Ma buon giorno a tutti! Passate buone
vacanze? Ovviamente qua a pasqua ha piovuto come se tirasse secchiate
dal cielo perciò niente griglieta o altro
ç_ç *me sfigatissima* Spero che a voi sia andata
meglio XD
Bene bene bene! Eccoci qua col
secondo chap! Ringrazio tantissimo tutte le ragazze che hanno recensito
e che hanno messo la storia fra i preferiti/seguite/ricordate (prima o
poi aggiungeranno altre sezione o possono bastare queste? XD)
Risposta
alle recensioni:
_Albachiara_: Amore mioooooo!! Dai
che con calma finisco anche questa! Non ti lascio col dubbio della fine
tranquilla <3
giova71: Ehee mistero! Tutto a suo
tempo e ogni mistero sarà svelato!
Piccola Ketty: Sono felice che ti
piaccia =P Non ero molto sicura di questa storia, ma come ho
già detto, non ne voleva sapere di rimanere solo nella mia
testolina bacata!
Semolina81: Aww Mark Lenders ero il
mio idolo di bambina ù_ù Le giornate passate a
vedere Holly e Benji! XD per la "carica erotica latente" non saprei...
mhmmm cosa nasconderà il nostro solitario Edward?
Goten: Biscottina <3 La mia
infallibile critica d'arte XD Cercherò di aggiornare con
regolarità, almeno ci provo XD
Piantadisole: Grazie grazie grazie X3
Mr Darcy: Sono felice che le mie
storie ti piacciano tanto! Per me è un onore! Come detto
sopra cercherò di essere regolare con gli aggiornamenti,
anche se ora che ricominciano i corsi in università non so
quanto tempo potrò dedicare alla scrittura.
grapattz: Pizza o Cinese è
questo il dilemma... XD Pure io mi metto sempre a ridere quando me lo
immagino capellone e barbone che se ne va in giro ciabattando (si fa
per dire XD) per casa!
Capitolo
2
È passata ormai una
settimana da quella
disastrosa cena e i rapporti col padrone di casa non si sono mossi.
In compenso ora la casa brilla come
uno
specchio, fatta eccezione per la stanza di Edward e l’altra
che non mi sono
permessa di aprire.
La dispensa ora è bella
piena di cose
perlomeno salutari.
Durante i pasti sono spesso da sola e
sono state rare le volte in cui Edward mi ha fatto compagnia.
Solitamente gli
lascio un vassoio davanti alla porta, che qualche ora dopo ritrovo in
cucina.
Non so se quello che gli cucino gli
piaccia o meno, se quello che preparo sia di suo gusto o semplicemente
butti
tutto nello scarico del bagno.
Anche adesso mi trovo davanti alla
sua
porta con un vassoio di sandwich. L’unica cosa che mi ha
richiesto con un
biglietto lasciato appeso al frigo.
“Sandwich.
Grazie.”
Busso due volte aspettando che mi
apra.
Questa volta non mi limito a lasciargli e pranzo ed andarmene.
Purtroppo il mio
spirito da crocerossina si sta risvegliando e vorrei almeno farlo stare
in un
ambiente pulito.
La chiave scatta nella serratura e la
porta si apre appena lasciandomi intravedere la sua frangia rossa.
<< Le ho portato il
pranzo.
>> Mostro il vassoio sottolineando l’ovvio.
<< Non
c’è bisogno che ti disturbi
a bussare. >> Apre la porta prendendo il suo pranzo.
Posso finalmente vedere uno spiraglio
di
quello che è il suo rifugio.
Le tende sono tirate e le imposte
chiuse
come lo erano quelle del salotto al mio arrivo. Sui mobili e per terra
ci sono
decine e decine di fogli di pentagramma scarabocchiati, alcuni piegati
addirittura ad aereo.
<< Edward, mi scusi.
>> Allungo
la mano toccandogli appena la spalla. Lui si gira facendomi un segno col
capo
per farmi continuare. << Ecco… mi chiedevo
quando posso pulire la sua
stanza. >>
La presa sul vassoio si stringe
facendogli quasi sbiancare le nocche.
<< Non preoccuparti. Va
benissimo
così. >> Si volta chiudendosi la porta alle
spalle con un colpo del
piede.
<< Ma non le fa bene
stare sempre
chiuso la dentro! >> Sbuffo incrociando le braccia al
petto.
<< Quello che mi fa
più o meno bene
non sono affari che ti riguardano. >> La porta si riapre
di colpo
facendomi spaventare. La voce pacata che ho sempre sentito uscire dalle
sue
labbra adesso è sostituita da un basso ringhio che mi fa
tremare.
<< M-mi dispiace.
>> Con le
lacrime agli occhi me ne torno in cucina mentre alle mie spalle la
porta della
camera di Edward sbatte e viene chiusa nuovamente a chiave.
Non riesco a capire la sua reazione.
Non
riesco a comprendere questo suo sbalzo d’umore per una mia
semplice domanda. So
solo che ci sono rimasta male per come mi ha risposto.
Probabilmente la sua è
stata una reazione
più che normale, per lui io sono un’estranea che
si è stabilita a casa sua e
che alla fine mette le mani sulle sue cose.
Dio
detta così è veramente orribile quello che sto
facendo!
Per il resto del pomeriggio lavo e
stiro
la biancheria rimasta
chiusa negli
armadi per mesi e, grazie al sole caldo riesco a fare diversi carichi.
Verso le sette, quando ormai le
lenzuola
sono stirate e piegate nel loro posto, posso pensare a cucinare per la
cena.
Per scusarmi del mio comportamento ho
pensato di preparare pollo arrosto con patate e una torta di mele.
Il dolce profumo di zucchero e mele
riempie ben presto la casa facendomi venire l’acquolina in
bocca.
Il pollo e la patate sono in caldo
dentro
al forno mentre la torta fa bella mostra di se in mezzo alla tavola.
Apparecchio per uno sopra la tovaglia
ricamata a fiori gialli. Sul vassoio sistemo un piatto con una coscia
di pollo
e una buona porzione di patate.
Col coltello alla mano mi avvicino
alla
torta che non vedo l’ora di assaggiare. Affondo la punta
d’acciaio nella pasta
morbida ripiena di mele. Il calore fa offuscare il metallo mentre
alcune
briciole scappano dall’interno quando tiro fuori la lama.
<< Sembra buona.
>> Col cuore
in gola mi giro brandendo il coltello e tremando come una foglia.
Davanti a me un uomo in t-shirt e
jeans
fa bella mostra di se. I capelli sono rossi come quelli di Edward solo
molto
più corti. Ha due occhi verde smeraldo che mi guardano
curiosi e uno strano
sorriso gli piega solo un angolo della bocca.
<< Chi è
lei? >> Indietreggio
di un passo scontrandomi col ripiano del mobile e facendomi male
all’anca.
Non mi risponde ma inarca un
sopracciglio
guardandomi stranito.
<< Bella non mi
riconosci? >>
La voce sussurrata e roca assomiglia in modo impressionante a quella di
Edward.
Mi limito a scuotere la testa mentre
lo
sconosciuto si passa una mano fra i capelli scompigliati.
<< Avrei dovuto
sistemarmi quando
sei arrivata effettivamente. Ma ero troppo preso dal lavoro.
>>
Questo vuol dire che
quest’uomo è lo
stesso che da una settimana vive come un rinnegato in casa sua e che io
ho
sempre visto come un bigfoot dal pelo rosso. Questo
è…
<< Edward?
>> La voce mi esce
stridula e acuta.
<< Potresti abbassare
il coltello?
Sei alquanto inquietante così. >> Sposto la
sguardo da lui alla mia arma
e di nuovo su di lui.
Da
bigfoot è uscito fuori un bronzo di Riace?
Senza più barba il suo
viso ha un aspetto
meraviglioso. Gli zigomi alti, le labbra piene e rosse, le guance
incavate gli
danno un aspetto trascurato così come le profonde occhiaie
che gli circondano
gli occhi.
Lentamente mi si avvina togliendomi
il
coltello dalle mani serrate.
<< So di averti
risposto male oggi,
ma non mi sembra un motivo valido per volermi accoltellare.
>> Ripone il
coltello sul piano accanto la torta e accenna un sorriso come poco
prima.
<< No. Cioè
non volevo
accoltellarla! Oddio ma cosa mi fa dire! >> Mi porto le
mani alla bocca
ancora shockata da quello che è appena successo.
Sono ancora incredula nonostante lui
sia
ancora qua davanti a me.
<< Spero non ti
dispiaccia se sono
sceso per cena. Volevo scusarmi per quello che è successo
oggi. >>
<< Non avete niente di
cui
scusarvi. Sono stata io ad essere troppo invadente. Mi dispiace!
>>
Finalmente ho ripreso il controllo della voce e riesco a parlare
normalmente e
non più come se qualcuno mi stesse strangolando.
<< Bella potresti
smettere di darmi
del voi? Siamo praticamente coetanei, mi fai sentire più
vecchio di come già mi
sento. >> Cerca di sorridere nonostante senta che sia
imbarazzato. Si
rimette le mani in tasca puntando lo sguardo sul ripiano dietro di me.
<< Mi dispiace.
Cercherò di darl…
darti del tu d’ora in avanti se ti va bene. >>
Mi arrampico sulle parole
cercando di fare come mi ha chiesto.
<< Non
c’è bisogno che ti scusi sempre.
>> Sposta il suo sguardo nel mio inchiodandomi con i suoi
occhi verdi.
<< Scusami.
>> Troppo tardi
mi rendo conto di essermi scusata per l’ennesima volta ed
è inutile portarmi le
mani alla bocca, ormai il danno è fatto.
Una piccola risata
gl’increspa le labbra
e gli fa scuotere la testa.
<< Sto morendo di fame.
E
quest’ottimo odore non aiuta molto. >> Si
guarda intorno annusando
l’aria. Il profumo delle patate e del pollo si mescola con
quello dolce della
torta.
Velocemente tolgo il piatto dal
vassoio
poggiandolo al lato opposto del mio e apparecchio di tutto punto anche
la sua
parte.
Mangiamo in silenzio, quasi ad aver
paura
che il fragile equilibrio che si è creato fra di noi vado in
frantumi da un
momento all’altro.
<< Gradisci delle altre
patate? >>
Chiedo una volta che i nostri piatti sono vuoti.
<< Sono apposto
così, grazie. Non
sono abituato a mangiare così tanto, ma penso di avere
ancora spazio per un
pezzetto di torta. >> Sorride cordiale e mentre mi do da
fare per
sparecchiare lui ha già portato la torta in tavola e sta
finendo di tagliare la
fetta che avevo iniziato prima.
Metto dei piatti da frutta sulla
tovaglia
per appoggiare le fette di torta che ha tagliato, ma senza prestarmi
attenzione
Edward si porta la sua alla bocca mangiandone un gran boccone.
Lo imito felice di non dover usare le
posate per gustarmi il mio piccolo capolavoro culinario.
<< Come ti trovi in
casa? >>
Colta in fallo con la bocca ancora piena mi sbrigo a mandar
giù un boccone per
rispondere.
<< E’ molto
bella. >> Porto il
bicchiere colmo d’acqua alle labbra per non dover aggiungere
altro. Mi ha colto
alla sprovvista e non so sinceramente come rispondergli.
Per sette giorni ho solo pulito e
rassettato stando perennemente da sola. Non ho avuto molto tempo per
pensare a
come mi trovassi qui.
Capendo che non voglio aggiungere
altro
Edward si congeda ringraziando per la cena.
Tiro un sospiro di sollievo quando
sento
la porta di camera sua chiudersi.
La notte è passata
silenziosa dopo che
Edward si è congedato.
La luce del mattino entra dalle
imposte
aperte portando con se il profumo di fine estate.
In giardino l’erba
è alta e incolta e
prima o poi dovrò decidermi a dare una sistemata anche li.
Il suono del campanello mi distrae
dai
miei pensieri mentre spazzo la veranda sul retro.
Velocemente lascio la scopa
appoggiata al
muro e corro ad aprire la porta.
Una sorridente Alice mi saluta
mostrandomi la scotola della pasticceria vicino casa sua.
<< Sono venuta a
trovarti! >>
Allegra entra in casa saltellando verso la cucina.
Ci accomodiamo in salotto dopo aver
preparato del tea e sistemato i dolcetti su un vassoio.
<< Allora Bella come
va? La casa
adesso è fantastica! Edward come si comporta? Ma esce ogni
tanto? No, sai
perché lui di solito sta sempre chiuso in camera e sta
sempre per i fatti suoi.
>> Un fiume di parole le esce dalle labbra senza mai
riprendere fiato.
Mi porto la tazza alle labbra prima
di
rispondere, ma una voce dietro di me mi fa sussultare facendomi saltare
e
rovesciare un po’ di tea sulle mani.
<< Alice quando
imparerai a porre
una domanda alla volta? >> La voce roca e sussurrata di
Edward mi arriva
da vicino come se fosse appoggiato allo schienale del divano dietro di
me.
Mi giro per guardarlo e me lo ritrovo
a
pochi centimetri dal viso effettivamente poggiato accanto alla mia
spalla fra
me e Alice.
<< Cugino! Ti sei
finalmente deciso
a tornare umano? >> Posa la sua tazza sul tavolo per poi
lanciarsi verso
Edward che la stringe a se in un abbraccio.
<< Ho finito giusto
ieri una
composizione che mi ha rubato più tempo del previsto. Adesso
posso concedermi
un po’ di riposo. >> Sorride affabile facendo
il giro del divano per
sedersi di fianco alla cugina.
Mi chiedo quando ha completato la sua
opera se mai l’ho sentito suonare. È
così sicuro di se da scrivere soltanto le
note senza mai sentire il loro effettivo suono?
Continuano a parlare tranquillamente
mentre il tea si raffredda e i dolcetti finiscono.
Poco prima di pranzo Alice si congeda
strappandomi la promessa di andare a fare una passeggiata con lei non
appena
avessi avuto un po’ di tempo libero.
Una volta chiuso il portone di casa
raccolgo il vassoio con le tazze e la teiera dal salotto e lo porto in
cucina
dove trovo Edward seduto al tavolo che si tiene la testa con le mani.
<< Stai bene Edward?
>>
Ripongo le stoviglie sporche nel lavandino e il vassoio sul ripiano.
<< Non sono
più abituato alla
parlantina di Alice. Mi è solo venuto mal di testa.
>> Mi avvicino un po’
preoccupata posandogli una mano sulla spalla e parlando più
piano che posso.
<< Vai a stenderti sul
divano. Fra
poco sarà pronto il pranzo. >> Spero solo che
non si vada a rinchiudere
in camera come suo solito, con un mal di testa l’aria
polverosa e viziata non è
proprio l’ideale.
<< Penso che
andrò a stendermi in
camera. Puoi chiamarmi quando è pronto? >>
Sfregando la sedia sulle
mattonelle della cucina si allontana dal tavolo alzandosi.
Incerta annuisco abbassando lo
sguardo e
andando verso il mobiletto con le pentole.
<< Bella
c’è qualcosa che non va?
>> Come sempre mi spavento sentendo la sua voce alle mie
spalle. Pensavo
fosse già sulle scale.
<< No… no,
nulla. >> Tiro
fuori una padella per cuocere il condimento e una pentola dove far
bollire
l’acqua.
<< Ne sei sicura?
>> Questa
volta è lui a posarmi una mano sulla spalla e a farmi girare.
Fra le mani stringo ancora la pentola
e
il mio sguardo è tutto rivolto alle sfumature che la luce
crea sull’acciaio.
<< No, ma non vorrei
farti
arrabbiare ancora. Sei adulto e vaccinato, non ho il diritto di dirti o
chiederti cose che so già in partenza rifiuteresti. Ti
chiamerò non appena sarà
pronto. Adesso pensa solo a farti passare il mal di testa.
>> Alzo la
testa sorridendo, incontrando il suo sguardo indeciso.
<< Mi spiace per aver
alzato la voce
ieri, ma non sono più abituato ad avere qualcuno che si
occupi di me. >>
Mi toglie la pentola dalle mani poggiandola accanto alla padella alle
mie
spalle.
<< Ti sei
già scusato ieri per
questo e non vedo alcun motivo per cui tu debba continuare a farlo.
È stata una
mia scortesia dirti quelle cose e non rispettando le tue abitudini.
>>
Parlo continuando a guardarlo negli occhi, è difficile per
me, ma se vogliamo
riuscire a convivere pacificamente, queste, sono cose che vanno
stabilite al
principio.
<< Dobbiamo trovare un
modo per
venirci incontro allora. Almeno per un anno vivremo insieme e se
continuerai a
fare un ottimo lavoro come adesso non vedo perché non
prologare il tuo
contratto. >>
Mi sento avvampare le guance al
complimento.
<< Cercherò
di essere meno
scorbutico che posso ogni volta che vorrai domandarmi qualcosa, ma non
sperare
che ci riesca fin da subito. >> Mi sorride alzando solo
un angolo della
bocca, come se si fosse dimenticato come si fa.
<< Perciò se
chiedo di poter
sistemare la tua camera non rischio la morte? >> Si
irrigidisce
contraendo la bocca. Mi sembra quasi di sentire i denti che sfregano
fra di
loro.
Dopo un respiro profondo mi risponde
con
la sua solita voce roca e pacata.
<< Dammi qualche giorno
per
sistemare i miei spartiti e poi… poi potrai farci quello che
vuoi. >> La
sensazione di vittoria mi fa quasi saltellare di gioia come spesso ho
visto
fare alla piccola Brandon.
<< Oh non ti
preoccupare! Non
toccherò nulla! Ritroverai tutte le cose al loro posto te lo
prometto! >>
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