Lifeless {senza vita} di Noth (/viewuser.php?uid=60163)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Existence ***
Capitolo 2: *** Pure tu? ***
Capitolo 3: *** Verità ***
Capitolo 1 *** Existence ***
"Sono qui. Sarò qui fino alla fine della mia esistenza. Te lo prometto." Mormorò.
Lanciai un'occhiata fuori dalla finestra. La pioggia scendeva fitta e trasparente dalle nubi grigiastre e vaporose. E' da quando è morta Denise che non piove
pensai. Di colpo scossi la testa, freneticamente, provando a cancellare
quel pensiero dalla mia mente. Ci avevo messo mesi per non cadere in
ginocchio nel pensare al suo nome, non avevo intenzione di buttare via
tutto il mio lavoro per una giornata uggiosa.
Il vetro della
finestra si appannò, rendendo quella nuvoletta morbida, dovuta al
freddo inverno, un motivo per rendermi conto dell'ora. Era il primo
giorno di scuola. Avevo quasi perso l'anno precedente per colpa della
mancanza improvvisa di... bè non importa. Scesi le scale con la borsa a
tracolla mentre mi allacciavo la cintura con entrambe le mani. Afferrai
una fetta biscottata da sopra la tavola e la addentai affamato, ma non
mi sedetti.
"Daniel, fermati a mangiare" grugnì mio padre.
"Non
ho tempo" risposi seccato dal suo tono imperioso, non ero in vena di
discussioni. Non potevo rovinare questo primo giorno di scuola con una
litigata. Volevo impegnarmi, volevo eliminare...Denise. D'istinto
tossii rumorosamente ed il postino, in bicicletta, si girò nella mia
direzione. Lo salutai con un cenno del capo che lui non ricambiò.
La
scuola era relativamete vicina a casa mia, di conseguenza ci andavo a
piedi. Questo mi dava tempo per riflettere molto. Non era di certo una
cosa positiva. Tra i miei pensieri si infiltrava sempre.. lei. Ecco, lo
aveva fatto di nuovo. Trapelava da ogni discorso, ogni cellula del mio
corpo era rivolta a quella ragazza. Sbattei le palpebre per evitare di
sentire gli occhi inumidirsi. Uomo o no, non riuscivo a compensare la Sua assenza.
Il
vialetto di sterrato beige e sconnesso terminò, segnale che mancava
circa un chilometro al cancello di scuola. Quando l'anno prima non
avevo altri pensieri, prima di Denise, avevo pensato molto alla
distanza casa-scuola. Una vera noia. Poi era arrivata lei, e tutto
aveva preso colore, tutto aveva un senso, un posto, una collocazione.
Tutto... viveva. Ora sembrava tutto morto, perfino il suono dei miei
passi sull'asfalto pareva sordo e flebile. Arrivai al cancello, feci un
bel respiro, provando a cancellare quegli occhi nocciola dalla mia
testa, con scarsi risultati. Indossai il mio sorriso falso e mi avviai
verso i corridoi che portavano alla mia classe. Quando feci il mio
ingresso tutti tacquero di colpo. Un silenzio imbarazzante che non
smorzò però quella tesa linea che creava un solco allegro sulle mie
labbra.
"Daniel..." mormorò Todd. Il mio "migliore amico" li. Lo salutai con un cenno lievemente allegro.
"Ciao Todd" mi sforzai di dire senza sentirmi un completo idiota.
"Bè,
come te la passi? Spero meglio, per poco non ti abbiamo perso l'anno
scorso". Todd era una di quelle persone, con mancanza di tatto, così
stupide, che ti fanno venire voglia di strangolarlo.
"Bene, grazie"
risposi soltanto. Molti dei ragazzi di quella classe alzarono un
sopracciglio sanrcastici "davvero" aggiunsi, per sembrare credibile,
mentre sentivo il mio sorriso indebolirsi.
"Bene!" esclamò Todd
entusiasta "Ben tornato tra noi" mi sussurrò con enfasi, un enfasi che
non mi contagiò. Mi sedetti nell'unico banco libero, accanto ad una
studentessa che non ricordavo. Doveva essere nuova.
"Posso?" chiesi cortesemente, sorridendo fino a sentire la mascella stridere e indicando il posto vuoto accanto a lei.
Annuì.
Mi
sedetti di malavoglia, dopo quell'assenso così lieve, indicatore di
paura, o forse solo timidezza. Denise diceva sempre "Non giudicare il
libro dalla copertina, Daniel". Eccola rispuntare come un raggio di
sole nei miei pensieri, ma non dovevo abituarmi al sole, dovevo
cominciare a vivere nel buio, ora che ci stavo riuscendo così bene,
perchè se ci si abitua troppo al calore del sole, il buio fa paura.
"Allora..
" cominciai "sei nuova? Come ti chiami?" domandai alla mia compagna di
banco. Stare in silenzio non avrebbe favorito la socializzazione.
"Non
sorridere, se non ce la fai" mormorò lei, ed il mio sorriso si spense
come un palloncino bucato. "Sono Engeline. Sono in classe con te da tre
anni" mormorò ancora più lievemente, con il volto contorno in una
smorfia di disgusto. "Vedo che non mi hai mai notato" e sbuffò, come
per scigliere la tensione nel suo sguardo.
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Capitolo 2 *** Pure tu? ***
Rimasi di sasso di fronte alla sua insinuazione. Possibile che davvero non la avessi mai notata in tutti quegli anni nella stessa stramaledetta classe? Denise mi aveva davvero rapito così tanto dalla realtà? "Ehm, perdonami. Sono sicuro che anche tu sarai al corrente dei recenti avvenimenti. Sai... Non vedevo altro" mormorai, forse più a me stesso che a lei. la ragazza abbassò lo sguardo e quando lo rialzò la maschera di disgusto era scolparsa. "Se ti riferisci a Denise, ho capito. Eri... molto preso" borbottò, con un tono lievemente sofferente. "In ogni caso gli avvenimenti che tu definisci 'recenti' sono piuttosto vecchi. E' passato un anno e mezzo, Daniel" i alzò le spalle, voltandosi leggermente imbarazzata. "Un anno e mezzo" trasalii. Ero rimasto in stato catatonico per così tanto. Sentii un groppo alla gola e automaticamente sfoderai il sorriso falso che usavo per non fare sentire a disagio le persone riguardo alla storia di Denise. "Cavolo." fu l'unica esclamazione che riuscii a fare. "Eh già. Quanto tempo." commentò annoiata lei. "Ti do fastidio?" chiesi infine, per cambiare argomento. Sentivo già la bile risalirmi in gola accompagnata da un senso di nausea persistente che già conoscevo. Sbattei le palpebre, per schiarire la vista che si annebbiava, conseguenza di quel troppo pensare a lei. "No! No,no. Non mi crei problemi, davvero." improvvisamente si era fatta molto gentile, o almeno un briciolo di compassione aveva attraversato il suo sguardo. "Ah. Bene." aggiunsi sorpreso. Lei si attorcigliò i capelli tra le dita, timidamente, spettinandosi la lunga francia castano-biondiccia con uno sbuffo. "Non volevo essere antipatica prima" borbottò abbassando gli occhi. Le era difficile scusarsi, doveva essere molto orgogliosa. "Ma no, figurati, anzi. Sei stat molto gentile con me." sorrisi, flebilmente, ma era un sorriso sincero. "Almeno adesso, prima un po' meno." allargai ulteriormente il sorriso in segno di scusa. Lei sorrise e vidi i suoi occhi illuminarsi, quel verde scuro brillava ogni volta che il suo viso mutava in un espressione contenta. Non la avevo mai guardata davvero. Non era molto alta, ma la sua statura minuta non le impediva di essere slanciata e formosa. Aveva un viso ovale, leggermente paffuto che le dava un'aria dolce ma misteriosa. I capelli erano biondo-rossici lisci e scalati, con una frangia sbarazzina che amava spettinare. Gli occhi verdi scuro erano di una sfumatura che non avevo mai visto, molto diversa dal colore caramellato di Denise. Già, molto diversa. La bocca era con labbra sottili ed eleganti color pesca. Quel giorno indossava una maglia a maniche corte lunga fino alle cosce di un verde scuro con una stampa bianca e dorata, i jeans erano chiari e ed effetto consumato. Aveva All Star Verdi. Ne deducevo che quello fosse il suo colore preferito. Notò che la fissavo e mi sventolò una mano davanti agli occhi, "Daniel, stai bene?" chiese mordendosi il labbro inferiore "Uh? Oh, sisi." risposi distogliendo la mia attenzione dal suo corpo. "Denise?" chiese con la fronte aggrottata. "Eh? No. Non ti preccupare." alzai le mani in segno di tranquillità. Lei annuì. Si strinse le braccia al petto abbassando lo sguardo. "Qualcosa non va?" le chiesi leggermente preoccupato. Qualcosa nel mio comportamento la aveva turbata? Eppure avevo provato a restare più neutrale possibile. Dove avevo sbagliato questa volta? "No. Non è niente, non preoccuparti." mentì spudoratamente. "Andiamo Engeline, so riconoscere una bugia quando ne vedo una. E anche la sofferenza." rimasi indeciso sul se appoggiarle o no una mano sulla spalla. Avavo paura si ritraesse e quindi nascosi l'impulso. "Ah." Rispose, io continuai a guardarla, lei sbuffò per la terza volta in quei pochi minuti. "Pensavo solo alla mia 'Denise'" e mise tra virgolette il nome incriminato. Mi diede una fitta alla testa e percepii le mie pulsazioni, ma non era andata così male. "La tua 'Denise'?" chiesi, enfatizzando l'ultima parola. Lei sorrise, un sorriso che non le illuminò gli occhi e coperto da un velo di malinconia percepibile. "Intendo che anche io ho, o meglio avevo, un ragazzo che mi aveva fatto provare ciò che tu provavi per Denise. Si chiamava Jordan. Come avrai intuito ora non... c'è più" e alzò le spalle come per giustificare la sua assenza. "Oh." mormorai, provando una profonda pena per lei. Avrei voluto abbracciarla, nulla da fare, qualcosa mi tratteneva.
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Capitolo 3 *** Verità ***
"Come... come è successo?" mi sforzai di chiedere mantenendo
una voce
controllata. Lei sorrise malinconica scuotendo la testa, come se non
fosse importante.
"Mi dispiace. Io... io non ce la faccio"
singhiozzò, poi poggiò le mani sul banco
respirendo fortemente, quasi
come se non ci riuscisse davvero.
"Scusa" mormorai spaventato. Non
pensavo che per lei il ricordo fosse così dannoso. Il mio
sguardo
saettò verso i suo occhi che vibravano leggremente mentre
lei sbatteva
velocemente le palpebre cercando di cancellare i pensieri dolorosi che
la assalivano.
Non le parlai per il resto delle lezioni, schiacciato
dal senso di colpa e dall'imbarazzo. Nemmeno lei aprì
più bocca.
D'altra parte neanche io sarei stato felice se qualcuno mi avesse
chiasto di Denise. Finite le lezioni la afferrai per un braccio, prima
che sfuggisse, per chiedergli una cosa. Avevo bisogno di sapere che non
la avevo ferita. Lei si voltò, non appena mi vide l'ombra
della paura
attraversò il suo volto.
"Engeline, volevo scusarmi per prima,
davvero. Non avevo idea di cosa quella domanda potesse scatenare in te.
Ti prego di perdonarmi." abbassai lo sguardo, ma non le lasciai il
braccio. "Ti va se... andiamo a mangiare fuori? Così mi
faccio
perdonare... Ok?". Non mi andava di uscire con lei, non ero ancora
pronto per questo, ma non potevo sopportare di avere provocato dolore
in quel volto angelico, dolce. Stranamente scettico e dalle espressioni
facciali facilmente decifrabili. Lei si passò una mano tra i
capelli,
nervosa. La proposta sembrava tentarla e alla fine accettò.
"Va bene" sussurrò piano. E si allontanò da me.
"Dove andiamo?" chiesi tentando di sembrare meno turbato possibile.
"Dove
vuoi, nel quartiere nord c'è unl fast food" aggiunse,
facendo finta di
non stare parlando con me. Scorgevo il sorriso che avevo visto
all'inizio delle lezioni riaffiorare sul suo viso.
"Andiamo lì, allora" sorrisi, automaticamente.
Il
Fast Food c'era, ma era semi vuoto. Chiaramente aveva cercato un posto
appartato. ordinammo due panini e due lattine di Coca-Cola, la commessa
ci servì con uno sguardo annoiato e con uno sbuffo. Seduti
al tavolo
divorai il mio panino senza lasciarne nulla, velocemente, avevo bisogno
di parlarle. Così mentre lei mordicchiava svogliatamente il
suo e
sorseggiava la sua Coca saltai fuori di punto in bianco con una domanda
che mi corrodeva dalla curiosità da tutta la mattinata.
"Chi era Denise?" chiesi. Lei mi guardò sconcertata e con un
punto interrogativo dipinto in volto.
"Cosa?" chiese confusa
"Intendo"
spiegai paziente "chi è la tua Denise" abbassai
progressivamente il
tono della voce, senza però abbassare il mio sguardo
indagatore che
osservava il suo viso in attesa di vedere l'espressione che avrebbe
assunto. Lei si morse ancora il labbro inferiore e abbassò
la tesat
perchè la frangia nascondesse da me i suoi occhi. La vidi
tremare,
vulnerabile e punta sul vivo. Scorsi una lacrina cadere dal suo viso ed
adagiarsi esplodendo sul tavolino. Trattenni il respiro.
"Si chiamava Drad" disse tutto ad un fiato per nascondere un
singhiozzo. "Drad Sevil" aggiunse poi tossendo.
"Cosa
è successo?" chiesi. Sorpreso e sconvolto dalla sua
reazione. Ero
curioso di sapere, ora che avevo trovato una ragazza nella mia stessa
situazione. Non potevo restare con le mani in mano. io avevo desiderato
per mesi di sfogarmi con qualcuno. Di urlare. Di piangere forse. Di
buttare fuori tutta la rabbia dentro di me, ma non era venuto nessuno.
Lei alzò lo sguardo, sconvolta. Con gli occhi arrossati ed
una lacrima
argentea che le scendeva lentamente lungo la guancia.
"Non ti rendi davvero conto, allora, che mi fa male" disse con voce
spezzata. "Non.. Non capisci!" gridò.
"No,
sbagli Engeline. Io ti capisco talmente bene che non sei in grado di
immaginarlo. Ti capisco talmente bene che sento il tuo dolore come mio.
Perchè lo è." mormorai. Lei assunse un aria
pensierosa, addolorata ma
accettò la mia risposta.
"Si, forse è vero. Ma perchè dovrei fidarmi di
una persona che non si ricorda neanche che esisto." disse con tono
sprezzante.
"perchè
non c'è nessun altro. Nessuno, che possa davvero ascoltarti
e capirti
come posso fare io" gridai, offeso dal fatto che lei non si fidasse del
dolore che io portavo nel cuore, e che avrei portato con me per sempre.
Come poteva pensarlo. Non era forse anche lei come me?
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