Popstar Shinystar Delphi Superstar

di SyamTwins
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione: Tokyo ***
Capitolo 2: *** Forza Kilari! ***
Capitolo 3: *** La Nuova Scuola ***
Capitolo 4: *** L'Offerta dell'Agenzia ***
Capitolo 5: *** Riflessioni Notturne ***
Capitolo 6: *** Proposte di Lavoro ***
Capitolo 7: *** Pomeriggio con Amici ***
Capitolo 8: *** Convincere Papà ***
Capitolo 9: *** Sweet Escape ***
Capitolo 10: *** La Canzone Per Non Dimenticare ***
Capitolo 11: *** L'Audizione ***
Capitolo 12: *** Scherzavo ***
Capitolo 13: *** Il Nostro Primo Attimo Non è Significato Niente ***
Capitolo 14: *** Il ricatto nella metro ***
Capitolo 15: *** Fidanzati... per finta! ***
Capitolo 16: *** Mah... Seiji, sei un po' nervoso? ***
Capitolo 17: *** SCLE-RA-TO! ***
Capitolo 18: *** Splendida Follia ***



Capitolo 1
*** Introduzione: Tokyo ***


Mi guardo attorno massaggiandomi le tempie. Davvero bella Tokyo, ma che ci faccio qui? Non capisco bene… forse non ricordo.
Due ragazzi passano e mi fissano. Li fisso anch’io, non con altrettanto interesse. I miei occhi azzurri si stanno perdendo nel vuoto, nel muro di un grattacielo, nelle crepe nel cemento…
Perché sono a Tokyo, davvero, non lo ricordo.
<< Delphi, prendi la tua valigia, su!>>. E’ una voce conosciuta.
Mi giro, sbattendo le ciglia, mettendolo a fuoco, un uomo di mezz’età, occidentale, come me. E io sono Delphi. Fin qui ci siamo.
<< Certo papà, scusami>>, rispondo riscuotendomi, prendo la valigia dal baule dell’auto, insieme alla mia borsa di jeans.
Papà è carico di valige, ancheggia in modo ridicolo per far tintinnare le chiavi appese alla sua cintura, mi fa cenno di prenderle per aprire casa.
Siamo in una zona residenziale, le strade sono stretti reticolati delimitati da cancelli in legno. Getto un altro sguardo, oltre le case, in alto, ai grattacieli, si sente da qui il suono dei clacson. Che caos, mi confonde. << Delphi! Ti senti bene?>>, domanda papà stizzito. Per la seconda volta mi riporta bruscamente alla realtà. Prendo le chiavi e faccio scorrere il pannello di legno che ostruisce il passaggio nella nostra nuova proprietà. Muovo qualche passo nel giardinetto ben curato, con il vialetto bianco al centro, appoggio le valige sul portico ostentando naturalezza, prendo una delle due sole chiavi appese al moschettone, quella da porta blindata, la inserisco nella serratura, mentre mio padre mi raggiunge e posa a sua volta i bagagli a terra. Si appoggia soddisfatto le mani sui fianchi, e mi guarda. Forse aspetta che giri la chiave nella toppa. Non ce la faccio, solo ora capisco davvero cosa significa questo trasferimento, e quel piccolo gesto, aprire quella porta, significherebbe davvero la mia rottura con il passato.
Io non voglio rompere con il passato. Sono ancora innamorata della mia Firenze, della campagna, dell’Italia. Sono ancora legata alla mia splendida cultura, ai miei ricordi. Quattordici anni di vita verranno cancellati con quello stupido gesto, e io non voglio, me ne rendo conto solo ora. Guardo a terra, la mia mano trema. Papà forse capisce, ma non mi consola. Lui è entusiasta del nuovo lavoro, sarà la svolta alla sua carriera, vivremo bene. Lui progetta gioielli ipertecnologici, e dopo aver lavorato allo sviluppo dei touchscreen donando un grande contributo è arrivata quest’offerta che lui non si è sentito di rifiutare. Anzi, che lui ha accettato immediatamente. Non ha pensato certo a me, o forse ha ritenuto che qui mi sarebbe piaciuto, a chi non piacerebbe? Tokyo… la città della musica, dello spettacolo, film, tecnologia, vita sfrenata… la città del divertimento.
Ma io, benché non sia mai stata una secchiona o un’amante della “roba vecchia”, preferisco di gran lunga la mia Firenze, la città dell’Arte e della Cultura.
Tokyo è falsa, mantiene tradizioni che si mescolano con valanghe di trovate per il business e il marketing e questa roba che ha a che fare solo con i soldi. Firenze almeno è una città seria… e… e… Firenze è la mia Firenze e basta. Sento le lacrime pungermi gli occhi.
Papà sbuffa spazientito, mi tira delicatamente da un lato, prende il mio posto, gira la chiave nella toppa e apre la porta scorrevole con un sospiro soddisfatto. Ecco, è fatta.
Appena entrerò in quell’ingresso di parquet il mio passato verrà cancellato con un castello di sabbia viene spazzato via dall’alta marea. Resterà solo la mia lingua totalmente inutile in Giappone e la mia situazione sociale pari a zero che mi complicheranno tutto. Dovrò imparare a scrivere con quei disegnini tutti uguali e a parlare pippirìppippì cin cin, e dovrò sempre ricordarmi di inchinarmi a destra e a sinistra… Stringo i pugni e digrigno involontariamente i denti.
<< Delphi, hai intenzione di rimanere in giardino tutta la notte?>>, domanda ironico mio padre, dall’interno della casa. Io non lo guardo, osservo il cielo sperando che un angelo arrivi ad aiutarmi, ma forse qua in Giappone non ci sono gli angeli, ci saranno draghi e strani rappresentanti mitologici di questa cazzo di religione qua, che non mi importa neanche di sapere come si chiama!
<< Resto qui anche per tutta la vita>>, rispondo a mio padre con voce ferma.
<< Ma la tua camera ti piacerà, ho fatto portare i vecchi mobili, ed è con vista! Ha anche il terrazzo, vedrai che bella>>, tenta di farmela piacere a tutti i costi questa casa. Non capisce niente.
<< La mamma sarebbe molto delusa da te, ti comporti come una bambina…>>, mi fa notare papà.
Usa la carta della mamma per convincermi, ma io so come vincere il nostro match personale.
Potrei sbalordirlo con una delle mie risposte acide, ma mi siedo sul gradone del portico, volgendogli le spalle, alzo il mento altezzosa e taccio. Sento i suoi passi sul parquet che si allontanano verso l’interno della casa.
Chissà, potrebbe anche piacermi… no ma che dico, che stupida, la detesterò questa casa. Ecco, l’aria malsana e puzzolente di cane fritto del Giappone mi sta già fondendo il cervello. A parte che a pensarci qui l’aria non sa di cane fritto, ma di pesche e ciliegie.
Sento due voci di ragazze che parlano fitto e mi chiedo in quale universo papà ha potuto sperare che io imparassi questa cavolo di lingua. Le vedo passare, avendo lasciato il pannello-cancello aperto, si voltano a guardarmi, passano oltre.
Ma che dite, che dite!?! Parlate di ragazzi, di musica? E’ un concerto a cui andrete stasera, non è così? Parlavate di questo, dev’essere per forza in questo modo. O forse stavate dicendo che vi siete comprate della roba fantastica questo pomeriggio, e che la maglietta nera risalta le vostre forme, giusto?
Ma chi diavolo prendo in giro? Emetto un breve sospiro, e mi domando se cambierà qualcosa in fondo passare la mia vita sotto un portico in giardino o in una casa. Farà schifo lo stesso.
Mi alzo lentamente, prendo la mia valigia ed entro nella nuova abitazione.
E’ divisa in tre stanze al pianterreno. Mi ritrovo in un ingresso-salotto già arredato, con delle scale che salgono al piano superiore. Da entrambi i lati c’è una porta,a destra dà sulla cucina, a sinistra sulla sala. Salgo le scale trascinandomi la valigia svogliatamente. Mi ritrovo ora in un corridoio stretto pieno di porte. Una è aperta, sento mio padre ansimare per la fatica degli spostamenti delle valige, credo. Allora sarà la sua stanza, probabilmente. Apro tutte le stanze una ad una.
Lo studio di papà, il suo bagno, lo sgabuzzino, e finalmente trovo la mia camera. Entro, e noto che tutte le mie cose, compresi letto, armadio, scrivania completamente in legno scandinavo (che giro di parole, per dire che li ho presi all’IKEA)sono al loro posto, e in un angolo ritrovo anche stereo e custodia del netbook (con il netbook dentro, si spera).
Non è male, non fosse che questi giapponesi hanno la mania di ricoprire ogni superficie piana con il parquet, accidenti, sembra una sala da ballo così!
Non ho molto vestiti, per fortuna, il che significa che in mezz’ora avrò sistemato tutto.
Mi sono accorta solo ora di quella porta, dev’essere il mio bagno personale. Non avevo mai avuto il bagno personale, ma papà mi aveva detto che la casa che aveva scelto per noi ne aveva uno tutto per me.
Apro la valigia sul letto, e comincio a tirare fuori i miei abiti. Nell’operazione tocco qualcosa di freddo e rigido, che mi fa venire un’improvvisa voglia di tuffare ancor più dentro le mani e prenderlo. Le mie dita si stringono attorno ad una cornice, sotto la mia felpa nera, e con cautela la sollevo.
E’ la foto con la mamma. Ci sono anch’io, che avrò sì e no cinque anni. Ero già grandicella, e nonostante tutto quella foto è l’unico ricordo che ho di lei. E’ un vero peccato che io abbia una memoria così pessima, mi sarebbe piaciuto ricordarmela,e avere storie interessanti con lei su cui rimuginare prima di addormentarmi, ma papà non me ne parla mai. Io so che si amavano tantissimo, se fosse stato per loro non si sarebbero lasciati mai… che sfortuna, proprio quando vorresti che le cose durassero per sempre ti vengono portate via.
Appoggio la cornice sul comodino, sorrido e torno alla mia mansione. Io non soffro la mancanza della mamma non ricordandola, e papà si è sempre impegnato per sostituirsi a lei; forse sbaglio a essere così dura con lui, se per una volta nella vita vuole dedicarsi a sé stesso io glielo devo. Ma questo è davvero troppo difficile, significa cambiare la mia vita.
Una volta sistemati i miei vestiti nell’armadio vado in bagno a darmi una rinfrescata, togliendomi i vestiti sporchi.
Mi guardo allo specchio, e noto ancora una volta come sono ridotta male. Io sono una ragazza bella, lo ammetto. Ho lunghi e morbidi riccioli biondi, un viso ovale liscio, grandi occhi azzurri da cerbiatto naso dritto e labbra simmetriche. E inoltre sono alta.
Ma la tensione mi fa corrugare la fronte e mi marca eccessivamente le rughe d’espressione intorno alla bocca, mi fa sembrare malaticcia, e i miei capelli cominciano a ungersi. Ci vorrebbe una bella doccia, peccato che mi manchino tutti i vari saponi... e poi… poi il fuso mi distrugge. Qua è sera, ma sono due giorni che dormo a orari improbabili e ho perso la bussola. E’ appena tramontato il sole, e io già mi sento gli occhi pesanti. Mi stendo sul letto, a pancia in giù, emettendo un gorgoglio di piacere nel sentire la morbidezza del materasso a cullarmi. Fortunatamente niente parquet su questa superficie piana, grazie giapponesi per averla risparmiata. A poco a poco mi abbandono all’oblio, chiudo gli occhi e…

Un raggio di sole mi bacia la schiena… ho dormito tutta la notte senza neanche il pigiama, da quanto ero stanca mi sono addormentata subito. Fortuna che siamo in estate o mi sarei presa la bronchite. Mi metto a sedere e mi stiracchio, vado in bagno a lavarmi, arrangiando una doccia senza shampoo e bagnoschiuma, mi avvolgo nel mio vecchio asciugamano e poi vado ad aprire l’armadio cercando dei vestiti puliti. Mi siedo sul letto per indossarli, poi infilo le sneakers, e scendo in cucina, ho un certo languorino.
Beh, se la mia vita in Giappone consistesse solo in questo sarebbe bellissimo, ma purtroppo dovrò fare un sacco di altre cose, compreso imparare la lingua. Di tutti gli ostacoli da superare questo è il più spaventoso in assoluto. Un brivido mi percorre la schiena mentre varco la soglia della cucina. Papà mi sorride, e mi dice qualcosa in giapponese.
<< Che? No, ti prego, non metterla sul piano del gioco, quello è per lattanti, e poi non c’è niente di divertente.
<< Scusa tesoro, ti ho solo augurato il buon giorno in giapponese, prova a ripeterlo con me…>>.
<< ALT!>>, lo fermo prima che possa continuare. << Senti questo giapponese: tazzushi lattushi e cerealesan!>>.
Lui ridacchia:<< Ecco qui la colazione, tutta roba italiana, tranquilla>>, mi porge la tazza e i cereali.
<< Arigatò>>, rispondo.
<< Farò finta che tu l’abbia pronunciato correttamente>>, mi sorride.
<< Che palle>>, lo liquido. Starà sicuramente pensando a quanto sono difficili le adolescenti, non lo capisce che è lui quello difficile.
<< Che vuoi fare di bello oggi? Che visitiamo? Vuoi fare shopping?>>, mi chiede. Io lo guardo sconcertata.
<< Credo che starò al pc, sperando che i server di Tokyo trasmettano anche i siti italiani>>, rispondo.
<< COSA?! Andiamo, puoi fare shopping a Tokyo e preferisci startene sola soletta al computer?>>, esclama mio padre facendo gli occhi a cucciolo.
<< Ehm, se l’alternativa è in compagnia con te, opto per il “sola soletta”>>, rispondo strafogandomi di cereali.
<< Ti prego!!!>>.
<< E va bene, ma voi padri siete dei rottori!!!>>, sbuffo infine.
Mezz’ora dopo siamo già pronti a uscire, io con la faccia alla “vi prego sparatemi” lui con la faccia alla “vi prego, ditemi che non è un sogno”. Patetici, vero?
Ci chiudiamo la porta e il cancello-pannello alle spalle e ci ritroviamo nella stratta stradina labirintica oppressa dai muri di legno, il genere di posto dove un claustrofobico scapperebbe urlando, piangendo e strappandosi i capelli.
Ci avviamo incrociando di tanto in tanto qualche passante incuriosito dai nostri tratti occidentali, gruppi di ragazze che stranamente mi guardano con invidia. E’ così bello qui un occidentale? Perfino mio padre? Scoppio a ridere da sola, e lui mi guarda interrogativo. Io gli faccio cenno di lasciar perdere mentre ancora mi sto torcendo in due dallo spasso.
Mio padre non può essere bello, non è pensabile. E’ un esserino magro con i capelli biondicci lunghi fino alle spalle, una corta barba spinosa, occhi azzurri stanchi e contornati da zampe di gallina e si cominciano a vedere i segni del tempo… ormai ha quasi cinquant’anni, il furbastro.
Prendiamo un autobus e ci sediamo accanto ad una vecchietta con i capelli bianchi tirati su in una stretta crocchia. Mi fissa e poi mi dice qualcosa, ha le palpebre così cascanti che non sembra neppure che abbia gli occhi aperti. Papà risponde compiaciuto, e io incrocio gli occhi confusi.
<< Papà, ma che dice questa vecchietta?>>, domandò sconcertata.
<< Dice che hai dei capelli bellissimi e che qui non ne vede mai ragazze con un colore così luminoso>>, mi risponde lui orgoglioso.
Arrossisco e tutto ciò che mi viene in mente di fare per ringraziarla è un inchino. La nonnetta sorride. Papà parla bene il giapponese, se l’ha imparato lui a quarant’anni posso farcela anch’io a quattordici.
La scuola comincerà ad ottobre per me, prima d’allora dovrò imparare velocemente uno straccio di lingua e anche a leggere quelle zampe di scarafaggio secche che usano per scrivere.
Infatti ho notato che a vederle da lontano sembrano orride zampette e antenne di scarabei stercorari e altri insetti disgustosi. Papà al contrario sostiene che da lontano gli sembrano tanti piccoli fotogrammi di vita… credo d’aver afferrato il punto, l’ho letto dietro i suoi occhi azzurri. Ha studiato giapponese con la mamma, anche se lei era già all’ospedale. Rivede tutti i bei momenti legati a quegli idiomi.
Praticamente è un’offesa alla mamma se ci si pensa bene. Lui si ricorda di lei osservando delle zampe di insetto, non c’è niente di romantico in tutto ciò. In che modo la mamma può ricordargli uno scarafaggio, che schifo!
Mi trascina in un negozio, e mi sussurra compiaciuto in un orecchio:<< Delphi, ti compro quello che vuoi se però parli tu con la commessa>>.
Getto uno sguardo distaccato agli abiti, senza dar segno di apprezzarli, anche se in realtà li trovo tutti bellissimi:<< Papà, questo negozio non mi piace>>, dico, mi giro ed esco.
Sento una mano calda e ruvida avvolgersi intorno al mio polso, la mano di papà. Stringo i pugni cacciando indietro le lacrime, e sento che anche lui stringe le sue, lo percepisco dalla forza con cui mi chiude il polso in una morsa serrata.
<< MI-FAI-MALE>>, dico, ma la mia voce rotta dal pianto non dà l’effetto desiderato. Sembro solo una bambina patetica.
<< Spiegami qual è il tuo problema>>, mi dice digrignando i denti. Allenta la presa, io mi divincolo ed esco. Papà mi segue, mi si para davanti con il suo sguardo che non ammette repliche. Sono in trappola, richiusa in una scatola fatta di grattacieli e padri infuriati. Una scatola chiusa dal cielo.
Qui il cielo per quanto azzurro non mi darà mai il senso di libertà che mi dava a Firenze, io sono in trappola! << Guardami quando ti parlo>>, dice mio padre. Io continuo ad ignorarlo.
<< Accidenti ma mi spieghi per quale motivo fai così? Non l’hai mai fatto, cazzo!>>, si arrabbia. E dice anche una parolaccia, una cosa che non è da lui, che vuole sempre darmi il buon esempio.
<< Ma ti sei guardato attorno? Questo non è il mio ambiente, questa non è la mia vita e la mia cultura! Io qua ci sto come il cavolo a merenda, e non mi piace, mi disgusta, mi fa girare la testa! E non l’ho scelto io, papà!>>, scoppio a piangere. Potrei dire davvero quello che mi passa per la testa, ma sono una stupida e riesco solo a lamentarmi pateticamente. Papà è arrabbiato, non è impietosito certamente dalla mia scenetta del cavolo.
<< Ti manca la città in cui sei vissuta finora, ma sei brava e sei portata per le lingue straniere, vedrai che andrà benissimo e ti ambienterai… Guardati bene intorno, è tutto bellissimo!>>, mi dice. Io non rispondo, resto a pugni serrati, senza guardarlo negli occhi.
<< Adesso, Delphi, io vado a prendere qualcosa da bere, fa davvero caldo, tu aspettami in quel parco>>; mi dice papà e si allontana. Dalla parte opposta della strada c’ un piccolo giardinetto pubblico pieno d’alberi. Attraverso attentamente e una volta arrivata nei pressi del parco do un’occhiata ai passanti, li studio.
Ci sono alcune vecchiette, gruppetti di amiche che starnazzano come oche, coppiette felici.
Voglio qualcuno che sia da solo e che magari abbia meno di ottant’anni. Non so perché, voglio condividere tutto il mio disprezzo per come va la vita con qualcuno altrettanto sfigato. INDIVIDUATO!
E’ seduto da solo su una panchina lontana, sotto l’ombra di un albero, ascolta la musica all’mp3. Chissà, forse ci vuole stare da solo, è fiero di essere un emarginato e di una stupida come me non gli importa. Ha sui sedici anni, capelli neri, occhi a mandorla, sono tutti uguali; però lui sembra diverso.
Al limite, se lo infastidisco, si alzerà e si troverà un’altra panchina, no?
Sono incerta se sedermi accanto a lui o no, poi decido che sì, mi siedo. Lo raggiungo lentamente, e con naturalezza mi accomodo sulla panchina, a debita distanza dal suo corpo, non vorrei pensasse che sono invadente. Appoggio i gomiti sulle ginocchia, mi reggo la testa con le mani e sbuffo, papà ci mette un sacco. Il ragazzo accanto a me si volta lentamente, mi osserva, poi si alza e si incammina altrove. Sospiro, stavolta non per mio padre, che sta arrivando con due bibite in mano. Mi si siede accanto:<< Non è fantastico questo posto?>>, mi domanda raggiante.
<< Sì, una forza, yuppy>>, rispondo con voce incolore. Mi porge la bibita e inizia a succhiare la sua rumorosamente con una stretta cannuccia verde fluo, e mio malgrado lo imito.
Se Dio esiste, mi salvi…

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Capitolo 2
*** Forza Kilari! ***


Da tre settimane ormai vivo a Tokyo. Da una settimana con mio padre alterno momenti di solidarietà a momenti in cui mi dovrei vergognare dei pensieri su cui medito.
Mi sento vuota. Hai presente la nutella? Buona la nutella! E finisce che nel giro di poco resta solo un barattolo vuoto con le pareti interne sporche dei rimasugli di crema al cioccolato.
Sono un barattolo vuoto sporco di ricordi.
Mi ritrovo ancora una volta in questa piazzetta che non ha nulla da dire, se non grattacielo a destra, grattacielo a sinistra. Al centro della piazza c’è una grande fioriera con dei bonsai, contornata di un muretto di terracotta su cui la gente si siede. In alto, sulla facciata di un grattacielo, c’è uno stupido schermo al plasma che trasmette pubblicità flashanti. Do uno sguardo all’orologio che porto al polso, sedendomi sul bordo della grande fioriera: sono le nove di sera. Lo schermo annuncia che tra poco ci sarà un evento importante,e benché mi impegni a imparare la lingua mi risulta ancora difficile capire tutto.
Il volume è altissimo, mi sfonda i timpani. Nella piazzetta si sta formando la calca di teenager, sicuramente l’evento televisivo riguarderà uno di quegli Idol, il culto degli adolescenti giapponesi, ragazzini prodigio del mondo dello spettacolo, tutte trovate bimbo minchia per fare soldi.
La trasmissione comincia, e io neanche gli do importanza, tiro fuori il mio cellulare ipertecnologico, un modello che papà ha creato esclusivamente per me, e inizio a navigare in rete. I motori di ricerca giapponesi sono intasati da migliaia di pubblicità. Tento di leggere gli idiomi: Concorso per il miglior Artista dell’anno, il Nocho Ot Idol – Fubuki e Kilari si scontreranno per l’ultima sfida questa sera alle 21.05.
Oh, allora è questo l’evento tanto atteso, un concorso. Chiudo tutte le finestre della pubblicità e spengo mio malgrado il cellulare. Non saprei che farci.
Guardo il maxischermo, in alto, più per disperazione che per altro.
Il programma inizia, la piazza si mette ad applaudire, io guardo pensierosa il conduttore con le folte sopracciglia che annuncia Fubuki Otoudo a cantare. Il Cuore di una Star, ecco il nome della canzone che a sentire il conduttore, la stessa Fubuki ha composto. E’ accompagnata da altri due Idol che mi entusiasmano come solo un sasso di fiume potrebbe fare. FALSI FALSI FALSI. Non mi è piaciuta affatto l’esibizione, e le parole, per quante ne ho comprese, facevano schifo. Cosa applaudite, voi tutti in piazza? Sembrate scimmie, ragionate con la vostra testa!
Prendo quasi spavento quando sullo schermo appare tra il fumo la seconda artista, Kilari Tsukishima. Sembra più simpatica ed è emozionatissima.
<< Buonasera… ehm… la canzone che tra pochi secondi ascolterete l’ho scritta pensando al ragazzo di cui mi sono da poco innamorata!>>, comincia la frase impacciata, e finisce con un sorriso entusiasta. La folla scoppia in un boato. Io la trovavo molto dolce e vera, indubbiamente voterei lei.
Il pubblico esclama:<< E’ solo una finzione!>>.
Kilari in tv sgrana gli occhi impacciata:<< Hey, ascoltatemi, ho solo 14 anni, non mi ero mai innamorata di un ragazzo prima d’ora, si tratta di un amore non corrisposto!>>, esclama arrossendo.
<< Non è vero! Una ragazza così carina ha sicuramente un fidanzato!>>, dice una voce tra il pubblico.
Kilari in primo piano si fa seria, e io la guardo rapita. Che mi succede, non me n’è mai fregato niente di questa gente famosa!
<< E’ la verità>>, dice Kilari. << Il ragazzo che mi piace purtroppo non contraccambia i miei sentimenti… se l’aveste provato, allora potreste capirmi. Si chiama Fuoco d’Artificio, e questo è il titolo della mia canzone!>>, conclude chiudendo gli occhi. Ora la piazzetta è ammutolita, guardano tutti in alto il maxischermo senza dire una parola. La musica parte.
Che triste, stasera, lontano da te… il giusto distacco dov’è… dov’è? Purtroppo e senza un perché, è la luce nel buio più fitto che c’è, qualcosa nell’aria, qualcosa di te, che mi trascina via con sé, mmm… come un grande fuoco d’artificio che riempie il mio cuore e l’oscurità, che importa quanto durerà! Si espande dovunque, confini non ha, e so bene che mi travolgerà! Qualcosa nell’aria, qualcosa di te, che importa quanto durerà; adesso è presente, sempre qui con me….
Sono rimasta ammutolita, come tutti nel sentire la voce stupenda di Kilari, e la sua canzone bellissima. Prendo il cellulare e inizio a digitare il codice del televoto, cosa che non ho mai fatto in vita mia.
Ma Kilari merita di vincere, è stata vera e sincera, non come quella Fubuki.
Invio il messaggio, e mi metto ad attendere con trepidazione il momento in cui verrà comunicato l’esito delle votazioni.
Non so spiegarmi perché, forse il motivo è semplicemente che mi sto annoiando e preferisco addirittura stare dietro a questo concorsi stupidi pur di fare qualcosa. O forse Kilari mi è davvero piaciuta molto. Ecco che comunicano la vincitrice; Sul tabellone le colonne si voti fanno si rincorrono, fanno a gara a chi sale più su… E quando la colonna blu di Fubuki si ferma, quella rosa di Kilari sale ancora un po’. Sorrido soddisfatta, mio malgrado coinvolta dalla gara.
Sul maxischermo c’è un primo piano di Fubuki che cade a terra stringendo i pugni, non accetta la sconfitta. Kilari la osserva, poi si sfila il mantello della vittoria e glielo posa sulle spalle:<< Fubuki, secondo me siamo entrambi vincitrici… tu hai molto più talento di me, ma io ho molti pregi che tu non hai. Per esempio io sono sempre me stessa, e cerco di comunicare agli altri la mia semplicità>>, sorride la ragazzina. Fubuki rimane interdetta, come tutti. Come me. Kilari è stupenda, non c’è ombra di dubbio… voglio diventare anch’io come lei, in fondo recitare è sempre stata la mia passione segreta. Mi arriva un messaggino, è di papà, mi chiede a che ora ho intenzione di tornare, perché domani dovrò svegliarmi presto… GIUSTO! Domani è il primo giorno nella nuova scuola… papà onde evitarmi episodi spiacevoli mi ha iscritto a una scuola per figli di papà, un esclusivo istituto a indirizzo artistico, e credo che dopo la giornata di domani mi butterò da un grattacielo… la difficoltà sta solo nello scegliere quale, ce ne sono così tanti a Tokyo!
Mi alzo e mi incammino verso casa.
Una volta arrivata le strade sono illuminate solo dalla luce soffusa dei lampioni. Faccio scorrere il cancello ed entro in giardino. Papà mi aspetta sulla sedia a dondolo del portico. Sta leggendo un giornale, alza appena lo sguardo, poi torna a fissare le scritte.
<< Scusa papà>>, dico un po’ imbarazzata. Sono le 23.00.
<< Figurati! Significa che Tokyo comincia a piacerti se ti attardi tanto!>>, risponde lui.
<< Ecco, a proposito, mi faresti diventare un’Idol?>>, domando tutto d’un fiato. Lui alza lo sguardo confuso.
<< Puoi ripetere? Hai parlato talmente veloce che non ho capito niente>>, mi dice papà.
<< No niente… >>, sussurro e scappo su in camera mia. Appena entro scappo in bagno a prepararmi. Indosso il pigiama e poi controllo che sia tutto a posto. La divisa scolastica è sulla sedia, lo zaino è pronto, la sveglia l’ho già caricata. Prendo Twilight sul mio comodino e inizio a leggere dal punto in cui ero rimasta la sera prima; ho sempre amato leggere, e allora perché stasera non riesco a concentrarmi? Richiudo il libro e prendo carta e penna, e inizio a disegnarmi versione popstar… voglio essere come Kilari ad ogni costo, sarebbe bellissimo. Già, bello e impossibile. Mi distendo sul letto, spengo la luce della lampadina, dico le mie solite preghiere della sera, poi chiudo gli occhi. Non riesco a dormire. Ho migliaia di pensieri per la testa, la nuova scuola, la lingua, l’algebra… sì sono una stupida a inserire l’algebra trai miei problemi peggiori, ma è così, non l’ho mai capita e si dice in giro che i Giapponesi siano maniaci della perfezione e secchioni… sarò l’unica stupida che prenderà “F” ai compiti di matematica! No, non posso sopportarlo! Almeno nella mia vecchia scuola i quattro piovevano come la pioggia e potevamo compatirci a vicenda… Sbadiglio come un ippopotamo, le palpebre mi calano, ma quando ho tanti pensieri che mi frullano in testa mi è impossibile addormentarmi. O forse no…

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Capitolo 3
*** La Nuova Scuola ***


La sveglia suona con quel motivetto elettronico tutto uguale alla ti-scasso-le-palle-finchè-non-ti-alzi. Giuro che domani metto la sveglia nel cellulare! Con una manata secca spacco la sveglia lasciando un ammasso di ingranaggi e pezzi di alluminio accartocciato sul comodino. Ho una forza spropositata, ma questo è proprio strano. Mi metto a sedere sul letto e fisso il rottame sul mio tavolino, grattandomi il petto e biascicando per il sonno, gli occhi sono gonfi come quelli d’una talpa… mi vedo nel riflesso della foto di mamma, ho i capelli tutti arruffati e le occhiaie, comincerò la mia carriera scolastica conciata come un’alcolista anonima se non mi sbrigo a fare la doccia. Mi getto insonnolita sotto la doccia. Emetto un grido, l’acqua gelida mi sveglia totalmente. Mi accorgo solo ora di essermi infilata sotto l’acqua con il pigiama.
Scoppio a piangere dalla frustrazione, spengo l’acqua come una furia e mi libero con altrettanta rabbia dei miei vestiti bagnati. Li strizzo facendo uscire due litri d’acqua gelida e poi li butto nel cesto dei panni sporchi. Mi appoggio alla parete della doccia e scivolo giù a sedere. Non mi sento affatto riposata. La mia bocca è piegata in un ghigno, non respiro. Il mio pianto è più un singhiozzare convulso privo di lacrime, mi devo riprendere, e rilassarmi. Apro l’acqua stavolta calda. E mi abbandono allo scrosciare dell’acqua. Apro i vari flaconi… il bagnoschiuma e lo shampoo che ho comprato sono molto strani, ma anche profumatissimi. Sono a forma di gatto e di porcellino e c’è scritto sotto la marca il gusto e degli indovinelli a cui rispondere. << Delphi?!>>, è mio padre dalla cucina, sarà preoccupato perché ci metto tanto. Esco dalla doccia avvolgendomi nell’accappatoio, e comincio ad aprire i flaconi delle creme corpo… eh sì, il mio primo giorno di scuola, e anche se detesterò tutti uno ad uno do loro il permesso di adorarmi. No a parte gli scherzi, voglio apparire al meglio, magari c’è anche un bel ragazzo che sa parlare bene l’inglese, in modo che io non faccia figuracce, e potrebbe nascere una coinvolgente storia d’amore! Sto andando di nuovo fuori tema, vero? Uhf… Mi vesto, do un colpo di phon ai miei capelli , afferro la cartella, il telefono e mi precipito fuori dalla stanza a rotta di collo.
Papà è in cucina che sorseggia il suo latte scribacchiando qualche schema su un foglietto. << Papà…>>, lo saluto, prendo la tazza con i cereali e inizio a mangiare.
<< Delphi, hai preso tutto?>>, mi chiede.
<< Cetto papà!>>, rispondo con la bocca piena di cereali. Lui fa una faccia disgustata, e io inghiottisco arrossendo.
<< Cos’ è questo profumo?>>, domanda annusando l’aria,sospettoso.
<< E’ solo il nuovo shampoo>>. Sì, ma mescolato con altri duecento saponi, profumi e creme varie.
<< Attenta a non fare strage di cuori>>; sorride, ma io so che è preoccupato per me.
<< Non ho intenzione di avere rapporti sessuali prima dei sedici anni e mezzo>>, lo tranquillizzo. Lui sgrana gli occhi, forse non è abituato a sentirmi dire certe cose. Io ignoro la sua reazione e metto la tazza a lavare, poi corro su per lavarmi i denti.
Quando torno al pianoterra papà è pronto a farmi inforcare lo zaino, mi da un bacio sulla testa, una pacca sulla spalla:<< Sei una grande, vedrai che ce la fai!>>. Sorrido e esco di casa.
E’ ancora presto ma io devo prendere l’autobus che porta alla mia nuova scuola. Arrivo alla fermata per un soffio, monto sul mezzo e mi siedo su un posto solitario. Ci sono altre due ragazzine con una divisa diversa dalla mia che parlano fitto fitto tra di loro. Mi metto a fissarle rapita, e per poco non perdo la fermata. Scendo davanti alla scuola, già piena di studenti e mi avvio all’interno del giardino. Mi guardo attorno confusa dal chiacchiericcio dei ragazzi.
Il cortile della scuola è più una sorta di parco… ci sono alberi aiuole, grandi prati, e l’edificio scolastico è moderno e curato. Forse non sarà poi male stare qui, e i ragazzi sono davvero carini… a parte quel ciccione con la bocca da merluzzo che mi ha adocchiato e… oh no! Viene verso di me!
<< Ciao, nuova di qui?>>, è pressappoco ciò che mi dice. Io lo guardo scioccata:<< Ssssì>>, rispondo con voce stridula.
<< Come scusa?>>, mi domanda. Non mi sono neanche resa conto di aver parlato in italiano. Mi giro presa alla sprovvista, rossa dalla testa ai piedi e inizio a correre, senza neanche sapere dove vado. Volto la testa per vedere se quel ciccione mi segue, fortunatamente è rimasto lì con la sua aria da scemo. Emette un ghigno divertito; che hai da sorridere così, faccia di merluzzo?, vorrei chiedergli. AAAAAAAHI! Credo di aver capito cosa lo divertiva tanto! Sono per terra a gambe all’aria, dopo aver sbattuto contro un ragazzo, anche lui a terra adesso.
<< Ahahah! Attenta>>, riconosco la voce. Alzo lo sguardo e vedo Kilari Tsukishima in persona, in piedi davanti a me, accanto ad un altro ragazzo moro che sta ridendo molto divertito. A terra con me c’è un ragazzo biondo, che dopo un attimo di smarrimento sul suo volto da angelo scoppia a ridere anche lui.
Mi alzo in piedi come una saetta e comincio a inchinarmi a destra e a manca ripetendo di scusarmi.
<< Hey, non c’è problema!>>, mi tranquillizza il moro, e io arrossisco.
<< Tu sei Kilari, vero?>>, chiedo alla ragazza. << Ti ho votato ieri sera>>, concludo.
<< Oh, grazie mille!>>, sorride lei raggiante.
<< Io invece sono Hiroto e lui è Seiji>>, dice il moro indicando poi il ragazzo biondo che ho trascinato a terra.
<< Piacere di conoscervi, io mi chiamo Delphi>>, rispondo inchinandomi un’altra volta.
<< Delphi? Bel nome… ma tu non sei di qui, hai uno strano accento!>>, dice Kilari.
<< Sono italiana…>>, rispondo arrossendo. Seiji non ha ancora detto nulla; si limita a sorridere e a guardarmi di tanto in tanto, cercando di non farsi vedere da me.
<< Italiana? Che bello! Sai che parli molto bene il giapponese per essere straniera? Io personalmente non riuscirei mai a imparare l’italiano…>>, disse Kilari tutto d’un fiato.
<< NA!>>, lo noto solo ora il gattino sulla spalla di Kilari. Le ha rifilato una zampata in testa lasciandola distesa al suolo. Si rialza spolverando il vestito:<< Per fortuna che ogni volta che comincio a parlare a raffica c’è il mio gattino Na-San a riportarmi alla realtà!>>, sorride. Io sono un po’ sconcertata.
<< In che classe sei?>>, mi chiede Hiroto.
<< Seconda B>>, rispondo.
<< Ma è incredibile! E’ la stessa classe di Kilari!>>, esclama Hiroto.
<< Vedrai che diventeremo ottime amiche!>>, sorride la ragazza. << Ooops… la campanella, andiamo!>>, esclama, prendendomi sotto braccio e correndo via. Ride di gusto, mentre io sono un po’ rintronata dalla strana campanella che sembra piuttosto il suono di un campanile.
Facciamo il nostro ingresso in classe, e tutti applaudiscono. Arrossisco, appena prima di capire che non sono rivolti a me, ma alla vincitrice del Moch Ot Idol, che saluta tutti con un sorriso imbarazzato.
Mi siedo in uno dei posti liberi in fondo alla classe, mentre il professore entra e annuncia alla classe:<< Oggi abbiamo una nuova compagna, Delphi Galardi!>>.
<< Benvenuta Delphi!>>; la classe esplode in un boato, io sorrido cordiale per non fare cattive impressioni.
<< Ma che carina!!>>.
<< E hai visto i capelli? Sembrano oro!>>.
<< Ragazzi che occhi!>>, esclama qualcun altro. Io arrossisco violentemente, il ragazzo accanto a me sfodera un sorriso a trentadue denti, e io mi trovo a emettere un risolino impacciato.
<< E adesso tirate fuori i libri di algebra>>, dice il professore. NOOOOOOOOOOOOO!!!!!! DEPRESSIONE!!!! Perché proprio algebra? Non potevamo cominciare con inglese, una lingua che conosco come se la parlassi da sempre? Ma mi sarei accontentata anche del giapponese… tutto è meglio di algebra.
<< Perché quella faccia?>>, mi domanda il mio compagno di banco a bassa voce, avvicinandosi pericolosamente alla mia spalla. Lo fulmino con lo sguardo e si allontana impercettibilmente… sarà una giornata davvero pesante!

Dopo l’ora di algebra c’era inglese, materie che qua viene insegnata più duramente che in Italia. Il professore è molto compiaciuto della mia conoscenza della lingua… i commenti su di me si fanno sentire di tanto in tanto.
<< Guardala che carina quando è concentrata a scrivere…>>, mormora qualcuno sognante. Allora alzo gli occhi interrogativa e si girano imbarazzati.
Io mi sono sempre trovata bella, ma nella vecchia scuola che io sappia non piacevo a nessuno… i miei amici maschi mi trovavano bella, ma non sono mai stata fidanzata, e non ho mai neppure baciato un ragazzo. Non ho fretta, io lo so di essere bella, non sarà un bacio a dimostrarmelo, voglio la persona giusta. Chissà se la troverò proprio in questa scuola…
Vengo riportata alla realtà da una domanda del professore:<< Mi scusi, non ho ben capito>>, dico.
<< Certo, capisco, hai il problema della lingua, fai anche troppo>>, dice sorridendo imbarazzato. Oh no!. Sembra che anche lui voglia fare colpo, che cosa ridicola!
Rispondo alla sua domanda e lui sorride compiaciuto… finalmente suona la campanella dell’intervallo, e intorno al mio banco si forma una montagna di ragazzi e ragazze curiose.
<< Oh, ciao caraaaaaaaaa!>>, trilla una ragazza con due lunghe code. << Sono Erina, sono un’Idol, la mia canzone You Can Fly è al diciottesimo posto in classifica!>>, esclama ridendo. Che impertinente, ma io faccio buon viso a cattivo gioco:<< Davvero?? C’è da immaginarselo che una ragazza come te abbia tanto successo…. Sono sicura che se ascoltassi la radio ti sentirei nominare più spesso, ma purtroppo non lo faccio, perciò non conosco la tua canzone… ma sono sicura che è ugualmente bellissima!>>, sorrido. Questa è meglio tenersela in grazie o mi ostacolerà. Erina va via ridendo di gusto.
Kilari mi sorride:<< Vedi, ti vogliono già tutti molto bene!>>, sorride, e non posso fare a meno di ricambiare. Qualcuno mi posa la mano sulla spalla, mi riempiono di domande, ma io non posso fare a meno di guardare chi sta entrando nella nostra classe… sono i due ragazzi che erano prima in compagnia di Kilari.
<< Kilari ha chiamato il Presidente, ci vuole da lui oggi pomeriggio>>; dice Hiroto, e Kilari corre da lui. Si vede dal loro sguardo che si amano, eppure… non lo capisce nessun altro? Evidentemente non lo capiscono neanche loro visto che si stanno ad un metro di distanza per l’imbarazzo. Mi viene da sorridere.
<< Allora Delphi, come ti trovi?>>, mi volto lentamente a guardare il mio interlocutore.
<< Sei Seiji, vero?>>, domando. E’ la prima volta che lo sento parlare e non posso fare a meno di notare com’è bello. Forse questa vita in Giappone può prendere una bella piega, basta volerlo in fondo.
<< A parte i commenti poco dignitosi dei ragazzi mi trovo molto bene>>; rispondo sorridendo. Lui arrossisce e sorride a sua volta.
<< Come hai conosciuto Kilari?>>, gli chiedo.
<< Lunga storia, pressappoco come ho conosciuto te… adesso lavoriamo nella stessa agenzia>>, mi risponde.
<< Che ci fai nella sua agenzia?>>; domando confusa.
<< Io e Hiroto siamo una famosa band giapponese, gli Ships>>, mi dice un po’ imbarazzato. Ecco, ci voleva la figura di non-si-dice-cosa…
<< Scusami, è che io sono qui da poco e non mi interesso granchè di queste cose…>>, cerco di scusarmi.
<< Non c’è problema, non mi sono affatto offeso>>, mi tranquillizza Seiji. La campana annuncia la fine dell’intervallo, e purtroppo Seiji e Hiroto devono tornare nella loro classe.
<< Hai già fatto amicizia con gli Ships, brava!>>, Kilari mi fa l’occhiolino mentre si siede, e allora, forse… forse non è così brutta la nuova scuola.

ANGOLO AUTRICE:
Che sciocca! Quasi dimenticavo, grazie per il commento Ma dove ho la testa? :S Anche a me piacerebbe molto vivere a Tokyo, ma ho tentato di immedesimarmi in Delphi, una ragazza che non si è mai interessata di cultura giapponese e ama molto la vita all'aria aperta, la vita di campagna.
Inoltre il mio Ship preferito è in realtà Hiroto, peccato che se lo sia già preso Kilari!
Ciao!
P.S. Sono contenta che la fiction ti piaccia!

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Capitolo 4
*** L'Offerta dell'Agenzia ***


Questo pomeriggio sono da sola… anche se mi sono fatta delle splendide amicizie ieri, e oggi già molti compagni mi abbiano chiesto di fare una passeggiata con loro, non me la sentivo di uscire con nessuno, voglio stare un po’ da sola con me stessa, è una cosa che faccio spesso per capire bene una situazione un po’ caotica. Per farlo ho scelto il parco dell’altro giorno, è un posto davvero molto carino.
E proprio questo che voglio capire, fino a ieri detestavo questa città, e oggi invece sono felice di essermi trasferita qui. Possibile che il motivo sia solo che mi sento un vero schianto, che ogni ragazzo si gira incuriosito quando passo? Sì, mi sento appagata, ma se questa città fosse davvero così brutta non ci sarebbe scusa che tiene, la odierei e basta.
La verità è che Tokyo non è male, io la detestavo solo perché troppo affezionata a Firenze. Prendo il mio quaderno, una penna e comincio a scrivere all’ombra di un albero.
Scrivo quando ho l’ispirazione, ma stranamente non mi viene in mente niente oggi. Sento ancora Fuoco d’Artificio nelle orecchie, così comincio a canticchiare la canzone.
Proprio mentre comincio uno dei maxischermi inizia a riprodurre la stessa canzone con il video di Kilari ieri sera al concorso. Sorrido della coincidenza. In basso passa uno striscione che annuncia dei provini per domani… cercano ragazzi e ragazza dai 12 ai 18 anni . Luogo e ora: l’agenzia Kuranishi alle 15.15.
Per un attimo vengo folgorata dall’idea di partecipare al provino, ma so bene che papà non me lo lascerebbe mai fare. Osservo placida i passanti nel parco, la solita gente, cambiano solo le facce. Cambiano di poco i discorsi… se ne va tutto in un vortice di luci e rumori che come al solito mi confonde. I clacson mi fanno la ninnananna. Prendo lentamente l’mp3 in borsa, lo accendo alla prima canzone che viene, chiudo gli occhi, infastidita da tutto quel vorticare pazzesco.
La musica mi culla, dolce, romantica… Seiji… mi ricorda lui questa canzone.
Baciami, dai, baciami… Basterebbe un pizzico di splendida follia per diventare tua…
Ora salta fuori che questa scema di nome Delphi si è innamorata di un cinesin-ban-ban con cui ha parlato per cinque minuti. Sorrido al solo pensiero di quanto sono stupida, e appena la canzone termina la rimetto da capo. Benchè l’mp3 sia al massimo non copre certo il suono dei clacson… ma quello delle voci sì!
Sento che mi toccano una spalla e apro gli occhi, istintivamente portandomi una mano all’auricolare. Lo faccio sempre, ogni volta che ascolto la musica e papà mi vuole parlare butto giù una cuffia, ormai è routine.
In piedi di fronte a me c’è uno dei miei nuovi compagni di classe. Lo riconosco soprattutto perché indossa la divisa scolastica del mio istituto e poi perché una faccia così carina non si dimentica. Sì è carino, com’è che si chiama?
<< Ciao>>; sorrido.
<< Ciao>>, risponde sedendosi accanto a me. << Che fai?>>, mi chiede.
<< Ascolto la musica… roba italiana>>, rispondo.
<< Interessante>>, mi dice .
<< Cosa ti porta a sederti qua vicino a me?>>, gli domando.
<< Le tue qualcosa>>, mi dice facendomi l’occhiolino. Non ho capito l’ultima parola nessuno me l’ha insegnata! << Scusami, che hai detto?>>, domando confusa.
<< Senza offesa, ma sono davvero grandi>>, dice con aria di sufficienza.
<< Cosa?!>>, domando con il candore di un agnellino. << Queste>>, risponde allungando le mani, io mi allontano appena prima che tocchino il punto x.
<< Brutto maiale! Ma come ti permetti a sfruttare le donne e apprezzarle solo per le loro tette?! Io sono femminista e non ti lascerò più un attimo di vita schifoso d’un porco! Giù le mani, per cosa mi hai scambiato, per la tua bambolina?!>>, esclamo offesissima. Lui spalanca gli occhi:<< Non ho capito niente di quello che hai detto>>, ammette sconcertato. Ho parlato in italiano mi sa… bene, almeno non saprà mai cos’ho detto. Mi alzo offesa e giro i tacchi, me ne voglio andare. Appena lo saprà papà… ma forse non dovrei dirglielo. Diventerà ancor più protettivo nei miei confronti e non mi lascerà vivere in pace, senza contare che farà causa alla famiglia di questo disgraziato, lo saprà tutta la scuola e penseranno che sono un figlia di papà. Non glielo dico. Ma se ricapita? In fondo la sua paura non è infondata.
<< Delphi!>>, esclama una voce nota. Mi giro. Una ragazza con un cappello bianco e una visiera che le copre gli occhi. Accanto a lei un ragazzo completamente coperto dal cappuccio della sua felpa e uno con un cappello, la sciarpa nonostante faccia tutt’altro che freddo e degli orrendi occhiali a spirale. Che cavolo vogliono questi tre da me?
<< Stupida ragazzina, devi attaccar briga con tutti quelli che conosci? Non dobbiamo farci scoprire, l’hai dimenticato?>>, dice il ragazzo con il cappuccio, rivolto alla ragazza con il cappello.
<< E dai! Hiroto lasciamela salutare!>>, esclama la ragazza e mi si avvicina. Alza appena la visiera per farmi vedere il suo viso.
<< Kila…>>, sto per pronunciare il nome di Kilari sorpresa, ma lei mi zittisce con un gesto:<< Se scoprono che sono io qui scoppia il finimondo>>, mi dice, e mi accompagna dagli altri due che sicuramente saranno Seiji e Hiroto.
<< Noi abbiamo un importante servizio fotografico Kilari, stiamo facendo tardi!>>, si lamenta Hiroto. Kilari sorride raggiante, come folgorata da un’illuminazione.
<< Portiamo anche Delphi con noi! Ti va di venire Delphi?>>,mi supplica.
<< E va bene… grazie mille per l’offerta>>, acconsento arrossendo.
<< Tu vorresti diventare un’Idol, Delphi?>>, mi domanda a sorpresa Seiji dopo qualche minuto che camminiamo. Io ci penso un po’ su colta alla sprovvista:<< Sì, ma non so cantare>>; rispondo arrossendo.
<< Non importa!>>, esclama Kilari sorridendomi. << Neanch’io sapevo cantare, ma ora ci sono riuscita grazie a Seiji>>, mi dice raggiante.
<< E inoltre non serve per forza saper cantare puoi anche recitare, ballare, puoi sfilare… >>, conferma Hiroto.
<< Io recito, mi piace… ma non conosco abbastanza bene la vostra lingua per poterlo fare>>, ammetto sconsolata.
<< Una che in tre settimane sa già parlare così bene il giapponese entro un mesetto lo saprà anche pronunciare alla perfezione>>, mi assicura Seiji. E’ così incoraggiante e gentile…
<< Eccoci arrivati!>>, esclama Kilari e ci precede nell’entrare nel vecchio palazzo. All’interno ci sono dei gradini che danno su un corridoio. Kilari spalanca la prima porta:<< BUONGIORNO!!!>>, esclama raggiante. << Hey, Kilari,piaciuta ieri la festa della vittoria?>>, domanda la voce di un uomo.
<< Sì, signor Presidente, eccome!>>, risponde Kilari. Vedo Hiroto arrossire.
<< Vi ho portato un’amica molto brava a recitare!>>, esclama Kilari.
<< Kilari! Ma che ti è saltato in mente?!>>, esclama una donna. Hiroto entra nella stanza salutando i prensenti.
<< Delphi, non temere, dicono così, ma in realtà saranno felici di conoscerti!>>, mi tranquillizza Seiji, mi prende per mano e sento un brivido lungo il braccio. Mi accompagna all’interno:<< Permesso…?>>; sussurro. Lui mi stringe più forte per tranquillizzarmi, ma il cuore non fa altro che battermi all’impazzata.
<< E’ questa la tua amica?>>, domanda incuriosita una donna con una lunga coda di capelli neri, gli occhiali e il tailleur.
<< E’ incredibile, dopo che io ho fatto pubblicità e dischi lei mi ha guardato come se fossi uno schifo e questa ragazza non ha fatto niente e già le brillano gli occhi?>>, domanda Kilari rivolta alla donna.
<< Su col morale Kilari, penso solo che una ragazza così inusuale ci farebbe un gran comodo>>, dice la donna stringendomi la mano compiaciuta.
<< Concordo pienamente>>, dice un uomo con gli occhiali.
<< Signor Presidente… che possiamo far fare alla mia amica?>>, domanda Kilari battendo le mani soddisfatta.
<< Ci devo pensare un po’ su, ma se mi dai i tuoi contatti ti farò sapere cara…>>, dice l’uomo.
<< Piacere, sono Delphi Galardi>>, rispondo inchinandomi.
<< Ma tu non sai fare altro che inchinarti?!>>, domanda Hiroto sconcertato, e arrossisco.
<< Suvvia, Hiroto, è solo rispettosa>>, sorride Seiji, e io divento ancor più paonazza.
<< L’unico problema di questa ragazza è che arrossisce troppo, ma ci lavoreremo>>; promette la donna.
<< Adesso… dedichiamoci ai vostri scatti, ragazzi!>>, esclama il Presidente.
<< Delphi, tu resti a guardare?>>, mi domanda Kilari. Io la guardo pensierosa: << Mio padre si preoccuperà se non torno presto, mi spiace, ma devo andare>>.
<< A domani, allora!>>, mi saluta Kilari. L’ultima cosa che vedo prima di uscire è lo sguardo di Seiji incollato nel mio, e mi da i brividi, mi fa battere il cuore. Sono davvero stupida. Scendo le scale, apro il portone e mi metto ad aspettare l’autobus alla fermata più vicina.

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Capitolo 5
*** Riflessioni Notturne ***


Sono il capitano e decido io… non c’è niente da discutere, fermati, fermati!
Non riesco a dormire stasera. Non mi sono mai ritenuta stupida, ma forse è vero che le bionde hanno una marcia in meno, perché non capisco più niente. Troppe cose, troppo velocemente. Dovrei essere felice e invece sono rimasta indifferente. Forse non ho realizzato la cosa, o forse semplicemente non è eccitante come pensavo… Diventare un’Idol non mi spaventa affatto, ma cosa ho in testa?
Ho nelle orecchie la solita canzone nostalgica che mi ricorda tanto Seiji… “Splendida Follia”. La rimando sempre indietro, guardo la luna fuori dalla finestra. La luna è rimasta quella dell’Italia, bianca, tonda, panciuta, di formaggio… eppure non mi consola, non mi conforta, mi angoscia. La notte mi opprime, mi dà un peso nel petto, il buio mi schiaccia come dentro una scatola enorme in cui ci si può perdere. Il sole mi conforta sempre con la sua luce, mi mostra la via, mi accarezza la pelle. Il sole mi vuole bene. Basterebbe un pizzico di splendida follia… per diventare tua.
Seiji non è attratto da me. Non più di ogni altro maschio della città. Sono la novità, ma sicuramente lui è già innamorato, o se anche non lo fosse non ha tempo da perdere con una che non sa neanche parlare in giapponese. Finiremo a parlare con il linguaggio dei segni, e lui si stuferà di interpretare i miei mimi del cavolo.
Ma che mi succede? Non sono mai stata così pessimista, questa situazione sta precipitando, per una scuffia da quattro soldi devo anche perdere il mio storico buon umore. A pensarci bene il buon umore l’ho perso quando sono arrivata qui, forse non è colpa di Seiji. Forse i miei ormoni sono in fase tempestosa e il primo ragazzo carino che vedo, che sia in autobus o all’ortolano, gli voglio saltare al collo.
Arrossisco. Per tutto il giorno in compagnia di Seiji ho scacciato questo pensiero, ma ormai l’ho pronunciato nella mia testa, ed è fatta. Ho capito che è così. Io non mi limito al batticuore e a pensare sempre a lui, io lotto contro il mio istinto animale che mi ordina di abbracciarlo , tuffare la faccia nei suoi capelli biondi, baciarlo… lotto contro l’istinto di strappargli i vestiti di dosso. AIUTO! Sono un mostro pervertito, sono un animale, una maniaca sessuale!!!
Ci dev’essere per forza lo zampino degli ormoni, maledette sostanze biologiche, mi state rovinando la nottata! La canzone finisce e così io la rimetto dall’inizio. Amami, Seiji, ti supplico amami. Anche solo scherzando, anche solo per cinque minuti, convinciti di amarmi, abbracciami, fammi sentire il battito del tuo cuore! Fai ciò che nessun ragazzo ha mai fatto prima con me, baciami, non voglio un lungo bacio appassionato, neanche a stampo, mi basta che mi sfiori la guancia con le labbra e poi mi dici: scherzavo!, io non ti amo.
<< Seiji…>>, mormoro senza neanche accorgermene, lancio uno sguardo supplicante alla luna. Fa’ tornare il sole. Permettigli di accarezzarmi le guance con i suoi raggi d’oro, fagli asciugare le lacrime che senza un perché cominciano a scivolare lentamente agli angoli dei miei occhi.
Io ho bisogno di un ragazzo… mi sbagliavo sul fatto che non mi dovevo dimostrare nulla e sarebbe arrivato tutto a tempo debito. Ho bisogno di un ragazzo per non sentirmi sola, qui mi spaventa tutto, anche la cosa più banale. Tutto in questo posto racconta una storia che non è la mia, io non gli appartengo. So che sembra stupido, ma appartenere a un ragazzo mi farebbe sentire parte di questa realtà. Però io non voglio un ragazzo qualsiasi, io voglio Seiji!
Se qualcun ha uno di quei martelli-fisarmonica che si vedono sempre nei cartoni, vi prego di darmelo, in modo che possa suicidarmi come si suicida una vera stupida.
Chissà a che pensa Seiji adesso… probabilmente a niente, perché le persone normali a quest’ora dormono,mentre gli stupidi fanno: “Seiji, oh Seiji…”, per tutta la notte. L’ho detto che sono stupidi! O forse dovrei dire “sono stupida”…
Mi stringo ancora un po’ nel lenzuolo, immagino che siano le sue braccia, che sarebbe strano, ma anche molto dolce. Io non sono una che si perde troppo in smancerie ma questo non significa che io non sia romantica, no?
Mi rannicchio ancora un po’ su me stessa e rimetto la canzone da capo, per la sedicesima volta. Non ho assolutamente sonno, sto rannicchiata a occhi sbarrati, scrutando l’oscurità, immaginando di vederlo. Che stupida, non è mica Edward Cullen! E poi io ho sempre preferito Jacob.
E’ terribile starsene svegli quando fuori la notte è così opprimente, chiudo gli occhi, sospiro, aspettando che il sonno mi trascini via con sé, mi porti in un mondo a cui io appartenga davvero, un mondo per stupidi e illusi in cui qualsiasi cosa è normale… perfino innamorarsi del primo giapponesino che incontri…
Aspetto, mi giro un po’ per trovare la posizione ottimale, poi aspetto di nuovo. Forse non è la posizione più indicata. Mi rigiro nelle lenzuola, stavolta stizzita, perché diavolo dovrei continuare a stare sveglia se ormai l’argomento Seiji l’ho eliminato dal mio filo di pensieri? Ma l’ho eliminato davvero? Sospiro. Una luce rossastra invade la camera, mi giro verso la finestra e osservo il sole che sorge. Et voilà, ho passato la notte in bianco, e non dovrei dare la colpa a nessuno, ma se Seiji non fosse così bello io mi sarei risposata. Dovrei querelare la sua faccia, ammesso che si possa fare.
Mi metto a sedere sul letto e vado in bagno a osservarmi; non ho le occhiaie, sembro riposata, fortunatamente non ero stanca e ho retto. Dopo la mia routine lava-asciuga-vesti scendo in cucina, e mio padre ancora non c’è si sarà svegliato ora, sicuramente. Apparecchio e faccio colazione, poco dopo lui scende ancora in pigiama, si gratta la testa, ha gli occhi gonfi di sonno.
<< Tesoro?>>, mi fa. Io rispondo con uno sguardo interrogativo.
<< Mi spieghi per quale motivo indossi la divisa scolastica?>>, mi domanda. Poveretto, è ancora nel mondo dei sogni, starà pensando che siamo ancora in Italia, dove la divisa nelle scuole pubbliche non c’è.
<< Papà…>>, rispondo con dolcezza << Vado a scuola, come sempre>>. Mi guarda sconcertato, e io per la seconda volta sfodero il mio sguardo interrogativo.
<< Ma se è domenica!>>, esclama biascicando ancora insonnolito.

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Capitolo 6
*** Proposte di Lavoro ***


Angolo Autrice
Cara Sasunaru (ti posso chiamare così?) innanzitutto grazie per tutte le tue splendide recensioni che mi fanno sempre venire voglia di scrivere un altro capitolo… Per quanto riguarda Delphi è letteralmente impazzita, ma su Seiji non si fanno anticipazioni! *Twins scuote la testa*
Intanto godetevi il chapitel, e dopo io e Lion dobbiamo parlare a quattr’occhi…

Dopo la gaffe di stamattina papà mi ha messa sui libri a studiare. Oltre ai compiti per casa devo studiare il giapponese, la lingua più bella del mondo! (ovviamente è sarcastica)
Una zampetta di scarafaggio qui, un’antenna di scarabeo stercorario lì… com’è facile scrivere, basta aprire un libro di scienze. Almeno pensando a cose così disgustose non mi ritroverò nuovamente a rimuginare su “Seiji, oh Seiji!” (è risaputo che mi prendo in giro da sola). Ecco! E su chi sono finiti i miei pensieri?! SU DI LUI! DI NUOVO!
Mi lancio con foga disperata contro l’armadio e sbatto la testa ripetutamente. ESCI DAI MIEI PENSIERI!!! CAVOLO, CAVOLO, CAVOLO!!!
La porta si spalanca e mio padre fa irruzione con una mazza da baseball elettronica (sta lavorando a dei nuovi videogiochi a simulazione). Poi mi guarda spalancando gi occhi e arrossisco.
<< Papà, dovresti far controllare l’anta dell’armadio, non si apre bene…>>, mi discolpo, e torno a sedere alla mia scrivania. Lui non sembra convinto della mia risposta quando esce, e io sospiro appoggiandomi allo schienale. La testa m fa un male tremendo, mi dovrei mettere qualche pomata o entro due ore avrò un bernoccolo grosso come una casa. Sento distrattamente il telefono squillare al piano di sotto, mentre tento di decifrare quella frase da quiz del secolo… La madre di Takashi è una donna molto responsabile e fa degli ottimi… Seiji?!
Qua ci vorrebbe un’altra autoflagellazione. Devo anche scambiare gli idiomi per leggere il suo nome ovunque!? Mio padre mi chiama. Che vorrà ora?
Mi alzo e scendo le scale:<< Che vuoi, papà?>>, domando arrivata nell’ingresso. Mi porge il telefono, io lo afferro e dico “ciao” in giapponese (non ho idea di come si chieda pronto? Chi è là?.
<< Buona domenica Delphi!>>. Ci metto un po’ a capire di chi sia la voce.
<< Kilari!!!!!!>>, esclamo sorridendo.
<< Ciao! Sono all’agenzia, non è che potresti fare un salto? Abbiamo un lavoro per te!>>, mi dice. Io sbatto le palpebre una decina di volte, prima di realizzare.
<< BUAAAAAAAAAAAAAAAH!!!!!!! DAVVERO?!?>>, esclamo saltellando per tutta la casa.
<< Sì, raggiungimi qua, dai… inoltre c’è anche Seiji!>>, mi dice. Ho un tuffo al cuore.
<< Perché me lo dici come se mi importasse?>>, domando.
<< Perché, non ti importa di Seiji?!>>, mi domanda delusa.
<< Shhh!!!>>, la zittisco, non sia mai che Seiji la sentisse. << E’ ovvio che mi importa, è così simpatico!>>, tento di non dare troppo a vedere che per me oltre che simpatico è anche bellissimo, affascinante, sexy, il migliore, the best of the best (mi sembro Antonella del Mondo di Patty).
<< Allora muoviti dai!>>, mi esorta.
<< Sì!!!>>, esclamò, riattacco e poi però vedo la faccia interrogativa di mio padre. Tàn Tàan Taaaan… (musichetta spettrale). Come glielo dico? Non glielo dico.
<< Papà vado a fare una ricerca da una mia amica, si chiama Kilari Tsukishima, ci si vede!>>, lo saluto e esco di casa correndo.
Ora che ci penso non ho neanche chiesto a Kilari di che si trattasse il lavoro che mi hanno trovato! Mi siedo alla fermata del bus, constatando che sono uscita fuori senza neanche cambiarmi e indosso i miei vestiti da casa, ovvero dei vecchi jeans sbiaditi e una tunica tutta colorata (la metto in casa proprio perché fuori non potrei mai indossarla). Fortuna che non è sporca… Appena l’autobus arriva ci monto su e mi appoggio a uno dei pali di sostegno, tutti i posti a sedere sono occupati. Un ragazzo mi fissa, io lo fulmino con lo sguardo, farebbe meglio a guardare altrove. Lui non mi scolla gli occhi di dosso. Mi comincia a infastidire questo interesse nei miei confronti, cavolo, possibile non abbiano mai visto una ragazza bianca con i capelli biondi?! Finalmente scendo, devo solo percorrere la via, l’agenzia è là in fondo. In questo momento il cuore mi batte fortissimo, forse perché sto per diventare famosa (si spera). E anche se sarà difficile io voglio farlo. Gente, preparatevi a venerarmi! Yeah!
Cavolo, neanche sono arrivata che già mi monto la testa, è grave! Apro il portone e salgo le strette scale che portano al piano superiore. Ehm… ora che mi ritrovo in questo corridoio non ricordo più quale sia la stanza in cui entrare… E’ così buio qui… Busso alla prima porta e la spingo piano, e lo vedo. Seiji è apparentemente nella stessa posizione di ieri, l’ultima volta che l’ho visto era esattamente in piedi lì, al centro della stanza. Mi viene da sorridere come un’imbecille.
<< Eccoti!>>, esclama Kilari correndomi incontro. Mi prende per mano e mi trascina dentro.
<< Buongiorno!>>, dico rivolta al Presidente e alla manager di Kilari.
<< Buongiorno>>, mi dice Seiji. Sono davvero una maleducata, per paura di arrossire non l’ho neppure salutato. Cavolo! Io sono un’attrice, devo recitare la parte di quella-assolutamente-non-innamorata-di-Seiji! Gli sorrido raggiante ripetendomi che il mio unico amore è Hiroto, Hiroto è bellissimo, e assolutamente non amo Seiji… però, che occhi!
<< Vieni, accomodati, Delphi>>, mi dice il Presidente sedendosi su una poltroncina. Lo imito, accavallo le gambe come una vera star. Te gustano le mie gambe, Seiji?
<< Da qualche giorno ci lambiccavamo il cervello perché il regista di Sonata dell’Amore e della Giovinezza (il film che vedeva protagonisti Kilari e Hiroto) ci ha proposto di fare il seguito Vento d’Occidente, che prevedeva il ruolo di altri due personaggi principali. Mentre Airi e Aru tentano disperatamente in ogni modo di far tornare ad Aru la memoria, il fratello di Airi incontra una ragazza paralitica e se ne innamora, ma purtroppo l’invalidità della ragazza rappresenta una difficoltà evidente. La storia si conclude con la nuova ragazza che grazie alla sua profondità d’animo riesce a far tornare la memoria ad Aru, e Airi invece aiuterà suo fratello ad aprire il suo cuore alla ragazza sulla sedia a rotelle>>, spiega dettagliatamente il Presidente. Seiji mi si siede accanto. Waaaah, sto andando a fuoco!!
<< Per la parte del fratello di Airi avevamo pensato a Seiji, vista la somiglianza che ha con Kilari… stavamo per chiedere a Erina Ogura di fare la parte della ragazza paralitica, ma ci sembravi molto più adatta, visto che poi il film si chiamerà Vento d’Occidente>>, conclude la manager di Kilari.
Li guardo un po’, incapace di dire niente. Già un film? Com’è possibile? << Grazie, grazie, grazie!!>>, esclamo scattando in piedi e inchinandomi come un’ossessa. Kilari scoppia a ridere e mi tira giù a sedere afferrandomi dalla maglietta:<< Aspetta prima di cantar vittoria, devi fare un provino!>>, mi dice. Sorrido:<< Certo, non c’è problema, lo farò volentieri!>>.
<< Ti immagini Delphi, se ottenessi la parte dovremo fingere di essere innamorati, che cosa strana>>, scoppia a ridere Seiji. Mi crolla il mondo addosso. Per lui non è una cosa stupenda, meravigliosa, emozionante… è solo strana! Però… se non ottenessi la parte sarebbe Erina a dover fare la partner di Seiji, e questo non lo tollero!
<< Eheh… sì, sì, proprio strano>>, ridacchio come un’imbecille in risposta a ciò che ha detto Seiji.
<< Bene, Delphi, questo è il copione, il provino consisterà nella scena 15, fatti trovare preparata, vieni qui tra una settimana esatta alle 9.15>>, mi dice il Presidente porgendomi il copione.
<< Ah, e ricordati di far firmare questa delega a un tuo genitore!>>, aggiunge porgendomi un foglio. Io mi sento gelare mentre prendo il documento in mano e lo leggo.
<< Ci sono problemi?>>, mi domanda la manager di Kilari. Io scuoto la testa preoccupata.
<< Delphi, ti va di fare una passeggiata con me e Seiji, ora?>>, mi chiede Kilari. Osservo Seiji che mi sorride incoraggiante. << Ma sì, vai!>>, gli sorrido e insieme usciamo dall’agenzia.

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Capitolo 7
*** Pomeriggio con Amici ***


ANGOLO AUTRICE:
Ciao! Sono contenta che ti sia piaciuto il mio capitolo! Adesso eccone un altro tutto per voi ( o dovrei dire per te?! Sei la mia unica commentatrice xD) spero che vi piaccia!

Ci avviamo, abbiamo deciso di prendere una crepes ( a Kilari brillano stranamente gli occhi). Lei e Seiji sono tutti rimbacuccati nei loro travestimenti, chissà se li fa sentire importanti! Di sicuro amati… Ci sediamo al bar e Seiji va a ordinare per tutti. Io leggo il copione:<< Ci sono parole che non capisco… le farò tradurre a papà>>, commento, per poi rabbuiarmi.
<< Perché quella faccia?>>, chiede Kilari.
<< Mio padre… non so se mi lascerà mai diventare un’Idol…>>, confesso mordicchiandomi nervosamente il labbro.
Kilari sorride divertita:<< Innanzitutto il verbo non si coniuga così… e poi sai che anche mio padre non voleva che io facessi l’Idol, ma poi l’ho convinto>>.
<< E come hai fatto?>>, domando.
<< Beh, non servirebbe a niente dirtelo, ognuno ha il suo modo differente, però lui deve capire bene i motivi che ti spingono a fare questo lavoro>>, mi dice Kilari in tutta confidenza. Annuisco.
<< Ma… raccontami un po’ dell’Italia! Dicono che il cibo è buono!>>, esclama Kilari con gli occhi che brillano in maniera quasi spaventosa. Ma questa ragazza ha un debole per il cibo o sbaglio? Torna difatti Seiji con due piattini in mano, seguito dal barista con un vassoio di crepes. Seiji mi porge un piatto mentre il barista lascia le crepes davanti a Kilari. In mezzo secondo se l’è spolverate, e credo di essere rimasta a bocca aperta. A bocca aperta davanti a Seiji. Mi costringo a chiuderla:<< Grazie Seiji>>, dico, sorridendo, lui ricambia.
<< Di che parlavate ragazze?>>, ci domanda. Kilari esclama:<< Di cibo italiano!!!>>.
<< Ho sentito che è buonissimo, tu sai cucinare?>>, mi domanda Seiji. Ehm, saper preparare la colazione basta?
<< Sì, so cucinare, cucino sempre io in casa>>, rispondo. Piccola bugia, ma è per il mio orgoglio italiano.
<< Fantastico! Una sera organizziamo una cena e cucini tu!>>, propone Kilari. Oh merda, qui si mette male…
<< E’ vero, sarebbe un’idea magnifica! Una bella cena per conoscersi, e magari cuciniamo tutti quanti insieme a te! Ci sarà da divertirsi!>>, esclama Seiji. Impallidisco. Oh, quanto mi farebbe comodo il mio armadio per sbatterci contro la testa!!!
<< Beh, devo chiedere a mio padre…>>, la voce mi trema, ma forse riuscirò a trovare una scusa.
<< Se è un problema a casa tua possiamo farlo all’Agenzia, c’è la cucina apposita e anche una Sala da Pranzo!>>, esclama Kilari. NO!!! Non mi resta altro che imparare a cucinare… MA COME?!
<< E… parlami un po’ di musica, com’è la musica italiana?>>, mi chiede Seiji. Devo cercare di non sembrare una deficiente, devo fargli vedere che me ne intendo.
<< Beh, a me la musica italiana non piace troppo, tranne Alessandra Amoroso, le sue canzoni sono sempre bellisime… ascolto più musica tedesca e Americana, sapete, LaFee, Cinema Bizarre, Muse… avete presente, no?>>, domando. I due si guardano confusi:<< In Giappone non si sente mai la musica Americana o Tedesca…>>, dice Seiji.
<< COSA?! Non conoscete la musica più diffusa al mondo, ma siete pazzi?!>>, esclamo. I due alzano le spalle.
<< Capisco… non sapete che vi perdete, ragazzi, è roba magnifica>>, finchè non sanno di che parlo posso inventarmi balle su balle, e comunque non è una balla che quella musica è fantastica.
<< Davvero? Ci fa ascoltare qualcosa?>>, domanda Seiji interessato.
<< Magari un’altra volta, oggi non ho l’mp3>>, gli rispondo. Mi dedica un sacco d’attenzioni o mi sbaglio...? No, mi sbaglio, le dedica alla musica, è comprensibile visto che canta.
<< Facci vedere un po’ come reciti, andiamo!>>, esclama Kilari ad un tratto prendendomi il copione dalle mani. Lo sfoglia fino alla scena 12:<< Sakura (penso che poi cambieranno il nome se ottieni la parte, te ne daranno uno più occidentale) e Rikyu (oh! Questo è Seiji!) si trovano rinchiusi in uno sgabuzzino delle scope, mezzi incastrati trai secchi e le sedia a rotelle di Sakura, estremamente vicini… Ho detto estremamente vicini!>>, esclama, alzandosi di scatto e sbattendoci l’uno contro l’altro. Oddio, secondo me sono più rossa di quella volta che Filippo mi tirò giù i pantaloni in classe!
<< Rikyu è stato ormai convinto dalla sorella a rivelare i propri sentimenti a Sakura, ma sente mancare il coraggio proprio nella sua occasione migliore>>, Kilari termina l’introduzione e ci passa il copione. Leggo velocemente la mia prima battuta.
<< Rikyu, quando pensi che ci verranno a prendere? Ho paura…>, mormoro stringendo i pugni e guardando negli occhi Seiji. Il suo volto è a pochi centimetri dal mio, sento il suo respiro sul mio naso e mi fa il solletico. Seiji legge la sua battuta, corruga la fronte, poi mi stringe contro il suo petto, e comincia ad accarezzarmi i capelli:<< Non ti preoccupare, noteranno la nostra assenza e ci verranno a cercare…>>, mi tranquillizza. Io mi lascio sprofondare nella sua maglietta che profuma di ammorbidente, con le guance spiaccicate contro i suoi pettorali, fortuna che ho le sue braccia a pararmi il volto o tutte le persone vedrebbero la mia faccia da criceto. Mi passa il copione da sotto, io lo afferro e leggo la mia battuta:<< Rikyu… mi spiace che adesso sei in una posizione molto scomoda… se potessi fare qualcosa per te, lo farei. Perché…>>.
<< Perché, Sakura?>>, mi domanda.
<< Non lo so… io non mi sono ma creduta chissà chi, ho un problema che condiziona la vita di tutti quelli che mi stanno attorno oltre che la mia, io non voglio storie d’amore, finirebbero malissimo. Eppure… io penso sempre a te, ogni minuto che passa, e più cerco di convincermi che è meglio per entrambi starci lontani, più che mi viene voglia di passare ogni minuto insieme a te… mi dispiace, io so che non puoi contraccambiare i miei sentimenti, Rikyu, ma anche se ti ho detto questo non mi abbandonare, io ho bisogno di te…>>, comincio a singhiozzare piano, trovo che renda la scena commovente.
<< Sai, pensavo che se ti avessi trattata sol come un’amica alla fine lo saresti diventata… Ma la verità è che dal primo giorno che ti ho vista ho lottato contro l’istinto di prenderti in braccio e portarti in un luogo tutto nostro, dove rimanere abbracciati per sempre. E se io non ti ho mai dimostrato l’amore che provavo per te è solo perché temevo che tu non contraccambiassi, o che tutto finisse male come sempre. Ma ora so che avrei dovuto dirtelo prima…>>. Questa scena mi ha commosso, forse perché sto andando in iperventilazione, stretta fra le braccia di Seiji, o forse semplicemente perché sarebbe bellissimo che fosse così davvero. Che lui mi amasse e non me lo confessasse. Ma tanto è impossibile. Lo guardo negli occhi, anche lui è commosso, è veramente un bravo attore. Si china su di me e mi dà un bacio sulla guancia. Mi sento avvampare, grazie Dio, esisti anche in Giappone, allora? Le labbra di Seiji sono morbide, appena un po’ umide, le labbra di Seiji chissene frega di come sono, sono di Seiji!!! Lui mi abbraccia di nuovo mettendo appoggiando la testa sula mia spalla e continua ad accarezzarmi i capelli, mentre io sto ferma come una scema con le lacrime agli occhi, mi mordicchio il labbro inferiore. Mi devo godere il momento chissà quando mi ricapiterà una cosa del genere. Se dicessi che se il cuore è un martello il mio adesso è un martello pneumatico. Ma non fa male, fa bene. E’ anche meglio del Paradiso.
Kilari ci osserva con le lacrime agli occhi, quasi incapace di parlare, poi batte lentamente le mani asciugandosi una lacrima.
<< Bravissimi!!! Io credo di aver visto raramente una scena così commovente>>; singhiozza Kilari. Seiji si scioglie dall’abbraccio (ancora, ti prego ancora) e sorride:<< Tu dici?>>, domanda soddisfatto.
<< Scherzi? E poi quel bacio fuori copione è stato la ciliegina sulla torta, Seiji, bravo!>>, esclama ancora una volta Kilari. COSAAAA?! Il bacio sulla guancia non era previsto?! Sorrido come un’ubriaca, troppa eccitazione crea dipendenza, eh sì…
<< Interpretate in questo modo la scena all’audizione e la parte sarà di Delphi! Non c’è dubbio!!>>, ci assicura Kilari, e io tento di sorridere lusingata, mio malgrado:<< Non esagerare Kilari, non ho mai studiato recitazione, non sono così brava!>>.
<< Invece sì! Sembravi davvero innamorata di me!>>, mi sorride Seiji. Beh, è ovvio che lo sembrassi, lo sono!!!
<< Grazie. Ma anche tu sei bravissimo, sembrava che la provassi quella situazione!>>, mi complimento con lui. Vediamo se abbocca. Non abbocca. Mi dice solo un grazie mille con il suo solito sorriso del millennio. Niente commenti imbarazzati. Non prova niente. N-I-E-N-T-E. Sospiro.
<< Ragazzi!!!>>, esclama Kilari che sta leggendo il copione. Io e Seiji ci giriamo:<< Eh?>>; facciamo all’unisono.
<< Tra Sakura e Rikyu ci sarà un lungo bacio appassionato, come quello previsto tra me e Hiroto>>, mi dice cauta. Forse teme la mia reazione. Ma io non mi lascerò certo spaventare da questo, io sono un’attrice, faccio tutto ciò che mi chiedono.
<< COSAAAAAAA?!>>, esplodo diventando rossa dalla testa ai piedi. Per fortuna che io non mi spaventavo, che ero un’attrice e interpretavo tutto quello che volevano interpretassi, eh!
<< Se ti dà fastidio non importa, possiamo fare come Hiroto e Kilari che non si sono baciati per davvero…>>, mi tranquillizza Seiji.
<< Per me non è un problema, è solo che non ho mai baciato nessuno e mi preoccupo solo di come si fa…>>, cerco di rimediare al mio madornale errore. Io voglio baciare Seiji, almeno credo, è solo che lo voglio baciare per davvero, non perché interpretiamo una parte.
<< Seiji, io non ho mai baciato nessuno, non saprei come spiegarlo a Delphi, ma tu provaci, andiamo!>>, esclama Kilari. Seiji si fa serio:<< Beh… cioè.. come dire… neanch’io ho mai baciato una ragazza>>, ammette infine arrossendo.
<< COSA?!>>, domandiamo io e Kilari all’unisono, incredule.
<< E’ la verità, sto cercando quella giusta…>>, confessa il ragazzo. Kilari scoppia a ridere:<< Ho pensato per mesi che tu fossi pieno di ragazze!>>, ammette Kilari.
<< Non è così, o lo sapresti. Nessuna ragazza mi attrae troppo… a parte le mie amiche, ma è un’attrazione differente>>.
<< Speriamo che allora non siano i ragazzi ad attrarti>>, scherzo io, e i due ridono.
<< No, te lo giuro, credo di aver trovato quella giusta, è lei che non trova me>>, mi tranquillizza Seiji. Mi cade il mondo addosso. No… NOOOO!!!!! Seiji è innamorato, sparatemi!
Fortuna che so fare buon viso a cattivo gioco. Comincia a farsi sera:<< Ragazzi, devo tornare a casa!>>, esclamo.
<< Sì, anche io, ora che mi ci fai pensare devo andare anche io!>>, dice Kilari e si alza.
<< Ciao Seiji, ci si vede domani a scuola!>>, lo saluta e si avvia.
<< Beh, a domani…>>, gli dico.
<< Certo a domani>>, mi risponde, serio. Io gli sorrido, lui non ha l’ombra di una cordialità, ma non sembra arrabbiato, solo pensieroso.
<< Se ti da noia che io debba recitare la parte dell’innamorata con te mi spiace, ma è la mia occasione, e non la spreco>>, dico tutto d’un fiato stringendo i pugni. E’ questo che ti dà noia Seiji? Ti rompe fare il fidanzatino con me, di dover baciare una che non è la ragazza che ami? Sorry, baby, ma dovrai farlo, e lotterò per quella parte!
<< Ma che dici!>>, scoppia a ridere. << Stavo solo pensando che mi sta a fatica tornare in autobus fino a casa, sono tendenzialmente un pigrone…>>, mi risponde. Dopo un primo imbarazzo per la mia supposizione affrettata scoppio a ridere:<< Alzati, avanti! Alla fermata ci andiamo insieme>>, lo prendo per mano e lo trascino fino alla panchina dove si aspettano gli autobus.
<< Dove ti dirigi?>>, mi domanda.
<< Naniwa>>, rispondo annuendo.
<< Impressionante, io abito nel quartiere accanto, a Takaniwa!>>, esclama Seiji.
<< Davvero? Siamo così vicini? Chi se lo sarebbe mai immaginato!>>, esclamo. Potrò sentire Seiji sempre vicino a me! Che bello…
Non appena arriva l’autobus montiamo a purtroppo non troviamo posti a sedere, così ci troviamo costretti ad aggrapparci ai pali per il sostegno.
<< Quello ti guarda male>>; mi fa notare Seiji preoccupato. Guardo nella direzione da lui indicata con discrezione, un uomo mi fissa costantemente.
<< Mi fissano tutti, sarà perché sono molto inusuale>>, annuisco.
<< Non guardalo meglio, ti fissa davvero male>>, ripete Seiji. Mi giro di nuovo. L’uomo ha gli occhi incollati sul mio sedere, la cosa mi mette molto a disagio.
<< Attenta, Tokyo è pericolosa>>, mi dice Seiji.
<< Che faccio ora?>>, domando preoccupatissima. Ma che vuole quell’uomo? Vuole abusare di me? No ti prego, qualcuno mi protegga, io non ho neanche mai fatto karate!
<< Magari si scoraggia se vede che sei ben accompagnata>>, osserva Seiji.
<< Tu dici?>>, domando. Anuisce.
<< Ti rompe…?>>, tede le mani verso di me e non capisco bene cosa vuole fare.
<< Figurati, fai che vuoi…>>; non faccio in tempo a finire che mi ha abbracciata. Speriamo non si senta troppo bene il mio “martello pneumatico” che ricomincia a battere a tutta forza.
<< Non ero mai stata abbracciata tanto spesso da un ragazzo in vita mia… no aspetta. Non ero mai stata abbracciata da un ragazzo in vita mia>>, ridacchio per non urlare. Lo sento ridacchiare, ma non vedo la sua faccia, visto che la mia è sepolta nel suo petto.
<< Quando una ragazza ha un così buono odore si abbraccia volentieri, fidati>>, mi assicura. Arrossisco violentemente, adesso probabilmente mi scioglierò e il mio funerale invece che davanti a una bara verrà svolto davanti a un bicchiere dove c’è quello che sono riusciti a recuperare di me. Lo sapevo che mettermi tutta quella roba sarebbe funzionato, Seiji mi ha detto che ho un buon odore! E oggi ho anche sudato tantissimo per colpa della tempesta ormonale che mi scatena questo ragazzo.
<< La prossima è la mia fermata… te la senti di restare un po’ da sola?>>, mi domanda sciogliendo l’abbraccio e guardandomi negli occhi. Per un attimo mi ci perdo.br> << Delphi?>>, mi domanda scuotendomi piano, per riportarmi la realtà.
<< Non me la sento tanto, quell’uomo mi fa paura>>; confesso. No, la verità è che voglio stare ancora con lui. Seiji mi cinge la spalla con il braccio e alla sua fermata passa oltre. Ha davvero deciso di accompagnarmi, che ragazzo premuroso. Scendiamo nel mio quartiere, e si guarda intorno.
<< Seiji, davvero grazie mille per quello che hai fatto per me, sei un amico>>, lo ringrazio.
<< Per un’amica questo ed altro>>, mi sorride.
<< Allora ciao…>>, mi saluta. Anche io lo saluto e lo guardo avviarsi a piedi lungo il marciapiede. Sospiro, giro i tacchi e mi incammino verso casa.

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Capitolo 8
*** Convincere Papà ***


ANGOLO AUTRICE:
Hi Girls! Grazie per i commenti bellissimi. Kilari che fa il Cupido? Nooo, ma che dici! * Twins fischietta spensierata* A chi la do a bere, Kilari ha capito proprio tutto! Lion, grazie per la recensione, ma non le fai solo per pietà? Ti voglio bene amica mia! ^^

Faccio scorrere il cancello ed entro. Speriamo che papà non sia arrabbiato perché sono rientrata con un quarto d’ora di ritardo, perché sarà comunque infuriato quando gli comunicherò del provino.
Entro in casa annunciando con il tono più entusiasta che potrei avere:<< Buonasera papà!>>.
Lui fa capolino dalla cucina, e mi sorride:<< Sei in ritardo>>, sembra felice, dovrei attardarmi più spesso se gli fa questo effetto.
<< Oggi giornata super!>>, esclamo abbracciandolo.
<< Stata tutto il tempo con la tua amica?>>, mi chiede mentre scola la pasta.
<< Beh, a questo proposito… mi è stata fatta un’offerta molto interessante da dei suoi stretti conoscenti, gente rispettabilissima, e questo incarico mi interessa molto>>, inserisco il discorso così, magari non gli da peso.
<< Delphi, hai detto che eri andata da Kilari Tsukishima, non è così? E’ l’Idol che ha vinto il concorso la settimana scorsa…>>, mi domanda. Sembra solo interessato.
<< Sì, ma papà, è un luogo sicuro quello dove lavora, è protetta da ogni sorta di assicurazioni e il Presidente è un’ottima persona! Non c’è assolutamente problema…>>, tento di tranquillizzarlo.
<< Delphi, questa non è una questione di assicurazioni, e posso ben immaginare che il Presidente è una brava persona… ma il mondo dello spettacolo è pericoloso, ti toglierà tutto il tempo libero, non è sempre tutto rose e fiori! Posso capire che tu voglia recitare e essere famosa…>>, comincia lui.
<< No… tu non puoi capire papà. Il tuo sogno è sempre stato quello di innovare la tecnologia, startene chiuso in uno studio giorno e notte senza essere disturbato, tu e i tuoi circuiti ipertecnologici. La prima volta che hai preso in mano quella radiolina, da piccolo, ti è sembrato affascinante come una cosa così piccola potesse fare il suono di una band in carne e ossa, hai voluto capire come funzionava, e quando ci sei riuscito ti sei appassionato.>>, lo interrompo facendomi scura in volto.
<< E’ comprensibile. Sai, ti ricordi la mia recita alle elementari, io facevo l’angelo che annunciava la nascita di Gesù, avevo tutti i boccoli biondi, l’abito bianco cucito da nonna e le ali di tulle. Mi sono sentita come te e la tua radiolina pressappoco. Non ero mai montata su un palco prima, avevo le luci negli occhi, sentivo che tutti gli sguardi erano puntati su di me, e mi è piaciuto! Non ero più quella bambina imbranata, quella presa in giro dalle femmine di tutta la classe, non ero più quella tonta che inciampava sempre e passava le ricreazioni da sola. Non ero più quella strana, ero un angelo mandato da Dio, e ho recitato la mia parte pensando:” Non vi piace la Delphi di tutti i giorni? Beccatevi l’angioletto!”>>, mi ricordo con un sorriso. Spero capisca, non lo vedo, è girato, chino sul piano della cucina a mescolare la pasta nella ciotola, per mischiarla con il sugo.
<< Io ho studiato per arrivare dove sono adesso. Tu non hai mai studiato, non credo così tanto nelle tue capacità, mi spiace. Io voglio che se tu realizzerai il tuo sogno esso possa durare, e non che tu sia solo una meteora, una stella passeggera… >>, mi risponde papà.
<< Tu… tu non credi nelle mie capacità?>>, domando con voce tremante. Non devo piangere, è che non me l’aspettavo. Forse non sono così brava…
<< So che hai un talento, ma devi studiare a fondo per diventare una grande attrice>>, afferma, senza ancora girarsi verso di me.
<< Mi hai mai vista recitare papà?>>, gli domando.
<< Non rinfacciarmi di nuovo questa storia, avevo un importantissimo colloquio di lavoro quella sera!>>, esclama burbero.
<< Non mi giudicare se non mi hai mai vista!>>; esclamo battendo i pugni sul tavolo.
<< Esigo rispetto da te, sei mia figlia!>>, esclama portando la pasta in tavola. Mi fiondo a prendere i piatti e li sbatto violentemente sul tavolo:<< Io esigo una possibilità! Ci sarà tempo dopo per migliorarmi, quando mi ricapita un’occasione simile?>>, domandò.
<< Mi pare che tu vada a scuola con Kilari Tsukishima, basta che glielo chiedi e lei ti dà il lavoro>>, osserva adirato.
<< Se a me piacesse il lavoro che mi hanno offerto ora?>>, insinuo.
<< E sentiamo un po’, che lavoro sarebbe?>>, domanda ironico.
<< La parte da protagonista in un film di un famoso regista!>>, esclamo incrociando le braccia e battendo il piede vervosamente.
<< Ma davvero? Se non sai neppure recitare!>>, mi canzona.
<< Loro la pensano diversamente!>>, gli rinfaccio.
<< Ma loro non sono tuo padre!>>, mi liquida. Mi viene voglia di piangere:<< C’è un ragazzo che mi piace come nessun ragazzo mai prima d’ora. Se ottenessi la parte potrei fingere per due ore di essere la sua fidanzata… solo due ore, ma a me bastano. E’ vero che la mamma la conoscesti alle elementari, che fu amore a prima vista?>>, gli domando. Sento che ho cominciato a piangere.
<< Delphi, è una cosa totalmente diversa>>, mi sussurra.
<< Alla mia età era tanto diversa? Alla mia età non volevi solamente abbracciarla, baciarla, sussurrarle piano che la amavi e passsare un pomeriggio con lei come due che si piacevano? Per sentirti grande, anche, perché è così che si cresce…>>, singhiozzo. Lui tace.
<< Sei troppo piccola per baciare un ragazzo>>, mi dice. Ah, questa è bella!
<< Non sono troppo piccola per trasferirmi in una città dall’altre parte del mondo e imparare una lingua totalmente diversa dalla mia! Non sono troppo piccola per prendermi le mie responsabilità e attraversare un dedalo di quartieri a me sconosciuti ogni mattina per andare a scuola! Per le cose che ti fanno comodo non sono troppo piccola, poi arriva il momento di fare il padre e lasciarmi crescere e a quel punto tutto cambia!>>, esclamo.
<< Non ci si può fidare dei ragazzi al giorno d’oggi, hanno in testa una sola cosa!>>, papà stringe i pugni.
<< Perché tu no, vero? I ragazzi di oggi di qui, i ragazzi di oggi di là, ma tu non eri tanto diverso, sei pur sempre un maschio! Non è che in trent’anni è cambiato il codice genetico umano!>>, eccomi, adesso sono davvero incazzata.
<< Io non mi sarei permesso di fare niente a tua madre!>>.
<< Seiji ne farebbe ancor meno a me, è un modello di educazione!>>, affermo.
<< Ma se è solo questo Seiji il motivo per cui vuoi recitare allora è davvero una motivazione sciocca>>.
<< Noooo! Era solo una delle tante motivazioni!>>, esclamo stizzita.
<< Delphi, basta, ti prego>>, mi supplica, inforcando un fusillo e portandoselo alla bocca.
<< Io non mi sono ma creduta chissà chi, ho un problema che condiziona la vita di tutti quelli che mi stanno attorno oltre che la mia, io non voglio storie d’amore, finirebbero malissimo. Eppure… io penso sempre a te, ogni minuto che passa, e più cerco di convincermi che è meglio per entrambi starci lontani, più che mi viene voglia di passare ogni minuto insieme a te… mi dispiace, io so che non puoi contraccambiare i miei sentimenti, Rikyu, ma anche se ti ho detto questo non mi abbandonare, io ho bisogno di te…>>, recito la mia parte singhiozzando, immaginandomi di avere Rikyu al fianco, di essere la bellissima Sakura, e di avere paura.
<< Delphi?>>, mi domanda papà. Io faccio finta di abbracciare un Rikyu immaginario e di piangere sulla sua maglietta.
<< Ok, basta, ti ho detto, smettila!>>, mi ordina papà. Ma io non riesco più a fermare le mie lacrime. Nn è forse questa l’interpretazione più importante e al contempo difficile della mia vita? Devo dare il massimo, è da questa che dipenderà il mio futuro.
<< Rikyu mi dispiace, mi dispiace tanto…>>, singhiozzo.
<< Delphi, ti ho detto di piantarla>>, mi ordina papà. Devo essere più convincente…
<< Ti ricordi quando ci incontrammo per la prima volta, tu correvi, non mi hai visto e ti sei scontrato contro la mia sedia a rotelle; sono finita per terra e da allora ti sei sentito così tanto in colpa da essere diventato una specie di schiavo che mi seguiva ovunque… la prima volta che mi hai abbracciato io ho sentito la tua maglia che profumava di ammorbidente, la tua maglia era lì per confortarmi, come se fosse stata la tua mano che mi tendevi per asciugare le mie lacrime, ed è lì che ho capito di amarti. Ho capito che ho bisogno della tua maglietta, ho bisogno che tu mi sorrida, e non come gli altri che lo fanno per pietà, tu mi sorridi perché sorridi a tutti, perché vuoi bene a tutti. Non sai quanto bisogno abbia di essere amata, tutti mi considerano solo come handicap, non mi vedono come una persona… Però io mi sono innamorata. E solo le persone riescono a provare un sentimento così forte, e io ti ringrazio Rikyu, perché nonostante noi non potremo mai stare insieme mi hai fatto conoscere questo sentimento. Hai fatto capire a me prima di tutti che sono una persona vera…>>, improvviso penosamente. Però Sakura non sa certo quello che deve dire finchè non apre bocca e lo dice, un po’ di titubanza non guasta, mi rende più credibile.
<< Mangia la tua cena, Delphi>>, mi sussurra papà, con un tono che non ammette repliche, però è emozionato. Lo guardo negli occhi, occhi lucidi da cui sgorga una lacrima solitaria all’angolo dell’occhio. Sorrido fra le lacrime, ma non devo cantar vittoria, non mi devo illudere, forse ho frainteso.
Mi chino e inforco la pasta e la assaggio, è ormai fredda. La mano di papa mi porge un tovagliolo di stoffa pulito, per asciugarmi le lacrime, io lo predo e delicatamente mi tampono gli occhi che cominciano a bruciare.
<< Delphi, che mi volevi dimostrare inscenando quella situazione?>>, mi chiede papà. Io alzo le spalle senza guardarlo negli occhi:<< Semplicemente farti vedere come recito, ma avrei fatto meglio a evitarlo, da sola sembravo davvero una stupida>>, comincio a ridacchiare di me e tiro su con il naso.
<< Dei due chi è più stupido? Una che recita da sola, o uno che si commuove a vedere una che recita da sola?>>, domanda ridacchiando mesto. Sorrido.
<< Sei decisamente tu il più stupido papà>>, ammetto.
<< Grazie tesoro, sempre moto gentile, e io che pensavo anche di permetterti di recitare, ma se la metti su questo piano…>>, scherza papà.
<< Ho detto papà? Volevo dire io, io, assolutamentissimamente io>>, aggiungo annuendo, e poi scoppiamo a ridere. Allora è fatta.
<< Allora, che devo fare per permetterti di fare questo film?>>, mi chiede. Io sfilo il copione e la delega dalla borsa. Indico lo spazio in cui deve compilare i miei dati e poi firmare e gli porgo anche una penna.
Inizia a compilare il foglio:<< Ti confesso che sono comunque un po’ preoccupato…>>, ammette.
<< Di cosa papà?>>, domando sospirando.
<< Se sarai presa con il lavoro non starai più con il tuo papà!>>, esclama facendo gli occhi a cucciolo. Scoppio a ridere:<< Papà, per te troverei sempre tempo, tranquillo!>>, gli assicuro, e lui si asciuga teatralmente il sudore dalla fronte.
<< Allora… posso chiamare Kilari, giusto per dirle che mi hai dato il permesso, mi sembra il minimo informarla…>>, dico. Lui annuisce, io mi alzo e mi fiondo nell’ingresso, alzo la cornetta del telefono e digito il numero. Aspetto un po’, e poi la voce di Kilari annuncia:<< Casa Tsukishima, posso esservi d’aiuto?>>.
<< Ciao Kilari!> Papà m’ha dato il permesso!!!>>, esclamo.
<< Aaaaaah!!!!>>, urla lei di gioia.
<< Waaaaaaaaah!!!!!>>, rispondo io.
<< AAAAAAAAAAAAAAAAAAH!!!!!!!!>>, aggiunge lei ancor più eccitata.
<< Adesso ci denunciano per disturbo alla quiete pubblica!!>>, esclamo senza però riuscire a damri un contegno.
<< AAAAAAAAH!!!!>>, ripete Kilari.
<< Calma, calma…>>, ansimo io tentando di riprendere il controllo.
<< Sì, scusa… >>, ansima anche lei.
<< Allora ci vediamo domani a scuola…>>, mi saluta.
<< Sì, ciao…>>, le rispondo.
<< Adesso chiamo Hiroto e Seiji per dirglielo!>>, esclama.
<< Non penso gli importi!>>. << Scherzi? Tempo una settimana e sarai parte integrante del gruppo!>>, afferma. Io arrossisco.
<< Allora a domani.. ciao…>>, riattacchiamo. Sono così felice che… che… Farei meglio a imparare la parte a memoria, torno in cucina a prendere il copione e poi salgo in camera tutta baldanzosa.
Darò il massimo al provino, e la parte sarà mia!

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Capitolo 9
*** Sweet Escape ***


ANGOLO AUTRICE:
Mie care ragaSSuole grazie per le recensioni… Lion, thanx, perché non lo fai per pietà… ;)
Purtroppo forse Kilari non è conosciuta, a parte il fatto che io scrivo senza pretese quindi potrei benissimo risultare illeggibile, e anche se voi due mi dimostrate molto il vostro entusiasmo le visite rasentano la ventina per ogni capitolo! Se mi potete indicare qualche sito dove segnalare la fan fiction (anche io ne cercherò ovviamente) mi piacerebbe sapere altri pareri, e che mi dicano anche se scrivo delle scorrettezze, perché voglio migliorarmi, e non ripetere i soliti errori! E poi dopo che ho scritto tutte queste paginate di roba sarebbe appagante vedere che vengo seguita un po’ di più. Comunque non mi riferisco alle mie commentatrici: VOI SIETE FANTASTICHE! xD
E questa era un po’ la mia premessa da disperata, ma non temete (oppure tremate? xD) sta per arrivare il prossimo capitolo! Buuuuu!!!!
Mi scuso in anticipo per gli errori che correggerò appena posso, è che ho scritto il capitolo quand’ero stanchissima, e non ero pienamente cosciente delle cose che scrivevo xD

Arranco sfinita sul marciapiede, devo arrivare a scuola prima che suoni la campana io.. io devo…
Sbadiglio senza trovare il tempo di portarmi la mano alla bocca e sbatto le palpebre più volte per mettere a fuoco il marciapiede su cui cammino. Mi siedo alla fermata dell’autobus, come di consuetudine ogni mattina e spero di non addormentarmi prima che arrivi l’autobus. Ho passato l’intera notte a studiare la parte, ero così eccitata all’idea di fare il provino! Solo ora capisco a mie spese che non è stata una buona idea.
L’aria tersa di questa mattinata di ottobre mi sveglia un po’, getto uno sguardo oltre le case, ai grattacieli della città. Tokyo mi piace, Firenze mi manca. E anche se respingo sempre questo pensiero lui è lì, appena ho un attimo di cedimento salta fuori, come per ricordarmi che posso provarle tutte, ma lui resta, lui è invincibile. Mi perdo in un lungo sospiro, accoccolata sulla panchina ad attendere il mio autobus.
Io non so più neanche come sentirmi, percepisco solo un gran vuoto che non fa male, che non è niente, che mi lascia sola a ricostruire la mia vita cominciando da zero. Non provo emozioni, solo stanchezza, stanchezza di sentire questo niente opprimente che rende tutto quello che faccio una banalità.
Alzarsi dal letto, andare a scuola, tutto banale, tutto uguale.
Perfino diventare un’Idol o vedere il sorriso di Seiji, davvero mi coinvolge così tanto come credo?
Mi sento piatta, intrappolata in una bolla di vetro. Ma forse è il sonno… forse sono solo stanca, gli occhi mi si chiudono e vorrei dormire sotto le mie coperte calde, e per questo vedo la realtà deformata. Di sicuro.
Quando l’autobus arriva io mi lazo lemme e monto stropicciandomi gli occhi, per mettere a fuoco il mio cammino (sia mai che rovesciassi i sacchi della spesa di qualche amabile cin-cin-nonnetta).
<< Buongiorno Delphi!>>, quella voce. Quella voce mi fa sorridere sempre come un’ebete, mi giro e lo vedo. O meglio, vedo un tizio con un lungo cappotto, un cappello e degli occhiali a spirale, ma ormai so bene chi è.
<< Seiji…>>, sbadiglio mettendomi appena in tempo la mano davanti alla bocca.
<< Delphi, che hai?>>, mi domanda. Io alzo le spalle con occhi vacui.
<< Ho passato l’intera notte a studiare la parte>>, ammetto sbadigliando di nuovo.
<< Vieni siediti qui, sei molto stanca>>, mi dice alzandosi dal suo posto, e io mi schianto come un budino contro il sedile. Lui si aggrappa ai pali di sostegno, rimanendomi accanto, e inizia a chiedermi qualcosa. Io sento solo un’eco lontano e la mia testa penzola di lato, si appoggia su qualcosa di morbido e caldo. Sospiro compiaciuto.
<< Delphi!>>, l’esclamazione non è che un sussurro lontano, una ninna nanna. Lo sento ridere, so che è lui, e sorrido anch’io, mentre una mano calda mi accarezza la fronte e mi scompiglia affettuosamente i capelli.

Qualcosa, o qualcuno, mi afferrano con delicatezza la testa e mi tira un cosiddetto “biscotto” in fronte. Papà me lo tirava da piccolina per farmi gli scherzi.
Apro gli occhi sbadigliando e stiracchiandomi, e, tanto per fare il punto della situazione:
-luogo: autobus
-situazione: tutti mi stanno fissando allibiti
-clamoroso! Ho la testa appoggiata al fianco di Seiji.
Dev’essere stato lui a tirarmi il biscotto in testa. Arrossisco, non appena realizzo di essermi addormentata.
<< Delphi, tra poco è la nostra fermata!>>, mi sorride, e io mi alzo mio malgrado, nonostante voglia dormire ancora. Non mi importa se non è il moment, il luogo e la situazione più adatta per schiacciare un sonnellino, ma sono veramente esausta.
Scendiamo davanti alla scuola e ci avviamo a passo lento.
<< Forse non dovresti partecipare alle lezioni>>, osserva Seiji appena prima di varcare il cancello dell’Istituto.
<< Scherzi?! Non posso saltare scuola, papà non sarebbe d’accordo, si infurierebbe…>>, borbotto con la voce impastata di sonno.
<< Basta che non glielo dici!>>, osserva Seiji. Non lo facevo così ragazzaccio!
<< E dopo chi mi firma la giustificazione?!>>, esclamo scuotendo la testa.
<< La che?>>, domanda Seiji.
<< Quel foglio in cui i genitori spiegano perché non sei andato a scuola il giorno prima>>, gli spiego.
<< Beh, in questa scuola non serve!>>, mi afferma convinto.
<< Bene, ammesso che si possa fare, che ci faccio un giorno intero a bighellonare per Tokyo, con la vitalità di uno zombie?>>, domando perplessa. Seiji riflette per un po’, poi sembra colpito da una folgorazione.
<< Vieni a casa mia!>>, propone.
<< Ma che ti sei fumato!!!>>, esclamo sconvolta.
<< Mi sembrava una buona idea… così hai un posto dove dormire in santa pace senza che tuo padre lo sappia…>>, lui alza le spalle arrossendo.
<< Ospite a casa tua?! E tua madre? E poi io neanche so dove vivi!>>, esclamo scuotendo la testa imbarazzata.
<< Mia madre lavora a Osaka e torna solo nei fine settimana, mio padre torna tardi la sera, e ovviamente te lo faccio vedere io dove vivo!>>, mi tranquillizza.
<< Seiji, la campana suonerà fra dieci minuti, come credi di poter andare a casa tua aprirmi la porta e sistemarmi (e a proposito, grazie, sei molto gentile) e tornare indietro per le lezioni?>>, domando.
<< Ma che restavo a casa anch’io era implicito, anch’io sono stanco, i ritmi di un’Idol sono davvero pesanti, e non ho voglia di andare a scuola oggi, ho tutte materie poco importanti>>, mi risponde alzando le spalle.
<< Non è comuauooonque una buona idea>>, commento sbadigliando.
<< Sai che se ti addormenti in classe ti mandano addirittura dal Preside qui?>>, mi informa.
<< Maniaci della disciplina, vi detesto voi giapponesi>, commento acida.
<< Anch’io spesso ci detesto…>>, ammette, e mio malgrado scoppio a ridere.
<< Dai, andiamo…>>, mi prende per mano e mi porta nuovamente ala fermata dell’autobus, io mi lascio guidare un po’ perché presa dal sonno, troppo stanca per controbattere di nuovo, un po’ perché senza volerlo ammettere l’idea mi piace. Che me lo fa fare di andare a scuola quando posso benissimo dormire?
<< Seiji, sei gentilissimo…>>, commento sbadigliando e gettandomi esausta sulla panchina, mentre la campanella (il campanile piuttosto) suona, e vediamo gli studenti sciamare dentro la scuola.
<< Chi ti dice che non lo faccio per me?>>, domanda pensieroso. Non riesco a collegare quello che dice con qualcosa di sensato, mi limito a sbadigliare di nuovo mentre gli occhi mi si riempiono di lacrime, mi succede spesso quando ho sonno.
<< Vediamo dove puoi dormire tu…>>, si mette a pensare lui. Io gorgoglio placida senza quasi starlo a sentire.
<< Camera dei miei è chiusa a chiave, resta camera mi e il divano>>, ammette desolato.
<< Il divano va benissimo>>, borbotto assonnata.
<< Ma è scomodo!>>, controbatte.
<< A maggior ragione ci dormo io, ti sto già chiedendo troppo>>, lo zittisco. Mi sento quasi in colpa, vorrei ricambiare la sua gentilezza.
<< Veramente è partito tutto da me, tu non hai chiesto niente>>, mi fa notare. Io sbuffo.
<< Mi sentirei in imbarazzo a dormire nel tuo letto>>, ammetto infine.
<< Perché?>>, mi domanda ingenuamente. Arrossisco:<< Beh, perché ci dorme un ragazzo e…>>, è difficile inventarmi una scusa quando crolli dal sonno.
<< E…?>>, mi incalza lui.
<< Non sei corretto, vuoi estorcermi rivelazioni hot approfittando della mia stanchezza>>, mugolo. Lui scoppia a ridere.
<< Perché, scusa, hai rivelazioni “hot” su di me?>>, domanda divertito.
<< Certo che no! >>, esclamo, forse con un po’ troppa alterazione. L’autobus si ferma con un cigolio davanti a noi, e ci saliamo per la seconda volta in poco tempo.
<< Allora, visto che non hai rivelazioni hot, puoi benissimo dormire nel mio letto>>, dice. Per quanto la mia lucidità mentale me lo consente, lo fulmino con lo sguardo.
<< Ok, la smetto, tranquilla… è che non mi piace l’idea che un’ospite si ritrovi a dormire sul mio divano, è molto irrispettoso>>, mi dice. I sospiro. Dopo cinque minuti (credo), mi tira per la manica e mi alzo lentamente. E’ la fermata giusta.
Scendiamo dall’autobus e lo seguo, svolta a destra, poi a sinistra, poi di nuovo a sinistra e al numero 18920 Lui apre il consueto cancello scorrevole e mi fa entrare in giardino, ma sono troppo assonnata per fare qualche commento sensato. Apre la porta di casa e mi sospinge leggermente, per farmi entrare, visto che ero rimasta imbambolata a fissare il vuoto.
<< Che bella casa…>>, commento. Gli arredi e tutto sono molto sobri, profuma di pulito e poi le pareti sono tappezzate di quadri in carta di riso. Lui vede che li osservo, sempre che fissare con occhi vitrei un oggetto, con la bocca semiaperta da cui esce un filo di bava si possa definire osservare.
<< Mia madre dipinge>>, lo dice come se si stesse scusando.
<< Appoggia pure la tua borsa a terra!>>, mi grida dalla cucina, in cui è entrato pochi istanti fa. Metto la cartella in un angolo e muovo alcuni passi incerti. Individuo il divano ma non ho il coraggio di buttarmici di schianto come vorrei, sono pur sempre in casa di altri.
<< Vieni, Seiji, esce dalla cucina con un bicchier d’acqua e comincia a salire le scale, e io lo seguo con meno entusiasmo. Forse si è ricordato di un altro divano più comodo al piano superiore.
Apre una porta e mi indica di entrare, io lo ringrazio sussurrando e mi addentro nella stanza.
<< E’ camera tua? Che bella…>>, sbadiglio.
<< Grazie… Accomodati pure>>, mi dice indicandomi il letto. Io mi siedo mentre lui accende il computer.
<< Scusami tanto se ti faccio aspettare ancora un po’ Delphi, è che è di vitale importanza che io controlli una cosa…>>, mi dice.
<< Ah sì? E perché?>>, domando confusa, appoggiandomi al capezzale del letto, esausta.
<< Puoi togliere le scarpe se vuoi…>>, mi dice distrattamente mentre clicca qualche link che non capisco ora come ora. Vorrei dirgli che non ce la faccio ad aspettare, che mi si chiudono gli occhi, che ha un letto comodissimo e vorrei tanto schiacciare un pisolino, ma basterà aspettare un po’ e mi accompagnerà… a…
Sento un tocco lieve che mi sistema distesa su una nuvola, e poi qualcosa di morbido avvolgermi:<< Alla fine ce l’ho fatta…>>, mormora una voce divertita.
Seiji l’ha fatto apposta, voleva per forza che dormissi nel suo letto, che disonesto. Un disonesto molto gentile…

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Capitolo 10
*** La Canzone Per Non Dimenticare ***


ANGOLO AUTRICE:
Grazie… adesso modifico l’introduzione come credo di aver capito. (me imbranata). Bene, per quanto riguarda forum di Kilari l’ho trovato anch’io ma ho un grosso problema, ovvero mi ero già iscritta al detto forum, non ricordo la password e quando me la faccio rinviare anche se confermo e tutto non mi fa accedere, quindi è un problema per me… vedrò che posso fare.
Intanto posto un altro capitolo, che sennò perdo io stessa il filo della storia!
L'8 Marzo 2010 ho modificato il capitolo in quanto ieri sera ero presa dal sonno e non mi piaceva ciò che ho scritto, e inoltre non riuscivo a risolvere dei problemi legati alla visibilità dei dialoghi.

L’aria vibra, a una decina di metri da me i contorni dello scivolo tremano e si piegano sotto un alito di vento rovente. Sono ai giardinetti pubblici del mio vecchio quartiere, è estate, mi dondolo placidamente sulla vecchia altalena cigolante, con le mani ben strette alle catene arroventate. Il suono familiare delle cicale mi culla, proviene da ogni dove, dalle cime dei pini con la corteccia scagliosa. Prendo un respiro e la sento, l’aria torrida che profuma di felicità, quella calma estrema e assolata che io amo più della mia stessa anima. Ah, l’estate… la mia estate.
Appoggio i piedi a terra, avvolti in un paio di vecchi sandali di pelle sgualcita a cui sono tanto affezionata… ce li ho da molti anni, e anche se adesso un bel pezzo di calcagno poggia a terra io non li voglio buttare via, sono legata a loro, con tutti i ricordi che mi danno, tutte le sensazioni di estati passate… Sono lì per ricordarmi che posso perdermi in un sacco di sciocchezze e di problemi inutili durante l’inverno, ma il sole torna, loro, i miei vecchi sandali, tornano, e quando senti così forte il passare delle stagioni, capisci che il barlume di speranza per cui hai resistito un anno intero, per cui hai lottato, pianto e sorriso, lui non ti ha deluso. Quando gli altri ti deludono l’estate mantiene sempre la promessa. Grazie.
Grazie sandali, i miei piedi fanno male perché siete troppo piccoli, ma è un bel segno anche questo… sono cresciuta. Io non me ne accorgo, ma voi sì, e me lo dite a modo vostro.
Mi alzo in piedi e sorrido mesta: questa è la mia ultima estate, anzi, il mio ultimo giorno d’estate. Di tutta la vita, o almeno di una buona parte. Non posso credere che me la tolga così senza neanche chiedere, l’estate è mia, l’estate è l’unica cosa in cui credo, l’unica cosa che amo davvero, e lui me la ruba.
Mi viene da piangere come una stupida, nel momento in cui devo salutare la mia vera migliore amica. Non lascio nessuno qui a Firenze per cui valga la pena di piangere, tranne lei, la mia stagione.
La prossima estate che vivrò non avrà questo dolce caldo torrido, né un sole così splendente, nessun cicaleccio mi cullerà, nessun grillo la sera, nessun gracidare di rana. La mia prossima estate sarà solo una stagione come le altre, farà un po’ più caldo, ma non avrò bei ricordi da evocare con i miei vecchi sandali per i quali non piangerò.
<< Andiamo Delphi, non sei una bambina>>, mi dice un ragazzo stravaccato su una panchina, intento a digitare qualcosa sul suo cellulare.
<< Stai zitto!>>, esclamo stringendo i pugni e tirando su col naso.
<< Che bischera…>>, ridacchia. Mi sento davvero offesa, ma so che è vero, che sono solo una deficiente che piange sempre, e che ora basterebbe fare un pensierino nella mia testa, dire chissene importa e svoltare pagina, per cominciare bene.
<< Perché non dimentichi e basta?>>, mi domanda, alzando appena lo sguardo dal display.
<< Perché non voglio>>, dico singhiozzando. Lui sorride mesto.
<< Neanch’io voglio dimenticarti, ma se ti ricorderò soffrirò e basta>>, ammette.
<< Tu non mi ami davvero, Mattia, tra poche settimane mi avrai dimenticata>>, lo rassicuro sedendomi accanto a lui sconsolata.
<< Non è vero. E poi ti capisco se non vuoi dimenticare. Dimenticare è da vigliacchi, e anche se i ricordi fanno male ti dicono chi sei, e quello che sei capace di provare>>, il ragazzo mi abbraccia teneramente.
<< Io non credo di essere innamorata di te Mattia…>>, sussurro, lui alza le spalle:<< Non voglio dimenticare neanche questo>>, ammette.
<< Però penserò a te con molto affetto, sei uno dei miei migliori amici>>, gli sorrido tra le lacrime.
<< Se tu mi penserai anche io ti penserò, e lo sentiremo anche attraverso le migliaia di migliaia di kilometri che ci separeranno. Così tu sentirai Firenze, io sentirò te>>, mi promette. Mi viene da ridacchiare, il mio amico è un po’ bizzarro, ma anche un gran poeta, lo ammetto.
<< Ti ricordi quella canzone di Miley Cyrus che mi facesti ascoltare tempo fa? Ti dissi che era orribile, troppo commerciale, e Miley Cyrus era solo una stupida marionetta della Disney?>>, mi chiede. Io rifletto un attimo.
<< Ti riferisci a Goodbye?>>, domando.
<< Proprio quella. Avevo detto una cazzata, in realtà la canzone mi piaceva, ma non te lo volevo dire, mi vergognavo. Sai, l’ho scaricata… Stavo pensando che se a te piace ancora possiamo farla diventare la nostra canzone per non dimenticare>>, dice inserendo le cuffie al cellulare, e me ne porge una. La prendo con mano tremante, so già che piangerò più di prima. Me la porto all’orecchio e la musica parte.
La melodia sembra voglia trascinarci dentro tutta la nostra vita. Il mio tredicesimo compleanno, il mio migliore amico delle elementari, la comunione, il primo cellulare… ma a che sono servite queste cose?


Apro gli occhi, un tenue bagliore mi investe le guance, e io mi giro in un letto che so per certo non è il mio. Lo so perché il cuscino profuma di uno shampoo che non uso, e il materasso è più morbido del mio. Ricordo perfettamente come ci sono finita, mi alzo a sedere, la stanza di Seiji è deserta. Sul comodino una sveglia elettronica mi dice che è mezzogiorno. Mi sento ancora un po’ stanca, ma non approfitterò dell’ospitalità di Seiji ancora a lungo. Mi alzo in piedi e velocemente, rifaccio il letto, poi mi guardo riflessa nel vetro della finestra, mi sistemo i capelli e scendo le scale, sperando di trovarlo a colpo sicuro. Anche il piano inferiore è deserto.
<< Seiji…?>>, lo chiamo titubante mentre salgo nuovamente le scale. Busso ad ogni porta, senza ricevere risposta, e mi entra il panico. Scendo le scale per la seconda volta, senza sapere bene cosa fare, passo davanti alla porta a vetri poi torno indietro. L'ho visto, è in giardino, seduto sul portico.
Apro la porta e mi avvicino, gli poso una mano sulla spalla, lui si gira togliendosi una cuffia dall'orecchio.
<< Ho preso in prestito il tuo mp3>, mi dice.
<< Ti piace la mia musica?>>, domando sedendomi accanto a lui e portandomi una delle cuffie all'orecchio. Siamo così vicini....
<< Sì, è bella...>>, ammette. Adesso il mio mp3 sta riproducendo Splendida Follia.
Comincio a fissarlo, penso che questa è la canzone che hjo sempre sognato di ascoltare con lui... magari abbracciati.
Inclino la testa di lato, presa da un attimo di coraggio, o forse di splendida follia, e mi appoggio alla sua spalla.
Si gira lentamente verso di me, mi guarda un po', poi anche lui inclina la sua testa di lato e la posa sulla mia e restiamo così, soli con il rumore delle canzoni e del battito dei nostri cuori, senza dire niente. Perchè io non saprei che dire, lui sta zitto e basta.
<< Hai fame?>>, mi chiede.
<< No>>, rispondo sospirando. Nessuno dei due si muove, sarebbe come rompere una sorta di equilibrio cosmico.
<< Tuo padre si preoccuperà se non torni a casa>>, mi dice Seiji. Ho capito, vuole che la smetta, che lo lasci in pace.
<< Hai ragione... ancora grazie per l'ospitalità>>, gli dico, e lui mi sorride. Ci alziamo e io prendo la mia cartella, insieme all'mp3 che Seiji mi sta porgendo.
<< Ci vediamo domani a scuola, ok?>>, mi dice.
<< Sì, ok, farò im ,odo da non addormentarmi in piedi>>, gli assicuro. Mi metto lo zaino in spalla e me ne vado. Fine del tempo passato con Seiji, fine della magia.
E se vi state chiedendo se sono stupida... sì, lo sono. Ne vogliamo fare una questione di stato? Io sì...devo guarire dalla mia stupiditaggine e capire una volta per tutte che non è giusto, la devo smettere, la devo smettere!!!

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Capitolo 11
*** L'Audizione ***


Ci siamo. No, rettifico, ci sono.
E’ giunto il momento in cui io, cioè noi… ma più io… insomma, l’audizione! Stringo i pugni affondando le dita in un lago di sudore, sento lo stomaco rivoltarsi, neanche stessi facendo le montagne russe. Ora vomito, so che vomito…
Sono seduta in camerino, mentre mani esperte e affusolate mi sbattono sulla faccia chili di trucco, e altre mani ancora mi legano i capelli come una ragazzina ricca e viziata, lasciandomi i boccoli biondi lunghi sulle spalle e mettendoci un fiocco rosso dietro. Très chic…
<< Voltati verso la luce, Delphi>>,mi dice la truccatrice, facendo un notevole sforzo per pronunciare correttamente il mio nome. Io inclino la testa in modo che la luce bianca della lampadina mi colpisca in pieno volto, accecandomi. Non appena hanno finito mi fanno alzare , alcuni mi sistemano le pieghe della divisa scolastica, altri mi piegano i riccioli seicento volte perché non restano nella posizione in cui li hanno messi, è come se tutti mi volessero mettere le mani addosso. Barcollo confusa, e la parrucchiera mi riprende appena in tempo o sarei finita per terra. << Grazie>>, mormoro emettendo un risolino imbarazzato, poi li saluto arrossendo e mi fiondo fuori dal camerino nello studio.
<< Senti… Delphi?>>, mi sento chiamare, così mi giro, non nascondo di sentirmi a disagio. E la gonna è davvero troppo corta.
<< Hiroto, che sorpresa, ci sei anche tu?>>, domando. In un certo senso sono sollevata, mi preoccupavo all’idea di dover recitare davanti a dei totali sconosciuti, ma mi sento anche molto imbarazzata, proprio perché conoscendolo se dovessi fare qualche errore avrò sempre il suo sguardo addosso a ricordarmi la figuraccia.
<< Ci siamo tutti! Però devi sapere una cosa…>>, mi dice Hiroto trascinandomi in un angolo appartato. Io deglutisco guardandolo negli occhi.
<< Erina Ogura non si lascerà soffiare via la parte facilmente, ricorrerà anche a scorrettezze… io farò di tutto perché non ti metta in ridicolo, ma tu stai molto attenta e cauta, hai capito?>>, mi dice serio, e io annuisco, anche se non sto davvero annuendo per cosa dice, più che altro è che ogni volta che un ragazzo così carino mi si avvicina, pianta i suoi occhi nei miei e mi stringe le braccia così forte comincio a non capirci più nulla e potrei scambiare la mia merenda con una scimmia come se fosse la mia compagna di banco.
Lui annuisce convinto, poi mi lascia e si avvia oltre, e io sbatto le palpebre, priva di espressioni, per poi scrollarmi e cominciare a capire nuovamente qualcosa. Avrei fatto meglio a non farlo, ora mi torna il batticuore e la pressione a mille. Mi avvio e apro la porta dello studio, entrando. Sono in anticipo di qualche minuto, i cameraman e i tecnici stanno ancora sistemando l’impianto.
<< Buonjorno, mon amie!>>, mi saluta baldanzoso il regista, Pierre Takada. E’ così basso da sembrare un funghetto.
<< Est-ce que vous parlez français?>>, domando, notando il suo accento. Dimmi di sì, supplico mentalmente, così non dovrò cercare le parole sul dizionario quando ci parliamo.
<< Mais, oui! Oulalla… nous avons une linguiste ici!>>, esclama Takada con uno scintillio commosso negli occhi.
<< Je ne parle très bien le japonaise, est-ce que je peut parler en français avec vous? Juste pour comprendre…>>, gli domando speranzosa.
<< Ehi, si può sapere che vi dite?>>, Seiji spunta all’improvviso, e io sento che ora ci lascio la pelle:<< Ciao, Seiji! Io e il signor regista stavamo parlando in… comment je dis “français” en japonaise?>>, domando al regista, e lui mi suggerisce gioviale.
<< Ti sei messa in grazie il regista, vedrai che la parte è tua>>, mi assicura Seiji, già con indosso i vestiti di scena.
<< Beh, lo spero tanto…>>, gli sorrido. Come fa quel conduttore alla tv? Daimonji mi pare si chiami… sguardo di sbieco. Chissà se funzionerebbe con Seiji!
<< Proviamo prima con Erina Ogura… ma dov’è?>>, domanda il regista.
<< Eccomi>>, dice Erina, spalancando la porta dello studio, ed entrando. Me la immaginavo molto più bella, diva, ma è solo una ragazza con indosso una divisa scolastica. Mi fissa scettica, e mentre mi passa davanti per raggiungere la sua postazione sul set mi sussurra:<< Pensavo fossimo amiche, ma non importa… la parte è già mia>>, e poi scoppia a ridere. Non posso fare a meno di fissarla perplessa, mentre si siede sulla sedia a rotelle, e dietro di lei Seiji sta in posizione precaria tra quattro mura strette e buie… sembra davvero uno sgabuzzino delle scope. Erina recita la sua parte con troppa enfasi. E Seiji è… è perfetto!!!
<< Bene! Adesso proviamo con Delphi, avanti!>>, esclama il regista, e mi fa addirittura l’occhiolino. Fa che non succeda niente, fa che non succeda niente….
Mi siedo sulla sedia a rotelle, e impiego qualche secondo per immedesimarmi. Sono paralitica, lascio penzolare mie gambe, tenendo i piedi un po’ storti, come se stessero lì per caso e non sapessi come raddrizzarli. La faccia è quella triste di chi ha sofferto molto, lo sguardo non ha il coraggio di incontrare Seiji. E io lo amo pazzamente, questo non è difficile da fingere.
<< Action!>>, esclama Takada, e tutti i tecnici si voltano confusi per chiedergli di ripetere in una lingua comprensibile. La cinepresa parte.
<< Rikyu, quando pensi che ci verranno a prendere? Ho paura…>>, mormoro stringendo i pugni, e fissando Seiji, come quel pomeriggio alla creperie.
Come in quel pomeriggio i nostri volti sono vicinissimi, e i nostri respiri ci scompigliano i capelli, così arrossisco e pianto di nuovo lo sguardo a terra, portandomi la mano serrata e tremante davanti alla bocca, come se fossi davvero emozionata. Non c’è tempo per vedere se il regista ha apprezzato questo slancio di “sincero coinvolgimento emotivo”.
<< Non ti preoccupare, noteranno la nostra assenza e ci verranno a cercare…>>, Seiji mi stringe a sé accarezzandomi i capelli e sento il battito cardiaco venirmi improvvisamente meno. Rovinerò tutto.
<< Rikyu… mi spiace che adesso sei in una posizione molto scomoda… se potessi fare qualcosa per te, lo farei. Perché…>>, la voce mi trema involontariamente.
<< Perché, Sakura?>>, mi domanda.
<< Non lo so… io non mi sono ma creduta chissà chi, ho un problema che condiziona la vita di tutti quelli che mi stanno attorno oltre che la mia, io non voglio storie d’amore, finirebbero malissimo. Eppure… io penso sempre a te, ogni minuto che passa, e più cerco di convincermi che è meglio per entrambi starci lontani, più che mi viene voglia di passare ogni minuto insieme a te… mi dispiace, io so che non puoi contraccambiare i miei sentimenti, Rikyu, ma anche se ti ho detto questo non mi abbandonare, io ho bisogno di te…>>, con uno scatto della testa lo fisso dritto negli occhi, e quasi glielo urlo Mi attacco convulsamente alla sua camicia e lo stringo fortissimo. Sto facendo un casino, questa non è Sakura, questa sono io, sto recitando come per farei io nella realtà, e non va bene!
<< Sai, pensavo che se ti avessi trattata sol come un’amica alla fine lo saresti diventata… Ma la verità è che dal primo giorno che ti ho vista ho lottato contro l’istinto di prenderti in braccio e portarti in un luogo tutto nostro, dove rimanere abbracciati per sempre. E se io non ti ho mai dimostrato l’amore che provavo per te è solo perché temevo che tu non contraccambiassi, o che tutto finisse male come sempre. Ma ora so che avrei dovuto dirtelo prima…>>, Seiji si adegua perfettamente a me, con un sorriso mesto, abbracciandomi delicatamente. Perché sento di nuovo le lacrime pungermi gli occhi? Sono davvero una stupida, non devo piangere, eppure comincio a singhiozzare. Io vorrei che questo succedesse per davvero, vorrei che Seiji provasse davvero dei sentimenti per me, ma lui è già innamorato, e so anche di chi. Lo vedo come osserva Kilari…
<< Mais c’est magnifique!>>, esclama Takada soffiandosi il naso, e io mi giro verso la troupe al completo, c’è addirittura di piange. Mi viene da sorridere, mentre Seiji ancora mi abbraccia senza decidersi a mollarmi. Vedo Hiroto farmi un “ok”, ma non gli vedo gli occhi, se li copre con la frangia. Secondo me piange anche lui! Che divertente!
<< Eccomi!!! Non ti lascerò girare la tua scena!>>, Erina spalanca la porta ansimando come dopo una corsa, seguita dal signor Muranishi, che appena vede che abbiamo concluso l’audizione sospira sollevato. Avrà rinchiuso Erina da qualche parte per non permetterle di sabotare la mia prova, devo ricordarmi di ringraziarlo di cuore. Erina scoppia a piangere.
<< Alours, venite qua, mademoiselles!>>, esclama Takada.
Io e Erina ci avviciniamo cariche di aspettative:<< Beh, è ovvio che la parte è della signorina Galardi!>>; ammette, ed Erina fa la faccia stralunata di chi non crede alle proprie orecchie, poi scappa urlando, poverina.
<< Delphi, non è magnifico?>>, mi domanda Seiji, e io annuisco.
<< Dopo le riprese voglio portarti a fare un giro in carrozzella per Tokyo, oltre che a fare una campagna promozionale ci divertiremo un sacco!>>, mi promette Seiji, e la speranza di quell’affermazione si imprime per sempre nei nostri due sorrisi. Seiji sei bellissimo, ma non te lo dico.

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Capitolo 12
*** Scherzavo ***


Papà è un uomo molto forte. Ha resistito al mio abbraccio stritola-ossa ieri, ha resistito ai miei pazzi urli di gioia, ai miei balletti scatenati, ai miei battiti frenetici di mani… è sopravvissuto alla mia stonatissima canzone della felicità e al mio disgustoso frullato del trionfo. E ora che mi sono calmata (si fa per dire, mi tremano braccia e gambe) mi osserva leggere una rivista per ragazze seduta sul divano con uno strano sorriso stampato sulla faccia. Io lo guardo di sottecchi, un po’ soddisfatta che la mia felicità sia anche la sua felicità. Mi rannicchio un po’ sul divano e abbraccio uno dei vecchi cuscini con la fodera di jeans e il ricamo “home sweet home” che mamma aveva fatto quando era incinta di me.
<< Le riprese iniziano domani, sai già il copione?>>, mi chiede papà ad un tratto, sereno.
<< Sì… ero così eccitata che l’ho imparato tutto in una settimana>>, ammetto un po’ imbarazzata, sfogliando una pagina del giornaletto che ho in mano.
<< Cominci a capire qualcosa di più nel giapponese?>>, mi domanda. Io lo guardo un po’ arresa:<< Credevo di iniziare a capirci qualcosa, ma in questo giornaletto non capisco neanche una parola… non so perché…>>, mormoro un po’ a disagio dando uno sguardo confusa a tutti i simboli che popolano le pagine. Papà mi si avvicina, mi sfila il giornaletto di mano e lo capovolge:<< Vedrai che se li leggi nel verso giusto capirai qualcosa>>, mi tranquillizza, e io arrossisco violentemente.

La punta del lapis gratta sul mio quaderno frenetica, stringo i pugni sudati, e tento di non alzare gli occhi. So che mi osserva, sento il suo sguardo incenerirmi, e mi provoca un forte attacco di panico. Ora mi sento in colpa. La parte se la meritava lei, io sono solo l’ultima arrivata, non posso permettermi di rubarle un posto conquistato con fatica…
Mi passo l’indice a uncino nel colletto della camicia deglutendo sonoramente, e con una sola mano mi sgancio il primo bottone, l’aria mi sta mancando.
Sento il sapore della bile in bocca, e continuo a tormentarmi i polsini della camicia. Erina, ti prego girati, mi sento già abbastanza in colpa, ti scongiuro…
Il professore va avanti con la spiegazione, e io neanche guardo la lavagna, prendo appunti in italiano pur di non dover alzare lo sguardo e incrociare quello rabbioso misto a gelosia di Erina. Sono un mostro, lo so…
<< Galardi, può ripeterci la poesia a memoria?>>, domanda il professore, e io mi riscuoto velocemente alzandomi in piedi e schiarendomi la voce, e cominciando a recitare la poesia che ho scelto.
<< Molto bene, c’erano alcune incertezze dovute alla lingua ma si vede che ti impegni!>>, si complimenta il professore, e mentre mi risiedo vedo l’ombra negli occhi di Erina. Io e lei non siamo diverse, entrambe amiamo stare al centro dell’attenzione, entrambe siamo delle attrici che amano il proprio lavoro, siamo ragazze che senza ammetterlo sanno di essere belle e brave. Amiamo i complimenti. Forse è proprio perché la capisco che ora mi dispiace tanto, è perché so come sarebbe stato se lei avesse ottenuto la parte dell’innamorata di Seiji. Se il mio sogno si fosse infranto. Sento che sto per piangere e non so che fare per impedirlo, mi limito a passare rozzamente il dorso della mano sotto il naso che comincia a colare, e poi mi arrabatto disperatamente cercando un fazzoletto. Quando lo trovo lo apro con impazienza e mi soffio il naso soffocando i singhiozzi, chi immaginava che la notizia più bella della mia vita sarebbe diventata per me così triste e carica di rimorsi?
<< Delphi, stai bene?>>, Momuro, il mio compagno di banco si china verso di me preoccupato. Io infilo il fazzoletto usato nell’astuccio e poi guardo Momuro inarcando la schiena, per coprire la mia faccia dietro lo spessore del diario e dell’astuccio, in modo che il professore non mi veda:<< Niente, Momuro… sono tanto rossa?>>, domando tirando su cl naso, e asciugandomi l’unica lacrima che mi è scivolata lungo la guancia.
<< No, non troppo, tranquilla, il professore non se ne accorgerà>>, mi tranquillizza, i annuisco e mi rimetto in posizione eretta, in modo da non destare troppi sospetti.
Al suono della campana mi alzo e raggiungo Erina, che ha lo sguardo basso, neanche la minima ombra di un sorriso:<< Posso parlarti?>>, le domando, mentre sta per uscire nel corridoio insieme alle sue due migliori amiche.
<< No>>, mi liquida.
<< Per favore, ne ho bisogno>>, la supplico.
<< No>>.
<< Mi dispiace, io lo so come ti senti>>, esclamo mentre si allontana, lei mi ignora affiancando impassibile le sue amiche e si fa a poco a poco più piccola, fino a scomparire in 2C. Resto immobile come una stupida in mezzo al corridoio, un piede leggermente alzato da terra, bloccato a metà di un passo audace con cui avevo intenzione di raggiungerla, e la mano tesa per fermarla. La mia bocca è rimasta semiaperta, il mio sguardo non si rivolge a nessuno.
<< Delphi?>>, è la voce che mi fa sempre battere il cuore, che me lo fa librare con un volo di farfalla, che lo fa sbattere contro la mia cassa toracica che non gli permette di volare via. E’ lui, Seiji. Mi volto lentamente con un’espressione indecifrabile, poi incasso le spalle delusa, e abbasso gli occhi:<< Ciao>>, gli rispondo.
<< Perché quella faccia>>, mi domanda preoccupato, e penso sia un peccato perché un volto così bello non merita di avere quell’espressione così crucciata.
<< Non posso dirtelo qui>>, assentisco rabbuiata. Mi aspetto che mi chieda perché, invece mi prende per mano e mi trascina giù per le scale, poi in giardino, e infine sotto un albero isolato del parco. Io ansimo, per la corsa, e anche perché tenerlo per mano mi fa andare il cuore in gola.
<< Qui me lo puoi dire?>>, mi domanda, sedendosi e appoggiandosi al tronco dell’albero, picchiettando la mano sull’erba accanto a sé, per dirmi di sedermi accanto a lui. Io obbedisco, appoggio la testa e chiudo gli occhi sospirando. Sento che gli occhi pungono:<< Seiji, sono un mostro>>, ammetto con la voce un po’ tremante.
<< A me sembri tutto fuorché un mostro>>, mi tranquillizza e non posso fare a meno di farmi scappare un sorriso compiaciuto, malgrado tutto.
<< Erina meritava quella parte, e io che sono l’ultima arrivata gliel’ho soffiata via. E’ tristissima>>, ammetto sospirando di nuovo.
<< Per Erina ci saranno tante altre possibilità, Delphi, non preoccuparti. E poi io sono felice che tu abbia ottenuto la parte, non sarei mai riuscito a baciare Erina>>, dice ridacchiando. Entrambi stiamo in silenzio, godendoci l’ultimo sole d’ottobre.
<< Che differenza ci sarebbe tra baciare me e Erina?>>, gli domando con malizia dopo un po’.
<< Beh, innanzitutto…>>, comincia Seiji poi si blocca, a corto di idee.br> << Non ti sarai innamorato di me?>>, chiedo sospettosa, ma ovviamente non spero nulla, il mio è un gioco.
<< No, è che non sopporterei di baciare una ragazza che mi stia antipatica>>, ammette ridacchiando.
<< Ah, ok, per un attimo ci avevo quasi sperato>>, scherzo.
<< Ah, e perché?>>, mi chiede, e stavolta è lui a fare il malizioso.
<< Perché…>>, stavolta sono io quella che rimane senza argomenti. Sì devo sembrare davvero una stupida, oh yeah.
<< Allora sei tu quella innamorata di me>>, esclama Seiji scoppiando a ridere.
<< Scherzi?! Io?! Mai!>>, esclamo ridendo imbarazzata.
<< Proprio mai mai?>>, mi domanda facendo la faccia imbronciata come un bambino capriccioso, e mi fa tenerezza.
<< Forse mai è una parola grossa…>>, ammetto.
<< Ahah! Sei pazza di me, ammettilo>>, mi prende in giro.
<< Oh, sì, ti amo, sei tutta la mia vita>>, scherzo facendogli la linguaccia e scoppiamo a ridere. Però la mia è una risata falsa. Seiji non lo sa, ma gli ho appena detto la verità, ma in un modo in cui per lui ormai è chiaro che non lo amo. Yes, I am very very very a stupid girl, I know…
<< Sei preoccupata per il bacio?>>, mi domanda ad un tratto più serio.
<< Sì, perché non ho mai baciato nessuno>>, ammetto.
<< Ti capisco… sarà un peccato arrivare a girare la scena impreparati…>>, afferma preoccupato, annuendo tra sé.
<< Forse dovremmo allenarci un po’>>, osservo, e il silenzio che segue dura troppo per i miei gusti. << Che idee stupide che mi vengono>>, dico alzandomi in piedi e stirandomi la gonna con noncuranza:<< Andiamo, che tra due minuti riprendono le lezioni>>, esclamo, e senza neanche aspettarlo me ne vado via, maledicendo me e la mia lingua lunga.

ANGOLO AUTRICE:
Stavolta mi sono messa in fondo, mi piace di più. Grazie per i commenti ragazze! Come avrete notato (spero) ora si comincia a dare una svolta alla storia, tenetevi pronte!

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Capitolo 13
*** Il Nostro Primo Attimo Non è Significato Niente ***


<< Pronta?>>.
<< A tutta birra!>>
. << Eh?>>.
<< Modo di dire italiano, lascia perdere>>.
<< Ah, ok? Allora?>>.
<< Sì vai pure!>>.
Sento una specie di brivido percorrermi la schiena, mentre Seiji da una scrollata alla sedia a rotelle, davanti all’agenzia Muranishi. Entrambi prendiamo un respiro profondo, poi lui parte inaspettatamente, e io mi reggo forte ai braccioli della carrozzella. Si stancherà prima o poi, ne sono certa.
<< Troppo veloce, per te, signorina Galardi?>>, mi prende in giro, probabilmente ha notato la mia rigidità, o semplicemente il modo convulso con cui stritolo i miei braccioli mentre il vento provocato dalla corsa mi sferza i capelli.
<< Stai scherzando, mi sto divertendo come una scema!!!>>, urlo per sovrastare il vento che sta imperversando giù per una discesa particolarmente ripida.
<< Non so se riuscirò a fermarti, male che vada ci romperemo qualche dente!>>, scherza lui, e scoppiamo a ridere.
<< Ma quello non è Seiji degli Ships?!>>, esclama qualcuno in strada, sorpreso, molte emettono gridolini sovreccitate, e ben presto cominciano a correrci dietro.
<< Dovremo accelerare>>, osserva Seiji, per niente stanco di spingermi per le vie di Tokyo.
<< Ok… ma prima o poi ci fermeremo?>>, gli domando un po’ impaurita. Lui sogghigna e mi spinge ancor più velocemente.
<< Ma chi è la ragazza con lui? Non è giapponese!>>, solito mormorio di sottofondo. Vorrei dire a quella ragazza che ha urlato quest’ultima frase che io sono la sua prossima Idol preferita, ma meglio non sopravvalutarsi. Mi sto già montando la testa e per quanto mi renda conto che è sbagliato non riesco a fare altrimenti.
Un semaforo si dimostra benevolo con noi e fa scattare il verde per i pedoni un attimo prima che Seiji mi dirotti con uno strattone sulle strisce e mi spinga come un forsennato attraverso il viale, rincorso da un’orda di adolescenti urlanti. Sembrano tante piccole oche starnazzanti che cercano di rincorrere una lepre, e mi fa piacere pensare che Seiji sta scappando da loro, ma non da me. Imbocchiamo velocemente l’entrata di un piccolo parco .
<< Lanciali ora, avanti!>>, mi esorta, io apro la mia borsa, tiro fuori una manciata di volantini pubblicitari; la faccia di Kilari e Hiroto vicinissimi è in primo piano, mentre dietro ci siamo io e Seiji seduti su un prato che ci sorridiamo come due innamorati, e non posso fare a meno di notare le mie gambe innaturalmente storte, danno davvero l’idea di essere state messe in quella posizione e poi nessuno le ha più toccate. Rabbrividisco, poi lancio i foglietti indietro, sperando di non infilare un angolo di carta nell’occhio di Seiji.
<< Ma che roba è? Che lanciano?!>>, domanda qualcuno, altri continuano a correrci dietro.
<< Ce ne libereremo mai?>>, mi domando se Seiji non si sia ancora stancato.
<< Tranquilla!>>, Seiji svolta in un sentiero accidentato e io comincio a sobbalzare:<< Aaaaah!>>, e più che gridare sto belando come una capra spaventata. E’ inevitabile che non scoppiamo a ridere. Qualche ragazza ancora ci insegue con il fiato corto, allungando le mani implorando di fermarci.
Seiji gira in un altro sentiero, e poi subito di nuovo a destra, e infine a sinistra:<< Non ci troveranno mai qui…>>, mormora sfiancato per la corsa, fermandomi con uno strattone, e poi si piega in due per riprendere fiato.
<< Non sono esattamente un peso piuma, eh?>>, domando un po’ imbarazzato. Lui sorride, minimizza sempre tutto.
<< Posso scendere, vero?>>, gli domando. Mi si sono rizzati i capelli in testa da quanto andava veloce, e ho fatto uno sforzo immenso per non puntare terrorizzata i piedi sulla pedana.
<< Sì, certo, non c’è nessuno>>, mi assicura Seiji, e non appena scendo si siede al posto mio, per riprendere fiato. Prendo le maniglie sporgenti dietro lo schienale della carrozzella e comincio a spingere Seiji giù per il sentiero stretto, circondato dai platani, le quali chiome si sono tinte da qualche settimana delle più svariate sfumature di rosso, giallo, arancio e marrone. Mi comporto come se fosse un gesto involontario, quello di spingerlo così delicatamente sul terreno accidentato, ma in realtà voglio provare com’è sentire il suo peso, trasportarlo, vedergli la nuca, e i capelli biondi. Mi chiedo cosa resta, a riprese quasi terminate, di tutte le cose dolci e le belle esperienze di Rikyu e Chantal (è così che Takada ha voluto chiamare il mio personaggio). Cosa resta di quelle frasi sussurrate, di quelle parole bellissime e profonde che solo io pensavo veramente? E’ questo che resta, vedere la schiena del ragazzo che ami mentre andate in giro a pubblicizzare una storia d’amore finta. Seiji si gira verso di me e mi sorride:<< Mi sento un bambino piccolo che viene spinto dai propri genitori in passeggino>>, osserva. Io gli sorrido mesta:<< Ma è questo che sei, un bambino di due anni… vuoi il pupazzetto?>>, lo prendo in giro e lui mi fa la linguaccia ridendo. E’ così bello quando ride, quando i suoi occhi a mandorla si illuminano e si socchiudono, e la bocca perfetta si piega in leggermente in su e scopre la sua dentatura bianca e straordinariamente simmetrica. E’ davvero bellissimo, è davvero il ragazzo di cui sarei potuta innamorarmi.
<< Delphi?>>, il suo richiamo preoccupato mi riporta alla realtà, e arrossisco:<< Che?>>, domando in fretta.
<< Mi guardavi con la lingua penzoloni e gli occhi che brillavano>>, osserva ridacchiando.
<< Non è vero>>, esclamo con una voce sorprendentemente stridula e mi asciugo un filo di bava all’angolo della bocca.
<< Tu lo neghi, ma sei pazza di me!>>, mi punzecchia e appoggia la schiena ad un bracciolo, le gambe all’altro, in una specie di posizione distesa, mezzo di fuori. Sembra un ghiro sonnacchioso mentre si accarezza placido la pancia guardandomi dal basso all’alto.
<< E se anche fossi pazza di te? Cosa cambia?>>, domando alzando le spalle con noncuranza e guardando il sentierino.
<< Cambia eccome!>>, esclama Seiji annuendo.
<< Sì, e in che modo?>>, gli domando interessata. Però non lo guardo negli occhi è più forte di me.
<< Guardami quando ti parlo>>, mi dice seccato.
<< Ti ho fatto una domanda, perché non rispondi?>>, gli chiedo.
<< Non ti dirò niente se non guarderai negli occhi>>. Allora abbasso lo sguardo sconfitta, e alzo le spalle in attesa che risponda alla mia domanda.
<< Se tu mi amassi e io non ti amassi… i casi sono due: o tu ti disinnamori di me per salvare la nostra amicizia, o la nostra amicizia va in fumo>>, mi dice osservando un po’ il cielo. Già, come se questo non lo sapessi… altrimenti glielo avrei detto anche subito che lo amavo alla follia.
<< Però se anche io ti amassi…>>, aggiunge Seiji a voce più alta.
<< Ah, e tanto per informazione tu mi ami?>>, gli domando con voce calma, come se davvero on mi importasse.
<< Non è mica così facile! Se tu mi amassi senza che io ti ami la nostra amicizia è rovinata, ma lo sarebbe allo stesso modo se io ti amassi e tu non provassi niente per me>>, osserva.
<< Però c’è sempre l’opzione di disinnamorarsi per non mettere a rischio l’amicizia>>, dico debolmente.
<< E’ vero… ma io non riuscirei mai a disinnamorarmi di te…>>, sussurra tra sé, e poi quando vede la mia faccia stralunata si affretta ad aggiungere:<< … Se ti amassi! Perché sarebbe difficile disinnamorarsi di una persona soprattutto se è bella, simpatica, gentile e… bella come te>>, l’ultima parte del discorso è di nuovo sussurrata.
In un attimo mi sento invadere da un’ondata di dolcezza. Io, che sono romantica quanto una biro senza inchiostro, proprio io che sento l’amore solo a sensazione e senza belle parole, io mi sento invadere davvero dalla dolcezza. Come potrei non provare tenerezza nei confronti di un ragazzo così… così e basta?!
<< Hai detto due volte che sono bella>>, gli faccio notare asciugandomi una piccola lacrima che mi esce dall’angolo dell’occhio destro sfregando la faccia contro la felpa.
<< Oh, sì, scusa, è che mi è andato il cervello in pappa>>, si scusa Seiji ridacchiando imbarazzato, sempre nella solita posizione da bradipo post-sbornia. Io annuisco sorridendo un po’ imbarazzata, ma felice, perché… << Ti posso dire una cosa?>>, mi chiede pensieroso. E adesso mi cominciano pure a tremare le gambe! << I tuoi capelli sono bellissimi visti insieme ai colori autunnali>>, dice allungando la mano verso una mia ciocca di capelli, ma da dov’è non ci arriva e ci rinuncia, lasciandosi cadere sui braccioli della sedia con uno sbuffo.
<< Ma che ti prende, questo non è Seiji!>>, esclamo un po’ confusa. A questo punto non so più neanche che pensare.
<< Sì, ma alla fine mi stanco un po’ di fare il bravo ragazzo>>, ammette.
Rimaniamo qualche istante in silenzio, persi nei pensieri che quelle parole suscitano.
<< Mi dai un bacio?>>,mi domanda Seiji ad un tratto, e guarda il cielo, come se stesse ancora pensando, sulle labbra neanche l’ombra di quelle quattro parole. Me le sono immaginate di sicuro. Poi si gira verso di me:<< Allora?>>.
Mi fermo, giro lentamente intorno alla carrozzella, mi inginocchio vicino a lui, Seiji tende le braccia verso di me, mi prende delicatamente la testa e io mi avvicino lentamente a lui, come in trance. Sento solo il mio cuore che va a mille, e penso con stupore che me l’ero immaginato diversamente il primo bacio. Mi ero immaginata di essere seduta accanto a lui, o in piedi, e pensavo anche che mi sarei fatta un sacco di domande tipo: non era meglio se mi fossi lavata i denti una volta di più?
Invece questo è un bacio a testa all’ingiù, e l’unica cosa che riesco a pensare è che non riesco proprio a pensare. La mia testa è piena di ronzii, ricordi che non c’entrano niente, flash di momenti che ho solo immaginato. E parole, parole sconclusionate che non hanno senso, cane, gatto, pane, casa.
Le labbra di Seiji sono morbide, leggermente umide; un’altra cosa che avevo pensato spesso era che la saliva mi avrebbe fatto schifo, mentre invece non è affatto così, le nostre labbra restano appoggiate, adagiate le une contro le altre in un incastro perfetto, e poi io comincio a muoverle avida, a muovere lentamente la lingua in mezzo alla sua bocca schiusa, e probabilmente sto facendo un disastro.
Lui con le mani ancora leggermente appoggiate sulla mia testa comincia a premerle per avvicinarmi di più a sé, e percepisco anche la sua lingua adesso, il modo con cui mi bacia si fa sempre più profondo, un brivido mi percorre la schiena. Non sento neanche la scomodità della mia posizione, così accovacciata, sento solo le sue labbra e le sue mani che giocano con i miei riccioli. Vorrei non finisse mai.
E’ Seiji il primo a staccarsi, e mi guarda incredulo, come se avesse appena fatto qualcosa che non voleva fare. Si alza con uno scatto e rimane in piedi guardandomi desolato:<< Scusa, io… io non so che mi è preso>>, mormora a disagio.
<< Lascia stare, almeno ci siamo allenati per l’ultima scena del film>>, gli rispondo sorridendo.
<< Dai, siediti, che torniamo all’agenzia>>, mi dice, così io mi accomodo sul sedile di stoffa rigida e lui ricomincia a spingermi, nessuno dei due proferisce parola.
Io non me la sento neanche di arrabbiarmi per essermi illusa. Sto solo seduta lì, impalata, guardando nel vuoto, e nel cuore la devastante sensazione che quel bacio non è significato niente.

ANGOLO AUTRICE:
Konnichiwa! Ehi, ma…miracolo!!! Una nuova commentatrice!!! Lo Spirito del Divin Kame mi ha assistita! =P
Beh, allora grazie per i commenti sempre molto incoraggianti, mi fate sentire davvero soddisfatta! :D Mi scuso se il capitolo è arrivato in ritardo, ho avuto dei problemi con il computer e l’antivirus, una confusione che non sto a spiegare altrimenti faccio notte, e non sono riuscita ad aggiornare prima di oggi!

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Capitolo 14
*** Il ricatto nella metro ***


Eppure sono certa di essermi dimenticata di qualcosa…
Sospiro sedendomi pensierosa sulla poltroncina dell’ufficio del signor Muranishi. Accavallo le gambe grattandomi la tempia e il mio sguardo si perde nel vuoto… eppure io…
Cos’è che mi sfugge? Uffa, sono davvero imbranata, mi sono scordata qualcosa di importantissimo! Ma cosa?!
Mi abbandono definitivamente all’abbraccio ella poltrona imbottita, curvo le spalle e comincio a canticchiare.
Io e Seiji… come se non fosse neanche successo. E va bene così, no? Altro sospiro.
Una donna delle pulizie apre la porta e a vedermi trasalisce: << Che ci fai qui, Delphi-chan?>>, mi domanda baldanzosa tirandosi dietro il carrello delle pulizie. Tutti qui hanno la fastidiosa abitudine di chiamarmi Delphi-chan. E lo odio! Chan è come dire –ina, e dal momento che ho quattordici anni e mezzo, sono alta quasi un metro e settantacinque, sentirmi chiamare Delphina proprio mi da sui nervi, mi fa sembrare una specie di cetaceo di tre anni!
<< Aspetto il signor Muranishi, oggi io e Seiji dovremmo concludere le riprese, no?>>, domando confusa. La donna tutta indaffarata a spazzare l’ufficio scoppia a ridere:<< Ma sono tutti a New York, Delphi-chan!>>, mi ricorda. Ohoooops…. Era forse questo ciò che dovevo ricordarmi? Eh sì…
<< E’ vero!>>, balzo in piedi inciampando nelle gambe del tavolino e finendo faccia terra.
<< Ti sei fatta male Delphi-chan?>>, la donna molla tutto per venirmi ad aiutare.
<< Io… non sono… assolutamente… un cetaceo…>>, tossicchio in italiano rialzandomi e spolverandomi i vestiti.
<< E’, che hai detto?>>, mi domanda la donna.
<< Sono stufa di tradurre, ok?>>, sbraito stizzita, sempre nella mia lingua madre e poi me ne vado lasciando la signora perplessa.
Appena esco dall’agenzia due ragazzine per poco non mi vengono contro.
<< Ma attenta a dove vai!>>; esclama una proseguendo la sua passeggiata.
<< GIAPPONESINA DI MERDA, VAFFANCULO!!!>>, se mi sentisse mio padre… E’ che sono arrabbiata e non so neanche perché, forse perché sono appena inciampata, tutti mi chiamano come un cetaceo, e due stupidelle mi hanno risposto quasi avessi offeso tutta la loro famiglia.
<< Ma come parli razza di stupida, vuoi litigare?>>, la ragazza di prima si gira, allarmata dal tono di voce, anche se non ha capito le mie parole, e mi si para davanti con fare minaccioso. Ora che ci faccio caso sarà una liceale. Ma non è più alta di me, eheh…
<< La sai una cosa? Il tuo alito puzza di sushi, tutti voi giapponesi puzzate di sushi, siete tutti dei deficienti per cui un bacio non significa nulla, per cui una ragazza e il suo cuore infranto sono solo oggetti di poco valore. Voi giapponesi siete tutti degli ingrati, immodesti,orgogliosi, inguaribili menefreghisti!>>, scoppio a piangere, mi giro e corro via. Ammetto che nel mio discorso c’era una bella dose di frustrazione personale. Il Japanese-Mode, quello di Seiji, per cui baciare appassionatamente qualcuno e poi fare finta di nulla è top del top, beh, il Japanese-Mode proprio non riesco a impararlo! Sarà perché sono una zotica italiana non al passo coi tempi, ma il cuore non la fa la sua parte! Imbocco le scalette della metro mentre armeggio nella mia tasca in cerca del biglietto.
<< Ehilà…>>, la voce di un ragazzo dietro il mio orecchio mi riscuote. Mi accorgo che sto ancora singhiozzando. Lo ignoro, come ignoro tutti gli uomini che mi rivolgono la parola solo perché mi vedono bionda e con gli occhi azzurri, passo il mio biglietto nella macchinetta e l’asta di metallo si sposta per farmi passare, mentre il ticket spunta dall’altra parte. Lo afferro con rabbia, mentre vengo seguita dal ragazzo, che non mi sono neanche degnata di vedere.
<< Perché piangi?>>, mi domanda, e io affretto il passo per seminarlo.
<< Tieni>>, mi porge un fazzoletto affiancandomi, e io a quel punto non posso fare a meno di guardarlo. Prendo il fazzoletto distogliendo subito lo sguardo perché… quel ragazzo è indubbiamente bellissimo, e anche se Seiji mi fa soffrire mi sembra di tradirlo anche solo a pensare che qualcun altro sia bello quanto lui.
Mi soffio il naso con la grazia una cornacchia con il maldigola.
<< Allora, a cosa si deve questo pianto disperato?>>, mi domanda il ragazzo. Non rispondo, volto la testa e continuo per la mia strada, ma quello si ostina a seguirmi.
<< Vai alla Idol School? Ci vado anch’io, ti ho vista in giro con Hiwatari, quello di quel gruppo là…>>, dice.
<< Gli Ships>>, affermo tirando su il naso. Bene, fantastico andiamo anche a scuola insieme.
<< Piangi per Hiwatari?>>, mi chiede sospirando. Lo guardo allarmata:<< Cosa te lo fa pensare?!>>, esclamo.
<< Sembrate molto uniti>>, mi fa notare. Oh, sì, Dio se è bello.
<< Noi non siamo uniti, siamo solo amici>>. Solo amici. E’ così triste che siamo solo amici, non è così?
<< Ah capisco, e a qualcuno non va bene essere solo amici, eh?>>, insinua lui ironico. Mi infastidisce tutta questa invadenza…
<< Ho sentito che stai facendo un film all’agenzia dove lavora anche Hiwatari…. Posso aiutarti se tu mi trovi un lavoro come cantante all’agenzia>>, mi dice. Lo guardo per un attimo sovrappensiero.
<< Innanzitutto dimmi come ti chiami e poi spiegami in che modo mi aiuteresti…>>, dichiaro incrociando le braccia. Imbocchiamo le scale mobili intanto.
<< Sono Momuro Tokidoki, e comunque il mio aiuto è una sorpresa…>>, dice sibillino.
<< Tokidoki?>>, scoppio a ridere.
<< Hey, parla quella che si chiama Derphi!>>, esclama facendomi la linguaccia.
<< L, si dice Delphi, accidenti, ma voi giapponesi proprio non le sapete pronunciare le “L”, eh?>>, sbuffo.
<< Scusami, Dellllllllllllllllllphi>>, scandisce fin troppo bene la lettera L.
<< Insomma, se vuoi un lavoro all’agenzia comunque bastava chiederlo, senza tanti ricatti… ma visto che ti sei offerto di aiutarmi… ben venga. Per assicurarmi che mi aiuterai non dirò niente al Presidente finchè non avrò sistemato tutti con Seiji!>>, esclamo convinta, smonto dalle scale mobili.
<< Bene, allora è aggiudicato!>>, mi fa l’occhiolino. << Non piangere ok?>>, mi saluta con la mano e poi corre nella galleria a destra. La mia metro è a sinistra. Ah, Momuro… che fortuna averlo incontrato, mi sono anche calmata…

ANGOLO AUTRICE
Come al solito un pentitissimo grazie per le vostre recensioni. Sasunaru mi da l’idea che stia tutto il giorno su EFP, perché non appena posto i capitoli cinque minuti dopo c’è già la sua recensione che mi fa sempre molto piacere. Lion è mia amica, e a maggior ragione anche ciò che scrive lei mi riempie di gioia. Ma… ma… Liuzza!!!!!!! *_* Ok, io ora delirerò, quindi state attenti, erigete barricate e agganciate gli elmetti protettivi… fatto? Bene.
GRAZIEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Diciamo che è la prima volta che in questa FF mi viene fatto un commento così costruttivo, quindi ora chiarirò alcuni punti:
1° punto: Grazie (dal momento che sicuramente i primi 10 punti della lista sarebbero così, preferisco riassumere tutto in uno, ok?)
2° punto: Diciamo che la FF va in parallelo con ciò che succede nella serie (però ho evitato di mettere tutti quegli animaletti cretini, che, a parer mio, rendono la serie una vera boiata, scusate il termine)
3° punto: Più KilarixHiroto? Ok, va bene, mi sono focalizzata troppo su Seiji fino ad ora, hai perfettamente ragione!
Mi sembra di aver detto tutto… vi avverto che dal prossimo capitolo in poi grazie a Momuro forse Seiji si dà una smossa! E giuro che non dimenticherò Kilari e Hiroto!
Buon… buon che? Bho… Buon tutto! xD

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Capitolo 15
*** Fidanzati... per finta! ***


<< Ahah… non ci crederai mai ma quei due si sono persi A NEW YORK!!! Ti rendi conto? Stavo per morire dall’ansia, Kilari è così stupida!>>, mi dice Hiroto a telefono ridendo. Mi viene da annuire divertita. Gli Ships e Kilari sono a New York per quei servizi fotografici, torneranno domani giusto in tempo per la scuola.
<< Oh mio Dio, non ti sei sentito un po’ solo, mentre loro due se ne stavano insieme in giro per la città?>>, gli domando ridacchiando. Dall’altra parte del filo tutto tace, ci vogliono almeno cinque secondi prima che Hiroto mi risponda:<< Ma no, che dici, sono contento per loro!>>, sussurra incerto, forse non vuole farsi sentire. Mio padre fa capolino nell’ingresso e mi fa cenno di chiudere la telefonata, visto che sto parlando con Hiroto da circa tre quarti d’ora. Io lo scaccio via con la mano, e il mio sguardo dice eloquentemente: NON ROMPERE LE SCATOLE!
<< Non sembra tu sia contento…>>, gli faccio notare.
<< Sei peggio di Kilari, almeno lei è stupida…>>, bofonchia spazientito.
<< E’ stupida perché non capisce che ti piace>>, osservo. Lui sospira dall’altra parte del telefono:<< Ma chi sei, il mio psicologo? Certe cose non le dico neanche a Seiji!>>, sbuffa, e allora io ridacchio.
<< Io penso che Seiji e Kilari non stiano granchè bene insieme…>>, lo tranquillizzo.
<< HIROTO! HAI IDEA DI QUANTO COSTINO LE INTERURBANE?!>>, sento la signorina Kumoi sbraitare dall’altra parte.
<< No signorina Kumoi, ad ogni modo ora attacco…>>, sospira Hiroto, poi torna a rivolgersi a me:<< Se la bolletta del telefono il prossimo mese sarà… ehm… un capitale, beh, è colpa mia>>, ammette imbarazzato.
<< Figurati! Mi ha fatto piacere sentirti… ciao, domani divertitevi!>>, sorrido tra me mentre riattacco il telefono, e poi sospiro. Lo capisco Hiroto, lui teme che Kilari sia innamorata di Seiji, e io temo che Seiji sia innamorato di Kilari. Scuoto la testa salendo lentamente le scale che portano al piano superiore, poi mi rintano in camera. In casa c’è un bel calduccio, mentre fuori mi dà l’idea che la temperatura sfiori gli zero gradi. Chiudo le persiane in modo da non dover gettare lo sguardo su quell’orizzonte freddo e privo di vita, con i reticolati di case che si perdono a vista d’occhio e i grattacieli grigi in lontananza. Mi siedo sospirando sul letto e mi sfilo il telefono dalla tasca. Sono le dieci e mezza. Ripenso a Momuro mentre mi spoglio e mi lavo accuratamente i denti, chissà che avrà in mente… Mi infilo il pigiama, preparo la cartella con attenzione e sfilo dall’armadio la mia divisa di riserva, visto che l’altra ormai è sporca, poi mi metto a letto e scivolo lentamente nel mondo dei sogni, pensando al fatto che domani rivedrò Seiji. Sì, lo so, tanto è risaputo che sono stupida!
Avete presente quando avete la netta sensazione che sta per succedere qualcosa e comunque sia pensate a delle totali scemenze che non c’entrano nulla? Tipo me adesso, che all’imboccatura del cancello di scuola riesco solo a pensare che una volta famosa voglio fare un vlog da mettere su internet. Potrei dire tutte le cose che mi accadono e pettinarmi in modo carino, yeah!
<< DELPHI!!!!!>>, la voce di Kilari mi scrolla un po’, e aguzzo lo sguardo per vederla. Una volta che l’ho individuata, in compagnia di Seiji e Hiroto, alzo il braccio per salutarli, ma qualcuno mi picchietta sulla spalla. Kilari si alza in punta di piedi per vedere meglio dietro di me, e allora anch’io mi volto con un misto di sorpresa e confusione. Momuro dietro di me mi sorride raggiante.
<< Hey ciao, come v…>>, non faccio in tempo a finire la frase che lui si china, mi prende il volto fra le mani e mi bacia. Un bacio a stampo, ma basta per farmi restare letteralmente ammutolita.
<< Come stai amore?>>, mi domanda dolcemente senza allontanarsi troppo dal mio viso.
<< A… amore?!>>, balbetto confusa.
<< Stai al gioco, eh? Lo faccio per te…>>, mi sussurra serio e poi torna a sorridere. No, non mi torna ‘sta cosa, ora qualcuno me la spiega?!
Si abbassa di nuovo per baciarmi stavolta con la lingua, e io rispondo mezza rincoglionita, non capisco più niente. Viva l’intelligenza.
Kilari attraversa il piazzale della scuola urtando gli studenti e poi si ferma di fronte a noi, incredula:<< E tu chi saresti?>>, domanda perplessa rivolta a Momuro che la ignora completamente, anzi, mi bacia con più avidità. Io sgrano gli occhi ancor più sorpresa.
<< Delphi, mi spieghi che succede?>>, mi domanda Kilari stizzita. Io respingo debolmente Momuro e mi giro a guardare Kilari con la faccia paonazza per l’imbarazzo:<< Ti presento Momuro…>>, farfuglio.
<< Ciao, sono Momuro, il ragazzo di Delphi>>, si presenta lui stringendomi a sé.
<< E perché non ne sapevo nulla?>>, domanda Kilari sull’orlo delle lacrime.
<< E’ che è successo tutto in questi giorni mentre eri a New York e volevo dirtelo oggi facendoti una sorpresa>>, ammetto, anche se odio mentirle.
<< Davvero?????>>, gli occhi di Kilari iniziano a luccicare. << Io… voi… siete una coppia bellissima!>>, delira e scappa verso Seiji e Hiroto. Non riesco a interpretare le loro espressioni. Kilari gli riferisce tutto agitandosi come non mai, e vedo l’espressione di Seiji incupirsi ulteriormente. Con un cenno saluta Kilari e Hiroto ed entra nell’edificio scolastico senza proferire parola. Lo guardo rapita, ora capisco la strategia di Momuro! Mi volto per ringraziarlo, ma lui è già vicinissimo a me e mi da un altro rapido bacio sulle labbra.
<< Smettila, Seiji mica c’è più!>>, esclamo stizzita.
<< Ooops, non l’avevo notato>>, si scusa imbarazzato, ma non mi convince affatto.
La campana suona e allora saluto Momuro con un cenno della mano ed entro a scuola, salendo le rampe di scale fino alla mia classe, seguita da Kilari e Hiroto che si stanno battibeccando. L’amore non è bello se non è litigarello, dico sempre io… Mi metto a sedere al mio posto e dopo poco la lezione comincia come ogni mattina.

ANGOLO AUTRICE
Vediamo di fare per una volta dei ringraziamenti come si deve. Allora, in ordine di recensione (dalla prima all’ultima):
Sasunaru: Ma tu stai sempre al pc? xD Com’è che dopo cinque minuti che ho postato tu già mi recensisci? Mah, forse siamo in linea sempre negli stessi momenti xD
Liuzza: Sì, davvero, mi ha fatto piacere. In quanto a Momuro avevo bisogno di uno come lui e anche se nella serie non esiste mi sono presa la libertà di aggiungerlo… in fondo neanche Delphi esiste! ;)
Lion: ZIIIIIIIIPPEEEEEEEEEN!!!!!!!!!!!! ^^

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Capitolo 16
*** Mah... Seiji, sei un po' nervoso? ***


Dopo le pulizie della scuola ho allontanato Kilari con la scusa che mi ero scordata delle cose in palestra e che se mi aspettava avrebbe fatto tardi. Lei e Hiroto se ne sono andati insieme via, con le mani serrate, che se le avessero lasciate fuori controllo si sarebbero di sicuro presi per mano. Che belle le coppie innamorate… appena ho sistemato me e Seiji mi devo dedicare a quei due imbranati…
Prendo un sospiro e sospingo lentamente la porta della classe di Seiji e Hiroto. Lui è lì, che si sta attardando con lentezza estrema nel sistemare le proprie cose nella cartella.
<< Per quale motivo oggi non mi hai rivolto la parola?>>, gli domando imbarazzata, resto impalata sulla soglia dell’aula, e lui neanche si gira a guardarmi. Scaraventa rabbiosamente un libro dentro lo zaino e poi tira il laccio con foga. Non l’ho mai visto così.
<< Seiji…>>, sussurro quasi spaventata.
<< Eccoti, sei qui, Del>>, mi giro, dietro di me c’è Momuro che mi abbraccia senza preavviso. Che ci fa qui? Mi pedina? Oh, cavolo, e io che volevo solo parlare con Seiji in santa pace!
Il biondo dal canto suo attraversa la stanza con poche falcate, e urta Momuro con la spalla, proseguendo oltre senza neanche girarsi. Sento gli occhi riempirsi di lacrime per come sta Seiji, e mi convinco che non può stare così male per me… io non lo farei mai soffrire tanto.
<< Ehi…>>, Momuro mi sussurra dolcemente asciugandomi le lacrime con le sue dita calde. << Non piangere, ok? Si sistemerà tutto… è solo geloso>>, tenta di tranquillizzarmi.
Inizio a singhiozzare e lui mi stringe al suo petto carezzandomi i capelli. Io contro di lui non avrò mai l’incastro perfetto che c’era con Seiji. La felpa di Momuro non profuma di ammorbidente… Se mai metterò le mani fra suoi capelli castani non saranno mai morbidi come quelli di Seiji, penso senza riuscire a frenare le lacrime. Momuro non sente quanto i nostri corpi non combacino, continua ad accarezzarmi i capelli come se così potesse passare tutto.
Se Seiji è davvero geloso dovrebbe venire qui e pretendere che questo scemo mi metta giù le mani di dosso, invece resta a guardare e non mi dice neanche cosa ne pensa di me e questo Tokidoki.
<< E’ meglio che io vada a casa>>, osservo trai singhiozzi e mi separo con un po’ troppo vigore da lui. Mi giro:<< A domani, grazie…>>, gli sussurro e mi avvio lentamente giù per il corridoio deserto asciugandomi le lacrime.
<< Delphi?>>, mi domanda. Mi giro con aria interrogativa:<< Se Hiwatari non ti vuole sappi che io invece sarei più che felice se tu ti mettessi con me>>, mi sorride.
<< Ci penserò su>>, gli rispondo con l’entusiasmo di un bradipo che sta per lanciarsi con il paracadute. Non ci penserò mai. Non sono una che si accontenta del primo Tokidoki che passa… io voglio solo il meglio.
Attraverso il piazzale della scuola e raggiungo la fermata dell’autobus. C’è ancora Seiji ad aspettare, ha il cappuccio della felpa calato sugli occhi e sta digitando distrattamente qualcosa sul cellulare. Io mi siedo sulla panchina accanto a lui, senza sapere bene cosa dire, ho ancora gli occhi rossi dal pianto.
Il mio cellulare vibra, è arrivato un messaggio. Lo apro:
Scusami se non ti parlo
_____________________
Da: Seiji

Mi volto lentamente verso di lui che si infila il cellulare in tasca, senza dire una parola, né alzare la testa. Io allora gli rispondo:
Perché?
____________________
A: Seiji

E’ un po’ complicato
rispondere
_________________
Da: Seiji

Provaci, ti ascolto
________________
A: Seiji

Sono nervoso…
________________
Da: Seiji

Ah, solo nervosismo. Capitano i giorni no. Mi sento sprofondare mentre metto via il cellulare e fisso impaziente la strada in attesa che l’autobus arrivi.
Seiji non è geloso. Bene. Male. Boh. Sospiro.
Io non mi arrendo, comunque. Bene. Male. Boh. Sospiro. Soffrirò.
L’autobus arriva e ci sediamo lontani come due estranei. Gli passerà, gli deve passare entro due giorni, gireremo la scena del bacio. E’ un bravo ragazzo, starà certamente meglio domani, mi consolo al pensiero, distolgo lo sguardo e accendo l’mp3. Ormai in playlist ho solo una canzone che si ripete all’infinito. Splendida Follia.

ANGOLO AUTRICE
Mio Dio!!!!!! Ma che è successo? OoO Tre recensioni positivissime e addirittura DUE nuove commentatrici?! Grazie Signore, lo sapevo che esisti *Syam si inchina sfiorando il pavimento*
Scherzi a parte, io ADORO le recensioni (soprattutto se positive come le vostre)!!!
@Roby: Io ho solo un problema per le scene tra Kilari e Hiroto: la storia è dal punto di vista di Delphi! Non penso quei due esibiscano le loro romanticherie in pubblico, dovrete aspettare almeno un po’… ^^ Lo so, mi dispiace, il mio Ship preferito è Hiroto ( comunque a me piace TANTISSIMO anche Seiji) ma in questa ff non so proprio come fare per farvi leggere più KilarixHiroto! Per quanto riguarda la collaborazione con Kilari… beh, vedrete continuando a leggere che Momuro la insospettisce e aiuterà Delphi in ogni modo. Ma siamo sicuri che quelle due insieme non diventino una specie di associazione a delinquere? -_- Io starei attenta… muahahahah
@Giu: Grazie nuova fan! Eheh… Non mi succede quasi mai un successo del genere, non avete idea della gratitudine * Syam prende un fazzoletto e si asciuga una lacrimuccia* Sono contenta che la storia ti piaccia e tu l'abbia seguita già con tanto interesse^^
@RenChan: Grazie anche a te per il sostegno! Tutte quante avete una sorta di antipatia per Tokidoki, vedo… beh, vi confesso che rompe anche me un pochino… ma in amore gli imprevisti ci sono sempre…
@Liuzza: Yes, ricordavi bene. Il capitolo è più corto perchè mi piace dividere tutto per argomenti e poi io scrivo in modo impulsivo. Come viene viene. Sì, sbaglio, è poco professionale, ma per me la scrittura è qualcosa da sentire, no? E stavolta me la sentivo più corta xD Grazie ancora per la recensione!
Beh, grazie ancora, divertitevi e… buona lettura! (anche se non ha molto senso dirlo alla fine xD)

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Capitolo 17
*** SCLE-RA-TO! ***


Per fortuna che il nervosismo doveva essere passeggero. E’ inutile che continui a fissarmi in cagnesco, Seiji, ok?
<< Tra un minuto sul set, riscaldate le luci!>>, sbraita Takada al suo altoparlante. Osservo Seiji accanto a me, e sembra nervoso, agitato, schizofrenico.
<< Vai amore!>>. Mi giro stizzita verso Momuro, che assiste alle riprese. Quando ti appoggi a un pino e ti macchi di resina quella si appiccica e non se ne va più. Mi chiedo a quale pino mi sia appoggiata per essermi ritrovata lui sempre incollato addosso.
<< In posizione!>>, esclama Takada e io e Seiji ci avviamo al centro del set, senza neanche sbattere le ciglia.
<< Non essere nervoso, ci siamo già baciati>>, tento di tranquillizzarlo, sembra sull’orlo di una crisi di nervi.
<< Ciak!>>, annuncia Takada. Seiji spalanca gli occhi e dilata le pupille:<< Possibile che tu sia COSI’ stupida da non renderti conto che lotto ogni istante della mia giornata contro l’istinto di spaccare la faccia a quel maiale!!! Possibile che non ci arrivi al fatto che sono geloso, GELOSO!!!!! Ho cercato di farti capire in tutti i modi che mi piacevi, ma poi no, dicevo, rovinerò la nostra amicizia, e tu continuavi ad ignorare tutti i miei segnali!!!! Hai idea delle notti che ho passato senza dormire pensando a te, se mi amavi, non mi amavi?! E tu ora mi dici: non essere nervoso, ci siamo già baciati???>>, Seiji esplode letteralmente, serra convulsamente le mani, ha gli occhi iniettati di sangue. E benché possa crearmi un certo sconforto io mi sento solo ribollire di rabbia.
<< Io sarei la stupida?! IO?!?! Tu non hai mai capito un accidente, è dal primo giorno che ti ho visto che ti desidero con tutta me stessa e tu che ancora ignoravi tutta la faccenda! Ogni volta che giravamo queste scene romantiche io non mi dovevo neanche sforzare e tu non ti sei mai accorto di niente!!! E osi venirmi a dire che sono io la stupida? Ho pure usato quel merluzzo di Momuro per farti ingelosire, e visto che mi amavi tanto potevi dirmelo subito che ti infastidiva, invece che lasciarmi un’intera notte (di nuovo) a pensare a quanto non ti importasse di me!!!>>, il tono della mia voce oltre che a rasentare i massimi gradi dell’isteria è anche talmente alto da dare noia persino a me.
<< Beh, ci sei riuscita in pieno!!!!! Io non posso credere che tu fossi così incerta sui miei sentimenti addirittura da inscenare una finta relazione con quel gambo di sedano!!!! Sarebbe stato tutto più facile se me l’avessi chiesto!!!>>, Seiji non abbassa il tono della voce.
<< Lo stesso discorso vale per te!!!>>, grido infuriata, rovescio un banco del set e poi mi avvio a grandi passi nel mio camerino, paonazza per la rabbia.
<< Delphi-chan, possibile che non ti rendi conto del fatto che vi siete appena detti quanto vi amate?>>, la mia parrucchiera mi corre dietro.
<< IO NON SONO UN CE-TA-CE-O!!!!!!!!!!!!!>>, ruggisco entro nel camerino e mi sbatto la porta dietro.

ANGOLO AUTRICE
Accidenti, addirittura cinque recensioni!!!! Non so come ringraziarvi!!!
@Lion:Beh, non devi finire di sognare le scene romantiche, mia zippen!!!
@Roby: Beh, ora Kilari si deve dare una mossa, direi... ^^ Hai ragione, se Momuro fosse stato solo un coteggiatore Seiji lo avrebbe già sistemato... il che mi ha suggerito un piccolo dettaglio da mettere nel corso della storia... grazie!
@Giu: Beh grazie^^ Stavolta ho fatto un capitolo molto corto, è che mi piaceva troncarlo qui xD.
@Liuzza: Non posto proprio tutti i giorni, ma ci tengo ad aggiornare presto... anche perchè saprò come finirà questa storia solo quando la finirò, in testa non ho che delle chiare linee guida che però cambiano spesso a seconda di suggerimnti e intuizioni...xD E a proposio di suggerimenti più o meno casuali... ma lo sai che ero quasi tentata di inserirti sul serio nella storia? Beh, si vedrà, se sviluppo bene il tuo personaggio Lia potrebbe anche spuntare prima o poi nella ff... ci penserò...
@Makkia: Ormai credo sia chiaro che nè Seiji nè Delphi hanno un'intelligenza troppo brillante quando si tratta di intuire le emozioni altrui!^^
Spero il capitolo vi sia piaciuto... secondo voi che succederà? Io stranamente so già che scrivere (miracolo!), però voi cosa vi aspettate dai due biondini?^^

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Capitolo 18
*** Splendida Follia ***


<< Delphi-chan? Stai bene?>>, mi domanda la parrucchiera entrando nel camerino di corsa. Io fisso con sguardo vuoto lo specchio. Avete presente quando avete la strana sensazione che avete fatto un’enorme cazzata e non avete la minima idea su come rimediare? Ecco, mi sento così.
<< Le riprese ad ogni modo vanno concluse, quindi alzati, su!>>, mi scrolla la sedia e cado a terra come un peso morto. Io piaccio a Seiji. E ci siamo confessati il nostro amore. Urlando. Come due assatanati. Striscio fino alla porta come una gelatine, se mi faceste un encefalogramma sarebbe sicuramente piatto, a parte per il fatto che io parlo-penso da sola ogni secondo della mia bizzarra esistenza.
Mi aggrappo allo stipite della porta per riuscire a mettermi in piedi e procedo con le gambe molli, come uno zombie, verso il set. Chissà come sta Seiji. Faccio per entrare nella stanza quando la porta si spalanca e Momuro ne esce con un occhio nero e tenendosi un pacco di ghiaccio sulla guancia. Gli esce un rivoletto di sangue dal naso. Mi fa un po’ pena così gli dico:<< Grazie, farò di tutto per farti offrire quel lavoro!>>. Lui mi manda a quel paese senza nemmeno girarsi. Spingo piano la porta. Seiji è seduto su un banco del set ormai quasi deserto, la maggior parte dei tecnici hanno colto l’occasione di fare una pausa. Anche lui ha una borsa dell’acqua sulla guancia, ma tutto sommato sembra ridotto meglio di Momuro. Alza lo sguardo su di me, poi lo riabbassa arrossendo. Sulle sue labbra non c’è nemmeno l’ombra di un sorriso, sembra quasi indifeso. Ok, ha mandato all’ospedale un ragazzo alto circa dieci centimetri più di lui, quindi forse non è poi così indifeso.
Mi avvicino lentamente e poi mi siedo accanto a lui sul banco:<< Fa male?>>, gli domando preoccupata. Lui distoglie lo sguardo:<< Sì>>, sussurra.
<< Fai vedere>>, gli scosto delicatamente la mano dal volto e con le dita tasto piano il segno rosso che solca la guancia di Seiji. Lui sibila di dolore:<< Scusami, forse dovresti andare al pronto soccorso>>, gli faccio notare sospirando.
<< Takada è già abbastanza arrabbiato, dobbiamo girare questa scena ora>>, Seiji scuote il capo. Io sorrido mesta:<< E dopo di filata all’ospedale,ok?>>.
<< Ok>>, sussurra con un fil di voce.
<< Seiji?>>
<< Mmm?>>.
<< Te lo dico in modo da non sembrare un psicopatica… ti amo>>, gli sorrido. Lui ricambia.
<< Ok, invece a me è piaciuta quella confessione, sai? Era molto emozionale>>, scherza. Sembra aver riacquistato il suo solito sorriso.
<< Il genere di emozioni che prova mio padre ogni volta che lo tratto come una scimmia>>, mormoro sarcastica.
<< Carine le scimmie, anche se ho sempre avuto un debole per le tartarughe>>, ammette.
<< Sei stranissimo>>, ridacchio. Lui sorride balzando giù dal banco.
<< Les deux tortoureaux sont neauvement couers et fleurs!!!>>, esclama Takada. Tutti i presenti si girano verso di lui perplessi:<< Mio Dio, ma possibile che nessuno sappia un filo di francese qui?>>, sbuffa Takada.
<< Ha detto che i due piccioncini sono di nuovo cuoricini e fiori>>, traduco ad alta voce. I presenti esclamano un:<< Aaaah!!!>>, sollevato.
<< Azione!>>, esclama il regista senza darci neanche il tempo di metterci in posizione. Seiji colto alla sprovvista mi si apposta davanti, e mi prende le mani, mentre io ancora sto seduta sul banco, ancora rossa in volto per la frase di Takada.
Aspetto che Seiji dica la sua battuta ma vedo nei suoi occhi lo smarrimento. Che ha? E’ forse emozionato, perché allora so vagamente come si sente. Decisodi non aspettare oltre, mi avvicino a lui, chiudo gli occhi e lo bacio. Le nostre dita si intrecciano e stavolta non è come l’altra. Stavolta è tutto più semplice. Entrambi siamo certi che l’altro ci ama, ed è anche meglio della prima volta. E’ questo il nostro vero primo bacio. E’ questo il bacio che ricorderò per tutta la vita, e Seiji, Seiji sarà la parte migliore di tutto il ricordo…
E’ forse questa la famosa splendida follia?

ANGOLO AUTRICE
Salve a tutte, scusate per il ritardo è che ho avuto mille impegni, tra cui recite, interrogazioni ecc. ecc… Comunque ora sono qui, spero che il capitolo vi piaccia l’ho scritto molto in fretta e di getto. Era così che avevo immaginato fin da subito il bacio tra Delphi e Seiji, poi avevo cambiato idea, ma alla fine ho optato, per questo, visto che la stria mi aveva portata qui senza neanche farlo apposta.
Penso che proseguire con la love story sia banale, e si rovini tutto ciò che ho fatto fino ad ora. Oramai Delphi e Seiji stanno insieme, ed è una storia a lieto fine, no?
Se vi siete affezionate a questa ff però non temete. Ho intenzione di fare una KilarixHiroto parallela a questa ff, quindi Seiji e Delphi ci saranno ugualmente!
Io odio chiudere le ff, anche se è necessario. Penso a quanto mi è piaciuto scriverle, a tutti commenti ricevuti, a tutte le cose che mi sono immaginata! Anche se mi addolcisco la pillola in tutti i modi possibili mi dispiacerà un sacco non poter più scrivere dal punto di vista di Delphi, mi divertivo, mi riusciva bene. Così mi sono detta: dopo che finisco il seguito farò un altro seguito ancora e stavolta di nuovo con protagonista Delphi… Insomma, tutto questo più che altro l’ho scritto per me, sono veramente dispiaciuta di concludere qui la ff!!
Vi faccio un ringraziamento generale, sennò ,mi dilungo troppo, ma sapete bene quanto a me piacciano i vostri commenti e quanto mi facciano sentire bene. Liuzza e Roby, visto che volevate ( lo so che scherzavate, ma per me è una buona idea) entrare nella storia ho due personaggi che potreste impersonare… ma dovrei sapere molte più cose su di voi!!! Beh, c’è tempo, ad ogni modo, e comunque lo faccio solo se mi date il permesso.
Giu, Lion e Renchan, grazie infinite anche a voi!!!
Spero continuerete a seguirmi, baci,
Syam.

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