Another Story

di WorthTheWait
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Trying to say the truth ***
Capitolo 3: *** Chasing a Choice ***
Capitolo 4: *** Heartbreaking Rain ***
Capitolo 5: *** Truth, Father and Kiss ***
Capitolo 6: *** My parents' sons ***
Capitolo 7: *** The seventeen days ***
Capitolo 8: *** Family Complications ***
Capitolo 9: *** Taking a Break from the Reality ***
Capitolo 10: *** Letter from my Cousin ***
Capitolo 11: *** When truth hurts ***
Capitolo 12: *** Coming Home - 1st part ***
Capitolo 13: *** Coming Home - 2nd part ***
Capitolo 14: *** The Beginning of Everything ***
Capitolo 15: *** I Hate You ***
Capitolo 16: *** An Intresting Meeting ***
Capitolo 17: *** Time to Be Mom ***
Capitolo 18: *** Choice, Chocolate and Memories ***
Capitolo 19: *** Everything is Fine... not Really ***
Capitolo 20: *** Happy Birthday, Lils - 1st part ***
Capitolo 21: *** Happy Birthday, Lils - 2nd part ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


Another Story
«Am I... pregnant

 A tutti voi.
Se avete letto la storia o la aprite per la prima volta,
se l’avete messa tra le preferite,
le seguite,
o tra quelle da ricordare,
se siete talmente dolci da lasciarmi una traccia del vostro passaggio,
o se perdete parte del vostro tempo a leggere solamente.
Un grazie enorme dal cuore,
Melissa <3

Dopo tanto, forse troppo tempo,
ho deciso di rinnovare questa storia,
rendendola più leggibile,
cambiandole font e decidendo di non farla essere più una Big Damn Table.
Cento capitoli sono troppi e non avrei la minima idea di cosa scriverci.
Spero che asseconderete la mia scelta e che continuerete a seguirmi,
fino alla fine! <3

Prologue

Perché a me? Perché? E' successo tutto così in fretta che non mi sembra vero. Com'è successo? Com'è potuto succedere? Beh... questo lo so. So com'è successo tutto, anche se forse - anzi, sicuramente -  sarebbe meglio che non fosse successo niente, e invece ora mi ritrovo in questa posizione scomoda, senza una soluzione. Perché l'ho fatto? Perché? Beh... Ted. Perché sono innamorata di lui, ecco perché. Come diavolo faccio ora? Come faccio? Non pensavo di essere... beh, si, insomma... di essere... mi viene male solo a pensarci. Non so assolutamente come fare, non vedo nessuna soluzione e mi sa che non ne troverò neanche una. Mi sa che dovrò vuotare il sacco prima che tutto sia evidente, è l'unica cosa che posso fare: dire la verità a tutti, soprattutto a Ted. Dire la verità a Ted? No, non posso. Rovinerei definitivamente la sua relazione con Victoire - cosa che provo da fare da anni, ma questa motivazione non mi sembra quella migliore - e ho paura della sua reazione. Come posso fare? E cosa gli dico? Ted, io sono... no, riproviamo... Ted, ti ricordi la cosa successa circa un mese fa? Beh, io... no, non va bene... Ted, io aspetto... se continuo di questo passo non vado da nessuna parte. Soprattutto perché devo farmi coraggio e dire quella maledetta parola. Il vero problema non è dirlo solo a Ted, ma anche a tutto il resto della famiglia. A mamma e papà, a James e Al, agli zii, ai nonni... ho fatto la stupidaggine più grande di tutta la mia vita ed ora ne pago le conseguenze. Se mi ritrovo in questa situazione è solo colpa mia e della mia stupida infatuazione per Ted. Fantastico!

Alzo lo sguardo al soffitto bianco del bagno di casa mia. Sono chiusa qui dentro da una mezz'oretta buona, fortuna che i miei e James e Al sono fuori. Ci manca solo che scoprano tutto e poi sono apposto. Abbasso lo sguardo sul test che si trova tra le mie mani, smaltate di un rosso acceso. Positivo. E' positivo e la mia vita è finita, è positivo e la mia ricompensa è la condanna a morte. Sento una lacrima bagnarmi la guancia. Non ho la forza di fermare il suo cammino sulla mia faccia, come non ho la forza di impedire alle altre di seguirla. La mia vita è diventata un inferno e da ora in poi sarà sempre peggio. Sono... sono incinta. Avrò un bambino, il mio bambino, il bambino mio e di Ted, nato da un errore, da uno stupidissimo errore. Lascio cadere il test a terra accanto a me e mi metto le mani sulla pancia ancora piatta.

"Non è colpa tua..." sussurro più a me che alla vita che si sta sviluppando dentro di me, "... non è colpa tua se è successo tutto questo. E' colpa solo della tua mamma, che è irresponsabile..." ripenso alla parola 'mamma' e mi vengono i brividi. Sarò mamma a diciassette anni, avrò un figlio a diciassette anni, dovrò crescere un figlio a diciassette anni. Lascio le mani sul mio ventre. Le lacrime continuano a rigarmi il viso e inizio a singhiozzare. Incrocio le braccia sotto il petto, a contatto con la maglia rossa, che nasconde, anche se ancora non visibile, la mia gravidanza. Come farò a dirlo a mia madre? A mio padre? A Ted?

"Eh, piccolo? O piccola, naturalmente. Come faccio a dirlo ai nonni, eh? Hai qualche idea?" continuo a sussurrare alla mia pancia, rendendomi conto di quanto la mia situazione mi abbia dato alla testa, "cosa sto facendo?" mi chiedo, scuotendo la testa, portando le mani alla faccia ed asciugandomela. Mi alzo in piedi e distruggo il test con un incantesimo, fermando a specchiarmi nello specchio. I capelli fuoco sono scompigliati e ribelli, i miei soliti occhioni verdi sono spenti e arrossati e non allegri come sempre. Osservo la maglia rossa bagnata da alcune lacrime cadute su essa, lo stesso per la minigonna di jeans. Scuoto la testa e distolgo lo sguardo, spostandolo sulla porta di legno. Inizio a camminare verso di essa. Ogni passo mi fa crescere sempre di più la paura della reazione dei miei parenti quando sapranno della gravidanza. Arrivo, dopo lunghi ed interminabili secondi parsi un'eternità, alla porta. Metto una mano su essa e rimango ferma e immobile, riflettendo su cosa dovrei fare. Un'altra lacrima cade, rigandomi la guancia. Apro la porta e corro in camera mia, nascondendomi sotto le coperte del mio letto e iniziando a piangere a dirotto, fino a quando Morfeo mi accoglie tra le sue braccia.

Quando mi sveglio, guardo la sveglia sul comodino accanto al mio letto, capendo di aver dormito un paio d'ore. Mi alzo svogliatamente dal letto fino a mettermi a sedere, ricordando la mia situazione. Mi lascio cadere sul morbido materasso che attutisce la mia 'caduta' e mi passo una mano sugli occhi. Decido definitivamente di alzarmi e di andare a cena. Sicuramente i miei saranno tornati e anche se non ho fame mi conviene andare a cena, giusto per non farli sospettare di me. Mi alzo dal letto e mi avvicino allo specchio, osservando attentamente i miei poveri e arrossati occhi. Prendo il set di trucchi regalatami da Vic per il mio scorso compleanno e mi trucco, anche se non è la cosa che amo di più al mondo, fino a quando i miei occhi gonfi sono meno visibili possibile. Mi stiro la minigonna di jeans e mi accomodo la maglia, preparandomi ad uscire da camera.

"Ted? Ci sei, Ted? Sei in casa?" chiedo, entrando in casa di Vic e Ted, i quali hanno iniziato a convivere da un anno circa. Ho trovato la porta aperta e sono entrata per assicurarmi che Ted stia bene. Mi trovo qui perché voglio parlare un po' con il mio Teddy Bear, anche mio migliore amico e confidente, a parte Rose, naturalmente. Mi dirigo verso il salotto e lo vedo sdraiato sul divano, dormiente, con una bottiglia di alcolici in mano. Perché, Ted? Perché ti sei ubriacato? Decido di andare via e di lasciarlo lì, ma lui si sveglia e mi scruta attentamente, cercando di capire come sono entrata.

"La porta era aperta" rispondo alla sua domanda indiretta, "sono passata di qui perché volevo parlarti e vedere come stavi, ma... perché ti sei ridotto così?".

"Victoire" mi risponde, alzandosi dal divano e passandosi una mano sul volto. Rimango immobile, osservandolo direttamente negli occhi, "abbiamo litigato e se n'è andata. Penso che questa volta non tornerà più" mi dice, facendosi cadere una lacrima sul volto, commuovendomi. Non posso sopportare di vederlo piangere, è troppo per me, per il mio povero cuore, "aiutami, Lils... aiutami a dimenticarla, ti prego" mi supplica, avvicinandosi a me e guardandomi con il suo solito sguardo implorante.

"In che modo, Ted? Poi sei ubriaco. Senti, dormici sopra, io devo andare, ci sentiamo, ciao" mi congedo, cercando di uscire da casa sua. Mi blocca, prendendomi per un polso e facendomi voltare verso di lui. Il mio cuore inizia a battere all'impazzata sia per la paura che per l'adrenalina. Sinceramente in questo momento ho paura di Ted, cosa che non ho mai provato. La stretta che tiene sul mio polso mi fa leggermente male, "lasciami. Devo andare, Ted, non posso aiutarti e poi in quale mo...?" vengo interrotta dalle sue labbra che si posano sulle mie. In questo momento non capisco più niente. Il mio cuore batte a una velocità pazzesca, quasi penso che mi uscirà dal petto e le mie labbra vogliono fare di tutto per rispondere a quel bacio appassionato, ma il mio cervello e la mia parte di mente sana non glielo consente, creando in me una confusione interna. Cerco di resistere, di non lasciarmi andare. Non posso farlo... non con Ted che sta con Vic, perlomeno. Il mio cervello cede e le mie labbra rispondono al bacio, facendomi stringere a lui e facendo aderire il mio corpo con il suo.

Ripenso a quella maledetta sera e il continuo è scontato, vista la situazione in cui mi trovo ora. Ted non si ricorda niente di quella sera, soprattutto perché dopo che è successo tutto, me ne sono andata prima che lui si svegliasse e la sbronza deve avergli offuscato la memoria. La situazione va di bene in meglio! Apro la porta e mi dirigo in cucina a passo di bradipo e quando arrivo davanti alla stanza intravedo, seduto accanto a papà, l'ultima persona che vorrei vedere sulla faccia della Terra: Ted. Potrei battere in ritirata e tornare in camera, ma mamma mi ha vista e mi fa cenno di entrare per la cena. Ubbidisco, raccimolando tutta la dignità possibile e facendo un sorriso falso e sforzato. Mi siedo al mio posto che si trova tra James e Ted, purtroppo.

"Ciao, Ted..." lo saluto a malapena, senza incontrare i suoi occhi. So che potrei scoppiare a piangergli davanti e poi mi toccherebbe spiegare il perché, quindi è meglio evitare i suoi occhi. Sento alla mia sinistra James e Al che parlano di Quiddich e vedo papà intento a leggere la gazzetta del profeta, mentre mamma è impegnata a cucinare.

"Beh... come va, Lils?" mi chiede, Ted, facendomi abbassare lo sguardo sulle mie unghie, la cosa più interessante di questo momento. Come va? Bene, va tutto bene, tutto alla grande! Mi hai messa incinta e aspetto un figlio a diciassette anni, non ti sembra che meglio di così non può andare?! Le parole mi muoiono in gola, facendomi venire in mente la risposta automatica.

"Bene... tu, invece?" gli chiedo, lasciando lo sguardo sullo smalto rosso. Ho sempre odiato lo smalto, ma ho deciso di cambiare. Tanto ora nella mia vita cambieranno parecchie cose, quindi...

"Benissimo... io e Vic stiamo pensando di sposarci e forse anche di avere un figlio" mi dice, sottovoce e dandomi un grandissimo colpo al cuore, frantumandomelo in miliardi di pezzettini. Io aspetto un figlio da te, non ti basta?! A parte il fatto che tu non lo sai e che non so quando lo verrai a sapere.

"Sono... felice per voi" mi sforzo, senza sorridere e mantenendo lo sguardo basso.

"C'è qualcosa che non va, Lils?" mi chiede, notando il mio comportamento strano. Le mie bugie non funzionano con lui, è inutile.

"No, niente" dico alzando lo sguardo fino a incrociare i suoi occhi, distolgo subito lo sguardo, spostandolo su mio padre, "papà, come è andata oggi?" chiedo, cercando di sembrare la più normale possibile.

"Bene, tranne il fatto che ho scoperto che tua cugina è incinta" mi dice, alzando lo sguardo smeraldino su di me.

"Chi? Rose?" gli chiedo, allarmandomi immediatamente e ricordandomi che anche io sono nella stessa situazione.

"No, Roxanne... ed ha solo quindici anni. Come si fa a rimanere incinta a quindici anni?" chiede più a se stesso che a me.

"Sai come si fa, Harry" dice mamma, servendo la cena. Ha fatto il pollo arrosto, piatto che io amo da morire, ma stasera il mio stomaco è piuttosto in subbuglio e non ho molta fame.

"Sai quello che intendevo... il fatto è che ho visto George oggi, e l'ho visto davvero sconvolto" dice, prendendo un pezzo di pollo e mettendoselo nel piatto. Mamma si siede tra lui e Ted, di fronte ad Al.

"Papà, vorrei vedere la tua reazione se scoprissi che Lily è incinta" dice James, facendomi gelare il sangue nelle vene. Prendo anche io un pezzo di pollo e lo metto nel piatto, iniziando a stuzzicarlo e cercando di rimanere impassibile all'affermazione.

"Non diciamo scempiaggini, sono sicura che Lily ha la testa sulle spalle, quindi non si ritroverà nella stessa situazione di Roxy" si intromette mamma, iniziando a mangiare il suo pezzo di pollo e guardando in malo modo James, "non è così Lilian?" mi chiede conferma. Rimango in silenzio due secondi, poi decido di rispondere.

"C-Certo, mamma" rispondo, continuando a giocherellare con il pollo. Alzo leggermente lo sguardo e vedo Ted guardarmi in modo strano. Ho paura che abbia capito tutto. Lui sa che quando balbetto sto mentendo. Le mie bugie non funzionano con lui. Con lui non serve mentire.

"Poi io non sarei ancora pronta per diventare nonna" aggiunge mamma, sorridendo. Mi dispiace mamma di deluderti.

"Anche io, sinceramente non sono pronto per diventare nonno, anche se James e Al potrebbero già iniziare a mettere su famiglia" dice papà, ridendo e mangiando.

Il resto della cena passa in modo abbastanza piacevole. Certo, per tutti tranne che per me. Non voglio vedere la reazione di mamma e papà quando scopriranno tutto. Non faccio tanto caso a quello che dicono e mi sforzo di mangiare la mia poca porzione di pollo.

"Beh, allora io vado..." dice Ted, alzandosi, " grazie per la cena".

"Ciao Ted" dicono all'unisono mamma, papà, James e Al.

"Lily accompagnalo alla porta" mi dice mamma, indicandomi Ted con la testa. Io annuisco senza protestare e ci incamminiamo nel corridoio arrivando davanti alla porta d'ingresso.

"Ciao, Ted, ci vediamo" gli dico, aprendogli la porta per farlo uscire.

"Ciao, Lils... posso chiederti una cosa?" mi chiede, facendomi venire male. Ho paura che possa chiedermi la cosa che temo. Annuisco, "non è che sei incinta o qualcosa del genere?" il mio cuore perde un battito. Ha capito tutto ed io ora devo mentire, non lo può venire a sapere così e soprattutto ora. Ancora non sono pronta a dirgli niente, la sua curiosità dovrà aspettare.

"Cosa?! Chi?! Io? Avanti, non essere ridicolo" mento come una brava attrice. Piano piano sto imparando a mentire sempre meglio e in questo caso mi serviranno le mie bugie migliori. Forse riuscirò anche ad ingannare Ted se uso il mio talento di attrice.

"D'accordo. Beh, ricorda: se hai bisogno di qualcuno con cui parlare, io ci sono. Ti voglio bene, Lils" mi dice, uscendo dalla porta e rimanendo sulla soglia. Non lo vedo molto convinto della mia risposta, e nascondo la verità con un falso sorriso.

"Oh, anche io ti voglio bene, Ted" gli dico, soffocando il mio 'ti amo' e abbracciandolo forte. Sento che presto dovrò dirglielo, possibilmente prima che si sposi con Vic e che lei rimanga incinta. Lo stringo forte, pensando che lui sarà il padre di mio figlio, di nostro figlio - o figlia, naturalmente -. Io e lui, mamma e papà, Lily e Ted. Quando l'abbraccio si rompe, mi avvicino un altro po' tanto da baciargli la guancia, ma un suo movimento fa finire le mie labbra sulle sue. Mi allontano immediatamente, vedendo la sua faccia sorpresa. Lo vedo arrossire leggermente, prima di farmi un cenno con la mano in segno di saluto ed andarsene, mentre io chiudo la porta e sospiro, pensando a quello che è appena successo e a quello che succederà.

 

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Capitolo 2
*** Trying to say the truth ***


Trying to say the truth

Scuoto la testa e torno in cucina, trovandovi solo mamma. Molto probabilmente papà, James e Al saranno a parlare in salotto, come al solito. E' così che funziona in casa nostra, la maggior parte delle volte. Io e mamma, e papà, James e Al. Entro sorridendo, avvicinandomi all'acqua, prendendo un bicchiere e versandomene un po’. Mi volto verso mamma, la quale è seduta a tavola, e inizio a bere lentamente.

"Che c'è?" le chiedo, vedendo i suoi occhi cioccolata persi su di me. Non so cosa stia pensando, ma non penso che abbia capito della gravidanza. O almeno lo spero. Tanto prima o poi dovrà saperlo. Prima o poi glielo dirò.

"Niente... come sei cresciuta in fretta, Lily" mi dice, sorridendo e passandosi una mano tra i capelli rossi, "sembra ieri che sei nata, che ti ho tenuto in braccio per la prima volta e che papà ti ha fatto tenere in braccio per la prima volta da Teddy. Invece sono già passati diciassette anni...".

"Si, sono cresciuta e sono anche abbastanza matura per la mia età, no?" le chiedo, continuando a bere.

"Si e sei anche molto responsabile, rispetto a tua cugina" mi dice. Capisco che si sta riferendo a Roxy e che quello che le ha detto papà l'ha turbata, "rimanere incinta a quindici anni... mi sembra troppo presto... vabbè, la cosa importante è che tu non abbia commesso lo stesso errore di Roxanne".

"Si" rispondo automaticamente, fingendo. Non so come dirglielo. So che la deluderò e che non penserà più che sono responsabile. E sicuramente penserà che anche il padre del mio bambino non è molto responsabile, quindi ce l'avrà anche con Ted. Lo stesso vale anche per papà. Forse lo rinnegheranno come figlioccio e lui sarà costretto ad andarsene, a sposare Vic e a fare una famiglia con lei, lasciandomi crescere nostro figlio da sola. Spero di no. Spero che siano comprensivi. Cosa c'è da essere comprensivi? Che io avevo - ho - un debole per lui e sono ceduta, vedendolo ubriaco e triste? Non c'è niente da essere comprensivi.

Finisco di bere il mio bicchiere d'acqua e mi avvicino a mamma. Le do un lieve bacio sulla guancia e sparisco dalla porta della cucina, dirigendomi in camera mia, senza neanche dare la buonanotte agli altri. Mi metto il pigiama, mi lavo i denti e poi mi nascondo sotto le coperte, non riuscendo a ripudiare le lacrime. Dovrei parlare con qualcuno della mia situazione, non posso tenermi tutto per me. So che alla fine dovrò dirlo a tutti, ma almeno per ora avrei bisogno di un confidente. Potrei andare da Rose. O forse potrei andare da Roxy, sono sicura che capirebbe la mia situazione più di chiunque altro. Oppure potrei parlarne con Dominique. Non lo so, ci penserò. Chiudo gli occhi e dopo qualche minuto mi assopisco, addormentandomi in un sonno movimentato.

Mi sveglio, sentendo un raggio di sole illuminarmi il volto e apro gli occhi, rendendomi conto che è già mattina. Non ho voglia di alzarmi dal letto, vorrei rimanere qui a piangere su me stessa e sull'errore che ho commesso. Vorrei non alzarmi più da questo letto. Svogliatamente mi alzo a sedere e metto le gambe fuori dal letto. Sento bussare alla porta.

"Avanti" dico, restando seduta e abbassando lo sguardo sulla mia pancia. Tra qualche mese sarò enorme e non potrò più nascondere niente. Vedo mamma apparire dalla porta con una maglia fucsia, un giubbotto verde-acqua, una sciarpa rossa, una gonna nera, un paio di calze nere e un paio di stivali neri. Mi chiedo come stia facendo a tenere in mano tutta questa roba e dove l'abbia presa, ma qualcosa mi fa pensare che sia quello che dovrò indossare oggi, molto probabilmente per una grande occasione, "mamma, cosa...?".

"Questi erano dei miei abiti di quando avevo la tua età, voglio vedere se ti stanno" mi dice, indicando i vestiti e posandoli sul letto.

"L'abitudine dei Weasley non cambierà mai: vestiti che passano di generazione in generazione e il gene dei capelli rossi nel DNA" dico, sarcastica alzandomi e osservando i vestiti. Non sono neanche tanto male, "dai, cosa c'è sotto?".

"Niente di particolare: andiamo a pranzo da nonna Molly e ci dovrebbe essere anche Roxy, quindi..." mi dice senza terminare la frase e facendomi capire quello che mi vuole dire. Le diranno le stesse cose che diranno anche a me quando lo verranno a sapere. Almeno sarò preparata.

"Ah...".

"Cosa aspetti?" mi incita a provarli.

Mi alzo la maglia del pigiama per levarmela dalla testa, ma la riabbasso di scatto, per paura che possa notare leggermente qualcosa. Sicuramente non si vede ancora niente, ma ho paura.

"Non ti vergognerai mica di tua madre?" mi chiede, sorridendomi e guardandomi in modo un po' strano. Rispondo al sorriso e faccio il sacrificio di indossare gli abiti che mi ha portato.

"Che ne dici? Secondo me, stai benissimo" mi dice, avvicinandosi a me.

"Si, mi piace" le rispondo, guardandola.

"Vieni qui" mi dice, abbracciandomi forte. Rispondo all'abbraccio, tentando di ripudiare la voglia di dirle tutto. E' da solo un giorno che tengo nascosta questa storia, ma sento il bisogno di vuotare il sacco, "ti aspetto giù, mi raccomando: muoviti" mi dice, rompendo l'abbraccio e uscendo da camera mia. Mi do una sistemata ai capelli e mi metto il giubbotto e la sciarpa, prima di uscire a mia volta dalla camera.

Quando arrivo giù vedo la porta aperta e intravedo fuori mamma, papà, James e Al allontanarsi con zia Hermione, zio Ron e Hugo, mentre Rose mi sta aspettando fermamente sulla soglia. Scendo le scale il più veloce possibile, sorridendo a mia cugina.

"Come sei elegante" mi dice, iniziando a camminare mentre io chiudo la porta di casa, "sicuramente farai colpo su Ted" lei sa tutto, anzi, non proprio tutto. Sa della mia stupidissima cotta, ma non sa niente di quella sera, di quello che è successo tra me e Ted.

"Rosie, l'ho fatto..." dico, senza riflettere su quello che sto dicendo. E' come se la mia bocca si fosse mossa da sola. Spero che capisca quello che le ho detto, senza essere obbligata a dire la parola chiave.

"Hai fatto cosa?" mi chiede, posando i suoi occhi celesti sul mio volto, mentre continuiamo a camminare verso la sua macchina. Vedo il suo sorriso rimanere sulle sue labbra, ma sparire quando il mio assume un'espressione triste.

"L'ho fatto... ho fatto... i-io..." balbetto, abbassando lo sguardo e mimetizzandomi con i capelli. Devo dirglielo. Infondo lei è la mia migliore amica, io e lei non abbiamo segreti. Io so tutto di lei e lei sa tutto di me.

"Calmati" mi dice con voce dolce, mentre saliamo in macchina. Ho tutto il viaggio per raccontarle tutto e fortuna che siamo solo io e lei, "raccontami cosa è successo".

"I-Io... Roxy... io come Roxy... io ho..." le dico, facendo cadere una lacrima sulla mia guancia. Si volta verso di me, prima di mettere in moto la macchina. Il suo sguardo è molto allarmato e non ci sarebbe da stupirsi.

"Lo hai fatto? Quello? Con chi? Eh, Lils, con chi?" mi chiede, ancora più allarmata. Mi metto una mano tra i capelli e chiudo gli occhi, pronta a pronunciare il nome del ragazzo - dell'uomo - che mi ha messa incinta.

"Ted..." le dico semplicemente, sentendo altre lacrime bagnarmi il viso. L'ho detto, ho detto tutto. Beh, quasi tutto... rimane la parte più difficile.

"Ted?" mi chiede incredula, voltandosi verso di me per un attimo per poi riportare lo sguardo sulla strada.

"Si... e..." le dico, portandomi le mani alla pancia e abbassando lo sguardo.

"E... cosa?" mi chiede, spostando lo sguardo su di me e vedendo le mie mani unite sul mio ventre. La vedo rispostare improvvisamente lo sguardo davanti, "oh, Lily... come?" mi chiede. So di aver deluso anche lei, ma prima di tutti ho deluso me stessa.

"Ho trovato Ted ubriaco perché Vic se n'era andata e mi ha chiesto di dimenticarla. Io sono ceduta e... ed è successo tutto..." purtroppo è successo e ora non so come porvi rimedio.

"Ted lo sa?".

"No..." le rispondo, iniziando a singhiozzare, "Rose, non so come fare. La mia vita è uno schifo e ora... sono anche incinta e per di più del ragazzo per cui ho una cotta da quando sono nata, il quale è fidanzato con mia cugina, è il figlioccio di mio padre ed ha dieci anni più di me. Potrebbe andare peggio?".

"Si, se non ci fossi stata io non avresti avuto nessuno con cui sfogarti" mi dice, sorridendomi e cercando di risollevarmi il morale, "Lily io sarò con te, puoi contare su di me. Io non ti abbandonerò, soprattutto ora che hai bisogno di me".

"Grazie, Rosie..." le dico, asciugandomi le lacrime e riuscendo a far uscire dalle mie labbra un piccolo sorriso triste, "cosa dovrei fare? Non so come...".

"Dovresti dirlo a tutti. Prima a Ted, poi a tua madre e a tuo padre. Devi, Lils, devi dirglielo perché tra qualche mese tutto sarà visibile e non potrai più nasconderti. Devi dire tutto a tutti. So che è difficile, me lo immagino, ma devi farlo" mi dice.

"Ora non me la sento, Rose. Ho paura della loro reazione... poi anche Roxy..." dico, scompigliandomi i capelli e nascondendomi dietro a essi.

"A Ted devi dirlo, almeno a Ted. Deve saperlo, deve sapere di suo figlio. Almeno a lui devi dirlo, per ora. Dammi retta, Lils, è meglio se gli dici tutto" mi consiglia, non voltandosi neanche una volta a guardare i miei occhioni marroni verdi.

"Lo so, Rose..." dico, lasciando la frase in sospeso. Alzo lo sguardo e mi accorgo che siamo arrivate alla Tana. Rose parcheggia ed entrambe scendiamo di macchina.

Vedo i miei genitori, i miei fratelli e i miei zii entrare in casa, e io mi cingo a fare lo stesso, avvicinandomi alla dimora. Mi volto e vedo Ted e Vic scambiarsi dolci effusioni e questo mi fa venire voglia di dirgli tutto. Devo dirgli tutto, prima che sia troppo tardi. Rimango voltata un altro istante e vedo i due scambiarsi un dolce ed appassionato bacio, più di quanto io possa sopportare. Vorrei andare lì e gridare che sono incinta, anche davanti a Vic. In questo momento vorrei urlarlo al mondo intero, ma l'unica cosa che riesco a fare è quella di deglutire e di entrare nella Tana. Rallento, fermandomi davanti alla porta, nell'ingresso di casa Weasley.

"Ciao, Lily" mi saluta Vic, avvicinandosi a me e abbracciandomi, "come stai?".

"Bene" mento, sorridendole e notando i suoi meravigliosi occhi azzurri puntanti sul mio volto, "te?".

"Ciao, Lils" si intromette Ted, avvicinandosi a sua volta ed abbracciandomi forte. Rispondo all'abbraccio, inalando il suo buonissimo profumo.

"Ted, posso parlarti un attimo?" gli chiedo, quando l'abbraccio si rompe. Ho voglia di dirgli tutto, ne sento il bisogno. Rose ha ragione. Naturalmente ho paura di dirglielo, ma devo, prima che lo scopra da solo. Lo vedo annuire, mentre Vic inizia a camminare verso il salotto, sorridendomi. Non odio Vic, anzi, le voglio molto bene e il fatto che Ted ci 'divida' mi fa star male. Potremmo essere buone amiche, ma non mi sembra una cosa eccezionale dirle che io sono innamorata del suo ragazzo. Esco dalla Tana con Ted e ci fermiamo nel prato d'erba.

"Cosa c'è, Lils?" mi chiede, avvicinandosi a me e prendendomi per mano. Non capisco perché lo stia facendo, so solo che quel contatto mi fa attraversare la schiena da miliardi di brividi freddi. Il mio cuore batte all'impazzata e non capisco più niente, "vedo che hai seguito il mio consiglio di ieri sera" dice, sfoggiando il suo solito meraviglioso sorriso.

"Beh... i-io..." fino a poco fa mi sembrava una buona idea, anzi, un eccellente idea, ma ora non lo penso più. Come glielo dico? Come faccio?

"Cosa?" mi continua a chiedere, stringendo sempre più la mia mano nella sua. Non so perché mi stia tenendo la mano. Perché, Ted?

"Io s-sono... beh, si, insomma... io sono..." inizio a dire, guardandolo negli occhi e cercando il coraggio per dirgli tutto.

"Cosa c'è, Lils? Sai che a me puoi dirlo" mi dice, cercando di farmi vuotare il sacco. Cerco di pensare al bacio che si sono scambiati lui e Vic prima, e questa cosa mi fa tornare, leggermente, la voglia di dirgli tutto. Vorrei farlo, davvero, ma la mia bocca non si muove e le parole non riescono ad uscire.

"I-Io sono..." dico, balbettando. Non riesco a finire la frase perché una figura dai capelli rossi compare sulla soglia di casa Weasley.

"Ted, Lily, venite a mangiare" ci chiama nonna Molly. Evito di guardare Ted e mi avvicino velocemente alla Tana, entrandovi e dirigendomi verso la sala da pranzo. Non gli ho detto niente, ma prima o poi riuscirò a farlo, anche se questo vuol dire compromettere la sua relazione con Vic. Spero di trovarne il coraggio, perché è l'unica cosa che mi serve in questo momento per riuscire ad andare avanti.

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Capitolo 3
*** Chasing a Choice ***


Chasing a Choice

Siamo tutti seduti intorno all’enorme tavolo che si trova nella sala da pranzo della Tana. Ci sono quasi tutti i miei parenti tranne zio Charlie, che è in una città dal nome impronunciabile ad allevare draghi, e zia Fleur e zio Bill, che non so bene dove siano. A parte loro, la famiglia è al completo, pronta a sentire la scenata, non programmata ma aspettata, di zio George nei confronti di Roxy. Ormai tutti sanno della sua gravidanza e non c’è da stupirsi di come le informazioni passano velocemente nella nostra famiglia.

Io sono seduta accanto ai miei fratelli, James a destra e Al a sinistra, e di fronte a noi sono seduti Rose, davanti ad Al, Ted, davanti a me, e Vic, davanti a James. Sicuramente sarà una coincidenza quella di avere Ted seduto di fronte a me, come lo è stata quella sera. Una stupida coincidenza che ha giocato con la mia infatuazione e con la mia vita futura.

Non so cosa fare con questo bambino. Non so se tenerlo e darlo in adozione subito alla nascita, come fanno le babbane che rimangono incinte ma non vogliono il bambino, abortire, cosa che va contro i miei principi morali, o semplicemente tenerlo e crescerlo, come ragazza-madre, si intende. Non lo so. Questa è la scelta più difficile della mia vita, la scelta che dovrò prendere da sola, la scelta che condizionerà la mia vita. Sono troppo piccola per decidere la sorte di un’altra vita, non sapendo ancora gestire completamente la mia.

“Ehi, Lily” la voce di Rose mi riporta alla realtà. Sbatto le palpebre e scuoto la testa, posando i miei occhi sul suo volto. Lei è l’unica che sa tutto, l’unica a cui ho avuto il coraggio di raccontare la brutta esperienza che sto vivendo.

“Avete sentito di Roxy?” ci chiede a voce bassa Ted, come se volesse informarci delle ultime novità, “ha detto che vuole tenere il bambino, nonostante il padre non ne voglia sapere niente. Anche se non so se sia la scelta migliore. Voglio dire, ha solo quindici anni e crescere un bambino da sola non mi sembra una cosa eccezionale”.

“Quindi secondo te cosa dovrebbe fare?” gli chiedo quasi con aria di sfida. Mi sento particolarmente coinvolta e voglio sapere quale sia la sua opinione, giusto per riflettere su quale scelta prendere.

“Non lo so. Secondo me, l’aborto in questo caso sarebbe la soluzione migliore. Naturalmente non sto dicendo che l’aborto sia una cosa giusta, anzi, secondo me dovrebbe essere abolito, ma in questa situazione mi sembra la soluzione migliore per risolvere tutto, ma non quella più giusta” mi dice, facendo perdere un battito al mio povero cuore già debole. Rimango immobile. Cosa dovrei fare anche io? Quale scelta dovrei fare? Quella di abortire, mettendo fine ad una vita umana? No, non potrei mai farlo, non potrei mai uccidere un'altra vita, mai.

“Quindi, secondo te, ogni ragazza adolescente che rimane incinta dovrebbe abortire?” chiedo, prendendo la cosa troppo sul personale. Forse troppo sul personale.

“No, sto dicendo soltanto che se una ragazza quindicenne, come Roxy, rimane incinta e il padre del bambino non vuole saperne niente perché ha un’altra o qualcosa del genere, non dovrebbe tenere il bambino. Poi la scelta tocca alla madre. La fatidica scelta di tenerlo e darlo in adozione, abortire o crescerlo. Ma perché prendi l’argomento così sul personale?” mi chiede, facendomi abbassare lo sguardo sulle mie unghie.

“Io non è che prendo l’argomento sul serio è che semplicemente voglio bene a Roxy e voglio sapere la tua opinione nei confronti della sua situazione, nient’altro” mi difendo, rialzando lo sguardo sul suo volto. Vedo con la coda dell’occhio, Rose che mi guarda con un’espressione che i miei occhi identificano come comprensione. Probabilmente sono masochista, ma, dopo tutti i colpi al cuore che ho preso, posso anche condannarmi a morte da sola, con il processo che verrà scatenato da una mia stessa domanda, “beh, allora vi sposate?”.

“Lily abbassa la voce, deve essere una sorpresa” mi dice Vic, sorridendo, “dovremmo annunciarlo alla fine del pranzo, sotto l’attenzione di tutta la famiglia, non è così, Teddy?”  gli sorride, facendomi annebbiare la vista da un velo di lacrime. Sbatto per una decina di volte le palpebre facendolo sparire e riconcentrandomi sulla coppiettina della famiglia Weasley.

“Si, Vic” si limita a rispondere Ted, rispondendo al sorriso di mia cugina.

“Sono contenta per voi” dico, deglutendo il groppo che mi era venuto in gola. Lo stesso groppo che mi verrà durante il loro matrimonio, lo stesso groppo che avrò in gola quando dirò la notizia della mia gravidanza. Il problema è uno solo: se dirò della mia gravidanza molto probabilmente la relazione che c’è tra Ted e Vic andrà a rotoli e non voglio che succeda davvero. Non voglio che la colpa di tutto sia mia e di quella notte, non voglio che il loro matrimonio sia rovinato da me. Forse dovrei abortire, così non ci sarebbero più problemi e tutto potrebbe concludersi magnificamente come nelle fiabe. Almeno per loro. Ma di chi stiamo parlando? Di loro o di me? Della loro o della mia felicità? Anche io ho bisogno di essere felice, anche io voglio essere felice. Forse questo bambino riuscirà a rendermi felice, forse potrà rendere la mia vita migliore, dato che il cuore di Ted non mi apparterrà mai.

“Tu, invece, Rose? Ragazzi?” chiede Vic alla mia cugina preferita, abbracciando il suo futuro marito. Io non odio Victoire, non la odio e non capisco il perché un mio errore dovrebbe mettere a repentaglio la sua felicità. Potrei mentire su chi è il padre, ma non mi sembra la cosa più giusta da fare.

“Nessuno sull’orizzonte” risponde Rosie, ridendo e facendomi l’occhiolino. In effetti, non ha avuto tanti ragazzi, anche se, essendo sua migliore amica, so tutti i particolari di tutte le sue relazioni. Per esempio, si è fidanzata per la prima volta durante il secondo anno di Hogwarts con un ragazzo di Tassorosso, di cui non ricordo il nome. E so anche che ha un rapporto molto ambiguo con mio fratello Al e con il figlio di Draco Malfoy, Scorpius. Rose mi ha sempre detto che Albus è sempre stato per lei come un fratello, essendo anche il suo migliore amico, anche se i loro abbracci e altri loro comportamenti mi hanno sempre fatto pensare che ci sia qualcos’altro sotto. Mentre ha sempre detto che Scorpius è la sua nemesi. Il loro rapporto è un po’ come quello che papà mi ha raccontato che c’era tra zia Hermione e Draco. Ma la mia convinzione è che tra tutti quegli insulti si nasconda un rapporto tenero e innocente tra loro due.

“Tu, Albus?” continua a chiedere Vic, svelando il suo lato di inguaribile romantica. Victoire è sempre stata così romantica, ha sempre amato l’amore e cose simili.

“Non c’è nessuna” risponde il ragazzo dagli occhi verdi seduto accanto a me. Non riesco a trattenere una piccola risata. Al è stato fidanzato una volta sola, con una delle migliori amiche di Rose. La loro relazione è durata mi pare un anno, e quando è finita Albus ci è rimasto tanto male e la persona che lo ha consolato è stata proprio Rose. Ed è da lì che penso sia nata la loro speciale intesa.

“James?” Vic attira l’attenzione di James, il di cui sguardo è perso su Dominique.

“Ehm, io... cosa? Ah, nessuna” risponde arrossendo. Sia io che Al abbiamo sempre saputo che James era sempre stato un po’ innamorato di nostra cugina Dom.

“E tu, Lily?” mi chiede, scrutandomi con i suoi occhi azzurri. Ero riuscita a distrarmi, dimenticandomi della gravidanza per un paio di minuti, ed ora arriva la domanda che mi manda in tilt. Vedo anche gli occhi di Ted puntati sul mio volto. L’espressione sulla sua faccia mi fa pensare che lui sia geloso. Chi? Lui? Geloso? Ora che si deve sposare? Andiamo! Sicuramente ho le traveggole.

“Beh, io...” inizio a dire, portando le mani alla mia pancia, senza che nessuno se ne accorga, “io... nessuno, non c’è nessuno” rispondo, sentendomi avvampare leggermente sulle guance.

“Certo ragazzi, non avete neanche un fidanzato, è proprio questa la cosa bella della vita: essere innamorati” dice Vic. Certo, ma non lo è se l’uomo che ami è innamorato di un’altra donna, che per giunta è tua cugina, o erro? Io e Rose ci scambiamo un’occhiata furtiva, prima di osservare nonna Molly fare una magia, facendo apparire da mangiare sulla tavola imbandita.

“Prima di iniziare a mangiare vorrei dire una cosa” inizia a dire zio George, alzandosi in piedi. La paternale è arrivata e spero che non sia tanto terribile come mi aspetto, “come tutti saprete Roxanne è incinta. So che questa notizia ci ha messo meno di un giorno a fare il giro di tutta la famiglia. Comunque, in questo periodo ho riflettuto molto su questa cosa. Mi scuso di aver trattato male Roxy, so che ha fatto un errore ed io l’ho rimproverata in una maniera assurda. Infatti, le chiedo scusa e ho preso una decisione. Io ti perdono per l’errore che hai commesso e voglio dirti che ti starò vicino, Roxy” dice, quasi commuovendosi.

“Ti voglio bene, papà” urla Roxanne, piangendo e abbracciandolo. Questa scena mi commuove, facendomi riflettere. Per fortuna era zio George e non zio Pearcy, se no penso che Roxy non sarebbe uscita viva da una paternale di questi.

Dopo aver avuto il consenso di poter iniziare a mangiare, mi perdo tra i miei pensieri, riflettendo per tutto il pranzo. Ho deciso di scartare l’opzione di abortire e anche quella di dare il mio bambino in adozione, mentre ho scelto quella di tenere mio figlio, il bambino mio e di Ted, il nostro meraviglioso errore. Spero che anche i miei genitori riusciranno a perdonarmi, perché io ho già preso la mia scelta e nessuno riuscirà a farmi cambiare idea, anche se questo vuol dire rovinare la relazione tra Ted e Vic. Nonostante abbia già preso la scelta ho ancora paura. Paura di dirlo ai miei genitori, paura di dirlo a Ted e al resto della famiglia. Non so come farò ma sento che ci riuscirò. Poi devo farlo prima che tutto sia visibile, devo farlo per lui o lei.

Una volta che il pranzo è finito vado fuori dalla Tana e mi siedo sull’erba verde del giardino. Sono andati via tutti, a parte la mia famiglia, Ted, Rose, Hugo, zio Ron e zia Hermione. Socchiudo gli occhi, sospirando e portando le mani alla pancia. Sono curiosa di vedere come sarà mio figlio, curiosa di sapere se avrò fatto la scelta giusta.

“Che ci fai qui tutta sola Lils?” una voce familiare giunge ai miei orecchi. Ted si avvicina e si siede accanto a me, “cosa c’è che non va?”.

“Niente, perché?” chiedo, pensandolo davvero.

“Dovevi finire il discorso che avevi iniziato prima, quando ci ha interrotti Molly. E poi non sei neanche rimasta all’annuncio mio e di Vic riguardante il nostro matrimonio. Ti comporti in modo strano” mi dice, preoccupandosi davvero per me. Amo quando lo fa, mi fa stare bene anche se so che il suo cuore non sarà mai mio.

“Non è vero, non mi comporto in modo strano” rispondo, accigliandomi leggermente, “e poi senti chi parla. Quello che si è ubriacato dopo aver litigato con Vic” vorrei rimangiarmi tutto, ma ormai è troppo tardi. L’ho detto, l’ho fatta grossa.

“Che cosa?” mi chiede, non sapendo a cosa mi stia riferendo.

“Niente” rispondo automaticamente. Lascio stare quello che ho detto e mi avvicino a Ted, abbracciandolo. Lui sarà il padre di mio figlio, di nostro figlio, e questo non può fare altro che farmi sorridere. Non so quando gli dirò tutto, so solo che lo saprà il prima possibile. Lo giuro, “ti voglio bene, Teddy Bear”.

“Anche io ti voglio bene, Lils” mi risponde, stringendomi a se, “aspetta un attimo, quand’è che mi sono ubriacato dopo aver litigato con Vic?”.

 

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Capitolo 4
*** Heartbreaking Rain ***


Heartbreaking Rain

 “Aspetta un attimo, quand’è che mi sono ubriacato dopo aver litigato con Vic?”.

“Scherzavo, non dicevo sul serio...” dico, cercando di trovare una scusa. Ho detto troppo e questo mi si rivolterà contro, me lo sento.

“Lils...” mi dice, cercando di farmi vuotare il sacco. Non glielo posso dire ora. Mi sono promessa che glielo dirò, ma non ora.

“Senti, io non posso...”.

“Quand’è successo?” mi chiede, interrompendomi, “quand’è che mi sono ubriacato?”.

“Ted, io non ero...” cerco di ribattere, ma vengo nuovamente interrotta.

“E’ successo circa... due mesi fa?” mi chiede, guardandomi negli occhi. Si ricorda quando è successo, quindi molto probabilmente si ricorderà anche cos’è successo. Da una parte sarebbe meglio, così sarei esonerata dal raccontare com’è andata, ma dall’altra...

“Ted... i-io...” balbetto, cercando di dire qualcosa, invano.

“Aspetta... forse me lo ricordo... ho dei ricordi sfocati, ma... eri venuta a casa mia e di Vic, giusto? Poi ti ho baciata e...” il suo sguardo finisce la frase senza bisogno di dire niente. Lo guardo quasi impaurita dalla sua possibile reazione, “ora ricordo”.

“E che differenza fa ricordare o non ricordare? Soprattutto ora che devi sposare Vic?” dico, facendo cadere una lacrima sulla mia guancia involontariamente.

“Lily, io...” dice, facendomi stare peggio.

“Nessuna differenza, non è così?” lo guardo negli occhi e riesco a percepire quasi una scusa. Ma io delle sue scuse non me ne faccio niente, soprattutto ora che ho quasi la certezza di dover crescere un bambino da sola, anche se lui non sa ancora di nostro figlio, “non fa niente. Tu hai la tua vita. Hai Vic. Io non la sostituirò mai, me ne devo fare una ragione. Io sarò sempre come una sorella minore per te, ma niente di più. Come ho potuto pensare anche solo per un attimo che dopo quella notte forse... forse qualcosa sarebbe cambiato tra di noi. Come ho potuto illudermi in quel modo? Come?” ripudio le altre lacrime, alzandomi e raggiungendo i miei genitori sulla soglia della Tana. Voglio andare via e smettere di pensare a Ted. Lui ha la sua Vic ed io non sarò mai come lei.

“Tesoro, c’è qualcosa che non va?” mi chiede mamma, portandomi una ciocca di capelli dietro un orecchio. Riesco a trattenere le lacrime, anche se questo mi costa una forza di volontà pazzesca.

“No... non c’è niente...” mento, voltandomi un’ultima volta verso un Ted seduto sul prato, prima di avviarmi con la mia famiglia verso la macchina.

“Avete sentito l’annuncio del matrimonio di Ted e Vic?” chiede mamma, salendo in macchina sul sedile accanto a quello del guidatore, ovvero a quello di papà. Mentre io mi siedo dietro insieme ai miei fratelli. Questa domanda non può fare altro che farmi stare peggio. Vorrei piangere e urlare il mio dolore, “secondo me è destino che quei due si sposino. Infondo sono sempre stati fidanzati sin da piccoli”.

“Si, anche secondo me sono destinati a stare insieme” risponde papà, partendo a tutta velocità e facendomi nascondere un’altra lacrima dietro la cascata di capelli fiamma.

“Poi sono anche carini insieme, sono davvero una coppia perfetta. Harry ti ricordi quando, da piccola, Lily cercava di allontanare Vic da Ted?” chiede mamma ridendo e guardando papà.

“Quando? Io non me lo ricordo” chiedo, non ricordandolo davvero.

“Quando avevi due, tre anni. Eri terribilmente gelosa di Ted. Forse perché, essendo stata una delle prime persone a tenerti in braccio, hai identificato lui come una persona importante, o non lo so. So soltanto che non volevi che stessero insieme” mi risponde mamma. Non me ne ricordo assolutamente, infondo ero troppo piccola per ricordarlo.

“Io me lo ricordo molto bene, invece” ride papà, voltandosi un attimo a guardare mamma.

Sposto il mio guardo verso il finestrino e vedo che sta iniziando a piovere. Ho sempre amato la pioggia perché mi trasmette un senso di malinconia. La malinconia non sarà il sentimento più bello del mondo, ma ogni emozione ha il proprio fascino. Osservo i goccioloni che cadono dal cielo e che si infrangono sul vetro della macchina.

“Tu hai sempre avuto un debole per Teddy, Lily, sin da quando eri piccola. Lo hai sempre considerato un po’ come il tuo eroe e il fatto che lui stesse con Victoire ti faceva impazzire”.

Ma infondo lui è sempre stato più grande di me di dieci anni, non mi ha mai considerato come una vera e propria ragazza, ma come una sorella. A parte quella sera che gli ero capitata sotto tiro e non aveva nessun’altra a cui poter chiedere di aiutarlo, quindi mi ha usata. Mi ha usata e io sono rimasta incinta.

Per il resto del viaggio ignoro i discorsi tra i miei e mi immergo nei miei pensieri. Quando arriviamo davanti a casa, scendo di macchina e corro in essa, rimanendovi da sola. I miei sono andati a fare spese con i miei fratelli. Quando entro in casa corro in camera mia e mi butto sul letto, iniziando a piangere e sentendo i tuoni del temporale che rispecchiano il mio umore. Tutta la sicurezza che avevo, tutta la voglia che avevo di tenere il bambino, è svanita in una sola frase e in questo momento non desidero altro che liberarmi della vita che porto in grembo. E’ due mesi che fa parte di me, ma è bastata una semplice giornata per farmi passare la voglia di crescere un figlio da sola. La scelta che avevo preso, quella di tenere il bambino, mi sembra di averla presa qualche secolo fa.

Non sarò mai come Vic e Ted non mi amerà mai come lei. Piango. Ho perso il conto dei pianti degli ultimi giorni. Ho pianto così tante volte che non mi ricordo quante volte. Mi ritrovo a punto e a capo. Non so cosa fare di questo bambino. Mi assopisco tra le lacrime, come negli ultimi tempi.

Quando mi sveglio, la prima cosa che penso è che devo dirglielo. Devo dire a Ted tutta la verità su quella sera e in quale situazione mi trovo. Mi alzo velocemente e guardo fuori dalla finestra, vedendo che non ha smesso di piovere e che ancora non è buio. Mi cambio al volo, mettendomi una gonna che mi arriva a metà cosce, un paio di calze, un paio di stivali neri, una maglia blu a maniche lunghe sopra una maglia a spalline azzurra, coperta da un giubbotto di pelle e una sciarpa carminio. Esco velocemente di casa, dimenticando l’ombrello per la pioggia e non facendo caso se i miei genitori siano tornati o meno. Inizio a correre verso casa di Ted e di Vic, ignorando la pioggia che mi bagna. Per fortuna casa loro non è molto distante. Continuo a correre fino a quando arrivo alla meta. Mi avvicino alla porta e suono il campanello. Quando Ted apre la porta, la sicurezza con la quale volevo dirgli tutto sembra svanita.

“Ciao” mi dice, rimanendo in parte impassibile.

“Ciao” rispondo al saluto, abbassando lo sguardo.

“Se bagnata fradicia, entra dentro, ti prenderai una polmonite” mi dice, con tono dolce, avvicinandosi a me.

“No, volevo solo dirti una cosa. Io sono...” vengo interrotta da una voce molto familiare ai miei orecchi.

“Ted!” sento la voce di Vic chiamare Teddy.

Il panico mi invade, facendomi scappare via. Sento i passi di Ted inseguirmi. Corro senza una meta precisa, prendendo tutte le pozzanghere che si sono formate per via della pioggia. Sento l’uomo che amo continuare a corrermi dietro, ma non voglio fermarmi. Continuo a correre fino a quando inciampo e cado. Fine della corsa.

“Lils” mi dice Ted, avvicinandosi a me e tendendo una mano come per aiutare ad alzarmi. Rifiuto il suo aiuto e, ansimante, mi alzo da sola, trovandomelo a pochi centimetri di distanza. Respiro sempre più profondamente, senza però riuscire a stabilizzare il mio respiro. Mi inizio a sentire male e mi gira la testa. Spero che tutta questa corsa non abbia fatto del male né a me né al bambino, “perché sei scappata in quel modo?” mi chiede, non curante della pioggia. Ho molto freddo. Sarà la tanta acqua che ho preso, ma non mi sento decisamente bene. Ho un’emicrania pazzesca, freddo e terribili capogiri.

“Lily, ti senti bene?” mi chiede Ted, togliendosi la giacca e posandola sulle mie spalle. Il calore della sua giacca mi fa stare meglio, ma non di molto.

“Si, sto... bene” dico, socchiudendo per un attimo gli occhi.

“Vieni, torniamo a casa, così potrai dirmi quello che volevi dirmi” mi dice, abbracciandomi. Ricambio l’abbraccio e mi stringo forte a lui, continuando ad ansimare e sentendo il cuore battere a una velocità pazzesca.

“Ted...” l’ultima cosa che riesco a dire, prima di sentirmi mancare e di ritrovarmi nell’oscurità più totale.

 

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Capitolo 5
*** Truth, Father and Kiss ***


Truth, Father and Kiss

Quando apro gli occhi mi ritrovo in una stanza completamente bianca. Sono in un letto, probabilmente in un d’ospedale. Mi ricordo di essere svenuta, ma niente di più. Mi volto a destra e vedo Ted seduto su una sedia accanto al letto. Mi sta guardando sorridendo. Non capisco a cosa sia riferito quel sorriso. Scuoto la testa.

“Dove mi trovo?” gli chiedo, abbassando lo sguardo e vedendo una flebo conficcata nella mia mano sinistra, “d’accordo, sono in ospedale. Ma perché mi hai portata qui?”.

“Beh, ti sei sentita male, sei svenuta, quindi ti ho portata qui per paura che potessi aggravarti” mi risponde con ovvietà, come se fosse una cosa scontata. In parte lo è, “e perché tu sei scappata in quel modo? Per di più sotto la pioggia?”.

“E perché tu mi hai seguita, invece che restare con la tua fidanzata, anche futura moglie?” chiedo, spostandomi una ciocca di capelli fiamma dal volto a dietro un orecchio.

“Perché avevo paura che potesse succederti qualcosa” mi risponde sinceramente, abbassando lo sguardo. Lo osservo attentamente. Non mi devo illudere: non si preoccuperà mai per me, quanto si preoccuperà per Vic.

“Da quando Ted Remus Lupin si preoccupa per me?” chiedo sarcastica, con un po’ di ironia e di durezza nella voce, “a parte gli scherzi. I miei lo sanno che mi trovo in ospedale?”.

“Non gli ho detto niente. Volevo avvertirli così da...”.

“No, Ted, non dirgli niente, né dell’ospedale, né del mio svenimento. Intesi?” gli chiedo, cercando la sua fiducia. Non devono sapere niente, se no è più che probabile che riusciranno ad arrivare alla gravidanza per vie traverse.

“D’accordo... aspetta, qual era quella cosa che dovevi dirmi?” mi chiede, accigliandosi e facendomi tornare in mente il perché mi ero presentata a casa sua all’improvviso, e per di più sotto la pioggia. Sento la testa iniziare a farmi male. Mi porto una mano ad una tempia come per farlo notare, invano.

“Io volevo dirti che...” mi blocco, quando vedo entrare un’infermiera nella stanza. Scommetto che non riuscirò mai a dirgli che sono incinta.

“Lilian Potter?” mi chiede. Annuisco in silenzio, senza dire una parola, “sta bene, ha avuto soltanto un calo di zuccheri. Deve anche ringraziare la premura del suo fidanzato di portarla all’ospedale” alla parola fidanzato arrossisco improvvisamente, “sia lei che il bambino state bene. Nonostante questo, tra qualche minuto, dovrebbe venire un dottore a farle l’ecografia. Potrebbe essere in grado di andarsene anche subito dopo questa”.

Quando esce dalla stanza, tiro un sospiro di sollievo non accorgendomi, per un paio di secondi, che ha detto una parola di troppo. Non ho il coraggio di voltarmi a vedere Ted. Non ne ho proprio il coraggio. Non voglio vedere la sua faccia sorpresa che mi chiedono di ripetergli cosa ha detto l’infermiera. Non voglio sapere la sua reazione. Come se la mia testa si muovesse da sola, mi ritrovo ad osservare Ted negli occhi. Cerco di sorridere, ma l’unica cosa che esce dalle mie labbra è un sorriso falso, tremendamente falso. Lo vedo guardarmi con un’espressione interrogativa e stupita.

“Il... bambino?” mi chiede, prendendo un profondo respiro tra una parola e l’altra. Posso percepire una nota di tristezza nella sua voce, forse dovuta alla preoccupazione che se lui fosse il padre, non potrebbe più sposare Vic.

“E’ questo quello che volevo dirti, Ted” ammetto amaramente, abbassando lo sguardo per non guardarlo negli occhi.

“E il padre?” mi chiede, ponendomi la domanda che temevo. Cosa dovrei dirgli? La verità? Che è lui il padre? Ma così facendo manderei a rotoli il suo matrimonio con Vic.

“Beh, il padre è...” vengo interrotta un’altra volta da un uomo che dovrebbe essere il dottore, venuto per farmi l’ecografia. Ringrazio Dio per non essere stata costretta a dirlo.

“Lilian Potter?” mi chiede, come l’infermiera. Annuisco ugualmente, “può scoprirsi la pancia”.

Mi volto per una frazione di secondo a guardare Ted. Ha lo sguardo abbassato. Dopo essermi scoperta la pancia, afferro una sua mano nella mia, tanto per riuscire a racimolare la giusta quantità di coraggio che ci vuole. Alza lo sguardo su di me e mi accenna un sorriso. Il dottore mi mette una specie di gel sulla pancia e con l’affare per le ecografie, dopo aver acceso il rispettivo monitor, ci passa sopra. Quello che vedo nello schermo, anche se non tanto distintamente, è mio figlio. Sorrido e una piccola lacrima cade dall’angolo del mio occhio destro. La prima lacrima di felicità dopo tanto tempo. Stringo forte la mano di Ted nella mia, mentre il dottore ci mostra le immagini di nostro figlio. Mi volto verso Teddy e vedo un piccolo sorriso formarsi anche sulle sue labbra.

“Bene, il feto sta bene. E’ di due mesi circa e per ora si sta sviluppando bene. Ancora non è possibile vedere se sarà un maschio o una femmina, ma la cosa importante è che sia sano e questa creatura lo è” dice il dottore, sorridendo, togliendomi la flebo e passandomi un pezzo di carta per togliermi il gel dalla pancia, “congratulazioni, futuri genitori” conclude, prima di uscire dalla stanza. Mi alzo dal letto, evitando lo sguardo di Ted e mi avvicino ai miei indumenti.

“Puoi uscire, dovrei...” dico, cercando di fargli capire che mi devo rivestire.

“Certo” mi risponde annuendo e uscendo dalla stanza, chiudendo la porta alle sue spalle. Mi rivesto in meno di cinque minuti e appena esco dalla stanza, una domanda di Ted mi fa sobbalzare.

“E’ per questo che hai detto che mi ero ubriacato dopo aver litigato con Vic, prima alla Tana? Due mesi fa. Quello è successo due mesi fa e tuo... tuo figlio ha due mesi. Quindi non dovrei tuo, ma dovrei dire nostro. Dio, Lils, nostro figlio, ti rendi conto?”.

“Si che me ne rendo conto. Cosa succederà ora?” gli chiedo, mordendomi un labbro e trattenendo un possibile pianto.

“Diventeremo genitori. Genitori di nostro figlio” mi risponde. La parola genitori mi rimbomba in testa, creandomi una confusione mentale.

“E questo cambierà qualcosa?”.

“Cambierà molte cose, Lils. Vieni qui” mi sussurra, avvicinandosi a me e stringendomi tra le sue braccia, in un dolcissimo abbraccio. Inizio a piangere come una stupida. Non so se sia un pianto di gioia o di tristezza, so solo che io amo Ted. E questa è un'altra cosa che me lo fa amare ancora di più.

“Vic?” chiedo a bassa voce. Ho paura della sua risposta.

“Vic... non lo so, Lily... non lo so...” mi sussurra in un orecchio. Mi stringo più forte a lui, riscaldandomi con il suo calore corporeo e appoggiando la testa sul suo petto, riuscendo a sentire distintamente il battito, a mio parere, accelerato del suo cuore. Lascio ad altre lacrime l’onore di rigare il mio volto, ormai abituato a quella sensazione. Saremo genitori. Genitori, “... l’unica cosa che so è che ti starò vicino... vi starò vicino”.

“In quale veste?” domando, staccando la mia testa da lui quel che basta per guardarlo negli occhi. Ormai ho fatto trenta, posso fare anche trentuno, no?

“Lils, non puoi chiedermi di...”.

“Io non ti sto chiedendo niente. Ti sto solo domandando in quale veste mi starai accanto. Devo saperlo perché... ho molta confusione in testa e... non so se tenere il bambino o meno... quindi voglio...” dico, prendendo fiato ogni tanto, come se mi mancasse l’aria, “secondo te, cosa dovrei fare? Dovrei... tenerlo?”.

“Io... Lils...” cerca di rispondermi, guardandomi fermamente negli occhi, “non so cosa dirti. Ti prometto che ti staro accanto, ma... ancora non so come...”.

“Ami Vic?” chiedo, facendo una specie di promessa dentro di me. Se risponderà di si, abortirò; se dirà di no, lo terrò.

“Non lo so...” mi risponde, con aria un po’ confusa. Non avevo messo in conto questa opzione, “adesso cambierà tutto nella nostra relazione. Non ci sposeremo più...”.

“Mi dispiace...” rispondo, abbassando lo sguardo come se fosse colpa mia. Mi sento tanto in colpa.

“Non è colpa tua” mi risponde dolcemente, alzandomi lo sguardo sul suo volto con altrettanta dolcezza, “è solo mia e devo assumermi le mie responsabilità. Ora ho una vita a cui devo badare, una ragazza di cui mi devo prendere cura e una fidanzata a cui devo dire tutto”.

“Davvero ti prenderai cura di noi?” chiedo sorridendo. Vedo un sorriso aprirsi anche sulle sue labbra. Vedo il suo sguardo abbassarsi e sento una sua mano posarsi sulla mia pancia. Quel contatto mi fa arrossire e il rossore aumenta quando lo sento sussurrare qualcosa alla creatura dentro di me. Continuo a sorridere.

“Ehi piccolo - o, piccola - sono il tuo papà. Mi senti? Beh, l’unica cosa che ti voglio dire è che ti voglio bene, e anche la tua mamma te ne vuole, non è così mamma?” mi chiede, facendomi accapponare la pelle quando mi chiama con quell’appellativo. Vedo i suoi bellissimi occhi castano ombrato pieni di felicità e questo non può fare altro che farmi annuire.

“Si, che te ne voglio” rido, per la prima volta, dopo tanto tempo, felice. Mi sorride e mi guarda attentamente negli occhi, “andiamo a casa, papà?”.

“Certo, mamma. Vi porto a casa e poi vado a parlare subito con Vic” mi risponde, prendendomi per mano e iniziando a camminare verso l’uscita dell’ospedale.

“Mi raccomando, dille di non dire niente alla famiglia” lo metto in guardia, fermandomi di botto sulla soglia dell’edificio.

“Non le dirò del bambino. So com’è fatta Vic e sicuramente telefonerebbe subito a tua madre e le direbbe tutto...” mi risponde, lasciandomi un interrogativo che mi esce subito dalle labbra.

“Allora cosa le dirai?” chiedo, iniziando a camminare e arrivando, sempre tenendo la sua mano, fino alla macchina.

“Qualcosa del tipo che l’ho tradita, ma non dirò niente né di te né di nostro figlio” dice, aprendo la macchina e salendoci. Faccio lo stesso. Quando mette in moto la macchina tiro un sospiro di sollievo.

“Anche tu non dire niente a mamma e papà” gli ordino, non riuscendo a nascondere un sorriso che mi tira le labbra.

“Non gli dirò niente, croce sul cuore” mi risponde, “cos’è quel sorriso?” mi chiede, voltandosi un attimo a guardarmi.

“Sono felice” rispondo come se fosse la cosa più logica del mondo.

“Di essere rimasta incinta a diciassette anni anni?” mi chiede, sarcastico.

“No... di avere accanto te” rispondo, guardandolo attentamente e scrutando il suo meraviglioso profilo. Vedo i suoi capelli diventare rossi e le sue guance fare lo stesso, “non mi dirai che ti ho fatto arrossire?” chiedo, ridendo, felice della sua reazione.

“Io... no! Ma cosa dici?!” cerca di negare quello che ho appena detto, senza riuscirci, però, ai miei occhi.

“D’accordo... non lo sei” dico, non riuscendo, però, a smettere di ridere.

“Siamo arrivati” mi annuncia, facendomi guardare fuori dal finestrino e riuscendo a scorgere la mia casa, “beh, ciao mamma”.

“Ciao, papà” gli rispondo, avvicinandomi a lui per dargli un bacio sulla guancia, ma, come qualche giorno fa, le mie labbra finiscono sulle sue. Questa volta, però, sento la sua bocca ricambiare il bacio, cercando di approfondirlo. Accetto la sua richiesta e iniziamo a baciarci appassionatamente. Mi sento attraversare da migliaia di emozioni, alcune che non riesco neanche ad identificare. Quando il bacio si interrompe, corro fuori dalla macchina fino dentro casa, senza dire o sentirmi dire una parola. Cos’è stato quel bacio? Cos’è significato per lui? Sono molto confusa da quello che è successo.

“Finalmente sei tornata, dove sei stata?” è la voce di mamma che mi riporta alla realtà. Sobbalzo, non avendola vista.

“Mamma... beh, sono stata a cena fuori con Ted. Mi ha invitata e non ho potuto dire di no” mento, abbozzando uno dei miei migliori sorrisi. Vedo l’espressione sulla sua faccia distendersi e tranquillizzarsi, “vado a letto, sono stanca” dico, continuando a sorridere, dandole un bacio sulla guancia e dirigendomi in camera mia.

Appena indossato il pigiama, mi nascondo sotto le coperte, non riuscendo a togliermi dalla testa neanche per un momento il bacio. Quel bacio... cosa voleva dire? E’ stato accidentale o Ted si è spostato in modo che le mie labbra finissero sulle sue? Perché è successo? Come...? Basta domande. Scuoto la testa e faccio finta di niente, ripensando a quello che è successo oggi e alla bellissima espressione di Ted quando ha scoperto di suo figlio. Finalmente gliel’ho detto, un problema in meno, ma rimane ancora tutta la famiglia...

 

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Capitolo 6
*** My parents' sons ***


My parents’ sons                                                                                                                                                        

 “Lily, mi dispiace, ma... io amo Vic... e non ho intenzione di lasciarla a causa tua e di quello che è successo” mi dice con durezza Ted, facendomi crollare il mondo addosso. I suo occhi marroni ombrato sono spenti, mentre i suoi capelli, attraverso i quali una volta riuscivo a leggere il suo umore, sono indecifrabili.

“Ted... io...” il groppo che ho in gola mi impedisce di parlare, dando sfogo solamente alle lacrime che iniziano a rigarmi il volto.

“Mi dispiace, Lils, ma non posso compromettere la felicità mia e di Vic solo per un errore avvenuto tempo fa” mi continua a dire con la stessa durezza nel tono di voce.

“Quindi... nostro figlio sarebbe soltanto un errore per te?” chiedo con la bocca impastata dal pianto, non fermando le lacrime che solcano il mio volto.

“Si, Lils, è solo un errore... per me”.

“I-Io... io ti amo, Ted” dico amaramente, non riuscendo neanche a guardarlo in faccia.

“Mi dispiace... ma io amo Vic...”.

Mi sveglio di soprassalto, sobbalzando sul letto. L’incubo più brutto che abbia mai fatto, l’incubo che spero non diventi realtà. Cerco di stabilizzare la mia respirazione, facendo lunghi e profondi respiri, senza smettere di pensare al brutto sogno che ho fatto. Sposto lo sguardo sulla sveglia che indica le dieci e mi alzo prontamente, volenterosa di andare da Ted, sia per chiarire la faccenda del bacio, sia per sapere della sua rottura con Vic. Sembro sadica, non è così? Sembro crudele e meschina, soltanto perché guardo la faccenda dalla mia prospettiva, senza considerare quella di Vic. Infondo non è colpa sua se è successo tutto questo e se io mi ritrovo in questa situazione. Voglio a tutti i costi portar via il fidanzato a mia cugina e questo mi fa apparire particolarmente cattiva. Ma io non lo sono. Adesso ho anche i sensi di colpa e i rimorsi per quello che ho fatto. Andiamo bene. Poi deve essere lui a scegliere tra me e lei ed ancora non ho capito quale sarà la sua scelta.

Mi alzo, scuotendo la testa ed avvicinandomi all’armadio. Scelgo una maglia rosa, un paio di pantaloncini corti con sotto un paio di calze, stivali neri e giubbotto marrone. Apro la porta e scendo le scale, dirigendomi in cucina.

“Buongiorno a tutti” dico, entrando in cucina e sedendomi al solito posto. Osservo James e Al intenti a fare colazione, mamma a fare qualche incantesimo per lavare i piatti, mentre papà sarà probabilmente a lavoro.

“Buongiorno, Lily” risponde mamma al mio saluto, voltandosi verso di me per qualche secondo, rivolgendomi un sorriso. Rispondo al sorriso, spostando il mio sguardo su James e Al che mi guardano con sguardo complice.

“Ciao, Lily” mi salutano in coro, continuando a guardarmi con la stessa intesa. Non so a cosa siano riferiti quegli sguardi, so solo che non possono sapere del bambino, quindi posso stare tranquilla.

“Allora io vado da nonna Molly e da nonno Arthur... ci vediamo dopo, d’accordo? Ciao” ci dice mamma, uscendo dalla cucina e salutandoci con uno svelto gesto della mano. Dopo qualche secondo, io e i miei fratelli sentiamo la porta chiudersi con un tonfo. Riporto lo sguardo su di loro e li osservo attentamente.

“Beh, cosa sono i vostri sguardi complici?” gli chiedo, guardandoli direttamente negli occhi e mantenendo il sorriso.

“Sappiamo della situazione che stai passando” mi dice Al, guardandomi con un volto triste. Come fanno a sapere della gravidanza? Chi gliel’ha detto?

“Di cosa stai parlando?” chiedo, cercando di sembrare più calma possibile, senza saltare direttamente alle conclusioni e facendo finta di niente.

“Sappiamo del... bambino” dice James a bassa voce, facendo sparire il mio meraviglioso sorriso dalle labbra. Per un attimo mi sento avvolta da una sensazione di paura. Sono spaventata di quello che ora potrebbero dire e di cosa in seguito diranno i miei genitori e poi di cosa succederà.

“Chi ve l’ha detto?” chiedo, passandomi una mano sui capelli ed abbassando lo sguardo sulle mie mani. Lo sanno solo due persone, quindi o Rose, o Teddy.

“Rose lo ha detto ad Al e lui lo ha detto a me” mi risponde. Grazie mille, Rosie, grazie tante.

“Mi immagino che te l’abbia detto perché tu l’hai supplicata a dirti qualcosa... forse il modo strano in cui mi comporto negli ultimi tempi. Lei non ha saputo resistere al tuo fascino e ti ha raccontato tutto. Bella amica che mi ritrovo, davvero” dico, alterandomi leggermente.

“Lily non fare così. Poi sai che avrai bisogno di noi, perché mamma e papà si arrabbieranno e tu avrai bisogno di alcuni amici che ti stiano accanto” mi dice Al, avvicinandosi a me e guardandomi con i suoi occhi smeraldini che mi ricordano tanto papà. So che i miei genitori si infurieranno ed è per questo che ho paura a dire tutto.

“Me la posso cavare da sola, non ho bisogno di amici” dico freddamente, guardando i loro volti tristi e spenti, “ce la faccio da sola” concludo, alzandomi e portando il mio sguardo sui miei stivali neri.

“Lily, guardami. Avrai bisogno di noi. Avrai bisogno di un aiuto per il bambino. Non diremo niente a mamma e papà. Ma avrai bisogno di noi. Ti staremo accanto, sempre” mi dice James, facendo eco ad Al e facendomi alzare il mio sguardo su di loro. La mia famiglia.

“Non dite niente a nessuno, oltre che a mamma e papà, voglio farlo io quando sarà il momento giusto” dico, rimanendo quasi commossa dalle loro parole.

“Si, puoi contare su di noi. Siamo o non siamo tuoi fratelli in fondo?” dice Al, avvicinandosi a me ed abbracciandomi. Rispondo all’abbraccio, socchiudendo gli occhi e lasciando ad alcune lacrime di fare il loro percorso sul mio volto ed iniziando a singhiozzare come una stupida. Anche James si avvicina e mi stringe a sua volta, abbracciando sia me che Albus.

“Grazie” dico tra i singhiozzi, abbracciandoli più forte, “vi voglio bene”.

“Anche noi te ne vogliamo... e ne vogliamo anche al nostro nipotino” mi rispondono in coro, sciogliendo l’abbraccio e sorridendomi. Sorrido a mia volta, asciugandomi le lacrime e smettendo di singhiozzare.

Questo dolce momento viene interrotto dal suono del campanello. Senza troppi indugi, faccio segno ai miei fratelli che vado ad aprire io e cammino fino alla porta, aprendola e rivelando il mio Teddy Bear.

“Ciao, Ted” dico, osservando attentamente i suoi capelli azzurri che non vedevo da molto tempo. Quand’era più piccolo amava cambiare colore di capelli, soprattutto per far divertire me, ma negli ultimi tempi è come se si fosse un po’ scocciato di essere un metamorfomagus.

“Ciao, Lils” mi saluta, sottolineando l’appellativo che mi ha dato da quando sono nata.

“Perché i tuoi capelli sono azzurri, era da un po’ che non cambiavi colore al solito marrone chiaro. Anche se sei molto inusuale in questo modo, sicuramente non passerai inosservato”.

“Già...” mi dice, facendoli diventare marroni, come sempre, “beh... possiamo parlare? Da soli?” mi chiede, salutando James e Al con un cenno della mano destra che loro ricambiano.

“D’accordo” rispondo semplicemente, “ci vediamo dopo ragazzi” dico, prima di chiudere la porta alle mie spalle e di iniziare a camminare con Ted a mio fianco, “di cosa volevi parlarmi?” gli chiedo, voltandomi verso di lui.

“Beh... di Victoire” mi dice, ricambiando lo sguardo e puntando i suoi occhi castano ombrato dentro i miei marroni tendenti al verde, “io non... io non ce la faccio a lasciarla: è troppo importante per me”.

Quest’ultima frase mi fa stare male e mi fa ripensare al sogno che ho fatto stanotte. Non può essere, mi sta prendendo in giro vero? Penso di no. Mi fermo di botto, guardandolo con i miei occhi lucidi. Lo osservo da dietro il velo di lacrime che si è creato nei miei occhi, cercando di non cedere alla tentazione di ricominciare a piangere come nei giorni scorsi.

“Le hai detto di me e del bambino?” gli chiedo, senza muovermi e rimanendo immobile e inerme.

“Si, ma non ho fatto il tuo nome” mi risponde, prendendomi sotto braccio e cercando di convincermi a iniziare di nuovo a camminare, invano.

“E lei è disposta a continuare ugualmente una relazione con te, vero?” chiedo con una domanda retorica, sbattendo per un paio di volta le palpebre, cercando di far sparire il velo di lacrime, “quindi è così: ci starai accanto mentre sarai sposato con Vic ed avrai una bellissima famiglia con lei, vero?”.

“Lily io sono confuso” mi dice, come se io non lo fossi.

“Non lo sarai mai quanto me. Mi sono anche illusa. Ho sperato che il bacio di ieri sera fosse significato qualcosa per te, ma mi sbagliavo... tu pensi solo a Vic” dico, delusa, lasciando che le lacrime mi solchino il volto e iniziando a camminare verso casa mia.

“Aspetta Lily” mi dice, prendendomi per un braccio e cercando di fermarmi.

“Aspettare cosa? Che tu ricambi quello che io provo per te? Sono un’illusa e tutto questo è un’utopia” mi divincolo e ricomincio a camminare verso casa mia, ma lui mi blocca di nuovo, costringendomi a fermarmi, “cosa vuoi ancora?”.

“Io ti starò vicino”.

“Non me ne importa niente” dico, dandogli uno schiaffo e correndo dentro casa mia, lasciandolo lì da solo con sé stesso. Corro velocemente in cucina e mi butto tra le braccia di Al, il primo dei miei fratelli che trovo.

“Che c’è, Lily? Cos’è successo? Lil?” mi chiede, accarezzandomi i capelli rossi e cercando di farmi smettere di piangere.

“Ho bisogno di due amici, sapete dove posso trovarli?” gli chiedo, stringendolo più forte e cercando di abbozzare un sorriso, invano.

“Che è successo?” mi chiedono in coro. Rompo l’abbraccio e mi siedo, raccontandogli tutto quello che è successo, che il padre del loro nipotino è Ted e di quello che mi ha detto poco fa.

“Per fortuna ho voi su cui contare” dico, rimangiandomi mentalmente la precedente conversazione nella quale non volevo che mi stessero vicino.

“Te l’abbiamo detto: noi ti staremo accanto per sempre” mi dicono, facendomi sciogliere il cuore come la neve al sole. Io amo i miei fratelli, non potrei non farlo. Dopo tutto quello che fanno ora per me, quello che hanno fatto in passato e quello che faranno per me in futuro, come potrei non amarli? Sono la mia famiglia, loro non mi tradiranno mai, non lo faranno mai e mi rimarranno accanto fino a quando ne avrò bisogno. Anzi, mi rimarranno accanto anche quando non vorrò, perché mi vogliono bene e me ne vorranno per sempre. Me ne continuerebbero a volere anche se li tradissi, perché io sono la loro piccola sorellina, la loro piccola Lily, e non permetterebbero a nessuno di farmi male, di ferirmi, non lo permetterebbero mai e io non so come essergli grata. Io li amo e li amerò per sempre. I miei fratelloni, il mio James e il mio Al.

“Sapete che vi voglio bene, vero?” gli chiedo sorridendo e asciugandomi le lacrime che mi sono cadute sul volto. Rispondono al mio sorriso e James mi accarezza una guancia, portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

“Si, lo sappiamo” mi dicono, ridendo e coinvolgendo anche me nella loro risata. Per la prima volta dopo tanto tempo sono felice, anche se, pensare a Ted e a quello che ha fatto, o meglio, quello che non vuole fare, mi fa star male, terribilmente male. Cerco di non pensarci e scuoto la testa, alzandomi.

“Vado da Rose... sapete: deve farsi perdonare. Ciao” gli dico, avvicinandomi a loro e dandogli un bacio sulla guancia, prima di correre fuori di casa.

Quando esco sono sollevata di vedere che Ted se ne sia andato. Beh, infondo, non penso che sarebbe rimasto ad aspettarmi: ha cose più importanti a cui pensare, come Vic. Ripenso alla scenata di poco prima e la sensazione di paura mi invade di nuovo. E se mi toccasse crescere un figlio da sola? E se Ted non volesse più sentir parlare di noi? Basta, Lily, sei troppo paranoica! Smetti di piangerti addosso e non pensarci! Non essere così drammatica! Ora parlo anche da sola... andiamo bene! Senza neanche accorgermene, sono arrivata davanti a casa Weasley. Mi avvicino alla porta di ingresso e suono il campanello, aspettando che qualcuno venga ad aprirmi.

“Ciao, Lily” mi saluta mio cugino Hugo, apparendo da dietro la porta che fino a poco fa era chiusa.

“Ciao, Hugo” rispondo al saluto, fingendo un sorriso.

“Hai pianto?” mi chiede, guardandomi attentamente negli occhi.

“No...” dico, spostando lo sguardo dai suoi occhi scuri all’interno della casa, “volevo parlare con Rose, è in casa?”.

“Si, ma non so se ti vorrà vedere...” mi risponde, “beh, sai... papà ha scoperto della sua relazione con Scorpius Malfoy ed è andato su tutte le furie”.

“La sua relazione con Scorpius...” faccio eco, come se non avessi capito quello che ha appena detto. La mia migliore amica non mi aveva detto niente, assolutamente niente. Io le avevo detto della gravidanza, ma lei non mi aveva detto niente di Scorp. Niente, “voglio vederla”.

“E’ in camera sua e non dire che non ti ho avvertita” mi dice, togliendosi dall’ingresso così da permettermi di entrare nella casa. Salgo le scale e quando arrivo davanti alla porta di camera sua, busso.

“Mamma, non voglio vedere nessuno!” mi urla mia cugina, pensando che io sia zia Herm.

“Non sono zia, sono Lily... posso entrare?” chiedo, sentendo dei rumori dei passi avvicinarsi alla porta. Questa si apre, rivelando una Rose triste con lo sguardo spento.

“Entra, Lil” mi dice, cercando di sorridere e facendomi cenno di mettermi a sedere sul suo letto, “che ci fai qui?”.

“Perché non mi hai detto della tua relazione con Scorp? E perché hai spifferato tutto quello che ti avevo detto sul bambino ad Al?” le chiedo, rimanendo calma e senza alterarmi. Non devo arrabbiarmi anche perché non ci sarebbe un valido motivo per arrabbiarmi. Beh, un valido motivo ci sarebbe, ma è meglio che non mi arrabbi, anche per non peggiorare l’umore di Rose, già sconvolta per la reazione di suo padre. Mi immagino quale sia stata, conoscendo l’odio di zio Ron per i Malfoy.

“Perché non c’è una vera e propria relazione, papà ha frainteso. Siamo solo usciti insieme qualche volta e poi lui e Al sono i miei migliori amici, a parte te, naturalmente” mi risponde, “poi ho detto tutto ad Al perché sai che io e lui non abbiamo segreti... mi dispiace di aver tradito la tua fiducia, perché so che tu ti fidi di me, ma, anche dopo questo errore, rimarrò la tua migliore amica? Infondo avrai bisogno di me quando avrai il bambino e...”.

“... e su di me puoi contare, non dirò niente ai tuoi genitori e bla, bla, bla... tu e i miei fratelli non vi sarete mica messi d’accordo?” chiedo alzando un sopracciglio e guardando la sua espressione della serie ‘non sono stata io’, “a parte che hai detto a mio fratello che sta per diventare zio e a parte che non mi avevi detto niente di Scorp... ti voglio bene, Rosie”.

“Anche io ti voglio bene, Lil” mi dice, avvicinandosi a me ed abbracciandomi. Rispondo all’abbraccio, sentendo che il momento di dire la verità ad i miei genitori si sta avvicinando.

“E poi com’è finita con Scorpius?” chiedo, ridendo, “ti piace vero?”.

“No” dice, diventando rossa come un peperone.

“No, eh?” chiedo, non riuscendo a smettere di ridere.

“No... siamo solo buoni amici”.

“Si... come con Al, vero Rose?”.

“Al? E’ mio cugino e il mio migliore amico... poi a me piace Sco...” lo ha detto, lo ha detto.

“Ti sei tradita con le tue mani cara cugina... ti piace Scorpius!” le dico ridendo e prendendomi una cuscinata in piena faccia, “Ah, è così? Allora...” dico, prendendo il cuscino che mi ha lanciato e rilanciandoglielo contro.

L’unico pensiero che mi rattrista e che non riesco a togliere dalla mia testa è quello che riguarda Ted e quello che ha detto.

 

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Capitolo 7
*** The seventeen days ***


The Seventeen Days

Beh, inutile dire che da quel giorno la mia situazione iniziò ad andare peggio, sempre peggio, tanto che ora vorrei, sinceramente, spaccare la faccia a Ted per quello che mi ha fatto. Fino a quando mi era sembrato che avesse preso bene la storia del bambino ero contenta perché sapevo che ci sarebbe stato lui ad aiutarmi con la gravidanza, che mi avrebbe tenuto la mano quando lo avremmo detto alla nostra famiglia, che sarebbe stato con me anche quando il bambino sarebbe nato, ma, da quel giorno, tutta la mia felicità si trasformò in tristezza, totale tristezza, rivolta alla voglia di liberarmi della vita che porto in grembo. In questi giorni, diciassette precisamente, come l’età nella quale dovrò iniziare a prendermi cura di un’altra vita, ho trascorso la maggior parte del tempo nella mia stanza, con la testa immersa nel solito pensiero: riuscirò a essere una brava madre? Riuscirò a prendermi cura un bambino, senza l’aiuto di suo padre? Riuscirò ad aiutare mio figlio a crescere, quando anche io non ho finito di crescere? Domande che attraversavano la mia mente, senza farmi pensare ad altro. Poi avevo paura, paura dei miei genitori e di tutto il resto. Ed ogni volta che ci pensavo, le bollenti lacrime, che cercavo di ripudiare, mi cadevano sulle guance, rendendomi la vita impossibile. Diciassette giorni trascorsi a piangermi addosso o tra le braccia dei miei fratelli, che mi avevano ripromesso che non avrebbero detto niente a mamma e papà, diciassette giorni trascorsi a cercare di farmi passare dalla testa Ted e Victoire. Eppure, nonostante la mia tristezza, ogni volta che ci pensavo la rabbia mi invadeva. La rabbia per essere ceduta quella sera, la rabbia per dover crescere un figlio da sola, la rabbia per aver scoperto quanto Ted sia ancora immaturo. E’ da quel maledetto giorno che non lo vedo, in questi diciassette giorni non è neanche venuto a cena da noi ed anche papà lo ha considerato strano. Beh, penso che in questi giorni abbiano iniziato a considerare strana pure me, ne sono sicura. Dovrei dirgli tutto. Togliermi il pensiero e svuotare il sacco, sputare il rospo. Non ci riesco, non ce la faccio, non ancora. Ogni volta che ci provo, mi blocco e non riesco più a spiccicare parola.

Naturalmente, tralasciando il fatto che sto ingrassando e che i vestiti iniziano a non entrarmi più. E’ una cosa normale, ma, allo stesso tempo, è come se mi desse un ultimatum, come se mi ricordasse che non potrò tenere nascosta la gravidanza ancora per molto. Prima o poi i miei genitori se ne accorgeranno, anche se non sarò io a dirglielo. Non smetterò mai di maledirmi per quello che ho fatto perché, infondo, è tutta colpa mia. Beh, anche di Ted. Soprattutto di Ted e della sua stupidissima immaturità.

La mia pancia sempre più grossa mi ricorda anche che ormai è troppo tardi per liberarmi di questo bambino. Sono al terzo mese e ormai dovrò portare in grembo questa vita per altri sei mesi e poi dovrò decidere se crescerlo io o darlo in adozione. C’è tempo. Beh, anche se, come dice il detto ‘chi ha tempo non perda tempo’. Allo stesso tempo, non potrebbe andare peggio di così.

Beh, sono anche successe tante cose negli ultimi giorni, e le parole che Vic mi aveva detto me lo avevano fatto capire . Mi aveva detto che Ted stava attraversando un brutto periodo e che avevano messo in pausa la loro relazione, rendendo false le cose che mi aveva detto mio padre. Dai suoi occhi chiari traspariva la tristezza che i suoi falsi sorrisi cercavano di nascondere. Mi aveva anche promesso che non avrebbe detto niente a nessuno del bambino. Nonostante ci fosse rimasta molto male, reazione molto giustificata, mia cugina non era una tipa vendicativa. Ma dopo la rivelazione del fatto che Ted non l’amasse ero rimasta molto turbata, e lo sono ancora oggi. Non mi sembra possibile che in diciassette giorni abbia smesso di amare una persona, infatti non credo che sia così. La soluzione più plausibile è che la notizia della gravidanza lo abbia turbato parecchio. Si, è quello che penso. L’unica cosa che riesco è fare è logorarmi dei sensi di colpa che mi fanno ripensare a quella sera. Ho rovinato la mia vita, prima di tutto. Poi quella di Ted, quella di Vic, il loro matrimonio, il loro desiderio di farsi una famiglia insieme. E rovinerò anche la vita dei miei genitori, che non so neanche se mi perdoneranno. Come la prenderà mio padre, Harry James Potter, il bambino sopravvissuto che ha sconfitto Voldemort e che ha una figlia irresponsabile, rimasta incinta a diciassette anni, per merito di una sbronza del suo figlioccio? E come la prenderà mia madre, Ginevra Molly Weasley, unica femmina di sette figli e rimasta incinta del primo figlio, James, a più di vent’anni?

Inizio davvero ad aver paura di quello che diranno, quando, prima o poi, lo sapranno. Mi volto su un fianco, ascoltando il silenzio che governa la notte. Non riesco a dormire: ho troppi interrogativi che mi passano per la testa, senza una risposta. Mi porto una mano alla pancia e inizio ad accarezzare, lentamente, il mio ventre leggermente cresciuto. Forse questo bambino riuscirà davvero a darmi la felicità di cui ho bisogno, forse potrà essere la cosa più bella della mia vita, anche se sono troppo giovane per potermi prendere cura di un’altra vita.

Mi alzo dal letto e mi dirigo in cucina. Guardo l’orologio che segna le tre e mezzo. Mi dirigo al frigorifero e mi verso un po’ d’acqua in un bicchiere. Inizio a bere e quando decido di tornare in camera mia, mi accorgo che un’altra figura è entrata in cucina. Nella penombra, riconosco i suoi lineamenti e mi blocco, la schiena attaccata al bancone della cucina. Lo vedo avanzare verso di me e quando si ferma a circa due metri da me, non ho più dubbi su chi sia.

“Cosa ci fai qui?” gli chiedo, rimanendo impassibile e guardandolo negli occhi, “perché non sei a casa tua, Ted? Perché sei qui?”.

“Prima ho raccontato a Harry della rottura tra me e Vic e lui si è offerto di farmi dormire qui in questi giorni” mi risponde, facendo un passo verso di me. Rimango immobile, le braccia conserte, il sopracciglio alzato.

“Prima di scoprire che hai messo incinta sua figlia... poi voglio vedere quello che ti dirà” ribatto seccamente, rimanendo con lo sguardo fisso sul suo.

“Lily, io ci ho pensato sopra in questi giorni. E’ successo tutto velocemente. Tu, il dottore, la gravidanza, Vic, il matrimonio. Devo ammetterlo, sono stato un vigliacco, sono fuggito via, lasciando che te la cavassi da sola, senza riflettere sul fatto che lui è mio figlio... e ignorando la verità, pensando che tutto stia succedendo ad un’altra persona. Ma ci ho pensato sopra, ho avuto questi giorni per rifletterci sopra, capendo che quello che è successo tre mesi fa è stato tutto un errore, ma che ora posso rimediare, standoti accanto e crescendo nostro figlio insieme a te. Mi dispiace di averti fatto soffrire, davvero, spero che mi perdonerai per quello che ho fatto...” mi dice, continuando ad avanzare verso di me.

“Il fatto è che io non sono da sola. Ci sono i miei fratelli che mi stanno accanto, Rose... non sono sola” rispondo duramente, cercando di fargli capire quello che ho provato negli ultimi giorni, “mi posso fidare di loro, a differenza di te... loro sono James e Al, farebbero di tutto per la loro piccola sorellina e il loro futuro nipotino. Lo stesso vale per mia cugina... io non sono sola e non ho bisogno di te”.

“Lils, ho sbagliato, lo so, ne sono consapevole. Perdonami, puoi fidarti di me... io sono il tuo Teddy Bear” mi dice, facendomi sorridere involontariamente alle ultime parole. Infondo ‘Lils’ e ‘Teddy Bear’ sono le cose che ci legano sin da bambini, “... quello era un sorriso?”.

“No, ti sei sbagliato...” dico, nascondendo il precedente segno di felicità.

“Hai sorriso” continua a dirmi, sorridendo e continuando ad avvicinarsi a me.

“Non credo proprio” ribatto, rimanendo impassibile, i miei occhi puntati sui suoi, “... mi hai delusa, mi hai fatto stare male per tutto questo tempo. Non sai come ho passato questi giorni. Tutti pieni di domande del tipo: sarò all’altezza? Sarò una brava madre? Riuscirò a crescere questo figlio da sola? Ho sofferto tanto... e ora non puoi venire qui, farmi un discorso pieno di scuse e poi pretendere che io ti perdoni così su due piedi, abbracciandoti e fidandomi nuovamente di te”.

“Mi dispiace” ripete, facendo un ultimo passo verso di me e accorgendomi di quanto si sia avvicinato. Continuo a rimanere impassibile e lascio il mio sguardo puntato sui suoi occhi, “ho anche chiuso la mia relazione con Vic. Ho avuto bisogno di pensarci su... ma alla fine ho fatto chiarezza nella mia testa e ho deciso di dare la precedenza a mio figlio e alla ragazza che ha bisogno di me”.

“Anche lei ha bisogno di te e poi non devi sacrificare la tua felicità solo per aiutare noi” dico, con tono duro.

“Non vuol dire che io non possa essere felice anche con te e mio figlio” mi continua a dire, tendendomi le braccia come se volesse abbracciarmi. Non vedendo nessun segno di vita da parte mia, si avvicina a me di un altro passo e mi stringe a se. Cedo, lasciandomi cullare dal suo abbraccio.

“E questo non vuol dire che io ti abbia perdonato totalmente” sussurro contro il suo petto, i capelli rossi sul volto e i lacrimoni che fanno di tutto per cadere dai miei occhi. Sento le sue mani accarezzarmi i capelli e le sue labbra lasciarmi un breve bacio, per me indelebile, sulla mia fronte. Quando l’abbraccio si scioglie faccio per uscire dalla cucina per poi tornare in camera mia, ma Ted mi fa bloccare sulla soglia della stanza.

“Sai che dovrai dirglielo...” mi dice, intendendo i miei genitori.

“Lo so... e dovrò anche dirgli chi è quell’irresponsabile e ubriacone che mi ha messa incinta” gli rispondo, con lo stesso tono impassibile e vuoto.

“... ricorda che io ti starò sempre accanto. Resterò per sempre al tuo fianco” mi dice, accarezzandomi una guancia.

“Staremo a vedere. Vado a dormire, buonanotte” dico, camminando fino in camera mia. Mi metto sotto le coperte e, finalmente, quando nessuno può vedermi, tiro un sospiro di sollievo. Come potrei non essere felice? Come potrei essere triste del fatto che mi ha appena detto che mi starà accanto? Spero che non mi stia prendendo in giro un’altra volta. Mi sento sollevata, non completamente naturalmente, ancora non è finita. Certo, lui, a quanto mi ha detto, mi starà accanto, ma non vuol dire che mi sposerà o roba simile. Vuol dire solo che mi aiuterà a crescere questo bambino insieme. Rimane il problema di dirlo alla famiglia, a mamma, a papà. Poi tra sei mesi diventerò madre. Perché è successo? Ancora non riesco a farmene una ragione.

Il sole che penetra dalla finestra mi fa svegliare. Mi alzo, indosso i vestiti di ieri e scendo, dirigendomi fino in salotto. Mi siedo su una poltrona, raggomitolata su me stessa.

“Ciao, Lily” mi dice mia madre, avvicinandosi a me. Sposto lo sguardo su di lei e cerco di sorridere, “perché sei qui tutta sola?”.

Non rispondo, mi limito a prendere un lungo e rumoroso respiro.

“Lily...”.

“Aspetto un bambino” dico, tutto d’un fiato, lasciando cadere alcune lacrime dai miei occhi.

“Tu... cosa? Lily?” cerca conferma, avvicinandosi a me e guardandomi con faccia sconvolta.

“Aspetto un bambino...” altre lacrime cadono dai miei occhi.

“Cosa?”.

“Aspetto un bambino... sono incinta” le dico, esitando sulle ultime due parole.

“Com’è potuto succedere? Come...?” si siede accanto a me con la testa tra le mani.

“Mamma non volevo che accadesse. Te lo giuro. Non volevo” inizio a singhiozzare, mettendomi una mano sulla faccia, cercando di bloccare il corso di lacrime che non fanno altro che cadere sul mio volto lentigginoso.

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Capitolo 8
*** Family Complications ***


Family Complications

 “Aspetto un bambino... sono incinta” le dico, esitando sulle ultime due parole.

“Com’è potuto succedere? Come...?” si siede accanto a me con la testa tra le mani.

“Mamma non volevo che accadesse. Te lo giuro. Non volevo” inizio a singhiozzare, mettendomi una mano sulla faccia, cercando di bloccare il corso di lacrime che non fanno altro che cadere sul mio volto lentigginoso. E’ la verità: non volevo che accadesse.

“Non stai dicendo sul serio, vero? Mi stai prendendo in giro... dimmi la verità” continua a dirmi, credendo che io non stia dicendo seriamente. Magari fosse solo un gioco, magari stessi facendo solo finta. Ma non è così. E’ tutto vero e reale, purtroppo.

“Te la sto dicendo la verità” le dico, continuando a singhiozzare.

“Ma non puoi avere un bambino a diciassette anni! Non puoi crescere un bambino alla tua età, sei ancora troppo piccola!” esclama, guardandomi negli occhi, “... e chi sarebbe il padre? Com’è successo?”.

“...” domanda che temevo, che ho sempre temuto, “mamma... io...”.

“Chi è quello che ti ha messa incinta? Dimmelo Lily...”.

“Ted...” dico, continuando a piangere e mordendomi il labbro inferiore a sangue. Vedo la sua faccia sconvolta puntata su di me. Non so se sia rimasta più sorpresa del fatto che sia rimasta incinta o che abbia passato una notte con Ted.

“Ted?”.

“Si, Ted, Ted Remus Lupin. Il tuo figlioccio” continuo a dire, tirando su col naso, “una sera ero andata a casa sua e di Vic e l’ho trovato ubriaco, sdraiato sul divano perché aveva litigato con Vic. Si è svegliato, mi ha vista e... e... ed è successo” piango ancora più forte, dicendo le ultime parole. Mi metto la testa tra le mani, non riuscendo a far fermare il corso di lacrime che sta percorrendo il mio volto.

Sento mia madre farmi alzare e stringermi a sé. Rispondo all’abbraccio, piangendo sulla sua spalla e sentendo i suoi tentativi di farmi smettere di piangere. Non so per quanto restiamo abbracciate l’una a l’altra, so solo che quanto ci allontaniamo un breve sguardo di comprensione attraversa il suo volto. Mi accarezza una guancia, asciugandomi le lacrime e cercando di abbozzare un sorriso, anche se capisco che sia difficile anche per lei accettare una situazione simile.

“Non piangere, Lily”.

“Sei arrabbiata con me, vero mamma? Ma non lo sei solo tu. Lo sarà anche papà, i nonni... e tutto il resto della famiglia. Lo so. Lo so perché lo sono anche io, anche io sono arrabbiata con me stessa! Ho sbagliato... non sono perfetta, come tutti d’altronde...” dico, bloccandomi per i singhiozzi che mi impediscono di continuare a parlare.

“Non dire così. E’ vero, sono un po’ delusa, ma sono sempre tua madre, no?” mi dice, sorridendomi e asciugandomi altre lacrime che mi cadono sulle guance, “io ti voglio bene e ti aiuterò con questo bambino. E’ per questo che servono le mamme: starti vicino nei momenti difficili”.

Continuo a piangere, forse perché tutte le mie preoccupazioni sul dirle la verità erano frutto della mia immaginazione e non mi immaginavo che reagisse così. Senza pensarci due volte, l’abbraccio nuovamente. Non posso credere che l’abbia presa in questo modo. Avevo sempre pensato che si sarebbe arrabbiata e mi avrebbe perdonata a stento, ma mi sbagliavo.

“Ti voglio bene...” le sussurro in un orecchio, cercando di farle capire quanto veramente sia importante per me che lei accetti la mia situazione e mi stia accanto.

“Anche io te ne voglio” mi risponde, allontanandomi da sé e lasciando le sue mani sulle mie spalle, “e ora smetti di piangere”.

“Come la prenderà, papà?” le chiedo, guardandola negli occhi.

“Non lo so, Lily... ma non ti preoccupare, ci sono io e riuscirò a farlo ragionare, d’accordo?”.

“D’accordo...” rispondo, asciugandomi alcune lacrime che mi sono cadute sul volto, “non voglio che sappia di Ted...”.

“Lo dovrà sapere, lo sai”.

“Dobbiamo proprio dirglielo?” chiedo stupidamente, cercando di calmarmi.

“Lily...”.

“Ma io non lo voglio questo bambino. Ho diciassette anni, voglio vivere una vita normale e non dover crescere un bambino” le dico, pensando a quanto la decisione di tenere o meno questo bambino sia mutata in queste settimane. Ora non so più quello che voglio fare, se credere a Ted, se svuotare immediatamente il sacco con papà.

“Lo so” mi risponde semplicemente, cercando di sorridermi.

“Mi dispiace, mamma, mi dispiace davvero tanto” le dico, prendendo un profondo respiro.

“Dispiace anche a me che sia successo a te”.

Improvvisamente sentiamo la porta aprirsi e la voce di mio padre echeggiare per tutta la casa. Senza dire niente a mia madre, corro su per le scale e mi chiudo in camera mia, sedendomi con la schiena contro la porta. Ho paura, tanta paura, come non ne ho mai avuta in tutta la mia vita. Accarezzo la mia pancia leggermente cresciuta, ricominciando a piangere non appena sento mia madre e mio padre litigare. Appoggio la testa alla porta, guardando il soffitto e cercando di ripudiare le lacrime. Devo smettere di piangere, devo farlo. In questo preciso momento, sento un colpo provenire da dentro la mia pancia. Abbasso lo sguardo su essa e un piccolo sorriso non può non uscire dalle mie labbra.

“Ti sei mosso” sussurro, non so se più come un’affermazione o una domanda e con le lacrime che mi cadono sul volto, al mio bambino, “andiamo a parlare con il nonno? Che ne dici? Dobbiamo proprio?”.

Continuando a chiedere cose di questo genere alla mia pancia, mi alzo e, con una determinazione mai avuta prima, apro la porta e scendo fino in salotto, dove vedo i miei genitori intenti a parlare.

“Papà... mi dispiace” gli dico, apparendo nella stanza e avvicinandomi a lui. Altre lacrime cadono sul mio volto alla vista dello sguardo smeraldino di mio padre, “mi dispiace tanto”.

“Non piangere, piccola mia. Vieni qui” mi dice, abbracciandomi e accarezzandomi i capelli rossi. Lo abbraccio a mia volta, piangendo sulla sua spalla, “non è colpa tua, ma di quello stupido che si è approfittato di te. E chi è?” mi chiede, rompendo l’abbraccio e guardandomi negli occhi.

“Non posso dirtelo, papà. Ti arrabbieresti con lui e con me...”.

“Ti prometto che non mi arrabbierò, ma dimmelo, ho bisogno che tu me lo dica”.

“Papà, io... io non posso. Non posso dirti chi è, mi dispiace. Non voglio dirtelo” cerco di proteggere Ted a tutti i costi, anche se non so per quanto potrò resistere. Anche mio padre ha il diritto di saperlo, ma ho paura di quella che potrebbe essere la sua reazione se venisse a sapere che il suo figlioccio ha messo incinta sua figlia. Beh, non è proprio il massimo.

“Lo conosco?”.

“Si...”.

“E’ un tuo amico?”.

“Papà, io non posso...” ripeto, cercando di dissuaderlo da fare altre domande.

“Lily...”.

“Promettimi che non ti arrabbierai, ti prego...”.

“Te lo prometto”.

“Ted...” appena pronuncio il suo nome, vedo dipingersi sul volto di mio padre un’espressione che non ho mai visto prima.

“Ted? Il... nostro Ted?” mi chiede conferma, rimanendo con lo sguardo fisso sul mio, “com’è potuto succedere?” mi chiede, lo sguardo inespressivo, la voce impassibile. Ho paura che non manterrà la promessa, ho questo brutto presentimento, “come diavolo è successo?”.

Gli racconto di quella sera, più o meno con le stesse parole che avevo usato con mia madre. Non appena finisco di parlare, dalla porta d’ingresso entrano i miei fratelli e Ted.

“Cos’è? Una riunione familiare?” chiede Al.

“Qualcosa del genere, dato che Ted ha messo incinta tua sorella” dice papà, con tono visibilmente arrabbiato. So che non è arrabbiato con me, se no mi avrebbe già urlato contro, mentre sono sicura che è molto arrabbiato con Ted. Sapevo che non avrebbe mantenuto la promessa, “non è così, Ted? Ti sei ubriacato dopo che Vic se ne era andata e ti sei approfittato di mia figlia”.

“Harry...” vedo Ted che cerca di dire qualcosa, ma mio padre lo interrompe nuovamente, ricominciando a urlargli contro.

“Come hai potuto approfittarti di mia figlia? Della ragazza che hai sempre considerato come una sorella?” gli chiede, avvicinandosi a lui e guardandolo, “non voglio più vederti”.

“Papà” dico, correndo verso mio padre e Ted, “mi ha promesso che mi aiuterà a crescere il...”.

“Come hai potuto solo toccare Lily?!” mi interrompe, lasciando il proprio sguardo fisso su Teddy, “vattene”.

“Harry, ascolta...”.

“Esci subito da questa casa!” gli urla contro. Guardo Ted negli occhi e vedo la tristezza che si è impossessata di lui. Senza dire una parola, ma soltanto ricambiando il mio sguardo, ubbidisce ed esce da casa nostra.

“Perché lo hai fatto? Perché lo hai mandato via?” chiedo a mio padre, guardandolo con occhi spenti, “mi sarebbe stato accanto! Ho capito che sei arrabbiato per quello che ha fatto, ma non è stata solo colpa sua! E’ stata anche colpa mia!”.

“Lily...” cerca di calmarmi, ma io ho già deciso.

“Ciao, papà!” lo saluto, prima di correre fuori casa. Vedo la sagoma di Ted allontanarsi e gli corro incontro. Quando arrivo vicino a lui, senza che neanche se ne accorga, lo abbraccio.

“Lils, perché mi hai seguito? Pensavo che tuo padre ti avesse segregata in casa senza permesso di uscire per paura di incontrarmi...” mi dice, abbracciandomi a sua volta, “e questo vuol dire che mi hai perdonato totalmente?”

“... ci devo pensare su” gli rispondo, ridendo e rompendo l’abbraccio.

“Cosa farai ora?” mi chiede, chiedendomi indirettamente se tornerò a casa mia o se farò qualcos’altro.

“Non lo so, ma una cosa è certa: non tornerò a casa mia fino a quando mio padre non accetterà l’idea che io aspetto un bambino da te e che lo cresceremo insieme. Perché è quello che faremo, vero?” gli chiedo, non tanto sicura della promessa che mi ha fatto di crescere nostro figlio insieme.

“Certo, Lils. Io, tu e il bambino... suona bene” mi dice sorridendo. Rispondo al sorriso, guardandolo nei suoi bellissimi occhi castano ombrato.

“Dove andiamo? Voglio dire... io non tornerò più in casa mia per un po’... tu dopo che hai lasciato Vic non hai praticamente più una casa... quindi, dove andiamo?”.

“C’è sempre un posto dove possiamo andare” disse, afferrandomi la mano e materializzandoci in un posto dove ero stata poche volte, ma del quale papà mi aveva raccontato molte volte: Grimmauld Place.

Mmm... Grimmauld Place, dove si riuniva anche l’Ordine della Fenice...” dissi, vedendo il suo sguardo leggermente sorpreso del fatto che io sapessi dell’associazione della quale facevano parte anche i suoi genitori, “beh, me l’ha raccontato papà”.

“Si, lo ha raccontato anche a me. Tutta la storia... Voldemort... i mangiamorte... e tutto il resto. I miei genitori...”.

“Remus Lupin e Ninphadora Tonks. Sai che ti hanno voluto bene” gli dico, stringendo la sua mano che si trova in una mia.

“Harry mi raccontava sempre di quanto erano coraggiosi e di quanto mi volevano bene. Sono orgoglioso di essere loro figlio. E spero che anche il nostro bambino sia orgoglioso dei suoi genitori” cerca di cambiare discorso per non farmi notare i suoi occhi lucidi, illuminati dalla luce lunare. So che parlare dei suoi genitori lo fa sempre stare male.

“Sono sicura che lo sarà” rispondo, sorridendogli e vedendolo rispondere al mio sorriso.

Iniziamo a camminare e ci fermiamo davanti ai numeri undici e tredici di Grimmauld Place. Vedo Ted fare un incantesimo tra i due numeri civici e apparire il numero dodici, del quale è conosciuta l’ubicazione solo a pochi maghi. Entriamo e subito Ted lancia un lumus, facendo illuminare la stanza e facendomi capire che è da tanto tempo che nessuno mette piede in questa casa.

“Beh, Ted... penso che dovremo darci da fare. Fortuna che ho portato la mia bacchetta” gli dico, sfoderando l’oggetto magico dalla tasca della gonna.

“Non ci pensare neanche. Nella situazione in cui ti trovi hai bisogno solo di riposo, ragion per cui ti troverò una stanza, la rimetterò a posto e ti riposerai. Quando domani mattina ti sveglierai sarà tutto come nuovo, d’accordo?” mi dice, prendendomi per una mano e iniziando a salire le scale alla ricerca di una stanza. Devo ammettere che è molto grande come casa. E’ davvero enorme. Troviamo subito una stanza al primo piano con un letto matrimoniale, un armadio in legno e uno specchio polveroso. Ted lancia un incantesimo senza pronunciarlo e mette a posto l’intera stanza, facendola diventare pulita e decisamente abitabile.

“D’accordo, Teddy Bear...”.

“Era da tanto che non mi chiamavi così” sorride, interrompendomi.

“Buona notte” gli dico, avvicinandomi a lui e dandogli un bacio sulla guancia, “... e sogni d’oro...”.

“... mio tesoro” conclude uscendo dalla stanza.

Senza pensare né alla reazione di mio padre, né a quella che avrà l’intera famiglia mi tolgo le scarpe e mi metto sotto le coperte del letto, addormentandomi, per la prima volta dopo tanto tempo, con il sorriso sulle labbra.

 

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Capitolo 9
*** Taking a Break from the Reality ***


Taking a Break from the Reality

Apro gli occhi e il ricordo della sera precedente mi torna alla mente, facendomi ripensare alla reazione di mio padre. Scuoto la testa e guardo meravigliata il modo in cui Ted è riuscito a rimettere a posto la stanza. Ieri sera non ci avevo fatto tanto caso, ma devo ammettere che ha ottenuto un ottimo risultato. Davvero. Mi alzo, mi rimetto le scarpe e guardo l’orologio che porto al polso e che segna le dieci. Con la mia solita andatura esco da quella che è diventata camera mia e inizio a camminare verso la sala da pranzo. Non sono mai stata a Grimmauld Place prima di ora. Certo, papà mi aveva raccontato tutto di questo posto, ma sentirlo in un racconto e vederlo dal vivo sono due cose completamente diverse. Beh, credo che per ora il numero dodici di Grimmauld Place sarà la mia nuova casa. Quando arrivo nella sala da pranzo non vedo nessuno, anche se devo ammettere che Ted è riuscito molto nel suo intento di rimettere a posto la casa. Tutto è pulito e lindo, in confronto a com’era inabitabile ieri sera.

“Ted!” lo chiamo, ma nessuna risposta. Esco dalla stanza e ritorno al primo piano, dove si trova anche la mia stanza. Non so se sia in casa oppure se sia uscito per qualche commissione o qualcosa del genere, ma la tentazione di visitare tutta la casa con la scusa di trovarlo mi alletta molto. Beh, tentar non nuoce, no? Torno al piano terra e setaccio tutte le stanze, senza trovarlo. Torno al primo piano ed entro nella stanza accanto alla mia e vedo un Teddy Lupin, distrutto e dormiente, sdraiato sul letto. Mi avvicino molto lentamente, cercando di fare meno rumore possibile. Devo ammettere che il mio Teddy Bear ha un’espressione angelica mentre dorme. Si, devo ammetterlo. Sarebbe un peccato svegliarlo, lo so, ma io sono una peste nata, quindi...

“Ted!” lo chiamo nuovamente, vedendolo sobbalzare nel letto e spalancare gli occhi. Molto probabilmente mi sta imprecando mentalmente, visto che l’ho costretto a svegliarsi.

“Che ore sono?” mi chiede con la voce impastata dal sonno e sbadigliando rumorosamente. E’ davvero buffo: i capelli tutti scompigliati e la faccia assonnata. Ci vorrebbe una foto.

“Le dieci” gli rispondo, vedendo il suo sguardo parzialmente interrogativo puntato ancora su di me.

“Sono solo le dieci? Beh, buona notte, ci vediamo tra qualche ora” mi dice, facendomi ridere e rigirandosi dall’altra parte.

“Avanti, Teddy” lo imploro, correndo dall’altra parte del letto e sdraiandomi su esso, con la mia faccia vicino alla sua, “Ted... Ted...” inizio a chiamarlo e a saltare sul suo letto da due piazze. Sono sicura che non mi sopporterà per tanto. Conosco troppo bene il mio Teddy Bear, “dai, Ted. Svegliati... Ted Remus Lupin, ti ordino di svegliarti! Avanti! Ted!”.

Lo vedo svegliarsi, si, ma anche avvicinarsi e stringermi a sé, bloccando i movimenti delle mie braccia con le sue. Scoppio a ridere, mentre sento le sue mani accarezzarmi la pancia e il suo respiro sul mio collo. Devo dire che è molto efficace come tentativo di farmi stare ferma, ma niente impedisce alla mia bocca di muoversi.

“Così stai ferma” mi dice, ridendo e continuando a stringermi. La sua stretta, nonostante sia forte, non mi fa male, anzi mi fa sentire protetta.

“Questo però non mi impedisce di parlare” continuò a dire, voltandomi e ritrovandomi con la sua faccia a pochi centimetri dalla mia. Continuo a ridere, guardando il suo sguardo assonnato.

“D’accordo, hai vinto” si arrende, alzandosi e stirandosi. Gli sorrido vittoriosa, alzandomi dal suo letto. Gli poso un lieve e casto bacio sulla guancia, senza smettere di sorridere.

“Ti aspetto giù, muoviti!” gli ordino, ridendo e uscendo dalla sua stanza. E pensare che questa sarà casa nostra per molto tempo e soprattutto che lui e il bambino saranno la mia famiglia. Cammino fino in sala pranzo e mi siedo, aspettando Ted. Sono davvero curiosa di sapere quanto ci metterà a vestirsi e a svegliarsi per bene.

Sembrerò una ragazzina alla sua prima cotta (beh, ragazzina ci sta e anche prima cotta non è tanto sbagliata come definizione), ma sentire le sue braccia intorno a me e il suo respiro sul mio collo... Lily torna sulla Terra, non iniziare a credere che ci potrà essere una relazione in futuro. Perché no? Avremo un figlio insieme, dovremo crescere questo bambino insieme e penso che potrà esserci la possibilità di crearci una famiglia noi tre. Fantastico! Inizio anche a parlare da sola, davvero fantastico.

Mi riprendo dai miei pensieri soltanto quanto vedo Ted varcare la soglia della stanza, stranamente con i capelli di uno strano azzurro cielo, il mio colore preferito.

“Devo dire che sono riuscita a svegliarti” rido, rimanendo seduta al mio posto e incrociando le braccia sotto al petto. Improvvisamente, sento un colpo come quello di ieri provenirmi dalla pancia, “anche tuo figlio è contento che io ce l’abbia fatta” dico, poggiando una mano sulla mia pancia.

“Si? Dici?” mi chiede, avvicinandosi a me.

“Si, dato che ultimamente non fa altro che muoversi” gli confermo, “ed è anche una sensazione meravigliosa” gli dico, sorridendo, prendendo una sua mano e posandola sulla mia pancia. Non fa niente per tirarsi indietro, si limita ad accarezzare la mia pancia, guardandomi negli occhi. Vedo un sorriso farsi strada anche sulle sue labbra, quando nostro figlio lancia un altro colpo, “come faremo, Ted? Con mio padre e con tutta la famiglia? Rimarremo qui, in questa casa? Nascondendoci? E quando il bambino nascerà? Cosa faremo?”.

“Non lo so, Lils... sono sicuro che Harry ci ragionerà sopra e riuscirà a capire la situazione, ha solo bisogno di tempo, ma sono sicuro che mi perdonerà e che perdonerà anche te per avermi seguito. Poi, Grimmauld Place potrà essere casa nostra per tutto il tempo che vogliamo. E dovranno passare ancora sei mesi prima che questo bambino venga al mondo. C’è tempo Lily” mi dice, avvicinandosi a me e abbracciandomi, “c’è tempo...”.

“E se qualcosa dovesse andare storta: e se mio padre non ci perdonasse?” gli chiedo, da vera pessimista.

“Sai che non succederà, conosci Harry” mi sussurra, accarezzandomi i capelli rossi, “nel caso non te ne fossi accorta, sono riuscito a materializzarmi in casa tua e a prendere dei tuoi vestiti puliti”.

“Grazie...” lo ringrazio, rimanendo stretta a lui e sentendo il suo calore riscaldarmi, “aspetta, non mi farai mica rimanere in casa come una suora di clausura?” gli chiedo, ridendo e staccandomi da lui per guardarlo negli occhi, “posso uscire, vero?”.

“Certo. Poi anche se ti costringessi a restare in casa, sono sicuro che ti materializzeresti di nascosto” mi dice, ridendo a sua volta.

“Beh, non hai tutti i torti...” dico, alzandomi e iniziando a camminare fuori dalla stanza.

“Dove vai, adesso? Dopo avermi buttato giù dal letto alle dieci di mattina?” mi chiede, costringendomi a voltarmi verso di lui che mi guarda, secondo mia impressione, con occhi da cane bastonato che fanno di tutto per non farmi andare via. Sicuramente ho le traveggole.

“Vado a mettermi qualcosa di pulito e poi vado da Rose” gli rispondo con ovvietà, rimanendo voltata a guardarlo, “perché? Mi hai dato il permesso di uscire, quindi...”.

“Coglierò l’occasione per andare a fare la spesa: è da molto che qualcuno non mette piede in questa casa, si vede anche dal frigorifero vuoto” mi dice, facendomi scoppiare a ridere involontariamente, “cosa c’è di così buffo?”.

“Niente, solo che... tu fai la spesa?” devo ammettere che non avevo mai pensato al fatto che Ted fosse un uomo casalingo. Forse non lo è, ma si sforza di esserlo perché sono incinta. Anche se devo ammettere che sarebbe il marito perfetto: ai miei occhi è bellissimo, simpatico, intelligente, dolce e anche casalingo... basta! Devo smettere di pensare a queste cose!

“C’è qualcosa di male nel farlo?”.

“No... è che... non avevo mai pensato che te... e la spesa foste compatibili”.

“Beh, ora hai capito che avevi sbagliato sul mio conto” mi dice, alzandosi e avvicinandosi a me, “ci vediamo dopo. Tornerai a casa per pranzo, mi auguro”.

“Non ti preoccupare: faccio un veloce salto da mia cugina e poi torno a casa” dico, sentendomi un po’ strana nel definire quella dimora casa mia. E’ davvero una sensazione strana.

“Chissà come mai prevedo che mi fischieranno le orecchie” mi dice, fermandosi vicino a me e pensando che lui sarà l’argomento principale della nostra conversazione.

“Non credo proprio” ribatto, incrociando le braccia sotto al petto, “i tempi in cui parlavamo soltanto di te sono passati. Ora abbiamo altro di cui parlare. Per esempio di lui o lei” dico, indicando la mia pancia, “e anche di Scorp”.

“E chi sarebbe questo Scorp? Non sarà mica il figlio di Malfoy? Scorpius Malfoy?” mi chiede, con, a parere mio, una lieve inflessione di gelosia nella voce.

“Si, è proprio lui” rispondo, sorridendo e iniziando a camminare verso la mia stanza con lui che mi segue a ruota.

“E perché dovreste parlare di lui?”.

“Non te l’ho detto? Ho una relazione segreta con Scorpius Malfoy” scoppio a ridere, aprendo la porta di camera mia e guardando, divertita, la sua faccia gelosa.

“Tu cosa?” mi chiede con una voce che mi fa capire quanto sia geloso.

“Non sarai mica geloso?” gli chiedo, continuando a ridere, “non dicevo sul serio. Scorp lo conosco solo di vista, è mia cugina quella innamorata di lui. Saresti geloso, vero?” rido, vedendo la sua faccia tornare normale ed entrando in camera mia.

“Geloso? Io?” mi chiede, cercando di farmi credere che la sua espressione precedente non fosse di gelosia e che i suoi capelli verdi fossero di quel colore così per cambiare, “ora vado”.

“Già... Ted” lo richiamo, avvicinandomi all’armadio e aprendolo, “cambia colore di capelli, il verde invidia non ti dona”.

Lo guardo uscire da camera mia imbarazzato, senza accorgermi che sto continuando a sorridere. Scuoto la testa e prendo la prima cosa che mi capita. Vado in bagno e faccio una doccia veloce, per poi vestirmi e lasciarmi i capelli leggermente umidi. Prendo la bacchetta da sopra il letto e mi materializzo nella camera di Rose. Vedo mia cugina sobbalzare alla mia vista, ma trattenersi dall’urlare. Molto probabilmente mia madre e mio padre avranno raccontato tutto a zia Hermione e zio Ron, e forse Rosie non vuole farmi passare dei guai.

“Ciao, Rose” la saluto, sedendomi accanto a lei sul suo letto, “ti hanno raccontato tutto, vero?”.

“Stai dicendo del fatto che te ne sei andata via di casa con Teddy?” mi chiede, con voce calma, “si, me lo ha detto Al ieri sera. E pensa che anche lui si è materializzato in camera mia. Deve essere una cosa genetica dei Potter”.

“Come vedi sono ancora viva... anzi, siamo ancora vivi” dico, sottolineando la mia gravidanza che, in questo momento, mi fa stare soltanto bene. E’ grazie a questo bambino che io e Ted ci siamo ritrovati costretti ad andare via, è grazie a lui - o lei - se ho imparato ad apprezzare ancora di più i miei fratelli e mia cugina.

“Ormai la notizia della gravidanza ha fatto il giro della famiglia e a quanto ho sentito tuo padre è davvero arrabbiato. Al, Jay e tua madre stanno facendo di tutto per farlo ragionare, ma per ora senza risultati”.

“Anche la notizia di Scorp ha fatto il giro della famiglia?” le chiedo, guardando fiorire un bellissimo sorriso sul suo volto al pronunciare quel nome.

“Lily, dovresti conoscerlo. Io sono davvero innamorata di lui”.

“Non ne avevo dubbi” dico, sorridendo e continuando a guardarla negli occhi, “e con zio Ron?”.

“Papà sta ricominciando a rivolgermi la parola, anche se sai quanto è dura per lui accettare il fatto che io sia innamorata di un Malfoy che tra l’altro vedo tutti i giorni”.

“Si, è dura quanto per mio padre accettare il fatto che io aspetti un bambino da Ted” dico, facendole capire che, secondo un punto di vista, mi trovo nella stessa situazione, anche se la mia è molto più grave.

“Più o meno siamo sulla stessa barca, a parte il fatto che tra sei mesi tu avrai un figlio” mi dice, “non ti ho ancora chiesto dove vi siete nascosti tu e Ted”.

“Nascosti non è proprio il termine adatto. Comunque, siamo andati nell’unico posto che ci è sembrato più adatto come ‘nascondiglio’” le rispondo, rimanendo molto sul vago.

“Quindi vi siete trovati un posto dove stare...”.

“Si e penso che la giusta definizione di quel posto sia casa”.

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Capitolo 10
*** Letter from my Cousin ***


Letter from my Cousin

Autunno. Primo settembre. Nove e mezza. Dovrei essere a prepararmi per l’ultimo anno ad Hogwarts, dovrei essere a fare colazione con i miei genitori e i miei fratelli a casa mia. Ma non è così. Mi trovo davanti alla finestra di camera mia a Grimmauld Place, mentre non faccio altro che pensare al fatto di voler partire per la scuola di magia e stregoneria con Hugo. Sarebbe l’unica cosa che realmente vorrei: che non fosse successo niente; che non stessi aspettando un figlio e non avessi litigato con mio padre. E’ inutile, questo pensiero non riesce a uscire dalla mia testa. Più provo a farlo, più esso mi torna in mente, facendomi stare in colpa. Quando ripenso allo sguardo deluso di mio padre quando gli ho detto tutto, mi sento male. Il fatto che lui sia arrabbiato con Ted, e di conseguenza con me dato che l’ho seguito fino a qui, mi fa stare realmente male. Poi cosa dovrei fare? Rimanere qui, a Grimmauld Place? O provare a tornare a casa dai miei genitori? O partire per Hogwarts? L’ultima opzione è esclusa per causa gravidanza. E pensare che tra sei mesi sarò mamma. Io, mamma. Non lo avrei mai pensato, o almeno non avevo mai pensato di diventarlo così presto e per di più con il figlio di Ted.

Sospiro, guardando la pioggia che cade e che si infrange sul vetro della finestra. Almeno ho Ted. L’unica cosa positiva di tutta la faccenda. Per fortuna mi starà accanto. Naturalmente come amico, niente di più. Non mi sto facendo stupide illusioni sul fatto che con questo bambino ci potrà essere qualcosa tra noi... d’accordo, mi sto illudendo.

“Cosa ci fai qui tutta sola? E triste soprattutto?” mi chiede una voce alle mie spalle. Il mio sguardo rimane impassibile sui goccioloni che cadono dal cielo, facendomi ricordare quel pomeriggio che avevo corso sotto la pioggia per rivelare a Ted del bambino. Beh, la giornata non si era conclusa nel migliore dei modi, visto che ero finita all’ospedale.

“Penso... e tu cosa ci fai sveglio a quest’ora vista la tua pigrizia?” gli risposi, voltandomi a guardarlo e perdendomi dentro i suoi meravigliosi occhi castano ombrato. Dovrei smettere di pensare, “mi dispiace, Teddy...” dico, cambiando discorso, senza quasi accorgermene.

“E di cosa?” mi chiede, sedendosi accanto a me e guardandomi interrogativo.

“Di essere rimasta incinta... ho rovinato tutto: la possibilità di partire oggi per Hogwarts per il mio ultimo anno, il rapporto con papà, la tua relazione con Vic...” marco l’ultima frase, pentendomene veramente. E’ da quando ho scoperto di essere rimasta incinta che mi sento in colpa per essere stata io il motivo della loro rottura, “è che non riesco a perdonarmi per aver rovinato la tua vita, oltre che la mia, naturalmente...”.

“Non puoi continuare a darti la colpa per tutto. Non puoi andare avanti così, Lily. Quello che è successo è successo, non ci si può riporre rimedio. E non devi continuare a sentirti in colpa per la rottura tra me e Vic” mi risponde, guardandomi degli occhi, “non mi hai rovinato la vita Lils, l’hai solo resa diversa da quello che mi aspettavo che succedesse. Ho sempre pensato che avrei passato tutta la mia vita con Victoire, che ci saremmo sposati e avremmo messo su famiglia. Ne sono sempre stato convinto forse perché lei è stata la mia fidanzata sin da quando ho memoria, forse perché la consideravo una persona talmente importante per me che non credevo sarebbe finita così”.

“Tu ami Vic...” dico, leggendo nei suoi occhi quanto ancora lui tiene a lei, “e io ho rovinato tutto. Mi sento davvero in colpa, Teddy. Voi vi amate e io mi sono messa in mezzo. Ed è per questo che voglio che tu sia felice Ted, puoi rendere la tua vita come l’avevi sempre immaginata. Puoi sposare Vic e farti una famiglia con lei, l’unica cosa importante è che tu stia accanto anche a me e a nostro figlio. Non voglio obbligarti a non vivere la vita che avevi sempre desiderato” ammetto, abbassando lo sguardo e osservando quanto le mie mani stiano tremando e quanto le lacrime pungano con rabbia ai bordi dei miei occhi.

“Lily... guardami” mi dice, facendomi alzare lo sguardo su di lui, “io ho amato Vic, devo ammetterlo, io l’ho amata davvero, come poche volte si riesce ad amare una persona. Lei è stata una delle persone più importanti della mia vita e resterà tale, ma, dopo la notizia del bambino e tutto il resto, il mio sentimento per Vic ha iniziato a cambiare. All’inizio non capivo cosa volesse dire, infatti ero talmente confuso che ti ho anche abbandonata, e devo dire che quella sberla me la sono proprio meritata. Poi ho avuto il tempo di riflettere, di pensarci sopra. Quegli interminabili giorni nei quali sono riuscito a capire che quello che provavo per Victoire non era lo stesso sentimento che avevo provato per lei fino ad allora. E lì ho capito di amare nostro figlio, Lils. In quel momento, l’unica cosa che volevo era quella di starti accanto e di prendermi cura di mio figlio accanto a te. Ed è quello che farò, manterrò la promessa che ti ho fatto: sarò sempre con te, ti aiuterò e ti starò accanto. Vi starò accanto”.

Lo guardo, quasi meravigliata dalle sue belle parole. Non ho più paura, in questo momento, non sono né impaurita né insicura di me stessa, “ti prometto che non ritirerò mai più fuori questo argomento” dico, cercando di abbozzare un lieve sorriso e stringendomi a lui. Sento le sue braccia intorno a me e il suo profumo inebriarmi le narici.

Um, Ted...” sussurro, sciogliendo l’abbraccio, ma sentendo il suo braccio ancora intorno alla mia vita. Prendo una piccola foto che avevo lasciato accanto a me e gliela porgo. Vedo un sorriso aprirsi sulle sue labbra.

“E’... è l’ecografia?” mi chiede, prendendo la foto dalla mia mano e osservandola attentamente, mentre continua a stringermi a sé.

“Si, ieri sono stata al San Mungo” gli rispondo, poggiando la testa su una sua spalla e osservando nostro figlio, “so che non si vede molto, ma è nostro figlio”.

“Sai se è maschio o femmina?” mi chiede, alzando lo sguardo su di me.

“Non l’ho voluto sapere. Voglio che sia una sorpresa” gli rispondo, vedendolo portare nuovamente il suo sguardo sulla foto, “puoi tenerla”.

“Grazie...” mi sussurra, baciandomi i capelli e continuando a stringermi a sé, senza togliere neanche per un istante gli occhi dall’immagine di nostro figlio.

“Il fatto è che in questo periodo non ho proprio niente da fare, mi annoio a morte e l’unica cosa che mi resta da fare è pensare e darmi la colpa per tutto quello che sta succedendo. Devo pensare meno...” dico, lasciando la mia testa appoggiata sulla sua spalla, “poi ancora il pensiero di mio padre... mi sento davvero in colpa, Teddy”.

“Devi calmarti, Lily. Te l’ho già detto: le cose si sistemeranno, tutto andrà per il verso giusto. Devi stare tranquilla, d’accordo?” mi chiede, voltandosi verso di me e guardandomi negli occhi.

“D’accordo...” ripeto, non tanto convinta di riuscire realmente a farlo.

“Me lo prometti?”.

“Te lo prometto”.

“In quanto ad Hogwarts, penso di essere la persona adatta per darti delle lezioni, almeno per quello che riguarda difesa contro le arti oscure...” mi dice, non staccando gli occhi da me, neanche per un momento.

“Come sei modesto!” esclamo, alzandomi e camminando verso la porta, “grazie, Teddy” gli dico, prima di uscire da camera mia.

“E di cosa, Lils?” mi chiede, seguendomi.

“Di tutto” gli rispondo, sorridendo e guardando divertita i suoi capelli diventare un rosso acceso.

Mi volto, con le guance lievemente arrossate, e noto una lettera entrare dal buco della posta e cadere davanti alla porta. Senza dire niente, corro verso essa e prendo la lettera in mano, osservando che il nome presente sopra non è il mio, ma quello di Ted. Volto la busta e noto il nome del mittente: Victoire Weasley. Il mio sorriso si spegne e mi volto a guardare Ted, porgendogli la lettera, nonostante la mia innata curiosità. Si avvicina a me e afferra la busta in una mano, cingendosi a togliere la ceralacca. Rimango ad osservarlo in silenzio, aspettando una sua sola parola. Lo vedo leggere la lettera e le sue sopracciglia incurvarsi sempre di più ad ogni parola. Non riesco a capire come abbia fatto a mandarci una lettera qui a Grimmauld Place, ma, in questo momento, non è il quesito più importante. Vedo il suo sguardo allibito, quasi dispiaciuto, puntato su di me, non appena finisce di leggere.

“Cosa... cosa dice?” mi faccio coraggio, cercando di rompere il silenzio imbarazzante e cercando di capire veramente cosa stia succedendo, “cosa vuole Vic? Ted rispondimi, dì qualcosa”.

“Devo andare, Lily. Ci vediamo a pranzo...” mi dice, materializzandosi non so dove. Fortunatamente - o sfortunatamente, dipende dai punti di vista -, prima di sparire, la lettera gli cade da una mano, facendola cadere sul pavimento.

La notizia deve averlo shoccato molto, visto la reazione che ha avuto. Non so se ho il coraggio di leggere quello che c’è scritto: sicuramente è un’altra brutta notizia. Molto lentamente e con il cuore che ho paura mi esca dal petto, raccolgo la lettera e mi siedo su una sedia nella sala da pranzo. Faccio passare il pezzo di carta da una mano all’altra, peggio di quando non sapevo se guardare il test di gravidanza che mi ha cambiato la vita. Finalmente mi decido e apro la lettera, riuscendo a scorgere la rotonda e lieve calligrafia di Vic.

Caro Ted,

non ti devi stupire del fatto che la mia lettera è riuscita ad arrivarti a Grimmauld Place: ti conosco Teddy e so che quando non sai dove andare, quello è il tuo rifugio, il posto dove nasconderti. Ma non è questo il punto. So che sei scappato con Lily e il vostro bambino, ma il fatto è che, come lei ha bisogno di te, anche io ne ho. Non so se hai capito quello che voglio dirti, ma, in poche parole, mi trovo nella situazione di Lily, anche io sono incinta. E tu sei il padre. So che probabilmente sarà una doccia fredda per te, ma volevo dirtelo il prima possibile e ho pensato di scriverti. Nel caso ti interessasse, sono di due mesi.

Con molto affetto,

la tua Victoire

Lascio cadere la lettera a terra, sconvolta da quello che ho appena letto. Ormai le lacrime, che ero riuscita a non piangere nei giorni scorsi, mi rigano il volto. Mi metto la testa tra le mani, sentendo di non riuscire ad andare avanti, non dopo questa notizia. Perché? Non è già grave il fatto che stia aspettando un bambino a diciassette anni, che abbia litigato con mio padre e che sia dovuta scappare di casa?! Non bastava tutto questo?! Anche la gravidanza di Vic! Non potrebbe andare peggio di così, proprio non potrebbe. Tutto stava andando bene, stavo riuscendo ad andare avanti con l’aiuto di Ted, riuscivo ad essere più sicura di me stessa grazie a lui, ma ora... cosa dovrei fare adesso? Cosa diavolo dovrei fare?

Raccolgo la lettera e la strappo, prima di correre in camera mia e di iniziare a piangere con la testa immersa nel cuscino. Ci sarà sempre Vic, lo so. Sempre lei attorno, sempre lei a rovinare tutto, sempre lei padrona del cuore di Ted. Cosa devo fare ora? Rimanere qui a piangere? Tornare a casa? Andare da Rose? Cercare conforto in Al e Jay? Cosa? Aspettare Ted e prendere in piena faccia la notizia che lui ha Vic e che non può aiutarmi e non può mantenere la promessa fattami? Andare da lui e Vic e partecipare attivamente alla conversazione? La verità è che vorrei andare via, scappare da tutto e da tutti. In questo momento è l’unica cosa che vorrei fare.

Vorrei riuscire ad essere felice. Cosa ho fatto di male per meritarmi questo? Rimanere incinta, forse? Rimanere incinta del figlioccio di mio padre, tra l’altro fidanzato con mia cugina, di dieci anni più grande di me e sicuramente il ragazzo sbagliato? Questa è la mia colpa? Essere rimasta incinta di un bambino che ora amo con tutta me stessa e del quale non potrei mai farne a meno? Essere rimasta incinta del bambino che all’inizio avevo considerato come un errore e che adesso è la persona più importante di tutta la mia vita? Essere rimasta incinta di un bambino che mi amerà? Che sarà davvero capace di amarmi, dato che sarò sua madre? Questa è la mia stupidissima colpa?!

Mi volto a pancia in su, con le lacrime che continuano a rigarmi il viso e portandomi le mani alla pancia, cercando conforto nel mio bambino. Spero che almeno lui riesca a smettere di farmi piangere, riesca a rendermi felice, riesca a darmi una nuova ragione per andare avanti. Beh, lui -  o, lei - sarà la mi nuova ragione, il mio bambino. Forse per la mancanza di sonno, o forse per la stanchezza di ricevere brutte notizie, mi assopisco tra le lacrime, facendomi ricordare che era l’unica cosa che riuscivo a fare un mese fa.

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Capitolo 11
*** When truth hurts ***


When truth hurts

Mi sveglio di soprassalto, accorgendomi di Ted che mi sta osservando, con sguardo visibilmente dispiaciuto e triste. Mai quanto il mio. Mi alzo velocemente dal letto e mi allontano da lui, come se tenerlo lontano risolvesse tutto. Ma non è così. Vorrei che questo fosse un semplice incubo, ma so che non lo è. So che sono perfettamente sveglia e che tutto quello che sto vivendo è vero, purtroppo. E come se nel sonno movimentato me ne fossi scordata, il ricordo della lettera di Vic mi torna alla mente, facendomi venire voglia di piangere.

“Presumo che hai letto il contenuto della lettera...” vedo Ted cercare di interrompere il silenzio, ma senza grandi risultati, visto che mi limito ad annuire leggermente con la testa. Purtroppo si, Teddy, purtroppo si.

“Oh, come sei perspicace... e da cosa lo avresti capito?” dico, con voce acida e con un modo di fare mai usato prima, soprattutto nei suoi confronti. Mi ha ferita, mi ha delusa e ora il minimo che posso fare è questo, rispondergli male, urlargli contro e non rivolgergli più la parola. Non dubito che Ted stia passando un bel periodo, ma non è lui la ragazza adolescente incinta che tra sei mesi avrà un bambino. Ti facevo più responsabile e maturo, Ted, ma si vede che mi sbagliavo, “forse dai coriandoli che ho ricavato dalla lettera? O forse dai miei occhi arrossati?” in questo momento l’unica cosa che realmente vorrei è che zio Bill non avesse mai incontrato Fleur Delacour, penso che sarebbe stato tutto più semplice. E penso anche che non sarei rimasta incinta, visto che Ted non si sarebbe ubriacato, dato che Vic non sarebbe mai esistita.

“Lils...” cerca presumibilmente di calmarmi, ma non credo che gli sarà molto facile riuscire a farlo. 

“Non chiamarmi così!” gli urlo contro, vedendo le lacrime appannarmi la vista. Vedo Ted avvicinarsi a me senza dire una parola, e guardandomi negli occhi.

“Lily, ascoltami...”.

“Perché? Cosa avresti da dirmi? Che torni dalla tua Vic e da... tuo figlio e abbandoni me? E’ questo che vuoi dirmi? Beh, posso fare anche a meno di ascoltare!” sono davvero arrabbiata. Sento altre lacrime cadermi sul volto. Sono lacrime di rabbia, rabbia nei confronti di Ted e di Vic. Cerco di eliminarle, anche se altre prendono il loro posto, continuando a piangere.

“Se avessi deciso di abbandonarti non avrei conservato questa” mi dice, mostrandomi la foto dell’ecografia che gli ho dato prima, “nostro figlio, Lily”.

“Mio figlio!” marco, forse troppo, la parola mio, portandomi una mano alla pancia, “tu hai un altro figlio di cui prenderti cura, se non sbaglio. Riuscirò a cavarmela anche senza di te!”.

“Lily, lui è anche mio figlio” mi dice, avvicinandosi ancora di più a me, tanto da posare una sua mano su un mio braccio, “e io lo amo. Io vi amo” mi dice, guardandomi negli occhi e cercando di farmi capire che lui tiene a me, “io ti amo, Lily”.

“Io non più” gli rispondo fredda e secca, togliendo la sua mano dal mio braccio e guardandolo con i miei occhi in lacrime. La mia rabbia non mi fa nemmeno rendere conto realmente di quello che ha detto e mi fa anche dire cose che non avrei mai detto al mio Teddy Bear, o almeno non con questo tono. Gli passo di fianco, avvicinandomi al mio comodino per prendere la bacchetta, ma lui mi ferma, bloccandomi per un polso e costringendomi a voltarmi verso di lui. La sua stretta sul mio polso mi fa ricordare quella sera, quella dannatissima e maledettissima sera. Non potevo starmene a casa mia?, “lasciami!” gli ordino, cercando di allentare la presa della sua mano sul mio povero arto con la mia mano libera, senza risultato.

“Non andartene” mi supplica, guardandomi con uno sguardo implorante che poche volte gli ho visto fare. La sua presa sul mio polso si annulla e lui mi stringe a sé, in uno dei suoi soliti abbracci. Lo allontano, rompendo l’abbraccio, e afferro la bacchetta sul comodino, preparandomi a materializzarmi.

“Ho bisogno di tempo, Ted” gli dico, con la rabbia che continua a impadronirsi di me e a comandarmi. Vorrei davvero dirgli che ricambio quello che prova nei miei confronti, ma non posso farlo, so di non poterlo fare. Soprattutto per il fatto di Vic, “questa volta mi hai ferita davvero, la gravidanza di Vic è troppo. Ti prometto che farò ragionare mio padre affinché non ti uccida e riesca a farsi una ragione che io aspetti un bambino da te. Per il resto ho bisogno di tempo”.

“Resta con me, Lily. Ti prego. Voglio starti vicino e vedere nostro figlio crescere in questi mesi, voglio esserci quando verrà al mondo e anche quando sceglieremo il nome. Voglio crescere questo bambino con te” mi dice, commuovendomi con le sue parole. Vorrei tanto abbracciarlo, come se non fosse successo niente, ma non posso, non ci riesco. Ho bisogno di tempo, solo di un po’ di tempo.

“Penso che vorrai fare lo stesso anche con Vic e con il vostro bambino” gli dico, rimanendo sullo stesso tono freddo e distaccato, nonostante le sue parole mi stiano addolcendo, “ora devo tornare a casa e sistemare la situazione con mio padre”.

“Lily...” cerca di dirmi qualcosa, visibilmente dispiaciuto della mia scelta di andarmene da Grimmauld Place.

“Sicuramente ci vedremo ai pranzi di nonna Molly, poi non so” gli rispondo, guardandolo negli occhi, “ci penserò sopra. Te l’ho detto: ho bisogno di tempo. Solo di un po’ di tempo” dico, prima di accennargli un saluto con la testa e di materializzarmi in un parco.

Il parco dove i miei genitori mi portavano quando ero piccola e che ora considero come uno degli unici posti dove posso riflettere, prima di tornare a casa, cosa che non sarà per niente facile. Mi siedo su una panchina con le braccia intono ai ginocchi, raggomitolata su me stessa. Vedo qualche bambino giocare e questo mi fa pensare a mio figlio, che non avrà un padre. Beh, questo dipende da me, perdonare o no Ted. Dare o no a mio figlio un padre.

Sposto lo sguardo su un’altra bambina seduta a terra con un ginocchio sbucciato e su un altro bambino - più ragazzo che bambino - che la sta aiutando. Sorrido involontariamente tra me e me, ricordandomi una situazione simile successa anche a me qualche anno fa. In quel caso, ero io la bambina dai capelli rossi, seduta a terra e con un ginocchio sbucciato, mentre Ted ricopriva perfettamente il ruolo del ragazzo soccorritore, che ti aiuta a guarire tutte le ferite che il mondo ti infligge ma che non riuscirà mai a sanare quella che lui ti ha procurato al cuore. Com’era bello quando ero piccola e consideravo Ted come un fratello maggiore - sorvolando sul fatto che cercavo sempre di allontanarlo da Vic - com’era bello quando non portavo in grembo la dinastia dei Lupin.

Sento una lacrima pizzicarmi una guancia, mentre sposto nuovamente lo sguardo, cercando di non pensare a quello che è successo, naturalmente senza risultati positivi. Devo tornare a casa, ne sono consapevole. Non posso restare a Grimmauld, decisamente non posso. Non posso continuare a fuggire dalle situazioni difficili: devo affrontarle ed è quello che farò. Affronterò mio padre e riuscirò a fargli capire che aspetto un bambino da Ted e che lui lo voglia o no, questo bambino verrà al mondo comunque. E sicuramente affronterò anche Vic, non so né quando né come, ma lo farò.

“Lily?” sento qualcuno pronunciare il mio nome e mi volto, vedendo Roxanne Weasley, visibilmente incinta, camminare verso di me. Devo dire che siamo decisamente sulla stessa barca: aspettiamo un bambino. Beh, devo dire che lei ha una cosa in più di me: suo padre che l’ha perdonata per tutto.

“Ciao, Roxy...” la saluto, sorridendole e invitandola a sedersi accanto a me. Sicuramente sa della fuga mia e di Ted e di tutto il resto; tutta la famiglia lo sa, “come stai?” le chiedo, vedendola sedersi e guardarmi con i suoi occhi chiari.

“Così...” mi risponde, indicandomi la pancia. Non so con precisione di quanti mesi sia, ma sicuramente almeno tre più di me, “tu, invece, Lily? Papà mi ha raccontato tutto: la gravidanza, la tua fuga con Ted...”.

“Ma sicuramente non ti ha dato la notizia inedita che tra un paio di giorni sarà sparsa per tutta la famiglia” le dico, facendo involontariamente sbiadire il mio sorriso, “vuoi sapere?”.

“Preferisco farmela raccontare da te, dato che vedo che ci stai davvero male, invece che farmela dire da i miei” mi risponde, facendomi capire che la mia tristezza prevale molto sul mio umore.

“Anche Vic aspetta un bambino da Ted” dico, inespressiva e di poche parole. Vedo i suoi occhi guardarmi con un sentimento che ai miei occhi sembra di comprensione, “ma non fa niente. So che loro due sono sempre  stati fatti l’uno per l’altra, e ora io non intendo mettermi in mezzo alla loro relazione epica. Questo vuol dire che riuscirò a crescere questo bambino anche da sola...”.

“Ted cosa ti ha detto a proposito della tua intenzione di crescere il bambino da sola?”.

“Di non farlo, che lui vuole starmi accanto e vuole aiutarmi a crescerlo. Non so realmente cosa fare. Se perdonare Ted, se convivere con il fatto che Vic aspetti un figlio da lui, se tornare a casa, dove papà mi ucciderà. Non so davvero come fare” le dico, sentendomi le lacrime agli occhi un’altra volta.

“Lily... io non so bene cosa dirti. Sai che il padre del mio bambino non vuole saperne niente di me, né di suo figlio, ma per te non è la stessa cosa, Lily. Nonostante Ted stia aspettando anche un bambino da Vic, lui vuole fare di tutto per starti accanto. Lui tiene a te. Non ti sto dicendo di perdonarlo così su due piedi, ma dovresti pensarci sopra”.

“Non so se posso farlo, Roxy... il fatto di Vic mi ha fatto davvero male” le dico, lasciando che le lacrime caschino sul mio volto.

“Si che puoi farlo, Lil. Puoi perdonarlo. Lui vuole starti accanto, questa è la fortuna che io non avrò. Quando il mio bambino nascerà, io non avrò nessuno ad aspettarmi, mentre per te è diverso. Tu hai Ted, Lil. Il tuo Teddy. Lui ci sarà sempre per te” mi risponde, guardandomi negli occhi e facendomi stupire del fatto che lei abbia solo quindici anni, che sia così matura e che saprebbe cosa fare se si trovasse nella mia situazione con Ted, “non dubito che avrai bisogno di tempo, ma pensaci sopra. Tu avrai qualcuno che ti starà accanto, nonostante dovrà stare accanto anche a Vic...”.

“Perché non ne ha voluto sapere niente di te?” le chiedo, quasi come un sussurro e riflettendo molto su quello che ha detto. Sicuramente ha ragione, non ne dubito.

“Perché lui è uno di quei ragazzi non seri e non pronti ad assumersi le proprie responsabilità, a differenza di Ted che prova ad essere responsabile in tutte le occasioni, nonostante a volte non ne sia capace...” mi risponde, guardandomi con sguardo triste. In questo momento, non riesco a vedere Ted come persona responsabile e matura, è più forte di me. Dopo tutto quello che è successo, Ted Lupin e maturità mi sembrano due parole opposte.

“Com’è successo?” continuo ad assillarla di domande, cercando di capire come sia successo tutto.

“Beh, la causa di tutto è stata rabbia e troppo alcol” mi risponde, “tutto è successo alla festa di compleanno di mio fratello Fred di questo anno, te la ricordi?” mi chiede, vedendomi annuire, “beh, il giorno prima, il mio ragazzo, con il quale stavo da due anni, mi aveva lasciata per una di Serpeverde. Tutta la rabbia e il dolore che provavo nei suoi confronti sono stati la causa del troppo alcol e della mia sbronza alla festa, mentre la presenza di un ragazzo di Corvonero, amico di mio fratello, mi ha condannata a questo” mi racconta, non troppo dettagliatamente, indicando la pancia. Vedo aprirsi sul suo volto un sorriso triste, “tu, invece?”.

“Mi sono trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato” le dico, iniziando a raccontarle di quella maledetta sera, dove sarebbe stato meglio se me ne fossi stata a casa mia, “... ed ora mi ritrovo in questa situazione” termino il mio racconto, portandomi una ciocca di capelli rossi dietro ad un orecchio. Ogni volta che penso a quella sera mi viene la pelle d’oca. Precisamente pensare al fatto che sono ceduta ad un Ted totalmente ubriaco, senza preoccuparmi di prendere precauzioni o di cercare di fermarmi. L’ho voluto, ho voluto che accadesse. Stupida cotta adolescenziale!

“Sai se è maschio o femmina?” mi chiede, facendomi tornare alla mente la stessa domanda pronunciata dalle labbra di Ted, “il mio è un maschio” parlando con Roxy, il fatto di aspettare un bambino a questa età è come se fosse un fatto normale, come se non fosse niente di particolare. E devo ammettere che parlare con una persona che si trova nella mia stessa situazione, mi fa sentire meno ‘strana’. Mi fa stare decisamente bene.

“No, voglio che sia una sorpresa” le rispondo, portandomi una mano alla pancia.

 “Forse un giorno vedremo i nostri figli giocare insieme per questo parco, dove abbiamo giocato anche noi da piccole” mi dice, spostando lo sguardo da me ai bambini che giocano. Vedere la bambina, nella quale mi ero immedesimata, abbracciata a quel ragazzo mi fa inesorabilmente pensare a Ted, tanto che una lacrima cade sul mio volto. Sono svelta ad eliminarla, prima di rispondere a mia cugina.

“Sono assolutamente certa che succederà” le rispondo, sorridendole e guardandola, “poi forse andremo a salutarli insieme sul binario 9 e ¾, al loro primo anno ad Hogwarts”.

“E forse finiranno anche nella stessa casa” mi dice, continuando a fantasticare sugli eventi che potranno succedere tra qualche anno. La cosa che spero realmente che accada è di non essere sola, quando vedrò mio figlio - o figlia - allontanarsi con il treno che la porterà ad Hogwarts per il suo primo anno, ma di avere suo padre accanto a me, che mi abbraccia e che mi ripete di non essere il padre del bambino di Vic. Cosa che vorrei disperatamente...

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Capitolo 12
*** Coming Home - 1st part ***


Coming Home - 1st part

Devo ammettere che passare l’intero pomeriggio con Roxy mi ha fatto davvero bene. Parlare con un’altra persona che si trova nelle mie stesse situazioni mi ha spronato a tornare a casa, dove sicuramente papà non mi accoglierà a braccia aperte. Ne sono sicura. Assolutamente sicura. Mi alzo dalla stessa panchina dove mi sono seduta circa tre ore fa e mi materializzo a Grimmauld per un’ultima volta prima di tornare a casa. Devo prendere i vestiti che Ted era riuscito portare a Grimmauld Place senza che nessuno se ne accorgesse.

Lui vuole starti accanto, questa è la fortuna che io non avrò. Quando il mio bambino nascerà, io non avrò nessuno ad aspettarmi, mentre per te è diverso. Tu hai Ted, Lil. Il tuo Teddy. Lui ci sarà sempre per te, le parole di Roxy mi tornano alla mente, facendomi seder per un attimo su quello che è stato il mio letto per due settimane. Rifletto sulle sue parole e in cuor mio so che ha ragione. Ha assolutamente ragione, dovrei perdonare Teddy e permettergli di starci accanto, ma non ci riesco. Non ora, perlomeno. E' troppo presto... troppo presto per perdonarlo, troppo presto per convivere con il fatto che anche Vic stia aspettando un figlio da lui. E' semplicemente troppo presto. Ho bisogno di tempo, di nient'altro. E penso che anche Ted lo abbia capito.

Con un colpo di bacchetta, metto tutti i vestiti nella valigia con la quale Teddy li ha portati qui. Mi alzo dal letto e afferro la valigia, pronta a materializzarmi a casa mia. E’ un momento, quando vedo Ted passare davanti a quella che è stata camera mia e fermarsi, sorpreso, a guardarmi con sguardo triste. Rimango immobile e rigida, scordandomi quasi di respirare, mentre i miei occhi incontrano i suoi. Cerco di abbozzare un sorriso, prima di materializzarmi davanti a casa mia, senza neanche salutarlo. Mi fa male vederlo in quel modo, mi fa male vedere che lui soffra, ma è la stessa cosa che lui ha fatto a me: mi ha fatta soffrire per questi tre mesi e soffrirò minimo per altri sei; e poi forse per il resto della mia vita, dovendo crescere un bambino come ragazza madre.

Scuotendo la testa, lascio la valigia e mi avvicino alla porta di casa mia. Mi fermo un attimo, prima di suonare il campanello. Sto facendo la cosa giusta? Faccio bene a tornare a casa dai miei genitori?

“Cosa dici tu? Faccio bene a tornare dai nonni? Pensi che sia una giusta scelta?” sussurro dolcemente alla mia pancia, portandomi una mano su essa. Questo è l’unico modo che ho per calmarmi: parlare con il mio bambino. So che potrebbe sembrare stupido, ma parlare a lui o lei mi tranquillizza, mi fa stare bene. Poi non sto decidendo solo della mia vita, ma anche della sua. La sua vita è nelle mie mani. La vita del mio bambino è nelle mie mani, “d’accordo, andiamo”.

Sospiro, prima di suonare il campanello. Lascio la mia mano sulla pancia, come se cercassi di infondermi coraggio, come se volessi che il mio bambino mi stesse vicino. Devo assolutamente dedurre che la gravidanza mi sta dando alla testa, ne sono decisamente consapevole. Vedo la porta aprirsi, rivelando un Al sorpreso con la bocca aperta che forma una ‘O’ perfetta. Cerco di sorridergli, ma non me ne da tempo, visto che mi si avvicina e mi stringe a sé in un abbraccio sicuramente non benefico per il bambino. Rispondo all’abbraccio, sentendo le lacrime cadermi sulle guancie, rigandomi il volto.

“La mia sorellina e la mia nipotina preferita sono tornate” mi dice, sorridendomi e chinandosi sulla mia pancia al pronunciare le ultime parole. Lo sento parlare con il mio bambino che, a quanto dice lui, è una bambina.

“Chi ti dice che sia una femmina?” gli chiedo, sorridendo e asciugandomi le lacrime di commozione.

“Lo so. Lo sento...” mi risponde, ritornando alla mia altezza, facendomi entrare in casa e prendendo la mia valigia.

Inizio a camminare verso il salotto e vi trovo Jamie e mia mamma intenti a parlare su non so bene che cosa, so soltanto che si fermano, con la stessa reazione di Al sulla faccia, non appena mi vedono. Vedo James alzarsi dal divano dov’era seduto ed iniziare a camminare verso di me. Quando mi è vicino abbastanza mi stringe a sé in un abbraccio fraterno come quello di Albus. Lo abbraccio a mia volta, chiudendo gli occhi e sentendo altre lacrime cadermi sul volto.

“Lily, ci sei mancata molto” mi sussurra Jay in un orecchio, accarezzandomi i capelli rossi.

“Anche voi mi siete mancati” ammetto, rompendo l’abbraccio per guardare mio fratello maggiore negli occhi scuri, come quelli di mamma.

Vedo mia madre alzarsi a sua volta dal divano, con lo sguardo di una che ha appena visto un fantasma, e corrermi incontro, abbracciandomi a sua volta. Quanto mi è mancata la mia mamma. Spero che un giorno mio figlio mi vorrà bene quanto io ne voglio alla mia mamma, lo spero davvero. Inizio a piangere e a singhiozzare sulla spalla di mia madre.

Shh, non piangere, Lily” cerca di calmarmi, accarezzandomi a sua volta i capelli e stringendomi a sé.

“Ti voglio bene, mamma” le dico in un orecchio, tra i singhiozzi.

“Anche io ti voglio bene” mi risponde, rompendo l’abbraccio e asciugandomi le lacrime con una mano. Mi basta guardarla negli occhi per riuscire a calmarmi, per riuscire a smettere di piangere, “e penso che ne vorrò anche al mio nipotino, o nipotina” mi dice, chinandosi per guardare meglio la mia pancia, “ma... dov’è Ted?”.

“E dov’è papà?” cerco di cambiare discorso, non volendo dire della gravidanza di Vic. Mi asciugo le ultime lacrime che mi sono rimaste sul volto, guardandomi attorno.

“E’ a lavoro, dovrebbe tornare tra poco” mi risponde, con sguardo comprensivo e... semplicemente da mamma. Chissà se un giorno avrò anche io quello sguardo pieno d’amore e di comprensione verso il mio bambino, “comunque non cambiare discorso: dimmi cos’è successo”.

“Vic...” ecco che le lacrime ricominciano a cadere sulle mie guancie, al ricordo di quella maledetta lettera. Avrei fatto meglio a non leggerla, ma non sarebbe cambiato molto, dato che un paio di ore dopo Ted me l’avrebbe raccontato, “Vic... è... Ted... come...” prendo un profondo respiro e mi porto una mano alla pancia, “anche Victoire è incinta di Teddy...” dico, portandomi una mano sulla faccia, cercando di bloccare il flusso di lacrime.

“Cosa?” sento i miei fratelli chiedere all’unisono. ‘Cosa?’ era proprio la domanda che volevo, visto che significa dover ripetere la cosa nuovamente. Fantastico!, “cosa?” ripetono contemporaneamente di nuovo.

“Vic è incinta di Ted” ripeto, chiudendo gli occhi e respirando profondamente. Questa cosa mi ha fatto davvero male e penso che i miei fratelli e mia madre lo abbiano capito. Riapro gli occhi e vedo lo sguardo sorpreso di mia madre puntato sul mio volto. La sua espressione mi sembra più sorpresa ora di quando ha scoperto della mia gravidanza.

“E’ per questo che sei tornata a casa, tesoro?” mi chiede mamma, guardandomi con occhi tristi, come se riuscisse ad immedesimarsi nella mia situazione. Annuisco, tirando su col naso, prima di rispondere verbalmente.

“Si, mamma. Ora ho bisogno di tempo perché questo fatto mi ha turbata molto, ci sto davvero male. Forse perché non me l’aspettavo e pensavo che sarebbe andato tutto per il verso giusto, oppure perché...”.

“... non credevi che Vic si sarebbe messa tra te e Ted, dopo la notizia della tua gravidanza” mia madre conclude la frase, dicendo perfettamente quello che volevo dire, come se mi avesse letto nel pensiero, “beh, lo stesso turbamento che tu provi per questa cosa è lo stesso che tuo padre prova nei confronti della notizia della tua gravidanza. Negli ultimi giorni non ha parlato praticamente con nessuno e se gli chiedevi qualcosa, lui ti rispondeva a monosillabi. Come tu hai bisogno di tempo per perdonare Ted, lui ha bisogno di tempo per schiarirsi le idee su quello che sta succedendo”.

“Mi dispiace di aver provocato tutta questa confusione. Mi dispiace davvero tanto” dico a bassa voce, scusandomi nuovamente.

“A noi non più di tanto: diventeremo zii!” dicono ancora all’unisono James e Albus, con un sorriso a trentadue denti, cercando di sdrammatizzare. Beh, devo dire che ci riescono molto bene, visto che sono riusciti a strapparmi almeno un sorriso.

“Mi ricordate zio Fred e zio George!” esclama mamma, ridendo e facendomi ripensare ai miei zii, ovvero ai suoi fratelli gemelli, “riuscivano a ridere su qualsiasi cosa, anche su una cosa drammatica come questa”.

“E perché zio George ha smesso di sdrammatizzare e di rendere ridicola qualsiasi cosa, come quando era giovane?” le chiede James, probabilmente non ricordandosi di zio Fred.

“Per via di Fred, Jamie. Per via della sua morte” risponde mamma, con un po’ di tristezza nel tono di voce. Penso che ancora non sia riuscita a superarlo, penso che ancora la ferita riguardante mio zio sia ancora aperta nel suo cuore e non trovi la forza di guarire. Beh, lo stesso vale per zio Ron e per tutte le persone che hanno sofferto la sua morte, ma soprattutto zio George, “ma non parliamo di morte” mia madre cerca di sorridere, senza grandi risultati, “qui abbiamo una vita che sta per venire al mondo” dice, indicando la mia pancia, “Al e Jay, portate su la valigia di Lily”.

“Mamma, cosa dovrei fare con Ted?” le chiedo, una volta che i miei fratelli sono usciti, sbuffando, dal salotto, e lasciandoci sole.

“Secondo me, non dovresti rompere tutti i ponti con lui, ma dovresti prima perdonarlo e poi, se vuole, fargli vedere suo figlio” mi risponde, facendomi ricordare le parole di Roxy, molto simili alle sue, “poi è una tua scelta...”.

“Grazie, mamma” le dico, prima di scoccarle un bacio su una guancia e di salire al piano di sopra, con meta camera mia.

Mi sembra passata un’eternità da quando me ne sono andata ad abitare a Grimmauld. Entro nella mia stanza e mi butto sul letto, socchiudendo gli occhi e portandomi le mani alla pancia. Lo sguardo di Ted mi torna alla mente, facendomi stare davvero male. E’ stato per questo se sono ceduta quella sera: per il semplice fatto che non sono mai riuscita a resistere allo sguardo triste del mio Teddy Bear.

“Cosa fai? Dormi?” mi chiede Al, apparendo dalla porta e sedendosi su una sponda del letto, accanto a me.

“No, penso...” gli rispondo, rimanendo sdraiata e osservando i lineamenti di Al. Devo ammettere che assomiglia molto a papà quando aveva la sua età. Stessi capelli scuri, stessi occhi smeraldo. Solo due cose li rendono completamente diversi: gli occhiali e la casa d’appartenenza ad Hogwarts. Si, mio fratello è un Serpeverde, differentemente da me e James, entrambi Grifondoro.

“A cosa?” mi chiede dolcemente, guardandomi con il suo solito sguardo da Al. Mi chiedo come faccia a non avere una ragazza. Se io non fossi sua sorella, giuro che sarei pazza di lui. Beh, forse la penso così perché è mio fratello e quindi è molto più premuroso nei miei confronti che in quelli di altre ragazze.

“A Ted, al bambino, o bambina, come dici tu... a Vic e soprattutto a papà” gli rispondo, alzandomi a sedere e lasciandomi una mano sulla pancia. Ormai è diventata un’abitudine quella di appoggiare le mani sul mio ventre, è più forte di me, “tu, invece? Perché sei in camera della tua dolce sorellina con lo sguardo di uno che è cotto a puntino per una ragazza e vuole a tutti costi i consigli dalla sua sorellina incinta? Dico bene?” gli chiedo, ridendo alla sua espressione stupita. Penso di averci azzeccato.

“Come hai...?”.

“Ti conosco Al” gli rispondo semplicemente, “cosa c’è che non va?”.

“Sono innamorato”.

“Fino a qui c’ero arrivata anche io...”.

“Di Rose”.

“Rose?!” dico allarmata, non riuscendo a credere alle mie orecchie e alzandomi a sedere per lo stupore. Cosa è che ha appena detto? Cosa?!, “non starai mica parlando di nostra cugina Rosie, vero?”.

“Rose Weasley...”.

“Mi stai prendendo...” non riesco a terminare la frase perché sento provenire da piano terra una lite tra i miei genitori. Papà deve essere tornato, “Al, ne riparliamo più tardi” gli dico, uscendo da camera mia e scendendo le scale fino a ritrovarmi in salotto, dove mamma e papà stanno discutendo, “ciao, papà” gli dico, avvicinandomi a lui e vedendo il suo sguardo smeraldino e interrogativo puntato su di me, “e il tuo nipotino o nipotina ti saluta a sua volta” aggiungo, sentendo un colpo provenirmi dalla pancia.

“Beh, ma lo stesso non vale per il mio figlioccio”.

 

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Capitolo 13
*** Coming Home - 2nd part ***


Coming Home - 2nd part

 “Ciao, papà” gli dico, avvicinandomi a lui e vedendo il suo sguardo smeraldino e interrogativo puntato su di me, “e il tuo nipotino o nipotina ti saluta a sua volta” aggiungo, sentendo un colpo provenirmi dalla pancia.

“Beh, ma lo stesso non vale per il mio figlioccio” mi risponde con voce tranquilla, cercando di rimanere calmo. Rimango immobile, rigida al mio posto, senza dire niente. Beh, non saprei cosa dire. Vorrei solo avvicinarmi a lui e abbracciarlo, come se non fosse successo niente. Ma so di non poterlo fare, lo so troppo bene, “dov’è quel vigliacco?”.

“Quel vigliacco, come lo chiami tu, ha un nome, nel caso non lo ricordassi. E se non erro è Ted...” sbuffo, abbassando lo sguardo. Lo sto anche difendendo, sto difendendo il mio Teddy Bear anche dopo il fatto della gravidanza di Vic. Decido di non rispondergli, ma, semplicemente, di cambiare discorso, “aspetta, papà. E’ stato così terribile scoprire che tua figlia è incinta del tuo figlioccio, il quale fa di tutto per starle accanto e per non abbandonarla?” gli chiedo, con voce impassibile, rimanendo ferma al mio posto, i miei occhi sui suoi. Pensavo che solo guardando il suo sguardo sarei scoppiata in lacrime, ma mi sbagliavo, meglio così. Decisamente meglio così.

“Lily...” sospira, prima di prendere un lungo respiro, “è stato terribile scoprire che sei rimasta incinta a diciassette anni, senza aver finito la scuola e senza essere ancora pronta a diventare madre” mi risponde, guardandomi negli occhi e facendomi capire che anche lui ci sta davvero male, “è perché ti voglio bene se sto male pensando che tra qualche mese sarò nonno”.

“Se mi vuoi bene, perdonami e stammi accanto...” gli dico, con voce tremante e gli occhi lucidi. Ho bisogno di lui, ho bisogno del mio papà, ho bisogno che anche lui, come la mamma, mi stia accanto. E’ vero: io ne ho un disperato bisogno. So che forse rendo la cosa troppo drammatica, ma è quello che sento.

“Lilian...” non mi ha mai chiamata con il mio nome completo, mai da quando ho memoria, “devo entrare nell’ottica che ormai non sei più una bambina. Sei cresciuta e stai per avere un bambino. E se non fosse già abbastanza, il padre è Teddy. Io...”.

“... hai bisogno di tempo” termino la frase, annuendo e continuando a guardare i suoi meravigliosi occhi, attraverso il velo di lacrime che mi appanna gli occhi. Lo vedo annuire alle mie parole.

“Dov’è Ted?” mi chiede, continuando a guardarmi negli occhi. Sbatto le palpebre per un po’ di volte, sospirando e abbassando lo sguardo sul pavimento. E’ tutta colpa mia questa situazione, non la smetterò mai di rimproverarmi il fatto che è tutta colpa mia.

“Probabilmente è tornato da Vic, visto che...” dico, prima di interrompermi per prendere aria, come se mi mancasse l’ossigeno, “anche lei aspetta un bambino da lui” termino la frase, rialzando lo sguardo su di lui e riuscendo, miracolosamente, a non piangere. Lo vedo rimanere immobile a guardarmi, con sguardo decisamente interrogativo e confuso, prima di portarsi una mano ai capelli, sfiorando la cicatrice, “è per questo che sono tornata a casa, nonostante mi stesse implorando di non andarmene”.

“Non posso credere che quel vigliacco sia il figlio di Remus e di Tonks. Non è degno di essere loro figlio” è l’unica cosa che mio padre riesce a dire, prima di evocare il ricordo dei nonni paterni di mio figlio. Anche loro morti nella battaglia contro Voldemort, come zio Fred e molti altri innocenti.

“Harry, non esagerare” gli dice mamma, apparendo dalla cucina e avvicinandosi a lui, con l’obbiettivo sicuramente di farlo calmare. Anche se apparentemente, osservando il suo volto, non funziona.

“Remus, Dora, perdonatemi per aver cresciuto così male vostro figlio...” continua a dire, alzando man mano il tono di voce.

“Harry...” continua a chiamarlo mamma, costringendolo a guardarla negli occhi, “Ted si prenderà le proprie responsabilità, anche se sarà difficile, ma ne sono sicura. Io confido in lui e sono sicura che non abbandonerà mai Lily. Farà lo stesso con Vic e anche se sarà una situazione difficile, sicuramente riuscirà a prendersi le proprie responsabilità. Conosci Teddy”.

“No, non lo conosco più, dopo che ha messo incinta mia figlia, per il semplice fatto che non era riuscito a sopportare da sobrio il fatto che Vic lo avesse lasciato; si è ubriacato e si è svagato con la prima persona che gli si è presentata sotto tiro!” inizia ad urlare mio padre. Sento le lacrime premere nuovamente ai bordi dei miei occhi, mentre rimango in silenzio ad ascoltare la discussione tra i miei genitori, “per di più senza curarsi del fatto che fosse la figlia del suo padrino e senza preoccuparsi di prendere precauzioni prima di...! Mi viene male solo a pensarci, Ginny!”.

“Non alzare la voce!” gli urla contro mamma, mettendosi le mani sui fianchi e assumendo la solita posa che la fa sembrare nonna Molly.

“Senza considerare il fatto che Lily non ha fatto niente per impedire che accadesse! Anzi! E poi, la gravidanza di Vic! Così il nostro figlioccio responsabile avrà due figli a cui badare! Pensavo che sia tu, Lily, sia Ted foste più maturi e più adulti, ma mi sbagliavo” continua a gridare mio padre.

“Secondo me, la stai facendo troppo lunga, papà” gli dico in un soffio, reprimendo a stento la voglia di piangere che fino ad ora sono riuscita a mantenere.

“La sto facendo troppo lunga, se mia figlia è rimasta incinta a diciassette anni del mio figlioccio, che tra l’altro aspetta un altro bambino dalla figlia di uno dei fratelli di mia moglie?!” mi chiede, rammentando in una sola frase tutto l’albero genealogico.

“Harry, calmati!” gli dice mamma, “sei troppo agitato. Le cose si sistemeranno, d’accordo?”.

“Non si sistemerà un bel niente. Non credo che Ted riuscirà ad essere talmente responsabile da prendersi cura di due bambini, non credo proprio. Ragion per cui, Lily si ritroverà a crescere un bambino da sola, come ragazza madre, visto che il vigliacco che l’ha messa incinta sposerà Vic e crescerà con lei il loro bambino/ scapperà con sua nonna Andromeda e sparirà dalla circolazione/si suiciderà per le troppe responsabilità alle le quali non riuscirà ad essere sufficientemente maturo/lo ucciderò con un Avada Kedavra. Quest’ultima opzione mi alletta parecchio, ma non me la sento di finire ad Azkaban per aver ucciso il mio figlioccio, che tra l’altro mi era stato affidato da due persone che si fidavano di me...”.

“Harry, smettila!”.

“Oppure scapperà con Vic e vivranno felici e contenti con loro figlio, mentre non vorrà mai conoscere l’altro suo figlio...”.

“Harry!”.

“O ancora meglio...” continua ad infierire sulla mia situazione, non accorgendosi di quanto io ci stia male e del fatto che abbia iniziato a piangere.

“Ora basta!” questa volta sono io ad urlare, prima di correre verso camera mia, con le lacrime che mi cadono sulla faccia.

“Lily, torna qui, è pronta la cena!” mi chiama mamma, cambiando discorso e cercando di far smettere papà di parlare.

“Non ho fame!” le urlo in risposta, prima di chiudere la porta della mia stanza e di affondare la testa nel cuscino. Riesco a sentire da qui i miei genitori che si urlano contro e che continuano a discutere, facendomi stare peggio che mai. Tutte quelle cose insensate che ha detto. Non credo che Ted sia il tipo da scappare, dopo che mi ha detto di volerci stare accanto e, soprattutto, di amarci. Se continuo a piangere in questo modo, non vado da nessuna parte. Devo diventare più forte e devo smettere di crogiolarmi nel dolore. Quello che è successo è successo; non serve a niente piangere sul latte versato. Successo, è successo e che mio padre lo voglia o no, tra sei mesi il suo nipotino verrà al mondo, con o senza il suo consenso.

Improvvisamente, dei colpi provenienti dalla porta mi fanno sobbalzare. Per fortuna, l’usanza di bussare alla porta è ancora intatta in casa Potter. Almeno questo, anche se sarebbe bello se anche i rapporti tra i Potter fossero ancora intatti.

“Mamma, ho detto che non ho fame” dico contro la porta, con la faccia ancora immersa nel cuscino e le lacrime che lo bagnano.

“Non siamo mamma, siamo James e Albus, possiamo entrare?” mi chiedono, facendomi voltare a pancia all’insù e usando il solito detto ‘chi tace acconsente’. Vedo i miei fratelli entrare in camera mia e sedersi sul mio letto, accanto a me, come prima si era seduto Al. Ecco i miei due angeli custodi, i miei due salvatori e decisamente i miei due eroi personali. Ogni bambina ha il suo eroe e il mio era sempre stato Ted, lo avevo sempre visto come una persona particolarmente importante per me. Ma, ora sono fermamente convinta che i miei due eroi siano i miei fratelli maggiori, sempre pronti a difendermi da qualsiasi cosa. E poi, quando loro stanno con me e mi stanno accanto, posso giurare di riuscire a dimenticarmi di tutte le cose che mi accadono attorno. E’ per questo che sono i miei eroi.

“Abbiamo sentito tu e papà urlare e così siamo venuti qui per sapere se possiamo essere d’aiuto alla nostra piccola sorellina che non riesce a fare altro che piangere” mi dice Jamie, sorridendomi e accarezzandomi i capelli. Mi asciugo le lacrime, cercando di non versarne altre.

“Beh, effettivamente mi farebbe piacere essere consolata dai miei due fratelloni. E penso piacerebbe anche a lui...”.

“... o a lei...” mi interrompe Al, sottolineando il fatto che lui pensa che sia una femmina.

“Si, o a lei” ripeto le sue parole, sorridendo, “come idea”.

“Come fai ad essere così sicuro che sia una bambina, Al?” gli chiede James, chiedendo a sua volta a cos’è dovuta tutta la sua sicurezza.

“Dice che lo sente” rispondo al suo posto, usando la motivazione con la quale mi aveva risposto prima.

“E’ una femmina” ripete nuovamente, cercando di convincerci con la sua tesi, che, vista la sua espressione, non fa una piega, “Amy cara, la tua mammina e l’altro tuo caro zietto non capiscono” dice alla mia pancia, riuscendo a farmi ridere. Penso che la gravidanza abbia nuociuto più a lui che a me, infondo. Sento una sua mano posarsi sulla mia pancia e continuo a ridere, mentre ascolto mio fratello sussurrare altre cose alla vita che porto in grembo, “visto che sono riuscito anche a far ridere la mamma?”.

“Aspetta, perché Amy?” gli chiedo, riprendendomi dalle risate e continuando a guardarlo sorridente, “non mi dirai che hai già deciso il nome, vero?”.

“Amy, Amelia” mi dice come se fosse una cosa ovvia.

“Pensavo la volessi chiamare Rose” afferma Jamie, facendomi capire che anche lui sa della sua cotta, “e non Amelia”.

“Possiamo rimandare l’argomento?” chiede imbarazzato mio fratello, diventando rosso come un peperone, “e comunque mi è sempre piaciuto il nome Amelia. Scommetto che poi piace anche a te, non è così, Amy?” improvvisamente, come se il mio bambino - la mia bambina - lo avesse capito, sento un altro colpo provenire dalla mia pancia. Vedo lo sguardo di Al aprirsi in un meraviglioso sorriso, quando sente il colpo della mia piccola ‘Amelia’, “visto? Mi capisce” mi sorride a trentadue denti.

“Amelia?” gli chiedo nuovamente, pensando realmente al nome che mi ha detto.

“Si, Amelia. E’ di origine latina e vuol dire ‘coraggiosa’. Beh, almeno sappiamo in partenza che sarà una Grifondoro, dato che è la culla dei coraggiosi” mi risponde, continuando ad accarezzarmi la pancia.

“Beh, non sarebbe male Amelia, così almeno verrebbe rotta la tradizione di dare nomi già ‘usati’ in famiglia. Ci sarebbe un po’ di variazione e non saremmo costretti a chiamarla, che ne so... Ginevra Ninphadora se fosse una femmina, oppure... Remus Ronald se fosse un maschio”.

“Allora, se sarà una femmina...” inizio a dire, ridendo nuovamente e godendo di questo piccolo momento di pace con i miei fratelli, prima di essere catapultata nuovamente nell’amara e triste realtà. “Amelia non è niente male”.

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Capitolo 14
*** The Beginning of Everything ***


The Beginning of Everything

Beh, la discussione con mio padre è stata decisamente l’inizio della fine. Definizione assolutamente azzeccata, visto che è un paio di giorni che mi evita, come se non ci fossi. Non mi rivolge la parola, ma sta sempre chiuso in se stesso, senza parlare con nessuno, se non con mamma che sta cercando di farlo ragionare, invano naturalmente. Spero tanto che ci riesca e che tutto torni alla normalità, anche se so che ormai non è più possibile; ma almeno tornare ad essere una famiglia felice, questa è davvero l’unica cosa che vorrei. Naturalmente, oltre al fatto che vorrei che Ted non fosse il padre del figlio di Vic. Sarebbe tutto più semplice, decisamente più semplice. Non ci sarebbero problemi, così come non ci sarebbe nessun Ted da perdonare e nessuna Vic da voler uccidere. Si, sarebbe assolutamente molto più semplice di quanto è adesso.

Sarò ripetitiva e decisamente noiosa, ma non riesco ancora a perdonarmi per quello che ho fatto. Quello è stato l’inizio della disgrazia in cui mi trovo adesso. Accidenti a me e alla mia stupidissima cotta. E’ da quando ho scoperto di aspettare un bambino che non faccio altro che tirarmi accidenti dietro. L’unica cosa positiva di tutto è la presenza dei miei fratelli, che in questo periodo si stanno dimostrando più dolci di quando lo siano normalmente. Non che non lo siano, ma in questo periodo lo sono particolarmente. E’ merito loro se riesco a sorridere e ad andare avanti; penso che senza di loro non sarei riuscita ad andare avanti in questi giorni, non sarei assolutamente riuscita a smettere di piangere e di crogiolarmi nel dolore. E’ merito loro e io non posso fare altro che essergli grata. Anzi, noi non possiamo fare altro che essergli grati/e.

Ma la cosa che mi fa davvero ridere è che mio fratello si sia preso una cotta per Rose. Non posso assolutamente crederci. Cioè mio fratello, Albus Severus Potter si è innamorato di nostra cugina Rose Jane Weasley. E’ una cosa talmente assurda che non mi sembra vera. Sapevo della loro intesa, ma non credevo che Al si fosse addirittura innamorato di lei. D’accordo, gli era stata accanto nel periodo in cui la sua ragazza lo aveva lasciato, lo aveva aiutato a sanare le ferite che quella Tassorosso gli aveva inflitto, ma non avrei mai pensato che si sarebbe invaghito di lei. Mi sembra una cosa davvero assurda, e soprattutto sono molto preoccupata per mio cugino, quando capirà che Rose è completamente presa ed innamorata di Scorp. Al, Al, Al... non potevi innamorarti di qualcuno che non facesse parte della famiglia. Ho capito, hai deciso di imitare Jamie, non è così? Beh... l’uno innamorato di Rose, l’altro cotto a puntino per Dominique... fortuna che io non mi sia invaghita di Fred... fortuna per modo di dire...

Un bussare alla porta mi fa svogliatamente e definitivamente aprire gli occhi, notando la luce che, entrando dalla finestra semiaperta, si riflette sul pavimento di marmo. Il tepore delle coperte mi obbliga a rimanere coperta fino al collo, ma un altro colpo, mi costringe ad alzarmi a sedere, prima che mia madre si decida ad entrare e a mostrarmi la sua faccia decisamente preoccupata; segno che non è riuscita a far ragionare papà.

“Lily, vieni a fare colazione?” mi chiede, aprendo tutte le finestre con un colpo di bacchetta.

“Papà?” le chiedo semplicemente, senza aspettarmi una risposta precisa, visto che anche la mia domanda di preciso ha molto poco. La vedo sospirare e rimanere sulla soglia, immobile, con lo sguardo perso su di me.

“Ti ho fissato un appuntamento al San Mungo per l’ecografia del quarto mese” mi risponde, con la voce tremante, come se dicesse parole che la fanno stare a disagio. Beh, in effetti, sono parole che la fanno stare decisamente a disagio. Non si sarebbe mai aspettata che sua figlia rimanesse incinta prima di venti anni e soprattutto prima di essere fidanzata o sposata. Qualcosa, nelle sue previsioni desiderate, è andato decisamente storto, visto che mi ritrovo così.

“Grazie, ma non cambiare discorso” le dico, guardandola negli occhi. Riesco a percepire che la situazione non è delle migliori, ma sarebbe bastato riflettere sul comportamento di mio padre nei giorni scorsi. L’inizio della fine. Non smetterò mai di ripeterlo. L’inizio della fine. E’ perfetto per la mia situazione. Assolutamente.

“Cosa vuoi che ti dica, Lily?” mi chiede con voce irritata e tremante, come se stesse per perdere il controllo delle parole che dice, “non l’ha presa bene, penso che questo l’abbia capito anche tu”.

“Effettivamente, mamma, non ci vorrebbe un genio per capirlo” le rispondo, alzandomi da letto ed iniziando a camminare verso la porta, bloccata da mia madre.

“Sei sicura di quello che stai facendo? Sei pronta ad assumerti certe responsabilità?” mi chiede, gli occhi fissi sui miei, una sua mano su un mio braccio, la voce bassa, come se avesse paura di dire quello che sta dicendo, quello che mi sta chiedendo.

“No, non sono né sicura di quello che sto facendo, né tantomeno pronta ad assumermi responsabilità dalle quali dipenderà un’altra vita” rispondo sinceramente. Questa volta è la mia voce a tremare, lasciando trapelare la paura che ho addosso. E’ vero, non sono pronta a diventare mamma, non lo sono. Ma quale ragazza diciassettenne sarebbe pronta ad una responsabilità del genere?, “non sono pronta a prendermi cura di un altro essere, di aiutarlo a crescere quando devo ancora finire di farlo anche io. Ma devo farlo, devo essere pronta a prendermi cura di lui... o di lei. Devo farlo perché ormai io amo questo essere che è entrato nella mia vita come un errore, mamma. Io lo amo con tutta me stessa. È... è mio figlio... mio figlio. Il mio bambino che quando nascerà avrà me come punto di riferimento, che si rivolgerà a me quando avrà bisogno di qualcuno che gli stia accanto nei momenti difficili, che mi vorrà bene quanto io ne voglio a te e che, nonostante riuscirà a deludermi come io ho deluso te, non riuscirò mai a smettere di amarlo, come lui non riuscirà mai a smettere di amarmi, come io non posso smettere di voler bene a papà. Io lo amo” dico, stupendomi della mia maturità e di mia madre che mi guarda con un sorriso, come se mi dicesse di essere fiera di me.

Non faccio in tempo a rispondere al sorriso, perché lei si avvicina a me e mi abbraccia, facendo attenzione al suo nipotino di quattro mesi, che ha iniziato a far lievitare la mia pancia. Sorrido abbracciandola a mia volta.

“Ricorda, io ci sarò sempre per te e per lui...”.

“O lei” si intromette Albus, apparendo alle spalle di mamma e continuando a mandare avanti la sua campagna ‘il bambino di mia sorella è femmina’.

“Ora basta Al!” esclamo, ridendo e tirandogli un pugno leggero su un braccio.

“D’accordo... o lei” dice mia mamma divertita, mettendomi una mano sulla pancia. Devo dire che il mio ventre è diventato di dominio pubblico, “Lily, secondo me dovresti farti dire se è un maschio o una femmina, così potresti già iniziare a pensare al nome e potrai dare la soddisfazione a tua nonna, se sarà una bambina, di iniziare a fare una copertina rosa, dato che ne sta già facendo una azzurra per il bambino di Roxy”.

“Beh, devo dire che nonna Molly si da molto da fare...” commento, portandomi una mano ai capelli e scompigliandomeli più di quanto non gli abbia scompigliati il sonno. Senza aspettare una risposta da mamma o da Al, inizio a scendere le scale e cammino fino in cucina. Appena entro, vedo papà, seduto al suo solito posto, intento a leggere, come sempre d’altronde, la Gazzetta del Profeta. Deglutisco a vuoto, “buongiorno, papà” gli dico, riempiendomi un bicchiere d’acqua e iniziando a berlo.

“Buongiorno, Lilian” mi risponde, con voce puramente indifferente, non alzando neanche lo sguardo su di me. Questa è una delle volte che non sopporto mio padre. Odio quando mi chiama con il mio nome intero, odio quando si dimostra indifferente e soprattutto odio quando cerca di ignorarmi a tutti i costi, senza neanche degnarmi di uno sguardo. Ho capito che è stata una notizia terribile scoprire della mia gravidanza, per di più causata da una sbronza del suo figlioccio, ma non riesco ad immaginarmi cosa avrebbe fatto se avessi ucciso una persona. Mi avrebbe lanciato un Avada Kedavra dietro, finendo ad Azkaban?

Un silenzio assordante cala nella stanza, mentre mi siedo al mio posto. Mamma e Al entrano nella stanza, osservando, con occhi immobili, la scena silenziosa tra me e mio padre. Lui, ad un capo del tavolo, intento a leggere il suo solito giornale, con lo scopo di ignorarmi; e io, all’altra estremità del tavolo, con lo sguardo sui suoi occhi puntati sulla Gazzetta, che cerca in tutti i modi di attirare la sua attenzione, senza dover parlare.

Inaspettatamente, lo vedo alzarsi dal tavolo, naturalmente evitando di incrociare il mio sguardo, e posare la Gazzetta sulla sedia dov’era seduto.

“Vado a lavoro” dice, prima di scoccare un bacio sulle labbra a mamma e di sparire con un colpo di bacchetta.

Mio padre, il bambino sopravvissuto, che è addirittura riuscito a sconfiggere Voldemort, evita sua figlia per il semplice fatto di essere rimasta incinta a diciassette anni. Io continuo a ribadire la mia tesi: secondo me la sua reazione è esagerata. Non sarei mai riuscita a commentare la scenata di mio padre, un paio di mesi fa. Ero talmente spaventata da quello che tutti avrebbero detto, che non avevo pensato che la sua reazione sarebbe stata così esagerata. Forse è una mia convinzione che si sia alterato troppo per una notizia del genere. Forse qualcuno la pensa come lui. E tra questi qualcuno, la prima persona che mi viene in mente e che, sicuramente, avrebbe reagito in questo modo alla notizia di sua figlia incinta, è zio Ron. Non riuscirei ad immaginarmi la sua reazione se scoprisse che Rosie è incinta, e se soprattutto il padre fosse Scorpius. Anzi, non so neanche se riuscirebbe ad avere una reazione, visto che gli verrebbe un infarto e che zia Hermione lo porterebbe d’urgenza al San Mungo, dove si sveglierebbe qualche giorno dopo da un coma, pensando che la notizia della gravidanza di sua figlia fosse soltanto un brutto sogno. Beh, poi quando scoprirebbe che non era un sogno, non riuscirei a dire se riuscirebbe a sopravvivere. L’unica conclusione alla quale riesco a giungere è che zio Ron deve avergli attaccato qualche malattia. Si, deve essere così. Sarebbe stato meglio, però, che quello ad avergli attaccato una malattia fosse stato zio George. Gli avrebbe attaccato la malattia di riuscire a perdonare la propria figlia e così non ci sarebbero più problemi. Forse, addirittura Voldemort sarebbe riuscito a non trattare la propria figlia talmente male, sicuramente le avrebbe anche risparmiato la sofferenza, visto che le avrebbe direttamente lanciato dietro un Avada Kedavra, senza pensarci due volte. Ma il fatto era che forse Voldemort non poteva avere figli.

Scrollo la testa, cercando di scacciare via i pensieri più dementi che mi passano per la mente. La reazione di mio padre deve avermi decisamente dato alla testa.

“Penso che abbia bisogno di altro tempo...” commento, lasciando lo sguardo sul punto in cui lui è sparito.

“E, secondo me, dovresti prenderti un po’ di tempo anche tu, per pensare a Ted e Vic” mi consiglia mia madre, facendomi tornare alla mente Vic. Giuro che per una frazione di secondo ero riuscita a dimenticarmi sia di lei che di Ted e soprattutto del loro bambino.

“E’ quello che farò dopo che avrò parlato con la mia cara cuginetta preferita che è rimasta incinta anche lei del padre di mio figlio” le rispondo, sorridendole e tornando in camera mia. Mi vesto, prendendo la prima cosa che trovo nell’armadio, ovvero un paio di jeans neri, una maglia viola sotto un giubbotto nero, una sciarpa, rossa come un paio di guanti senza dita e un paio di stivaletti neri. Mi pettino i capelli quel che ci vuole per renderli presentabili, afferro la mia bacchetta e mi materializzo davanti a quella che una volta era la casa della coppietta Weasley-Lupin. Suono il campanello, sentendo il cuore che inizia a battermi furioso nel petto. Non che abbia paura di incontrare Vic, il vero problema è parlare anche della sua gravidanza e vedere la sua pancia di tre mesi abbastanza cresciuta.

Senza neanche accorgermene, mi porto una mano sulla curva abbastanza marcata del mio ventre. Sono decisamente ‘ingrassata’ nell’ultimo periodo e pensare che tra un paio di mesi sarò grassa come un elefante. Quando la porta si apre, rimango immobile ad osservare la figura davanti a me, non riuscendo a credere ai miei occhi.

“Ciao, Lils” mi saluta, chiamandomi con il nomignolo che mi aveva affibbiato lui quando eravamo bambini. Abbasso lo sguardo sulla mia pancia, portandoci sopra anche l’altra mano, “ciao, anche a te, piccolo... o piccola” lo sento sussurrare alla mia pancia, abbassandosi all’altezza del mio ventre.

“Ciao, Ted” lo saluto freddamente e con la voce tremante. Non riesco a capire cosa ci faccia a casa di Vic. Forse sono tornati insieme, fregandosene della povere Lilian Luna. Sarebbe una cosa abbastanza logica, visto che si amano alla follia. Ma Ted ha detto di amare me, “che ci fai qui?”.

“Sono venuto a parlare con Vic” mi risponde, alzandosi nuovamente alla mia altezza, “suppongo che tu sia qui per lo stesso motivo”.

Annuisco, senza degnarlo di parole verbali.

“Senti Lily, io...”.

“Non voglio ascoltarti, voglio soltanto parlare con Vic” gli dico, e così facendo entro in casa di mia cugina iniziando a camminare verso la cucina, con il padre di mio figlio che mi segue. E’ decisamente l’inizio della fine. Quella sera maledetta è stata l’inizio della fine. Ma anche l’inizio avrà una fine, no?

 

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Capitolo 15
*** I Hate You ***


I Hate You

Inizio a camminare verso la cucina, ignorando Ted che non fa altro che cercare di attirare la mia attenzione. Ma non ho nessuna intenzione di dargli spago, assolutamente nessuna. Mi ha fatto soffrire talmente tanto che prima che riesca a parlargli degnamente ne dovrà passare di tempo. Decisamente tanto.

“Ciao, Lily” sento Vic salutarmi, sorridendomi. Non so se quel sorriso sia falso o meno, so soltanto che, in questo momento, la odio con tutta me stessa. E’ seduta al tavolo della cucina, mentre mi osserva con i suoi soliti occhi azzurri che hanno ipnotizzato Ted sin dalla prima volta che li ha visti. O forse è stato il quarto di sangue da Veela a persuaderlo. O forse è stata la sua bellezza. Forse i suoi capelli biondi. O forse soltanto il fatto di poterla avere. Di poterla amare. O forse perché costretto ad amarla. Non saprei dire precisamente il perché Ted sia stato al suo fianco per tutto questo tempo. Ma forse lo ha fatto perché l’ha sempre realmente amata.

“Ciao, Vic” le rispondo, con un sorriso decisamente falso sul volto. Vedo Ted apparire dalle mie spalle e cercare di entrare nella conversazione. Incrocio le braccia sotto al petto, a stretto contatto con il mio bambino. Ancora non posso credere al fatto che Ted abbia messo incinta anche Vic. E’ sicuramente lui il padre, visto che il loro... il loro bambino è stato concepito un mese dopo al mio. A quel tempo stavano ancora insieme, io non sapevo ancora niente della mia gravidanza e lui non si ricordava niente di quella sera per via della sbronza che gli aveva offuscato la vista. E’ sicuramente lui il padre, a meno che Vic non lo abbia tradito. Non credo. Victoire lo ha sempre amato e non penso che avrebbe potuto tradire una brava persona come Ted. Aspetta un attimo! Ho appena detto brava persona?! Beh, è davvero una brava persona, ma in questo frangente, sottolinearlo non mi sembra la cosa ideale, visto che sto facendo di tutto per fargliela pagare per tutte le lacrime che mi ha fatto versare.

“Perché da queste parti?” mi chiede, invitandomi con una mano a sedermi in una sedia accanto a lei. Scuoto la testa, in segno negativo e stringo sempre più forte le braccia sotto il mio seno.

“Volevo parlarti, niente di più...” ammetto, volendole dire quanto sto male per tutto quello che sta succedendo.

“Beh, deduco che hai letto il contenuto della lettera che avevo spedito a Ted” sinceramente non ci vorrebbe una grande intelligenza per arrivare a questa conclusione, o sbaglio? Anche se credo che sia stato Teddy a dirle tutto riguardo alla mia reazione riguardo alla scoperta della sua gravidanza.

“Non penso che ci vorrebbe un genio per capirlo” le rispondo, fredda e acida, facendo di tutto per non permettere al mio sguardo di posarsi su il mio caro Teddy Bear. Non so cosa ci rappresenti lui in questa conversazione tra future madri. Già, mi ero dimenticata: lui è il padre di entrambi i figli, “beh, non ci vorrebbe neanche per capire quanto stia male a causa tua in questo periodo. Anzi... a causa vostra” dico, indicando sia lei che Ted.

“Siamo nella stessa situazione” mi risponde, alzandosi e facendomi risaltare agli occhi la curva leggera della sua gravidanza. Non sono assolutamente d’accordo con lei: non ci troviamo nella stessa situazione neanche lontanamente.

“Non credo proprio” le rispondo con una risata senza allegria. L’allegria è l’unica cosa di cui avrei bisogno. Essere allegra, spensierata... felice, insomma, “tu non sei la ragazzina spaventata di diciassette anni che si ritroverà a crescere un bambino da adolescente e da ragazza-madre. Tu non sei quella che dipende ancora dai propri genitori e che non riesce a farsi perdonare dal proprio padre” la voce mi esce dalla gola strozzata e piena di rabbia, “non sai neanche quello che sto passando. Certo, ti trovi nella mia stessa situazione strana, ma non vivi quello che sto vivendo io. Tu sei grande, adulta, sei capace di prenderti cura di un’altra vita e zio Bill non deve perdonarti; ormai sei responsabile e matura” o almeno dovresti esserlo.

“Non sono stata io ad andare a letto con il ragazzo di mia cugina, senza neanche preoccuparmi di prendere precauzioni” quanto la odio. E’ ufficialmente la persona che odio di più sull’intero pianeta Terra.

“Senti chi parla: la mia cugina preferita che dopo una discussione se ne va di casa, lasciando Ted ad ubriacarsi, senza riuscire a capire quanto sia speciale. No, Vic, tu non riesci a capire quanto Ted tenga a te. E’ come il tuo cagnolino ammaestrato che quando gli lanci il bastone, lui te lo riporta senza fiatare. Lui ti perdona sempre, qualsiasi cosa sbagliata tu faccia” sono obbligata a risponderle in questo modo per ribattere la sua frase precedente, “e tanto per la cronaca: non sono stata io quella che ha trovato un pretesto qualsiasi per discutere con il mio ragazzo ed andarmene di casa, senza neanche chiudere la porta. Non sono stata io quella che ha permesso al mio fidanzato di ubriacarsi e di svagarsi con mia cugina” Potter-Weasley, 1 a 0.

“No, sei tu che non sei mai riuscita a capire che Ted fosse mio” sembra quasi che stia parlando di un soprammobile.

“Guarda che non è un oggetto” sbuffo, stringendo le braccia conserte ancora più forte.

“Calmatevi tutte e due” la voce di Ted rimbomba per la cucina, facendoci voltare entrambe verso di lui.

“Sentiamo cos’hai da dire” sbuffo nuovamente, pronta ad ascoltare il suo dannato discorso. Mi appoggio al muro dietro di me con la schiena, puntando i miei occhi sul suo volto.

“Ci manca che vi tiriate per i capelli! Quello che è successo è successo, ora dobbiamo pensare alle conseguenze...”.

“Dillo al tuo caro padrino, non sai quanto sarebbe felice di sentire un discorso del genere” dico, sarcasticamente e con un po’ di cinismo nella voce, “e se devo ascoltare un altro dei tuoi discorsi ‘io ci sarò sempre per te’ oppure ‘ti starò accanto e ti aiuterò con il bambino’ - discorsi che ormai so a memoria -, preferisco tornarmene a casa da Jay e Al: almeno loro mantengono la parola data”.

“Lils...” sospiro e sbuffo, preparandomi a ribattere.

“Quante volte devo ripeterti di non chiamarmi in quel modo? Mi da fastidio sentirmi chiamare con il mio nomignolo. Il mio nome è Lily!” esordisco, roteando gli occhi, “forse è meglio che tolga realmente il disturbo. Dovrete parlare della data del vostro matrimonio e di tutto il resto. Vi dico in anticipo che non ci sarò, quindi, cara Vic, trovati qualcun altro a cui affibbiare il ruolo di damigella d’onore”.

“Non c’è nessun matrimonio. Ted è venuto qui soltanto per chiedermi del bambino e di altre cose, ma niente a che fare con un matrimonio” mi risponde Victoire, avvicinandosi a me e a Teddy. Forse potrei pensare realmente a prenderla e tirarle i capelli, sarebbe una bella idea, “poi, se anche fosse, non sarebbero affari tuoi”.

“Invece si” le rispondo, falsando un sorriso, “dato che lui è il padre del mio bambino” a volte mi stupisco del quoziente intellettivo di mia cugina. Non riesco a capacitarmi di come il cappello parlante abbia potuto smistarla a Corvonero.

“... beh, anche del mio”.

“Sarà questo il motivo per cui nell’ultimo periodo non ho fatto altro che piangermi addosso?” dico con una risata priva di felicità che mi esce spontanea dalle labbra. Ho già detto che a volte dubito dell’intelligenza di mia cugina?, “comunque, sarà meglio che vada, prima di arrabbiarmi sul serio e di iniziare a mettere, seriamente, le mani addosso a qualcuno”.

“Grazie per la visita, Lily” la voce sarcastica di mia cugina mi accompagna fino alla porta. Non dubito soltanto del suo QI, ma anche della sua maturità. Mi sembra una bambina di cinque anni, intrappolata nel corpo di un’adulta. Ma questa informazione è nota soltanto a poche persone che la conoscono veramente e non superficialmente, come facevo anche io un paio di mesi fa.

“Grazie per la chiacchierata, Vic” rispondo con lo stesso sarcasmo e cercando di rifarle il verso, “e grazie per le tue interruzioni, Ted”.

Quando richiudo la porta alle mie spalle, non posso fare altro che sospirare e sbuffare alle parole di mia cugina. Sarà una mia impressione, ma penso che addirittura mio figlio - o figlia... - sia una bambina meno frignona di lei. Mi chiedo come abbia fatto Ted a sopportarla per la dozzina di anni, durante i quali sono stati insieme. Un mistero al quale, forse, un giorno, troverò la risposta. Come odio Vic... d’accordo, odiare è una parola eccessivamente forte, posso dire che la detesto molto. E’ diventata la persona più odiosa della mia Top Ten delle persone odiose in questo momento. Lei ha sottratto il primo posto e il trofeo a mio padre, anzi, si è impossessata anche del secondo posto che apparteneva al mio caro Teddy Bear.

“Lily” sento la voce di Ted provenire da dietro di me. Si parla del diavolo e spuntano le corna... non è così?

“Si, Teddy?” dico più scocciata possibile, voltandomi svogliatamente verso di lui. Da una parte sto male anche io, quando devo sforzarmi di essere arrabbiata con lui, ma non posso arrendermi e tornare tra le sue braccia, come se non fosse successo niente. E’ il mio carattere, sono fatta così. Ne vale anche il mio orgoglio. Deve capire quanto mi ha fatto soffrire e non gli basterà dirmi un ti amo per farmi tornare ad essere la sua Lils.

“Non posso continuare ad andare avanti così. Non posso continuare a vederti così”.

“Così come?”.

“Distante da me” mi risponde, avvicinandosi a me, “sai che voglio starti accanto”.

“Se avrò bisogno di te, lo saprai, te lo dirò” gli risposi, indietreggiando di un passo e spostando lo sguardo dai suoi occhi, come se avessi paura di scottarmi soltanto a vederlo, “sai che ho bisogno di tempo - non so neanche quante volte ti ho detto questa frase”.

“Cosa diresti se ti dicessi di nuovo che vi amo con tutto me stesso?” mi chiede, con uno sguardo dolce che farebbe impazzire qualsiasi ragazza.

“Ti direi che ho bisogno di tempo e che se ci ami veramente sarai in grado di rispettare le mie scelte” gli dico, prendendo la mia bacchetta di salice, 10 pollici e ¼, formata da corda di cuore di drago e, salutandolo con un cenno del capo, mi materializzo in camera mia e mi lascio cadere sul letto, portandomi le mani alla faccia e pensando a Ted, che sto iniziando, involontariamente, a perdonare.

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Capitolo 16
*** An Intresting Meeting ***


An Intresting Meeting

E’ una cosa quasi ridicola pensare che un mese fa, quando pensavo a Ted ero felice. Tutto andava abbastanza bene. Ero andata via di casa con Teddy, avevamo fatto di Grimmauld Place casa nostra e, cosa ancora più bella, eravamo praticamente una famiglia. Poi è arrivata la notizia della gravidanza di Vic e il mondo mi è crollato letteralmente addosso, anzi, mi sta crollando addosso. Ora, invece, pensando a Ted, divento triste, mi chiudo in me stessa e mi viene voglia di piangere, anche se devo ammettere che, nell’ultimo periodo, nonostante stia male per il fatto di papà, i miei pianti sono diminuiti notevolmente. Forse è merito dei miei fratelli che mi stanno sempre accanto e riescono a farmi sorridere, e di mia madre. Non potrei avere una mamma più buona, è decisamente la migliore del mondo. Molte avrebbero perso la testa, ma Ginevra Molly Weasley non lo ha fatto. Mi sta vicina ogni santo giorno, assicurandomi che papà ci ripenserà, che smetterà di ignorarmi e io le credo. Io le voglio davvero tanto bene. È assolutamente la mamma migliore di tutto l’universo.

Beh, invece mio padre si guadagna il primo posto nella classifica dei padri peggiori dell’intero universo. Non capisce che facendo così mi fa soffrire, o forse sa che mi ferisce continuando con questo comportamento ma non gliene importa, perché forse vuole farmi soffrire per farmela pagare di essere rimasta incinta. Anche stamattina mi ha ignorata, facendo finta che non esistessi, che fossi invisibile o nascosta sotto il mantello dell’invisibilità di James.

Non sopporto decisamente Vic e dopo la nostra discussione la sopporto ancora meno. So che la colpa di tutto quello che è successo è di Ted, ma io non sopporto il fatto che faccia sempre costantemente la vittima e consideri Teddy come un oggetto. Per non parlare del padre di mio figlio. Sono arrabbiata anche con lui, decisamente infuriata, ma, il vero problema è che, quando ho l’occasione di rimanere sola a parlare con lui, non riesco ad essere arrabbiata. Il problema è che sono innamorata di lui e questo non mi permette di continuare ad essere infuriata con lui. Eppure quando è assente, come in questo momento, la rabbia mi invade, facendomi essere arrabbiata. Sto diventando matta.

Ieri ho rivisto anche Rose e le ho raccontato di tutta la faccenda di papà e anche lei ha pensato che sia stato troppo duro. Non le ho detto niente della cotta di mio fratello. Deve essere Al a dirle tutto, ma, considerando la sua timidezza, dubito che lo farà. Mi ha raccontato di Scorp e ho paura che il mio caro Albus Severus Potter prenderà un bel due di picche. Magari conoscessi un ragazzo come mio fratello - bello, intelligente, premuroso, dolce, che mi stesse dietro durante la gravidanza... -, non esiterei a sposarmelo. Ma purtroppo è mio fratello e io non conosco nessun ragazzo come lui. Beh, Ted sarebbe abbastanza simile a lui, sarebbe il ragazzo perfetto, ma ha messo incinta anche mia cugina, quindi... è possibile che ogni volta che penso a lui, Vic e il loro bambino mi tornano alla mente?

Prima scopro di essere rimasta incinta a diciassette anni, non so se tenere il bambino, decido di tenerlo ma il padre del mio bambino è innamorato di mia cugina e non si ricorda niente di quella fatidica sera, l’uomo di cui sono innamorata si ricorda tutto, corro sotto la pioggia inseguita da lui, finisco all’ospedale, il diretto interessato viene a sapere che sarà padre e dice che mi starà accanto, il giorno dopo ci ripensa e mi dice che ama troppo mia cugina, piango tra le braccia dei miei fratelli, passano giorni, il padre di mio figlio si trasferisce a casa nostra, dico a mamma di essere incinta, anche papà viene a saperlo e scaccia il padre del suo nipotino/a fuori di casa, seguo quest’ultimo, andiamo a Grimmauld Place, viviamo due settimane come una famiglia felice, scopro che anche mia cugina aspetta un bambino il di cui padre è lo stesso di mio/a figlio/a, discuto con Teddy, mi dice che ci ama, parlo con Roxy, torno a casa, papà mi ignora, vado a parlare con Vic, mi arrabbio ancora di più, parlo anche con il padre di mio figlio e me ne torno a casa, a piangere sul mio letto. Devo decisamente dire che ho fatto il riassunto della mia situazione, il fenomeno causa-effetto. Inizio a pensare realmente che qualcuno lassù ce l’abbia con me.

“Lilian Potter?” la voce del medico mi fa distogliere dai miei pensieri insulsi. Alzo lo sguardo su di lui e il suo volto mi sembra vagamente familiare. Capelli biondi, occhi chiari, alto più di me di una decina di metri e con una cravatta verde-argento al collo.

“Sei Scorpius, vero?” gli chiedo, sorridendo e avvicinandomi a lui. Lo avevo intravisto qualche volta ad Hogwarts, anche se mia cugina non me lo aveva mai presentato personalmente. Devo ammettere che è davvero un bel ragazzo, i capelli biondi lo fanno sembrare un angelo e gli occhi di ghiaccio lo fanno apparire particolarmente freddo, anche se, molto probabilmente, dalle descrizioni di Rose, non lo è per niente. Mi ha sempre raccontato di lui come una persona solare, divertente e molto intelligente.

“Ci... ci conosciamo?” mi risponde con un domanda, guardandomi attentamente e cercando, probabilmente, di ricordarsi di me. Non gli avrei dato torto se non se ne ricordasse, “Potter... dovresti essere la figlia di Harry Potter e quindi la cugina di Rose” mi dice, sorridendomi e tendendomi una mano.

“Si, sono proprio io, Lily” rispondo, stringendo la sua mano e continuando a sorridergli. Con l’altra mano mi indica l’ambulatorio alle sue spalle e, lasciando il suo arto, cammino verso esso, entrando dentro, “così sei diventato un medico” commento, guardandolo mentre chiude la porta.

“Si, anche se mio padre non ha mai gradito il fatto che mi sporcassi le mani per lavorare” mi sdraio su il lettino che mi indica con la testa e mi scopro la pancia, “comunque, Rosie mi aveva raccontato che una delle sue miriadi di cugine era rimasta incinta, ma non mi sarei mai aspettato di trovarmi la cugina Potter e soprattutto di essere io il medico”.

“Vuoi dire che sarai tu a seguire tutta la mia gravidanza?” gli chiedo, mentre lo vedo spalmarmi un gel freddo sul ventre. Fa un incantesimo alla macchina delle ecografie, prende un pezzo di cotone e ci poggia la bacchetta sopra, iniziando a muoverla sulla mia pancia. Devo ammettere che è molto diverso come modo di fare l’ecografia considerando quello di quando Ted mi aveva portato all’ospedale perché ero svenuta.

“Ti dispiace che sia io il tuo dottore?” mi chiede a sua volta, spostando lo sguardo su di me, prima di posarlo nuovamente sul monitor.

“Affatto” gli rispondo, sporgendomi leggermente in avanti per cercare di veder meglio la figura nel monitor, “cosa sarebbe quello? Il mio bambino?” gli chiedo, indicando quella strana figura nel televisore. Lo sento ridacchiare, prima che si volti verso di me.

“Si, è lui... o lei e sta decisamente bene. E’ sano e sta crescendo davvero bene” mi risponde, lasciando i suoi occhi grigi puntati sui miei marroni, tendenti, anche se molto leggermente, al verde, “vuoi sapere se è maschio o femmina?”.

“Non lo so, Scorp” ammetto scompigliandomi i capelli rossi, “la verità è che sapere se è maschio o femmina in questo momento è il minore dei miei problemi”.

“Se vuoi, io sono un ottimo ascoltatore” mi dice, dandomi uno scottex per pulirmi da quel maledetto gel e di lanciare un incantesimo alla macchina delle ecografia, ottenendo una foto del bambino o della bambina.

“Beh, mettiamola così... il padre del mio bambino ha dieci anni più di me, è il figlioccio di mio padre e l’ex fidanzato di mia cugina. Mio padre non mi rivolge più la parola perché è rimasto deluso dal mio comportamento, il padre di questa creatura ha messo incinta anche mia cugina e io sono assolutamente arrabbiata con entrambi” gli spiego brevemente, pulendomi ed abbassandomi la maglia, prima di alzarmi dal lettino e di avvicinarmi a lui.

“Devo dire che non hai torto” mi risponde, aprendo la porta e facendomi uscire dall’ambulatorio. Esce a sua volta e rimane sulla soglia a parlarmi, “ma se vuoi saperlo, basta che me lo chiedi. Tieni, questo è il mio numero di cellulare” mi dice, porgendomi un biglietto da visita che metto in una tasca dei jeans.

“Non è che stai flirtando con me? Prima di tutto sei il fidanzato di mia cugina e secondo di poi, sono incinta” gli chiedo per niente seriamente, ridendo e afferrando la foto dell’ecografia che si trova tra le sue mani. Sinceramente, nonostante il bambino sia di quattro mesi, non so ancora dire distintamente cosa sia quella macchia bianca informe.

“Non ti preoccupare” mi risponde, ridendo a sua volta, “sono innamorato di tua cugina e poi non ci proverei mai con una donna incinta”.

“Mi fiderò” la mia voce non è tanto convinta, anche se penso, sinceramente, che è davvero una brava persona. Dovrei dire che se non fossi già innamorata di Ted, se non fossi incinta e se lui non fosse il fidanzato di mia cugina, ci potrei fare un pensierino sopra. Sto delirando. No, forse è soltanto la gravidanza che mi da alla testa e mi mette gli ormoni fuori fase, quindi lo trovo attraente per questo. Oppure sono soltanto io che sto delirando e che sto diventando matta. O, forse, entrambe insieme, “ti conviene tenerti stretta Rose: c’è uno spasimante in vista”.

“Dici davvero?” mi chiede, incrociando le braccia al petto e guardandomi divertito.

“Si, il tuo caro amico” gli rispondo, rimanendo sul vago. Lui e Al sono stati nella stessa casa ad Hogwarts ed erano molto amici.

“Chi? Al?” sbuffa ridendo e guardandomi negli occhi. Annuisco ed inizio ad allontanarmi dall’ambulatorio, “innamorato di sua cugina?”.

“Esatto e promettimi che non gli dirai che te l’ho detto. Sei l’unica persona oltre a me e James che lo sa, d’accordo?” gli chiedo, camminando per il corridoio e aspettando un suo saluto prima di poter uscire dal San Mungo.

“D’accordo. Ciao”.

“Ciao”.

Cammino fino alla porta principale e quando esco, vedo mia madre venirmi in contro, ansimante. Cosa ci faccia qui non lo so, ma, a quanto pare, è una cosa urgente. Forse ha scoperto che il padre del bambino di Vic non è Ted, oppure che non è neanche incinta e ha messo in atto tutta questa messinscena per farci separare, o forse... ma perché ogni dannata volta che vedo qualche parente corrermi in contro con il fiatone, mi metto a pensare a Ted, Vic e al loro bambino? Sono decisamente fissata.

“Mamma?” la chiamo, chiedendole indirettamente cosa ci faccia qui.

“Zio George ha telefonato a casa: Roxy sta partorendo” mi risponde con affanno, prendendomi per mano ed iniziando a camminare verso la sala operatoria. E’ decisamente nervosa anche se non è sua figlia, quella sta per partorire. Sono davvero curiosa di vederla quando toccherà a me. Nella nostra folle corsa, urtiamo un paio di infermiere, fino a quando arriviamo davanti alla sala operatoria, dove si sono accampati tutti i membri della nostra famiglia. Ci sono tutti i miei zii - tranne zio Charlie -, tutti i miei cugini - tranne Vic -, la mia famiglia - tranne papà - e, naturalmente, manca Ted perché sicuramente è con Vic. Mentre zia Angelina dovrebbe essere in sala parto con Roxanne.

Improvvisamente, dal fondo del corridoio, dei capelli rosso fuoco attirano la mia attenzione, facendomi voltare verso quella direzione. Vedo Ted avvicinarsi a noi, stranamente senza Vic per mano. E’ assolutamente meglio così, non avrei mai sopportato di vederli manina nella manina, come i bambini dell’asilo. Tempesta. Si, termine adatto per descrivere la nostra relazione. E’ una tempesta che imperversa e che a volte tace, ma che, dopo poco, si scatena nuovamente. Tra noi le cose stanno così, a parte il fatto che questa tempesta si sta, pian piano, calmando. Non so se sia un bene o un male. Ma la verità è che non so neanche perché lo sto perdonando. E’ come se il mio cuore agisse da solo, senza chiedermi il permesso. E’ una cosa involontaria, decisamente involontaria. La parte sana della mia testa non fa altro che chiedersi come possa perdonarlo dopo che ha messo incinta mia cugina. Beh, è una cosa involontaria...

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Capitolo 17
*** Time to Be Mom ***


Cercherò di ripostare questo capitolo al più presto. Purtroppo, considerando la mia sbadataggine, ho combinato un casino e, per sbaglio, ho cancellato il contenuto di questo capitolo. Scusatemi...

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Capitolo 18
*** Choice, Chocolate and Memories ***


Choice, Chocolate and Memories

Ogni volta che mi metto a pensare finisce sempre così. Mi maledico, mi chiudo in me stessa e mi odio. Ogni volta che chiudo gli occhi mi torna in mente quella maledetta sera e il bacio tra Vic e Ted. Loro stanno insieme e molto probabilmente staranno già pensando alla loro Luna di Miele, mentre io me ne sto qui, immobile e incinta. Cosa devo fare adesso? Qual è il prossimo passo da fare? La prossima carta da buttare sul tavolo? Il prossimo scacco da muovere? E’ come se volessi una risposta che mi dica qual è la cosa giusta da fare. Una risposta che mi aiuti ad andare avanti, senza sbagliare nuovamente. Perché, diciamocelo, ho già sbagliato troppe volte. E mi sono anche illusa, troppe volte. Al diavolo Ted e la sua bionda e bella Veela. Al diavolo mio padre e questa gravidanza indesiderata. Al diavolo tutto. Beh, ma il fatto è che sono ripetitiva e noiosa, lo so. Ma penso che tutti - o meglio, tutte - lo sarebbero se si trovassero nella mia stessa situazione.

“Cosa vuoi fare?” mi chiede come se non avesse capito. La voce di Al è particolarmente preoccupata allarmata. Mi strattona e mi mette con le spalle al muro, costringendomi a guardarlo negli occhi. Jamie si avvicina a noi e mi guarda a sua volta, facendomi capire che è preoccupato quanto Albus, “Lil?!”.

Mi limito a sospirare, abbassando lo sguardo e cercando di non guardare nessuno dei due negli occhi. Ma Al mi costringe a riportare i miei occhi sulle sue iridi smeraldine – uguali a quelle di papà -, alzandomi il mento con un pollice, “voglio dare il bambino in adozione”.

“Perché?” mi chiede Jamie, dandomi una giustificazione per poter spostare lo sguardo dagli occhi di Al, al suo volto. Il perché è molto semplice. Non riuscirei mai a crescere una creatura da sola. So che naturalmente sia loro che mamma mi starebbero accanto, ma non me la sento. Non posso farlo. Non dopo essere stata spettatrice del bacio tra Ted e Vic, il quale mi ha fatto rimanere davvero male.

“Perché non ce la faccio, Jamie” rispondo, sull’orlo delle lacrime, “ho diciassette anni, non posso riuscire a crescere un bambino da sola. Certo, voi mi stareste accanto e mi aiutereste a crescerlo, lo so. Ma non mi sento in grado di prendermi cura di un’altra vita”.

“E Ted?” ecco la domanda che non volevo mi venisse posta. Dovevo per forza innamorarmi di lui? Non potevo prendermi una cotta per… non lo so… per uno come Scorp, magari. Mia cugina è davvero fortunata, molto più fortunata di me. Prima di tutto non aspetta un bambino, secondo di poi, non è innamorata di uno come Ted.

“Ha già un altro  bambino da crescere e soprattutto è già impegnato con Vic. Così, dando il bambino in adozione sarebbe tutto più facile e semplice. Io potrei tranquillamente prendere i M.A.G.O. e Ted potrebbe benissimo sposarsi con Victoire e crescere il loro bambino insieme. La loro è una fiaba a lieto fine scritta il giorno in cui è nata Vic” mi limito a sussurrare, abbassando lo sguardo sulle mie mani.

“Odio quando fai così” la voce di Al mi costringe a portare nuovamente lo sguardo sul suo volto.

“Così come?” gli chiedo, guardandolo con uno sguardo interrogativo. Non ho la minima idea a cosa si stia riferendo.

“Metti sempre la felicità altrui davanti alla tua, invece che combattere e fare di tutto per essere tu quella felice”.

“Non c’è niente da combattere!” sbotto, staccando la schiena dal muro e avvicinandomi a lui e a Jamie.

“Si, invece, Lily” ribatte Jay, guardandomi e facendomi spostare lo sguardo da Al a lui. Lo guardo decisamente accigliata, non capendo dove voglia arrivare.

“E cosa? Sentiamo…”.

“Ted” mi risponde Jamie, guardandomi con ovvietà. Lo guardo ancora più incredula, con un sorriso amaro stampato sul volto.

“Ted?” rido una risata che non ha niente d’allegro, “non credo proprio a giudicare dal bacio appassionato che si è scambiato con Vic poco fa. E comunque, darò il bambino in adozione, che vi piaccia o no”.

Senza aspettarmi le loro risposte negative, corro giù per le scale, fino ad arrivare in salotto. Mi siedo su una poltrona e mi circondo le ginocchia con le braccia. Tra un paio di mesi, la mia pancia sarà talmente enorme che mi sarà impossibile ripiegarmi su me stessa come sto facendo ora. Chiudo gli occhi e tutto mi torna nitidamente alla mente, facendomi male.

 

“Ted!” esclamo, rompendo il bacio e allontanandomi di qualche passo da lui. Lo guardo con sguardo interrogativo, mentre si avvicina nuovamente a me, “sei completamente ubriaco e poi questa sarebbe la tua fantastica idea per dimenticare Vic? Non mi sembra per niente la soluzione migliore”.

“Io ho bisogno di te, Lils. Non è soltanto il fatto di voler dimenticare Vic… è anche perché io ti amo” si avvicina ancora di più a me, facendomi indietreggiare ancora di più. Da quando Ted mi ama? Ci sono dei Babbani che dicono che quando uno è ubriaco dice solo e soltanto la verità. Beh, stento decisamente a crederlo, visto che lui ama solo e soltanto Vic.

“Non posso, anzi, non possiamo” dico, accorgendomi di essere rimasta con le spalle al muro e di essere in trappola, visto che Ted mi blocca tutte le possibili vie d’uscita. Si avvicina e mi lascia un bacio a fior di labbra, prima che io metta le mani sul suo petto, cercando di tenerlo lontano da me.

“Sentiamo perché…” mi dice, guardandomi negli occhi e continuando a tenermi bloccata, con la schiena al muro.

“Sei totalmente ubriaco e non sei consapevole delle tue azioni, io sono la figlia del tuo padrino, sono dieci anni più piccola di te, sono la cugina della tua fidanzata… devo continuare?” la mia voce suona ovvia, ma anche terribilmente tremante – ed è molto difficile che la mia voce tremi –.

“Penso che ci siano fattori che non vanno d’accordo con la tua mente razionale, o sbaglio?” un sorrisetto beffardo appare sulle sue labbra, prima che si avvicini di nuovo a me e cerchi di baciarmi. Riesco a fermarlo allontanandolo da me, ma non so per quanto ancora potrò resistere senza crollare, “per esempio, è molto difficile che la tua voce tremi”.

“Trema perché non riesce a spiegarti la motivazione del perché non possiamo” rispondo, cercando di sembrare più convincente possibile. Non riesco ad aggiungere altro perché le sue labbra si impossessano nuovamente delle mie, cogliendomi alla sprovvista e non riuscendo ad impedirgli di baciarmi, “Ted! Ho detto che non possiamo, quindi ora tu mi lascerai andare via, anche perché devo andare da Rose e anche inventarmi la scusa del mio ritardo”, mi invento il fatto di dovermi vedere con mia cugina sul momento, cercando di convincerlo a lasciarmi andare.

“D’accordo, questo vuol dire che tu non provi niente per me e che non ti importa che io stia bene o  male, giusto?” la sua voce è spezzata, forse sta recitando con scopo quello di non farmi andare via, oppure no. Mi libera tutte le vie d’uscita, permettendomi di andare via, ma senza dimenticarsi di darmi un ultimo bacio. Forse la sua era tutta una strategia, fatto sta che mi ritrovo a baciarlo appassionatamente con le braccia strette intorno al suo collo. I motivi del perché non possiamo non mi passano neanche per l’anticamera del cervello, quando sento le sue braccia intorno ai fianchi che mi stringono a sé.

“Non dovremmo…” sussurro tra un bacio e l’altro, staccandomi leggermente per riuscire a guardarlo negli occhi.

“Lascia stare la razionalità per una buona volta” poi riporta nuovamente le sue labbra sulle mie, senza che io protesti o che altro.

 

Riapro gli occhi, continuando a maledirmi per quello che è successo, per quello che ho lasciato che accadesse. Ora basta, davvero, non posso continuare così. Devo smetterla e andare avanti. Tra qualche mese sarà finito tutto. Io sarò tornata ad essere la ragazza che si prepara per i M.A.G.O. e questo bambino avrà una famiglia che lo amerà senza riserve. Ted e Vic saranno tornati insieme e avranno anche un figlio.

“Lily” la voce di mia madre mi fa sobbalzare. Mi volto verso di lei e vedo che mi guarda con uno sguardo preoccupato.

“Mamma! La prossima volta vedi di non farmi prendere un coccolone” dissi cercando di ridere e riuscendoci parzialmente.

“Ho parlato con Jamie e Al”.

“Devo dire che le informazioni in questa casa circolano più velocemente di quanto mi aspettassi” effettivamente sono molto sorpresa che mamma abbia già parlato con i nuovi Fred e George. Mi alzo dalla poltrona e capisco che l’unico posto dove posso stare da sola a riflettere sul fatto dell’adozione è camera mia. Forse addirittura lì non riuscirei ad essere da sola.

“Lily non dare il bambino in adozione” ecco che ci si mette anche mia madre.

“Devo!” esclamo, iniziando a camminare verso le scale e poi voltandomi verso di lei, dopo essermi fermata sul primo scalino, “non sono in grado di crescere un bambino da sola a questa età”.

“Ma tu non sei sola”.

“Non lo sono perché ho te, Al e Jamie. Ma lo rimango lo stesso, visto che papà ancora non si è deciso a rivolgermi la parola e che Ted è troppo impegnato a sbaciucchiare Vic e ad interessarsi all’altro suo figlio, che stare accanto a me e fare un discorso sensato, invece che cercare di giustificarsi con parole false”.

Lily…”.

“Sai che io tengo a questo bambino, ma non penso di essere in grado di prendermene cura” abbasso lo sguardo sulle mie mani.

“La scelta è tua” mi sembra non sia rimasta molto bene della mia scelta, anzi…

Senza aggiungere altro, salgo in camera mia e mi butto a penso morto sul letto. Afferro il mio cellulare babbano – che si trova sul comodino – e prendo il biglietto da visita che mi ha dato oggi Scorpius. Compongo il numero del suo cellulare e mi porto il telefono all’orecchio, aspettando, impazientemente, che risponda.

“Pronto?” la voce scozzese di Scorpius echeggia dall’altra parte della chiamata.

“Ciao, Scorp. Sono Lily Potter… ti disturbo? Vorrei parlarti di una cosa importante” dico tutto d’un fiato, respirando soltanto alla fine della frase. Potrei giurare di sentirlo ridacchiare.

“Ciao Lily, di cosa si tratta?”.

“Sto pensando all’adozione” dico, pronunciando le parole ad occhi chiusi, come se tappandomi la vista riuscissi a cambiare qualcosa. Mi mordo un labbro, in attesa della sua risposta. Sento Scorp lasciarsi scappare un sospiro.

“Ci hai riflettuto bene?” la sua voce è placida e calma, come se avesse tutto il tempo del mondo nelle sue mani. Continuo a mordicchiarmi il labbro di sotto a sangue, cercando di rimanere calma.

“Veramente ho pensato che forse parlarne con te era la cosa migliore da fare, visto che sei il mio medico”.

“Oh, d’accordo… se vuoi possiamo parlarne domani al San Mungo, va bene?”.

“Ok, allora a domani”.

“Ciao”.

Ho già detto che mia cugina è fortunata. Beh, lo ripeto. Riposo il cellulare sul comodino e chiudo gli occhi, cercando di pensare a qualsiasi cosa che non riguardi Ted. Beh, come faccio a non pensarlo se sto pensando di voler smettere di pensare a lui? Lasciamo perdere, forse è meglio…

Apro gli occhi e improvvisamente vedo mia cugina apparire davanti a me. Scommetto che Scorp le ha detto tutto e forse le ha anche raccomandato di venire a parlarmi, così da cercare di dissuadermi da quello che voglio fare. Non mi stupisco del fatto che nella mia famiglia le voci corrano così velocemente e non mi stupirei neanche se, dopo un solo pomeriggio, la notizia del fatto che io voglia dare il bambino in adozione fosse arrivata addirittura a zio Charlie che si trova ancora in Romania.

“Ciao, Rosie. Qual buon vento?” le chiedo, sbuffando sonoramente e annotandomi mentalmente di tenermi le cose per me la prossima volta. Beh, do la mia parola di strega che la prossima volta me ne starò zitta.

“Scorp mi ha detto che vuoi dare il bambino in adozione” C.V.D. – Come Volevasi Dimostrare –.

“Ma il tuo ragazzo non mantiene il segreto professionale tra lui ed i suoi pazienti?” le chiedo, alzandomi a sedere e guardandola mentre si siede accanto a me, “scommetto che domani tutta la famiglia – compreso zio Fred dal paradiso – saprà che voglio dare il bambino in adozione”.

“Non da…”.

…re il bambino in adozione” dico al suo posto, interrompendola, “sei la terza persona che me lo dice”.

“Lily, dico sul serio”.

“Anche io” sbuffo, “non posso tenerlo… è mai possibile che non riusciate a capirlo? Prima di tutto è una scelta mia, secondo di poi – e lo ripeto per la terza volta in un solo pomeriggio – non posso prendermi cura di questo bambino, non ci riesco” dico con voce ormai stanca di ripetere sempre le stesse frasi. Grimmauld Place sarebbe il posto perfetto per riuscire a ragionare con calma, ma non penso che cambiare nuovamente abitazione sarebbe la cosa giusta.

Lil…”.

Lil un corno!”.

***

E’ un colpo proveniente dalla mia pancia che mi fa sobbalzare e svegliare dal sonno profondo in cui ero addormentata. Mi porto le mani alla pancia, sentendomi, per un millesimo di secondo, in colpa. Forse per un po’ di più di un millesimo di secondo. Il fatto è che sono confusa. In un momento la scelta di dare il bambino in adozione mi sembra la più sensata e la migliore, ma il momento dopo non cederei a nessuno mio figlio. Le madri fanno sempre quello che è meglio per i propri figli, no? Beh, penso che, nonostante io non mi possa definire una madre, stia facendo di tutto per cercare di fare il meglio per questa creatura che tra circa cinque mesi verrà al mondo.

Mi sporgo verso il comodino e guardo l’orologio che segna le tre. Mi alzo dal letto e, non avendo più sonno – ma in compenso una voglia incontrollabile di nutella –, mi dirigo fino in cucina, prendo il barattolo e un cucchiaino, prima di sedermi al tavolo e di iniziare ad inghiottirmi di cioccolata. Devo ammetterlo: la nutella è la cosa più buona del mondo.

Sento dei passi dirigersi verso la cucina e porto lo sguardo sulla porta, mettendomi una cucchiaiata abbondante di nutella in bocca. Vedo mio padre varcare la soglia e non stupirsi più quando mi vede. Vedo un piccolo sorrisetto formarsi sul suo volto, mentre si avvicina al frigorifero e si versa un bicchiere d’acqua.

“Cosa c’è da ridere?” gli chiedo, affondando il cucchiaino nel barattolo mezzo pieno.

Niente… solo che quando tua madre era incinta di te anche lei non faceva altro che mangiare nutella” mi risponde, prendendo il bicchiere pieno di acqua e sedendosi nella sedia accanto a me. Il sorriso che gli si è formato sulla bocca continua a tirargli le labbra, facendolo sorridere ancora, “mentre quando era incinta sia di Al che di Jamie, l’unica cosa che voleva mangiare era burro d’arachidi”.

“Forse vuol dire che il tuo nipotino sarà una nipotina, no? E’ una cosa molto probabile” commento, mettendomi in bocca un’altra cucchiaiata di nutella. Stranamente, vedo il sorriso rimanergli sul volto, senza sparire quando pronuncio le parole nipotino e nipotina.

“Già” dice, portandosi il bicchiere alle labbra e svuotandolo in un solo sorso, “mamma mi ha detto della tua decisione”.

“Pensavo che non ti importasse, visto che quando hai cacciato Ted di casa e io l’ho seguito, automaticamente sono sparita dalla tua vita” sbuffo, portando i miei occhi sui suoi, “comunque si, sto riflettendo su quella che potrebbe essere la scelta giusta per il bambino, visto che non mi sento in grado di tenerlo sia per il fatto che suo nonno non mi parli più che per il fatto che suo padre sia troppo impegnato a sbaciucchiarsi con la cugina di sua madre, piuttosto che interessarsi a lui – o lei –”.

“Ted si sbaciucchia con Vic?”.

“Se preferisci dire così…” mormoro, continuando a mangiare nutella, “e non dire che gli lancerai un Avada Kevadra dietro, oppure non ridire tutte quelle brutte cose che hai già detto su di lui, mi fa stare male sentirle”.

“Sei innamorata di lui, vero?” non mi sarei mai aspettata che mio padre mi rivolgesse questa domanda. Forse mamma, ma non mi sarei davvero mai immaginata che me lo avesse chiesto papà.

“Si ed è per questo se è successo tutto” continuo a dire a bassa voce, mordendomi il labbro inferiore – lo stesso che prima mi sono morsa durante la conversazione con Scorp –, “e non smetterò mai di dire che mi dispiace. Ho sbagliato e ora devo rimediare. E la cosa più giusta da fare penso che sia quella di dare il bambino in adozione, visto che non riuscirei mai a crescerlo da sola”.

“Io non ti imploro, non ti dico fai questo o fai quello. Ti chiedo soltanto di pensarci bene prima di fare scelte di cui potresti pentirtene” un sorriso benevolo si allarga sul suo volto, “ho avuto il tempo per riflettere e mi sono comportato da stupido e da immaturo, ma scoprire che tua figlia è incinta del tuo figlioccio non è una notizia di tutti i giorni, no? Comunque, io ti voglio dire che mi dispiace e spero che mi perdonerai, Orsacchiotta” è da tanto che non mi chiama in questo modo. Mi chiamava Orsacchiotta quando ero piccola – otto o nove anni, al massimo –.

Il groppo che ho in gola mi impedisce di rispondere a parole, quindi mi alzo, lasciando il cucchiaino nel barattolo, e lo abbraccio con tutta me stessa, iniziando a piangere su una sua spalla. Sento una sua mano che mi accarezza i capelli rossi, come quelli di mamma. Non mi importa se mi ha trattata male per giorni, non potrei mai e poi mai restare in combutta con mio padre, dopo che mi chiede scusa per come si è comportato. Beh, con Ted non mi sarei comportata proprio nello stesso modo..

“Ora mi devi promettere che penserai molto bene se tenere il bambino o no, d’accordo?” mi sussurra in un orecchio.

“Te lo prometto”.

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Capitolo 19
*** Everything is Fine... not Really ***


Everything is Fine... not Really

Ora sto bene. D’accordo, nonostante la situazione con mio padre si sia risolta e nonostante abbia tutta la mia famiglia vicino, non va tutto a genio. E le motivazioni sono scontate e molto noiose, non sto neanche a ripeterle, visto che sarebbe un’inutile ripetizione e perdita di tempo.

“Alla fine esploderai a forza di mangiare nutella” la voce di mia madre mi fa ridacchiare, mentre mi infilo l’ennesima cucchiaiata in bocca. E’ tutta la mattina che non faccio altro che mangiare quella deliziosa crema alla nocciola. So che non fa bene né al pancreas, né allo stomaco, ma cavolo... sono incinta! D’accordo, non è una vera e propria giustificazione, ma... no, aspetta, è una vera e propria giustificazione! Beh, posso vedere anche il lato positivo di tutta questa questione del bambino: posso ingozzarmi di nutella quanto voglio. E, beh, è cosa buona e giusta... basta, sto sclerando!

“Mamma, sono incinta!” rispondo semplicemente, preparandomi un’altra cucchiaiata di quella cosa deliziosa che mi farà diventare obesa. Beh, devo ingrassare comunque, tanto vale ingozzarsi di nutella, no?

“E cosa vorrebbe dire?” inarca un sopracciglio, mentre si porta una forchettata di uova e pancetta alla bocca. Al e Jay ancora non sono scesi per fare colazione e neanche papà. Beh, stanotte siamo stati tutto il tempo a parlare di Ted, delle gravidanze di mamma e del suo nipotino o nipotina, fino a quando abbiamo deciso di andare a dormire una volta per tutte.

“Che, mamma, sono incinta!” ripeto, come se fosse una cosa elementare, mentre lei rivolge un’occhiata scettica al carico di nutella che mi porto alla bocca. Beh, almeno posso dire che sto imparando a convivere con questa storia del bambino, ma non so se riuscirò a fare lo stesso con l’idea di doverlo crescere.

Vedo mamma scuotere la testa in segno negativo, mentre papà varca la soglia della cucina, con un sorriso a trentadue denti sul volto, “buongiorno a tutti” dice, scoccando un bacio a fior di labbra a mamma e avvicinandosi a me.

“’giorno, pa’” sorrido, sentendo la bocca di mio padre lasciarmi un lieve bacio sui capelli, rossi come quelli di mamma, e scompigliarmeli. Potrei giurare di aver visto mia madre boccheggiare, non riuscendo a capire il perché del nostro atteggiamento. Seguo papà con lo sguardo, mentre si siede al suo stesso posto.

Orsacchiotta” mi sorride a sua volta, prendendo la forchetta nella mano destra e preparandosi una forchettata della tipica colazione inglese. Sposto il mio sguardo da lui a mamma, che ci guarda come se fossimo due esseri che non ha mai visto in vita sua.

Ginny, perché ci guardi come se fossimo due alieni?” chiede papà, guardandola con un sopracciglio inarcato.

“Lunga vita e prosperità” ridacchio, facendo il tipico saluto vulcaniano con la mano destra, come quello che faceva sempre Spock in uno dei miei telefilm babbani preferiti, Star Trek. Devo ammettere che invidio molto i vulcaniani. Beh, tralasciando il fatto che hanno le orecchie a punta e il sangue verde. Io invidio il loro ripudiare le emozioni. Fanno di tutto per non essere soggetti a sentimenti che potrebbero giocarti la vita un giorno e, per di più, non lasciano proprio tralasciare nessuna emzione. Né tristezza, né rabbia, niente. Solo la logica. Si basano solo sulla logica e sulle conseguenze delle loro azioni. Ma perché non posso avere anche io, come Kes, un insegnante stile Tuvok?

“Mi sono persa qualche episodio, non è così?” la sua voce è decisamente interrogativa, mentre ci scruta come se fossimo realmente due alieni, “da quando andate d’amore e d’accordo?”.

“Possiamo dire che abbiamo avuto una nottata insonne, non è così papà?” rispondo, prima di mettermi in bocca un’altra cucchiaiata di nutella. Sposto lo sguardo dagli occhi cioccolata di mamma a quelli smeraldo di papà.

“Ben detto, figliola” scoppiamo entrambi in una breve risata d’intesa, prima che mamma ci squadri da capo a piedi, cercando di capire come diavolo abbiamo fatto a riappacificarci.

“Buongiorno” prima che mamma possa ribattere qualcosa, Al e Jay entrano in cucina e si siedono rispettivamente al loro posto. Vedo uno sguardo interrogativo formarsi anche sui loro volti, non appena vedono il sopracciglio inarcato di Ginevra Molly Weasley in Potter.

“Cosa succede?” chiede Al, prendendo un pezzo di pane ed iniziando a mangiare la sua piattata di uova e bacon.

“Non lo chiedere a me” risponde mamma, alzandosi da tavola e posando il suo piatto vuoto nel lavandino, prima di lanciarci un gratta e netta sopra. Sorrido e, quasi divertita, mi porto un’altra cucchiaiata di nutella alla bocca. Scambio uno sguardo complice con papà, prima di posare i miei occhi su quelli di Albus.

“Ma non stavate quasi per scannarvi voi due?” la sua voce è sorpresa come quella di mamma, “e ora, dal niente, siete tornati a volervi bene e a scambiarvi sguardi complici?”.

“Si, ma la nutella mette fine a qualsiasi litigio” dico, guardando dentro il barattolo che tengo tra le mani e accorgendomi di averlo finito nell’arco di poche ore. Beh, mamma mi ucciderà sicuramente.

“Ovvero?”.

“Ovvero... ehm, ho finito il barattolo e...” ammetto, grattandomi la nuca con fare imbarazzato.

“Alla fine quella maledettissima nutella ti ucciderà” mi risponde mamma, sospirando e voltandosi verso di me. Porto lo sguardo sull’orologio della cucina e vedo che segna le dieci.

“Beh... vedo che tu sei ancora viva, però” dico, alzandomi da tavola e iniziando a camminare verso camera mia. Sorrido tra me e me, mentre esco dalla cucina e salgo al piano di sopra, senza dare la soddisfazione di raccontare la riappacificazione tra me e papà.

***

Cammino per i corridoi del San Mungo come ieri. Sembra passata un’eternità. L’ecografia, il parto di Roxy, la discussione con Ted, l’aver tenuto in braccio Peter, la voglia di nutella, la riappacificazione con mio padre. Troppe cose in un giorno solo, per i miei gusti.

“Lily” pronuncia Scorpius, non appena mi vede apparire davanti al suo studio. Vedo un sorriso sghembo incorniciargli il volto, quando mi trovo a pochi centimetri da lui. Penso che sia la persona più giusta con cui parlare della mia scelta.

“Ciao, Scorp” lo saluto, notando la cravatta Serpeverde che porta al collo. Deve essere una cosa di cui va proprio orgoglioso. Beh, capisco il suo orgoglio, è lo stesso che io provo per la mia casa, Grifondoro, “ma è l’unica cravatta che hai, oppure ne sei talmente tanto orgoglioso che non riesci a staccartene neanche per un minuto?”.

“E’ l’orgoglio Serpeverde che ogni mattina mi costringe ad indossare sempre la stessa cravatta” mi risponde, assorto dai suoi pensieri, mentre mi invita, come il giorno precedente, ad entrare nella stanza alle sue spalle. Seguo il suo consiglio e mi siedo in una sedia davanti alla scrivania, iniziando a tamburellare sulla superficie di legno, “allora, parla, ti ascolto...”.

“Prima di tutto, non ti azzardare più a dire qualcosa a mia cugina riguardo la mia gravidanza, o giuro che ti crucio!” dico, incrociando le braccia al petto e fingendo una voce offesa.

“Mai far arrabbiare una Potter” ridacchia, guardandomi con i suoi occhi grigi.

“Hai capito al volo, Malfoy”.

“Allora, a cosa è dovuta questa visita?” mi chiede, appoggiando le mani, unite, sulla scrivania.

“Ti ho già accennato ieri il fatto che voglio dare il bambino in adozione. O meglio, mi sembra la scelta migliore, ma non so se anche la più giusta. Non so se sono in grado di crescere un bambino da sola a questa età. So di avere l’appoggio di tutta la mia famiglia, ma non so se me la sento di prendermi un impegno così grande. Poi ti ho già raccontato della situazione con suo padre” dico, indicandomi la pancia di quattro mesi ben in vista, “anche se non ti ho detto che ieri ha baciato la sua ex, ovvero mia cugina, che aspetta anche lei un bambino da lei”.

“Quindi pensi che lui non ti starà accanto perché è già impegnato con tua cugina e con loro figlio” beh, effettivamente è così, “so che tu hai bisogno di lui per crescerlo, perché non ti senti sufficientemente grande da farcela da sola, ma devi ragionare su questo, Lily”.

“Avresti dovuto fare lo psicologo, invece del dottore” cerco di sdrammatizzare, guardandolo in quelle iridi di ghiaccio.

“Lo prendo come un complimento” sfoggia un bellissimo sorriso, prima di ricominciare a parlare, “comunque, hai cinque mesi di tempo per scegliere se darlo, o darla, in adozione. Hai ancora qualche mese per riflettere se non puoi crescere un bambino a diciassette anni. Poi, che ne so, è probabile che suo padre non sia impegnato con tua cugina e che decida di starvi accanto. Oppure, potresti conoscere qualcun altro che sarebbe pronto a starti accanto”.

“Cosa vuoi dire?” lo guardo, quasi shoccata, “stai dicendo che dovrei cercarmi un altro con il quale crescere questo bambino?”.

“Non ho proprio detto questo, ma il senso era questo, si”.

“Non credo che sarà una cosa probabile e poi non sono interessata ad avere una relazione forzata, soltanto perché il padre di questa creatura è immaturo” sbotto, alzandomi dalla sedia e avviandomi verso la porta. Beh, la gravidanza mi sta facendo diventare più irascibile.

“Lily” mi richiama dolcemente, alzandosi e avvicinandosi a me. Mi fermo, voltandomi verso di lui e ritrovandomi a fissarlo negli occhi, come pietrificata, “stai calma. Sono normali gli sbalzi d’umore, ma devi stare calma. Non ho detto niente, fa come se non avessi detto niente” continua, poggiando la sua mano su un mio braccio.

“E’ che... ho paura, Scorp” gli dico, abbassando lo sguardo sulle mie mani.

“Lo so, lo so” mi sussurra, avvicinandosi a me e abbracciandomi a sé. Appoggio la testa sul suo petto, afferrando la sua cravatta con una mano e cercando un appiglio per non permettergli di staccarmi da sé.

“Devo andare” mi stacco di scatto, come imbarazzata e mi avvio verso la porta, “ciao” sussurro, prima di uscire e di richiudere la porta alle mie spalle.

Sospiro, come per scaricare la tensione, prima di iniziare a camminare verso l’uscita dell’ospedale. Un flash mi illumina la mente, facendomi ricordare che mia cugina è ancora ricoverata. Cambio meta, camminando a grandi falcate verso la stanza di Roxy. Busso e un debole avanti mi da il permesso di entrare.

***

Ted Pov

E’ la figlia del mio padrino. Cosa diavolo avevo in mente quella sera? Sono davvero uno stupido. E’ la figlia di Harry, la cugina di Victoire e ha dieci anni meno di me, oltre ad essere praticamente come una sorellina minore per me. No, non lo è. Non è mia sorella, né sorellastra. E’ semplicemente la ragazza diciassettenne spaventata, che aspetta un bambino da me, il mio bambino... il nostro bambino. Lo stesso vale per Vic. Beh, a parte il fatto che lei non ha diciassette anni e che non è la figlia del mio padrino. Beh, e soprattutto non è spaventata come sua cugina Lils.

Sua cugina.

La figlia del mio padrino.

Dieci anni più piccola di me.

Incinta del mio bambino, che darà in adozione. Non voglio che scelga di affidarlo ad un’altra famiglia. Io voglio starle accanto, sia a lei che a nostro figlio, ma il problema è che  mi devo assumere le mie responsabilità, cosa che vuol dire che mi dovrò prendere cura anche di Vic e dell’altro mio figlio.

Mi porto la testa tra le mani e chiudo gli occhi, come se questo riuscisse a far sparire tutti i problemi che ho, tutti i problemi che ho causato con le mie stesse mani. Ho approfittato di Lily da ubriaco. Ubriaco per modo di dire, visto che mi ricordo tutto nitidamente. Non ho riflettuto, non ho pensato alle possibili conseguenze, non ho pensato di prendere precauzioni. E poi, l’amnesia che ho avuto successivamente mi ha fatto tornare con Vic senza ripensare al fatto che quella sera se ne fosse andata di casa perché le avevo urlato contro, senza ripensare al fatto che mi avesse tradito. E io ho sbagliato... ho sbagliato... lo so, lo so. Sono stato stupido, un totale deficiente. Quest’anno il premio Nobel per la stupidità va a... Ted Remus Lupin.

E ora mi ritrovo così, in questa situazione. No, la situazione è molto peggiore... va di male in peggio. Lily ha visto il bacio che c’è stato tra me e Vic, ieri. No, un attimo, mi devo correggere, perché la frase è molto imprecisa. Lils ha visto il bacio che casualmente Vic mi ha dato. O meglio, Lils ha visto quando Victoire mi si è aggrappata addosso e mi ha baciato. Forse mi ha scambiato per un albero. Comunque, non ho fatto in tempo a districarmi dalla sua stretta, che Lily si era già smaterializzata. E Victoire non capisce, non capisce niente. E pensare che l’ho amata. Si, devo ammetterlo. Io ho amato Vic. E’ stato tanto tempo fa, lei è stata la mia fidanzata sin da quando ho memoria. Abbiamo fatto Hogwarts praticamente insieme, io Tassorosso, lei Corvonero, e sono costretto a dire che io la amavo.

E a volte ho paura. Non ho mai provato niente del genere. Ho semplicemente paura di perdere Lily, di perderla. Soltanto sentire un altro ti odio pronunciato dalle sue labbra sarebbe sufficiente per farmi avere ancora più paura. Io devo dirle tutto, del bacio di Vic, di quanto io tenga realmente a lei e, soprattutto, di non dare il bambino in adozione. Dovrei essere maturo, diamine. Dovrei saper prendermi le mie responsabilità senza sbatter ciglia, ma c’è qualcosa che mi ferma. Io voglio Lils. Io voglio crescere con lei nostro figlio. Voglio che smetta di parlare di questa stupidissima storia dell’adozione. E’ tutto quello che realmente voglio.

 

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Capitolo 20
*** Happy Birthday, Lils - 1st part ***


Non fucilatemi, vi prego! *si inginocchia con le manine unite*.

Ho avuto un po’ di problemi in questo periodo tra la scuola e la paura di rendere la storia banale. Ispirazione per continuare la fan fiction ce l’ho, ma la paura di renderla una storiella banale mi assale. Questo capitolo non mi convince più di tanto, devo essere sincera, ma spero che piaccia a voi.

Vi chiedo un’unica cosa, una sola, della quale ne sento davvero bisogno. Ho bisogno di ricevere un vostro personale commento in base a questo capitolo. Ho bisogno di sapere se pensate che sta diventando una storia banale. Ne ho davvero bisogno. Vi chiedo soltanto una minuscola recensione. Sono in crisi ed ho bisogno di una vostra opinione.

Vi ringrazio perché continuate a seguirmi.

Ora non ho tempo di ringraziarvi tutti uno ad uno perché devo scappare, ma penso che troverò il tempo per elencarvi uno ad uno nei prossimi capitoli.

Confido in una vostra opinione e vi lascio al capitolo.

Meli

 

Happy Birthday, Lils - 1st part

Mi sarei dovuta aspettare una megafesta alla Tana, organizzata da tutti i miei miliardi di parenti, per il mio diciottesimo compleanno, nonostante il fatto che stia portando in grembo un’altra vita e che il padre sia il suddetto Ted Remus Lupin. E mi sarei dovuta aspettare una casa dei nonni tutta addobbata e strapiena di persone, di regali e palloncini, la sera del venti ottobre. Ma la verità è che la mia vita è talmente incasinata che non mi sono neanche accorta che fosse arrivato il giorno del mio compleanno. Considerando tutti i problemi che ho avuto nell’ultimo periodo, ricordarsi del proprio compleanno mi sembra una delle ultime cose importanti. Hugo non approverebbe di certo il mio pensiero, considerando la sua mania per compleanni, Natali e qualsiasi altro tipo di cosa si possa definire festa. Sì, questa è la mania di mio cugino, purtroppo. Oh, beh, da quando Al ha iniziato ad invitare Scorpius a qualsiasi festa della famiglia, anche Rose è diventata una maniaca di feste, festine e festicciole. Certo che l’amore fa davvero male a certe persone.

“Non sono già abbastanza conciata a festa con un pallone da calcio al posto della pancia?” sbuffo a Rose, mentre mi acconcia i capelli in una specie di chignon non molto riuscito, “ti ci metti pure tu con le tue acconciature da neoparrucchiera?”.

La sento sbuffare a sua volta, mentre continua ad aggeggiare i miei capelli rossi, marchio Weasley. E’ diventata una tradizione che sia Rosie a pettinarmi e truccarmi come una bambola per tutti i miei compleanni. E, sinceramente, non so se esserne felice o triste. Odio truccarmi, pettinarmi e tutte le cose che riguardano il mettersi in tiro, ma, come dice mia cugina, una volta ogni tanto non guasta.

Sono sicura che sarà lei quella che penserà a vestirmi, pettinarmi e truccarmi per il matrimonio di Ted e Vic, mentre si lamenta che non riesce a mettermi la matita agli occhi, a causa delle troppe lacrime. Si, se dovesse davvero succedere, voglio piangere.

“Perché non pensi a truccarti e pettinarti per te, visto che ci sarà anche Scorp, e non lasci la tua cara cuginetta libera dalle torture che le stai infliggendo?” continuo a sbuffare, mentre mia cugina inizia a truccarmi, senza praticamente ascoltarmi, “Rosie?”.

Mmm...?”.

D’accordo, come non detto.

Dopo una mezz’oretta buona di torture, penso di essere pronta per guardarmi, una volta per tutte, allo specchio di camera mia. Il vestito nero attillato - l’unico che si adattasse al colore dei miei capelli -  che mi ha costretto ad indossare mette in mostra la pancia e le mie gambe chiare, in quanto è corto appena sotto il ginocchio. Le maniche larghe mi arrivano fino a sotto il gomito e lo scollo, fortunatamente, non è eccessivo. La mia cara cugina - che tra l’altro devo ricordarmi di fare fuori - mi ha costretto - e costretto è dire poco - ad indossare dei trampoli al posto di semplici scarpe con il tacco e non c’è stato verso dirle di no. Quindi mi ritrovo venti centimetri più alta, una pancia particolarmente visibile - nonostante il nero assecchisca -, con un pocchio abnorme al posto di un semplice chignon e invece di un semplice trucco leggero, mi manca il naso rosso per sembrare un clawn. D’accordo, forse sto esagerando.

“E dovrei farmi vedere da tutti vestita in questo modo?” spalanco gli occhi, ricevendo solo in questo momento la batosta che tutti mi dovranno vedere conciata così. Prometto solennemente che dalla prossima volta non mi fiderò più di mia cugina.

“Come sei drammatica” lancio un’occhiataccia a mia cugina, la quale mi guarda sorridente e soddisfatta di come mi ha vestita, “possiamo andare, oppure devi continuare a lamentarti?”.

Mi limito a sospirare, guardando mia cugina ed uscendo da camera mia, dopo aver preso il mio mantello nero. Tanto ho tutto il viaggio per assillarla. E beh, Lilian Luna Potter è conosciuta per il suo essere una rottura di scatole, quando vuole. Usciamo dalla porta di casa mia e ci dirigiamo alla sua auto. Mi chiedo perché, potendo approfittare del meraviglioso potere della magia, mia cugina mi voglia portare alla Tana in una di quelle scatole babbane, chiamate macchine. La materializzazione non sarebbe una cosa migliore, più veloce e, soprattutto, più da maghi?

“Perché non usiamo la materializzazione, la polvere volante oppure una scopa per andare alla Tana, invece che usare la macchina?” le chiedo, salendo su quel trabiccolo e aspettando che lei lo metta in moto.

“Perché nonno Arthur mi ha convinto ad approfondire il modo in cui vivono i babbani” mi risponde semplicemente, mettendo in moto la macchina ed iniziando a guidare. Beh, nonno Arthur è attratto dai babbani. Macchine, telefoni, paperelle di gomma... sono cose che lui ama capire come funzionano. Probabilmente è riuscito a convertire Rosie, ma non riuscirà mai a convertire la sottoscritta: la smaterializzazione è troppo più comoda di una scatola di metallo.

“Fantastico” commento sarcastica, guardando mia cugina. Mi ricordo di un paio di mesi fa, quando, in quella stessa macchina, le avevo rivelato di aver fatto sesso con Ted e di essere rimasta incinta.

“Scorp mi ha detto tutto” ammette, spostando per un attimo il suo sguardo su di me. Inarco un sopracciglio, pensando a cosa gli avrebbe potuto dire. Forse della chiacchierata che abbiamo avuto riguardo all’adozione? Oppure del fatto che mi ha abbracciata?

“Tutto cosa?”.

“Se il bambino è maschio o femmina” esordisce entusiasta, mentre io mi porto una mano alla pancia. Non so neanche se voglio saperlo. Ecco che torna la mia parte malinconica e triste, che non ha ancora deciso se dare il bambino in adozione oppure no, nonostante tutti stiano cercando di dissuaderla.

“Non voglio saperlo” dico, anche se so che niente o nessuno riuscirà a fermare Rose dal dirmi una cosa che lei sa, ma io no, soprattutto se riguarda la mia gravidanza. Possibile che Scorpius non riesca a tenere la bocca chiusa?

“Dai, Lily...” mia cugina è davvero incredibile. Non vedo l’ora di arrivare alla Tana, è l’unica cosa che davvero desidero. A parte il fatto che Ted, Vic e la loro prole, non ci siano. Questo è quello che davvero vorrei: non doverli vedere.

“Se volevo saperlo, lo avrei chiesto al tuo fidanzatino” sottolineo le ultime due parole con un po’ di sarcasmo. Tanto so che nessuno riuscirà a fermarla dal dirmi tutto e da svuotare il sacco. Conosco mia cugina, “non voglio saperlo”.

“Almeno avrai il tempo per scegliere il nome”.

“Non so neanche se voglio darlo in adozione, quindi non è un mio problema quello del nome” sospiro, sperando con tutta me stessa che non mi riveli niente. E’ come quando stai leggendo un libro e sei più o meno a metà, e arriva una persona che lo ha letto e che inizia a raccontarti la fine. Questo è l’aspetto che ho sempre detestato di mia cugina.

“Avanti, Lily...”.

“No”.

“Ti prego”.

“No”.

“Posso dirtelo?”.

“No”.

“Per favore”.

“No”.

“Dai...”.

“No”.

“Lily...”.

“D’accordo” sbuffo annoiata, arrendendomi. Tanto so che avremmo continuato così all’infinito, quindi è meglio arrendersi, no? Soprattutto se la tua interlocutrice è una ragazza di nome Rose Jane Weasley.

“E’ una femmina” sorride, guardandomi, “ti è piaciuto il mio regalo di compleanno?”.

Sinceramente non so se essere felice di saperlo oppure no. In questo momento non mi cambia niente, perché l’adozione è la prima delle mie ipotesi, ma non so. Forse potrei tenerlo. No, aspetta. Dovrò dire tenerlA. Appoggio la guancia al vetro gelido della macchina e per un secondo sorrido.

E’ femmina. Buon compleanno, Lilian.

Oh, beh, ma da ora in poi costringerò Scorpius a tenere le labbra sigillate, se no si accorgerà cosa vuol dire far arrabbiare una Potter.

“Siamo arrivate” annuncia mia cugina, parcheggiando davanti alla Tana. Scendiamo entrambe di macchina e Rose mi si avvicina, “auguri, Lily”.

La abbraccio, per quanto la pancia me lo permette, “grazie... anche per il regalo”.

Beh, devo dire che Al aveva ragione. E’ una femmina e, quando ne verrà a conoscenza, sono sicura che non farà altro che assillarmi per chiamarla Amelia. Mentre James inizierà a sfotterlo con la storia che è innamorato di Rose e che pensava volesse chiamarla come lei. A volte mi chiedo come quei due riescano ad abitare sotto lo stesso tetto senza menarsi a vicenda. E’ un mistero.

Io e mia cugina entriamo nella Tana e ci dirigiamo verso la sala da pranzo, dove, sicuramente, si saranno nascosti per farmi una sorpresa. Dovrebbe esserci tutta la famiglia al completo, compreso zio Charlie, il quale dovrebbe essere tornato da quella città dal nome impronunciabile soltanto per fare gli auguri a una sua nipote che ha visto, più o meno, cinque volte in tutta la sua vita. Non mi stupirei se avesse portato con sé un drago e se lo avesse spacciato per sua moglie. Sono sicura che avrebbe il coraggio di sposarsi un drago.

Tanto so che il regalo di compleanno che vorrei non verrà esaudito: Ted e Vic saranno sicuramente presenti, anzi, forse saranno addirittura i primi a farmi gli auguri. Almeno posso sperare che non si sbaciucchino durante la mia festa di compleanno.

Entriamo nella sala da pranzo e sento un auguri esplodere nell’intera stanza, mentre le luci si accendono, rivelando tutti i miei parenti in piedi davanti a me. Beh, posso dire che hanno conciato questo posto peggio che a Natale. Il solito tavolo è stato fatto sparire e al suo posto hanno messo dei tavolini per tutta la stanza, ci sono dei palloncini che volteggiano a mezz’aria e il centro della stanza è vuoto, cosa che vuol dire: pista da ballo.

Devo ammettere che ci sono tutti : mamma, papà, Jay, Al, zio Ron, zia Hermione, Hugo, zio George, zia Angelina, Fred, Roxy... d’accordo, se mi metto a fare l’appello di tutti i presenti, sono sicura che non finirei più di dire nomi. Devo ammetterlo: la famiglia Weasley è troppo grande. E lo diventerà sempre di più. Potrei scommettere che con l’avvento della nuova generazione, non riusciremo più a stare tutti intorno ad un unico tavolo alla Tana durante il pranzo di Natale, come tutti gli anni. E la cosa bella è che siamo tutti rossi e il gene dei capelli rossi nel DNA è duro a morire, soprattutto se proviene da una famiglia come quella degli Weasley.

Vedo papà avvicinarsi a me e prendermi in braccio, cosa che non faceva da quando avevo cinque anni e che, ne sono sicura, non è molto benefica per il bambino. D’accordo, per lA bambinA, “auguri, Lily”.

Gli do un bacio sulla guancia, prima che mi rimetta a terra e mi costringa a subirmi tutti gli auguri, da parte di tutti i parenti. Prevedo sarà una cosa lunga, come tutti gli anni. Anche mamma mi si avvicina e mi fa gli auguri a sua volta, abbracciandomi. Non è una cosa di tutti i giorni compiere diciotto anni e diventare maggiorenne anche nel mondo dei babbani. Non ricordo una festa così enorme anno scorso, per aver raggiunto la maggiore età nel mondo dei maghi. Probabilmente nonno Arthur sarà riuscito ad influenzare tutti con la sua ossessione verso i babbani. Potrei quasi scommettere dieci galeoni con zio George ed essere sicura di non perderli. D’accordo, di solito quando scommetto con zio George perdo sempre, ma questa volta sarei sicura di vincerli dieci galeoni.

Dopo aver ricevuto tanti - troppi - auguri - da parte di zio Bill, zia Fleur, zio Charlie, zio Percy, Lucy, Molly... d’accordo, se continuo così non finisco più -, vedo un ragazzo biondo avvicinarsi a me a fianco di Al. Ora Scorp mi sente.

“Auguri, Lilian” mi sorride, prima che mia cugina gli salti letteralmente addosso, facendogli quasi perdere l’equilibrio.

“Grazie, Scorpius” lo ringrazio, arrossendo leggermente e guardandolo negli occhi, “ho soltanto una cosa da dirti: se la prossima volta provi a spifferare qualcosa a mia cugina riguardo la gravidanza, giuro che ti crucio”.

Alla sua risata non posso far altro che sorridere e arrossire ancora di più, prima di vedere Ted Remus Lupin in persona avvicinarsi a me. Sento il sorriso, che prima mi tirava le labbra, sparire, quando me lo ritrovo davanti. Sento il cuore iniziare a battere velocemente e le guance avvampare.

“Grazie, Ted per gli auguri e anche per il bellissimo regalo, ora puoi anche tornartene da Vic” sbotto, incrociando le braccia al petto e considerando il bacio che si sono scambiati come regalo di compleanno.

 

Ted Pov.

D’accordo, non posso pretendere che Lily mi perdoni di punto in bianco, dopo tutto quello che è successo. Conosco la mia Lils e so che per farmi perdonare ce ne vorrà di tempo. Vedo i suoi occhi scuri pieni di delusione puntati nei miei.

“Lils, vorrei parlarti un attimo” so che è la trecentesima volta che le chiedo di parlare, ma ho bisogno di chiarirmi per tutto quello che è successo con Vic e per dirle quello che le è accaduto. Beh, penso che le interesserà sapere il perché Vic non è presente alla sua festa di compleanno.

“Possibile Ted, che l’unica cosa che vuoi fare sia quella di parlare, parlare e parlare?” sbuffa, guardandomi con sguardo duro, “non ne posso più di parlare”.

“Ho una cosa importante da dirti e credo che ti interessi” cerco di convincerla più con lo sguardo che con le parole. La vedo sospirare e sbuffare di nuovo, prima di seguirmi fuori dalla sala da pranzo.

“Di cosa si tratta?” mi chiede, appoggiando la schiena al muro del corridoio, le braccia conserte e il sopracciglio inarcato. La vedo avvicinarsi a me e guardarmi ancora con sguardo interrogativo.

“Puoi smetterla di stare così sulla difensiva?” le chiedo, appoggiando le mani sulle sue spalle, senza che lei protesti.

“Perché dovrei smetterla?” mi chiede, sbuffando.

“Perché mi fa male vederti così, Lily, sul serio” vedo i suoi occhi spalancarsi per lo stupore.

“E a me, secondo te, non fa male vedere Victoire incinta del padre della mia bambina?” sospira il suo orgoglio Grifondoro.

“Senti, Victoire ha... aspetta un attimo, hai detto bambina?” le chiedo, cambiando discorso e sorridendo.

“Sì, è una bambina, Ted” vedo un piccolo sorriso apparire sulle sue labbra rosee.

“Non darla in adozione, Lils, ti prego” la supplico, guardandola in quelle iridi, marroni come quelle di Ginny e leggermente verdastre come quelle di Harry.

“Ancora? Non hai altro da dire?” sbuffa, liberandosi dalle mie mani sulle sue spalle.

“Vic ha avuto...”.

“Lily?” sposto lo sguardo su ragazzo che mi ha interrotto. L’ho già visto a qualche pranzo di Natale e a qualche Capodanno e, se non ricordo male, dovrebbe essere il ragazzo di Rose, “c’è tuo zio George che vuole farti gli auguri... vi ho interrotti?”.

“No” dice Lily, puntando i suoi occhi dentro i miei, “ne riparliamo dopo, Ted”.

La seguo con lo sguardo, mentre rientra in sala pranzo, seguita da quello che dovrebbe essere Malfoy. Devo dirgli tutti, a partire dal bacio fino ad arrivare a quello che è successo a Vic. Mi avvicino alla porta e mi appoggio allo stipite.

 

Lily Pov

“Dov’è zio George?” chiedo a Scorp, rientrando al suo fianco nella sala da pranzo. Prometto solennemente che dopo andrò da Ted e gli chiederò cosa mi voleva dire, ma prima penso sia meglio finire di farmi fare gli auguri da tutti.

“Chi?” mi chiede, voltandosi a guardarmi con i suoi occhi chiari. Trovo strano che non si sia messo la sua cara cravatta Serpeverde anche per il mio compleanno. Forse è stata Rose a persuaderlo.

“Zio George. Sei venuto a chiamarmi perché doveva farmi gli auguri, dov’è?” gli chiedo con ovvietà, fermandomi.

“Non era vero niente, volevo soltanto salvarti da una discussione sgradita”.

“D’accordo, lui è il padre” ammetto, “beh, forse posso anche ringraziarti per avermi portata via da una discussione sgradita, come la definisci tu”.

“Dovere di amico” mi sorride beffardo, guardandomi divertito.

“E quand’è che fai il tuo dovere di fidanzato?” gli chiedo, guardandomi intorno, cercando di individuare mia cugina, “dov’è Rosie?”.

“E’ là da Al” risponde, indicandomi mia cugina con la testa.

“E perché tu non sei da lei?”.

Non ottengo nessuna risposta, a parte la sorpresa delle sue labbra sulle mie.

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Capitolo 21
*** Happy Birthday, Lils - 2nd part ***


Perdonatemi, perdonatemi, perdonatemi...

Scusatemi se non ho postato prima, ma sono stata molto occupata con la scuola, la banda e tutto il resto, quindi non ho avuto sufficiente tempo per scrivere questo capitolo. Dovevo postare ieri, ma il mio computer ha dei problemi in questo periodo, così sono stata costretta riscrivere l’intero capitolo. Questa storia non sarà più una Big Damn Table, perché non potrei mai riuscire a scrivere cento capitoli. L’ho rinnovata, le ho cambiato font e, considerando la mia sbadataggine, sono riuscita a cancellare il capitolo diciassette che vedrò di ripostare il prima possibile.

Vi chiedo ancora scusa e non so come fare a ringraziarvi per le sedici recensioni che mi avete lasciato al capitolo scorso. Siete davvero dolci *-* vi voglio tanto bene *-* e mi siete mancate - parlo al femminile perché non credo che qualche maschio si azzarderebbe a seguire una storia del genere - davvero tanto *-*

Se vi piacciono Lily e Ted, ho postato un’altra storia su di loro, si chiama Twenty Heartbeats ~. Se siete interessate e volete rendere un’autrice felice,  fateci un salto.

Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento. Giuro che non appena posto, corro subito a rispondere alle vostre recensioni e a ringraziarvi. Mi raccomando, lasciatemi un vostro giudizio anche su questo capitolo.

Un bacio enorme per avermi ridato la voglia di continuare questa storia,

Meli <3

 

 

Happy Birthday, Lils - 2nd part

«E quand’è che fai il tuo dovere di fidanzato?» gli chiedo, guardandomi intorno, cercando di individuare mia cugina. «Dov’è Rosie?»

«E’ là da Al» risponde, indicandomi mia cugina con la testa. Mi volto a guardarla mentre ride a qualcosa che ha detto mio fratello. Riporto la mia attenzione su Scorpius.

«E perché tu non sei da lei?»

Non ottengo nessuna risposta, a parte la sorpresa delle sue labbra sulle mie. Mi stacco immediatamente da lui, poggiando le mani sul suo petto e allontanandolo da me. Inarco un sopracciglio e lo guardo sorpresa, prima di correre fuori dalla sala da pranzo.

Scorpius Malfoy mi ha appena baciata. Voglio dire... il ragazzo di mia cugina, che tra l’altro è anche la mia migliore amica, ha appena baciato me. Voglio dire... perché diavolo l’ha fatto?

Non faccio in tempo a mettere il piede sul secondo gradino della rampa di scale per andare al primo piano, che una mano mi afferra il polso e mi strattona, costringendomi a voltarmi verso la figura dietro di me. Chi potrebbe mai essere se non il fantomatico ragazzo di mia cugina? Beh, non so se dire ex fidanzato...

«Sì, Scorpius?» sospiro, mentre lo guardo negli occhi. «Perché diavolo hai baciato me, invece di mia cugina? Forse ci hai scambiate... siamo entrambe rosse e molti ci scambiano per sorelle... ma per arrivare a baciare me invece di lei ce ne vuole.»

«Scusa Lily è che... dovevo farlo» è ufficiale, non ci capisco più niente. Inarco nuovamente il sopracciglio sinistro e incrocio le braccia sotto al petto, guardandolo con stupore.

«Potresti spiegarti meglio?» chiedo, cercando di capirci qualcosa anche io.

«Mi hai raccontato che Ted ha baciato Vic e così volevo darti una mano per ripagarlo con la stessa moneta» beh, non posso che essergli grata, l’unico problema è che, cercando di aiutare me, forse ha rovinato la sua relazione con Rose. Spero solo che mia cugina non ci abbia visto, altrimenti ce l’avrà a morte anche con me, nonostante io non abbia fatto niente.

«Non era necessario, Scorp» sospiro, sedendomi sul primo scalino e vedendo Scorpius sedersi accanto a me. «E non credo che si sia risolto qualcosa tra me e Ted. Augurati solo che Rosie non ci abbia visto.»

«Avanti Lily, Ted deve capire che ha sbagliato tutto e penso che questo sia stato il modo migliore. Poi, è da quando ti ho conosciuta per la prima volta che non riesco a pensare a nient’altro se non a te.»

«Non puoi esserti innamorato di me!» esclamo, guardandolo shoccata e con la voce piena di stupore. «Sei fidanzato con Rose, ami lei, non me. Non puoi essere innamorato di me e soprattutto non puoi dirlo a mia cugina: ci metteresti l’una contro l’altra e sai com’è fatta Rose! Mi ricordo ancora una volta ad Hogwarts quando lei usciva con un ragazzo, che alla fine le ha rivelato di essere uscita con lei soltanto per far ingelosire me. E quella volta non è stato facile per me farmi perdonare, figurati ora che succede la stessa cosa con un ragazzo del quale lei è sinceramente innamorata...»

D’accordo, forse sto andando in tilt, ma non voglio che mia cugina mi odi perché esisto. Rosie è la mia migliore amica da sempre ed essere odiata da lei solo perché un ragazzo che le piace ha ammesso di essere innamorato di me, mi farebbe stare molto male.

«E comunque, nonostante il modo in cui Ted si sia comportato, io sono follemente innamorata di lui. Sarò una stupida, ma lui è il mio Teddy Bear. Mi ha fatto soffrire con la storia di Vic e tutto il resto, ma io lo amo...» forse potevo anche risparmiarmelo questo discorso sdolcinato. Mi sembra di vedere, negli occhi di Scorpius, un piccolo accenno di tristezza. Devo ammetterlo. E’ un ragazzo meraviglioso e se il padre della mia bambina fosse stato lui, non penso che mi troverei in questa situazione ora. «Mi piaci, Scorp, mi piaci davvero tanto. Sei una bella persona, seriamente, e, se io non fossi incinta e tu non fossi fidanzato con mia cugina, giuro che un pensierino su di te lo farei volentieri.»

Vedo un sorriso far capolino sulle sue labbra, mentre i suoi occhi di ghiaccio mi scrutano attentamente. «Sai cosa? Ted è davvero uno stupido. Non capisce niente. Ha conquistato il cuore di una fanciulla meravigliosa, dalla quale aspetta anche un figlio, ma è come se non se ne rendesse conto. Come se fosse cieco.»

«Così sarei una fanciulla meravigliosa?» ridacchio, cercando di cambiare discorso. «Forse perché non mi conosci fino infondo, ma in me, di meraviglioso, c’è davvero poco. Però, grazie.»

Senza un’idea precisa in testa, mi avvicino a lui e lo abbraccio, circondandogli il collo con le braccia e poggiando la testa su una sua spalla. Sento le sue mani circondarmi i fianchi e stringermi a sé, in un abbraccio del quale avevo davvero bisogno. Beh, la cioccolata è un buon metodo per bilanciare la carenza d’affetto, ma se hai davanti un bel ragazzo, biondo e meraviglioso, perché non bilanciare la carenza d’affetto con un bell’abbraccio? D’accordo, forse è meglio se smetto di pensare, no?

«Senti come scalcia» è l’unica cosa che dice, quando si rompe l’abbraccio. Mette una mano sulla mia pancia per sentire la piccola. «E’ davvero un peperino. Secondo me dovresti darle un nome adeguato e che rispecchi il suo carattere.»

«Ci penserò su» ammetto, sorridendogli. «Vai da Rose, avanti! E spera che non ci abbia visto.»

Annuisce e si alza, prima di camminare verso la sala da pranzo. Mi manca la mia cara amica Nutella. Avanti, sta diventando peggio di un’ossessione. Una vera e propria droga.

«Dai Scorp, pensi realmente che io non vi abbia visto!» ecco l’urlo di mia cugina. Perfetto, lei ci ha visto e, quasi sicuramente, ci avranno visto tutti tranne Ted. Fantastico, adesso, prima che mia cugina creda alle mie parole e mi perdoni ne dovrà passare di tempo. «L’hai baciata!»

«Rosie, aspetta un attimo» perché Scorpius parla sempre così pacatamente e in modo molto placido? Come diavolo fa a rimanere calmo anche quando la sua ragazza gli urla in faccia? «Non era un vero bacio...»

«Smetti di dire fandonie! Vai via! Ti odio» mi sporgo con la testa verso il corridoio, così da poter vedere mia cugina affranta cacciare via uno Scorpius completamente calmo.

«Rose, ascoltami. Quello che hai visto non era niente, era soltanto un modo per cercare di far ingelosire Ted. Ho voluto darle una mano per farla pagare a quell’idiota» mia cugina incrocia le braccia sotto al petto e sembra non credergli.

«Ne ho abbastanza di tutte le tue cavolate. Ti odio! Vai via!» Rose lo spinge via, allontanandolo da sé. E’ tutta colpa mia. Tutto questo casino è successo per colpa mia. Se non avessi ceduto quella notte, se non fossi rimasta incinta, tutto questo gran casino non sarebbe successo. Vorrei tanto vedere come sarebbe stata la mia vita se non aspettassi questa bambina. Molto probabilmente non sarebbe così incasinata, ma forse sarebbe vuota. Ormai questa bambina è parte della mia vita, nonostante me ne penta, non posso che essere felice di aspettare un bambino.

«Rosie...»

«Mi fai schifo... vai via» vedo Scorpius che non cerca di ribattere e se ne va via, incamminandosi verso la porta d’uscita. Dopo pochi secondi posso sentire la porta sbattere, segno che lui se n’è andato. Sento mia cugina singhiozzare, ma non ho il coraggio di avvicinarmi a lei. Molto probabilmente caccerebbe via anche me, come ha fatto con Scorp.

Appoggio la testa al muro e socchiudo gli occhi, mentre mi porto una mano alla pancia. Non potevo starmene a casa mia quella sera? Avrei risparmiato a tutti un monte di patimenti inutili e di rotture non programmate.

«Cos’è successo, Rose?» voce troppo familiare.

«Niente, Al» cerca di negare mia cugina, mentre la sento tirare su con il naso. Non può essere mio fratello, quello che sta consolando Rose. Non può essere lui. «Sto bene, non è successo niente, stai tranquillo.»

«Allora perché stai piangendo? Hai litigato con Scorp?» mi sporgo nuovamente quel che basta per vederli, in fondo al corridoio. Vedo mio fratello asciugarle qualche lacrima che le è caduta sulle guance.

«L’ho mandato via e gli ho detto che lo odio» ammette Rose, mentre si guarda le scarpe, come se si sentisse in imbarazzo. «Secondo te è finita?»

«Non credo, Rosie» le risponde Albus, mentre le porta un ciuffo di capelli rossi dietro un orecchio. «Ma ora smetti di piangere, d’accordo? Sai che fai star male anche me se piangi.»

«Va bene» vedo mia cugina sorridere, prima di fiondarsi tra le braccia di mio fratello. «Grazie, Al.»

«Sono qui per te, Rosie. Se hai bisogno di qualcuno con cui sfogarti o, che ne so, qualcuno da prendere a cazzotti, io sono qui apposta» le sussurra in un orecchio, prima di lasciarle un bacio sui capelli rossi. Voglio dire... mia cugina e mio fratello. Rose e Albus. Weasley e Potter.

Li vedo prendersi per mano, prendere i loro rispettivi mantelli e uscire dalla porta principale della Tana. Mi alzo dal primo scalino sul quale ero seduta e sospiro, mentre mi passo una mano sugli occhi. Sbuffo, prima di rientrare nella sala da pranzo.

«Tutto bene, Lily?» mi chiede James, scuotendomi per un braccio.

«Certo» gli rispondo, fingendo un sorriso. «Sai che Al e Rosie sono andati a farsi un giro insieme? Spero solo che il nostro caro fratellino non pensi di avere un chance con nostra cugina. Voglio dire... sono cugini, non ci potrà essere mai niente tra loro.»

«Dici sul serio?» inarco un sopracciglio, guardando piena di stupore il mio caro fratellone. Sembra che sia appena sceso dalle nuvole, eppure pensavo che fosse anche lui contrario all’innamoramento di Al per Rose.

«Certo che dico sul serio» rispondo con ovvietà, guardandolo sorpresa.

«Se la pensi così...» se ne va, passandomi di fianco. Capire mio fratello, a volte, è una vera e propria impresa, peggio che scalare l’Everest.

Scuoto la testa e mi dirigo verso i miei genitori. «Mamma, hai visto Ted?»

«Sì, dovrebbe essere andato di sopra» mi risponde, sorridendomi. «Dov’è Al?»

«L’ho visto uscire con Rose, probabilmente sono andati a farsi un giro.»

«Jamie

«Vuoi dire quell’idiota enigmatico che dice cose senza senso e che sembra sempre che scenda dalle nuvole? Beh, l’ho perso di vista» ammetto, sorridendole. «Perché ti interessa sapere dove sono?»

«Zio George mi ha detto che sta cercando una persona che lo aiuti in negozio, così ho pensato subito ad uno di loro due, considerando che Albus ha avuto dei problemi nell’ultimo periodo con la Gazzetta del Profeta e che James smetterebbe molto volentieri di prendere lezioni per diventare Auror come papà. Sai che non gli è mai piaciuto quel lavoro e che la sua indole è molto simile a quella di zio George.» la sua risposta mi fa accendere una lampadina, come in quei cartoni animati babbani.

«Posso farlo io?» le chiedo istintivamente.

«Cosa?»

«Andare a lavorare in negozio con zio George, Fred e Daisy. Considerando che quest’anno ho perso un anno di scuola e che non avrò niente da fare fino alla nascita della bambina, potrei andare io» mi piace come idea, poi ho sempre desiderato lavorare nel negozio di zio Fred e zio George, con mio cugino Fred e una ragazza che si chiama Daisy e che lavora lì da sei mesi, circa. 

«Proverò a chiedere a tuo zio» sospira, sapendo che quando mi metto in testa una cosa non mi ferma più nessuno.

Le sorrido e corro fuori da quella stanza, precipitandomi su per le scale, fino al primo piano. Mi guardo un po’ intorno ed entro nella stanza dove dormiva mia madre, quando abitava ancora alla Tana. Non essendoci nessuno, esco e salgo la seconda rampa di scale, fino ad arrivare al secondo piano ed è lì che noto un cesto di capelli viola, di fronte alle stanza degli zii Fred e George e a quella di zio Percy.

«Ted...» lo chiamo, mantenendo la voce bassa. Si volta verso di me e mi sorride, avvicinandosi.

«Qual buon vento?» mi chiede, mentre mi scruta con i suoi occhi scuri e non riesce a smettere di sorridere.

«Se non sbaglio dovevi finire il discorso di prima, no?»

«Solo dopo che mi avrai spiegato perché Scorpius Malfoy ti ha baciata» non posso non sorridere a questa affermazione, sapendo già direttamente cosa rispondergli.

«Beh, per lo stesso motivo per cui Vic ti ha baciato al San Mungo, quando è nato Peter» ridacchio, prendendo una sua mano in una mia e stringendola. Il suo calore mi riscalda e mi fa sentire al sicuro. Nonostante tutto quello che è successo, io l’ho perdonato e non mi interessa se aspetta un figlio da altre trenta donne, so soltanto che io lo amo. «Cos’è successo alla mia cara cuginetta, alla quale voglio tanto bene?»

«Ha avuto un aborto, Lily» mi risponde con voce atona, mentre stringe a sua volta la mia mano. «E mi ha rivelato che non ero io il padre del bambino.»

Qualcuno mi tiri un pizzicotto, credo di star sognando. Voglio dire... non può essere assolutamente vero. Certo, mi dispiace del fatto che abbia avuto un aborto, ma sicuramente il fatto che Ted non era il padre non può che rendermi felice. Gli butto le braccia al collo, abbracciandolo con tutta la forza che ho e sentendo le sue braccia intorno ai miei fianchi, stringermi a lui.

«Mi dai una seconda occasione per fidarti di me e credermi?» mi sussurra in un orecchio.

«Sì, ma vedi di non deludermi questa volta» rispondo, sciogliendo l’abbraccio, ma lasciando le mie braccia intente a circondare il suo collo. «E andiamoci piano, d’accordo, Teddy Bear?»

«Va bene, Lils.»

E l’unica cosa che percepisco è il bacio che mi da, posando dolcemente le sue labbra sulle mie.

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