’ per la testa piena di pensieri.

Non riuscivo a capacitarmi di come la mia vita fosse cambiata nel giro di poche settimane, in meglio per giunta.

Papà mi aveva nominata vice presidente delle Capsule Corporation, Yamcha aveva finalmente accettato la nostra rottura, la mia nuova invenzione stava ottenendo un successo inaspettato e…bhè la novità più importante era sicuramente quella che mi dormiva accanto.

Vegeta.

Vegeta e…me!

Dovevo ripetermelo più volte questo concetto durante la giornata perché tuttora mi sembrava impossibile che il nome del sayan potesse associarsi al mio.

Tuttavia…

Erano passati due mesi dal giorno del blackout, dalla notte, più buia, lunga e bella della mia esistenza, ma ancora sapevo di non poter stabile il genere di rapporto che avevo con Vegeta.

Ci cercavamo, in silenzio, come fedifraghi amanti, con quella sottile frenesia e un po’ di rabbia che tanto fa ribelli i giovani.

Stretto dentro di me viaggiavo in un mondo di cui non sapevo l’esistenza, cadevo tra mille vertigini, vivevo esistenze lunghe una spinta.

Oltre i suoi respiri però non ci dicevamo una parola.

Giocavamo con il corpo, i sentimenti perdevano sempre.

Visto che io lo amavo con la venerazione di un dio e la sua vestale, tale situazione non poteva che uccidermi.

“La smetti di fissarmi?” sobbalzai al suono della sua voce impastata dal sonno.

Non mi ero accorta che fosse sveglio, aveva ancora le palpebre abbassate.

Ci vedeva anche così adesso?

“Da quanto tempo sei sveglio?”

“Da quando lo sei tu, ho il sonno leggero…”

“Ma come fai a sapere che ti sto fissando?”

Mi avvicinai di più al suo viso con espressione scettica.

La tranquillità del sonno lo rendeva quasi angelico, era impossibile indovina re il diavolo tra quei lineamenti aristocratici, le labbra disegnate, le ciglia scure.

Il mio serafico arcangelo punitore.

Aprì gli occhi tutt’a un tratto e mi inchiodò nel suo universo.

“Ne hai altri quattro di sensi oltre la vista, lo sai?”

“Solo i sayan li hanno così sviluppati. Dimenticavo che siete animali…”

“E io dimenticavo che i terrestri non sono che fragili steli senza interesse per quello che gli accade intorno”

“Che intendi dire?”

Vegeta si girò lentamente mettendosi supino sul materasso e cominciò a guardarsi intorno con febbrile attenzione coma alla ricerca di qualcosa, dopo una breve frazione di secondi indicò un punto indistinto del mio soffitto.

Fissai a lungo in quella direzione senza capire cosa dovessi notare.

“È il mio soffitto quello, eh allora?”

Ghignò.

“C’è un filo di ragnatela, là, vicino all’angolo, un moscerino ci è rimasto impiccato. È ancora vivo, ma non ce la farà, vedi più a destra?” quel puntino nero è il ragno. Potrebbe finirlo, ma non lo farà. È sadico lui, se lo uccidesse a morsi si rovinerebbe il pasto…”

Ascoltai la sua storia senza vedere niente, ma immaginandola attraverso i suoi occhi affascinati.

Quanto era crudele quel piccolo affranto di vita, come era possibile che i terrestri non si rendessero conto dei cinici assassini che avevano intorno.

Forse semplicemente lo sapevano, ma erano troppo incoscienti per dar loro importanza.

Sì, i terrestri erano stupidi ed io innamorata di un carnefice ne ero la prova lampante.

All’improvviso mi voltai, lui fece lo stesso.

Sarei rimasta così per sempre, era una convinzione strana di cui rendersi conto, qualcosa di potente, ma straziante.

La mia vita era nelle sue mani.

Era nelle sue mani perché lui ne era il senso.

Poteva distruggermi con una parola volendo, colpirmi con un bacio.

Ero nuda con Vegeta, indifesa.

“Mi ami?” gli dissi masochista, vomitandole quasi quelle due parole.

“…No…” fece lui in sussurro, senza smettere di guardarmi.

 

 

Calmatevi, fate un respiro profondo e…ce la farete. La curiosità è tanta, la delusione e la rabbia pure, ma…calmatevi, ok?!

Ci vediamo al prossimo capitolo, che ne dite?

Lalledy

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Tra donne ***


Tra donne

L’intesa tra donne

È una cosa spettacolare…

(Edgar Allan Poe)

La psiche umana è strana.

Fa di tutto per costruirsi la sua potenza, la sua nomea di forza apparente.

Poi?

Poi basta una parola e tutto crolla come un castello di carte.

A volte basta addirittura una sillaba, due lettere esatte.

Rigirai per l’ennesima volta il cucchiaino nella tazza: ormai quella sottospecie di liquido marrone non era più definibile caffè, né tanto meno commestibile. Presi la quarta fetta di torta propinatami da mia madre nel giro di due ore e la porsi al gattino nero appena fuggito dalla spalla di papà. Come era facile per quella donna risolvere i problemi, un dolce, un po’ di zucchero e tutto andava meglio, il mondo tornava in equilibrio.

Purtroppo quella era una caratteristica che io proprio non avevo ereditato.  

Erano trascorsi due giorni dall’ultimo dialogo con Vegeta e per evitare gratuite sofferenze in quelle quarantotto ore me ne ero rimasta buona, buona nel mio laboratorio a guardare in aria ripensando alla scena, soffrendo in silenzio come un automa.

Non vederlo né sentirlo mi dava l’illusione di non essere poi così dipendente di lui come temevo.

Chissà se si era accorto che lo evitavo…

“Salve! Posso chiederle un’informazione? Conosce per caso una ragazza…una certa Bulma Brief? Sa, è scomparsa più o meno due secoli fa!”

Mi voltai sorpresa verso la fonte della voce.

Non poteva essere davvero lei…

“Chichi!”

“Ah! Ma allora sei ancora viva!”

Corsi verso la nuova arrivata abbracciandola calorosamente, mentre dietro di noi un piccolo Gohan vestito da damerino infagottato elargiva un sorriso a trentadue denti.

Era davvero tanto tempo che non vedevo né loro, né quel babbeo del mio migliore amico troppo preso ad allenarsi sui monti Paoz per ricordarsi di me. Io e Chichi avevamo un rapporto un po’ altalenante, lei non era una donna semplicissima, ma sotto quella scorza dura nascondeva un cuore grande, ricolmo di amore per la famiglia. La continua assenza di Goku, essere la moglie di un uomo la cui vita stava perennemente appesa a un filo, difendersi dal dolore o dalla consapevolezza che suo figlio e suo marito ogni volta che uscivano di casa potevano benissimo non tornare l’avevano resa d’acciaio, forse più tosta di quello che anche lei stessa potesse immaginare.

“Scusaci, stavi lavorando forse? Abbiamo provato a chiamarti ieri, ma tua madre diceva che eri sepolta qui dentro e le scartoffie ti impedivano la fuga”

“No, ma che dici! Vieni, andiamo di sopra all’aria aperta. Le carte possono attendere un po’!”

Li feci accomodare in giardino sotto il gazebo che avevamo appena comprato. A furia di stare segregata giù in laboratorio mi ero dimenticata di quanto fosse piacevole l’aria fresca del pomeriggio. Gohan ci abbandonò quasi subito dopo una bella sorsata di limonata per giocare con gli animali di papà, così rimanemmo io e Chichi sole, a chiacchierare del più e del meno.

“Goku è ad allenarsi vero?” cominciai io.

“Sarebbe voluto davvero venire con noi, credimi, ma dopo quello che ci ha annunciato il ragazzo del futuro, pensava fosse meglio non perdere neanche un minuto prezioso”

“Tu sei preoccupata?”

“Lo sono sempre…”

Sorrise.

Che sorriso stanco…

“Ma…vedi, ormai, ci ho fatto l’abitudine mio malgrado. A volte mi chiedo se quelle sfere del drago siano un bene per noi o meno. A una morte ci si abitua, un abbandono si supera, ma il pensiero che esso possa ripetersi…un po’ spaventa…”

Prese un bicchiere di aranciata e lo sorseggiò piano. Non c’era ombra di tristezza nella sua espressione, nessuna forma di amarezza.

Serena accettazione del suo destino, amore materno incondizionato, fragilità latente nascosta da urla di rimprovero.

Questa era Chichi.

Questo non sarei mai stata.

“Sei una donna straordinaria, Chichi…”

“Ogni donna nel suo piccolo è straordinaria”

“Tu e Goku vi siete sposati giovani. Queste lontananze non vi hanno mai fatti vacillare?”

“La lontananza è solo qualcosa di fisico, Bulma. Io parlo con Goku, anche quando è via…”

“Nella tua mente?”

“Anche ad alta voce. Io parlo al mio cuore. Goku è il mio cuore, quindi è come se fosse lì con me…e poi c’è Gohan. Goku vive in Gohan”

“Dici cose molto belle…”

“Ti parlo di dolore e lontananza. Credimi, vorrei non saperne parlare”

Dolore.

Lontananza.

Mi girai automaticamente verso la stanza gravitazionale dove una luce rossastra irradiava il prato morbido sottostante.

Un’ombra di muoveva veloce dietro la finestra inseguendo un robot di metallo.

Quando l’ombra diventò Vegeta ebbi letteralmente un sussulto.

Tra un anno esatto lui avrebbe combattuto contro i cyborg, forse avrebbe perso, magari sarebbe morto ed io…io mi nascondevo da lui per la vergogna di un rifiuto.

“Ti piace, non è vero?” trasalii così forte che alcune gocce di aranciata mi macchiarono il pantaloncino bianco.

Guardai Chichi molto imbarazzata.

“Di chi parli?”

“Di LUI”

“Io e Yamcha non stiamo più insieme”

“E mi sembrava anche l’ora! Che essere abominevole! Non che Goku sia brillante, lo ammetto, ma era un vero e proprio energumeno quello lì. Uno scansafatiche, pure un po’ vigliacco”

“Cavolo! L’hai inquadrato con due parole!”

“Conosco il mondo io…come conosco quegli occhi”

“Non è vero…”

“Oh, sì invece. Tu sei innamorata, ma temi…lui non è una persona facile. Potrebbe farti soffrire, non è abituato ad avere una donna accanto”   

Feci finta di prendere un biscotto e cominciai a mordicchiarlo nervosa, così per temporeggiare. Era vero, dannazione, tutto ciò che diceva Chichi rispecchiava la realtà dei fatti e i miei sentimenti. Mi sentivo un’idiota, una minorata mentale: il mio amore per Vegeta era palese agli occhi di chiunque, traspariva dal mio sguardo esplicito come un’insegna al neon.

Mi aveva rifiutata, mi aveva abbandonata di punto in bianco, ma lo stesso, quel mio dannato, stupido cuore si intestardiva ad amarlo!

Anche lui, come me, soffriva di un masochismo innato.

“Bulma, l’amore non è semplice. Esso colpisce dentro le persone e credimi quando ti dico che ognuno ha un abisso nell’anima. Lu non è come te. Nessuno è uguale all’altro. Conquistare un altro essere umano significa viaggiare in quell’infinito spazio”

“Ho paura di perdermi…”

“E chi ha mai detto che lo scopo del viaggio sia la meta?!”

 

 

 

 

 

Ecco a voi il secondo capitolo miei prodi! Ci tengo particolarmente a questo capitolo, perché oltre alla difficoltà di descrivere i sentimenti di una donna rifiutata, c’è quella sottospecie di intervista a Chichi che mi ha preso un mare di tempo. Non so voi, ma quelle sono le domande che avrei voluto farle anche io se fosse davvero possibile incontrarla! Quelle sono le ipotetiche risposte. Voi che ne pensate?

Eterno grazie a…

Silvia_sic1995: devo ammettere che la scena del ragno è uscita per caso, mentre scrivevo. Mi fa piacere ti sia piaciuta, un po’ meno che ti abbia fatto venire i brividi, mi dispiace tantooo!! XD! Che ne pensi del nuovo capitolo?

Luna_07: grazie per il tuo sostegno Luna. Io da parte mia leggo le tue fan fiction in continuazione, ma mi dimentico sempre di commentare. Sono una beota! Mi sono fatta proprio un post-it così me lo ricordo, sei contenta? XD Comunque grazie di tutto!

Ka93: l’avevo dato per forse questo seguito, ma solo per mancanza di tempo. Adesso che la voglia di scrivere mi è tornata, non potevo non riprenderlo in mano! Grazie per il sostegno!

Vegeta4e: ogni cosa ha il suo tempo, amica, ogni cosa ha il suo tempo. Veggy ha i suoi motivi per dire no, ma non ti preoccupare. Tutto verrà chiarito…non so ancora se per il meglio o per il peggio.

Yori: grazie! Solo sapere il tuo sostegno mi basta e avanza! Continua a seguirmi!

BulmaMiky: grazie! Sono felice di sapere che tu continuerai a seguirmi! Mi fa davvero piacere! Come si è capito finora, e si capirà anche in avanti, l’amore di Bulma per Vegeta è di una grandezza inimmaginabile. Anche a me questo amor carnale, un po’ profano, di chi venera con una passione viscerale mi fa impazzire. In tutte le mie fan fiction ce ne è un tocco.

Francescald1990: ma certo che non poteva finire così! Grazie per il tuo commento. Ti è piaciuto questo capitolo?   

Fiby_elle: non posso non amarti, mamma! XD

Saku_chan: ciao cara! Sono molto contenta che il capitolo ti piaccia! La frase di Shakespeare mi sembrava azzeccattissima per l’occasione! Come ho detto la scena del ragno invece è venuta così d’istinto. Ho notato che però ha avuto un discreto successo. Grazie sempre per le tue recensioni *_*

Maia74: Ciao! Bulma come hai visto non si è infuriata, spero che per te vada bene lo stesso. Se l’avessi fatta infuriare, avrei bruciata l’attesa del chiarimento in poche scene e invece tutta la fan fiction si basa proprio su quel –no- di Vegeta. Grazie della recensione!!

 

 

Al prossimo capitoloooo

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Perdente ***


Si innamorò così

come scoppiò a ridere

o a piangere.

Scoppiò ad amare.

Bulma”

Bulma!”

Cosa vuoi?”

Bulma!”


Mi svegliai così di soprassalto che quasi non caddi dal letto per lo slancio.

Sbattei violentemente la nuca sulla testata d'acciaio e urlai avvilita quando le lenzuola inzuppate di sudore come catene di fuoco mi negarono la fuga.

Mi ero sentita chiamare, nel buio della mia testa, da una voce metallica, inumana, così minacciosa e fredda da mettere i brividi con appena un suono.

Mi aveva talmente spaventata da essere riuscita addirittura a liberarmi dello stato catatonico che da due settimane sostituiva il mio sonno.

Avevo preso l'abitudine di prendere dei sonniferi la sera, prima di andare a dormire, papà non era affatto d'accordo, ma di quello che pensava lui proprio non me ne importava.

Se non li avessi presi avrei sognato Vegeta ogni notte e questo mi avrebbe oltremodo distrutta.

Non ci parlavamo, non ci guardavamo, avrei anche preferito che non ci incontrassimo, ma la mia casa era quello che era, benchè cercassi di evitarlo, la sua presenza, i suoi passi, il suo odore che filtrava tra le fessure della porta del bagno mentre faceva la doccia erano presenti, inconfondibili, inoppugnabili.

Avrei dovuto odiarlo, portargli rancore per il suo rifiuto, meditare vendetta per la voragine ancora colante di sangue e vergogna che mi ritrovavo nel petto, invece...

Lo amavo.

Incondizionatamente.

Sempre di più.

Come se la sua assenza mi avesse portato a rendermi conto, perfino razionalmente, di quanto nella mia vita lui fosse importante, basilare.

Avevo bisogno di Vegeta, senza di lui non ero nulla.

Mi alzai dal letto sistemando la maglietta che portavo come una camicia da notte e legando i capelli inumiditi in una coda, qualche ciocca capricciosa rifiutò l'elastico appiccicandosi alla fronte già imperlata, dovevo sembrare appena uscita da una centrifuga, ma non me ne preoccupai.

Avevo solo deciso di scendere in cucina, tutte quelle elucubrazioni notturne mi avevano fatto venire fame.

Uscii dalla mia camera cercando di non fare alcun rumore, mi guardai attorno spaesata dal buio e a tentoni provai a scendere giù per le scale. Il legno scricchiolava sotto il mio peso emettendo suoni assordanti in quella pace, il mio incedere pericolante dovette mettere a dura prova la stabilità del corrimano che ad ogni inciampo tremava in maniera preoccupante.

Praticamente fu un vero e proprio miracolo se riuscii a toccare il pian terreno incolume visto il mio equilibrio precario.

Cercai di attraversare più velocemente il soggiorno tentando di evitare gli spigoli dei mobili, un lampione fuori la finestra rendeva il tragitto più facile con i suoi riflessi, tuttavia, guardandomi intorno, mi resi conto che l'oscurità non mi spaventava.

Mi sentivo invisibile lì, protetta, il buio non mi attanagliava, anzi mi lasciava scivolare al suo interno cortesemente, era una sensazione unica, speciale.

Peccato che scomparve non appena varcai la soglia della stanza.

Vegeta era davanti al frigorifero intento a bere da un bottiglia di vetro inscurita dalle ombre, gli occhi chiusi, l'espressione rilassata e il viso leggermente illuminato dalla luce fioca.

Lo avevo dimenticato.

Avevo dimenticato quanto fosse bello, quanto fosse elegante, avevo cancellato la perfezione aristocratica dei suoi lineamenti, la forma affusolata dei muscoli degli arti, le dita troppo lunghe per essere quelle di un guerriero.

Avevo rimosso tutto.

Persino la mia reazione alla sua vista.

Il cuore si fermò di colpo, le mani cominciarono a tremare, la gola deglutì a vuoto occludendosi quasi stessi soffocando.

Mi aveva sentita, questo era certo.

Conoscevo bene quel giochetto delle auree e doveva avermi riconosciuta fin da sopra le scale, eppure continuava a star lì e a bere e a lasciarsi guardare e a lasciarsi amare.

La voragine che avevo nel petto si allargò facendo male.

La poca dignità rimasta mi convinse a scappare.

No...me ne vado io...” sussurrò una voce, così salda e scura da sembrare di un dio notturno.

Quando mi girai aveva già chiuso il frigorifero e superato la mia posizioni passandomi avanti veloce e leggero come un soffio di vento.

I ricordi mi travolsero impietosi, le mani tremarono dalla voglia di toccarlo, il suo profumo intenso mi bruciò la gola.

Eppure non piansi, non crollai.

La voragine nel petto grondava ancora sangue, questo sì, ma oramai avevo imparato a conviverci, a sentirla come mia.

Il dolore non mi avviliva, anzi, stuzzicava una parte di me che non conoscevo, una parte più fredda, più coraggiosa, più dura.

Una parte che mi spingeva a non mollare.

Io sì”

La mia voce si perse nella notte, ma non dubitai che il demone l'avesse colta.

Non sapevo neanche quello che avevo detto, stavo semplicemente lasciando andare la testa, le parole, buttandole fuori come respiri.

Il dio notturno fermò la sua avanzata, ma non si voltò.

Meglio, non so se avrei retto il suo sguardo.

A quella domanda....quella che ti feci quel giorno famoso...e tu hai detto no, bhè...io dico sì. Ti amo. Era la cosa più stupida che potessi fare innamorarmi di te. Non chiedermi come sia potuto accadere. Non lo so. Amarti mi viene naturale come respirare, ingoiare, bere se ho sete, mangiare se ho fame. Potrei anche provare a non amarti, ma vedi...è...inutile. Anche in questi giorni. D'un tratto mi ero illusa di essere guarita, che non avevi più nessun ascendente su di me...quanto mi sbagliavo. Mi è bastato vederti di sfuggito, sentire il tuo profumo, notare un bicchiere dove avevi bevuto per ricaderci di nuovo, o meglio capire che in realtà non ne ero mai uscita. Sono bloccata. Sono ferma. Sono morta. Ti amo”

Silenzio.

Tensione.

Solo un rumore di fondo, leggero e distante come un battito d'ali.

Era il mio cuore.

Non pensavo di averne ancora uno, ormai.

Poi qualcosa mi afferrò, da dietro, e mi fece voltare, sbattere contro di sé, piegare quel briciolo di volontà che mi rimaneva, costringendo quel cuore appena ricomparso a battere in modo anormale.

La mia fronte toccò quella del sayan con dolcezza, ma altrettanto dolce non fu il contatto, lo scontro dei nostri respiri, simili a venti contrari, delle nostre pelli, inasprite dalla lontananza, delle nostre mani, ferocemente nostalgiche tra loro.

Cercai di sfuggirgli, ma sapevo che ogni tentativo era vano.

E non perchè davanti a lui, al principe guerriero io ero soltanto una fragile umana.

Ogni volta che mi guardava, che mi inchiodava con quegli occhi perfetti, sapevo che non c'era più niente da fare.

Ogni volta che mi baciava in quel modo sapevo di aver già perso la partita.



Ok, lo ammetto: sono sparita! La scuola, le vacanze, il fidanzato, le amiche...e Bulma e Vegeta ne hanno pagato le conseguenze. Ma ecco il capitolo che tanto attendevate.

Grazie infinite a francescald1990, yori, vegeta4e, Silvia_sic1995, Maia74, Ka93, Luna07, BulmaMiky, Bulma97.

Risponderò alle vostre recensioni nel prossimo capitolo.

Alla prox!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Buio ***


Buio

E ci siamo mischiati

la pelle, le anime, le ossa
ed appena finito

ognuno ha ripreso le sue…

(Luciano Ligabue)



Ci scontrammo, ci cercammo, ci incontrammo, ma sopra ad ogni cosa ci baciammo.

Le sue labbra modellavano le mie con l'urgenza e la frenesia di una danza orientale, le nostre lingue si attorcigliavano come sorelle, mentre le mie mani grattavano sul suo corpo cercando di rapirlo, di rubarlo al mondo e alla sua natura che lentamente lo stava portando via.

Lo volevo, lo pretendevo, incondizionatamente, sempre di più, nonostante il dolore, la dignità, la vergogna, ancora, ancora, ancora...

“Vegeta...” sussurrai lievemente, i denti che mi solleticavano il collo.

“Non parlare” disse lui perentorio e senza sforzo mi sollevò sul tavolo dove mi coprì come velluto.

La sua forza non pesava su di me soffocante e tesa, ma al contrario mi sfiorava appena, leggera, calda e famigliare come un balsamo senza profumo, un'alba di primo mattino.

Pareva inaudito, a tratti addirittura spaventoso che un assassino di popoli e morali, uno che del sangue aveva fatto secondo vestito, fosse capace di tanta eleganza, tanta precisa lentezza, eppure quel principe senza pianeta, piccolo esule involontario del nulla, si muoveva su di me con la grazia sensuale di una pantera, con la diligenza di un'onda che, ambiziosa, tentava di portare a presso a sé tutto il mare.

Presa così da quell'euforia rovinosa, io lo divorai letteralmente, con la bocca, con le mani e preda di un masochismo indecente spensi deliberatamente i miei pensieri: non mi importava tornare indietro, non mi avrebbe distolta l'idea che per Vegeta questo, come tutto, fosse soltanto un gioco, né il fatto che ai suoi occhi, di certo, dovessi apparire ridicola.

Sapevo solo che lui era lì, con me, e domani sarebbe potuto non esserci, tra poche ore saremmo tornati due estranei.

Se era una sfida quella, se il nostro era un gioco al massacro, avrei perso, sì, volentieri, ma del mio nemico avrei preso più del necessario.

“Smettila” disse all'improvviso, le sue mani che mi spogliavano la pelle.

“Di fare cosa?” chiesi, confusa.

“Di amarmi così”

Non ebbi il tempo di sorprendermi, di rispondergli, di maledire i miei occhi traditori che nonostante l'impegno mi avevano sputtanato il cuore, d'un tratto così, senza preavviso, il principe mi prese fissando il suo sguardo nel mio che folle, tremebondo, si era già perso nell'abisso infinito racchiuso nel nulla dell'animo suo.

Ci amammo, quella notte, o almeno mi illusi che fu così.

Dondolando l'uno sull'altro su quel tavolo scarno ci conoscemmo dentro studiandoci come non mai, discorremmo con parole fatte di gemiti, ci respirammo all'infinito scambiandoci tutto ciò che ci apparteneva.

Venimmo, più volte, non in sincrono, ma in sintonia ed io quasi piansi ad ogni fine spaventata dal pensiero che quella volta potesse significare l'abbandono.

Ora era lì, era mio, legato suo malgrado dal sesso tra noi due, ma dopo, senza carne, senza corpo, cosa sarebbe stato di noi?

Quando crollammo sfiancati, Vegeta semplicemente mi scivolò sul corpo, mentre i miei occhi, come era prevedibile, cominciarono a lacrimare.

“Non lo so”

Un sussurro.

Un affanno.

La sua voce che si confondeva con la notte.

“Non lo so se ti amo, potrebbe anche darsi, sarebbe possibile, ma non lo so.

Per me sarebbe incredibilmente facile dirti di sì, prendere ciò che hai da darmi e ingannarti senza rimorso alcuno, ma...

Il mio popolo è morto, donna, sterminato da milioni, milioni di bugie.

Quelle di mio padre, di Freezer, addirittura le mie, tutte al loro modo hanno contribuito alla distruzione, al devasto e... io non posso, ora, non voglio più mentire, in nessun caso”

Tremavo.

Piangevo.

Morivo.

“Per questo ti ho detto no, quella volta, perchè non ho alcuna intenzione di dire bugie, neanche per cose simili, neanche per qualcosa che potrebbe andare a mio vantaggio.

E sempre per questo ti dico basta, smettila di amarmi in questo modo, perchè io l'amore non l'ho mai visto, né mai provato e qualunque cosa io possa sentire per te non lo riconoscerò mai come tale...”

Frantumi.

Sangue.

Il mio cuore.

“Mi stai abbandonando...”

“No, ti sto lasciando andare...”

Veloce, rapido più di un pugno nello stomaco, Vegeta sparì nel nulla, volatilizzandosi crudele come il sogno che era stato.

Io rimasi lì, ferma, immobile come il mondo che per me aveva perso ogni significato.

 

Quando riaprii gli occhi era l'alba di un nuovo giorno e il dolore mi aveva completamente annientata.

 

Eccomi di nuovo qui! L’attesa è stata tanta, lo so, ma le crisi da pagina bianca sono davvero difficili da superare. Tra gli impegni di un esame che sta arrivando, le varie gite e i test universitari che incombono lì, ghignando da lontano, capirete che l’ispirazione va a farsi benedire senza scrupolo alcuno.

Informo i cari lettori che questo sarà il penultimo capitolo di “Blackout_Intermezzo”, in quanto, essendo una serie, mi metterò a lavorare sui successivi (Blackout_Notturno sarà il prossimo) e in primis su gli altri lavori di Dragon Ball che attendono una fine!

Grazie infinite per la vostra pazienza, a chi ha ancora voglia di seguirmi e non mandarmi a quel paese e a chi si prende soprattutto la briga di lasciarmi un commentino! Le risposte alle vostre recensioni arriveranno a breve, non temete!

Saluti!!  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Dolore ***


Dolore

 

Il brutto della dipendenza

è che non finisce mai bene.

Perché ad un certo punto qualunque cosa sia

quella che ti fa stare bene...

smette di farti bene...

e comincia a farti male.

Eppure dicono che non ti togli il vizio

finché non tocchi il fondo.

Ma come fai a sapere quando l'hai toccato?

Non importa quanto una cosa ci faccia male...

certe volte rinunciare a quella cosa...

fa ancora più male.

(Grey’s Anatomy)

 

Se ne era andato.

Vegeta se ne era andato.

Come un incendio disastroso e poi domato, una malattia sfibrante e poi curata, il principe dei saiyan aveva abbandonato la mia casa senza dire una parola, senza lasciare nulla dietro di sé.

Forse era meglio così…

Un osso rotto guarisce più in fretta di una ferita, soprattutto non lascia cicatrici.

Almeno così pensavo…

“Non devi soffrirne, Bulma, lui è fatto così…”

Sedute sotto il gazebo in giardino, io e Chichi guardavamo il tramonto assorte, mentre l’aria di fine giugno si faceva sempre più afosa.

Nonostante la compagnia e lo spettacolo naturale che aveva davanti, i miei occhi continuavano a girare inquieti, da destra verso sinistra, calamitati, mio malgrado, sempre verso la stessa traiettoria: quella della Gravity room, vuota.

“La colpa è mia, Chichi, sapevo a cosa andavo incontro… sono una stupida”

“Tutti gli uomini sono stupidi quando si parla d’amore”

“Già…”

Una piccola lacrima rigò il mio viso lentamente, ma né la mia espressione né tanto meno il mio sguardo diedero segno di cambiare.

Piangevo come un vaso ricolmo ormai, un recipiente impassibile troppo pieno.

Non potevo più permettermi di crollare.

“Penso che lui abbia bisogno di tempo, Bulma… solo questo…”

“Ed io di dimenticarlo, magari”

“Non è questo che vuoi, lo sai”

“Davvero?”

“Sì, tu non vuoi dimenticarlo, Bulma, avresti bisogno di dimenticarlo, questo è differente. L’amore non è raziocinio, qui sta il problema, non decidi di chi innamorarti, non abbiamo voce in capitolo su come, dove, quando. Amiamo le persone senza un perché a volte, anche se ci sarebbero mille motivi per non farlo, anche se sappiamo che ci farà male. Ciechi, sordi, muti, sciocchi… l’amore ci rende scheletri sensibili, ma senza organi. è una ferita…una sanguinosa, orribile ferita, eppure… viviamo più in quel momento, prima della morte, che in anni e anni di vita”

Sorrisi, tra le lacrime.

Crepa di luce nel mio cuore in cancrena.

“Chichi…”

“Non scordarti di lui, Bulma, sarebbe difficile, ne soffriresti…”

“Oh, non potrei neanche se volessi…”

“…Cosa?”

“Sono incinta, Chichi… sono incinta…”

 

Blackout_Intermezzo_

Lalledy

 

 

E giunse l’attesissima fine.

No, tranquille non intendo la fine-fine, intendo quella di Blackout_Intermezzo_.

Il seguito, Blackout_Notturno arriverà su Efp tra poco, quando mi sarò messa in pari con le altre storie, bellamente abbandonate dalla mia ispirazione.

Prendetevela con lei, non è colpa mia!

Grazie a chi mi ha seguito sempre!

Grazie a chi mi ha sostenuto sempre, anche fuori dal web (Abba, Boss, Malu, Sabri sto parlando proprio di voi!!)

Grazie a chi ha recensito ogni capitolo, chi solo una volta, chi ha letto e basta!

Grazie a chi ha deciso di condividere con me quel viaggio magnifico che io chiamo fantasia!

 

Lalledy <3

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=484929