Dark Gig Of Wonders

di Erin Inkhand
(/viewuser.php?uid=26869)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lead us astray to dreamers' hideaway ***
Capitolo 2: *** Over The Hills And Far Away, for five long months they've counted the days... ***
Capitolo 3: *** Once we had a dream, and this is it. ***



Capitolo 1
*** Lead us astray to dreamers' hideaway ***


Proprio oggi, mentre passeggiavamo per le vie del centro, ci siamo chiese come fosse la nostra vita prima di scoprire i Nightwish.

Non abbiamo trovato la risposta.

 

Dark Gig Of Wonders nasce dall’ardente desiderio di esprimere l’oceano di emozioni che ci ha travolte il 30 Marzo 2009, eletto a giorno più bello della nostra vita – maledicendoci per non essere riuscite a trovare un aggettivo più raffinato di bello.

Abbiamo deciso di narrare la nostra avventura da fan ossessionate, dividendo la storia in tre parti: l’alienante mattinata a scuola, mentre cercavamo invano di convincere i professori che la nostra attenzione era completamente rivolta alle loro lezioni; il delirante viaggio da Torino, dove abitiamo, a Mantova; l’idillio del concerto.

Nonostante la vena autoironica che caratterizza questo racconto, ci siamo mantenute strettamente fedeli alla realtà – addirittura, abbiamo riportato dialoghi che sono rimasti impressi a fuoco nella nostra memoria, come quasi ogni secondo di quella giornata.

~

A chi ha vissuto con noi l’incanto di quelle due ore di  concerto.

A chi non potrebbe più vivere senza i Nightwish.

A chi legge soltanto.

 

Ely & Ceci

~

 

Dark Gig Of Wonders

 

 

I – Lead us astray to dreamers’ hideaway

 

 

Ore 9.00

 

“Lisia, figlio di Elpenore, figlio di Lisia Siracusano, giungendo ad Atene…”

 

Once I wished for this night,

Faith brought me here…

 

“…avendolo convinto Pericle – e qui c’è, come potete vedere, un genitivo assoluto con un participio aoristo…”

 

It’s time to cut the rope and

Fly to a…

 

– Elena e Cecilia, state canticchiando? –

– Eh?! Ah, sì… cioè, no, certo che no! Ehm, un participio aoristo, ovvio… –

 

Lunedì 30 Marzo 2009.

Cosa crede che potremmo fare se non canticchiare con lo sguardo sognante perso in contemplazione mistica del vuoto – o meglio, del poster dei Nightwish appeso alla parete?

 

– Ragazze, che io sappia non serve battere il tempo con il piede per tradurre una versione di greco… o sbaglio? –

– No, no, non sbaglia… –

Tento un sorrisino spiritoso, ma lo sguardo della professoressa è piuttosto eloquente.

– Traduci, che è meglio. –

– Certo… dunque… –

Annaspo per un istante sul testo cercando di capire a che riga fossimo arrivati, e imploro aiuto lanciando una disperata occhiata a Ceci, ma il suo sguardo è vacuo quanto il mio.

La professoressa tossicchia, e mi preparo al peggio, ma quando la guardo vedo che sta tentando invano di non ridere… ehi, un momento. Ridere?

– ?e???????? pe?sa?t?? a?t??… – suggerisce, con un’occhiata complice.

– Oh! Certo, un genitivo assoluto, – azzardo una traduzione credibile per il resto della frase: – e poi continua con un participio congiunto: “essendo, mh, suo amico ed ospite…” –

Spero che dalla mia voce trapeli la gratitudine per aver evitato di infierire rimproverandoci per quella scena pietosa.

– Mh… va bene, – sempre tentando di celare un sorriso dietro alla sua espressione impassibile, la professoressa si rivolge ad un’altra malcapitata: – continua tu la traduzione. –

Dissimulando un profondo respiro di sollievo, lancio un’occhiata a Ceci, e non riusciamo ad evitare di scoppiare a ridere; lei sposta di qualche centimetro il libro di greco, per tornare alla lettura – decisamente più piacevole – del testo di Dark Chest Of Wonders, che spunta ora per metà da sotto all’inquietante volume delle versioni.

– Bene, – sussurra, concentrata, – dovremmo proprio saperla… –

– Perfetto! – rispondo, afferrando con noncuranza un altro foglio dal mio quaderno, – allora ripassiamo questa… –

 

Getaway, runaway, fly away,

Lead me astray to dreamers’ hideaway…

 

*

 

Ore 12.00

 

Mentre il trillo quasi assordante della tanto agognata campanella dell’ultima ora risuona per tutti i corridoi della scuola, i tratti nitidi della matita campeggiano finalmente sul banco, arricciandosi sulle sinuose linee delle lettere: It’s Nightwish time!

Finiamo di cancellare accuratamente la scritta – 10, che fino a poco prima si stagliava al posto della nostra frase trionfale.

Quel conto alla rovescia silenziosamente estenuante era cominciato mesi prima: stoicamente, dal giorno in cui avevamo avuto i biglietti stretti fra le mani, avevamo segnato cifre ciclopiche su quel banco che assisteva impassibile alle nostre vite da fanatiche ossessionate, mentre i numeri dei giorni, troppo lentamente, diminuivano; ma alle otto di stamattina, entrate in classe, la cifra che subito ci siamo precipitate a scrivere non indicava più i giorni… e ad ogni campanella, trepidanti, l’abbiamo cancellata e sostituita, assistendo con crescente eccitazione al diminuire delle ore che ci separavano dal grande momento.

Ci permettiamo un istante per contemplare le nostre opere con cui avevamo adornato l’aula invece di trascorrere due ore in palestra ad eseguire pratiche masochiste di dubbia utilità: i versi di Dark Chest Of Wonders fiammeggiavano sul velo nero della lavagna, accanto alla maniacale effige di Once, disegnata con maestria da Ceci.

– Addio… e non dimenticatevi di me! – esclama accorata Marty, la nostra inseparabile compagna d’avventure, in una perfetta esibizione melodrammatica, abbracciandoci come se stessimo per salpare verso il Polo Nord – e, soprattutto, non dimenticatevi di portarci le foto! – intervengono Sara e Anna, i volti illuminati da sardonici sorrisi, – che vogliamo vedere le nostre figlie dei fiori in versione metallare! –

Ormai quasi incapaci di formulare frasi che non contengano le parole Nightwish o concerto, ridiamo, promettiamo solennemente di scrivere a Marty e di non separarci mai dalla macchina fotografica, e ci cataputiamo fuori dalla scuola.

Libere di volare verso un sogno.

 

~

 

Prossimo aggiornamento: 6/6/2009

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Over The Hills And Far Away, for five long months they've counted the days... ***


E’ ufficiale: Ely è idiota.

No, seriamente.

 

Purtroppo le questioni tecniche toccano a me – sono Ely, appunto XD – e sono rimasta convinta per tutto il giorno che oggi fosse il sei, per cui non mi sono minimamente preoccupata di aggiornare ieri.

Perdonatemi, vi prego, dato che avete scritto che ci compatite in quanto classiciste XD Siamo decisamente sclerate.

 

Ringrazio Evachan, MidNight Dawn e PotterWatch – la mia Ely – a nome mio e di Ceci per le stupende recensioni! Speriamo che anche questo capitolo vi piaccia.

Sempre dedicando questo scritto a tutti voi appassionati dei Nightwish, auguro/auguriamo buona lettura a chiunque legga.

 

~

 

II – Over the hills and far away, for five long months they’ve counted the days…

 

Ore 14.00

 

Respirare. L’essenziale è continuare a respirare. Assestare il giubbotto di pelle, scovare gli anfibi e continuare a riempire i polmoni. Sarebbe imperdonabile soffocare a poche ore dal grande evento.

Con un sospiro di frustazione, scorgiamo gli spigoli delle copertine premere contro il tessuto sintetico della borsa, che rifiutava categorigamente di chiudersi.

Siamo consapevoli di essere le uniche persone al mondo capaci di partire per un viaggio di una sola notte con quattro libri ma, pur maledicendoci, non abbiamo la più pallida intenzione di cederne uno – anche a costo di contrastare tutte le leggi della fisica.

– Quale parte di “portate solo beni di prima necessità” vi sfugge? – chiede una voce maschile palesemente beffarda, celando il divertimento dietro ad un tono distaccato, come se la domanda fosse stata dettata solo da mera curiosità.

Solleviamo lo sguardo, interrompendo il nostro spasmodico tentativo di chiudere la cerniera, che lottava più strenuamente di noi.

– E’ una questione di priorità! – afferma Ceci rivolgendo un’occhiata stizzita al padre, che ci fissa ridacchiando dalla soglia della camera.

– Mh… e se trasferiste due dei libri nello zaino di Ely? – suggerisce, in un vano tentativo di tornare serio.

Noi lo fissiamo con l’espressione attonita di un mistico davanti ad un’apparizione.

Lui ricambia lo sguardo scrutandoci, la fronte agrottata: – Ma ci avevate già pensato, vero? – aggiunge, come colto da un dubbio atroce.

Annuiamo meccanicamente, affrettandoci con nonchalance ad eseguire, e poi lanciamo un’occhiata soddisfatta ai bagagli finalmente chiusi.

Già pronte, ragazze? Possiamo andare? –

– Certo! – esclamiamo quasi gridando, sorvolando sulla provocazione, ma intanto ci guardiamo intorno con apprensione e non osiamo muovere un passo.

Che cosa abbiamo dimenticato?

Forse la parola più adatta, ripensandoci, sarebbe panico. Puro panico.

– Di questo passo, arriviamo al concerto dell’anno prossimo… – Ci fa notare lui, che ora ci aspetta tenendo la porta di casa aperta con una mano, mentre con l’altra, le chiavi strette fra le dita, tamburella sulla gamba, in una posa più che eloquente.

E questa volta urliamo davvero, orripilate da quell’idea, mentre ci precipitiamo fuori dalla camera.

– Non sia mai! –

 

I dolci pendii umidi fluttuano oltre il vetro del finestrino, stagliandosi contro il bianco cielo incorporeo; e i rami delle sottili, tenere betulle velano la terra, intrecciandosi in una vaga ragnatela di corteggia.

 

Save yourself, a penny for the ferryman

Save yourself and let them suffer!

 

Claudio tamburellava con le dita sul volante, lo sguardo assorto e concentrato sul ritmo.

– Immagina, Ely… – Ceci si volta, quasi gridando per sovrastare la musica, – il Palabam rumoroso, la folla urlante, le luci scintillanti, e poi… e poi – si blocca, non riuscendo a reprimere un imbarazzante singulto di eccitazione – …loro! –

– SI’! Quasi non riesco a crederci… ci stiamo andando davvero… DAVVERO! –

– E questo supera ogni più roseo desiderio! Ogni più sublime fantasia! Ogni più… –

– Il tono elogiativo durera fino al concerto, ragazze? – domanda esasperato Claudio, inarcando le sopracciglia.

– Certo! – gridiamo all’unisono – e anche dopo! – aggiungiamo, gli occhi luccicanti.

– Allora mi rassegnerò stoicamente – sospira il nostro sventurato autista, e atteggia il viso ad una pietosa espressione avvilita.

– Oh, avanti, non la fare tanto lunga! E’ palese che i Nightwish piacciono anche a te! –

– Ormai ti abbiamo contagiato, e dalla Nightwishite non si guarisce! – rincara Ely, sollevando un dito ammonitore davanti al sorrisino saccente.

– Mh… be’, allora, dato che sono ormai condannato, perché non mi fate sentire qualcos’altro? –

– Oh, con vero piacere! – esclama Ceci, strizzando l’occhio in direzione del sedile posteriore, dove Ely si protende verso l’iPod, opportunatamente accoccolato fra i sedili e collegato alle casse – preferisci una dolce ballata o un appassionato tumulto di note? –

– Qualcosa, di più tranquillo, grazie, – risponde lui, e fissa lo sguardo in un punto indistinto al di là del vetro, mentre le soavi note di Higher Than Hope si diffondono nell’aria.

 

*

 

Ore 18.00

 

Appena il rombo del motore tace, una frenesia improvvisa ci coglie, tanto palpitante da farci tremare le mani mentre richiudiamo le giacche e gli zaini.

In pochi istanti siamo fuori dall’auto, intente a guardarci intorno: la bigia ghiaia scricchiola sotto i nostri piedi, cingendo le lunghe ombre dei veicoli parcheggiati; la via davanti a noi freme di voci e suoni, che sollevano un melodico frastuono verso il cielo spesso e brumoso. Per noi, è uno spettacolo di prodigiosa bellezza. Ma, probabilmente, le nostre capacità di giudizio sono vagamente ottenebrate.

Un  lampo di maglia nera ci strappa alle nostre contemplazioni: seduti sui gradini di una chiesa, che si erge proprio di fianco allo spiazzo dove ci troviamo; appena visibili nella hall dell’albergo di fronte a noi; impegnati ad ostentare i propri indumenti; palesi fan dei Nightwish invadono le strade.

Trascinando i trolley sul selciato, ci dirigiamo a passo spedito verso la luminosa insegna gialla, su cui si staglia a neri caratteri la scritta “ABC Hotel”, e facciamo il nostro trionfale ingresso nella hall, fiere di appartenere a quell’appassionata folla, e di sapere che probabilmente anche noi a nostra volta risultiamo facilmente identificabili.

Come a conferma, la ragazza che ci accoglie dietro al bancone della reception sorride e chiede: – Anche voi qui per il concerto, eh? –

Noi, acutamente consapevoli dell’incongruo connubio fra i rudi anfibi e i sorrisi ebeti, annuiamo rigorosamente e scoppiamo in una trillante risatina.

– E’ davvero incredibile – commenta lei, assorta, – abbiamo già dovuto mandare via decine e decine di persone perché non abbiamo più camere disponibili… e tutti erano qui per il concerto! –

– Be’, i Nightwish lo meritano! – replica Ceci, e anche Claudio conferma, guadagnandosi un’occhiata sinceramente stupita della giovane: – Piacciono anche a lei? –

– Oh, sì! – afferma lui, sorridendoci, – certo che sì! –

 

Ci catapultiamo nella stanza, mentre l’eccitazione cresce di secondo in secondo, in una deliziosa morsa allo stomaco.

Dopo le telefonate di rito alle nostre famiglie, che trepidanti attendevano nostre notizie – sì, certo che stiamo attente… no, non ci perdiamo… no, non è brutta gente quella che ascolta i Nightwish, te l’ho già detto!... – ci fiondiamo in bagno armate di zaini e trousse.

La metamorfosi ha inizio!

 

Ceci tende ancora una volta un tratto di matita, la mano appena tremante, avvolgendo l’occhio in una gradevole ombra scura; le nostre labbra, velate dall’umida scia del rossetto, scintillano come specchi.

Ci squadriamo a vicenda: i nostri visi concentrati si distendono in un sorriso d’approvazione, e decretiamo:

– Stupenda, Ceci. –

– Stupenda, Ely. –

– Ragazze, siete ancora vive? –

Al richiamo di Claudio ci riscuotiamo: non solo siamo vive, ma siamo anche indescrivilmente felici.

 

– Allora, direi di muoverci! – propone lui, aprendo la porta della camera; superando miracolosamente illese il gradino che attende in agguato, varchiamo la soglia e ci avviamo verso l’argenteo ascensore, mentre le porte si aprono con un fruscio.

Il rantolare del cubo metallico annuncia l’inizio della discesa, e in nostri sguardi ricadono inevitabilmente sulla sfolgorante parete di specchio. Reprimiamo a stento un impeto di vanesia soddisfazione: i boccoli ambrati di Ceci scendono attorno al funereo cammeo vittoriano come matasse d’oro brunito; le sue forme piene e dolci premono contro la pelle nera del giubbotto, ornata dalle candide trine della camicia, e i sobri jeans scuri scompaiono negli alti stivali.

La fine, fluida chioma di Ely le avvolge le spalle come lana trapunta d’oro e sulla maglia bianca, appena nascosta dal serico giubbotto di pelle, i versi di Dead Boy’s Poem danzano attorno ad una pallida luna fulgida sul manto nero del cielo; la vaporosa gonna purpurea fluttua leggiadra attorno ai rudi anfibi, risplendendo di una lucentezza quasi metallica.

Sembriamo una vampira formosa e una strega metallara, ma nel complesso l’effetto è più che soddisfacente.

Prima che possiamo contemplarci ulteriormente, l’ascensore si blocca con un ultimo brusco sussulto; le porte si aprono silenziosamente, e le strade di Mantova, già immerse nell’imbrunire, ci attendono suadenti: il nostro passo avanza sempre più febbrile mentre scompaiamo tra le ombre e l’auto di nuovo corre, corre verso il nostro desiderio.

 

~

 

Prossimo aggiornamento: 14/6/2009

[Magari evitando di confondere le date… XD]

NOTA del 13/6: Ci scusiamo, ma non riusciremo ad aggiornare domani causa vari imprevisti. Abbiate pazienza, torneremo il prima possibile! ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Once we had a dream, and this is it. ***


30 Marzo 2010.

Sappiamo che è assurdo pubblicare il terzo capitolo di una storia dopo così tanto tempo dall’ultimo aggiornamento, ma ci siamo ritrovate stamattina a ripensare al sogno che abbiamo vissuto esattamente un anno fa.

E ci è sembrato giusto celebrare in qualche modo questi dolci ricordi – anche perché non è mai stata nostra intenzione lasciare Dark Gig Of Wonders incompiuta.

Questo capitolo è dedicato a chiunque abbia voglia di sognare ancora un po’ con noi.

 

Ely & Ceci


III – Once we had a dream, and this is it.

 

A tutti i Nightwishers di EFP,

e ad Ely, naturalmente.

 

Ore 19.00

 

Il Palabam, assediato da una folla palpitante, si erge maestoso e scarlatto sul piazzale punteggiato di bancarelle.

E le bancarelle…

– Guarda, Ceci… GUARDA! –

Sono oscuri scrigni delle meraviglie, colmi dei tesori che avevamo sempre desiderato: magliette.

Una distesa di sfolgoranti magliette su cui campeggiano le effigi dei Nightwish: l’angelo di pietra di “Once”, il pendolo affilato di “Dark Passion Play”, e tutti gli altri emblemi che i nostri occhi esperti sanno riconoscere anche da lontano.

– Ma è meraviglioso! – trilliamo, entusiaste, – come faremo a sceglierne solo una a testa?! –

– Eh, sarà un dilemma esistenziale… – commenta Claudio, parcheggiando l’auto.

– Vedo che finalmente comprendi l’importanza dell’evento! – replica Ceci, in tono soddisfatto.

Lui non può trattenere un risolino sospeso tra sconcerto e ironia, avviandosi verso il perpetuo rumoreggiare del vasto piazzale. Noi due trotterelliamo dietro di lui con inusuale rapidità.

Ovunque ci giriamo, è idillio per i nostri occhi di fan; e ovunque ci giriamo, c'è qualcuno davanti alla sua bancarella che ci ferma e chiede: – Volete una maglietta, ragazze? –

Iniziamo ad essere piuttosto inclini a preoccupanti capogiri, ma continuiamo imperterrite: quelle magliette devono essere nostre.

Tutte.

– Papà, mai come in questo momento ho bisogno della tua collaborazione – comincia Ceci, con  tono fermo e vibrante d'emozione – I liquidi in nostro possesso sono al sicuro in hotel, e tutto ti sarà restituito, ma abbiamo assoluto bisogno di quelle magliette, ora. Credo concorderai con me sull'unicità della possibilità, no? –

– Insomma, ve le devo pagare io – commenta lui, senza nessun accenno di domanda o sorpresa nella voce.

– Sì – rispondiamo all'unisono, impassibili.

 

Una nube di stordimento sembra avvolgerci in un’alienata lontananza: come in un’onirica visione, pare che tutto sia etereo e remoto, ovattato e curiosamente inspiegabile.

Il flusso di folla brulicante.

Le sbarre nitide dei cancelli.

La voce ironica di Claudio: – Credo che abbiano da ridire sull’abbigliamento di quel

tipo… –

Superata l’entrata, ci guardiamo intorno vagamente trasognate: – Chi? Che cosa? –

Lui ci squadra perplesso: – Non avete visto? La sicurezza stava discutendo piuttosto animatamente con uno che cercava con notevole ardore di entrare a torso nudo… –

– Oh. – commentiamo, con la stessa enfasi che mostreremmo davanti all’annuncio di un compito di Greco.

– Be’, perché ci siamo fermati? – riprende Ely, come se entrambe ci dimenticassimo d’un tratto dello stato di torpore nel quale eravamo scivolate.

Claudio aggrotta le sopracciglia, e un lampo di sconcerto palpita per un istante nel suo sguardo; ormai rassegnato alla temporanea perdita della nostra coerenza intellettiva, riprende il cammino, seguendoci.

– Noi abbiamo i biglietti per il secondo anello: che scalinata dobbiamo prendere? – Decidendo che è meglio non lasciare la situazione in mano a noi, mostra i biglietti al responsabile della sicurezza che presiedeva all’ingresso.

– Qui, a sinistra. – risponde lui, distrattamente.

– Perfetto, grazie! – cinguettiamo, precipitandoci nel groviglio di scalini.

Una musica pulsava nel metallo della gradinata, fremendo sotto le nostre mani: la sua intensità cresceva ad ogni passo.

La salita termina, e noi ci ritroviamo in un buio screziato di ragnatele lucenti.

 

Ci lasciamo cadere sui lucidi sedili, estasiate: il palco, incastonato di fari saettanti, sfolgora esattamente davanti a noi; le Indica, fasciate in gonne vaporose e scenografiche, salutano il pubblico con gli ultimi accordi, mentre noi tentiamo ancora di capacitarci di essere relamente lì.

All’ennesimo incontro dei nostri occhi increduli, Ceci bisbiglia con tono tremulo: – Ely, ma tu ci credi? –

– No – sussurra lei.

Ma le nostre dita si strigono attorno alla plastica dei sedili, le luci si infrangono sui nostri volti e l’aria vibra di un’attesa innegabilmente reale.

 

Ore 20.30

 

– Hai scattato? – domanda Ely, tentando di non mutare la posa in cui ci siamo cristallizzate: sorrisi estatici, spalle cinte dalle reciproche braccia, pollice, indice e mignolo sollevati verso l’obiettivo.

– Aspettate un istante… ecco! – risponde Claudio, gridando per sovrastare il frastuono dell’ennesima, dannatissima band di supporto.

– Perfetto! – esclama Ceci, prima che un lampo di panico attraversi il suo sguardo: – E lo striscione dov’è? –

– Qui, fedele ai miei piedi – la rassicura Ely, sollevando l’ampio cilindro di cartone nero frutto delle nostre fatiche del sabato appena trascorso, e srotolandolo: un angelo, dai fiammeggianti capelli scarlatti e dalle argentee ali spiegate, si libra al di sopra di uno scrigno spalancato; e i caratteri d’indaco dei versi di Dark Chest Of Wonders rifulgono al suo fianco, pallidamente scintillanti.

Ceci sospira di sollievo, lasciando vagare lo sguardo sulle gradinate immerse nella semioscurità.

– Noi teoricamente dovremmo essere seduti laggiù… – osserva d’un tratto, indicando un punto indistinto tra le ombre a sinistra del palco.

– Ma si sta benissimo qui! – ribatte Ely, – e in fondo è dove ci hanno indirizzate… – aggiunge ammiccando, prima di appoggiare il mento al palmo.

Sbuffa, chiudendo per un istante gli occhi: – Ma perché i minuti non passano più? –

 

Ore 21.40


Le ultime note della canzone che abbiamo sentito senza ascoltare vibrano nelle assi del palco, mentre quelli che si erano presentati come i Volbeat salutano finalmente il pubblico.

Il buio cala, e in un istante sospeso ci rendiamo conto che tra noi e Loro non vi è che l’ostacolo di pochi minuti.

E il nodo allo stomaco si stringe ancora, fin quasi a far male, ma è un dolore che vorremmo provare sempre.

Come se le anime di tutti fossero intrecciate dalla folle adorazione, d’un tratto un grido unanime si leva impetuoso, scuotendo l’aria satura di eccitazione:

– NIGHTWISH! NIGHTWISH! NIGHTWISH! –

Il velo di oscurità è trapunto dai frammenti di luce dei flash che scattano come impazziti.

– NIGHTWISH! NIGHTWISH! NIGHTWISH! –

Il fiato sospeso, non riusciamo a muoverci.

– NIGHTWISH! NIGHTWISH! NIGHTWISH! –

Un brivido fiotta nelle vene.

– NIGHTWISH! NIGHTWISH! NIGHTWISH! –

E poi, bagliori azzurri nel buio. Una melodia dolente ci accarezza e freme come dita ammalianti.

Abbiamo rincorso un sogno. Ed è questo.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=362577