Parlino gli Occhi

di Hyn_Tisunimess
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una notte di sole ***
Capitolo 2: *** L'Occasione Sfuggita ***



Capitolo 1
*** Una notte di sole ***


Mi spingevano, ma non ci facevo caso. L'autobus era affollato, così pieno che quando le porte si aprirono alcune ragazze rischiarono letteralmente di cadere sul marciapiede, tanta era la pressione interna, ma io non ci badavo. Mentre uscivo dall'autobus avevo le cuffiette nelle orecchie e la musica che cercava il suo posto dentro di me. Ma quel giorno non era un buon giorno per la musica, che inutilmente cercava un via d'entrata a me, un modo per ottenere la mia attenzione. Provava nella testa, ma la trovava affollata di teorie, ipotesi e paure, provava nel cuore, ma lo trovava pieno d'amore. Infine, abbandonando ogni speranza, usciva silenziosa... abbandonata ed ignorata. Il sole splendeva alto su Nagove, la mia bellissima città di mare, ma per me era come se il sole non fosse mai sorto.

Attraversai la strada, non feci attenzione al traffico, forse segretamente speranzoso che qualche macchina mi investisse, nè alle persone che mi passavano accanto. Non ero in vena di convenevoli, saluti o conversazioni, sembrava tutto così futile, così superficiale, così inutile in quel momento. L'autunno era appena iniziato, ed insieme alle ultime manciate di polline che inmancabilmente mi fecero starnutire stavano cadendo anche le prime foglie, posandosi sul selciato, presto strappate dai passi affrettati di qualche studente in ritardo.

Non feci caso ai gruppi di persone che iniziavano ad affollare la via, poggiando gli zaini sul muretto e accendendosi la sigaretta mattutina, la prima di tante. Quel giorno non mi interessava ascoltare i loro discorsi, i loro problemi ed i loro lamenti. Non m'interessava sapere si dovesse una siga a chi o a chi, al contrario, spettasse mezzo pacchetto di cicche. Tutto era com'era sempre stato, i Kunp in un angolo, con le loro pettinature appariscenti, gli Naltio all'angolo opposto, pallidi come la morte e con gli occhi cerchiati di un sonno centenario. Gli artisti erano sparsi, così come i marinai, gli ZZ ed i cuoio. Qualche solitario e qualche JL erano ai margini della scena, ma nessuno si curava di loro.

Camminai oltre, fino ad arrivare al mio punto di fermo. Il cancello era già aperto... vecchio, nero, parzialmente arrugginito ed ancora con delle vecchie traccie di filo spinato a decorare le punte, memorie del famoso decennio, quando gli spazi e le persone venivano accuratamente divisi in base a criteri non sempre molto chiari. C'erano già un po' di persone del gruppo, ed altre sarebbero arrivate. Di lì a venti minuti, ci sarebbero stati tutti, tranne qualche assente... c'era sempre qualche assente! Ovviamente non potei fare a meno di levarmi le cuffie, sarebbe stato scortese ignorare tutti, specialmente quelli più vicini a me. Salutai distrattamente, lo sguardo perso sulla strada, aspettando che arrivasse.

Non ci mise molto, ma a me sembrò infinito. "A me sembrò infinito" è una frase che si usa davvero troppo spesso di questi tempi, e molto spesso impropriamente. Eppure vi assicuro che a me quell'attesa sembrò, e ripensandoci mi sembra tutt'ora, infinita! Mi salutò come aveva sempre fatto, come se niente fosse accaduto, e poi si sedette sul muretto a ripassare le materie del giorno. Eppure qualcosa era accaduto, lo sapevo io, lo sapeva anche lei, ed entrambi lo stavamo dimostrando con le nostre azioni. Forse fu un leggero tremitio nel suo saluto, oppure un'incrinatura nella mia voce, ma per un attimo sembrò che il mondo si congelasse, quasi come se tutti si fossero accorti che qualcosa all'interno del gruppo non andava, qualcosa di serio. Ma fu solo un attimo, e ad oggi sono quasi sicuro che fu solamente una mia impressione.

Sull'autobus avevo pianificato, ipotizzato, mi ero preparato parole ed azioni... ma li, sul momento, mi ero dimenticato tutto. Mi ero addirittura dimenticato di avere pianificato! Non persi la mia calma, perché non era il modo in cui reagivo a certe circostanze. Divenni, se possibile, ancora più calmo. Mi avvicinai, stentando un sorriso.

- "Cosa fai?" Le chiesi. - "Niente." Rispose lei.

In quel momento seppi che non sarei più riuscito a trattenermi, non ce la facevo. Se fosse successo con chiunque altro, non me ne sarei fatto un problema. Sarei semplicemente andato avanti con la mia vita. Ma con lei, con lei non potevo.

- "Perché mi ignori?" - Le chiesi. - "Cosa c'è che non va?"
- "Niente." Rispose lei, impassibile.

- "No." - Dissi a me stesso. - "Non è vero, bugiarda!"

TO BE CONTINUED

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Capitolo 2
*** L'Occasione Sfuggita ***


Camminavamo di pari passo, muovendoci a stento nella stranamente mite aria di fine Febbraio. Il sole era appena calato, e seppure sui monti stessero già sorgendo le prime stelle, puntando lo sguardo verso la costa si poteva ancora scorgere un lieve bagliore, l'ultimo resto di un tramonto appena consumatosi. Cadeva una pioggia leggera, quasi vaporea, che stentava a raggiungere terra prima di disperdersi in tante minuscole particelle. Questo continuo ciclo di pioggia in discesa e vapore in risalita immergeva l'intera città di Nagove in un nebbia sottile, che celava i dettagli più distante e smussava gli angoli, donando all'intera via un aspetto fiabesco. C'era poca gente per strada, un vagone leggero ci superò in pochi istanti e, per appena qualche attimo, un leggero fascio di luce color acquascura illuminò i nostri volti, innondaci di colori sconosciuti alle nostre pelli. Avevamo fatto appena pochi passi, ma i nostri vestiti erano già lievemente umidi, e sentivo il principio di mal di gola che era andato formarsi quella mattina iniziare a destarsi, rendendo ogni respiro un dolore. Non ci feci caso. Non feci caso al dolore che dalla gola andava innalzandosi verso l'orecchio, così come non prestai attenzione alle leggere ombre che fuggivano da noi ogni volta che passavamo sotto ad una fiaccola notturna, e neppure dedicai appena un attimo ai gatti randagi, che ci seguivano dall'alto dei tetti.

Man mano che proseguivamo lungo il nostro percorso, sembrava che la città alle nostre spalle si chiudesse, quasi volesse vietarci di ritornare sui nostri passi, quasi volesse impedirmi qualsiasi ripensamento. Dietro di noi si chiudevano persiane, spegnevano luci e abbassavano seracinesche. Dopo pochi attimi la pioggia cancellava le nostre impronte e, di fatto, la strada moriva. Più avanti viveva per noi, non poteva che essere così, per cos'altro avrebbe dovuto vivere? Non c'eravamo che noi all'aperto! Un riflesso di luce cadde per appena un attimo sulla targa della pasticceria sul lato della strada opposto a noi, ma fu solo per un attimo, perché era ancora presto per l'Alba Intermedia.

Girai a sinistra, un atto impulsivo che non avevo avuto né il tempo né l'occasione di pianificare. Gli aghi dei nostri compassi sensibili schizzarono simultaneamente, ritirandosi verso il centro del cerchio che entrambi portavamo al polso, calcolando un nuovo selciato. Credo che lei se ne accorse, ma comunque non disse niente. Ad oggi non so dire se sia stata una reazione positiva o negativa, probabilmente non lo saprò mai. Continuai a camminare nella nuova direzione che avevamo intrapreso, teoricamente per evitare un attraverso possibilmente pericoloso, praticamente per passare più tempo assieme. Non so cosa ne pensasse lei, magari mi odiava, non riusciva a sopportarmi e non vedeva l'ora di separarsi da me... Forse era solo troppo educata per dirmelo in faccia. Forse, invece, era contenta di questo cambio di percorso. Magari era contenta che saremmo stati costretti a passare qualche ulteriore minuto in reciproca compagnia... Desideravo ardentemente che, fosse stato per lei, avessimo passato ancora ore ed ore assieme. Quello che voleva realmente, non credo non lo saprò mai.

Girammo a vuoto ancora per qualche minuto, con le ombre della sera che continuavamo ad allungarsi, fin quando non riuscirono più a celare la propria presenza. Non dicevamo niente, ma almeno parlavamo. Erano discorsi a vuoto, stavamo solo arieggiando il cavo orale. Qualunque mio conoscente sarebbe stato in grado di sostenere la medesima conversazioni, poiché gli argomenti trattati erano semplicemente futili. Nonostante tutto, quando ci salutammo, ero felice.

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