Cicatrici

di tanechka
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Time Flies ***
Capitolo 2: *** Stupid Dream ***



Capitolo 1
*** Time Flies ***


Brucia

Brucia, cuore, fa’ che sia di consolazione per lei.

Scappa, ombra del destino: non guardarla con occhi di compassione.

Ridi, vento: lei troverà risposte anche in te.

 


Madre aggrappata al telefono. Madre che piange.

“L’ha fatto. Mia figlia l’ha fatto di nuovo.”

 


Apri gli occhi senza paura della pietà della luce.

Non domandare al buio se ti ha portato da bere.

 


Brucia, cuore, fa’ che sia di consolazione per lei.

“Che cosa mi racconti stasera?”

 


Stringimi. Faremo l’amore sino a consumarci.

Dolce è il dolore tra le lenzuola e le finestre spalancate: non aver paura di gridare, qui qualcuno ti aiuterà.

 


Ridi, bambina.

Meglio che tu non conosca ciò che accadrà.

 

 



Finisce tutto così. Il cantante si porta una ciocca di capelli dietro l’orecchio prima di sorridere di nuovo alla folla in delirio che pulsa di piacere a pochi metri dal suo intoccabile essere ciò che è: colui che ha scritto testi e musiche in grado di comprendere e curare ogni singola persona là sotto, ogni singola persona che attende qualcosa da lui.

Cosa è nascosto nei suoi occhi chiari, che splendono di malinconica gioia sotto le luci artificiali che ha puntate sul viso? A cosa pensa mentre le sue mani scivolano lentamente sulle corde ben tese della sua chitarra?

Psichedelia. I tecnici smonteranno tutto, caricheranno casse, faretti, microfoni e luci su camion senza nome e li porteranno chissà dove. Torneranno a casa molto tardi, e saranno soli o in compagnia di qualcuno. Forse stapperanno una birra e brinderanno alla vita e alla stanchezza nella notte buia.

Gli amanti si sfileranno i vestiti e chissà cosa accadrà. Si perderanno l’uno nell’altra, si sentiranno vivi ancora una volta prima di morire, prima di tornare indietro e non rivedersi mai più. Nella frenesia e nei loro baci ritroveranno l’eterno. E poi dormiranno abbracciati, pieni di quella consolazione e di quel languore appagante.

 


Madre, perché piangi?

Non sai che il dolore è la forza più grande che esista?

 


“Ti odio”, griderà piangendo. “Ti amo”, sarà l’ovvia risposta. “Ti amo come ho amato poche cose in questa terra. Permettimi di aiutarti.”

 


Tutto inizia e tutto finisce. Le nuvole passeranno e lei penserà a giorni di pioggia in luoghi che non ricorda oramai più. I suoi capelli saranno ancora pregni di quel calore che riempie il vuoto e lo stringe a sé. Lui sarà nuovamente distaccato e lontano, e lei soffrirà di impotenza, osservandolo.

 


“Tu non mi aiuterai mai!”

 


I petali fremeranno un’ultima volta, prima di cadere.

Mi chiederai di nuovo di trovare quel vecchio maglione che non hai indossato mai. Passerò ombretti e eyeliner sulle palpebre stanche. Mi passerai un batuffolo di ovatta imbevuto di struccante sul viso, con delicatezza e calma, perché non è così che mi vedi bella. Ti massaggerò le dita e le mani, prima di uscire.

 


“Non chiedermi mai cosa provo, perché potrei piangere e non riuscirei più a fermarmi.”

Riderò per rancore, se me lo chiederai. Sacrificherò per te tutti i miei sogni e le mie speranze, pur di vedere realizzati i tuoi. Frantumeremo ogni attimo, attendendo l’oblio.

 


Poi, mi tenderai di nuovo le tue mani grandi, con le dita lunghe e sottili. Le tue mani piene di storia, e ancora, di nuovo, mi domanderò se sono mai state in grado di punire qualcuno con la violenza più bruta. Non sorriderai. Non lo fai mai, perché dovresti cominciare proprio adesso?

I tuoi occhi chiari splenderanno di malinconica rabbia sotto le luci. Non ti chiederò il perché: da tempo, preferisci custodire per te i tuoi dolori e le tue paure. Ciò mi riempie di una tristezza infinita, ma se è questo che vuoi, io non posso fare altrimenti, se non adeguarmi alla tua volontà. Di nuovo, impotente, mi domanderò cosa ti turba, cosa posso fare per alleviare le tue sofferenze. Mi limiterò ad allungare le mie mani verso le tue, osserverò i muscoli appena accennati delle tue braccia, i tuoi capelli, che ricadono delicati attorno al tuo viso impassibile. Me le stringerai senza dir nulla, perché è questo il tuo modo di comunicare la tua gratitudine. E poi ci incammineremo lungo la strada che segue il mare, sino a quando non crolleremo nella sabbia, stanchi, prima che ci preceda l’alba.

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Capitolo 2
*** Stupid Dream ***


Aveva promesso che saremmo rimasti insieme per sempre

Aveva promesso che saremmo rimasti insieme per sempre.

 


Ho ancora impresso nel tempo quell’odore di ciliegie e foglie fresche. La mia pelle era liscia ed elastica, e sorridevo di giovinezza.

Era bello essere consapevoli della propria piccola età. Anagrafica o meno che fosse, non risuonava alle spalle come una condanna. Il peso dei dolori e delle esperienze si riduceva alle banali liti con gli amici, bronci per via di genitori troppo intransigenti, ragazzine che non si accorgevano di noi.

E poi c’era lei.

Fumava con disinvoltura le sue sigarette, che sparpagliava accuratamente ovunque. Odorava di una fraganza strana, tabacco, un profumo forte e sicuramente assai costoso. Odorava di vita e di zucchero e caramello.

Tutti ne parlavano come se fosse un oggetto privo di valore, ed erano in grado solo di sminuirne la grazia e la leggiadria. Osservavano le sue curve sinuose con i loro occhi volgari, e con le loro lingue maligne immaginavano di compire chissà quali straordinarie azioni su quel corpo flessuoso e - ne ero certo - ancora totalmente vergine.

 


Disegnavo ovunque il suo viso dolce, leggermente paffuto, con le labbra piene e rosse, il naso ben dritto, gli occhi grandi e pieni di espressione. Ogni volta che lei veniva inconsapevolmente sminuita, io le restituivo la gloria tentando di rendere a pieno l’espressione di quel viso giovane, la dolce curva di quel sorriso enigmatico e attraente.

 


Mi raccontò, sedici anni dopo, di fronte a un bicchiere di vino, di aver subìto violenza sessuale proprio durante gli anni del liceo, con una regolarità spaventosamente precisa, logicamente calcolata.

Pianse, stringendosi nello scialle: era già più anziana e più segnata dai tormenti, ma uguale a come l’avevo conosciuta - e sognata - tempo addietro. Aveva trentadue anni e desiderava solo morire, disse. Quando le lacrime, scivolando giù per le sue guance, caddero sul bancone, nel bicchiere e sul suo grembo, mi alzai e la presi tra le braccia, ignorando il terrore e il rimorso che erano appena lampeggiati nei suoi occhi già colmi di sofferenza. E quando poi la strinsi, giurando su ogni dio e ogni stella del firmamento che mai e poi mai sarei stato in grado di farle del male, ricordo solo che mi scrutò con occhi luminosi e ancora umidi di dolore e bisbigliò: “Ti credo.”

Fu una notte di tanti inizi.

 


Dov’è la mia speranza?

 


E che te ne farai, di tutta questa rabbia?

 


L’abisso aveva la forma dei suoi occhi, dal taglio morbido e dalle folte ciglia scure. Gli occhi che splendevano erano di un colore caldo e facilmente definibile. Era bella come solo coloro che non hanno considerazione di sé, ma vogliono solo distruggersi, sanno esserlo. Si vergognava di essere così bianca e bruna al contempo, e, man mano che il tempo passava, si vergognava sempre di più delle dita ingiallite e dei denti anneriti.

“Come puoi amarmi”, ripeteva spesso “se sei ben consapevole di ciò che sono diventata? Se sei ben consapevole di ciò che voglio farmi?

 


Un giorno, uno dei tanti, si scrutava cupamente allo specchio. Con una mano arrotolava a casaccio una ciocca di capelli intorno alle dita, con l’altra si ispezionava il viso e il collo, alla ricerca disperata e maniacale dei segni dell’età.

Ero seduto dietro di lei, e nei miei disegni a inchiostro e china il soggetto era sempre lo stesso: una giovane donna impassibile, eterna nei suoi sedici anni, che aspira lunghe e avide boccate di sigaretta, appoggiata con noncuranza al muro della scuola. I segni della violenza erano ben celati dai vestiti aderenti, pensai poi. Una bambina che non crescerà mai più.

 


Piccolo fiore luminoso, mio adorato fiore.

Come hanno potuto?

 


Nei miei ricordi, la scena è sempre la stessa, perfetta ed immutabile: la donna si scruta con occhi tristi allo specchio, e l’uomo dalla barba folta e scura è seduto dietro di lei, ben disteso sul letto, e la guarda con occhi sgranati, come se tutto fosse in realtà un sogno scheggiato, un meraviglioso capolavoro imperfetto.

 


Nei miei ricordi, è questa l’eternità.

 


Lui mi ha…

No, non parlare.

Io ho cercato di…

No, taci, no, no.

 


Fa’ una giravolta su te stessa, fa’ ruotare la tua gonna, fa’ la ruota e ridi.

Gira più veloce, bambina! Più veloce!

Continua a ridere, perché niente qui ti scalfirà. Resterai piccola e a piedi nudi sulla riva del lago. Vedo l’acqua trasparente e fresca lambire le tue gambe morbide, e se non stai attenta inumidirà l’orlo della tua gonna. E poi mamma ti rimprovererà, e non ti darà da mangiare le fragole, come aveva promesso.

Sarà un giorno perfetto, come quelli che hai sempre desiderato. Avrai da bere e da giocare in abbondanza. Mamma e papà saranno felici di vederti così spensierata. Insisterai per toglierti le scarpe e loro acconsentiranno. Ti imboccheranno a turno, mangerai un panino, una fetta di crostata ai mirtilli, e tutte le fragole che vorrai. Loro parleranno di cose gradevoli e tu starai a sentire: diranno cose che ancora non sei in grado di comprendere pienamente, ma che ti ispireranno serenità.

Correrai sulle tue gambe instabili sino al lago, che ti sarà amico. Un giorno, quando sarai più grande, papà ti porterà a fare una nuotata.

Non ci saranno incubi, in questa radura piena di sole e di piante. Sentirai il terreno fresco sotto i piedi, e strapperai ciuffi di erba e li porterai in dono a tua madre assieme ai fiori che raccoglierai, dopo averli immersi nell’acqua. Glieli poserai in grembo, ancora bagnati, e lei riderà contenta, ma solo dopo averti baciata e ringraziata.

Io sarò lì, nascosto tra le foglie. Avrò la tua stessa età, o forse qualche anno in più, e veglierò su di te. Aspetterò che tu vada avanti nel tempo, che tu corra le tue gioie e le tue paure con la tua foga e la tua passione ardente, e ti proteggerò da ogni incubo che verrà a bussare alla tua porta. Avrai di nuovo sedici anni e sarai felice, il tuo corpo, sotto i vestiti aderenti, sarà sano.

Quando avrai trentadue anni sarai una donna affermata in un lavoro che ti piacerà. Io continuerò a seguirti, implacabile, vigile e attento.

Quando ci incontreremo casualmente in quel bar, stringendoti nello scialle per il semplice freddo fisico, dichiarerai con aria di sfida che ti senti sola e hai bisogno di un po’ di compagnia.

Quando, al mattino dopo, mi rivestirò per andarmene, non mi fermerai. Mi guarderai sfilare sotto i tuoi occhi annoiati e ti riaddormenterai dopo pochi minuti.

I vuoti dentro di te combaceranno ai miei, ma non sarai mai in grado di ammetterlo.

 


Ti terrò stretta a me, nell’unica notte in cui ti avrò, e poi tornerò a proteggerti con inquietudine, aspettando che il sollievo accolga anche me.

E poi, forse, cadrò di nuovo in ginocchio di fronte alle tue paure, come è successo in questa vita e come non succederà nella prossima che avrai, lontana da me (ma io, io non potrò mai essere lontano da te) e dal dolore di oggi.

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