QUELLA SPORCA DOZZINA [SaintSeiya-TheSanctuary:RELOADED]

di GoldSaints
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Episode 01 - Francesco! Un nuovo eroe all'orizzonte! ***
Capitolo 2: *** Episode 02 - Non ti fermare! La Prima Casa sbarra il cammino! ***
Capitolo 3: *** Episode 03 - La prova del Toro! In guardia, Francesco! ***
Capitolo 4: *** Episode 04 - Il cavaliere Fantasma! Francesco se la vede brutta! ***



Capitolo 1
*** Episode 01 - Francesco! Un nuovo eroe all'orizzonte! ***


A Rodorio la vita scorreva diversamente che altrove

Quella sporca dozzina

Saint Seiya - The Sanctuary: Reloaded

 

 

(by Gold Saints Milo, Camus & Aphrodite)

 

 

 

EPISODE 01

Francesco! Un nuovo eroe all’orizzonte!

 

 

 

 

A Rodorio la vita scorreva diversamente che altrove.

A Rodorio sembrava essere, in una certa misura, rimasti indietro di millenni, nonostante la vivace modernità della vicina Atene. Sembrava essere rimasti all’epoca in cui Achille ancora calpestava quelle terre, per intenderci.

Essendo la cittadina dispiegata ai piedi del Santuario, faceva più parte del Mondo Segreto che di quello di fuori, e tutti i suoi abitanti conducevano una vita regolata dalle antiche usanze achee, rispettando come autorità quella del Pontefice di Athena.

Con il passare dei secoli la modernità era filtrata nel Mondo Segreto, ma senza violenza: soltanto un po’, come una sfumatura lieve tra gli edifici classici, come un ponte tra l’antico stile di vita e il trascorrere del tempo inesorabile. Per questo qualcuno aveva storto il naso, a Rodorio, quando un piccolo ristorante italiano aveva fatto la sua comparsa tra le botteghe, di fronte alla piazza.

Poiché era un locale piccolo, non più grande di una taverna, e poiché l’Italia era ancora considerata, per lo più superficialmente, tutta quanta Magna Grecia, alla fine era stato accolto senza troppe storie.

Il proprietario era un uomo di chiare origini latine, dall’aria simpatica.

Un giorno era salito su una sedia impagliata, davanti agli occhi di tutti, in grembiule bianco e maniche arrotolate, e aveva inchiodato sulla porta l’insegna in legno, facendosi suggerire dal figlio la locazione precisa.

“Dì, Francesco! Qui?”

“Un po’ più a destra, papà”.

“Qui?”

“Lì è dov’era prima, papà”.

“Qui, allora.”

“Troppo! Così sembra l’insegna del barbiere!”

C’era voluto un po’ di tempo, che aveva permesso agli abitanti di Rodorio in giro per commissioni di raccogliersi a capannello lì intorno, ma alla fine l’insegna ProntoPizza campeggiava sul muro imbiancato.

Anche il barbiere era uscito dalla bottega di lato, per vedere cosa stava succedendo.

ProntoPizza?” aveva letto, pulendo il rasoio. “E’ già pronta, appena entro?”

Francesco aveva guardato il vicino sbattendo le palpebre. “No… no, beh, dieci minuti ci vogliono, col forno a legna… Ci chiamiamo ProntoPizza perché prontamente arriviamo dappertutto… sì, insomma, almeno nelle vicinanze, ecco… Facciamo servizio d’asporto.”

“Ma pensa,” aveva detto il barbiere. Aveva considerato di essere decisamente fortunato, ad essere così vicino: se avesse avuto voglia di cucina di Magna Grecia, l’avrebbe avuta in un attimo, proprio pronta.

Da quel momento era diventato uno dei clienti migliori, dando un ottimo avvio all’attività di Francesco e suo padre.

 

Non aveva idea di cosa fossero i Saint. Poco a poco, però, vivendo in quella culla di classicità e integrandosi nel villaggio, Francesco aveva avuto modo di conoscerli.

Si trattava di eroi leggendari, che come gli dèi dell’olimpo vivevano su un alto monte, inerpicati sulla roccia. Qualcuno gli aveva indicato il Santuario, che si ergeva imponente e magnifico e Francesco era ammutolito.

La gente di Rodorio raccontava avventure mirabolanti sul loro conto: diceva che erano ragazzi straordinari, capaci di spezzare le rocce con un calcio, di frantumare le galassie tenendole nella propria mano e che il loro potere derivava dalle stelle.

Si diceva che un Cavaliere d’Oro, uno dei Saint della massima gerarchia, avesse – duecento anni prima - salvato il villaggio dalla distruzione per mano delle forze del male: era giunto con il suo viso bellissimo e l’armatura d’oro, con il mantello sulle spalle, e aveva circondato Rodorio delle sue rose venefiche, per tenere il nemico lontano. A Francesco era sembrata una favola per bambine, ma si era trattenuto dal dirlo, perché la gente ne parlava come di un episodio sacro e aveva aggiunto che il Gold Saint era morto in quello scontro, morto per salvare i loro avi.

“Ma li avete mai visti, questi Saints?” aveva chiesto un po’ scettico e un po’ intimidito, quando ancora non sapeva che presto li avrebbe incontrati tutti. “In questa epoca, intendo, con i vostri occhi…”

I più l’avevano guardato come se fosse un sacrilego. C’era forse bisogno di vederla, la bella Athena, per sapere che era lassù, al Tempio, che vegliava su di loro?

I più si sarebbero pietrificati sul posto nel sapere che la bella Athena, in quel preciso momento, era a Tokyo ad organizzare una Guerra Galattica in mondovisione. Per fortuna a Rodorio non c’erano televisori né satelliti.

Qualcuno, più bendisposto, aveva fatto girare Francesco verso la strada.

“Non dire niente,” aveva sussurrato al ragazzo “ma eccone uno, lì”.

Francesco aveva guardato, con il cuore in subbuglio, e aveva visto un ragazzo alto, dal fisico scolpito che dava immediatamente l’impressione di essere un guerriero.

Aveva i capelli corti e, nonostante la fierezza del suo portamento, teneva gli occhi bassi.

“Quello è un Gold Saint?”

“Shhh!” era stato zittito. Francesco tacque e lo guardò meglio. Gli sembrava dimesso, in qualche modo, così diverso da quello che duecento anni prima, si diceva, aveva salvato Rodorio morendo nell’impresa. Non aveva né armature d’oro, né ampi mantelli ad incorniciare la sua figura. Vestiva solo una lorica di cuoio,  d’allenamento, in perfetto stile greco.

“Non  guardarlo troppo. È fiero e potente e non tollera gli sguardi protratti a lungo. Noi, qui, al villaggio, ne sappiamo poco, ma si dice che sia successo qualcosa, anni fa, di brutto. Che suo fratello abbia fatto qualcosa che non andava fatto, che abbia tradito, così adesso chiamano traditore anche lui. Cos’ha fatto? Non lo sappiamo. Non è che ci dicano molto, a noi, di quello che succede al Tempio. Noi stiamo qui e loro lassù. Qualche volta scendono al villaggio, ma per lo più mandano i servitori e allora…”

Qualche parola era giunta all’orecchio del giovane guerriero, che aveva guardato nella direzione di Francesco con aria feroce, di una belva. Poi però non aveva detto niente, aveva chinato il capo, le labbra serrate, ed era andato via.

 

Se dovete immaginare Francesco, immaginatelo come un protagonista, perché lo sarà. Almeno di questa storia.

Se poi volete fare le cose per bene, immaginatelo come il protagonista di un manga di Kurumada. Non è difficile: i protagonisti di Kurumada sono tutti uguali. Li si ama anche per questo.

Espressione risoluta, quindi, grandi occhi scuri e capelli corti in balia del vento.

Diversamente dagli altri, però – e molto probabilmente questo lo renderà ai vostri occhi un Gary Stu – Francesco faceva il fattorino: nel locale di suo padre prendeva le ordinazioni ed era incaricato di portare le pizze richieste dai clienti ovunque si trovassero nei pressi di Rodorio e di Atene.

Era fornito di una grosso zaino rigido, di forma cubica, da portare sulle spalle. Poteva contenere anche dieci cartoni di pizza impilati e sullo sfondo nero c’era la scritta ProntoPizza, sfavillante come una stella. Per aiutarsi nel suo compito aveva una motoretta.

Su questa, gli abitanti di Rodorio avevano storto il naso perfino di più, ma avevano ben compreso che sarebbe stato difficile per quel povero ragazzo consegnare pizze a domicilio senza l’ausilio di un mezzo di locomozione. Così avevano chiuso un occhio.

 

La grande avventura di Francesco iniziò una sera in cui le cose al Grande Tempio, stavano prendendo una piega poco bella. L’umore del Pontefice era straordinariamente scostante e perfino i suoi servitori e le servitrici gli stavano lontane il più possibile.

Fatto piuttosto inquietante, i capelli lunghi e fluenti, da sotto l’elmo, erano diventati più scuri che mai e questo, all’occhio attento di uno qualsiasi degli inservienti del Grande Tempio, era un segnale di estrema cautela. Tanto più che sotto la maschera era impossibile scorgere il viso di quell’uomo per capire cosa gli stesse passando per la mente.

Di solito quelli che si avvicinavano troppo al Grande Sacerdote quando era in quelle condizioni scomparivano misteriosamente e non facevano più ritorno.

Quello che mandava Saga – nascosto nei paramenti pontifici da oltre tredici anni – fuori dai gangheri era proprio tutta la storia della Guerra Galattica a Tokyo.

Non aveva bisogno di televisori o di satelliti per rendersi conto di un grande fermento di Cosmo, laggiù, e stava cominciando a far quadrare i conti: qualcosa nella sua ascesa al potere era andata storta e adesso sembrava avere tutta l’aria di voler organizzarsi per mettergli i bastioni tra le ruote.

Una fanciulla più audace delle altre, nella tunichetta leggera, aveva seguito il Pontefice fino alle sue stanze private e lui non si era nemmeno scomodato a farle un cenno o per sbatterla fuori.

Lei era rimasta lì, a passare nervosamente il peso da un piede all’altro, senza sapere che fare per aiutarlo: era vero che stava dando in escandescenze, ma era pur sempre il Pontefice di Athena.

La ragazza sospirò. Se c’era qualcosa che poteva fare l’avrebbe fatto.

Si accostò a lui, coraggiosamente, decisa a donare la propria vita o il proprio corpo, se fosse stato necessario, per indurlo alla ragione.

Il Grande Sacerdote si girò di scatto verso di lei, minaccioso ed alterato.

“Mio Signore…? Posso… fare qualcosa?” deglutì.

Lui le riservò uno sguardo indecifrabile della maschera neutra, e il suo Cosmo vibrò oscuro. La osservò a lungo.

Un attimo dopo l’aveva spedita a Rodorio, dal nuovo pizzaiolo d’asporto. Il cibo placa sempre gli animi.

 

“Una pizza, certo. Come la vuole?”

La ragazza si tormentò le mani. Bella domanda. Come la voleva? “Non lo… come c’è?”

Francesco aprì pazientemente il menù davanti a lei, sul bancone: se c’era una cosa che sapeva fare era il suo lavoro.

“Margherita, Quattro Stagioni, Marinara, ai Formaggi…” elencò professionalmente, il tono sicuro di chi snocciola lo stesso elenco da anni. Solo pizze tradizionali, era solito dire suo padre. Mica quelle robe inventate! Vecchio stile.

“Quattro… Stagioni?” domandò lei. Che cosa voleva dire? E soprattutto, se fosse stata il Pontefice, che cosa avrebbe voluto su una pizza? …se fosse stata il Pontefice? Era un pensiero così blasfemo che lo scacciò.

“Quattro Stagioni”, approvò lui e segnò su un foglietto così rapidamente che lei non ebbe il coraggio di replicare. Era solo un’ancella, che Athena la proteggesse! “E da bere? C’è una lattina in omaggio”.

“Una cosa?” spaventatissima. Il Grande Sacerdote le aveva chiesto una pizza, non una lattina. Se fosse tornata con una lattina avrebbe potuto ucciderla. Soprattutto se ancora aveva i capelli così neri.

“Coca Cola?” consigliò Francesco, accademico. “La Coca Cola piace praticamente a tutti”.

Almeno piaceva un sacco al barbiere, in fila dietro la ragazza, che cominciava a spazientirsi per la lunghezza dell’ordinazione. Lo si sentì sbuffare.

Ancor più intimidita, l’ancella annuì febbrilmente. Francesco segnò tutto, insieme all’indirizzo.

Grande Sacerdote di Athena. Tredicesimo Tempio del Santuario. Quattro Stagioni e Coca Cola per le nove e mezza.

 

La vespa tacque, quando Francesco spense il motore. Consegnò le pizze al barbiere e alla sua famiglia, estraendole dal contenitore cubico, poi se lo rimise sulle spalle: ne era avanzata ancora una, l’ordine più importante della serata.

“Grazie Francesco! Ecco qui”.

“Grazie a voi”. Prese i soldi e rese il resto. Se c’era qualcosa che non andava dimenticata, diceva sempre suo padre, era l’educazione. “Buona serata!”

Rimontò in sella e diede gas, diretto al Grande Tempio. Mentre avanzava sulla strada sterrata, alzò lo sguardo all’enorme complesso di edifici antichi. Nella notte, bianco come l’avorio, incuteva un certo timore e l’aura che emanava era di potere e saggezza profonda.

Poiché la salita si stava facendo impraticabile, Francesco si rese conto che avrebbe dovuto proseguire a piedi.

Con il suo porta pizze sulle spalle, guardò risoluto davanti a sé, la Prima Casa dello Zodiaco che lo sovrastava imponente.

Erano le nove. E Francesco era dell’opinione che mai una pizza sarebbe stata consegnata in ritardo dalle sue mani, mai.

Si mise in cammino.

 

 

 

 

 

L’angolo del ProntoPizza

(anche servizio d’asporto)

 

Il Fandom è abituato alla Mary Sue: qualcuno le ama, qualcuno ha sviluppato gli anticorpi per tenerle a bada.

Nessuno, però, si aspetta un Gary Stu: siete tutti a rischio davanti a questa minaccia.

Francesco non vi darà requie.

Francesco vive a Rodorio.
Francesco ha una missione e la porterà a termine.

È così in gamba che dalla prossima volta lo incontrerete di persona in questo angolo commenti, e ad ogni vostra esigenza risponderà con le proprie mani.

Che aspettate? Seguitelo sulle scale del Santuario.

Avete mai sentito il Cosmo, dentro di voi?

 

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Capitolo 2
*** Episode 02 - Non ti fermare! La Prima Casa sbarra il cammino! ***


A Rodorio la vita scorreva diversamente che altrove

Quella sporca dozzina

Saint Seiya - The Sanctuary: Reloaded

 

 

(by Gold Saints Milo, Camus & Aphrodite)

 

 

 

 

EPISODE 02

Non ti fermare! La Prima Casa sbarra il cammino!

 

 

 

 

Iniziò la sua corsa nel buio, solo i gradini candidi spiccavano nelle tenebre, come intagliati in una stella, invece che nel marmo. Sulla sua testa, le costellazioni vegliavano la missione del giovane Francesco.

Trasalì un momento quando la Casa del Montone Bianco gli si stagliò davanti, eburnea e solenne. La contemplò come un’apparizione e rallentò la corsa, ma non si fermò mai. Un passo dopo l’altro salì tutti i gradini e penetrò nel Tempio, in silenzio.

Man mano procedeva, lentamente ormai, sui pavimenti lucenti e tra le colonne, i suoi occhi si abituarono al buio. E allora notò davanti a lui la sagoma di un giovane che si avvicinava.

Sembrava un ragazzo più o meno della sua età, con grandi occhi luminosi e avvolto da strani abiti orientaleggianti. Gli sorrise, pacato, e ciononostante Francesco si arrestò facendo un passo indietro.

Irradiava calma e serenità, ma qualcosa nel suo aspetto lo induceva a credere che sarebbe bastato un passo falso per farlo finire faccia a terra.

Francesco ignorava il potere dei Saint e anche se i racconti degli abitanti di Rodorio lo avevano messo in guardia e fatto fantasticare, solo adesso percepiva una briciola di quello che poteva significare avere a che fare con loro. Era dunque un Cavaliere?

“Fammi passare”, cercò di intimidirlo, aggrottando le sopracciglia.

Il giovane lo guardò di rimando. Sbatté le palpebre e gli si avvicinò scrutandolo, in un ondeggiare morbido dei lunghi capelli lilla.

Osservò il contenitore delle pizze sulle sue spalle. Era forse un cloth? Eppure non sentiva provenire alcun cosmo.

“Chi è a chiedermi di passare?” domandò, vellutato e duro insieme “Quale stella ti guida, giovane?”

“Sono Francesco” rispose prontamente l’altro. “…del Prontopizza”.

Un gesto alle sue spalle, a indicare sommariamente verso Rodorio e il ristorante d’asporto.

Mu, Cavaliere d’Ariete della Prima Casa continuò a guardarlo in silenzio, come se lo stesse studiando. Sbatté gli occhi, distendendo l’espressione in quel viso delicato. E poiché sembrava non avere nessuna intenzione di togliersi di mezzo, Francesco continuò: “Devo fare una consegna”.

“Prontopizza”. Mu lo scandì bene, a voce bassa ma perfettamente udibile, quasi fosse un termine arcano dal profondo significato esoterico. Non ricordava alcuna costellazione del Prontopizza, ad onor del vero, ma, per Athena, erano pur sempre un’infinità anche per lui. “E chi ti manda, giovane Francesco del Prontopizza?”

Francesco aprì la bocca per dire qualcosa, poi la richiuse.

Si guardò alle spalle. Tornò a guardare Mu, davanti a lui.

Ma che cazz… pensò.

Invece disse: “Mi manda il Prontopizza, chi altri?” e si rese conto solo dopo averlo detto di quanto poteva sembrare il nome di una divinità aliena quel termine, alle orecchie del Cavaliere. Tentò di correre ai ripari, ma l’altro annuì con un gesto deciso, come tutti i Saint annuiscono sempre nel manga di Kurumada.

“Speravo di udire il nome del tuo Maestro, ma comprendo che ora tu stia seguendo la via che il Prontopizza ti ha indicato”. Parlava con una cadenza musicale e solenne, mentre lo aggirava, i passi felpati, aggraziati, quasi. Sfiorò con le dita lo zaino cubico sulle sue spalle. “Trovo che siano necessarie delle riparazioni e degli interventi, se intendi portare a termine una missione con questo, Francesco del Prontopizza.”

Francesco lo guardò costernato: maledetto doppiaggio storico, gli sembrava di parlare con Omero redivivo! Lo fissò con determinazione. Non avrebbe ceduto, anche se al momento sentiva solo il bisogno di girare sui tacchi e scappare verso Rodorio il più velocemente possibile.

Il Cavaliere parve comprenderlo e gli lanciò uno sguardo che gli allentò i muscoli, infondendogli serenità e conforto, in quel bagliore aureo che irradiò dalla propria figura.

“Io sono Mu. Mu del Montone Bianco”, si presentò.

E no, non era una rosticceria.

 

Mu era tornato al Santuario per recuperare alcune cose dalla Prima Casa e poi allontanarsi di nuovo. Verso sera, per non essere visto da nessuno, se non dai pochi con cui avrebbe voluto scambiare qualche parola. Come Shaka o Aldebaran, ad esempio.

La verità era che non viveva più al Tempio da molto tempo. Erano quasi tredici anni ormai, da quando aveva compreso quello che gli altri Cavalieri, all’epoca ancora bambini, non avevano visto: che non era Shion il Sacerdote alla Tredicesima Casa, ma un usurpatore crudele.
Così si era ritirato nel Jamir, da tempo, insieme all’allievo Kiki che lo stava aspettando proprio là, sulle montagne del Tibet in quel preciso istante.

Mu non si era fatto trarre in inganno perché conosceva bene Shion, che era stato il suo Maestro. E Shion l’aveva preparato bene, nella sua infanzia, fino renderlo degno di indossare l’armatura d’oro di Aries. Molto bene. Troppo bene perché si lasciasse mettere sotto da un ragazzino qualunque: alla fine ottenne lo zaino di Francesco e si sedette tra le colonne per rafforzarlo.

A dire il vero il ragazzo aveva mosso qualche rimostranza, all’inizio:

“No guarda,” aveva iniziato Francesco “Cioè, Scusami. Nel senso. Ti ringrazio, eh? Cioè. Qualunque cosa tu voglia fare, dico. Cos’è poi che vuoi fare? No, senti. Io devo lavorare, capisci? Sei gentile…” e aveva cercato di aggirarlo.

Di aggirare il Grande Mu.

Ce l’aveva fatta, anzi, e si era appunto mosso verso l’uscita quando, semplicemente, se lo era ritrovato davanti, con quell’aria serena a metà tra Santa Maria Goretti e il Buddha, con buona pace di Shaka di Virgo.

Francesco aveva sollevato un sopracciglio e aveva fatto un salto all’indietro: come si era mosso così veloce? Era dunque quello il potere di un Cavaliere d’Oro?

“Dovrebbe essere molto più resistente”, stava dicendo intanto Aries, mentre cercava di impadronirsi dello zaino. Francesco era sgusciato immediatamente fuori dalla sua stretta, recuperandolo.

“Questo è troppo importante! Non posso cedertelo!” il giovane si era raddrizzato in tutto il suo orgoglio guerriero. Mu dell’Ariete si era aspettato forse che avrebbe ceduto quella pizza così facilmente, fallendo la propria missione?

L’altro aveva annuito grave in risposta. “Comprendo, giovane Francesco del Prontopizza. Ma come pensi di giungere fino al cospetto del Gran Sacerdote, altrimenti?”

“…salendo i gradini?”

Il ragazzo aveva cominciato a preoccuparsi. Era davvero la consegna più difficile in cui fosse incappato da quando suo padre aveva aperto l’attività a Rodorio.

“Perché questa domanda?”

Mu aveva preso tempo, dandogli le spalle, e si era voltato corrucciato verso l’uscita della Prima Casa. “Ragazzo, comprendo che il tuo coraggio ti renda pronto a considerare facile impresa quella di giungere al cospetto del Grande Sacerdote… ma non lasciare che la superbia accechi il tuo cuore. Sai bene, ne sono certo, che vi sono pericoli oltre questo ingresso che sarai chiamato ad affrontare.”

Aveva fatto una pausa: era sembrato incupito, nell’ombra del tempio, persino il lilla sereno dei suoi capelli. Francesco, che doveva solo consegnare una Quattro Stagioni e una Coca Cola, aveva passato il peso da un piede all’altro, con l’imbarazzo di chi non capisce quello che succede, ma che è troppo educato per protestare. E in quell’attimo di accettazione, aveva appoggiato sul marmo la sua scatola delle pizze.

Mu aveva sorriso e il suo sorriso aveva rasserenato la notte nel tempio. Il lilla dei suoi capelli era parso più chiaro, adesso. Aveva preso lo zaino ed era scomparso nel tenue bagliore delle sue stanze private.

 

Francesco se ne stava da qualche minuto appoggiato ad una colonna, seduto a terra, le ginocchia al petto. Era la terza volta che alzava lo sguardo verso la porta di legno oltre la quale Mu del Montone Bianco era scomparso. Sussultò quando finalmente il Cavaliere uscì e con orgoglio gli mise tra le mani ciò che gli apparteneva.

Francesco la ricevette sconvolto. “Ma tu…”

Mu annuì. C’era voluto poco. Non più di qualche colpo di martello e scalpello, una manciata di orihalcol e chissà quale altra diavoleria, ma adesso quella scatola era decisamente migliorata. Se non altro in resistenza.

“Sembra… come nuovo!” il giovane di Rodorio sentì pizzicargli gli occhi per la commozione. Nella propria mente si rivide bambino, quando per la prima volta ricevette quella scatola dalle mani di suo padre.

 

“Francesco! Francesco, vieni qui!”

“Aspetta, papà!”

“Francesco!”

“Solo un attimo!” Francesco preme due pulsanti insieme e finalmente sconfigge l’avversario sullo schermo. Mette la Playstation in pausa e raggiunge il padre di sotto. Ha appena tredici anni, l’età di tutti i veri protagonisti di Kurumada, quando il genitore gli comunica che lo vuole al proprio fianco nel servizio a domicilio della nuova pizzeria a Roma. Nessuno dei due ancora sa che presto l’attività fallirà in quella città moderna e, chissà come, finiranno entrambi in Grecia, a Rodorio.

Quello che conta è che il padre prende uno zaino di stoffa, dalla forma cubica da dietro al bancone. E’ lucido, con la scritta Prontopizza che prende tutto il campo. Profuma di nuovo.

Gonfiando il petto orgogliosamente, l’uomo lo porge al figlio, che lo prende con delicatezza, come se fosse una piccola dea in fasce appena messa in salvo.

“E’ tuo, adesso” gli viene detto. E Francesco serra le labbra con determinazione.

 

Mu sorrise, come se potesse vedere i ricordi del giovane attraverso i suoi occhi. C’è qualcosa in lui che lo spinge a credere che potrebbe davvero arrivare alle stanze del Grande Sacerdote. E allora… chi  può dirlo? Da cosa nasce sempre cosa. Era solito ripeterlo spesso, Shion.

“Ora di certo è più resistente. E il materiale con cui l’ho rafforzata sarà capace di adattarsi insieme a te alle insidie che ti attendono. Senza contare che trattiene il calore il contenuto resterà caldo. Tieni”.

Gli consegnò un involto profumato, in aggiunta. Francesco abbassò lo sguardo. Erano biscotti fatti in casa. Osservò il guerriero che glieli aveva porti.

“Avrai bisogno di qualche genere di conforto durante la tua salita” mormorò e il suo sorriso fu quasi triste, poiché conosceva i Cavalieri d’Oro che il ragazzo avrebbe dovuto affrontare.

Francesco non sapeva che quei biscotti gli avrebbero salvato la vita, qualche Tempio più in su. Ma dando ascolto al suo istinto li prese. Li ripose con cura nel suo scrigno riparato e se lo rimise sulle spalle.

“Grazie, Mu dell’Ariete”, esclamò, commosso.

“Vai, adesso, Francesco del Prontopizza. Che Athena ti protegga”.

Francesco annuì, il cuore gonfio d’affetto per quell’uomo sconosciuto e pieno di determinazione per la missione che doveva compiere. Per non tardare oltre, prese a correre verso l’uscita, verso la scalinata di marmo che l’avrebbe condotto alla Seconda Casa.

Mu rimase a guardarlo finché non lo vide uscire, poi si avviò all’interno dei propri appartamenti a fare quello che doveva fare. Deciso come una roccia. Serio come un antico Maestro.

Lilla come qualcosa di molto lilla.

 

 

 

 

 

L’angolo del ProntoPizza

(anche servizio d’asporto)

 

Finalmente posso dedicarmi alle risposte! Io, Francesco, farò di tutto per non deludere le aspettative e l’entusiasmo che voi tutti avete messo nel sostenermi! Non so davvero come ringraziarvi per tanto amore! Lo ricambierò con le azioni!

Porterò questa pizza perfino scorticandomi le ginocchia! Siete con me?

Kijomi: Carissima, sono più che lusingato dall’offerta. Ma non sono solito mischiare amore e lavoro. Scusa, baby.

Beat: Grazie, bella fanciulla! Sento già il tuo cosmo dentro di me! Woooooooooh!

Night Fox: Non mi arrenderò, mia cara! Il tuo supporto mi farà giungere fino al Grande Sacerdote!

Diana924: Grazie, dolcezza! Io seguirò le ordinazioni con precisione! Alla fine la giustizia trionferà! Nessuno dei Gold Saint oserà toccare questa pizza!

Regina di Picche: Vostra Maestà, Francesco è il mio nome e lo porterò a mento alzato! Seguimi, ne vedrai delle belle!

Kiki May: Sto giusto iniziando! Se dovessi trovare Mary Sue sulla strada, spero che tu possa aiutarmi infondendomi il tuo Cosmo!

Shinji: Sarò più che lieto di conoscere questo Dylan! Ama la pizza? Preciso, inoltre, con la gentile amministratrice di questo sito che il signor Shinji non ha niente a che fare con la mia creazione: è solo interessato a me e di questo gli sono molto grato!

Renge_no_hana: Per questo complimento, a te un buono gratuito del ProntoPizza! <3

Ruri: Con tutta questa fiducia non potrebbe essere che così! Di certo andrebbe meglio se uno stambecco mi aiutasse nella salita! Ma ce la farò! Confida in me, mia cara!

Makochan: grazie infinite! Sento già il mio spirto guerrier ch’entro mi rugge! La scalata inizia!

Blackvirgo: ti ringrazio, cara, e spero che mi accompagnerai fino alle stanze più alte: il mio coraggio non vacillerà!

Kellyvideomaniacatv: Sayonara, Kelly! E grazie dell’interessamento! Sono felice di averti al mio fianco in questa impresa! Presto, in nome del ProntoPizza!

Ayako_chan: so bene che le difficoltà sul mio cammino saranno immense e spinose, ma mai mi tirerò indietro. Mi guarderò dalla Quarta Casa. Ma ora in marcia!

ArabianPhoenix: Non posso che ringraziarti dei tuoi incoraggiamenti e dei tuoi voti! Le tue parole daranno più forza al mio Cosmo!

Saorilavigne: Ah, grazie, adorabile fanciulla che nasconde le sembianze del Buddha della Sesta Casa! Seguimi nell’impresa. Ma non rubarmi la pizza!

Webmistress Erika: Sono certo che i proprietari dell’account ti abbiano già spiegato la situazione e sono certo che tutto si sistemerà nel migliore dei modi. Un ban sarebbe sgradevole e ingiusto per chi non ha commesso infrazioni! Per conciliare, sappi che offrirò una pizza e una coca anche a te, mia cara!

Keyra93: I miei ringraziamenti anche a te, che giungi adesso che riprendo il mio cammino! Come vedi, il capitolo è tutto per te!



Le autrici vorrebbero inoltre ringraziare La belle dame, il nostro Dolce Mu, per l'ispirazione al magnifico intervento di Aries. Il Mu di cui leggete è merito suo. Adoratelo liberamente!

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Capitolo 3
*** Episode 03 - La prova del Toro! In guardia, Francesco! ***


A Rodorio la vita scorreva diversamente che altrove

Quella sporca dozzina
Saint Seiya - The Sanctuary: Reloaded


(by Gold Saints Milo, Camus & Aphrodite)



EPISODE 03
La prova del Toro! In guardia, Francesco!




Francesco interruppe la corsa, poi si arrestò, ormai a metà scalinata, tra le rocce. Il vento gli accarezzò il viso, quando si girò per guardarsi alle spalle, e il suo sguardo si addolcì, posandosi sul Primo Tempio.
Grazie, Mu dell’Ariete…! Pensò. Poi si girò nuovamente e scattò sui gradini, gli occhi puntati verso il suo obiettivo: le stanze del Pontefice.

La Seconda Casa si stagliava imponente, bianca come la luna, nella sera.
Irradiava un’aura di calma serena, nessun Cosmo ostile giungeva da lì. Francesco aveva cominciato a capire cosa fosse il Cosmo, pur non avendone conoscenze teoriche precise – lo identificava con le sensazioni che aveva avuto al cospetto di Mu. Rimase in attesa tra le due colonne che delimitavano l’ingresso, cauto. Eppure pareva tanto tranquilla da sembrare quasi vuota.
Fece un passo avanti ed entrò nell’ombra.
Cercò di abituare gli occhi all’oscurità, il viso alzato al soffitto per distinguere qualcosa, ma lo vide solo scomparire nel buio. Intrigato dall’imponenza del tempio, ancora con il naso all’insù, finì per sbattere contro ad una colonna.
Mapporc!” imprecò, prendendosi il naso tra le mani e indietreggiando di un passo. Chi era stato così idiota da costruire una colonna proprio in mezzo al passaggio? Non fece in tempo a finire di formulare la frase, perché la colonna si mosse verso di lui.
Non era esattamente una colonna, ebbe modo di constatare Francesco: si trattava di un uomo gigantesco, sicuramente sfiorava i due metri. Almeno almeno.
Il guerriero uscì dall’ombra, rendendosi finalmente visibile. Come facesse l’ombra ad essere tanto densa da nasconderlo, prima, resta per lo più un mistero spiegabile soltanto dal retino di un manga, ma fortunatamente Francesco non si fece domande in proposito.
Fece un balzo all’indietro, per poterlo fronteggiare a viso aperto.
“E tu chi sei?” berciò, tentando di farsi più grande di quello che era.
“Aldebaran di Taurus, custode del Secondo Tempio!” fu la pronta risposta “Chi sei tu, che pretendi di passare indenne per la Casa del Toro d’Oro?”
“Francesco, il mio nome” sibilò in risposta lui “Di Prontopizza il fattorino!”
“Prontopizza?” Aldebaran sollevò un sopracciglio. Era più giovane di quanto fosse sembrato a Francesco in apparenza. Vestiva abiti comodi, di stampo classico greco, come quelli che erano soliti mettere gli abitanti di Rodorio: era evidente che non aveva ritenuto necessario indossare l’armatura d’oro per contrastare un intruso privo di Cosmo.
Guardava Francesco dall’alto, come a studiarlo. Come a leggergli nell’anima. Le braccia conserte sul petto e le gambe larghe lo facevano sembrare ancora più imponente.
“Mh” fece l’altro affermativo “Francesco del Prontopizza”.
Se aveva funzionato con il Cavaliere di Aries, non vedeva perché avrebbe dovuto essere ostacolato da quello di Taurus.
“E cosa ci fai qui?”
Gli occhi castani e indagatori di Aldebaran non lo mollavano un attimo.
“Intendo portare a termine la mia missione” ribatté sicuro “E giungere alle stanze del Grande Sacerdote”.
“Non posso lasciarti passare, ragazzo! Quindi è meglio per te se rinunci subito!”
I rami degli ulivi vennero mossi dal vento. La luna uscì da dietro alle nuvole, illuminando la scena e i due che si fronteggiavano.
“Rinunciare? Non posso! Non posso rinunciare e deludere mio padre! Anche a prezzo della mia vita, arriverò al mio obiettivo!”
Aldebaran spalancò gli occhi e serrò le labbra, colpito dalla generosità del ragazzo, dal suo cuore indomito e dal suo spirito di sacrificio.
“Combatti per nobili ideali, Francesco del Prontopizza”.
Francesco annuì, secco. Esattamente come aveva visto annuire Mu di Aries. Imparava in fretta, Francesco.
“E pensi davvero di riuscire nel tuo intento?”
Senza far freddare quella pizza, sottintese.
Aldebaran e Mu erano molto amici e amavano molto la compagnia l’uno dell’altro nei rari momenti in cui Mu lasciava la sua aspra regione in Tibet per tornare al Tempio ad Atene.
Tuttavia Taurus era meno schivo dell’amico e capitava, talvolta, che scendesse a Rodorio o anche ad Atene con Milo dell’Ottava Casa o con Aioria della Quinta, il giovane imbronciato che aveva avuto l’armatura tra le accuse di tradimento. Insieme si aggiravano tra la gente che li riconosceva e bisbigliava, o tra le persone che ignoravano la loro esistenza, vivendo la loro vita quotidiana.
Toccando con mano la realtà del mondo che era chiamato a difendere in nome di Athena, Aldebaran aveva avuto modo di vedere più di una pizzeria d’asporto.
E sì, si ricordava di essere passato perfino davanti al Prontopizza di Rodorio, ora che riconosceva il logo sulla maglietta del ragazzo.
Non lo si faceva fesso, Aldebaran di Taurus.
“Non ho alcuna intenzione di fallire” roco, Francesco affilò lo sguardo.
Aldebaran lo sostenne: “Anch’io ho un compito, Francesco del Prontopizza. Ed è difendere questa Casa. Devi dimostrarmi di essere degno di passare”.
“E sia! Te lo dimostrerò!”
Ostentando più sicurezza di quanta ne provasse davvero, il ragazzo si piegò sulle ginocchia, davanti al suo avversario, pronto a qualunque mossa dell’altro.
Deglutì e sentì un brivido gelido sulla schiena: cosa ci si aspettava da lui, adesso? Cosa voleva che facesse?
“Dimmi ragazzo…” iniziò l’altro, gettando dietro la spalla i capelli lisci “Dimmi…”
Seguì una pausa drammatica, in cui Francesco deglutì a vuoto di nuovo e Aldebaran parve perso nei propri pensieri.
“Dimmi…”
Francesco deglutì nuovamente.
“…ne fate di consegne, la domenica?”
Imponentissimo. Sembrava che lo stesse interrogando sui massimi sistemi.
“Certamente!” Francesco si batté una mano sul palmo, trionfante “L’unico giorno in cui non effettuiamo il servizio è il lunedì sera!”
Aldebaran rimase immobile. Fermo come una statua, irradiando dal proprio corpo un’aura d’oro, leggera. Francesco l’aveva già vista irradiare da Mu e rimase a guardarla colpito e rapito.
Respirava ormai quasi impercettibilmente, concentrato com’era sul suo avversario: perché non si muoveva? Perché non diceva una parola?
Rimasero fermi per attimi che parvero lunghi ore.
Poi Taurus accennò un breve assenso con il viso e si spostò di lato, come a scorrere sui cardini di una grande porta dorata.
“Molto bene,” disse.
Francesco restò fermo, le sopracciglia aggrottate sullo sguardo serio: era una trappola. Di certo. Che significava? Poi però vide il sorriso sul volto di Aldebaran, la sua espressione serena e abbassò lentamente le mani strette a pugno.
“Ma cosa…?”
“Puoi passare. Vorrà dire che quando ripasserai ti farò un’ordinazione”.
Francesco sentì gli angoli della bocca sollevarsi in un sorriso. Lo lasciava passare dopo quella semplice domanda. Era evidente che voleva solo metterlo alla prova, non desiderava ostacolarlo davvero!
“Tu… tu hai deciso di…?”
Aldebaran di Taurus annuì di nuovo. Ebbene sì: se il Grande Sacerdote voleva una pizza, chi era lui per fermare il coraggioso che intendeva portargliela?
“Dimostri audacia e grande onore nel portare avanti i tuoi ideali, ragazzo. Buona fortuna”.
“Io…” Francesco gli si avvicinò, fermandosi davanti a lui prima di proseguire. “Io non dimenticherò mai le tue parole! Né le tue, né quelle di Mu dell’Ariete!” lo guardò con gli occhi lucidi, il petto gonfio dell’onore che quei due grandi uomini gli avevano insegnato “Mi daranno la forza per andare avanti!”
“Un ultima cosa, Francesco del Prontopizza”, lo trattenne Aldebaran prima di lasciarlo proseguire.
Francesco stava già lanciandosi in corsa, ma si fermò, fiero.
“Che pizza è?” fece Taurus, inquisitorio.
“Una Quattro Stagioni. Con una Coca Cola” Francesco fece un sogghignetto sghembo, quasi complice “in omaggio”.
Aldebaran annuì, poi gli diede le spalle, nascondendo un sorriso orgoglioso: ne avrebbe fatta di strada, quel ragazzo!
“Ripetetemi il vostro nome, Cavaliere!”
“Aldebaran. Aldebaran del Toro”. E senza aggiungere altro, il Gold Saint si ritirò nell’ombra da dove era venuto. Probabilmente sarebbe tornato nelle sue stanze a finire quel puzzle con le ninfee.
“Aldebaran del Toro.” Ripeté Francesco con gli occhi luccicanti d’ammirazione. “Verrò con un ordinazione per te, presto. Molto presto”.
E corse via, pensando che di sua iniziativa e con il suo appannaggio avrebbe aggiunto sia una Coca che una Sprite.
Ma ora la Terza Casa lo attendeva, sopra di lui, minacciosa.
E già al suo interno una presenza vegliava, scrutando l’intruso dall’ombra.





L’angolo del ProntoPizza
(anche servizio d’asporto)

L'orologio ticchetta, il tempo scorre! Presto, non c'è tempo! Devo correre più forte che posso per arrivare in cima al Santuario! Siete con me?

Non mancherò, Shinji! Nemmeno nel consegnare una pizza in Inghilterra, se il trasporto è pagato! Adesso che il mio zaino è stato riparato, niente è impossibile!
Ruri, ringrazia da parte mia la gentile nonnina: il suo talismano mi darà forza! E anche se tu minacci grandi scontri alla Terza Casa, sappi che io non temo nulla. Il nobile Aldebaran aspetta me per una nuova ordinazione! Ho dei debiti da ripagare!
Devi essere forte, Beat: non lasciarti abbattere da così poco, la strada è ancora lunga. Il nobile Mu tanto ha fatto per me, ma avrò bisogno anche del vostro sostegno per andare! Avanti!
Charm_strange, come hai visto il custode della Seconda Casa si è rivelato nobile e comprensivo... ma la Quattro Stagioni è sempre con me, come tu dici! Non fallirò!
Bada alle tue parole, Ai91, non tollererò nessuna offesa al Grande Mu, col quale avrò per sempre un debito... se non fosse per lui, ora non sarei sulla scalinata fra la Seconda e la Terza Casa a leggere le vostre missive mentre corro! E il mio zaino è più resistente che mai!
Grazie anche a te,
Diana924... alle vostre parole sento la pizza ardere nello zainetto!
Kiki May, comprendo che l'emozione possa giocare brutti scherzi. Abbi cura dei tuoi Batticuori, come io conserverò gelosamente i biscotti che il nobile Mu mi ha donato! Sento che serviranno, nel corso della mia avventura...
Confida in me,
_Hal_, io ce la metterò tutta per non deludervi! Né voi, né mio padre, né i nobili saint che credono in me... presto, devo correre alla volta della Terza Casa con questa speranza nel cuore!
Keyra93, non devi temere. Le autrici sono state molto più ritardatarie di te. Ma adesso che ho ripreso in mano la situazione, ci penserò io! Non sia mai che una pizza del ProntoPizza arrivi in ritardo! Le tue parole mi danno forza! Grazie! E ora via, in marcia!

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Capitolo 4
*** Episode 04 - Il cavaliere Fantasma! Francesco se la vede brutta! ***



Quella sporca dozzina
Saint Seiya - The Sanctuary: Reloaded

 

(by Gold Saints Milo, Camus & Aphrodite)


 

EPISODE 04
Il Cavaliere Fantasma! Francesco se la vede brutta!




 

 

La Terza Casa si stagliava nel silenzio, imponente ma fosca, contro al cielo della sera.
Francesco ci entrò con passo sicuro, ostentando naturalezza ma rimanendo all’erta: ormai aveva capito l’andazzo. Sentì i propri passi echeggiare nella struttura vuota, tra le colonne, quasi spettrali. Sembrava non esserci nessuno.
Francesco seguì con lo sguardo il pavimento lucido, davanti a sé: nel buio della casa, già si vedeva in fondo la luce del cielo stellato. Il suo volto si rischiarò in un sorriso. Afferrò con entrambe le mani le cinghie che sul suo petto assicuravano lo zaino e aumentò l’andatura, fino ad una corsa.
Con sommo sollievo, uscì al cielo di Atene senza incontrare nessun altro Cavaliere, ostile o meno che fosse. Respirò a pieni polmoni l’aria fresca e profumata di quel luogo incontaminato e proseguì.

Gli ci era voluto appena un passo per accorgersi del paradosso.
Aveva staccato il tallone da terra e non l’aveva nemmeno riappoggiato quando, nel guardare davanti a sé, aveva scorto la scalinata andare verso il basso, invece che verso l’alto.
“Cosa?!”
Aveva guardato meglio. Era la Casa di Taurus, del nobile Aldebaran, quella davanti a lui.
“Ma cosa significa?”
Si era voltato freneticamente, per scoprire di essere appena uscito dalla Terza Casa, certo. Ma dalla parte sbagliata. Dall’entrata da dov’era venuto.
“È impossibile” decretò.
E lo ripeté, è impossibile, quando si rese conto che i Templi erano due, posti uno di fianco all’altro davanti a lui, speculari. Due templi gemelli.
“Quello prima non c’era” mormorò tra sé. “Ne sono sicuro. Quale scherzo è mai questo?”
Con rabbia, studiò entrambe le Case: si ergevano, statuarie e silenziose. Ai lati di ognuna delle due entrate i dioscuri scolpiti nel marmo.
“Quale mai sarà quella vera?” Francesco si avvicinò, con uno sguardo di cupa determinazione. Non si sarebbe lasciato sconfiggere da un trucchetto da baraccone come quello! Qualunque cosa fosse accaduta lui, Francesco, avrebbe proseguito.
Nella sua mente si fecero strada voci amiche, che lo incoraggiavano a proseguire: quella di Mu, che gli ricorda di aver rinforzato per lui il porta pizze; quella di Aldebaran, che incrocia le braccia sul petto e gli ingiunge di tornare; ecco adesso il viso di suo padre, sorridente, mentre gli parla dei progetti per il locale, ora invece ecco il barbiere di Rodorio, che gli dice che è ora di tagliare i capelli.
No. No, non si sarebbe tagliato i capelli. E non si sarebbe arreso.
La sua espressione si fece più dura, avanzando.
Guardò prima il Tempio a sinistra.
Poi quello a destra.
Poi…
“Hah! Che razza di scherzo assurdo!” gridò, impavido e con voce potente, a chiunque avesse cercato di giocarlo all’interno di quei Templi, “Credi davvero che esista qualcuno di così imbecille da infilarsi nell’una o nell’altra Casa?”
Senza aggiungere altro, e ignaro del pasticcio in cui nemmeno qualche mese dopo si sarebbero ficcati i quattro bronzei Cavalieri della Speranza, Francesco si lanciò in una corsa fulminea, deciso a passare tra le due case.

La figura brillante, scolpita nell’ombra, nel centro delle due Case, alzò il capo.
Lo attendeva in entrambi gli atri, non prevedendo quella sua mossa.
L’armatura di Gemini, animata dalla volontà del Cavaliere d’oro lontano, rimase per un lungo attimo lì dov’era, a riflettere sul da farsi.

Francesco saettò tra i due templi, nel corridoio esiguo formato dalle fila esterne delle colonne. Non si guardò alle spalle né ai fianchi, fissando invece avanti a sé la scalinata che l’avrebbe portato alla Quarta Casa, se fosse riuscito a superare quell’ostacolo.
Quindi si fermò in un arresto scomposto, per non franarle contro, quando la figura dorata si parò davanti a lui, sotto le stelle.
Il mantello le svolazzava alle spalle, ampio e candido, proprio come quello del barbiere di Rodorio. E del barbiere aveva le stesse spalle ampie e possenti.
Poteva anche essere lui, per quanto ne sapeva Francesco, dal momento che non se ne riconosceva il volto, sotto al grande elmo che ne oscurava i tratti.
Le braccia abbassate, ma tese; le gambe aperte e piantate, gli sbarrava la strada, diversi metri più avanti.
“Non riuscirai ad uscire da qui” scandì, con voce metallica, mentre la Casa dei Bambini Gemelli si rimaterializzava attorno a loro, immersa in una luce spettrale.
“Credi forse di farmi paura?” ringhiò Francesco, ostentando una sicurezza che non provava affatto.
“Nessuno è mai uscito dalla Casa di Gemini” assicurò l’altro, senza darsi la pena di rispondere alla domanda. Era un cavaliere molto impersonale.
“Ah, davvero? Ma io ci riuscirò! Tu non mi ostacolerai!” Francesco cercò di prendere tempo. “Levati!”
Il guerriero senza volto rimase lì dov’era, attendendo che il nemico attaccasse per primo, esattamente come il suo padrone si era raccomandato di fare. Nessun segno di avere colto le parole del ragazzo.
“Guarda che ti tiro una scarpa, eh?” Francesco cominciava a spaventarsi. Gli venne in risposta solo uno scintillio malefico, dall’elmo a due facce.
Una faccia dolcissima.
Una malvagia.
E in mezzo, tra i volti scolpiti in oro, quello in ombra del guerriero, che pareva essere disegnato nel buio stesso di quel Tempio.
“Attacca pure, se credi!” lo provocò, metallico.
Francesco, innervosito, pensò di farlo eccome. Si sfilò una scarpa da tennis e gliela tirò contro, con mira precisa, così come poco tempo dopo Hyoga avrebbe lanciato la sua Diamond Dust.
La scarpa giunse vicino all’elmo del guerriero dorato, poi, per qualche strano scherzo, tornò indietro, con forza.
Francesco non riuscì ad emettere una sillaba che si ritrovò con una suola in fronte.
“AHI!” Oltraggiato, fissò lo sguardo sull’avversario che gli impediva di proseguire. Sulla sua fronte spiccava chiaramente la scritta Nike: anche se al contrario, era chiaro che portava con sé la benedizione di Athena. “Che cosa hai fatto?!”
Dall’armatura dorata provenne una risata bassa e metallica, come se si alzasse dall’Oltretomba.
“La Casa di Gemini sarà il luogo in cui perirai…”
“Non posso! Ho una missione da compiere! Chi sei tu? Rivelati!”
“Io sono...” fu la cupa risposta “Il custode di questa Casa”.

Il Pontefice sedeva nell’acqua calda, nudo, sul pavimento decorato della stanza delle sue terme private, invasa dal vapore. Aveva perfino tolto la maschera che adesso guardava il soffitto, appoggiata sul bordo della vasca.
“Tsk!” sibilò.
Se ne stava lì, con una mano alla tempia, tra il vapore condensato che gli imperlava un corpo magnifico e possente – un corpo a proposito del quale cui stormi di fangirl non avrebbero fatto altro che aprire topic sui forum – un corpo sul quale, diciamo, i rivoli d’acqua erano felici di scorrere.
“Bah” un ringhio basso e gutturale.
Il Pontefice aveva ancora i capelli neri come la notte, era lunato malissimo e la sua pizza era in ritardo.

“Tu saresti il Saint di Gemini, dunque?” si sbalordiva intanto Francesco.
Una risatina sommessa in risposta.
“E tu perirai per mia mano. Non attraverserai la casa dei Gemelli!” Francesco l’avrebbe trovato un po’ ripetitivo, non foss’altro che lo vide alzare le braccia, minacciosamente, richiamando a sé un grande potere. “Hai capito che i tuoi attacchi non sono efficaci?”
Detto questo iniziò ad avanzare verso di lui, lentamente, come un fantasma.
È uno spettro?, pensava infatti Francesco. Oppure… Guardò l’armatura d’oro, immensa e impressionante: era la prima volta che ne vedeva una, sia Mu che Aldebaran si erano parati davanti a lui vestendo abiti comuni. Adesso comprendeva il loro nome, Cavalieri d’Oro, capiva quale fosse davvero il loro potere, sentendolo irradiare dal suo avversario.
Provò paura.
Che questo fosse il primo Cavaliere d’Oro in cui si fosse imbattuto davvero? Che Aldebaran e Mu l’avessero ingannato?
Alle spalle del guerriero senza volto, le colonne e la pietra fredda parvero sciogliersi e rimescolarsi, nell’ombra. Il tempo e l’universo si stavano distorcendo nelle mani del Cavaliere di Gemini e la sua voce risuonò come dalle profondità oscure dei corridoi.
Another Dimension!”
“Ma cosa?! …NO!”
Francesco si ritrovò a galleggiare in un piano cartesiano gigante.
C’erano pianeti che vi vagavano, come alla deriva, in quello scenario che non seppe dire se fosse solo un’illusione o se in esso stesse precipitando davvero.
“No… no!” si riscosse “Non posso… finire… così!
Se non poteva opporre resistenza, però, avvertì una forza sconosciuta, eppure familiare che riparava la sua caduta. Un Cosmo dorato, a trattenerlo.
Francesco lo sentì. Proveniva dalla Casa del Toro.
“Ma… cosa…?”
Un attimo dopo, invece di scomparire annientato nella Dimensione Oscura, cadeva di faccia sul pavimento del Terzo Tempio.
“Chi è stato?!” tuonò il guardiano dorato.
Francesco si tirò su a fatica. Poteva percepire lo stupore del suo avversario.
“Chi sono io, mi chiedi!” esclamò, massaggiandosi il viso, ben stabile sulle gambe “Francesco. Francesco del…” la voce gli cedette. Era stato salvato dal potere di Aldebaran! Lo riconobbe solo in quel momento. Come aveva sbagliato a dubitare di lui, come aveva potuto! Aldebaran e Mu erano veri Gold Saint!
Ritemprato da quel pensiero, fronteggiò di nuovo il nemico con un nuovo sogghigno: erano di nuovo faccia a faccia.

Il Pontefice uscì dall’acqua, grondante. Immediatamente fu drappeggiato in un telo pregiato da una fortunata servitrice, appena giunta.
Il bagno non aveva sortito l’effetto sperato, placando un noioso mal di testa: al contrario, era stato disturbato per tutto il tempo, come se qualcuno dalla Terza Casa stesse…
In quel momento realizzò, spalancando gli occhi arrossati sotto le ciocche umide e scure dei capelli.
“Impossibile! Non sarà mica...!” alzò la testa di scatto, “Il fattorino?!”

Con un grido di guerra, Francesco si lanciò contro il guerriero in armatura. Forse nessuno l’aveva mai allenato seriamente, ma da ragazzino di risse in strada ne aveva fatte abbastanza da sapere come si tirava un buon destro. Adesso lo stava dirigendo contro il viso in ombra di quel maledetto laminato in oro.
Il pugno andò a segno. Ma con un vlup, sprofondò nell’ombra dell’elmo. Un’armatura vuota.
Com’era possibile?
Quella era un’armatura vuota!
Un’armatura che rimase immobile, come vagamente sorpresa.
Un po’ più che vagamente sorpreso era Francesco, con più di mezzo braccio sprofondato chissà dove.
Francesco non poteva sapere che, nel momento esatto in cui aveva affondato il braccio nel niente sotto all’elmo dorato, la sua mano era arrivata dritta dritta nelle sale del Pontefice, affibbiando un’involontaria sberla sulla fronte di Saga.
Il Pontefice rimase sconvolto. Persino la servitrice riuscì solo ad allontanarsi di qualche passo, la bocca socchiusa e gli occhi spalancati nello smarrimento.
Francesco, alla Terza Casa, mosse ancora il braccio, appoggiato al petto dell’armatura immobile. Aveva toccato qualcosa, nelle viscere di quella statua d’oro, e cercò di nuovo nella tenebra.
Saga, nella sua stanza, si spostò oltraggiato quanto bastava per toglierlo dalla traiettoria di un secondo schiaffo. Francesco, menando alla cieca, mancò la sua guancia di un centimetro appena, ma si chiuse con ineluttabile precisione sulla collana sacerdotale che il Pontefice aveva al collo.
“Ehi!” Saga protestò, ma Francesco ritirò la mano incuriosito, strappando dal collo di Saga lo sconosciuto tesoro e riportandolo con sé.
Il Sacerdote rimase sconvolto a guardare la mano e il monile scomparire nell’aria di punto in bianco. Quel gioiello rubato sarebbe stato solo il primo di una serie di furti avvenuti dalla Terza Casa: un’altra preziosissima collana se ne sarebbe andata allo stesso modo, razziata crudelmente da Shun di Andromeda e dalla sua catena, qualche tempo dopo.
Vilipeso, Saga rimase lì senza proferire verbo, ancora avvolto nel suo telo pregiato e grondante d’acqua.
Si girò verso la servitrice, rea di avere assistito a quella scena atrocemente imbarazzante.
“Ti rendi conto, naturalmente” le disse con voce raschiante e nera quanto la sua chioma “Che ora dovrò ucciderti, vero?”

“E questa?” Francesco osservò la collana colorata, apparentemente trovata nella cavità dell’armatura immobile come svuotata di vita. “Oh, beh”.
Se la infilò in tasca.
Ci fu un bagliore dorato, che allagò il Tempio. Tra sfavillii aurei, come di stelle, l’armatura si smontò dall’inesistente proprietario, per ricomporsi, un pezzo alla volta, in un’inquietante figura dal doppio volto che sorvegliava una casa con due diverse paia d’occhi, le braccia piegate verso i quattro punti cardinali. Sembra che l’atmosfera ora si sia alleggerita in quella Casa scura, che conteneva tanta luce.
Francesco la guardò, con gli occhi sbarrati. Dunque era vero… il Saint di Gemini era solo un fantasma, infine? Scorse lo sguardo su quei due volti, così simili eppure tanto diversi.
C’era una sorta di malinconia dolce e triste, in quell’armatura vuota. …certo, non abbastanza da renderle la collana.
Così Francesco corse via, verso l’uscita, con la sua pizza ancora al sicuro.
Stanco, ma soddisfatto, una volta fuori sollevò il viso al cielo stellato, dove gli sembrò quasi di vedere i volti sereni di Mu e Aldebaran, che lo vegliavano nella sua missione.
Sentì lacrime eroiche rigargli le guance, mentre li contemplava con determinazione.
Mu… Aldebaran… Grazie. Perdonate… se ho dubitato di voi!
Si asciugò le lacrime con un gesto virile e riprese la sua marcia.






L’angolo del ProntoPizza
(anche servizio d’asporto) 


Questa volta c'è mancato poco... riuscirò ad arrivare indenne in cima alla scalinata? Se così non sarà, almeno potrò dire di aver lottato... Con me, lettori! Verso la Quarta Casa!

Alla cara fanciulla Diana debbo rispondere che invero questi cavalieri d'oro sono ossi duri, ma si comportano così per essere di esempio per tutti! Spero di essere degno della missione che mi hanno affidato... presto, devo affrettarmi!
Signorina Kiki May, noi facciamo ogni tipo di pizza che il cliente richiede, e quella nella fattispecie si chiama piadina! Ed io gliela consegnerò, signorina, alla prossima ordinazione, dovessi attraversare i mari dalla Grecia sino a lei!
Cara Beat, le tue parole sono state profetiche! Ti prego, veglia su di me anche durante il resto della marcia, i tuoi consigli mi sono preziosi! Per te, una Coca Cola in omaggio!
Oh, Shinji, come sono di conforto le tue parole: sapere che il grande Aldebaran è con me mi dà forza e sostegno! Grazie per avermelo ricordato!
Ah, Keyra, le tue non sono parole di una semplice ragazza... sento che anche in te arde quello stesso fuoco che mi fa andare avanti! Grazie!  Devo trattenermi dal farmi offuscare gli occhi di lacrime per tanta partecipazione e tante gentilezza... ma devo! O inciamperò sui gradini! A presto, fanciulla!
Non dubitare, Titania, non dubitare dell'efficacia di consegna del ProntoPizza! Alla prossima!

 

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