Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
A tutti voi.
Se avete letto la storia o la aprite per la prima volta,
se l’avete messa tra le preferite,
le seguite,
o tra quelle da ricordare,
se siete talmente dolci da lasciarmi una traccia del vostro passaggio,
o se perdete parte del vostro tempo a leggere solamente.
Un grazie enorme dal cuore,
Melissa <3
Dopo tanto, forse troppo tempo,
ho deciso di rinnovare questa storia,
rendendola più leggibile,
cambiandole font e decidendo di non farla essere più una Big DamnTable.
Cento capitoli sono troppi e non avrei la minima idea di cosa scriverci.
Spero che asseconderete la mia scelta e che continuerete a seguirmi,
fino alla fine! <3
Prologue
Perché
a me? Perché? E' successo tutto così in fretta che non mi sembra vero. Com'è
successo? Com'è potuto succedere? Beh... questo lo so. So com'è successo tutto,
anche se forse - anzi, sicuramente - sarebbe meglio che non fosse
successo niente, e invece ora mi ritrovo in questa posizione scomoda, senza una
soluzione. Perché l'ho fatto? Perché? Beh... Ted. Perché sono innamorata di
lui, ecco perché. Come diavolo faccio ora? Come faccio? Non pensavo di
essere... beh, si, insomma... di essere... mi viene male solo a pensarci. Non
so assolutamente come fare, non vedo nessuna soluzione e mi sa che non ne troverò
neanche una. Mi sa che dovrò vuotare il sacco prima che tutto sia evidente, è
l'unica cosa che posso fare: dire la verità a tutti, soprattutto a Ted. Dire la
verità a Ted? No, non posso. Rovinerei definitivamente la sua relazione con
Victoire - cosa che provo da fare da anni, ma questa motivazione non mi sembra
quella migliore - e ho paura della sua reazione. Come posso fare? E cosa gli
dico? Ted, io sono... no, riproviamo... Ted, ti ricordi la cosa successa circa
un mese fa? Beh, io... no, non va bene... Ted, io aspetto... se continuo di
questo passo non vado da nessuna parte. Soprattutto perché devo farmi coraggio
e dire quella maledetta parola. Il vero problema non è dirlo solo a Ted, ma
anche a tutto il resto della famiglia. A mamma e papà, a James e Al, agli zii,
ai nonni... ho fatto la stupidaggine più grande di tutta la mia vita ed ora ne
pago le conseguenze. Se mi ritrovo in questa situazione è solo colpa mia e
della mia stupida infatuazione per Ted. Fantastico!
Alzo
lo sguardo al soffitto bianco del bagno di casa mia. Sono chiusa qui dentro da
una mezz'oretta buona, fortuna che i miei e James e Al sono fuori. Ci manca
solo che scoprano tutto e poi sono apposto. Abbasso lo sguardo sul test che si
trova tra le mie mani, smaltate di un rosso acceso. Positivo. E' positivo e la
mia vita è finita, è positivo e la mia ricompensa è la condanna a morte. Sento
una lacrima bagnarmi la guancia. Non ho la forza di fermare il suo cammino
sulla mia faccia, come non ho la forza di impedire alle altre di seguirla. La
mia vita è diventata un inferno e da ora in poi sarà sempre peggio. Sono...
sono incinta. Avrò un bambino, il mio bambino, il bambino mio e di Ted, nato da
un errore, da uno stupidissimo errore. Lascio cadere il test a terra accanto a
me e mi metto le mani sulla pancia ancora piatta.
"Non
è colpa tua..." sussurro più a me che alla vita che si sta sviluppando
dentro di me, "... non è colpa tua se è successo tutto questo. E' colpa
solo della tua mamma, che è irresponsabile..." ripenso alla parola 'mamma'
e mi vengono i brividi. Sarò mamma a diciassette anni, avrò un figlio a
diciassette anni, dovrò crescere un figlio a diciassette anni. Lascio le mani
sul mio ventre. Le lacrime continuano a rigarmi il viso e inizio a
singhiozzare. Incrocio le braccia sotto il petto, a contatto con la maglia
rossa, che nasconde, anche se ancora non visibile, la mia gravidanza. Come farò
a dirlo a mia madre? A mio padre? A Ted?
"Eh,
piccolo? O piccola, naturalmente. Come faccio a dirlo ai nonni, eh? Hai qualche
idea?" continuo a sussurrare alla mia pancia, rendendomi conto di quanto
la mia situazione mi abbia dato alla testa, "cosa sto facendo?" mi
chiedo, scuotendo la testa, portando le mani alla faccia ed asciugandomela. Mi
alzo in piedi e distruggo il test con un incantesimo, fermando a specchiarmi
nello specchio. I capelli fuoco sono scompigliati e ribelli, i miei soliti occhioni
verdi sono spenti e arrossati e non allegri come sempre. Osservo la maglia
rossa bagnata da alcune lacrime cadute su essa, lo stesso per la minigonna di
jeans. Scuoto la testa e distolgo lo sguardo, spostandolo sulla porta di legno.
Inizio a camminare verso di essa. Ogni passo mi fa crescere sempre di più la
paura della reazione dei miei parenti quando sapranno della gravidanza. Arrivo,
dopo lunghi ed interminabili secondi parsi un'eternità, alla porta. Metto una
mano su essa e rimango ferma e immobile, riflettendo su cosa dovrei fare.
Un'altra lacrima cade, rigandomi la guancia. Apro la porta e corro in camera
mia, nascondendomi sotto le coperte del mio letto e iniziando a piangere a
dirotto, fino a quando Morfeo mi accoglie tra le sue braccia.
Quando
mi sveglio, guardo la sveglia sul comodino accanto al mio letto, capendo di
aver dormito un paio d'ore. Mi alzo svogliatamente dal letto fino a mettermi a
sedere, ricordando la mia situazione. Mi lascio cadere sul morbido materasso
che attutisce la mia 'caduta' e mi passo una mano sugli occhi. Decido
definitivamente di alzarmi e di andare a cena. Sicuramente i miei saranno
tornati e anche se non ho fame mi conviene andare a cena, giusto per non farli
sospettare di me. Mi alzo dal letto e mi avvicino allo specchio, osservando
attentamente i miei poveri e arrossati occhi. Prendo il set di trucchi
regalatami da Vic per il mio scorso compleanno e mi trucco, anche se non è la
cosa che amo di più al mondo, fino a quando i miei occhi gonfi sono meno visibili
possibile. Mi stiro la minigonna di jeans e mi accomodo la maglia, preparandomi
ad uscire da camera.
"Ted?
Ci sei, Ted? Sei in casa?" chiedo, entrando in casa di Vic e Ted, i quali
hanno iniziato a convivere da un anno circa. Ho trovato la porta aperta e sono
entrata per assicurarmi che Ted stia bene. Mi trovo qui perché voglio parlare
un po' con il mio Teddy Bear, anche mio migliore amico e confidente, a parte
Rose, naturalmente. Mi dirigo verso il salotto e lo vedo sdraiato sul divano,
dormiente, con una bottiglia di alcolici in mano. Perché, Ted? Perché ti sei
ubriacato? Decido di andare via e di lasciarlo lì, ma lui si sveglia e mi
scruta attentamente, cercando di capire come sono entrata.
"La
porta era aperta" rispondo alla sua domanda indiretta, "sono passata
di qui perché volevo parlarti e vedere come stavi, ma... perché ti sei ridotto
così?".
"Victoire"
mi risponde, alzandosi dal divano e passandosi una mano sul volto. Rimango
immobile, osservandolo direttamente negli occhi, "abbiamo litigato e se
n'è andata. Penso che questa volta non tornerà più" mi dice, facendosi
cadere una lacrima sul volto, commuovendomi. Non posso sopportare di vederlo
piangere, è troppo per me, per il mio povero cuore, "aiutami, Lils...
aiutami a dimenticarla, ti prego" mi supplica, avvicinandosi a me e
guardandomi con il suo solito sguardo implorante.
"In
che modo, Ted? Poi sei ubriaco. Senti, dormici sopra, io devo andare, ci
sentiamo, ciao" mi congedo, cercando di uscire da casa sua. Mi blocca,
prendendomi per un polso e facendomi voltare verso di lui. Il mio cuore inizia
a battere all'impazzata sia per la paura che per l'adrenalina. Sinceramente in
questo momento ho paura di Ted, cosa che non ho mai provato. La stretta che
tiene sul mio polso mi fa leggermente male, "lasciami. Devo andare, Ted,
non posso aiutarti e poi in quale mo...?" vengo interrotta dalle sue
labbra che si posano sulle mie. In questo momento non capisco più niente. Il
mio cuore batte a una velocità pazzesca, quasi penso che mi uscirà dal petto e
le mie labbra vogliono fare di tutto per rispondere a quel bacio appassionato,
ma il mio cervello e la mia parte di mente sana non glielo consente, creando in
me una confusione interna. Cerco di resistere, di non lasciarmi andare. Non
posso farlo... non con Ted che sta con Vic, perlomeno. Il mio cervello cede e
le mie labbra rispondono al bacio, facendomi stringere a lui e facendo aderire
il mio corpo con il suo.
Ripenso
a quella maledetta sera e il continuo è scontato, vista la situazione in cui mi
trovo ora. Ted non si ricorda niente di quella sera, soprattutto perché dopo
che è successo tutto, me ne sono andata prima che lui si svegliasse e la
sbronza deve avergli offuscato la memoria. La situazione va di bene in meglio!
Apro la porta e mi dirigo in cucina a passo di bradipo e quando arrivo davanti
alla stanza intravedo, seduto accanto a papà, l'ultima persona che vorrei
vedere sulla faccia della Terra: Ted. Potrei battere in ritirata e tornare in
camera, ma mamma mi ha vista e mi fa cenno di entrare per la cena. Ubbidisco, raccimolando tutta la dignità possibile e facendo un
sorriso falso e sforzato. Mi siedo al mio posto che si trova tra James e Ted,
purtroppo.
"Ciao,
Ted..." lo saluto a malapena, senza incontrare i suoi occhi. So che potrei
scoppiare a piangergli davanti e poi mi toccherebbe spiegare il perché, quindi
è meglio evitare i suoi occhi. Sento alla mia sinistra James e Al che parlano
di Quiddich e vedo papà intento a leggere la gazzetta del profeta, mentre mamma
è impegnata a cucinare.
"Beh...
come va, Lils?" mi chiede, Ted, facendomi abbassare lo sguardo sulle mie
unghie, la cosa più interessante di questo momento. Come va? Bene, va tutto
bene, tutto alla grande! Mi hai messa incinta e aspetto un figlio a diciassette
anni, non ti sembra che meglio di così non può andare?! Le parole mi muoiono in
gola, facendomi venire in mente la risposta automatica.
"Bene...
tu, invece?" gli chiedo, lasciando lo sguardo sullo smalto rosso. Ho
sempre odiato lo smalto, ma ho deciso di cambiare. Tanto ora nella mia vita
cambieranno parecchie cose, quindi...
"Benissimo...
io e Vic stiamo pensando di sposarci e forse anche di avere un figlio" mi
dice, sottovoce e dandomi un grandissimo colpo al cuore, frantumandomelo in
miliardi di pezzettini. Io aspetto un figlio da te, non ti basta?! A parte il
fatto che tu non lo sai e che non so quando lo verrai a sapere.
"Sono...
felice per voi" mi sforzo, senza sorridere e mantenendo lo sguardo basso.
"C'è
qualcosa che non va, Lils?" mi chiede, notando il mio comportamento
strano. Le mie bugie non funzionano con lui, è inutile.
"No,
niente" dico alzando lo sguardo fino a incrociare i suoi occhi, distolgo subito
lo sguardo, spostandolo su mio padre, "papà, come è andata oggi?"
chiedo, cercando di sembrare la più normale possibile.
"Bene,
tranne il fatto che ho scoperto che tua cugina è incinta" mi dice, alzando
lo sguardo smeraldino su di me.
"Chi?
Rose?" gli chiedo, allarmandomi immediatamente e ricordandomi che anche io
sono nella stessa situazione.
"No,
Roxanne... ed ha solo quindici anni. Come si fa a
rimanere incinta a quindici anni?" chiede più a se stesso che a me.
"Sai
come si fa, Harry" dice mamma, servendo la cena. Ha fatto il pollo
arrosto, piatto che io amo da morire, ma stasera il mio stomaco è piuttosto in
subbuglio e non ho molta fame.
"Sai
quello che intendevo... il fatto è che ho visto George oggi, e l'ho visto
davvero sconvolto" dice, prendendo un pezzo di pollo e mettendoselo nel
piatto. Mamma si siede tra lui e Ted, di fronte ad Al.
"Papà,
vorrei vedere la tua reazione se scoprissi che Lily è incinta" dice James,
facendomi gelare il sangue nelle vene. Prendo anche io un pezzo di pollo e lo metto
nel piatto, iniziando a stuzzicarlo e cercando di rimanere impassibile
all'affermazione.
"Non
diciamo scempiaggini, sono sicura che Lily ha la testa sulle spalle, quindi non
si ritroverà nella stessa situazione di Roxy" si
intromette mamma, iniziando a mangiare il suo pezzo di pollo e guardando in
malo modo James, "non è così Lilian?" mi chiede conferma. Rimango in
silenzio due secondi, poi decido di rispondere.
"C-Certo,
mamma" rispondo, continuando a giocherellare con il pollo. Alzo leggermente
lo sguardo e vedo Ted guardarmi in modo strano. Ho paura che abbia capito
tutto. Lui sa che quando balbetto sto mentendo. Le mie bugie non funzionano con
lui. Con lui non serve mentire.
"Poi
io non sarei ancora pronta per diventare nonna" aggiunge mamma,
sorridendo. Mi dispiace mamma di deluderti.
"Anche
io, sinceramente non sono pronto per diventare nonno, anche se James e Al
potrebbero già iniziare a mettere su famiglia" dice papà, ridendo e
mangiando.
Il
resto della cena passa in modo abbastanza piacevole. Certo, per tutti tranne
che per me. Non voglio vedere la reazione di mamma e papà quando scopriranno tutto. Non faccio tanto caso a quello che
dicono e mi sforzo di mangiare la mia poca porzione di pollo.
"Beh,
allora io vado..." dice Ted, alzandosi, " grazie per la cena".
"Ciao
Ted" dicono all'unisono mamma, papà, James e Al.
"Lily
accompagnalo alla porta" mi dice mamma, indicandomi Ted con la testa. Io
annuisco senza protestare e ci incamminiamo nel corridoio arrivando davanti
alla porta d'ingresso.
"Ciao,
Ted, ci vediamo" gli dico, aprendogli la porta per farlo uscire.
"Ciao,
Lils... posso chiederti una cosa?" mi chiede, facendomi venire male. Ho
paura che possa chiedermi la cosa che temo. Annuisco, "non è che sei
incinta o qualcosa del genere?" il mio cuore perde un battito. Ha capito
tutto ed io ora devo mentire, non lo può venire a sapere così e soprattutto
ora. Ancora non sono pronta a dirgli niente, la sua curiosità dovrà aspettare.
"Cosa?!
Chi?! Io? Avanti, non essere ridicolo" mento come una brava attrice. Piano
piano sto imparando a mentire sempre meglio e in
questo caso mi serviranno le mie bugie migliori. Forse riuscirò anche ad
ingannare Ted se uso il mio talento di attrice.
"D'accordo.
Beh, ricorda: se hai bisogno di qualcuno con cui parlare, io ci sono. Ti voglio
bene, Lils" mi dice, uscendo dalla porta e rimanendo sulla soglia. Non lo
vedo molto convinto della mia risposta, e nascondo la verità con un falso
sorriso.
"Oh,
anche io ti voglio bene, Ted" gli dico, soffocando il mio 'ti amo' e abbracciandolo forte. Sento che presto dovrò
dirglielo, possibilmente prima che si sposi con Vic e che lei rimanga incinta.
Lo stringo forte, pensando che lui sarà il padre di mio figlio, di nostro
figlio - o figlia, naturalmente -. Io e lui, mamma e papà, Lily e Ted. Quando
l'abbraccio si rompe, mi avvicino un altro po' tanto da baciargli la guancia,
ma un suo movimento fa finire le mie labbra sulle sue. Mi allontano
immediatamente, vedendo la sua faccia sorpresa. Lo vedo arrossire leggermente,
prima di farmi un cenno con la mano in segno di saluto ed andarsene, mentre io
chiudo la porta e sospiro, pensando a quello che è appena successo e a quello
che succederà.
Scuoto
la testa e torno in cucina, trovandovi solo mamma. Molto probabilmente papà,
James e Al saranno a parlare in salotto, come al solito. E' così che funziona
in casa nostra, la maggior parte delle volte. Io e mamma, e papà, James e Al.
Entro sorridendo, avvicinandomi all'acqua, prendendo un bicchiere e
versandomene un po’. Mi volto verso mamma, la quale è seduta a tavola, e inizio
a bere lentamente.
"Che
c'è?" le chiedo, vedendo i suoi occhi cioccolata persi su di me. Non so
cosa stia pensando, ma non penso che abbia capito della gravidanza. O almeno lo
spero. Tanto prima o poi dovrà saperlo. Prima o poi glielo dirò.
"Niente...
come sei cresciuta in fretta, Lily" mi dice, sorridendo e passandosi una
mano tra i capelli rossi, "sembra ieri che sei nata, che ti ho tenuto in
braccio per la prima volta e che papà ti ha fatto tenere in braccio per la
prima volta da Teddy. Invece sono già passati diciassette anni...".
"Si,
sono cresciuta e sono anche abbastanza matura per la mia età, no?" le
chiedo, continuando a bere.
"Si
e sei anche molto responsabile, rispetto a tua cugina" mi dice. Capisco
che si sta riferendo a Roxy
e che quello che le ha detto papà l'ha turbata, "rimanere incinta a
quindici anni... mi sembra troppo presto... vabbè, la cosa importante è che tu non abbia
commesso lo stesso errore di Roxanne".
"Si"
rispondo automaticamente, fingendo. Non so come dirglielo. So che la deluderò e
che non penserà più che sono responsabile. E sicuramente penserà che anche il
padre del mio bambino non è molto responsabile, quindi ce l'avrà anche con Ted.
Lo stesso vale anche per papà. Forse lo rinnegheranno come figlioccio e lui
sarà costretto ad andarsene, a sposare Vic e a fare una famiglia con lei,
lasciandomi crescere nostro figlio da sola. Spero di no. Spero che siano
comprensivi. Cosa c'è da essere comprensivi? Che io avevo - ho - un debole per
lui e sono ceduta, vedendolo ubriaco e triste? Non c'è niente da essere comprensivi.
Finisco
di bere il mio bicchiere d'acqua e mi avvicino a mamma. Le do un lieve bacio
sulla guancia e sparisco dalla porta della cucina, dirigendomi in camera mia,
senza neanche dare la buonanotte agli altri. Mi metto il pigiama, mi lavo i
denti e poi mi nascondo sotto le coperte, non riuscendo a ripudiare le lacrime.
Dovrei parlare con qualcuno della mia situazione, non posso tenermi tutto per
me. So che alla fine dovrò dirlo a tutti, ma almeno per ora avrei bisogno di un
confidente. Potrei andare da Rose. O forse potrei andare da Roxy, sono sicura che capirebbe la mia situazione
più di chiunque altro. Oppure potrei parlarne con Dominique. Non lo so, ci
penserò. Chiudo gli occhi e dopo qualche minuto mi assopisco, addormentandomi
in un sonno movimentato.
Mi
sveglio, sentendo un raggio di sole illuminarmi il volto e apro gli occhi,
rendendomi conto che è già mattina. Non ho voglia di alzarmi dal letto, vorrei
rimanere qui a piangere su me stessa e sull'errore che ho commesso. Vorrei non
alzarmi più da questo letto. Svogliatamente mi alzo a sedere e metto le gambe
fuori dal letto. Sento bussare alla porta.
"Avanti"
dico, restando seduta e abbassando lo sguardo sulla mia pancia. Tra qualche
mese sarò enorme e non potrò più nascondere niente. Vedo mamma apparire dalla
porta con una maglia fucsia, un giubbotto verde-acqua, una sciarpa rossa, una
gonna nera, un paio di calze nere e un paio di stivali neri. Mi chiedo come
stia facendo a tenere in mano tutta questa roba e dove l'abbia presa, ma
qualcosa mi fa pensare che sia quello che dovrò indossare oggi, molto
probabilmente per una grande occasione, "mamma, cosa...?".
"Questi
erano dei miei abiti di quando avevo la tua età, voglio vedere se ti
stanno" mi dice, indicando i vestiti e posandoli sul letto.
"L'abitudine
dei Weasley non cambierà mai: vestiti che passano di generazione in generazione
e il gene dei capelli rossi nel DNA" dico, sarcastica alzandomi e
osservando i vestiti. Non sono neanche tanto male, "dai, cosa c'è
sotto?".
"Niente
di particolare: andiamo a pranzo da nonna Molly e ci dovrebbe essere anche Roxy, quindi..." mi dice
senza terminare la frase e facendomi capire quello che mi vuole dire. Le
diranno le stesse cose che diranno anche a me quando lo verranno a sapere.
Almeno sarò preparata.
"Ah...".
"Cosa
aspetti?" mi incita a provarli.
Mi
alzo la maglia del pigiama per levarmela dalla testa, ma la riabbasso di
scatto, per paura che possa notare leggermente qualcosa. Sicuramente non si
vede ancora niente, ma ho paura.
"Non
ti vergognerai mica di tua madre?" mi chiede, sorridendomi e guardandomi
in modo un po' strano. Rispondo al sorriso e faccio il sacrificio di indossare
gli abiti che mi ha portato.
"Che
ne dici? Secondo me, stai benissimo" mi dice, avvicinandosi a me.
"Si,
mi piace" le rispondo, guardandola.
"Vieni
qui" mi dice, abbracciandomi forte. Rispondo all'abbraccio, tentando di
ripudiare la voglia di dirle tutto. E' da solo un giorno che tengo nascosta
questa storia, ma sento il bisogno di vuotare il sacco, "ti aspetto giù,
mi raccomando: muoviti" mi dice, rompendo l'abbraccio e uscendo da camera
mia. Mi do una sistemata ai capelli e mi metto il giubbotto e la sciarpa, prima
di uscire a mia volta dalla camera.
Quando
arrivo giù vedo la porta aperta e intravedo fuori mamma, papà, James e Al
allontanarsi con zia Hermione, zio Ron e Hugo, mentre Rose mi sta aspettando
fermamente sulla soglia. Scendo le scale il più veloce possibile, sorridendo a
mia cugina.
"Come
sei elegante" mi dice, iniziando a camminare mentre io chiudo la porta di
casa, "sicuramente farai colpo su Ted" lei sa tutto, anzi, non
proprio tutto. Sa della mia stupidissima cotta, ma non sa niente di quella
sera, di quello che è successo tra me e Ted.
"Rosie,
l'ho fatto..." dico, senza riflettere su quello che sto dicendo. E' come
se la mia bocca si fosse mossa da sola. Spero che capisca quello che le ho
detto, senza essere obbligata a dire la parola chiave.
"Hai
fatto cosa?" mi chiede, posando i suoi occhi celesti sul mio volto, mentre
continuiamo a camminare verso la sua macchina. Vedo il suo sorriso rimanere
sulle sue labbra, ma sparire quando il mio assume un'espressione triste.
"L'ho
fatto... ho fatto... i-io..." balbetto, abbassando lo sguardo e
mimetizzandomi con i capelli. Devo dirglielo. Infondo lei è la mia migliore
amica, io e lei non abbiamo segreti. Io so tutto di lei e lei sa tutto di me.
"Calmati"
mi dice con voce dolce, mentre saliamo in macchina. Ho tutto il viaggio per
raccontarle tutto e fortuna che siamo solo io e lei, "raccontami cosa è
successo".
"I-Io...
Roxy... io come Roxy... io ho..." le dico,
facendo cadere una lacrima sulla mia guancia. Si volta verso di me, prima di
mettere in moto la macchina. Il suo sguardo è molto allarmato e non ci sarebbe
da stupirsi.
"Lo
hai fatto? Quello? Con chi? Eh, Lils, con chi?" mi chiede, ancora più
allarmata. Mi metto una mano tra i capelli e chiudo gli occhi, pronta a
pronunciare il nome del ragazzo - dell'uomo - che mi ha messa incinta.
"Ted..."
le dico semplicemente, sentendo altre lacrime bagnarmi il viso. L'ho detto, ho detto
tutto. Beh, quasi tutto... rimane la parte più difficile.
"Ted?"
mi chiede incredula, voltandosi verso di me per un attimo per poi riportare lo
sguardo sulla strada.
"Si...
e..." le dico, portandomi le mani alla pancia e abbassando lo sguardo.
"E...
cosa?" mi chiede, spostando lo sguardo su di me e vedendo le mie mani
unite sul mio ventre. La vedo rispostare
improvvisamente lo sguardo davanti, "oh, Lily... come?" mi chiede. So
di aver deluso anche lei, ma prima di tutti ho deluso me stessa.
"Ho
trovato Ted ubriaco perché Vic se n'era andata e mi ha chiesto di dimenticarla.
Io sono ceduta e... ed è successo tutto..." purtroppo è successo e ora non
so come porvi rimedio.
"Ted
lo sa?".
"No..."
le rispondo, iniziando a singhiozzare, "Rose, non so come fare. La mia
vita è uno schifo e ora... sono anche incinta e per di più del ragazzo per cui
ho una cotta da quando sono nata, il quale è fidanzato con mia cugina, è il
figlioccio di mio padre ed ha dieci anni più di me. Potrebbe andare
peggio?".
"Si,
se non ci fossi stata io non avresti avuto nessuno con cui sfogarti" mi
dice, sorridendomi e cercando di risollevarmi il morale, "Lily io sarò con
te, puoi contare su di me. Io non ti abbandonerò, soprattutto ora che hai
bisogno di me".
"Grazie,
Rosie..." le dico, asciugandomi le lacrime e riuscendo a far uscire dalle
mie labbra un piccolo sorriso triste, "cosa dovrei fare? Non so
come...".
"Dovresti
dirlo a tutti. Prima a Ted, poi a tua madre e a tuo padre. Devi, Lils, devi
dirglielo perché tra qualche mese tutto sarà visibile e non potrai più
nasconderti. Devi dire tutto a tutti. So che è difficile, me lo immagino, ma
devi farlo" mi dice.
"Ora
non me la sento, Rose. Ho paura della loro reazione... poi anche Roxy..." dico,
scompigliandomi i capelli e nascondendomi dietro a essi.
"A
Ted devi dirlo, almeno a Ted. Deve saperlo, deve sapere di suo figlio. Almeno a
lui devi dirlo, per ora. Dammi retta, Lils, è meglio se gli dici tutto" mi
consiglia, non voltandosi neanche una volta a guardare i miei occhioni marroni
verdi.
"Lo
so, Rose..." dico, lasciando la frase in sospeso. Alzo lo sguardo e mi
accorgo che siamo arrivate alla Tana. Rose parcheggia ed entrambe scendiamo di
macchina.
Vedo
i miei genitori, i miei fratelli e i miei zii entrare in casa, e io mi cingo a
fare lo stesso, avvicinandomi alla dimora. Mi volto e vedo Ted e Vic scambiarsi
dolci effusioni e questo mi fa venire voglia di dirgli tutto. Devo dirgli
tutto, prima che sia troppo tardi. Rimango voltata un altro istante e vedo i
due scambiarsi un dolce ed appassionato bacio, più di quanto io possa
sopportare. Vorrei andare lì e gridare che sono incinta, anche davanti a Vic.
In questo momento vorrei urlarlo al mondo intero, ma l'unica cosa che riesco a
fare è quella di deglutire e di entrare nella Tana. Rallento, fermandomi
davanti alla porta, nell'ingresso di casa Weasley.
"Ciao,
Lily" mi saluta Vic, avvicinandosi a me e abbracciandomi, "come
stai?".
"Bene"
mento, sorridendole e notando i suoi meravigliosi occhi azzurri puntanti sul
mio volto, "te?".
"Ciao,
Lils" si intromette Ted, avvicinandosi a sua volta ed abbracciandomi
forte. Rispondo all'abbraccio, inalando il suo buonissimo profumo.
"Ted,
posso parlarti un attimo?" gli chiedo, quando l'abbraccio si rompe. Ho
voglia di dirgli tutto, ne sento il bisogno. Rose ha ragione. Naturalmente ho
paura di dirglielo, ma devo, prima che lo scopra da solo. Lo vedo annuire,
mentre Vic inizia a camminare verso il salotto, sorridendomi. Non odio Vic,
anzi, le voglio molto bene e il fatto che Ted ci 'divida' mi fa star male.
Potremmo essere buone amiche, ma non mi sembra una cosa eccezionale dirle che
io sono innamorata del suo ragazzo. Esco dalla Tana con Ted e ci fermiamo nel
prato d'erba.
"Cosa
c'è, Lils?" mi chiede, avvicinandosi a me e prendendomi per mano. Non
capisco perché lo stia facendo, so solo che quel contatto mi fa attraversare la
schiena da miliardi di brividi freddi. Il mio cuore batte all'impazzata e non
capisco più niente, "vedo che hai seguito il mio consiglio di ieri
sera" dice, sfoggiando il suo solito meraviglioso sorriso.
"Beh...
i-io..." fino a poco fa mi sembrava una buona idea, anzi, un eccellente
idea, ma ora non lo penso più. Come glielo dico? Come faccio?
"Cosa?"
mi continua a chiedere, stringendo sempre più la mia mano nella sua. Non so
perché mi stia tenendo la mano. Perché, Ted?
"Io
s-sono... beh, si, insomma... io sono..." inizio a dire, guardandolo negli
occhi e cercando il coraggio per dirgli tutto.
"Cosa
c'è, Lils? Sai che a me puoi dirlo" mi dice, cercando di farmi vuotare il
sacco. Cerco di pensare al bacio che si sono scambiati lui e Vic prima, e
questa cosa mi fa tornare, leggermente, la voglia di dirgli tutto. Vorrei
farlo, davvero, ma la mia bocca non si muove e le parole non riescono ad
uscire.
"I-Io
sono..." dico, balbettando. Non riesco a finire la frase perché una figura
dai capelli rossi compare sulla soglia di casa Weasley.
"Ted,
Lily, venite a mangiare" ci chiama nonna Molly. Evito di guardare Ted e mi
avvicino velocemente alla Tana, entrandovi e dirigendomi verso la sala da
pranzo. Non gli ho detto niente, ma prima o poi riuscirò a farlo, anche se
questo vuol dire compromettere la sua relazione con Vic. Spero di trovarne il
coraggio, perché è l'unica cosa che mi serve in questo momento per riuscire ad
andare avanti.
Siamo tutti
seduti intorno all’enorme tavolo che si trova nella sala da pranzo della Tana.
Ci sono quasi tutti i miei parenti tranne zio Charlie, che è in una città dal
nome impronunciabile ad allevare draghi, e zia Fleur
e zio Bill, che non so bene dove siano. A parte loro, la famiglia è al
completo, pronta a sentire la scenata, non programmata ma aspettata, di zio
George nei confronti di Roxy. Ormai tutti sanno della
sua gravidanza e non c’è da stupirsi di come le informazioni passano velocemente
nella nostra famiglia.
Io sono seduta
accanto ai miei fratelli, James a destra e Al a sinistra, e di fronte a noi
sono seduti Rose, davanti ad Al, Ted, davanti a me, e Vic, davanti a James.
Sicuramente sarà una coincidenza quella di avere Ted seduto di fronte a me,
come lo è stata quella sera. Una stupida coincidenza che ha giocato con la mia
infatuazione e con la mia vita futura.
Non so cosa
fare con questo bambino. Non so se tenerlo e darlo in adozione subito alla
nascita, come fanno le babbane che rimangono incinte
ma non vogliono il bambino, abortire, cosa che va contro i miei principi
morali, o semplicemente tenerlo e crescerlo, come ragazza-madre, si intende.
Non lo so. Questa è la scelta più difficile della mia vita, la scelta che dovrò
prendere da sola, la scelta che condizionerà la mia vita. Sono troppo piccola
per decidere la sorte di un’altra vita, non sapendo ancora gestire
completamente la mia.
“Ehi, Lily” la
voce di Rose mi riporta alla realtà. Sbatto le palpebre e scuoto la testa,
posando i miei occhi sul suo volto. Lei è l’unica che sa tutto, l’unica a cui
ho avuto il coraggio di raccontare la brutta esperienza che sto vivendo.
“Avete sentito
di Roxy?” ci chiede a voce bassa Ted, come se volesse
informarci delle ultime novità, “ha detto che vuole tenere il bambino,
nonostante il padre non ne voglia sapere niente. Anche se non so se sia la
scelta migliore. Voglio dire, ha solo quindici anni e crescere un bambino da
sola non mi sembra una cosa eccezionale”.
“Quindi secondo
te cosa dovrebbe fare?” gli chiedo quasi con aria di sfida. Mi sento
particolarmente coinvolta e voglio sapere quale sia la sua opinione, giusto per
riflettere su quale scelta prendere.
“Non lo so.
Secondo me, l’aborto in questo caso sarebbe la soluzione migliore. Naturalmente
non sto dicendo che l’aborto sia una cosa giusta, anzi, secondo me dovrebbe
essere abolito, ma in questa situazione mi sembra la soluzione migliore per
risolvere tutto, ma non quella più giusta” mi dice, facendo perdere un battito al
mio povero cuore già debole. Rimango immobile. Cosa dovrei fare anche io? Quale
scelta dovrei fare? Quella di abortire, mettendo fine ad una vita umana? No,
non potrei mai farlo, non potrei mai uccidere un'altra vita, mai.
“Quindi,
secondo te, ogni ragazza adolescente che rimane incinta dovrebbe abortire?”
chiedo, prendendo la cosa troppo sul personale. Forse troppo sul personale.
“No, sto
dicendo soltanto che se una ragazza quindicenne, come Roxy,
rimane incinta e il padre del bambino non vuole saperne niente perché ha
un’altra o qualcosa del genere, non dovrebbe tenere il bambino. Poi la scelta
tocca alla madre. La fatidica scelta di tenerlo e darlo in adozione, abortire o
crescerlo. Ma perché prendi l’argomento così sul personale?” mi chiede,
facendomi abbassare lo sguardo sulle mie unghie.
“Io non è che
prendo l’argomento sul serio è che semplicemente voglio bene a Roxy e voglio sapere la tua opinione nei confronti della
sua situazione, nient’altro” mi difendo, rialzando lo sguardo sul suo volto.
Vedo con la coda dell’occhio, Rose che mi guarda con un’espressione che i miei
occhi identificano come comprensione. Probabilmente sono masochista, ma, dopo
tutti i colpi al cuore che ho preso, posso anche condannarmi a morte da sola,
con il processo che verrà scatenato da una mia stessa domanda, “beh, allora vi
sposate?”.
“Lily abbassa
la voce, deve essere una sorpresa” mi dice Vic, sorridendo, “dovremmo
annunciarlo alla fine del pranzo, sotto l’attenzione di tutta la famiglia, non
è così, Teddy?” gli sorride, facendomi annebbiare la vista da un velo di
lacrime. Sbatto per una decina di volte le palpebre facendolo sparire e
riconcentrandomi sulla coppiettina della famiglia
Weasley.
“Si, Vic” si
limita a rispondere Ted, rispondendo al sorriso di mia cugina.
“Sono contenta
per voi” dico, deglutendo il groppo che mi era venuto in gola. Lo stesso groppo
che mi verrà durante il loro matrimonio, lo stesso groppo che avrò in gola
quando dirò la notizia della mia gravidanza. Il problema è uno solo: se dirò
della mia gravidanza molto probabilmente la relazione che c’è tra Ted e Vic
andrà a rotoli e non voglio che succeda davvero. Non voglio che la colpa di
tutto sia mia e di quella notte, non voglio che il loro matrimonio sia rovinato
da me. Forse dovrei abortire, così non ci sarebbero più problemi e tutto
potrebbe concludersi magnificamente come nelle fiabe. Almeno per loro. Ma di
chi stiamo parlando? Di loro o di me? Della loro o della mia felicità? Anche io
ho bisogno di essere felice, anche io voglio essere felice. Forse questo
bambino riuscirà a rendermi felice, forse potrà rendere la mia vita migliore,
dato che il cuore di Ted non mi apparterrà mai.
“Tu, invece,
Rose? Ragazzi?” chiede Vic alla mia cugina preferita, abbracciando il suo
futuro marito. Io non odio Victoire, non la odio e non capisco il perché un mio
errore dovrebbe mettere a repentaglio la sua felicità. Potrei mentire su chi è
il padre, ma non mi sembra la cosa più giusta da fare.
“Nessuno
sull’orizzonte” risponde Rosie, ridendo e facendomi l’occhiolino. In effetti,
non ha avuto tanti ragazzi, anche se, essendo sua migliore amica, so tutti i
particolari di tutte le sue relazioni. Per esempio, si è fidanzata per la prima
volta durante il secondo anno di Hogwarts con un ragazzo di Tassorosso,
di cui non ricordo il nome. E so anche che ha un rapporto molto ambiguo con mio
fratello Al e con il figlio di Draco Malfoy, Scorpius. Rose mi ha sempre detto
che Albus è sempre stato per lei come un fratello,
essendo anche il suo migliore amico, anche se i loro abbracci e altri loro
comportamenti mi hanno sempre fatto pensare che ci sia qualcos’altro sotto.
Mentre ha sempre detto che Scorpius è la sua nemesi. Il loro rapporto è un po’
come quello che papà mi ha raccontato che c’era tra zia Hermione e Draco. Ma la
mia convinzione è che tra tutti quegli insulti si nasconda un rapporto tenero e
innocente tra loro due.
“Tu, Albus?” continua a chiedere Vic, svelando il suo lato di
inguaribile romantica. Victoire è sempre stata così romantica, ha sempre amato
l’amore e cose simili.
“Non c’è
nessuna” risponde il ragazzo dagli occhi verdi seduto accanto a me. Non riesco
a trattenere una piccola risata. Al è stato fidanzato una volta sola, con una
delle migliori amiche di Rose. La loro relazione è durata mi pare un anno, e
quando è finita Albus ci è rimasto tanto male e la
persona che lo ha consolato è stata proprio Rose. Ed è da lì che penso sia nata
la loro speciale intesa.
“James?” Vic
attira l’attenzione di James, il di cui sguardo è perso su Dominique.
“Ehm, io...
cosa? Ah, nessuna” risponde arrossendo. Sia io che Al abbiamo sempre saputo che
James era sempre stato un po’ innamorato di nostra cugina Dom.
“E tu, Lily?”
mi chiede, scrutandomi con i suoi occhi azzurri. Ero riuscita a distrarmi, dimenticandomi
della gravidanza per un paio di minuti, ed ora arriva la domanda che mi manda
in tilt. Vedo anche gli occhi di Ted puntati sul mio volto. L’espressione sulla
sua faccia mi fa pensare che lui sia geloso. Chi? Lui? Geloso? Ora che si deve
sposare? Andiamo! Sicuramente ho le traveggole.
“Beh, io...”
inizio a dire, portando le mani alla mia pancia, senza che nessuno se ne
accorga, “io... nessuno, non c’è nessuno” rispondo, sentendomi avvampare
leggermente sulle guance.
“Certo ragazzi,
non avete neanche un fidanzato, è proprio questa la cosa bella della vita:
essere innamorati” dice Vic. Certo, ma non lo è se l’uomo che ami è innamorato
di un’altra donna, che per giunta è tua cugina, o erro? Io e Rose ci scambiamo
un’occhiata furtiva, prima di osservare nonna Molly fare una magia, facendo
apparire da mangiare sulla tavola imbandita.
“Prima di
iniziare a mangiare vorrei dire una cosa” inizia a dire zio George, alzandosi
in piedi. La paternale è arrivata e spero che non sia tanto terribile come mi
aspetto, “come tutti saprete Roxanne è incinta. So
che questa notizia ci ha messo meno di un giorno a fare il giro di tutta la
famiglia. Comunque, in questo periodo ho riflettuto molto su questa cosa. Mi
scuso di aver trattato male Roxy, so che ha fatto un
errore ed io l’ho rimproverata in una maniera assurda. Infatti, le chiedo scusa
e ho preso una decisione. Io ti perdono per l’errore che hai commesso e voglio
dirti che ti starò vicino, Roxy” dice, quasi
commuovendosi.
“Ti voglio
bene, papà” urla Roxanne, piangendo e abbracciandolo.
Questa scena mi commuove, facendomi riflettere. Per fortuna era zio George e
non zio Pearcy, se no penso che Roxy
non sarebbe uscita viva da una paternale di questi.
Dopo aver avuto
il consenso di poter iniziare a mangiare, mi perdo tra i miei pensieri,
riflettendo per tutto il pranzo. Ho deciso di scartare l’opzione di abortire e
anche quella di dare il mio bambino in adozione, mentre ho scelto quella di
tenere mio figlio, il bambino mio e di Ted, il nostro meraviglioso errore. Spero
che anche i miei genitori riusciranno a perdonarmi, perché io ho già preso la
mia scelta e nessuno riuscirà a farmi cambiare idea, anche se questo vuol dire
rovinare la relazione tra Ted e Vic. Nonostante abbia già preso la scelta ho
ancora paura. Paura di dirlo ai miei genitori, paura di dirlo a Ted e al resto
della famiglia. Non so come farò ma sento che ci riuscirò. Poi devo farlo prima
che tutto sia visibile, devo farlo per lui o lei.
Una volta che
il pranzo è finito vado fuori dalla Tana e mi siedo sull’erba verde del
giardino. Sono andati via tutti, a parte la mia famiglia, Ted, Rose, Hugo, zio
Ron e zia Hermione. Socchiudo gli occhi, sospirando e portando le mani alla
pancia. Sono curiosa di vedere come sarà mio figlio, curiosa di sapere se avrò
fatto la scelta giusta.
“Che ci fai qui
tutta sola Lils?” una voce familiare giunge ai miei orecchi. Ted si avvicina e
si siede accanto a me, “cosa c’è che non va?”.
“Niente,
perché?” chiedo, pensandolo davvero.
“Dovevi finire
il discorso che avevi iniziato prima, quando ci ha interrotti Molly. E poi non
sei neanche rimasta all’annuncio mio e di Vic riguardante il nostro matrimonio.
Ti comporti in modo strano” mi dice, preoccupandosi davvero per me. Amo quando
lo fa, mi fa stare bene anche se so che il suo cuore non sarà mai mio.
“Non è vero,
non mi comporto in modo strano” rispondo, accigliandomi leggermente, “e poi
senti chi parla. Quello che si è ubriacato dopo aver litigato con Vic” vorrei
rimangiarmi tutto, ma ormai è troppo tardi. L’ho detto, l’ho fatta grossa.
“Che cosa?” mi
chiede, non sapendo a cosa mi stia riferendo.
“Niente”
rispondo automaticamente. Lascio stare quello che ho detto e mi avvicino a Ted,
abbracciandolo. Lui sarà il padre di mio figlio, di nostro figlio, e questo non
può fare altro che farmi sorridere. Non so quando gli dirò tutto, so solo che
lo saprà il prima possibile. Lo giuro, “ti voglio bene, Teddy Bear”.
“Anche io ti
voglio bene, Lils” mi risponde, stringendomi a se, “aspetta un attimo, quand’è
che mi sono ubriacato dopo aver litigato con Vic?”.
“Aspetta un attimo, quand’è che mi sono
ubriacato dopo aver litigato con Vic?”.
“Scherzavo, non
dicevo sul serio...” dico, cercando di trovare una scusa. Ho detto troppo e
questo mi si rivolterà contro, me lo sento.
“Lils...” mi
dice, cercando di farmi vuotare il sacco. Non glielo posso dire ora. Mi sono
promessa che glielo dirò, ma non ora.
“Senti, io non
posso...”.
“Quand’è
successo?” mi chiede, interrompendomi, “quand’è che mi sono ubriacato?”.
“Ted, io non
ero...” cerco di ribattere, ma vengo nuovamente interrotta.
“E’ successo
circa... due mesi fa?” mi chiede, guardandomi negli occhi. Si ricorda quando è
successo, quindi molto probabilmente si ricorderà anche cos’è successo. Da una
parte sarebbe meglio, così sarei esonerata dal raccontare com’è andata, ma
dall’altra...
“Ted...
i-io...” balbetto, cercando di dire qualcosa, invano.
“Aspetta...
forse me lo ricordo... ho dei ricordi sfocati, ma... eri venuta a casa mia e di
Vic, giusto? Poi ti ho baciata e...” il suo sguardo finisce la frase senza
bisogno di dire niente. Lo guardo quasi impaurita dalla sua possibile reazione,
“ora ricordo”.
“E che
differenza fa ricordare o non ricordare? Soprattutto ora che devi sposare Vic?”
dico, facendo cadere una lacrima sulla mia guancia involontariamente.
“Lily, io...”
dice, facendomi stare peggio.
“Nessuna
differenza, non è così?” lo guardo negli occhi e riesco a percepire quasi una
scusa. Ma io delle sue scuse non me ne faccio niente, soprattutto ora che ho
quasi la certezza di dover crescere un bambino da sola, anche se lui non sa
ancora di nostro figlio, “non fa niente. Tu hai la tua vita. Hai Vic. Io non la
sostituirò mai, me ne devo fare una ragione. Io sarò sempre come una sorella
minore per te, ma niente di più. Come ho potuto pensare anche solo per un
attimo che dopo quella notte forse... forse qualcosa sarebbe cambiato tra di
noi. Come ho potuto illudermi in quel modo? Come?” ripudio le altre lacrime,
alzandomi e raggiungendo i miei genitori sulla soglia della Tana. Voglio andare
via e smettere di pensare a Ted. Lui ha la sua Vic ed io non sarò mai come lei.
“Tesoro, c’è
qualcosa che non va?” mi chiede mamma, portandomi una ciocca di capelli dietro
un orecchio. Riesco a trattenere le lacrime, anche se questo mi costa una forza
di volontà pazzesca.
“No... non c’è
niente...” mento, voltandomi un’ultima volta verso un Ted seduto sul prato,
prima di avviarmi con la mia famiglia verso la macchina.
“Avete sentito
l’annuncio del matrimonio di Ted e Vic?” chiede mamma, salendo in macchina sul
sedile accanto a quello del guidatore, ovvero a quello di papà. Mentre io mi
siedo dietro insieme ai miei fratelli. Questa domanda non può fare altro che
farmi stare peggio. Vorrei piangere e urlare il mio dolore, “secondo me è
destino che quei due si sposino. Infondo sono sempre stati fidanzati sin da
piccoli”.
“Si, anche
secondo me sono destinati a stare insieme” risponde papà, partendo a tutta
velocità e facendomi nascondere un’altra lacrima dietro la cascata di capelli
fiamma.
“Poi sono anche
carini insieme, sono davvero una coppia perfetta. Harry ti ricordi quando, da
piccola, Lily cercava di allontanare Vic da Ted?” chiede mamma ridendo e
guardando papà.
“Quando? Io non
me lo ricordo” chiedo, non ricordandolo davvero.
“Quando avevi
due, tre anni. Eri terribilmente gelosa di Ted. Forse perché, essendo stata una
delle prime persone a tenerti in braccio, hai identificato lui come una persona
importante, o non lo so. So soltanto che non volevi che stessero insieme” mi
risponde mamma. Non me ne ricordo assolutamente, infondo ero troppo piccola per
ricordarlo.
“Io me lo
ricordo molto bene, invece” ride papà, voltandosi un attimo a guardare mamma.
Sposto il mio
guardo verso il finestrino e vedo che sta iniziando a piovere. Ho sempre amato
la pioggia perché mi trasmette un senso di malinconia. La malinconia non sarà
il sentimento più bello del mondo, ma ogni emozione ha il proprio fascino.
Osservo i goccioloni che cadono dal cielo e che si infrangono sul vetro della
macchina.
“Tu hai sempre
avuto un debole per Teddy, Lily, sin da quando eri piccola. Lo hai sempre
considerato un po’ come il tuo eroe e il fatto che lui stesse con Victoire ti
faceva impazzire”.
Ma infondo lui
è sempre stato più grande di me di dieci anni, non mi ha mai considerato come
una vera e propria ragazza, ma come una sorella. A parte quella sera che gli
ero capitata sotto tiro e non aveva nessun’altra a cui poter chiedere di
aiutarlo, quindi mi ha usata. Mi ha usata e io sono rimasta incinta.
Per il resto
del viaggio ignoro i discorsi tra i miei e mi immergo nei miei pensieri. Quando
arriviamo davanti a casa, scendo di macchina e corro in essa, rimanendovi da
sola. I miei sono andati a fare spese con i miei fratelli. Quando entro in casa
corro in camera mia e mi butto sul letto, iniziando a piangere e sentendo i
tuoni del temporale che rispecchiano il mio umore. Tutta la sicurezza che
avevo, tutta la voglia che avevo di tenere il bambino, è svanita in una sola
frase e in questo momento non desidero altro che liberarmi della vita che porto
in grembo. E’ due mesi che fa parte di me, ma è bastata una semplice giornata
per farmi passare la voglia di crescere un figlio da sola. La scelta che avevo
preso, quella di tenere il bambino, mi sembra di averla presa qualche secolo
fa.
Non sarò mai
come Vic e Ted non mi amerà mai come lei. Piango. Ho perso il conto dei pianti
degli ultimi giorni. Ho pianto così tante volte che non mi ricordo quante
volte. Mi ritrovo a punto e a capo. Non so cosa fare di questo bambino. Mi
assopisco tra le lacrime, come negli ultimi tempi.
Quando mi
sveglio, la prima cosa che penso è che devo dirglielo. Devo dire a Ted tutta la
verità su quella sera e in quale situazione mi trovo. Mi alzo velocemente e
guardo fuori dalla finestra, vedendo che non ha smesso di piovere e che ancora
non è buio. Mi cambio al volo, mettendomi una gonna che mi arriva a metà cosce,
un paio di calze, un paio di stivali neri, una maglia blu a maniche lunghe
sopra una maglia a spalline azzurra, coperta da un giubbotto di pelle e una
sciarpa carminio. Esco velocemente di casa, dimenticando l’ombrello per la
pioggia e non facendo caso se i miei genitori siano tornati o meno. Inizio a
correre verso casa di Ted e di Vic, ignorando la pioggia che mi bagna. Per
fortuna casa loro non è molto distante. Continuo a correre fino a quando arrivo
alla meta. Mi avvicino alla porta e suono il campanello. Quando Ted apre la
porta, la sicurezza con la quale volevo dirgli tutto sembra svanita.
“Ciao” mi dice,
rimanendo in parte impassibile.
“Ciao” rispondo
al saluto, abbassando lo sguardo.
“Se bagnata
fradicia, entra dentro, ti prenderai una polmonite” mi dice, con tono dolce,
avvicinandosi a me.
“No, volevo
solo dirti una cosa. Io sono...” vengo interrotta da una voce molto familiare
ai miei orecchi.
“Ted!” sento la
voce di Vic chiamare Teddy.
Il panico mi
invade, facendomi scappare via. Sento i passi di Ted inseguirmi. Corro senza
una meta precisa, prendendo tutte le pozzanghere che si sono formate per via
della pioggia. Sento l’uomo che amo continuare a corrermi dietro, ma non voglio
fermarmi. Continuo a correre fino a quando inciampo e cado. Fine della corsa.
“Lils” mi dice
Ted, avvicinandosi a me e tendendo una mano come per aiutare ad alzarmi.
Rifiuto il suo aiuto e, ansimante, mi alzo da sola, trovandomelo a pochi
centimetri di distanza. Respiro sempre più profondamente, senza però riuscire a
stabilizzare il mio respiro. Mi inizio a sentire male e mi gira la testa. Spero
che tutta questa corsa non abbia fatto del male né a me né al bambino, “perché
sei scappata in quel modo?” mi chiede, non curante della pioggia. Ho molto
freddo. Sarà la tanta acqua che ho preso, ma non mi sento decisamente bene. Ho
un’emicrania pazzesca, freddo e terribili capogiri.
“Lily, ti senti
bene?” mi chiede Ted, togliendosi la giacca e posandola sulle mie spalle. Il
calore della sua giacca mi fa stare meglio, ma non di molto.
“Si, sto...
bene” dico, socchiudendo per un attimo gli occhi.
“Vieni,
torniamo a casa, così potrai dirmi quello che volevi dirmi” mi dice, abbracciandomi.
Ricambio l’abbraccio e mi stringo forte a lui, continuando ad ansimare e
sentendo il cuore battere a una velocità pazzesca.
“Ted...”
l’ultima cosa che riesco a dire, prima di sentirmi mancare e di ritrovarmi
nell’oscurità più totale.
Quando apro gli
occhi mi ritrovo in una stanza completamente bianca. Sono in un letto,
probabilmente in un d’ospedale. Mi ricordo di essere svenuta, ma niente di più.
Mi volto a destra e vedo Ted seduto su una sedia accanto al letto. Mi sta
guardando sorridendo. Non capisco a cosa sia riferito quel sorriso. Scuoto la
testa.
“Dove mi
trovo?” gli chiedo, abbassando lo sguardo e vedendo una flebo conficcata nella
mia mano sinistra, “d’accordo, sono in ospedale. Ma perché mi hai portata
qui?”.
“Beh, ti sei
sentita male, sei svenuta, quindi ti ho portata qui per paura che potessi
aggravarti” mi risponde con ovvietà, come se fosse una cosa scontata. In parte
lo è, “e perché tu sei scappata in quel modo? Per di più sotto la pioggia?”.
“E perché tu mi
hai seguita, invece che restare con la tua fidanzata, anche futura moglie?”
chiedo, spostandomi una ciocca di capelli fiamma dal volto a dietro un
orecchio.
“Perché avevo
paura che potesse succederti qualcosa” mi risponde sinceramente, abbassando lo
sguardo. Lo osservo attentamente. Non mi devo illudere: non si preoccuperà mai
per me, quanto si preoccuperà per Vic.
“Da quando Ted
Remus Lupin si preoccupa per me?” chiedo sarcastica, con un po’ di ironia e di
durezza nella voce, “a parte gli scherzi. I miei lo sanno che mi trovo in
ospedale?”.
“Non gli ho
detto niente. Volevo avvertirli così da...”.
“No, Ted, non
dirgli niente, né dell’ospedale, né del mio svenimento. Intesi?” gli chiedo,
cercando la sua fiducia. Non devono sapere niente, se no è più che probabile
che riusciranno ad arrivare alla gravidanza per vie traverse.
“D’accordo...
aspetta, qual era quella cosa che dovevi dirmi?” mi chiede, accigliandosi e
facendomi tornare in mente il perché mi ero presentata a casa sua
all’improvviso, e per di più sotto la pioggia. Sento la testa iniziare a farmi
male. Mi porto una mano ad una tempia come per farlo notare, invano.
“Io volevo
dirti che...” mi blocco, quando vedo entrare un’infermiera nella stanza.
Scommetto che non riuscirò mai a dirgli che sono incinta.
“Lilian
Potter?” mi chiede. Annuisco in silenzio, senza dire una parola, “sta bene, ha
avuto soltanto un calo di zuccheri. Deve anche ringraziare la premura del suo
fidanzato di portarla all’ospedale” alla parola fidanzato arrossisco
improvvisamente, “sia lei che il bambino state bene. Nonostante questo, tra
qualche minuto, dovrebbe venire un dottore a farle l’ecografia. Potrebbe essere
in grado di andarsene anche subito dopo questa”.
Quando esce
dalla stanza, tiro un sospiro di sollievo non accorgendomi, per un paio di
secondi, che ha detto una parola di troppo. Non ho il coraggio di voltarmi a
vedere Ted. Non ne ho proprio il coraggio. Non voglio vedere la sua faccia
sorpresa che mi chiedono di ripetergli cosa ha detto l’infermiera. Non voglio
sapere la sua reazione. Come se la mia testa si muovesse da sola, mi ritrovo ad
osservare Ted negli occhi. Cerco di sorridere, ma l’unica cosa che esce dalle
mie labbra è un sorriso falso, tremendamente falso. Lo vedo guardarmi con
un’espressione interrogativa e stupita.
“Il...
bambino?” mi chiede, prendendo un profondo respiro tra una parola e l’altra.
Posso percepire una nota di tristezza nella sua voce, forse dovuta alla
preoccupazione che se lui fosse il padre, non potrebbe più sposare Vic.
“E’ questo
quello che volevo dirti, Ted” ammetto amaramente, abbassando lo sguardo per non
guardarlo negli occhi.
“E il padre?”
mi chiede, ponendomi la domanda che temevo. Cosa dovrei dirgli? La verità? Che
è lui il padre? Ma così facendo manderei a rotoli il suo matrimonio con Vic.
“Beh, il padre
è...” vengo interrotta un’altra volta da un uomo che dovrebbe essere il
dottore, venuto per farmi l’ecografia. Ringrazio Dio per non essere stata
costretta a dirlo.
“Lilian
Potter?” mi chiede, come l’infermiera. Annuisco ugualmente, “può scoprirsi la
pancia”.
Mi volto per
una frazione di secondo a guardare Ted. Ha lo sguardo abbassato. Dopo essermi
scoperta la pancia, afferro una sua mano nella mia, tanto per riuscire a
racimolare la giusta quantità di coraggio che ci vuole. Alza lo sguardo su di
me e mi accenna un sorriso. Il dottore mi mette una specie di gel sulla pancia
e con l’affare per le ecografie, dopo aver acceso il rispettivo monitor, ci
passa sopra. Quello che vedo nello schermo, anche se non tanto distintamente, è
mio figlio. Sorrido e una piccola lacrima cade dall’angolo del mio occhio
destro. La prima lacrima di felicità dopo tanto tempo. Stringo forte la mano di
Ted nella mia, mentre il dottore ci mostra le immagini di nostro figlio. Mi
volto verso Teddy e vedo un piccolo sorriso formarsi anche sulle sue labbra.
“Bene, il feto
sta bene. E’ di due mesi circa e per ora si sta sviluppando bene. Ancora non è
possibile vedere se sarà un maschio o una femmina, ma la cosa importante è che
sia sano e questa creatura lo è” dice il dottore, sorridendo, togliendomi la
flebo e passandomi un pezzo di carta per togliermi il gel dalla pancia,
“congratulazioni, futuri genitori” conclude, prima di uscire dalla stanza. Mi
alzo dal letto, evitando lo sguardo di Ted e mi avvicino ai miei indumenti.
“Puoi uscire,
dovrei...” dico, cercando di fargli capire che mi devo rivestire.
“Certo” mi
risponde annuendo e uscendo dalla stanza, chiudendo la porta alle sue spalle.
Mi rivesto in meno di cinque minuti e appena esco dalla stanza, una domanda di
Ted mi fa sobbalzare.
“E’ per questo
che hai detto che mi ero ubriacato dopo aver litigato con Vic, prima alla Tana?
Due mesi fa. Quello è successo due mesi fa e tuo... tuo figlio ha due mesi.
Quindi non dovrei tuo, ma dovrei dire nostro. Dio, Lils, nostro figlio, ti
rendi conto?”.
“Si che me ne
rendo conto. Cosa succederà ora?” gli chiedo, mordendomi un labbro e
trattenendo un possibile pianto.
“Diventeremo
genitori. Genitori di nostro figlio” mi risponde. La parola genitori mi
rimbomba in testa, creandomi una confusione mentale.
“E questo
cambierà qualcosa?”.
“Cambierà molte
cose, Lils. Vieni qui” mi sussurra, avvicinandosi a me e stringendomi tra le
sue braccia, in un dolcissimo abbraccio. Inizio a piangere come una stupida.
Non so se sia un pianto di gioia o di tristezza, so solo che io amo Ted. E
questa è un'altra cosa che me lo fa amare ancora di più.
“Vic?” chiedo a
bassa voce. Ho paura della sua risposta.
“Vic... non lo
so, Lily... non lo so...” mi sussurra in un orecchio. Mi stringo più forte a
lui, riscaldandomi con il suo calore corporeo e appoggiando la testa sul suo
petto, riuscendo a sentire distintamente il battito, a mio parere, accelerato
del suo cuore. Lascio ad altre lacrime l’onore di rigare il mio volto, ormai
abituato a quella sensazione. Saremo genitori. Genitori, “... l’unica cosa che
so è che ti starò vicino... vi starò vicino”.
“In quale
veste?” domando, staccando la mia testa da lui quel che basta per guardarlo
negli occhi. Ormai ho fatto trenta, posso fare anche trentuno, no?
“Lils, non puoi
chiedermi di...”.
“Io non ti sto
chiedendo niente. Ti sto solo domandando in quale veste mi starai accanto. Devo
saperlo perché... ho molta confusione in testa e... non so se tenere il bambino
o meno... quindi voglio...” dico, prendendo fiato ogni tanto, come se mi
mancasse l’aria, “secondo te, cosa dovrei fare? Dovrei... tenerlo?”.
“Io... Lils...”
cerca di rispondermi, guardandomi fermamente negli occhi, “non so cosa dirti.
Ti prometto che ti staro accanto, ma... ancora non so come...”.
“Ami Vic?”
chiedo, facendo una specie di promessa dentro di me. Se risponderà di si,
abortirò; se dirà di no, lo terrò.
“Non lo so...”
mi risponde, con aria un po’ confusa. Non avevo messo in conto questa opzione,
“adesso cambierà tutto nella nostra relazione. Non ci sposeremo più...”.
“Mi
dispiace...” rispondo, abbassando lo sguardo come se fosse colpa mia. Mi sento
tanto in colpa.
“Non è colpa
tua” mi risponde dolcemente, alzandomi lo sguardo sul suo volto con altrettanta
dolcezza, “è solo mia e devo assumermi le mie responsabilità. Ora ho una vita a
cui devo badare, una ragazza di cui mi devo prendere cura e una fidanzata a cui
devo dire tutto”.
“Davvero ti
prenderai cura di noi?” chiedo sorridendo. Vedo un sorriso aprirsi anche sulle
sue labbra. Vedo il suo sguardo abbassarsi e sento una sua mano posarsi sulla
mia pancia. Quel contatto mi fa arrossire e il rossore aumenta quando lo sento
sussurrare qualcosa alla creatura dentro di me. Continuo a sorridere.
“Ehi piccolo -
o, piccola - sono il tuo papà. Mi senti? Beh, l’unica cosa che ti voglio dire è
che ti voglio bene, e anche la tua mamma te ne vuole, non è così mamma?” mi
chiede, facendomi accapponare la pelle quando mi chiama con quell’appellativo.
Vedo i suoi bellissimi occhi castano ombrato pieni di felicità e questo non può
fare altro che farmi annuire.
“Si, che te ne
voglio” rido, per la prima volta, dopo tanto tempo, felice. Mi sorride e mi
guarda attentamente negli occhi, “andiamo a casa, papà?”.
“Certo, mamma.
Vi porto a casa e poi vado a parlare subito con Vic” mi risponde, prendendomi
per mano e iniziando a camminare verso l’uscita dell’ospedale.
“Mi raccomando,
dille di non dire niente alla famiglia” lo metto in guardia, fermandomi di
botto sulla soglia dell’edificio.
“Non le dirò
del bambino. So com’è fatta Vic e sicuramente telefonerebbe subito a tua madre
e le direbbe tutto...” mi risponde, lasciandomi un interrogativo che mi esce
subito dalle labbra.
“Allora cosa le
dirai?” chiedo, iniziando a camminare e arrivando, sempre tenendo la sua mano,
fino alla macchina.
“Qualcosa del
tipo che l’ho tradita, ma non dirò niente né di te né di nostro figlio” dice,
aprendo la macchina e salendoci. Faccio lo stesso. Quando mette in moto la
macchina tiro un sospiro di sollievo.
“Anche tu non
dire niente a mamma e papà” gli ordino, non riuscendo a nascondere un sorriso
che mi tira le labbra.
“Non gli dirò
niente, croce sul cuore” mi risponde, “cos’è quel sorriso?” mi chiede,
voltandosi un attimo a guardarmi.
“Sono felice”
rispondo come se fosse la cosa più logica del mondo.
“Di essere
rimasta incinta a diciassette anni anni?” mi chiede,
sarcastico.
“No... di avere
accanto te” rispondo, guardandolo attentamente e scrutando il suo meraviglioso
profilo. Vedo i suoi capelli diventare rossi e le sue guance fare lo stesso,
“non mi dirai che ti ho fatto arrossire?” chiedo, ridendo, felice della sua
reazione.
“Io... no! Ma
cosa dici?!” cerca di negare quello che ho appena detto, senza riuscirci, però,
ai miei occhi.
“D’accordo...
non lo sei” dico, non riuscendo, però, a smettere di ridere.
“Siamo
arrivati” mi annuncia, facendomi guardare fuori dal finestrino e riuscendo a
scorgere la mia casa, “beh, ciao mamma”.
“Ciao, papà”
gli rispondo, avvicinandomi a lui per dargli un bacio sulla guancia, ma, come
qualche giorno fa, le mie labbra finiscono sulle sue. Questa volta, però, sento
la sua bocca ricambiare il bacio, cercando di approfondirlo. Accetto la sua
richiesta e iniziamo a baciarci appassionatamente. Mi sento attraversare da
migliaia di emozioni, alcune che non riesco neanche ad identificare. Quando il
bacio si interrompe, corro fuori dalla macchina fino dentro casa, senza dire o
sentirmi dire una parola. Cos’è stato quel bacio? Cos’è significato per lui?
Sono molto confusa da quello che è successo.
“Finalmente sei
tornata, dove sei stata?” è la voce di mamma che mi riporta alla realtà.
Sobbalzo, non avendola vista.
“Mamma... beh,
sono stata a cena fuori con Ted. Mi ha invitata e non ho potuto dire di no”
mento, abbozzando uno dei miei migliori sorrisi. Vedo l’espressione sulla sua
faccia distendersi e tranquillizzarsi, “vado a letto, sono stanca” dico,
continuando a sorridere, dandole un bacio sulla guancia e dirigendomi in camera
mia.
Appena
indossato il pigiama, mi nascondo sotto le coperte, non riuscendo a togliermi
dalla testa neanche per un momento il bacio. Quel bacio... cosa voleva dire? E’
stato accidentale o Ted si è spostato in modo che le mie labbra finissero sulle
sue? Perché è successo? Come...? Basta domande. Scuoto la testa e faccio finta
di niente, ripensando a quello che è successo oggi e alla bellissima
espressione di Ted quando ha scoperto di suo figlio. Finalmente gliel’ho detto,
un problema in meno, ma rimane ancora tutta la famiglia...
“Lily, mi dispiace, ma... io amo Vic... e non
ho intenzione di lasciarla a causa tua e di quello che è successo” mi dice con
durezza Ted, facendomi crollare il mondo addosso. I suo occhi marroni ombrato
sono spenti, mentre i suoi capelli, attraverso i quali una volta riuscivo a
leggere il suo umore, sono indecifrabili.
“Ted... io...”
il groppo che ho in gola mi impedisce di parlare, dando sfogo solamente alle
lacrime che iniziano a rigarmi il volto.
“Mi dispiace,
Lils, ma non posso compromettere la felicità mia e di Vic solo per un errore
avvenuto tempo fa” mi continua a dire con la stessa durezza nel tono di voce.
“Quindi...
nostro figlio sarebbe soltanto un errore per te?” chiedo con la bocca impastata
dal pianto, non fermando le lacrime che solcano il mio volto.
“Si, Lils, è
solo un errore... per me”.
“I-Io... io ti
amo, Ted” dico amaramente, non riuscendo neanche a guardarlo in faccia.
“Mi dispiace...
ma io amo Vic...”.
Mi sveglio di
soprassalto, sobbalzando sul letto. L’incubo più brutto che abbia mai fatto,
l’incubo che spero non diventi realtà. Cerco di stabilizzare la mia
respirazione, facendo lunghi e profondi respiri, senza smettere di pensare al
brutto sogno che ho fatto. Sposto lo sguardo sulla sveglia che indica le dieci
e mi alzo prontamente, volenterosa di andare da Ted, sia per chiarire la
faccenda del bacio, sia per sapere della sua rottura con Vic. Sembro sadica,
non è così? Sembro crudele e meschina, soltanto perché guardo la faccenda dalla
mia prospettiva, senza considerare quella di Vic. Infondo non è colpa sua se è
successo tutto questo e se io mi ritrovo in questa situazione. Voglio a tutti i
costi portar via il fidanzato a mia cugina e questo mi fa apparire particolarmente
cattiva. Ma io non lo sono. Adesso ho anche i sensi di colpa e i rimorsi per
quello che ho fatto. Andiamo bene. Poi deve essere lui a scegliere tra me e lei
ed ancora non ho capito quale sarà la sua scelta.
Mi alzo,
scuotendo la testa ed avvicinandomi all’armadio. Scelgo una maglia rosa, un
paio di pantaloncini corti con sotto un paio di calze, stivali neri e giubbotto
marrone. Apro la porta e scendo le scale, dirigendomi in cucina.
“Buongiorno a
tutti” dico, entrando in cucina e sedendomi al solito posto. Osservo James e Al
intenti a fare colazione, mamma a fare qualche incantesimo per lavare i piatti,
mentre papà sarà probabilmente a lavoro.
“Buongiorno,
Lily” risponde mamma al mio saluto, voltandosi verso di me per qualche secondo,
rivolgendomi un sorriso. Rispondo al sorriso, spostando il mio sguardo su James
e Al che mi guardano con sguardo complice.
“Ciao, Lily” mi
salutano in coro, continuando a guardarmi con la stessa intesa. Non so a cosa
siano riferiti quegli sguardi, so solo che non possono sapere del bambino,
quindi posso stare tranquilla.
“Allora io vado
da nonna Molly e da nonno Arthur... ci vediamo dopo, d’accordo? Ciao” ci dice
mamma, uscendo dalla cucina e salutandoci con uno svelto gesto della mano. Dopo
qualche secondo, io e i miei fratelli sentiamo la porta chiudersi con un tonfo.
Riporto lo sguardo su di loro e li osservo attentamente.
“Beh, cosa sono
i vostri sguardi complici?” gli chiedo, guardandoli direttamente negli occhi e
mantenendo il sorriso.
“Sappiamo della
situazione che stai passando” mi dice Al, guardandomi con un volto triste. Come
fanno a sapere della gravidanza? Chi gliel’ha detto?
“Di cosa stai
parlando?” chiedo, cercando di sembrare più calma possibile, senza saltare
direttamente alle conclusioni e facendo finta di niente.
“Sappiamo
del... bambino” dice James a bassa voce, facendo sparire il mio meraviglioso
sorriso dalle labbra. Per un attimo mi sento avvolta da una sensazione di
paura. Sono spaventata di quello che ora potrebbero dire e di cosa in seguito diranno
i miei genitori e poi di cosa succederà.
“Chi ve l’ha
detto?” chiedo, passandomi una mano sui capelli ed abbassando lo sguardo sulle
mie mani. Lo sanno solo due persone, quindi o Rose, o Teddy.
“Rose lo ha
detto ad Al e lui lo ha detto a me” mi risponde. Grazie mille, Rosie, grazie
tante.
“Mi immagino
che te l’abbia detto perché tu l’hai supplicata a dirti qualcosa... forse il
modo strano in cui mi comporto negli ultimi tempi. Lei non ha saputo resistere
al tuo fascino e ti ha raccontato tutto. Bella amica che mi ritrovo, davvero”
dico, alterandomi leggermente.
“Lily non fare
così. Poi sai che avrai bisogno di noi, perché mamma e papà si arrabbieranno e
tu avrai bisogno di alcuni amici che ti stiano accanto” mi dice Al,
avvicinandosi a me e guardandomi con i suoi occhi smeraldini che mi ricordano
tanto papà. So che i miei genitori si infurieranno ed è per questo che ho paura
a dire tutto.
“Me la posso
cavare da sola, non ho bisogno di amici” dico freddamente, guardando i loro
volti tristi e spenti, “ce la faccio da sola” concludo, alzandomi e portando il
mio sguardo sui miei stivali neri.
“Lily,
guardami. Avrai bisogno di noi. Avrai bisogno di un aiuto per il bambino. Non
diremo niente a mamma e papà. Ma avrai bisogno di noi. Ti staremo accanto,
sempre” mi dice James, facendo eco ad Al e facendomi alzare il mio sguardo su
di loro. La mia famiglia.
“Non dite
niente a nessuno, oltre che a mamma e papà, voglio farlo io quando sarà il
momento giusto” dico, rimanendo quasi commossa dalle loro parole.
“Si, puoi
contare su di noi. Siamo o non siamo tuoi fratelli in fondo?” dice Al,
avvicinandosi a me ed abbracciandomi. Rispondo all’abbraccio, socchiudendo gli
occhi e lasciando ad alcune lacrime di fare il loro percorso sul mio volto ed
iniziando a singhiozzare come una stupida. Anche James si avvicina e mi stringe
a sua volta, abbracciando sia me che Albus.
“Grazie” dico
tra i singhiozzi, abbracciandoli più forte, “vi voglio bene”.
“Anche noi te
ne vogliamo... e ne vogliamo anche al nostro nipotino” mi rispondono in coro,
sciogliendo l’abbraccio e sorridendomi. Sorrido a mia volta, asciugandomi le
lacrime e smettendo di singhiozzare.
Questo dolce
momento viene interrotto dal suono del campanello. Senza troppi indugi, faccio
segno ai miei fratelli che vado ad aprire io e cammino fino alla porta,
aprendola e rivelando il mio Teddy Bear.
“Ciao, Ted”
dico, osservando attentamente i suoi capelli azzurri che non vedevo da molto
tempo. Quand’era più piccolo amava cambiare colore di capelli, soprattutto per
far divertire me, ma negli ultimi tempi è come se si fosse un po’ scocciato di
essere un metamorfomagus.
“Ciao, Lils” mi
saluta, sottolineando l’appellativo che mi ha dato da quando sono nata.
“Perché i tuoi
capelli sono azzurri, era da un po’ che non cambiavi colore al solito marrone
chiaro. Anche se sei molto inusuale in questo modo, sicuramente non passerai
inosservato”.
“Già...” mi
dice, facendoli diventare marroni, come sempre, “beh... possiamo parlare? Da
soli?” mi chiede, salutando James e Al con un cenno della mano destra che loro
ricambiano.
“D’accordo”
rispondo semplicemente, “ci vediamo dopo ragazzi” dico, prima di chiudere la
porta alle mie spalle e di iniziare a camminare con Ted a mio fianco, “di cosa
volevi parlarmi?” gli chiedo, voltandomi verso di lui.
“Beh... di
Victoire” mi dice, ricambiando lo sguardo e puntando i suoi occhi castano
ombrato dentro i miei marroni tendenti al verde, “io non... io non ce la faccio
a lasciarla: è troppo importante per me”.
Quest’ultima
frase mi fa stare male e mi fa ripensare al sogno che ho fatto stanotte. Non
può essere, mi sta prendendo in giro vero? Penso di no. Mi fermo di botto,
guardandolo con i miei occhi lucidi. Lo osservo da dietro il velo di lacrime
che si è creato nei miei occhi, cercando di non cedere alla tentazione di
ricominciare a piangere come nei giorni scorsi.
“Le hai detto
di me e del bambino?” gli chiedo, senza muovermi e rimanendo immobile e inerme.
“Si, ma non ho
fatto il tuo nome” mi risponde, prendendomi sotto braccio e cercando di
convincermi a iniziare di nuovo a camminare, invano.
“E lei è
disposta a continuare ugualmente una relazione con te, vero?” chiedo con una
domanda retorica, sbattendo per un paio di volta le palpebre, cercando di far
sparire il velo di lacrime, “quindi è così: ci starai accanto mentre sarai
sposato con Vic ed avrai una bellissima famiglia con lei, vero?”.
“Lily io sono
confuso” mi dice, come se io non lo fossi.
“Non lo sarai
mai quanto me. Mi sono anche illusa. Ho sperato che il bacio di ieri sera fosse
significato qualcosa per te, ma mi sbagliavo... tu pensi solo a Vic” dico,
delusa, lasciando che le lacrime mi solchino il volto e iniziando a camminare
verso casa mia.
“Aspetta Lily”
mi dice, prendendomi per un braccio e cercando di fermarmi.
“Aspettare
cosa? Che tu ricambi quello che io provo per te? Sono un’illusa e tutto questo
è un’utopia” mi divincolo e ricomincio a camminare verso casa mia, ma lui mi
blocca di nuovo, costringendomi a fermarmi, “cosa vuoi ancora?”.
“Io ti starò
vicino”.
“Non me ne
importa niente” dico, dandogli uno schiaffo e correndo dentro casa mia,
lasciandolo lì da solo con sé stesso. Corro velocemente in cucina e mi butto
tra le braccia di Al, il primo dei miei fratelli che trovo.
“Che c’è, Lily?
Cos’è successo? Lil?” mi chiede, accarezzandomi i
capelli rossi e cercando di farmi smettere di piangere.
“Ho bisogno di
due amici, sapete dove posso trovarli?” gli chiedo, stringendolo più forte e
cercando di abbozzare un sorriso, invano.
“Che è
successo?” mi chiedono in coro. Rompo l’abbraccio e mi siedo, raccontandogli
tutto quello che è successo, che il padre del loro nipotino è Ted e di quello
che mi ha detto poco fa.
“Per fortuna ho
voi su cui contare” dico, rimangiandomi mentalmente la precedente conversazione
nella quale non volevo che mi stessero vicino.
“Te l’abbiamo
detto: noi ti staremo accanto per sempre” mi dicono, facendomi sciogliere il
cuore come la neve al sole. Io amo i miei fratelli, non potrei non farlo. Dopo
tutto quello che fanno ora per me, quello che hanno fatto in passato e quello
che faranno per me in futuro, come potrei non amarli? Sono la mia famiglia,
loro non mi tradiranno mai, non lo faranno mai e mi rimarranno accanto fino a
quando ne avrò bisogno. Anzi, mi rimarranno accanto anche quando non vorrò,
perché mi vogliono bene e me ne vorranno per sempre. Me ne continuerebbero a
volere anche se li tradissi, perché io sono la loro piccola sorellina, la loro
piccola Lily, e non permetterebbero a nessuno di farmi male, di ferirmi, non lo
permetterebbero mai e io non so come essergli grata. Io li amo e li amerò per
sempre. I miei fratelloni, il mio James e il mio Al.
“Sapete che vi
voglio bene, vero?” gli chiedo sorridendo e asciugandomi le lacrime che mi sono
cadute sul volto. Rispondono al mio sorriso e James mi accarezza una guancia,
portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Si, lo
sappiamo” mi dicono, ridendo e coinvolgendo anche me nella loro risata. Per la
prima volta dopo tanto tempo sono felice, anche se, pensare a Ted e a quello
che ha fatto, o meglio, quello che non vuole fare, mi fa star male,
terribilmente male. Cerco di non pensarci e scuoto la testa, alzandomi.
“Vado da
Rose... sapete: deve farsi perdonare. Ciao” gli dico, avvicinandomi a loro e
dandogli un bacio sulla guancia, prima di correre fuori di casa.
Quando esco
sono sollevata di vedere che Ted se ne sia andato. Beh, infondo, non penso che
sarebbe rimasto ad aspettarmi: ha cose più importanti a cui pensare, come Vic.
Ripenso alla scenata di poco prima e la sensazione di paura mi invade di nuovo.
E se mi toccasse crescere un figlio da sola? E se Ted non volesse più sentir
parlare di noi? Basta, Lily, sei troppo paranoica! Smetti di piangerti addosso
e non pensarci! Non essere così drammatica! Ora parlo anche da sola... andiamo
bene! Senza neanche accorgermene, sono arrivata davanti a casa Weasley. Mi
avvicino alla porta di ingresso e suono il campanello, aspettando che qualcuno
venga ad aprirmi.
“Ciao, Lily” mi
saluta mio cugino Hugo, apparendo da dietro la porta che fino a poco fa era
chiusa.
“Ciao, Hugo”
rispondo al saluto, fingendo un sorriso.
“Hai pianto?”
mi chiede, guardandomi attentamente negli occhi.
“No...” dico,
spostando lo sguardo dai suoi occhi scuri all’interno della casa, “volevo
parlare con Rose, è in casa?”.
“Si, ma non so
se ti vorrà vedere...” mi risponde, “beh, sai... papà ha scoperto della sua
relazione con Scorpius Malfoy ed è andato su tutte le furie”.
“La sua
relazione con Scorpius...” faccio eco, come se non avessi capito quello che ha
appena detto. La mia migliore amica non mi aveva detto niente, assolutamente
niente. Io le avevo detto della gravidanza, ma lei non mi aveva detto niente di
Scorp. Niente, “voglio vederla”.
“E’ in camera
sua e non dire che non ti ho avvertita” mi dice, togliendosi dall’ingresso così
da permettermi di entrare nella casa. Salgo le scale e quando arrivo davanti
alla porta di camera sua, busso.
“Mamma, non
voglio vedere nessuno!” mi urla mia cugina, pensando che io sia zia Herm.
“Non sono zia,
sono Lily... posso entrare?” chiedo, sentendo dei rumori dei passi avvicinarsi
alla porta. Questa si apre, rivelando una Rose triste con lo sguardo spento.
“Entra, Lil” mi dice, cercando di sorridere e facendomi cenno di
mettermi a sedere sul suo letto, “che ci fai qui?”.
“Perché non mi
hai detto della tua relazione con Scorp? E perché hai spifferato tutto quello
che ti avevo detto sul bambino ad Al?” le chiedo, rimanendo calma e senza
alterarmi. Non devo arrabbiarmi anche perché non ci sarebbe un valido motivo
per arrabbiarmi. Beh, un valido motivo ci sarebbe, ma è meglio che non mi
arrabbi, anche per non peggiorare l’umore di Rose, già sconvolta per la
reazione di suo padre. Mi immagino quale sia stata, conoscendo l’odio di zio
Ron per i Malfoy.
“Perché non c’è
una vera e propria relazione, papà ha frainteso. Siamo solo usciti insieme
qualche volta e poi lui e Al sono i miei migliori amici, a parte te,
naturalmente” mi risponde, “poi ho detto tutto ad Al perché sai che io e lui
non abbiamo segreti... mi dispiace di aver tradito la tua fiducia, perché so
che tu ti fidi di me, ma, anche dopo questo errore, rimarrò la tua migliore
amica? Infondo avrai bisogno di me quando avrai il bambino e...”.
“... e su di me
puoi contare, non dirò niente ai tuoi genitori e bla,
bla, bla... tu e i miei
fratelli non vi sarete mica messi d’accordo?” chiedo alzando un sopracciglio e
guardando la sua espressione della serie ‘non sono stata io’, “a parte che hai
detto a mio fratello che sta per diventare zio e a parte che non mi avevi detto
niente di Scorp... ti voglio bene, Rosie”.
“Anche io ti
voglio bene, Lil” mi dice, avvicinandosi a me ed
abbracciandomi. Rispondo all’abbraccio, sentendo che il momento di dire la
verità ad i miei genitori si sta avvicinando.
“E poi com’è
finita con Scorpius?” chiedo, ridendo, “ti piace vero?”.
“No” dice,
diventando rossa come un peperone.
“No, eh?”
chiedo, non riuscendo a smettere di ridere.
“No... siamo
solo buoni amici”.
“Si... come con
Al, vero Rose?”.
“Al? E’ mio
cugino e il mio migliore amico... poi a me piace Sco...”
lo ha detto, lo ha detto.
“Ti sei tradita
con le tue mani cara cugina... ti piace Scorpius!” le dico ridendo e
prendendomi una cuscinata in piena faccia, “Ah, è così? Allora...” dico, prendendo
il cuscino che mi ha lanciato e rilanciandoglielo contro.
L’unico
pensiero che mi rattrista e che non riesco a togliere dalla mia testa è quello
che riguarda Ted e quello che ha detto.
Beh, inutile
dire che da quel giorno la mia situazione iniziò ad andare peggio, sempre
peggio, tanto che ora vorrei, sinceramente, spaccare la faccia a Ted per quello
che mi ha fatto. Fino a quando mi era sembrato che avesse preso bene la storia del
bambino ero contenta perché sapevo che ci sarebbe stato lui ad aiutarmi con la
gravidanza, che mi avrebbe tenuto la mano quando lo avremmo detto alla nostra
famiglia, che sarebbe stato con me anche quando il bambino sarebbe nato, ma, da
quel giorno, tutta la mia felicità si trasformò in tristezza, totale tristezza,
rivolta alla voglia di liberarmi della vita che porto in grembo. In questi
giorni, diciassette precisamente, come l’età nella quale dovrò iniziare a
prendermi cura di un’altra vita, ho trascorso la maggior parte del tempo nella
mia stanza, con la testa immersa nel solito pensiero: riuscirò a essere una
brava madre? Riuscirò a prendermi cura un bambino, senza l’aiuto di suo padre?
Riuscirò ad aiutare mio figlio a crescere, quando anche io non ho finito di
crescere? Domande che attraversavano la mia mente, senza farmi pensare ad
altro. Poi avevo paura, paura dei miei genitori e di tutto il resto. Ed ogni
volta che ci pensavo, le bollenti lacrime, che cercavo di ripudiare, mi
cadevano sulle guance, rendendomi la vita impossibile. Diciassette giorni
trascorsi a piangermi addosso o tra le braccia dei miei fratelli, che mi
avevano ripromesso che non avrebbero detto niente a mamma e papà, diciassette
giorni trascorsi a cercare di farmi passare dalla testa Ted e Victoire. Eppure,
nonostante la mia tristezza, ogni volta che ci pensavo la rabbia mi invadeva.
La rabbia per essere ceduta quella sera, la rabbia per dover crescere un figlio
da sola, la rabbia per aver scoperto quanto Ted sia ancora immaturo. E’ da quel
maledetto giorno che non lo vedo, in questi diciassette giorni non è neanche
venuto a cena da noi ed anche papà lo ha considerato strano. Beh, penso che in
questi giorni abbiano iniziato a considerare strana pure me, ne sono sicura.
Dovrei dirgli tutto. Togliermi il pensiero e svuotare il sacco, sputare il
rospo. Non ci riesco, non ce la faccio, non ancora. Ogni volta che ci provo, mi
blocco e non riesco più a spiccicare parola.
Naturalmente,
tralasciando il fatto che sto ingrassando e che i vestiti iniziano a non
entrarmi più. E’ una cosa normale, ma, allo stesso tempo, è come se mi desse un
ultimatum, come se mi ricordasse che non potrò tenere nascosta la gravidanza
ancora per molto. Prima o poi i miei genitori se ne accorgeranno, anche se non
sarò io a dirglielo. Non smetterò mai di maledirmi per quello che ho fatto
perché, infondo, è tutta colpa mia. Beh, anche di Ted. Soprattutto di Ted e
della sua stupidissima immaturità.
La mia pancia
sempre più grossa mi ricorda anche che ormai è troppo tardi per liberarmi di
questo bambino. Sono al terzo mese e ormai dovrò portare in grembo questa vita
per altri sei mesi e poi dovrò decidere se crescerlo io o darlo in adozione.
C’è tempo. Beh, anche se, come dice il detto ‘chi ha tempo non perda tempo’. Allo
stesso tempo, non potrebbe andare peggio di così.
Beh, sono anche
successe tante cose negli ultimi giorni, e le parole che Vic mi aveva detto me
lo avevano fatto capire . Mi aveva detto che Ted stava attraversando un brutto
periodo e che avevano messo in pausa la loro relazione, rendendo false le cose
che mi aveva detto mio padre. Dai suoi occhi chiari traspariva la tristezza che
i suoi falsi sorrisi cercavano di nascondere. Mi aveva anche promesso che non
avrebbe detto niente a nessuno del bambino. Nonostante ci fosse rimasta molto
male, reazione molto giustificata, mia cugina non era una tipa vendicativa. Ma
dopo la rivelazione del fatto che Ted non l’amasse ero rimasta molto turbata, e
lo sono ancora oggi. Non mi sembra possibile che in diciassette giorni abbia
smesso di amare una persona, infatti non credo che sia così. La soluzione più
plausibile è che la notizia della gravidanza lo abbia turbato parecchio. Si, è
quello che penso. L’unica cosa che riesco è fare è logorarmi dei sensi di colpa
che mi fanno ripensare a quella sera. Ho rovinato la mia vita, prima di tutto.
Poi quella di Ted, quella di Vic, il loro matrimonio, il loro desiderio di
farsi una famiglia insieme. E rovinerò anche la vita dei miei genitori, che non
so neanche se mi perdoneranno. Come la prenderà mio padre, Harry James Potter,
il bambino sopravvissuto che ha sconfitto Voldemort e
che ha una figlia irresponsabile, rimasta incinta a diciassette anni, per
merito di una sbronza del suo figlioccio? E come la prenderà mia madre, Ginevra
Molly Weasley, unica femmina di sette figli e rimasta incinta del primo figlio,
James, a più di vent’anni?
Inizio davvero
ad aver paura di quello che diranno, quando, prima o poi, lo sapranno. Mi volto
su un fianco, ascoltando il silenzio che governa la notte. Non riesco a
dormire: ho troppi interrogativi che mi passano per la testa, senza una
risposta. Mi porto una mano alla pancia e inizio ad accarezzare, lentamente, il
mio ventre leggermente cresciuto. Forse questo bambino riuscirà davvero a darmi
la felicità di cui ho bisogno, forse potrà essere la cosa più bella della mia
vita, anche se sono troppo giovane per potermi prendere cura di un’altra vita.
Mi alzo dal
letto e mi dirigo in cucina. Guardo l’orologio che segna le tre e mezzo. Mi
dirigo al frigorifero e mi verso un po’ d’acqua in un bicchiere. Inizio a bere
e quando decido di tornare in camera mia, mi accorgo che un’altra figura è
entrata in cucina. Nella penombra, riconosco i suoi lineamenti e mi blocco, la
schiena attaccata al bancone della cucina. Lo vedo avanzare verso di me e
quando si ferma a circa due metri da me, non ho più dubbi su chi sia.
“Cosa ci fai
qui?” gli chiedo, rimanendo impassibile e guardandolo negli occhi, “perché non
sei a casa tua, Ted? Perché sei qui?”.
“Prima ho
raccontato a Harry della rottura tra me e Vic e lui si è offerto di farmi
dormire qui in questi giorni” mi risponde, facendo un passo verso di me.
Rimango immobile, le braccia conserte, il sopracciglio alzato.
“Prima di
scoprire che hai messo incinta sua figlia... poi voglio vedere quello che ti
dirà” ribatto seccamente, rimanendo con lo sguardo fisso sul suo.
“Lily, io ci ho
pensato sopra in questi giorni. E’ successo tutto velocemente. Tu, il dottore,
la gravidanza, Vic, il matrimonio. Devo ammetterlo, sono stato un vigliacco,
sono fuggito via, lasciando che te la cavassi da sola, senza riflettere sul
fatto che lui è mio figlio... e ignorando la verità, pensando che tutto stia
succedendo ad un’altra persona. Ma ci ho pensato sopra, ho avuto questi giorni
per rifletterci sopra, capendo che quello che è successo tre mesi fa è stato
tutto un errore, ma che ora posso rimediare, standoti accanto e crescendo
nostro figlio insieme a te. Mi dispiace di averti fatto soffrire, davvero,
spero che mi perdonerai per quello che ho fatto...” mi dice, continuando ad
avanzare verso di me.
“Il fatto è che
io non sono da sola. Ci sono i miei fratelli che mi stanno accanto, Rose... non
sono sola” rispondo duramente, cercando di fargli capire quello che ho provato
negli ultimi giorni, “mi posso fidare di loro, a differenza di te... loro sono
James e Al, farebbero di tutto per la loro piccola sorellina e il loro futuro
nipotino. Lo stesso vale per mia cugina... io non sono sola e non ho bisogno di
te”.
“Lils, ho
sbagliato, lo so, ne sono consapevole. Perdonami, puoi fidarti di me... io sono
il tuo Teddy Bear” mi dice, facendomi sorridere involontariamente alle ultime
parole. Infondo ‘Lils’ e ‘Teddy Bear’ sono le cose che ci legano sin da
bambini, “... quello era un sorriso?”.
“No, ti sei
sbagliato...” dico, nascondendo il precedente segno di felicità.
“Hai sorriso”
continua a dirmi, sorridendo e continuando ad avvicinarsi a me.
“Non credo
proprio” ribatto, rimanendo impassibile, i miei occhi puntati sui suoi, “... mi
hai delusa, mi hai fatto stare male per tutto questo tempo. Non sai come ho
passato questi giorni. Tutti pieni di domande del tipo: sarò all’altezza? Sarò
una brava madre? Riuscirò a crescere questo figlio da sola? Ho sofferto
tanto... e ora non puoi venire qui, farmi un discorso pieno di scuse e poi
pretendere che io ti perdoni così su due piedi, abbracciandoti e fidandomi
nuovamente di te”.
“Mi dispiace”
ripete, facendo un ultimo passo verso di me e accorgendomi di quanto si sia
avvicinato. Continuo a rimanere impassibile e lascio il mio sguardo puntato sui
suoi occhi, “ho anche chiuso la mia relazione con Vic. Ho avuto bisogno di
pensarci su... ma alla fine ho fatto chiarezza nella mia testa e ho deciso di
dare la precedenza a mio figlio e alla ragazza che ha bisogno di me”.
“Anche lei ha
bisogno di te e poi non devi sacrificare la tua felicità solo per aiutare noi”
dico, con tono duro.
“Non vuol dire
che io non possa essere felice anche con te e mio figlio” mi continua a dire,
tendendomi le braccia come se volesse abbracciarmi. Non vedendo nessun segno di
vita da parte mia, si avvicina a me di un altro passo e mi stringe a se. Cedo,
lasciandomi cullare dal suo abbraccio.
“E questo non
vuol dire che io ti abbia perdonato totalmente” sussurro contro il suo petto, i
capelli rossi sul volto e i lacrimoni che fanno di
tutto per cadere dai miei occhi. Sento le sue mani accarezzarmi i capelli e le
sue labbra lasciarmi un breve bacio, per me indelebile, sulla mia fronte.
Quando l’abbraccio si scioglie faccio per uscire dalla cucina per poi tornare
in camera mia, ma Ted mi fa bloccare sulla soglia della stanza.
“Sai che dovrai
dirglielo...” mi dice, intendendo i miei genitori.
“Lo so... e
dovrò anche dirgli chi è quell’irresponsabile e ubriacone che mi ha messa
incinta” gli rispondo, con lo stesso tono impassibile e vuoto.
“... ricorda
che io ti starò sempre accanto. Resterò per sempre al tuo fianco” mi dice,
accarezzandomi una guancia.
“Staremo a
vedere. Vado a dormire, buonanotte” dico, camminando fino in camera mia. Mi
metto sotto le coperte e, finalmente, quando nessuno può vedermi, tiro un
sospiro di sollievo. Come potrei non essere felice? Come potrei essere triste
del fatto che mi ha appena detto che mi starà accanto? Spero che non mi stia
prendendo in giro un’altra volta. Mi sento sollevata, non completamente
naturalmente, ancora non è finita. Certo, lui, a quanto mi ha detto, mi starà
accanto, ma non vuol dire che mi sposerà o roba simile. Vuol dire solo che mi
aiuterà a crescere questo bambino insieme. Rimane il problema di dirlo alla
famiglia, a mamma, a papà. Poi tra sei mesi diventerò madre. Perché è successo?
Ancora non riesco a farmene una ragione.
Il sole che
penetra dalla finestra mi fa svegliare. Mi alzo, indosso i vestiti di ieri e
scendo, dirigendomi fino in salotto. Mi siedo su una poltrona, raggomitolata su
me stessa.
“Ciao, Lily” mi
dice mia madre, avvicinandosi a me. Sposto lo sguardo su di lei e cerco di
sorridere, “perché sei qui tutta sola?”.
Non rispondo,
mi limito a prendere un lungo e rumoroso respiro.
“Lily...”.
“Aspetto un
bambino” dico, tutto d’un fiato, lasciando cadere alcune lacrime dai miei
occhi.
“Tu... cosa?
Lily?” cerca conferma, avvicinandosi a me e guardandomi con faccia sconvolta.
“Aspetto un
bambino...” altre lacrime cadono dai miei occhi.
“Cosa?”.
“Aspetto un
bambino... sono incinta” le dico, esitando sulle ultime due parole.
“Com’è potuto
succedere? Come...?” si siede accanto a me con la testa tra le mani.
“Mamma non
volevo che accadesse. Te lo giuro. Non volevo” inizio a singhiozzare, mettendomi
una mano sulla faccia, cercando di bloccare il corso di lacrime che non fanno
altro che cadere sul mio volto lentigginoso.
“Aspetto un bambino... sono incinta” le dico,
esitando sulle ultime due parole.
“Com’è potuto
succedere? Come...?” si siede accanto a me con la testa tra le mani.
“Mamma non
volevo che accadesse. Te lo giuro. Non volevo” inizio a singhiozzare,
mettendomi una mano sulla faccia, cercando di bloccare il corso di lacrime che
non fanno altro che cadere sul mio volto lentigginoso. E’ la verità: non volevo
che accadesse.
“Non stai
dicendo sul serio, vero? Mi stai prendendo in giro... dimmi la verità” continua
a dirmi, credendo che io non stia dicendo seriamente. Magari fosse solo un
gioco, magari stessi facendo solo finta. Ma non è così. E’ tutto vero e reale,
purtroppo.
“Te la sto
dicendo la verità” le dico, continuando a singhiozzare.
“Ma non puoi
avere un bambino a diciassette anni! Non puoi crescere un bambino alla tua età,
sei ancora troppo piccola!” esclama, guardandomi negli occhi, “... e chi
sarebbe il padre? Com’è successo?”.
“...” domanda
che temevo, che ho sempre temuto, “mamma... io...”.
“Chi è quello
che ti ha messa incinta? Dimmelo Lily...”.
“Ted...” dico,
continuando a piangere e mordendomi il labbro inferiore a sangue. Vedo la sua
faccia sconvolta puntata su di me. Non so se sia rimasta più sorpresa del fatto
che sia rimasta incinta o che abbia passato una notte con Ted.
“Ted?”.
“Si, Ted, Ted Remus Lupin. Il tuo figlioccio” continuo a dire, tirando su col naso, “una sera ero
andata a casa sua e di Vic e l’ho trovato ubriaco, sdraiato sul divano perché
aveva litigato con Vic. Si è svegliato, mi ha vista e... e... ed è successo”
piango ancora più forte, dicendo le ultime parole. Mi metto la testa tra le
mani, non riuscendo a far fermare il corso di lacrime che sta percorrendo il
mio volto.
Sento mia madre
farmi alzare e stringermi a sé. Rispondo all’abbraccio, piangendo sulla sua
spalla e sentendo i suoi tentativi di farmi smettere di piangere. Non so per
quanto restiamo abbracciate l’una a l’altra, so solo che quanto ci allontaniamo
un breve sguardo di comprensione attraversa il suo volto. Mi accarezza una
guancia, asciugandomi le lacrime e cercando di abbozzare un sorriso, anche se
capisco che sia difficile anche per lei accettare una situazione simile.
“Non piangere,
Lily”.
“Sei arrabbiata
con me, vero mamma? Ma non lo sei solo tu. Lo sarà anche papà, i nonni... e
tutto il resto della famiglia. Lo so. Lo so perché lo sono anche io, anche io
sono arrabbiata con me stessa! Ho sbagliato... non sono perfetta, come tutti
d’altronde...” dico, bloccandomi per i singhiozzi che mi impediscono di
continuare a parlare.
“Non dire così.
E’ vero, sono un po’ delusa, ma sono sempre tua madre, no?” mi dice,
sorridendomi e asciugandomi altre lacrime che mi cadono sulle guance, “io ti
voglio bene e ti aiuterò con questo bambino. E’ per questo che servono le
mamme: starti vicino nei momenti difficili”.
Continuo a
piangere, forse perché tutte le mie preoccupazioni sul dirle la verità erano
frutto della mia immaginazione e non mi immaginavo che reagisse così. Senza
pensarci due volte, l’abbraccio nuovamente. Non posso credere che l’abbia presa
in questo modo. Avevo sempre pensato che si sarebbe arrabbiata e mi avrebbe
perdonata a stento, ma mi sbagliavo.
“Ti voglio
bene...” le sussurro in un orecchio, cercando di farle capire quanto veramente
sia importante per me che lei accetti la mia situazione e mi stia accanto.
“Anche io te ne
voglio” mi risponde, allontanandomi da sé e lasciando le sue mani sulle mie
spalle, “e ora smetti di piangere”.
“Come la
prenderà, papà?” le chiedo, guardandola negli occhi.
“Non lo so,
Lily... ma non ti preoccupare, ci sono io e riuscirò a farlo ragionare,
d’accordo?”.
“D’accordo...”
rispondo, asciugandomi alcune lacrime che mi sono cadute sul volto, “non voglio
che sappia di Ted...”.
“Lo dovrà
sapere, lo sai”.
“Dobbiamo
proprio dirglielo?” chiedo stupidamente, cercando di calmarmi.
“Lily...”.
“Ma io non lo
voglio questo bambino. Ho diciassette anni, voglio vivere una vita normale e
non dover crescere un bambino” le dico, pensando a quanto la decisione di
tenere o meno questo bambino sia mutata in queste settimane. Ora non so più
quello che voglio fare, se credere a Ted, se svuotare immediatamente il sacco
con papà.
“Lo so” mi
risponde semplicemente, cercando di sorridermi.
“Mi dispiace,
mamma, mi dispiace davvero tanto” le dico, prendendo un profondo respiro.
“Dispiace anche
a me che sia successo a te”.
Improvvisamente
sentiamo la porta aprirsi e la voce di mio padre echeggiare per tutta la casa.
Senza dire niente a mia madre, corro su per le scale e mi chiudo in camera mia,
sedendomi con la schiena contro la porta. Ho paura, tanta paura, come non ne ho
mai avuta in tutta la mia vita. Accarezzo la mia pancia leggermente cresciuta,
ricominciando a piangere non appena sento mia madre e mio padre litigare.
Appoggio la testa alla porta, guardando il soffitto e cercando di ripudiare le
lacrime. Devo smettere di piangere, devo farlo. In questo preciso momento,
sento un colpo provenire da dentro la mia pancia. Abbasso lo sguardo su essa e
un piccolo sorriso non può non uscire dalle mie labbra.
“Ti sei mosso”
sussurro, non so se più come un’affermazione o una domanda e con le lacrime che
mi cadono sul volto, al mio bambino, “andiamo a parlare con il nonno? Che ne
dici? Dobbiamo proprio?”.
Continuando a
chiedere cose di questo genere alla mia pancia, mi alzo e, con una
determinazione mai avuta prima, apro la porta e scendo fino in salotto, dove
vedo i miei genitori intenti a parlare.
“Papà... mi
dispiace” gli dico, apparendo nella stanza e avvicinandomi a lui. Altre lacrime
cadono sul mio volto alla vista dello sguardo smeraldino di mio padre, “mi
dispiace tanto”.
“Non piangere,
piccola mia. Vieni qui” mi dice, abbracciandomi e accarezzandomi i capelli
rossi. Lo abbraccio a mia volta, piangendo sulla sua spalla, “non è colpa tua,
ma di quello stupido che si è approfittato di te. E chi è?” mi chiede, rompendo
l’abbraccio e guardandomi negli occhi.
“Non posso
dirtelo, papà. Ti arrabbieresti con lui e con me...”.
“Ti prometto
che non mi arrabbierò, ma dimmelo, ho bisogno che tu me lo dica”.
“Papà, io... io
non posso. Non posso dirti chi è, mi dispiace. Non voglio dirtelo” cerco di
proteggere Ted a tutti i costi, anche se non so per quanto potrò resistere.
Anche mio padre ha il diritto di saperlo, ma ho paura di quella che potrebbe
essere la sua reazione se venisse a sapere che il suo figlioccio ha messo
incinta sua figlia. Beh, non è proprio il massimo.
“Lo conosco?”.
“Si...”.
“E’ un tuo
amico?”.
“Papà, io non
posso...” ripeto, cercando di dissuaderlo da fare altre domande.
“Lily...”.
“Promettimi che
non ti arrabbierai, ti prego...”.
“Te lo
prometto”.
“Ted...” appena
pronuncio il suo nome, vedo dipingersi sul volto di mio padre un’espressione
che non ho mai visto prima.
“Ted? Il...
nostro Ted?” mi chiede conferma, rimanendo con lo sguardo fisso sul mio, “com’è
potuto succedere?” mi chiede, lo sguardo inespressivo, la voce impassibile. Ho
paura che non manterrà la promessa, ho questo brutto presentimento, “come
diavolo è successo?”.
Gli racconto di
quella sera, più o meno con le stesse parole che avevo usato con mia madre. Non
appena finisco di parlare, dalla porta d’ingresso entrano i miei fratelli e
Ted.
“Cos’è? Una
riunione familiare?” chiede Al.
“Qualcosa del
genere, dato che Ted ha messo incinta tua sorella” dice papà, con tono
visibilmente arrabbiato. So che non è arrabbiato con me, se no mi avrebbe già
urlato contro, mentre sono sicura che è molto arrabbiato con Ted. Sapevo che
non avrebbe mantenuto la promessa, “non è così, Ted? Ti sei ubriacato dopo che
Vic se ne era andata e ti sei approfittato di mia figlia”.
“Harry...” vedo
Ted che cerca di dire qualcosa, ma mio padre lo interrompe nuovamente,
ricominciando a urlargli contro.
“Come hai
potuto approfittarti di mia figlia? Della ragazza che hai sempre considerato
come una sorella?” gli chiede, avvicinandosi a lui e guardandolo, “non voglio
più vederti”.
“Papà” dico,
correndo verso mio padre e Ted, “mi ha promesso che mi aiuterà a crescere
il...”.
“Come hai
potuto solo toccare Lily?!” mi interrompe, lasciando il proprio sguardo fisso
su Teddy, “vattene”.
“Harry,
ascolta...”.
“Esci subito da
questa casa!” gli urla contro. Guardo Ted negli occhi e vedo la tristezza che
si è impossessata di lui. Senza dire una parola, ma soltanto ricambiando il mio
sguardo, ubbidisce ed esce da casa nostra.
“Perché lo hai
fatto? Perché lo hai mandato via?” chiedo a mio padre, guardandolo con occhi
spenti, “mi sarebbe stato accanto! Ho capito che sei arrabbiato per quello che
ha fatto, ma non è stata solo colpa sua! E’ stata anche colpa mia!”.
“Lily...” cerca
di calmarmi, ma io ho già deciso.
“Ciao, papà!”
lo saluto, prima di correre fuori casa. Vedo la sagoma di Ted allontanarsi e
gli corro incontro. Quando arrivo vicino a lui, senza che neanche se ne
accorga, lo abbraccio.
“Lils, perché
mi hai seguito? Pensavo che tuo padre ti avesse segregata in casa senza
permesso di uscire per paura di incontrarmi...” mi dice, abbracciandomi a sua
volta, “e questo vuol dire che mi hai perdonato totalmente?”
“... ci devo
pensare su” gli rispondo, ridendo e rompendo l’abbraccio.
“Cosa farai
ora?” mi chiede, chiedendomi indirettamente se tornerò a casa mia o se farò
qualcos’altro.
“Non lo so, ma
una cosa è certa: non tornerò a casa mia fino a quando mio padre non accetterà
l’idea che io aspetto un bambino da te e che lo cresceremo insieme. Perché è
quello che faremo, vero?” gli chiedo, non tanto sicura della promessa che mi ha
fatto di crescere nostro figlio insieme.
“Certo, Lils. Io,
tu e il bambino... suona bene” mi dice sorridendo. Rispondo al sorriso,
guardandolo nei suoi bellissimi occhi castano ombrato.
“Dove andiamo?
Voglio dire... io non tornerò più in casa mia per un po’... tu dopo che hai
lasciato Vic non hai praticamente più una casa... quindi, dove andiamo?”.
“C’è sempre un
posto dove possiamo andare” disse, afferrandomi la mano e materializzandoci in
un posto dove ero stata poche volte, ma del quale papà mi aveva raccontato
molte volte: GrimmauldPlace.
“Mmm... GrimmauldPlace, dove si riuniva anche l’Ordine della Fenice...”
dissi, vedendo il suo sguardo leggermente sorpreso del fatto che io sapessi
dell’associazione della quale facevano parte anche i suoi genitori, “beh, me
l’ha raccontato papà”.
“Si, lo ha
raccontato anche a me. Tutta la storia... Voldemort...
i mangiamorte... e tutto il resto. I miei
genitori...”.
“Remus Lupin e Ninphadora Tonks. Sai che ti hanno voluto bene” gli dico,
stringendo la sua mano che si trova in una mia.
“Harry mi
raccontava sempre di quanto erano coraggiosi e di quanto mi volevano bene. Sono
orgoglioso di essere loro figlio. E spero che anche il nostro bambino sia
orgoglioso dei suoi genitori” cerca di cambiare discorso per non farmi notare i
suoi occhi lucidi, illuminati dalla luce lunare. So che parlare dei suoi
genitori lo fa sempre stare male.
“Sono sicura
che lo sarà” rispondo, sorridendogli e vedendolo rispondere al mio sorriso.
Iniziamo a
camminare e ci fermiamo davanti ai numeri undici e tredici di GrimmauldPlace. Vedo Ted fare un
incantesimo tra i due numeri civici e apparire il numero dodici, del quale è
conosciuta l’ubicazione solo a pochi maghi. Entriamo e subito Ted lancia un lumus, facendo illuminare la stanza e facendomi capire che
è da tanto tempo che nessuno mette piede in questa casa.
“Beh, Ted...
penso che dovremo darci da fare. Fortuna che ho portato la mia bacchetta” gli
dico, sfoderando l’oggetto magico dalla tasca della gonna.
“Non ci pensare
neanche. Nella situazione in cui ti trovi hai bisogno solo di riposo, ragion
per cui ti troverò una stanza, la rimetterò a posto e ti riposerai. Quando
domani mattina ti sveglierai sarà tutto come nuovo, d’accordo?” mi dice,
prendendomi per una mano e iniziando a salire le scale alla ricerca di una
stanza. Devo ammettere che è molto grande come casa. E’ davvero enorme.
Troviamo subito una stanza al primo piano con un letto matrimoniale, un armadio
in legno e uno specchio polveroso. Ted lancia un incantesimo senza pronunciarlo
e mette a posto l’intera stanza, facendola diventare pulita e decisamente
abitabile.
“D’accordo,
Teddy Bear...”.
“Era da tanto
che non mi chiamavi così” sorride, interrompendomi.
“Buona notte”
gli dico, avvicinandomi a lui e dandogli un bacio sulla guancia, “... e sogni
d’oro...”.
“... mio
tesoro” conclude uscendo dalla stanza.
Senza pensare
né alla reazione di mio padre, né a quella che avrà l’intera famiglia mi tolgo
le scarpe e mi metto sotto le coperte del letto, addormentandomi, per la prima
volta dopo tanto tempo, con il sorriso sulle labbra.
Capitolo 9 *** Taking a Break from the Reality ***
Taking a Break from the Reality
Apro gli occhi
e il ricordo della sera precedente mi torna alla mente, facendomi ripensare
alla reazione di mio padre. Scuoto la testa e guardo meravigliata il modo in
cui Ted è riuscito a rimettere a posto la stanza. Ieri sera non ci avevo fatto
tanto caso, ma devo ammettere che ha ottenuto un ottimo risultato. Davvero. Mi
alzo, mi rimetto le scarpe e guardo l’orologio che porto al polso e che segna
le dieci. Con la mia solita andatura esco da quella che è diventata camera mia e
inizio a camminare verso la sala da pranzo. Non sono mai stata a GrimmauldPlace prima di ora.
Certo, papà mi aveva raccontato tutto di questo posto, ma sentirlo in un
racconto e vederlo dal vivo sono due cose completamente diverse. Beh, credo che
per ora il numero dodici di GrimmauldPlace sarà la mia nuova casa. Quando arrivo nella sala da
pranzo non vedo nessuno, anche se devo ammettere che Ted è riuscito molto nel
suo intento di rimettere a posto la casa. Tutto è pulito e lindo, in confronto
a com’era inabitabile ieri sera.
“Ted!” lo
chiamo, ma nessuna risposta. Esco dalla stanza e ritorno al primo piano, dove
si trova anche la mia stanza. Non so se sia in casa oppure se sia uscito per
qualche commissione o qualcosa del genere, ma la tentazione di visitare tutta
la casa con la scusa di trovarlo mi alletta molto. Beh, tentar non nuoce, no?
Torno al piano terra e setaccio tutte le stanze, senza trovarlo. Torno al primo
piano ed entro nella stanza accanto alla mia e vedo un Teddy Lupin, distrutto e
dormiente, sdraiato sul letto. Mi avvicino molto lentamente, cercando di fare
meno rumore possibile. Devo ammettere che il mio Teddy Bear ha un’espressione
angelica mentre dorme. Si, devo ammetterlo. Sarebbe un peccato svegliarlo, lo
so, ma io sono una peste nata, quindi...
“Ted!” lo
chiamo nuovamente, vedendolo sobbalzare nel letto e spalancare gli occhi. Molto
probabilmente mi sta imprecando mentalmente, visto che l’ho costretto a
svegliarsi.
“Che ore sono?”
mi chiede con la voce impastata dal sonno e sbadigliando rumorosamente. E’
davvero buffo: i capelli tutti scompigliati e la faccia assonnata. Ci vorrebbe
una foto.
“Le dieci” gli
rispondo, vedendo il suo sguardo parzialmente interrogativo puntato ancora su
di me.
“Sono solo le dieci?
Beh, buona notte, ci vediamo tra qualche ora” mi dice, facendomi ridere e
rigirandosi dall’altra parte.
“Avanti, Teddy”
lo imploro, correndo dall’altra parte del letto e sdraiandomi su esso, con la
mia faccia vicino alla sua, “Ted... Ted...” inizio a chiamarlo e a saltare sul
suo letto da due piazze. Sono sicura che non mi sopporterà per tanto. Conosco
troppo bene il mio Teddy Bear, “dai, Ted. Svegliati... Ted Remus Lupin, ti
ordino di svegliarti! Avanti! Ted!”.
Lo vedo
svegliarsi, si, ma anche avvicinarsi e stringermi a sé, bloccando i movimenti
delle mie braccia con le sue. Scoppio a ridere, mentre sento le sue mani
accarezzarmi la pancia e il suo respiro sul mio collo. Devo dire che è molto
efficace come tentativo di farmi stare ferma, ma niente impedisce alla mia
bocca di muoversi.
“Così stai
ferma” mi dice, ridendo e continuando a stringermi. La sua stretta, nonostante
sia forte, non mi fa male, anzi mi fa sentire protetta.
“Questo però
non mi impedisce di parlare” continuò a dire, voltandomi e ritrovandomi con la
sua faccia a pochi centimetri dalla mia. Continuo a ridere, guardando il suo
sguardo assonnato.
“D’accordo, hai
vinto” si arrende, alzandosi e stirandosi. Gli sorrido vittoriosa, alzandomi
dal suo letto. Gli poso un lieve e casto bacio sulla guancia, senza smettere di
sorridere.
“Ti aspetto
giù, muoviti!” gli ordino, ridendo e uscendo dalla sua stanza. E pensare che
questa sarà casa nostra per molto tempo e soprattutto che lui e il bambino
saranno la mia famiglia. Cammino fino in sala pranzo e mi siedo, aspettando
Ted. Sono davvero curiosa di sapere quanto ci metterà a vestirsi e a svegliarsi
per bene.
Sembrerò una
ragazzina alla sua prima cotta (beh, ragazzina ci sta e anche prima cotta non è
tanto sbagliata come definizione), ma sentire le sue braccia intorno a me e il
suo respiro sul mio collo... Lily torna sulla Terra, non iniziare a credere che
ci potrà essere una relazione in futuro. Perché no? Avremo un figlio insieme,
dovremo crescere questo bambino insieme e penso che potrà esserci la
possibilità di crearci una famiglia noi tre. Fantastico! Inizio anche a parlare
da sola, davvero fantastico.
Mi riprendo dai
miei pensieri soltanto quanto vedo Ted varcare la soglia della stanza,
stranamente con i capelli di uno strano azzurro cielo, il mio colore preferito.
“Devo dire che
sono riuscita a svegliarti” rido, rimanendo seduta al mio posto e incrociando
le braccia sotto al petto. Improvvisamente, sento un colpo come quello di ieri
provenirmi dalla pancia, “anche tuo figlio è contento che io ce l’abbia fatta”
dico, poggiando una mano sulla mia pancia.
“Si? Dici?” mi
chiede, avvicinandosi a me.
“Si, dato che
ultimamente non fa altro che muoversi” gli confermo, “ed è anche una sensazione
meravigliosa” gli dico, sorridendo, prendendo una sua mano e posandola sulla
mia pancia. Non fa niente per tirarsi indietro, si limita ad accarezzare la mia
pancia, guardandomi negli occhi. Vedo un sorriso farsi strada anche sulle sue
labbra, quando nostro figlio lancia un altro colpo, “come faremo, Ted? Con mio
padre e con tutta la famiglia? Rimarremo qui, in questa casa? Nascondendoci? E
quando il bambino nascerà? Cosa faremo?”.
“Non lo so,
Lils... sono sicuro che Harry ci ragionerà sopra e riuscirà a capire la
situazione, ha solo bisogno di tempo, ma sono sicuro che mi perdonerà e che
perdonerà anche te per avermi seguito. Poi, GrimmauldPlace potrà essere casa nostra per tutto il tempo che
vogliamo. E dovranno passare ancora sei mesi prima che questo bambino venga al
mondo. C’è tempo Lily” mi dice, avvicinandosi a me e abbracciandomi, “c’è
tempo...”.
“E se qualcosa
dovesse andare storta: e se mio padre non ci perdonasse?” gli chiedo, da vera
pessimista.
“Sai che non
succederà, conosci Harry” mi sussurra, accarezzandomi i capelli rossi, “nel
caso non te ne fossi accorta, sono riuscito a materializzarmi in casa tua e a
prendere dei tuoi vestiti puliti”.
“Grazie...” lo
ringrazio, rimanendo stretta a lui e sentendo il suo calore riscaldarmi,
“aspetta, non mi farai mica rimanere in casa come una suora di clausura?” gli
chiedo, ridendo e staccandomi da lui per guardarlo negli occhi, “posso uscire,
vero?”.
“Certo. Poi
anche se ti costringessi a restare in casa, sono sicuro che ti
materializzeresti di nascosto” mi dice, ridendo a sua volta.
“Beh, non hai
tutti i torti...” dico, alzandomi e iniziando a camminare fuori dalla stanza.
“Dove vai,
adesso? Dopo avermi buttato giù dal letto alle dieci di mattina?” mi chiede,
costringendomi a voltarmi verso di lui che mi guarda, secondo mia impressione,
con occhi da cane bastonato che fanno di tutto per non farmi andare via.
Sicuramente ho le traveggole.
“Vado a
mettermi qualcosa di pulito e poi vado da Rose” gli rispondo con ovvietà,
rimanendo voltata a guardarlo, “perché? Mi hai dato il permesso di uscire,
quindi...”.
“Coglierò
l’occasione per andare a fare la spesa: è da molto che qualcuno non mette piede
in questa casa, si vede anche dal frigorifero vuoto” mi dice, facendomi
scoppiare a ridere involontariamente, “cosa c’è di così buffo?”.
“Niente, solo
che... tu fai la spesa?” devo ammettere che non avevo mai pensato al fatto che
Ted fosse un uomo casalingo. Forse non lo è, ma si sforza di esserlo perché
sono incinta. Anche se devo ammettere che sarebbe il marito perfetto: ai miei
occhi è bellissimo, simpatico, intelligente, dolce e anche casalingo... basta!
Devo smettere di pensare a queste cose!
“C’è qualcosa
di male nel farlo?”.
“No... è che...
non avevo mai pensato che te... e la spesa foste compatibili”.
“Beh, ora hai
capito che avevi sbagliato sul mio conto” mi dice, alzandosi e avvicinandosi a
me, “ci vediamo dopo. Tornerai a casa per pranzo, mi auguro”.
“Non ti
preoccupare: faccio un veloce salto da mia cugina e poi torno a casa” dico,
sentendomi un po’ strana nel definire quella dimora casa mia. E’ davvero una
sensazione strana.
“Chissà come
mai prevedo che mi fischieranno le orecchie” mi dice, fermandosi vicino a me e
pensando che lui sarà l’argomento principale della nostra conversazione.
“Non credo proprio”
ribatto, incrociando le braccia sotto al petto, “i tempi in cui parlavamo
soltanto di te sono passati. Ora abbiamo altro di cui parlare. Per esempio di
lui o lei” dico, indicando la mia pancia, “e anche di Scorp”.
“E chi sarebbe
questo Scorp? Non sarà mica il figlio di Malfoy? Scorpius Malfoy?” mi chiede,
con, a parere mio, una lieve inflessione di gelosia nella voce.
“Si, è proprio
lui” rispondo, sorridendo e iniziando a camminare verso la mia stanza con lui
che mi segue a ruota.
“E perché
dovreste parlare di lui?”.
“Non te l’ho
detto? Ho una relazione segreta con Scorpius Malfoy” scoppio a ridere, aprendo
la porta di camera mia e guardando, divertita, la sua faccia gelosa.
“Tu cosa?” mi
chiede con una voce che mi fa capire quanto sia geloso.
“Non sarai mica
geloso?” gli chiedo, continuando a ridere, “non dicevo sul serio. Scorp lo
conosco solo di vista, è mia cugina quella innamorata di lui. Saresti geloso,
vero?” rido, vedendo la sua faccia tornare normale ed entrando in camera mia.
“Geloso? Io?”
mi chiede, cercando di farmi credere che la sua espressione precedente non
fosse di gelosia e che i suoi capelli verdi fossero di quel colore così per
cambiare, “ora vado”.
“Già... Ted” lo
richiamo, avvicinandomi all’armadio e aprendolo, “cambia colore di capelli, il
verde invidia non ti dona”.
Lo guardo
uscire da camera mia imbarazzato, senza accorgermi che sto continuando a
sorridere. Scuoto la testa e prendo la prima cosa che mi capita. Vado in bagno
e faccio una doccia veloce, per poi vestirmi e lasciarmi i capelli leggermente
umidi. Prendo la bacchetta da sopra il letto e mi materializzo nella camera di
Rose. Vedo mia cugina sobbalzare alla mia vista, ma trattenersi dall’urlare.
Molto probabilmente mia madre e mio padre avranno raccontato tutto a zia
Hermione e zio Ron, e forse Rosie non vuole farmi passare dei guai.
“Ciao, Rose” la
saluto, sedendomi accanto a lei sul suo letto, “ti hanno raccontato tutto,
vero?”.
“Stai dicendo
del fatto che te ne sei andata via di casa con Teddy?” mi chiede, con voce
calma, “si, me lo ha detto Al ieri sera. E pensa che anche lui si è
materializzato in camera mia. Deve essere una cosa genetica dei Potter”.
“Come vedi sono
ancora viva... anzi, siamo ancora vivi” dico, sottolineando la mia gravidanza
che, in questo momento, mi fa stare soltanto bene. E’ grazie a questo bambino
che io e Ted ci siamo ritrovati costretti ad andare via, è grazie a lui - o lei
- se ho imparato ad apprezzare ancora di più i miei fratelli e mia cugina.
“Ormai la
notizia della gravidanza ha fatto il giro della famiglia e a quanto ho sentito
tuo padre è davvero arrabbiato. Al, Jay e tua madre stanno facendo di tutto per
farlo ragionare, ma per ora senza risultati”.
“Anche la
notizia di Scorp ha fatto il giro della famiglia?” le chiedo, guardando fiorire
un bellissimo sorriso sul suo volto al pronunciare quel nome.
“Lily, dovresti
conoscerlo. Io sono davvero innamorata di lui”.
“Non ne avevo
dubbi” dico, sorridendo e continuando a guardarla negli occhi, “e con zio
Ron?”.
“Papà sta
ricominciando a rivolgermi la parola, anche se sai quanto è dura per lui
accettare il fatto che io sia innamorata di un Malfoy che tra l’altro vedo
tutti i giorni”.
“Si, è dura
quanto per mio padre accettare il fatto che io aspetti un bambino da Ted” dico,
facendole capire che, secondo un punto di vista, mi trovo nella stessa
situazione, anche se la mia è molto più grave.
“Più o meno
siamo sulla stessa barca, a parte il fatto che tra sei mesi tu avrai un figlio”
mi dice, “non ti ho ancora chiesto dove vi siete nascosti tu e Ted”.
“Nascosti non è
proprio il termine adatto. Comunque, siamo andati nell’unico posto che ci è
sembrato più adatto come ‘nascondiglio’” le rispondo, rimanendo molto sul vago.
“Quindi vi
siete trovati un posto dove stare...”.
“Si e penso che
la giusta definizione di quel posto sia casa”.
Autunno. Primo
settembre. Nove e mezza. Dovrei essere a prepararmi per l’ultimo anno ad Hogwarts,
dovrei essere a fare colazione con i miei genitori e i miei fratelli a casa
mia. Ma non è così. Mi trovo davanti alla finestra di camera mia a GrimmauldPlace, mentre non
faccio altro che pensare al fatto di voler partire per la scuola di magia e
stregoneria con Hugo. Sarebbe l’unica cosa che realmente vorrei: che non fosse
successo niente; che non stessi aspettando un figlio e non avessi litigato con
mio padre. E’ inutile, questo pensiero non riesce a uscire dalla mia testa. Più
provo a farlo, più esso mi torna in mente, facendomi stare in colpa. Quando
ripenso allo sguardo deluso di mio padre quando gli ho detto tutto, mi sento
male. Il fatto che lui sia arrabbiato con Ted, e di conseguenza con me dato che
l’ho seguito fino a qui, mi fa stare realmente male. Poi cosa dovrei fare?
Rimanere qui, a GrimmauldPlace?
O provare a tornare a casa dai miei genitori? O partire per Hogwarts? L’ultima
opzione è esclusa per causa gravidanza. E pensare che tra sei mesi sarò mamma.
Io, mamma. Non lo avrei mai pensato, o almeno non avevo mai pensato di
diventarlo così presto e per di più con il figlio di Ted.
Sospiro,
guardando la pioggia che cade e che si infrange sul vetro della finestra.
Almeno ho Ted. L’unica cosa positiva di tutta la faccenda. Per fortuna mi starà
accanto. Naturalmente come amico, niente di più. Non mi sto facendo stupide
illusioni sul fatto che con questo bambino ci potrà essere qualcosa tra noi...
d’accordo, mi sto illudendo.
“Cosa ci fai
qui tutta sola? E triste soprattutto?” mi chiede una voce alle mie spalle. Il
mio sguardo rimane impassibile sui goccioloni che cadono dal cielo, facendomi
ricordare quel pomeriggio che avevo corso sotto la pioggia per rivelare a Ted
del bambino. Beh, la giornata non si era conclusa nel migliore dei modi, visto
che ero finita all’ospedale.
“Penso... e tu cosa
ci fai sveglio a quest’ora vista la tua pigrizia?” gli risposi, voltandomi a
guardarlo e perdendomi dentro i suoi meravigliosi occhi castano ombrato. Dovrei
smettere di pensare, “mi dispiace, Teddy...” dico, cambiando discorso, senza
quasi accorgermene.
“E di cosa?” mi
chiede, sedendosi accanto a me e guardandomi interrogativo.
“Di essere
rimasta incinta... ho rovinato tutto: la possibilità di partire oggi per Hogwarts
per il mio ultimo anno, il rapporto con papà, la tua relazione con Vic...”
marco l’ultima frase, pentendomene veramente. E’ da quando ho scoperto di
essere rimasta incinta che mi sento in colpa per essere stata io il motivo
della loro rottura, “è che non riesco a perdonarmi per aver rovinato la tua
vita, oltre che la mia, naturalmente...”.
“Non puoi
continuare a darti la colpa per tutto. Non puoi andare avanti così, Lily.
Quello che è successo è successo, non ci si può riporre rimedio. E non devi
continuare a sentirti in colpa per la rottura tra me e Vic” mi risponde,
guardandomi degli occhi, “non mi hai rovinato la vita Lils, l’hai solo resa
diversa da quello che mi aspettavo che succedesse. Ho sempre pensato che avrei
passato tutta la mia vita con Victoire, che ci saremmo sposati e avremmo messo
su famiglia. Ne sono sempre stato convinto forse perché lei è stata la mia
fidanzata sin da quando ho memoria, forse perché la consideravo una persona
talmente importante per me che non credevo sarebbe finita così”.
“Tu ami Vic...”
dico, leggendo nei suoi occhi quanto ancora lui tiene a lei, “e io ho rovinato
tutto. Mi sento davvero in colpa, Teddy. Voi vi amate e io mi sono messa in
mezzo. Ed è per questo che voglio che tu sia felice Ted, puoi rendere la tua
vita come l’avevi sempre immaginata. Puoi sposare Vic e farti una famiglia con
lei, l’unica cosa importante è che tu stia accanto anche a me e a nostro
figlio. Non voglio obbligarti a non vivere la vita che avevi sempre desiderato”
ammetto, abbassando lo sguardo e osservando quanto le mie mani stiano tremando
e quanto le lacrime pungano con rabbia ai bordi dei miei occhi.
“Lily...
guardami” mi dice, facendomi alzare lo sguardo su di lui, “io ho amato Vic,
devo ammetterlo, io l’ho amata davvero, come poche volte si riesce ad amare una
persona. Lei è stata una delle persone più importanti della mia vita e resterà
tale, ma, dopo la notizia del bambino e tutto il resto, il mio sentimento per
Vic ha iniziato a cambiare. All’inizio non capivo cosa volesse dire, infatti
ero talmente confuso che ti ho anche abbandonata, e devo dire che quella sberla
me la sono proprio meritata. Poi ho avuto il tempo di riflettere, di pensarci
sopra. Quegli interminabili giorni nei quali sono riuscito a capire che quello
che provavo per Victoire non era lo stesso sentimento che avevo provato per lei
fino ad allora. E lì ho capito di amare nostro figlio, Lils. In quel momento,
l’unica cosa che volevo era quella di starti accanto e di prendermi cura di mio
figlio accanto a te. Ed è quello che farò, manterrò la promessa che ti ho
fatto: sarò sempre con te, ti aiuterò e ti starò accanto. Vi starò
accanto”.
Lo guardo,
quasi meravigliata dalle sue belle parole. Non ho più paura, in questo momento,
non sono né impaurita né insicura di me stessa, “ti prometto che non ritirerò
mai più fuori questo argomento” dico, cercando di abbozzare un lieve sorriso e
stringendomi a lui. Sento le sue braccia intorno a me e il suo profumo
inebriarmi le narici.
“Um, Ted...” sussurro, sciogliendo l’abbraccio, ma sentendo
il suo braccio ancora intorno alla mia vita. Prendo una piccola foto che avevo
lasciato accanto a me e gliela porgo. Vedo un sorriso aprirsi sulle sue labbra.
“E’... è
l’ecografia?” mi chiede, prendendo la foto dalla mia mano e osservandola
attentamente, mentre continua a stringermi a sé.
“Si, ieri sono
stata al San Mungo” gli rispondo, poggiando la testa su una sua spalla e
osservando nostro figlio, “so che non si vede molto, ma è nostro figlio”.
“Sai se è
maschio o femmina?” mi chiede, alzando lo sguardo su di me.
“Non l’ho voluto
sapere. Voglio che sia una sorpresa” gli rispondo, vedendolo portare nuovamente
il suo sguardo sulla foto, “puoi tenerla”.
“Grazie...” mi
sussurra, baciandomi i capelli e continuando a stringermi a sé, senza togliere
neanche per un istante gli occhi dall’immagine di nostro figlio.
“Il fatto è che
in questo periodo non ho proprio niente da fare, mi annoio a morte e l’unica
cosa che mi resta da fare è pensare e darmi la colpa per tutto quello che sta
succedendo. Devo pensare meno...” dico, lasciando la mia testa appoggiata sulla
sua spalla, “poi ancora il pensiero di mio padre... mi sento davvero in colpa,
Teddy”.
“Devi calmarti,
Lily. Te l’ho già detto: le cose si sistemeranno, tutto andrà per il verso
giusto. Devi stare tranquilla, d’accordo?” mi chiede, voltandosi verso di me e
guardandomi negli occhi.
“D’accordo...”
ripeto, non tanto convinta di riuscire realmente a farlo.
“Me lo
prometti?”.
“Te lo
prometto”.
“In quanto ad Hogwarts,
penso di essere la persona adatta per darti delle lezioni, almeno per quello
che riguarda difesa contro le arti oscure...” mi dice, non staccando gli occhi
da me, neanche per un momento.
“Come sei
modesto!” esclamo, alzandomi e camminando verso la porta, “grazie, Teddy” gli
dico, prima di uscire da camera mia.
“E di cosa, Lils?”
mi chiede, seguendomi.
“Di tutto” gli
rispondo, sorridendo e guardando divertita i suoi capelli diventare un rosso
acceso.
Mi volto, con
le guance lievemente arrossate, e noto una lettera entrare dal buco della posta
e cadere davanti alla porta. Senza dire niente, corro verso essa e prendo la
lettera in mano, osservando che il nome presente sopra non è il mio, ma quello
di Ted. Volto la busta e noto il nome del mittente: Victoire Weasley. Il mio
sorriso si spegne e mi volto a guardare Ted, porgendogli la lettera, nonostante
la mia innata curiosità. Si avvicina a me e afferra la busta in una mano,
cingendosi a togliere la ceralacca. Rimango ad osservarlo in silenzio,
aspettando una sua sola parola. Lo vedo leggere la lettera e le sue
sopracciglia incurvarsi sempre di più ad ogni parola. Non riesco a capire come
abbia fatto a mandarci una lettera qui a GrimmauldPlace, ma, in questo momento, non è il quesito più
importante. Vedo il suo sguardo allibito, quasi dispiaciuto, puntato su di me,
non appena finisce di leggere.
“Cosa... cosa
dice?” mi faccio coraggio, cercando di rompere il silenzio imbarazzante e
cercando di capire veramente cosa stia succedendo, “cosa vuole Vic? Ted
rispondimi, dì qualcosa”.
“Devo andare,
Lily. Ci vediamo a pranzo...” mi dice, materializzandosi non so dove.
Fortunatamente - o sfortunatamente, dipende dai punti di vista -, prima di
sparire, la lettera gli cade da una mano, facendola cadere sul pavimento.
La notizia deve
averlo shoccato molto, visto la reazione che ha avuto. Non so se ho il coraggio
di leggere quello che c’è scritto: sicuramente è un’altra brutta notizia. Molto
lentamente e con il cuore che ho paura mi esca dal petto, raccolgo la lettera e
mi siedo su una sedia nella sala da pranzo. Faccio passare il pezzo di carta da
una mano all’altra, peggio di quando non sapevo se guardare il test di
gravidanza che mi ha cambiato la vita. Finalmente mi decido e apro la lettera,
riuscendo a scorgere la rotonda e lieve calligrafia di Vic.
Caro Ted,
non ti devi
stupire del fatto che la mia lettera è riuscita ad arrivarti a GrimmauldPlace: ti conosco Teddy
e so che quando non sai dove andare, quello è il tuo rifugio, il posto dove
nasconderti. Ma non è questo il punto. So che sei scappato con Lily e il vostro
bambino, ma il fatto è che, come lei ha bisogno di te, anche io ne ho. Non so
se hai capito quello che voglio dirti, ma, in poche parole, mi trovo nella
situazione di Lily, anche io sono incinta. E tu sei il padre. So che
probabilmente sarà una doccia fredda per te, ma volevo dirtelo il prima
possibile e ho pensato di scriverti. Nel caso ti interessasse, sono di due
mesi.
Con molto
affetto,
la tua Victoire
Lascio cadere
la lettera a terra, sconvolta da quello che ho appena letto. Ormai le lacrime,
che ero riuscita a non piangere nei giorni scorsi, mi rigano il volto. Mi metto
la testa tra le mani, sentendo di non riuscire ad andare avanti, non dopo
questa notizia. Perché? Non è già grave il fatto che stia aspettando un bambino
a diciassette anni, che abbia litigato con mio padre e che sia dovuta scappare
di casa?! Non bastava tutto questo?! Anche la gravidanza di Vic! Non potrebbe
andare peggio di così, proprio non potrebbe. Tutto stava andando bene, stavo
riuscendo ad andare avanti con l’aiuto di Ted, riuscivo ad essere più sicura di
me stessa grazie a lui, ma ora... cosa dovrei fare adesso? Cosa diavolo dovrei
fare?
Raccolgo la
lettera e la strappo, prima di correre in camera mia e di iniziare a piangere
con la testa immersa nel cuscino. Ci sarà sempre Vic, lo so. Sempre lei
attorno, sempre lei a rovinare tutto, sempre lei padrona del cuore di Ted. Cosa
devo fare ora? Rimanere qui a piangere? Tornare a casa? Andare da Rose? Cercare
conforto in Al e Jay? Cosa? Aspettare Ted e prendere in piena faccia la notizia
che lui ha Vic e che non può aiutarmi e non può mantenere la promessa fattami?
Andare da lui e Vic e partecipare attivamente alla conversazione? La verità è
che vorrei andare via, scappare da tutto e da tutti. In questo momento è l’unica
cosa che vorrei fare.
Vorrei riuscire
ad essere felice. Cosa ho fatto di male per meritarmi questo? Rimanere incinta,
forse? Rimanere incinta del figlioccio di mio padre, tra l’altro fidanzato con
mia cugina, di dieci anni più grande di me e sicuramente il ragazzo sbagliato?
Questa è la mia colpa? Essere rimasta incinta di un bambino che ora amo con
tutta me stessa e del quale non potrei mai farne a meno? Essere rimasta incinta
del bambino che all’inizio avevo considerato come un errore e che adesso è la
persona più importante di tutta la mia vita? Essere rimasta incinta di un
bambino che mi amerà? Che sarà davvero capace di amarmi, dato che sarò sua
madre? Questa è la mia stupidissima colpa?!
Mi volto a
pancia in su, con le lacrime che continuano a rigarmi il viso e portandomi le
mani alla pancia, cercando conforto nel mio bambino. Spero che almeno lui
riesca a smettere di farmi piangere, riesca a rendermi felice, riesca a darmi
una nuova ragione per andare avanti. Beh, lui - o, lei - sarà la mi nuova
ragione, il mio bambino. Forse per la mancanza di sonno, o forse per la
stanchezza di ricevere brutte notizie, mi assopisco tra le lacrime, facendomi
ricordare che era l’unica cosa che riuscivo a fare un mese fa.
Mi sveglio di
soprassalto, accorgendomi di Ted che mi sta osservando, con sguardo
visibilmente dispiaciuto e triste. Mai quanto il mio. Mi alzo velocemente dal
letto e mi allontano da lui, come se tenerlo lontano risolvesse tutto. Ma non è
così. Vorrei che questo fosse un semplice incubo, ma so che non lo è. So che
sono perfettamente sveglia e che tutto quello che sto vivendo è vero,
purtroppo. E come se nel sonno movimentato me ne fossi scordata, il ricordo
della lettera di Vic mi torna alla mente, facendomi venire voglia di piangere.
“Presumo che
hai letto il contenuto della lettera...” vedo Ted cercare di interrompere il
silenzio, ma senza grandi risultati, visto che mi limito ad annuire leggermente
con la testa. Purtroppo si, Teddy, purtroppo si.
“Oh, come sei
perspicace... e da cosa lo avresti capito?” dico, con voce acida e con un modo
di fare mai usato prima, soprattutto nei suoi confronti. Mi ha ferita, mi ha
delusa e ora il minimo che posso fare è questo, rispondergli male, urlargli
contro e non rivolgergli più la parola. Non dubito che Ted stia passando un bel
periodo, ma non è lui la ragazza adolescente incinta che tra sei mesi avrà un
bambino. Ti facevo più responsabile e maturo, Ted, ma si vede che mi sbagliavo,
“forse dai coriandoli che ho ricavato dalla lettera? O forse dai miei occhi
arrossati?” in questo momento l’unica cosa che realmente vorrei è che zio Bill
non avesse mai incontrato FleurDelacour,
penso che sarebbe stato tutto più semplice. E penso anche che non sarei rimasta
incinta, visto che Ted non si sarebbe ubriacato, dato che Vic non sarebbe mai
esistita.
“Lils...” cerca
presumibilmente di calmarmi, ma non credo che gli sarà molto facile riuscire a
farlo.
“Non chiamarmi
così!” gli urlo contro, vedendo le lacrime appannarmi la vista. Vedo Ted
avvicinarsi a me senza dire una parola, e guardandomi negli occhi.
“Lily,
ascoltami...”.
“Perché? Cosa
avresti da dirmi? Che torni dalla tua Vic e da... tuo figlio e abbandoni me? E’
questo che vuoi dirmi? Beh, posso fare anche a meno di ascoltare!” sono davvero
arrabbiata. Sento altre lacrime cadermi sul volto. Sono lacrime di rabbia,
rabbia nei confronti di Ted e di Vic. Cerco di eliminarle, anche se altre
prendono il loro posto, continuando a piangere.
“Se avessi
deciso di abbandonarti non avrei conservato questa” mi dice, mostrandomi la
foto dell’ecografia che gli ho dato prima, “nostro figlio, Lily”.
“Mio figlio!”
marco, forse troppo, la parola mio, portandomi una mano alla pancia, “tu
hai un altro figlio di cui prenderti cura, se non sbaglio. Riuscirò a cavarmela
anche senza di te!”.
“Lily, lui è anche
mio figlio” mi dice, avvicinandosi ancora di più a me, tanto da posare una sua
mano su un mio braccio, “e io lo amo. Io vi amo” mi dice, guardandomi negli
occhi e cercando di farmi capire che lui tiene a me, “io ti amo, Lily”.
“Io non più”
gli rispondo fredda e secca, togliendo la sua mano dal mio braccio e
guardandolo con i miei occhi in lacrime. La mia rabbia non mi fa nemmeno
rendere conto realmente di quello che ha detto e mi fa anche dire cose che non
avrei mai detto al mio Teddy Bear, o almeno non con questo tono. Gli passo di
fianco, avvicinandomi al mio comodino per prendere la bacchetta, ma lui mi
ferma, bloccandomi per un polso e costringendomi a voltarmi verso di lui. La
sua stretta sul mio polso mi fa ricordare quella sera, quella dannatissima e
maledettissima sera. Non potevo starmene a casa mia?, “lasciami!” gli ordino,
cercando di allentare la presa della sua mano sul mio povero arto con la mia
mano libera, senza risultato.
“Non andartene”
mi supplica, guardandomi con uno sguardo implorante che poche volte gli ho
visto fare. La sua presa sul mio polso si annulla e lui mi stringe a sé, in uno
dei suoi soliti abbracci. Lo allontano, rompendo l’abbraccio, e afferro la
bacchetta sul comodino, preparandomi a materializzarmi.
“Ho bisogno di
tempo, Ted” gli dico, con la rabbia che continua a impadronirsi di me e a
comandarmi. Vorrei davvero dirgli che ricambio quello che prova nei miei
confronti, ma non posso farlo, so di non poterlo fare. Soprattutto per il fatto
di Vic, “questa volta mi hai ferita davvero, la gravidanza di Vic è troppo. Ti
prometto che farò ragionare mio padre affinché non ti uccida e riesca a farsi
una ragione che io aspetti un bambino da te. Per il resto ho bisogno di tempo”.
“Resta con me,
Lily. Ti prego. Voglio starti vicino e vedere nostro figlio crescere in questi
mesi, voglio esserci quando verrà al mondo e anche quando sceglieremo il nome.
Voglio crescere questo bambino con te” mi dice, commuovendomi con le sue
parole. Vorrei tanto abbracciarlo, come se non fosse successo niente, ma non
posso, non ci riesco. Ho bisogno di tempo, solo di un po’ di tempo.
“Penso che
vorrai fare lo stesso anche con Vic e con il vostro bambino” gli dico,
rimanendo sullo stesso tono freddo e distaccato, nonostante le sue parole mi
stiano addolcendo, “ora devo tornare a casa e sistemare la situazione con mio
padre”.
“Lily...” cerca
di dirmi qualcosa, visibilmente dispiaciuto della mia scelta di andarmene da GrimmauldPlace.
“Sicuramente ci
vedremo ai pranzi di nonna Molly, poi non so” gli rispondo, guardandolo negli
occhi, “ci penserò sopra. Te l’ho detto: ho bisogno di tempo. Solo di un po’ di
tempo” dico, prima di accennargli un saluto con la testa e di materializzarmi
in un parco.
Il parco dove i
miei genitori mi portavano quando ero piccola e che ora considero come uno
degli unici posti dove posso riflettere, prima di tornare a casa, cosa che non
sarà per niente facile. Mi siedo su una panchina con le braccia intono ai
ginocchi, raggomitolata su me stessa. Vedo qualche bambino giocare e questo mi
fa pensare a mio figlio, che non avrà un padre. Beh, questo dipende da me,
perdonare o no Ted. Dare o no a mio figlio un padre.
Sposto lo
sguardo su un’altra bambina seduta a terra con un ginocchio sbucciato e su un
altro bambino - più ragazzo che bambino - che la sta aiutando. Sorrido
involontariamente tra me e me, ricordandomi una situazione simile successa
anche a me qualche anno fa. In quel caso, ero io la bambina dai capelli rossi,
seduta a terra e con un ginocchio sbucciato, mentre Ted ricopriva perfettamente
il ruolo del ragazzo soccorritore, che ti aiuta a guarire tutte le ferite che
il mondo ti infligge ma che non riuscirà mai a sanare quella che lui ti ha
procurato al cuore. Com’era bello quando ero piccola e consideravo Ted come un
fratello maggiore - sorvolando sul fatto che cercavo sempre di allontanarlo da
Vic - com’era bello quando non portavo in grembo la dinastia dei Lupin.
Sento una
lacrima pizzicarmi una guancia, mentre sposto nuovamente lo sguardo, cercando
di non pensare a quello che è successo, naturalmente senza risultati positivi.
Devo tornare a casa, ne sono consapevole. Non posso restare a Grimmauld, decisamente non posso. Non posso continuare a
fuggire dalle situazioni difficili: devo affrontarle ed è quello che farò.
Affronterò mio padre e riuscirò a fargli capire che aspetto un bambino da Ted e
che lui lo voglia o no, questo bambino verrà al mondo comunque. E sicuramente
affronterò anche Vic, non so né quando né come, ma lo farò.
“Lily?” sento qualcuno
pronunciare il mio nome e mi volto, vedendo Roxanne
Weasley, visibilmente incinta, camminare verso di me. Devo dire che siamo
decisamente sulla stessa barca: aspettiamo un bambino. Beh, devo dire che lei
ha una cosa in più di me: suo padre che l’ha perdonata per tutto.
“Ciao, Roxy...” la saluto, sorridendole e invitandola a sedersi
accanto a me. Sicuramente sa della fuga mia e di Ted e di tutto il resto; tutta
la famiglia lo sa, “come stai?” le chiedo, vedendola sedersi e guardarmi con i
suoi occhi chiari.
“Così...” mi
risponde, indicandomi la pancia. Non so con precisione di quanti mesi sia, ma
sicuramente almeno tre più di me, “tu, invece, Lily? Papà mi ha raccontato
tutto: la gravidanza, la tua fuga con Ted...”.
“Ma sicuramente
non ti ha dato la notizia inedita che tra un paio di giorni sarà sparsa per
tutta la famiglia” le dico, facendo involontariamente sbiadire il mio sorriso,
“vuoi sapere?”.
“Preferisco
farmela raccontare da te, dato che vedo che ci stai davvero male, invece che
farmela dire da i miei” mi risponde, facendomi capire che la mia tristezza
prevale molto sul mio umore.
“Anche Vic
aspetta un bambino da Ted” dico, inespressiva e di poche parole. Vedo i suoi
occhi guardarmi con un sentimento che ai miei occhi sembra di comprensione, “ma
non fa niente. So che loro due sono sempre stati fatti l’uno per l’altra,
e ora io non intendo mettermi in mezzo alla loro relazione epica. Questo vuol
dire che riuscirò a crescere questo bambino anche da sola...”.
“Ted cosa ti ha
detto a proposito della tua intenzione di crescere il bambino da sola?”.
“Di non farlo,
che lui vuole starmi accanto e vuole aiutarmi a crescerlo. Non so realmente
cosa fare. Se perdonare Ted, se convivere con il fatto che Vic aspetti un
figlio da lui, se tornare a casa, dove papà mi ucciderà. Non so davvero come
fare” le dico, sentendomi le lacrime agli occhi un’altra volta.
“Lily... io non
so bene cosa dirti. Sai che il padre del mio bambino non vuole saperne niente
di me, né di suo figlio, ma per te non è la stessa cosa, Lily. Nonostante Ted
stia aspettando anche un bambino da Vic, lui vuole fare di tutto per starti
accanto. Lui tiene a te. Non ti sto dicendo di perdonarlo così su due piedi, ma
dovresti pensarci sopra”.
“Non so se
posso farlo, Roxy... il fatto di Vic mi ha fatto
davvero male” le dico, lasciando che le lacrime caschino sul mio volto.
“Si che puoi
farlo, Lil. Puoi perdonarlo. Lui vuole starti
accanto, questa è la fortuna che io non avrò. Quando il mio bambino nascerà, io
non avrò nessuno ad aspettarmi, mentre per te è diverso. Tu hai Ted, Lil. Il tuo Teddy. Lui ci sarà sempre per te” mi risponde,
guardandomi negli occhi e facendomi stupire del fatto che lei abbia solo
quindici anni, che sia così matura e che saprebbe cosa fare se si trovasse
nella mia situazione con Ted, “non dubito che avrai bisogno di tempo, ma
pensaci sopra. Tu avrai qualcuno che ti starà accanto, nonostante dovrà stare
accanto anche a Vic...”.
“Perché non ne
ha voluto sapere niente di te?” le chiedo, quasi come un sussurro e riflettendo
molto su quello che ha detto. Sicuramente ha ragione, non ne dubito.
“Perché lui è
uno di quei ragazzi non seri e non pronti ad assumersi le proprie
responsabilità, a differenza di Ted che prova ad essere responsabile in tutte
le occasioni, nonostante a volte non ne sia capace...” mi risponde, guardandomi
con sguardo triste. In questo momento, non riesco a vedere Ted come persona
responsabile e matura, è più forte di me. Dopo tutto quello che è successo, Ted
Lupin e maturità mi sembrano due parole opposte.
“Com’è
successo?” continuo ad assillarla di domande, cercando di capire come sia
successo tutto.
“Beh, la causa
di tutto è stata rabbia e troppo alcol” mi risponde, “tutto è successo alla
festa di compleanno di mio fratello Fred di questo anno, te la ricordi?” mi
chiede, vedendomi annuire, “beh, il giorno prima, il mio ragazzo, con il quale
stavo da due anni, mi aveva lasciata per una di Serpeverde.
Tutta la rabbia e il dolore che provavo nei suoi confronti sono stati la causa
del troppo alcol e della mia sbronza alla festa, mentre la presenza di un
ragazzo di Corvonero, amico di mio fratello, mi ha
condannata a questo” mi racconta, non troppo dettagliatamente, indicando la
pancia. Vedo aprirsi sul suo volto un sorriso triste, “tu, invece?”.
“Mi sono
trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato” le dico, iniziando a
raccontarle di quella maledetta sera, dove sarebbe stato meglio se me ne fossi
stata a casa mia, “... ed ora mi ritrovo in questa situazione” termino il mio
racconto, portandomi una ciocca di capelli rossi dietro ad un orecchio. Ogni
volta che penso a quella sera mi viene la pelle d’oca. Precisamente pensare al
fatto che sono ceduta ad un Ted totalmente ubriaco, senza preoccuparmi di
prendere precauzioni o di cercare di fermarmi. L’ho voluto, ho voluto che
accadesse. Stupida cotta adolescenziale!
“Sai se è
maschio o femmina?” mi chiede, facendomi tornare alla mente la stessa domanda
pronunciata dalle labbra di Ted, “il mio è un maschio” parlando con Roxy, il fatto di aspettare un bambino a questa età è come
se fosse un fatto normale, come se non fosse niente di particolare. E devo
ammettere che parlare con una persona che si trova nella mia stessa situazione,
mi fa sentire meno ‘strana’. Mi fa stare decisamente bene.
“No, voglio che
sia una sorpresa” le rispondo, portandomi una mano alla pancia.
“Forse un
giorno vedremo i nostri figli giocare insieme per questo parco, dove abbiamo
giocato anche noi da piccole” mi dice, spostando lo sguardo da me ai bambini
che giocano. Vedere la bambina, nella quale mi ero immedesimata, abbracciata a
quel ragazzo mi fa inesorabilmente pensare a Ted, tanto che una lacrima cade
sul mio volto. Sono svelta ad eliminarla, prima di rispondere a mia cugina.
“Sono
assolutamente certa che succederà” le rispondo, sorridendole e guardandola,
“poi forse andremo a salutarli insieme sul binario 9 e ¾, al loro primo anno ad
Hogwarts”.
“E forse
finiranno anche nella stessa casa” mi dice, continuando a fantasticare sugli
eventi che potranno succedere tra qualche anno. La cosa che spero realmente che
accada è di non essere sola, quando vedrò mio figlio - o figlia - allontanarsi
con il treno che la porterà ad Hogwarts per il suo primo anno, ma di avere suo
padre accanto a me, che mi abbraccia e che mi ripete di non essere il padre del
bambino di Vic. Cosa che vorrei disperatamente...
Devo ammettere
che passare l’intero pomeriggio con Roxy mi ha fatto
davvero bene. Parlare con un’altra persona che si trova nelle mie stesse
situazioni mi ha spronato a tornare a casa, dove sicuramente papà non mi
accoglierà a braccia aperte. Ne sono sicura. Assolutamente sicura. Mi alzo
dalla stessa panchina dove mi sono seduta circa tre ore fa e mi materializzo a Grimmauld per un’ultima volta prima di tornare a casa. Devo
prendere i vestiti che Ted era riuscito portare a GrimmauldPlace senza che nessuno se ne accorgesse.
Lui vuole
starti accanto, questa è la fortuna che io non avrò. Quando il mio bambino
nascerà, io non avrò nessuno ad aspettarmi, mentre per te è diverso. Tu hai
Ted, Lil. Il tuo Teddy. Lui ci sarà sempre per te, le parole di Roxy mi tornano alla mente,
facendomi seder per un attimo su quello che è stato il mio letto per due settimane.
Rifletto sulle sue parole e in cuor mio so che ha ragione. Ha assolutamente
ragione, dovrei perdonare Teddy e permettergli di starci accanto, ma non ci
riesco. Non ora, perlomeno. E' troppo presto... troppo presto per perdonarlo,
troppo presto per convivere con il fatto che anche Vic stia aspettando un
figlio da lui. E' semplicemente troppo presto. Ho bisogno di tempo, di
nient'altro. E penso che anche Ted lo abbia capito.
Con un colpo di
bacchetta, metto tutti i vestiti nella valigia con la quale Teddy li ha portati
qui. Mi alzo dal letto e afferro la valigia, pronta a materializzarmi a casa
mia. E’ un momento, quando vedo Ted passare davanti a quella che è stata camera
mia e fermarsi, sorpreso, a guardarmi con sguardo triste. Rimango immobile e rigida,
scordandomi quasi di respirare, mentre i miei occhi incontrano i suoi. Cerco di
abbozzare un sorriso, prima di materializzarmi davanti a casa mia, senza
neanche salutarlo. Mi fa male vederlo in quel modo, mi fa male vedere che lui
soffra, ma è la stessa cosa che lui ha fatto a me: mi ha fatta soffrire per
questi tre mesi e soffrirò minimo per altri sei; e poi forse per il resto della
mia vita, dovendo crescere un bambino come ragazza madre.
Scuotendo la
testa, lascio la valigia e mi avvicino alla porta di casa mia. Mi fermo un
attimo, prima di suonare il campanello. Sto facendo la cosa giusta? Faccio bene
a tornare a casa dai miei genitori?
“Cosa dici tu?
Faccio bene a tornare dai nonni? Pensi che sia una giusta scelta?” sussurro
dolcemente alla mia pancia, portandomi una mano su essa. Questo è l’unico modo
che ho per calmarmi: parlare con il mio bambino. So che potrebbe sembrare
stupido, ma parlare a lui o lei mi tranquillizza, mi fa stare bene. Poi non sto
decidendo solo della mia vita, ma anche della sua. La sua vita è nelle mie
mani. La vita del mio bambino è nelle mie mani, “d’accordo, andiamo”.
Sospiro, prima
di suonare il campanello. Lascio la mia mano sulla pancia, come se cercassi di
infondermi coraggio, come se volessi che il mio bambino mi stesse vicino. Devo
assolutamente dedurre che la gravidanza mi sta dando alla testa, ne sono
decisamente consapevole. Vedo la porta aprirsi, rivelando un Al sorpreso con la
bocca aperta che forma una ‘O’ perfetta. Cerco di sorridergli, ma non me ne da
tempo, visto che mi si avvicina e mi stringe a sé in un abbraccio sicuramente
non benefico per il bambino. Rispondo all’abbraccio, sentendo le lacrime
cadermi sulle guancie, rigandomi il volto.
“La mia
sorellina e la mia nipotina preferita sono tornate” mi dice, sorridendomi e
chinandosi sulla mia pancia al pronunciare le ultime parole. Lo sento parlare
con il mio bambino che, a quanto dice lui, è una bambina.
“Chi ti dice
che sia una femmina?” gli chiedo, sorridendo e asciugandomi le lacrime di
commozione.
“Lo so. Lo
sento...” mi risponde, ritornando alla mia altezza, facendomi entrare in casa e
prendendo la mia valigia.
Inizio a
camminare verso il salotto e vi trovo Jamie e mia
mamma intenti a parlare su non so bene che cosa, so soltanto che si fermano,
con la stessa reazione di Al sulla faccia, non appena mi vedono. Vedo James
alzarsi dal divano dov’era seduto ed iniziare a camminare verso di me. Quando
mi è vicino abbastanza mi stringe a sé in un abbraccio fraterno come quello di Albus. Lo abbraccio a mia volta, chiudendo gli occhi e
sentendo altre lacrime cadermi sul volto.
“Lily, ci sei
mancata molto” mi sussurra Jay in un orecchio, accarezzandomi i capelli rossi.
“Anche voi mi siete
mancati” ammetto, rompendo l’abbraccio per guardare mio fratello maggiore negli
occhi scuri, come quelli di mamma.
Vedo mia madre
alzarsi a sua volta dal divano, con lo sguardo di una che ha appena visto un
fantasma, e corrermi incontro, abbracciandomi a sua volta. Quanto mi è mancata
la mia mamma. Spero che un giorno mio figlio mi vorrà bene quanto io ne voglio
alla mia mamma, lo spero davvero. Inizio a piangere e a singhiozzare sulla
spalla di mia madre.
“Shh, non piangere, Lily” cerca di calmarmi, accarezzandomi
a sua volta i capelli e stringendomi a sé.
“Ti voglio
bene, mamma” le dico in un orecchio, tra i singhiozzi.
“Anche io ti
voglio bene” mi risponde, rompendo l’abbraccio e asciugandomi le lacrime con
una mano. Mi basta guardarla negli occhi per riuscire a calmarmi, per riuscire
a smettere di piangere, “e penso che ne vorrò anche al mio nipotino, o
nipotina” mi dice, chinandosi per guardare meglio la mia pancia, “ma... dov’è
Ted?”.
“E dov’è papà?”
cerco di cambiare discorso, non volendo dire della gravidanza di Vic. Mi
asciugo le ultime lacrime che mi sono rimaste sul volto, guardandomi attorno.
“E’ a lavoro,
dovrebbe tornare tra poco” mi risponde, con sguardo comprensivo e...
semplicemente da mamma. Chissà se un giorno avrò anche io quello sguardo pieno
d’amore e di comprensione verso il mio bambino, “comunque non cambiare
discorso: dimmi cos’è successo”.
“Vic...” ecco
che le lacrime ricominciano a cadere sulle mie guancie, al ricordo di quella
maledetta lettera. Avrei fatto meglio a non leggerla, ma non sarebbe cambiato
molto, dato che un paio di ore dopo Ted me l’avrebbe raccontato, “Vic... è...
Ted... come...” prendo un profondo respiro e mi porto una mano alla pancia,
“anche Victoire è incinta di Teddy...” dico, portandomi una mano sulla faccia,
cercando di bloccare il flusso di lacrime.
“Cosa?” sento i
miei fratelli chiedere all’unisono. ‘Cosa?’ era proprio la domanda che volevo,
visto che significa dover ripetere la cosa nuovamente. Fantastico!, “cosa?”
ripetono contemporaneamente di nuovo.
“Vic è incinta
di Ted” ripeto, chiudendo gli occhi e respirando profondamente. Questa cosa mi
ha fatto davvero male e penso che i miei fratelli e mia madre lo abbiano
capito. Riapro gli occhi e vedo lo sguardo sorpreso di mia madre puntato sul
mio volto. La sua espressione mi sembra più sorpresa ora di quando ha scoperto
della mia gravidanza.
“E’ per questo
che sei tornata a casa, tesoro?” mi chiede mamma, guardandomi con occhi tristi,
come se riuscisse ad immedesimarsi nella mia situazione. Annuisco, tirando su
col naso, prima di rispondere verbalmente.
“Si, mamma. Ora
ho bisogno di tempo perché questo fatto mi ha turbata molto, ci sto davvero
male. Forse perché non me l’aspettavo e pensavo che sarebbe andato tutto per il
verso giusto, oppure perché...”.
“... non
credevi che Vic si sarebbe messa tra te e Ted, dopo la notizia della tua
gravidanza” mia madre conclude la frase, dicendo perfettamente quello che
volevo dire, come se mi avesse letto nel pensiero, “beh, lo stesso turbamento che
tu provi per questa cosa è lo stesso che tuo padre prova nei confronti della
notizia della tua gravidanza. Negli ultimi giorni non ha parlato praticamente
con nessuno e se gli chiedevi qualcosa, lui ti rispondeva a monosillabi. Come
tu hai bisogno di tempo per perdonare Ted, lui ha bisogno di tempo per
schiarirsi le idee su quello che sta succedendo”.
“Mi dispiace di
aver provocato tutta questa confusione. Mi dispiace davvero tanto” dico a bassa
voce, scusandomi nuovamente.
“A noi non più
di tanto: diventeremo zii!” dicono ancora all’unisono James e Albus, con un sorriso a trentadue denti, cercando di
sdrammatizzare. Beh, devo dire che ci riescono molto bene, visto che sono
riusciti a strapparmi almeno un sorriso.
“Mi ricordate
zio Fred e zio George!” esclama mamma, ridendo e facendomi ripensare ai miei
zii, ovvero ai suoi fratelli gemelli, “riuscivano a ridere su qualsiasi cosa,
anche su una cosa drammatica come questa”.
“E perché zio
George ha smesso di sdrammatizzare e di rendere ridicola qualsiasi cosa, come
quando era giovane?” le chiede James, probabilmente non ricordandosi di zio
Fred.
“Per via di
Fred, Jamie. Per via della sua morte” risponde mamma,
con un po’ di tristezza nel tono di voce. Penso che ancora non sia riuscita a
superarlo, penso che ancora la ferita riguardante mio zio sia ancora aperta nel
suo cuore e non trovi la forza di guarire. Beh, lo stesso vale per zio Ron e
per tutte le persone che hanno sofferto la sua morte, ma soprattutto zio
George, “ma non parliamo di morte” mia madre cerca di sorridere, senza grandi
risultati, “qui abbiamo una vita che sta per venire al mondo” dice, indicando
la mia pancia, “Al e Jay, portate su la valigia di Lily”.
“Mamma, cosa
dovrei fare con Ted?” le chiedo, una volta che i miei fratelli sono usciti,
sbuffando, dal salotto, e lasciandoci sole.
“Secondo me,
non dovresti rompere tutti i ponti con lui, ma dovresti prima perdonarlo e poi,
se vuole, fargli vedere suo figlio” mi risponde, facendomi ricordare le parole
di Roxy, molto simili alle sue, “poi è una tua
scelta...”.
“Grazie, mamma”
le dico, prima di scoccarle un bacio su una guancia e di salire al piano di
sopra, con meta camera mia.
Mi sembra
passata un’eternità da quando me ne sono andata ad abitare a Grimmauld. Entro nella mia stanza e mi butto sul letto,
socchiudendo gli occhi e portandomi le mani alla pancia. Lo sguardo di Ted mi
torna alla mente, facendomi stare davvero male. E’ stato per questo se sono
ceduta quella sera: per il semplice fatto che non sono mai riuscita a resistere
allo sguardo triste del mio Teddy Bear.
“Cosa fai?
Dormi?” mi chiede Al, apparendo dalla porta e sedendosi su una sponda del
letto, accanto a me.
“No, penso...”
gli rispondo, rimanendo sdraiata e osservando i lineamenti di Al. Devo
ammettere che assomiglia molto a papà quando aveva la sua età. Stessi capelli
scuri, stessi occhi smeraldo. Solo due cose li rendono completamente diversi:
gli occhiali e la casa d’appartenenza ad Hogwarts. Si, mio fratello è un Serpeverde, differentemente da me e James, entrambi Grifondoro.
“A cosa?” mi
chiede dolcemente, guardandomi con il suo solito sguardo da Al. Mi chiedo come
faccia a non avere una ragazza. Se io non fossi sua sorella, giuro che sarei
pazza di lui. Beh, forse la penso così perché è mio fratello e quindi è molto
più premuroso nei miei confronti che in quelli di altre ragazze.
“A Ted, al
bambino, o bambina, come dici tu... a Vic e soprattutto a papà” gli rispondo,
alzandomi a sedere e lasciandomi una mano sulla pancia. Ormai è diventata
un’abitudine quella di appoggiare le mani sul mio ventre, è più forte di me,
“tu, invece? Perché sei in camera della tua dolce sorellina con lo sguardo di
uno che è cotto a puntino per una ragazza e vuole a tutti costi i consigli
dalla sua sorellina incinta? Dico bene?” gli chiedo, ridendo alla sua
espressione stupita. Penso di averci azzeccato.
“Come hai...?”.
“Ti conosco Al”
gli rispondo semplicemente, “cosa c’è che non va?”.
“Sono
innamorato”.
“Fino a qui
c’ero arrivata anche io...”.
“Di Rose”.
“Rose?!” dico
allarmata, non riuscendo a credere alle mie orecchie e alzandomi a sedere per
lo stupore. Cosa è che ha appena detto? Cosa?!, “non starai mica parlando di
nostra cugina Rosie, vero?”.
“Rose
Weasley...”.
“Mi stai
prendendo...” non riesco a terminare la frase perché sento provenire da piano
terra una lite tra i miei genitori. Papà deve essere tornato, “Al, ne
riparliamo più tardi” gli dico, uscendo da camera mia e scendendo le scale fino
a ritrovarmi in salotto, dove mamma e papà stanno discutendo, “ciao, papà” gli
dico, avvicinandomi a lui e vedendo il suo sguardo smeraldino e interrogativo
puntato su di me, “e il tuo nipotino o nipotina ti saluta a sua volta”
aggiungo, sentendo un colpo provenirmi dalla pancia.
“Beh, ma lo
stesso non vale per il mio figlioccio”.
“Ciao, papà” gli dico, avvicinandomi a lui e
vedendo il suo sguardo smeraldino e interrogativo puntato su di me, “e il tuo
nipotino o nipotina ti saluta a sua volta” aggiungo, sentendo un colpo
provenirmi dalla pancia.
“Beh, ma lo
stesso non vale per il mio figlioccio” mi risponde con voce tranquilla,
cercando di rimanere calmo. Rimango immobile, rigida al mio posto, senza dire
niente. Beh, non saprei cosa dire. Vorrei solo avvicinarmi a lui e
abbracciarlo, come se non fosse successo niente. Ma so di non poterlo fare, lo
so troppo bene, “dov’è quel vigliacco?”.
“Quel
vigliacco, come lo chiami tu, ha un nome, nel caso non lo ricordassi. E se non
erro è Ted...” sbuffo, abbassando lo sguardo. Lo sto anche difendendo, sto
difendendo il mio Teddy Bear anche dopo il fatto della gravidanza di Vic.
Decido di non rispondergli, ma, semplicemente, di cambiare discorso, “aspetta,
papà. E’ stato così terribile scoprire che tua figlia è incinta del tuo
figlioccio, il quale fa di tutto per starle accanto e per non abbandonarla?”
gli chiedo, con voce impassibile, rimanendo ferma al mio posto, i miei occhi
sui suoi. Pensavo che solo guardando il suo sguardo sarei scoppiata in lacrime,
ma mi sbagliavo, meglio così. Decisamente meglio così.
“Lily...”
sospira, prima di prendere un lungo respiro, “è stato terribile scoprire che
sei rimasta incinta a diciassette anni, senza aver finito la scuola e senza
essere ancora pronta a diventare madre” mi risponde, guardandomi negli occhi e
facendomi capire che anche lui ci sta davvero male, “è perché ti voglio bene se
sto male pensando che tra qualche mese sarò nonno”.
“Se mi vuoi bene,
perdonami e stammi accanto...” gli dico, con voce tremante e gli occhi lucidi.
Ho bisogno di lui, ho bisogno del mio papà, ho bisogno che anche lui, come la
mamma, mi stia accanto. E’ vero: io ne ho un disperato bisogno. So che forse
rendo la cosa troppo drammatica, ma è quello che sento.
“Lilian...” non
mi ha mai chiamata con il mio nome completo, mai da quando ho memoria, “devo
entrare nell’ottica che ormai non sei più una bambina. Sei cresciuta e stai per
avere un bambino. E se non fosse già abbastanza, il padre è Teddy. Io...”.
“... hai
bisogno di tempo” termino la frase, annuendo e continuando a guardare i suoi
meravigliosi occhi, attraverso il velo di lacrime che mi appanna gli occhi. Lo
vedo annuire alle mie parole.
“Dov’è Ted?” mi
chiede, continuando a guardarmi negli occhi. Sbatto le palpebre per un po’ di
volte, sospirando e abbassando lo sguardo sul pavimento. E’ tutta colpa mia
questa situazione, non la smetterò mai di rimproverarmi il fatto che è tutta
colpa mia.
“Probabilmente
è tornato da Vic, visto che...” dico, prima di interrompermi per prendere aria,
come se mi mancasse l’ossigeno, “anche lei aspetta un bambino da lui” termino
la frase, rialzando lo sguardo su di lui e riuscendo, miracolosamente, a non
piangere. Lo vedo rimanere immobile a guardarmi, con sguardo decisamente
interrogativo e confuso, prima di portarsi una mano ai capelli, sfiorando la
cicatrice, “è per questo che sono tornata a casa, nonostante mi stesse
implorando di non andarmene”.
“Non posso
credere che quel vigliacco sia il figlio di Remus e di Tonks. Non è degno di
essere loro figlio” è l’unica cosa che mio padre riesce a dire, prima di
evocare il ricordo dei nonni paterni di mio figlio. Anche loro morti nella
battaglia contro Voldemort, come zio Fred e molti
altri innocenti.
“Harry, non
esagerare” gli dice mamma, apparendo dalla cucina e avvicinandosi a lui, con
l’obbiettivo sicuramente di farlo calmare. Anche se apparentemente, osservando
il suo volto, non funziona.
“Remus, Dora,
perdonatemi per aver cresciuto così male vostro figlio...” continua a dire,
alzando man mano il tono di voce.
“Harry...”
continua a chiamarlo mamma, costringendolo a guardarla negli occhi, “Ted si
prenderà le proprie responsabilità, anche se sarà difficile, ma ne sono sicura.
Io confido in lui e sono sicura che non abbandonerà mai Lily. Farà lo stesso
con Vic e anche se sarà una situazione difficile, sicuramente riuscirà a
prendersi le proprie responsabilità. Conosci Teddy”.
“No, non lo
conosco più, dopo che ha messo incinta mia figlia, per il semplice fatto che
non era riuscito a sopportare da sobrio il fatto che Vic lo avesse lasciato; si
è ubriacato e si è svagato con la prima persona che gli si è presentata sotto
tiro!” inizia ad urlare mio padre. Sento le lacrime premere nuovamente ai bordi
dei miei occhi, mentre rimango in silenzio ad ascoltare la discussione tra i
miei genitori, “per di più senza curarsi del fatto che fosse la figlia del suo
padrino e senza preoccuparsi di prendere precauzioni prima di...! Mi viene male
solo a pensarci, Ginny!”.
“Non alzare la
voce!” gli urla contro mamma, mettendosi le mani sui fianchi e assumendo la
solita posa che la fa sembrare nonna Molly.
“Senza
considerare il fatto che Lily non ha fatto niente per impedire che accadesse!
Anzi! E poi, la gravidanza di Vic! Così il nostro figlioccio responsabile avrà
due figli a cui badare! Pensavo che sia tu, Lily, sia Ted foste più maturi e
più adulti, ma mi sbagliavo” continua a gridare mio padre.
“Secondo me, la
stai facendo troppo lunga, papà” gli dico in un soffio, reprimendo a stento la
voglia di piangere che fino ad ora sono riuscita a mantenere.
“La sto facendo
troppo lunga, se mia figlia è rimasta incinta a diciassette anni del mio
figlioccio, che tra l’altro aspetta un altro bambino dalla figlia di uno dei
fratelli di mia moglie?!” mi chiede, rammentando in una sola frase tutto
l’albero genealogico.
“Harry,
calmati!” gli dice mamma, “sei troppo agitato. Le cose si sistemeranno,
d’accordo?”.
“Non si
sistemerà un bel niente. Non credo che Ted riuscirà ad essere talmente
responsabile da prendersi cura di due bambini, non credo proprio. Ragion per
cui, Lily si ritroverà a crescere un bambino da sola, come ragazza madre, visto
che il vigliacco che l’ha messa incinta sposerà Vic e crescerà con lei il loro
bambino/ scapperà con sua nonna Andromeda e sparirà dalla circolazione/si
suiciderà per le troppe responsabilità alle le quali non riuscirà ad essere
sufficientemente maturo/lo ucciderò con un AvadaKedavra. Quest’ultima opzione mi alletta parecchio, ma non
me la sento di finire ad Azkaban per aver ucciso il
mio figlioccio, che tra l’altro mi era stato affidato da due persone che si
fidavano di me...”.
“Harry,
smettila!”.
“Oppure
scapperà con Vic e vivranno felici e contenti con loro figlio, mentre non vorrà
mai conoscere l’altro suo figlio...”.
“Harry!”.
“O ancora
meglio...” continua ad infierire sulla mia situazione, non accorgendosi di
quanto io ci stia male e del fatto che abbia iniziato a piangere.
“Ora basta!”
questa volta sono io ad urlare, prima di correre verso camera mia, con le
lacrime che mi cadono sulla faccia.
“Lily, torna
qui, è pronta la cena!” mi chiama mamma, cambiando discorso e cercando di far
smettere papà di parlare.
“Non ho fame!”
le urlo in risposta, prima di chiudere la porta della mia stanza e di affondare
la testa nel cuscino. Riesco a sentire da qui i miei genitori che si urlano
contro e che continuano a discutere, facendomi stare peggio che mai. Tutte
quelle cose insensate che ha detto. Non credo che Ted sia il tipo da scappare,
dopo che mi ha detto di volerci stare accanto e, soprattutto, di amarci. Se
continuo a piangere in questo modo, non vado da nessuna parte. Devo diventare
più forte e devo smettere di crogiolarmi nel dolore. Quello che è successo è
successo; non serve a niente piangere sul latte versato. Successo, è successo e
che mio padre lo voglia o no, tra sei mesi il suo nipotino verrà al mondo, con
o senza il suo consenso.
Improvvisamente,
dei colpi provenienti dalla porta mi fanno sobbalzare. Per fortuna, l’usanza di
bussare alla porta è ancora intatta in casa Potter. Almeno questo, anche se
sarebbe bello se anche i rapporti tra i Potter fossero ancora intatti.
“Mamma, ho
detto che non ho fame” dico contro la porta, con la faccia ancora immersa nel
cuscino e le lacrime che lo bagnano.
“Non siamo
mamma, siamo James e Albus, possiamo entrare?” mi
chiedono, facendomi voltare a pancia all’insù e usando il solito detto ‘chi
tace acconsente’. Vedo i miei fratelli entrare in camera mia e sedersi sul mio
letto, accanto a me, come prima si era seduto Al. Ecco i miei due angeli
custodi, i miei due salvatori e decisamente i miei due eroi personali. Ogni
bambina ha il suo eroe e il mio era sempre stato Ted, lo avevo sempre visto
come una persona particolarmente importante per me. Ma, ora sono fermamente
convinta che i miei due eroi siano i miei fratelli maggiori, sempre pronti a
difendermi da qualsiasi cosa. E poi, quando loro stanno con me e mi stanno
accanto, posso giurare di riuscire a dimenticarmi di tutte le cose che mi
accadono attorno. E’ per questo che sono i miei eroi.
“Abbiamo
sentito tu e papà urlare e così siamo venuti qui per sapere se possiamo essere
d’aiuto alla nostra piccola sorellina che non riesce a fare altro che piangere”
mi dice Jamie, sorridendomi e accarezzandomi i
capelli. Mi asciugo le lacrime, cercando di non versarne altre.
“Beh,
effettivamente mi farebbe piacere essere consolata dai miei due fratelloni. E
penso piacerebbe anche a lui...”.
“... o a
lei...” mi interrompe Al, sottolineando il fatto che lui pensa che sia una
femmina.
“Si, o a lei”
ripeto le sue parole, sorridendo, “come idea”.
“Come fai ad
essere così sicuro che sia una bambina, Al?” gli chiede James, chiedendo a sua
volta a cos’è dovuta tutta la sua sicurezza.
“Dice che lo
sente” rispondo al suo posto, usando la motivazione con la quale mi aveva
risposto prima.
“E’ una
femmina” ripete nuovamente, cercando di convincerci con la sua tesi, che, vista
la sua espressione, non fa una piega, “Amy cara, la tua mammina e l’altro tuo
caro zietto non capiscono” dice alla mia pancia,
riuscendo a farmi ridere. Penso che la gravidanza abbia nuociuto più a lui che
a me, infondo. Sento una sua mano posarsi sulla mia pancia e continuo a ridere,
mentre ascolto mio fratello sussurrare altre cose alla vita che porto in
grembo, “visto che sono riuscito anche a far ridere la mamma?”.
“Aspetta,
perché Amy?” gli chiedo, riprendendomi dalle risate e continuando a guardarlo
sorridente, “non mi dirai che hai già deciso il nome, vero?”.
“Amy, Amelia”
mi dice come se fosse una cosa ovvia.
“Pensavo la
volessi chiamare Rose” afferma Jamie, facendomi
capire che anche lui sa della sua cotta, “e non Amelia”.
“Possiamo
rimandare l’argomento?” chiede imbarazzato mio fratello, diventando rosso come
un peperone, “e comunque mi è sempre piaciuto il nome Amelia. Scommetto che poi
piace anche a te, non è così, Amy?” improvvisamente, come se il mio bambino -
la mia bambina - lo avesse capito, sento un altro colpo provenire dalla mia
pancia. Vedo lo sguardo di Al aprirsi in un meraviglioso sorriso, quando sente
il colpo della mia piccola ‘Amelia’, “visto? Mi capisce” mi sorride a trentadue
denti.
“Amelia?” gli
chiedo nuovamente, pensando realmente al nome che mi ha detto.
“Si, Amelia. E’
di origine latina e vuol dire ‘coraggiosa’. Beh, almeno sappiamo in partenza
che sarà una Grifondoro, dato che è la culla dei coraggiosi” mi risponde,
continuando ad accarezzarmi la pancia.
“Beh, non
sarebbe male Amelia, così almeno verrebbe rotta la tradizione di dare nomi già
‘usati’ in famiglia. Ci sarebbe un po’ di variazione e non saremmo costretti a
chiamarla, che ne so... Ginevra Ninphadora se fosse
una femmina, oppure... Remus Ronald se fosse un maschio”.
“Allora, se
sarà una femmina...” inizio a dire, ridendo nuovamente e godendo di questo
piccolo momento di pace con i miei fratelli, prima di essere catapultata
nuovamente nell’amara e triste realtà. “Amelia non è niente male”.
Beh, la
discussione con mio padre è stata decisamente l’inizio della fine. Definizione
assolutamente azzeccata, visto che è un paio di giorni che mi evita, come se
non ci fossi. Non mi rivolge la parola, ma sta sempre chiuso in se stesso,
senza parlare con nessuno, se non con mamma che sta cercando di farlo
ragionare, invano naturalmente. Spero tanto che ci riesca e che tutto torni
alla normalità, anche se so che ormai non è più possibile; ma almeno tornare ad
essere una famiglia felice, questa è davvero l’unica cosa che vorrei.
Naturalmente, oltre al fatto che vorrei che Ted non fosse il padre del figlio
di Vic. Sarebbe tutto più semplice, decisamente più semplice. Non ci sarebbero
problemi, così come non ci sarebbe nessun Ted da perdonare e nessuna Vic da
voler uccidere. Si, sarebbe assolutamente molto più semplice di quanto è
adesso.
Sarò ripetitiva
e decisamente noiosa, ma non riesco ancora a perdonarmi per quello che ho
fatto. Quello è stato l’inizio della disgrazia in cui mi trovo adesso.
Accidenti a me e alla mia stupidissima cotta. E’ da quando ho scoperto di
aspettare un bambino che non faccio altro che tirarmi accidenti dietro. L’unica
cosa positiva di tutto è la presenza dei miei fratelli, che in questo periodo
si stanno dimostrando più dolci di quando lo siano normalmente. Non che non lo
siano, ma in questo periodo lo sono particolarmente. E’ merito loro se riesco a
sorridere e ad andare avanti; penso che senza di loro non sarei riuscita ad
andare avanti in questi giorni, non sarei assolutamente riuscita a smettere di
piangere e di crogiolarmi nel dolore. E’ merito loro e io non posso fare altro
che essergli grata. Anzi, noi non possiamo fare altro che essergli grati/e.
Ma la cosa che
mi fa davvero ridere è che mio fratello si sia preso una cotta per Rose. Non
posso assolutamente crederci. Cioè mio fratello, AlbusSeverus Potter si è innamorato di nostra cugina Rose
Jane Weasley. E’ una cosa talmente assurda che non mi sembra vera. Sapevo della
loro intesa, ma non credevo che Al si fosse addirittura innamorato di lei.
D’accordo, gli era stata accanto nel periodo in cui la sua ragazza lo aveva
lasciato, lo aveva aiutato a sanare le ferite che quella Tassorosso
gli aveva inflitto, ma non avrei mai pensato che si sarebbe invaghito di lei.
Mi sembra una cosa davvero assurda, e soprattutto sono molto preoccupata per
mio cugino, quando capirà che Rose è completamente presa ed innamorata di
Scorp. Al, Al, Al... non potevi innamorarti di qualcuno che non facesse parte della
famiglia. Ho capito, hai deciso di imitare Jamie, non
è così? Beh... l’uno innamorato di Rose, l’altro cotto a puntino per
Dominique... fortuna che io non mi sia invaghita di Fred... fortuna per modo di
dire...
Un bussare alla
porta mi fa svogliatamente e definitivamente aprire gli occhi, notando la luce
che, entrando dalla finestra semiaperta, si riflette sul pavimento di marmo. Il
tepore delle coperte mi obbliga a rimanere coperta fino al collo, ma un altro
colpo, mi costringe ad alzarmi a sedere, prima che mia madre si decida ad
entrare e a mostrarmi la sua faccia decisamente preoccupata; segno che non è
riuscita a far ragionare papà.
“Lily, vieni a
fare colazione?” mi chiede, aprendo tutte le finestre con un colpo di
bacchetta.
“Papà?” le
chiedo semplicemente, senza aspettarmi una risposta precisa, visto che anche la
mia domanda di preciso ha molto poco. La vedo sospirare e rimanere sulla
soglia, immobile, con lo sguardo perso su di me.
“Ti ho fissato
un appuntamento al San Mungo per l’ecografia del quarto mese” mi risponde, con
la voce tremante, come se dicesse parole che la fanno stare a disagio. Beh, in
effetti, sono parole che la fanno stare decisamente a disagio. Non si sarebbe
mai aspettata che sua figlia rimanesse incinta prima di venti anni e soprattutto
prima di essere fidanzata o sposata. Qualcosa, nelle sue previsioni desiderate,
è andato decisamente storto, visto che mi ritrovo così.
“Grazie, ma non
cambiare discorso” le dico, guardandola negli occhi. Riesco a percepire che la
situazione non è delle migliori, ma sarebbe bastato riflettere sul
comportamento di mio padre nei giorni scorsi. L’inizio della fine. Non smetterò
mai di ripeterlo. L’inizio della fine. E’ perfetto per la mia situazione.
Assolutamente.
“Cosa vuoi che
ti dica, Lily?” mi chiede con voce irritata e tremante, come se stesse per
perdere il controllo delle parole che dice, “non l’ha presa bene, penso che
questo l’abbia capito anche tu”.
“Effettivamente,
mamma, non ci vorrebbe un genio per capirlo” le rispondo, alzandomi da letto ed
iniziando a camminare verso la porta, bloccata da mia madre.
“Sei sicura di
quello che stai facendo? Sei pronta ad assumerti certe responsabilità?” mi
chiede, gli occhi fissi sui miei, una sua mano su un mio braccio, la voce
bassa, come se avesse paura di dire quello che sta dicendo, quello che mi sta
chiedendo.
“No, non sono
né sicura di quello che sto facendo, né tantomeno pronta ad assumermi
responsabilità dalle quali dipenderà un’altra vita” rispondo sinceramente.
Questa volta è la mia voce a tremare, lasciando trapelare la paura che ho
addosso. E’ vero, non sono pronta a diventare mamma, non lo sono. Ma quale
ragazza diciassettenne sarebbe pronta ad una responsabilità del genere?, “non
sono pronta a prendermi cura di un altro essere, di aiutarlo a crescere quando
devo ancora finire di farlo anche io. Ma devo farlo, devo essere pronta a
prendermi cura di lui... o di lei. Devo farlo perché ormai io amo questo essere
che è entrato nella mia vita come un errore, mamma. Io lo amo con tutta me
stessa. È... è mio figlio... mio figlio. Il mio bambino che quando nascerà avrà
me come punto di riferimento, che si rivolgerà a me quando avrà bisogno di
qualcuno che gli stia accanto nei momenti difficili, che mi vorrà bene quanto
io ne voglio a te e che, nonostante riuscirà a deludermi come io ho deluso te,
non riuscirò mai a smettere di amarlo, come lui non riuscirà mai a smettere di
amarmi, come io non posso smettere di voler bene a papà. Io lo amo” dico,
stupendomi della mia maturità e di mia madre che mi guarda con un sorriso, come
se mi dicesse di essere fiera di me.
Non faccio in
tempo a rispondere al sorriso, perché lei si avvicina a me e mi abbraccia,
facendo attenzione al suo nipotino di quattro mesi, che ha iniziato a far
lievitare la mia pancia. Sorrido abbracciandola a mia volta.
“Ricorda, io ci
sarò sempre per te e per lui...”.
“O lei” si
intromette Albus, apparendo alle spalle di mamma e
continuando a mandare avanti la sua campagna ‘il bambino di mia sorella è
femmina’.
“Ora basta Al!”
esclamo, ridendo e tirandogli un pugno leggero su un braccio.
“D’accordo... o
lei” dice mia mamma divertita, mettendomi una mano sulla pancia. Devo dire che
il mio ventre è diventato di dominio pubblico, “Lily, secondo me dovresti farti
dire se è un maschio o una femmina, così potresti già iniziare a pensare al
nome e potrai dare la soddisfazione a tua nonna, se sarà una bambina, di
iniziare a fare una copertina rosa, dato che ne sta già facendo una azzurra per
il bambino di Roxy”.
“Beh, devo dire
che nonna Molly si da molto da fare...” commento, portandomi una mano ai
capelli e scompigliandomeli più di quanto non gli abbia scompigliati il sonno.
Senza aspettare una risposta da mamma o da Al, inizio a scendere le scale e
cammino fino in cucina. Appena entro, vedo papà, seduto al suo solito posto,
intento a leggere, come sempre d’altronde, la Gazzetta del Profeta. Deglutisco
a vuoto, “buongiorno, papà” gli dico, riempiendomi un bicchiere d’acqua e
iniziando a berlo.
“Buongiorno,
Lilian” mi risponde, con voce puramente indifferente, non alzando neanche lo
sguardo su di me. Questa è una delle volte che non sopporto mio padre. Odio
quando mi chiama con il mio nome intero, odio quando si dimostra indifferente e
soprattutto odio quando cerca di ignorarmi a tutti i costi, senza neanche
degnarmi di uno sguardo. Ho capito che è stata una notizia terribile scoprire
della mia gravidanza, per di più causata da una sbronza del suo figlioccio, ma
non riesco ad immaginarmi cosa avrebbe fatto se avessi ucciso una persona. Mi
avrebbe lanciato un AvadaKedavra
dietro, finendo ad Azkaban?
Un silenzio
assordante cala nella stanza, mentre mi siedo al mio posto. Mamma e Al entrano
nella stanza, osservando, con occhi immobili, la scena silenziosa tra me e mio
padre. Lui, ad un capo del tavolo, intento a leggere il suo solito giornale,
con lo scopo di ignorarmi; e io, all’altra estremità del tavolo, con lo sguardo
sui suoi occhi puntati sulla Gazzetta, che cerca in tutti i modi di attirare la
sua attenzione, senza dover parlare.
Inaspettatamente,
lo vedo alzarsi dal tavolo, naturalmente evitando di incrociare il mio sguardo,
e posare la Gazzetta sulla sedia dov’era seduto.
“Vado a lavoro”
dice, prima di scoccare un bacio sulle labbra a mamma e di sparire con un colpo
di bacchetta.
Mio padre, il bambino
sopravvissuto, che è addirittura riuscito a sconfiggere Voldemort,
evita sua figlia per il semplice fatto di essere rimasta incinta a diciassette
anni. Io continuo a ribadire la mia tesi: secondo me la sua reazione è
esagerata. Non sarei mai riuscita a commentare la scenata di mio padre, un paio
di mesi fa. Ero talmente spaventata da quello che tutti avrebbero detto, che
non avevo pensato che la sua reazione sarebbe stata così esagerata. Forse è una
mia convinzione che si sia alterato troppo per una notizia del genere. Forse
qualcuno la pensa come lui. E tra questi qualcuno, la prima persona che mi
viene in mente e che, sicuramente, avrebbe reagito in questo modo alla notizia
di sua figlia incinta, è zio Ron. Non riuscirei ad immaginarmi la sua reazione
se scoprisse che Rosie è incinta, e se soprattutto il padre fosse Scorpius.
Anzi, non so neanche se riuscirebbe ad avere una reazione, visto che gli
verrebbe un infarto e che zia Hermione lo porterebbe d’urgenza al San Mungo,
dove si sveglierebbe qualche giorno dopo da un coma, pensando che la notizia
della gravidanza di sua figlia fosse soltanto un brutto sogno. Beh, poi quando
scoprirebbe che non era un sogno, non riuscirei a dire se riuscirebbe a
sopravvivere. L’unica conclusione alla quale riesco a giungere è che zio Ron
deve avergli attaccato qualche malattia. Si, deve essere così. Sarebbe stato
meglio, però, che quello ad avergli attaccato una malattia fosse stato zio
George. Gli avrebbe attaccato la malattia di riuscire a perdonare la propria
figlia e così non ci sarebbero più problemi. Forse, addirittura Voldemort sarebbe riuscito a non trattare la propria figlia
talmente male, sicuramente le avrebbe anche risparmiato la sofferenza, visto
che le avrebbe direttamente lanciato dietro un AvadaKedavra, senza pensarci due volte. Ma il fatto era che
forse Voldemort non poteva avere figli.
Scrollo la
testa, cercando di scacciare via i pensieri più dementi che mi passano per la
mente. La reazione di mio padre deve avermi decisamente dato alla testa.
“Penso che
abbia bisogno di altro tempo...” commento, lasciando lo sguardo sul punto in
cui lui è sparito.
“E, secondo me,
dovresti prenderti un po’ di tempo anche tu, per pensare a Ted e Vic” mi
consiglia mia madre, facendomi tornare alla mente Vic. Giuro che per una
frazione di secondo ero riuscita a dimenticarmi sia di lei che di Ted e
soprattutto del loro bambino.
“E’ quello che
farò dopo che avrò parlato con la mia cara cuginetta preferita che è rimasta
incinta anche lei del padre di mio figlio” le rispondo, sorridendole e tornando
in camera mia. Mi vesto, prendendo la prima cosa che trovo nell’armadio, ovvero
un paio di jeans neri, una maglia viola sotto un giubbotto nero, una sciarpa,
rossa come un paio di guanti senza dita e un paio di stivaletti neri. Mi
pettino i capelli quel che ci vuole per renderli presentabili, afferro la mia
bacchetta e mi materializzo davanti a quella che una volta era la casa della
coppietta Weasley-Lupin. Suono il campanello,
sentendo il cuore che inizia a battermi furioso nel petto. Non che abbia paura
di incontrare Vic, il vero problema è parlare anche della sua gravidanza e
vedere la sua pancia di tre mesi abbastanza cresciuta.
Senza neanche
accorgermene, mi porto una mano sulla curva abbastanza marcata del mio ventre.
Sono decisamente ‘ingrassata’ nell’ultimo periodo e pensare che tra un paio di
mesi sarò grassa come un elefante. Quando la porta si apre, rimango immobile ad
osservare la figura davanti a me, non riuscendo a credere ai miei occhi.
“Ciao, Lils” mi
saluta, chiamandomi con il nomignolo che mi aveva affibbiato lui quando eravamo
bambini. Abbasso lo sguardo sulla mia pancia, portandoci sopra anche l’altra
mano, “ciao, anche a te, piccolo... o piccola” lo sento sussurrare alla mia
pancia, abbassandosi all’altezza del mio ventre.
“Ciao, Ted” lo
saluto freddamente e con la voce tremante. Non riesco a capire cosa ci faccia a
casa di Vic. Forse sono tornati insieme, fregandosene della povere Lilian Luna.
Sarebbe una cosa abbastanza logica, visto che si amano alla follia. Ma Ted ha
detto di amare me, “che ci fai qui?”.
“Sono venuto a
parlare con Vic” mi risponde, alzandosi nuovamente alla mia altezza, “suppongo
che tu sia qui per lo stesso motivo”.
Annuisco, senza
degnarlo di parole verbali.
“Senti Lily,
io...”.
“Non voglio
ascoltarti, voglio soltanto parlare con Vic” gli dico, e così facendo entro in
casa di mia cugina iniziando a camminare verso la cucina, con il padre di mio
figlio che mi segue. E’ decisamente l’inizio della fine. Quella sera maledetta
è stata l’inizio della fine. Ma anche l’inizio avrà una fine, no?
Inizio a
camminare verso la cucina, ignorando Ted che non fa altro che cercare di
attirare la mia attenzione. Ma non ho nessuna intenzione di dargli spago,
assolutamente nessuna. Mi ha fatto soffrire talmente tanto che prima che riesca
a parlargli degnamente ne dovrà passare di tempo. Decisamente tanto.
“Ciao, Lily”
sento Vic salutarmi, sorridendomi. Non so se quel sorriso sia falso o meno, so soltanto
che, in questo momento, la odio con tutta me stessa. E’ seduta al tavolo della
cucina, mentre mi osserva con i suoi soliti occhi azzurri che hanno ipnotizzato
Ted sin dalla prima volta che li ha visti. O forse è stato il quarto di sangue
da Veela a persuaderlo. O forse è stata la sua
bellezza. Forse i suoi capelli biondi. O forse soltanto il fatto di poterla
avere. Di poterla amare. O forse perché costretto ad amarla. Non saprei dire
precisamente il perché Ted sia stato al suo fianco per tutto questo tempo. Ma
forse lo ha fatto perché l’ha sempre realmente amata.
“Ciao, Vic” le
rispondo, con un sorriso decisamente falso sul volto. Vedo Ted apparire dalle
mie spalle e cercare di entrare nella conversazione. Incrocio le braccia sotto
al petto, a stretto contatto con il mio bambino. Ancora non posso credere al
fatto che Ted abbia messo incinta anche Vic. E’ sicuramente lui il padre, visto
che il loro... il loro bambino è stato concepito un mese dopo al mio. A quel
tempo stavano ancora insieme, io non sapevo ancora niente della mia gravidanza
e lui non si ricordava niente di quella sera per via della sbronza che gli
aveva offuscato la vista. E’ sicuramente lui il padre, a meno che Vic non lo
abbia tradito. Non credo. Victoire lo ha sempre amato e non penso che avrebbe
potuto tradire una brava persona come Ted. Aspetta un attimo! Ho appena detto
brava persona?! Beh, è davvero una brava persona, ma in questo frangente,
sottolinearlo non mi sembra la cosa ideale, visto che sto facendo di tutto per
fargliela pagare per tutte le lacrime che mi ha fatto versare.
“Perché da
queste parti?” mi chiede, invitandomi con una mano a sedermi in una sedia
accanto a lei. Scuoto la testa, in segno negativo e stringo sempre più forte le
braccia sotto il mio seno.
“Volevo parlarti,
niente di più...” ammetto, volendole dire quanto sto male per tutto quello che
sta succedendo.
“Beh, deduco
che hai letto il contenuto della lettera che avevo spedito a Ted” sinceramente
non ci vorrebbe una grande intelligenza per arrivare a questa conclusione, o
sbaglio? Anche se credo che sia stato Teddy a dirle tutto riguardo alla mia
reazione riguardo alla scoperta della sua gravidanza.
“Non penso che
ci vorrebbe un genio per capirlo” le rispondo, fredda e acida, facendo di tutto
per non permettere al mio sguardo di posarsi su il mio caro Teddy Bear.
Non so cosa ci rappresenti lui in questa conversazione tra future madri. Già,
mi ero dimenticata: lui è il padre di entrambi i figli, “beh, non ci vorrebbe
neanche per capire quanto stia male a causa tua in questo periodo. Anzi... a
causa vostra” dico, indicando sia lei che Ted.
“Siamo nella
stessa situazione” mi risponde, alzandosi e facendomi risaltare agli occhi la
curva leggera della sua gravidanza. Non sono assolutamente d’accordo con lei:
non ci troviamo nella stessa situazione neanche lontanamente.
“Non credo
proprio” le rispondo con una risata senza allegria. L’allegria è l’unica cosa
di cui avrei bisogno. Essere allegra, spensierata... felice, insomma, “tu non
sei la ragazzina spaventata di diciassette anni che si ritroverà a crescere un
bambino da adolescente e da ragazza-madre. Tu non sei quella che dipende ancora
dai propri genitori e che non riesce a farsi perdonare dal proprio padre” la
voce mi esce dalla gola strozzata e piena di rabbia, “non sai neanche quello
che sto passando. Certo, ti trovi nella mia stessa situazione strana, ma non
vivi quello che sto vivendo io. Tu sei grande, adulta, sei capace di prenderti
cura di un’altra vita e zio Bill non deve perdonarti; ormai sei responsabile e
matura” o almeno dovresti esserlo.
“Non sono stata
io ad andare a letto con il ragazzo di mia cugina, senza neanche preoccuparmi
di prendere precauzioni” quanto la odio. E’ ufficialmente la persona che odio
di più sull’intero pianeta Terra.
“Senti chi
parla: la mia cugina preferita che dopo una discussione se ne va di
casa, lasciando Ted ad ubriacarsi, senza riuscire a capire quanto sia speciale.
No, Vic, tu non riesci a capire quanto Ted tenga a te. E’ come il tuo cagnolino
ammaestrato che quando gli lanci il bastone, lui te lo riporta senza fiatare.
Lui ti perdona sempre, qualsiasi cosa sbagliata tu faccia” sono obbligata a
risponderle in questo modo per ribattere la sua frase precedente, “e tanto per
la cronaca: non sono stata io quella che ha trovato un pretesto qualsiasi per
discutere con il mio ragazzo ed andarmene di casa, senza neanche chiudere la
porta. Non sono stata io quella che ha permesso al mio fidanzato di ubriacarsi
e di svagarsi con mia cugina” Potter-Weasley, 1 a 0.
“No, sei tu che
non sei mai riuscita a capire che Ted fosse mio” sembra quasi che stia
parlando di un soprammobile.
“Guarda che non
è un oggetto” sbuffo, stringendo le braccia conserte ancora più forte.
“Calmatevi
tutte e due” la voce di Ted rimbomba per la cucina, facendoci voltare entrambe
verso di lui.
“Sentiamo
cos’hai da dire” sbuffo nuovamente, pronta ad ascoltare il suo dannato
discorso. Mi appoggio al muro dietro di me con la schiena, puntando i miei
occhi sul suo volto.
“Ci manca che
vi tiriate per i capelli! Quello che è successo è successo, ora dobbiamo
pensare alle conseguenze...”.
“Dillo al tuo
caro padrino, non sai quanto sarebbe felice di sentire un discorso del genere”
dico, sarcasticamente e con un po’ di cinismo nella voce, “e se devo ascoltare
un altro dei tuoi discorsi ‘io ci sarò sempre per te’
oppure ‘ti starò accanto e ti aiuterò con il bambino’ - discorsi che ormai so a
memoria -, preferisco tornarmene a casa da Jay e Al: almeno loro mantengono la
parola data”.
“Lils...”
sospiro e sbuffo, preparandomi a ribattere.
“Quante volte
devo ripeterti di non chiamarmi in quel modo? Mi da fastidio sentirmi chiamare
con il mio nomignolo. Il mio nome è Lily!” esordisco, roteando gli occhi,
“forse è meglio che tolga realmente il disturbo. Dovrete parlare della data del
vostro matrimonio e di tutto il resto. Vi dico in anticipo che non ci sarò,
quindi, cara Vic, trovati qualcun altro a cui affibbiare il ruolo di damigella
d’onore”.
“Non c’è nessun
matrimonio. Ted è venuto qui soltanto per chiedermi del bambino e di altre
cose, ma niente a che fare con un matrimonio” mi risponde Victoire,
avvicinandosi a me e a Teddy. Forse potrei pensare realmente a prenderla e
tirarle i capelli, sarebbe una bella idea, “poi, se anche fosse, non sarebbero
affari tuoi”.
“Invece si” le
rispondo, falsando un sorriso, “dato che lui è il padre del mio bambino” a
volte mi stupisco del quoziente intellettivo di mia cugina. Non riesco a
capacitarmi di come il cappello parlante abbia potuto smistarla a Corvonero.
“... beh, anche
del mio”.
“Sarà questo il
motivo per cui nell’ultimo periodo non ho fatto altro che piangermi addosso?”
dico con una risata priva di felicità che mi esce spontanea dalle labbra. Ho
già detto che a volte dubito dell’intelligenza di mia cugina?, “comunque, sarà
meglio che vada, prima di arrabbiarmi sul serio e di iniziare a mettere,
seriamente, le mani addosso a qualcuno”.
“Grazie per la
visita, Lily” la voce sarcastica di mia cugina mi accompagna fino alla porta.
Non dubito soltanto del suo QI, ma anche della sua maturità. Mi sembra una
bambina di cinque anni, intrappolata nel corpo di un’adulta. Ma questa
informazione è nota soltanto a poche persone che la conoscono veramente e non
superficialmente, come facevo anche io un paio di mesi fa.
“Grazie per la
chiacchierata, Vic” rispondo con lo stesso sarcasmo e cercando di rifarle il
verso, “e grazie per le tue interruzioni, Ted”.
Quando richiudo
la porta alle mie spalle, non posso fare altro che sospirare e sbuffare alle
parole di mia cugina. Sarà una mia impressione, ma penso che addirittura mio
figlio - o figlia... - sia una bambina meno frignona di lei. Mi chiedo come
abbia fatto Ted a sopportarla per la dozzina di anni, durante i quali sono
stati insieme. Un mistero al quale, forse, un giorno, troverò la risposta. Come
odio Vic... d’accordo, odiare è una parola eccessivamente forte, posso dire che
la detesto molto. E’ diventata la persona più odiosa della mia Top Ten delle
persone odiose in questo momento. Lei ha sottratto il primo posto e il trofeo a
mio padre, anzi, si è impossessata anche del secondo posto che apparteneva al
mio caro Teddy Bear.
“Lily” sento la
voce di Ted provenire da dietro di me. Si parla del diavolo e spuntano le
corna... non è così?
“Si, Teddy?”
dico più scocciata possibile, voltandomi svogliatamente verso di lui. Da una
parte sto male anche io, quando devo sforzarmi di essere arrabbiata con lui, ma
non posso arrendermi e tornare tra le sue braccia, come se non fosse successo
niente. E’ il mio carattere, sono fatta così. Ne vale anche il mio orgoglio.
Deve capire quanto mi ha fatto soffrire e non gli basterà dirmi un ti amo per
farmi tornare ad essere la sua Lils.
“Non posso
continuare ad andare avanti così. Non posso continuare a vederti così”.
“Così come?”.
“Distante da
me” mi risponde, avvicinandosi a me, “sai che voglio starti accanto”.
“Se avrò
bisogno di te, lo saprai, te lo dirò” gli risposi, indietreggiando di un passo
e spostando lo sguardo dai suoi occhi, come se avessi paura di scottarmi
soltanto a vederlo, “sai che ho bisogno di tempo - non so neanche quante volte
ti ho detto questa frase”.
“Cosa diresti
se ti dicessi di nuovo che vi amo con tutto me stesso?” mi chiede, con uno
sguardo dolce che farebbe impazzire qualsiasi ragazza.
“Ti direi che
ho bisogno di tempo e che se ci ami veramente sarai in grado di rispettare le
mie scelte” gli dico, prendendo la mia bacchetta di salice, 10 pollici e ¼,
formata da corda di cuore di drago e, salutandolo con un cenno del capo, mi
materializzo in camera mia e mi lascio cadere sul letto, portandomi le mani
alla faccia e pensando a Ted, che sto iniziando, involontariamente, a
perdonare.
E’ una cosa
quasi ridicola pensare che un mese fa, quando pensavo a Ted ero felice. Tutto
andava abbastanza bene. Ero andata via di casa con Teddy, avevamo fatto di GrimmauldPlace casa nostra e,
cosa ancora più bella, eravamo praticamente una famiglia. Poi è arrivata la
notizia della gravidanza di Vic e il mondo mi è crollato letteralmente addosso,
anzi, mi sta crollando addosso. Ora, invece, pensando a Ted, divento
triste, mi chiudo in me stessa e mi viene voglia di piangere, anche se devo
ammettere che, nell’ultimo periodo, nonostante stia male per il fatto di papà,
i miei pianti sono diminuiti notevolmente. Forse è merito dei miei fratelli che
mi stanno sempre accanto e riescono a farmi sorridere, e di mia madre. Non
potrei avere una mamma più buona, è decisamente la migliore del mondo. Molte
avrebbero perso la testa, ma Ginevra Molly Weasley non lo ha fatto. Mi sta
vicina ogni santo giorno, assicurandomi che papà ci ripenserà, che smetterà di
ignorarmi e io le credo. Io le voglio davvero tanto bene. È assolutamente la
mamma migliore di tutto l’universo.
Beh, invece mio
padre si guadagna il primo posto nella classifica dei padri peggiori
dell’intero universo. Non capisce che facendo così mi fa soffrire, o forse sa
che mi ferisce continuando con questo comportamento ma non gliene importa,
perché forse vuole farmi soffrire per farmela pagare di essere rimasta incinta.
Anche stamattina mi ha ignorata, facendo finta che non esistessi, che fossi
invisibile o nascosta sotto il mantello dell’invisibilità di James.
Non sopporto
decisamente Vic e dopo la nostra discussione la sopporto ancora meno. So che la
colpa di tutto quello che è successo è di Ted, ma io non sopporto il fatto che
faccia sempre costantemente la vittima e consideri Teddy come un oggetto. Per
non parlare del padre di mio figlio. Sono arrabbiata anche con lui, decisamente
infuriata, ma, il vero problema è che, quando ho l’occasione di rimanere sola a
parlare con lui, non riesco ad essere arrabbiata. Il problema è che sono
innamorata di lui e questo non mi permette di continuare ad essere infuriata
con lui. Eppure quando è assente, come in questo momento, la rabbia mi invade,
facendomi essere arrabbiata. Sto diventando matta.
Ieri ho rivisto
anche Rose e le ho raccontato di tutta la faccenda di papà e anche lei ha
pensato che sia stato troppo duro. Non le ho detto niente della cotta di mio
fratello. Deve essere Al a dirle tutto, ma, considerando la sua timidezza,
dubito che lo farà. Mi ha raccontato di Scorp e ho paura che il mio caro AlbusSeverus Potter prenderà un
bel due di picche. Magari conoscessi un ragazzo come mio fratello - bello,
intelligente, premuroso, dolce, che mi stesse dietro durante la gravidanza...
-, non esiterei a sposarmelo. Ma purtroppo è mio fratello e io non conosco
nessun ragazzo come lui. Beh, Ted sarebbe abbastanza simile a lui, sarebbe il
ragazzo perfetto, ma ha messo incinta anche mia cugina, quindi... è possibile
che ogni volta che penso a lui, Vic e il loro bambino mi tornano alla mente?
Prima scopro di
essere rimasta incinta a diciassette anni, non so se tenere il bambino, decido
di tenerlo ma il padre del mio bambino è innamorato di mia cugina e non si
ricorda niente di quella fatidica sera, l’uomo di cui sono innamorata si
ricorda tutto, corro sotto la pioggia inseguita da lui, finisco all’ospedale,
il diretto interessato viene a sapere che sarà padre e dice che mi starà
accanto, il giorno dopo ci ripensa e mi dice che ama troppo mia cugina, piango
tra le braccia dei miei fratelli, passano giorni, il padre di mio figlio si
trasferisce a casa nostra, dico a mamma di essere incinta, anche papà viene a
saperlo e scaccia il padre del suo nipotino/a fuori di casa, seguo
quest’ultimo, andiamo a GrimmauldPlace,
viviamo due settimane come una famiglia felice, scopro che anche mia cugina
aspetta un bambino il di cui padre è lo stesso di mio/a figlio/a, discuto con
Teddy, mi dice che ci ama, parlo con Roxy, torno a
casa, papà mi ignora, vado a parlare con Vic, mi arrabbio ancora di più, parlo
anche con il padre di mio figlio e me ne torno a casa, a piangere sul mio
letto. Devo decisamente dire che ho fatto il riassunto della mia situazione, il
fenomeno causa-effetto. Inizio a pensare realmente che qualcuno lassù ce
l’abbia con me.
“Lilian
Potter?” la voce del medico mi fa distogliere dai miei pensieri insulsi. Alzo
lo sguardo su di lui e il suo volto mi sembra vagamente familiare. Capelli
biondi, occhi chiari, alto più di me di una decina di metri e con una cravatta
verde-argento al collo.
“Sei Scorpius,
vero?” gli chiedo, sorridendo e avvicinandomi a lui. Lo avevo intravisto
qualche volta ad Hogwarts, anche se mia cugina non me lo aveva mai presentato
personalmente. Devo ammettere che è davvero un bel ragazzo, i capelli biondi lo
fanno sembrare un angelo e gli occhi di ghiaccio lo fanno apparire
particolarmente freddo, anche se, molto probabilmente, dalle descrizioni di
Rose, non lo è per niente. Mi ha sempre raccontato di lui come una persona
solare, divertente e molto intelligente.
“Ci... ci
conosciamo?” mi risponde con un domanda, guardandomi attentamente e cercando,
probabilmente, di ricordarsi di me. Non gli avrei dato torto se non se ne
ricordasse, “Potter... dovresti essere la figlia di Harry Potter e quindi la
cugina di Rose” mi dice, sorridendomi e tendendomi una mano.
“Si, sono
proprio io, Lily” rispondo, stringendo la sua mano e continuando a sorridergli.
Con l’altra mano mi indica l’ambulatorio alle sue spalle e, lasciando il suo
arto, cammino verso esso, entrando dentro, “così sei diventato un medico”
commento, guardandolo mentre chiude la porta.
“Si, anche se
mio padre non ha mai gradito il fatto che mi sporcassi le mani per lavorare” mi
sdraio su il lettino che mi indica con la testa e mi scopro la pancia,
“comunque, Rosie mi aveva raccontato che una delle sue miriadi di cugine era
rimasta incinta, ma non mi sarei mai aspettato di trovarmi la cugina Potter e
soprattutto di essere io il medico”.
“Vuoi dire che
sarai tu a seguire tutta la mia gravidanza?” gli chiedo, mentre lo vedo
spalmarmi un gel freddo sul ventre. Fa un incantesimo alla macchina delle
ecografie, prende un pezzo di cotone e ci poggia la bacchetta sopra, iniziando
a muoverla sulla mia pancia. Devo ammettere che è molto diverso come modo di
fare l’ecografia considerando quello di quando Ted mi aveva portato
all’ospedale perché ero svenuta.
“Ti dispiace
che sia io il tuo dottore?” mi chiede a sua volta, spostando lo sguardo su di
me, prima di posarlo nuovamente sul monitor.
“Affatto” gli
rispondo, sporgendomi leggermente in avanti per cercare di veder meglio la
figura nel monitor, “cosa sarebbe quello? Il mio bambino?” gli chiedo,
indicando quella strana figura nel televisore. Lo sento ridacchiare, prima che
si volti verso di me.
“Si, è lui... o
lei e sta decisamente bene. E’ sano e sta crescendo davvero bene” mi risponde,
lasciando i suoi occhi grigi puntati sui miei marroni, tendenti, anche se molto
leggermente, al verde, “vuoi sapere se è maschio o femmina?”.
“Non lo so,
Scorp” ammetto scompigliandomi i capelli rossi, “la verità è che sapere se è
maschio o femmina in questo momento è il minore dei miei problemi”.
“Se vuoi, io
sono un ottimo ascoltatore” mi dice, dandomi uno scottex
per pulirmi da quel maledetto gel e di lanciare un incantesimo alla macchina
delle ecografia, ottenendo una foto del bambino o della bambina.
“Beh,
mettiamola così... il padre del mio bambino ha dieci anni più di me, è il
figlioccio di mio padre e l’ex fidanzato di mia cugina. Mio padre non mi
rivolge più la parola perché è rimasto deluso dal mio comportamento, il padre
di questa creatura ha messo incinta anche mia cugina e io sono assolutamente
arrabbiata con entrambi” gli spiego brevemente, pulendomi ed abbassandomi la
maglia, prima di alzarmi dal lettino e di avvicinarmi a lui.
“Devo dire che
non hai torto” mi risponde, aprendo la porta e facendomi uscire dall’ambulatorio.
Esce a sua volta e rimane sulla soglia a parlarmi, “ma se vuoi saperlo, basta
che me lo chiedi. Tieni, questo è il mio numero di cellulare” mi dice,
porgendomi un biglietto da visita che metto in una tasca dei jeans.
“Non è che stai
flirtando con me? Prima di tutto sei il fidanzato di mia cugina e secondo di
poi, sono incinta” gli chiedo per niente seriamente, ridendo e afferrando la
foto dell’ecografia che si trova tra le sue mani. Sinceramente, nonostante il
bambino sia di quattro mesi, non so ancora dire distintamente cosa sia quella
macchia bianca informe.
“Non ti
preoccupare” mi risponde, ridendo a sua volta, “sono innamorato di tua cugina e
poi non ci proverei mai con una donna incinta”.
“Mi fiderò” la
mia voce non è tanto convinta, anche se penso, sinceramente, che è davvero una
brava persona. Dovrei dire che se non fossi già innamorata di Ted, se non fossi
incinta e se lui non fosse il fidanzato di mia cugina, ci potrei fare un
pensierino sopra. Sto delirando. No, forse è soltanto la gravidanza che mi da
alla testa e mi mette gli ormoni fuori fase, quindi lo trovo attraente per
questo. Oppure sono soltanto io che sto delirando e che sto diventando matta.
O, forse, entrambe insieme, “ti conviene tenerti stretta Rose: c’è uno
spasimante in vista”.
“Dici davvero?”
mi chiede, incrociando le braccia al petto e guardandomi divertito.
“Si, il tuo
caro amico” gli rispondo, rimanendo sul vago. Lui e Al sono stati nella stessa
casa ad Hogwarts ed erano molto amici.
“Chi? Al?”
sbuffa ridendo e guardandomi negli occhi. Annuisco ed inizio ad allontanarmi
dall’ambulatorio, “innamorato di sua cugina?”.
“Esatto e
promettimi che non gli dirai che te l’ho detto. Sei l’unica persona oltre a me
e James che lo sa, d’accordo?” gli chiedo, camminando per il corridoio e
aspettando un suo saluto prima di poter uscire dal San Mungo.
“D’accordo.
Ciao”.
“Ciao”.
Cammino fino
alla porta principale e quando esco, vedo mia madre venirmi in contro,
ansimante. Cosa ci faccia qui non lo so, ma, a quanto pare, è una cosa urgente.
Forse ha scoperto che il padre del bambino di Vic non è Ted, oppure che non è
neanche incinta e ha messo in atto tutta questa messinscena per farci separare,
o forse... ma perché ogni dannata volta che vedo qualche parente corrermi in
contro con il fiatone, mi metto a pensare a Ted, Vic e al loro bambino? Sono
decisamente fissata.
“Mamma?” la
chiamo, chiedendole indirettamente cosa ci faccia qui.
“Zio George ha
telefonato a casa: Roxy sta partorendo” mi risponde
con affanno, prendendomi per mano ed iniziando a camminare verso la sala
operatoria. E’ decisamente nervosa anche se non è sua figlia, quella sta per
partorire. Sono davvero curiosa di vederla quando toccherà a me. Nella nostra folle
corsa, urtiamo un paio di infermiere, fino a quando arriviamo davanti alla sala
operatoria, dove si sono accampati tutti i membri della nostra famiglia. Ci
sono tutti i miei zii - tranne zio Charlie -, tutti i miei cugini - tranne Vic
-, la mia famiglia - tranne papà - e, naturalmente, manca Ted perché
sicuramente è con Vic. Mentre zia Angelina dovrebbe essere in sala parto con Roxanne.
Improvvisamente,
dal fondo del corridoio, dei capelli rosso fuoco attirano la mia attenzione,
facendomi voltare verso quella direzione. Vedo Ted avvicinarsi a noi,
stranamente senza Vic per mano. E’ assolutamente meglio così, non avrei mai
sopportato di vederli manina nella manina, come i bambini dell’asilo. Tempesta.
Si, termine adatto per descrivere la nostra relazione. E’ una tempesta che
imperversa e che a volte tace, ma che, dopo poco, si scatena nuovamente. Tra
noi le cose stanno così, a parte il fatto che questa tempesta si sta, pian
piano, calmando. Non so se sia un bene o un male. Ma la verità è che non so neanche
perché lo sto perdonando. E’ come se il mio cuore agisse da solo, senza
chiedermi il permesso. E’ una cosa involontaria, decisamente involontaria. La
parte sana della mia testa non fa altro che chiedersi come possa perdonarlo
dopo che ha messo incinta mia cugina. Beh, è una cosa involontaria...
Cercherò di ripostare questo capitolo al più presto. Purtroppo, considerando la mia sbadataggine, ho combinato un casino e, per sbaglio, ho cancellato il contenuto di questo capitolo. Scusatemi...
Capitolo 18 *** Choice, Chocolate and Memories ***
Choice, Chocolate and Memories
Ogni volta che
mi metto a pensare finisce sempre così. Mi maledico, mi chiudo in me stessa e
mi odio. Ogni volta che chiudo gli occhi mi torna in mente quella maledetta
sera e il bacio tra Vic e Ted. Loro stanno insieme e molto probabilmente
staranno già pensando alla loro Luna di Miele, mentre io me ne sto qui,
immobile e incinta. Cosa devo fare adesso? Qual è il prossimo passo da fare? La
prossima carta da buttare sul tavolo? Il prossimo scacco da muovere? E’ come se
volessi una risposta che mi dica qual è la cosa giusta da fare. Una risposta
che mi aiuti ad andare avanti, senza sbagliare nuovamente. Perché, diciamocelo,
ho già sbagliato troppe volte. E mi sono anche illusa, troppe volte. Al
diavolo Ted e la sua bionda e bella Veela. Al diavolo
mio padre e questa gravidanza indesiderata. Al diavolo tutto. Beh, ma il
fatto è che sono ripetitiva e noiosa, lo so. Ma penso che tutti - o meglio,
tutte - lo sarebbero se si trovassero nella mia stessa situazione.
“Cosa vuoi
fare?” mi chiede come se non avesse capito. La voce di Al è particolarmente
preoccupata allarmata. Mi strattona e mi mette con le spalle al muro,
costringendomi a guardarlo negli occhi. Jamie si
avvicina a noi e mi guarda a sua volta, facendomi capire che è preoccupato
quanto Albus, “Lil?!”.
Mi limito a
sospirare, abbassando lo sguardo e cercando di non guardare nessuno dei due
negli occhi. Ma Al mi costringe a riportare i miei occhi sulle sue iridi
smeraldine – uguali a quelle di papà -, alzandomi il mento con un pollice,
“voglio dare il bambino in adozione”.
“Perché?” mi
chiede Jamie, dandomi una giustificazione per poter
spostare lo sguardo dagli occhi di Al, al suo volto. Il perché è molto
semplice. Non riuscirei mai a crescere una creatura da sola. So che
naturalmente sia loro che mamma mi starebbero accanto, ma non me la sento. Non
posso farlo. Non dopo essere stata spettatrice del bacio tra Ted e Vic, il
quale mi ha fatto rimanere davvero male.
“Perché non ce
la faccio, Jamie” rispondo, sull’orlo delle lacrime,
“ho diciassette anni, non posso riuscire a crescere un bambino da sola. Certo,
voi mi stareste accanto e mi aiutereste a crescerlo, lo so. Ma non mi sento in
grado di prendermi cura di un’altra vita”.
“E Ted?” ecco
la domanda che non volevo mi venisse posta. Dovevo per forza innamorarmi di
lui? Non potevo prendermi una cotta per… non lo so… per uno come Scorp, magari. Mia cugina è davvero
fortunata, molto più fortunata di me. Prima di tutto non aspetta un bambino,
secondo di poi, non è innamorata di uno come Ted.
“Ha già un
altro bambino da crescere e soprattutto è già impegnato con Vic. Così,
dando il bambino in adozione sarebbe tutto più facile e semplice. Io potrei
tranquillamente prendere i M.A.G.O. e Ted potrebbe
benissimo sposarsi con Victoire e crescere il loro bambino insieme. La loro è
una fiaba a lieto fine scritta il giorno in cui è nata Vic” mi limito a
sussurrare, abbassando lo sguardo sulle mie mani.
“Odio quando
fai così” la voce di Al mi costringe a portare nuovamente lo sguardo sul suo
volto.
“Così come?”
gli chiedo, guardandolo con uno sguardo interrogativo. Non ho la minima idea a
cosa si stia riferendo.
“Metti sempre
la felicità altrui davanti alla tua, invece che combattere e fare di tutto per
essere tu quella felice”.
“Non c’è niente
da combattere!” sbotto, staccando la schiena dal muro e avvicinandomi a lui e a
Jamie.
“Si, invece,
Lily” ribatte Jay, guardandomi e facendomi spostare lo sguardo da Al a lui. Lo
guardo decisamente accigliata, non capendo dove voglia arrivare.
“E cosa? Sentiamo…”.
“Ted” mi
risponde Jamie, guardandomi con ovvietà. Lo guardo
ancora più incredula, con un sorriso amaro stampato sul volto.
“Ted?” rido una
risata che non ha niente d’allegro, “non credo proprio a giudicare dal bacio
appassionato che si è scambiato con Vic poco fa. E comunque, darò il bambino in
adozione, che vi piaccia o no”.
Senza
aspettarmi le loro risposte negative, corro giù per le scale, fino ad arrivare
in salotto. Mi siedo su una poltrona e mi circondo le ginocchia con le braccia.
Tra un paio di mesi, la mia pancia sarà talmente enorme che mi sarà impossibile
ripiegarmi su me stessa come sto facendo ora. Chiudo gli occhi e tutto mi torna
nitidamente alla mente, facendomi male.
“Ted!” esclamo,
rompendo il bacio e allontanandomi di qualche passo da lui. Lo guardo con
sguardo interrogativo, mentre si avvicina nuovamente a me, “sei completamente
ubriaco e poi questa sarebbe la tua fantastica idea per dimenticare Vic? Non mi
sembra per niente la soluzione migliore”.
“Io ho bisogno
di te, Lils. Non è soltanto il fatto di voler dimenticare Vic… è anche perché
io ti amo” si avvicina ancora di più a me, facendomi indietreggiare ancora di
più. Da quando Ted mi ama? Ci sono dei Babbani che dicono che quando uno è
ubriaco dice solo e soltanto la verità. Beh, stento decisamente a crederlo,
visto che lui ama solo e soltanto Vic.
“Non posso,
anzi, non possiamo” dico, accorgendomi di essere rimasta con le spalle al muro
e di essere in trappola, visto che Ted mi blocca tutte le possibili vie
d’uscita. Si avvicina e mi lascia un bacio a fior di labbra, prima che io metta
le mani sul suo petto, cercando di tenerlo lontano da me.
“Sentiamo perché…” mi dice, guardandomi negli occhi e continuando a
tenermi bloccata, con la schiena al muro.
“Sei totalmente
ubriaco e non sei consapevole delle tue azioni, io sono la figlia del tuo
padrino, sono dieci anni più piccola di te, sono la cugina della tua fidanzata… devo continuare?” la mia voce suona ovvia, ma
anche terribilmente tremante – ed è molto difficile che la mia voce tremi –.
“Penso che ci
siano fattori che non vanno d’accordo con la tua mente razionale, o sbaglio?”
un sorrisetto beffardo appare sulle sue labbra, prima che si avvicini di nuovo
a me e cerchi di baciarmi. Riesco a fermarlo allontanandolo da me, ma non so
per quanto ancora potrò resistere senza crollare, “per esempio, è molto
difficile che la tua voce tremi”.
“Trema perché
non riesce a spiegarti la motivazione del perché non possiamo” rispondo,
cercando di sembrare più convincente possibile. Non riesco ad aggiungere altro
perché le sue labbra si impossessano nuovamente delle mie, cogliendomi alla
sprovvista e non riuscendo ad impedirgli di baciarmi, “Ted! Ho detto che non possiamo,
quindi ora tu mi lascerai andare via, anche perché devo andare da Rose e anche
inventarmi la scusa del mio ritardo”, mi invento il fatto di dovermi vedere con
mia cugina sul momento, cercando di convincerlo a lasciarmi andare.
“D’accordo,
questo vuol dire che tu non provi niente per me e che non ti importa che io
stia bene o male, giusto?” la sua voce è spezzata, forse sta recitando
con scopo quello di non farmi andare via, oppure no. Mi libera tutte le vie
d’uscita, permettendomi di andare via, ma senza dimenticarsi di darmi un ultimo
bacio. Forse la sua era tutta una strategia, fatto sta che mi ritrovo a
baciarlo appassionatamente con le braccia strette intorno al suo collo. I
motivi del perché non possiamo non mi passano neanche per l’anticamera del
cervello, quando sento le sue braccia intorno ai fianchi che mi stringono a sé.
“Non dovremmo…” sussurro tra un bacio e l’altro, staccandomi
leggermente per riuscire a guardarlo negli occhi.
“Lascia stare
la razionalità per una buona volta” poi riporta nuovamente le sue labbra sulle
mie, senza che io protesti o che altro.
Riapro gli
occhi, continuando a maledirmi per quello che è successo, per quello che ho
lasciato che accadesse. Ora basta, davvero, non posso continuare così. Devo
smetterla e andare avanti. Tra qualche mese sarà finito tutto. Io sarò tornata
ad essere la ragazza che si prepara per i M.A.G.O. e
questo bambino avrà una famiglia che lo amerà senza riserve. Ted e Vic saranno
tornati insieme e avranno anche un figlio.
“Lily” la voce
di mia madre mi fa sobbalzare. Mi volto verso di lei e vedo che mi guarda con
uno sguardo preoccupato.
“Mamma! La
prossima volta vedi di non farmi prendere un coccolone” dissi cercando di
ridere e riuscendoci parzialmente.
“Ho parlato con
Jamie e Al”.
“Devo dire che
le informazioni in questa casa circolano più velocemente di quanto mi
aspettassi” effettivamente sono molto sorpresa che mamma abbia già parlato con
i nuovi Fred e George. Mi alzo dalla poltrona e capisco che l’unico posto dove
posso stare da sola a riflettere sul fatto dell’adozione è camera mia. Forse
addirittura lì non riuscirei ad essere da sola.
“Lily non dare
il bambino in adozione” ecco che ci si mette anche mia madre.
“Devo!”
esclamo, iniziando a camminare verso le scale e poi voltandomi verso di lei,
dopo essermi fermata sul primo scalino, “non sono in grado di crescere un
bambino da sola a questa età”.
“Ma tu non sei
sola”.
“Non lo sono
perché ho te, Al e Jamie. Ma lo rimango lo stesso,
visto che papà ancora non si è deciso a rivolgermi la parola e che Ted è troppo
impegnato a sbaciucchiare Vic e ad interessarsi all’altro suo figlio, che stare
accanto a me e fare un discorso sensato, invece che cercare di giustificarsi
con parole false”.
“Lily…”.
“Sai che io
tengo a questo bambino, ma non penso di essere in grado di prendermene cura”
abbasso lo sguardo sulle mie mani.
“La scelta è
tua” mi sembra non sia rimasta molto bene della mia scelta, anzi…
Senza
aggiungere altro, salgo in camera mia e mi butto a penso morto sul letto. Afferro
il mio cellulare babbano – che si trova sul comodino – e prendo il biglietto da
visita che mi ha dato oggi Scorpius. Compongo il numero del suo cellulare e mi
porto il telefono all’orecchio, aspettando, impazientemente, che risponda.
“Pronto?” la
voce scozzese di Scorpius echeggia dall’altra parte della chiamata.
“Ciao, Scorp.
Sono Lily Potter… ti disturbo? Vorrei parlarti di una
cosa importante” dico tutto d’un fiato, respirando soltanto alla fine della
frase. Potrei giurare di sentirlo ridacchiare.
“Ciao Lily, di
cosa si tratta?”.
“Sto pensando
all’adozione” dico, pronunciando le parole ad occhi chiusi, come se tappandomi
la vista riuscissi a cambiare qualcosa. Mi mordo un labbro, in attesa della sua
risposta. Sento Scorp lasciarsi scappare un sospiro.
“Ci hai
riflettuto bene?” la sua voce è placida e calma, come se avesse tutto il tempo
del mondo nelle sue mani. Continuo a mordicchiarmi il labbro di sotto a sangue,
cercando di rimanere calma.
“Veramente ho
pensato che forse parlarne con te era la cosa migliore da fare, visto che sei
il mio medico”.
“Oh, d’accordo… se vuoi possiamo parlarne domani al San Mungo, va
bene?”.
“Ok, allora a
domani”.
“Ciao”.
Ho già detto
che mia cugina è fortunata. Beh, lo ripeto. Riposo il cellulare sul comodino e
chiudo gli occhi, cercando di pensare a qualsiasi cosa che non riguardi Ted.
Beh, come faccio a non pensarlo se sto pensando di voler smettere di pensare a
lui? Lasciamo perdere, forse è meglio…
Apro gli occhi
e improvvisamente vedo mia cugina apparire davanti a me. Scommetto che Scorp le
ha detto tutto e forse le ha anche raccomandato di venire a parlarmi, così da
cercare di dissuadermi da quello che voglio fare. Non mi stupisco del fatto che
nella mia famiglia le voci corrano così velocemente e non mi stupirei neanche
se, dopo un solo pomeriggio, la notizia del fatto che io voglia dare il bambino
in adozione fosse arrivata addirittura a zio Charlie che si trova ancora in
Romania.
“Ciao, Rosie.
Qual buon vento?” le chiedo, sbuffando sonoramente e annotandomi mentalmente di
tenermi le cose per me la prossima volta. Beh, do la mia parola di strega che
la prossima volta me ne starò zitta.
“Scorp mi ha
detto che vuoi dare il bambino in adozione” C.V.D. –
Come Volevasi Dimostrare –.
“Ma il tuo
ragazzo non mantiene il segreto professionale tra lui ed i suoi pazienti?” le
chiedo, alzandomi a sedere e guardandola mentre si siede accanto a me,
“scommetto che domani tutta la famiglia – compreso zio Fred dal paradiso –
saprà che voglio dare il bambino in adozione”.
“Non da…”.
“…re il bambino in adozione” dico al suo posto,
interrompendola, “sei la terza persona che me lo dice”.
“Lily, dico sul
serio”.
“Anche io”
sbuffo, “non posso tenerlo… è mai possibile che non
riusciate a capirlo? Prima di tutto è una scelta mia, secondo di poi – e lo
ripeto per la terza volta in un solo pomeriggio – non posso prendermi cura di
questo bambino, non ci riesco” dico con voce ormai stanca di ripetere sempre le
stesse frasi. GrimmauldPlace
sarebbe il posto perfetto per riuscire a ragionare con calma, ma non penso che
cambiare nuovamente abitazione sarebbe la cosa giusta.
“Lil…”.
“Lil un corno!”.
***
E’ un colpo
proveniente dalla mia pancia che mi fa sobbalzare e svegliare dal sonno
profondo in cui ero addormentata. Mi porto le mani alla pancia, sentendomi, per
un millesimo di secondo, in colpa. Forse per un po’ di più di un millesimo di
secondo. Il fatto è che sono confusa. In un momento la scelta di dare il bambino
in adozione mi sembra la più sensata e la migliore, ma il momento dopo non
cederei a nessuno mio figlio. Le madri fanno sempre quello che è meglio per i
propri figli, no? Beh, penso che, nonostante io non mi possa definire una
madre, stia facendo di tutto per cercare di fare il meglio per questa creatura
che tra circa cinque mesi verrà al mondo.
Mi sporgo verso
il comodino e guardo l’orologio che segna le tre. Mi alzo dal letto e, non
avendo più sonno – ma in compenso una voglia incontrollabile di nutella –, mi
dirigo fino in cucina, prendo il barattolo e un cucchiaino, prima di sedermi al
tavolo e di iniziare ad inghiottirmi di cioccolata. Devo ammetterlo: la nutella
è la cosa più buona del mondo.
Sento dei passi
dirigersi verso la cucina e porto lo sguardo sulla porta, mettendomi una
cucchiaiata abbondante di nutella in bocca. Vedo mio padre varcare la soglia e
non stupirsi più quando mi vede. Vedo un piccolo sorrisetto formarsi sul suo
volto, mentre si avvicina al frigorifero e si versa un bicchiere d’acqua.
“Cosa c’è da
ridere?” gli chiedo, affondando il cucchiaino nel barattolo mezzo pieno.
“Niente… solo che quando tua madre era incinta di te anche
lei non faceva altro che mangiare nutella” mi risponde, prendendo il bicchiere
pieno di acqua e sedendosi nella sedia accanto a me. Il sorriso che gli si è
formato sulla bocca continua a tirargli le labbra, facendolo sorridere ancora,
“mentre quando era incinta sia di Al che di Jamie,
l’unica cosa che voleva mangiare era burro d’arachidi”.
“Forse vuol dire
che il tuo nipotino sarà una nipotina, no? E’ una cosa molto probabile”
commento, mettendomi in bocca un’altra cucchiaiata di nutella. Stranamente,
vedo il sorriso rimanergli sul volto, senza sparire quando pronuncio le parole nipotino
e nipotina.
“Già” dice,
portandosi il bicchiere alle labbra e svuotandolo in un solo sorso, “mamma mi
ha detto della tua decisione”.
“Pensavo che
non ti importasse, visto che quando hai cacciato Ted di casa e io l’ho seguito,
automaticamente sono sparita dalla tua vita” sbuffo, portando i miei occhi sui
suoi, “comunque si, sto riflettendo su quella che potrebbe essere la scelta
giusta per il bambino, visto che non mi sento in grado di tenerlo sia per il
fatto che suo nonno non mi parli più che per il fatto che suo padre sia troppo
impegnato a sbaciucchiarsi con la cugina di sua madre, piuttosto che
interessarsi a lui – o lei –”.
“Ted si
sbaciucchia con Vic?”.
“Se preferisci
dire così…” mormoro, continuando a mangiare nutella,
“e non dire che gli lancerai un AvadaKevadra dietro, oppure non ridire tutte quelle brutte cose
che hai già detto su di lui, mi fa stare male sentirle”.
“Sei innamorata
di lui, vero?” non mi sarei mai aspettata che mio padre mi rivolgesse questa
domanda. Forse mamma, ma non mi sarei davvero mai immaginata che me lo avesse
chiesto papà.
“Si ed è per
questo se è successo tutto” continuo a dire a bassa voce, mordendomi il labbro
inferiore – lo stesso che prima mi sono morsa durante la conversazione con Scorp
–, “e non smetterò mai di dire che mi dispiace. Ho sbagliato e ora devo
rimediare. E la cosa più giusta da fare penso che sia quella di dare il bambino
in adozione, visto che non riuscirei mai a crescerlo da sola”.
“Io non ti
imploro, non ti dico fai questo o fai quello. Ti chiedo soltanto di pensarci
bene prima di fare scelte di cui potresti pentirtene” un sorriso benevolo si
allarga sul suo volto, “ho avuto il tempo per riflettere e mi sono comportato
da stupido e da immaturo, ma scoprire che tua figlia è incinta del tuo
figlioccio non è una notizia di tutti i giorni, no? Comunque, io ti voglio dire
che mi dispiace e spero che mi perdonerai, Orsacchiotta”
è da tanto che non mi chiama in questo modo. Mi chiamava Orsacchiotta
quando ero piccola – otto o nove anni, al massimo –.
Il groppo che
ho in gola mi impedisce di rispondere a parole, quindi mi alzo, lasciando il
cucchiaino nel barattolo, e lo abbraccio con tutta me stessa, iniziando a
piangere su una sua spalla. Sento una sua mano che mi accarezza i capelli
rossi, come quelli di mamma. Non mi importa se mi ha trattata male per giorni,
non potrei mai e poi mai restare in combutta con mio padre, dopo che mi chiede
scusa per come si è comportato. Beh, con Ted non mi sarei comportata proprio
nello stesso modo..
“Ora mi devi
promettere che penserai molto bene se tenere il bambino o no, d’accordo?” mi
sussurra in un orecchio.
Capitolo 19 *** Everything is Fine... not Really ***
Everything is Fine... not Really
Orastobene. D’accordo, nonostante la situazione
con mio padre si sia risolta e nonostante abbia tutta la mia famiglia vicino,
non va tutto a genio. E le motivazioni sono scontate e molto noiose, non sto
neanche a ripeterle, visto che sarebbe un’inutile ripetizione e perdita di
tempo.
“Alla fine
esploderai a forza di mangiare nutella” la voce di mia madre mi fa ridacchiare,
mentre mi infilo l’ennesima cucchiaiata in bocca. E’ tutta la mattina che non
faccio altro che mangiare quella deliziosa crema alla nocciola. So che non fa
bene né al pancreas, né allo stomaco, ma cavolo... sono incinta! D’accordo, non
è una vera e propria giustificazione, ma... no, aspetta, è una vera e propria
giustificazione! Beh, posso vedere anche il lato positivo di tutta questa
questione del bambino: posso ingozzarmi di nutella quanto voglio. E, beh, è
cosa buona e giusta... basta, sto sclerando!
“Mamma, sono
incinta!” rispondo semplicemente, preparandomi un’altra cucchiaiata di quella
cosa deliziosa che mi farà diventare obesa. Beh, devo ingrassare comunque,
tanto vale ingozzarsi di nutella, no?
“E cosa
vorrebbe dire?” inarca un sopracciglio, mentre si porta una forchettata di uova
e pancetta alla bocca. Al e Jay ancora non sono scesi per fare colazione e
neanche papà. Beh, stanotte siamo stati tutto il tempo a parlare di Ted, delle
gravidanze di mamma e del suo nipotino o nipotina, fino a quando abbiamo deciso
di andare a dormire una volta per tutte.
“Che, mamma,
sono incinta!” ripeto, come se fosse una cosa elementare, mentre lei rivolge
un’occhiata scettica al carico di nutella che mi porto alla bocca. Beh, almeno
posso dire che sto imparando a convivere con questa storia del bambino, ma non
so se riuscirò a fare lo stesso con l’idea di doverlo crescere.
Vedo mamma
scuotere la testa in segno negativo, mentre papà varca la soglia della cucina,
con un sorriso a trentadue denti sul volto, “buongiorno a tutti” dice,
scoccando un bacio a fior di labbra a mamma e avvicinandosi a me.
“’giorno, pa’” sorrido, sentendo la bocca di mio padre lasciarmi un
lieve bacio sui capelli, rossi come quelli di mamma, e scompigliarmeli. Potrei
giurare di aver visto mia madre boccheggiare, non riuscendo a capire il perché
del nostro atteggiamento. Seguo papà con lo sguardo, mentre si siede al suo
stesso posto.
“Orsacchiotta” mi sorride a sua volta, prendendo la
forchetta nella mano destra e preparandosi una forchettata della tipica
colazione inglese. Sposto il mio sguardo da lui a mamma, che ci guarda come se
fossimo due esseri che non ha mai visto in vita sua.
“Ginny, perché ci guardi come se fossimo due alieni?” chiede
papà, guardandola con un sopracciglio inarcato.
“Lunga vita e
prosperità” ridacchio, facendo il tipico saluto vulcaniano con la mano destra,
come quello che faceva sempre Spock in uno dei miei telefilm babbani preferiti,
Star Trek. Devo ammettere che invidio molto i
vulcaniani. Beh, tralasciando il fatto che hanno le orecchie a punta e il
sangue verde. Io invidio il loro ripudiare le emozioni. Fanno di tutto per non
essere soggetti a sentimenti che potrebbero giocarti la vita un giorno e, per
di più, non lasciano proprio tralasciare nessuna emzione.
Né tristezza, né rabbia, niente. Solo la logica. Si basano solo sulla logica e
sulle conseguenze delle loro azioni. Ma perché non posso avere anche io, come Kes,
un insegnante stile Tuvok?
“Mi sono persa
qualche episodio, non è così?” la sua voce è decisamente interrogativa, mentre
ci scruta come se fossimo realmente due alieni, “da quando andate d’amore e
d’accordo?”.
“Possiamo dire
che abbiamo avuto una nottata insonne, non è così papà?” rispondo, prima di
mettermi in bocca un’altra cucchiaiata di nutella. Sposto lo sguardo dagli
occhi cioccolata di mamma a quelli smeraldo di papà.
“Ben detto,
figliola” scoppiamo entrambi in una breve risata d’intesa, prima che mamma ci
squadri da capo a piedi, cercando di capire come diavolo abbiamo fatto a
riappacificarci.
“Buongiorno”
prima che mamma possa ribattere qualcosa, Al e Jay entrano in cucina e si
siedono rispettivamente al loro posto. Vedo uno sguardo interrogativo formarsi
anche sui loro volti, non appena vedono il sopracciglio inarcato di Ginevra
Molly Weasley in Potter.
“Cosa succede?”
chiede Al, prendendo un pezzo di pane ed iniziando a mangiare la sua piattata di uova e bacon.
“Non lo
chiedere a me” risponde mamma, alzandosi da tavola e posando il suo piatto
vuoto nel lavandino, prima di lanciarci un gratta e netta sopra. Sorrido
e, quasi divertita, mi porto un’altra cucchiaiata di nutella alla bocca.
Scambio uno sguardo complice con papà, prima di posare i miei occhi su quelli
di Albus.
“Ma non stavate
quasi per scannarvi voi due?” la sua voce è sorpresa come quella di mamma, “e
ora, dal niente, siete tornati a volervi bene e a scambiarvi sguardi
complici?”.
“Si, ma la
nutella mette fine a qualsiasi litigio” dico, guardando dentro il barattolo che
tengo tra le mani e accorgendomi di averlo finito nell’arco di poche ore. Beh,
mamma mi ucciderà sicuramente.
“Ovvero?”.
“Ovvero... ehm,
ho finito il barattolo e...” ammetto, grattandomi la nuca con fare imbarazzato.
“Alla fine
quella maledettissima nutella ti ucciderà” mi risponde mamma, sospirando e
voltandosi verso di me. Porto lo sguardo sull’orologio della cucina e vedo che
segna le dieci.
“Beh... vedo
che tu sei ancora viva, però” dico, alzandomi da tavola e iniziando a camminare
verso camera mia. Sorrido tra me e me, mentre esco dalla cucina e salgo al
piano di sopra, senza dare la soddisfazione di raccontare la riappacificazione
tra me e papà.
***
Cammino per i
corridoi del San Mungo come ieri. Sembra passata un’eternità. L’ecografia, il
parto di Roxy, la discussione con Ted, l’aver tenuto
in braccio Peter, la voglia di nutella, la riappacificazione con mio padre.
Troppe cose in un giorno solo, per i miei gusti.
“Lily”
pronuncia Scorpius, non appena mi vede apparire davanti al suo studio. Vedo un
sorriso sghembo incorniciargli il volto, quando mi trovo a pochi centimetri da
lui. Penso che sia la persona più giusta con cui parlare della mia scelta.
“Ciao, Scorp”
lo saluto, notando la cravatta Serpeverde che porta
al collo. Deve essere una cosa di cui va proprio orgoglioso. Beh, capisco il
suo orgoglio, è lo stesso che io provo per la mia casa, Grifondoro, “ma è
l’unica cravatta che hai, oppure ne sei talmente tanto orgoglioso che non
riesci a staccartene neanche per un minuto?”.
“E’ l’orgoglio Serpeverde che ogni mattina mi costringe ad indossare
sempre la stessa cravatta” mi risponde, assorto dai suoi pensieri, mentre mi
invita, come il giorno precedente, ad entrare nella stanza alle sue spalle.
Seguo il suo consiglio e mi siedo in una sedia davanti alla scrivania,
iniziando a tamburellare sulla superficie di legno, “allora, parla, ti ascolto...”.
“Prima di
tutto, non ti azzardare più a dire qualcosa a mia cugina riguardo la mia
gravidanza, o giuro che ti crucio!” dico, incrociando
le braccia al petto e fingendo una voce offesa.
“Mai far
arrabbiare una Potter” ridacchia, guardandomi con i suoi occhi grigi.
“Hai capito al volo,
Malfoy”.
“Allora, a cosa
è dovuta questa visita?” mi chiede, appoggiando le mani, unite, sulla
scrivania.
“Ti ho già
accennato ieri il fatto che voglio dare il bambino in adozione. O meglio, mi
sembra la scelta migliore, ma non so se anche la più giusta. Non so se sono in
grado di crescere un bambino da sola a questa età. So di avere l’appoggio di
tutta la mia famiglia, ma non so se me la sento di prendermi un impegno così
grande. Poi ti ho già raccontato della situazione con suo padre” dico,
indicandomi la pancia di quattro mesi ben in vista, “anche se non ti ho detto
che ieri ha baciato la sua ex, ovvero mia cugina, che aspetta anche lei un
bambino da lei”.
“Quindi pensi
che lui non ti starà accanto perché è già impegnato con tua cugina e con loro
figlio” beh, effettivamente è così, “so che tu hai bisogno di lui per
crescerlo, perché non ti senti sufficientemente grande da farcela da sola, ma
devi ragionare su questo, Lily”.
“Avresti dovuto
fare lo psicologo, invece del dottore” cerco di sdrammatizzare, guardandolo in
quelle iridi di ghiaccio.
“Lo prendo come
un complimento” sfoggia un bellissimo sorriso, prima di ricominciare a parlare,
“comunque, hai cinque mesi di tempo per scegliere se darlo, o darla, in
adozione. Hai ancora qualche mese per riflettere se non puoi crescere un
bambino a diciassette anni. Poi, che ne so, è probabile che suo padre non sia
impegnato con tua cugina e che decida di starvi accanto. Oppure, potresti
conoscere qualcun altro che sarebbe pronto a starti accanto”.
“Cosa vuoi
dire?” lo guardo, quasi shoccata, “stai dicendo che dovrei cercarmi un altro
con il quale crescere questo bambino?”.
“Non ho proprio
detto questo, ma il senso era questo, si”.
“Non credo che
sarà una cosa probabile e poi non sono interessata ad avere una relazione
forzata, soltanto perché il padre di questa creatura è immaturo” sbotto,
alzandomi dalla sedia e avviandomi verso la porta. Beh, la gravidanza mi sta
facendo diventare più irascibile.
“Lily” mi
richiama dolcemente, alzandosi e avvicinandosi a me. Mi fermo, voltandomi verso
di lui e ritrovandomi a fissarlo negli occhi, come pietrificata, “stai calma.
Sono normali gli sbalzi d’umore, ma devi stare calma. Non ho detto niente, fa
come se non avessi detto niente” continua, poggiando la sua mano su un mio
braccio.
“E’ che... ho
paura, Scorp” gli dico, abbassando lo sguardo sulle mie mani.
“Lo so, lo so”
mi sussurra, avvicinandosi a me e abbracciandomi a sé. Appoggio la testa sul
suo petto, afferrando la sua cravatta con una mano e cercando un appiglio per
non permettergli di staccarmi da sé.
“Devo andare”
mi stacco di scatto, come imbarazzata e mi avvio verso la porta, “ciao”
sussurro, prima di uscire e di richiudere la porta alle mie spalle.
Sospiro, come
per scaricare la tensione, prima di iniziare a camminare verso l’uscita
dell’ospedale. Un flash mi illumina la mente, facendomi ricordare che mia
cugina è ancora ricoverata. Cambio meta, camminando a grandi falcate verso la stanza
di Roxy. Busso e un debole avanti mi da il
permesso di entrare.
***
Ted Pov
E’ la figlia
del mio padrino. Cosa diavolo avevo in mente quella sera? Sono davvero uno
stupido. E’ la figlia di Harry, la cugina di Victoire e ha dieci anni meno di
me, oltre ad essere praticamente come una sorellina minore per me. No, non lo è.
Non è mia sorella, né sorellastra. E’ semplicemente la ragazza diciassettenne
spaventata, che aspetta un bambino da me, il mio bambino... il nostro bambino.
Lo stesso vale per Vic. Beh, a parte il fatto che lei non ha diciassette anni e
che non è la figlia del mio padrino. Beh, e soprattutto non è spaventata come
sua cugina Lils.
Sua cugina.
La figlia del
mio padrino.
Dieci anni più piccola
di me.
Incinta del mio
bambino, che darà in adozione. Non voglio che scelga di affidarlo ad un’altra
famiglia. Io voglio starle accanto, sia a lei che a nostro figlio, ma il
problema è che mi devo assumere le mie responsabilità, cosa che vuol dire
che mi dovrò prendere cura anche di Vic e dell’altro mio figlio.
Mi porto la
testa tra le mani e chiudo gli occhi, come se questo riuscisse a far sparire
tutti i problemi che ho, tutti i problemi che ho causato con le mie stesse
mani. Ho approfittato di Lily da ubriaco. Ubriaco per modo di dire, visto che
mi ricordo tutto nitidamente. Non ho riflettuto, non ho pensato alle possibili
conseguenze, non ho pensato di prendere precauzioni. E poi, l’amnesia che ho
avuto successivamente mi ha fatto tornare con Vic senza ripensare al fatto che
quella sera se ne fosse andata di casa perché le avevo urlato contro, senza
ripensare al fatto che mi avesse tradito. E io ho sbagliato... ho sbagliato...
lo so, lo so. Sono stato stupido, un totale deficiente. Quest’anno il premio
Nobel per la stupidità va a... Ted Remus Lupin.
E ora mi
ritrovo così, in questa situazione. No, la situazione è molto peggiore... va di
male in peggio. Lily ha visto il bacio che c’è stato tra me e Vic, ieri. No, un
attimo, mi devo correggere, perché la frase è molto imprecisa. Lils ha visto il
bacio che casualmente Vic mi ha dato. O meglio, Lils ha visto quando Victoire
mi si è aggrappata addosso e mi ha baciato. Forse mi ha scambiato per un
albero. Comunque, non ho fatto in tempo a districarmi dalla sua stretta, che
Lily si era già smaterializzata. E Victoire non capisce, non capisce niente. E
pensare che l’ho amata. Si, devo ammetterlo. Io ho amato Vic. E’ stato tanto
tempo fa, lei è stata la mia fidanzata sin da quando ho memoria. Abbiamo fatto
Hogwarts praticamente insieme, io Tassorosso, lei Corvonero, e sono costretto a dire che io la amavo.
E a volte ho
paura. Non ho mai provato niente del genere. Ho semplicemente paura di perdere
Lily, di perderla. Soltanto sentire un altro ti odio pronunciato dalle
sue labbra sarebbe sufficiente per farmi avere ancora più paura. Io devo dirle
tutto, del bacio di Vic, di quanto io tenga realmente a lei e, soprattutto, di
non dare il bambino in adozione. Dovrei essere maturo, diamine. Dovrei saper
prendermi le mie responsabilità senza sbatter ciglia, ma c’è qualcosa che mi
ferma. Io voglio Lils. Io voglio crescere con lei nostro figlio. Voglio che
smetta di parlare di questa stupidissima storia dell’adozione. E’ tutto quello
che realmente voglio.
Capitolo 20 *** Happy Birthday, Lils - 1st part ***
Non fucilatemi,
vi prego! *si inginocchia con le manine unite*.
Ho avuto un po’
di problemi in questo periodo tra la scuola e la paura di rendere la storia
banale. Ispirazione per continuare la fan fiction ce l’ho, ma la paura di
renderla una storiella banale mi assale. Questo capitolo non mi convince più di
tanto, devo essere sincera, ma spero che piaccia a voi.
Vi chiedo
un’unica cosa, una sola, della quale ne sento davvero bisogno. Ho bisogno di
ricevere un vostro personale commento in base a questo capitolo. Ho bisogno di
sapere se pensate che sta diventando una storia banale. Ne ho davvero bisogno.
Vi chiedo soltanto una minuscola recensione. Sono in crisi ed ho bisogno di una
vostra opinione.
Vi ringrazio
perché continuate a seguirmi.
Ora non ho
tempo di ringraziarvi tutti uno ad uno perché devo scappare, ma penso che
troverò il tempo per elencarvi uno ad uno nei prossimi capitoli.
Confido in una
vostra opinione e vi lascio al capitolo.
Meli
Happy Birthday, Lils - 1st part
Mi sarei dovuta
aspettare una megafesta alla Tana, organizzata da tutti i miei miliardi di
parenti, per il mio diciottesimo compleanno, nonostante il fatto che stia
portando in grembo un’altra vita e che il padre sia il suddetto Ted Remus
Lupin. E mi sarei dovuta aspettare una casa dei nonni tutta addobbata e
strapiena di persone, di regali e palloncini, la sera del venti ottobre. Ma la
verità è che la mia vita è talmente incasinata che non mi sono neanche accorta
che fosse arrivato il giorno del mio compleanno. Considerando tutti i problemi
che ho avuto nell’ultimo periodo, ricordarsi del proprio compleanno mi sembra
una delle ultime cose importanti. Hugo non approverebbe di certo il mio
pensiero, considerando la sua mania per compleanni, Natali e qualsiasi altro
tipo di cosa si possa definire festa. Sì, questa è la mania di mio
cugino, purtroppo. Oh, beh, da quando Al ha iniziato ad invitare Scorpius a
qualsiasi festa della famiglia, anche Rose è diventata una maniaca di feste, festine e festicciole. Certo che l’amore fa davvero male a
certe persone.
“Non sono già
abbastanza conciata a festa con un pallone da calcio al posto della pancia?”
sbuffo a Rose, mentre mi acconcia i capelli in una specie di chignon non molto
riuscito, “ti ci metti pure tu con le tue acconciature da neoparrucchiera?”.
La sento
sbuffare a sua volta, mentre continua ad aggeggiare i
miei capelli rossi, marchio Weasley. E’ diventata una tradizione che sia Rosie
a pettinarmi e truccarmi come una bambola per tutti i miei compleanni. E, sinceramente,
non so se esserne felice o triste. Odio truccarmi, pettinarmi e tutte le cose
che riguardano il mettersi in tiro, ma, come dice mia cugina, una volta ogni
tanto non guasta.
Sono sicura che
sarà lei quella che penserà a vestirmi, pettinarmi e truccarmi per il
matrimonio di Ted e Vic, mentre si lamenta che non riesce a mettermi la matita
agli occhi, a causa delle troppe lacrime. Si, se dovesse davvero succedere,
voglio piangere.
“Perché non
pensi a truccarti e pettinarti per te, visto che ci sarà anche Scorp, e non
lasci la tua cara cuginetta libera dalle torture che le stai infliggendo?”
continuo a sbuffare, mentre mia cugina inizia a truccarmi, senza praticamente
ascoltarmi, “Rosie?”.
“Mmm...?”.
D’accordo, come
non detto.
Dopo una
mezz’oretta buona di torture, penso di essere pronta per guardarmi, una volta
per tutte, allo specchio di camera mia. Il vestito nero attillato - l’unico che
si adattasse al colore dei miei capelli - che mi ha costretto ad
indossare mette in mostra la pancia e le mie gambe chiare, in quanto è corto
appena sotto il ginocchio. Le maniche larghe mi arrivano fino a sotto il gomito
e lo scollo, fortunatamente, non è eccessivo. La mia cara cugina - che tra
l’altro devo ricordarmi di fare fuori - mi ha costretto - e costretto è dire
poco - ad indossare dei trampoli al posto di semplici scarpe con il tacco e non
c’è stato verso dirle di no. Quindi mi ritrovo venti centimetri più alta, una
pancia particolarmente visibile - nonostante il nero assecchisca
-, con un pocchio abnorme al posto di un semplice
chignon e invece di un semplice trucco leggero, mi manca il naso rosso per
sembrare un clawn. D’accordo, forse sto esagerando.
“E dovrei farmi
vedere da tutti vestita in questo modo?” spalanco gli occhi, ricevendo solo in
questo momento la batosta che tutti mi dovranno vedere conciata così. Prometto
solennemente che dalla prossima volta non mi fiderò più di mia cugina.
“Come sei
drammatica” lancio un’occhiataccia a mia cugina, la quale mi guarda sorridente
e soddisfatta di come mi ha vestita, “possiamo andare, oppure devi continuare a
lamentarti?”.
Mi limito a
sospirare, guardando mia cugina ed uscendo da camera mia, dopo aver preso il
mio mantello nero. Tanto ho tutto il viaggio per assillarla. E beh, Lilian Luna
Potter è conosciuta per il suo essere una rottura di scatole, quando vuole.
Usciamo dalla porta di casa mia e ci dirigiamo alla sua auto. Mi chiedo perché,
potendo approfittare del meraviglioso potere della magia, mia cugina mi voglia
portare alla Tana in una di quelle scatole babbane,
chiamate macchine. La materializzazione non sarebbe una cosa migliore, più
veloce e, soprattutto, più da maghi?
“Perché non
usiamo la materializzazione, la polvere volante oppure una scopa per andare
alla Tana, invece che usare la macchina?” le chiedo, salendo su quel trabiccolo
e aspettando che lei lo metta in moto.
“Perché nonno
Arthur mi ha convinto ad approfondire il modo in cui vivono i babbani” mi
risponde semplicemente, mettendo in moto la macchina ed iniziando a guidare.
Beh, nonno Arthur è attratto dai babbani. Macchine, telefoni, paperelle di
gomma... sono cose che lui ama capire come funzionano. Probabilmente è riuscito
a convertire Rosie, ma non riuscirà mai a convertire la sottoscritta: la
smaterializzazione è troppo più comoda di una scatola di metallo.
“Fantastico”
commento sarcastica, guardando mia cugina. Mi ricordo di un paio di mesi fa,
quando, in quella stessa macchina, le avevo rivelato di aver fatto sesso con
Ted e di essere rimasta incinta.
“Scorp mi ha
detto tutto” ammette, spostando per un attimo il suo sguardo su di me. Inarco
un sopracciglio, pensando a cosa gli avrebbe potuto dire. Forse della
chiacchierata che abbiamo avuto riguardo all’adozione? Oppure del fatto che mi
ha abbracciata?
“Tutto cosa?”.
“Se il bambino
è maschio o femmina” esordisce entusiasta, mentre io mi porto una mano alla
pancia. Non so neanche se voglio saperlo. Ecco che torna la mia parte
malinconica e triste, che non ha ancora deciso se dare il bambino in adozione
oppure no, nonostante tutti stiano cercando di dissuaderla.
“Non voglio
saperlo” dico, anche se so che niente o nessuno riuscirà a fermare Rose dal
dirmi una cosa che lei sa, ma io no, soprattutto se riguarda la mia gravidanza.
Possibile che Scorpius non riesca a tenere la bocca chiusa?
“Dai, Lily...”
mia cugina è davvero incredibile. Non vedo l’ora di arrivare alla Tana, è
l’unica cosa che davvero desidero. A parte il fatto che Ted, Vic e la loro
prole, non ci siano. Questo è quello che davvero vorrei: non doverli vedere.
“Se volevo
saperlo, lo avrei chiesto al tuo fidanzatino” sottolineo le ultime due
parole con un po’ di sarcasmo. Tanto so che nessuno riuscirà a fermarla dal
dirmi tutto e da svuotare il sacco. Conosco mia cugina, “non voglio saperlo”.
“Almeno avrai
il tempo per scegliere il nome”.
“Non so neanche
se voglio darlo in adozione, quindi non è un mio problema quello del nome”
sospiro, sperando con tutta me stessa che non mi riveli niente. E’ come quando
stai leggendo un libro e sei più o meno a metà, e arriva una persona che lo ha
letto e che inizia a raccontarti la fine. Questo è l’aspetto che ho sempre
detestato di mia cugina.
“Avanti, Lily...”.
“No”.
“Ti prego”.
“No”.
“Posso
dirtelo?”.
“No”.
“Per favore”.
“No”.
“Dai...”.
“No”.
“Lily...”.
“D’accordo” sbuffo
annoiata, arrendendomi. Tanto so che avremmo continuato così all’infinito,
quindi è meglio arrendersi, no? Soprattutto se la tua interlocutrice è una
ragazza di nome Rose Jane Weasley.
“E’ una
femmina” sorride, guardandomi, “ti è piaciuto il mio regalo di compleanno?”.
Sinceramente
non so se essere felice di saperlo oppure no. In questo momento non mi cambia
niente, perché l’adozione è la prima delle mie ipotesi, ma non so. Forse potrei
tenerlo. No, aspetta. Dovrò dire tenerlA. Appoggio la
guancia al vetro gelido della macchina e per un secondo sorrido.
E’ femmina.
Buon compleanno, Lilian.
Oh, beh, ma da
ora in poi costringerò Scorpius a tenere le labbra sigillate, se no si
accorgerà cosa vuol dire far arrabbiare una Potter.
“Siamo
arrivate” annuncia mia cugina, parcheggiando davanti alla Tana. Scendiamo
entrambe di macchina e Rose mi si avvicina, “auguri, Lily”.
La abbraccio,
per quanto la pancia me lo permette, “grazie... anche per il regalo”.
Beh, devo dire
che Al aveva ragione. E’ una femmina e, quando ne verrà a conoscenza, sono
sicura che non farà altro che assillarmi per chiamarla Amelia. Mentre James
inizierà a sfotterlo con la storia che è innamorato di Rose e che pensava
volesse chiamarla come lei. A volte mi chiedo come quei due riescano ad abitare
sotto lo stesso tetto senza menarsi a vicenda. E’ un mistero.
Io e mia cugina
entriamo nella Tana e ci dirigiamo verso la sala da pranzo, dove, sicuramente,
si saranno nascosti per farmi una sorpresa. Dovrebbe esserci tutta la famiglia
al completo, compreso zio Charlie, il quale dovrebbe essere tornato da quella
città dal nome impronunciabile soltanto per fare gli auguri a una sua nipote
che ha visto, più o meno, cinque volte in tutta la sua vita. Non mi stupirei se
avesse portato con sé un drago e se lo avesse spacciato per sua moglie. Sono
sicura che avrebbe il coraggio di sposarsi un drago.
Tanto so che il
regalo di compleanno che vorrei non verrà esaudito: Ted e Vic saranno
sicuramente presenti, anzi, forse saranno addirittura i primi a farmi gli
auguri. Almeno posso sperare che non si sbaciucchino durante la mia festa di
compleanno.
Entriamo nella
sala da pranzo e sento un auguri esplodere nell’intera stanza, mentre le
luci si accendono, rivelando tutti i miei parenti in piedi davanti a me. Beh,
posso dire che hanno conciato questo posto peggio che a Natale. Il solito
tavolo è stato fatto sparire e al suo posto hanno messo dei tavolini per tutta
la stanza, ci sono dei palloncini che volteggiano a mezz’aria e il centro della
stanza è vuoto, cosa che vuol dire: pista da ballo.
Devo ammettere
che ci sono tutti : mamma, papà, Jay, Al, zio Ron, zia Hermione, Hugo, zio
George, zia Angelina, Fred, Roxy... d’accordo, se mi
metto a fare l’appello di tutti i presenti, sono sicura che non finirei più di
dire nomi. Devo ammetterlo: la famiglia Weasley è troppo grande. E lo diventerà
sempre di più. Potrei scommettere che con l’avvento della nuova generazione,
non riusciremo più a stare tutti intorno ad un unico tavolo alla Tana durante
il pranzo di Natale, come tutti gli anni. E la cosa bella è che siamo tutti
rossi e il gene dei capelli rossi nel DNA è duro a morire, soprattutto se
proviene da una famiglia come quella degli Weasley.
Vedo papà
avvicinarsi a me e prendermi in braccio, cosa che non faceva da quando avevo
cinque anni e che, ne sono sicura, non è molto benefica per il bambino.
D’accordo, per lAbambinA,
“auguri, Lily”.
Gli do un bacio
sulla guancia, prima che mi rimetta a terra e mi costringa a subirmi tutti gli
auguri, da parte di tutti i parenti. Prevedo sarà una cosa lunga, come tutti
gli anni. Anche mamma mi si avvicina e mi fa gli auguri a sua volta,
abbracciandomi. Non è una cosa di tutti i giorni compiere diciotto anni e
diventare maggiorenne anche nel mondo dei babbani. Non ricordo una festa così
enorme anno scorso, per aver raggiunto la maggiore età nel mondo dei maghi.
Probabilmente nonno Arthur sarà riuscito ad influenzare tutti con la sua
ossessione verso i babbani. Potrei quasi scommettere dieci galeoni con zio
George ed essere sicura di non perderli. D’accordo, di solito quando scommetto
con zio George perdo sempre, ma questa volta sarei sicura di vincerli dieci
galeoni.
Dopo aver
ricevuto tanti - troppi - auguri - da parte di zio Bill, zia Fleur, zio Charlie, zio Percy,
Lucy, Molly... d’accordo, se continuo così non finisco più -, vedo un ragazzo
biondo avvicinarsi a me a fianco di Al. Ora Scorp mi sente.
“Auguri,
Lilian” mi sorride, prima che mia cugina gli salti letteralmente addosso,
facendogli quasi perdere l’equilibrio.
“Grazie,
Scorpius” lo ringrazio, arrossendo leggermente e guardandolo negli occhi, “ho
soltanto una cosa da dirti: se la prossima volta provi a spifferare qualcosa a
mia cugina riguardo la gravidanza, giuro che ti crucio”.
Alla sua risata
non posso far altro che sorridere e arrossire ancora di più, prima di vedere
Ted Remus Lupin in persona avvicinarsi a me. Sento il sorriso, che prima mi
tirava le labbra, sparire, quando me lo ritrovo davanti. Sento il cuore
iniziare a battere velocemente e le guance avvampare.
“Grazie, Ted
per gli auguri e anche per il bellissimo regalo, ora puoi anche tornartene da
Vic” sbotto, incrociando le braccia al petto e considerando il bacio che si
sono scambiati come regalo di compleanno.
Ted Pov.
D’accordo, non
posso pretendere che Lily mi perdoni di punto in bianco, dopo tutto quello che
è successo. Conosco la mia Lils e so che per farmi perdonare ce ne vorrà di
tempo. Vedo i suoi occhi scuri pieni di delusione puntati nei miei.
“Lils, vorrei
parlarti un attimo” so che è la trecentesima volta che le chiedo di parlare, ma
ho bisogno di chiarirmi per tutto quello che è successo con Vic e per dirle
quello che le è accaduto. Beh, penso che le interesserà sapere il perché Vic
non è presente alla sua festa di compleanno.
“Possibile Ted,
che l’unica cosa che vuoi fare sia quella di parlare, parlare e parlare?”
sbuffa, guardandomi con sguardo duro, “non ne posso più di parlare”.
“Ho una cosa
importante da dirti e credo che ti interessi” cerco di convincerla più con lo
sguardo che con le parole. La vedo sospirare e sbuffare di nuovo, prima di
seguirmi fuori dalla sala da pranzo.
“Di cosa si
tratta?” mi chiede, appoggiando la schiena al muro del corridoio, le braccia
conserte e il sopracciglio inarcato. La vedo avvicinarsi a me e guardarmi
ancora con sguardo interrogativo.
“Puoi smetterla
di stare così sulla difensiva?” le chiedo, appoggiando le mani sulle sue
spalle, senza che lei protesti.
“Perché dovrei
smetterla?” mi chiede, sbuffando.
“Perché mi fa
male vederti così, Lily, sul serio” vedo i suoi occhi spalancarsi per lo
stupore.
“E a me,
secondo te, non fa male vedere Victoire incinta del padre della mia bambina?”
sospira il suo orgoglio Grifondoro.
“Senti,
Victoire ha... aspetta un attimo, hai detto bambina?” le chiedo, cambiando
discorso e sorridendo.
“Sì, è una
bambina, Ted” vedo un piccolo sorriso apparire sulle sue labbra rosee.
“Non darla in
adozione, Lils, ti prego” la supplico, guardandola in quelle iridi, marroni
come quelle di Ginny e leggermente verdastre come
quelle di Harry.
“Ancora? Non
hai altro da dire?” sbuffa, liberandosi dalle mie mani sulle sue spalle.
“Vic ha avuto...”.
“Lily?” sposto
lo sguardo su ragazzo che mi ha interrotto. L’ho già visto a qualche pranzo di
Natale e a qualche Capodanno e, se non ricordo male, dovrebbe essere il ragazzo
di Rose, “c’è tuo zio George che vuole farti gli auguri... vi ho interrotti?”.
“No” dice Lily,
puntando i suoi occhi dentro i miei, “ne riparliamo dopo, Ted”.
La seguo con lo
sguardo, mentre rientra in sala pranzo, seguita da quello che dovrebbe essere
Malfoy. Devo dirgli tutti, a partire dal bacio fino ad arrivare a quello che è
successo a Vic. Mi avvicino alla porta e mi appoggio allo stipite.
Lily Pov
“Dov’è zio
George?” chiedo a Scorp, rientrando al suo fianco nella sala da pranzo.
Prometto solennemente che dopo andrò da Ted e gli chiederò cosa mi voleva dire,
ma prima penso sia meglio finire di farmi fare gli auguri da tutti.
“Chi?” mi
chiede, voltandosi a guardarmi con i suoi occhi chiari. Trovo strano che non si
sia messo la sua cara cravatta Serpeverde anche per
il mio compleanno. Forse è stata Rose a persuaderlo.
“Zio George. Sei
venuto a chiamarmi perché doveva farmi gli auguri, dov’è?” gli chiedo con
ovvietà, fermandomi.
“Non era vero
niente, volevo soltanto salvarti da una discussione sgradita”.
“D’accordo, lui
è il padre” ammetto, “beh, forse posso anche ringraziarti per avermi portata
via da una discussione sgradita, come la definisci tu”.
“Dovere di
amico” mi sorride beffardo, guardandomi divertito.
“E quand’è che
fai il tuo dovere di fidanzato?” gli chiedo, guardandomi intorno, cercando di
individuare mia cugina, “dov’è Rosie?”.
“E’ là da Al”
risponde, indicandomi mia cugina con la testa.
“E perché tu
non sei da lei?”.
Non ottengo
nessuna risposta, a parte la sorpresa delle sue labbra sulle mie.
Capitolo 21 *** Happy Birthday, Lils - 2nd part ***
Perdonatemi,
perdonatemi, perdonatemi...
Scusatemi se non ho
postato prima, ma sono stata molto occupata con la scuola, la banda e tutto il
resto, quindi non ho avuto sufficiente tempo per scrivere questo capitolo.
Dovevo postare ieri, ma il mio computer ha dei problemi in questo periodo, così
sono stata costretta riscrivere l’intero capitolo. Questa storia non sarà più
una Big DamnTable, perché
non potrei mai riuscire a scrivere cento capitoli. L’ho rinnovata, le ho
cambiato font e, considerando la mia sbadataggine, sono riuscita a cancellare
il capitolo diciassette che vedrò di ripostare il
prima possibile.
Vi chiedo ancora scusa e
non so come fare a ringraziarvi per le sedici recensioni che mi avete lasciato
al capitolo scorso. Siete davvero dolci *-* vi voglio tanto bene *-* e mi siete
mancate - parlo al femminile perché non credo che qualche maschio si
azzarderebbe a seguire una storia del genere - davvero tanto *-*
Se vi piacciono Lily e
Ted, ho postato un’altra storia su di loro, si chiama TwentyHeartbeats ~. Se siete interessate e
volete rendere un’autrice felice, fateci
un salto.
Spero che questo
capitolo sia di vostro gradimento. Giuro che non appena posto, corro subito a
rispondere alle vostre recensioni e a ringraziarvi. Mi raccomando, lasciatemi
un vostro giudizio anche su questo capitolo.
Un bacio enorme per
avermi ridato la voglia di continuare questa storia,
Meli <3
Happy Birthday, Lils -
2nd part
«E quand’è che fai il tuo dovere di fidanzato?» gli chiedo, guardandomi
intorno, cercando di individuare mia cugina. «Dov’è Rosie?»
«E’ là da Al» risponde, indicandomi mia cugina con la testa. Mi volto a
guardarla mentre ride a qualcosa che ha detto mio fratello. Riporto la mia
attenzione su Scorpius.
«E perché tu non sei da lei?»
Non ottengo nessuna risposta, a parte la sorpresa delle sue labbra sulle
mie. Mi stacco immediatamente da lui, poggiando le mani sul suo petto e
allontanandolo da me. Inarco un sopracciglio e lo guardo sorpresa, prima di
correre fuori dalla sala da pranzo.
Scorpius Malfoy mi ha appena baciata. Voglio dire... il ragazzo di mia
cugina, che tra l’altro è anche la mia migliore amica, ha appena baciato me.
Voglio dire... perché diavolo l’ha fatto?
Non faccio in tempo a mettere il piede sul secondo gradino della rampa di
scale per andare al primo piano, che una mano mi afferra il polso e mi
strattona, costringendomi a voltarmi verso la figura dietro di me. Chi potrebbe
mai essere se non il fantomatico ragazzo di mia cugina? Beh, non so se dire ex
fidanzato...
«Sì, Scorpius?» sospiro, mentre lo guardo negli occhi. «Perché diavolo hai
baciato me, invece di mia cugina? Forse ci hai scambiate... siamo entrambe
rosse e molti ci scambiano per sorelle... ma per arrivare a baciare me invece
di lei ce ne vuole.»
«Scusa Lily è che... dovevo farlo» è ufficiale, non ci capisco più niente.
Inarco nuovamente il sopracciglio sinistro e incrocio le braccia sotto al
petto, guardandolo con stupore.
«Potresti spiegarti meglio?» chiedo, cercando di capirci qualcosa anche io.
«Mi hai raccontato che Ted ha baciato Vic e così volevo darti una mano per
ripagarlo con la stessa moneta» beh, non posso che essergli grata, l’unico
problema è che, cercando di aiutare me, forse ha rovinato la sua relazione con
Rose. Spero solo che mia cugina non ci abbia visto, altrimenti ce l’avrà a
morte anche con me, nonostante io non abbia fatto niente.
«Non era necessario, Scorp» sospiro, sedendomi sul primo scalino e vedendo
Scorpius sedersi accanto a me. «E non credo che si sia risolto qualcosa tra me
e Ted. Augurati solo che Rosie non ci abbia visto.»
«Avanti Lily, Ted deve capire che ha sbagliato tutto e penso che questo sia
stato il modo migliore. Poi, è da quando ti ho conosciuta per la prima volta
che non riesco a pensare a nient’altro se non a te.»
«Non puoi esserti innamorato di me!» esclamo, guardandolo shoccata e con la
voce piena di stupore. «Sei fidanzato con Rose, ami lei, non me. Non puoi
essere innamorato di me e soprattutto non puoi dirlo a mia cugina: ci
metteresti l’una contro l’altra e sai com’è fatta Rose! Mi ricordo ancora una
volta ad Hogwarts quando lei usciva con un ragazzo, che alla fine le ha
rivelato di essere uscita con lei soltanto per far ingelosire me. E quella
volta non è stato facile per me farmi perdonare, figurati ora che succede la
stessa cosa con un ragazzo del quale lei è sinceramente innamorata...»
D’accordo, forse sto andando in tilt, ma non voglio che mia cugina mi odi
perché esisto. Rosie è la mia migliore amica da sempre ed essere odiata da lei
solo perché un ragazzo che le piace ha ammesso di essere innamorato di me, mi
farebbe stare molto male.
«E comunque, nonostante il modo in cui Ted si sia comportato, io sono
follemente innamorata di lui. Sarò una stupida, ma lui è il mio Teddy Bear. Mi
ha fatto soffrire con la storia di Vic e tutto il resto, ma io lo amo...» forse
potevo anche risparmiarmelo questo discorso sdolcinato. Mi sembra di vedere,
negli occhi di Scorpius, un piccolo accenno di tristezza. Devo ammetterlo. E’
un ragazzo meraviglioso e se il padre della mia bambina fosse stato lui, non
penso che mi troverei in questa situazione ora. «Mi piaci, Scorp, mi piaci
davvero tanto. Sei una bella persona, seriamente, e, se io non fossi incinta e
tu non fossi fidanzato con mia cugina, giuro che un pensierino su di te lo
farei volentieri.»
Vedo un sorriso far capolino sulle sue labbra, mentre i suoi occhi di
ghiaccio mi scrutano attentamente. «Sai cosa? Ted è davvero uno stupido. Non
capisce niente. Ha conquistato il cuore di una fanciulla meravigliosa, dalla
quale aspetta anche un figlio, ma è come se non se ne rendesse conto. Come se
fosse cieco.»
«Così sarei una fanciulla meravigliosa?» ridacchio, cercando di cambiare
discorso. «Forse perché non mi conosci fino infondo, ma in me, di meraviglioso,
c’è davvero poco. Però, grazie.»
Senza un’idea precisa in testa, mi avvicino a lui e lo abbraccio,
circondandogli il collo con le braccia e poggiando la testa su una sua spalla.
Sento le sue mani circondarmi i fianchi e stringermi a sé, in un abbraccio del
quale avevo davvero bisogno. Beh, la cioccolata è un buon metodo per bilanciare
la carenza d’affetto, ma se hai davanti un bel ragazzo, biondo e meraviglioso, perché
non bilanciare la carenza d’affetto con un bell’abbraccio? D’accordo, forse è
meglio se smetto di pensare, no?
«Senti come scalcia» è l’unica cosa che dice, quando si rompe l’abbraccio.
Mette una mano sulla mia pancia per sentire la piccola. «E’ davvero un
peperino. Secondo me dovresti darle un nome adeguato e che rispecchi il suo
carattere.»
«Ci penserò su» ammetto, sorridendogli. «Vai da Rose, avanti! E spera che
non ci abbia visto.»
Annuisce e si alza, prima di camminare verso la sala da pranzo. Mi manca la
mia cara amica Nutella. Avanti, sta diventando peggio di un’ossessione. Una
vera e propria droga.
«Dai Scorp, pensi realmente che io non vi abbia visto!» ecco l’urlo di mia
cugina. Perfetto, lei ci ha visto e, quasi sicuramente, ci avranno visto tutti
tranne Ted. Fantastico, adesso, prima che mia cugina creda alle mie parole e mi
perdoni ne dovrà passare di tempo. «L’hai baciata!»
«Rosie, aspetta un attimo» perché Scorpius parla sempre così pacatamente e
in modo molto placido? Come diavolo fa a rimanere calmo anche quando la sua
ragazza gli urla in faccia? «Non era un vero bacio...»
«Smetti di dire fandonie! Vai via! Ti odio» mi sporgo con la testa verso il
corridoio, così da poter vedere mia cugina affranta cacciare via uno Scorpius
completamente calmo.
«Rose, ascoltami. Quello che hai visto non era niente, era soltanto un modo
per cercare di far ingelosire Ted. Ho voluto darle una mano per farla pagare a
quell’idiota» mia cugina incrocia le braccia sotto al petto e sembra non
credergli.
«Ne ho abbastanza di tutte le tue cavolate. Ti odio! Vai via!» Rose lo spinge
via, allontanandolo da sé. E’ tutta colpa mia. Tutto questo casino è successo
per colpa mia. Se non avessi ceduto quella notte, se non fossi rimasta incinta,
tutto questo gran casino non sarebbe successo. Vorrei tanto vedere come sarebbe
stata la mia vita se non aspettassi questa bambina. Molto probabilmente non
sarebbe così incasinata, ma forse sarebbe vuota. Ormai questa bambina è parte
della mia vita, nonostante me ne penta, non posso che essere felice di
aspettare un bambino.
«Rosie...»
«Mi fai schifo... vai via» vedo Scorpius che non cerca di ribattere e se ne
va via, incamminandosi verso la porta d’uscita. Dopo pochi secondi posso
sentire la porta sbattere, segno che lui se n’è andato. Sento mia cugina
singhiozzare, ma non ho il coraggio di avvicinarmi a lei. Molto probabilmente caccerebbe
via anche me, come ha fatto con Scorp.
Appoggio la testa al muro e socchiudo gli occhi, mentre mi porto una mano
alla pancia. Non potevo starmene a casa mia quella sera? Avrei risparmiato a
tutti un monte di patimenti inutili e di rotture non programmate.
«Cos’è successo, Rose?» voce troppo familiare.
«Niente, Al» cerca di negare mia cugina, mentre la sento tirare su con il
naso. Non può essere mio fratello, quello che sta consolando Rose. Non può
essere lui. «Sto bene, non è successo niente, stai tranquillo.»
«Allora perché stai piangendo? Hai litigato con Scorp?» mi sporgo
nuovamente quel che basta per vederli, in fondo al corridoio. Vedo mio fratello
asciugarle qualche lacrima che le è caduta sulle guance.
«L’ho mandato via e gli ho detto che lo odio» ammette Rose, mentre si
guarda le scarpe, come se si sentisse in imbarazzo. «Secondo te è finita?»
«Non credo, Rosie» le risponde Albus, mentre le
porta un ciuffo di capelli rossi dietro un orecchio. «Ma ora smetti di
piangere, d’accordo? Sai che fai star male anche me se piangi.»
«Va bene» vedo mia cugina sorridere, prima di fiondarsi tra le braccia di
mio fratello. «Grazie, Al.»
«Sono qui per te, Rosie. Se hai bisogno di qualcuno con cui sfogarti o, che
ne so, qualcuno da prendere a cazzotti, io sono qui apposta» le sussurra in un
orecchio, prima di lasciarle un bacio sui capelli rossi. Voglio dire... mia
cugina e mio fratello. Rose e Albus. Weasley e
Potter.
Li vedo prendersi per mano, prendere i loro rispettivi mantelli e uscire
dalla porta principale della Tana. Mi alzo dal primo scalino sul quale ero
seduta e sospiro, mentre mi passo una mano sugli occhi. Sbuffo, prima di
rientrare nella sala da pranzo.
«Tutto bene, Lily?» mi chiede James, scuotendomi per un braccio.
«Certo» gli rispondo, fingendo un sorriso. «Sai che Al e Rosie sono andati
a farsi un giro insieme? Spero solo che il nostro caro fratellino non pensi di
avere un chance con nostra cugina. Voglio dire... sono cugini, non ci potrà
essere mai niente tra loro.»
«Dici sul serio?» inarco un sopracciglio, guardando piena di stupore il mio
caro fratellone. Sembra che sia appena sceso dalle nuvole, eppure pensavo che
fosse anche lui contrario all’innamoramento di Al per Rose.
«Certo che dico sul serio» rispondo con ovvietà, guardandolo sorpresa.
«Se la pensi così...» se ne va, passandomi di fianco. Capire mio fratello,
a volte, è una vera e propria impresa, peggio che scalare l’Everest.
Scuoto la testa e mi dirigo verso i miei genitori. «Mamma, hai visto Ted?»
«Sì, dovrebbe essere andato di sopra» mi risponde, sorridendomi. «Dov’è Al?»
«L’ho visto uscire con Rose, probabilmente sono andati a farsi un giro.»
«Jamie?»
«Vuoi dire quell’idiota enigmatico che dice cose senza senso e che sembra sempre
che scenda dalle nuvole? Beh, l’ho perso di vista» ammetto, sorridendole. «Perché
ti interessa sapere dove sono?»
«Zio George mi ha detto che sta cercando una persona che lo aiuti in negozio,
così ho pensato subito ad uno di loro due, considerando che Albus
ha avuto dei problemi nell’ultimo periodo con la Gazzetta del Profeta e che
James smetterebbe molto volentieri di prendere lezioni per diventare Auror come papà. Sai che non gli è mai piaciuto quel lavoro
e che la sua indole è molto simile a quella di zio George.» la sua risposta mi
fa accendere una lampadina, come in quei cartoni animati babbani.
«Posso farlo io?» le chiedo istintivamente.
«Cosa?»
«Andare a lavorare in negozio con zio George, Fred e Daisy. Considerando
che quest’anno ho perso un anno di scuola e che non avrò niente da fare fino
alla nascita della bambina, potrei andare io» mi piace come idea, poi ho sempre
desiderato lavorare nel negozio di zio Fred e zio George, con mio cugino Fred e
una ragazza che si chiama Daisy e che lavora lì da sei mesi, circa.
«Proverò a chiedere a tuo zio» sospira, sapendo che quando mi metto in
testa una cosa non mi ferma più nessuno.
Le sorrido e corro fuori da quella stanza, precipitandomi su per le scale,
fino al primo piano. Mi guardo un po’ intorno ed entro nella stanza dove
dormiva mia madre, quando abitava ancora alla Tana. Non essendoci nessuno, esco
e salgo la seconda rampa di scale, fino ad arrivare al secondo piano ed è lì
che noto un cesto di capelli viola, di fronte alle stanza degli zii Fred e
George e a quella di zio Percy.
«Ted...» lo chiamo, mantenendo la voce bassa. Si volta verso di me e mi
sorride, avvicinandosi.
«Qual buon vento?» mi chiede, mentre mi scruta con i suoi occhi scuri e non
riesce a smettere di sorridere.
«Se non sbaglio dovevi finire il discorso di prima, no?»
«Solo dopo che mi avrai spiegato perché Scorpius Malfoy ti ha baciata» non
posso non sorridere a questa affermazione, sapendo già direttamente cosa
rispondergli.
«Beh, per lo stesso motivo per cui Vic ti ha baciato al San Mungo, quando è
nato Peter» ridacchio, prendendo una sua mano in una mia e stringendola. Il suo
calore mi riscalda e mi fa sentire al sicuro. Nonostante tutto quello che è
successo, io l’ho perdonato e non mi interessa se aspetta un figlio da altre
trenta donne, so soltanto che io lo amo. «Cos’è successo alla mia cara
cuginetta, alla quale voglio tanto bene?»
«Ha avuto un aborto, Lily» mi risponde con voce atona, mentre stringe a sua
volta la mia mano. «E mi ha rivelato che non ero io il padre del bambino.»
Qualcuno mi tiri un pizzicotto, credo di star sognando. Voglio dire... non
può essere assolutamente vero. Certo, mi dispiace del fatto che abbia avuto un
aborto, ma sicuramente il fatto che Ted non era il padre non può che rendermi
felice. Gli butto le braccia al collo, abbracciandolo con tutta la forza che ho
e sentendo le sue braccia intorno ai miei fianchi, stringermi a lui.
«Mi dai una seconda occasione per fidarti di me e credermi?» mi sussurra in
un orecchio.
«Sì, ma vedi di non deludermi questa volta» rispondo, sciogliendo l’abbraccio,
ma lasciando le mie braccia intente a circondare il
suo collo. «E andiamoci piano, d’accordo, Teddy Bear?»
«Va bene, Lils.»
E l’unica cosa che percepisco è il bacio che mi da, posando dolcemente le
sue labbra sulle mie.