Borderline

di Inucchan_Roro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo capitolo ***
Capitolo 2: *** Secondo Capitolo ***
Capitolo 3: *** Terzo capitolo ***



Capitolo 1
*** Primo capitolo ***


Borderline

Linea di confine

 

 

 

Scenetta introduttiva.

Questo che vi apprestate a leggere, dovrebbe, in teoria, essere solamente un mero incipit. (Ho detto dovrebbe, non che lo è). La vera storia è molto più sotto, quindi, se non volete abbandonare lo scritto ancor prima di averlo letto, saltate la prima parte del documento e andate alla fan fiction.

 

 

Buongiorno/pomeriggio/sera/notte, a qualsiasi ora tu stia leggendo. Come va? No, aspetta, niente domande personali, no. Uhm: siamo due pazzi psicopatici e vogliamo presentarvi la nostra ultima fatica (?).

No scusa, chi sarebbe lo psicopatico? Parla per te!                

U_U Lo sei anche tu, ehi. La storia è stata concepita da entrambi, mi sembra. E scleriamo almeno una volta al giorno, quindi siamo pazzi. Ma taaaanto adorabili, questo sì.

Personalmente non mi ritengo nè pazzo, nè tanto meno    adorabile    . Quindi ripeto, parla per te!         

U____U Va bene. Siamo una pazza e una divinita, allora.   

divinita? Divinità, a casa mia u_ù

         Sì, lo so. .______. Non credevo fossi meritevole dell'accento, tutto qui. <3   

Non mi ritieni meritevole dell'accento? Osi    per caso     dubitare del tuo Dio? No, perchè se così fosse, sai che sarei costretto a rivedere la mia selezione di sacerdotesse, nevvero?         

Ma scherzavo, Dio-sama! Scherzavo! Ovvio che meritate l'accento, sìsì. In ogni caso, stiamo divagando.   

Decisamente sì. Dovevamo, uhm, cosa stavamo facendo?

Dovevamo presentare la fan fiction, credo.

Ah sì, la fan fiction. No, aspetta, abbiamo scritto una fan fiction?

Certo che sì. Una beeeella fan fiction, ambientata dopo la fine del manga... Ricordi?

Ah, giusto! ''Quella'' roba.

Non chiamarla roba che poi si offende! Si chiama Borderline, ricordatelo: B-o-r-d-e-r-l-i-n-e.

Ah-ah. Ricordo, sì. Credo che dovremmo avvertire coloro che saranno tanto paz..., ehm, coraggiosi, di leggere l'opera, che sarà moooolto lunga.

Ma interessante, no? Noi lavoreremo affinché la storia risulti piacevole, in fin dei conti, quindi sarà interessante.

Ovviamente, e non diremo a nessuno che prendiamo mazzette esterne per sgobbare giorno e notte...

Certo. Perché, volevi dirlo? Insomma, è un segreto, i lettori non devono saperlo.

Infatti, ma, ops..., Ro, credo che lo abbiano scoperto!

Argh. Uhm, facciamo finta di nulla e continuiamo a presentare, okay?

[Si guarda attorno con non-chalance] Perchè, tu hai detto qualcosa per caso? Io non ho sentito nulla, e non ho aperto bocca.

Neppure io. Quindi, uhm... Dicevamo che la fan fiction sarà tanto carina ed interessante. E i protagonisti... vuoi dirlo tu?

I protagonisti, oh, quelli sono decisamente il pezzo forte ... [tossicchia e chiama il suggeritore nel retroscena] Chi cacchio sono i protag...ah, sì? No!Non ci credo. Ma l'hai ordinata la pizza? Sì, ah bravo bravo. Cosa? Ma è un furto in piena regola! Sì, metti tutto sul conto di Ro. Bravo. Grazie, sì. [Torna a guardare i lettori] Eh? Kagome e Inuyasha ovviamente! Credevi che non lo sapessi eh?

...sul mio conto, dici? Oh, uff, e pensare che quello che lavora sei tu, tra i due! Comunque, sì. InuYasha e Kagome.

Non sono mica tuo marito, devo mantenere pure te? Ma guarda questa! Ehm, sì. La storia è sicuramente interessante, quindi, inviterei coloro che stanno ancora seguendo questo scempio, di scendere con la scrollbar un più giù, dove c'è la storia.

Ovvio che non sei mio marito ò____o, non vedo perché dovresti esserlo, ma... perché dovrei pagare io per te? Comunque, concordo con Dio-sama: scendeeeete un po' più giù e godetevi la nostra storia. Non vi costa nulla, no?

Infatti! Mi chiedo perchè stiamo ancora a parlare del conto della pizza, ma vabbè. Sì, esatto! Su, su. Via, sciò!

Lasciamo in pace 'sta pizza, per stavolta offro io. *Guarda i lettori* Sciò, abbiamo detto. ò______o Viaaaa! Leggete e commentate, mi raccomando.

[Mangiando la pizza] Mhnm, Ro...?

...potresti almeno darmi un pezzo di pizza, Matt. Comunque, che c'è?   

Ho mangiato anche la tua parte [sorriso angelico].

Oh. Che amore di Dio-sama, eh? *Strappa via Tessaiga dalle mani di InuYasha e la sventola* Oh, chissà cosa succede se te la do in teeeesta!

Per una pizza? Quanto sei violenta! [Scappa, comunque, si sa mai]. Buona lettura!

*Ripone la spada e si mette a giocare con la sua tigre, Neko* Su, via! Buona lettura!

 

                                                                                 

 

 

 

 

 

Capitolo I

 

 

 

 

 

Spente. Spente, dietro le palpebre, le corolle degli occhi.

Leggero, così leggero d’aver la parvenza d’essere quasi nullo, il sonno.  Il silenzio troneggia tra i fili di bruma, che, alti, s’intersecano sulla volta, calando d’attimo in attimo lo spettrale sipario d’una notte immersa nei grigi toni della nebbia.

Invisibile. Il respiro che solleva la gabbia toracica dall’alto verso il basso, tanto che all’osservarlo egli pare il riverbero di cinquant’anni prima. Sembra quasi che da allora non si sia più risvegliato, permanendo nella quiete, visibile unicamente su d’un volto apparentemente morto.  Da quanto, il trovar rifugio tra le braccia nodose del secolare non somigliava ad un sonno in piena regola? L’inconfondibile aroma del buio sporco di sangue non è più percepibile, v’è solamente odore di fosco, strano, inusuale, quasi monotono nulla.

Un suono.  Rumore che frange la solennità del silenzio, sparpagliandosi in decibel sempre più acuti che raggiungono la soglia dell’udito. Le orecchie si muovono impercettibilmente, all’avvertire la violazione quasi punibile del suo riposo riconquistato. L’oblio del sipario nero gli risparmia la visuale dell’intruso, costringendolo a svegliare in modo completo le iridi, e dunque ad aprire le palpebre, scostando infine lo sguardo poco più in là della sua posizione.  Né le labbra, né il volto, si contraggono in qualcosa di particolare. Non avrebbe avuto bisogno di scomodare la veglia per catturare il fattore di disturbo, gli sarebbe bastato analizzare la fragranza che forte, ora si scinde dalle altre, divenendo ancor più percepibile dell’acre sentore di fogliame rigettato dallo stesso Goshinboku. Chiude nuovamente le palpebre poi, in modo immediato. Una scusante, semplicemente per fingersi disturbato, per far sì che sia sua la colpa di quel brusco ridesto, e non il fatto che in realtà non stesse dormendo affatto.

  

   Tanto lui è sveglio    .

Lei lo sa, ne è certa. L’ha capito nel preciso istante in cui gli si è avvicinata e, senza alcuna ragione – ragione logica, almeno –, si è volta a fissarlo. L’ha capito dal modo in cui InuYasha ha sospirato, dal modo in cui si è passato nervosamente una mano sul volto, dal modo in cui si è morso il labbro inferiore.

L’ha capito ed è sicura, punto. È così e basta.

Lui è sveglio, ed è lì, solo, che cerca chissà quale aroma nel vento, e la cosa la preoccupa – perché se InuYasha si è addormentato ai piedi del Goshinboku, allora qualche problema deve esserci. E se c’è, lei vuole saperlo.

«Dormi?», chiede. «Tanto lo so che lo sei. Sveglio, intendo».

InuYasha tira su col naso, distratto, gli occhi che ancora si ostinano a restare chiusi – oh, dannato sciocco bambinone! Di quando in quando potrebbe anche ricordarsi di essere gentile. Non tanto, eh, il giusto.    Non c’è bisogno di diventare zuccherosi    .

«Dai, lo so che sei sveglio. Hai un sopracciglio inarcato». Si avvicina, lenta, e gli preme un dito sul volto. «A-ah. Proprio qui, vedi?».

«Lasciami in pace».

Oh. Uhm, allora era sveglio e stava fingendo. Idiota, idiota e ancora idiota.

 

Beccato. Distorce il naso in una smorfia ora, costretto ad aprire le palpebre in una silenziosa ammissione. Il labbro destro si piega verso l’alto, demarcando un disappunto malcelato su quest’ultime. Il braccio si alza, parandosi dinanzi al volto per scansarle l’indice presso in faccia.  «Hai preso il mio naso per un pulsante, forse?» chiede, quasi ironico.

Le palpebre si abbassano, mentre il fiuto percepisce direttamente lo scontro olfattivo con l’odore di lei adesso. No, non ci riesce più come un tempo a prendersi gioco di lei, a  quanto pare. Gli arazzi di vento, quieti, si spostano astratti sopra le nubi, piegando riverberi d’ombra sull’ombra stessa, nella notte.

«Stavo solo tentando di riposare, a quanto pare. Ci sarei anche riuscito, se non fosse arrivato qualcuno a disturbarmi…». Piega il capo di lato, sollevando entrambe le braccia al petto per socchiudere l’occhio sinistro, mentre solamente l’altro rimane leggermente aperto nell’osservare il profilo della sacerdotessa. Lei è, effettivamente, una di quelle ora. Inspira profondamente, poggiando il capo al tronco del secolare per rilassare in seguito le spalle, cercando di non dare a vedere che il saperla là, in quel momento, ha evaso dalla mente ogni dubbio di tensione che s’era amalgamato con la muscolatura.

«Dovresti essere al villaggio, non qui» mente, inarcando un sopracciglio con finto disappunto, per dimostrare che in fondo, la sua presenza non è poi così desiderata.

La gamba si solleva, traendosi stretta accanto al busto dove il braccio va ad avvolgere il ginocchio. Alla movenza, la katana legata al fianco cozza sulla corteccia provocando una mal sorta di rumoraccio ferroso. Trattiene il respiro ora, mentre termina la sua arringa in un “keh” conclusivo.

 

Offenderlo sarebbe facile. E sì, le darebbe una soddisfazione – una piccola gioia infantile, un breve istante di puro godimento – infinita.

Sarebbe semplice aprire la bocca e parlare. Sarebbe semplice insultarlo, mostrarsi contrariata, così come sarebbe semplice sorridere bonariamente e far finta di nulla.    Sarebbe semplice    .

Potrebbe minacciarlo di andar via, di trasferirsi da Kaede, di ospitare Shippo da loro per un paio di notti. O magari, potrebbe tirargli un orecchio, urlare quella-parolina-lì e andare via.

Se lo meriterebbe, del resto. Le ha fatto intendere di non volerla accanto, di preferirla al villaggio – e per quanto si sforzi di esserlo, Kagome tollerante lo è poco e in radi istanti.

Dovrebbe schiacciarlo al suolo, sarebbe divertente.

Oh, sì. Se lo meriterebbe proprio.

«Prima di tutto», comincia, lasciando ricadere mollemente la mano lungo il fianco, «   non     m’interessa se ti do fastidio. Obiettivamente, la foresta non è tua. Se voglio passeggiare o fare altro, son fatti miei». Perché insomma, dannazione, il suo desiderio di passeggiare non va erroneamente confuso con una sorta di – come dire? – inseguimento. Non era uscita per pedinare lui, sia chiaro, non ne aveva alcuna intenzione.

Seguirlo non le avrebbe procurato alcun giovamento.

«Se non sai sceglierti i nascondigli, allora non criticarmi! In fin dei conti», prende fiato, nervosa, la manca che si chiude a pugno e trema appena, «hai deciso tu di accamparti ai piedi del Goshinboku: ho interrotto il tuo riposino, d’accordo, ma la colpa non è mia. La foresta è suolo pubblico, chiunque può accedervi e disturbare il sonno altrui, sai?».

 

Sgrana gli occhi, spostando il capo a guardarla come se avesse appena visto un fantasma. Ha qualche problema con il ciclo mensile, – che Miroku ha s’è guardato di spiegargli – o cos’altro? Sbatte le palpebre e inarca un sopracciglio, confuso, mentre le orecchie scostano i padiglioni in modo automatico, quando il suo timbro s’innalza in toni che non dovrebbe possedere. «Hai finito con la ramanzina, o devo sorbirmi altro?», sospira, sollevandosi. Incrocia le braccia e la aggira in pochi passi, come se nulla fosse, per fermarsi, volto di spalle, allineato al suo fianco. Le palpebre s’abbassano completamente, dopodiché il braccio si solleva e il palmo della mano si posa sulla fronte di lei, senza sbilanciarsi troppo, in un gesto che dovrebbe apparire puramente casuale. «Non hai la febbre, vero? Il tuo livello di acidità si è alzato un po’ troppo per i miei gusti personali», ribatte secco, aprendo un occhio per controllarla da sopra la spalla. «Non sembra», prende una pausa, abbassando le spalle per compiere un passo in avanti e distogliere l’attenzione peccaminosa rivoltale.

«Puoi tornare alla tua passeggiata…», mormora, seppur il tono non lasci trapelare troppa convinzione. Ha sollevato involontariamente le palizzate d’orgoglio che l’hanno sempre contraddistinto, anche se il corrugamento mal celato del volto dimostra tutt’altro. Le braccia tornano a unirsi salde sotto il petto, mentre alza il naso per aria con la chiara intenzione di sottolineare la sua superiorità. «Se vuoi…» conclude, mentre il capo si abbassa di poco, andando a scrutarla segretamente per osservarne la reazione. Accidenti a lui però! Mai proporre una possibile selezione d’altre opzioni, sarebbe dovuto sembrare un imperativo categorico, non qualcosa da poter scegliere.

 

Potrebbe chiedergli cosa intende, ma sarebbe inutile. Tanto lo sa, lo sa bene, e insistere sarebbe solo rigirare il dito nella piaga. E a lei non va di essere più pedante del solito.

Gli sorride, per fargli capire che no, non è più arrabbiata – o meglio, lo è ancora ma non ha voglia di litigare –, e che sì, possono passeggiare insieme. Perché lui è arrogante,     tanto    , e indisponente sino alla nausea, eppure tenero, e lei vuole disperatamente stargli accanto, anche a costo di dimenticare qualche sciocco screzio.

«Certo», risponde. Allunga una mano nella sua direzione, stringendo poi la destra di InuYasha con fare pratico. «Possiamo», continua – e lo tira dietro di sé, «fare un giro, se vuoi. Un giro insieme, dico. Tu non stavi dormendo davvero, quindi accompagnarmi, non dovrebbe essere un problema».

Non gli lascia il tempo di replicare, perché lasciarglielo significherebbe concedere al suo dannato orgoglio di riflettere su quanto sta facendo: semplicemente, ride e comincia a camminare.

«Sai che Sango è nuovamente in attesa?», proclama dopo un po’. «Sono quasi invidiosa. Sarebbe il quarto figlio, eh! In ogni caso, tre gravidanze a così breve distanza sono pericolose, forse dovrebbe concedersi una pausa».

Non è una critica, la sua, sia chiaro. Non sta sottolineando – o forse sì? – che Sango e Miroku possono già vantare,    pur essendo giovani    , un cospicuo numero di eredi.              

Oh, no. Lei non vuole sottolineare questo: non è alla ricerca di una gravidanza, non così presto. No, davvero no.

E poi, InuYasha quasi non la sfiora – e se lo fa, è quasi in modo costretto, obbligato. E a lei quei tocchi disinteressati poco piacciono.

«Sono felice per loro! E tu?».

 

Non era sua intenzione sott’intendere una passeggiata. Fare quattro passi romanticamente al chiaro di luna è roba da sentimentali. Lui non è per niente sensibile, né mai lo sarà, probabilmente. La coltre di nembi si scosta dalla falce, relegando un ritaglio di luce poco più in là della loro posizione, è facile ora intravedere il volto di lei stagliato tra i raggi. Anche il suo imbarazzo probabilmente, lieve, ma ben distinguibile, che ha deciso di palesarsi sul volto alla presa d’iniziativa dell’altra. Stava appunto per ribattere con qualcosa tipo “Perché dovrei seguirti? Non dovevi passeggiare da sola?”. Rimane silente però, piegando lo sguardo sotto di sé, a contare con noncuranza i fili d’erba che s’intersecano ad ogni passo. Il volto rimane piegato sulla destra, lungi dal rivolgerle lo sguardo. Non è per niente abituato a tutto questo; al fatto che lei non prenda troppo distacco, che sia sfacciata il doppio di lui, e che si permetta di minare la distanza di sicurezza che lui si danna a frapporre.

Le parole della sacerdotessa non raggiungono immediatamente la mente. Al momento è troppo occupato a vagare su ben altri orizzonti, per preoccuparsi dell’ennesima gravidanza della sterminatrice o del fatto che il tono di Kagome possa anche solo lasciar intendere qualcosa di sospetto.

Si sta concentrando, quasi a farlo apposta su qualsiasi cosa di differente, per non pensare a quelle cose là, che per un essere per metà umano non passano inosservate, specialmente se quella parte è maschile. Istinto. Dovrebbe chiamarsi così, quella frazione del suo essere, che gli sta intimando di cercare qualsiasi modo per svignarsela per non commettere errori che potrebbero costargli la vita. Sì, perché dopo tanto tempo senza una controparte femminile, il corpo recepisce molto meglio i ferormoni che la sua attuale compagna sparge nell’aria come riso ad una festa, e se non ne fosse intimamente attratto, probabilmente avrebbe qualche serio problema fisico. Schiarisce la voce ininterrottamente, camminando ora più celere di lei, in modo che la presa con la sua mano possa sfuggirgli accidentalmente. Deve sembrare un caso, altrimenti lei si adirerebbe ancora di più, e lui finirebbe spalmato sull’erba a nutrirsi d’essa.

Per volere del fato però, la domanda di Kagome giunge quasi opportuna, tanto da farlo sobbalzare per scattare di lato come una sentinella, «Che cosa dovrei pensarne? Sono domande da porre queste?» In realtà la questione riferita è ben più semplice di quella carpita effettivamente, ma c’è forse differenza? Intanto è riuscito a divincolarsi, quindi, il problema maggiore è stato scansato in modo eccellente.

«Ben per loro» ribatte unicamente, continuando a camminare per conto suo a circa venti passi di distanza.

Succede da poco. Solo ultimamente, il suo corpo ha cominciato a reagire in modo strano alla presenza di Kagome, e, questo, non gli piace proprio per nulla.

 

«Non riesci a mostrarti un po’ più entusiasta?», chiede irritata, accelerando il passo – non tanto per allontanarsi da lui, in verità.    Non ce n’è bisogno, no davvero    .

Mettere distanza tra loro non significa cercare di ferirlo, significa giustificarlo.

Significa tentare di convincersi che, beh, le loro mani si sono divise, questo sì, ma non deve preoccuparsi, perché, se ora non si sfiorano più, la colpa è della lontananza. Lui non l’ha lasciata andare, no: semplicemente, lei è troppo distante.

O almeno crede.

«Sono i nostri migliori amici. I nostri migliori amici, InuYasha. Ci hanno aiutato tantissime volte, non dovresti essere così antipatico».

Riflette un po’, indecisa se aggiungere altro – sarebbe sfacciato dargli uno schiaffo? E qualcuno potrebbe incolparla, se gli urlasse qualche cattiveria?

In fin dei conti, lei non voleva litigare, non lo voleva e non lo vuole. No, no e no. Lei ci ha provato, a far finta di nulla, cambiando argomento e trascinandolo dietro di sé, come se il suo comportamento infantile fosse accettabile. Davvero, ci ha provato.

Ha provato a sopportare un mese di lontananza – lontananza fisica, perché lui non la sfiora, e morale, perché lui quasi non le rivolge la parola –, ricordandosi che sì, okay, star divisi fa male, ma che ha resistito tre anni, prima di incontrarlo di nuovo, e che poche settimane non dovrebbero essere poi così dolorose.

Ma lui continua a irritarla, imperterrito.    Idiota    .

«Le gemelle ti adorano, il nuovo bambino ti adora e certamente anche quello che sta per nascere ti adorerà: perché non provi a risultare un po’ più umano?».

 

Possibile che non riesca a capire la situazione? Che cosa dovrebbe importargli ora di quei due? Solleva lo sguardo, chiedendosi come, il monaco, sia riuscito a far passare per qualcosa di puramente normale il disagio che sta provando lui ora. Ovviamente, lui non ha quel tipo di fretta.

«Yehh» solleva l’avambraccio in alto, sarcastico, agitandolo per mostrare tutto l’entusiasmo che merita la situazione dal suo punto di vista. Ha qualcosa di ben più importante cui pensare, o ancora meglio, da evitare. Le donne sono esseri sicuramente strani, e lei, è una degli esempi più lampanti della bizzarria di quella specie.

«Non è antipatia la mia, semplicemente non ritengo così interessante quest’argomento!» scandisce bene. Si sposta col busto in avanti tendendo i muscoli delle braccia lungo i fianchi, per evidenziare maggiormente il fatto che si sta innervosendo.

No, nemmeno lui vorrebbe litigare, ma a quanto pare ci deve essere qualcosa nel suo dna che favorisce l’evento in modo naturale. Inarca le sopracciglia, dischiudendo le labbra in una vocale ignota, all’ultima battuta proclamata dalla sacerdotessa.

Provare a risultare più…

«Cosa?» il tono s’abbassa e lo sguardo si muove nuovamente di lato. Non è un buon segno, decisamente no. Scuote il capo, aggrottando maggiormente le sopracciglia. Ferito.

«Scusami se non sono abbastanza umano!» ribatte iracondo. Calpesta il terreno, con la chiara intenzione di allontanarsi definitivamente da lei. Quante volte dovrà ripetersi questa dannata situazione? Dopo tanto tempo non ha ancora imparato a contare, prima di vomitare certe accuse? «Non ho voglia di approfondire il discorso, buona passeggiata».

 

«Non fare il bambino!». Gli afferra il braccio e tira, irritata, cercando di smuoverlo. «Dai. Muoviti, su! Sei un adulto, InuYasha».

Ma lui niente, niente di niente, non muove un muscolo. Sospira soltanto, offeso – è offeso di certo, lei lo sa, perché ha gli occhi puntati verso l’alto e le mani strette a pugno. Forse la insulterebbe, se potesse. Ha l’aria di chi si sta trattenendo.

«Io… tu    sei     umano. O almeno, lo sei in...», bisbiglia. Scuote il capo: no, così non va. Non è quello il modo per fare pace, se di pace si vuol parlare, non lo è proprio. Prende fiato. «Lo sai, no? Tu, ecco. Oddio».

InuYasha non si muove né inarca un sopracciglio. Forse neppure l’ascolta, forse resta lì solo per godere dell’imbarazzo altrui. Forse ama irritarla, chissà.

Perché se è vero che le donne sono strane, allora bisogna ammettere che gli uomini lo sono anche di più – vogliono qualcosa? Sì? Di certo non te lo chiederanno. Perché non sarebbe virile ammetterlo, e allora tergiversano, in attesa, e spesso restano con un palmo di naso.

E Kagome sa perfettamente che InuYasha rientra in quella stupida, dannata categoria.    Idiota    .

«Non chiedermi scusa per il fatto di non essere umano. Cioè, di non esserlo abbastanza», strilla. «Andiamo, io non ho due anni e di certo tu non ne hai cinque, quindi questo comportamento infantile è inaccettabile da parte di entrambi e… e io voglio che tu, ecco. Ti va di passeggiare ancora con me?».

 

Irritazione. Frustrazione. Iracondia a livelli eccessivi. No, non è così semplice Kagome, non dopo questo. Benché tu sappia perfettamente quale sia il vero, evidente problema nella frase precedente, tenti di scuoterlo con così poca efficacia?

La strattonata non aiuta di certo, anzi, mina maggiormente l’equilibrio che sino a pochi secondi prima ancora controllava il corpo. Potrebbe rivoltarsi in qualsiasi momento, potrebbe sì, ma non lo fa, preferisce rimanere imbalsamato nella sua posizione a contrarre i muscoli delle mascelle, adirato.

«No!» categorico. Se lei riesce a essere ponderata in situazioni del genere, lui non lo è proprio per nulla, anzi, si dimena per liberarsi dalla presa e spostarsi in avanti di qualche passo ancora, mentre il fiume in piena che all’interno del corpo comincia a fluire insistentemente e non si placa. Testardo, irascibile, incontenibile quando si tratta della sua natura, e ciò probabilmente non cambierà proprio mai, dovessero passare almeno altri cent’anni!

Spicca un salto, fermandosi su di un ramo in modo da non essere raggiunto. Questo è il suo modo di farle intendere che al momento non ha alcuna intenzione di riappacificarsi con lei, a differenza sua ha modi ben diversi per sbollire la rabbia.

Piega il busto in avanti, andando a schiacciare il volto sul palmo della mano, fissando un punto invisibile tra le fronde dell’ontano sul quale s’è arrampicato.

Oh no, questa volta no. Non cadrò nel tranello di dartela vinta!

Sì, orgoglio, proprio quello. Perché ammettere che la sua immaturità riesca a raggiungere livelli abissali non sarebbe cosa permessa. Le scuse sono da donnicciole. Non gli risulta d’essere ancora arrivato a doversi piegare a un simile stadio, quindi, rimarrà lassù finché non se la sentirà di perdonarla.

 

Lampi di cenere. Celere, non più come un tempo, quando anche l’etere pareva incedergli alle spalle per suo timore, ma ugualmente in forma perfetta. Labbra incurvate, mentre l’olfatto studia il pulviscolo come se avesse percepito qualcosa di mai fiutato nell’aria.

«Kagome» indubbiamente, come potrebbe dimenticare un aroma così suadente in soli tre anni? Tempo che è parso quasi interminabile, ma che ora è giunto, e lei è da qualche parte in mezzo alla boscaglia che attende semplicemente d’essere accolta tra le sue braccia.

«Dolce, cara, innocente Kagome!» ripete, pregustando già l’attimo in cui sarà sopraffatto dal suo balsamico effluvio.

I pini paiono arcuarsi sottomessi al suo passaggio, come se le sue gambe non fossero mai state private dei frammenti della sfera.

«Oh, eccoti!» spalanca le braccia, sbucando dal primo agglomerato di fogliame alla sua destra, nel tentativo di stringerla come un tempo tra le fauci degli arti che paiono aprirsi per divorarla famelici. Deve aver percepito anche l’odore del cuccioletto da qualche parte, ma quando mai gli è importato qualcosa della sua presenza? L’unica visione che riesce a riempire totalmente il suo sguardo ora, è quella della sua donna avvolta in seducenti abiti da sacerdotessa.

 

«No?», ripete lei. Lo osserva per qualche istante, cercando di contenere la rabbia e riordinare le idee –    no    , ha detto. Ha detto    no     come se non avesse colpa, lui, e poi s’è nascosto tra i rami, per sbollire la rabbia. L’ha lasciata lì, sola, a guardarsi intorno. L’ha lasciata sola.

Si è nascosto, lui. Vigliacco.

«Ti odio InuYasha! Ti odio», urla, nascondendo il volto tra le mani e concedendosi un singulto esasperato. Non tratterrà il pianto, non ne ha alcuna intenzione. «Ti detesto!».

Poi i passi, poi il vento. Poi Koga.

Kagome si volta di scatto, perplessa, mentre il demone lupo fa la sua apparizione – si muove baldanzoso, gli occhi che luccicano di gioia e un sorriso sornione sul volto. Il naso freme impercettibilmente –    cosa ci fa lui qui?     Perché non è con Ginta e Hakkaku?

«Kagome», la chiama. Si avvicina. «Kagome».

   È il solito Koga    .

Eppure, c’è qualcosa, in lui. Una nota stonata, finta, costruita. Lo sguardo è gaudente, d’accordo, ma non come in passato, e lei questo lo percepisce bene.

Forse non riesce ancora ad accettare di non aver battuto Naraku. Forse si sente in colpa.

«Kagome» mormora il demone. Gli verrebbe quasi voglia di abbracciarla, ma non rischia. «Oh, Kagome! Mi sei mancata tanto».

   Ci mancava solo Koga    .

«Ciao», balbetta, tentando di camuffare il tono della voce. Dovrebbe anche passarsi una mano sul volto: le lacrime le hanno bagnato considerevolmente le guance, e la cosa la fa apparire triste, stanca. E sì, triste e stanca lo è davvero, ma sarebbe preferibile non palesarlo troppo. «Ciao, Koga».

 

Tutto qui?

Non che si sarebbe aspettato una reazione diversa ma, lei non l’ha mai salutato con un velo pietoso nel tono, non quanto questo almeno. «Non sei felice di rivedermi?» domanda, tentando di chinarsi col busto per osservarla da una prospettiva diversa. No, il problema è più grave del previsto: Kagome non è raggiante. E quando lei non è felice, persino lo zirlare dei grilli in lontananza sembra stridere esageratamente.

Lei sorride, lei è vitale, lei sprizza energia da ogni poro; quando invece manifesta un timbro vocale così strano, percepibile unicamente da qualcuno che oramai ha imparato a studiarne anche la più invisibile sfumatura, allora, può esserci un motivo soltanto.

Una causa che non gli piace per nulla, che puzza di cane e che possiede indiscutibilmente il potere di far piombare una creatura come lei nella più nera disperazione.

Ha un solo nome, tale sciagura…

«C’entra qualcosa il sacco di pulci, per caso?» inarca le sopracciglia contrariato, andando a indagare nell’etere per trovarvi una sua traccia «Nessuno può calare ombre sul sorriso della mia donna!» proclama imperativo, alzando lo sguardo per farsi ben udire da chi al momento abita i piani superiori, a quanto pare.

 

L’ha sentito, ha carpito il suo fetore da quando ha messo piede nella radura circostante, è stato in religioso silenzio a piegare le spalle e a dannarsi con quel malefico tic che gli ha catturato il sopracciglio destro in modo inevitabile. Non poteva marcire nella sua tana per altri mille anni? Doveva proprio sbucare fuori in una situazione del genere? Che vede lui, come unico colpevole contro il quale puntare l’indice?

Io non ho le pulci.

No, non è questo il punto! La frase - “alla mia donna” - non dovrebbe nemmeno essere contemplata nel vocabolario di quell’appestato! Questa, è la questione fondamentale.

Non è compito del lupastro preoccuparsi di affari che non lo riguardano minimamente, e ancor meno di inneggiare ai quattro venti in difesa della sacerdotessa, auto investendosi della carica di paladino della giustizia.

Non esce allo scoperto, non ancora, deve resistere alla tentazione di mozzargli la testa – perché lui è ancora arrabbiato – e dunque non si muoverà da quell’albero.

 

 «Probabilmente il cuccioletto non ha gli attributi per difendere ciò che ritiene di sua proprietà», volge lo sguardo verso Kagome, nuovamente, mostrandole il sorriso più smagliante del suo repertorio. «Orsù, ti ho già proposto milioni di volte di abbandonare quel coso e di diventare la mia donna. Dopo tre anni, non pensi sia giunto il momento di fare un salto di qualità non indifferente?» si avvicina, prendendole le mani tra le sue «Con me non verseresti nemmeno una lacrima» conclude, più che convinto della sua tesi. Kagome cederà stavolta, e giacché il bastardino non ha la minima intenzione di palesarsi, ha praticamente la vittoria in pugno.

 

Continua, imperterrito. Le palpebre si abbassano, mentre il braccio, che sta tumefacendo una porzione di legname da circa dieci minuti buoni, sta tremando di puro istinto omicida.

No, che faccia quello che vuole, sono ancora arrabbiato.

Cocciuto, come nemmeno il pezzo di granito più duro riuscirebbe a essere. Non si muove, né quando il lupo continua ad offenderlo in modo gratuito, né quando osa prendere le mani di Kagome tra le sue.

La pazienza sta scadendo molto velocemente. L’ultima accusa, quella più forte, dilania in modo totale ogni schema mentale prepostosi inizialmente. E’ già successo una volta, che lui mettesse in mezzo la storia del piagnisteo. Sa benissimo quanto questo possa irritarlo nel profondo, e si ostina a voler così male alla sua vita.

«Io non …» principia, spiccando un salto dal ramo per ritrovarsi di spalle a Kagome e diritto di fronte a Koga, frapposto come il giovedì tra i due. «faccio piangere nessuno» ringhia, ponendosi dirimpetto per mostrargli che lui sa difendere benissimo le sue cose.

«Credevo avessi rinunciato all’idea del suicidio,» continua, mentre anche il tono si solleva con maggior astio. «Ma a quanto pare non hai proprio capito l’antifona, razza di progenie di una zecca!».

«Ma davvero? E immagino che tu sia qui per farmela capire, l’antifona» ribatte l’altro, col chiaro intento di non volersi spostare dalla sua posizione.

«Oh, contaci» pare pronto a estrarre Tessaiga in qualsiasi momento, e anche che l’argomento Kagome sia oramai andato perso da un paio di battute.

«Sto tremando»  oh sì, questa volta anche lui ha un’arma con la quale potersi gingillare, e non si farà scrupolo al doverla usare, nel caso venisse attaccato. «Idiota» formula, mostrando i denti, con la bocca ben aperta per evidenziare ancora di più l’aggettivo.

«Debosciato» e gli insulti volano gratuitamente, come se il tempo, tra di loro, non avesse sortito il benché minimo cambiamento. In tutto questo, la lotta per mostrare chi è il più forte, supera di gran lunga quella del chi sa difendere meglio la propria donna, ma cosa ci vuol fare? Tra animali ci s’intende alla grande.

 

«…Siete due bambini, per caso?».

Si pone fra loro, irritata, guardando prima l’uno e poi l’altro – oh, uomini. Non puoi farne a meno, non ti è possibile comprendere i loro arcani ragionamenti.

Nota gli occhi di Koga lampeggiare appena, soddisfatti. «Oh, Kagome», ridacchia il demone dopo pochi secondi, ormai dimentico del litigio. In fin dei conti, perché attaccar briga con uno stupido cagnaccio, quando si può godere della compagnia della donna amata? «Non preoccuparti. Oggi eliminerò ‘sto idiota una volta per tutte, e il nostro destino sarà roseo».

Roseo, sì. Certo.

Sospira. Dovrebbe dargli corda, no? Perché dandogli corda, potrebbe far ingelosire InuYasha, e facendolo ingelosire potrebbe divertirsi un po’. Dovrebbe fare la svenevole, stringere le mani di Koga e sorridergli dolcemente, magari giurandogli amore e devozione.

   Dovrebbe    , ma non sarebbe giusto nei confronti del demone lupo. Sarebbe prenderlo in giro – spezzargli il cuore, forse –, deridendolo palesemente. E per quanto Koga a volte risulti troppo espansivo, davvero troppo, troppo, troppo espansivo, fargli del male non sarebbe piacevole.

Quindi dà una celere occhiata ad InuYasha, curiosa. Magari lui è infastidito, forse attende una scusa per sferrare un pugno a Koga.

Forse, forse, forse. Forse sì e forse no.

 

«Dunque», prova a dire, la voce che trema appena, «uhm, siete grandi e grossi tutti e due. Se volete picchiarvi, fatelo». S’interrompe. Sa che InuYasha è in attesa – lo conosce e lui conosce lei –, e sospetta che invece Koga sia già pronto, le dita chiuse in una morsa. Prende fiato, lasciando che l’aria le pervada i polmoni, e poi espira, ben più calma. «Ma se vi picchierete, sappiate che non rivolgerò più la parola né all’uno né all’altro».

«Kagome, mia adorata, stai scherzando?».

   No    , non sta scherzando. O almeno, è ben decisa a mantenere i propri propositi, quindi non si arrenderà tanto in fretta.

Guardatelo, com’è capace di abbandonare una diatriba per divenire la scamorza della situazione. Svenevole, che quasi gli potrebbe provocare un’ulcera al momento.

Lo sguardo segue i movimenti di Kagome, per poi passare al lupo, ed infine di nuovo su di lei.  «E’ una questione di resa dei conti, tu non devi impicciarti, sei una donna!» ribatte, come a voler sott’intendere che oramai la sacerdotessa è evasa dall’argomento da qualche minuto oramai, è una faccenda da ‘’uomini’’.

Ringhia, arcuando un sopracciglio perché lei SA di non doversi intromettere in questioni che vanno al di sopra della sua competenza. Lui ed il lupastro hanno uno scontro sospeso da secoli, che ha l’urgenza d’essere concluso.

La mano sfiora l’elsa, mentre il passo si sposta in corrispondenza del pozzo, che ora s’intravede a ridosso del confine boschivo, piazzandovisi dinanzi come a voler dar inizio alle danze.

Le minacce, nel suo caso, servono a ben poco, perché si sa che quando InuYasha desidera combattere, nemmeno la discesa di qualche Dio in terra potrebbe placare l’adrenalina che ha preso a corrergli celere nel sangue.

Koga, dal canto suo non può tirarsi più indietro oramai, sarebbe come guardare la propria dignità calpestata sotto i piedi di quel mezzo inetto, e non potrebbe sopportare l’ennesimo smacco. In primis, è stato lui a privarlo del gusto di poter vendicare la tribù Yoro da Naraku. Secondo poi, no, per nessuna ragione al mondo potrebbe subire un’altra sconfitta.

«Scusami, Kagome» conclude abbassando lo sguardo, tentando di scagionarsi per non poter accondiscendere questa volta.

«Se sei pronto, possiamo cominciare immediatamente

» propone, sollevando la mano dove presto farà la sua apparizione Goraishi. Si squadrano, studiandosi come se il campo di battaglia, in quel momento, inglobasse unicamente loro due.

Le iridi del mezzo demone si posano su Koga, ebbre del desiderio di porre fine allo scontro con un’unica vittoria, in suo favore ovviamente. Incurva le labbra piegando le gambe, divaricandole poi verso l’esterno, per poi infine, estrarre Tessaiga, che si attiva dietro l’usuale luminescenza. «Prontissimo, fatti sotto» solamente per un millesimo, la guardia viene abbassata per muovere lo sguardo in corrispondenza di Kagome, sa benissimo, che dopo questo non gli rivolgerà davvero la parola, ma è come se volesse essere seguito lo stesso nel combattimento, per dimostrarle che sarà lui ad aggiudicarsi come sempre, la vittoria, rispendendo a casa il microcefalo con tanto di coda tra le gambe.

E’ lui il più forte.

Dopo aver fatto ammenda per circa due secondi, eccolo che scatta sul posto, sollevando un polverone ampio alle sue spalle per concedersi la prima mossa.

La lamina dello spadone si solleva, riflettendo il riso di soddisfazione che ora intacca le labbra di InuYasha in tutta la sua strafottenza. Non ha intenzione di colpirlo direttamente, non ci sarebbe gusto a farlo fuori in una mossa soltanto, o forse, ancora più probabilmente, non ha intenzione di ucciderlo. Non ancora, almeno.

La punta di Tessaiga si scontra con gli artigli dell’arma di Koga. Stridono, s’intersecano, si allontanano e colpiscono di nuovo in un incontrarsi di ferri. Un balzo, da parte d’entrambi, e ora il mezzo demone si trova in bilico sulle assi del pozzo col busto reclinato, pronto a sfruttare le vere potenzialità della spada.

La katana si alza sopra il capo, mentre l’elsa viene afferrata con entrambe le mani. Prende un respiro profondo, mentre mostra i canini, smargiasso.

«Kaze…», pare deciso a scagliare uno degli attacchi che più predilige in assoluto. La spada s’illumina dell’usuale alone giallastro, caricando una consistente quantità d’energia attorno alla lama.

«Oh, hai intenzione di muoverti sul serio cuccioletto? Non aspettavo altro!» oh sì, non aspettava nient’altro.

Prende una breve rincorsa, si piega in avanti, flette le gambe e spicca un balzo proprio sopra il mezzo demone, con l’unico intento di far pervenire dall’alto il suo personale biglietto da visita.

«no… Kiz…» il volto si abbassa per due secondi soltanto, e il colpo viene bloccato ancor prima d’essere inferto. «Che diam…» sgrana gli occhi, mentre sotto di lui, proprio all’interno del pozzo, si contorce una fattispecie di buco nero violaceo.

«Ehi, sacco di pulci, hai per caso cambiato idea?» ringhia l’altro, senz’attendere risposta. Scaglia, infatti, il suo attacco, ignorante del fatto che l’attenzione del suo avversario, al momento, sia stata catturata da qualcos’altro.

 

Vorrebbe urlare, far qualcosa, magari avvicinarsi. Vorrebbe gettarsi addosso ad InuYasha – a quel cretino di InuYasha – e trascinarlo via. E non per difenderlo da Koga, no, anche se quest’ultimo è pronto ad attaccarlo e ferirlo. Non vuole aiutarlo. Hanno scelto di battersi autonomamente, lei non ha alcuna intenzione di disturbarli.

Se i bambini hanno deciso di combattere, che combattimento sia. Poco le interessa, in verità.

   Oh, Kami.

Viola, nero, buio.    

Il pozzo. Il pozzo, il pozzo, dal pozzo proviene una strana luce, e dà fastidio, diamine, tanto fastidio, come se le stesse per scoppiare la testa o giù di lì. Il pozzo sta impazzendo, emana una strana aura. Dà fastidio.

«InuYasha», mormora. Si porta le mani sulle orecchie, cercando di calmarsi. Male, male, male, fa malissimo, quella luce le fa male, tanto. «Uno, due, tre», inizia, «quattro, cinque e… sei, sette, otto – oddio. InuYasha!».

Koga non s’è fermato, tutt’altro. Continua a correre verso l’hanyou, pronto a ferire. Spicca un balzo.

«Fermatevi! Koga, fermati! Il pozzo-».

«Cosa, mia diletta?».

   Mia diletta un corno    . Inspira ed espira più volte, cercando di calmarsi: InuYasha è ancora in pericolo, stoicamente fermo sulle travi di legno. «Koga, guarda il pozzo! Emana una strana luce».

La mano destra del demone si blocca di scatto, quasi come trattenuta da una forza invisibile. «Io», inizia a dire, incerto. Poi si volta verso Kagome, confuso, agitando le gambe nel tentativo di arrestare il salto.

Se lei l’ha fermato, beh, allora dev’essere importante, perché altrimenti non si sarebbe messa in mezzo. Avrebbe tenuto il broncio, sì, e ricominciare a parlarle gli sarebbe costato enorme fatica, ma non avrebbe mai urlato, né inventato una scusa sciocca come quella.

«Guarda, Koga! La luce, vedi? Emana una strana aura!».

«Già. Hai ragione».

 

Sì, c’è sicuramente qualcosa di strano nell’etere. InuYasha rimane fermo, anche quando avverte l’avvicinarsi di Kagome. «Cosa diavolo…» principia, lanciando mezza occhiata a Koga che s’è interrotto nel bel mezzo dell’attacco, avvicinandosi al pozzo per sporgersi e dare un’occhiata al suo interno.

«Un demone?

 » chiede il lupo, mentre la sua voce echeggia all’interno del nugolo violastro. Inarca le sopracciglia, passando nervosamente le dita sul bordo della costruzione.

«Non credo, non emana alcun odore particolare» a rispondere è l’hanyou, che piega le ginocchia, storcendo il naso in una smorfia, per accostarsi anch’egli all’entrata.

Lo sguardo va alla sacerdotessa, in ultimo, pare che lei sia infastidita, in un certo senso, dalla strana apparizione. «Che si stia riaprendo il passaggio con la sua epoca?» è una domanda più a se stesso che al resto della combriccola. Aggrotta la fronte, per poi spiccare un balzo e ritrovarsi di fronte alla compagna, chinandosi alla sua altezza per verificare la sua attuale situazione psicologica.

 

 

«Hai avvertito qualcosa di strano?» piega le labbra, inspirando profondamente per poi correggersi quasi subito «stai bene, Kagome?» le mani si spostano sulle sue spalle. E’ inevitabile non scorgerle qualcosa di strano sul volto.

«Ehi, ehi!», il lupastro par voler richiamare l’attenzione dei due, agitando il braccio verso l’alto, allarmato.

«Il vortice si sta… ampliando» conclude.

 

 

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Capitolo 2
*** Secondo Capitolo ***


Borderline

Linea di confine

 

Scenetta introduttiva

Sempre il medesimo avviso della volta scorsa, se non volete leggere l’introduzione, passate direttamente alla storia (peggio per voi, dacchè qui sotto ci sono le risposte ai vostri commenti, gnaaa). Ah, N.B., ho sbagliato ad identificare questa fan fiction come round robin (no, non è possibile partecipare alla sua stesura, quanto prima avvertiremo Erika dell’errore, grazie per l’attenzione e buona lettura).

 

 

http://www.youtube.com/watch?v=dvpLjJzG3Eg

 

 

 

[Da notare che la pagina si è tramutata in uno studio radiofonico] Prova, prova sa! sa! sa! [provando il microfono] Bene, funziona. Ordunque, lettori...n...no, meglio specificare lettrici. Benvenuti all'angolo delle recensioni [copre il microfono con la mano] Ma perchè dobbiamo fare una roba simile? [sottovoce, in direzione di Ro]

Lo guarda, poi sospira* Ci hanno pagato, Matt,    ovvio    . Credi che mi sarei umiliata a... *Nota le lettrici* Massaaaalve! Benvenute, care amiche, benvenute!

 [Si sposta dietro di lei, tirandole gli angoli della bocca con le dita in un sorriso forzato] Non dire cose che    non dovresti dire    , [sorride a trentadue denti per poi tornare al suo posto] Che indecenza... [sussurra borbottando] Ah, dunque, sì... di chi è la prima recensione?

Gli lancia un'occhiataccia* Oh, scusa, eh! Ma se tu mi fai domande stupide, allora io sono costretta a rispondere! Argh! *Sbuffa* Comunque, la prima lettrice è    Kagome96    ! Un bell'applauso, gente! *Partono applausi pre-registrati*

[Suona la trombetta e lancia coriandoli con molta ''convinzione''] S-seh, puoi ricordarmi quanto ci pagano? [sottovoce] Sai, vorrei uno stimolo in più [Poggia il mento sul palmo della mano, continuando a cospargere lo studio di festoni, controvoglia] Leggiamo il commento dunque...

*Apre il commento* No che non posso ricordartelo, sei scemo? Abbiamo già... ecco, detto abbastanza, per questa edizione. Non possiamo rivelare altro, non ora. *Abbozza un sorriso forzato* Leggiamo la recensione, via! Quindi... Dato che Kagome96 l'ha richiesto, ci siamo conosciute tramite msn. E' sempre importante coccolare i propri lettori. *Annuisce con fare convinto*

[Si solleva improvvisamente, sbattendo la mano sopra il tavolo] Leggi il copione! Il co-pio-ne! [Le sbatte in faccia quattro o cinque fogli] Non fare riferimenti al privato! Ahem [si schiarice la voce] Siamo contenti che ti piaccia la fan fiction, anche perchè, ci abbiamo messo anima e corpo per renderla più realistica possibile. Grazie dei complimenti e, sì, Koga è sempre in mezzo perchè abbiamo pensato che un personaggio poco utilizzato come lui (o in altre storie, reso banalmente OOC) meriti di essere riesumato, dacchè Rumiko-sensei l'ha ingiustamente eclissato alla fine del manga. [Scocciato] Su, su, passiamo alla prossima [sventola la mano dinanzi al volto] ho fame... Tsk.

*Guarda le lettrici, spaventata* Vero che perdonate la maleducazione di Matt? Vero? Vero? Non è colpa sua, è che... è... ecco, si è così calato nel personaggio di InuYasha che ora si comporta come lui! *Si inchina* Comunque, dopo    Kagome96     *saluta la lettrice*, c'è    inufan4ever    . *Sorride* Ciao, Kikka!

[La osserva allibito] Vorresti paragonarmi a quell'animale? Guarda che ti taglio lo stipendio! Ed io non sono maleducato, ci tengo semplicemente a muovermi, dato che è ora di cena, ed il lavoro dovrebbe essere già finito da un pezzo [La trucida con lo sguardo] Sì, Inu...che? Ah sì, ho notato d'essere stato ambiguamente salutato nel commento, quindi rispondo semplicemente con un: piacere, Matt. [Relativamente interessato, si schiarisce la voce tentando di sorridere]. Un ottimo team? Io e questa? Ma dove l'hai visto? Cioè, non solo è tarpina, ma guardate il commento sopra, cioè, sei proprio ruffiana! [riferendosi a Ro] Ok, torniamo a Inufan...eccettera, eccetera. Gli scrittori più bravi? Naah, siamo comuni mortali. Ehm no, già, lei è una comune mortale, io sono un Dio [s'impettisce fiero] ah-ah-ah! [Sì, ce la sta mettendo davvero tutto per risultare antipatico al mondo] Comunque. Sì, grazie di nuovo e continua a seguirci! [Da una gomitata sullo stomaco a Ro] Ma tu non dici nulla? Perchè devo rispondere solo io? Bene, passiamo alla prossima, ovvero, Wing Writer [sposta lo sguardo su Roro, sussurrandole all'orecchio qualcosa] Chi diavolo è?

...Io non rispondo perché *tossisce* mi hai dato una dannata gomitata nello stomaco, idiota! Argh! Se fossi davvero InuYasha, ora ti avrei mandato a cuccia, te lo assicuro! *Gli dà un calcio e si volta verso le lettrici* Io    non     sono una ruffiana, eh, quindi fate finta di non averlo ascoltato! E comunque... *Fa un saltello* Wing Writer è Camilla! Okay, tu non la conosci, ma io sì, quindi annuisci e fa' il gentile, mi raccomando. Ah, dimenticavo: non siamo un ottimo team, siamo due idioti, Kikka. Non illuderti.

[Pare interessanto allo schermo del cellulare al momento] No! No. Ma dai! No! Idiota, vuoi dare un calcio a quella palla? Ma dico, ma che fa l'arbitro? Idiota! Dai! Dai! Sì! GOAAAAAAAAAAAAL! [salta sulla seggiola gasatissimo. Si volta verso Ro, tentando di leggerne il labiale] Eh? Hai detto qualcosa? [togliendo una cuffia dall'orecchio] Ah sì... ma no, commenta tu, sono impegnato al momento. Muoviti, invece di non fare nulla! [Torna a guardare la partita]

Eh? Ma... *Si sporge e guarda lo schermo del cellulare* Ma voglio vedere la partita anch'io! Non è giusto, voglio vederla anch'io, anch'io, anch'io! E non è colpa mia se siamo in ritardo, è colpa tua, solo colpa tua! *Gli strappa il telefonino e lo ripone in un cassetto* Questo non lo riavrai fino alla fine del programma, chiaro? O guardiamo tutti e due la partita o nessuno, caro.

[Quando gli viene tolto il cellulare sgrana gli occhi allibito, rimanendo a fissare il vuoto per qualche secondo. Pare che una grande, e feroce vena abbia cominciato a pulsargli sulla fronte] Cioè, ti rendi conto di cos'hai fatto? [Gli occhi lampeggiano d'una minacciosissima scintilla omicida] Mi hai privato del mio tessssoro! [Tenta di riacciuffare, in vano, il cellulare] Dannatissima donna! Sì, sì. Wing Writer, grazie nuovamente per i complimenti e... no, non andremo ai ritmi di Ro (e nemmeno ai miei, che sono ancora peggiori dei suoi) ma, ai ritmi che si ha nello scrivere in due, dove, in una giornata sforni venti capitoli alla volta (Seh, nel mondo dei sogni), continua a seguirci! Va bene? [Volgendosi verso Ro] Vuoi rispondere ad un maledetto commento cacchio? [Estrae Tessaiga da chissà dove] O vedrai la lama di quest'arnese dove non vorresti [minaccioso. Suona il campanello] Ohhh, dev'essere la pizza! [Sì, si nutrono solo di quella].

...questa volta paghi tu, mettiamolo in chiaro    prima    ! Insomma, sei l'adulto, tra i due, quindi la cena potresti anche pagartela da solo! E... *Gli lancia una ciabatta in testa* Dannato Dio-sama, non finire la pizza anche stavolta o giuro che ti stendo, okay?

*Sospira* Camilla, grazie mille per il tuo commento, comunque. Cercheremo di aggiornare presto, te lo giuro!

Ora...    kaggychan95    . Ciao, Steffy! E' sempre un piacere ricevere un tuo commento: siamo felici di sapere che la storia ti ha preso, e, beh, grazie infinite. *Si inchina. Lancia un'occhiata rapida al cellulare di Matt, esultando tra sé e sé* Cercheremo di continuare così!

...Matt, dove caspio è finita la pizza? *Si alza in piedi*

Sì, pagherò qualcosa quando i maiali voleranno! [Acciuffa il portafoglio di Ro, estraendone i soldi che darà al fattorino] Grazieee! Byebye! [Fa ciao ciao con la mano tornando allegramente al suo posto con la pizza tra i denti] Nh? C-mgnm pizz-gnaman? [deglutisce] Di quale pizza parli? [Sguardo angelico] Non c'è alcuna pizza qui! [Divorata tutta anche questa volta] Oh, Steffy, sì... ehm... chi? Ahhh sì! Personaggi IC, storia bella, mhmh, grazie! Grazie! [alza lo sguardo al cielo, cercando un modo per zittire Ro] Tieni! Ingozzati e scoppia! [Le ficca in bocca le patatine, per poi prendere in mano il microfono] Oh-oh, chi è la prossima? Ah sì...Mi-sa-...o... [Osserva il commento per qualche secondo prima di fuggire dietro una porta] S-senti, sono felice che ti piaccia il capitolo ma, lo stupro, è un crimine che può essere denunciato! [Scuote il capo contrariato] Prendi lei al mio posto! [Indica Ro]. (Poi cosa sarebbe questa minaccia di dar fuoco alla casa? Guarda che noi paghiamo ancora l’affitto! Tsk, e con la miseria di stipendio che ci forniscono per scrivere questa roba, ti assicuro che arrivare a fine mese, per due poveri scrittori, è qualcosa di praticamente impossibile. Guai a te!).

Tira su col naso* Pizza. Oh, pizza. La nostra relazione è stata breve - cioè, non è mai iniziata, dato che questo antipatico ti ha divorata -, ma ricorderò per sempre il tuo colorito giocondo e il sorriso che hai fatto nascere sul mio volto! *Piange*

Ah! Ehm, salve, Misao! *Saluta* Benvenuta, benvenuta!

Ecco, posso chiederti un favore piccolo piccolo? *Indica Matt* Non stuprarlo, dai. E' ancora piccolo e ingenuo, lui, e non merita una simile tortura. E poi mi serve per finire la fic. Vero che tu vuoi leggere il finale, vero? *Sorride* Ecco, allora lasciamelo ancora un po', lo sodomizzerai in futuro.

E concordo, il nostro stipendio fa schifo, non bruciarci anche la casa. *Si siede nel suo angolino e mangiucchia delle patatine*

Io non sono piccolo e ingenuo, per la cronaca! [Torna al suo posto irritato, accavallando le gambe per divertirsi a far girare la seggiola sul proprio posto] Wiiii! Ehm, dicevo... Passiamo alla prossima (Ah, ho usato il tuo stipendio per pagare anche la mia metà d'affitto ah-ah-ah!) [sogghigna sornione]. Dunque, la prossima è... [allinea professionalmente alcuni fogli] Angorian! Benvenuta, grazie, siamo felici che la fic ti piaccia, e siamo contenti che la trama ti intrighi, rimani con noi! [Sbadiglia] Comincio ad aver sonno..., ah! Ehm, Ro. Non senti odore di bruciato? [annusa l'aria perplesso].

Poooovero cucciolo, povero. *Guarda Angorian con faccia condiscendente* Sai, ha sbattuto la testa per terra, il bambino. Non è colpa sua.

Grazie per il commento, siamo lieti che la storia ti piaccia! *Si avvicina a Matt e lo osserva* Comunque... sì, in effetti sì. C'è puzza di bruciato. Argh. *Storce il naso* Oddio! Matt, stavi cucinando, per caso?

Chissà perché ma la parola “cucciolo” mi ricorda qualcosa, o, qualcuno… mah, lasciamo perdere! [Continua ad annusare l'etere, finchè lo sguardo non si abbassa sul forno (sì, c'è un forno nello studio). Dannazione! Avevo messo i tuoi vestiti là dentro, credendo che si asciugassero più in fretta! [Corre verso l'elettrodomestico, ma i vestiti di Ro sono irrimediabilmente divenuti cenere] Ops... [li scansa in un angolo, facendo finta di nulla] Ehm, chi è la prossima Ro? [Ancora impegnato ad eliminare le prove della sua colpevolezza] Eh? Leggi, leggi, io...io devo finire una cosa di qua!

Non ha notato il disastro, quindi continua a rispondere ai commenti come se nulla fosse*    Faith46    , ben arrivata tra noi! Sei davvero, davvero gentilissima, grazie mille per i complimenti e... ma seriamente sembriamo una sola persona? *Inarca un sopracciglio* Io e 'sto idiota qui? *Alza le spalle* Okay. Ehi, Dio-sama, smettila di giocare col cibo e vieni qui a salutare la lettrice! *Scuote il capo* Insomma, hai fame, ma... Ma quelli non sono i miei... vestiti? Che... che diamine hai combinato?

I…Idiota? [Ha sentito, oh, se ha sentito] Bene, ti mostrerò cos'è capace di fare questo IDIOTA! [ripete, tanto perchè bisogna sottolineare la parola. Si sposta a recuperare anche tutti gli altri vestiti di Ro, gettandoli con incuria all'interno del forno] Toh! Tiè! [li spinge dentro, volgendo la manopola della temperatura a duecento gradi] Tsk. Ora, possiamo andare avanti. [Sorride soddisfatto, mentre nella stanza adiacente si sta consumando un falò immenso, tornando tranquillamente al suo posto]. Grazie Faith46, e, andiamo avanti. Oh, ma qua, vedo... Hai ordinato del cibo giapponese per caso, Befana? [sottolinea la parola, tanto perchè ancora non gli è andata giù la storia dell'idiota] Onigiri e Okonomiyaki ... si mangiano?

...i miei vestiti! I MIEI DANNATISSIMI VESTITI! Oh, Matt, sei un bruto, ti detesto! *Lo spinge e si avvicina al forno. Tira su col naso* Mi toccherà ricomprarli... oh, miei amati vestiti, io... *Singhiozza* Torniamo a noi, via. Cosa mi importa di... *Socchiude gli occhi, nervosa, e poi si volta verso Dio-sama. E' incavolata* Chi sarebbe la Befana, scusa? *Sbuffa* Comunque, Onigiri - ah, Nio-chan! - e Okonomiyaki sono lettrici, Matt. Sono nostre lettrici. E... salve, ragazze!

Così impari! [Ridacchia, rodomonte, per poi rivolgere lo sguardo di nuovo sulla pagina dei commenti] Ah, quindi non si mangia Giapponese oggi? Peccato, io adoro gli onigiri [Osserva la lettrice con uno scintillìo omicida negli occhi] Nemmeno un morso? Dai! Dai! [Scuote Ro come una maracas] Eddai! Ok, ok! Torniamo ai commenti. Siamo onorati d'essere i tuoi autori preferiti Oni- [lo stomaco brontola] ehm, sì, tu! Grazie dei complimenti, graditissimi, e, sì. Continua a seguirci, altrimenti finirai nel mio stomaco! Okonomiyaki, tu, sei la sventura di ogni povero autore di fan fiction! [la prende a sassate] ehm, sì, grazie per i complimenti (ma non ti azzardare più a riempirmi di mail che ti trucido...coff!), e, beh, sì ecco, vai a leggerti qualcosa di Roro per scassare l'anima un pò anche a lei (ovviamente, lo dico con ironia, non ce l'ho con te davvero eh!) ahem...sì, muoviamoci con queste risposte perchè, sul serio, voglio tornare a casa! [rivolto a Ro, in ultimo] Su, muoviti, chi c'è ora? Più celeri!

...punto primo: Nio. Non. Si. Mangia. *Lo fulmina* E' la mia piccola Nio-chan coccolosa, quindi non osare toccarla neanche per errore o giuro che ti ammazzo. *Annuisce* E: Okonomiyaki, se vuoi te lo regalo, Matt. Non so perché, ma mi sento piuttosto incline a disfarmene. *Smile* Per la tua salute mentale, ti consiglio di non leggere mai una mia fan fiction - sai com'è, preferirei che i miei lettori rimanessero in vita, eh. E... ecco    akuby_ge     - LUDO! - e    Ery_chan    ! Salve, ragazze! *Si avvicina a Matt e lo obbliga a sorridere, pestandogli poi un piede quando l'idiota ringhia sommessamente* Così impari a provocarmi. *Si volta verso le lettrici* Beh, che dire? Siete tutte così gentili, qui! Insomma, cioè, grazie! Per i complimenti alla storia, per quelli ai personaggi e, beh, per tutto! *Tira Matt per una mano e lo obbliga ad annuire* Vero che sono gentili?

Oh, lo dici tu. Lo-dici-tu! [sorride sornione] e, prenditela te Okonomiyaki! Cosa vuoi che me ne faccia io? Comunque, comunque. Akuby_ge e Erika! Sangre del mio sangre! Grazie ad entrambe per i commenti, siamo, ehm, felici che la pensiate (tutte) allo stesso modo. [Si sente pestare un piede] Ahio! Per una volta che cercavo d'essere carino, hai anche il coraggio di farmi male? Io ti denuncio sai? Anzi... farò di meglio, aspetta che questo dannatissimo programma sia finito, poi ti pentirai di ciò che hai appena fatto, donna!

cosa vorresti farmi, sentiamo? *Inarca un sopracciglio* Argh. Passiamo al prossimo commento, piuttosto. Dunque...    Nia_chan    , benvenuta tra noi! Il tuo commento m'ha davvero fatto piacere, sai? Insomma, sei stata così carina! *Sorride* Speriamo che il nuovo capitolo sia all'altezza del precedente, e... grazie, davvero. *Le lancia Koga* Speriamo che il lupastro sia IC anche qui! *Si volta verso Matt* Tsk. *Volta la faccia*

Oh! Oh, siamo arrivati alla fine a quanto pare.  Finalmente possiamo togliere il disturbo, grazie a tutti per averci seguito e, non dimenticatevi di leggere il capitolo vero eh! [Allinea i fogli sopra la scrivania per sollevarsi] Vi lasciamo alle nostre veli...n... [osserva un angolo dello studio con terrore] e quelle...sarebbero...veline, ma che budget avete usato per trovare storpiature simili? Bah! Io me ne vado! [Nel frattempo, nel retroscena entrano Naraku e Sesshomaru vestiti in modo succinto, che cominciano a ballare in modo peccaminoso sulle note di Disco Inferno] E tu... oh, e tu, Roro, verrai con me, perchè sconterai tutto ciò che mi hai fatto passare, oggi, qui dentro! [La carica su di una spalla come un sacco di patate, sollevando la mano per salutare le lettrici] Buona lettura,e godetevi...quei due scempi...Bleah! [scompare].

 

http://www.youtube.com/watch?v=5oNgSfF8V7g

 

 

 

 

 

 

Capitolo II

 

 

 

 

Il caldo è opprimente.

Un caldo di quelli che ti fa venir voglia di nuotare, un caldo di quelli che – Kami – sopporti a stento, specialmente perché è buio e vorresti riposare, dormire, stare un po’ in pace. Eppure non puoi, perché stai sudando, e sudare spossa l’animo, ti fa sentire debole nel profondo, quindi, seppur a malincuore, ti alzi e lavori.

Un caldo opprimenti di quelli – Kaede potrebbe giurarlo – che non si vedeva da almeno cinquant’anni, e che non lascia presagire altro se non sventure. Un caldo di quelli pericolosi.

«Vecchia Kaede?», cantilena Rin, la cesta ben stretta tra le dita. Gli occhi son volti, distratti, verso il cielo, come a cercare una sagoma tra le stelle. «Stiamo raccogliendo le erbe necessarie per un esorcismo?».

L’anziana annuisce, secca. Vorrebbe anche pronunciare qualcosa, qualsiasi cosa, ma ha la gola arsa e la schiena a pezzi, così fa finta di nulla: ci saranno altre occasioni per spiegare a Rin che quel nomignolo –    vecchia Kaede     – la irrita oltremodo. Può fingere che quanto detto dalla bambina non sia che un inudibile sospiro, può farlo, ne è capace.

«E la sorellona Kagome? Dov’è?», insiste l’altra. «Credevo fosse uscita per recuperare il fratellone InuYasha, ma è già passato molto molto tempo!». Batte un piede per terra, sfiora distrattamente la stoffa del kimono, abbozza un sorriso. È nervosa. «Non siete preoccupata?».

«No, Rin».

Kaede le direbbe volentieri che cose del genere non la preoccupano, perché Kagome e InuYasha sanno badare a loro stessi – e la esorterebbe anche a ricominciare a strappare le foglie –, ma preferisce sospirare e far nuovamente finta di nulla.

Forse un giorno Rin capirà che essere così esuberanti è inutile, in un villaggio vecchio e fiacco come quello, o forse ricomincerà a viaggiare al fianco di Sesshomaru, chissà. Quella bambina è un danno, e Kaede lo sa bene, quindi è meglio sorridere. «Andrà tutto bene», aggiunge. La voce le esce rauca, stanca. «Non c’è nulla di cui preoccuparsi, bambina».

 

Sorride Rin, reclinando la testa di lato per abbassarsi nuovamente sulle erbe medicamentose. No, lei non ha idea di cosa stia succedendo, non afferra minimamente i sospetti dell’anziana sacerdotessa che ora solleva lo sguardo dinanzi a sé.

«Visto?» alza il braccio di fronte a sé, indicando un punto impreciso della selva poco distante, dalla quale, con l’unico occhio rimastole, scorge tre figure ben distinte.

«Che senso ha chiederlo alla vecchia?» continua a ripeterlo da venti minuti buoni, con le braccia incrociate dinanzi al petto, decisamente scocciato dal fatto di dover affiancare Koga in una questione che non lo riguarda nemmeno da lontano.

«E tu, puoi spiegarmi perché ci stai seguendo?» ringhia, poggiandogli il peso del corpo sulla spalla per sospingerlo più in là rispetto alla posizione di Kagome. Nonostante vi sia un pericolo più che palese, non esitano a voler concludere la diatriba cominciata poco prima.

«Non mi fido a lasciare la mia donna nelle mani di un inetto come te» risponde brevemente il lupo, sollevando il naso in aria, per rispondere con una spallata ben piazzata al tentativo del mezzo demone di allontanarlo dalla sacerdotessa.

«Smetti di dire fesserie, brutto imbecille!» lo irrita, ma proprio sino in fondo all’animo, quel lupastro. Si ferma, impuntandosi, per volgersi verso di lui e schiacciare il naso contro il suo, ringhiando più forte di prima, se possibile.

«Tu non c’entri nulla qui, vattene!» ripete, mostrando i denti affilati che ora si palesano tra le mascelle contratte.

«Ma da quando decidi tu cosa devo o non devo fare, cuccioletto?» due mocciosi sarebbero sicuramente più razionali, e capirebbero che la questione è ben più importante dello sfidarsi ogni due passi; ma a quanto pare non hanno intenzione di capire l’antifona, non ora, almeno.

«Da quando sei entrato nella mia vita per rompermi le scatole!» si sono fermati entrambi, brontolando l’uno contro l’altro, come al solito. Si accorgeranno del fatto che ben tre paia di occhi sono puntati, accusatori, su di loro?

 

Oh, bene    .

Kagome avvampa, imbarazzata, e allunga una mano davanti a sé, nel tentativo di strattonargli un braccio. Oh, dannato stupido di un InuYasha! «C’è», inizia, «Kaede. E Rin. Ci stanno fissando, razza di idioti, stiamo dando spettacolo».

Koga ridacchia, come se la ramanzina non fosse a lui rivolta, e anzi, come se la colpa fosse meramente attribuibile al cuccioletto. In fin dei conti, è stato l’hanyou a cominciare, lui non ha alcuna colpa. «Non preoccuparti, tesoro, quando lasceremo il villaggio e andremo a vivere nella nostra grotta, non ci sarà alcun bisogno di vergognarsi degli altri! Saremo solo tu ed io, Kagome, noi due soli!».

   Argh    .

 «Koga, ti imploro, fa’ silenzio», risponde lei stanca. L’aver litigato con InuYasha ancora la irrita, quindi distacca gli altri due – basta un passo un po’ più lungo del normale – e si precipita da Kaede. Ha il fiatone, ma non importa. «Ehm», inizia, «salve».

Probabilmente Kaede ha già notato che dev’esserci qualcosa di strano, perché le rivolge un’occhiata penetrante. «Oggi fa caldo», osserva la vecchia. «Molto caldo. Non è normale».

«Ehm, sì. Io… Il pozzo si è, puff, illuminato». Si gratta il braccio, cercando di sopprimere la vergogna per quella spiegazione assai infantile – illuminato, poi. Come se il pozzo fosse una candelina posta sulla sommità di una torta di compleanno, o una lampadina, o chissà che altra stupidaggine! Scuote il capo. «Di viola, e nero e… siamo preoccupati».

«L’aura negativa che infesta questa zona    è     preoccupante, Kagome. Non dirmi che non l’hai avvertita».

No che non l’ha avvertita, no. Era distratta a urlare contro InuYasha, non avrebbe mai potuto notarla, per quanto forte e fastidiosa. Però si sentiva male, prima: magari il suo corpo voleva avvisarla. E lei non l’aveva neppure notato.

«Io», prova. «Non lo so. Sinceramente non ci ho fatto caso».

E prega che Kaede non la rimproveri più del necessario.

 

 

Volge, lentamente, lo sguardo in direzione di Kagome. No, ora deve spiegargli perché la colpa è sempre sua! Ovvio, deve difendere l’amato Koga, altrimenti non sarebbe in pace con se stessa, lei.

Bene, anzi, benissimo! Incrocia le braccia al petto, inarcando le sopracciglia irritato. «Keh! Sì, auguri e figli maschi!» proferisce con stizza, allontanandosi di qualche passo per distaccarsi dal resto del gruppo.

Sì, ha avvertito anche lui un odore che presagisce qualcosa di poco piacevole, un puzzo di morte mescolato a qualcosa che non riesce ad identificare. Slaccia le braccia dal petto, lasciandole scivolare lungo i fianchi per sollevare lo sguardo verso il cielo, coperto ora di nembi. «Non mi piace, non mi piace per niente...» prima il pozzo, e ora la volta, che par voler essere inghiottita da un buio più profondo ora. Non è normale, quell’obnubilo, e già non lo era la nebbia di prima, che non dovrebbe essere contemplata in quella stagione.

«Credi che possa essere Naraku?» il lupastro s’avvicina alle sue spalle, portando il palmo aperto a sostenere il mento per strofinarselo dubbioso.

«No, è qualcosa che supera nettamente la sua presenza. Non avverti quest’odore?» formula, volgendo il capo poco sopra la spalla.

«C’è puzza di putrefazione» asserisce, sollevando anch’egli lo sguardo verso il cielo. «Non è un buon segno» InuYasha scuote il capo «Per nulla».

Se ne sono avveduti da un pezzo, del fatto che l’inquietante tanfo non provenga dall’entrata che ora soverchia il pozzo, bensì dall’alto, come se vi fosse un nugolo di demoni a ricoprire, alto, la volta. «Tieni gli occhi aperti», unico monito che viene rivolto al demone lupo, prima che l’hanyou s’allontani, aggirandolo.

«Dove stai andando?»

«A scoprire da dove proviene l’odore…»

 

Uomini, uomini e ancora uomini.

Si volta appena in tempo per osservare InuYasha allontanarsi, lo sguardo fisso verso il cielo. Uomini, uomini e ancora uomini, dannati gli uomini e tutta la loro specie, dannato chi li ha inventati e chi ha fatto sì che questi ultimi avessero un qualche potere sul genere femminile!

«InuYasha!», urla, dimentica della presenza di Kaede al suo fianco – stupido, stupido di un InuYasha. Dove vuole andare, tutto solo? Perché non attende ancora un attimo, almeno un altro istante? Perché non fa la scelta giusta, una volta tanto? «Aspetta!».

Lui d’altro canto neppure si volta ad osservarla, ancora furioso. Non fa cenni con la mano, non la calma, continua a procedere, imperterrito, le dita che sfiorano l’elsa di Tessaiga.

«Koga, va’ con lui», annaspa. Non può lasciare da sola Kaede, né può abbandonare Rin, che la sta fissando con aria perplessa, non può e non deve, ma concedere ad InuYasha di seguire quella pista potrebbe rivelarsi un grave errore. «L’aura che ci circonda invoca morte e desolazione, se andasse da solo, allora…».

Il demone la guarda. «Se morisse, tu potresti stare al mio fianco», biascica circospetto – ma Kagome lo sa che sta fingendo. Sa che non accetterebbe mai di veder morire InuYasha per mano di un qualche nemico qualsiasi, lo sa. Koga non è così crudele, per quanto si sforzi di esserlo.

«Ti prego», supplica. Vorrebbe seguirlo lei stessa, InuYasha, ma è    umana    , e quindi lenta. Quante possibilità ci sono che riesca a tenere il passo e non inciampare? «Fa’ in modo che non si faccia male».

Koga sospira: «Perché lo vuoi tu, mia diletta, solo perché lo vuoi tu, altrimenti, per quel che mi riguarda, il cucciolo potrebbe anche andarci da solo. Ha una spada, può difendersi».

«Ti prego, ti prego, va’ con lui».

 

Lo farà, andrà con lui semplicemente perché non può fingersi sordo ad una richiesta della sacerdotessa, e perché non può permettere che al cuccioletto accada qualcosa che la indurrebbe alle lacrime, di nuovo.

«Sarò la sua ombra» solleva indice e medio accanto alla fronte, sfoggiando il suo sorriso più rassicurante. Quel dannatissimo, testardo mezzo demone. Chi glielo ha fatto fare di ritrovarsi in questa situazione? Bah! Spicca un balzo, ritrovandosi su di un ramo per seguire la traccia olfattiva di InuYasha. Non gli sarà difficile raggiungerlo.

 

Sopracciglia inarcate, sguardo diretto, in avanti, velocità che aumenta di passo in passo tra le sterpaglie, e l’odore che s’avvicenda vicino, sempre più vicino.

Si ferma, raccogliendo  nei polmoni il respiro sufficiente per proseguire. Le iridi si scostano da destra a sinistra, celeri, finché, improvvisamente, l’effluvio scompare.

«Che diamine…», è come se fosse stato cancellato improvvisamente. Solleva il capo, annusando l’aria per tentare di ritrovare la pista che stava perseguendo. Niente. Prosegue, scattando in avanti per schivare una felce che s’è parata dinanzi, un altro salto, più lungo, per raggiungere il terreno col passo. Si ferma.

Dinanzi agli occhi s’apre un ampio spiazzo, vuoto. «Dannazione!» ringhia basso, muovendo qualche passo in avanti. Un momento.

Solleva lo sguardo. «… E quello, cosa diavolo è?» quasi invisibile, celato dalla coltre spessa di nebbia che s’innalza dal suolo, dinanzi agli occhi appare ora, quasi che le sue scalinate sembrassero eterne, un ponte. Sale, sale, sperdendosi tra i nembi alti della volta. Pare quasi che sia un passaggio per l’aldilà.

Avanza, sollevando con l’indice l’elsa di Tessaiga per scostare solo una parte della lama verso l’esterno, come se fosse sul punto d’estrarla. L’odore, nauseante, torna a vibrare nell’etere come una scossa.

«…» di nuovo un passo, questa volta che si dirige verso il ponte, guardingo.

«Dove pensi di andare, demone?» una voce, il capo si volge di scatto presso la voce. E’ dunque costui che emana un odore così nauseante?

«Tutto questo è opera tua?» mostra i denti, in un ringhio quasi primitivo, piegandosi sul ginocchio destro pronto allo scontro.

«Oh, mi stai sfidando? Hai la minima idea di chi io sia, demone?» le iridi bluastre dell’antagonista si nascondono dietro le palpebre, mentre un profondo e ponderato sospiro gli sfugge dalle labbra. «Sorella, cosa devo farne di questo abominio? Lo faccio fuori?» chiede, quasi scocciato dalla presenza di InuYasha, rivolgendosi alle sue spalle, dove ora incede una figura avvolta nell’ombra.

 

Amaterasu ride.

Non che la situazione sia divertente – c’è un hanyou, lì, e li osserva ostile, e ha una strana katana,    oh     –, certo, ma le viene da ridere, e così fa: reclina il capo all’indietro, le labbra che si piegano in un ghigno soddisfatto. Gli occhi rossi lampeggiano, osservando con interesse il mezzodemone.

«Susanoo», cantilena. «Vuoi uccidere un così bel fanciullo?».

Fa un passo in avanti, due, tre, attorcigliandosi un lembo di stoffa tra le dita. È annoiata, molto annoiata, e irritata soprattutto. La situazione sta degenerando.

«No, no». Apre il ventaglio – ha un così bel ventaglio, lei, nero con decorazioni violacee – e soffia, creando una leggera brezza. Spazzerà via un po’ di quel fastidioso caldo, forse, un po’ dell’insopportabile arsura che la sta spossando. «No, no, non si fa, tesoro, non si uccidono le persone affascinanti».

L’hanyou è carino, davvero carino. Potrebbe condurlo nelle stanze da letto, Susanoo non si opporrebbe, forse, e se anche dovesse opporsi lei lo attaccherebbe. Potrebbe divertirsi un po’.

Il ringhio gutturale del ragazzino la eccita, parecchio – si scosta una ciocca di capelli argentei dal viso, lo sguardo che involontariamente si posa sul volto del fratello: è arrabbiato, povero caro. Ma del resto, Susanoo non è mai stato in grado di riconoscere la bellezza, quindi è ovvio che reputi l’hanyou un soggetto poco interessante.

Oh, povero, povero Susanoo!

«I bambini così carini vanno abbracciati, mio amato fratellino, e baciati, non di certo uccisi», ridacchia. Ondeggiando, si porta al fianco di Susanoo, e lentamente si sporge verso l’hanyou. «Mio bel cucciolo, come ti chiami?».

 

Chi sono questi due decerebrati?

Li osserva, sgranando gli occhi allibito. Uno che minaccia di farlo fuori, e l’altra che vuole… vuole, vuole cosa?

Indietreggia di un passo, inarcando le sopracciglia per piazzare Tessaiga dinanzi al busto. «Cucciolo un corno!» risponde a tono, com’è giusto che sia, in fondo. Gli sembra d’aver dinanzi la versione femminile di Miroku, e dunque un brivido freddo gli investe la colonna vertebrale. E’ una situazione a dir poco ripugnante! Chi sarebbero questi due tizi ora?

Susanoo, dal canto suo, non ha alcuna intenzione di rimanersene immobile ad osservare la donna che puntualmente, come ogni volta, s’infatua di un mortale. Per di più, uno schifoso mezzo demone.

«Amaterasu, lascia che io lo uccida!» e reprime, reprime in modo forzato la gelosia che sormonta ora nel petto, violenta. Li ucciderebbe tutti, coloro che osano mettersi in mezzo a loro due. Soprattutto quando il rivale col quale dovrebbe misurarsi è poco più di un moccioso!

«Senti, demone», comincia, spostando i suoi passi verso di lui, per piazzarsi tra i due rodomonte. «Non hai alcuna possibilità di sconfiggere me, né tanto meno di avvicinarti alle stanze da letto di mia sorella. Ti piacerebbe, eh, scoprire cosa si prova nel passare una notte con un’immortale… » in tutto questo, InuYasha, sta cominciando ad adirarsi in modo molto evidente, dacché la vena che ora ha cominciato a materializzarsi sulla sua fronte, sta pulsando di puro nervosisimo.

«Sorella, lascia che io spazzi via questo insetto, non vedi che offusca solamente la nostra presenza?» ci prova considerevolmente a mostrarsi dieci volte superiore ad un comune essere mortale, sarebbe come paragonare una cimice ad un serpente. Solleva la mano, aprendone il palmo per concretizzare l’onda d’urto che ha intenzione di dirigere verso l’hanyou. Lui, il Dio dei venti, costretto a sporcarsi le mani di fronte ad un inetto simile, quale vergogna!

«Avrai altri uomini coi quali soddisfare i tuoi appetiti, sorella» distorce il naso, scostando con un celere movimento del capo i crini scuri da dinanzi alla fronte. Si sta arrabbiando, e molto anche.

«Non vedi quant’è primitivo? Orsù, vorresti sporcare le tue carni con merce di così bassa provenienza? E poi le sue vesti, mi chiedo di che stoffa siano composte, forse di animali morti? Inoltre, non senti che odore ripugnante emana?»

 

Cosa sono questi insulti gratuiti?

Le labbra s’inarcano in un sorriso di pura frustrazione, un tic sta cominciando ad impossessarsi famelico dell’occhio destro, mentre abbassa il capo, chiudendo gli occhi per tentare di non fondersi le cervella.

«Scusatemi…» principia, stringendo la mano sull’elsa di Tessaiga, quasi volesse distruggere la sua stessa arma «Potreste… SMETTERE DI INSULTARMI O CERCARE DI SEDURMI?» ringhia, prendendo la rincorsa per scagliare il suo primo attacco contro Susanoo, che sembra divertirsi a schernirlo con così tanta leggerezza.

«Ti mostrerò io, quanto so essere primitivo» sorride beffardo, innalzando lo spadone sopra il capo per sferrare un kaze no kizu.

«Quanto coraggio per essere un reietto…» sbadiglia, rilasciando il nugolo di venti che poco prima aveva cominciato ad aggrovigliarsi attorno alla sua mano.

«Ma anche innegabilmente idiota»

 

«Fermi!», tuona Amaterasu, nervosa – le dita s’aprono, il ventaglio si muove, l’attacco di Susanoo scompare, dissolvendosi in una nube di fumo leggero. Oh, dannata gelosia! Vorrebbe spiegarglielo, a Susanoo, che essere compagni non implica l’essere    fedeli    , e in passato c’ha anche provato, a farglielo intendere.

Ma lui niente, nulla, stupido come sempre. Ricorda distintamente le sopracciglia inarcate del fratello, e i suoi occhi azzurri vacui e incerti. Quel giorno era stata costretta a capitolare e passare la notte con lui, a-ah.

«Susanoo», borbotta, «non voglio altri uomini! Voglio    questo     bel ragazzino,    questo    ! È splendido». Afferra il braccio del compagno, quasi a volerlo trattenere, e nuovamente si sporge verso l’hanyou. Oh, sì, è davvero carino, con quei capelli argentati e le orecchiette bianche, davvero troppo carino. Gli sorride, bonaria.

Vorrebbe fargli intendere di aver conquistato il favore di una divinità, di essere un ragazzino speciale, di star sul punto di provare un piacere inimmaginabile, poiché lei ha deciso così, e così sarà. Il sorriso s’intensifica, si passa ancora una volta la manca tra i capelli, come a volersi rendere presentabile, socchiude gli occhi. Mh.

«Adesso io e Susanoo ci mettiamo d’accordo, mio caro, e dopo soggiornerai per un po’ nelle mie stanze».

Il fratello ringhia, chiaro segnale di disappunto – Amaterasu gli lancia a sua volta un’occhiataccia. Non ha intenzione di cedere.

«Scoprirà quanto tu volevi negargli, Susanoo, e lo scoprirà questa notte stessa. Bambino, ti renderai conto tu stesso di essere fortunato! Non ti sto seducendo, quindi, ma semmai proponendo la più piacevole delle emozioni terrene». Si morde il labbro inferiore, conquistata: oh, l’hanyou accetterà, ne è certa. Nessun uomo ha mai osato contraddirla. «Ti assicuro che non avrai ragione di pentirtene».

 

«Amaterasu!» Susanoo si volge in corrispondenza della sorella, irritato come mai in vita sua. Ha osato fermarlo in modo così spudorato, e dunque umiliarlo nel peggiore dei modi. Il suo colpo, ora, solo fumo.

«Perché l’hai fatto?» il volto ora s’è dipinto d’un vivo scarlatto di rabbia. Geloso, geloso marcio di lei, che preferisce un futile hanyou a lui, un Dio! «Quando la smetterai di gingillarti con gli esseri umani?» sbotta, muovendo pochi passi verso di lei, e quindi, ignorando palesemente l’attacco di InuYasha che si conclude a ridosso di una fila d’alberi, divellendoli tutti in meno di cinque secondi.

«Cos… ehi! Il tuo avversario è da questa parte, idiota!» si sente preso in giro. In un combattimento non ammette distrazioni, lui. Quello invece cosa fa? Lo abbandona per una donna, una donna!

«Le femmine non dovrebbero intromettersi in uno scontro» latra innervosito, e se non fosse che ora Amaterasu è così vicina da saggiarne il respiro, l‘avrebbe fatta fuori in un colpo soltanto, ne è certo.

«Non ho alcuna intenzione di… » deglutisce, abbassando il volto che si riempie d’un intenso rossore.

 «Fare… quello!» biascica impacciato. Ma per chi lo ha preso? Cos’è tutto questo accanirsi su di lui, poi? Non è un giocattolo! Se Kagome venisse a scoprire che un’altra donna…

S’immagina la scena, e s’immagina anche che se la prenderebbe con lui, schiantandolo sul terreno con duemila osuwari. Deglutisce di nuovo.

«Sono qui per capire cosa succede, non sono un trofeo da portare tra le…» arrossisce di nuovo, piegando il capo, per scostare lo sguardo in preda all’imbarazzo, «lenzuola…», conclude con un filo di voce, quasi inudibile.

Non ha intenzione d’ascoltare oltre, non è lei la prima donna alla quale si concederà, cosa potrebbe importargli del piacere terreno più intenso? Per favore!

«Ho già la mia donna, e non ho bisogno di una Dea per… per… » ma perché deve mettersi nei guai da solo con le parole?

«Ma cosa dici, cuccioletto!» ecco, ci mancava solamente lui ora, il lupastro. I due Dei si guardano, per poi osservare il nuovo giunto.

«E chi sarebbe costui?» formula Susanoo, inarcando un sopracciglio. «Chi sono io? Colui che aiuterà il caro InuYasha a coronare i voleri di quella deliziosa fanciulla laggiù» indica Amaterasu, sollevando la mancina al petto per poi avvicinarsi ed aggrapparsi al braccio dell’hanyou.

«Ma sei scemo?» InuYasha tenta di divincolarsi invano, la stretta del demone è decisamente ardua da sciogliere, al momento. «Orsù, come puoi privarti di un’offerta così allettante? Non preoccuparti per Kagome, a lei penserò io! Divertiti! Si vive una volta sola, vecchio mio!» e ridente come un sole, gli dà una pacca sulla spalla per farlo avanzare di pochi passi verso la Dea, che, compiaciuta, è pronta ad accoglierlo tra le braccia come solo la più esperta delle amanti saprebbe fare.

«Io ti ammazzo, Koga, giuro che ti frantumo le ossa pezzo dopo pezzo e poi me le mangio!» un ringhio gutturale, mentre la stretta anacondica di Amaterasu lo avvicina contro di lei.

«Cos’è questa storia? Chi sei, tu, per intrometterti in una questione simile, mortale?» è Susanoo, che questa volta pare schierarsi dalla parte di InuYasha, aggrappandosi all’altro suo braccio per tirarlo nella direzione opposta.

Tutto questo tira e molla: la Dea che lo tende dalla sua parte, e il fratello che lo costringe dall’altra e Koga, che di sottofondo fa il tifo per la prima, gli stanno facendo ribollire il sangue in modo quasi deleterio.

«Smettetela…» principia basso, mentre le iridi cominciano ad andargli a fuoco dalla rabbia.

«Smettetela… » ripete per la seconda volta. Il corpo trema, livido, pare una pentola a pressione in procinto di scoppiare.

«SMETTETELA!» grida, staccandosi ferocemente da entrambi per porsi loro dinanzi ed estrarre di nuovo Tessaiga. «Scegliete entrambi di quale parte del corpo volete essere privati, vi concederò il lusso di staccarvi gli arti, pezzo dopo pezzo» sussurra inquietante.

«Oh, quanto sei irritabile cuccioletto, una donna ti si offre su di un piatto d’argento e la rifiuti così?» Koga lo aggira, scuotendogli l’indice di fronte al volto per poi avvicinarsi ad Amaterasu per suggerirle qualcosa all’orecchio. «Oh sì, con questo stratagemma lo conquisterai senza ombra di dubbio» sorride maligno, indubbiamente, tolto di mezzo il sacco di pulci, Kagome sarà solo sua. Potrebbe forse lasciarsi scappare una chance del genere?

 

«Non so chi sia Kagome», chiarisce atona Amaterasu, una mano che lenta si avvicina al petto di InuYasha, «ma certamente costei non può vantare né l’avvenenza né l’intelligenza necessaria per domare un cucciolo come te, mio adorato».

Sfiora la stoffa ruvida del kariginu come se questo fosse fatto di seta, e intimamente sorride – oh, ha una donna, l’hanyou. Una    sua     donna, di cui forse è innamorato. Forse la desidera anche, forse si è preservato per costei. Che cosa romantica, commenta tra sé, che cosa stoltamente romantica.

InuYasha ha un fremito, quando la mano della divinità scosta un lembo del tessuto, e in questo Amaterasu trova nuovo divertimento: «Ma caro», mormora, «come siamo sensibili. Sì che il tuo amico m’ha detto di coccolarti ben bene, ma non credevo che tu, mio adorato, fossi così malleabile. Non preoccuparti, tra poco potremo divertirci davvero».

Ma ora no, no. Ora deve sbarazzarsi di Susanoo, accattivarselo. E anche del lupo, che sarà stato gentile, d’accordo, ma non le apporterà alcun giovamento, e dunque la sua presenza lì è unicamente un peso.

Allontana – controvoglia – le dita dal petto di InuYasha, che la guarda con furia e agita la spada, intimandole con un secco ringhio di allontanarsi e lasciarlo in pace. «Vorresti colpirmi?», domanda. «Con quell’oggetto? Una lama così banale non può ferire la mia pelle, hanyou, quindi sta’ buono e aspetta il tuo turno».

«Se vuole una mano, signora, stia certa che gliela darò!», ridacchia il demone lupo, battendosi forte una mano sul petto. «Basterà dargli un bel calcio e il cuccioletto non muoverà più neppure un muscolo, glielo garantisco!».

   Oh, sì    . Amaterasu ne è certa.

Sorride, tranquilla, e si avvicina ondeggiando a Susanoo – gli occhi azzurri del fratello hanno un fremito, si puntano sfacciatamente sulle curve dell’altra, lì si fermano, compiaciuti. È convinto, il compagno, che lei gli si concederà, è sicuro. Crede che lei voglia accattivarsi i suoi favori con un po’ di sano sesso, e aspetta che le labbra della dea raggiungano le sue.

Peccato che Amaterasu non abbia nessuna intenzione di giocare con lui.

«Susanoo, mio diletto», sussurra, «quest’oggi desidero trascorrere il mio tempo con il fanciullo. Distruggerò la sua katana, se questo placa il tuo spirito, e lo ucciderò subito dopo, ma concedimi di trastullarmi un po’. Fa caldo, son conscia, ma non ho alcuna intenzione di giacere sola nelle mie stanze».

 

 

«Questa non è una lama banale» risponde a tono, sollevandola accanto alla gola della divinità.

«Che siate Dei o demoni, per me non c’è differenza.» serio, ed estremamente convinto della capacità di Tessaiga, a quanto pare.

Koga, dal canto suo, non può far a meno di godersi la scena, incrociando le braccia al petto, per rimanere al fianco di colei che gli aggiudicherà il cuore di Kagome, finalmente.

Ha promesso che avrebbe seguito InuYasha, in fondo, non che avrebbe impedito ad un’altra donna di sedurlo.

 

«Non se ne parla» Susanoo incrocia le braccia al petto, ora, palesemente contrariato dalla proposta della compagna. E’ stanco dei suoi capricci, ed ancor di più d’essere congedato con scuse così mediocri.

«Pensi davvero che io possa cadere nel tuo tranello, sorella?» ora è lui ad avvicinarsi a lei, spostandole l’indice sotto il mento, lascivo. «So che diverrebbe parte integrante del tuo harem, quando qualcosa ti piace non la debelleresti così, dal mondo, nemmeno se nostro padre te lo imponesse» formula chiaro, iniettando il veleno che ora si concentra nel suo sguardo in quello di lei.

«Facciamo così, ti concederò di passare una notte col mezzo demone, ma poi sarò io a porre fine alla sua esistenza.» i giochi son giochi quando le regole vengono dettate da ambo i giocatori, no?

«Ed inoltre, non ti permetterò di distruggere quella katana, sarà il premio che mi spetta alla fine di questa storia. Possiede un’energia non indifferente, potrei assorbirne il potere tramite la mia alabarda. Ho dettato le mie condizioni. Ti concedo una notte, e quindi non meno di otto ore, da passare col tuo giocattolo: quando saranno scadute, lo ucciderò», lo sguardo va ad InuYasha ora, «Non sei felice? Ti concederò di provare il nettare degli Dei prima della morte, non è concesso a tutti d’unirsi con mia sorella e di conquistare così facilmente i miei favori. Ma il solo pensiero di mozzarti la testa dal collo mi riempie di gioia» le labbra s’increspano in un sogghigno compiaciuto.

 

«No che non va bene! Proprio per niente!» ringhia, qui si decide senza alcun consulto da parte sua, e per di più, stanno patteggiando sulla sua vita! Dannazione!

Abbassa le iridi, che scivolano sul terreno per qualche istante, finché anch’egli non imprime sulle labbra un enigmatico riso di soddisfazione.

«Lascia che sia io a dettare un’ultima condizione», risolleva lo sguardo presso i due Dei, sotto lo sguardo confuso di Koga, che ha tutta l’impressione che quella Amaterasu abbia utilizzato un qualche incanto particolare sull’hanyou.

«Prima che io sia costretto a cibarti del mio corpo» lo sillaba ripugnato, facendole intendere che non v’è proprio nulla d’attraente in lei, per quel che lo riguarda.

«Vorrei che tu mi spiegassi, Amaterasu, giusto? Il motivo per il quale sia comparso questo ponte dal nulla, e cosa sta succedendo» sposta i suoi passi, lasciando cadere Tessaiga sul terreno sottostante, per incrociare le braccia al petto e squadrare la femmina.

«Una preda è più succulenta quando è consenziente, non trovi?» sì, sta patteggiando, per la prima volta si ritrova a farlo senza ricorrere alla katana. Ha percepito da tempo che l’energia dei due è ben superiore a quella di Tessaiga.

Tenta, - ci sta provando – di apparire assenziente alla proposta della Dea, troverà un modo per evadere il tutto, ma prima deve capire cosa sta succedendo, e perché due divinità che dovrebbero appartenere al cielo ora vagano sulla terra come fossero semplici esseri umani.

 

Non gli crede, in realtà. Glielo legge negli occhi che sta mentendo.

Il piccolo hanyou si strofina il dorso della mano contro i calzoni, evidentemente a disagio, e con lo sguardo cerca di incuterle terrore – ha persino abbandonato la katana, come a voler interpretare al meglio quella sciocca recita. Gli occhi non hanno che una minima traccia di preoccupazione, solo una goccia di sudore gli corre lungo il mento, le mani son ferme, strette a pugno.

Falsità, falsità, che ridicola falsità, che inaccettabile panzana s’è inventato! Che spettacolo imbarazzante!

 

Ad Amaterasu, però, i bugiardi piacciono un mondo: la menzogna la eccita, il dolore la soddisfa, il senso di colpa è il suo pane quotidiano. Il volto dell’hanyou è quindi un delizioso antipasto – si lecca le labbra, pregustando il    dopo    . Oh, sarà divertente, e lo sarà comunque, che lui si pieghi al suo volere o meno.

Lancia uno sguardo al demone lupo, e ride dell’ansia malcelata di questi. «Benché tu ti finga stoico, allora», biascica a lui rivolta, «la nostra presenza turba anche te, eh, lupacchiotto? Ma non preoccuparti, la tua avvenenza poco mi stuzzica. Senza offesa».

Il ghigno di Koga s’allarga. «Oh, signora, mi consenta di dirle che la cosa è reciproca. Senza offesa, ma Kagome è mille volte più allettante di lei».

«Me lo ricorderò».

 

Incrocia gli occhi socchiusi di Susanoo, avvertendo distintamente il respiro pesante del compagno. Probabilmente è furioso, o anche più, e ucciderebbe il grazioso fanciullo senza farsi alcun problema, se potesse. Ma ha giurato. Susanoo non infrange le promesse.

«Allora, cucciolo mio, vuoi sapere cosa il motivo per cui Amenoukihashi è comparso? Beh». Si lecca le labbra, compiaciuta. «Allora accompagnami nelle mie stanze. Il lupo non m’ha offerto nessun premio per questa rivelazione: non è degno di ascoltarla, non lo accetto. Vieni», ordina.

Ha sempre il coltello dalla parte del manico, lei.

   Il cucciolo non potrà sfuggirle    .

 

 

 

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Capitolo 3
*** Terzo capitolo ***


Borderline

Linea di confine

 

Scenetta introduttiva

Sempre il medesimo avviso della volta scorsa, se non volete leggere l’introduzione, passate direttamente alla storia (peggio per voi, dacché qui sotto ci sono le risposte ai vostri commenti, gnaaa).

 

 

 

 

Buongiorno, pomeriggio... sì, vabbè, ma stiamo sempre a ripetere la stessa solfa? [Osserva gli appunti inarcando un sopracciglio] Ma chi è che scrive il copione? Una scimmia? Rò, questa volta vedi di rispondere tu alle recensioni, io sono in silenzio stampa.

…eh? No, no, mi rifiuto di rispondere da sola! *Sospira, poi alza il portamonete-nuovo-comprato-al-Comicon e lo lascia ondeggiare davanti agli occhi del Dio-sama* Dai, se fai il bravo e rispondi come una personcina educata ti compro una bella pizza, non sei contento?

[Prende l'oggetto e lo scaraventa fuori dalla finestra] Non portare al lavoro questa roba! E' contro il regolamento. [Annuisce rigoroso] Non sei sola, io nel frattempo mh... [estrae un giornale] mi diletto nell'affiancarti.

Ma hai un cavolo di giornale in mano, idiota! E… e cavolo, l’altra volta i vestiti, ora il portamonete! Non hai proprio niente di meglio da fare, tu? Ti diverte torturarmi, ammettilo! *Gli toglie il giornale di mano, lo strappa e poi lo getta nel cestino* In ogni caso, sappi che non ti comprerò mai più una pizza, io – e dobbiamo rispondere insieme. Insieme, cavolo, non scrivo da sola! Quindi fa’  il bravo e sorridi alle lettrici.

Oh, un giornale non costa poi così molto. [Sorseggia un caffè uscito da chissà dove] Comincia, comincia. [Sbadiglia], chi abbiamo, ah sì, la tua amica - Inufan4ever - che temo d'aver irritato l'ultima volta. E, ecco, io non chiamo la gente con i soprannomi, specialmente se contengono K, lettera che odio oltremodo. Delucidami su di una questione - Inufan4ever- quale certezza ti dà che InuYasha sia meglio di me? Statisticamente chi non conosce colui che denigra non avrebbe diritto a muovere accuse infondate. Ma procediamo oltre. Ah, sì, beh, non credo di poter dire altro, leggendo il capitolo avrai le risposte che cerchi, suppongo. [Tenta di sorridere, ma ne esce una sottospecie di smorfia contratta]

*Lo guarda e sbuffa* Kikka, ti prego, la prossima volta non essere così – uhm? – brusca. Per quanto non capisca né voglia capire il suo odio per la lettera K – il tuo soprannome contiene tre K, poi!, se odia la K non puoi pretendere che ti chiami per nickname! –, è pur vero che non lo conosci e non puoi detestarlo. So che può apparire antipatico, egocentrico e crudele nei miei confronti, dato che mi ha privata del mio amato portamonete a forma di onigiri, ma in fondo è una persona gentile. *Annuisce, convinta* Tu sei una persona pucci, Kikka, non puoi fare così! *Spupazza* Bene, ora tocca a… Nio, tesoro, non preoccuparti, nessuno ti mangerà!   

Non ho chiesto l'intervento di un avvocato, comunque passiamo ad Onigiri. [La divora], oh, non importa se sei scaduta, cara, l'importante è che tu sia commestibile. [Lecca le labbra dopo aver degustato i chicchi di riso], ahem, siamo felici che tu gradisca il capitolo, ed ancora di più che i due nuovi personaggi siano di tuo gusto, in effetti sì, non avremmo potuto interpretarli diversamente. Koga, purtroppo, è Koga, quindi non gli si può far nulla, suppongo. Ucciderlo a sangue freddo sarebbe stato troppo deleterio per il numero di lettori che abbiamo accumulato, dovrai sopportarlo un altro po’.

Io non sono il tuo avvocato! *Batte un piede per terra* D’accordo, la prossima volta lascerò che Kikka ti sbrani o che qualche altro lettore ti violenti, sai quanto me ne importa! *Gli dà le spalle, indi si rivolge a Nio* Ehm, se sei ancora viva – e io spero vivamente di sì –, non prendertela con me. Me ti vuol bene, Nio-chan! *Salta addosso e coccola* Meow! Il cattivo è lui, non io. Spero che il capitolo ti sia piaciuto, tesoro, e perdona Koga: non sa quello che fa, lui. Ora… *Guarda il copione con interesse* Ora tocca a Steffy. Macciao! Dato che il precedente aggiornamento ti aveva turbata per la sua velocità, ora ce la siamo presa comoda, hai visto? *Fa gli occhi dolci*

Già, ne abbiamo approfittato per pagare la bolletta, per trasferirci, (dopo che la nostra casa è andata a fuoco), e per farci un bel viaggetto in santa pace. Non vi sta bene? Fatevelo star bene! Dunque, grazie per i complimenti, eh... calare? Calare? Cioè, ma ci vedi? Hai davanti un Dio ed una sacerdotessa, mica pizza e cavoli! Noi non possiamo assolutamente calare [sta leggendo letteralmente il copione], più che altro perché se scrivessimo peggio di così, non ci pagherebbero, quindi siamo costretti a mantenere un certo livello. Oh beh, la prossima è... Wing Writer, lascio a Roro la parola in merito. [Sorride compiaciuto].         

Camilla, non prendetela se non risponde lui: sai com’è, povero caro, non può abusare del suo unico neurone. In quel caso impazzirebbe e niente storia, no no. *Sorride a sua volta, cercando di assumere un’espressione angelica*  Grazie per il tuo commento, prima di tutto, e Susanoo e Amaterasu ringraziano per esser stati citati. *Legge anche lei dal copione* Innamorarsi del nostro InuYasha potrebbe nuocere gravemente alla salute – se non altro perché potrebbe spuntar fuori Kagome e picchiarti – e quindi ti esorto a dimenticarlo. *Sospira* Non so se guarderemo più una partita, qui, sorry. Però tu continua a sperare, eh! *Guarda Matt con la coda dell’occhio* Tocca a te.

Non ti rispondo perché il mio unico neurone si rifiuta di farlo, e credo sia meglio così, o rischierei di infierire troppo e farti piangere. [Osserva Rò, sogghignando amabilmente] Ehm, chi c'è rimasto? Ah sì, Kagome96 e Misao. Grazie dei commenti, siamo contenti che la storia vi piaccia e, Misao, è ovvio che il mio InuYasha sia... quel che è; insomma, avevi dubbi? Ah, Kagome96, grazie del doppio  commento, anche se non ce n'era effettivamente bisogno, contenti che ti piaccia.

Argh, sii un po’ più espansivo! Coccola i tuoi lettori! *Lo spinge contro Misao* Abbracciali, di’ loro: «Ti voglio bene» o… no, ‘spetta, in quel caso saresti inquietante e potrebbero denunciarci per violenza sessuale. *Lo trascina via da Misao e lo piazza sull’unica poltroncina presente nello studio, poi si volta verso i lettori* Beh, nessuno di voi ha commentato la presenza delle nostre due splendide vallette, però! Insomma, Naraku c’è rimasto malissimo.

Io che dico "Ti voglio cosa...?" ah ah ah ah ah, è una battuta interessante. Mai. Comunque, vero, Naraku si è chiuso nel camerino e non vuole partecipare alla serata, quindi dovrete godervi semplicemente Sesshomaru al momento. Poveraccio, è già stato annientato nel manga, volete farlo pure in questa fanfiction? Su, su, chiediamo tutti scusa a Naraku. [Si alza dalla seggiola e scappa verso l'uscita, perché sinceramente non ne può più di questo programma]

Argh, non era una battuta e- *Lo guarda allontanarsi* Come non detto. Auguro una buona permanenza a tutti e spero che le nostre vallette – Koga si è gentilmente offerto di sostituire il nostro beneamato Naraku – siano di vostro gradimento.

Ricordate: tasto A se avete preferito la performance dell’altra volta, ovverosia Naraku e Sesshomaru che danzavano sulle note di Disco Inferno, B nel caso in cui il balletto di Koga e Sesshomaru sia riuscito a darvi una qualche emozione e C se… se avete gradito entrambe le cose. *Guarda il copione* Ma che razza di-! ARGH! *Va via*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo III

 

 

 

Se lo invocasse – se aprisse la bocca e chiamasse il suo nome, se urlasse con quanto fiato ha in gola, se riuscisse a farsi udire –, forse InuYasha accorrerebbe. Forse, anche se irritato oltremodo, la raggiungerebbe, la osserverebbe, sospirerebbe e le assicurerebbe che va tutto bene.

Magari la abbraccerebbe. Le piacerebbe essere stretta un po’ tra le sue braccia, davvero: sarebbe fantastico, perché è tanto gradevole, il calore corporeo di InuYasha, che abbracciarlo risulterebbe comodo e assolutamente    perfetto    .

Oh. Uhm.

Abbassa lo sguardo, furente con se stessa e con le sue inutili fantasticherie, prima di accelerare il passo – neppure l’udito finissimo di InuYasha potrebbe udirla, in una situazione come quella. Immaginare di invocare il suo nome e di ottenere qualcosa, così facendo, non è altro se non ridicolo e inaccettabile. E lei lo sa, lo sa perfettamente, ne è consapevole.

Ma ha così tanta voglia di vederlo che, ne è sicura, attraverserebbe l’oceano a nuoto pur di incontrarlo ancora, e lo farebbe anche se questi dovesse respingerla e insultarla. In fin dei conti, lei lo ama. Che lui lo voglia o meno, lei lo ama e vuol stare al suo fianco, punto.

Fantasticare è logico, dunque, e se fantasticare è logico, allora lei può farlo.

«Ah». Si ferma di scatto, confusa, gli occhi che rapidi si puntano sulla figura nascosta dalla nebbia. «Un ponte?», chiede assorta, lasciando che la domanda resti senza risposta – è retorica, del resto. Il ponte si staglia proprio davanti a lei. Sa che è un ponte.

Il problema ora è capire cosa ci fanno InuYasha e Koga lì.

 

No. Così non va, proprio non va affatto! La Dea è furba, e ciò significa che il suo tentativo di mostrarsi consenziente non è servito a nulla.

Scosta lo sguardo, nervoso, attraverso la nebbia, laddove l’arco del ponte s’innalza e mostra un’escrescenza luminosa proprio nel mezzo. Attraversandolo, dunque, riuscirebbe a scoprire quale dannato cavillo si nasconde dietro tutto ciò.

Non ha dunque altra scelta, a quanto pare. «Bene, conducimi…» prende un respiro profondo, donando ora le spalle ad Amaterasu, per poi muovere pochi passi incerti verso Tessaiga ed estrarla dal terreno sottostante. «Nelle tue stanze» conclude riluttante, ingurgitando un fiotto consistente di saliva, per poi tornare su di lei con le iridi. Deve escogitare un modo per farle sputare il rospo prima di raggiungere la fantomatica dimora degli Dei.

Susanoo, dal canto suo, storce le labbra in un'eloquente smorfia che, oltre a mostrare il suo evidente disappunto, sottolinea che i suoi venti sono disposti ad entrare in azione in ogni momento, se solo l’hanyou s’azzarda a compiere una mossa sbagliata.

«Moccioso, ti tengo d’occhio» formula a bassa voce, piazzandoglisi alle spalle come a sott’intendere che sarà la sua ombra.

«Non ho bisogno della bambinaia» formula InuYasha, sollevando il lato destro del labbro in un sorrisetto ironico «E per la cronaca, non mi spaventi proprio per niente» conclude, rinfoderando la spada per poi avviarsi verso il ciglio del ponte.

Vorrebbe seguirli per godersi la scenetta, oh sì, lo vorrebbe davvero, Koga. Dovrà però, a malincuore, lasciarli allontanare senza di lui – e ancor più a malincuore, - tornarsene tutto solo a consolare Kagome tra le sue braccia. Oh, che disdetta! Sorride sornione, immaginandosi già la scenetta in cui la sacerdotessa si getterà sul suo petto in lacrime, sì, una scena… più o meno… così:

 

Fantasia di Koga

Koga, dopo essersi deliberatamente rotolato nel fango e auto procurato qualche graffietto, raggiunge Kagome al villaggio.

«M… mia diletta, purtroppo, non ce l’ho fatta» sussurra, in una scena drammatica degna d’un attore rispettabilissimo. «InuYasha, è… lui se n’è andato» si trascina verso di lei, scorgendole gli occhi lucidi di lacrime.

«Cosa stai dicendo, caro Koga?» da denotare l’artistico cambiamento di tonalità che la sacerdotessa assume solamente nei sogni del demone, nel quale si tramuta in una zuccherosa controfigura. Dieci minuti, lunghissimi, di sguardi, nei quali magicamente alle loro spalle s’affaccia un infuocato tramonto da telenovela.

Le mani di lui s’intrecciano con quelle di lei, in un romantico scorcio di romanticismo che riprende il suo volto da più angolazioni, con tanto di falso pianto affranto.

«Io… ho tentato di…» i singhiozzi, e le lacrime di dolore e di pena che gli scendono sulle gote, gli impediscono oltremodo la parola, mentre trae il corpo di lei verso il suo in un passionale abbraccio di conforto.

«Perdonami! Oh, Kagome, perdonami!» ed in tutto ciò, Kagome semplicemente piange tra le sue braccia, sussurrandogli che non è colpa sua, e che al suo fianco sicuramente riuscirà a dimenticare il mezzo demone. Abbraccio stretto, che si conclude in un bacio da shojo manga, attorniato da rose e colori surreali d’attorno.

Fine.

 

«Oh, sì! Finirà sicuramente così» stringe i pugni così forte che gli artigli gli penetrano la carne. Solleva le dita sulla fronte in cenno di commiato «Invitatemi al vostro matrimonio!» sorride felice, agitando infine la mano, mentre i bianchissimi canini risplendono d’una luce propria ora.

 

Il primo problema – Kagome inarca un sopracciglio, spostando lo sguardo da Koga alla donnaccia in kimono – è, o almeno sembra, scoprire l’identità dei due tizi, perché quello che sta avanzando è certamente InuYasha, sì, mentre l’altro, quello con i capelli corvini che guarda il cielo con gioia, è Koga. Ne è sicura, lo è, lo è.

La donnaccia in kimono avanza, i capelli argentei che scintillano. Ha uno strano modo di osservare InuYasha, quella tipa: socchiude gli occhi e si lecca le labbra, quasi stesse assaporando un qualcosa di squisitamente esaltante. «Vieni», gli dice poi, allargando le braccia. «Su, cucciolo, vieni da me, ci divertiremo».

   Divertiremo?

    «E sta’ pure tranquillo, la tua compagna – il lupo ha parlato di una donna, no? – non verrà mai a sapere nulla. Del resto, perirai ancor prima di poterla rivedere, tesoro».

   Oh, no, inaccettabile    .

Fa un passo in avanti, le mani strette a pugno. Perché diavolo, insomma, lui non la sfiora e questo può anche risultare comprensibile, con un minimo di sforzo, ma… ma andare con la prima venuta? Così, come se il sesso fosse un gioco divertente?

Oh, sciocco di un hanyou! La pagherà, e la punizione sarà esemplare!

«InuYasha!», urla. «…sei un idiota».

Per qualche istante il mondo sembra fermarsi: la donnaccia in kimono si volta, seguita a ruota dall’uomo con gli occhi azzurri. InuYasha, dal canto suo, sobbalza.

Kagome lo nota serrare le dita intorno all’elsa di Tessaiga, in attesa, come un bambino colto con le mani nel sacco.    Come un bambino colto con le mani nel sacco in attesa della sua punizione.

    «Va’ a cuccia!».

Il corpo del mezzodemone ha un fremito – poi il tonfo. Amaterasu fa appena in tempo a sollevare lo sguardo verso la ragazzina, prima che il cucciolo finisca col viso premuto sull’erba e lanci un indefinibile ringhio gutturale. Povero, commenta tra sé. Forse dovrebbe aiutarlo ad alzarsi, stringerlo al petto e condurlo nelle stanze, e lì curarlo e vezzeggiarlo come promesso.

Oh, sì, dovrebbe, ma prima deve punire la sciocca mocciosa per avergli fatto male. A-ah, già.

«Chi sei?», le domanda sprezzante. «Spero che tu ti renda conto, bambina, di aver appena ferito il mio diletto».

 

Oh-oh, le cose si mettono veramente male. Koga rimane con le palpebre serrate a saracinesca, quando la voce angelica di Kagome gli sfiora l’udito. Decisamente male!

«Kagome…» emette in un sibilo. Lui aveva promesso di seguire il cuccioletto, lui aveva promesso di – sì, insomma – non fargli accadere nulla di male. Ahio.

Solleva i palmi dinanzi al volto, avvicinandosi a Kagome guardingo, per sventolare la coda alle sue spalle; forse, se provasse a escogitare un diversivo, lei potrebbe anche non arrabbiarsi troppo.

Diversivo? Cosa diamine va a pensare? Perché dovrebbe difendere quel sacco di pulci quando potrebbe avere la sua bella tra le braccia? Scuote il capo, volgendosi per puntare l’indice contro InuYasha.

«A-ah! Troppo tardi cucciolo, sei stato colto in flagrante» lo canzona, mentre l’altro, col volto ancora immerso nel terriccio gli ringhia qualcosa contro, incomprensibile.

 

Non è come sembra! Non è come lei pensa! Non lo è affatto!

«Perché devi sempre prendertela con me?», grida che lentamente si spengono. Beh, ne avrebbe tutte le ragioni al momento. In primis è stato colto in procinto di seguire un’altra donna nelle sue…

Un momento! Lui è l’unica vittima in tutto questo, e viene malmenato così, gratuitamente?

Le orecchie ai lati del capo si smuovono impercettibilmente, seguendo il tono di Kagome che pare essersi inasprito.

«Non darmi dell’idiota!» si alza su di un ginocchio, malcelando l’ira che sormonta al momento, accavallandogli i muscoli delle spalle.

«Non è ciò che pensi! Stupida!» risponde, stizzito, sollevandosi completamente per muoverle incontro pochi passi. «Lei» alza il braccio, indicando Amaterasu «E’ stata lei a cominciare!» spiega, con un accento vagamente fanciullesco nel tono. Sembra uno di quei mocciosi in procinto di lagnarsi con la madre, colto nel bel mezzo d’una palese situazione fraintendibile.

Susanoo avanza, piegando il labbro superiore in un sorrisetto di compiacimento. Così, quella sarebbe la donna del mezzo demone, eh?

«Oh, su. Amaterasu, non vedi che il tuo giocattolo ha già con chi passare le sue notti? Magari, ha già consumato la sua purezza tra le cosce di questa donna

» muove pochi passi verso Kagome, spostando la mano sotto il mento di lei per stringerlo tra le falangi.

«Guardala, sorella. Sei stata rifiutata per una donnicciola umana» abbassa le palpebre «Odori di vita, bambolina» avvicina il naso ai capelli di lei, immergendolo nei crini scuri di Kagome.

 

Il fatto che le mani dell’uomo – potrebbe almeno dirle come si chiama! – le stiano sfiorando il mento la infastidisce. Sente le dita ruvide che premono contro la pelle, obbligandola a tenere la gola ben scoperta, e istintivamente socchiude gli occhi, alla ricerca di un qualche rifugio.

Oh, lei non è lì, lui non la sta toccando, no. Quel brutto mostro non le tocca il viso, non cerca un contatto che non gli è permesso, non soffia volutamente sul suo collo nel disperato tentativo di eccitarla. E no, non la sta sottilmente insultando.

Anche se le insinuazioni appena fatte bruciano parecchio.

«Kagome non è quel genere di donna!», sente ringhiare. La voce è quella di Koga – oh, sì. Perché tanto InuYasha non prenderebbe mai le sue difese in una situazione simile, no? Balbetterebbe qualcosa imbarazzato e chinerebbe il capo, ma di certo non farebbe affermazioni compromettenti, lui. Sarebbe umiliante. «Il cuccioletto non l’ha neppure sfiorata, ve lo garantisco: la mia donna è pura e illibata!».

La stretta dell’uomo si intensifica. Sembra divertito, ghigna contento, e continua a lanciare celeri occhiate in direzione della donnaccia col kimono, quasi a cercare consenso.

Kagome chiude ancor di più gli occhi, disgusta – no, lei non è lì, lei non c’è, è ancora con Kaede e Rin. L’uomo non la sta toccando lascivo, no, e non ha appena proposto alla tizia strana uno scambio che è evidentemente a sfondo sessuale.

Oh, no.    Lei non è lì    .

 

«Potrei divertirmi a reciderla con un colpo solo» inspira profondamente «Oppure potrei aiutarti a riprenderti il mezzo demone, in cambio di qualcosa…» un sussurro, sul collo della sacerdotessa, che si tramuta in lievi brividi lungo la schiena di lei.

 

«Lasciatela andare!», continua Koga, nervoso. «Volete InuYasha, no? Tu, Amaterasu, hai insistito affinché accettasse di seguirti nelle tue stanze… eri interessata a lui solo, quindi lascia in pace Kagome, lei non c’entra nulla!».

Amaterasu sorride, prima di avvicinarsi ad InuYasha e guardarlo. «Capisco», gongola. «Lei quindi è una piccola verginella!».

Oh, beh, la situazione è davvero, davvero divertente: se prima in ballo c’era solo una nottata di puro godimento – la cosa sarebbe stata piacevole, sì, Amaterasu ne è assolutamente sicura –, ora è tutto ben più intrigante. La compagna del mezzodemone è arrivata, con la sua irritante aria da bambina sperduta e il suo corpicino intatto, e Susanoo sembra interessato all’articolo.

Non proprio    interessato    , in realtà. Il fratellino è ben più affascinato.

«Susanoo, mio caro, se tu volessi, io potrei donarti quella giovane in quattro e quattr’otto. Sarebbe equo, del resto, tu una fanciulla vergine e io uno splendido cucciolo dagli occhi d’oro», spiega. «Guardala, è persino gradevole a vedersi, costei! Oh, se fossi uomo forse accetterei di giacere una notte al suo fianco». Ride, compiaciuta, e ricomincia a soffiarsi col ventaglio nero. È così bello, quell’oggetto! E così pregiato! «Dunque, Susanoo, il patto è firmato? Aiuterai la tua amata sorella a recuperare i favori del giovane hanyou, se questa tua amata sorella t’aiuterà a soddisfare i tuoi carnali desideri?».

 

«Toglile le mani di dosso…» comincia basso, ed è un fremito, febbrile, che traversa le spalle per poi estinguersi lungo le braccia. Perché sì, ora è veramente inferocito.

Le iridi si sollevano presso Susanoo, mentre nel contempo il pollice preme sull’elsa di Tessaiga che s’attiva.

«Togli le tue sudice mani dal suo volto, Dio, o non avrai più voce per chiamarti tale» vibra, gutturale, il timbro che s’innalza nell’etere. Oh sì, è furibondo. Le mascelle si stringono mentre il passo si sposta in direzione di Susanoo, con l’espressione minacciosa di chi ha intenzione di difendere ciò che gli appartiene.

La spada si solleva sotto il suo collo, mentre la lama, lucente, riflette la carne che non si farebbe alcuno scrupolo di recidere in un colpo solo.

La lascia correre sul lembo di pelle abile, rivolgendo il taglio di punta.

«Togli… quella dannatissima mano» ripete, con una calma che non gli apparterrebbe nemmeno per sbaglio in altre occasioni.

Un mezzo demone rimane nell’involucro umano per poco tempo, quando si tratta di difendere qualcosa di suo, suo e di nessun altro.

Flette il ginocchio, mentre il ringhio si fa più acuto ora, il sangue demoniaco ribolle in corpo con una pressione non indifferente al momento.

«Oh. Il ragazzino ha voglia di giocare» il sogghigno del Dio s’amplia, e sottolinea con spavalderia il fatto che non si sposterà di un millimetro dalla sua posizione.

«Ti sto facendo un favore, hanyou, non ti conviene irritarmi» sussurra, mentre le iridi cobalto s’abbassano ora sulla lama di Tessaiga. L’indice va a sfiorarla con impertinenza, scostandosela dal collo come nulla fosse.

«Vedi di calmare il tuo fervore» sottolinea, inarcando un sopracciglio «E, sorella» in ultimo, rivolto ad Amaterasu ora, «Non ho alcuna intenzione di soddisfare la tua richiesta, non ho alcun interesse per quest’umana,» prende una pausa, abbassandosi all’altezza di Kagome «Avverto una notevole forza spirituale, potresti tornarmi utile per qualcosa che sto cercando» il busto ruota appena, in corrispondenza del mezzo demone «Se non vuoi fare la fine che Amaterasu ti donerà, accetta ciò che sto per proporti. La tua femmina m’interessa molto, così come la tua spada, dunque non vi ucciderò sino alla fine di questo gioco» incrocia le braccia al petto.

«Cosa diamine vuoi?» vibra, gutturale, l’hanyou, frapponendosi tra il Dio e la sacerdotessa con astio. «Ti dirò ciò che vuoi sapere, ma in cambio, dovrete fare qualcosa per me»

«Non accettiamo!» Koga, dal canto suo, non si fa alcuno scrupolo ad immischiarsi in faccende che non lo riguardano affatto, «Smetti di intrometterti, lupastro!» ringhia l’altro, spostando la lama di Tessaiga presso il capo della tribù Yoro.

«Tu stavi procedendo verso le stanze della Dea, no? Allora vai!» con un balzo si sposta alle sue spalle, ponendo i palmi delle mani sulla schiena del mezzo demone per costringerlo a procedere in avanti.

«Mi spieghi che diamine stai facendo? Vuoi stare al tuo posto, una volta ogni tanto? Dannato!» ringhia, scostando il capo al di sopra della spalla per osservarlo truce.

«Allora, donna, accetti?» in ultimo, Susanoo, nuovamente verso Kagome. «Dacché credo tu sia l’unica con un po’ di sale in zucca, ascoltami: cos’è meglio tra le due opzioni? Acconsentire alla mia proposta o permettere al tuo uomo di essere deflorato da un’altra donna?» chiede, mentre le labbra s’increspano in un sottile sogghigno sarcastico.

«Mh?» protrae l’indice sotto il mento di lei, sollevandolo «Pensaci, umana».

 

Come se ci fosse da pensare, poi. Come se lei potesse concedere a quella tizia – la sorella dell’uomo che le ha toccato così brutalmente il mento? – di giacere con InuYasha, così, solo per divertimento.

E poi, vorrebbe seriamente capire le intenzioni di quel benedetto idiota di un hanyou: perché non può maltrattarla, non può far finta di non vederla,    non può umiliarla     e poi ricordarsi di lei. Non è una sua proprietà, non è la Kagome di nessuno se non di se stessa. O almeno, si ostina a ripetersi queste parole mentalmente, sperando di convincersene.

«Kagome, rifiuta!», le urla Koga. «Lascia che il cagnolino si faccia violentare dalla prima cretina che passa».

Mh, no. Lei non ha alcuna intenzione di permettere alla donnaccia in kimono di fare i suoi porci comodi – guarda distrattamente il demone lupo, poi sospira: non cambierà mai, continuerà a farle la corte sino alla morte, probabilmente. Cavolo.

Tanto vale concentrarsi sul cretino con gli occhi cobalto.

«Ci sto», abbozza, cercando di respirare più tranquillamente, «pensando. O almeno, ci provo».

Nota le labbra dell’uomo strano piegarsi nell’ennesimo ghigno compiaciuto, e quasi le vien voglia di sferrargli un calcio – ma non può, se lo facesse il tipo potrebbe aggredirla, InuYasha la difenderebbe e finirebbe in tragedia. Oh, dannazione!

«Vorrei almeno capire di cosa si tratta. E ah, di venire a letto con te neppure ci penso, quindi di’ alla tua amichetta di mettersi l’animo in pace e andare a quel paese».

Amaterasu ringhia, evidentemente infastidita: impudente umana, sciocca fanciulla! Le ha concesso di trastullarsi con Susanoo, un piacere che ben poche mortali possono vantare di aver provato, e lei,    lei     si rifiuta?

Stolta, stolta. Che razza di donnetta frivola e incapace, non capisce come possa essere amata dal suo adorato cagnolino, e non capisce neppure come il cagnolino possa difenderla con tale veemenza: sta ancora sull’attenti, furioso, pronto ad attaccare ed eventualmente ferire. Stolto anche lui, sì, ma abbastanza bello da essere perdonato.

Si guarda le unghie, incerta sul da farsi. Forse dovrebbe ammonire la ragazzina – lei non è un giochino di Susanoo, al massimo è la sua compagna, e comunque quello non è un ruolo che le piaccia particolarmente. Uhm, meglio dire qualcosa.

«Non sono la sua amichetta», rettifica atona, osservando con la coda dell’occhio il volto della giovane umana. «Sono Amaterasu, bambina, Amaterasu! Non una banale e viscida amichetta, una dea! E lui, l’essere immondo che ora sta al tuo fianco e ghigna compiaciuto, è Susanoo».

 

Lo sguardo del Dio si sposta sulla compagna, «Divengo immondo solamente quando c’è qualcosa che ti infastidisce, sorella» incurva le labbra pericolosamente, allontanandosi da Kagome per aggirare Amaterasu e poggiare il piede sopra il ponte che collega cielo e terra.

«Sei ridicola…» abbassa le palpebre «ma fascinosa, te lo concedo» con un’alzata di spalle solleva il palmo della mano, che prende a colorarsi d’una fatiscente aura incolore.

«Tre soli e due lune,» principia, mentre le iridi nuovamente sono sulla sacerdotessa «Vi lascerò questo lasso di tempo per cercare ciò che abbiamo perduto» sulla mano, lentamente, prende corpo l’immagine d’un oggetto, una fattispecie d’ologramma ben nitido, che mostra ora una sfera.

«Quest’oggetto appartiene agli Dei dall’alba dei tempi, è un dono che il nostro creatore fece a mia sorella, e non può per alcun motivo cadere in mano mortale» poggia la schiena ad uno dei bastoni di legno che sorreggono il ponte, incrociando la gamba sull’altra.

«Badate, reietti, non è in questa forma che riuscirete a scorgerla; essa, quando sfiora il terreno umano, si suddivide in tre preziosi monili per non essere ricomposta in modo immediato. Tu, sacerdotessa» richiude il pugno, e l’immagine scompare, mentre l’indice viene mosso in corrispondenza di sé per indurre la donna ad avvicinarglisi.

«Ti concederò di poter riconoscere con più facilità questi oggetti, è un dono di un Dio, non abusarne» attenderà che Kagome lo raggiunga, prima di rivolgere lo sguardo ad InuYasha, «Mezzo demone, sei fortunato ad aver incontrato me: se fosse stato per Amaterasu, saresti già appeso per il collo nella sala degli amanti» solleva il lato destro delle labbra «T’assicuro che non è un bello spettacolo da vedere, nevvero, sorella cara?».

«Non abbiamo detto d’aver accet… Kagome!» lo ha fatto, non lo ha neppure consultato, e lui che s’è tanto prodigato per difenderla, va a far del bene e guarda cosa ricevi in cambio.

Seppur sia allettante la proposta del Dio, è da tempo che cerca un nuovo stimolo su cui far perno. «Dannata stupida! Non muovere un passo verso di lui, potrebbe ucciderti!» no, non si fida di uno che sino a pochi secondi prima aveva tentato di sferrargli addosso un attacco, proprio per nulla.

Infantile, sì, sarà dannatamente infantile il suo comportamento, ma lei non può cedere in modo così debole alle richieste di un Dio. Prima si sarebbe fidata, avrebbe…, sì, lei non avrebbe avuto alcun dubbio sul fidarsi o meno di lui. Ha accettato senza pensarci, lo ha ritenuto più debole di quell’individuo, totalmente incapace di difendersi da una proposta succinta.

Scosta le iridi di lato, mentre stringe le mani, furente, lungo i fianchi. Non ha fiducia in lui, né nelle sue capacità, e tra tutto nient’altro avrebbe potuto ferirlo in questo modo. Scatta in avanti, afferrandole il gomito per non farla procedere oltre «Non importa», inespressivo, comincia, «Non ha importanza ciò che dici, Dio. Non ho intenzione di farmi sottomettere da una proposta così subdola,» socchiude le palpebre, stringendo il braccio di Kagome, rimanendo tuttavia, presso Susanoo con lo sguardo.

«Attaccami, preferisco farmi uccidere da te, piuttosto che scendere a compromessi» abbandona la presa. «Non giocare con me, tu che ti credi tanto superiore solamente perché sei immortale, se c’è qualcosa che ho imparato sull’animo umano…» lo sguardo si sposta su Kagome, di poco, giusto sulla spalla «E’ che possiedono una forza di volontà che può piegare persino un Dio, e io appartengo per metà al loro mondo» le labbra s’inarcano in una smorfia «Se anche accettassimo, tenteresti comunque di ucciderci dopo la consegna dell’oggetto. No, non accettiamo,» conclude, ponendo nuovamente Tessaiga dinanzi al busto, evidenziando la sua posa difensiva.

«Ti ho sempre protetto con le mie sole forze, davvero hai bisogno di cedere ai suoi ricatti? Dov’è finita la frase: Io mi fido ciecamente di InuYasha, Kagome?» le dà le spalle, non la guarda più, semplicemente le parla algido, perché il suo orgoglio non è mai stato più dilaniato di ora.

 

Nell’ultima mezza giornata s’è trovata a pensare – con una punta di frustrazione, ad onor del vero, e per di più continuamente, senza tregua alcuna – che gli uomini sono forse la specie più sciocca, cocciuta e irritante mai creata.

Perché sì, quel cretino è un dannato incosciente incapace di capire i sentimenti altrui: lei non ha alcuna intenzione di cedere alle lusinghe di Susanoo, affatto. La sua è una contorta strategia per prender tempo, ottenere informazioni e magari concedere ad InuYasha di preparare un piano ad effetto per distruggere Amaterasu.

Per la cronaca: la distruzione di Amaterasu è una    condicio sine qua non    . E se non la distruzione, ché effettivamente può risultare difficile da attuare, almeno un’esplicita affermazione che spieghi una volta per tutte – oh, uhm, no, no, InuYasha non è tipo da dichiarazioni plateali, non urlerebbe mai al mondo qualcosa che possa anche solo per errore intaccare il suo orgoglio maschile.

Meglio non sperare in cose vane, la distruzione di Amaterasu sarà più che sufficiente a placare il suo animo geloso e inferocito.

«Io mi fido di te», sussurra. Stringe le mani a pugno, cercando di non tremare di rabbia. «Lo sai, te l’ho detto mille volte, dannato stupido!».

Vorrebbe anche guardarlo, ma se lo impedisce, seria: sente lo sguardo di Amaterasu puntato su di sé. Se dovesse alzare gli occhi e riuscire ad attirare l’attenzione dell’hanyou, probabilmente la donnaccia in kimono potrebbe capire qualcosa.

Muove un paio di passi incerti, avvicinandosi con estrema lentezza al ponticello – e dunque anche al Dio, il quale la guarda perplesso. Forse non la credeva tanto coraggiosa da rischiare la vita in modo così sciocco.

«Prima che io accetti, Susanoo», mormora, «vorrei quantomeno sapere cosa dovrei cercare. Una descrizione degli oggetti e, magari, anche dei loro effetti. Sono pericolosi?».

Si morde il labbro inferiore e socchiude gli occhi. Ora deve solo sperare che quell’idiota di InuYasha non dica nulla di inopportuno.

 

Che scena patetica, davvero patetica. Alza gli occhi al cielo, sdegnato, il Dio, chiedendosi per quanto ancora dovrà assistere a battibecchi coniugali così pietosi. Inarca un sopracciglio, incrocia le braccia al petto e siede, composto, sul ciglio del ponte, in precaria attesa.

«Senti, mezzodemone» spiega con una quiete fallace che non gli appartiene veramente, «Ti ho detto di tener conto della mia pazienza, ci metterei davvero poco ad ucciderti» sbadiglia, puntando lo sguardo su Kagome, in ultimo «Non so quale forma abbiano gli oggetti in questo mondo, potrebbero essere qualsiasi cosa.» Mente, spudoratamente, scuotendo il capo per sorridere arcigno.

«Non sono pericolosi, credo…» sott’intende vago, sollevando l’indice sotto il mento. «Sono affari vostri, non miei in fondo, sappiate semplicemente che avete due alternative: la morte, lo stupro o uscire indenni dalla situazione portandomi l’oggetto che bramo. Noi Dei non possiamo interferire nel mondo umano, ma tenterò di aiutarvi, se sarà necessario» spiega pratico, dondolando le gambe sul ponte.

Osserva l’avvicinarsi di Kagome, soddisfatto. «Ha ragione l’abominio,» riferendosi ad InuYasha, probabilmente, «Voi umani avete forza di volontà, ma siete anche tanto sciocchi» conclude, sollevando l’indice per avvolgere la sacerdotessa all’interno di una fitta nebbia.

«Ah, non ti ho avvertita di una cosa» sposta il palmo aperto sulla fronte, sfiorandolo falsamente, per sottolineare di essersi dimenticato accidentalmente qualche dettaglio.

«Mi prenderò qualcosa in cambio dei tuoi poteri, donna» le labbra si piegano, oh, se si piegano, soddisfatte.

Si solleva in piedi, avvicinandosi al corpo di lei per sfiorarne la fronte. «Ti dono i miei poteri, donna, ma in cambio voglio qualcosa di pari valore…» ci pensa, socchiude le palpebre, e lo sguardo corre sui presenti, sino a fermarsi su Amaterasu.

«Ho deciso, sorella, ti priverò del diletto che brami tanto» in fondo, è questo ciò che gli preme. Schiocca le dita, mentre l’alabarda del cielo fa la sua comparsa tra le mani di Susanoo.

«Dammi il tuo sangue demoniaco, ibrido. Direi che è uno scambio equo, non pensi?».

InuYasha estrae Tessaiga, spostandosela dinanzi al volto «Il mio… cosa?» ringhia, spiccando un salto verso di lui per attaccarlo, celere, oh, gli costerà molto la sua impertinenza. «Ti avevo detto di non sfidarmi…» sospira, il Dio, sollevando la punta dell’arma, che s’accende d’un bagliore violastro.

Chiude gli occhi, mentre le labbra si muovono celeri a pronunciare una fattispecie di Sutra. Lentamente, la forza del mezzo demone scema, tant’è che egli è costretto ad annullare il salto per accasciarsi su d’un lato del ponte.

«Cosa… diavolo… smettila!» ringhia, mentre s’accascia e si piega in avanti col busto, a stringere l’elsa di Tessaiga. Le palpebre si chiudono: sonno, un immenso sonno gli avvolge il corpo in un torpore insostenibile. Gli artigli scompaiono, il corpo s’alleggerisce del peso ed i crini argentei s’anneriscono.

L’alabarda pulsa, assorbendo la metà demoniaca del mezzo, ed il sorriso del Dio s’amplifica sfacciato in volto.

«Hai detto d’essere orgoglioso della tua umanità, ebbene, ti sto dando l’opportunità di viverla pienamente» ed una risata, estesa, avvolge l’etere, mentre la vista di InuYasha s’annebbia, e la voce, estirpa l’ultimo dissenso gutturale. Le labbra si chiudono, le immagini divengono nebbia intensa, e buio, una coltre di buio s’impossessa dei sensi, addormentandolo completamente.

«Ti ho dato ciò che dovevo, ed ho preso in cambio pari quantità di energia. Amaterasu, sorella, è ora di tornare da dove proveniamo, non ti pare? Hai perso.» conclude, schioccando le dita per liberare Kagome, e scomparire dietro il nugulo di caligine che ricopre il ponte, sotto lo sguardo interdetto di Koga, che è rimasto immobile ad osservare l’impietosa scena.

InuYasha, è, umano?

 

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