Dove caddero gli Angeli

di Mistral
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Sotto la pioggia ***
Capitolo 3: *** Di galateo, politica e canzoni - prima parte ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


A KillKenny

A KillKenny,

perché se questa fic è stata scritta lo si deve anche ai suoi suggerimenti

10 Agosto 2005

 

 

Dove caddero gli Angeli

Prologo

 

“Bentornata Lina Inverse”

Chi è che mi chiama?

Xelloss… la sua voce mi giunge ovattata, da dove precisamente non lo so… sono confusa e sento la testa pesante, ma ugualmente mi metto in guardia: l’ultimo ricordo nitido che il mio cervello riesce a fornirmi è lui che ci attacca, quindi devo stare all’erta.

Continuo a non vedere nulla, non sento nemmeno il mio corpo, come se fossi puro spirito… i ricordi lentamente tornano…

Stavo bivaccando con gli altri… dove? non me lo ricordo, forse in un bosco - quando quel maledetto mazoku è apparso come suo solito dal nulla, in cima ad un albero. Poi senza dire una parola ci ha attaccato. E stavolta era venuto per uccidere. Io l'ho visto combattere seriamente solo poche volte in questi anni (perché, guarda caso, quando la situazione si faceva seria lui spariva!), ma mi sono fatta un’idea della sua forza… e stavolta la stava usando. È stato un combattimento duro, ma ho avuto l’impressione che non ci volesse dare il colpo di grazia, anche se avrebbe tranquillamente potuto farlo, soprattutto perché non posso usare i miei poteri alla massima potenza… accidenti a quei giorni!

Avrebbe vinto facilmente e invece, per qualche strano motivo, non ci ha massacrato subito. Ha preferito dividerci, lanciando un Dark Mist per impedirci di vedere gli altri… forse per nutrirsi della nostra rabbia e della nostra preoccupazione… non lo so, ma di certo da me non avrà questa soddisfazione. So che gli altri ce la faranno.

Comunque io devo essere stata l’ultima ad essere attaccata perché è passato qualche minuto da quando è comparsa la caligine nera a quando me lo sono ritrovata davanti, a due centimetri da me… ricordo solo un bacio in fronte e poi…

Ecco! Ora lo vedo! È lì davanti a me con quella sua solita espressione idiota… ma gli altri? Dove sono? Io dove sono? Perché se doveva uccidermi non l’ha fatto subito invece di trascinarmi qui?

Visto che lui continua a sorridermi e non dà segno di muoversi, lo lascio perdere per un attimo e allungo un po’ lo sguardo dietro la sua spalla: ma dove cavolo siamo? Faccio un passo avanti per uscire da questo strano alone dorato che sta lentamente svanendo intorno a me. Tutt’attorno non vedo nient’altro che deserto, con qualche albero spoglio qua e là e un vento gelido che mi sbatte in faccia e mi ferisce gli occhi.

A proposito di ferita, mi porto la mano al fianco sinistro per vedere in che condizioni è quella che mi ha provocato Xelloss e, con mio immenso stupore, scopro che è… sparita! Al suo posto solo la mia pelle, bianchissima e intatta, e un ampio squarcio nella maglia che risale fin quasi sotto il seno. Tra l’altro, adesso che ci faccio caso, anche lo spallaccio dell’armatura che si era incrinato per un colpo è sparito, così come il taglio sulla guancia… no, no, qui c’è qualcosa che non torna!

Mi blocco e fisso Xelloss negli occhi. “Cosa è successo?” gli chiedo a bruciapelo. Esigo delle spiegazioni e guai a lui se si azzarda a uscirsene con quella sua solita frase cretina! Giuro che se lo fa non rispondo di me!

Lui continua a sorridere imperturbabile, gli occhi sempre socchiusi. “È una lunga storia, Lina-chan… io non conosco che pochi dettagli. So solo che devo portarti alla Wolf Pack Island dalla mia Master e, se Lei lo vorrà, sarà lei a spiegarti ogni cosa”

Lo guardo dubbiosa, non comprendendo il perché di una frase così sibillina. È vero, Xelloss ha sempre parlato per enigmi, ma qui si esagera! Comunque non ho molta scelta… o lo seguo o resto qui a morire di fame e di freddo in questo deserto.

Annuisco impercettibilmente e lui comincia ad avviarsi a piedi. Strano che non si teletrasporti come suo solito… tutta questa faccenda sta diventando sempre più incomprensibile.

Osservo per un attimo Xelloss allontanarsi lentamente, il mantello trascinato dal vento che si avvolge furiosamente sulla sua figura sottile, poi faccio per seguirlo.

Ma, appena fatto un passo, non trovo più il terreno sotto i piedi e cado a terra. Ma che cavolo…?! Mi guardo attorno, accorgendomi solo adesso della strana statua bianca alle mie spalle e del piedistallo su cui è posata - e da cui sono caduta. Mi lascio scappare un paio di imprecazioni poco fini, poi mi rialzo; Xelloss sembra non essersi nemmeno accorto della mia magra figura, perché continua a camminare in silenzio… beh, meglio così, non avrei sopportato le sue prese in giro in un momento come questo!

Accenno una piccola corsa e mi affianco a lui; man mano che ci allontaniamo dal centro di questa strana radura il vento, che continua a sbattermi i capelli in faccia, sembra rinforzarsi e anche la natura pare farsi se possibile più selvaggia.

Improvvisamente, la mia guida si ferma e guarda in alto. “Siamo arrivati” dice poi, sorridendo e cingendomi le spalle con un braccio. Non ho neanche il tempo di protestare che un’intensa luce bianca ci avvolge. È sicuramente un teletrasporto, ma… verso dove?

 

Un istante e ci ritroviamo in un’immensa sala, dal soffitto altissimo sorretto da colonne sottili. Molto probabilmente siamo in una stanza del palazzo della Greatest Beast, a dire il vero una stanza piuttosto strana, piena di armadi alle pareti, sembra un guardaroba. Guardo Xelloss con espressione interrogativa.

Lui sorride e accenna con la testa agli armadi. “Cerca qualcosa che ti piaccia da mettere. Poi quando sarai pronta ti porterò da Zelas-sama”

Fa per andarsene, ma lo richiamo. “Xel aspetta! Io non ci capisco niente di questa faccenda! Perché la tua Master vuole vedermi? Cosa vuole da me? E i miei amici dove sono?”

“Saprai tutto a tempo debito, Lina” mi risponde soltanto, prima di teletrasportarsi via.

Mi passo una mano sulla fronte, sconsolata. Non ho altra scelta: l’unica cosa da fare è mettermi addosso qualcosa di decente e andare da Zelas. Sperando che lei sia un po’ più esauriente del suo sottoposto da strapazzo… ma non ci conto molto…

Sbuffando, comincio a frugare a casaccio qua e là e alla fine mi ritrovo con qualcosa che non si allontana molto dal mio solito abbigliamento: una maglietta sbracciata a collo alto e un paio di pantaloncini… un po’ microscopici, a dire il vero, ma pazienza. Poi mi infilo un paio di stivaletti alla caviglia e mi metto davanti allo specchio per osservare il risultato: neanche tanto male, tutto sommato… se non fosse che ho perso un orecchino… che nervi! Mi tolgo anche l’altro e osservo per un attimo il mio viso riflettersi nella piccola sfera lucida; li portavo da anni, erano un regalo di Luna… e adesso chi la sente se quando torno a casa mi vede senza?! Un brivido mi corre giù per la schiena al pensiero della furia di Nee-chan… preferirei affrontare un Dark Lord piuttosto che lei!

Una voce alle mie spalle mi scuote dai miei cupi pensieri. “Sei pronta Lina?”

Mi volto e vedo Xelloss sorridente sulla porta. Annuisco. “Sì, eccomi, Xel”

“Oh, vedo che ti sei tolta gli orecchini… come mai?”

Alzo le spalle e faccio una smorfia. “Ne ho perso uno. Quando TU mi hai attaccato…”

Mi aspetto una risposta in puro stile Xel, con uno dei suoi soliti sorrisetti idioti, invece il mazoku pare perplesso. Ma è questione di un secondo. “Eh, eh… sorry, Lina-chan! Ma il lavoro è lavoro! Comunque se vuoi te ne posso regalare degli altri come si usano ad-… da queste parti…”

Ma che cos’ha oggi Xelloss? È strano. Oddio, non che sia mai stato proprio normale… vabbè, soprassediamo. “Si può fare” gli dico dopo un attimo. Dopotutto un regalo non si rifiuta mai, no?

Lui sorride e allunga una mano a palmo in su, facendo comparire un piccolo brillante sfaccettato e una lunga catenella fatta di anelli d’argento uniti tra loro. “Ti piacciono?”

“Wow! Certo che mi piacciono! Soprattutto il diamante…” Beh, da queste parti avranno anche gusti strani, però di certo in fatto di gioielli ne capiscono… mi infilo il brillantino all’orecchio destro e a sinistra la catenella, che scende fin quasi a sfiorarmi la spalla. Mi sento un po’ strana nell’insieme, però lo specchio mi conferma che la grande maga Lina Inverse è sempre bellissima, qualunque cosa indossi.

Xelloss mi lascia pavoneggiare un po’, poi discretamente mi ricorda che Zelas mi aspetta. Dimenticandomi all’istante del resto, annuisco seria. “Andiamo. Non è cortese far aspettare i propri ospiti”

Il demone sorride, poi mi sfiora leggermente il braccio e in un attimo ci ritroviamo di fronte ad un immenso portone, decorato con bassorilievi che illustrano scene della millenaria vita della Greatest Beast e dei suoi sottoposti; Xelloss vi compare quasi sempre e alcuni quadri sono addirittura dedicati a lui solo. In uno di questi riconosco la tremenda battaglia che io e i miei amici abbiamo combattuto contro Dark Star qualche tempo fa; ma la cosa curiosa è che quella scena è collocata più o meno a metà del battente di destra, verso la fine del racconto certo, seguita però anche da altre raffigurazioni… in quest’ultimo anno il clan Metallium dev’essere stato piuttosto attivo per avere così tante cose da raffigurare su un portone istoriato…

Mi giro per chiedere lumi al demone, ma lui col dito sulle labbra mi fa cenno di tacere, poi stende la mano e la porta, probabilmente reagendo alla sua aura, si spalanca silenziosamente davanti a noi. Ci ritroviamo così in un salone piuttosto ampio (in verità meno di quanto mi sarei aspettata, date le dimensioni dell’ingresso) costruito come tutto il resto del castello in pietra nera, forse ossidiana, e illuminato da ampie bifore. Sul fondo della sala, proprio di fronte alla porta, rialzato da tre o quattro gradini, è collocato un trono, anch’esso nero, con lo schienale a punta finemente intagliato. Contrariamente alle mie aspettative, però, il seggio è vuoto.

“Vieni Lina, Zelas-sama ci aspetta nella stanza a fianco” Mi informa Xelloss, indicandomi un porta sulla destra, quasi invisibile in mezzo agli enormi arazzi che fanno bella mostra di sé lungo l’intera parete.

Prendo un bel respiro profondo e lo seguo; fino ad ora ho cercato di far finta di niente, ma devo ammettere che l’idea di conoscere Zelas mi attrae e spaventa allo stesso tempo. In fondo è pur sempre una dei cinque Dark Lord, ma proprio per questo sono curiosa di incontrarla…

Stavolta Xelloss deve aprire la porta manualmente; appena dentro, lo vedo fare un profondo inchino e poi scostarsi per farmi passare. Mi faccio avanti e ho giusto il tempo di rendermi conto dell’aspetto della stanza in cui sono entrata, che subito la mia attenzione viene catturata dalla persona che ho di fronte.

Non ci sono dubbi: Zelas è indubbiamente la donna più bella che io abbia mai visto.

Sta in piedi accanto alla finestra, mostrandosi per tre quarti, con in mano un calice di vino rosso, i capelli biondi che, sfiorati dalla luce, prendono riflessi bronzei. Indossa uno stranissimo abito bianco che le ricade morbido fino ai piedi, stretto in vita da una cintura sottile; la schiena e le spalle rimangono completamente scoperte e il tutto è fermato da un alto collare d’oro in cui è inserito un diamante grande quanto una noce.

“Benvenuta Lina”

Ho un sussulto nel sentire la sua voce. Mi ero talmente incantata ad osservare lei e la sua pietra (ok, lo ammetto: più la pietra che lei…) che non mi sono neanche accorta che mi stesse rivolgendo la parola. Sono un po’ a disagio e, come mio solito, mi nascondo dietro la mia facciata spavalda per avere il tempo di inquadrare la situazione. “Così tu saresti la Dark Lady Zelas Metallium…” Lei sorride, nello stesso identico modo di Xelloss, tra l’altro, e annuisce appena. “Bene, veniamo subito al punto: cosa ci faccio io qui? E dove sono i miei compagni?”

Il sorriso sul viso della demone si allarga un poco, facendosi più sincero; appoggia il calice sul tavolinetto di cristallo e si accomoda in poltrona. Quando mi risponde, uno scintillio che non riesco a decifrare passa rapido nei suoi splendidi, inquietanti occhi dorati - occhi da pantera, o da lupo. “Xelloss mi diceva spesso che tu sei una che non si perde in preamboli… e aveva ragione. Come sempre, vero Xel-chan?”

Mi volto verso l’interpellato a fianco a me e lo vedo ridacchiare, grattandosi la testa imbarazzato. “Non esagerate, Master…”

Non riesco ancora bene a capire che razza di rapporto ci sia tra questi due… comunque si vede chiaramente che lei è la sua creatrice: hanno moltissime cose in comune.

Ritorno a concentrarmi su Zelas, che nel frattempo ha infilato una sigaretta in un bocchino e l’ha accesa con un semplice schiocco delle dita, dalle lunghe unghie color rosso porpora, così simili ad artigli.

“Ad ogni modo, Lina, per rispondere alle tue domande…” Fa una pausa ad effetto e io mi irrigidisco “Tu sei qui per volere della Lord of Nightmares, la Madre di tutte le cose. Ma credo che tu La conosca già, vero?” Adesso sono veramente tesa: se c’è di mezzo Lon le cose si complicano notevolmente… “Per quanto riguarda i tuoi amici, non so niente di certo, ma presumo si trovino ancora dov’eri tu fino a poco fa”

“E dove sarebbe questo posto, di grazia?!” Accidenti a lei! Sì, è proprio la creatrice di Xel: hanno lo stesso modo irritante di dire le cose a metà parlando per enigmi!

“In uno spazio fuori da ogni spazio, senza principio né fine, incommensurabile e sottratto alle comuni leggi che governano l’universo, dove non passa per loro il tempo che passa nel mondo”

E questa secondo lei sarebbe una spiegazione?! Mantieni la calma Lina: ricordati che sei nel castello di una Dark Lady, alla presenza della stessa e del suo sottoposto che volendo può farti la pelle in un colpo solo e per di più sei finita di nuovo in una faccenda in cui è coinvolta la creatrice dell’universo… Continuo a ripetermelo all’infinito: inutile.

Esplodo: “Ma che razza di risposta è?! Lo sai che è quasi più esauriente questo disgraziato che mi dice «È un segreto» e poi sparisce?!” Ops… mi sa che mi sono lasciata un po’ trascinare.

Con la coda dell’occhio vedo Xelloss con un grosso gocciolone sulla testa, mentre Zelas ride, coprendosi la bocca con la mano e facendo tintinnare i numerosissimi braccialetti d’oro che ha al polso.

Alla fine la demone si ricompone e scuote la testa. “Sei davvero incredibile, sai Lina?” Mi passo una mano tra i capelli, imbarazzata: stavolta mi sa che ho rischiato grosso… “Comunque hai ragione, non mi sono spiegata molto bene. Ma non perché non lo voglia. Semplicemente perché anche noi sappiamo molto poco dei progetti della Madre”

“I… progetti di Lon?”

“È meglio che cominci a raccontarti la storia dall’inizio, o meglio: dal punto in cui finiscono le tue conoscenze”

Che significa «dal punto in cui finiscono le tue conoscenze»?!

Fisso lo sguardo su Zelas, come se volessi trapassarla. Lei sorride. “Ci sono molte cose che non sai, che non puoi sapere… e penso che per te sarà un po’ difficile accettarle… Xel, vuoi cominciare tu?”

“Come desiderate Master” risponde lui con un breve inchino. Poi si volta verso di me, gli occhi socchiusi, serio come non l’ho mai visto: mi fa quasi paura. “Dunque Lina, devi sapere che cinquecento anni fa ricevetti da Zelas-sama un ordine molto particolare. Dovevo eliminare quattro persone… ma non semplicemente ucciderle, quanto piuttosto sigillarle in una sorta di dimensione atemporale, collegata a questa per mezzo di un sigillo magico, costituito da una statua e da delle gemme”

Lo guardo dubbiosa: perché mi sta raccontando cose di mezzo millennio fa? Cosa c’entrano con me?

“Quelle quattro persone, Lina, eravate tu e i tuoi amici”

Appena realizzo la portata di quello che ha detto, spalanco gli occhi e sento le gambe cedermi. Cado in ginocchio sul prezioso tappeto che copre il pavimento dello studio, incapace di articolare una sola parola.

Sigillati…

Cinquecento… anni… fa…

Respirando affannosamente, appoggio a terra anche le mani, mentre i capelli mi ricadono di fianco al viso, nascondendo la mia espressione allucinata.

Non riesco a crederci: Zel… Amelia… Gourry! Sigillati per sempre dentro una statua e bloccati Lon soltanto sa dove! E io riportata alla vita dopo cinque secoli, sola in un mondo che non mi appartiene più, senza più un amico o un parente, senza nemmeno più un luogo conosciuto dove andare…

Alzo la testa verso Xelloss, ancora sconvolta. “Perché?” riesco solo a sussurrare.

Malgrado la sua espressione apparentemente distaccata e impassibile, mi sembra di scorgere qualcosa sul fondo dei suoi occhi ametista, ora completamente aperti… qualcosa che non riesco a individuare con precisione, ma che forse si potrebbe definire… dispiacere.

“Non lo so il perché Lina” mi dice dopo un attimo, tendendomi la mano per aiutarmi ad alzarmi “Me lo sono chiesto tante volte in questi secoli, ma non l’ho mai capito. Come non comprendo perché Lei abbia voluto risvegliarti adesso”

Stringo forte il braccio di Xelloss, con la mano che ancora mi trema.

“La Madre ti ha voluto affidare a Zelas-sama e a me, non sappiamo per quale motivo, probabilmente perché io già ti conoscevo; comunque per ora resterai qui al castello, almeno fino a nuovo ordine”

La Madre ti ha voluto sigillare…  la Madre ti ha voluto risvegliare… la Madre ti ha voluto affidare…

Dentro di me maledico Lon. Non può giocare in questo modo con la vita della gente! È mostruoso, inumano!

Scuoto la testa, cercando inutilmente qualcosa da dire, ma Zelas mi perviene. “Comunque Lina, sappi che non sei rimasta completamente sola. Due delle persone che conoscevi sono ancora in vita”

Mi volto di scatto verso la Dark Lady. “Due persone, hai detto? Ma chi…”

“Una è Philia, il Drago Dorato con cui hai combattuto Dark Star”

Philia! È vero, lei è un Drago, quindi la sua vita è nettamente più lunga di quella degli esseri umani! Mi stanno per venire le lacrime agli occhi per la gioia. Ma l’altra persona… chi è?

“E l’altra la conosci molto bene…”

Zelas tace e nella stanza piomba il silenzio; istintivamente mi irrigidisco quando mi accorgo della presenza di una quarta aura oltre alle nostre, una persona che per tutto questo tempo è rimasta nascosta nell’angolo buio dietro il pesante tendaggio.

Fisso il punto dove credo che si trovi, per farle capire che l’ho individuata e dopo qualche istante una voce arriva dal vano della finestra. “Ce ne hai messo di tempo per accorgerti di me, eh sorellina?”

Non ci credo! LUNA! Mia sorella Luna! “Nee-chan… com’è possibile?” riesco appena a dire, mentre una lacrima sfugge al mio controllo e mi scivola sulla guancia. Non riesco nemmeno ad averne paura, talmente sono sorpresa e felice di aver ritrovato almeno lei. Il tempo per essere terrorizzata ci sarà dopo…

Luna nel frattempo è scivolata fuori dall’ombra e mi osserva sorridendo sorniona, gli occhi nascosti come sempre dietro la lunga frangetta. Noto che indossa una leggera armatura bianca che riconosco come quella propria dei Cavalieri di Chepieed e sulla schiena ha fissato il suo fedele Arc Dragon. Dimostra all’incirca vent’anni, cioè un paio più di me; in pratica l’età che avevamo… cinquecento anni fa… Che sia stata sigillata e poi liberata anche lei?

“Ti stai chiedendo come mai anche per me sembra che il tempo non sia trascorso, vero?” Ma come fa ogni volta a capire cosa penso?! È questo uno dei motivi per cui ho sempre avuto una fifa boia di lei… “Io non sono stata sigillata. Come me non sarebbe stato possibile, perché come ben sai sono un Cavaliere di Chepieed e quindi non sono più completamente umana da molto tempo. In compenso però sono praticamente immortale… un po’ come i demoni, per intenderci”

Sì, avrei dovuto ricordarmene, ma… chi ci va a pensare in un momento come questo?! Comunque la cosa più importante è che non sono completamente sola… qualche frammento del mio passato è rimasto con me; adesso si tratta di andare a recuperare anche gli altri. Sì, perché non permetterò mai a Lon di tenere i miei amici nella sua dimensione parallela e lasciarmi qui da sola a tenere testa a mia sorella!

Dovessi anche usare il Giga Slave ma giuro che riporterò indietro Gourry e tutti gli altri!

 

Adesso che mi sono un po’ calmata, sono pronta ad ascoltare anche il resto della storia. Perché non mi illudo certo che sia finita qui… come se questo non fosse abbastanza, sono sicura che la cara Lon mi avrà infilato a mia insaputa in qualche altro casino…

Lancio un’occhiata di sfida al soffitto, poi torno a concentrarmi su Zelas e Xelloss. “C’è altro che dovrei sapere?”

Master e sottoposto si scambiano uno sguardo d’intesa, poi quest’ultimo mi sorride e agita la mano con fare noncurante. “Oh, niente di così importante… solo che la magia è estinta dalla Penisola da circa 450 anni e che noi Demoni non possiamo manifestarci agli esseri umani e nemmeno i Draghi… dettagli, no?”

Sento una vena pulsarmi sulla fronte e un sopracciglio alzarsi e abbassarsi ritmicamente in preda ad un tic. Non arrivo a contare neanche fino a tre, poi scoppio. “E per te questi sono dettagli?!” urlo, saltando al collo del demone e tentando di strozzarlo “Ma che, con la vecchiaia ti sei bevuto anche il poco cervello che avevi?!”

Mentre il mazoku si fa bluastro, noto Zelas e Luna scambiarsi un’occhiata dubbiosa, poi mia sorella incrocia le braccia e scuote la testa. “Questa te la sei cercata, Xel-chan…”

“Invece di… *coff! coff!* criticare… aiu-tami! *coff! coff!*” riesce a malapena ad articolare Xelloss.

Incuriosita dallo scambio di battute, mollo la presa sul demone, che cade a terra come un sacco di patate e mi rivolgo a mia sorella. “Luna, scusa, com’è che tu conosci questo essere?”

Luna sorride e si versa un bicchiere di vino, che adesso riconosco come uno dei migliori rossi di Zephilia. “Conosco Zelas e Xel da molto tempo, più o meno da quando tu hai cominciato a girare il mondo mettendo a soqquadro gli equilibri di potere della Penisola… mi hai sempre procurato un sacco di lavoro, sai?” Mi gratto la guancia, nervosissima: quando Luna comincia così di solito per me sono guai… “Hai anche solo una mezza idea di che casini hai combinato tra le alte sfere?”

Mi metto velocemente a contare sulle dita. Dunque: ho fatto fuori uno dei sette saggi dell’epoca, distrutto un settimo di Shabranigdo, due Dark Lord, un Maou di un altro mondo, ucciso l’ultimo drago ancestrale e un numero imprecisato di demoni inferiori e so usare degli incantesimi che traggono potere dalla creatrice dell’universo… non male, direi… ma cosa c’entra questo con i Draghi?

Come al solito, Luna previene la mia domanda. “Essendo io l’unico dei Cavalieri di Chepieed che non si sente male solo avvicinandosi ad un fruitore di magia nera, venni scelta dal Consiglio dei Draghi come collegamento tra i Ryuzoku e i Mazoku”

“Esistevano già… allora… contatti tra le due schiere?”

“Certamente, solo che non lo accettava quasi nessuno. Zelas fu l’unica tra i suoi a dichiarare apertamente di avere contatti con i Draghi, mentre dall’altra parte…”

“Fammi indovinare, dall’altra parte ci sarà stato Milgazia”

Luna annuisce. “Già: io agivo su ordine di Milgazia-sama. In seguito anche Philia-san iniziò a condividere le sue posizioni…” Mia sorella si interrompe un attimo e abbassa notevolmente il tono di voce, con fare complice “…anche se ha sempre detto di non sopportare un certo namagomi di nostra conoscenza…”

Io scoppio a ridere fragorosamente, lanciando un’occhiata significativa a Xelloss, e noto con mia grande sorpresa che anche Zelas sorride. Il priest ci guarda perplesso, forse intuisce che stiamo parlando male di lui. “Potrei sapere anch’io che cosa c’è di tanto divertente Lina?” domanda poi.

Non posso resistere alla tentazione, me l’ha servita su un piatto d’argento. “Sore wa, himitsu desu, Xel-chan!” gli rispondo, con un sorriso che va da un orecchio all’altro e imitando la sua tipica espressione.

Questo mi dà l’impagabile soddisfazione di vedere per una volta Xelloss senza parole. Anche Luna e la Dark Lady sorridono.

Ma è questione di un attimo, poi la Beast Master riporta la conversazione sull’argomento originario. “Come ti abbiamo detto, Lina, la situazione in cui ci troviamo a tutt’oggi è molto diversa da quella che conoscevi tu. La magia è stata esiliata dal mondo, non sappiamo se completamente cancellata oppure se da qualche parte c’è qualcuno che la custodisce latente dentro di sé”

“Quindi sorellina, tu al momento sei l’essere umano più potente che il mondo abbia mai conosciuto da cinque secoli a questa parte”

“Il più potente…?” ripeto meravigliata. Mi è difficile pensare ad un mondo senza magia, quasi quanto accettare che niente è più come prima.

“Già” conferma Luna “anche perché sei l’unico essere umano che al momento sia in grado di castare un qualsiasi incantesimo”

“Ma non ti conviene metterti in testa di farlo sapere in giro” interviene Zelas, fissandomi negli occhi “Anche perché altrimenti faresti la fine dei Draghi di Fuoco di Dragon Shrine”

“Cosa è successo a questi Draghi?”

“Si sono ribellati alla Madre e hanno fatto una brutta fine… Xelloss, occupatene tu: portala al Dragon Shrine e raccontale cosa avvenne laggiù”

“Ai vostri ordini Master” Xelloss accenna un inchino, poi mi sfiora lievemente una spalla e di nuovo un’intensa luce bianca ci avvolge, sfumando i contorni della stanza attorno a noi.

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Sotto la pioggia ***


Dove caddero gli Angeli

Dove caddero gli Angeli

Capitolo 1

Sotto la pioggia

 

La piccola costruzione in pietra immersa nel bosco, ben nascosta dalla strada, era stata eretta tempo addietro per essere semplicemente un rifugio per i cacciatori, o per i viandanti che la notte coglieva troppo lontani da un centro abitato.

Da qualche tempo a questa parte, però, veniva usata come “base d’appoggio” da Xelloss e gli altri membri del clan Metallium quando dovevano recarsi nella Penisola. I divieti imposti da Lon, infatti, rendevano assolutamente inconcepibile l’idea di comparire dal nulla tra la gente e quindi, per uscire dal piano astrale, bisognava assicurarsi di essere ben lontani da occhi indiscreti… e cosa meglio di una casetta nei boschi?

 

Quando Lina riprese possesso del proprio corpo dopo il teletrasporto, si guardò intorno perplessa: dove diavolo erano finiti? Zelas aveva detto al suo priest di condurla a quel fantomatico Dragon Shrine e, benché la ragazza non avesse la minima idea di cosa fosse, era sicura che non potesse essere il luogo in cui si trovavano: qualunque cosa legata ai Draghi (Draghi di Fuoco per di più, quindi con manie di grandezza innate) non poteva essere delle dimensioni di un fazzoletto e ammobiliata in modo così scarno.

Lanciò un’occhiata al demone. “Dove siamo finiti?”

Lui le rivolse il suo tipico sorriso che l’aveva sempre fatta infuriare (anche perché di solito accompagnava l’altrettanto tipica frase che la faceva infuriare ancora di più), ma che in quel momento le sembrò solo un impossibile ma piacevole ritorno al passato. “Siamo in un vecchio casotto di caccia nei boschi ai confini del regno di Zelas-sama”

Anche quella risposta enigmatica era tipica di Xelloss, ma non le fece piacere. “Grazie tante, Xel, sei stato incredibilmente esauriente” ironizzò. “Potresti essere così gentile da usare riferimenti che io possa capire? Ti ricordo che le mie conoscenze hanno un piccolo, insignificante buco di 500 anni…” Sentì un groppo in gola nel dirlo, ma si sforzò di non far tremare la voce.

Il mazoku ebbe il buongusto di non ridacchiare con fare idiota. “Hai ragione, Lina. Dunque… in pratica siamo agli estremi confini meridionali di quello che tu conoscevi come il Regno di Saillune, vicino all’ex Impero di Elmekia”

Lina parve perplessa. “E allora perché non me l’hai detto subito ma hai parlato di «regno di Zelas»?”

Xelloss trasse un sospiro. “In effetti non puoi seguirmi, devo prima spiegarti un po’ di cose…”

“Forse è il caso, eh?”

“Ok, allora vediamo da dove cominciare…” Mentre pensava, si avvicinò al caminetto, sistemò un paio di ciocchi e gli diede fuoco con uno schiocco di dita, poi si accomodò sulla poltrona di fronte a Lina, già raggomitolata sul divano.

Lei accennò col capo alle fiamme che avevano subito iniziato a crepitare allegramente, diffondendo un piacevole tepore. “Ma non vi era stato proibito di usare la magia?”

“Solo davanti agli esseri umani, per il resto possiamo servircene tranquillamente. È per questo che ho potuto usare il teletrasporto solo fin qui: questo è l’unico posto in cui posso ricomparire senza destare sospetti, visto che la zona è disabitata”

“E poi, per raggiungere la tua meta?”

Il demone si strinse nelle spalle. “Cammino. Ed è quello che faremo anche noi adesso”

“Quindi il famoso Dragon Shrine è qui nei territori di Saillune?”

“Oh, no! Il Dragon Shrine è molto più lontano, al limitare di quello che tu chiami Deserto della Distruzione”

“EH?! Significa che dovremo attraversare l’Impero di Elmekia a piedi?! Ma non potevi ricomparire un po’ più vicino? Ci sarà stato pure un altro luogo isolato!”

“Certo, ce ne sono eccome, ma io non posso arrivarci col teletrasporto”

“E perché, scusa?”

“Perché sono territori sotto la sovranità di un altro Dark Lord”

Lina scosse la testa e alzò una mano. “Frena Xel, mi sono già persa… perché continui a parlare dei Dark Lord come se fossero sovrani politici del territorio?”

“Perché è quello che sono!” esclamò il mazoku, come se gli avessero chiesto una cosa ovvia. Notando l’espressione sconcertata della sua interlocutrice, proseguì. “Dopo che la Madre ebbe esiliato la magia da questo mondo, crollarono tutti gli equilibri di potere che avevano retto la Penisola fino ad allora e il paese precipitò nel caos. Fu in quel momento che Draghi e Demoni vennero per la prima volta ad un accordo” Xelloss si appoggiò all’indietro sulla poltrona, fissando le massicce travi del soffitto. “I miei superiori avrebbero avuto il potere politico e si sarebbero spartiti il territorio, mentre i Draghi sarebbero assurti al rango di divinità. La Penisola venne divisa in quattro sfere di influenza, in ognuna delle quali avrebbe governato un Dark Lord e sarebbe stata adorata una delle quattro identità di Chephieed…”

Lina, che fino a quel momento lo aveva ascoltato in silenzio, sprofondata tra i cuscini, si raddrizzò di scatto e lo interruppe. “Aspetta un attimo! Non mi tornano i conti… hai detto QUATTRO Dark Lord? Zelas, Dynast, Dolphin… e? Chi è il quarto?”

Xelloss la fissò con un sorriso che andava da un orecchio all’altro. “Garv Chaos Dragon!”

Sul viso di Lina si dipinse un’espressione di puro terrore, paragonabile solo a quella che aveva al sentir nominare la sorella. “COSA?!?! Garv è tornato in vita?!”

Il priest annuì, puntellò i gomiti sui braccioli e congiunse le punte delle dita davanti al viso, fissando il vuoto. “Già, è tornato in vita poco dopo la scomparsa dei maghi. Dopotutto i miei superiori erano rimasti sono in tre, mentre i Draghi erano quattro e per la politica dell’equilibrio…”

“E Phibrizio?”

“Hellmaster-sama è rimasto nel Mare del Caos dove l’avevi spedito tu” sorrise. “Credo che la Madre non abbia voluto concedergli di ritornare in vita perché si era ribellato a Lei, tentando di distruggere questo mondo”

“Mi ricordo che Phibrizio aveva accusato Garv di avervi tradito… perché lui è stato resuscitato e l’Hellmaster no?”

Xelloss si chinò verso di lei, un occhio socchiuso e l’indice alzato. “Sore wa, himitsu desu, Lina!” La ragazza, inferocita, stava per strangolarlo ma il demone la bloccò sfiorandole la guancia con un lieve bacio. “La Madre di tutte le cose ha una natura un po’ capricciosa, dovresti saperlo. Nessuno di noi conosce i motivi che guidano le Sue scelte” Si appoggiò di nuovo allo schienale della poltrona, sorridendole. “Comunque non preoccuparti: Garv-sama non vuole più la tua testa, quindi non hai nulla da temere da lui”

Lina lo fissò dubbiosa. “Sarà anche come dici, ad ogni modo preferisco non sperimentarlo di persona. Ah, un’altra cosa…” aggiunse poi, puntandogli il dito contro “…non ti azzardare mai più a baciarmi!”

Il mazoku ridacchiò. “Agli ordini, Lina-san, farò come dici!”

“Ecco, sarà meglio, se ci tieni alla pelle…” lo ammonì lei. Poi distolse gli occhi da lui, poggiò la testa sulla mano e lasciò vagare lo sguardo fuori dalla piccola finestra. Il cielo era grigio e in sottofondo si sentiva il lieve ma incessante rumore della pioggia che cadeva.

Ci fu un momento di silenzio, rotto solo dal crepitare del fuoco nel camino; le fiamme accendevano bagliori dorati sui capelli della ragazza e nei suoi occhi grandi, ora pieni di tristezza. Xelloss non poteva capire pienamente tutti i sentimenti che in quel momento si agitavano nel suo cuore, ma si rendeva conto che stava soffrendo: certo la sua non era una situazione facile, nemmeno per una persona forte e determinata come lei.

Scosse la testa. “Se non è un problema per te camminare sotto la pioggia possiamo avviarci” le disse poi, sperando di riuscire a farle dimenticare la malinconia “Prima di arrivare al Dragon Shrine c’è un altro posto in cui vorrei portarti”

Lei gli sorrise, riconoscente al demone per non averla lasciata sprofondare nei suoi ricordi. “Ho camminato per anni anche sotto acquazzoni peggiori di questo! Sono Lina Inverse, ricordatelo!” esclamò, forse con un po’ troppa enfasi. Si vedeva che stava facendo di tutto per essere quella di prima, benché tutto attorno a lei fosse cambiato. “Dove vuoi portarmi?” gli domandò poi, saltando in piedi. Xelloss stava per rispondere, ma lei lo pervenne. “No, aspetta, lo so… è un segreto!”

“Intelligente come sempre, eh Lina?”

“Non è difficile anticiparti, in certi casi, sai Xel?”

Il priest ridacchiò, grattandosi la testa imbarazzato.

“Senti” proseguì poi la ragazza “non è che avresti un mantello o qualcosa del genere da darmi? Altrimenti è un disastro con questo tempo vestita come sono…”

Xelloss annuì e, sempre con il sorriso sulle labbra, le porse un lungo mantello scuro col cappuccio; Lina raccolse i capelli in una coda alta e in breve fu pronta.

 

Entrambi immersi nei propri pensieri, camminavano lentamente sulla strada che si snodava tra i boschi di querce e robinie; era una pista abbastanza larga (un carrozza ci sarebbe passata senza problemi, giudicò Lina) e ben tenuta. Nonostante la pioggia, il terreno non si era ridotto ad un acquitrino, ma era comunque abbastanza pesante, rendendo faticoso procedere.

Ad un certo punto, mentre attraversavano un ponticello di legno sopra un torrente, Lina rallentò fino a fermarsi. Xelloss se ne accorse e, voltatosi per chiamarla, la vide immobile a fianco del parapetto, a fissare sotto di sé il fiume scorrere placido, nonostante il martellare incessante della pioggia. “C’è qualcosa che non va, Lina?”

La ragazza si scosse e si voltò verso di lui con un sorriso. “No, niente, Xel… stavo solo pensando a quanto è assurda questa situazione” Tacque per qualche istante, poi si girò spalle alla balaustra e vi si appoggiò. “Senti, posso farti alcune domande?”

Il mazoku annuì. Lina trasse un sospiro e rovesciò indietro la testa, calandosi il cappuccio. “Che bella la sensazione della pioggia sulla pelle… e pensare che l’ho sempre odiata. Eppure adesso mi fa sentire così viva…” Il demone la osservò perplesso: ma non aveva detto di avere delle cose da chiedergli?

Come in risposta al suo dubbio, la ragazza riportò gli occhi su di lui. “C’è una cosa che mi ha subito fatto pensare quando ho ripreso conoscenza davanti a quella statua nel deserto: che fine avevano fatto le mie ferite. Ti ricordi? Mi avevi distrutto uno spallaccio dell’armatura e mi avevi ferito seriamente il fianco. Eppure quando mi sono… «risvegliata» non c’era più nulla… perché?”

Xelloss sorrise. “Non è facile rispondere, Lina… da quel che ne so, il luogo in cui la Madre vi ha sigillati per mano mia, è una specie di dimensione parallela in cui tutto è riportato alla sua perfezione originaria. Di conseguenza lì non esiste nulla che possa corrompere lo stato primigenio delle cose, come ferite o mutilazioni; e non sono concepibili nemmeno i sentimenti e le emozioni di alcun genere perché anch’essi alterano in qualche modo la purezza imperturbabile che caratterizza coloro che si trovano in quell’universo infinito”

“È per questo allora che quando mi hai liberato, la prima sensazione che ho sentito è stata una pace assoluta? Come se fossi puro spirito e fossi sospesa nel vuoto…”

Il demone rimase un attimo incerto, prima di annuire: non comprendeva bene che tipo di sensazione avesse provato Lina, ma, da quel poco che aveva capito parlando con la sua Master, un essere umano richiamato alla vita dalla dimensione parallela avrebbe dovuto reagire all’incirca in quel modo.

La ragazza, nel frattempo, sei era persa nuovamente nei suoi pensieri. “…tutto è riportato alla perfezione originaria” la sentì mormorare dopo un attimo. Quindi Lina alzò la testa verso di lui. “Xelloss, secondo te se Lon decidesse di risvegliare anche Zelgadiss, lui sarebbe libero dalla sua maledizione?”

Zelgadiss, la chimera. Il mazoku inarcò le sopracciglia: ricordava quel ragazzo, sempre alla ricerca dell’inesistente cura per il suo aspetto mostruoso. Mentre viaggiava con loro, si divertiva sempre a stuzzicarlo; era incredibile quante emozioni negative riuscisse a provare e quanto intense! La sua vicinanza era una festa per un demone come lui.

Ma poi, quando ormai i quattro erano stati sigillati e la loro memoria era sbiadita nelle menti di tutti, Demoni e Draghi compresi, lui a volte ripensava alla chimera e si chiedeva che cosa ne sarebbe stato di lui se fosse vissuto, se mai sarebbe nato qualcuno in grado di aiutarlo.

Accennò un sorriso e si strinse nelle spalle. “Non ne ho idea, Lina. Probabilmente sì, ma non credo che la Madre ti vorrà mai dare l’opportunità di scoprirlo… mi spiace” Per una volta era sincero: gli dispiaceva sul serio, per lei ma anche per Zelgadiss.

La ragazza scosse il capo e sorrise mesta. “Lon sa essere veramente crudele certe volte. Povero Zel, la cura che ha cercato per tutta la vita l’ha trovata solo nella morte…” tacque per un istante e abbassò lo sguardo. Quando infine rialzò la testa e fissò gli occhi rubino su Xelloss, la luce che vi brillava era tornata quella di sempre. Lei era tornata la Lina di sempre, battagliera e determinata. “Riuscirò a riportarli qui con me, te l’assicuro! E tu lo sai che quando Lina Inverse vuole una cosa la ottiene!” esclamò decisa. Poi si rimise il cappuccio e accennò alla strada davanti a loro. “Su, andiamo che mi sto bagnando tutta sotto quest’acqua… prima di sera vorrei essere al calduccio in una locanda e mangiare come si deve”

Si incamminò rapidamente; Xelloss la seguì per un attimo con lo sguardo, quindi la raggiunse.

Sono contento che tu abbia trovato la forza di reagire, Lina-chan.

 

Procedettero ancora per un pezzo, con Lina che tartassava di domande il priest circa l’evoluzione della cucina locale e la ricchezza delle bande di briganti di quei tempi.

Ad un certo punto, gli alberi iniziarono a farsi più radi, lasciando posto ai prati e, un centinaio di metri più avanti, la strada cominciava a scendere; al termine del pendio, rese un poco indistinte dalla foschia umida che saliva dai campi, si intravedevano delle costruzioni.

Xelloss si fermò prima dell’inizio della discesa e accennò col capo a quelle strutture rimpicciolite dalla distanza. “Vedi laggiù? Quello è il confine del regno di Zelas-sama”

Lina si portò al suo fianco e incrociò le braccia sotto il mantello. “E il territorio successivo a chi appartiene?”

Il demone si grattò la tempia, imbarazzato. “Beh… è il regno di Garv-sama” sputò fuori alla fine, in tutta fretta.  “Non possiamo fare a meno di passare dalle sue terre: il Dragon Shrine è nel suo dominio…”

A quell’annuncio, Xelloss si aspettava che Lina lo strangolasse o, vista la reazione precedente,  si rifiutasse di mettere piede nel territorio del Mariyu-ou, ma la ragazza lo sorprese, stringendosi nelle spalle con fare noncurante. “Ok, muoviamoci allora, che già si sta facendo sera!”

Il mazoku rimase un attimo interdetto, poi alzò le mani a palmo in su, in un gesto di rassegnazione. “Io rinuncio a capire. Comunque se va bene a te, va bene anche a me. Andiamo… c’è una cittadina a mezz’ora di cammino da qui”

 

Raggiunsero l’abitato che già era il tramonto. Fortunatamente, la pioggia era cessata e le nuvole viola si erano aperte un poco, rivelando sprazzi di cielo rossastro.

“Sembra che domani avremo una bella giornata” osservò Xelloss, guardando in alto.

Ma Lina non lo ascoltava nemmeno, persa ad osservare la gente nelle vie che si affrettava a rientrare a casa; la cosa che la colpiva di più era che, nonostante fosse già quasi buio, le belle strade lastricate erano ancora piuttosto affollate – e stranamente illuminate. Ci mise un po’ ad accorgersi di quegli strani pali posti sui marciapiedi e alti più di un uomo, alla cui sommità si trovava un globo luminoso. “Xelloss, cosa sono quelli?”

Il demone seguì il suo dito e poi sorrise. “Lampade da strada. Idea intelligente, non trovi? In cima a quelle aste di ferro c’è una palla di vetro dentro cui viene accesa una fiamma per illuminare le vie”

“Beh, senza la possibilità di usare il Lighting per fare luce, direi che sono indispensabili la sera per vedere qualcosa… qualcosa come quella bellissima locanda!” esclamò, indicando una casa dalle ampie finestre, coperte da tendine di pizzo a mezza altezza, da cui filtrava una luce calda e accogliente.

“Tu devi avere un sesto senso innato per i posti migliori in cui magiare e dormire, vero Lina?”

Lei lo guardò, prima incuriosita poi soddisfatta. “Ovvio! Io sono la migliore e scelgo le cose migliori!”

“Beh, quella è la locanda migliore della città e una delle più belle nel raggio di miglia”

“E allora alloggeremo lì stanotte, è deciso!” proclamò Lina decisa, correndo verso la porta “Ah, ovviamente paghi tu, Xel-chan!”

“A-Aspetta Lina…” cercò invano di fermarla il mazoku. Ma Lina ormai era già entrata.

Scuotendo la testa, si decise a seguirla e la raggiunse sull’ingresso dell’ampia sala da pranzo comune, al cui centro dominava una grande stufa, ricoperta di maioliche bianche e blu, sulla quale erano posti a scaldare i cestini di pane che le graziose cameriere in divisa celeste servivano agli ospiti. Attorno alla stufa erano disposti i tavoli più piccoli, mentre ai lati della stanza, discretamente divisi da dei separè in legno intarsiato, si allineavano i tavoli più grandi. L’arredamento spaziava in tutte le tonalità dell’azzurro e nelle molteplici sfumature di marrone dei diversi tipi di legno.

Tutto l’insieme dava un senso di calore e di familiarità che la ragazza non aveva mai visto in nessuna delle numerose locande che aveva frequentato. Se ne innamorò immediatamente e si affettò a raggiungere la padrona al bancone per prenotare due stanze.

 

Appena ebbe preso possesso della propria camera, una singola al primo piano con vista sul piccolo giardino sul retro dell’edificio, Lina si chiuse la porta alle spalle, buttò il mantello sulla poltroncina e si sciolse i capelli. Poi si lasciò cadere sdraiata a peso morto sul letto e trasse un profondo sospiro.

“Mi sembra ancora tutto così assurdo…” mormorò, passandosi una mano sugli occhi. Insieme al freddo e alla stanchezza per il cammino, sentì invaderla una grande tristezza.

Malgrado durante la giornata avesse fatto di tutto per nasconderlo soprattutto a sé stessa (perché sapeva che Xelloss se ne sarebbe accorto comunque), quella situazione le pesava enormemente. Si sentiva sola e non le bastava sapere che sua sorella e Philia erano ancora vive… lei rivoleva tutti i suoi amici, rivoleva… Gourry…

Tutto sembrava così vuoto e lontano da non avere la minima importanza e in quel momento le pareva di non avere neppure la forza di pensare. Avrebbe preferito rimanere per sempre imprigionata nella statua, in quel limbo infinito e senza storia piuttosto che ritrovarsi catapultata in quello che era il suo mondo e nello stesso tempo non lo era mai stato… Le lacrime iniziarono a pungerle gli occhi.

Si alzò a sedere di scatto. “Ora basta. Un bagno caldo e una bella cena sono quel che ci vuole per tirarmi su! Non devo intristirmi, altrimenti non vado da nessuna parte!” Anche lei non ci credeva fino in fondo, ma non riusciva a trovare un’altra soluzione; spalancò l’armadio, afferrando il necessario per il bagno e uscì con foga, resistendo appena in tempo all’impulso di sigillare la porta della stanza con un incantesimo. Accidenti alla cameriera che puliva il corridoio!

 

Ritornò dal bagno molto più rilassata e nemmeno intanto che si pettinava i capelli seduta su un pouf di fronte al camino permise alla sua mente di sfiorare pensieri tristi: non poteva permetterselo. Se voleva raggiungere il suo obiettivo di liberare i suoi amici doveva essere forte.

Rovesciando in avanti la testa, i morbidi riccioli ramati che sfioravano il pavimento, promise solennemente a sé stessa e ai suoi amici che ce l’avrebbe fatta.

Si era appena allacciata l’elegante kimono di seta vermiglia fornito dalla locanda, quando sentì bussare alla porta.

“Chi è?”

“Lina, posso entrare?” La voce di Xelloss.

“Aspetta, ti apro” Con uno schiocco di dita, sciolse il sigillo magico sulla porta e il demone entrò.

“Avevi chiuso la porta con la magia?” le domandò subito lui, vedendola accanto allo specchio, intenta a raccogliersi i capelli e fermarli in una crocchia con uno spillone.

“Sì. È decisamente più comodo che usare le chiavi. Lo stavo facendo anche prima in corridoio… per fortuna che mi sono accorta in tempo della cameriera che puliva…”

“Devi stare attenta, Lina” le raccomandò “O potresti finire in guai seri… soprattutto con la Madre”

Lei gli sorrise. “Grazie dell’avvertimento, Xel… solo che per me è così… difficile…” si interruppe un attimo: stava già venendo meno alla sua promessa. Scosse la testa con vigore, poi riprese, senza più traccia di incertezza nella voce “Come mai sei venuto qui? Hai bisogno di me?”

Il mazoku si frugò nella tasca dei pantaloni. “Volevo darti… questo” rispose infine, mostrandole una catenina d’argento in cui era infilato un rubino, abbracciato da una sofisticata montatura, anch’essa d’argento.

Al vederla, gli occhi di Lina non presero la consueta espressione avida, come davanti agli altri gioielli: la ragazza aveva intuito che in quella pietra c’era qualcosa di speciale. Diede uno sguardo al pendente e poi lo fissò sul demone. “Che cos’è, Xelloss? Sii sincero, l’ho capito che quello non è un rubino qualsiasi”

Il priest socchiuse gli occhi; come sempre, un brivido corse giù per la schiena della ragazza nel vedere lo scintillio di quelle magnetiche pupille feline. “Non ti si può nascondere niente, eh Lina?” le sorrise “Questa è la gemma che ti sigillava… non so nemmeno io perché, ma dopo averla tolta dalla statua l’ho conservata e l’ho fatta montare in questa collana. Volevo che la tenessi tu, mi sembrava giusto”

La ragazza, per nulla turbata dalla spiegazione, rispose al sorriso. “È un pensiero molto gentile da parte tua”

Xelloss non rispose, limitandosi ad allacciarle la collana; poi le porse il braccio. “Mi permettete di invitarvi a cena, signorina?” chiese galantemente.

Lina annuì. “Accetto con molto piacere, Xelloss-san”

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Capitolo 3
*** Di galateo, politica e canzoni - prima parte ***


Dove caddero gli Angeli

Dove caddero gli Angeli

Capitolo 2

Di galateo, politica e canzoni

(prima parte)

 

La mattina dopo, Lina venne svegliata nel bel mezzo di un piacevole sogno da un bussare insistente alla porta. Ancora intontita per via del sonno e temendo guai, si tirò a sedere di scatto, agitata, e subito una sfera di fuoco comparve tra le sue mani; sfera che venne però prontamente neutralizzata da Xelloss, materializzatosi all’improvviso di fronte a lei.

La ragazza non ebbe neanche il tempo di esplodere l’urlo che le stava nascendo in gola, che il mazoku le tappò la bocca con la mano. “Non gridare, non lanciare incantesimi, non fare niente! Stai solo tranquilla, o qui si scatena un putiferio” le raccomandò. Quando si fu accertato che la maga fosse completamente calma, Xelloss si allontanò lentamente da lei e tirò un profondo sospiro. “Ma cosa accidenti ti è saltato in testa, Lina?!”

“No, a TE cosa è saltato in testa, piuttosto!” inveì lei in risposta “Cosa accidenti ci fai nella mia camera di prima mattina?! La prossima volta ti tiro addosso un Drag Slave, altro che Fire Ball!”

Il priest scosse la testa. “Lina-chan, Lina-chan… ti sei già dimenticata che adesso non puoi più usare la magia? Senza contare poi che non è prima mattina, il sole è già alto da un pezzo!”

Alle parole del demone, Lina, che nella foga si era messa in ginocchio sul letto, nel riprendere contatto con quella realtà per lei così assurda ricadde seduta come una marionetta dai fili spezzati. “Adesso…” sussurrando quella parola che suonava come una condanna, la ragazza crollò il capo “Già… sono passati 500 anni…” si interruppe nuovamente, per poi riprendere con voce un poco più salda “Scusami Xelloss, è stata una reazione istintiva”

Lui sorrise. “Ma insomma, una grande maga come te non dovrebbe perdere la calma in quel modo, no?”

Lina giocherellò con la grossa treccia, ormai quasi sfatta, che le raccoglieva i capelli. “Beh… in effetti…”

Il sorriso del mazoku si allargò. “Comunque ti aspetto giù in sala da pranzo per la colazione. Fai in fretta, mi raccomando!” le disse, prima di chiudersi la porta alle spalle.

Come Xelloss se ne fu andato, Lina trasse un profondo sospiro, sciogliendo il nastro che le legava i capelli e facendo scorrere le dita tra le ciocche. “È inutile che faccia finta che non sia successo nulla… devo adattarmi all’idea che questo non è più il mio mondo, e io non posso fare niente per cambiare le cose…” scosse la testa, poi scese dal letto e andò ad aprire le persiane, regalandosi la vista di un cielo limpidissimo e sereno che faceva risaltare ancora di più i colori della natura. Dovevano essere all’incirca alla fine dell’estate, forse in Settembre, giudicò la ragazza, osservando le piante con le prime foglie screziate di rosso e d’oro.

In Settembre ad Elmekia c’era la sagra cittadina, una delle preferite di Lina, soprattutto per i fantastici dolci che preparavano le massaie. Chissà se l’usanza era sopravvissuta a cinque secoli di storia…

Con un altro sospiro, Lina si appoggiò al parapetto della finestra, sottile e leggermente convesso, già intiepidito dai raggi del sole, e si mise ad osservare la scena che si apriva sotto di lei; le pietre che lastricavano il giardino erano ancora umide e riflettevano la luce abbagliando l’aria, mentre oltre il muro di cinta si udiva il chiacchiericcio salire dalla strada. La ragazza sorrise: “Beh, tutto sommato non sembra poi così diverso da com’era prima…” Sentì un groppo salirle in gola e strinse convulsamente le mani sulla ringhiera fino a farsi sbiancare le nocche “Ce la posso fare. Ce la devo fare. Riporterò qui tutti i miei amici e insieme ricominceremo a viaggiare”

Sapeva che la cosa più difficile sarebbe stata sopravvivere in quella realtà così lontana dalla sua, priva di ogni appoggio e di ogni riferimento, ma sapeva anche che continuando a farsi forza giorno per giorno con pazienza e tenacia (doti che certo non le mancavano) alla fine ci sarebbe riuscita.

Si staccò dalla finestra e si vestì rapidamente, cercando di tenere lontani tutti i pensieri negativi, e appena fu pronta scese dabbasso.

 

In cima alle scale, tentando di non cadere giù mentre si raccoglieva i capelli in una coda - che aveva scoperto praticissima, la sua attenzione fu attratta da una musica stranamente familiare proveniente dal piano di sotto, forse dalla sala comune adiacente alla sala da pranzo. Incuriosita, si diresse là e, con sua grande sorpresa, trovò Xelloss seduto davanti ad un magnifico clavicordo di legno bianco intarsiato, intento a suonare. Lina riconobbe la melodia come un vecchio motivo tradizionale della sua terra e non resistette all’impulso di cantarlo; la loro improvvisata esibizione – e in particolare lo strano suono delle parole, in dialetto zephiliano – attrasse l’attenzione degli altri clienti che abbandonarono la loro colazione per riunirsi attorno alla ragazza e al demone per ascoltarli e poi applaudirli quando l’eco delle ultime, altissime note della canzone si fu spenta nella sala.

Lina, che non si era neppure accorta della gente raccoltasi alle sue spalle, al sentire gli applausi si voltò di scatto, imbarazzata; Xelloss invece, che pareva perfettamente a suo agio, si alzò e fece un profondo inchino, neanche si fosse trovato sul palco di un teatro d’opera.

Una ragazza giovanissima, vestita con un abito di mussola color cielo, si avvicinò a Lina. “Scusatemi signorina… ecco, innanzitutto volevo farvi i complimenti per come avete cantato, siete stata davvero brava” La maga arrossì violentemente, facendo concorrenza alla ragazza, ugualmente a disagio “Volevo chiedervi… in che lingua è la canzone? Non l’ho riconosciuta…”

“Beh, ecco… è il dialetto che si parla dalle mie parti, a Zephilia…”

La ragazzina sgranò gli occhi. “Venite da Zephilia, signorina?! E ditemi, avete fatto un così lungo viaggio da sola?”

“Ma cosa…” iniziò Lina, sorpresa dalle parole dell’altra. Ma subito Xelloss la interruppe: “No, mia cara ragazza. La signorina qui presente viaggia con me, è la mia compagna” La maga, a quelle parole si fece purpurea e lanciò al demone uno sguardo di fuoco; ma lui le fece cenno di reggergli il gioco. “Siamo ambasciatori per conto dei signori del Regno della Juu-ou… - ma siamo qui in veste non ufficiale” precisò subito dopo, vedendo che tutte le persone a portata d’orecchio si erano già esibite nel saluto militaresco, che Garv aveva voluto tutti i suoi sudditi imparassero fin dalla più tenera età ed eseguissero ogniqualvolta il protocollo lo richiedeva.

Xelloss, da par suo, non potendo fare altrimenti, rispose col complicato inchino proprio del galateo imposto dalla sua Master (era infatti divenuta usanza che ogni regno avesse il suo codice di comportamento, deciso dal rispettivo Dark Lord sovrano, che permetteva di riconoscere immediatamente la provenienza di ognuno), inchino che Lina tentò goffamente di imitare, peraltro bellamente ignorata da tutti.

Terminato il rituale dei saluti, tra la folla si fece avanti un uomo di mezza età, piuttosto piazzato, che tutti salutarono ossequiosamente. “Salute a voi, stranieri. In qualità di Podestà di questa cittadina sono onorato di darvi il benvenuto”

“Salute, eccellenza” rispose cerimonioso Xelloss “L’onore è tutto nostro”.

Lina assisteva stupita a quello scambio di cortesie fredde e formali: non era assolutamente abituata a tutta quell’etichetta e sperava sinceramente che in quell’epoca i rapporti sociali non fossero tutti così, “Altrimenti vado a fare l’eremita!”  decise tra sé. No, lei non era proprio portata per tutte quelle formalità… Ma la cosa che la lasciava più sconcertata era la scioltezza con cui Xelloss si muoveva e soprattutto il titolo con cui si era presentato: «ambasciatore»… sì, decisamente il priest avrebbe dovuto spiegarle un bel po’ di cose.

Persa nei suoi pensieri, si accorse appena in tempo che il suo compagno stava nuovamente eseguendo quel maledettissimo inchino e tentò ancora di imitarlo, di nuovo con scarso successo.

“…saremo molto lieti di essere vostri ospiti, eccellenza” stava dicendo Xelloss.

“La cosa mi rallegra assai, messere, e vi aspetto al mio palazzo per l’ora di pranzo. Vi porgo i miei omaggi. Ossequi, madamigella…” concluse il Podestà, rivolgendosi a Lina per la prima volta.

“Ehm… salute eccellenza…” balbettò lei, arrabattandosi nell’ennesima impacciata imitazione dell’inchino di Xelloss. Al vederla, il demone rise sotto i baffi: Lina era di una tenerezza incredibile in quella situazione, tanto era buffa… anche se forse sarebbe stato meglio per lui non farglielo notare.

Come il Podestà si fu allontanato, il capannello di persone attorno a loro si sciolse e il mazoku e la maga rimasero soli. Ci fu un momento di silenzio - la quiete prima della tempesta, poi Lina esplose: “Xellos! Che diamine ti è saltato in mente di raccontare a quel tizio?!” lo assalì “E poi, cosa sono tutte queste maledettissime formalità?!”

Lui ridacchiò col suo solito fare idiota, grattandosi la testa imbarazzato. “Ehehe… sta calma, Lina. Adesso intanto che facciamo colazione ti spiego tutto, ok?”

La ragazza non proferì verbo, limitandosi ad incenerirlo con lo sguardo, ma il brontolio eloquente del suo stomaco rispose per lei. Sbuffando si diresse al loro tavolo, lo stesso della sera precedente, già imbandito per una succulenta colazione.

 

“…quindi in pratica ogni Regno ha il suo ben preciso galateo che regolamenta ogni momento della vita quotidiana…” concluse Lina, ingoiando l’ultimo boccone di una squisita frittella con sciroppo d’acero.

“Esattamente” confermò il mazoku, pulendosi con la lingua gli sbaffi di panna e cioccolata attorno alle labbra “Non te ne ho parlato ieri durante il viaggio perché non credevo ce ne sarebbe stato bisogno. Invece a quanto pare adesso dovrò farti un corso accelerato, visto che siamo ospiti del Podestà…” continuò poi, pensieroso.

“Questo problema non si sarebbe posto se qualcuno non si fosse inventato di essere l’ambasciatore di non-so-cosa…” ribatté la ragazza serafica ma velenosa, versandosi del succo d’arancia da un’elegante caraffa in vetro soffiato.

“Ma io non mi sono inventato niente, Lina! Il Trickster Priest non mente mai, ricordatelo”

“Questo è un fatto molto opinabile, Xel…”

Lui inarcò le sopracciglia, perplesso. “Stai dicendo che non ti fidi di me?” chiese, un po’ piccato; ma davanti allo sguardo eloquente della sua interlocutrice, preferì sorvolare sulla risposta. “Ad ogni modo, io sono veramente l’ambasciatore dei signori del Regno della Juu-ou”

“Non era più semplice dire: «Sono il galoppino di Zelas»?”

Un gocciolone si materializzò tra i capelli del demone mentre un tic gli scuoteva ritmicamente il sopracciglio destro. “Galoppino…?” Un sorriso indecifrabile si allargò sul volto di Lina che annuì convinta. Xelloss scosse la testa. “Vabbè, lasciamo perdere. Comunque sia, non posso parlare apertamente di Zelas-sama perché costoro non sanno della sua esistenza”

“Non sanno di lei?” ripeté la ragazza perplessa, sbocconcellando una brioche “Ma lei non è la loro regina?”

“Non esattamente. Quelli che la popolazione identifica come i loro sovrani in realtà non sono altro che demoni inferiori mutaforma, che sono stati istruiti in modo da compiere un ciclo vitale il più possibile simile a quello degli esseri umani: «nascono», «crescono», «si riproducono» e «muoiono» apparentemente come tutti, di modo da dare l’illusione di essere persone comuni. In realtà non sono che dei prestanome, servono per fare scena. Lo stesso dicasi per tutte le altre alte cariche del Regno, ambasciatori compresi: sono tutti mutaforma”

La maga scosse la testa. “Incredibile… ma allora perché tu ti sei qualificato come ambasciatore? Dato che sei rimasto identico a quando ti ho conosciuto - e presumo tu sia identico da sempre - come puoi spacciarti per essere umano, se non invecchi?”

“Beh, io in effetti non sono un semplice ambasciatore… più che altro io sono il capo della diplomazia del Regno, la persona incaricata di tenere i contatti tra Zelas-sama e gli altri Lord, i quali a loro volta parlano attraverso i loro diretti subordinati”

“E chi sono?”

Xelloss sorrise e agitò l’indice. “Sore wa, himitsu desu… lo saprai a tempo debito, Lina-chan!”

Lina incrociò le braccia e gli lanciò un’occhiata in tralice. “Mai che tu a una domanda dia una risposta chiara come fanno tutte le persone normali, vero?”

“Le informazioni sono una delle armi più potenti a disposizione, non vanno distribuite a cuor leggero”

“Grazie della lezione di strategia politica, Xel-chan, mi mancava…” ironizzò la ragazza “Ma adesso passiamo a questioni più serie: devi spiegarmi come comportarmi a casa di quel vecchio bacucco…”

Il sorriso che si era disegnato sul volto senza età del mazoku si dissolse in un’espressione pensierosa. “Hai ragione… per prima cosa, visto che ormai il Podestà sa che siamo ambasciatori di Zelas-sama, dobbiamo prepararci ad una missione ufficiale e quindi hai bisogno degli abiti adatti…”

“Abiti adatti…?” Lina non sembrava molto entusiasta dell’idea “E come sarebbero fatti, sentiamo…?”

Il priest sorrise. “Adesso te li faccio vedere… ti piaceranno, vedrai”

 

«Ti piaceranno, vedrai»… sì, come no! Oh, ma appena mi capita a tiro quell’idiota di un demone…” brontolava tra sé Lina, mentre una cameriera (la ragazzina di prima, quella con l’abito color cielo, che si era rivelata essere la figlia della padrona) la aiutava a tirare i lacci del corsetto. L’abito adatto di cui le aveva parlato Xelloss si era rivelato essere un vestito di prezioso tessuto damascato nero, lungo fino ai piedi con un corpino stretto, decorato da arabeschi color croco, un’ampissima scollatura quadrata e maniche aderenti fino al gomito che poi si aprivano in tre balze, a richiamare l’ampia gonna, anch’essa a balze.

“Vi sta davvero divinamente, signorina” esclamò la ragazzina, allontanandosi di qualche passo da Lina una volta finito il lavoro, come per ammirarla meglio. “Ecco, tenete, il vostro compagno mi ha detto di farvi indossare questi pendenti e di raccomandarvi di non togliervi il ciondolo che avete al collo” disse poi, porgendole degli orecchini ad anello composti da opali iridescenti sfaccettate.

La rossa li indossò meccanicamente e poi si portò di fronte allo specchio per osservarsi: quasi non si riconosceva con quell’abito e quella pettinatura elaborata. Rimase imbambolata a fissarsi per qualche istante, mentre quel maledetto senso di straniamento le stringeva di nuovo lo stomaco in una morsa. Sentiva come se la sua coscienza fosse stata costretta in un corpo che non era il suo e che non controllava; percepiva il mondo attorno a sé - lo capiva pure, in un certo qual modo, ma non aveva assolutamente possibilità di intervenirvi, né di dominare anche solo uno dei meccanismi che lo muovevano.

Un battere di mani dietro di lei la scosse da quei pensieri. Lina si voltò e vide sulla porta un giovane abbigliato in maniera singolare, ma certamente molto elegante: pantaloni aderenti e gilet, entrambi neri, una redingote pure nera con inserti color croco identici a quelli del suo abito, stivali marroni al ginocchio e capelli raccolti in un codino basso. Stava sulla porta e le sorrideva, tenendo sotto braccio un tricorno piumato.

La ragazza ci mise qualche secondo a riconoscerlo. “Xelloss! Ma come ti sei conciato?!”

Lui rise. “Questa è la tenuta ufficiale degli alti ambasciatori del Regno della Juu-ou… comunque stai davvero bene con quel vestito”

“Sarà… ma io non mi ci trovo assolutamente!” brontolò Lina, muovendo qualche passo incerto verso il letto e tentando nel frattempo di non travolgere qualcosa con l’ampia gonna, sostenuta da una gabbia rigida ma flessibile e gonfiata ulteriormente da strati di sottogonne.

Il mazoku sorrise e congedò la cameriera con un cenno del capo; rimasti soli, chiuse la porta e posò il cappello sul tavolo. “Bene, e ora dedichiamoci al galateo, ti va?”

“Domanda retorica, Xel… sai benissimo anche tu che non posso farne a meno, altrimenti questi bacchettoni mi prenderanno per matta” La maga scosse la testa e sospirò. Seduta sul letto, sprofondata tra le sete della gonna, Lina sembrava ancora più piccola e fragile.

Xelloss, non sapendo come comportarsi, decise di non dar peso alla sua affermazione e si limitò a porgerle la mano per aiutarla ad alzarsi. “Adesso guarda me. L’inchino voluto da Zelas-sama è piuttosto complicato da imparare, ma è di grandissimo effetto…”

“E te pareva…”

“Allora… piede destro dietro al sinistro, appoggiato di punta, una lieve flessione sulle gambe… così” mentre parlava, Xelloss eseguiva “Busto eretto e un piccolo inchino con la testa, mentre con le mani alzi un po’ la gonna…” il priest sollevò un immaginario abito e concluse la riverenza “Ci sei?”

“Ma questo non è l’inchino che hai fatto prima!” osservò Lina, ricordando il demone profondamente inchinato, con la mano sinistra chiusa a pugno al centro del petto, all’altezza del cuore, e l’altra distesa all’indietro, a richiamare l’identica posizione della gamba destra.

Xelloss la guardò divertito. “È ovvio che io ho fatto un movimento diverso! Adesso ti ho mostrato l’inchino femminile, io eseguo quello maschile”

“Oh LoN!” piagnucolò Lina “Quindi ci sono pure due inchini diversi! Ma Zelas non poteva pensare a qualcosa di più semplice?!”

“Ehehe… non so che dirti Lina” ridacchiò il mazoku “Io eseguo solo gli ordini…”

La ragazza gli lanciò un’occhiata incendiaria. “Già… tu esegui solo gli ordini…”

 

Verso mezzogiorno, il demone e la maga erano ancora impegnati nel loro corso intensivo di galateo (con gran gioia di Lina), quando vennero interrotti da un bussare discreto ma deciso alla porta. Dato che si trovavano nella sua camera, la ragazza fece per alzarsi e andare ad aprire, ma Xelloss la fermò con un gesto della mano; quindi si avvicinò alla porta e la schiuse leggermente. “Desiderate?”

Da fuori si udì una voce maschile rispondere qualcosa, poi il priest aprì completamente l’uscio e rivelò alla maga quello che doveva essere un paggio in alta uniforme. Questi eseguì subito l’inchino di rito, al quale Lina, dopo un attimo di esitazione rispose, involontariamente (ma giustamente, secondo il protocollo) in perfetta sincronia con il compagno.

“Signori…” cominciò subito dopo il valletto, tenendo gli occhi rispettosamente bassi “…ho l’onore di annunciarvi che sua signoria il Podestà ha mandato una portantina a prendervi per condurvi al suo palazzo”

Xelloss sorrise e annuì. “Dì pure ai portatori che siamo pronti. Scendiamo subito”

Il giovane si inchinò di nuovo, facendo perciò ripetere il rituale dei saluti, e poi sparì nel corridoio. Il demone si rivolse alla ragazza che aveva seguito lo scambio di battute in silenzio, qualche passo dietro di lui. “Come avrai capito è ora che andiamo” le sorrise. Quindi si mise il tricorno e le porse la mano sinistra piegata ad angolo retto e a palmo insù; Lina vi depose sopra la propria e i due si scambiarono un sorriso e un lieve cenno del capo, poi si avviarono, sempre tenendosi per mano in quel modo bizzarro.

Scendere le scale camminando affiancati con l’ampia gonna che indossava la ragazza era un’impresa apparentemente impossibile, ma lentamente ci riuscirono. Pochi passi prima di uscire dalla locanda, Xelloss rallentò, si guardò attorno e, notando che erano soli, ruppe la figurazione e si voltò; poi inclinò la testa, fissando Lina negli occhi. “Sei pronta?”

Lei rispose con un sorriso storto e sforzato. “Anche se non lo fossi cambierebbe qualcosa?”

“No, in effetti no” riconobbe il demone “C’è un’ultima cosa che devo dirti, non so se possa esserti di aiuto o no: forse te ne sarai già accorta da sola, ma le donne tendono a non essere molto considerate in quest’epoca…” la maga strinse gli occhi: non le erano mai piaciute le differenziazioni sessiste “Solo quelle con lo status sociale più elevato godono di una libertà pressoché totale, ma man mano che si scende la piramide le cose peggiorano”

“Quindi? In parole povere?”

“Al banchetto non stupirti se quasi tutti tenderanno a non rivolgerti la parola. Benché tu sia di rango molto elevato, sei comunque ad un ricevimento pubblico e insieme me, che vengo considerato il tuo compagno, quindi automaticamente la gente si rivolgerà a me, non a te”

Lina era molto infastidita da questa nuova scoperta: certo, le dava modo di non rischiare gaffe, ma non le piaceva che le donne venissero messe da parte in nome di chissà quale principio. Quand’era bambina, alla gilda dei maghi di Zephilia, aveva lottato giorno dopo giorno per anni per dimostrare di essere brava come i maschi, anzi di più, nonostante i pregiudizi nutriti dai maghi della sua città e ora… Scosse la testa e sbuffò, contrariata. “Maschilisti che non siete altro…! Dai, andiamo, là fuori ci aspettano” concluse poi, cercando di rimuovere l’idea dalla sua mente e di recuperare l’apparenza sorridente ma indecifrabile che Xelloss aveva detto essere la più adatta a un alto esponente del Regno della Juu-ou - e la ragazza non se ne stupiva, essendo quella l’espressione tipica del demone!

Uscendo dalla locanda, si trovarono di fronte un’elegante bussola chiusa da tende rosse e quattro portatori in uniforme cremisi; il paggio che era salito ad avvisarli, appena li vide batté i tacchi e si mise sull’attenti, porgendo poi la mano a Lina per aiutarla a salire sulla portantina. Come si fu accomodata, Xelloss salì accanto a lei e diede l’ordine di partire, tirando subito dopo le tende.

La maga si aspettava di venir sballottata ampiamente durante il tragitto (oltretutto non le erano mai piaciute le bussole come mezzi di trasporto – troppo snob per i suoi gusti), ma i quattro giovani che li conducevano dovevano essere molto esperti, perché evitarono loro la minima oscillazione e in breve li deposero a terra di fronte ad un enorme palazzo dipinto, la residenza del Podestà.

Xelloss le sorrise. “Pronta Lina-chan?” domandò, scostando la tenda e uscendo senza nemmeno aspettare la sua risposta.

“Lina Inverse è sempre pronta Xelloss, ricordatelo. Specie per un banchetto…” ribatté subito lei con un sorriso convinto, negli occhi la luce di sempre.

Il mazoku ridacchiò sommessamente per un istante, poi le tese il braccio per aiutarla a venir fuori dalla bussola. Quindi la maga depose la mano su quella di Xelloss e i due si scambiarono un lieve inchino con la testa, accompagnato da un sorriso di intesa più ampio del solito, soprattutto da parte di Lina: in fin dei conti – aveva considerato la ragazza durante il tragitto - qualcosa di buono ci poteva essere anche in quell’epoca balzana, bastava cercarlo. E forse l’avrebbe anche aiutata a vedere le cose un po’ meno grigie… Sorrise di nuovo tra sé e poi concentrò la sua attenzione sul demone che le stava mormorando qualcosa circa i piatti tipici della zona.

Come ebbero composto la figurazione di rito, i due avanzarono di qualche passo e subito il Podestà venne loro incontro, orgoglioso nella sua divisa militare color porpora, appesantita da decine di medaglie al valore, e li invitò a seguirli all’interno.

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