Lifeless {senza vita}

di Noth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Existence ***
Capitolo 2: *** Pure tu? ***
Capitolo 3: *** Verità ***



Capitolo 1
*** Existence ***



"Sono qui. Sarò qui fino alla fine della mia esistenza. Te lo prometto." Mormorò.
Lanciai un'occhiata fuori dalla finestra. La pioggia scendeva fitta e trasparente dalle nubi grigiastre e vaporose. E' da quando è morta Denise che non piove
pensai. Di colpo scossi la testa, freneticamente, provando a cancellare
quel pensiero dalla mia mente. Ci avevo messo mesi per non cadere in
ginocchio nel pensare al suo nome, non avevo intenzione di buttare via
tutto il mio lavoro per una giornata uggiosa.
Il vetro della
finestra si appannò, rendendo quella nuvoletta morbida, dovuta al
freddo inverno, un motivo per rendermi conto dell'ora. Era il primo
giorno di scuola. Avevo quasi perso l'anno precedente per colpa della
mancanza improvvisa di... bè non importa. Scesi le scale con la borsa a
tracolla mentre mi allacciavo la cintura con entrambe le mani. Afferrai
una fetta biscottata da sopra la tavola e la addentai affamato, ma non
mi sedetti.
"Daniel, fermati a mangiare" grugnì mio padre.
"Non
ho tempo" risposi seccato dal suo tono imperioso, non ero in vena di
discussioni. Non potevo rovinare questo primo giorno di scuola con una
litigata. Volevo impegnarmi, volevo eliminare...Denise. D'istinto
tossii rumorosamente ed il postino, in bicicletta, si girò nella mia
direzione. Lo salutai con un cenno del capo che lui non ricambiò.
La
scuola era relativamete vicina a casa mia, di conseguenza ci andavo a
piedi. Questo mi dava tempo per riflettere molto. Non era di certo una
cosa positiva. Tra i miei pensieri si infiltrava sempre.. lei. Ecco, lo
aveva fatto di nuovo. Trapelava da ogni discorso, ogni cellula del mio
corpo era rivolta a quella ragazza. Sbattei le palpebre per evitare di
sentire gli occhi inumidirsi. Uomo o no, non riuscivo a compensare la Sua assenza.
Il
vialetto di sterrato beige e sconnesso terminò, segnale che mancava
circa un chilometro al cancello di scuola. Quando l'anno prima non
avevo altri pensieri, prima di Denise, avevo pensato molto alla
distanza casa-scuola. Una vera noia. Poi era arrivata lei, e tutto
aveva preso colore, tutto aveva un senso, un posto, una collocazione.
Tutto... viveva. Ora sembrava tutto morto, perfino il suono dei miei
passi sull'asfalto pareva sordo e flebile. Arrivai al cancello, feci un
bel respiro, provando a cancellare quegli occhi nocciola dalla mia
testa, con scarsi risultati. Indossai il mio sorriso falso e mi avviai
verso i corridoi che portavano alla mia classe. Quando feci il mio
ingresso tutti tacquero di colpo. Un silenzio imbarazzante che non
smorzò però quella tesa linea che creava un solco allegro sulle mie
labbra.
"Daniel..." mormorò Todd. Il mio "migliore amico" li. Lo salutai con un cenno lievemente allegro.
"Ciao Todd" mi sforzai di dire senza sentirmi un completo idiota.
"Bè,
come te la passi? Spero meglio, per poco non ti abbiamo perso l'anno
scorso". Todd era una di quelle persone, con mancanza di tatto, così
stupide, che ti fanno venire voglia di strangolarlo.
"Bene, grazie"
risposi soltanto. Molti dei ragazzi di quella classe alzarono un
sopracciglio sanrcastici "davvero" aggiunsi, per sembrare credibile,
mentre sentivo il mio sorriso indebolirsi.
"Bene!" esclamò Todd
entusiasta "Ben tornato tra noi" mi sussurrò con enfasi, un enfasi che
non mi contagiò. Mi sedetti nell'unico banco libero, accanto ad una
studentessa che non ricordavo. Doveva essere nuova.
"Posso?" chiesi cortesemente, sorridendo fino a sentire la mascella stridere e indicando il posto vuoto accanto a lei.
Annuì.
Mi
sedetti di malavoglia, dopo quell'assenso così lieve, indicatore di
paura, o forse solo timidezza. Denise diceva sempre "Non giudicare il
libro dalla copertina, Daniel". Eccola rispuntare come un raggio di
sole nei miei pensieri, ma non dovevo abituarmi al sole, dovevo
cominciare a vivere nel buio, ora che ci stavo riuscendo così bene,
perchè se ci si abitua troppo al calore del sole, il buio fa paura.
"Allora..
" cominciai "sei nuova? Come ti chiami?" domandai alla mia compagna di
banco. Stare in silenzio non avrebbe favorito la socializzazione.
"Non
sorridere, se non ce la fai" mormorò lei, ed il mio sorriso si spense
come un palloncino bucato. "Sono Engeline. Sono in classe con te da tre
anni" mormorò ancora più lievemente, con il volto contorno in una
smorfia di disgusto. "Vedo che non mi hai mai notato" e sbuffò, come
per scigliere la tensione nel suo sguardo.

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Capitolo 2
*** Pure tu? ***



Rimasi di sasso di fronte alla sua insinuazione. Possibile che davvero
non la avessi mai notata in tutti quegli anni nella stessa
stramaledetta classe? Denise mi aveva davvero rapito così tanto dalla
realtà?
"Ehm, perdonami. Sono sicuro che anche tu sarai al corrente
dei recenti avvenimenti. Sai... Non vedevo altro" mormorai, forse più a
me stesso che a lei. la ragazza abbassò lo sguardo e quando lo rialzò
la maschera di disgusto era scolparsa.
"Se ti riferisci a Denise, ho
capito. Eri... molto preso" borbottò, con un tono lievemente
sofferente. "In ogni caso gli avvenimenti che tu definisci 'recenti'
sono piuttosto vecchi. E' passato un anno e mezzo, Daniel" i alzò le
spalle, voltandosi leggermente imbarazzata.
"Un anno e mezzo"
trasalii. Ero rimasto in stato catatonico per così tanto. Sentii un
groppo alla gola e automaticamente sfoderai il sorriso falso che usavo
per non fare sentire a disagio le persone riguardo alla storia di
Denise. "Cavolo." fu l'unica esclamazione che riuscii a fare.
"Eh già. Quanto tempo." commentò annoiata lei.
"Ti
do fastidio?" chiesi infine, per cambiare argomento. Sentivo già la
bile risalirmi in gola accompagnata da un senso di nausea persistente
che già conoscevo. Sbattei le palpebre, per schiarire la vista che si
annebbiava, conseguenza di quel troppo pensare a lei.
"No! No,no.
Non mi crei problemi, davvero." improvvisamente si era fatta molto
gentile, o almeno un briciolo di compassione aveva attraversato il suo
sguardo.
"Ah. Bene." aggiunsi sorpreso. Lei si attorcigliò i capelli
tra le dita, timidamente, spettinandosi la lunga francia
castano-biondiccia con uno sbuffo.
"Non volevo essere antipatica prima" borbottò abbassando gli occhi. Le era difficile scusarsi, doveva essere molto orgogliosa.
"Ma
no, figurati, anzi. Sei stat molto gentile con me." sorrisi,
flebilmente, ma era un sorriso sincero. "Almeno adesso, prima un po'
meno." allargai ulteriormente il sorriso in segno di scusa. Lei sorrise
e vidi i suoi occhi illuminarsi, quel verde scuro brillava ogni volta
che il suo viso mutava in un espressione contenta. Non la avevo mai
guardata davvero. Non era molto alta, ma la sua statura minuta non le
impediva di essere slanciata e formosa. Aveva un viso ovale,
leggermente paffuto che le dava un'aria dolce ma misteriosa. I capelli
erano biondo-rossici lisci e scalati, con una frangia sbarazzina che
amava spettinare. Gli occhi verdi scuro erano di una sfumatura che non
avevo mai visto, molto diversa dal colore caramellato di Denise. Già,
molto diversa. La bocca era con labbra sottili ed eleganti color pesca.
Quel giorno indossava una maglia a maniche corte lunga fino alle cosce
di un verde scuro con una stampa bianca e dorata, i jeans erano chiari
e ed effetto consumato. Aveva All Star Verdi. Ne deducevo che quello
fosse il suo colore preferito. Notò che la fissavo e mi sventolò una
mano davanti agli occhi,
"Daniel, stai bene?" chiese mordendosi il labbro inferiore
"Uh? Oh, sisi." risposi distogliendo la mia attenzione dal suo corpo.
"Denise?" chiese con la fronte aggrottata.
"Eh? No. Non ti preccupare." alzai le mani in segno di tranquillità. Lei annuì.
Si strinse le braccia al petto abbassando lo sguardo.
"Qualcosa
non va?" le chiesi leggermente preoccupato. Qualcosa nel mio
comportamento la aveva turbata? Eppure avevo provato a restare più
neutrale possibile. Dove avevo sbagliato questa volta?
"No. Non è niente, non preoccuparti." mentì spudoratamente.
"Andiamo
Engeline, so riconoscere una bugia quando ne vedo una. E anche la
sofferenza." rimasi indeciso sul se appoggiarle o no una mano sulla
spalla. Avavo paura si ritraesse e quindi nascosi l'impulso.
"Ah."
Rispose, io continuai a guardarla, lei sbuffò per la terza volta in
quei pochi minuti. "Pensavo solo alla mia 'Denise'" e mise tra
virgolette il nome incriminato. Mi diede una fitta alla testa e
percepii le mie pulsazioni, ma non era andata così male.
"La tua
'Denise'?" chiesi, enfatizzando l'ultima parola. Lei sorrise, un
sorriso che non le illuminò gli occhi e coperto da un velo di
malinconia percepibile.
"Intendo che anche io ho, o meglio avevo, un
ragazzo che mi aveva fatto provare ciò che tu provavi per Denise. Si
chiamava Jordan. Come avrai intuito ora non... c'è più" e alzò le
spalle come per giustificare la sua assenza.
"Oh." mormorai, provando una profonda pena per lei. Avrei voluto abbracciarla, nulla da fare, qualcosa mi tratteneva.

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Capitolo 3
*** Verità ***


"Come... come è successo?" mi sforzai di chiedere mantenendo una voce controllata. Lei sorrise malinconica scuotendo la testa, come se non fosse importante.
"Mi dispiace. Io... io non ce la faccio" singhiozzò, poi poggiò le mani sul banco respirendo fortemente, quasi come se non ci riuscisse davvero.
"Scusa" mormorai spaventato. Non pensavo che per lei il ricordo fosse così dannoso. Il mio sguardo saettò verso i suo occhi che vibravano leggremente mentre lei sbatteva velocemente le palpebre cercando di cancellare i pensieri dolorosi che la assalivano.
Non le parlai per il resto delle lezioni, schiacciato dal senso di colpa e dall'imbarazzo. Nemmeno lei aprì più bocca. D'altra parte neanche io sarei stato felice se qualcuno mi avesse chiasto di Denise. Finite le lezioni la afferrai per un braccio, prima che sfuggisse, per chiedergli una cosa. Avevo bisogno di sapere che non la avevo ferita. Lei si voltò, non appena mi vide l'ombra della paura attraversò il suo volto.
"Engeline, volevo scusarmi per prima, davvero. Non avevo idea di cosa quella domanda potesse scatenare in te. Ti prego di perdonarmi." abbassai lo sguardo, ma non le lasciai il braccio. "Ti va se... andiamo a mangiare fuori? Così mi faccio perdonare... Ok?". Non mi andava di uscire con lei, non ero ancora pronto per questo, ma non potevo sopportare di avere provocato dolore in quel volto angelico, dolce. Stranamente scettico e dalle espressioni facciali facilmente decifrabili. Lei si passò una mano tra i capelli, nervosa. La proposta sembrava tentarla e alla fine accettò.
"Va bene" sussurrò piano. E si allontanò da me.
"Dove andiamo?" chiesi tentando di sembrare meno turbato possibile.
"Dove vuoi, nel quartiere nord c'è unl fast food" aggiunse, facendo finta di non stare parlando con me. Scorgevo il sorriso che avevo visto all'inizio delle lezioni riaffiorare sul suo viso.
"Andiamo lì, allora" sorrisi, automaticamente.
Il Fast Food c'era, ma era semi vuoto. Chiaramente aveva cercato un posto appartato. ordinammo due panini e due lattine di Coca-Cola, la commessa ci servì con uno sguardo annoiato e con uno sbuffo. Seduti al tavolo divorai il mio panino senza lasciarne nulla, velocemente, avevo bisogno di parlarle. Così mentre lei mordicchiava svogliatamente il suo e sorseggiava la sua Coca saltai fuori di punto in bianco con una domanda che mi corrodeva dalla curiosità da tutta la mattinata.
"Chi era Denise?" chiesi. Lei mi guardò sconcertata e con un punto interrogativo dipinto in volto.
"Cosa?" chiese confusa
"Intendo" spiegai paziente "chi è la tua Denise" abbassai progressivamente il tono della voce, senza però abbassare il mio sguardo indagatore che osservava il suo viso in attesa di vedere l'espressione che avrebbe assunto. Lei si morse ancora il labbro inferiore e abbassò la tesat perchè la frangia nascondesse da me i suoi occhi. La vidi tremare, vulnerabile e punta sul vivo. Scorsi una lacrina cadere dal suo viso ed adagiarsi esplodendo sul tavolino. Trattenni il respiro.
"Si chiamava Drad" disse tutto ad un fiato per nascondere un singhiozzo. "Drad Sevil" aggiunse poi tossendo.
"Cosa è successo?" chiesi. Sorpreso e sconvolto dalla sua reazione. Ero curioso di sapere, ora che avevo trovato una ragazza nella mia stessa situazione. Non potevo restare con le mani in mano. io avevo desiderato per mesi di sfogarmi con qualcuno. Di urlare. Di piangere forse. Di buttare fuori tutta la rabbia dentro di me, ma non era venuto nessuno. Lei alzò lo sguardo, sconvolta. Con gli occhi arrossati ed una lacrima argentea che le scendeva lentamente lungo la guancia.
"Non ti rendi davvero conto, allora, che mi fa male" disse con voce spezzata. "Non.. Non capisci!" gridò.
"No, sbagli Engeline. Io ti capisco talmente bene che non sei in grado di immaginarlo. Ti capisco talmente bene che sento il tuo dolore come mio. Perchè lo è." mormorai. Lei assunse un aria pensierosa, addolorata ma accettò la mia risposta.
"Si, forse è vero. Ma perchè dovrei fidarmi di una persona che non si ricorda neanche che esisto." disse con tono sprezzante.
"perchè non c'è nessun altro. Nessuno, che possa davvero ascoltarti e capirti come posso fare io" gridai, offeso dal fatto che lei non si fidasse del dolore che io portavo nel cuore, e che avrei portato con me per sempre. Come poteva pensarlo. Non era forse anche lei come me?

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