Una scommessa per la vita

di Tears_and_Rain
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Imprevisti irrimediabili ***
Capitolo 2: *** Conoscenze inaspettate ***
Capitolo 3: *** E ora?! ***
Capitolo 4: *** Addii e accoglienze. ***
Capitolo 5: *** Convivenza ***



Capitolo 1
*** Imprevisti irrimediabili ***


primo capitolo

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INTRODUZIONE

Isabella Marie Swan è una giovanissima star di un noto studio legale di New York City. Fidanzata con l’uomo ricco che tutte desiderano, pochi minuti della sua consulenza valgono una fortuna. Lavora giorno e notte e, anche se non lo vuole ammettere, è tutta concentrata sulla carriera. Ma proprio mentre aspetta con ansia di essere nominata socio si accorge di aver commesso un errore che le costerà il posto. Come se non bastasse viene mollata dal futuro marito e la sua vita in poche ore va a rotoli. Per distogliere l'attenzione dal "disastro" scappa a Las Vegas per svagarsi almeno per un week-end. Dopo una notte travolgente e qualche bicchierino di troppo la sua vita cambierà radicalmente grazie ad un uomo. Niente li unisce, ma hanno quattro milioni di ragioni per stare insieme.

 

Grandi imprevisti

 

Le cose che ci aspettiamo, se si avverano, ci danno un’enorme soddisfazione.

Al contrario, se non avvengono come noi desideriamo,

ci lasciano addosso un senso di delusione cocente.

Ma sono le cose che non ci aspettiamo, sono quelle che ci cambiano la vita.

[G. Anatomy]

 

 

12 Ottobre, 2009

 

Ti senti stressata?

No. Affatto. Non sono stressata.

Sono solo... molto impegnata. Ma il mondo è pieno di gente impegnata. E' la vita. Ho un lavoro di grande responsabilità, e per me la carriera è importante. Non quanto Mike, ma... importante.

 

Mentre scrivo, premo così forte da bucare il foglio. Accidenti. Non importa. Passiamo alla prossima domanda.

 

Mediamente quante ore al giorno passi in ufficio?

15

12

8

Dipende.

 

Quante ore passi con il tuo fidanzato?

4

6

Nel tempo libero. Quando non sono impegnata con il lavoro. Comunque Mike è una delle mie priorità e passiamo molto tempo insieme.

 

Fai attività fisica regolarmente?

Corro abitualmente. Tutte le mattine a Central Park

Corro di tanto in tanto. Quando ne ho voglia

Ho intenzione di iniziare un programma regolare di corsa, unita allo yoga... anche se sono già molto serena e calma. Quando avrò tempo, certamente. Ultimamente ho avuto parecchio da fare in ufficio ,è un momentaccio. E non dimentichiamo il matrimonio, davvero troppi preparativi.

 

Bevi due litri d'acqua al giorno?

Sì, sempre.

Talvolta.

No.

 

Poso la penna e distendo le dita delle mani, intorpidite dalla forza con cui la impugnavo. Mi schiarisco rumorosamente la voce e, all'altro capo del tavolino, le mie due migliori amiche alzano lo sguardo dai rispettivi impegni. Jessica distoglie l'attenzione dalla rivista di moda che stava leggendo e Angela dai documenti per la causa di oggi pomeriggio.

< < Problemi con il questionario? > > chiede Jessica. Un sorrisino le si dipinge sul volto mentre appoggia un gomito sul tavolino e si allunga verso di me.

< < Forse oggi non ha tempo. D'altronde deve lavorare e poi deve tornare a casa per finire i preparativi della festa > > interviene Angela, salvandomi per l'ennesima volta dalle grinfie di Jessica.

< < Tutto entro le nove. Non dimentichiamo > > specifico, portandomi la tazza di cappuccino alle labbra. Proprio come piace a me: caldo e schiumato.

< < Forse > > ammette Jessica < < Ma questo non toglie che in questi giorni sei distante e stressata. Capisco il matrimonio con Mike e la promozione a lavoro. Ma è troppo! Inoltre ora ti sei ostinata con questa festa a sorpresa. Non capisco dove tu voglia arrivare! > >

< < E' il compleanno di Mike. Tra poco ci sposiamo. E' naturale che voglia fargli una sorpresa > > dico, non prestando attenzione a loro, ma al mio blackberry. Un solo tocco e lo schermo in cristalli liquidi si illumina. Otto messaggi ricevuti, dieci chiamate perse e l'orologio segna le nove e dieci. Faccio per prenderlo, ma una mano appena smaltata di un rosso brillante mi anticipa, sottraendola dalle mie grinfie: Jessica. Stringo l'aria tra le mani, mentre la guardo con rabbia.

< < Hai promesso di passare del tempo con noi ed eseguire il mio test. No la-vo-ro! > > scandisce bene le sillabe. < < E poi stavamo parlando di Mike. Dovrebbe interessarti, no? > >

Cosa vuole insinuare? Che io non ami Mike?

Io lo amo. Lo stimo.

Ammetto di amare anche il mio lavoro. Amo la soddisfazione che mi procura l'individuare una scappatoia in un contratto. Amo la scossa di adrenalina che si prova nel chiudere un accordo. Amo l'eccitazione che viene da una trattativa, dal confronto, dal fare l'osservazione migliore fra tutti i presenti ad una riunione. Ogni tanto, forse, mi sento come se qualcuno mi stesse caricando dei pesi sulle spalle. Tipo grossi blocchi di cemento , impilati uno sopra l'altro, e io li devo reggere, anche se sono esausta...

Ma probabilmente capita a tutti di sentirsi così. E' normale. Questo non significa affatto che io sia una stacanovista.

 < < Certo che le interessa. Lei ama Mike. Per questo gli ha organizzato una festa a sorpresa questa sera ed ha invitato tutti i suoi migliori amici > > risponde al posto mio Angela. Mi toglie sempre le parole di bocca, aggiungendo complimenti, certo.

< < Gli ho fatto anche un bellissimo regalo > > butto con non chalance, mentre cerco di sfilare, di nascosto, il palmare dalla tasca della giacca.

Mi sono appena ricordata che non ho più chiamato Jack Freeman riguardo a quel trattato per il petrolio ucraino. Dovevo chiamarlo ieri. Merda.

< < Davvero. E quale? > > chiede scettica Jessica.

< < Cos'è tutto questo scetticismo. Insomma, non lavoro solo. Faccio tante cose! > >

< < Ad esempio? > > . Alza un sopracciglio e senza accorgersene porta la mano sotto il mento. Il mio blackberry è finalmente libero!

< < Ad esempio ho comprato il regalo per Mike > > dico, strisciando la mano sulla superficie fredda del tavolino. Ci sono quasi.

< < Mmh... e sarebbe? > > . Distolgo momentaneamente l'attenzione dal mio cellulare per volgere lo sguardo a Jessica, alla sua espressione scettica e allo stesso tempo curiosa .

< < Beh... non per vantarmi, ma ieri sono andata in agenzia di viaggi e ho comprato due biglietti per uno dei posti più divertenti della Terra > > . Dalle loro facce capisco che ancora non credono alle mie parole, così infilo le mani nella mia ventiquattrore e ne tiro fuori due biglietti aerei.

< < Wow, Bella! Non eri tu quella che odiava Las Vegas? > > esclama Angela, osservando sorpresa i biglietti che stringo tra le mani. In questo momento niente mi rende più fiera di aver trovato cinque minuti per recarmi all'agenzia Traveller appena accanto al mio ufficio, per ritirare i biglietti che la mia segretaria aveva in precedenza ordinato via internet. Una commissione rivelatasi sicuramente utile e soddisfacente visto le facce delle mie amiche.

< < Ammetto di aver avuto dei pregiudizi in passato, ma d'altronde questo è un regalo. Altruismo puro. Non ho pensato certo a me, quando l'ho preso > > .

< < Ami davvero Mike. Sono molto contenta per voi e spero apprezzi questo gesto altruistico e romantico > > si congratula Angela posando la mano sulla mia. Le sorrido felice di rimando.

< < Non dimenticare la festa, Angela! > > interviene Jessica < < chissà quanto tempo la cameriera avrà speso a organizzare tutto > > .

Doveva per forza intervenire? Dichiarare l'ovvio? Io non ho molto tempo: ho il lavoro che mi occupa tutta la giornata e quel poco che ne resta cerco di occuparlo in modo intelligente e ragionevole. Certe volte mi porto il lavoro a casa, certo, ma mi occupo anche del mio fidanzato e del nostro attico. Questa sera, ad esempio, ho detto a Mike di aver prenotato al ristorante per decidere la data del matrimonio. Efficienza pura.

< < Fai un programma per decidere un programma?! > > ha esclamato Mike, quando questa mattina l'ho informato del mio piano per la serata.

< < Ops, scusa. Sono sempre la solita > > mi sono scusata, sorridendo pentita. L'ho salutato con un leggero bacio a fior di labbra e sono scappata a lavoro.

 

Ritorno al presente e le sorrido amaramente, mostrando il mio disappunto, che fortunatamente coglie al volo.

< < Siamo fiere di te. Insomma hai deciso di portare Mike nel luogo della perdizione e degli sbagli. Più altruistico di così > > esclama Jessica, posando nuovamente la mano smaltata sul mio blackberry. Accidenti.

< < Comunque sei stressata e molto tesa, quindi finisci il test così la tua consulente di bellezza preferita, cioè io, potrà dirti il tuo stato sentimentale, salutare e mentale > > .

< < Questa volta ha ragione Jessica. Hai bisogno di più tempo per te stessa! > > interviene preoccupata Angela.

Non ho tempo per queste cose. Non ho proprio tempo. D'altronde, però, gliel’ho promesso: più tempo per me, più tempo per noi. Solo ed esclusivamente per la nostra amicizia. Sbuffo e mi faccio forza per continuare il questionario.

 

Fumi?

No.

 

Bevi alcolici?

No.

Durante le feste e gli eventi importanti.

Sì.

 

Consumi regolarmente pasti cucinati in casa?

 

Alzo lo sguardo, sulla difensiva. E questo cosa c'entra? Perché un pasto cucinato in casa dovrebbe essere migliore di un altro?

Seguo una dieta sana e nutriente, scrivo alla fine.

Il che è assolutamente vero.

E comunque, lo sanno tutti che i cinesi vivono più a lungo di noi, quindi cosa può esserci di più sano del loro cibo? E la pizza rientra nella dieta mediterranea. Per questo probabilmente è più salutare di un pasto cucinato in casa. Soprattutto se la cuoca sono io. Non dimentichiamo poi che ogni terza domenica del mese Mike mi porta a cena fuori in uno dei migliori ristoranti francesi della zona. Più salutare di così si muore.

 

Ritieni che la tua vita sia equilibrata?

Sì.

N

 

< < Ho finito > > annuncio, porgendo fiera la rivista a Jessica, che comincia a leggere attentamente le mie risposte. Le sue dita scorrono sulla pagina con la velocità di una lumaca. Come se avessi tutto il tempo del mondo. Lei forse ce l'ha, ma io devo assolutamente tornare in ufficio entro l'una. Faccio l'avvocato, in uno dei più grandi uffici di New York, e questo è un periodo un po' frenetico. Ma passerà. Le cose andranno sicuramente meglio. Devo solo riuscire a sopravvivere alle prossime dieci ore e poi il posto di socio sarà mio.

< < E' ufficiale sei dipendente, anzi ossessionata dal tuo lavoro. Ho notato le tue occhiate insistenti al cellulare, e non è un buon segno. Hai bisogno di un momento solo per te! > >

Per amor del cielo! Io non sono ossessionata. Insomma, è assurdo. Controllo la mia posta elettronica ogni... ogni trenta secondi sì e no.

Il fatto è che in trenta secondi possono succedere tante cose.

< < E poi è scritto nero su bianco che sei stressata > > aggiunge con un'occhiata disperata al foglio.

Ma è ceca? O si diverte a provocarmi? Ho chiaramente indicato sul modulo che non sono stressata.

< < No, non sono stressata > > . Le rivolgo un sorriso rilassato, della serie: "Guarda come sono serena". Jessica non sembra per niente convinta ed anche Angela inizia a dubitarne.

< < Sappiamo che il tuo lavoro è molto logorante e che quando ritorni a casa sei così stanca che non riesci neanche ad istaurare una conversazione con Mike. Deve essere molto frustrante. Forse dovresti lasciar stare la promozione > > suggerisce Jessica, sbattendomi davanti al viso il foglio e indicandomi con un dito il questionario.

< < O semplicemente concederti una vacanza > > .

Angela mi ha sempre difeso e si è sempre messa in gioco per me. Se anche lei cede ai pazzi consigli di Jessica, forse dovrei dare loro ascolto. Forse...

< < Non posso lasciar perdere ora! Sono vicino tanto così > > dico, avvicinando i polpastrelli del pollice e dell'indice.

Entrambe sbuffano e dirigono di nuovo l’attenzione ai propri impegni.

Ricordo come fosse ieri quando ci siamo incontrate. La solita amicizia alle superiori. Siamo cresciute insieme tra scuola, ragazzi e trasgressioni, da parte di Jessica, certo. Angela ed io siamo sempre rimaste in disparte e di questo ce ne vantiamo ancora oggi. Anche se alla nostra amicizia era stato dato un limite di sopravvivenza di una settimana, siamo ancora qui. In un elegante bar del Upper East Side di Manhattan.

Ammetto che abbiamo diversi interessi, passioni e hobby. Non dimentico che siamo completamente opposte di carattere. Jessica è la solita donna che viene definita senza cervello e con un bel corpo, ma non è così. Assolutamente. Ha molti pregi, ad esempio... conosce tutti i giorni di saldi, sa data e ora di tutte le feste più importanti e ha un gusto eccellente per tutti i capi di abbigliamento. Angela, invece, non è un tipo mondano e sguainato come Jessica. E' la tipica ragazza timida e introversa, di poche parole. In compenso è intelligentissima e perspicace e quando si parla di difendere qualcuno tira fuori gli artigli. Tutti la temono in tribunale. Non c'è causa che non vinca. Io? Bè, sono la tipica donna in carriera con un futuro splendente, un fantastico ricco fidanzato, una porche rossa fiammante e un attico da far invidia a Paris Hilton. Insomma, la mia vita è una favola, compresa di "Per sempre felici e contenti". Il mio carattere? Semplice, mi definiscono aggressiva a lavoro e dolce nella vita privata. Mike mi chiama la "sua micetta". Ammetto di essere un po' tesa negli ultimi tempi, ma mi adatto al clima lavorativo dell'azienda e di questo i miei amici sono al corrente. Mi capiscono se qualche volta esco di testa. Ma questi sono solo dettagli insignificanti. Ritornando all'amicizia tra me, Angela e Jessica non potrebbe andare meglio di così: ci confidiamo tutto, ci capiamo e ci ascoltiamo a vicenda. Un vero trio compatto e affiatato.

Ora però ho bisogno della mia posta elettronica e non posso evitare di nasconderlo a loro. D'altronde non posso separarmi dal mio palmare per tre ore. Voglio dire, e se succedesse qualcosa? Se ci fosse un'emergenza?

E poi non ha senso. Se davvero vogliono che mi rilassi dovrebbero lasciare che tenga a portata di mano palmare e cellulare, altro che confiscarli.

Come faccio con Freeman? Avrei dovuto chiamarlo. Starà aspettando una risposta. E se dice ai soci che sono stata negligente? Le mie probabilità di diventare socio potrebbero diminuire?

Avverto una fitta di ansia alla bocca dello stomaco. Non è il momento di lasciare nulla al caso. Potrei mandargli un'e-mail veloce. Con una mossa furtiva infilo le mani nella tasca e sento lo spigolo del palmare. Lo estraggo lentamente, cercando di non farmi scoprire da Angela e Jessica, che ignare continuano a leggere i rispettivi interessi.

Cercando di ridurre i movimenti al minimo, comincio a digitare furtivamente un messaggio con una sola mano. " Jack " sto scrivendo " riguardo al contratto per il petrolio ZFN, ho letto le modifiche. Credo che la nostra risposta dovrebbe..."

< < Che cosa stai facendo? > > chiede Jessica, improvvisamente, distogliendo lo sguardo dalla rivista.

< < Niente! > > rispondo in fretta, infilando il palmare nella tasca della giacca. < < Mi sto...rilassando > >

Jessica si sporge sul tavolino e osserva il piccolo rigonfiamento della tasca attillata.

< < Stai nascondendo qualcosa? > > mi chiede, incredula. Intanto anche Angela ha distolto l'attenzione dal fascicolo e mi osserva sorpresa.

< < No! > > urlo con tono di voce forse troppo elevato. Non posso ammetterlo, avevo promesso ed io mantengo sempre gli accordi. Basta solo mentire bene e purtroppo, anche se faccio l'avvocato, devo ancora affinare quest'abilità.

Da sotto il tessuto, il palmare emette un piccolo bip. Maledizione!

< < Sarà stata una macchina > > dico, fingendo indifferenza < < In strada > > .

Jessica stringe gli occhi, mentre Angela scuote la testa, divertita.

< < Isabella Swan > > dice, utilizzando il mio nome per intero, con voce lenta e minacciosa < < hai qualche tua solita diavoleria elettronica nascosta lì sotto? > > Più che una domanda sembra un'accusa.

< < Stavo soltanto mandando un'e-mail > > ammetto alla fine, tirando fuori la "diavoleria elettronica" con sguardo colpevole.

< < La capisco. Anch’io oggi sono stata costretta a portarmi il lavoro dietro > > interviene Angela comprensiva, stemperando la situazione che si è andata a formare.

< < Ah, voi fanatiche del lavoro! > > Me lo strappa di mano, esasperata. < < Almeno tu > > dice indicando Angela < < lavori senza sosta solo oggi, ma lei ogni dannato giorno! Ogni ora, capisci?! Le e-mail possono aspettare. Tutto più aspettare. Tu non sei capace di rilassarti e divertirti! Programmi ogni secondo della tua vita > >

< < Io non sono una fanatica del lavoro e dei programmi! > > ribatto indignata < < Io sono un avvocato. E' diverso > >

< < Tu sei in fase di negazione > > fa lei, scuotendo la testa.

< < Non è vero! Senti, stiamo lavorando a dei grossi contratti. Io non posso troncare le comunicazioni! Specialmente adesso. Io... io, se te lo ricordi ancora, sono in lizza per diventare socio > > .

Nell'attimo in cui pronuncio queste parole ad alta voce, avverto la familiare fitta allo stomaco. Socio di uno dei migliori studi legali del paese. L'unica cosa che io abbia mai desiderato. Insieme al matrimonio con Mike, certo.

< < Sono in lizza per diventare socio > > ripeto, con tono più calmo. < < Decideranno oggi pomeriggio. Se dovesse succedere, sarò il socio più giovane nella storia dello studio. Capisci quanto sia importante? Hai idea... > >

< < Tutti possono prendersi un paio d'ore di pausa > > m’interrompe Jessica. Poggia le mani sulle mie. < < Bella > > inizia con tono più dolce < < Noi siamo le tue migliori amiche e non siamo stupide. Ci siamo rese conto che sei troppo agitata > > cerca conferma con lo sguardo ad Angela che annuisce e continua il discorso < < Sappiamo che la promozione è vicina e che presto sarai il socio più giovane e migliore della storia. Però hai bisogno di tempo per stare solo con te stessa, con le tue amiche... con Mike. Insomma state per sposarvi, è un passo importante che dura tutta la vita. E non dimentichiamo che oggi è il suo compleanno e tu hai organizzato una bellissima festa a sorpresa. Hai preso anche il regalo! > >

< < Anche se probabilmente i biglietti li ha ordinati la tua segretaria e la casa per stasera l'ha preparata la cameriera, comunque tu hai avuto l'idea. Noi sappiamo perfettamente che sei impegnata > > ribadisce questa volta Jessica < < ma vogliamo che tu ti calmi e inizi a prendere sul serio il fatto di divertirti e svagarti per qualche ora. Quindi ora prendi una rivista e fai almeno finta di leggerla e sfogliarne le pagine. Ok? > > .Annuisco sconfitta, ma quando il cellulare vibra i buoni propositi svaniscono. In un momento di distrazione da parte delle mie amiche avevo infilato il cellulare sotto la camicetta, dopo averlo messo in vibrazione in modo che non facesse rumore. Devo rispondere. Potrebbe essere l'ufficio.

< < Scusate ragazze, ma ho bisogno del mio cellulare. Facciamo così: ci vediamo questa sera. Puntuali alle nove! Ora scappo, devo andare in ufficio > > Mi alzo velocemente dalla sedia, prendendo la valigetta ed estraendo con aria professionale, ma impacciata, il cellulare dalla tasca della giacca. Premo il tasto on, allontanandomi dal bar, e vengo aggredita da una collerica voce maschile.

< < Isabella, dove diavolo si trova? > > .Mi sento male. E' Caius. Il capo del nostro ufficio contratti. Ha capelli candidi, occhiali con la montatura di metallo e penetranti occhi grigi. Appena arrivata alla Volterra me lo sognavo tutte le notti. Ed erano incubi.

< < L'accordo Melbook è ripartito. Venga subito qui. C'è una riunione alle dieci e mezzo > >

Ripartito?

< < Arrivo subito > > .Chiudo la comunicazione con uno scatto e guardo davanti a me affranta. In fondo mi dispiace lasciare le mie amiche ogni volta per recarmi a lavoro.

 

 

 

Non sono ossessionata dall'orologio.

Ma ovviamente dipendo da lui. Succederebbe anche a voi, se il vostro tempo fosse scandito da segmenti di sei minuti. Ogni sei minuti della mia vita lavorativa si suppone che io fatturi un cliente. Tutto va su un foglio di presenza computerizzato, in addebiti separati.

 

11.00-11.06 Stesura bozza contratto per Progetto A

11.06-11.12 Correzione documentazione per Cliente B

11.12-11.18 Consulenza per Accordo C

 

Quando ho cominciato a lavorare alla Volterra mi spaventava un po' l'idea di dover annotare tutto quello che facevo, ogni minuto della giornata. "E se non faccio niente per sei minuti?" pensavo. "Cosa devo scriverci?"

 

11.00-11.06 Fissato senza scopo fuori dalla finestra

11.06-11.12 Sognato ad occhi aperti di andare a sbattere contro Matt Damon mentre vado a lavoro

11.12-11.18 Tentato di toccare il naso con la punta della lingua

 

Ma la verità è che ci si abitua. Ci si abitua a misurare la propria vita in piccoli segmenti di sei minuti. E ci si abitua a lavorare. Lavorare sempre.

Se sei alla Volterra non stai con le mani in mano. Non guardi fuori dalla finestra, non sogni ad occhi aperti. Non quando sei minuti del tuo tempo valgono così tanto. Mettiamola in questi termini: se lascio passare sei minuti senza concludere niente, ho fatto perdere allo studio cento dollari. Dodici minuti, duecento dollari. Diciotto minuti, trecento dollari.

Come ho detto, gli avvocati della Volterra non stanno mai con le mani in mano.

 

Quando arrivo in ufficio, trovo Caius accanto alla mia scrivania che osserva con espressione disgustata il casino di carte e fascicoli sparsi ovunque. Lo ammetto, la mia non è la scrivania più ordinata del mondo. In effetti... è una vera schifezza. Ma ho la ferma intenzione di sistemarla e di trovare posto alle pile di vecchi contratti ammassati per terra. Appena avrò un attimo di tempo.

< < La riunione è fra dieci minuti > > dice, guardando l'orologio. < < Voglio la bozza di proposta finanziaria > >

< < Certo > > rispondo, cercando invano di restare calma. Ma è sufficiente la sua presenza a mettermi in agitazione.

Normalmente Caius incute timore. Emana una forza paurosa e inquietante come gli uomini emanano odore di dopobarba. Ma oggi è mille volte peggio, perché Caius fa parte del comitato decisionale. Oggi lui e altri tredici soci si riuniranno per decretare chi diventerà nuovo socio dello studio. Oggi saprò se ce l'ho fatta o se la mia vita è stata un grosso fallimento. Cosa vuoi che sia!

< < La bozza è qui... > > .Allungo la mano verso una pila di classificatori e con uno svolazzo estraggo quella che sembra la custodia di un raccoglitore. E' una vecchia scatola di ciambelle.

Mi affretto a gettarla nel cestino. < < E' qui da qualche parte, ne sono sicura... > > .Frugo con frenesia e finalmente trovo il fascicolo giusto. Grazie a Dio. < < Eccola! > >

< < Non so proprio come riesca a lavorare in questo disordine, Isabella > > .La voce di Caius è asciutta e sprezzante, i suoi occhi tremendamente seri.

< < Se non altro è tutto a portata di mano! > > .Azzardo una risatina, ma lui resta impassibile. Agitata e col cuore in gola, sposto la sedia, e una pila di lettere di cui mi ero dimenticata frana a terra.

< < Sa, un tempo vigeva una regola per cui le scrivanie dovevano essere sgombre per le sei di sera. Forse faremmo meglio a ripristinarla > >

< < Forse! > > .Mi sforzo di sorridere, ma Caius mi rende sempre più nervosa.

< < Isabella! > > .Una voce affabile ci interrompe. Mi volto, confortata, e vedo Aro venirci incontro nel corridoio. Aro è il socio anziano che preferisco. Ha capelli neri sempre perfettamente acconciati, e un gusto vistoso in fatto di cravatte. Oggi, ad esempio, ne indossa una rosso brillante con disegnini cachemire, e un fazzoletto da taschino coordinato. Mi saluta con un gran sorriso che contraccambio, sentendomi subito più rilassata. Sono sicura che è lui quello che sostiene la mia nomina a socio. Sono sicura che è Caius quello che si oppone. Aro è lo spirito libero dello studio, quello che infrange le regole, che le fa, quello che non da importanza a sciocchezze tipo scrivanie in disordine.

< < Una lettera di apprezzamento per te, Isabella > > Aro mi rivolge un sorriso raggiante e mi porge un foglio < < Nientemeno che dal presidente della Forbes > >

Sorpresa, prendo il foglio di carta intestata e do uno sguardo allo scritto vergato a mano: "grande stima...prestazioni sempre professionali..."

< < Ho saputo che gli hai fatto risparmiare qualche milione di dollari. E lui non se lo aspettava > > Aro ammicca. < < E' al settimo cielo > >

< < Ah, sì > > Arrossisco leggermente < < Una cosa da niente. Ho soltanto notato un'anomalia nel modo in cui stavano organizzando la struttura finanziaria > > .

< < Evidentemente gli hai fatto un'ottima impressione > > Aro inarca le sopracciglia < < Vuole che d'ora in avanti sia tu ad occuparti di tutti i suoi contratti. Eccellente, Isabella! Brava > >

< < Ehm... grazie > > Rivolgo un'occhiata a Caius giusto per vedere se la notizia l'ha colpito, ma lui sfoggia ancora quella sua aria d’impaziente disapprovazione.

< < Voglio che si occupi di questo > > dice Caius e mi molla un fascicolo sulla scrivania. < < Ho bisogno di due diligence entro quarantott'ore > > .

Oh, no! Guardo il voluminoso fascicolo e mi sento mancare. Mi ci vorranno giorni. E stasera ho anche la festa di Mike. Per non parlare del viaggio a Las Vegas nel week-end.

Caius continua ad affidarmi lavori extra di cui lui non ha voglia di occuparsi. A dire il vero tutti i soci lo fanno, anche Aro. Il più delle volte non me lo dicono neppure: si limitano a lasciare il fascicolo sulla mia scrivania con un appunto illeggibile e si aspettano che io esegua.

< < Qualche problema? > > i suoi occhi si stanno facendo piccoli.

< < Certo che no > > rispondo con il tono vivace e zelante di un potenziale futuro socio. < < Ci vediamo alla riunione > >

Mentre esce, lancio un'occhiata all'orologio. Le 10.22. Ho esattamente otto minuti per accertarmi che tutti i documenti riguardanti l'accordo Melbook siano in ordine. Apro il fascicolo e sfoglio le pagine, alla ricerca di errori, di lacune. Ho imparato a leggere molto più velocemente da quando lavoro alla Volterra.

Anzi, faccio tutto più veloce. Cammino più veloce, anche se spesso inciampo, parlo più veloce, mangio più veloce...faccio sesso più veloce...

Di quest'ultima parte Mike non è molto entusiasta, ma d'altronde siamo entrambi impegnati con il lavoro e so che, anche se non lo da a vedere, capisce perfettamente la situazione del sesso una volta al mese in sei minuti.

< < Isabella? > > Una voce interrompe le mie riflessioni. E' Jane, la mia segretaria. Lavora con noi solo da qualche settimana e non la conosco ancora bene. < < E' arrivato un messaggio per te, mentre eri via. Una certa Ava > >

Vedendo il mio sguardo smarrito, continua dicendo < < La tua donna delle pulizie. Vuole sapere dove tieni i sacchetti per l'aspirapolvere > >

La guardo ancora senza capire.

< < I cosa? > >

< < I sacchetti per l'aspirapolvere > > ripete Jane, paziente. < < Non riesce a trovarli > >

< < E perché l'aspirapolvere dovrebbe stare in un sacchetto? > > chiedo perplessa. < < Deve forse portarlo da qualche parte? > >

Jane mi scruta come se non capisse se sto scherzando o se faccio sul serio.

< < I sacchetti che vanno dentro l'aspirapolvere > > dice, scandendo le parole < < Sai, per raccogliere la polvere? > >

< < Ah! > > faccio io, portandomi la mano alla fronte < < Quei sacchetti! Ehm...> >

Aggrotto la fronte con aria pensierosa, come se avessi la risposta sulla punta della lingua. La verità è che non riesco neppure a visualizzare il mio aspirapolvere. L'ho mai visto? So che l'ha comprato Mike  su e-bay, ma per il resto niente.

< < Forse è una Dyson > > suggerisce lei < < Quelli non hanno sacchetto. E' a cilindro o verticale? > > Mi guarda, in attesa di una risposta.

Non so proprio di cosa stia parlando. Ma non ho alcuna intenzione di ammetterlo.

< < Ci penserò io > > dico con modi spicci, iniziando a raccogliere le mie carte < < Grazie, Jane > >

< < Aveva anche altre domande da farti > > Jane consulta i suoi appunti < < Dove sono gli addobbi per la festa? Quando arrivano il cibo e le bevande? E la torta? > >

Per un attimo continuo ad ordinare i documenti come se non avessi sentito. Ovviamente io ho ordinato tutto e comprato ghirlande e palloncini.

< < Bè... forse non l'aveva capito, ma li deve comprare > > dico alla fine, cercando di apparire disinvolta < < Non mi sembra difficile da capire... > >

< < Ha detto che non ha trovato i soldi > > Jane aggrotta la fronte < < Ha detto che sul tavolo non ci sono > >

Okay, penso che debba dirgli qual'é il mio nascondiglio segreto per le urgenze.

< < Dille di guardare nel mio cassetto della biancheria. Ora devo fare una telefonata > > dichiaro con aria dispiaciuta, indicando il telefono. Fortunatamente Jane esce velocemente dal mio ufficio senza fiatare.

Non ho tempo per queste cose. Voglio dire, i sacchetti per l'aspirapolvere. Per l'amor di Dio, non so neppure come sono fatti, figuriamoci dove comperarli...

E poi ho una folgorazione. Ne comprerò una nuova. Di sicuro arriverà con il sacchetto già inserito.

< < Bells > >

< < Eh? Cosa c'è? > > Faccio un salto, allarmata, e apro gli occhi. Jacob Black è sulla soglia del mio ufficio. Jacob è il mio miglior amico sin dal liceo. Abbiamo anche frequentato l'università insieme e dopo il diploma siamo stati entrambi assunti alla Volterra. Ricordo come fosse ieri il giorno che ce l'hanno comunicato. Eravamo contenti ed allegri, non abbiamo fatto altro che ridere e scherzare tutto il tempo sul fatto che presto saremmo divenuti rivali nella corsa al potere. Ridicolo! Io e Jacob rivali, mai. Ancora oggi la maggior parte del mio tempo libero lo passo con lui e, mi è difficile ammetterlo, ma Mike non ne è molto contento. Ma come si fa a resistere ad un uomo di un metro e novanta di altezza e simpatia, colorito abbronzato, occhi scuri e l'aplomb dell'avvocato elegante e sicuro di sé? Questa mattina, però, ha i capelli arruffati e gli occhi segnati da profonde occhiaie.

< < Rilassati > > dice, sorridendo < < Sono solo io. Vieni alla riunione? > >

Ha un sorriso favoloso. Non lo dico solo io, l'hanno notato tutti.

< < Oh,sì, certo > > Prendo i documenti e poi aggiungo, con noncuranza: < < Ti senti bene, Jake? Hai l'aria un po' sbattuta > >

Ha rotto con la sua ragazza. Hanno litigato tutta la notte e lei l'ha lasciato per sempre...

No, anzi, si è trasferita in Australia...

Aspetta un attimo. Io sto per sposare Mike. Amo Mike. Jacob è solo il mio migliore amico da sempre e non gli auguro niente di male, giusto?

< < Sono stato alzato tutta la notte > > dice con una smorfia. < < Quel bastardo di Caius. E' disumano > > Si lascia sfuggire un grosso sbadiglio, mettendo in mostra la dentatura bianca e perfetta.

< < Che rompipalle > > Sorrido in segno di solidarietà, e spingo indietro la sedia < < Andiamo > >

Da quando lo conosco non è cambiato di una virgola. E' intelligente, spiritoso, lavora con il mio stesso metodo, e in un certo senso...funzioniamo bene insieme, in coppia. E, sì, fra noi avrebbe potuto nascere qualcosa ma il sentimento che ci lega è solo quello dell'amicizia.

< < Allora socio > > esordisce Jake, mentre percorriamo il corridoio, diretti alla riunione.

< < Non dirlo > > sussurro, inorridita. Porta male.

< < Su, lo sai anche tu che ce l'hai fatta > >

< < Io non so nulla > >

< < Isabella, tu sei l'avvocato più brillante del tuo anno. E sei quella che lavora di più. > >

Sbuffo sonoramente e lui lascia cadere il discorso.

< < Non hai fatto le prove davanti allo specchio per la foto da mettere sul sito web dello studio? > > Jacob assume una posa pensierosa con il dito appoggiato al mento. E' davvero un comico nato. < < Signorina Isabella Swan, socio > >

< < Non ci ho neppure pensato > > dico, alzando gli occhi al cielo con aria sdegnata.

< < Ho sentito che la tua presentazione li ha lasciati tutti di stucco > > aggiunge Jacob, più serio.

Il mio sdegno svanisce in un secondo < < Davvero? > > dico, cercando di non apparire troppo ansiosa < < L'hai sentito veramente? > >

Incrocia le braccia al petto e mi guarda divertito < < Già. Commetti mai errori, Isabella Swan? > >

< < Oh, un sacco di errori > > rispondo, allegra < < Credimi > >

< < Sai Bells, un errore non è un errore... > > Jacob fa una pausa < < a meno che non vi si possa porre rimedio > > Mentre pronuncia queste parole i suoi occhi sembrano penetrare più a fondo nei miei. O forse sono soltanto un po' lucidi per la nottata insonne. Non sono mai stata troppo brava ad interpretare questi segni. Avrei dovuto laurearmi in questa materia, anziché in legge. Sarebbe stato molto più utile. Laureata in lettere con specializzazione in " Cosa pensa l'esemplare maschio "

< < Pronti? > > La voce sprezzante di Caius alle nostre spalle ci fa trasalire. Mi volto e vedo una falange di uomini sobriamente vestiti, insieme a un paio di donne altrettanto sobriamente vestite.

< < Certo > > Jake fa cenno d'assenso col capo di direzione di Caius, poi si volta verso di me e mi fa l’occhiolino.

O forse dovrei semplicemente iscrivermi a un corso di telepatia.

 

 

 

Stranamente dopo sei ore la riunione è finita. Dico stranamente non perché mi piaccia ascoltare per ore la gente discutere e cambiare idea, ma perché la volta precedente siamo rimasti rinchiusi in questa stanza per nove ore. Nove ore che hanno provocato volti accalorati, animi accesi ed urla esasperate. Nove ore d'inferno.

La più bella notizia però è che arriverò in tempo alla festa di Mike. Provo un desiderio improvviso di urlare: "Evviva!"

Ma non sarebbe un comportamento da socio.

Raccolgo le mie carte, le infilo nella valigetta e mi alzo dalla sedia.

< < Ah, Bells, dimenticavo > > .Jacob sta venendo verso di me. < >

< < Perché? Puoi farglieli tu di persona questa sera > > dico confusa.

< < Bells mi dispiace, ma proprio non posso venire. Però so come farmi perdonare > > .Sembra davvero dispiaciuto e convinto di riuscire a rimediare. Ci tenevo ad averlo con me, d’altronde lui c’è sempre stato. Oggi però ha qualcosa di meglio da fare … e non me lo vuole dire.

Mantengo il sorriso stampato in faccia e dico: < < Se lo dici tu … > > .Si sente molto la nota sconsolata?

Sto già prendendo la valigetta, quando mi afferra un braccio.

< < Non dovrei farlo ma... > > mormora, spingendosi verso di me < < ce l'hai fatta, Bells. Sei diventata socio. Riceverai la comunicazione ufficiale tra un'ora > >

Avverto una calda fitta di gioia al petto. Per un attimo non riesco neppure a respirare.

Ce l'ho fatta. Ce l'ho fatta!

< < Io non ti ho detto nulla, d'accordo? > > .Il suo volto si increspa in un sorriso orgoglioso. < < Brava, mia piccola Bells! > >

< < Grazie > > riesco a rispondere anche se la voce alla fine cede.

< < Ci vediamo dopo. Ti farò le congratulazioni come si conviene > > Si volta ed esce fuori dalla sala riunioni. Gli ho già perdonato tutto. Resto sola a fissare fuori dalla finestra.

Sono diventata socio.

Oh, mio Dio. Oh, mio Dio. OH, MIO DIO!

Corro nel mio ufficio, zittendo con un gesto della mano Jane, che si è già alzata per comunicarmi qualcosa. Non voglio vedere nessuno. Solo io e la mia euforia.

Sbatto la porta alle mie spalle e tiro fuori uno specchietto da borsetta, osservo il mio viso allegro. Ho le guance di un rosa acceso. Provo un desiderio irrefrenabile di balzare in piedi e urlare: "Sì!". Ho voglia di mettermi a ballare e urlare. Come faccio a resistere un'altra ora? Come posso restarmene qui seduta e calma? Non riesco a concentrarmi sul rapporto per Caius.

Mi alzo e vado allo schedario, giusto per fare qualcosa. Apro un paio di cassetti a caso e li richiudo. Poi, mentre mi giro, vedo la mia scrivania ingombra di carte e fascicoli, con una pila di libri in bilico sul terminale del computer.

Caius ha ragione. Ecco il modo perfetto per impiegare un'ora. 17.00-18.00: ottimizzazione materiale cartaceo. Abbiamo persino un codice per questo sul foglio di presenza.

 

 

 

Avevo dimenticato quanto io detestassi riordinare. Mentre frugo tra la confusione della mia scrivania esce fuori di tutto. Lettere dello studio, contratti da archiviare, vecchi inviti, appunti...un opuscolo dello yoga...un CD che ho comprato tre mesi fa e che credevo di aver perso, il biglietto di Aro dello scorso Natale, che lo ritrae in costume da Babbo Natale... Sorrido e lo metto nel mucchio delle "Cose a cui trovare posto"

Ci sono anche delle targhe, i pezzi di perspex incisi e montati che riceviamo quando concludiamo un grosso contratto. E...oh, Dio, mezza barretta di Marx che evidentemente per qualche motivo non sono riuscita a finire. La getto nel cestino e con un sospiro mi dedico ad un'altra pila di carte. Non dovrebbero darci delle scrivanie così grandi. Non riesco a credere che ci sia tutta questa roba qui sopra.

Socio! La parola mi attraversa la testa come un fuoco d'artificio sfavillante. SOCIO!

Smettila, mi rimprovero. Concentrati su ciò che stai facendo. Mentre tiro fuori un vecchio numero del "Lawyer" chiedendomi perché mai l'abbia conservato, cadono a terra alcuni documenti tenuti insieme da una graffetta. Li raccolgo e scorro la prima pagina, pronta a passare subito a qualcos'altro. E' un promemoria di Aro.

 

Oggetto: Bank of America

Ti trasmetto in allegato l'obbligazione di pagamento per la Flint Ltd. Ti prego di provvedere alla registrazione presso l'Ufficio del registro delle imprese.

 

Lo guardo senza grande interesse. La Bank of America è un cliente di Aro, ed io ci ho avuto a che fare solo una volta. L'oggetto è un prestito di cento milioni di dollari alla Flint e io non devo fare altro che registrarlo entro ventuno giorni all'ufficio del registro. E' una delle tante incombenze che i soci mi lasciano sulla scrivania. Bè, d'ora in avanti non succederà più, penso con determinazione. Anzi, credo che lo passerò a qualcun altro, adesso. Automaticamente guardo la data.

Poi la guardo di nuovo. E' datato 1 Settembre. Sei settimane fa? No può essere.

Perplessa, sfoglio velocemente le pagine per vedere se si tratta di un errore di battitura. Deve trattarsi di un errore di battitura... ma la data è la stessa dappertutto: 1 Settembre.

1 Settembre?

Resto a fissare il documento, paralizzata. E' rimasto sulla mia scrivania per sei settimane?

No...no. Non è possibile. Vorrebbe dire che...

Vorrebbe dire che ho lasciato passare la data di scadenza. Deglutisco. Devo aver letto male. Non posso aver commesso un errore così banale. Io registro sempre le transizioni prima della scadenza.

Chiudo gli occhi, cercando di calmarmi. Devo aver preso un abbaglio. E' tutta colpa dell'eccitazione per essere diventata socio. Deve avermi annebbiato il cervello. Okay. Controlliamo di nuovo con attenzione.

Apro gli occhi e guardo il promemoria...ma dice esattamente la stessa cosa di prima. Ti prego di provvedere alla registrazione. Data 1 Settembre, nero su bianco. Il che significa che ho esposto il nostro cliente a un prestito non garantito. Il che significa che ho commesso l'errore più elementare che un legale possa fare.

Il mio entusiasmo è svanito. Provo un senso di gelo alla spina dorsale che si arrampica per ogni vertebra. Sto cercando disperatamente di ricordare se Aro mi ha detto qualcosa a proposito dell'accordo. No, non ricordo neppure che me ne abbia parlato. Ma perché avrebbe dovuto? E' un semplice prestito. Una cosa che solitamente facciamo ad occhi chiusi. Avrà dato per scontato che io abbia eseguito i suoi ordini. Si sarà fidato di me. Oh, Gesù.

Sfoglio di nuovo le pagine, questa volta più in fretta, alla ricerca di una scappatoia, di una clausola che mi faccio esclamare: "Ma certo!". Ma non c'è. Stringo il documento fra le mani, stordita. Come può essere successo? L'ho messo da parte, pensando di occuparmene in un secondo tempo? Non ricordo. Non riesco proprio a ricordare.

E adesso cosa faccio? Un'ondata di panico mi assale mentre valuto le conseguenze. La Bank of America ha concesso un prestito di cento milioni di dollari alla Flint. E non essendo stato registrato, questo prestito non è garantito. Se la Flint fallisse domani, la Bank of America finirebbe in fondo alla lista dei creditori...e probabilmente resterebbe con un pugno di mosche.

Sto cercando di mantenere la calma, ma dentro di me sta montando il panico. Devo affrontare la cosa. Ho commesso un errore.

Cosa faccio? Il mio corpo è teso come la corda di un violino, la paura mi attanaglia lo stomaco. Non riesco a pensare in maniera coerente...

E poi, all'improvviso, mi tornano in mente le parole di Jacob e provo un ondata di sollievo quasi dolorosa. "Un errore non è un errore a meno che non vi si possa porre rimedio".

Sì. Il punto è che posso porvi rimedio. Posso ancora registrare il prestito.

Sarà atroce. Dovrò informare la banca di ciò che ho fatto, e la Flint, Aro e Caius. Dovrò preparare una nuova documentazione. E, cosa peggiore, vivere sapendo che tutti sono a conoscenza dell'errore che ho commesso, un errore stupido e avventato, che solo un tirocinante potrebbe fare.

Potrebbe significare la fine del mio status di socio. Il pensiero squarcia la mente e per un istante mi sento morire. Ma non c'è altra scelta. Devo rimediare.

Mi collego velocemente al sito web dell'ufficio del registro delle imprese e faccio una ricerca sulla Flint. Se nel frattempo non è stato registrato alcun prestito, non sarà cambiato nulla...

Fisso lo schermo, incredula.

No.

Non può essere.

Un prestito di cento milioni di dollari è stato registrato la scorsa settimana da una società che si chiama Malden. Il nostro cliente è l'ultimo dei creditori.

Il mio cervello va in tilt. Non va bene. Non va affatto bene. Devo parlare con qualcuno, in fretta. Devo fare subito qualcosa, prima che vengano registrate altre transizioni. Devo...devo dirlo ad Aro. Ma la sola idea mi paralizza.

Non posso farlo. Non posso andare da lui e annunciargli che ho commesso l'errore più banale del mondo mettendo a rischio cento milioni di dollari del nostro cliente. Quello che farò è...provare a risolvere questo casino prima di parlarne con qualcuno. Cercherò di limitare i danni. Sì, certo, prima dell'ora di cena tutto sarà risolto. Chiamerò prima la banca. Prima li informo, meglio è.

Sfoglio il contratto allegato al promemoria e trovo il nome e il numero di telefono del contatto alla Bank of America. John Dallas. Lui è l'uomo che devo chiamare. E' l'uomo a cui devo rovinare la giornata e confessare di aver sbagliato. Con le mani tremanti sollevo il ricevitore. Mi sento come se mi stessi facendo forza per tuffarmi in un orrendo pantano infestato da sanguisughe.

Per qualche istante resto immobile a fissare la tastiera. Alla fine allungo la mano e compongo il numero. Mentre squilla, il mio cuore comincia a scandire un ritmo frenetico.

< < John Dallas > >

< < Salve > > dico, cercando di mantenere un tono di voce professionale. < < Sono Isabella Swan della Volterra. Non credo che ci siamo mai incontrati di persona > >

< < Salve, Isabella > > Sembra un tipo abbastanza cordiale, ma si sa: le apparenze ingannano < < In cosa posso esserle utile? > >

< < La chiamo a proposito...di una questione tecnica. Si tratta... > > Non riesco quasi a pronunciare il nome < < Si tratta della Flint > >

< < Oh, allora ha saputo > > dice lui < < lei notizie viaggiano in fretta > >

La stanza sembra rimpicciolirsi. Stringo il ricevitore con più forza.

< < Sentito...cosa? > > La mia voce risulta più acuta di quanto vorrei < < Io non ho sentito nulla > >

< < Oh! Credevo mi stesse chiamando per quello > > .Fa una pausa, e lo sento gridare a qualcuno di cercare qualcosa su Google. < < Sì, hanno chiamato oggi gli amministratori giudiziari. Evidentemente il loro ultimo, disperato tentativo di salvarsi non ha funzionato... > >

Sta ancora parlando, ma io non riesco a sentire cosa dice. Ho la testa completamente vuota. Macchie nere mi danzano davanti gli occhi.

La Flint sta fallendo. Non ci sarà una nuova documentazione. Mai più.

Non potrò registrare la transizione. Non posso rimediare. Ho fatto perdere cento milioni di dollari alla Bank of America.

Mi sembra di avere le allucinazioni. Ho voglia di mettermi a balbettare per il terrore. Ho voglia di sbattere giù il ricevitore e cominciare a correre. Ma non posso, Una piccola parte di me, forse la più temeraria e dignitosa, me lo impedisce. Devo affrontare le conseguenze.

La voce di John Dallas si insinua nella mia coscienza.

< < In effetti, è un bene che lei mi abbia chiamato > > Lo sento battere su una tastiera, completamente rilassato. < < Sarà meglio che ricontrolliate le garanzie di quel prestito > >

Per qualche istante non riesco neppure a parlare.

< < Sì > > dico alla fine con voce roca. Poso il ricevitore, tremante. Sto per vomitare. Ho combinato un casino. Un casino così grosso che non ...

Non posso neppure...

Io non ho mai visto quel documento prima d'ora. Neppure da lontano. Dev'essere stato messo sopra la mia scrivania e subito dopo coperto con qualcosa. Un fascicolo, una pila di contratti, una tazza di caffè.

Un errore. Un terribile sbaglio. L'unico che abbia mai fatto . Vorrei svegliarmi e scoprire che si è trattato solo di un incubo, un film che è accaduto a qualcun altro. Una storia che sto ascoltando in un pub, ringraziando la mia buona stella che non sia capitato a me.

Invece è capitato a me. A me. La mia carriera è finita. L'ultimo che ha commesso un errore del genere alla Volterra è stato Stephen Smart, che ha fatto perdere venti milioni di dollari a un cliente, nel 1993. E' stato licenziato in tronco.

Io ne ho fatti perdere cinque volte tanto.

Respiro con affanno, mi gira la testa. Mi sento soffocare. Credo sia un attacco di panico. Mi siedo sulla poltrona reclinabile dietro la scrivania in attesa che passi.

Quando il respiro sembra essersi regolarizzato sento dei passi frettolosi. Aumentano vorticosamente come il mio mal di testa, fino a che non mi trovo sulla soglia della porta Jacob. La sua espressione è un misto di emozioni. Rabbia, sorpresa, fatica, frustrazione si mescolano in un mix letale e doloroso. Non avrei mai voluto vederlo così.

< < Isabella > > dice, vedendo l'affanno e il terrore sul mio volto < < Lo sanno tutti > >

Sospiro < < Lo so > > Chiudo gli occhi e mi appoggio con la testa allo schienale, in cerca di sostegno.

< < Com'è potuto succedere? > > Sembra scioccato quanto me. < < Come diavolo hai potuto compiere un errore così banale?Voglio dire...Cristo Bells > >

< < Non lo so > > sussurro, intontita < < Io...io non l'ho mai visto. E' stato un errore > >

< < Tu non fai mai errori! > > esclama avvicinandosi. Ormai è di fronte a me.

< < Bè, invece l'ho fatto! > > urlo, frustrata. Io non sono Dio. Non sono perfetta. Errare è umano, soprattutto quando si hanno tante cose per la testa. Perché questa volta non è perdonabile? Perché mi sento così male?

La tensione è alle stelle e sento le lacrime arrivate. Sbatto le palpebre e le ricaccio dentro per non farmi vedere debole davanti a Jake, per mantenere un minimo di dignità.

< < Cosa sta succedendo? > > La mia voce è ridotta ad un sussurro.

< < Niente di buono > > risponde con un sospiro < < Caius cerca di limitare i danni. Sta parlando con i legali della Flint e con la banca... e con l'assicurazione ovviamente > >

L'assicurazione. L'assicurazione che copre i danni causati dallo studio. All'improvviso mi invade una speranza quasi esilarante. Se l'assicurazione paga senza fare storie, forse le cose non sono poi così brutte come pensavo...

Ma nell'attimo in cui mi abbandono all'ottimismo, so di essere come quei viaggiatori che vedono i miraggi tra le dune sabbiose del deserto. Le assicurazioni non rimborsano mai l'intero ammontare. Talvolta non rimborsano proprio niente. Talvolta pagano, ma poi ti aumentano il premio a livelli inaccettabili.

< < Cos'ha detto l'assicurazione? > > domando con un groppo in gola.

< < Per adesso non ha detto ancora niente > > sussurra sconsolato.

< < Bene > > Mi passo una mano sul volto, cercando di trovare il coraggio di fare la domanda seguente < < E...di me...cosa dicono? > >

Jacob non risponde.

Quando comprendo il significato del suo silenzio, mi sento vacillare come se stessi per svenire. Alzo lo sguardo e la sua espressione non lascia spazio ai fraintendimenti. Ecco la risposta.

< < E' finita, non è vero? > > .Cerco di sembrare calma, ma la mia voce trema senza controllo.< < La mia carriera è finita > > 

< < Io...io questo non lo so. Ora si sono riuniti in consiglio per decidere se buttarti fuori o no. Non ti resta che aspettare > > risponde con lo sguardo basso. Non riesce neanche più a guardarmi in faccia.

< < Non posso. Non ce la faccio > > balbetto, mentre il tono mi si alza per l'angoscia < < Non mi sento di affrontare nessuno > >

Mi alzo dalla sedia, afferrando prontamente sia la giacca che la valigetta. Me ne devo andare. Subito.

< < Aspetta. Non puoi fare così. Bells, ragiona! Penseranno che sei una vigliacca. Che non vuoi affrontare la situazione. Sai di non esserlo! > > mi urla Jacob alle spalle.

Forse è proprio quello che sono. Una vigliacca che scappa con la coda tra le gambe. Però non riesco a fermarmi. Continuo a correre verso l'uscita.

< < Jacob, ho da fare adesso. C'è la festa di Mike > > dico, prima che le porte dell'ascensore si chiudano.

 

 

 

< < Mike non se lo immagina nella maniera più assoluta > > dico, mentre infilo le candeline nella torta, sormontata da una massa candida di panna. E' a due piani, completamente ricoperta di cioccolato e con un interno da far invidia alle torte matrimoniali più elaborate. Ammetto che questa non era la mia idea originale, ma a quanto pare Ava non la pensava come me.

< < Ma...sei patetica o... > > Jessica lascia in sospeso la frase e posiziona l'ennesimo regalo sopra l'apposito tavolino.

< < Che c'è? Dici che ho esagerato? E' troppo? > >

< < No...mi pare la giusta dose di esagerazione  > > risponde Jessica guardandosi attorno, mentre Angela ridacchia alle nostre spalle. Hanno ragione a ridere, in fondo dell'arredamento della casa non c'è più traccia. Al suo posto vi sono palloncini all'elio, ghirlande e festoni colorati e sgargianti, coriandoli multicolore e, ciliegina sulla torta, un enorme cartellone con su scritto: Buon compleanno Mike!

Più patetico di così...

Ho perso il lavoro ed ora ,per non scoppiare a piangere davanti a tutti i presenti, mi sto impegnando nella preparazione della festa per il mio fidanzato, che non vedo più di due ore al giorno. Ammettiamolo, il lavoro era la mia unica ragione di vita o almeno qualcosa con cui impegnare la giornata. Ed ora non c'è più. Prima potevo essere orgogliosa del mio posto alla Volterrama, adesso non mi sento abbastanza ne per Mike ne per la vita che conduco. Sono una fallita. Il solo pensiero di queste ultime ore mi provoca un pizzicorio agli occhi, sintomo di un imminente pianto associato ad una tremenda crisi isterica.

< < Ehi, ti senti bene? > > La voce preoccupata di Angela mi riporta alla realtà. La mano sulla mia spalla è incoraggiante e rassicurante, ma non abbastanza per farmi pensare che tutto sarà facile.

< < Sì,certo. Sono solo preoccupata per la reazione di Mike. E se non fosse contento di tutto questo? > > mento, indicando la casa. Una parte di me la pensa davvero così, ma questo non è di certo fonte di preoccupazione. Il vero problema è un altro: cosa dirà Mike una volta saputo del mio licenziamento? E Jessica e Angela?

< < Non ti preoccupare. Sarà entusiasta della tua fantastica sorpresa > > risponde sicura Angela, mentre io continuo a torcermi nervosamente le mani. E se lo venissero a sapere prima che io glielo abbia detto?

< < Io non ne sarei così sicura. Tutti odiano le feste a sorpresa. La gente si nasconde e poi sbuca fuori all'improvviso. E' spaventoso! > > . Sempre la solita Jessica. Ogni volta a rovinare le mie certezze o le mie speranze. Per una volta non mi poteva illudere?

< < Grazie. Sei rassicurante. > > ironizzo, mettendomi in testa un capellino di carta a forma di cono.

Quando lei sta per ribattere la zittisco con un gesto della mano ed intimo a tutti gli invitati di fare silenzio. Mi pare di aver sentito il rumore dell'ascensore in salita. Potrebbe essere Mike. Tendo l'orecchio in ascolto ed i miei sospetti vengono confermati: il festeggiato sta per arrivare. Mi tolgo velocemente il cappellino e dico: < < Statemi tutti a sentire. Mike sta arrivando, quindi nascondetevi e quando entriamo voi uscite e dite "sorpresa!". Tutto chiaro? > >

< < Funzionano così le feste a sorpresa? Prendo appunti... > > dice Jessica mentre indietreggia verso il divano.

< < Ok, nascondetevi. Veloci, veloci! > >

Esco nel pianerottolo ed aspetto che le porte dell'ascensore si schiudano davanti ai miei occhi, rivelando Mike. Mi riprometto di non pensare alla perdita del mio lavoro almeno per questa sera e di essere felice, all'apparenza, certo.

< < Ciao, amore. Bentornato a casa. Buon compleanno! Okay, ora vieni dentro > > dico, abbracciandolo appena si avvicina e cercando di baciarlo. Gira velocemente il volto e mi ritrovo a posare le labbra sulla sua guancia, ma fa lo stesso. L'importante è che entri in casa.

< < Forza, tesoro. Entra! > > lo esorto, tentando di trascinarlo oltre la soglia.

< < Senti Bella, dobbiamo parlare > > .La sua voce è atona, senza emozioni, il suo viso stanco. Una strana sensazione si impossessa di me. Una brutta sensazione. Lo stomaco si contorce, ma non lo do a vedere. Devo solo farlo entrare e il peggio sarà fatto.

< < Okay, andiamo dentro > > insisto, ma continua a rimanere impalato. Sembra inchiodato all'atrio!

< < No, no...non posso > > sospira < < Altrimenti non lo farò mai più > > prende la base del naso tra il pollice e l'indice ed inizia a massaggiarsela stancamente < < Non c'è un modo facile per dirlo. Non c'è mai un modo facile per fare certe cose > >

< < Okay, allora non dirlo > > tento per l'ultima volta, anche se ormai non sono più sicura che cederà. Intanto la stretta allo stomaco si fa più forte < < Pensalo. Poi più tardi cercherò di scoprire cosa stavi pensando. Ti va? Adesso entriamo in casa > > aggiungo con voce stridula. Il nervosismo si fa strada ed ormai è ben visibile sul mio viso.

< < No, no. Aspetta. Non posso aspettare, Bella > > porta una mano alla fronte, come se stesse pensando alle parole da dire. Come se dovesse spiegare qualcosa di estremamente difficile. Brutto segno.

< < Okay > > acconsento con un sussurro titubante e mi paro davanti a lui, con le braccia incrociate sotto il seno.

< < Tu sai che ho un lavoro molto importante, giusto? > > chiede, ma non aspetta neanche una mia risposta. Continua imperterrito, mentre io aspetto con ansia che continui. < < Allora, quando torno a casa voglio vedere la mia fidanzata distesa sul divano in lingerie sexy, la cena a lume di candela, che ha preparato, pronta in tavola. Voglio passare del tempo con lei senza stress ed impegni. Come tutte le coppie. Ma ogni volta tutto è così sfibrante, e tu sei sempre super in palla con il tuo lavoro, tutti i tuoi programmi ed impegni. Ami pianificare ogni minuto della vita e la maggior parte del tempo lo passi alla Volterra > > prende un profondo respiro, portandosi le mani tra i capelli < < Io non voglio sposarti Bella. Io ti lascio. Anzi questa è casa mia > > dice ripensandoci < < quindi, tecnicamente, saresti tu quella che se ne deve andare > >

Non riesco a capire. Mi sta lasciando? Che abbia saputo del mio licenziamento?

Dentro di me il vuoto si fa spazio. Credevo che se mai fossi stata lasciata da Mike avrei provato un immenso dolore al petto, il cuore spezzarsi e il respiro venire a meno. Forse ho visto troppi film, ma è proprio così che lo immaginavo. Invece niente.

Soffro, ma non per il fatto che non starò più con Mike, che non lo potrò più baciare. Riesco solo a pensare ad una cosa: non ho più un lavoro ed ora neanche una casa e delle entrate. La mia vita è rovinata.

Le lacrime che ho trattenuto finora iniziano a sgorgare. Gocce calde mi rigano le guance. Singhiozzi pesanti iniziano a perforarmi il petto, accompagnati da lamenti ed altre lacrime salate. Sto tremando ed ormai il mio viso è del tutto contratto dal dolore.

< < Ma piangi? > > chiede il mio ex, sorpreso. Credeva che dopo avermi lasciato così, senza giri di parole, non avrei reagito?

Non riesco neanche a parlare. Sono troppo triste e furiosa allo stesso tempo. Voglio solo rimanere sola e versare tutte le lacrime che trattengo da troppo tempo. Voglio sentirmi libera di ogni peso.

Gli rivolgo uno sguardo di ghiaccio e rientro dentro casa, accendendo la luce.

Le persone nascoste escono lente e titubanti, come se avesse paura della mia reazione.

< < Sorpresa... > > mormora Jessica, alzandosi da dietro il divano, seguita da Angela.

Mi ero dimenticata ci fossero tutte queste persone nascoste. Meglio! Almeno possono vedere che balordo stronzo è Mike.

< < Merda > > impreca Mike,entrando in casa e vedendo tutti i nostri migliori amici nascosti per fargli una sorpresa.

< < Già > > sussurra Jessica, annuendo con il capo, arrabbiata.

Non riesco a rimanere un minuto di più. Percorro il corridoio ,sbattendo rumorosamente i piedi sul pavimento, ed entrata in camera mi chiudo la porta alle spalle.

< < Cazzo! > > urlo con tutta la rabbia che ho in corpo. Mi porto una mano tra i capelli e li stringo in un pugno, come se così facendo potessi calmarmi. Oggi sono troppo incavolata per farlo. Mi guardo intorno e decido che sono troppo matura per buttare a terra tutti i possedimenti di Mike. Non è da me. Così, apro con furia l'armadio ed inizio i preparativi del mio imminente, se non istantaneo, trasloco.

< < Vuole che me ne vada? Bene! Tanto non mi merita! > > . Sfogo la rabbia repressa buttando tutti i miei vestiti sul letto e mettendoli alla rinfusa dentro la valigia che tengo sotto di esso. Quando ho finito, mi alzo con il fiatone e mi guardo nuovamente intorno. Ammetto a me stessa che non sono abbastanza forte per evitare una piccola vendetta e così prendo il vaso preferito di Mike e lo scaravento a terra, dove va in frantumi.

< < Ecco il tuo favoloso vasetto Mike! In frantumi come il tuo cervello! > > .Ormai la furia domina il mio corpo, rendendomi schiava di essa. Ho solo voglia di spaccare tutto!

Apro tutti i suoi cassetti e li svuoto a terra, iniziando a pestare con i tacchi i calzetti e le cravatte. Comportamento infantile, direte, ma assolutamente soddisfacente e liberatorio.

Infine, dopo aver esaurito tutta la forza che ho in corpo , mi sdraio sul letto e le lacrime ricominciano a sgorgare. Sento il mio cuore battere frenetico ed il respiro troncarmi il fiato. I singhiozzi raschiano la gola fino alle labbra e la mia forza di reagire è pari a zero.

< < Vaffanculo tutto > > sussurro stanca e mi abbandono alle braccia di Morfeo, con ancora il pianto in gola.

 

 

 

 

 

Non so davvero come scusarmi e come ringraziarvi per la vostra pazienza. Mi dispiace tantissimo!

Lo so che queste umili scuse non bastano, ma davvero non conosco un altro modo per ringraziarvi se non questo: pubblicare una nuova storia.

Ora voi direte, ma che ce ne frega di un’altra storia se non continui le altre?! Lo so, lo so … ma questa storia ce l’ho pronta già da un bel po’ e ,dato che non posso continuare le altre perché ho molti impegni che me lo impediscono, ho deciso di postarla. La maggior parte dei capitoli sono già scritti quindi l’aggiornerò tutte le domeniche, impegni permettendo. Naturalmente quando questo tremendo periodo sarà finito porterò a termine anche le altre. Lo prometto!

Comunque ci tengo a questa storia, anche perché prenderà momentaneamente il posto delle altre quattro di cui non vorrei farvi sentire la mancanza (anche se so che è impossibile perché questa non ha niente a che fare con le altre, tranne i personaggi di Twilight)

Un piccolo quadro generale: i personaggi sono tutti umani e ci saranno tutti (intendo proprio tutti), vi anticipo che non mancherà Forks e neanche La Push. Ops, ho detto troppo. I capitoli sono più o meno di questa lunghezza (15 pagine) che per me sono un record! Ancora non so quanti capitoli ci saranno in totale, ma appena lo saprò ve lo comunicherò.

L’inizio, come avrete potuto leggere, non è dei migliori, ma non mancheranno colpi di scena, momenti divertenti e romantici. Comunque tutto quello che posso dirvi è scritto nell’introduzione.

Che altro dire? Spero che questo primo capitolo vi abbia incuriosito, anche se non c’è molto tranne la vita distrutta di Bella. La vera e propria storia inizierà dal prossimo, quando entrerà in scena il personaggio maschile che più ci fa sbavare …  chissà chi è? XD

Comunque per i primi tre capitoli ho preso spunto da Notte brava a Las Vegas (quindi chi l’ha visto può immaginare cosa succederà), il resto però è tutto di mia invenzione.

Ultima cosa: La storia sarà tutta dal punto di vista di Bella.

Ora la smetto, anche perché credo di aver detto tutto. Se avete dubbi, richieste, consigli o volete minacciarmi perché ho interrotto momentaneamente le altre mie fan fiction, sono a vostra disposizione.

Scusate ancora!

Grazie anche solo per aver aperto questa pagina di una “autrice” che era stata data per dispersa, ora vi lascio ad un piccolo spoiler del secondo capitolo.

 

SPOILER

L’acqua calda scorre sul mio corpo e il vapore mi annebbia i sensi. Il profumo del mio shampoo preferito inonda il bagno, come se mi trovassi in un campo fiorito. Chiudo gli occhi e assaporo la sensazione di calore e pace, che solo una bella doccia può darmi. Sento i muscoli rilassarsi e la tensione scivolare via con l’acqua. Sorrido e mi beo del silenzio e della tranquillità che mi circondano. Tutti i rumori sembrano esternarsi …

Improvvisamente sento uno scricchiolio, seguito da un tonfo, ma non me ne preoccupo. In fondo sono in un albergo affollato e il baccano non manca di certo.

Poi però mi sembra di udire dei passi che si avvicinano sempre di più, ma non faccio in tempo a chiudere il flusso d’acqua per accertarmi di aver sentito bene, che la porta del bagno si spalanca.

Urlo per lo spavento e cerco di coprirmi alla meglio dalla vista dello sconosciuto appena entrato.

 

Kiaretta_96   

 

  

 

 

 

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Capitolo 2
*** Conoscenze inaspettate ***


Conoscenze inaspettate

 

Le nuvole scure filtrano i deboli raggi di sole mattutini come se volessero impedire l’inizio della giornata. Come se la notte dovesse rimanere uno stato permanente. Magari …

Appoggio il gomito sul bracciolo della poltrona e mi sostengo la testa con il palmo della mano. Sbadiglio. Gli occhi continuano a bruciare ,anche se ho smesso di piangere ormai da ore, e involontariamente prendo a strofinarmeli con la mano libera.

Il ricordo di qualche ora fa mi provoca un tuffo al cuore.

 

< < E’ solo uno stronzo  > > sbuffò Jessica. Riempì l’ennesimo bicchierino di brandy e me lo passò attraverso il bancone.

< < Non ti merita > > aggiunse Angela, continuando ad accarezzarmi i capelli.

Le lacrime continuavano ad uscire copiose. Il mio volto era ormai una maschera di dolore, il petto scosso da singhiozzi inarrestabili. Ma non era questa la terribile sciagura … l’intero locale si era radunato attorno a noi. All’inizio incuriosito, ma poi era calata un’aria di compatimento che non faceva altro che opprimermi. Non volevo pietà. I più temerari sfidavano le mie urla assordanti e i miei singhiozzi senza sosta per confortarmi ,raccontandomi la loro triste storia o sussurrandomi semplici parole di conforto.  Non riuscivo a sentire neanche una parola a causa dei miei singhiozzi, ma dopo un paio di volte avevo visto che annuire era un buon incoraggiamento, anche se le lacrime non accennavano ad arrestarsi. Dentro di me pensavo solo una cosa: perché è successo proprio a me? Cosa ho sbagliato?

Nelle ore che avevo  passato al locale cercavo di ricordare qualcosa che avevo fatto e che doveva farmi intuire che presto ci sarebbero state delle brutte conseguenze , qualcosa di irrimediabile e stupido. Più ci pensavo e più mi convincevo che ero stata ceca. Non ero riuscita a distinguere la realtà dalla fantasia, il lavoro dalla vita privata. Trascorrevo le mie giornate ripetendomi che presto sarebbe tutto finito:il lavoro a casa, le ore supplementari in ufficio, le pratiche non mie, insomma, tutto! Quando tornavo a casa non salutavo nemmeno Mike e la mattina lui era già fuori casa, ma nel mio mondo dei sogni io ero la fidanzata perfetta, quella che ha carriera e- perché no?- una bella casa e relazione. Tutte illusioni che hanno finito per soffocarmi con le loro nuvolette di fumo colorate e vivaci. 

Poco importava che Angela, Jessica e il resto dei clienti del bar credesse che il mio fottutissimo fidanzato fosse uno stronzo e che non mi meritasse. La verità è che  avevo sbagliato. Non potevo rimproverare nessun’altro se non me stessa, ma una piccola parte di me era contenta dell’andamento dei fatti. Ora ero libera. Certo, ero senza lavoro, casa e fidanzato, ma avevo la mia indipendenza e spensieratezza. Non dovevo più pensare 24 ore su 24 alla promozione perché tanto non sarebbe arrivata. E i sacchetti dell’aspirapolvere? Non erano più un problema, come non lo era Mike.

Eppure perché questi pensieri non riuscivano ad impedirmi di piangere tutte le mie lacrime?

Le mie amiche continuavano a ripetermi che tutto si sarebbe sistemato, che sarei tornata felice, mentre io continuavo ad ubriacarmi,cosciente dell’inculcamento da parte loro di frasi fatte. Dopo poche ore ero già brilla- non reggo bene l’alcool- e le lacrime erano state sostituite dai singulti di riso.  

Jessica tirò fuori anche l’idea di un’assurda vendetta …

< < Allora, tutti i mesi io suono a casa sua e, appena apre la porta, gli sferro un pugno dritto nei suoi gioielli di famiglia! > > disse Jessica, con la voce infervorata dall’idea del suo piano e con una luce strana negli occhi. Per una attimo smisi di osservare l’anello di fidanzamento di Mike e la guardai per sincerarmi che scherzasse.

< < L’hai già fatto? > > chiesi, intimorita e stupita. Esistevano davvero delle persone che si meritavano queste torture mensili?

Lei non rispose, ma strinse la mano destra a pugno e mimò di tirarlo nella parte più bassa del bancone.

Mi girai verso Angela per vedere la sua reazione e potei constatare che era uguale alla mia: bocca aperta, occhi fuori dalla orbite e sguardo intimorito. Quando si accorse che la stavo osservando, scoppiò a ridere e io la seguì. Probabilmente era per il troppo alcool in circolo nel mio corpo, ma una volta iniziato a ridere non riuscì più a smettere. Continuavo a guardarmi attorno e ridere come una scema. Troppo tardi mi calmai e Jessica ricominciò i suoi complotti. Aveva però una nuova idea.

< < Basta, Jess! Non ne posso più di com-plotti  > > dissi singhiozzando come un’ubriacona.

< < Questo non è un complotto! Ti farà stare meglio e soprattutto dimenticherai tutti i tuoi

problemi  > > rispose infastidita dal mio rifiuto. Prese la mia borsa ed iniziò a frugarci dentro.

< < Ehi, smettila! Non si mettono le ma-ni nella borsa delle altre perso-ne! > >  ribattei, strappando la mia borsa dalle sue mani smaltate. Dio, se la invidiavo …

< < Ecco la risoluzione alle tue pene … > > sussurrò intrigante, mentre faceva scorrere sul bancone in legno due tagliandi. Mi avvicinai per focalizzarli meglio e … aspetta un attimo. Sono i biglietti aerei per Las Vegas!

< < Spero tu stia scherzando > > bisbigliò Angela, scettica.

< < Già > > confermai io, iniziando a far oscillare il liquido scuro all’interno del bicchiere.

< < Voi, non capite! E’ perfetto! Casinò, super alcolici, notte brave … Insomma, stiamo parlando di Las Vegas! Lì ti divertirai sicuramente e dimenticherai tutti i tuoi casini! > > Ormai Jessica era totalmente presa da questa sua idea, tanto che parlava come una macchinetta.  Dov’era  l’interruttore?!

Buttai giù altri tre bicchierini e finalmente mi decisi a dire loro del lavoro. Insomma, non credevo la prendessero così male, ora che mi avevano compatito abbastanza per Mike. Avrebbero capito  anche questo e ci saremmo fatte una risata, come sempre.

< < Mi hanno licenziato > > mugugnai, mentre Angela e Jessica discutevano di Las Vegas. In un primo momento non si accorsero neanche delle mie parole, tanto che pensavo di averla scampata, ma poi entrambe si bloccarono e si girarono lentamente verso di me.

< < Cosa?! > > urlarono in sincrono.

< < Mi hanno licenziata > >  ripetei, abbassando lo sguardo sulle striature del bancone.

Calò su di noi un silenzio tombale, pieno di significati non detti. Pensavano fossi una fallita? Una stupida?

Una cosa era certa: ero perseguitata dalla sfortuna.

< < Dici davvero? > > chiese timorosa  Angela, mentre Jessica continuava a scuotere la testa.

< < Sì > >

< < Ma come hai fatto?! Insomma, tu …  tu non puoi essere licenziata! Se è così non c’è speranza per nessuno > > sbottò Jess, sbattendo le mani sul bancone.

< < Adesso non esagerare Jessica. Così la farai sentire peggio > > la rimproverò  Angela. Un sorriso amaro comparve sulle mie labbra. Anche io un tempo pensavo di essere infallibile, ma non lo sono. Ne avevo avuto la conferma.

Presi in mano il bicchiere pieno che avevo di fronte e lo alzai.

< < Un brindisi a tutti quelli che sono stati mollati e hanno perso il lavoro nello stesso giorno > >  sussurrai e buttai giù il brandy tutto d’un sorso.

< < Hai intenzione di dirlo ai tuoi genitori? > > chiese Angela, comprensiva.

< < Per cosa? Mia madre è convinta che conduca una vita da favola ed io non la voglio deludere. E Charlie …  beh, lui lo sento al telefono tutti i giorni. E’ il mio migliore amico. Non voglio deluderlo, non voglio che pensi che sia una fallita. Gli mentirò … anche se penso che se ne accorgerà. > > l’ultima parte era un sussurro.

< < Bella, tu potrai sempre contare su di noi. Però domani tu e Jessica partirete per Las Vegas. Ti farà bene un po’ di svago > > disse Angela, alzandosi dal bancone. < < Ora devo andare. Fatemi sapere! > >

Annuì poco convinta e la salutai con un cenno. D’altronde passare un week-end a Las Vegas non avrebbe di certo peggiorato le cose …

 

 

< < Avvisiamo i gentili passeggeri che stiamo per atterrare. Allacciare le cinture di sicurezza, grazie > >

La voce di una hostess diffusa nell’aereo mi risveglia dalle mie congetture e dai ricordi di qualche ora prima.  Mi volto alla mia destra e mi accorgo che Jessica sta ancora riposando. Devo averla stancata parecchio a forza di ripeterle per filo e per segno tutta la mia vita fino ad ora. Sorrido e mi asciugo i residui salati di lacrime. Non piangerò mai più per un uomo. Lo prometto.

Allaccio la cintura ed aspetto paziente l’atterraggio. Dal finestrino scorgo Las Vegas. E’ davvero bellissima.

Hanno fatto bene a spingermi a venire qui. Una bella notte senza pensieri e contornata di divertimenti. E’ quello che mi serve per distogliermi da tutto quello che è accaduto.

Magari potremmo iniziare cenando in un bel ristorantino e poi continuare con il giro di vari casinò o andare a teatro. Credo prenderò un depliant in albergo.

Finalmente atterriamo e, dopo aver svegliato Jessica, mi dirigo con lei al ritiro bagagli.

Adoro gli aeroporti. L’odore, il rumore, l’atmosfera, la gente che corre qua e là con le valigie, felice di partire, felice di tornare. Mi piace vedere gli abbracci, cogliere la strana commozione dei distacchi e dei ritrovamenti. L’aeroporto è il posto ideale per osservare le persone. Mi  riempie sempre di un piacevole senso di anticipazione, come se stesse per succedere qualcosa.

Purtroppo il nostro taxi è già arrivato e non posso rimanere in questo tempio dei ricordi ancora per molto.

Durante il tragitto verso l’albergo mi stupisco della frenesia e della frizzantezza che aleggia in questa città.  Anche a New York è così, ma in un modo totalmente diverso. Qui tutti sembrano liberi di correre contro il tempo. Di sfidarlo. L’esatto opposto di New York. Nella mia città la vita è frenetica e chi non tiene il passo viene lasciato indietro, e da lì è difficile fare ritorno.

< < Non vedo l’ora di arrivare! Con cosa hai intenzione di iniziare? Magari ci andiamo a bere qualcosa e poi deciderà il destino …  oppure potremmo cenare … > > irruppe Jessica, mentre osservavo fuori dal finestrino.

Spengo il cervello. Adoro Jessica, ma quando inizia a sproloquiare non riesco proprio ad ascoltarla. E’ come un’autodifesa.

Finalmente arriviamo a destinazione e ,dopo aver pagato il tassista, entriamo nell’affollata hall principale.

< < Allora cosa ne pensi del mio programma per la serata? > > chiede la mia amica, mentre ci mettiamo in fila per confermare la prenotazione e ritirare le chiavi della camera.

< < E’ perfetto > > rispondo, sorridendole, e alzandomi sulle punte dei piedi per vedere meglio quanto ancora c’è da aspettare. Perché sono alta solo 1.60?

< < Non hai ascoltato neanche una parola > > Un sussurro mi arriva alle orecchie e, anche se la voglia di ribattere è forte, decido di ignorarla.

Sospiro e continuo ad aspettare. Il piede inizia a battere frenetico sul pavimento in granito e inizio a passarmi una mano tra i capelli. Quanto tempo ancora dobbiamo aspettare?

< < Scusate l’attesa, ma abbiamo dei problemi con la sistemazione delle camere > > dice l’uomo alla reception, scusandosi nuovamente.

< < Bella, smettila di agitarti. Vedrai che tra poco potrai rilassarti in camera > > . Jessica cerca di calmarmi, ma neanche le sue parole ci riescono. Tutti questi ritardi mi sembrano segnali di un ennesimo imminente disastro. Pediluvio di un altro imprevisto.

 

Dopo un’ora riusciamo finalmente ad avere la nostra stanza. Certo, le mie grida, aggiunte a varie minacce,  hanno sicuramente influito sulla decisione del direttore di darci addirittura due stanze. Una per me e una per Jessica. Non aspettavo altro che sfoderare tutta la mia rabbia contro qualcuno totalmente non colpevole, e chi meglio di un basso uomo panciuto?

< < Sei stata grande! Insomma, ci hanno dato due stanze!  > > esulta Jessica in ascensore, mentre saliamo al nostro piano.

< < Aspetta di vederle prima di esultare. Magari fanno schifo > > sussurro, controllando il cellulare.

Jacob mi ha chiamato una ventina di volte, più dieci messaggi, per non parlare della segreteria intasata.

Mi dispiace non rispondere alle sue chiamate e ai suoi messaggi, ma ora non ho voglia di far fronte ai miei problemi. Può sembrare egoistico e da bambini, lo so, ma sono stata seria per così tanto tempo. Tutto mi è scivolato dalle mani come sabbia. In questo momento voglio solo godermi il week-end per poi ritornare alla vita reale.

Credo che più tardi lo chiamerò. Solo per rassicurarlo, certo.

< < Sei sempre così pessimista … comunque ci vediamo nella hall tra un’ora e mezzo, ok? Così abbiamo il tempo di prepararci per la folle serata > > urla Jessica, mentre esce dall’ascensore e corre per il corridoio  verso la sua stanza.

< < Ok > > dico ridacchiando, mentre le porte si richiudono.

Quando arrivo davanti alla mia stanza e apro la porta rimango piacevolmente sorpresa. E’ vero, le camere non si trovano nell’attico, ma sono sfarzose e ben arredate. Strano che ce l’abbiano cedute così facilmente con tutta la gente che c’è questa settimana.

Dopo aver posato la valigia a terra, lancio la borsa sulla poltrona accanto all’ingresso e corro verso il largo letto matrimoniale, buttandomici  sopra di schiena.

Chiudo gli occhi e con un grosso respiro cerco di rilassarmi. Oggi è un nuovo giorno, l’alba di una nuova era. Forse ho visto troppi film, ma solo queste frasi possono descrivere in modo teatrale cioè che penso. Da oggi in poi prenderò la vita come capita. Non mentirò e cambierò per far piacere a qualcuno, non suddividerò la mia vita in segmenti di sei minuti e non sarò più così masochista.

Mi alzo dal letto col sorriso sulle labbra, disfo i bagagli e scelgo cosa mettere stasera.

Aspetta un attimo. Sto pianificando per l’ennesima volta la serata. E’ assolutamente sbagliato.

Ripiego le ultime cose nei cassetti, senza decidere il mio abbigliamento, e mi spoglio velocemente. Ho bisogno di farmi una bella doccia. Penserò più tardi ai vestiti. Deciderò in base all’umore.

Prendo l’accappatoio che ho posato poco prima sul letto e mi dirigo verso il bagno.
Wow …  non lo immaginavo così grande e lussuoso. Una grande doccia spicca dall’angolo sinistro della stanza e accanto ad essa un portasciugamani verticale e un gancio per l’accappatoio.  Dalla parte opposta una vasta vasca circolare munita di idromassaggio. Potrebbe essere interessante …

Accanto ad essa il lavandino con la base d’appoggio in marmo bianco, coordinato ai cassetti che si trovano sotto. Infine il water sempre abbinato al resto dell’arredamento. In realtà tutto il bagno gioca sui colori del bianco e del nero.

Regolo la luce in modo che si distribuisca diffusamente e faccio scorrere l’acqua calda della doccia. Ci sarà sicuramente tempo per il bagno nella vasca. Entro nella cabina in vetro trasparente e mi rilasso sotto il getto della doccia. L’acqua calda scorre sul mio corpo e il vapore mi annebbia i sensi. Il profumo del mio shampoo preferito inonda il bagno, come se mi trovassi in un campo fiorito. Chiudo gli occhi ed assaporo la sensazione di calore e pace, che solo una bella doccia può darmi. Sento i muscoli rilassarsi e la tensione scivolare via con l’acqua. Sorrido e mi beo del silenzio e della tranquillità che mi circondano. Tutti i rumori sembrano esternarsi …

Improvvisamente sento uno scricchiolio, seguito da un tonfo, ma non me ne preoccupo. In fondo sono in un albergo affollato e il baccano non manca di certo.

Poi però mi sembra di udire dei passi che si avvicinano sempre di più, ma non faccio in tempo a chiudere il flusso d’acqua per accertarmi di aver sentito bene, che la porta del bagno si spalanca.

Urlo per lo spavento e cerco di coprirmi alla meglio dalla vista dello sconosciuto appena entrato.

< < Ahhhhhhhhhhhh > > urlo, portando le braccia a coprire il seno e incrociando le gambe.

< < Esci immediatamente! > > continuo a gridare, mentre l’uomo rimane impalato a guardarmi con occhi spalancati.

< < Non credevo ci fosse una sorpresa del genere, al massimo i cioccolatini sul cuscino > > mormora incredulo mentre si gira verso lo specchio sopra il lavandino.

< < Deficiente, esci! > > continuo, indicando con una mano la porta, mentre l’altra sta ancora a coprire il seno.

Ormai sono color porpora fino alla radice dei capelli. Perché non esce? Quanto ci mette ad ingranare il cervello?

< < Non sono una sorpresa! > > la mia voce esce stridula per il forte imbarazzo e le guance iniziano a bruciare. Devo sembrare proprio un peperone!

Finalmente sembra capire il semplice concetto di uscire e se ne va senza aggiungere altro, sbattendo solamente la porta.

Tiro un sospiro di sollievo, borbottando insulti. Cosa ci faceva in camera mia? E nel mio bagno?! Mentre facevo la doccia per di più.

Mi appoggio con la schiena alle mattonelle fredde della doccia e mi lascio scivolare fino a terra sotto il getto d’acqua ancora aperta.  Rivolgo il viso verso l’alto e mi lascio solleticare il viso dall’acqua.  Lo shampoo alla lavanda cola sui miei capelli, fino alle spalle. L’acqua corrente continua a battere fastidiosamente sulle mattonelle sotto i miei piedi, mentre la notte scende su Las Vegas. 

Non riesco a capire quanto è accaduto poco fa. Forse era un sogno. O meglio, un incubo. Mi è difficile metabolizzare il fatto di essere stata vista nuda da uno sconosciuto.  

Prendo un grosso respiro e mi tiro su con non poca fatica. Se davvero è accaduto sarà ancora là fuori, penso mentre mi sciacquo più in fretta possibile il corpo e i capelli. Quando ho finito chiudo il getto della doccia e mi permetto di pensare con occhio critico a quello che è appena accaduto. E’ davvero entrato un uomo mentre facevo la doccia? Ero davvero tutta nuda, come nei miei incubi peggiori? O è stato tutto fonte della mia fervida immaginazione?

Sono così disperata da fare sogni dove sono nuda e bagnata davanti a un bell’uomo. Come ho fatto a cadere così in basso …

Esco dalla cabina e mi copro con l’accappatoio. Okay, respira Bella, mi ripeto davanti al vetro appannato dello specchio. Porto una mano alle guance rosse e constato che sono davvero calde. Ho gli occhi lucidi e il viso pallido, come se avessi visto un fantasma. Per non parlare della corde vocali che urlano vendetta.

Sto ancora qualche minuto con le mani appoggiate al lavandino per riprendermi e infine prendo la mia decisione: sbirciare dalla porta per vedere se davvero è ancora là fuori. So di essere una codarda a non uscire dato che ormai indosso l’accappatoio, ma che ci posso fare?

L’importante è accertarsi che l’intruso ci sia ancora, penso mentre mi avvicino con circospezione alla porta chiusa del bagno. Mi abbasso con lentezza, ma dalla fessura della chiave non si vede un gran che. Ispiro e con una forza non mia schiudo di poco la porta, giusto uno spiraglio per vedere chi c’è in camera.

Ed ecco avverarsi  uno dei miei incubi peggiori.  Senza fare rumore avvicino l’occhio allo spiraglio lasciato dalla porta per osservare meglio. Un uomo con la carnagione pallida, alto circa un metro e novanta e con un fisico slanciato e muscoloso è seduto sul letto con lo sguardo rivolto verso la finestra. I suoi lineamenti sono dritti e regolari, il viso è incorniciato da una chioma di capelli bronzei, rigorosamente spettinati. Non riesco a vedere gli occhi, ma prima ho notato solo quelli. Verdi, come due smeraldi. E’ davvero un bell’uomo e potrebbe far parte dei bei sogni se solo non mi avesse visto mentre facevo la doccia. Al solo pensiero le mie guance si tingono di rosso e lo sguardo si abbassa. Quando rialzo gli occhi per osservarlo meglio mi accorgo che non è più nella posizione di prima- gomiti appoggiati sulle ginocchia e viso sostenuto dalle mani- ma ha spostato l’attenzione verso la porta del bagno. Più precisamente verso di me.

Senza pensarci due volte mi richiudo la porta alle spalle. Per calmare il respiro mi siedo sul bordo della vasca e immergo il viso nelle mani.

Questo non è il mio solito comportamento, penso con vigore. Non sono una vigliacca. Ho affrontato un sacco di persone con la testa alta. Anche se sono stata colta in un momento alquanto imbarazzante non mi devo far fermare da questo. Non posso rimanere in bagno per tutta la durata della vacanza.

Inoltre ora ho l’accappatoio a coprirmi e scommetto che non ha visto poi così tanto. Mi faccio coraggio e con queste parole mi dirigo verso la porta e la apro lentamente e ,con una calma appena acquisita, esco.

< < Cosa ci fai in camera mia? Più precisamente cosa ci facevi nel mio bagno? > > chiedo tutto d’un fiato, con le mani appoggiate ai fianchi. Accompagno la mia performance con un’occhiata da dura, affilando lo sguardo.

< < Ehi,calmati! > > ridacchia, alzando le mani davanti a lui e alzandosi dal letto < < piuttosto, tu cosa ci fai in camera mia? > >

< < Cosa?! > > sbotto < < assurdo!Questa è la mia camera! > > sottolineo con enfasi la parola mia, mentre mi dirigo verso il comodino.

< < Ecco le chiavi > > dico irritata, prendendole in mano e facendole dondolare davanti alla sua faccia.

< < Allora ci avranno assegnato per sbaglio la stessa stanza > > risponde come se niente fosse. Inizia a passeggiare indisturbato e ad osservare con occhio critico tutto quello che ho tirato fuori dalla mia valigia. Sembra insensibile al fatto di avermi visto nuda mentre facevo la doccia …  o forse non vuole affrontare la questione.

Per non parlare del fatto che sono ancora in accappatoio e che mi dovrei vestire. Certamente non con lui in stanza.

Mi schiarisco la voce e lo fisso con sguardo fermo.

< < Che c’è? > > chiede distratto, mentre alza il mio paio di mutandine che avevo lanciato a terra.

< < Ma che cosa stai facendo?! > > urlo stizzita, strappandogliele di mano. < < Esci! Mi devo vestire e questa camera in parte è mia. Quindi mi fai la cortesia di levarti dai piedi? > > chiedo retoricamente, mentre butto le mutandine dietro la poltrona. Il sangue sale inevitabilmente alle guance.

< < Certo! Scusa se pensavo di riposarmi in camera mia. Ora esco, ma tra un quarto d’ora rientro. Che tu voglia o no > > sbuffa, avviandosi verso la porta. Mi ha davvero dato un ultimatum? Ma come si permette?! Cafone!

< < Ehi! Dove stai andando?! > >

< < Sto uscendo, mi sembra ovvio > > ridacchia innervosito, voltandosi con una mano tra i capelli.

< < Mi hai vista nuda > > affermo, stringendomi istintivamente l’accappatoio al corpo.

< < Si > > conferma con un sorrisino su quelle labbra tentatrici. Labbra tentatrici?! Ma da dove mi è venuta?!

< < Non mi dovresti chiedere scusa? > > sbotto seccata, avvicinandomi a testa alta.

< < No. Insomma, questa è anche la mia camera. Come facevo a sapere che c’eri tu? > >

< < Cosa?! > > esplodo < < Ma sei sordo e ceco?! Non senti l’acqua della doccia aperta?! E i vestiti sparsi per la stanza?! > >

< < Non ci ho fatto caso > > risponde arrogante, facendo spallucce < < E comunque non mi dispiace quel che ho visto > > dice strafottente.

Sospiro pesantemente e stringo i pugni per controllarmi. Non voglio andare in prigione per omicidio.

< < Immagino > > mormoro, massaggiandomi la base del naso < < Ora mi vesto e poi andiamo a farci dare due stanze così belle da togliere il fiato, okay? > > alla fine la voce esce un po’ stridula, ma spero che il messaggio sia arrivato.

< < Perfetto > > acconsente, continuando a sorridere. Mi viene solo voglia di prenderlo a schiaffi. Eppure non sono mai stata violenta …

Rimane fermo, ad osservarmi.

< < Esci? Mi devo vestire, e possibilmente senza i tuoi occhi addosso > > dico con ironia, mentre indico la porta.

< < Agli ordini signora > > borbottando si chiude la porta alle spalle.

Tiro un sospiro di sollievo e ritorno in bagno.

Lo specchio mi reclama. Sospiro affranta e dopo aver spannato la superficie riflettente, mi osservo attentamente pronta a riparare i danni. La persona che vedo è sempre la solita. Una tipa anonima, con capelli arruffati, occhi scuri e pelle candida.

Le guance sono tinte del solito rosso sgargiante, segno indelebile del mio imbarazzo, gli occhi lucidi, probabilmente per la rabbia che mi fuma anche dalle orecchie. A proposito di rabbia, meglio che mi prepari velocemente altrimenti rischio di rifare un defilé a quel tizio, che pare abbia apprezzato. Il mio orgoglio femminile in questo momento gongola … forse tenersi in forma con quelle barrette è servito a qualcosa. Pensavo di avere occhiaie e pelle pallida, ma …

Aspetta un attimo, non devo distogliermi. Giro la manopola dell’acqua fredda e mi sciacquo con rabbia il viso.

Dopo essermi rinfrescata ed aver asciugato i capelli, rivolgo l’attenzione all’abbigliamento. Non ho molto tempo per scegliere se davvero entrerà tra mezz’ora. A proposito di maniaci … non gli ho neanche chiesto il nome. Pazienza, lo farò fra esattamente venticinque minuti. Sorrido inconsciamente ed opto per un semplice vestitino in seta nero, lungo fino a sopra il ginocchio. D’altronde è un’occasione importante: l’inizio di una nuova fase della mia vita. Quindi decido di osare ed indosso la biancheria di Victoria Secret in pizzo nero. Non mi specchio per paura di cambiare idea ed infilo velocemente il vestito. Per le scarpe prendo un paio di decolté in raso sempre nere con degli strass sulla punta.

Apro la valigia e tiro fuori la scatola di gioielli. Indosso una collana lunga in cristalli di Rocca, due bracciali tennis, uno nero ed uno bianco, e degli orecchini di diamanti. E’ tempo di mostrare i regali di Mike che ho custodito per tutto questo tempo nella cassaforte.

Forse dovrei anche truccarmi. In questi ultimi anni ho lasciato marcire tutte le scatole di make-up regalatemi da Jessica, ed è stato uno sbaglio. Sicuramente. Però non avevo tempo di passare tanto tempo davanti allo specchio perché dovevo arrivare in orario alla Volterra. Non potevo permettermi di essere licenziata, ma adesso questo problema è inesistente. E poi queste occhiaie devono essere coperte. E’ un mio dovere.

Controllo l’orologio. Ho ancora cinque minuti prima che entri. Afferro la truss ed entro di corsa in bagno, per quanto le scarpe mi permettano. Tiro fuori la matita azzurra. Questa sera giocherò sui colori freddi, anche se non mi ricordo più molto bene come ci si trucca alla perfezione. La stendo sopra l’occhio con attenzione. Solo una linea blu che poi vado a sfumare ai bordi con il pennellino. Prendo l’ombretto bianco ghiaccio e lo stendo sulla palpebra, infine ai lati e accanto alla riga della matita stendo l’ombretto grigio chiaro tendente al blu. Perfetto. Devo ringraziare Jessica per il rifornimento annuale di make-up. Ormai li ho di tutti i colori!

Applico il mascara e un velo di lip-gloss sulle labbra già rosate naturalmente. Sto per riporre tutto dentro la truss quando qualcuno bussa alla porta.

< < Chi è? > > chiedo mentre mi dirigo verso porta.

< < Indovina > >

Questa voce può essere solo di una persona: il coglione che è entrato in bagno mentre mi facevo la doccia.

< < Puoi entrare > > urlo, affinché mi senta.

Gira la chiave nella toppa e me lo ritrovo davanti.

< < Sei pronta?! > >esclama sorpreso, mentre si chiude la porta alle spalle.

< < Sorpreso? Pensavi di sorprendermi di nuovo nuda, eh? > > lo prendo in giro, ritornando in bagno.

< < Già ci speravo > > ribatte ridacchiando. < < Carino il vestito > >

< < Grazie > > rispondo sorpresa. Non sapevo sapesse fare complimenti … e devo ammettere che accompagnati da quello sguardo dannatamente sexy mi fanno sciogliere.

< < Anche tu stai bene > > sussurro imbarazzata. Solo ora mi sono accorta del suo abbigliamento. Indossa dei semplici pantaloni in jeans scuro, una t-shirt blu e una giacca grigia intonata, ma su di lui stanno benissimo. E’ perfettamente fantastico.

< < Sei piuttosto misteriosa > > mugugna all’improvviso.

< < Perché? > > chiedo curiosa, voltandomi verso di lui.

< < Non mi hai detto chiami > >

< < Isabella Swan, ma dato che siamo già intimi puoi chiamarmi Bella > > rispondo, porgendogli la mano.

< < Edward Cullen > > dice, stringendomela.

Mentre metto tutto a posto mi rivolge parecchie domande.

< < Di dove sei? > > chiede curioso, alle mie spalle.

< < Di New York > > rispondo, guardandolo attraverso lo specchio. < < Tu? > >

< < Vengo da Forks, una piccola cittadina. Probabilmente neanche la conosci > > risponde pensieroso. Anche se è strafottente, quella sua espressione corrucciata mi fa impazzire.

Forks … questo nome mi sembra famigliare, però non riesco a ricordare dove l’ho sentito.

Continuo ad osservarlo allo specchio, ammaliata dal suo fascino, quando mi scivola di mano la matita blu.

< < Oh, no!  > > esclamo, portandomi le mani sopra la bocca. La matita è caduta dentro il water.

< < Cos’hai fatto?! > > chiede incredulo e divertito Edward.

Già, cos’ho fatto?! E’ possibile che il mio grado di sbadataggine sia arrivato al massimo.

< < Oh Dio, sono proprio un’imbranata di prima qualità > > sussurro a me stessa.

< < Aspetta, la prendo io > > si offre, vedendomi ancora sconvolta. L’unica matita che ho usato negli ultimi dieci anni è finita nel cesso. Ci credo che sono sconvolta!

Annuisco, mentre si abbassa schifato per prenderla. Nessuno l’avrebbe previsto, ma sbatte la testa sullo sciacquone  murato sopra il gabinetto.

< < Noooooo! Che cosa hai fatto?! > > urlo, con le mani tra i capelli. Ha scatenato la matita!

Si massaggia la testa e si morde il labbro per non scoppiare in una fragorosa risata.

< < Ridi? Ridi?! Sei un deficiente! Hai peggiorato le cose con quel tuo testone > > strepito incavolata.

Mi guarda perplesso per alcuni secondi e poi scoppia a ridere. Si tiene pure la pancia!

< < Ma … ma > > farfuglio infastidita. < < Basta! > >

Continua a ridere, così afferro il make-up e lo chiudo dentro la valigia. Ci butto dentro anche tutti i vestiti che avevo riposto nell’armadio e la chiudo con forza.

< < Guarda cosa mi tocca fare > > mugugno, mentre raccolgo le ultime mie cose sparse per la stanza.

< < Okay, scusa. Non volevo farlo …  è solo che è divertente! > > dice ridacchiando e asciugandosi le lacrime dagli occhi.

< < Ah,ah,ah > > ridacchio amaramente. < < Ora andiamo! > >

Prendo la valigia ed usciamo dalla camera.

< < Lascia fare a me > > dice, prendendomi la valigia, quando siamo già dentro l’ascensore.

< < Grazie > > sussurro, continuando a guardare davanti a me.

Senza che lui se ne accorga, mi sfilo l’anello di fidanzamento di Mike e lo infilo nell’altra mano. Non voglio che pensi che sia fidanzata, anche perché adesso non lo sono più.

< < Sei single? > > chiede , facendo l’indifferente.

< < Si, tu? > > rispondo ridacchiando per il suo finto disinteressamento.

< < Anche > >

< < Bene > > sussurro.

< < Bene > > ripete, sorridendo.

Adesso che gli sono accanto mi rendo conto che è davvero alto come sembra e che il suo corpo è tonico. Non sembrava muscoloso, ma vedendo i suoi bicipiti contrarsi per sorreggere la valigia, mi rendo conto che mi sbagliavo. Il suo sorriso è smagliante, per non parlare della sua risata melodiosa. L’unica pecca è che è un vero stronzo sbruffone, troppo sicuro di sé.

Finalmente siamo arrivati e ci incamminiamo verso la reception.

< < Bella! > > una voce conosciuta mi arriva alle orecchie squillante.

< < Jessica > > rispondo, mentre mi viene in contro. Edward rimane dietro di me, impassibile.

< < Wow … hai già fatto conquiste. E se permetti, pure sexy! > > esclama, sorridendo ad Edward. Lui ricambia velocemente.

< < Non è come sembra. Ci hanno assegnato la stessa stanza. Un terribile errore. Ed ora siamo venuti qui per farcene dare due > > spiego velocemente a Jessica.

< < Okay. Allora andate, io vi aspetto qui > > . Annuisco e mi volto verso Edward.

Ma dove è finito?!

Finalmente lo scorgo. Sta parlando con un ragazzone nerboruto. I muscoli escono prepotenti dalla maglietta bianca. La pelle è pallida come quella di Edward e i capelli sono neri, come gli occhi scuri. Sembra enorme e, ammetto, pericoloso.

Mi avvicino titubante. < < Edward > > sussurro debolmente con le guance in fiamme.

Lui si gira sorridendomi e mi presenta. < < Lei è Bella, quella di cui ti stavo parlando. Siamo finiti per sbaglio nella stessa stanza > > . Il ragazzone annuisce.

< < Lui è mio fratello Emmett. Mi ha accompagnato per spassarcela per un po’ > > dice Edward, mentre io ed Emmett ci stringiamo la mano.

< < Finalmente ho il piacere di conoscere la bellissima donna che in un solo minuto ha fatto sbarellare mio fratello > > ridacchia.

Le guance diventano ,se possibile, ancora più rosse e sorrido di rimando. E’ davvero simpatico! E’ proprio vero che le apparenze ingannano. E poi ha detto che ho fatto sbarellare Edward! In questo momento la mia autostima è al massimo.

Edward si passa la mano tra i capelli imbarazzato e se li spettina anche di più.

< < Andiamo > > mi intima a bassa voce e mi prende per il polso. Non mi sono mai sentita così, solo al liceo quando il mio primo ragazzo mi prese per mano nei corridoi scolastici. Il polso brucia, ma non in modo dolorante, è piacevole. Le guance si imporporano e riesco a balbettare solo un < < Okay > > . Sono sempre stata sicura di me, ma ora mi trovo spiazzata. Accidenti ad Edward Cullen!

Ritrovo la forza per parlare e dico con sicurezza: < < Fai andare me! Sono un avvocato. So trattare > > .Detto questo mi avvio alla reception, mentre mi guarda stupito.

< < Buonasera > > esordisco educatamente.

< < Buonasera, signora! La posso aiutare? > >

< < Signorina, grazie > > correggo con un sorriso stampato in faccia. < < Ho un problema. A me e al signor Edward Cullen è stata data la stessa stanza anche se non ci siamo mai visti in vita nostra. Quindi ora vorrei che lei mi desse due camere così belle, ma così belle, da far invidia al presidente > > dico con forza appoggiando le mani sul bancone. Non ho più fiato per quanto ho parlato velocemente e a voce alta per ribadire il concetto.

< < Allora, John? > > chiedo irritata, leggendo il suo nome dalla targhetta. Perché non risponde?

< < Sinceramente lei mi fa un po’ paura … quindi le darò subito due camere nell’attico. Più in alto dell’attico non si può andare perché oltre c’è il tetto … e da lì la gente si butta > > conclude sorridendo forzatamente. Mi sembra un po’ agitato, forse sarà per colpa del tic nervoso all’occhio.

Mi consegna velocemente le chiavi delle stanze ed io sorrido gentilmente cercando di calmarlo. < < Grazie. Può anche far portare le nostre valigie nelle nuove camere? > >

< < Certo. Provvederò immediatamente > >

Detto questo mi allontano con fare vittorioso dalla reception. Sorrido soddisfatta verso Edward che mi guarda con sufficienza.

< < Sei stata abbastanza brava > > dice, mentre gli passo la sua chiave. < < Ma potevi fare di meglio > >

< < Davvero? > > chiedo scettica < > . L’aria di sfida è palpabile.

< < Con sommo piacere > > mi sussurra all’orecchio mentre si allontana. Il battito del mio cuore accelera notevolmente, ma non me ne preoccupo. Voglio vedere cosa riuscirà ad ottenere e se l’essere sicuro di se porterà a qualcosa.

Lo vedo appoggiarsi con i gomiti al bancone e parlare con “John” che sembra rassicurato dalle sue parole. Rassicurato?!

Cosa gli starà dicendo? In questo momento vorrei essere una mosca per riuscire a spiare la loro conversazione. Fatto sta che poco dopo si sorrido complici e Edward si gira con faccia fintamente triste e delusa. Non mi inganni bello! Sono un avvocato. Le conosco come le mie tasche quelle faccine.

Tiene le mani dietro la schiena e questo non fa altro che incuriosirmi.

< < Allora? > > chiedo dura, con lo sguardo affilato. Non me la racconta giusta …

Sbuffa sonoramente desolato ed abbassa la testa. Ma appena si avvicinano a noi Jessica ed Emmett che intanto si sono avvicinati, alza la testa si scatto con un sorriso vittorioso a trentadue denti. Da dietro la schiena tira fuori numerosi passa colorati. Mi mostra come se fossero carte da gioco con un sorriso ebete in faccia.

Jess ed Emmett hanno gli occhi fuori dalle orbite per la sorpresa. Anche la mia espressione deve essere più o meno così, mista però a rabbia. Odio avere torto!

< < Sei fenomenale! > > trilla Jessica, saltellando all’idea di poter entrare in club esclusivi e di poter usufruire del servizio limousine.

< < Fratello, hai fatto centro > > . Emmett da una pacca sulla spalla ad Edward.

< < Bravo > > soffio impercettibilmente < < Ora muoviamoci! > > intimo a Jessica.

Lei mi guarda come se parlassi arabo. < < Pensavo andassimo con loro > > dice confusa.

< < Lo pensavo anch’io > > si intromette Edward, fintamente dispiaciuto.

Non gliela voglio dar vinta. Se vuole la guerra che guerra sia!

< < Okay. Allora muoviamoci > > rettifico sorridendo e voltandomi verso l’uscita.

Mi seguono chiacchierando animatamente del posto in cui andare, mentre io vorrei solo seppellirmi.

< < Ecco la limousine! > > esclama Edward, quando una macchina si ferma sul marciapiede accanto a noi.

Mamma mia … è enorme!

Rimango impalata ed incredula mentre tutti e tre salgono.

< < Bella > > mi chiama Jessica, ridestandomi.

Salgo velocemente e sgommiamo per le strade di Las Vegas.

All’interno ci sono quattro divanetti neri posti sulle pareti. In un angolo c’è anche un frigo-bar.

< < E’ fantastico! > > esclama Jessica per la centesima volta.

< < Abbiamo capito > > mugugno secca.

Io ed Edward ci sediamo vicino, mentre Jessica ed Emmett si accomodano sul divanetto davanti a noi.

< < Si fermi qui! > > ordina Emmett al tassista dopo che abbiamo viaggiato per le strade per circa un quarto d’ora. Jessica non è stata mai seduta. Ha aperto la finestrella sul tettino ed è stata sempre con il busto fuori a cantare a squarcia gola le sue canzoni preferite. Siamo sicuri che non è già ubriaca?

< < Questo è un posto fantastico! > > esclama il fratello di Edward con gli occhi pieni di entusiasmo. < < Fanno dei cocktail squisiti > >

Hanno lo stesso identico sorriso a trentadue denti.

< < Figo!  >> esclama entusiasta Jessica ed esce velocemente insieme ad Emmett.

< < Forza,andiamo > > dice Edward dolcemente, porgendomi la mano.

Questi suo sbalzi di umore mi faranno impazzire.

Entriamo dopo aver mostrato i pass. La musica è assordante e sulla pedana, sotto le luci sgargianti da discoteca, ballano un sacco di persone. Sembra più uno strisciamento che un vero ballo. Per non parlare dei vestiti succinti e volgari di alcune donne.

< > chiede Edward divertito.

< < Tu no? > > rispondo con un’altra domanda. Insomma sono preoccupata. Se è abituato a tutto questo è una specie di pervertito che ha uno strano senso del divertimento.

< < Non ci sono abituato > > . Ma legge nella mente? < < E’ solo che me lo aspettavo. Tanti miei amici sono già venuti qui > > risponde urlando per sovrastare la musica.

Alla fine del locale che un grosso bancone, il bar, con un sacco di sgabelli fosforescenti già tutti occupati. I baristi sembrano davvero indaffarati.

< < Ora che facciamo? Non c’è posto > > sbuffa dispiaciuta Jessica.

< < Non ti preoccupare, ci sono dei posti fuori dove portano le ordinazioni > > . Detto questo Emmett ci guida fino alla terrazza. Qui la vista è fantastica. Si possono ammirare tutti gli edifici illuminati di Las Vegas che squarciano la notte.

< < E’ uno spettacolo > > dico meravigliata.

< < Già > > dice Edward entusiasta facendomi accomodare ad un tavolo per due. Jessica ed Emmett si siedono ad un altro tavolo.

< < Ma? > > balbetto spaesata. Perché non ci siamo seduti con loro?

< < Emmett è sposato, non c’è pericolo per loro. Anche perché Rosalie lo ucciderebbe > > mi rassicura Edward, dopo di che ordina una bottiglia di vodka.

< < Rosalie è sua moglie? > >. Sono curiosa di sapere qualcosa su di lui.

< < Già … e per miracolo divino gli ha permesso di accompagnarmi > > ridacchia, catturandomi con il suo sguardo.

< < Temeraria > > mugugno.

< < Perché sei venuto qui? > > chiedo, mentre bevo il mio bicchiere appena riempito.

< < Per prendermi una pausa dalla vita stressante dello specializzando > > risponde, imitandomi.

< < Sei medico? In cosa ti stai specializzando? > >

< < Neurologia > > risponde velocemente < < e tu perché sei qui? > >

Ecco perché aveva così tanta fretta …  non vedeva l’ora di non  farsi gli affari suoi.

< < Facciamo un brindisi > > dico, alzando il bicchiere al cielo < < a me, che sono stata mollata dal mio fidanzato durante la festa a sorpresa che gli avevo organizzato e tutti i nostri più cari amici hanno assistito. E ancora a me, che ho perso lo stesso giorno il lavoro in uno dei più importanti studi di New York per uno stupidissimo errore > > concludo con un sorriso amaro.

< < Allora a te > > dice dispiaciuto, facendo scontrare il suo bicchiere pieno contro il mio. Butto giù con un solo sorso e quando faccio per riempirlo di nuovo mi accorgo che la bottiglia è già vuota.

< < Un’altra, per favore > > chiede Edward ad una cameriera.

< < Deve essere proprio uno stupido il tuo fidanzato > > dice a bassa voce.

< < Non tanto. Io non sono divertente. Sono una pianificatrice e stacanovista. Non sono mai a casa, non cucino. La domenica la passo davanti al computer a stendere contratti. Sono estremamente noiosa > >

< < A me non sembra > >

< < Aspetta di conoscermi > > rispondo, con lo sguardo perso nel panorama di Las Vegas.

< < Non vedo l’ora > > .Il suo è solo un bisbiglio, ma io ho sentito bene e non posso fare altro che sorridergli.

< < E tu? Io ho ti ho detto tutto di me. Non hai qualcosa di imbarazzante da confessare? > > chiedo per sviare dall’argomento pateticità.

< < Dove abito io non succede mai niente di interessante. La mia vita la passo tutta in ospedale e quando ritorno a casa sono sfinito. Il sabato sera esco con gli amici e la domenica non sto davanti al computer a scrivere contratti. Gioco a baseball con la mia famiglia > > spiega, mentre scoliamo la seconda bottiglia.

Mi sento leggera e la testa inizia a girare, segno dell’alcool in circolo.

< < Sicuramente è meno noiosa della mia vita. Sei molto attaccato alla tua famiglia? > > chiedo, mentre ordina una terza bottiglia.

< < Si, ci divertiamo. E tu? > > .Buttiamo giù altri due bicchieri.

< < Io? Beh, i miei sono separati e mia madre si è risposata con un certo Phil. Mio padre invece vive felicemente solo. E’ un poliziotto, nonché il mio migliore amico > > . Credo di essere già ubriaca perché non ho mai raccontato tutto questo ad un uomo.

Continuiamo a bere, parlare e ridere come matti, soprattutto da parte mia. La testa mi gira e pulsa dolorosamente, ma sento il fuoco nelle vene. Ho bisogno di muovermi e sbollentarmi.

Dopo un’ora ci alziamo ed andiamo in vari locali. Casinò, discoteche …  di tutto. Mentre ballo con Edward la testa inizia a girare ancora di più e per sentirmi meglio butto giù l’ennesimo bicchiere. Non mi sento bene. Mi sembra che il mondo giri e che tutto si muova velocemente.

Poi il buio.

 

 

La testa pulsa e mi sento girare. Che ore sono?

Ho una forte emicrania. Oddio mi sono ubriacata, il pensiero mi attraversa il cervello come un fulmine.

Apro lentamente gli occhi, strofinandomeli con forza per vedere meglio.  Sono insonnolita e confusa, un mix letale per i miei neuroni. Mi alzo lentamente e mi ritrovo in un letto. Aspetta un attimo … sono nuda tra le lenzuola. Improvvisamente il ricordo di ieri notte mi riempie la testa di immagini. Io, Edward, l’alcool, il matrimonio, il sesso sfrenato …

< < Oddio,no > > sussurro disperata ed allo stesso tempo incredula. La voce mi esce rauca, troppa è la paura. Ero così ubriaca che mi sono sposata con Edward, il ragazzo di ripiego!

< < Non può essere, non può essere!  > > urlo e scalpito dentro il letto. Immergo la faccia nel cuscino ed inizio a gridare ed imprecare violentemente.

< < Perché a me?!Perché a me?! > > chiedo disperata, anche se so che non riceverò una risposta. Le lacrime di rabbia escono con forza e sbavano tutto il trucco rimasto.

Cerco di regolarizzare il respiro e mi volto verso la parte vuota del letto. Ed è lì che una sola frase scritta su un post-it mi gela il sangue nelle vene.

Mogliettina, ti aspetto di sotto per la colazione. Edward.

 

Scusate l’ennesimo enorme ritardo, ma non sono riuscita a postare prima. Ho tante cose da studiare e non riesco neanche ad accendere il pc, e quando posso quella “dittatrice” di mia madre se ne impossessa. Dopo il 25 Giugno aggiornerò tutti i giorni o quasi. Scusate ancora. Vi avviso che questo è un capitolo transitorio come il prossimo. La vera storia inizierà dal quarto. Sono molto indecisa su questo capitolo perché c’è l’incontro, le prime impressioni … diciamo che non sono molto sicura di quello che ho scritto. Come vi è sembrato? Ci sono comportamenti stupidi o fatti impossibili? Per favore, ditemi se vi è piaciuto e se ci sono errori.

Ringrazio tutti quelli che hanno aggiunto la storia alle seguite, hai preferiti e hanno letto. Grazie!!

Un enorme ringraziamento a giova71 e MissFify che hanno recensito il primo (misero) capitolo.

Eccole le risposte alle recensioni:

giova71= Grazie per il tuo sostegno. Ogni volta che vedo una recensione gongolo e la tua mi ha fatto molto piacere. Spero continuerai a recensire e mi dirai se questo capitolo ti è piaciuto e se sono gli sviluppi che ti aspettavi. Grazie ancora! Bacione

MissFify= Grazie per la tua recensione. Sono felicissima che ti piaccia e che ti incuriosisca. Giustissima domanda la tua. Ho chiamato così la storia non perché c’entri una scommessa di per sé, quanto un impegno preso per gioco. E sei hai letto l’ultima parte del capitolo capirai certamente di quale grande impegno parlo. Comunque ci sarà qualche scommessa …

Grazie ancora. Spero continuerai a recensire e che mi dirai presto se il capitolo di è piaciuto e se c’è qualche errore. Bacio

 

Kiaretta_96

 

 

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Capitolo 3
*** E ora?! ***


E ora?!


E ora?!




14 Ottobre 2009


Mogliettina, ti aspetto di sotto per la colazione. Edward.

Panico. Semplice e orribile panico.
Può una sola frase uccidermi. Ora conosco la risposta: sì.
La sbronza si fa finalmente sentire -e dico finalmente non perchè sia masochista, ma perchè con l'emicrania che mi ritrovo ora sarà difficile pensare-
Mi butto pesantementer tra i cuscini soffici, le mani tra i capelli. Sapete quando in un film il protagonista dice: « Non può andare peggio di così » e puntualmente succede qualcosa di inimmaginabile, ma non in senso buono. Dalla padella alla brace, per usare un altro modo di dire. In questo momento mi sento esattamente così, come il protagonista sfortunato di un dannato film.
« Questa non è la mia vita! Voglio svegliarmi» vorrei urlare, ma le corde vocali me lo impediscono. Sento la bocca secca e impastata. Un sapore amaro la inonda.
La testa sta scoppiando. Sento come un martello pneumatico che imperterrito cerca di fracassarmi il cranio. Dovrei essere abituata a tutta questa confusione post-sbornia -d'altronde ci vado giù di brutto quasi tutte le sere da quando sto con Mike- ma questa volta è diverso. Lo stordimento è insistente, è più forte del solito. Ma quanto cavolo ho bevuto?
Districo le mani dai capelli e mi occupo degli occhi, rossi e lucidi. Bruciano nonostante la luce sia tenue. Non oso pensare a quando dovrò alzarmi. Tutti gli arti sono doloranti e intorpiditi, come se avessi dormito per decenni. Sicuramente l'intorpidimento che sento non è dovuto al sesso con Edward. Beh, a letto ci sa fare. 
« Eccome se ci sa fare » sussurro con aria sognante.
Okay, Edward a letto è fantastico...e non solo a letto, in posti e posizioni convenzionali. Passionale, deciso, fantasioso, stravagante e...creativo. Molto creativo. Al solo pensiero del corpo di Edward sul mio, di lui dentro di me, della sperimentazione di tutte quelle posizioni il sangue sale alle guance.
A quanto pare di stanotte ricordo solo il sesso. Noi sul mobile all'entrata, troppo impazienti per arrivare al letto. Sul pavimento, sul divanetto e infine sul letto. Edward è un vero Dio del sesso...
Basta pensieri sconci!
Cerco di racimolare quel poco di dignità che mi resta e ritorno alla realtà. All'emicrania.
Questo tipo di dolore mi ricorda il giorno in cui Renèe si è intestardita con l'esercizio fisico. Dopo un'intera giornata di palestra ho capito e la relazione tra me e i pesi era definitamente finita.  Ora capisco come si sia sentita la Bella Addormentata, peccato che io non ho il principe azzurro, ma il marito demente. Marito...
Il solo pensiero mi inorridisce. Non che non ami l'idea del matrimonio, il per sempre felici e contenti. Sposare l'uomo perfetto è la mia massima aspirazione da quando ho visto Cenerentola, all'età di quattro anni.
Credevo che Mike fosse perfetto, il mio principe azzurro, ma stavo vivendo solo una favola, un sogno. Mi sono immaginata un mondo perfetto e vi ho collocato Mike come protagonista. Grosso errore.
Edward...Edward è semplicemente quella biforcazione lugubre che interrompe la strada principale nelle fiabe. Ne uscirò, ne sono sicura.
Lentamente e con cautela appoggio le mani sul materasso e facendo leva su di esse alzo il busto. Dolore, stordimento, nausea tutti in una volta. Mi ributto tra le lenzuola e solo ora mi accorgo di un nuovo piccolo eppure grosso dettaglio. Infilato nell'anulare della mano sinistra fa bella mostra di sè un anello d'oro. Lo osservo sotto diverse luci e lo sfilo per osservarlo meglio. Credo sia la fede... ma non ne sono sicura. Non è un semplice dischetto d'oro, come dovrebbe essere una fede. E' un normale anello placcato d'oro se non per l'enorme dado da gioco nel quale sono incastronati al posto dei puntini dei brillantini. E' molto leggero. Deduco sia in plastica. Wow ... se questo è l'anello di nozze non immagino pensare al vestito da sposa. Magari stanotte ho percorso la navata di una chiesetta da quattro soldi con un "prete" del tutto immorale mostrando con orgoglio un sacco della spazzatura ritagliato a mo' di vestito. Esagerando -e solo esagerando- magari ho attaccato con lo scotch ben due sacchi della spazzatura e un sacchetto trasparente è diventato il mio velo.
Sono stata proprio fortunata, penso con ironia.
Prima di pensare seriamente alla notte precedente mi guardo intorno, ispezionando la camera. Sembra tutto normale tranne per una poltrona ribaltata, delle piume sul pavimento e sul letto, per i nostri vestiti lasciati qua e là e il mio reggiseno e le mie mutandine sul lampadario.
Okay, non è assolutamente normale.
Aspetta una attimo. Che ci fa lassù il mio intimo?! E cosa c'entrano le piume?!
Ora sono ancora più confusa.
Evidentamente ieri notte eravamo così ubriachi -perchè solo questo può avermi permesso di sposarlo- che ci siamo avventati l'uno su l'altro accesi dal desiderio reciproco dopo il nostro matrimonio. Ci siamo scontrati con poltrona e io mi sono spogliata velocemente per la voglia di sentirlo in me e lui per la folle passione ha morso i cuscini. Oppure li ho morsi io. Magari Edward e l'alcool hanno fatto uscire l'animale che è in me e che non sapevo di avere. Oddio. Questo in confronto alla mia vita è un sogno. Un romanzo passionale dove l'uomo è tutto amore e dolcezza, ma allo stesso tempo passione e lussuria.
Odio la mia vita. La odio più di prima. E pensare che dopo il licenziamento non pensavo potesse andare peggio, ma ho avuto le mie conferme sul contrario.
Probabilmente la soluzione più facile sarebbe il suicidio, ma fortunatamente io sono contorta, complessa e soprattutto tengo molto alla mia pelle.
Da quando sono così melodrammatica?
Basta. E' il momento di alzarsi, prendere un'aspirina e finirla con le lamentele. Poco importa che ho perso il lavoro e il mio fidanzato mi ha lasciata. Poco importa che mi sono sposata con un uomo che conosco da poche ore e che mi ha regalato una fede proveniente da una macchinetta a gettoni. Poco importa che sono nuda in un letto con un dopo-sbornia degno di record.
Depressione...
Mi alzo come un automa, ignorando la forte emicrania. Tanto prima o poi dovevo alzarmi.
Cammino nuda fino alla valigia e ne estraggo una scatola di aspirine. Benedetta Angela!
Ne prendo due in mano e vado in bagno. Fortunatamente l'hotel fornisce dei bicchieri. Ne afferro uno e ,dopo averlo riempito d'acqua, ingoio le aspirine.
Alzo il viso e inevitabilmente mi scontro con lo specchio che prima avevo ignorato.
Non mi riconosco. Questa non posso essere io.
Sono sempre pallida, con grosse occhiaie e borse sotto gli occhi. Questa volta però gli occhi sono inniettati di sangue, la bocca è secca nonostante abbia appena bevuto e il trucco è tutto sbavato. I capelli sono pieni di nodi, indomabili. Il viso è smorto, di un cadavere. Gli occhi sono spenti e il sorriso inesistente. Provo a stirare le labbra in una forma di sorriso, ma ne esce fuori solo una smorfia amara. Ho l'aria seria, come al solito, ma oltre a quello leggo preoccupazione nei miei occhi. Mi faccio schifo da sola.
Mi strofino gli occhi, delusa da me stessa e annuso l'aria. Solo ora mi accorgo di puzzare come una barbona. Urge una bella lavata.
Solo quando sono nella doccia capisco che è inutile. Non mi calmerò mai. Magari l'odoraccio se ne andrà, ma la consapevolezza di aver fatto uno sbaglio rimarrà per sempre. Sono marchiata a vita.
Neanche il getto d'acqua calda mischiato al profumo di lavanda che di solito ha un effetto rilassante su di me riuscirà a fare qualcosa. La situazione è troppo grave. Incontrollabile.
La soluzione è solo una: il divorzio. Non sarà una cosa facile. Sono un avvocato, anche se non divorzista, e sò che per queste cose ci vuole un sacco di tempo, un sacco di pratiche, un sacco di firme...
E poi non potremo divorziare qui. Dovremo ritornare nelle città di provenienza. Questo vuol dire che tutti lo sapranno. Mike lo saprà,i miei amici e mio padre lo sapranno. Tutti saranno a conoscenza che per dimenticare Mike sono andata a Las Vegas e mi sono sposata con uno sconosciuto. La gente mi parlerà alle spalle, riderà di me, sarò l'argomento principale delle loro seratine gossip...o peggio: mi compatiranno. Io non voglio fare pena a nessuno. Voglio essere invidiata, presa per esempio, non messa in ridicolo.
Forse il fatto che ci siamo sposati a Las Vegas cambia la situazione, la migliora ...  o forse la peggiora. Magari il giudice è un moralista che crede nel matrimonio. In quel caso vedo molto lontana la fine del tunnel.
O peggio ancora, e se lui non volesse divorziare? In quel caso ci sarebbero un sacco di processi e magari dovrò dividere qualcosa con lui. Magari è un lagnoso che mi si inginocchierà davanti piangendo e pregandomi di non lasciarlo. No!
Chiudo con forza il getto d'acqua e afferro con altrettanta vemenza l'asciugamano. Sento una strana sensazione ... una brutta sensazione. Può essere chiamata più semplicemento istinto femminile.  Meglio non pensarci.
Asciugo il corpo e i capelli con l'asciugamano e indosso dei semplici short di jeans con risvolto, una camicetta bianca a maniche corte e dei sandali dorati. Quì a Las Vegas fa veramente caldo, altro che New York. Afferro il phon e mi asciugo frettolosamente i capelli. Il risultato? Una palla di fieno piena di nodi. Meglio legarli.
Indosso degli orecchini a cerchio e dei braccialetti d'oro, infine chiudo con la combinazione la valigia -dopo averci riposto dentro tutti i miei averi-
In fondo anche Edward ha le chiavi di questa camera. Magari vorrà vendicarsi dopo che l'avrò lasciato...
Afferro la borsa e mi dirigo verso l'ascensore. Terzo piano. Quello di Jessica.
Dentro l'ascensore viene diffusa dagli autoparlanti una musica classica, rilassante, in totale contrasto con il mio umore. Prendo a sbattere ritmicamente il piede finchè le porte non si aprono.
« Jessica » sospiro sorpresa.
« Bella » .
Ha il volto sbattutto. Le occhiaie nere sono marcate e gli occhi sono stanchi e lucidi. I capelli sono scompigliati e sporchi. Ma è davvero Jessica?!
Più che altro mi ricorda me dopo i primi mesi alla Volterra: stanca morta, voglia di alzarsi dal letto pari a zero e aspetto cadaverico. Evidentamente anche lei ieri notte non se l'è passata molto bene.
« Quanto hai bevuto? » mi informo. Ho intenzione di farle un intenso questionario -come il suo di pochi giorni fa'- prima di farla salire in ascensore.
« E lo domandi?! Comunque tanto » . La sua voce è spenta e roca. Probabilmente si è alzata da poco e dall'odore non si è ancora fatta la doccia.
« Cosa hai bevuto? Lo ricordi? » .
« Tequila? E un sacco di altra roba » . Fa per entrare in ascensore, ma la fermo.
« No, aspetta. Hai trovato qualcuno nel tuo letto? Qualche bigliettino? » .
Magari anche lei si è cacciata nei guai. Non glielo auguro, ma Jessica è molto imprudente e non si sa mai.
« Ma che domande sono? » chiede stralunata.
« Domande. Allora, rispondi? » .
Sto per perdere la pazienza.
« No, niente uomo e ... niente bigliettino. Bella che succede? » .
E' confusa, molto confusa, ma anche innervosita e un pochino preoccupata. 
« Ti ricordi qualcosa di ieri notte? Dove siamo state? Cosa abbiamo fatto? Con chi? » .
Ora sono impaziente. Se si ricorda qualcosa ho degli indizi e non solo delle supposizioni. Anche se dalla calma che dimostra probabilmente non sa niente del matrimonio.
« Bella, ieri notte ho vomitato nella borsa e probabilmente sono caduta in piscina perchè i miei vestiti erano fradici. Non ho neanche idea di come sia finita in camera. So solo che siamo a Las Vegas e che ieri ho bevuto così tanto da svenire. Quindi, per favore, evita queste domande del cazzo » .
Okay, la calma è andata a farsi fottere.
Sbuffo e la faccio entrare. Meglio se ci calmiamo entrambe.
Non ricorda niente. Io non ricordo niente. Ieri notte è un'incognita.
La disperazione mi assale, mi sento debole come non mai. Impotente. Le lacrime cercano di uscire, spingono inesorabili, finchè non hanno la meglio su di me.
« Bella, che cos'hai? Ti senti bene? » chiede Jessica preoccupata dal mio mutismo. Tiro su col naso e mi asciugo velocemente le lacrime che mi rigano il volto.
« Sì » . La voce è rotta, ma poco importa. Credo che ormai abbia capito che sono disperata, che qualcosa non va.
« Jess, ti devo dire una cosa. Non ti devi sconvolgere e soprattutto non devi rendermi partecipe dei tuoi pensieri che poi trasformi in commenti sagaci. Devi essere solo una spalla, devi sostenermi e se sai qualcosa devi informarmi » . Sono seria. Sto usando tutta la mia professionalità. Mi sono esercitata negli anni di lavoro alla Volterra. Credo ormai mi venga bene.
« Così mi spaventi ».
« Mi sono sposata con Edward ».
Il "plin" dell'ascensore ci distoglie dal discorso. Quasi come un ritorno alla realtà. Le porte si aprono rivelando l'atrio principale illuminato dalla luce solare.
Usciamo e quando sto per entrare nella sala da pranzo, convinta che il discorso matrimonio sia ormai concluso, Jessica mi afferra per un braccio.
« Ehi, fai male! » urlo, cercando di districarmi dalla sua stretta.
« Isabella » è la prima volta che la sento usare il mio nome per intero « questo non è uno scherzo, vero? Non ti stai prendendo gioco di me? » . E' insicura. Anch'io avrei creduto fosse uno scherzo se non fosse capitato a me, ma non è così. Mi trovo in un bel casino!
« Non potrei mai mentire su una cosa così delicata » rispondo con voce atona. Credo di avere gli occhi lucidi...
« Dovevo solo accertarmene...perchè se fosse stato uno scherzo...beh insomma...Bella com'è successo? »
Stringo i denti e gli occhi dalla disperazione. Cosa posso dirle?! Non mi ricordo niente!
« C'è stata qualche parte della notte, diciamo quando stavo per sposare il ragazzo di ripiego, che hai pensato: -Ehi ,oddio, forse questo è un buon momento per intervenire- » .

Okay, è ufficiale. Sono incavolata nera.
« Questa è una città costruita sull'eccesso e le decisioni sbagliate, dovrebbe essere l'unico posto sulla Terra dove non puoi sposarti »
Lo so che Jessica non c'entra niente, ma non posso fare a meno di sproloquiare.
« Scusami. Io...io non lo so. Questa mattina mi sono svegliata nuda, con questo al dito » le mostro l'anello con il dado « e con un bigliettino con scritto che sono sposata con Edward » . Spiego velocemente, ansiosamente. Ora che lo racconto a qualcuno diventa tutto più vero, più inevitabile, ma allo stesso tempo assurdo. Io, la più responsabile di tutti, sposata con uno sconosciuto?! Com'è potuto succedere?! Io sono una persona estremamente calcolatrice e posso assicurare che questo non era calcolato.
« Sei nella merda » afferma Jessica. Sembra una costatazione.
« Già, sono fottuta » .
Prendo un respiro profondo e prima di entrare ad affrontare Edward le dico: « Ora entro e lascio Edward. Tu non devi intervenire. Per nessuna ragione al mondo » . La guardo fisso negli occhi finchè non annuisce.
Okay, si va in scena.
Cammino sicura con Jessica alle mie spalle, finchè non individuo il tavolo dove Edward e Emmett sono seduti a fare colazione.
Dovrò essere delicata e non avventata. Non voglio avere problemi.
« Ciao » saluto, sedendomi su una sedia libera accanto ad Edward.
« Buongiorno » risponde sorridendo.
Un po' mi fa pena. E se non volesse lasciarmi? Un po' sono dispiaciuta che debba soffrire, ma non posso fare altrimenti.
« Buongiorno, buongiorno, buongiorno » trilla velocemente Jessica, sedendosi sull'unica sedia rimasta. E' agitata. Spero si calmi al più presto.
« Ci vuole proprio un bel caffè » dico per spezzare il ghiaccio.
« Decisamente » interviene Emmett, iniziando a riempire la mia tazza con del caffè fumante.
Edward si accorge che ho adocchiato il suo bicchiere di spremuta e così me lo passa, dicendo: « Beh, quel che è mio è tuo » .
Ti prego Signore, fa che non l'abbia detto sul serio.
Senza che riesca a fermarmi scoppio in una risata isterica senza precedenti. Jessica mi guarda preoccupata, come gli altri d'altronde, ma non posso farci niente. Insomma, è cosciente del matrimonio e non sembra dispiaciuto!
La cosa è più complicata di quanto pensavo.
Mi impongo di smettere e bevo un sorso del succo.
« Buono questo succo d'arancia » bisbiglio, con il viso coperto dal bicchiere.
«Già, buono. Aranciamente buono » Edward risponde agitato. Sembra aver perso la calma, sempre che l'abbia avuta. In questo momento più che un uomo sembra un tronco di legno. E' rigido, terribilmente rigido. « A me di solito non piace la polpa. Tu ne sei una fan? »
« Non molto » rispondo seria, guardandolo negli occhi. Spero capisca la serietà della rituazione.
« Edward? » mi faccio avanti. Tanto prima o poi avremmo dovuto parlare. Ed è meglio prima.
« Emm, sì » risponde insicuro e curioso, ricambiano il mio sguardo.
« Possiamo parlare un secondo? » .
La voce mi trema, ma cerco di rimanere ferma e sicura. Lancio un'occhiata a Jessica che mi rivolge un segnale di consenso. Ora o mai più, dice il suo sguardo.
 « Sì...sì, parlare » balbetta Edward e ci alziamo da tavola.
Cammino spedita, senza pensare a quello che sto per fare, fino a una slot machine e vi inserisco un quarto di dollaro. Tiro la leva e le figure ruotano, finchè non mi comunicano che non ho vinto niente.
Sento la presenza di Edward alle mie spalle. Respira piano, ma nell'aria alleggia un non so che di agitato.
Aspettiamo entrambi che qualcuno si faccia avanti.
Io ho chiesto di parlare ed io dovrei iniziare. Quando però sto per aprir bocca, vengo interrotta.
« Ciao » sussurra Edward.
« Ciao » ricambio mentre mi giro. Ora siamo faccia a faccia.
« Allora...» cerco di intavolare il discorso, ma mi sento così impacciata. Com'è possibile? Ho programmato di lasciarlo appena mi sono accorta che siamo sposati e adesso che è davanti a me non riesco a parlare. Non riesco a lasciarlo. D'altronde mi sono affezionata a lui in queste... 24 ore? Mi dispiace che soffra per colpa mia. In fondo neanche lui non si è reso conto di cosa stavamo per fare.
Edward alza le spalle e aspetta che continui.
« Bella nottata è? » .
Qualcosa di più idiota non potevi trovare Bella! Insomma, come mi è venuto in mente di iniziare così il discorso?!
Inizio a torturarmi il labbro come faccio ogni volta che sono agitata e mi sfrego le braccia.
« Sì! » esclama Edward poco convinto « devo dire che sei...molto divertente » aggiunge con uno sguardo da schizzofrenico. Sta mentendo. Sicuramente.
« Davvero? » .
Sto al suo gioco. Faccio la finta sorpresa e gli rivolgo un sorriso.
« Sì » annuisce, come a rafforzare la sua affermazione. « Molto divertente. Questa...ieri notte è stata davvero...splendida »
Ridacchio nervosamente.
Ma gliel'ho detto che facevo l'avvocato? Insomma, dovrebbe capire che con me mentire non serve a niente.
Ora che lo guardo meglio anche lui sembra impacciato e agitato come me. Ha paura che lo voglia lasciare? Vuole lasciare anche lui me?
« Eh...veramente...ecco, c'è...forse c'è una cosettina piccola » balbetta, infilandosi una mano tra i capelli e spettinandoli ancora di più. Nervoso?
« Eh, lo so a cosa ti riferisci » dico con aria rassegnata. Alzo la mano sinistra e gli mostro quell'orribile anello.
« Okay...non c'è un modo facile per dirlo. Quindi adesso lo dico e basta... » balbetta tra se.
« Frena, frena, frena » intervengo agitata e punta sul vivo. Meglio mettere subito le cose in chiaro. « Aspetta un attimo. Sei tu che stai mollando me?! »
« Tu?... » dice confuso Edward aspettando che io continui.
« No! Io stavo venendo qui a mollare te! » urlo.
Forse è meglio abbassare il tono...ma come può pensare di lasciarmi?! Cioè, io lo devo lasciare!
« Oh cavolo. Allora siamo a posto » dice sollevato.
Sorride. Bravo.
« Sì » rispondo sollevata anch'io. Nessuno dei due soffrirà.
« Okay, disastro scampato » .
Mentre parla inizia a camminare.
« L'hai detto » confermo.
« Pallottola schivata » schiamazza dalla gioia.
« Come no » .
Ormai il mio sorriso è tirato. Può smettere di esultare? In fondo non è così orribile essere sposati come me...no?
« Beh, voglio dire, cetriolo evitato »
Lo vede il mio sguardo assassino?
« Grazie Dio onnipotente. Sono finalmente libero! » urla, con le braccia rivolte verso il cielo.
Okay, ora è troppo. Mi sta insultando. E poi mica lo tenevo prigioniero!
« Okay, ho capito. Va bene! Ricevuto » sbotto alterata. La mia voce è acuta e suona fastidiosa anche alle mie orecchie.
« Va bene...io...scusa. E' che tu sembri il tipo di ragazza che cerca un rapporto serio. Io non sono....voglio dire...senza offesa. Tu sembri una che richiede un sacco di lavoro...che ne so, per te ci vorrebbe un'intera squadra. Io non sono...il matrimonio è un concetto fuori moda ormai. E tu... » . Cammina e balbetta in modo nervoso. Non sa cosa dire per scusarsi. Sta inventando solo un sacco di scuse!

« Aspetta. Mi stai mollando di nuovo? » chiedo allibita, indicandomi.
Ma è matto?! Vuole che lo uccida?!
« Mi sento in una strana posizione » dice per scusarsi.

« E quale sarebbe?! Blocchi di partenza?! Perchè ti do questa notizia: la pistola ha sparato da un bel pezzo! » gli urlo in faccia.
« Ma sentitela. Auguri per il lavoro. L'impiegato sopporta le critiche malamente » .
Odio la sua voce! Odio quella sua aria strafottente!

« Beh, forse tu dovresti seguire un seminario per le buone maniere. Sei solo un deficiente arrogante! »
« Wow, ma sentitela. Ti sei dovuta sbattere fino a Las Vegas e sposare un perfetto sconosciuto solo per dimostrare che non sei un robot. Brava Bella! Hai provato una gran sensazione » dice con ironia. Anzi urla. I nostri toni sono ormai ad alti livelli.
« Altro che se ce l'ho la sensazione, si chiama nausea » sbotto ai limiti della sopportazione.
« Altro che se ce l'ho la sensazione, si chiama nausea » ripete con la voce da robot, imitandone anche le mosse legnose.
« Ma quanti anni hai? Cinque? » urlo rossa in viso.
La mia pazienza è andata a farsi benedire. Come si permette! E' solo un'infantile. Ed io che ci perdo pure tempo.

« No, ho sei anni!Ecco perchè non funzionerebbe mai. Io non potrei mai e poi mai stare con una totalmente sballata » dice indicandomi.
« Sballata?! » .
Sono sicura di avere gli occhi fuori dalle orbite. Ora sono fuori di me dalla rabbia.

« Sballata! » ripete avvicinandosi a me.
Siamo entrambi rossi e senza fiato. Faccia a faccia. Per quanto siamo vicini sento il suo fiatone sul mio viso.
« Altro che sballata. Tu non mi conosci nemmeno un po' signorino »
« Ah, no? Non ti conosco? Ho l'impressione che non ti conosci nemmeno tu. Sai una cosa? Ti chiamo per l'annullamento » urla allontanandosi.
« Oh, facciamo così » dico, rovistando nella borsa « Tu mi mandi una mail! » . Trovo il bigliettino da visita e glielo sbatto sul petto. Lui lo afferra prontamente e gli do le spalle.
Sono imbufalita. Nessuno mi ha mai fatto arrabbiare così tanto. Forse Mike...ma almeno lui non mi ha insultata. Non ha mai detto niente di troppo offensivo sulla mia persona...o forse l'ha detto, ma lui mi conosce sicuramente meglio di Edward.
Edward...argh! Che pretese idiote che ha! Come può permettersi di insinuare quelle cose su di me?! Non mi conosce affatto!
Mi allontano sbattendo i piedi a terra e oscillando le braccia in modo teatrale. In questo momento non mi importa niente degli occhi di tutti addosso. Questa scenata ci voleva. Eccome se ci voleva.
« Ehi! Ehi! » la fastidiosa voce di Edward mi arriva alle orecchie. E adesso cosa diavolo vuole?
Sta cercando di attirare la mia attenzione.« Ci resta sempre Las Vegas ».
Cosa intende?
Mi giro in tempo per vederlo baciare il MIO quarto di dollaro che avevo lasciato sopra la slot machine testimone della nostra scenata. Infine lo inserisce e tira la leva. Sorride come un idiota.
 « Ehi! Quello è il mio quarto di dollaro! » urlo arrabbiata.
Mi scosto furiosamente una ciocca di capelli dal viso e mi rigiro per andarmene.
Chi se ne frega di Edward Coglione Ruba Monete Da Un Quarto Di Dollaro Cullen.
Improvvisamente sento una sirena. Non una sirena di un'ambulanza o di una macchina della polizia. E' un suono strano che proviene dalle mie spalle. Mi giro per capire cosa sia e vedo la slot dove prima Edward ha infilato la mia moneta lampeggiare e diffondere quel suono fastidioso.
Nel monitor sopra appare una scritta a lettere cubitali che attira la mia attenzione.
Quadruplo jackpot. E poi: Quattro milioni di dollari.
Non può essere. E' impossibile. Assurdo.
« Eh? ... Cosa? ... Come? » emetto parole sconnesse, senza senso.
Non può davvero aver vinto. Che cazzo...
« Ho vinto quattro milioni di dollari! » urla Edward aggrappandosi alla slot. Il suo volto è deformato dalla gioia e dall'euforia. « Sono ricco! » .
Continua ad esultare e ai festeggiamenti si aggiunge anche Emmett. Sembrano due bambini che hanno appena ricevuto un regalo enorme ed inaspettato.
Emmett stappa una bottiglia di champagne datagli da un dipendente dell'albergo e si attacca alla bottiglia. Poco dopo è il turno di Edward.
La gente inizia a raggrupparsi attorno a quei due che continuano a ballare felici come una pasqua.
Non può essere vero.
Aspettate un attimo.
Quella era la mia moneta! Gliela avevo scaldata io!
Ho vinto quattro milioni di dollari! Sono ricca! Evviva!
« Era la mia moneta! Ahh! » urlo come una pazza e corro alla slot, abbracciandola come sta facendo ancora Edward.
Iniziano a cadere stelle filanti dal soffitto e gli autoparlanti diffondono la canzone "We are the champions".
Nono ci posso credere! Non ci possono credere! Sono sistemata! Chi se ne frega se ho perso il lavoro. Ho vinto un quadruplo jackpot a Las Vegas!
« Sono un uomo fortunato » sento dire da Edward che intanto si è staccato ed è andato a ritirare il mega assegno.
Cosa crede di fare?! Quei soldi sono miei!
« Ecco il mio mega super assegno. Dio che meraviglia, non sono mai stato...sono felice come una pasqua! » continua ad esultare incredulo mentre afferra l'assegno. Il mio mega super assegno! Adesso ci penso io a smontare tutta la sua euforia...
« Era la mia moneta! » esulto afferrando l'assegno dall'estremità opposta a quella in cui lo afferra Edward.
Il mio "maritino" ridacchia nervosamente.
Non ha ancora capito che i soldi sono miei?!
« Congratulazioni! » bisbiglia ironico « Hai quadruplicato il tuo investimento! ». Detto questo mi passa un dollaro...che naturalmente non accetto. Cos'è un dollaro in confronto a quattro milioni?!
« Perchè pensi che sia tutto tuo?! No! » sbotto io, tirando l'assegno dalla mia parte.
« Sì, è mio. Io ho messo la moneta nella slot e sempre io ho tirato la leva ». Un altro strattone, questa volta dalla sua parte. Quanto è arrogate! Voglio solo dividere!
« La moneta nella slot la stavo usando io! Te l'ho scaldata io! » ribadisco continuando a tirare.
Non l'avrà vinta facilmente.
« Esatto. Adesso scusa, ma ho un assegno gigante e coloratissimo da depositare » .
Strattona e mi sfila il cartone gigante di mano. Si sta avviando verso l'uscita mentre tutti applaudono.
Si è per caso scordato che siamo sposati? Dobbiamo condividere tutto.
« Che fine ha fatto quel che è mio è tuo?! Te lo ricordi? Siamo sposati » urlo alle sue spalle in tono solenne. Mostro la mano sinistra con l'anello e lo guardo con aria superiore.
Si volta e l'espressione che vedo sul suo volto è terrore, puro terrore. Finalmente si è reso conto di chi ha davanti e in che cosa si è andato a cacciare.


16 Ottobre 2009


Oggi è fissata la prima udienza per l'annullamento del matrimonio tra me ed Edward.
Fortunatamente non sono dovuta tornare a New York per il processo. Siamo ancora a Las Vegas. Abbiamo prolungato il nostro soggiorno e sia Emmett che Jessica hanno insistito per rimanere, per sostenerci.
Ma ora c'è anche un altro problema: la divisione dei quattro milioni di dollari. Edward non vuole lasciarmene neanche un quarto e se due giorni fa' cercavo un compromesso oggi non lo cerco più. Li voglio tutti per me. D'altronde la moneta era mia.
Smettiamo però di pensare a questo.
Jacob non smette di chiamarmi e i suoi messaggi hanno intasato la segreteria. Non ho ancora avuto la forza di rispondergli...almeno verbalmente. Gli ho mandato un messaggio breve e conciso: Sto bene. Non preoccuparti.
Lui ha risposto...con altri 100 messaggi. Per fortuna che il mio blackberry ha tanta memoria...
Ho paura che sia deluso dal mio comportamento. Ho perso il lavoro e lui ha cercato di confortarmi, di farmi ragionare, ma l'ho respinto. Sono stata orribile. Non merito la sua amicizia e la sua devozione. E' sempre dolce con me, mentre io non riesco a farne una buona. Molto probabilmente è venuto a conoscenza del fatto che Mike mi ha lasciato. Le chiacchiere circolano velocemente e ora sarà preoccupato. Vorrà sapere dove sono, cosa faccio...
Se fosse successo a lui anch'io sarei stata molto preoccupata. Sa che sono terribilmente orgogliosa e che non ammetterei mai il mio bisogno di aiuto. Lui mi è sempre vicino anche quando non lo chiedo ad alta voce. Sa capirmi. Per questo è il mio migliore amico.
Ieri sera ho chiamato Angela. Non gli ho detto che mi sono sposata con un completo sconosciuto, ma che mi ero così divertita e rilassata che avevo deciso di prolungare il mio soggiorno. Lo stesso valeva per Jessica. Lei allora si è offerta di andare da Mike e fare gli scatoloni con le mie cose. A quanto pare il mio ex voleva casa libera dalla mia "roba" e così lei si è offerta di farlo. Com'è gentile e premurosa. Sempre disponibile. Avevo accettato e l'avevo ringraziata. Per me è meglio così perchè non dovrò più rivedere Mike. Non voglio che mi insulti o che mi compatisca. Non riuscirei a resistere.
Ora sono davanti al tribunale con Jessica. Mi difenderò da sola. Sono in grado di farlo fortunatamente. Rido pensando a quello che si inventeranno Edward e Emmett. In questi due giorni ho raccolto molte prove. Non potranno nulla contro di me. Il giudice mi darà sicuramente ragione.
Fortunatamente ho portato con me un tailler grigio e oggi ho messo proprio quello abbinato a una camicetta bianca. I capelli sono legati.
Sono sicura di me, determinata, irremovibile.
Devo avere quei soldi. Devo divorziare senza perderne niente.
« Forza Bella. Dobbiamo entrare ». Jessica mi risveglia.
« Certo. Forza e coraggio » cerco di rassicurarmi mentre entro nel tribunale.
Edward, a noi!


« Ma cosa ancora più importante, giudice. Il mio cliente conosceva la signora Swan da sole quattro ore prima di sposarsi » alla parola "sposarsi" Emmett mimò delle virgolette. « Tre e mezza delle quali trascorse in totale...euforia. Totale ».
Edward si è scavato la fossa da solo scegliendo Emmett come avvocato. Non ha senso pratico, è un giocherellone e usa un sacco di giochi di parole. Non arriva al dunque...e questo non convince di certo un giudice.
Credo che ormai anche Edward si sia accorto che Emmett non è la scelta più appropriata. Faceva meglio a difendersi da solo.
Comunque avrei avuto la meglio. Avrò la meglio.
« Mmm...e lei? » il giudice prende parola e mi indica. Non è per niente sicuro del discorso di Emmett. Uno a zero per me!
« Emm, l'altra » la sua voglia di trovarsi qui è pari a zero. Come lo posso capire!
Il giudice sembra annoiato e direi che vuole farla finita molto presto. Probabilmente ha già deciso.
Mi raddrizzo sulla sedia, dietro la scrivania, e gli do tutta la mia attenzione. Cerco di essere il più diligente possibile.
« Lei ha qualche prova che entrambi vi siete sposati consapevolmente e che non è solo un imbroglio? ».
« Mi faccia pensare, emm...» fingo di cercare prove che già ho. Emmett e Edward seguono tutte le mie mosse e Emmett ha lo sguardo da: Ah,ah, vincerò io!
Ti sbagli bello.
« Un biglietto può bastare? » dico, prendendo un biglietto dalla scrivania. L'ho trovato in camera e l'ho subito messo in una bustina trasparente, come fosse un'importante prova.
« Edward e Bella per sempre » leggo e mi giro verso la controparte per indicare il biglietto con una penna, come se fossero dei ritardati.
Mi guardano sorpresi. Ora si trovano in difficoltà e Edward inizia a sudare freddo.
« E' un buon inizio » dice il giudice.
Due a zero per me!
« E poi c'è...una foto » dico orgogliosa del mio lavoro. Tiro fuori da dietro la mia postazione una foto di noi due. L'ho fatta ingrandire come fosse un poster. Raffigura Edward che mi abbraccia con un bicchiere in mano. Entrambi sorridiamo come dementi.
« Carina » commenta il giudice, mentre Edward la fissa a bocca aperta. Sorpreso?
Tre a zero...
La mostro a Edward e Emmett come poco prima ho fatto con il biglietto.
« Io non sapevo assolutamente niente » sento Emmett che bisbiglia ad un Edward scettico.
Ed ecco il colpo finale con cui mi assicurerò la vittoria.
« C'è anche...un video » dico sicura e determinata mentre schiaccio "play".
Ho trovato questo video nelle telecamere di sicurezza di un casinò. Io e Jessica in questi giorni non abbiamo fatto altro che girare per Las Vegas per cercare di ricostruire la terribile notte. Ed eccone i frutti.
Nel video siamo entrambi ubriachi fradici. Mi vergogno di me stessa, ma era necessario portare questo video in tribunale.
« Ed io la manterrò e l'amerò...e provvederò a lei...perchè ci siamo sposati » dice Edward nel video con voce singhiozzante a causa dell'alcool.
« Già sposati » ribadisco nel video ed entrambi scoppiamo a ridere. Infine da dietro spunta Emmett che urla come un matto: « Stasera ci divertiamo! ». E' troppo divertente.
Quando l'ho visto per la prima volta volevo sotterrarmi dalla vergogna, poi sono passata alle risate a crepapelle, ma ora vedendo la faccia sconcertata del giudice...oddio, è troppo forte!
Il giudice si schiarisce la voce e congiunge le mani. E' ora del verdetto finale.
« Voi non mi piacete. Non mi piace nessuno di voi. La vostra generazione con la vostra Las Vegas, il vostro internet, il vostro "voglio tutto e subito". Non sono i gay che distruggono la sacralità del matrimonio. Sono le persone come voi! ».
Punta sul vivo e presa in contropiede abbasso lo sguardo che prima era fiero. Lo stesso fa Edward.
Il giudice ha ragione. Disonoriamo la sacralità del matrimonio.
« Il matrimonio si basa sull'amore, sull'impegno. Sentite, io sono sposato da venticinque anni con la stessa meravigliosa donna che mi fa infuriare ».
Cosa?!
Sono un po' a disagio. Mi agito sulla sedia.
« Certo, ci sono giorni in cui vorrei darle fuoco, ma non lo faccio perchè la amo...».
Io e Edward ci guardiamo. Se gli sguardi potessero uccidere...
«...e perchè sarebbe illegale. Sapete, io sarei pure all'antica ma quando ho pronunciato quel giuramento ad alta voce...dicevo sul serio. Prima, o vorrei dire semmai, permetterò a uno di voi due di uscire da questo matrimonio farò in modo che proviate di tutto, e intendo di tutto, per far si che funzioni ».
Cosa?! Non può farlo!
Tutte le prove che ho portato, tutto quello spreco di tempo, i soldi...NO!
Sia io che Edward ci alziamo immediatamente come se avessimo ricevuto una scossa.
« Obbiezione! » urliamo entrambi.
Almeno in una cosa siamo d'accordo.
« Giudice, non può farlo! » dice Edward preoccupato...e arrabbiato.
Purtroppo può. Eccome se può.
« Scusatemi. Uno di voi due ha un posto in cui vivere? »
« Io no al momento signor giudice...e non ho neanche un lavoro...ma lo avrò. Io e il mio ex fidanzato ci siamo lasciati e... » intervengo gesticolando.
Devo uscire da questa situazione, ma non so cosa dire. Non sono mai stata così agitata. Forse perchè capisco che ormai non posso far niente per fargli cambiare idea. Sto solo peggiorando la situazione.
Edward si abbandona sconfitto sulla sedia, sbuffando.
« Guardi, signora Cullen, che lei non sta aiutando la sua posizione così, è chiaro ».
Mi abbandono anch'io sconfitta sulla sedia. Merda!
Sento che sto per piangere dalla disperazione.
« E lei, bel giovanotto, ce l'ha una stanza d'appoggio? » chiede il giudice ad un Edward preoccupato e sconcertato.
Esita e poi mormora poco convinto: « Sì...ma si trova a Forks ».
Eh?! Forks?!Cos'è?
« Beh, perfetto abbiamo un focolaio. Dato che la signora non ha neanche un lavoro direi che non sarà un problema trasferirsi per suo marito ».
« Invece è un grosso problema! » vorrei urlare, ma me ne sto zitta per non peggiorare la situazione già terribile.
Non voglio cambiare radicalmente vita. A me New York piace.
« Beh, non desideravi cambiare aria? Eccoti accontentata! » dice una vocina dentro di me.
Io però non intendevo in questo modo così radicale.
« Io congelo i quattro milioni di dollari per i prossimi sei mesi e vi condanno a sei mesi di matrimonio forzato » dice il giudice risoluto.
Non può farlo! Sarà peggio della prigione!
« E per potervi tenere d'occhio vi ordino di fare una terapia settimanale di coppia ».
Deglutisco a vuoto. La mia salivazione è assente. Credo di star per morire.
« Voglio che voi due mi ascoltiate bene. Vi consiglio di giocare secondo le mie regole altrimenti terrò questi soldi bloccati con una causa così lunga, con così tanti rinvii e così costosa che nessuno di voi due vedrà mai un centesimo di quella somma ».
Ma proprio lo schizzofrenico fanatico del matrimonio mi doveva capitare?!
« Allora c'è altro? » si chiede fintamente il giudice « Ah sì, un'ultima cosa. Io vi dichiaro marito e moglie ».
Sbatte il martelletto sul banco e sia io che Edward saltiamo scossi sulla sedia.
Sono fottuta.


« Allora » dice Edward fuori dal tribunale.
« Allora » rispondo con aria superiore...almeno cerco. Dentro mi sento uno schifo.
« Io posso fare qualunque cosa per sei mesi. Posso non portare i pantaloni per sei mesi, quindi se tu non ci stai... ». Cerca di impaurirmi.

« Oh, non sai quanto ci sto...e se stai cercando di insinuare che sono io quella che non ce la può fare  » prendo aria « ti sbagli di grosso cervello fino ».
« Ohh » esclamano in segno di derisione sia Edward che Emmett.
« Cavolo, allora è tutto sistemato. Pensalo come un accordo di affari. Sei sposato per sei mesi e ti prendi due milioni di dollari » spiega Emmett a Edward che ha già capito fin troppo bene la situazione.
« Quanto sarà dura? » mormora ironico Edward.
« Io so già che non lo è » affermo sorridendo fintamente.
« Oh,oh...ah » ridacchia Edward rivolgendomi una smorfia. E' proprio un bambino.
Entrambi ci giriamo e andiamo per la nostra strada.
Devo ritornare a New York per prendere la mia roba. Destinazione Forks.
Sai che bellezza. Sei mesi insieme. E chi lo regge?
Ma se pensa che sarò io la prima a mollare si sbaglia di grosso. Gli renderò la vita impossibile e alla fine avrò i soldi che mi spettano.







Eccomi ritornata! Lo so, vi ho fatto aspettare troppo, ma non sono proprio riuscita a postare. Questo capitolo mi ha fatto penare e l'ho finito di ritoccare solo oggi. Poi con gli esami, il viaggio in Inghilterra e altri vari impegni non sono riuscita a fare di meglio. Ci saranno sicuramente degli errori perchè non l'ho ricontrollato molto, ma domani lo rileggerò e li correggerò. Spero proprio di riuscire ad aggiornare più velocemente. Però vi avverto: il 20 Agosto riparto per una vacanza e ritorno il 5 Settembre, quindi non so quanti capitoli riuscirò a postare. La mia forza siete voi che leggete, recensite e aggiungete ai preferiti,seguiti, ecc. Leggere i vostri commenti mi risolleva tantissimo e sono contenta che la mia storia vi piaccia.

I capitoli saranno circa una decina e dal prossimo si entra nel clou della storia. Non so se questo capitolo sia lungo come gli altri perchè mi è scaduto World e così ho scritto tutto su NVU e quindi non so quante pagine sia. Comunque è un capitolo transitorio, ma molto intenso. Edward e Bella non vanno proprio d'accordo, ma spero cambieranno idea...chissà!
io mi sono divertita a scriverlo. Sono proprio buffi a mio parere!
Spero continuate a leggere e che recensiate. Voglio sapere cosa ne pensate!
Ah, una cosa: avete qualche annedoto casalingo carino? Vorrei inserire nella storia dei battibecchi quotidiani tra Edward e Bella. Alcuni li ho in mente, ma magari voi ne conoscete di più divertenti e veritieri.
Che dire? Spero che questo capitolo vi sia piaciuto!
Ringrazio, come sempre, chi ha aggiunto la storia alle seguite, preferiti e ricordate. State aumentando! *Me gongola*
Ora rispondo alle recensioni:
Alyssa: Evviva una nuova lettrice che recensisce! Già mi piaci! XD
Sono contenta che la storia ti intrighi, il mio scopo è questo oltre al fatto che risulti divertente. Hai proprio ragione: Bella ne passa di tutti i colori! Sono contenta che Edward risulti simpatico perchè avevo paura che fosse troppo arrogante e scontroso.
Rispondendo alla tua domanda: sì, mi sono ispirata a quel film come ho già detto nel primo capitolo. Lo adoro e così ne ho preso spunto e i primi tre capitoli lo riprendono, ma poi farò spazio alla mia fantasia.
Eccoti il nuovo capitolo! Spero ti sia piaciuto e spero mi dirai cosa ne pensi. Comunque sì, ne succederanno delle belle!
Un bacio!

MissFify: Sono contenta che il cap. ti sia piaciuto. Eggià, matrimonio a Las Vegas. Ti anticipo che ne succederanno delle belle!
Mi dispiace, ma Edward deve rimanere un'incognita fino alla fine, se no è svelato tutto il mistero. La storia sarà tutta sotto il punto di vista di Bella, tranne forse l'ultimo capitolo. Ancora non ho deciso, ma credo proprio di sì.
Eccoti il capitolo! Scusa se ti ho fatto aspettare, ma come ho spiegato, sono piena di impegni. Spero ti sia piaciuto e che recensirai ancora. Un bacione!

nanerottola
: Sono contenta che ti sia piaciuto. Scusa se ti ho fatto aspettare, ma sono piena di impegni fino al collo. Spero che questo capitolo ti piaccia e che recensirai ancora per farmi sapere la tua opinione. Un bacio!




Kiaretta_96



















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Capitolo 4
*** Addii e accoglienze. ***


Adii e accoglienze


Addii e accoglienze.

 


16 Ottobre 2009


Jacob sospira. -E allora? Hai commesso un errore. Un solo errore in cinque anni, cavolo.-

-Un errore- ripeto. Soffoco una risata e mi esce più come un colpo di tosse- -Ho distrutto la mia carriera, e non posso rimediare in alcun modo. Non c'è rimedio a una cosa del genere, Jacob. Per questo devo ricominciare da capo. -
Magari fosse solo questo...
Naturalmente non ho raccontato a Jake e Angela la verità: sarebbe stata troppo sconvolgente e sicuramente avrebbero cambiato idea su di me. Ho detto loro che per sei mesi sarei andata a Seattle, da mia zia Nana. Lei si è operata da poco e ha un canile che non riesce a gestire ora, durante la riabilitazione, così io vado ad aiutarla. Mi hanno creduto pazza e impulsiva...ed Angela ha scorto perfino delle somiglianze con la Nana di "Ho cercato il tuo nome" di Nicholas Sparks, ma alla fine li ho convinti, o almeno hanno accettato la mia scelta.
Jacob scuote la testa. -Non mi sembra una buona idea. Secondo me dovresti restare qui e combattere. Nel giro di un mese finirà tutto in una bolla di sapone. Ti prendi una breve vacanza, poi torni e ti trovi un lavoro. -
Abbasso lo sguardo e ci penso su. Magari potessi. Lo farei, nonostante l'idea di salutare i colleghi vedendoli trattenere un sorrisetto e scambiarsi commenti sottovoce non sia poi così piacevole.
-Non penso di  poter ricominciare tutto da capo qui- ho detto alla fine.-Devo andarmene, almeno per un po'.-
Jacob è così gentile da ospitarmi a casa sua per questa sera, prima di prendere l'aereo delle nove per Seattle.
-Non riesco a credere che tu non abbia altro.- dice Jake prendendo una delle valigie. -Una ragazza non dovrebbe avere più roba?-.
-Ma io ne ho, di roba- replico.
-E dove sono allora i cerchietti per capelli, i vestiti, le pile di giornali che ti spiegano come far impazzire un uomo con un cubetto di ghiaccio e la pellicola trasparente?-
-Prima di tutto, ho smesso di leggere "Penthouse" a dieci anni. E poi...i cerchietti? E' piuttosto inquietante sapere che conosci questa parola.-
-Stiamo parlando delle tue carenze, non delle mie.-
Che bello scherzare di nuovo con Jake, comportarsi come al solito. Sotto sotto, però, mi sento come un bicchiere di cristallo, pronto ad andare in frantumi al minimo tocco.
-Allora, qual è il programma della serata?-chiedo. -Cena messicana e film?-
-Eh, no! E' la tua ultima sera a New York. Dobbiamo uscire.-
 
-Che programma abbiamo?- chiedo a Jacob una volta nel taxi.
-Prima lasciamo a casa mia la folle quantità di roba che hai,sperando che ci sia spazio per tutti quei cerchietti. Poi... -
-Avrei una richiesta- lo interrompo. -Voglio vedere il cowboy nudo di Times Square.-
Jake mi guarda esterefatto.
-Sul serio?-
Annuisco convinta.
-E voglio comprare una borsa contraffatta di Prada a Canal Street- dico tutto d'un fiato. Le parole mi escono a raffica, sempre più veloci. -Voglio fare un giro in carrozza a Central Park, vedere una persona famosa, ma famosa davvero, e non si serie B come i tizi con cui lavoriamo di solito. Voglio girare per vetrine a Soho, mangiare il sushi da Ruby Foo's e bere qualcosa al Tavern on the Green.-
-Oh, santo cielo!- esclama Jake fingendosi orripilato. -Sei una...una turista.-
-Non ho mai fatto nessuna di queste cose- mugugno con una punta di amarezza
E' vero: abito a New York da sette anni, ma è come se fossi rimasta tutto il tempo dietro una vetrata, a guardare gli altri ricevere baci agli angoli della strada, ballare davanti ai suonatori di secchi o riunirsi in un bar con un gruppo di amici chiassosi. Abito a New York, ma senza viverci davvero.
Jake non mi prende in giro, non mi minaccia di buttarmi a calci fuori dal taxi. Gliene sarò eternamente debitrice. Si limita ad avvicinarsi all'autista chiedendogli di accelerare, perchè abbiamo un sacco di cose da fare quel giorno.
Dieci ore dopo ogni mio desiderio è esaudito, come se una fatina mi agitasse la bachetta magica sopra la testa. Ma solo a me poteva capitare la fatina con il peggior tempismo del mondo. Mi sarebbe servita la sera che ero a Las Vegas con Edward; e invece era comparsa con qualche giorno di ritardo, lisciandosi le pieghe della veste, raddrizzandosi il diadema e inventandosi scuse sul traffico, la sveglia rotta o il cane che le aveva mangiato l'agenda. Bè, almeno mi ha concesso questa giornata.
-Non diresti mai che è finita, vero?- chiedo per la decima volta contemplando la mia borsa di Prada. Siamo seduti a un tavolo d'angolo di Ruby Foo's.
-Giuro su mio padre che anche accanto a una originale non vedrei la differenza- dichiara lui solennemente, con la mano sul cuore.
-Oh, piantala. E' tutta invidia la tua.-
-Credo di sì-
-Le cuciture ti sembrano storte?- domando esaminando la borsa da vicino. Con i pochi soldi che mi rimangono ho deciso di comprarmi un bel regalo solo per me.
-L'hai pagata venti dollari. Sei fortunata che abbia le cuciture invece della supercolla-
-Sono stata brava a contrattare sul prezzo, vero?- domando compiaciuta.
-Sei stata eccezionale. L'hai logorato fino allo sfinimento-
-Ne voleva venticinque!-
-L'hai rovinato. Ora sarà al verde e furioso. Adesso possiamo ordinare?-
-Io prendo un California roll- rispondo.- E uno al tonno. E, ah, le frittelle di cipolline e ravioli ai gamberetti.-
-Perfetto- dice Jake, mentre la cameriera si appunta l'ordine.-Lo stesso anche per me.-
Jacob mi si avvicina e mi guarda con attenzione. -Senti, capisco che deve essere dura per te...- comincia, guardandomi con quei suoi occhi castani da orsacchiotto colmi di tenerezza e comprensione.
-Julia Roberts è ancora più carina di persona- lo interrompo. -E ho il suo lucidalabbra!-
-Glielo hai rubato, vorrai dire-
-L'ho trovato e me lo tengo- replico scolandomi la mia deliziosa tazzina di sakè. E' caldo e ha un che di medicinale; mi ci voleva proprio.
-E' stata davvero un'idea graziosa piazzarsi fuori dallo studio di Letterman poco prima della registrazione- continuo puntando la tazzina verso Jake. -Quando poi le è caduta la borsa è stato il massimo! Alla donna accanto a me è toccata solo una misera monetina.-
-Sì, ti è andata proprio di lusso. La monetina doveva essere già per terra. Però stavo dicendo...deve essere difficile per te...-
-Secondo te il cowboy nudo si mette un calzino nelle mutande?- lo interrompo ancora. -Perchè di naturale non ha niente. Se ne sta lì a Times Square in slip, con i suoi stivali e l'abbronzatura spray, a strimpellare la chitarra e a posare per le foto. E' vero che le ragazze lo adorano, però. Temevo che quella bionda volesse darmi un pugno quando l'ho abbracciato per la foto.-
-Certo che ci mette un calzino- conviene Jacob in tono un po' troppo acceso. Non posso biasimarlo: il cowboy nudo riesce a far sentire inferiore ogni uomo.
-Adoro questo lucidalabbra- sospiro tirandolo fuori dalla tasca. -Non trovi che la tonalità sia perfetta? Mi piace quasi quanto la borsa.-
- E va bene- replica Jake avvicinandosi ancora di più. -Cosa ti succede?-
-In che senso?-
-Sei un po' troppo euforica-
-Ho passato una bella giornata- rispondo scrollando le spalle.
Jacob mi rivolse uno dei suoi sguardi da padre di famiglia.
-Mi fa piacere. Anch'io mi sono divertito-
-Allora non roviniamo tutto con i discorsi seri- lo supplico.
Apro di nuovo il menù. -Guarda, hanno il gelato alla frutta!-
-Isabella- esodisce Jacob, poi sospira.- Senti, devo proprio dirtelo. A volte mi sembra che tu prenda le cose nella maniera sbagliata. Sei sempre così indaffarata, invasata, frenetica che non trovi mai il tempo di sederti un attimo e pensare a quello che desideri davvero, a quello che provi. Come ora. Dovresti essere sconvolta, e invece continui a blaterare della borsa e del lucidalabbra come se non ci fosse niente di più importante al mondo. Non vuoi affrontare le tue emozioni.-
- Odio quando ti metti a fare lo strizzacervelli- protesto io dandogli un colpetto sul braccio. -Sembri Lucy dei Peanuts-
-Ho capito- sibila lui. -Non ti va di parlarne. Bene. Almeno spiegami che cos'hai intenzione di fare a Seattle.-
- Aiuterò mia zia Nana, come già ti ho detto...e mi troverò un lavoro in un altro studio legale. Seattle è una grande città e sicuramente c'è qualcuno che ha bisogno della mia consulenza. Mi rimetterò in pista.-
- E tra sei mesi sarà tutto come prima- aggiunge Jake.
Sbatto le palpebre incredula.-Vuoi scherzare? Non ce la farò mai a risalire così in alto in soli sei mesi, ma almeno avrò una fonte di guadagno.-
- Ed è questo che vuoi?- Si avvicna ancora di più e appoggia una mano sul tavolo tra noi. Le sue mani sono come lui: rassicuranti, calde e forti. -E' tutto quello che vuoi?-
Ha una voce calma e profonda. Non so perchè, ma se urlasse mi spaventerebbe di meno.
- E' esattamente quello che voglio- mento.
-Bene.- Il suo tono suggerisce tutt'altro.
-Bene.- gli faccio eco, un po' seccata senza sapere perchè-
Incrocia le braccia al petto e abbassa lo sguardo sul tovagliolo. Io mi rigiro il lucidalabbra tra le dita come se fosse la mazza più piccola del mondo. Ci manca solo che Jacob faccia il serio e mi metta il broncio. Che cosa vuole da me, che mi raggomitoli sotto le coperte a singhiozzare su quel disastro che è diventata la mia vita? E poi lui neanche conosce tutta la storia...
Gli lancio un'occhiataccia; anche lui mi sta guardando male. Non posso fare a meno di sorridere. Non sono mai riuscita a tenergli il muso.
-Hai il lucidalabbra di Julia Roberts su un dente.- mi dice e sorride.
-Ti va di dividere un gelato alla frutta?- domando. E' quanto di meglio riesco a fare per farmi perdonare. Perdonare di cosa, poi, non so.
-Volentieri- risponde sciogliendo le braccia.
-Credo che ci serva  un'altra bottiglia di sakè, per favore- chiede alla cameriera quando torna con le ordinazioni.
Alzo lo sguardo e incontro i suoi occhi castani.
-Grazie- mormoro.

Sono nel tipico taxi giallo newyorkese mentre viaggio verso l'aeroporto con i finestrini dell'auto abbassati per assaporare meglio l'aria satura di smog della mia bella città. Non vedrò New York per parecchi mesi e voglio imprimerla nella mia mente in modo da non dimenticarla. Sto lasciando la mia casa per una spocchiosa cittadina di nome Forks. Si trova nella penisola di Olympia, nel nordovest dello Stato di Washington, nascosta da una perpetua coltre di nuvole...almeno così cita Internet. Non l'ho mai visitata di persona, ma navigando nella Rete ho scoperto che è un'insignificante agglomerato urbano che registra in un anno il più alto numero di giorni piovosi di tutti gli Stati Uniti. Detesto Forks. Amo New York. Il motivo di questo mio disgusto non è certo il clima, simile a quello newyorkese, o la città e i suoi abitanti in sè, solo un uomo stimola la mia ira: Edward Cullen, mio marito. Sto andando in esilio a Forks per colpa sua e della mia ingenuità. Come ho fatto a pensare di riuscire ad ubriacarmi a Las Vegas senza subire alcun danno? Ingenuità e stupidtà, ecco la risposta.
Arriviamo all'aeroporto e purtroppo non posso sperare nel solito ritardo degli aerei. Il volo parte puntuale e io con lui. Per arrivare a Seattle da New York ci vogliono tre ore, più un'altra su un piccolo aereo per raggiungere Port Angeles; Forks è a un'ora di auto da lì. Mi abbandono sulla poltrona e penso a poche ore prima: alla bellissima serata che mi ha fatto passare Jacob e alla terribile esperienza attribuibile a Mike.
Quando sono andata in banca per ritirare tutti i miei soldi dal conto cointestato con il mio ex fidanzato sono venuta a sapere che suddetto conto è vuoto. Mike ha prelevato tutto un mese fa. Dopo aver passato parecchie ore ad urlare e insultare la banca, il suo grado di sicurezza e il direttore stesso con cui discutevo poco diplomaticamente, mi sono resa conto che l'unico che meritava la mia ira era Mike. Lui ha prosciugato il conto e mi ha lascianto senza l'ombra di un quattrino. Tutti i miei risparmi, guadagnati in questi anni d'inferno, sono già stati spesi. Sono così corsa da Mike, lui naturalmente era in ufficio e ha ordinato alla sua segretaria personale mi non farmi entrare, ma dopo una sfuriata degna di una donna con gravi problemi mentali e l'arrivo delle guardie, sono riuscita ad entrare. Ho ripetuto la stessa scenata della banca con Mike ed il risultato non è stato per niente soddisfacente. Si trova in gravi problemi finanziari e aveva bisogno di un prestito piuttosto cospiquo, così ha pensato bene di chiederlo a me qualche mese fa. Io naturalmente gli ho dato il mio permesso senza neanche ascoltarlo e così lui ha prelevato quello che gli serviva, cioè tutto. Ha promesso che mi ridarà fino all'ultimo centesimo, ma per ora neanche lui possiede una così grande somma di denaro. Da una parte provo pena per lui, ma poi penso a me. Io sto in una situazione peggiore della sua e non ho un soldo.
Ci siamo lasciati pacificamente con la promessa che presto mi avrebbe rimborsato. Non potevo fare altrimenti, dato che i soldi per l'avvocato non li ho.
Improvvisamente mi ricordo del bigliettino che mi ha dato Jacob prima di partire. Mi ha detto di non aprirlo finchè non ero in aereo.
Lo leggo.
-Assistenza psichiatrica, cinque centesimi- ha scritto accanto a una sua caricatura dietro il banchetto improvvisato di Lucy nei Peanuts. Nello schizzo indossa un basco e fuma un sigaro. Sotto ha aggiunto: -Chiama quando vuoi. Mi mancherai, piccola.-
Non piangerò, mi dico risoluta e mi abbandono sulla poltrona, sperando in un sonno tranquillo.

14:30. Sono perfettamente in orario...almeno quel bradipo non avrà motivo di lamentarsi. Ci siamo sentiti al telefono quando sono sbarcata a Seattle e abbiamo calcolato insieme l'orario in cui sarei arrivata. Neanche su quello ci trovavamo d'accordo, ma devo ammettere che aveva ragione lui. Ho paura che me lo rinfaccerà ogni minuto di questi sei mesi.
Cerco di prendere tempo camminando lentamente fino al ritiro bagagli. Spero che la mia valigia sia l'ultima...invece questa non arriva proprio. Dopo un sonoro schiocco, il nastro trasportatore smette di scorrere e viene annunciata la fine del ritiro bagagli.
Non ci credo. Non possono aver perso proprio la mia valigia.
« Dio, perchè ce l'hai con me? Cosa ti avrò mai fatto?! » urlo, alzando le mani al cielo. Naturalmente non ricevo un segno divino, ma tanti sguardi curiosi e...arrabbiati?
Dalla padella alla brace, insomma. Sbuffo e mi lascio cadere sul bordo del nastro trasportatore.
Okay, ragioniamo. Niente vestiti per sei mesi uguale nuovi acquisti, nuovi acquisti a Forks uguale vestiti da boscaiolo, vestiti da boscaiolo uguale soldi. Sono sepolta dalla merda.
Riesco a raggiungere con passo malfermo il bancone per bagagli perduti. Magari con un reclamo riesco a ritrovare la valigia in men che non si dica. Magari quello di Port Angeles è un aeroporto efficiente... Ma a chi la do a bere, quando perdono un bagaglio è per sempre, come i diamanti di Marylin.
« Mi scusi. » attiro l'attenzione della robusta signora con i capelli rossi e schifosamente cotonati che si trova dietro il bancone. « Salve, mi avete perso la valigia. Dentro c'era tutto quello che avevo. » dico amabilmente, con un sorriso a trentadue denti.
« Io non le ho perso niente, signora. Scriva dove alloggia su questo modulo. Quando spunta fuori gliela spediamo. » borbotta, sbattendo un foglio sul bancone.
« E se non si trova? Passo sei mesi con la roba che ho addosso?! Che ne pensa? » sbotto esasperata. Ma che problemi ha la gente di oggi?
« Shh, piccolino. Fai il ruttino. » una voce dolce e un po' esasperata arriva alla mia destra.
« Che bel bambino. Quanti mesi ha? » domando intenerita. Non faccio in tempo a sentire le risposta che il ruttino arriva, insieme al vomito...proprio sulla mia spalla.
Ora, a una persona normale questo non sarebbe successo, ma evidentemente la sorte ce l'ha con me. Neanche nei film di Ben Stiller succedono queste cose!
Fortunatamente riesco a camuffare in tempo la faccia disgustata e a fare un sorriso comprensivo alla madre.
« Mi scusi tanto! ». Poggia il neonato sull'altra spalla. « Davvero, io... ».
« Non si preoccupi, era una vecchia giacca...» di pelle, coprata a Soho il giorno prima. Prima che la puzza di vomito mi stenda corro in bagno, dimenticandomi del tutto il reclamo del bagaglio. Tanto non lo ritroveranno mai.
Dopo essermi pulita con l'acqua la giacca alla bell'è meglio, mi dirigo verso l'uscita, sperando che non arrivi una sorpresina di un piccione o che scivoli su una buccia di banana. Stringo al petto la borsa, l'unica cosa che mi è rimasta, insieme alla giacca di pelle ormai rovinata per sempre.
Giro a vuoto per tutto il parcheggio finchè non scorgo Edward appoggiato a una Volvo. Sembra un fotomodello, con quell'aria assorta. Scrollo la testa e corro verso di lui.
« Chi non muore si rivede » dico ironica. Questo saluto ora non mi pare molto brillante come tre ore fa'. Ammetto di aver pensato ad un modo freddo di salutarlo per tutta la durata del secondo volo.
« Ricambio. » accenna un sorriso divertito, che scompare in un nano secondo. « Sei in ritardo »
« Secondo te perchè? » ribatto tagliente, alzando le mani e facendo un giro su me stessa. Non nota l'assenza di valigie?
« Dove sono le tue valigie? » chiede confuso, girando dall'altra parte della macchina e aprendo la portiera del guidatore.
« Non lo so. Disperse per qualche aeroporto, credo. »
« Meglio. Almeno viaggiamo leggeri! » esclama contento, sbattendo la portiera.
Non gli rispondo solo perchè sono in debito con lui. In fondo, ha avuto l'accortezza di venirmi a prendere, altrimenti non sarei mai riuscita a trovare e pagare un taxi fino a casa sua.
Entro anch'io in macchina e partiamo verso l'amabile Forks.
« Puzzi di vomito » mi fa notare appena entro in auto.
« Davvero?! Non lo sapevo, forse perchè un neonato mi ha vomitato addosso? » ribatto ironica. Quanto mi infastidisce...
Ridacchia divertito e parte.

« Dovrò comprare dei vestiti nuovi. » rompo il silenzio. E' soffocante stare in macchina da sola con Edward. Mi mette in soggezione. Per prima cosa, guida come un pazzo. Il tachimetro è sempre oltre i 150 Km/h. Capisco che la strada sia deserta, ma questo non giustifica la sua voglia di suicidio. Secondo, non parla mai, ma non si toglie di certo il piacere di lanciare occhiatine criptiche verso di me. Mi mette a disagio, punto.
« Almeno che tu non voglia indossare gli stessi vestiti per sei mesi... » ribatte annoiato.
« Certo che no! Io sono una persona pulita. Comunque ci sarà qualche negozio in città che non vende vestiti da boscaiolo ».
Vedo che assume un aria pensierosa, calca il tutto appoggiando la mano sul mento. « No, non credo. Vendiamo solo cose pratiche e comode... pronte per il taglio della legna. » Il tono di voce è serio, ma sono quasi sicura che stia scherzando. D'altronde i suoi vestiti sono normali, non alla moda -anche se a lui calzano come ad un modello-, ma guardabili.
« Divertente »  suono più acida di quanto volessi. « Magari prima di andare nella tua "Fortezza della solitudine" potremmo passare in un supermarket. Almeno compro uno spazzolino e qualche altro bene di prima necessità. Ai vestiti penseremo più tardi... » dico, afferrando il portafoglio. Non mi rimane molto, quasi niente, ma qualcosa riesco a comprare.
« Per prima cosa, TU penserai ai tuoi vestiti, non NOI. Secondo, adesso devo per forza ritornare nella mia "Bat-caverna", ti faccio fare un tour inedito e poi devo correre in ospedale. Tra un'ora inizio il turno. ».
«  Giusto, sei specializzando. » mugugno.
«  A casa mia ci sono delle regole » afferma con tono severo, cambiando discorso. « Primo, non si tocca niente. Ti mostrerò la tua camera, dove potrai appoggiare la tua roba » sorrisetto divertito. « Secondo, non mi devi disturbare per nessun motivo, almeno che tu non stia morendo o la casa stia andando a fuoco. Quando sono in ospedale non voglio essere assolutamente chiamato. Terzo, nessuno in città deve sapere di questa storia. Sei una mia amica e sei venuta a vivere da me perchè non hai un posto dove stare per sei mesi. Quarto, ... »
« Ma quante regole ci sono?! »
Sospira. « Quarto, ti ho trovato un lavoro. Se hai bisogno di soldi ti presenti alla "Denali's House of The" domani mattina e inizi. Non c'è bisogno di un colloquio: sono miei amici. Altrimenti vedi di sopravvivere con i soldi che hai per sei mesi, ti dovrai comprare da sola tutto e con tutto intendo dai vestiti al cibo. Io...»
Lo interrompo di nuovo. « Mi hai trovato un lavoro?! Io neanche te l'ho chiesto! E poi dovrei fare la cameriera in una sala da Tè?! Io sono un avvocato pluripremiato...».
E' arrivato il suo momento di interrompere il mio sproloquio. « Tecnicamente non devi fare la cameriera. Devi cucinare dolci e bollire il tè. Comunque sei libera di non presentarti...»
« Non ho detto questo. Solo...non era disponibile un'altro lavoro? » chiedo più calma.
« Senti, Bella » dice girandosi e intrappolandomi con il suo sguardo smeraldo. « So che sei un bravo avvocato e non ti meritavi quello che ti è successo, ma Forks è una piccola cittadina. Non sono disponibili altri lavori, soprattutto come avvocato. Hai avuto questo posto solo perchè i proprietari sono miei grandi amici. Quindi ringrazia e presentati domattina sorridente e pronta a tutto. ». Detto questo riporta l'attenzione sulla strada.
« A che ora devo presentarmi? » chiedo sconfitta.
« Alle otto in punto. ».
Domani si preannuncia una giornata molto dura.
Continuiamo a viaggiare per un'altra mezz'ora buona, finchè Edward non svia in una stradina secondaria, costeggiata da enormi pini.
« Abiti in un bosco? » chiedo stupita.
« Certo Bella, come si addice a tutti gli eremiti doc » afferma. « Spero tu stia scherzando... » aggiunge amareggiato.
Arriviamo in una piccola radura in mezzo alla foresta. Qui vi sorge una casetta a due piani incastonata così perfettamente nel paesaggio da sembrare quasi un'istallazione naturale. Un muro è coperto da una pianta di caprifoglio che si avvita oltra il tetto. In un fazzoletto di giardino, proprio sotto le finestre buie e incassate, fioriscono cespugli di rose tardive. Un piccolo sentiero di pietre piatte conduce a un pittoresto ingresso ad arco con la porta in legno. Non posso credere che Edward abiti in una casa così bella, sembra uscita da un libro di fiabe.
Il mio secondo pensiero è un po' più pratico: sicuramente è opera di una donna, almeno che Edward non sia gay, cosa assolutamente impossibile visto il suo... okay, ora la smetto.
Come fa a vivere tranquillamente così isolato?
Vengo distolta dai miei pensieri dalla voce soave di Edward che si accompagna perfettamente all'ambiente fiabesco.
« Benvenuta a casa mia ».






So che questo capitolo non è molto interessante o pieno di eventi, ma spero accoglierete bene il mio ritorno su EFP. Questo è l'ultimo capitolo transitorio-lo prometto!-, dal prossimo inizia la vera battaglia con Edward...o il corteggiamento, non si sà. Comunque questo capitolo serve anche per introdurre Jacob, dato che ho intenzione di sviluppare una situazione simile a quella di Eclipse. Forse mi sono sbilanciata troppo...

Che altro dire? Non posso lasciarvi uno spoiler perchè non sono sicura di quello che sarà il prossimo capitolo, ma ho delle idea davvero bizzare per la nostra Bella. Sicuramente cercherò di fare il capitolo più lungo di questo e potrete vedere Bella a lavoro con i Denali- sì, sì, avete letto bene. Proprio i Denali!-, l'inizio della convinvenza con Edward e i giri di compre in città dove conoscerà persone interessanti... altro sbilanciamento. Naturalmente avrete notato che la casa di Edward è descritta come quella di Edward e Bella in Breaking Dawn, in effetti è proprio quella...all'esterno. Posso solo assicurarvi che non lo pubblicherò dopo la fine del mondo :D . Mi dispiace molto del tempo che avete dovuto attendere, non era mia intenzione iniziare una storia per poi lasciarla così in stend-by, ma ora mi sto rimettendo in carreggiata e conto di pubblicarlo entro due settimane, non mi sbilancio troppo. Da domani mi metto all'opera per sfornare qualcosa di decente.
Sono stata molto contenta delle recensioni ricevute. Spero di vederne altre così. Naturalmente presto risponderò alle persone che mi hanno posto domande nelle recensioni, nello spazio "risposte degli autori". Spero questo capitolo vi piaccia nella sua semplicità e che sia un buon ritorno da parte mia. Ringrazio tutti quelli che mi seguono e che recensisco. Grazie!

P.S. Non so se qualcuno si è accorto che ho cambiato nome: non sono più Kiaretta_96, ma Tears_and_Rain. Comunque sono sempre io a scocciarvi!


Tears_and_Rain









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Capitolo 5
*** Convivenza ***


Convivenza. So che il capitolo è molto lungo, ma ne ho integrati due per farmi perdonare.  Mi dispiace per gli errori di battitura, ma non sono riuscita a ricontrollare. Quando ne avrò il tempo li correggerò.


Convivenza


19 Ottobre 2009


Se credete che l'esterno della casa di Edward sia in sintonia con l'interno, beh, vi sbagliate di grosso.

Non c'è nessuna stanza che si salvi dal suo disordine totale e destabilizzante. Vi sono calzini sporchi sul pavimento, mutante appese sulle lampade, piatti sporchi e una puzza di fumo e birra che impregna ogni singolo granello d'aria. Strano, non pensavo fosse un fumatore incallito di sigari.
La mia camera, ovvero quella di Edward, è al secondo piano, carina. Anche se ci sono ben quattro stanze, Edward sarà costretto a dormire sul divano a causa del mancato ristrutturamento di queste. Un po' mi dispiace per lui...un po', neanche tanto.
Il mio nuovo maritino sta per uscire di casa, quando lo blocco afferrandogli un braccio.
-Ehi, aspetta!-
Si gira lentamente buffando e mi rifila uno sguardo esasperato alla Edward.
-Devo andare in paese per comprare lo spazzolino e altre cose per l'igiene personale, che tu non sai neanche dove sta di casa.- dico. Non volevo essere così acida, ma quando sto con lui non riesco proprio a trattenermi.
-Come ci arrivo? Insomma, non voglio camminare da sola nel bosco-. L'ultima frase è un sussurro, anzi, uno strascico di lettere.
All'inizio mi guarda perplesso, come se non credesse alle mie parole, successivamente arriva la sua famosissima espressione sconcertata ed infine, ciliegina sulla torta, scoppia a ridere.
Si piega in due dalle risate e solo dopo ben due minuti pare aver riacquistato il controllo. Si appoggia allo stipite della porta, incrocia le braccia al petto e finalmente mi degna di una risposta.
-Io sono in ritardo, non posso accompagnarti a fare shopping. Nel bosco non sono stati avvistati orsi da più di cinque anni e...-
-Cinque anni ti sembrano tanti?!- lo interrompo. -E poi, per quando ritorno, si sarà già fatto buio!-
-C'è una torcia in uno dei cassetti della cucina e, non ti preoccupare di sbagliare strada, c'è n'è solo una, tutta in discesa.-
Detto questo esce definitivamente ed entra nella sua Volvo argentata che desidero solo sfregiare con una chiave.
Non può andarsene così! Nel bosco potrebbero esserci malintenzionati o orsi...cinque anni non sono poi così tanti!
-Edward Cullen!- urlo inferocita, parandomi davanti all'auto. Se vuole partire prima dovrà passare sul mio corpo.
Lo vedo sbattere frustrato le mani sul volante e chinare la testa su di esso.
Il fastidioso rumore del finestrino che viene abbassato annuncia le sue parole.
-Okay! Dimmi cosa diavolo vuoi da me! Vuoi che mi licenzino?! Che mi buttino fuori dal programma?! No, perchè se è così ci stai riuscendo alla grande.-
-I-io vorrei solo che mi dimostrassi che non c'è nessuno nel bosco- sussurro a capo chino.
Ho le mani sudate e non riesco a far meno di torturarle.
E' così difficile ammettere al nemico i punti deboli...perchè lui alla fine, senza tanti giri di parole, è proprio questo: un nemico. Ed io gli sto dando un gran vantaggio.
Sbuffa e mi dice di seguirlo. Mi accompagna fino alla prima curva della strada.
- Bene, mi pare che finora nessuno ha cercato di dissanguarci, no?- chiede ironico.
- Perfetto- dico sicura, quando dentro me la sto facendo nelle mutande.
A New York sono sempre stata abituata alla folla, al trambusto, non mi sono mai ritrovata sola, specialmente in un bosco...anche perchè a New York la zona con più alberi è Central Park. E' normale aver paura, no?
Stiamo per ritornare sui nostri passi quando un rumore di foglie squarcia il silenzio. Non è il solito suono creato dal vento quando accarezza le foglie. Proviene da un cespuglio, è brusco...un orso! Un bandito!
-Ahh!- urlo e mi accovaccio dietro Edward.
-Prendi lui!- piagnucolo, offrendo il mio "scudo" come pasto.
Chiudo gli occhi. Sto per svenire. Sento la schiena di Edward scossa da singulti...di risate. Sta ridendo?
Apro un occhio e poi l'altro. Mi sporgo per vedere meglio e trovo ai piedi di Edward un coniglietto.
-A quand'è che risale l'ultima aggressione di coniglio? A giusto! A mai.- mi prende in giro il mio caro maritino.
-Stupido! Mi sono davvero spaventata!-. Gli do una pacca poco amichevole sul braccio.
Che stupida che sono! Mi do uno schiaffo mentale. Adesso penserà di riuscire a spaventarmi con una piuma! Merda, uno a zero per lui.
-Ora che abbiamo appurato che nel bosco ci sono solo teneri ed indifesi coniglietti, posso andare?-
Grugnisco in risposta e mi allontano.

Due ore dopo, la casa è quasi decente. Inutile dire che spazzare via tutte quelle lattine e quel lerciume e raccogliere mutande sparse per tutta casa sia stato un lavoro denigrante e a dir poco schifoso. Probabilmente Edward sarà più che contento di aver risparmiato soldi su una donna delle pulizie. Mi dispiace facilitargli la vita pulendogli casa, ma io non posso proprio vivere in questo porcile. Se fossi stata più forte avrei lasciato tutto così, invece mi sono armata di spray disinfettante e ho ucciso tutto i germi. Mentre pulivo, però, ho notato che sul pavimento e sul mobilio non c'è neanche un grammo di polvere. Quindi...o spazza casa quotidianamente e poi rimette tutto in disordine, o ha organizzato tutta questa messa in scena per farmi arrabbiare e scappare a gambe levate. Beh, si sbaglia. Io resto qui, ci metto le radici e sarà lui a soccombere.
Mi faccio una doccia veloce e ,dopo essermi strecciata i capelli, distribuisco quelli che sono rimasti tra le setole della spazzola nella doccia e nel lavandino. Vediamo un po' cosa ne pensa quando lì vedrà. Già me lo immagino a farsi la doccia e improvvisamente sente qualcosa attaccarsi ai suoi adorati piedini e poi bam! Li vede e si disgusta, mi caccia di casa e prendo tutti i soldi. 
Mi rimetto i vestiti con cui sono arrivata, quelli che puzzano di vomito, per intenderci. Sto per uscire quando ho il buon senso di dare uno sguardo nel frigorifero. Lo sapevo, è completamente vuoto, nada. Dovrò fare la spesa perchè quel troglodita-mangia-cibi-preconfezionati-dell'ospedale-e-cena-al-pub-con-gli-amici-ubriaconi. Non ho mai desiderato diventare una casalinga schiavizzata dal marito ed ora mi toccherà pure togliergli i calzini e massaggiargli i piedi la sera.
Afferro le chiavi ed esco.
Dopo esser scivolata cinque volte sul terreno fangoso, essermi nascosta dietro un albero tre (ho sentito dei rumori strani alle mie spalle e sono ancora sicura che qualcuno mi abbia seguita) e aver pestato una cacca di cane, finalmente sono arrivata all'inizio del paese.
Entro nel primo supermercato che trovo, coprendomi il volto con il cappuccio. Non sono una sprovveduta, so che nei paesini il nuovo arrivato viene tartassato di domande e io non riuscirei a rispondere a nessuna di queste senza dire qualcosa di inadeguato. Sono convinta che alzare il cappuccio non risolva il problema, ma magari mi scambieranno per qualcun'altro o saranno troppo intimoriti per avvicinarsi. Stasera mi preparerò una storia da raccontare.
Compro cose essenziali come spazzolino, dentifricio, sapone e deodorante. Passo poi agli alimentari: latte, pane, prosciutto, carne, cereali, verdure congelate e fresche e piatti già pronti da riscaldare. Non ho mai cucinato in vita mia e non ho intenzione di iniziare a farlo adesso, ma in qualche modo mi devo organizzare. Domani sono sicura che sarò troppo presa dal nuovo lavoro e dagli abitanti di Forks per fare la spesa. 
Mi avvio alla cassa. Fortunatamente la cassiera è così fatta e immersa nella musica assordante del suo mp3 che non mi guarda neanche. Mi rimangono solo 2000 dollari.
Continuo a percorrere il marciapiede. Direzione? Indefinita.
La città è quasi deserta: quattro o cinque macchine, un camion che trasporta tronchi e dei liceali che si divertono giocando a biliardino.  E' strano non essere più circondata da immensi grattacieli, sentirsi piccola. Qui le case sono piccole e basse, pitturate di colori sgargianti, come se potessero far fronte all'oscurità del cielo grigio.
Qualche passante cerca di sbirciare oltre il cappuccio. Il cielo è plumbeo, carico di pioggia, ed infatti pochi minuti dopo un acquazzone si abbatte su Forks. Mi riparo nel primo negozio che trovo: un negozio d'abbigliamento. Forse la ruota della fortuna sta girando dalla mia parte.
-Salve, sono Alice. Posso aiutarti?- dice una voce cristallina. Sembra composta da tanti campanellini.
Mi volto e vedo due ragazze, una appoggiata al bancone della cassa. La ragazza che ha parlato è minuta e mingherlina, i capelli corvini sono corti, gli occhi vivaci e il viso da folletto sorridente. Sembra simpatica e cordiale. L'altra, quella appoggiata al bancone, è alta e snella, i capelli biondi sono lunghi e setosi, mi osserva attentamente e quando si accorge che la sto fissando mi sorride. 
-Amm...volevo solo dare uno sguardo- rispondo e mi sfilo il cappuccio zuppo.
-Certo, se hai bisogno d'aiuto non esitare a chiedere-. Altro sorriso.
Evidentemente stavano parlando di qualcosa d'importante perchè ,dopo che inizio a rovistare tra i vari capi d'abbigliamento, cominciano a bisbigliare. Non riesco a sentire tutto, ma la folletta sembra felicissima e la modella un po' preoccupata, ma sotto sotto felice anche lei.
Lascio loro un po' di privacy e mi dedico ai vestiti. Non sono da boscaiolo, yuppi duppi!
Sono tutti molto carini, casual. Mi immagino con questi addosso, senza i soliti tailleur, i cappelli sciolti. Non so se mi riconoscerei.
Gironzolo ancora un po' e ,quando le sento smettere di bisbigliare, chiedo ad Alice, la folletta, un consiglio su cosa provare.
-Beh...di cosa hai bisogno? Un bell'abito, abiti casual, jeans e felpe, tailleur e vestiti da grandi occasioni...?- inizia ad elencare a macchinetta. L'amica ridacchia.
-Non fare caso a lei, fa sempre così. Io sono Rosalie.-
La bionda-modella si è accorta del mio sguardo allucinato.
-Piacere. Io sono Bella.- mi presento e stringo loro la mano.
-Sei nuova-. Non è una domanda.
-Già! E mi serviva qualcosa di comodo, adatto a qui.-
-Benvenuta!- esclama Alice. -Ho quello che fa per te!-
Si mette a rovistare tra gli appendiabiti e ne tira fuori un mucchio di roba. Cerco di non farci caso, altrimenti al solo pensiero il mio portafogli va in rosso. Assurdo...paradossale.
-Non vorrei essere indiscreta, ma come mai ti sei trasferita qui? Di solito o ci nasci oppure eviti Forks a vita- esordisce Rosalie.
-Io...- Oddio Bella, inventati qualcosa! -Beh, volevo cambiare aria. Insomma, New York è così caotica, invece qui si respira aria buona, la natura e tutto...ecco. Forks è tranquilla-. O semplicemente di la verità, in parte.
-Wow! New York...hai fatto un grande salto!-
-Già, ma credo mi troverò bene-. Bugia.
Stranamente non sento il bisogno di infangare Edward. Anche i miei amici e famigliari non sanno la verità e sarebbe ingiusto metterlo in difficoltà di fronte a tutta la città. Ammetto che sarei pronta a farlo se mi facesse qualcosa di altrettanto orribile, ma non ora.
-Ecco qua!- urla Alice con la sua voce cristallina e scaraventa un monte di vestiti sul tavolo al centro della stanza.
- Emm...grazie- balbetto sorpresa.
Dopo due ore di chiacchiere e prove di vestiti sono fuori dal negozio. Ha smesso di piovere ed io ho comprato un paio di jeans sbiaditi, un pullover grigio, una felpa blu (come mi è venuto in mente?! Ah sì, Alice!), un cardigan beige, un cappotto nero (come mi è venuto in mente di venire a Forks con un chiodo di pelle), una cappello e una sciarpa, due magliette, una bianca e una nera con vari motivi da abbinare con tutto. Inutile dire che sono rimasta a secco nonostante Alice mi abbia fatto lo sconto. Comunque abbiamo fatto in modo di creare vari abbinamenti con il poco che ho acquistato. Per qualche settimana dovrebbe andare.
Qui a Forks è diverso, almeno per quanto ho potuto notare fin'ora. Le persone non ti ignorano per strada, se muori non ti scansano in un angolo della via come a New York. Qui mi sono fatta due amiche in due ore e ci siamo scambiate numero di cellulare non per lavoro, ma per chiacchierare. Non avevo mai fatto così prima d'ora. Angela e Jessica le conoscevo solo perchè frequentavamo lo stesso liceo e non perchè le avessi salutate in un negozio. Magari grazie a Alice e Rose la vita qui non sarà tanto terribile. Mi volto per osservare il nome del negozio che prima non ho potuta notare a causa della pioggia.
Cullen's Fashion.
Oh merda!
Alice ha accennato a dei fratelli, ma non siamo scese nei particolari. Se Edward fosse suo fratello?
No, è sicuramente suo fratello, in questo buco di paesino non può essere una coincidenza. Sono circondata da Culle.
Okay, analizziamo la cosa. Potrei entrare e chiedere ad Alice dei suoi fratelli. Si insospettirebbe. Posso andare a casa e chiedere ad Edward. Okay, va già meglio. Inoltre avrei il coltello dalla parte del manico, lo potrei ricattare di spifferare tutto alla sorella e ai famigliari. Piano perfetto, anche se è un po' troppo da mentecatta per i miei gusti.
Prima che ricominci a piovere mi avvio verso casa e durante il percorso organizzo il mio malefico piano di stasera.
Quando arrivo a casa sono le 19.00 e se Edward ritorna a casa alle 20.00 ho solo un'ora di tempo per organizzare tutto.
Sistemo il mio povero guardaroba nell'armadio, insieme ai vestiti di Edward, e faccio lo stesso con gli alimenti nel frigorifero. Faccio l'ennesima doccia, perchè se prima puzzavo di vomito ora sono ricoperta di fango. Metto i vestiti fradici nel cesto dei panni sporchi e le scarpe di tela infangate nel bidet. Mi devo ricordare di cercare su Internet come fare la lavatrice...
Scendo di sotto con l'accappatoio (di Edward, naturalmente) e mi metto ai fornelli. Ammetto di non aver mai cucinato in vita mia, nè di aver cercato di provarci. Non sarà così difficile, no? Afferro la scatola con la carne impanata. Le istruzioni dicono che basta metterla in un pentola con un goccio di olio e aspettare che diventi dorata, ci vogliono circa dieci minuti e dopo cinque bisogna girarla dall'altro lato. Sembra facile.
Seguo le istruzioni e ,mentre la carne cuoce, sistemo in una ciotola l'insalata già pronta che ho trovato al supermercato. Taglio qualche fetta di pane. Okay, ammetto che fetta di pane è troppo per definirle, sono o troppo fine o troppo spesse, sempre storte. Sistemo anche quest'ultime in una ciotola. Cinque minuti sono passati, ma la carne mi sembra non cotta. Stupide istruzioni! Continuo a farla cuocere e intanto cerco piatti, posate e bicchieri decorosi per apparecchiare la tavola.
Ritorno in cucina, la carne è ben cotta.
Per completare il piano, prendo dei lassativi che avevo in borsa. Ehi, non pensate male! Non sono per me. Li avevo in borsa solo perchè Mike soffre di qualche problema all'intestino e così le avevo sempre a portata di mano. Non sono mai così tanto servite come adesso.
Sbriciolo una pasticca e la metto nella bottiglia d'acqua quasi vuota. Per sicurezza ne metto un po' anche sopra la sua fetta di carne, penserà che sia sale.
Diciamo che questa sera Edward Culle stringerà amicizia con il bagno.
Pensavo di provare rimorso, ma non è così. Sono sempre stata vendicativa verso le persone che se lo meritavano, ma poi alla fine un po' me ne pentivo. Giusto un po'. Non conosco Edward, ma fin'ora non ha fatto altro che ostacolarmi e dargli di nascosto un lassativo non mi sembra niente in confronto a ciò che mi ha fatto. Anzi, gli pulirà per bene l'intestino e, se mi scopre, mi ringrazierà perchè gli ho salvato la vita da tutto quello schifo che probabilmente mangia. Un po' spero che mi scopra: sarebbe una soddisfazione enorme vederlo infuriato. Non mi preoccupo delle conseguenze, perchè sono sicura che anche lui mi ha preparato qualche scherzetto.
Per pigiama indosso una maglietta pulita di Edward e un suo paio di pantaloni da ginnastica. Li devo arrotolare parecchie volte, ma il risultato non è male.
Arrivano le nove, ma di Edward nemmeno l'ombra. Avrà il turno fino a tardi, meglio mangiare.
Sono le dieci, Edward non c'è ed io sto spaparanzata sul divano a vedere la televisione.
Undici di sera: sono collassata tra i cuscini, quando sento la porta di casa aprirsi.
-Edward?- mormoro insonnolita.
-Sei ancora sveglia?-
-Certo, ti aspettavo. Ho preparato la cena, ma credo che la carne si sia raffreddata anche se l'ho coperta con un piatto.- dico alzandomi traballante. Sbadiglio.
-Emm...grazie.- sembra sorpreso, sconcertato direi. Bene, il piano sta funzionando.
-Ora che so che non sei morto, vado a dormire. A domani- lo saluto e vado al piano di sopra.
Un po' mi dispiace per lui.
Il letto è già rifatto. Mi infilo tra le coperte. Mmm...chissà come reagirà domattina.
Sto per appisolarmi, quando...
Ma che cosa...?!
-Ahhh- urlo e cado dal letto, portandomi dietro le lenzuola.
Cos'era quella cosa che ho sentito tra le gambe? Alzo le coperte e vedo un mucchio di mutande e calzetti sporchi ai piedi del letto.
-Edward!- corro giù dalle scale. Sembro un personaggio di un fumetto, con il fumo che esce dalle orecchie -Come ti è venuto in mente?! Che schifo!-
Cerca di rimanere serio, ma quel sorrisino sotto i baffi è inequivocabile. Fa il finto tonto, dice di non saperne niente. Intanto ha già finito la cotoletta e bevuto l'acqua nella bottiglia.
-Bene, allora neanch'io so del lassativo sulla cotoletta e nell'acqua. Passa una bella serata al bagno!-
Il suo sorrisino impertinente si spegne e rimane di sasso.
-Buonanotte!- detto questo ritorno in camera.
Per oggi credo che basti il lassativo. Lascerò l'altro asso che ho nella manica per domani. Chissà che faccia farà quando scoprirà che ho conosciuto la sorella e che potrei spifferarle tutto...
Chiudo la porta a chiave così che non mi disturbi e con il disinfettante spray, un paio di pinzette e tanta buona volontà tolgo tutto dal letto e disinfetto le lenzuola. Dopo pochi minuti mi addormento, con le imprecazioni di Edward dal bagno che mi cullano come una ninna nanna.

20 Ottobre 2009

Il mattino dopo Edward ed io quasi non ci parliamo. Comunichiamo tramite occhiate omicide. Ha delle occhiaie nere e un viso così pallido che potrebbe far concorrenza ad un vampiro.

Rompo per prima il silenzio.
-Passato una bella nottata?-
-Non lo immagini neanche, streghetta.- risponde portandosi la tazza di caffè alle labbra.
-Bene, anch'io.-
Mi verso anch'io del caffè e facciamo colazione in silenzio, con il solo suono dei biscotti che vengono immersi nella tazza.
-Questa mattina ho fatto la doccia- mi avverte.
-Oh!- ...ha trovato i capelli. -Allora? E' la prima volta che la fai? E' questo che vuoi dirmi?- mi beffo di lui, con aria innocente.
-Ho trovato i tuoi capelli-
-Ti prego, non buttarli!- urlo fintamente preoccupata, alzandomi in piedi. -Ti ci voglio confezionare un maglioncino con quelli-.
Sbuffa sonoramente, ma sotto sotto sta ridendo anche lui.
-Devi essere a lavoro tra un'ora.- dice, mentre sparecchia.
-Lo so. Sono pronta a servire tè con un enorme sorriso stampato in faccia- rispondo, mostrando il famoso sorriso.
-Emm...non farlo. Il tuo sorriso è terrificante-.
Esce dalla cucina.
-Cosa?!- mormoro tra me e me. -Il mio sorriso non è terrificante, è confortante.-
-Piuttosto è il tuo sorriso che sembra quello di "Dottor Jekyll e mister Hyde"!- urlo per farmi sentire fino alla sua camera.
La sua sonora risata arriva fin qui. Sbuffo. Il solito sbruffone.
Ci prepariamo entrambi e mi offre un passaggio in macchina fino alla "Denali's house of the". Accetto.
-Sai non deve per forza andare così.- dico improvvisamente. -Possiamo smetterla di comportarci da adolescenti e dividere il malloppo.-
Da dove mi è uscita?! Sono impazzita?! Ha corretto il mio caffè, ne sono certa.
Non è nella mia indole ritirarmi o cercare un compromesso. Io mi batto finché l'altro non cede.
-Oppure puoi continuare a mettere lassativi nel cibo ed avere tutti i soldi.- risponde enigmatico, con un sorrisino beffardo.
-Già.- sibilo e torno a guardare fuori dal finestrino.
E' da quando sono scesa dall'aereo che non accendo il cellulare. Lo schermo mi informa di avere nove chiamate perse, sei messaggi di Jake, due di Jess e uno di Angela.
Rispondo ad ognuno di loro, chiedendo di non preoccuparsi per me perchè sto bene.
-Siamo arrivati. Buon lavoro e mi raccomando: non dire a nessuno di noi due. Siamo solo due coinquilini.- mi istruisce, prima di farmi scendere.
-Non lo dimenticherò-. Sbatto la portiera.
Entro nel locale: una grande sala con pareti color ocra e parquet. Ci sono piccoli tavolini rotondi, in legno, le sedie con graziosi cuscinetti. E' come mi immagino la sala da tè del cappellaio matto in Alice nel paese delle meraviglie. Le vetrate sono ampie, pronte ad immagazzinare la poca luce di Forks. Ci sono cassettoni e librerie colme di ricettari, sempre in stile classico, antico. Sui muri vi sono quadretti e scaffali pieni di tazze, teiere, vari tipi di tè. Un cartellone che illustra le proprietà benefiche del tè e i vari tipi e aromi. Alla fine della stanza c'è un arco, sempre in legno intagliato, che probabilmente porta alla cucina. Un'altra porta a sinistra: il bagno.
Solo dopo l'attenta analisi mi accorgo che la "Denali's house of the" è deserta.
-C'è qualcuno?- chiedo con cautela.
Sento un rumore di ferraglia. Pentole cadute?
-Sì! Scusami, ero in cucina.- urla una donna.
Dopo pochi minuti sbuca dalla cucina la proprietaria della voce. E' una donna sulla cinquantina, la carnagione ambrata, i capelli fulvi neri e gli occhi di un bellissimo verde. Indossa un grazioso grembiulino celeste. Tutto in questo locale urla "grazioso".
-Tu devi essere Bella. Piacere di conoscerti, sono Carmen.- esclama porgendomi la mano infarinata.
Cerco di non fissarla troppo e le affermo la mano. -Il piacere è tutto mio. La ringrazio per quest'opportunità.-
-Pfiu...non ho fatto niente. Mi serviva un aiuto e la circostanza ha sorriso ad entrambe- dice come se niente fosse.
-Vieni ti mostro la cucina e le tue mansioni-
Dopo mezz'ora sono insieme agli altri dipendenti. Una cameriera è anche la figlia di Carmen, tutto in famiglia insomma. Si chiama Tanya, ha i capelli rossicci e gli occhi dello stesso colore di quelli di Carmen. E' snella e atletica, non quanto Rosalie, certo, ma comunque il classico tipo di donna per cui provare invidia a priori. Non ci ho parlato molto, sembra un po' egocentrica.
Il mio lavoro consiste, per ora, nel servire i tavoli. In realtà, Carmen aveva bisogno di una "pasticcera", qualcuno in grado di sfornare deliziosi dolcetti, ma le ho spiegato che ho so neanche cuocere un uovo. Non si è scandalizzata più di tanto, ha risposto che mi insegnerà lei dopo la chiusura, ogni giorno un'ora di lezione.
Anch'io, come le altre tre cameriere, indosso una divisa. Niente di che...dei pantaloni beige abbinati ad una polo color lavanda.
Alle 9.00 in punto la sala da the apre. Fuori c'è già la fila: vecchiette in pensioni che aspettano l'ora delle chiacchiere, mamme in cerca di calma con i bambini nel passeggino e persone in carriera in cerca di una colazione take and way.
In cucina c'è solo Carmen, ma è piena di energia, e riesce a sfornare una teglia di biscotti ogni quarto d'ora. Cerco di prendere spunto da lei, prendo le ordinazioni senza annotarle (ho sempre avuto buona memoria) e porto con attenzione i vassoi pieni di leccornie ai clienti. Sono sempre stata goffa e questo sicuramente non aiuta: mi è caduto il vassoio ben tre volte. Carmen non mi ha sgridato nè licenziato, anzi mi ha dato una pacca nella schiena, giustificandomi. Tanya mi ha urlato di stare attenta, che una come me, se avessi continuato così, avrebbe fatto scappare i clienti. Bella, attraente ed irritante...proprio come Edward. Chissà se escono insieme...sono due anime così affini...
Alle 18.00 chiudiamo. Tanya e le altre due, Irina e Kate, si defilano subito. Carmen mi passa un grembiule e sono pronta per la mia prima lezione di cucina.
-Allora, cosa sai fare?- chiede e mi indica la sedia di fronte a lei.
-Niente. Non so neanche tagliare una fetta di pane!- sospiro, imbarazzata.
-Vorrà dire che inizieremo da qualcosa di semplice. Che ne dici di un ciambellone allo yogurt?-
-Certo! E'...è perfetto!- mi affretto a dire, prima che ci ripensi e mi cacci dalla sua cucina.
Prende gli ingredienti da una credenza e io ne approfitto per tirare fuori dalla borsa carta e penna. Quando Carmen si volta e mi vede sembra perplessa.
-E quello a cosa serve?- domanda, indicando con la testa il foglio.
-A prendere appunti- spiego. Scrivo la data e sotto "Lezione di cucina numero 1"; lo sottolineo e alzo lo sguardo. Carmen sta scuotendo la testa, lentamente.
-Bella, tu non prenderai appunti- dice. -Per cucinare non serve scrivere. Serve assaggiare. Sentire. Toccare. Odorare-
-Giusto- annuisco con aria intelligente.
Devo ricordarmelo. Svito il cappuccio della stilografica e annoto: "Cucinare = assaggiare, sentire, odorare, ecc.". Richiudo la penna e alzo lo sguardo. Carmen mi sta osservando incredula.
-Assaggiare- ripete, togliendomi di mano carta e penna. -Non scrivere. Devi usare i sensi. L'istinto-.
In questo campo, l'istinto non è proprio il mio forte.
Con un cucchiaino prende un po' di uno strano impasto giallo, posto in una ciotola. -Assaggia questo-.
Guardinga, mi porto il cucchiaio alla bocca.
-Crema, mi correggo zabaione.- dico immediatamente. -Delizioso. Ne vado pazza.- aggiungo, educata.
Carmen scuote la testa. -Non dirmi cosa pensi che sia. Dimmi che gusto senti.-
La guardo, perplessa. Questa è sicuramente una domanda trabocchetto.
-Sento il gusto di...zabaione.-
La sua espressione non cambia. Attende un'altra risposta.
-Uova?- azzardo.
-Cos'altro?-.
Ho la testa vuota. Non mi viene in mente altro. Voglio dire, è zabaione. Cos'altro si può dire?
-Assaggialo di nuovo- insiste Carmen, inflessibile. -Devi sforzarti-.
Arrossisco mentre cerco qualcosa da dire. Mi sento come l'alunno deficiente dell'ultima fila che non sa la tabellina del due.
- Uova...acqua...- Cerco disperatamente di pensare a cos'altro c'è nello zabaione. -Zucchero!- esclamo, colpita da un'improvvisa folgorazione.
-Bella, non preoccuparti di identificare gli ingredienti. Dimmi solo che sensazione ti da.- Carmen mi porge il cucchiaio per la terza volta. -Assaggialo di nuovo e questa volta chiudi gli occhi-.
Chiudere gli occhi?
-Okay-. Assaggio e chiudo gli occhi, obbediente.
-Adesso...che gusto senti?- dice la voce di Carmen. -Concentrati sui sapori, solo sui sapori.-
Con gli occhi ben chiusi mi isolo da tutto il resto e mi concentro su quello che ho in bocca. Avverto soltanto la sensazione del composto fresco e dolce sulla lingua. Zucchero...dolce. Questo è un sapore. E...sento anche un altro sapore mentre deglutisco, agrumi?
-Sa di zucchero...dolce- dico lentamente, senza aprire gli occhi. -Anche un lieve aroma di agrumi...strano, non l'avevo mai sentito prima nello zabaione.-
Apro gli occhi, un po' disorientata. Carmen mi sta guardando.
-Andava molto meglio.-
-Però...ce l'ho fatta?-
-Non ancora, cara. Proprio per niente.-
Sospiro avvilita. e pensare che credevo di esserci arrivata.
-Cominciamo!- dice, afferrando un uovo. -tirati su le maniche, legati i capelli e lavati le mani. Ti insegnerò come sbattere bene le uova e separare il tuorlo dall'albume.-

Alle 19.00 finisce la lezione e dopo aver salutato Carmen mi avvio verso casa. Edward ha il turno di notte e non è potuto venire a prendermi. Quando arrivo al bosco, accendo la torcia che ho preso da un cassetto della cucina e mi avvio a testa alta nell'oscurità. cerco di distrarmi pensando ad oggi. Il lavoro non è andato poi così male. Il locale è carino, Carmen è carina, non sembra difficile o troppo stancante servire ai tavoli, ma la paga non è ottima, buona, ma non ottima. Oggi ho imparato a separare il tuorlo dall'uovo, un inizio, ma so che c'è molto altro lavoro da fare e io sono proprio una frana. Mentre "cucinavamo" Carmen mi ha fatto molte domande, era curiosa, certo, ma mi sono trovata in difficoltà.
Le ho detto, in parte, la verità: ho perso il lavoro per un tragico errore ed ho optato per un cambiamento totale, trasferendomi dal mio amico Edward, a Forks. Non le ho detto che siamo sposati, non per far piacere ad Edward, ma perchè mi vergognavo. Carmen non sembra la classica persona che sputa sentenze, ma la sua opinione è importante per me e non voglio che pensi che io sia una sgualdrina. E davvero quello che sono? Una sgualdrina?
Quando è uscito il nome di Edward, Carmen ha accennato al fatto che è molto amico di sua figlia, Tanya. Certo, amico di letto, ho pensato.
Ripensandoci, non sono io la sgualdrina.
A casa mi metto in pigiama, cucino la cena (pizza surgelata pronta in 10 minuti) e mi accovaccio sul divano. Alla terza pubblicità del film melenso che sto guardando, decido che non sarebbe una brutta idea chiamare Jake, Angela e Jessica,
Li chiamo tutti e tre, dico loro di non preoccuparsi, che sto bene. A Jessica, che è a conoscenza della questione Las Vegas, racconto la verità. A Jacob e Angela ometto qualche dettaglio. Chiudo le chiamate promettendo che scriverò molte email...anche se non ho il pc.
Alle 23.30 Edward non è ancora tornato. Pazienza, la sua cena non ti raffredderà, dato che non gliel'ho preparata.
Appena entro nelle calde coperte mi addormento. E' stata una giornata pesante.
Verso notte fonda sento la serratura del portone scattare: Edward è rientrato.
Chissà quanto è difficile fare lo specializzando o il medico...la paura continua di uccidere qualcuno, i turni insopportabili...
Mi addormento con un sorrisino sulle labbra.

Il giorno dopo vengo svegliata dal rumore del frullatore. Da quando Edward ha un frullatore?!
Cado dal letto, trascinando con me tutte le lenzuola. Io quello lo uccido!
Scendo al piano di sotto a passo di carica.
-Ehi tu!- gli punto un dito contro.- Cosa stai facendo?!-
-Ehi tu? Ti sto solo preparando un frullato vitaminico.- risponde, mentre beve un bicchierone arancione.
-Spero ti piacciano le fragole e le ciliege- sorride, cordiale.
Mi insospettisce a dir poco tutta questa farsa.
-Perchè?- domando secca, con tono inquisitorio.
-Beh...ne ho preparato uno per me e mi sembrava ovvio prepararne un altro. Tanya mi ha detto che ieri sei stata brava e volevo congratularmi con te-
Ah! Tanya, eh...? Ecco perchè è tornato tardi, ha passato una bella seratina con la sua amica di letto, mentre a casa c'era sua moglie. Okay, non lo tratto come un marito, ma in mio rispetto devo tornare a casa.
Ehi, aspettate un attimo! Se Edward mi tradisce, l'accordo salta. Io mi prendo tutto. Bene, bene, la cosa potrebbe volgere a mio vantaggio, devo solo avere delle prove o coglierli sul fatto.
Mi porge il bicchiere, che afferro prontamente sorridendo.
-Alla tua!- lo alzo al soffitto e lo bevo tutto d'un sorso.
-Ti ricordi che oggi abbiamo il primo incontro con il terapista di coppia?- chiedo, pulendomi la bocca.
-Ovvio- mi guarda male. -Ti passo a prendere alle 18.00. Ora muoviti altrimenti non ti do un passaggio.-
-Aspetta. Dobbiamo organizzarci qualcosa da dire!-
-Tipo?-
Mi gratto la testa in attesa di una folgorazione...
-Beh, per prima cosa dobbiamo mostrare di conoscerci, ma io non so niente di te. Poi diremo delle cazzate su quello che amiamo l'uno dell'altro, ma sulla conoscenza non si può barare. Rischiamo di contraddirci.- concludo soddisfatta il mio breve monologo.
Grugnisce come un cavernicolo e sale al piano di sopra.
-Okay, prendo un foglio e in macchina ti faccio delle domande!- urlo per farmi sentire.
 
In auto cerco di sfruttare tutto il breve tempo che abbiamo a disposizione per porgli delle domande standard. Munita di carta e penna inizio il questionario.
-Che cosa fai nel tempo libero?- chiedo.
-Non ho tempo libero.-
-Senti, suppongo che se non passiamo la prova con il terapista ci toccherà convivere insieme per ancora più tempo, quindi mi fai il favore?-
-Che tipo di favore?-
Sono sicura che sia un'allusione, quindi cerco disperatamente qualcosa a cui appoggiarmi per cambiare argomento. Non ho voglia di discutere.
- Tempo libero....- ripete invece lui, pensieroso. - Gioco a biliardo con i miei amici, le serate Karaoke sono le più divertenti.-
Karaoke? Mi aspettavo qualcosa di più sexy, intrigante ed enigmatico. Non mi aspettavo di avere davanti Troy Bolton il ritorno.
-Difetti?-
-Nessuno-.
"Sicuramente la modestia" scrivo sul foglio.
-Tu invece non ti fidi di nessuno. No, aspetta, mi spiego meglio. Ti fidi, ma solo delle persone sbagliate.- disse.
Lo fissai per un memento., scioccata da quanto maledettamente ci avesse preso. E non mi sembrava che avesse tirato ad indovinare. Lo sapevo. Come poteva aver scoperto tutto questo in soli due giorni?
-Altro?- chiesi spavalda.
- Tieni la vita al guinzaglio-
-E questo che vorrebbe dire?-
-Hai paura di quello che non puoi controllare.-
Per la prima volta nella mia vita mi sentii intimidita. Provai un bisogno irrazionale di difendermi e decisi, in quel preciso momento, di non dargliela vinta.
-Dormi nuda?- chiede.
La bocca minaccia di spalancarsi, ma riesco a rallentare la caduta della mascella.
-Sei l'ultima persona alla quale lo direi.-
-Mai stata da uno strizzacervelli?-
-No- mento. Per la verità sono stata in terapia per un mese due anni fa. Troppo stress a lavoro.
-Mai fatto niente di illegale?- continua l'interrogatorio.
-No.- Superare occasionalmente i limiti di velocità non conta. -Perchè non mi fai delle domande normali? Tipo... il mio genere di musica preferito?-
-Non chiedo quello che posso indovinare.-
-Tu non conosci la mia musica preferita.-
- Barocca. In te è tutto questione di ordine, controllo.-
-Sbagliato-. Altra bugia. Mi aveva davvero osservato così tanto in questi giorni?
-Arrivati- irrompe Edward.
-Ehi! Io non ho scritto niente su di te!-
-Vorrà dire che inventerai di sana pianta. Ora scendi o faccio tardi-
Detto questo esco dalla macchina ed Edward sgomma lontano da me, verso l'ospedale.

Per tutta la mattinata ho avuto una sensazione strana. Sono sempre stata pimpante, urlavo anzichè parlare civilmente. Sudavo freddo. Fortunatamente i clienti e Carmen ci hanno riso sopra, ma sono stata un'esagitata per ben quattro ore.  C'è solo una spiegazione: Edward ha corretto il frullato.
La pausa pranzo arriva velocemente e ne approfitto per chiamare Edward e fargli un questionario telefoni. Non apprezzerà sicuramente, ma ho bisogno di compilare questo dannato foglio.
Compongo il suo numero.
Edward risponde al terzo quarto squillo. -Che c'è?-
In tono asciutto, dico: -Volevo farti un'intervista telefonica. Ho qui un elenco di domande che...-
Riattacca.
Resto a fissare il telefono incredula, strappo un foglio bianco dal taccuino e scrivo "Stronzo".  Nella riga sotto scrivo: "Fuma il sigaro. Morirà di cancro ai polmoni. Si spera presto".
L'orologio segna le 12.10. A quel punto capisco di avere due possibilità. Posso inventarmi di sana pianta delle informazioni su Edward oppure prendere la navetta e andare all'ospedale. La prima opzione sarebbe allettante, se solo riuscissi a mettere a tacere la voce del giudice che ripete "altri mesi di convivenza". E comunque quel poco che so di Edward non basta per un'intervista di coppia, nemmeno fasulla. E la seconda opzione? Neanche a parlarne. C'è però una vocina che mi dice che darei fastidio ad Edward, che non sarebbe male andare in ospedale e così mi informo sugli orari della navetta. Alle 12.20 sono già su una di queste, pronta per intervistare mio marito.

L'ospedale di Forks si rivela più lontano del previsto: si trova a mezz'ora di viaggio, rintanato nella periferia .
Entro velocemente e mi dirigo all'assistenza.
-Buongiorno. Cerco il dottor. Cullen- dico cordiale.
-E' una sua paziente?- chiede la donna di mezz'età dall'altra parte del vetro.
-Sì- mento. -Ma non ho un appuntamento. Dovrei solo porgli due domande velocemente-.
Ti prego fa che non mi cacci.
-Il reparto di cardiochirurgia è al secondo piano a destra. Non può sbagliarsi- risponde annoiata.
-Grazie dell'informazione.-
Prendo l'ascensore, giro a destro ed eccomi arrivata. L'insegna che indica cardiochirurgia mi si para davanti.
Aspetta, non può essere.
Mi sporgo per vedere meglio. No, c'è scritto proprio così: Capo reparto Dottor Carlisle Cullen.
Sicuramente è imparentato con Edward, questa cittadina è piena di Cullen che sbucano fuori da tutte le parti. Il fratello? Il padre?
Fatto sta che poco fa mi sono spiegata male con la segretaria del centro assistenza.
Un'infermiera sta attraversando il corridoio. La fermo.
-Scusi, sto cercando il dottor Edward- sottolineo bene il nome di battesimo. -Cullen-
-Lo specializzando?- chiede con lo sguardo di chi la sa lunga. Sembra sognante, la ragazza.
-Sì-
-Beh...lo dovrebbe trovare in mensa. E' appena sceso-.
-Grazie.-
Spingo il tasto di chiamata dell'ascensore, quando mi ricordo che non ho idea di dove sia la mensa.
-Scusi, dov'è la mensa?- chiedo in modo da farmi sentire dall'infermiera.
-Al piano terra. Segua le indicazioni.- sbuffa.
Scendo al piano terra e dopo vari giri arrivo finalmente alla mensa. Mi guardo intorno e... eccolo!
Sta seduto ad un tavolo con due ragazze e due ragazzi. Suppongo siano suo colleghi. Scherzano tra di loro, ridacchiano.
Mi avvicino e tamburello con le dita sulla sua spalla.
Edward si gira con ancora il sorriso sulle labbra. Appena mi vede quello stesso sorriso si spegne, per lasciare spazio ad uno sguardo stupito ed incuriosito. In effetti, mi aveva detto di chiamarlo solo se la casa stava andando a fuoco.
-Ciao. Che cos'è successo?- chiede sottovoce, probabilmente per non farsi sentire dai suoi amici.
-Stai tranquillo.- dico. -Non è andata a fuoco casa.-
I ragazzi seduti al suo tavolo mi guardano incuriositi. Si staranno chiedendo chi io sia e dopo Edward dovrà pur dirgli qualcosa. Chissà cosa si inventerà...
-Vieni.- mi prende per un braccio. -Andiamo a parlare in un posto più appartato-.
Usciamo dalla mensa e ci fermiamo all'angolo di un corridoio.
-Mi dispiace per prima- inizia, avvicinandosi. -Il telefono non prende bene in alcune zone dell'ospedale.-
Sì, come no.
-Ehi, sei tutta sudata! Cos'è successo?- chiede innocente e preoccupato.
-Mi hai corretto il frullato, ecco cos'è successo. Ho saltellato e sudato tutta la mattina come un'esagitata- sbotto.
Senza proseguire, tiro fuori il mio taccuino con le prime due righe già compilate. -Solo qualche domanda veloce e me ne vado. Ho solo la pausa pranzo.-
-Stronzo?- legge Edward a voce alta. - Cancro ai polmoni? Cosa dovrebbe essere, una profezia?-. Ridacchia.
-Sto solo ipotizzando che tu dia il tuo contributo all'atmosfera. Quanti sigari fumi in una sera? Uno? Due?-
-Io non fumo-. Sembra sincero.
-Okay, allora cos'era l'odore in casa tua?-.
-Fai veloce, dopo ho un intervento- Si gratta la nuca annoiato e si appoggia con una spalla al muro. Mi mette un po' in soggezione. Sembra più sicuro di sè.
-Il tuo sogno più grande?- . Sono orgogliosa di questa domanda, perché so che lo mette in difficoltà. Non si può rispondere sovrappensiero.
-Che tu te ne vada da casa mia-.
-Beh, mi dispiace per te, ma dovrai sopportarmi ancora per un po'-.
-Religione?-
Edward si accarezza pensieroso la mascella. -Più che religione...setta.-
-Appartieni a una setta?-. Mi rendo conto troppo tardi di aver usato un tono sorpreso, e non avrei dovuto.
- A quanto pare, ho bisogno di un sacrificio femminile. Avevo programmato di attirare la ragazza in questione dopo averla sposata, quindi ora se sei pronta...-
Sulle sue labbra spunta un sorrisino.
-Divertente.- ribatto acida.
-Religione? - ripeto.
- Cristiana.- sbuffa. -Non avevi detto poche domande?-
-Fratelli e sorelle?- chiedo. Vediamo come risponde.
-Un fratello e una sorella-. Non è sorpreso dalla domanda, ma neanche felicissimo di rispondere.
-Dove abitano?- lo incalzo.
-Fa differenza?-
-No, ma...-
-Allora passiamo alla prossima domanda.-
-Nome del migliore amico?-
-Jasper.-
Un bip interrompe la mia prossima domanda.
Edward tira fuori dalla tasca il suo cercapersone e ,dopo avermi dato appuntamento fuori dal "Denali's House of The" alle 18:00, si dilegua.
Soddisfatta, esco dall'ospedale. La pausa pranzo è finita. Ho abbastanza informazioni e basterà qualche smanceria e dire che amo alla follia tutto di Edward e il gioco sarà fatto.

-Carmen, mi dispiace, ma oggi non posso restare per la lezione di cucina. Ho un appuntamento importante.-
- Certo, tesoro, non preoccuparti. Ci vediamo domani!- mi saluta Carmen, mentre esco velocemente dal locale.
Quella donna è una santa.
Ad aspettarmi fuori c'è Edward e la sua Volvo.
-Sei in ritardo.- mi informa, quando entro in macchina.
-Ho aspettato che Tanya se ne andasse.- rispondo.
Lui annuisce e parte.
-Allora, facciamo così. Cerchiamo di essere il più spontanei possibili mentre mentiamo.-
Annuisce. -Posso farlo.-
-Okay. Diremo che ci amiamo alla follia e che anche se, come tutte le coppie, abbiamo dei bisticci, alla fine ci perdoniamo a vicenda e amiamo anche i difetti dell'altro.-
-Non se la berrà mai.- mi avverte Edward.
-Intanto proviamo. Possiamo sempre fare marcia indietro-.
Dopo mezz'ora di viaggio siamo a Port Angeles, di fronte allo studio del terapista.
Prima di entrare ci guardiamo negli occhi. Per una volta, dobbiamo cercare di essere una squadra.





Mi scuso per il ritardo con tutti i miei lettori. Non sono mai puntuale e per questo non mi sento in grado di dirvi, con certezza, la data della prossima pubblicazione. Dico solo che, per un po' di tempo, avevo pensato di lasciare la scrittura, ma ora sono ritornata, quindi...
Spero non ce l'abbiate troppo con me e che il capitolo vi sia piaciuto.
Avete domande? Qualcosa è poco chiaro? Sarei contenta di sentire qualche commento...anche se preannuncio insulti a causa del mio clamoroso ritardo.
Vi dico solo che nel prossimo capitolo, dal terapista, se ne vedranno delle belle. Ultima domanda: cosa ne pensate del comportamento di Edward e Bella? Esagerato? Giusto?
Ora vado a rispondere alle recensioni dello scorso capitolo.
Mi scuso ancora. So quanto sia fastidioso vedere l'autore di una storia che segui non aggiornare più.



La vostra dispiaciuta Tears_and_Rain







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