The Avengers Cast's First Meeting

di Shadowolf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Driving ***
Capitolo 2: *** Talking With Whedon ***



Capitolo 1
*** Driving ***


In una delle duecentomila interviste che ha rilasciato da tre anni a questa parte gli avevano chiesto se la Marvel gli avesse fatto sottoscrivere un contratto con opzione che prevedesse la totale disponibilità a girare una sorta di trilogia su Iron Man, nel caso il primo film fosse andato bene. Al che aveva risposto che no, loro non glielo avevano proposto, ma lui l’aveva voluto fare lo stesso. Tony Stark gli piaceva, era un tipo davvero interessante da interpretare: miliardario, probabilmente genio, arrogante al limite del sopportabile, playboy a tempo perso. E diciamocelo, anche un gran figo. Okay, ma  a parte questo, Iron Man è un personaggio dei fumetti, migliaia di bambini Americani sono cresciuti leggendo le sue storie, e ora ha le mie sembianze in un film, cavolo, do il volto ad un supereroe, rendiamoci conto! Tutto questo è... WOW! Per questo preciso motivo aveva firmato subito anche per ipotetici sequel, senza pensarci su più di una volta, e quando, qualche tempo dopo, l’avevano chiamato per metterlo al corrente della volontà di fare una sorta di maxi film sui Vendicatori, in cui riunire Iron Man, Capitan America e Thor (con l’opzione Hulk e insieme ad altri supereroi meno conosciuti), be’, era semplicemente balzato in piedi dal divano dov’era seduto e non appena riattaccato aveva cominciato a ridere come un’idiota senza riuscire a fermarsi. Era un’idea geniale! Tre supereroi tutti insieme, tipo i crossover che la Marvel pubblicava quasi ogni anni, che coinvolgevano tutti i personaggi della Casa Delle Idee, più o meno, e per i quali aveva quasi un’adorazione da quando aveva cominciato a leggerli. Gli occhi gli brillavano ancora di più quando raccontava di questo specifico progetto a qualcuno, talmente ne era eccitato.

Sta ripensando un po’ a tutto questo, a come è partita la sua avventura nei panni di Tony Stark, a come si è evoluto il suo personaggio tra il primo e il secondo film, e a come questo ruolo l’abbia portato sulla bocca di tutti, mentre guida nel traffico mattutino di Los Angeles, diretto agli studi dove in mattinata è previsto il primo incontro di tutto il cast degli Avengers. Non conosce i suoi due compagni d’avventura personalmente, sa che quello che interpreta Thor è australiano, che l’altro prima di fare Cap era stato la Torcia Umana (qualche problema di personalità forse?), e che entrambi prima di essere scritturati per i rispettivi ruoli non avevano mai partecipato a film di queste dimensioni, diciamo così, o perlomeno non nel ruolo di protagonisti. Ma la sua conoscenza si ferma qui, non va oltre, ed è quindi curiosissimo di incontrarli per la prima volta, anche per tastare un po’ il terreno insomma, vedere come si mettono le cose. Si fida molto della propria prima impressione, riesce subito ad avvertire se e quando le cose girino nella maniera in cui piace a lui, se potrà esserci spazio per improvvisare, se gli altri lo seguiranno quando gli verrà un’idea e vorrà metterla in pratica, se il regista lo lascerà fare o lo bloccherà alla prima cosa detta non presente sul copione. Tutto questo, ed altri dettagli ancora, lui riesce ad intuirli fin dal primo meeting di produzione. A dirla tutta è un po’ preoccupato – no, no, preoccupato non è la parola giusta, diciamo meglio: è sulle spine – perché si sente almeno in parte come se fosse su di una nave da solo, abbandonato da tutto il resto dell’equipaggio; a girare i due Iron Man si era divertito un sacco, aveva conosciuto Jon con cui era andato d’accordissimo fin da subito, e aveva ritrovato la stessa troupe dopo due anni per il seguito, quindi in un certo senso ormai respirava aria di famiglia quando lavorava con loro, e se era lui quello che dava voce, anima e corpo a Tony, parte della riuscita dell’operazione andava senza dubbio alla crew. Ora invece la situazione è completamente diversa, lui è rimasto, sì, ma tutto il resto è cambiato, sarà costretto a ripartire daccapo, e se questo di solito lo incoraggia in una maniera pazzesca, perché è un tipo sempre affamato di nuove avventure, nella fattispecie un po’ lo spiazza, perché comunque il personaggio che interpreta è sempre lo stesso. Dio, quanto la sto facendo lunga! Per niente poi! A volte mi chiedo davvero quale caspita di piacere ci trovi a pormi tante domande retoriche...

Per far interrompere il flusso di pensieri (inutili!) che gli sta passando per la testa da quando s’è messo in macchina accende la radio e comincia a cambiare stazione finché non trova una vecchissima canzone degli America intitolata Ventura Highway che, coincidenza delle coincidenze (macché coincidenza, sei in California, cretino, che altro ti aspetti!?), è proprio quella su cui sta viaggiando in questo preciso momento, anche se fra qualche miglio la lascerà e girerà per Pasadena. Arriva al ritornello e si mette a cantare un po’ più forte, tanto chi se ne frega?, è in macchina da solo e sta andando al primo meeting di un nuovo film, è Gennaio ma c’è un sole bellissimo, e la strada è anche piuttosto sgombra, per essere le dieci del mattino. In un attimo dimentica tutte le paranoie mentali che si stava facendo, in fondo la giornata è cominciata bene e insomma, non c’è mica bisogno di complicarsi la vita giocando d’anticipo! Sì, è Ventura Highway a fargli questo effetto, quella canzone fa lo stesso effetto su tutti quelli che l’ascoltano, anche se non sono in California e magari fuori piove. Okay, come non detto, magari in quel caso fa deprimere ancora di più perché uno vorrebbe essere qui e invece è chissà dove, vedi come sono fortunato io, nei confronti loro? Roooooooooooooob, basta per piacere!

Continua a cambiare stazione, passa dal country, al rock, alla beach music (siamo a L.A. dopotutto!), ai talk show, ai notiziari; fa due volte il giro dell’intera frequenza, abbassa e alza il volume a seconda di quel che trova, come sente che si comincia a distrarre dalla radio prende e cambia, è l’unico modo per tenere la mente pseudo occupata ed evitare che i pensieri riprendano a fluire senza un senso, cosa che sono molto inclini a fare stamattina, come ha appena avuto modo di constatare; non controllarli significherebbe arrivare a questa benedetta riunione già predisposto in una determinata maniera, e dato l’evidente atteggiamento da Tony Stark con il quale s’è inevitabilmente svegliato stamattina pensa sia meglio evitare di cominciare a dar spettacolo già dal primo inning. Come si dice di solito, meglio tenere il piatto forte per ultimo. Sì, una cosa del genere, più o meno il succo del discorso è questo. Il fatto è che da quando ha cominciato ad interpretarlo se lo porta dietro come se fosse un abito, anzi meglio, come se fosse la propria personale armatura da Iron Man: “Tony ha Iron Man, io ho Tony”, riassumendo, e farlo uscire da lì dentro a volte è davvero impresa ardua, perché lui stesso non contribuisce, non fa il minimo sforzo talmente a suo agio si trova nei panni del miliardario, genio, eccetera, eccetera. E non è che lo faccia per qualche ragione particolare, eh, intendiamoci, è che si diverte così, si diverte a rimanere nei panni di Stark anche quando il lavoro giornaliero sul set è finito ed è ora di tornare a casa (alle volte si sorprende nell’andare alla sua macchina e non trovare il nome “Stark” scritto sulla targa posteriore). Così oggi, non certo casualmente (ma probabilmente senza che se ne rendesse pienamente conto), al momento di vestirsi ha aperto l’armadio e ha tirato fuori una camicia bianca e un completo gessato, s’è pettinato i capelli a spazzola, leggermente alzati davanti, ha messo un po’ di gel e s’è scelto un paio di occhiali da sole con le lenti rosse; è sceso conciato in questo modo a fare colazione e ovviamente Susan ed Indio gli sono scoppiati a ridere in faccia. Poi ha anche il coraggio di dire che le cose non se le va a tirare, lui (per onor di cronaca c’è da notare che voleva indossare anche una cravatta celeste, ed è stato solo l’intervento deciso di Susan a farlo poi desistere).

Sfumano le ultime note di On The Road Again cantata da Willie Nelson, sta giusto imboccando l’uscita autostradale, ha appena passato il cartello con su scritto “Pasadena”; percorre le ultime due miglia con il finestrino abbassato, così il vento gli spazzola ancora di più i capelli all’indietro e sembra più naturale (e anche un po’ più selvaggio e indomabile, diciamo la verità). Arriva al cancello degli studios e ancora canta, saluta allegramente il guardiano che gli augura buona giornata, imbocca il viale alberato a velocità troppo sostenuta, raggiunge il blocco 4 dove c’è la palazzina della produzione e parcheggia – o sarebbe meglio dire che lascia così come viene – la sua auto proprio di fronte all’entrata. Scende, sbatte la portiera, chiude, si aggiusta la giacca e gli occhiali da sole e comincia a salire quasi saltellando i quattro o cinque gradini che ci sono prima della porta. Nella sua testa non risuonano più le note di Ventura Highway o la voce di Willie Nelson, ma il riff di chitarra elettrica di Angus Young e la voce graffiante di Brian Johnson che canta Shoot To Thrill.

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Capitolo 2
*** Talking With Whedon ***


Bussa alla prima porta, la apre, niente. Prosegue. Seconda porta. Stesso risultato. La terza è di fronte, idem. Finalmente la quarta è quella giusta, più o meno. Dentro la stanza, peraltro enorme, trova seduti intorno al tavolo Jon (che collabora al film in qualità di produttore artistico) ed un altro uomo che non conosce, ma che come lo vede si alza e si affretta ad andargli a stringere la mano. È alto, robusto, leggermente stempiato, di età indefinibile, probabilmente compresa tra i trenta e i cinquanta. No, davvero, come fai a dirlo con certezza?

“Oh, Mr. Downey, it’s a great pleasure to finally meet you!”

“Hi, how you doin’?” blatera in risposta, ricambiando la stretta; il momento dopo quello gli si getta tra le braccia e comincia a dargli grandi pacche sulla schiena. Lo prende alla sprovvista, cerca lo sguardo di Jon oltre quella montagna di uomo che letteralmente lo sovrasta, lo trova, gli chiede aiuto con gli occhi (e magari anche qualche spiegazione, se non è di troppo fastidio, grazie). Jon se la ride ancora per qualche momento, dopodiché si alza e li raggiunge, e con quanta più delicatezza possibile li divide.

“Robert, I’d like to introduce to you Mr. Silver, he’s gonna direct the second unit.”

Grandioso, Mr. Silver! Continuano i riferimenti ai Fantastici Quattro noto con piacere.

“Hi, nice to meet you. You look pale, man, are you alright?”

“Oh yes, Mr. Downey… I’m just a little nervous, it’s my first time as a second unit director, and I’m so excited to have the chance to work with you!”

No, non lavorerai con me, lavorerai con gli stunt.

“You’re gonna be great, just relax, okay? Uh, Jon, can I talk to you for just a moment, please? Outside…”

“Sure! Have a seat, Brian, we’ll be right back.”

Lo precede fuori, rifà tutto il corridoio, scende i gradini, apre la macchina, si siede al volante ad aspettarlo, tamburellando nervosamente sopra il manubrio; dopo pochi secondi Jon lo raggiunge e prende posto sul sedile del passeggero.

“Tell me this is a fucking joke.”

“Oh, c’mon, what’s wrong with you?”

“I don’t know exactly what to tell you. Beside, of course, it’s like 10:15 in the morning and nobody else has shown up here except me. Ah, and we’re gonna have a first-time-round director behind the second unit camera. Am I forgetting anything?”

“Listen, I’m gonna ask you a little favor, alright? I mean, friend to friend.”

“Go ahead.”

“Try and be patience, okay? This is just the first meeting after all, everybody’s gonna be edgy, you know that. It’s a big movie, big budget, big chances as well. And you know pretty well how it’s like being on a turning point of your own career. You want to make a move, but you’re afraid of where it could be taking you, and you don’t even know if it will turn out right or wrong, in the end. So, be nice please, Mr. Stark.”

“You know, Jon, I like you more when you’re Hogan, he doesn’t make me feel like an idiot even though it’s exactly what I look like.”

Proprio in quel momento sopraggiunge un’altra auto nello spiazzo; lui alza lo sguardo e vede tramite lo specchietto retrovisore che è arrivato il regista. Se ne accorge anche Jon, che gli lancia un ultimo sguardo di avvertimento misto ad un’espressione da “We have a dial” prima di uscire dalla sua macchina e andare incontro al nuovo arrivato. Se ne rimane ancora qualche istante seduto, poi si alza a sua volta, chiude la macchina e si appoggia al cofano anteriore, le braccia incrociate, ad aspettare i due. Di bene in meglio, abbiamo qui l’ammazzavam...

“Mr. Downey! You look so great! How you doing?”

“Hey, Mr. Whedon! I’m fine, thanks. Can’t wait for the meeting to start!”

Anche se tiene gli occhi fissi sul regista, non può non avvertire su di sé lo sguardo leggermente omicida di Jon, poco dietro di loro.

“Me too, me too… So, does anybody else come out yet?”

‘Già’!? Che cazzo vuol dire ‘Già’? La riunione era fissata alle dieci zero zero, sono le dieci e venti, per la miseria! Dovrebbe essere un ‘Non ancora’, non un fottuto ‘Già’!

“No, there’s nobody else inside except that guy who’s gonna direct the second unit… or something like that…”

“I’m sure they’ll be here in a few minutes. Shall we go inside anyway?”

“Of course! You go first…”

Fa quasi un mezzo inchino, l’altro fortunatamente non sembra cogliere il suo sarcasmo, gli sorride compiaciuto e lo precede sulle scale, prima di sparire oltre la porta esterna. Fa per seguirlo ma una presa alquanto ferrea sul braccio gli impedisce di completare il passo, bloccando l’altra metà del suo corpo e facendolo così oscillare leggermente all’indietro; nell’attimo che intercorre tra i due movimenti capisce già che cosa gli sta capitando, così è abile ad approfittarne e a lasciarsi completamente andare nella stessa direzione, convinto non a torto che il proprietario della mano che lo ha tenuto fermo non lo lascerà comunque capitolare per terra, cosa che puntualmente avviene. Si ritrova letteralmente tra le braccia di Jon, alza lo sguardo verso la sua faccia, gli sorride sornione.

“Yes, my dear?”

“Don’t fool around with him.”

“I wasn’t fooling ‘round…”

“Robert… please!”

“Am I supposed to shut up and say nothing all the meeting long? If there’s gonna be a meeting, of course…”

“I-I’m not saying you don’t have to speak, just… don’t make an idiot out of him in a way he can’t be aware of, alright?”

“Okay, okay. I’m gonna be the sweetest and nicest superhero in the world, I promise on my Iron Man suit.”

“Good boy. Let’s go inside, come on.”

Lo spinge leggermente in avanti, lui si rimette in piedi e lascia che sia l’altro ad andare avanti. Da quando sono arrivato qui non ho fatto altro che andare avanti e indietro per questo maledetto corridoio. Ci dev’essere qualcosa di perverso in tutto questo, non è normale.

Una volta tornati nella stanza trovano i due registi che parlano a bassissima voce tra loro, come se stessero organizzando chissà quale riunione segreta; non appena li vedono entrare comunque smettono immediatamente di farlo (come se stessero parlando di me), si voltano entrambi verso di lui e simultaneamente gli sorridono. Un sorriso (anzi, due) che parte da un orecchio e finisce all’altro. Questi due mi spaventano, e non poco. Si lascia andare sulla prima sedia libera che trova (tu guarda la combinazione, la più vicina alla porta e la più distante dal capo dove sono seduti loro), poggia i gomiti sui braccioli, distende le gambe, incrocia le mani sul petto e comincia a spostare lo sguardo dall’uno all’altro, lasciando da parte Jon che nel frattempo ha preso posto all’esatta metà del lungo tavolo. Se tutti sorridono come degli allucinati, sono capace di farlo anch’io, mi riesce molto bene. Vediamo chi la spunta.

Passano sì e no due minuti che Whedon gli rivolge la parola, allungando ancor di più se possibile quella smorfia che spaccia per sorriso sul suo volto.

“So, Mr. Downey… We didn’t have so many chances to talk before, did we?”

”Well, we could do it now, while we’re waiting for the rest of the cast, don’t you think?”

“Yeah, it’s a great idea. You know, I saw you on both the Iron Man movies, you did a hell of a job, really…”

“Yep, that’s true. You know how it’s like, when you work with people you can trust and who you know will set themselves on fire for you, then it’s…” lancia uno sguardo furtivo a Jon, che lo fissa senza fare un singolo micromovimento, non sbatte neanche le ciglia, “… a lot easier. For me, I mean. Obviously I always like acting, so I guess it doesn’t really make any difference to me, after all.”

Pfiuuu, salvo all’ultimo momento. Jon torna a concentrarsi sui fogli che tiene davanti a sé.

“I see. And what do you think about this project?”

Ah, ma non credere che non sappia dove vuoi arrivare, amico. Non riuscirai a farmela.

“Oh, that’s such an amazing idea! I was really looking forward to this movie since they called me for the very first time and said they were working on a script for The Avengers… Then they asked me if I was interested in being Tony Stark again, which I answered something like: ‘You kidding me? Sure I am interested! I love being Tony, I wouldn’t ever let anyone else playing him!’. And then you got confirmed, and I was like: ‘Oh, he’s gonna be great, he’s a tremendous director, such an amazing choice!’. So yep, I’m really, really excited about this movie, we’re gonna make it astounding!”

Whedon lo fissa per qualche attimo, è evidente che sta decidendo se fidarsi di quel che gli ha appena finito di dire oppure no, ma d’altronde come fai a dargli del bugiardo? Ha sempre una faccia così angelica... Passa qualche secondo, lui continua a sorridergli, dopodiché concentra la propria attenzione su Jon, il quale avvertendo lo sguardo dell’altro su di sé si limita per tutta risposta a rivolgergli una scrollata di spalle e un’occhiata da “If he’s saying so…”. Il regista torna a fissarlo, ancora ben poco convinto della persona di cui sta cercando di decidere se potersi fidare o meno. È evidente che dev’essere successo qualcosa tra il momento in cui si sono visti per la prima volta nel parcheggio e quando è tornato nella stanza, e quel qualcosa quasi certamente risponde alla chiamata di Brian Silver, che ora guarda caso ogni qualvolta ci riesce prende a fissarlo con uno sguardo che è ha metà tra l’impaurito e il “I know which game you’re playing”.

“So, it seems we’re gonna get along pretty well, aren’t we, Mr. Downey?”

‘I feel like you’re driving me to court martial, this is crazy, what did I do?’

“You bet it, Mr. … (non ammazza-vampiri, non ammazza-vampiri, idiota, non chiamarlo ammazza-vamp) ... Whedon.”

Si alza e gli va a stringere la mano. Giocando così, tra una mossa difensiva ed una d’attacco, gli è tornato in mente Stark, il che vista la situazione e per come si stanno mettendo le cose è solo un bene. Se è nella parte gli viene tutto più sopportabile (e anche un po’ più divertente a dirla tutta), perché lui è Iron Man, cazzo, è un fottuto supereroe!

Mentre ancora gli sta stringendo la mano bussano alla porta; si girano tutti quanti in direzione del suono, e l’attimo dopo una testa quasi rasata a zero fa capolino nel varco che si è appena aperto. Sorride anche il nuovo arrivato (ma perché si comportano tutti come se ci fossero dei fottuti fotografi qui dentro!?), entra, si piazza in una posizione in cui tutti lo possono guardare, divarica leggermente le gambe, si mette le mani sui fianchi, porta il petto in fuori (ma che cazzo...?) e poi saluta.

“Good morning, folks! Ready to save the world?”

Oh dio santo. Ditemi per favore che è un fottuto scherzo...

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