Penombra

di Oxis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Myself ***
Capitolo 2: *** Something isn't normal ***
Capitolo 3: *** you again ***
Capitolo 4: *** the legend ***



Capitolo 1
*** Myself ***



questa e' una storia che ho modificato e di cui ho tolto le parti piu' noiose...

secondo me e' piu' scorrevole di prima che era davvero un po' noiosetta, spero che la recensiate in tanti... =) buona lettura!




Io amo il buio. E' la cosa he mi rispecchia di piu'. E' il buio che ti accoglie quando non sai dove andare, quando hai voglia di stare da solo, staccare tutto. 

Ricaricarti un po'.

E' il silenzio della notte.

Adoro quel buio totale che ti preme sugli occhi e ti fa sognare. Solo col buio puoi immaginare. E' affascinante.

Da piccola ho sempre guardato perplessa le mie amiche che avevano paura del buio, di stare da sole, del silenzio.

 Le guardavo e ridevo, pensando che io non avevo quei problemi.

Mia nonna mi raccontava sempre storie sul buio, sulle creature della notte, sulle streghe.

Le volevo molto bene, ma mi ha lasciato quando avevo tredici anni. 

Sono passati due anni da allora e non c'e' giorno che non senta la sua mancanza, sembrava l'unica che mi capisse.

Abito in un appartamento, primo piano, periferia di un citta'  come tante: grigia, rumorosa, piena di gente indifferente.

Insomma, come tante.

Vivo con mia mamma, Delia, attrice, donna di mondo, sempre presa da mille impegni che molte volte dimentica di avere tre figli e delle responsabilita' .

Una sono io, poi c'e' mio fratello Mike, diciassette anni. Incredibile crederci, ma ci vado d'accordo. 

L'ultima volta che ha parlato a mia madre risiede al giorno di Natale: gli ha dato il suo regalo e lui l'ha ringraziata. Stop. Con me invece parla, non e' arrivato al punto di confidarsi, ma mi apprezza. 

Sa che lo capisco, o almeno molto di piu' di mia madre.

La piu' piccola e' Amy, otto anni, un amore. 

E' cresciuta senza un padre e praticamente senza una madre, mi imita in tutto e le voglio un bene dell'anima. 

Avrei voluto che non crescesse cosi' ma faccio di tutto perche' diventi come me. Forte. Debole. Pero' pronta a tutto.

Mio padre non me lo ricordo bene. Ci ha lasciati quando avevo dieci anni, ho rimosso perfino il suono della sua voce.

La mia famiglia, se si puo' definire tale. In cui la persona che tira avanti tutto sono io, principalmente.

Io, che da sempre sono cosi' legata alla natura, che sento quello che prova la gente.

Che sono sempre in perenne contraddizione. Come Luce e Buio.

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Capitolo 2
*** Something isn't normal ***


Il vento freddo di inverno mi sferza sul viso, infilandosi insidioso sotto l'orlo della giacca e fra le pieghe della sciarpa.

Fa freddo. Cammino spedita, stretta nel mio chiodo di pelle nera e nei jeans scuri non aderenti. Mi aggiusto la sciarpa, un regalo di mia nonna, quando era ancora in vita.

E' blu, l'unica cosa del mio abbigliamento che non sia nero.

Le vie del centro sono silenziose, la luce del primo mattino è tenue e flebile.

Nel cielo ancora scuro qualche nuvola violetta sfilacciata aleggia pigra.

In giro non c'e' un'anima, a volte sento qualche negozio incominciare a dare segni di vita.

Svolto e mi ritrovo nella stradina secondaria che porta alla fermata dell'autobus.

Una vetrina mi rimanda la mia immagine e io le rivolgo un'occhiata distratta, rallentando leggermente.

La mia pelle e' pallida, quasi bianca e le labbra sono chiare. Ho gli occhi di un colore blu opaco, con sfumature violacee, risaltati da un leggero e indistinguibile strato di matita nera.

Oltre al blu della sciarpa fanno contrasto i miei capelli rossi, ondulati che mi ricadono sulla schiena.

Nonostante tutto non mi dispiace il mio aspetto. Non che ci stia molto attenta, in realtà.

Riprendo a camminare, a testa alta, spostando lo sguardo da una vetrina all'altra.

Sono quasi arrivata alla fermata quando urto qualcosa, o meglio qualcuno.

Alzo gli occhi e vedo un ragazzo poco più alto di me.

Mi fermo e lo guardo, mentre lui sussurra uno ''scusa''.

La prima cosa che noto sono gli occhi. Verdi. Anzi non verdi, più che verdi.

Di quel colore trasparente, chiaro, in cui puoi ricordare tutta la natura.

Ha i capelli neri, leggermente lunghi. E' vestito di nero.

Ci guardiamo e lui sorride, poi riprende la sua strada.

Aggrotto la fronte e mi incammino.

Arrivo alla fermata, gremita di gente.

Riesco per pochi secondi a salire sull'autobus che si ferma proprio davanti alla mia scuola e mi sistemo la cartella fra le ginocchia.

Accanto a me un uomo con la valigetta ventiquattr'ore, il completo scuro e un'aria abbattuta.

Oggi dovra' tenere un discorso per persone che di economia non capiscono niente.

Davanti c'e' una ragazza, di qualche anno in piu' di me. Occhi truccati, giacca fucsia, capelli biondissimi.

So che ieri ha mollato il suo ragazzo, finalmenti, dopo settimane di agonia...

Sbatto gli occhi. Lo sto solo pensando.

Arrivo alla mia fermata, e l'aria gelida mi investe di nuovo mentre attraverso la strada.

Salgo rapida gli scalini del mio liceo e poco dopo entro in classe.

Alla scrivania sta gia' leggendo il giornale il prof di matematica.

Brutto, tarchiato, sempre rancoroso. Una combinazione spregevole, esattamente come lui.

- Separate i banchi, verifica a sorpresa - dice senza alzare gli occhi dalla pagina dello sport.

Sollevazione generale di protesta che dura qualche minuto, durante il quale io apro il libro e cerco di ripassare gli argomenti nuovi che non ho capito bene.

Ma in matematica non vado male.

Avverto una fitta di disperazione all'altezza dello stomaco e mi chiedo il perche', senza capirlo.

- Non ho studiato!

E' la mia compagna di banco che, terrorizzata, sfoglia le pagine come se fossero incandescenti.

Un'altra fitta, ma questa volta piu' fastidiosa che altro.

Scuoto la testa e mi concentro sul primo esercizio, ma a pochi minuti dall'inizio la testa comincia a farmi male.

Mi sento il cuore in gola e la mente annebbiata.

Cosa mi sta succedendo?

Volto la testa e vedo i miei compagni che cercano di copiare dal vicino o che si mangiano le unghie nel panico piu' totale.

Comincio a respirare piu' pesantemente.

La testa mi pulsa, il male aumenta.

Cosa succede?

Non dovrei essere ansiosa, ho studiato e comunque non mi e' mai successo di essere cosi' disperata per una verifica.

Mi alzo di scatto, senza capire altro che devo uscire di li'.

- Posso andare in bagno? - chiedo di colpo - Non sto molto... bene.

Il prof mi squadra, forse vede la mia faccia ancora piu' pallida del solito e l'espressione di una che sta per soffocare.

Sono un'alunna diligente e sto male davvero, puo' fare un'eccezione.

E infatti mi dice:

- esci pure.

Spalanco la porta e corro nei bagni. Non c'e nessuno.

All'improvviso sono calma di nuovo.

Fisso lo sguardo sulle piastrelle bianche, ansimando.

Forse sto solo sognando.

O forse no?

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Capitolo 3
*** you again ***


Ok, forse ero solo un po' stanca. E' ovvio che sia cosi'.

Sto uscendo dalla scuola proprio adesso, la campanella e' stata una liberazione.

Mi avvio in fretta, accodandomi alla massa di studenti che piano piano esce.

Ecco sono fuori, respiro boccate di aria che mi schiariscono la mente, fresche e pungenti.

Non devo aspettare nessuno, e cosi' mi avvio alla fermata.

All'improvviso avverto una fitta di mal di testa e prima che possa capire vengo superata da un gruppetto di ragazze che parlottano fra di loro.

Non di me, si stanno solo lamentando della verifica di matematica della prima ora.

Sono della mia classe.

Poi un altro flusso non controllato di pensieri che non mi appartengono mi scombussola il cervello.

Non e' possibile. Io sento quello che stanno pensando.

Lo sento. Come se mi appartenesse ma nello stesso tempo ne sono distaccata.

Senza rendermene conto comincio a correre, verso casa, ignorando l'autobus che si ferma alla mia solita fermata.

Non ci penso neanche a salire.

Sono spaventata a morte, perche' non e' possibile.

Cioe', in teoria non sarebbe possibile.

Rallento. Forse non ero solo stanca.

Mi strofino gli occhi e mi scosto un ciuffo di capelli dalla fronte.

E poi urto qualcuno.

Alzo gli occhi e mi sembra di essere in un film.

L'ho gia' visto, e' il ragazzo di stamattina, con i suoi capelli scuri e gli occhi verdi.

Coincidenza?

Lo guardo e questa volta nessuno di noi pensa a scusarsi.

Ha qualcosa di strano che non riesco ancora a distinguere. Qualcosa di diverso.

E poi capisco.

Non lo sento.

Non sento quello che pensa o quello che prova. E' come... dovrebbe essere.

Sorrido fra me, quando capisco.

- Ciao, sbaglio o ti ho gia' incontrato stamattina? - chiede.

Annuisco, non c'e' altro da fare.

- Come ti chiami?

- Eveline.

- Piacere, io sono Stefan.

Non posso fare a meno di concentrarmi su di lui, felicemente incredula di non poterlo leggere a fondo.

- Almeno uno...

- Cosa?

- Niente... Conosci un certo Oliver?

- Mio fratello si chiama Oliver, lo conosci?

- E' nella mia classe. Ti assomiglia.

Approvo la mia abilita' di improvvisazione in silenzio, mentre il tipo sorride.

Intorno a me avverto migliaia di emozioni tutte insieme, sono sospese a due centimetri dal mio corpo, come se aspettassero di entrarmi dentro.

Avverto i frammenti dei pensieri della gente che ci supera incurante e rimango affascinata.

- Tutto bene?

Ritorno alla realta'.

- Si... si, grazie. Devo andare, ci vediamo...

Mi allontano, ed entro di nuovo in contatto con le persone, come non avevo mai fatto prima.

Nella mia testa non c'e posto per altro, eccetto che per i numerosi interrogativi che si fanno spazio in mezzo al caos.



x Milla: grazie per la tua recensione, avevo pensato di lasciare perdere ormai...

è bello che qualcuno legga le tue storie... =)

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Capitolo 4
*** the legend ***


p.s. i nomi sono greci




In un anno lontano, all'inizio dei tempi, vivevano due stirpi ben divise: i Faidros, popolo della luce e i Kryptos, popolo della notte.

Due famiglie diverse, che vivevano in costante disarmonia.

I Faidros credevano che la ragione e la sapienza fossero la luce del mondo, disprezzavano l'ignoranza, erano superbi ma coraggiosi.

Potevano far nascere e creare, emettere luce e calore, dare alla vita.

I Kryptos vedevano la salvezza nell'istinto e nell'arte, erano solitari e aggressivi, ma sapevano essere umili e modesti.

Erano in grado di distruggere, far scomparire, di far scendere le tenebre, di portare alla morte, di accompagnare le anime a un mondo migliore.

Le due famiglie si fecero guerra per 777 lunghi secoli, entrambi convinti di dover prevalere, finche' un giorno, una ninfa, appartenente al popolo della luce, e uno stregone, appartenente al popolo della notte decisero di mostrare al mondo e di non reprimere il grande amore sincero che li aveva uniti, cosi' diversi, che fino a quel momento avevano tenuto nascosto.

Saputo il misfatto, le due stirpi dichiararono eretici i traditori e li cacciarono dalla Terra.

Ma dall'unione dei due giovani, era nata una bambina, la prima discendente ibrida, fra due razze incompatibili.

Fu chiamata Knefas, crepuscolo, penombra.

Era destinata ad unire le due meta' del mondo. Due parti, troppo orgogliose per non vedere di essere complementari.

Non puo' esistere una senza l'altra.

Knefas avrebbe dato origine a una nuova stirpe, e lei era la prescelta.

L'amore che l'aveva generata, le aveva donato il coraggio e l'umilta', la sapienza e l'istinto, la violenza e la dolcezza, la capacita' di creare e di distruggere.

La consapevolezza che luce e buio sono opposti e tuttavia destinati a completarsi.

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