Endless di FrannieCullen (/viewuser.php?uid=96704)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The last ***
Capitolo 2: *** Scomparsa ***
Capitolo 3: *** In fuga ***
Capitolo 4: *** Nuova specie ***
Capitolo 5: *** Patti ***
Capitolo 6: *** Gelosia ***
Capitolo 7: *** Caccia ***
Capitolo 8: *** Il fanclub di Bella ***
Capitolo 9: *** Percorsi ***
Capitolo 1 *** The last ***
Ciao a tutti… è la prima volta che mi cimento con una FF del genere. Il tema è triste e i personaggi non sono esattamente quelli che siamo abituati a conoscere, almeno, non sono così perfetti come la zia Steph ce li ha sempre dipinti. Aspetto indicazioni e consigli, ma siate buoni….
L’ultima mattinata nella vita di Bella Swan fu un tipico mattino della penisola olimpica: fosco e nebbioso, ma con una promessa inespressa di primavera nell’aria, come se il sole ce la mettesse tutta per farsi vedere, anche dietro agli spesso nuvoloni. Non pioveva, quindi per gli standard di Forks era una gran bella giornata.
Da poco arrivata in città, Bella non aveva stretto molti legami a scuola: era ancora nella fase in cui la fissavano tutti, deliziati all’idea di una novità che li distogliesse dalla noia che li affliggeva. Non le piaceva essere a centro dell’attenzione, e temeva sempre di deluderli: alla fine si sentiva una ragazza noiosa anche lei, e sperava che passato il primo inconsapevole entusiasmo, la lasciassero stare. Sola con i suoi libri e con la sua tristezza, possibilmente. Ecco perché, in un’ora di buco fra una lezione e l’altra, se ne stava su quella panchina poco distante da scuola, a ripassare una lezione di inglese che sapeva già a memoria. Era sola, nell’arco di parecchi metri: i suoi compagni di classe, eccitati dall’assenza del prof., avevano approfittato per filarsela. Lei, Bella Swan, era rimasta a scuola, ligia al dovere, per la prossima lezione.
Avvertì qualcosa, l’attimo prima? Forse sentì l’aria rarefarsi, mentre qualche dimenticato recettore del pericolo le si tendeva dietro la nuca? Era una ragazza sensibile, ma pur sempre un’umana. Probabilmente non si accorse di nulla, ebbe soltanto la fugace visione di due occhi tristi e profondi che la fissavano, un attimo prima di morire.
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Capitolo 2 *** Scomparsa ***
Mike Newton considerò per la prima volta, seriamente, quanto fosse spaventoso Edward Cullen. Né strano, né montato, né antipatico: realmente spaventoso. Fu una considerazione veloce la sua, lo spazio di un secondo mentre quello si alzava in piedi di scatto, facendo cadere dietro di sé la sedia con un rumore secco. “Signor Cullen…Edward.. cosa..?” la professoressa Goffman era spaventata a sua volta. Con i denti scoperti e gli strani occhi fuori dalle orbite, Edward Cullen strinse i pugni e disse, con una voce che nessuno in quella classe avrebbe mai dimenticato: “Ho bisogno…di uscire”. Mike fece appena in tempo a notare che aveva fatto a pezzi la penna che aveva in mano. La pelle sul suo braccio si aggrinzì mentre Cullen gli passava a fianco e si dirigeva verso la porta, con una strana andatura claudicante e innaturale.
“Roba da matti” pensò rabbrividendo.
In fondo al corridoio, nell’aula di algebra, si era verificata da qualche minuto una scena simile. A balzare in piedi era stata la pallida Alice Cullen, mentre prendersi un bello spavento era toccato alla sua compagna di banco, Lauren. Quella stramba Cullen aveva gli occhi vuoti, come fosse cieca, ma quando l’aveva toccata sul braccio aveva sentito che era fredda come il ghiaccio. Aveva gridato qualcosa, ma l’attimo dopo non c’era più. Il professore si era girato appena, mentre scriveva equazioni alla lavagna: catalogò la cosa come una stranezza da studentessa isterica, e la ignorò.
Jasper Hale, il maggiore Whitelock, aveva appena affondato i denti nel collo morbido della sfortunata mortale che aveva incrociato nel cortile, isolata e indifesa su una panchina. Solo un attimo, e il sapore bestiale del sangue otturò i suoi sensi e la sua percezione del mondo. Un piacere infinito, lussurioso, che credeva di aver dimenticato, riaffiorò in ogni fibra del suo essere, e Jasper si sentì di nuovo completo, vivo, felice, come non lo era da anni. Nella sua mente spaziosa e iperattiva da vampiro, seppure ottenebrata dal piacere del sangue, cominciarono a farsi spazio flash indesiderati, che ferivano la parte interna dei suoi occhi: il dolore di Alice, la rabbia dei suoi fratelli, la delusione dell’uomo buono che lo aveva adottato come un figlio. Cosa stava facendo? Aveva lasciato che la sua natura avesse il tragico corso che tutti temevano. Ci aveva provato, Dio solo sa se lo aveva fatto, ma alla fine avevano ragione loro: era un mostro, un assassino nato. Aveva ucciso un’umana nel cortile della scuola. Le sue mani percepivano appena il peso del suo corpo, la sua bocca non riusciva a staccarsi dalla giugulare che aveva reciso. Chi li avesse visti da lontano avrebbe pensato a un bacio troppo passionale, per essere ammissibile su una panchina fuori scuola. Jasper avvertì sulla fronte i capelli della ragazza, e con essi il peso della sua disperazione, della sua schiacciante colpa. L’attimo dopo era finito con la schiena contro un robusto cipresso, che si spezzò sotto l’impatto: occhi negli occhi con Edward, il suo perfetto fratello, che lo aveva strappato dal corpo di quella ragazza e gli leggeva la mente, come sempre, come ogni maledetto giorno. Sospeso in aria a diversi centimetri da terra non si ribellò, ma chiuse gli occhi e aspettò l’odio, la vergogna, il castigo. Alice non c’era. Jasper aveva visto solo che Rosalie stava scappando da qualche parte con il corpo della ragazza stretto fra le braccia. Non aveva voluto neanche guardarlo negli occhi. Sentì che Edward lo riappoggiava a terra, con delicatezza. Si aspettava di percepire l’onda della sua indignazione e del suo disprezzo, ma quando aprì gli occhi in quelli del fratello lesse solo pietà.
Carlisle Cullen cercava di essere una brava persona, ed un buon medico. Il fatto che fosse un vampiro da 400 anni non lo rendeva tanto peggiore di molti umani che conosceva: nei momenti di sconforto se lo ripeteva, quando cercava di convincersi che la strada che aveva intrapreso secoli fa, e che aveva indicato anche ai suoi figli, fosse la migliore e la più giusta. Quella mattina gli bastò guardare Rosalie per capire che qualcuno aveva fallito la sua missione. Uno dei ragazzi non era riuscito a tenere fede al patto dei Cullen, rispettare la vita umana. Subito nel suo cuore e nella sua mente si fece avanti un nome. Carlisle sussurrò: ‘Jasper…?’ Gli occhi freddi e rabbiosi di Rosalie gli diedero la risposta.
Rosalie aveva portato il corpo di Bella fino in ospedale, da Carlisle. L’aveva tenuto discosta da sé il più possibile e aveva serrato gli occhi, il naso e qualunque altro orifizio: con la mente era tornata al lungo viaggio intrapreso con Emmett morente fra le braccia. Come quella volta, era riuscita a resistere all’odore del sangue: non era una donna particolarmente compassionevole, ma aveva un forte senso del giusto e sapeva ciò che andava fatto. Aveva portato la ragazza da Carlisle, perché non era ancora morta. Voleva sapere da lui cosa era più giusto fare. Dovevano finirla, e mettere quindi fine anche alle sue sofferenze, o aspettare che il veleno di Jasper entrasse in circolo e la trasformasse? Vedeva le due opzioni danzare negli occhi affranti del suo padre adottivo. Bella Swan andava portata via da lì, subito: in capo a pochi minuti il veleno le avrebbe sigillato le vene e sarebbe cominciato il processo di trasformazione. Se doveva essere eliminata, era questione di secondi: Rosalie sapeva che Carlisle non l’avrebbe mai fatto.
‘Posso farlo io’ gli disse seccamente ‘è un atto molto più compassionevole che lasciarla soffrire e tramutarsi in uno di noi’. Carlisle subì l’ennesima stilettata che la sua figlia più riottosa gli stava infierendo: Rose odiava essere una vampira, avrebbe preferito morire da umana quando era giunta la sua ora. Sebbene amasse Carlisle e lo rispettasse, non gli aveva mai perdonato di averle donato l’immortalità. Ora il dottor Cullen rialzò gli occhi e li fissò nel viso di Rosalie: ‘Non ucciderò questa ragazza. Sono responsabile per le azioni di Jasper, e se lui l’ha privata della vita mortale io non posso non dargli l’opportunità di continuare a vivere da immortale. Se lo desidera, Bella Swan sarà una di noi. Altrimenti ha il mondo a disposizione per sfruttare la sua seconda occasione. Forse lei lo apprezzerà’. Con Bella fra le braccia, uscì dal suo studio.
Bella giaceva sdraiata, immobile e pallida come un cadavere, su un lettino da ospedale. Esme le aveva ripulito il volto e il corpo dal sangue, e la vegliava in silenzio. Intorno al corpo di Bella si era riunita silenziosamente la famiglia Cullen, Jasper escluso. “Non so dove sia”, aveva detto Alice fra disperata. Era sfuggito all’abbraccio di Edward, gli aveva chiesto di poter stare un po’ da solo: non era ancora tornato. Alice malediceva se stessa, la sua fissazione perché Jasper frequentasse la scuola, il ritardo fatale nel comprendere le sue intenzioni. Edward, l’unico che sentiva fino in fondo i suoi pensieri, le stava accanto in silenzio, offrendole un muto conforto. Tutti fissavano il volto delicato e innocente della ragazza stesa sul lettino, in attesa delle prima grida, i primi spasmi dovuti al fuoco del veleno che si diffondeva. Edward fissò il bel volto sul vetro antiproiettile della cantina che Carlisle aveva attrezzato per assistere la trasformazione di Bella. Prevedeva che quando si sarebbe svegliata avrebbe fracassato tutto ciò che la circondava, per la paura e la disperazione, nell’impeto della forza disperata e letale dei neonati vampiri. Riusciva a leggere i pensieri di tutti i presenti, e percepiva con mano l’accorato dolore di Carlisle, la sensazione di fallimento che provava, la tragedia del dover offrire a una ragazza innocente l’inferno eterno per riparare almeno in parte ad uno sbaglio naturale, prevedibile, che uno dei suoi figli aveva commesso. Sentiva la compassione di Esme per la ragazza, che già considerava una figlia. Lo sdegno di Rosalie, la preoccupazione di Emmett per Jasper.
Anche lui compativa Bella Swan, ovviamente. 17 anni, come lui quando era successo. Addio vita, addio speranze, addio umanità: tutto finito, in cambio di una forza sovrumana e la sete costante a bruciare la gola. La compativa ma se ne sentiva infastidito: per colpa della sua sparizione, avrebbero dovuto lasciare Forks. Il più presto possibile, come ripeteva a Carlisle ogni cinque minuti. Sparire, ricominciare da capo, occuparsi di una sciocca e sanguinaria vampira neonata, come quella ragazza sarebbe stata per almeno un anno. Avrebbero dovuto rifugiarsi lontano dai centri abitati, stare attenti ad ogni contatto con l’esterno. Clandestini, come da secoli. Quando Bella Swan spalancò gli occhi marroni e cominciò a urlare, Edward abbandonò la stanza.
Sapeva di trovarlo lì. Scorse il biondo dei capelli di Jasper da prima di passare il fiume con un salto. Se ne stava fra gli alberi, intento a fissare il tramonto. Gli disse quello che Edward già aveva sentito nei suoi pensieri: “Me ne vado, fratello. Non posso mettervi in difficoltà una volta di più. Mi vergogno di tornare da Carlisle. Non sono degno di questa famiglia”. Edward lo lascio sfogare e poi lo corresse: “Tu non vai da nessuna parte, Jasper. Avrai il dovere di guidare e istruire questa ragazza. E non ti azzarderai a far soffrire di nuovo mia sorella”. Edward aveva sibilato le ultime parole, guardandolo fisso. Jasper Hale ancora non aveva capito, ma l’avrebbe fatto a breve, che la sua redenzione sarebbe passata attraverso Bella Swan.
La notte calava minacciosamente su Forks. Su un padre disperato che non ha visto la figlia rientrare a casa da scuola, e che ha allertato la polizia di tutta la regione per trovarla. Su un giovane Quileute che teme di cedere ai sospetti più tragici che lo stanno attanagliando. Su una giovane che moriva, per lasciare posto all’immortale che sarebbe diventata.
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Capitolo 3 *** In fuga ***
Ecco
il secondo capitolo, spero
che la storia possa cominciare a piacervi…ingrandisco anche
un pò il carattere, quello di prima era da perdita delle
diottrie! ^^
Quando Bella si svegliò,
convinta invece di essere morta in un
incendio e di trovarsi in una sorta di assurdo inferno, la prima cosa
che vide
furono gli occhi dorati di Carlisle che la fissavano. Ancora non poteva
sapere
che al pensiero avrebbe risposto immediatamente il suo nuovo ed
efficiente
corpo: quando il suo primo, disperato e inconsapevole istinto fu quello
di
scappare, lo pensò soltanto, ma si ritrovò senza
sapere come acquattata in un
angolo, come una bestia pronta ad attaccare. Stranamente, si sentiva
benissimo.
Solo la gola le doleva in modo atroce, ma era troppo occupata a
percepire
l’infinita realtà che la circondava per dargli
peso. Vedeva la luce come se
fosse solida. Sentiva l’odore di legno del parquet e mille
altri, sovrapposti,
della foresta che la circondava fuori da quelle mura. Le
sembrò di riconoscere
fiori, muschio, forse fumo, da qualche parte una lozione per capelli.
Ma era
troppo, tutto, troppo veloce. Pensò di impazzire mentre il
panico si
impossessava di lei, e la sua nuova mente cercava di ricostruire senza
riuscirci cosa le era successo prima di quel momento, prima del fuoco.
Come se
la sua mente fosse un processore inceppato, si ricordava solo della
panchina
fuori scuola, e poi andava in crash. Era un ricordo strano
però, fumoso. Senza
l’alta definizione delle immagini che vedeva adesso. Poi
qualcuno parlò: “Dove
sono?”
Si
guardò intorno, muovendosi
velocissima a sua insaputa. Il suo nuovo istinto la portò a
catalogare
l’ambiente e la persona che aveva davanti in termini di
difesa e di attacco.
Inconsapevolmente, stava misurando la distanza che la separava dalla
gola
dell’uomo che le stava davanti. Poi lo udì
parlare, e le sue parole la
distrassero dal resto: “Sei al sicuro, Bella. Nessuno ti
farà del male. Puoi
alzarti, se vuoi”. L’uomo si rivolgeva a lei. Si
accorse che era lei ad aver
parlato prima. Già, ma lei chi era? Bella Swan, le diceva la
sua coscienza. Ma
perché era così diversa? Perché non
si..riconosceva?
“Voglio
andare a casa”, pensò. Ma
contemporaneamente lo disse. L’uomo dagli occhi gialli la
guardò con un’ombra
di perplessità. “Questa è la tua casa
adesso, Bella. Ci prenderemo cura di te”
Bella ripensò in un secondo alla
sua casa a Jacksonville, a sua madre Reneè, a suo padre
Charlie che la stava
probabilmente aspettando nella villetta di Forks. Non era ancora
abituata ai
mille frame dei suoi pensieri, e la forza delle immagini e dei ricordi
le si
scatenò in testa con potenza. I volti dei suoi cari non
erano fumosi nè
indefiniti, no: erano vividi, anche se più dolci delle
immagini crude che la
ferivano adesso.
Si
era alzata, e si fissava le
mani con stupore. La sua pelle era bianchissima, i suoi arti le
sembravano più
eleganti, più snelli. “Chi sei tu?”
chiese all’uomo che le stava a distanza di
sicurezza.
“Il
mio nome è Carlisle Cullen.
Alcune cose per te sono cambiate, Bella. Sei viva e stai bene, ma sei
diversa
da prima. Se stai tranquilla andrà tutto bene. Ti
spiegherò tutto”
“Mi
avete…rapito?” formulò Bella,
mille parole al secondo, o almeno così le sembrò.
Nella
stanza era entrata una
seconda persona: un altro uomo, con i medesimi occhi gialli del primo.
Si era
mosso in un tale silenzio che non l’aveva sentito entrare. La
fissava
intensamente. Bella si avvide che in qualche modo si somigliavano, e
che erano
diversi da tutte le altre persone che la sua memoria ferita le
assicurava di aver
conosciuto. Erano bellissimi e innaturali. Carlisle non le staccava gli
occhi
di dosso. Parlò di nuovo.
“Va
tutto bene, Bella. Questo è
mio figlio Edward”
“Carlisle
io… non la sento”
sibilò Edward. A Bella sembrò che la guardasse
con rabbia. Non le piaceva. Si
avvicinò di più a Carlisle, e vide nella visione
periferica dei suoi occhi
ormai infallibili che il figlio si era messo in guardia.
Sentì un ringhio, si
accorse che veniva dalla sua gola.
“E’
tranquilla, Edward. Davvero.
Non so come, nè perché, ma è
tranquilla. E’ solo frastornata. Non riesci ancora
a sentire i suoi pensieri..?”
“No”,
ancora un sibilo. La
guardava come se volesse trapassarla.
All’improvviso,
un rumore la distrasse. Lo individuò e lo separò
dagli altri, all’istante.
C’era qualcuno dietro la porta. Qualcuno che conosceva. La
sua natura da
predatore la avvertì di stare in guardia: riconosceva
l’odore del nemico. Si
immobilizzò all’istante e si concentrò.
Tutto le veniva facile, naturale, come
se l’avesse sempre saputo fare. Sapeva chi era la persona
dietro la porta: i
suoi neuroni avevano immagazzinato, senza saperlo, l’odore di
Jasper e oggi la
sua nuova natura da predatore lo catalogava fra i pericoli mortali,
memore
dell’aggressione subita. Pensò di fuggire,
stavolta sul serio, e fuggì.
Se
la stessa Bella Swan o
qualcuno che la conosceva avesse potuto vederla in quei 5 secondi della
sua
fuga, avrebbe compreso l’entità del suo
cambiamento. L’instabile adolescente
che era stata saettò verso la finestra, si rese conto che i
vetri non avrebbero
ceduto ai suoi colpi, si buttò verso la porta chiusa
scartando le braccia di
Carlisle e di Edward e si buttò a capofitto sulle scale. Si
lasciò l’odore del
nemico alle spalle.
Sfuggì a un altro paio di
braccia, sbattè contro quello che le parve un muro ma era un
altro strano
individuo dagli occhi gialli. Erano appena scoccati i 5 secondi e Bella
era
nella foresta, libera. Scoprì che colpendo, rompendo e
correndo con tutta la
sua forza trovava sollievo all’angoscia che la attanagliava.
Non capiva ancora
niente, il suo nuovo cervello era ottenebrato dalla paura,
dall’istinto, dalla
fisicità. Brandelli di Bella Swan affioravano a tratti dalla
sua coscienza. Uno
di quei brandelli le indicò la strada.
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Capitolo 4 *** Nuova specie ***
@Blu
Ice e Gigetta97: Grazie
mille, date forza alla mia storia e a me!
“NO!”
Il
grido di Alice, forte e
chiaro, riecheggiò sulle pareti di casa Cullen. Edward lo
sentì, e lesse i
pensieri della sorella anche se era già
all’inseguimento di Bella. “Sta andando
a casa sua a Forks” comunicò a Carlisle e a
Emmett, che lo seguivano sulla scia
freschissima della neonata. “Alice ha visto che
attaccherà il padre e
probabilmente anche qualcuno dei poliziotti che troverà
lì”
Sentì
lo sgomento di Carlisle, la
furia raddoppiata nella sua corsa. “Come abbiamo
potuto…farcela scappare” si
rimproverò Emmett con asprezza. “In questo momento
è troppo più forte di noi,
Em. Era prevedibile” sussurrò Edward,
sottintendendo la disapprovazione nelle
sue parole. Edward
avrebbe voluto
lasciare Forks il giorno stesso dell’aggressione di Jasper,
ma Carlisle ed Esme
avevano insistito perché la ragazza fosse lasciata
tranquilla almeno durante la
trasformazione. Si sarebbero spostati solo dopo aver provveduto a lei
nel
migliore dei modi, possibilmente portandola con loro. Carlisle non
sopportava
l’idea di lasciare una neonata presumibilmente assetata di
sangue nei dintorni
di un centro abitato, sola e selvaggia. Avrebbe fatto una strage di
esseri
umani, e sarebbe stata trucidata in breve tempo dai Volturi.
Edward
non perse altro tempo a
far sentire Carlisle colpevole. Accelerò la corsa,
borbottando: “Mi domando
dove sia finito Jasper”.
In realtà lo
sapeva benissimo: aveva sentito nei pensieri di Alice che era tornato a
casa.
Il suo odore aveva fatto scappare Bella, e adesso Edward si augurava
che se ne
stesse alla larga e non cercasse di fare l’eroe, per
riabilitarsi agli occhi
della famiglia.
In
pochi secondi furono nelle
vicinanze di casa Swan. Nessuna traccia di Bella. Probabilmente avrebbe
cercato
di rientrare a casa sua, come se niente fosse successo, e poi sarebbe
arrivato
l’odore di essere umano. A quel punto, nella sua mente
sarebbe calato il buio
totale, e avrebbe ucciso chiunque nel raggio di kilometri. Dovevano
fermarla
prima, perché una volta partita all’attacco anche
loro sarebbero stati
impotenti.
Di
nuovo il tramonto: Bella Swan sembrava una miniatura cinese,
stagliata contro il cielo rosso sangue. La videro avvicinarsi incerta
alle
finestra di casa sua. ‘E’ troppo tardi’,
quasi singhiozzò Carlisle.
‘Dobbiamo
almeno provarci’ replicò Emmett, risoluto. Si fece
avanti, deciso
a seguire Bella Swan dentro casa sua e a dare una via di fuga a suo
padre,
quando l’avesse vista. Non si illudeva di salvargli la vita,
ma se ci fosse
riuscito avrebbe sempre potuto dire che Charlie Swan soffriva di
allucinazioni per
lo shock e aveva creduto di rivedere la figlia scomparsa.
Come
nella visione di Alice, sul retro di casa Swan c’erano due o
tre
gazzelle. Edward si spostò da quella parte, per intercettare
l’eventuale fuga di
Bella, e gettò un’occhiata al salotto. Al tavolo
era seduto Charlie, e teneva
la mano ad una donna: probabilmente la madre di Bella. Ottimo, si disse
sardonicamente Edward. Li ucciderà tutti e due, e nessun
testimone.
All’improvviso il pensiero di Carlisle lo colpì
come una sassata.
‘Edward…
guardala’
Bella
Swan era ancora immobile, e sembrava ancora una miniatura
cinese. A quel punto l’odore irresistibile dei suoi genitori
doveva averla
raggiunta. Ma non si muoveva, sebbene sul suo volto fosse dipinta una
atroce
sofferenza. Emmett
le stava alle spalle,
interdetto. All’improvviso, velocissima, si girò
su se stessa e tentò la fuga.
Emmett stavolta fu altrettanto veloce, e la abbrancò con
entrambe le braccia.
Bella
si dibattè, ma debolmente. Edward la sentì dire,
mentre si
avvicinava ad aiutare il fratello: ‘Portami via…
ti prego’.
Davanti
a quella finestra Bella aveva in qualche modo capito di essere
diversa da prima, ed aveva dolorosamente capito in che modo. Anche se
non
poteva ancora comprendere appieno l’entità della
sua trasformazione, non
avrebbe più cercato di avvicinarsi alla sua famiglia. Il
terrore puro che
l’aveva invasa quando stava per attaccare i suoi genitori, la
sensazione che
non avessero più volto, che non fossero Charlie e Renee ma
due cuori pulsanti e
stillanti… sangue, le aveva fatto capire che
cos’era quel desiderio bruciante
in fondo alla gola. Ma i brandelli di Bella che la tenevano ancorata a
se
stessa avevano ridato volto e nome a quei due ammassi di carne
sanguinolenta
che le tormentavano la mente.
Edward
non poteva leggerle la testa, ma era certo, in quell’istante,
che Bella avesse detto addio alla sua vita da umana.
Come
Bella potesse resistere al richiamo del sangue, era per Carlisle
un mistero insondabile. Non sapeva se abbandonarsi al sollievo o
addirittura
all’esaltazione, pensando di aver trovato finalmente un
vampiro perfetto.
Creato dalla colpa, e con ancora abbastanza umanità dentro
sé per non cedere al
richiamo del sangue… Era
dura per
Carlisle non credere addirittura che potesse essere l’inizio
di una nuova
specie di vampiri.
Il
sollievo fu per lui solo temporaneo, perché
l’attimo dopo il suo
telefono vibrò. Era sua moglie Esme, che gli chiedeva di
tornare a casa presto.
C’era qualcuno che gli voleva parlare.
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Capitolo 5 *** Patti ***
Vado
avanti pian pianino… la
storia mi si srotola nella testa, spero non si inceppi da qualche
parte..!
Grazie a voi tutti… ;**
Carlisle si ricordava dei lupi
Quileute e del patto che aveva stretto con Ephraim Black 50 anni prima.
Come
avrebbe potuto dimenticarlo? Sapeva anche però che il patto
era per lui
vincolante fino ad un confine, che era quello della protezione della
sua
famiglia e della sua etica morale. Sapeva anche, purtroppo, che i
Quileute non
avrebbero accettato deroghe al patto, ansiosi com’erano di
scacciarli per
sempre dal loro territorio. I licantropi avevano
l’ottusità dei muscoli e della
loro legge tribale: ma avevano anche geni mutevoli e di buona memoria,
se dopo
tutto quel tempo,in un’ottica umana almeno, si trovava
davanti un discendente
Quileute sospettoso e indagatore.
Sam
Uley si fece trovare davanti
la porta di casa Cullen. Era teso come una corda di violino, e
continuava a
guardare nel folto degli alberi, dove senz’altro lo attendeva
il suo branco, in
forma di lupo.
‘A
cosa devo questa visita,
giovane Quileute?’
‘Sono
Sam Uley, e vengo per farvi
qualche domanda. So che tu sei il capo, e so anche che gli anziani
della mia
tribù ti ritenevano una creatura onesta”
‘Li
ringrazio, allora. Ho sempre
fatto del mio meglio, e continuo a farlo. Chiedi pure, Sam
Uley.’
‘A
Forks è sparita una ragazza, dottor
Cullen. Svanita nel nulla, a scuola. E ci sono molti testimoni disposti
a
giurare che proprio quella mattina i tuoi figli hanno avuto
comportamenti
strani dentro e fuori dalle aule dove facevano lezione’
‘E
con questo?’ intervenne
Rosalie, che era sulla soglia di casa, alle spalle di Sam.
‘Sapete voi cani
quante persone spariscono in questo paese, ogni giorno? Vi sembra che
sia
sufficiente una sparizione per venire qui ad accusarci?’
‘Sto
aspettando la domanda, Sam
Uley’ intervenne Carlisle, pronto a spegnere ogni dibattito
sul nascere. Sapeva
che era meglio tagliare corto, con Edward e Emmett che passavano dal
retro per
riportare Bella in cantina.
‘In
effetti non è proprio una
domanda, ma una promessa: la ragazza che è scomparsa
è la figlia del capo della
nostra polizia. Noi stiamo svolgendo le nostre personali indagini,
dottore. Se
la piccola Swan non verrà ritrovata, noi continueremo a
cercarla. E vi terremo
d’occhio. Sparire proprio adesso sarebbe una bella ammissione
di colpevolezza,
non trovate?’
‘Ti
sembriamo sul punto di
sparire, Sam Uley?’
‘La
promessa è questa,
capo-vampiro: se scopriremo che c’entrate qualcosa con la
scomparsa di Bella
Swan, vi daremo la caccia per sempre, fino a sterminarvi
tutti.’
‘Sei
stato chiaro, direi. Ma il
vero capo Alfa del tuo branco dov’è? Nelle
retrovie?’ Edward era comparso
accanto a Carlisle, e sembrava fosse lì da sempre. Sam Uley
sobbalzò, e si
vergognò l’istante dopo di averlo fatto.
Edward sorrise, freddo. ‘Mi
risulta che le gerarchie contino, nel
vostro branco. Non accettiamo minacce da un vice sceriffo,
Uley’
‘Se
vuoi conoscere il discendente
di Eprhaim, è la tra i boschi, e sarebbe felice di
incontrarti. Ma noi
rispettiamo la parola data. Siamo persone perbene’
borbottò Sam, a disagio.
‘Ti
sembra che noi non lo siamo
stati, Uley? Per 50 anni ed oltre?’ intervenne Carlisle,
sulle spine. Mentire
non gli si addiceva.
‘Non
credo che vi si possa
definire… persone’, sibilò Sam.
‘Adesso
basta, siamo stanchi
delle offese e delle accuse, signor cane randagio’ Questo era
Emmett, e il suo
aspetto era tutt’altro che rassicurante. La grossa mole e i
denti scoperti lo
rendevano terrificante anche ai 10 paia d’occhi che lo
spiavano dalla foresta. ‘Quando
avrai la prova che abbiamo banchettato con Bella Swan, torna. Ti
aspettiamo. Ti
aspetterò io personalmente’
Sam
Uley non raccolse la sfida, e
diede le spalle ai Cullen. Disse ancora: ‘Ricorda, dottor
Cullen’, e sparì
diretto nel folto dei boschi.
‘Come
sapevi la storia del capo
alfa, fratello?’, chiese Emmett ad Edward mentre
raggiungevano la cantina, dove
Bella era rimasta tranquilla, sorvegliata da Alice. ‘Leggo
nel pensiero Emmett,
ricordi?’ sorrise Edward.
Il
sorriso gli morì sulle labbra
quando vide le condizioni in cui versava l’unica persona, nel
raggio di
chilometri, di cui non riusciva a conoscere la mente.
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Capitolo 6 *** Gelosia ***
Eccomi
di nuovo qua con il V cp!
I Cullen sono presi decisamente in contropiede… almeno,
alcuni di loro. Grazie
a tutti per le visite e i commenti!
Bella
si teneva le gambe strette
con le braccia, e si dondolava avanti e indietro, in una sorta di
trance
ossessiva. Non rispondeva a nessuno, non si curava di niente: Esme era
arrivata
ad offrirle sangue umano dalle scorte dei donatori di Carlisle, per
scatenare
una sua reazione. Bella aveva reagito malissimo, e per ricondurla alla
quiete
c’erano voluti tutti e cinque i componenti presenti della
famiglia Cullen. Era
come se provasse ribrezzo per il sangue umano. “Probabilmente
le ricorda che
stava per uccidere i suoi genitori”, disse Edward, fissando
il viso pallido
della nuova vampira. “Hai mai visto un neonato
così?” chiese a Carlisle, che
vegliava Bella da vicino, evitando di toccarla ma non perdendola di
vista un
secondo. “No” rispose Carlisle pensieroso. Edward,
Rosalie e Emmett avevano
distrutto la stanza e cercato di ucciderlo, appena svegli. Esme, che
era stata
molto religiosa da viva, aveva creduto per giorni di essere in
Paradiso, ma non
aveva coscienza della sua nuova strabiliante forza, quindi aveva
rischiato di
strangolarlo solo perché voleva abbracciarlo.
“Bella è…addolorata” ,
disseAlice.
“La
sua forza e il suo controllo
mi danno da pensare”, continuò invece Carlisle,
assorto. “Mi verrebbe da
credere che il modo in cui Bella è stata creata, da un atto
colpevole e non
voluto, abbia contribuito a lasciarle dentro più
umanità”.
“Come se Jasper le avesse
trasmesso il suo pentimento, insieme al veleno”, concluse
Alice, affranta.
Jasper si aggirava ancora nei dintorni della casa, come un leone in
gabbia.
Vista la reazione di Bella alla sua vicinanza, era stato allontanato e
non aveva
ancora avuto l’occasione di parlare né con
Carlisle nè con nessun’altro tranne
Alice.
Mentre
discutevano, i tre Cullen
si resero conto che qualcosa in Bella era cambiato. Era uscita dalla
trance e
li guardava con gli occhi rossi colmi di paura. Li stava ascoltando.
“Bella”
sussurrò Carlisle, senza
muoversi di un millimetro. “Hai voglia di parlare?”
Bella
fece segno di no con il
capo, un’espressione così accorata sul volto
bellissimo da spezzare i cuori di
pietra dei vampiri presenti. Edward distolse lo sguardo:
c’era qualcosa, in quella
ragazza, che lo toccava oltre ogni altro sentimento che era riuscito a
provare
negli ultimi 109 anni. Pena, insofferenza, desiderio di..proteggerla?
“Va
bene” continuò Carlisle,
sempre a voce bassa. “Vedo che ti va di ascoltare,
però. Avrai capito che sei
cambiata, che il tuo corpo e i suoi bisogni sono differenti. Te lo
dirò
semplicemente: adesso sei un vampiro, Bella. Come noi. Sei molto
più forte, e
veloce, e abile di prima. Il tuo corpo anela al sangue umano:
è normale. E’
quello di cui i vampiri si nutrono. Il fatto che tu abbia sentito il
desiderio
di uccidere i tuoi genitori, purtroppo, è del tutto normale.
Sei stata…
bravissima a non farlo. Nessun vampiro appena nato avrebbe avuto la tua
stessa
forza”
Gli
occhi di Bella lo seguivano,
attentissimi.
“Noi
siamo vampiri diversi,
Bella. Non uccidiamo la gente, ci nutriamo di sangue animale. Siamo gli
unici
nel mondo, che io sappia. Quindi, stai tranquilla: non sarai costretta
a bere
sangue umano. A volte però, il nostro istinto è
troppo potente. E’ accaduto a
Jasper… con te”
Carlisle
notò la contrazione dei
muscoli facciali di Bella, e si affrettò a rassicurarla:
“Jasper è uno dei miei
figli, Bella. Non è malvagio. Capirai con il tempo la fatica
che lui fa,
continuamente, per resistere alla tentazione. Nel tuo caso non ci
è riuscito, e
quello che ti ha fatto è…tremendo, e ingiusto.
Spero che potrai perdonarlo, con
il tempo. Perché di tempo ne avrai moltissimo, Bella. Sei
immortale, adesso.
Nessuna malattia umana, nè la vecchiaia, potranno ucciderti.
Rimarrai per
sempre una ragazza di 17 anni”
“Piano,
Carlisle” questa era
Esme, pianissimo. “Non dirle tutto in una volta. E’
troppo per chiunque”.
Marito e moglie si scambiarono uno sguardo d’intesa, ed Esme
si avvicinò di un
soffio: “Ciao Bella, io sono Esme. Sono la mamma di questi
ragazzoni che vedi
qui. Stai tranquilla, starai meglio. Potrai condurre una bella vita ed
essere
felice lo stesso, te lo giuro. Sarei così contenta se tu
decidessi di restare e
dividere la tua esistenza con noi”
I
Cullen si guardarono negli
occhi istintivamente, tutti insieme. Inserire un nuovo membro nella
famiglia non
era una cosa da poco, e nessuno di loro se la sentiva già di
comprendere Bella
Swan nei loro progetti futuri. Carlisle si avvicinò a Esme e
le appoggiò una
mano sulla spalla. “Ti lasciamo sola, Bella. Vorrai
riflettere, capire. So che
non farai nulla di avventato. Noi siamo qui, comunque.
Basterà che tu mi
chiami, e io verrò da te, quando vorrai”
Tutti si avviarono verso la
porta. Rosalie era impietrita, più cerea del solito. Emmett
guardava ovunque
pur di non incrociare gli occhi degli altri. Anche
Alice guardava fissa davanti a sè, e
sentì Esme mormorare a Carlisle. “E’
proprio necessario che resti qui… qui
sotto?”
“Non
così in fretta, Esme”, la
rimproverò amabilmente Carlisle. Ma Edward vide che
sorrideva.
Appena
fuori dalla cantina
sbottò: “Carlisle, ti rendi conto che siamo
bloccati qui a Forks con lei? E che
arriverà la polizia a farci domande, e che se qualcuno
dovesse vederla per noi
sarà la fine di tutto? Che abbiamo il branco sul collo, e i
Volturi dall’altro
lato?”
“Si,
Edward” rispose Carlisle,
serio. “Ma non abbiamo altra scelta, almeno così
pare”
Edward
uscì fuori e si allontanò
in fretta, correndo. Lontano da Bella Swan, dai pensieri dei fratelli.
Lontano
dalle strane sensazioni che quella ragazza gli procurava: ansia,
istinto di
protezione e adesso anche una punta di gelosia, al ricordo di come
Carlisle ed
Esme fossero stregati da lei, dal suo autocontrollo, dalla sua
perfezione.
“Jasper”
chiamò, improvvisamente
arrabbiato.
E
Jasper fu da lui in pochi
secondi. “Penso che è ora che tu torni a casa. La
ragazza mi sembra abbastanza
in forze per sopportare la tua presenza, e in ogni caso, si
dovrà abituare.
Questa è casa tua”
I
due fratelli camminavano
vicini, senza parlare. Edward leggeva comunque la gratitudine e la
vergogna che
esalavano da Jasper, mentre lui lo tranquillizzava inconsapevolmente.
“Allora…
come sta?” chiese Jasper.
“Bene.
E’ una tosta, ce la farà”
“E’
vero che a casa sua è scappata di fronte ai genitori invece
di
aggredirli?”
“Si.
Dovresti vedere Carlisle. E’ in solluchero. E Esme le ha
chiesto
di rimanere con noi”
“Come?
E i lupi? Ho sentito quello che è venuto a dire il loro
capo”
“A
quanto pare, rimarremo qui per il tempo necessario a sviare da noi
i sospetti sulla scomparsa di Bella Swan. Potrebbero volerci anni,
comunque.
Valuterò con Alice se è il caso di creare una
falsa pista. Non mi preoccupa
tanto quel branco di cani quanto la minaccia dei Volturi, Jasper. Se
qualcuno vede
la ragazza, la voce potrebbe arrivare fino a loro. E fargli ritenere
che non ci
stiamo comportando nel migliore dei modi”
“Già”
Erano
arrivati di nuovo davanti alla porta di casa. “Devo invitarti
ad
entrare come nei film di Dracula?” scherzò
Edward.
Jasper
sorrise, ma il suo fu
il più triste dei sorrisi di casa Cullen.
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Capitolo 7 *** Caccia ***
@BlueIce:
infatti, è proprio
così! Ne sono infastiditi e gelosi insieme,
perché turba le loro vite e
conquista i loro genitori… vedremo se almeno Jasper
riuscirà a farsi perdonare!
L’idea di fondo di questa ff era proprio questa, mostrare
‘l’umanità’ dei
Cullen, invece che la perfezione che conosciamo bene! J
J
J
Grazie
per il supporto, e
perdonate se i capitoli sono sempre un po’ brevi. Mi vengono
di getto, e li
pubblico così come sono!
“NEANCH’IO
HO CHIESTO DI
DIVENTARE UNA VAMPIRA!”
I
pensieri di Rosalie erano
assordanti. Era in momenti come questo che Edward malediceva il suo
dono: non
poteva fare a meno di ascoltarla, non avrebbe pututo neanche se fosse
stato
lontano da casa.
“Eppure
non sono mai stata così
compatita. Carlisle mi ha salvata, si, ma nessuno glielo aveva
chiesto… e
adesso…povera Bella, povera Bella… rimani con
noi, Bella. Sei bravissima,
Bella. Quanto sono stata brava IO, però, nessuno lo ha
notato, vero? E’ perché
ho ucciso Royce King? O perché gli ho proposto di far fuori
Bella quando era
ancora un’umana in fin di vita? Posso andare via quando
voglio, se non sono più
gradita. Non c’è che da
dirlo….”
Edward
cercò di isolarsi dalle
strida di Rosalie, cercando riparo nei pensieri tenui di Carlisle.
Anche lui
era parecchio concentrato, e la sua mente macinava supposizioni.
Potevano le
caratteristiche di un vampiro essere influenzate dalla persona che li
creava?
Quanto restava del carattere di un essere umano in un vampiro neonato?
Sentimenti impalpabili come il rimorso, la bontà, potevano
influenzare la
biologia, e fino a che punto?
Esme
e la sua mente erano il
solito porto tranquillo. Ma anche lei stasera contribuiva ad agitare
Edward. Le
sue divagazioni sulla stanza che avrebbe sistemato per Bella, sulla
tappezzeria
che avrebbe scelto con lei, lo facevano riprecipitare in quel limbo di
gelosia
che si rimproverava.
Alice,
nella mente della quale sperava di trovare la razionalità
che a lui mancava in
questo momento, non era presente. In un istante, Edward capì
dove fosse, e con
chi. Decise di aspettare.
“Toc
toc”
Alice
entrò in cantina a passo di
danza, senza aspettare di essere invitata a farlo. Trovò
Bella seduta nel
medesimo angolo dove l’aveva lasciata, non più
contratta, non più in trance
nervosa. Semplicemente assente, almeno così le parve.
“Ciao
Bella…. Ormai saprai che io
sono Alice. A quanto pare staremo insieme per un
po’”
Alice
si era seduta con
naturalezza a terra, vicino a lei. Istintivamente Bella si ritrasse, ma
Alice
le toccò piano un ginocchio. “Ehi, sorellina.
Basta con queste menate. Nessuno
ti farà del male, stai tranquilla. Ok, adesso ti sembra uno
schifo, ma in futuro
andrò meglio. Ti senti la persona più sfortunata
della terra ma ascoltami… non
sai in realtà quanto sei stata fortunata invece!
Bella strinse gli occhi
ferocemente, ma almeno Alice fu certa che la ascoltava e la capiva.
“Volevo
dire che Carlisle ed Esme sono le persone migliori di questo mondo. Con
noi
starai bene, credimi. Devi solo accettare la tua situazione
e…le sue
conseguenze”
Nessuna
risposta.
“Va
bene, prendi me. Ho
cominciato a vivere di nuovo, su serio, quando ho
incontrato… Jasper e sono
arrivata qui dai Cullen”
Ecco
la consueta reazione di
paura e ferocia insieme. Alice attaccò: “In
effetti devi accettare anche
qualcos’altro, e io sono qui per questo. In questo momento il
tuo cervello
ragiona come quello di un predatore qualunque: aggressione, pericolo,
difesa.
Carlisle però pensa che tu possa fare meglio di
così e io… io non riesco a
vedere un accidente. Mi spiego: di solito vedo il futuro. Almeno, le
situazioni
conseguenti alle decisioni delle persone, sempre suscettibili di
cambiamento.
Nel tuo caso quindi, tutto. Ma Jasper… ecco, lascia che ti
spieghi”
Alice
le si fece più vicina. “Non
è solo mio fratello, è anche l’amore
della mia vita. Lo aspettavo da sempre, ma
probabilmente non l’avrei mai conosciuto se non fossi
diventata…come sono.
Capisci perché in fondo sono grata di questa seconda
esistenza? E comunque, lui
non è cattivo. Ricordati per un attimo quando eri umana e
avevi fame: se fossi
stata a dieta e avessi per un giorno, dopo anni di disciplina, mangiato
un
piatto di patatine, saresti malvagia per questo?”
“Le..patatine…non
sono..vive!” Lo
scatto di Bella e la sua risposta stupirono addirittura Alice. Bella si
era
alzata in piedi, e la guardava dall’alto, con gli occhi
ancora più rossi. “Io
non sono un piatto di patatine, ero una persona normale! Avevo una
famiglia,
una vita!”
“Hai
ragione, Bella” la voce di
Jasper provenne dal fondo della stanza. “Hai ragione, e non
posso che scusarmi.
Se non vorrai mai perdonarmi, lo capisco. Se non mi vuoi intorno, lo
capisco.
Ti prego solo, non farla pagare alla mia famiglia. Loro fanno del loro
meglio.
Lo sbagliato sono io. Si rivolse poi ad Alice con una smorfia: "pessimo paragone quello delle patatine"”
Bella
si era irrigidita, era
pronta all’attacco. Ma anche sulla sua ira da neonata faceva
presa il potere di
Jasper, e lentamente si andava calmando.
“Adesso”
continuò cauto Jasper
“Ho un’idea. Sei arrabbiata, sei triste e sei
spaventata, ma hai anche fame, e
avercela con me non ti sfamerà. Hai bisogno di andare a
caccia. Vieni con me
Bella, qualcuno deve mostrarti come sopravvivono i Cullen”
Alice
chiuse gli occhi, e mormorò:
“Carlisle non ne sarà contento”, ma
ormai aveva deciso di appoggiare Jasper, e
non aveva altra scelta. Con un semplice movimento della mano
aprì la porta
finestra che dava sul retro della casa. Bella dimenticò
l’ira, Jasper e il
dolore, e vide solo la notte davanti a sé.
L’attimo dopo erano già scomparsi
nel folto della foresta.
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Capitolo 8 *** Il fanclub di Bella ***
“Siete
degli sconsiderati e degli
incoscienti” ringhiò Edward mentre correva nella
foresta, con la piccola Alice
dietro. “State impazzendo tutti? Da quando è
arrivata questa Swan la mia
famiglia sta dando i numeri, la più sana di mente
è lei che è una neonata!”
Edward
era arrabbiato sul serio,
e Alice, caso veramente strano, si limitava a rimanere in silenzio.
“Se
dovevamo rovinare tutto così,
con due giorni, tutta la nostra vita, i nostri sacrifici, quello che
abbiamo
costruito bè…potevate dirmelo prima. Jasper non
è l’unico che sente ancora il richiamo
del sangue”
Alice
rabbrividì, ma tacque
ancora. Tanto
Edward gli leggeva la
testa, e sapeva che lei l’aveva fatto per Jasper, per fare a
modo suo. Per
permettergli di aiutare Bella e recuperare punti agli occhi della
famiglia. Era
sicuro che grazie al suo potere, all’indole di Bella e al suo
intuito, non
avrebbe avuto problemi a circoscriverla. E dopo
‘mangiato’, Bella sarebbe stata
più ragionevole. Jasper pensava che prima o poi sarebbe
scappata per andare a
procacciarsi il cibo, umano o animale che fosse.
“Risparmiami
le sue teorie”
bofonchiò Edward. “Questo è il
ringraziamento per averlo riportato a casa.
Pensava che l’avremmo affamata? Qualcuno di noi avrebbe
cacciato per lei i
primi tempi. E’ troppo rischioso, maledizione! Se incontrasse
un campeggiatore?
Non tutti gli umani sono suoi parenti! Se ha avuto scrupolo, e non
sappiamo
ancora perché, a sbranare i genitori, non vuol dire che li
avrà con un
estraneo!”
“Hai
ragione, Edward” cercò di
arginarlo Alice. Si erano fermati, avvertendo la scia di Jasper, che si
interrompeva improvvisamente. “Ma ascolta, andrà
tutto bene. Li ho visti!”
“Li
hai visti? Non ti lamentavi a
destra e a manca che non riuscivi ad avere visioni su Bella?”
“Infatti
l’ho avuta su Jasper”,
sbuffò Alice. Adorava suo fratello, e sapeva di essere in
torto con questa
storia dell’evasione di Bella. Ma Edward quando ci si metteva
era snervante,
sul serio! “Ho visto Jasper e Bella insieme, sereni. Sentivo
che era futuro
immediato-mentì poi- quindi escludo che si trovino a
banchettare con un
campeggiatore, al momento”
Alice
non la stava dicendo tutta.
Non aveva idea di quando si sarebbe verificata la visione, come sempre.
E c’era
qualcos’altro che le dava da pensare: aveva omesso di dire
che aveva visto
Jasper con un braccio appoggiato sulle spalle di Bella. Stava cercando
di non
dare eccessiva importanza alla cosa, che invece l’aveva
turbata profondamente.
Jasper era uno schivo, e non era mai fisicamente affettuoso. Solo con
lei, e
solo nei momenti di intimità. Non era tipo da buffetti o
carezze, insomma.
E poi, la breve visione aveva un
carattere particolare, mostrava una complicità fra i due che
Alice non riusciva
ad immaginare come realizzabile, visto che Bella sobbalzava solo
all’odore di
Jasper e comprensibilmente ce l’avrebbe avuta con lui ancora
per un bel po’.
Si
riscosse in fretta da questi
pensieri, sperando che Edward non li avesse colti. Cercò
invece di essere
ottimista, pensando che forse l’aggressione a Bella
sarebbe stata una svolta
per Jasper, e che l’avrebbe trasformato di nuovo, stavolta in
un vampiro meno
guardingo.
Edward
non aveva sentito i
pensieri di sua sorella, perché finalmente aveva colto
quelli di Jasper. “E’
una cannonata” stava pensando in quel preciso istante.
“Ok, non sta mangiando
persone, nè hanno incontrato i Quileute nel
bosco”. Almeno, Edward lo sperava.
Disse ad Alice: “Li ho trovati”
***
Bella
aveva corso moltissimo, ed
avrebbe continuato a farlo se all’improvviso Jasper non le si
fosse parato
davanti, attarrendo davanti a lei come sceso dal cielo. In
realtà l’aveva
aspettata su un albero, a lato del sentiero che stava percorrendo. Lei
era
forte, ma lui prevedeva le sue mosse. Bella non scappava
più: lo aveva aggirato
con facilità, e all’istante si era sentita calma,
tranquilla. Aveva rallentato,
e lui l’aveva raggiunta.
“senti
niente nell’aria?” le
aveva chiesto, guardandola con quegli occhi profondi accesi di
interesse.
“Sento
tutto, a dire il vero”,
aveva risposto Bella, ancora indecisa se parlare o meno con lui, il
Grande
Colpevole di tutta questa situazione. Ma la corsa l’aveva
scaricata, e si
sentiva ancora stranamente tranquilla.
“Concentrati” le ordinò Jasper.
“Sentirai qualcosa che ti guiderà automaticamente,
senza pensarci”. Aveva
ragione. Dopo qualche minuto, Bella era sulle tracce di un grosso alce.
Lo
aggirò, si mise controvento per non spaventarlo.
Guardò Jasper negli occhi,
come a chiedergli conferma di quello che stava per fare. Lo vide
annuire. Poi
fu tutto veloce, come lo era sempre, quasi fuori dal suo controllo:
balzò alla
gola della bestia, che non si rese conto neanche di quello che gli
succedeva.
Fu allora che Jasper pensò: “Questa è
una cannonata. Caccia come se non facesse
altro da secoli”. Bella dal canto suo stava imparando in
fretta: che quella
sensazione di nervosismo bruciante che sentiva da prima era fame. Che
l’alce
l’aveva saziata, anche se non era buono come sarebbero
stati… i suoi genitori.
E capì anche che poteva fidarsi di Jasper, anche se
francamente, lo odiava.
Bella
non poteva saperlo, ma
Jasper aveva avuto ragione: si sentiva meglio, più
tranquilla. Qualcosa dentro
di lei, quella parte del suo cervello che da umana l’aveva
resa intuitiva, le
fece capire che ormai il suo appagamento personale sarebbe derivato in
massima
parte dai bisogni fisici che avrebbe soddisfatto. Adesso, senza
bruciori in
gola, tutto il resto del mondo si impossessò della sua
attenzione. La notte con
i suoi mille odori e rumori. Lo stornire di ogni singola foglia, il
luccichio
della stelle che non aveva mai visto così bene. La
consapevolezza che il suo
corpo non avrebbe avuto freddo, nè sentito stanchezza, se
avesse deciso di
contemplare per ore lo stesso gruppo di lucciole vagabonde. Jasper la
fissava
ancora: all’improvviso le fu vicino, troppo.
Bella si ritrasse, ma guardò cosa
le porgeva: era una pietra, abbastanza grossa da riempirle la nuova
mano,
bianchissima sotto la luce della luna. “Stringila”
le ordinò Jasper. Bella non
si mosse. “Va bene, stringila come se fosse la mia
testa”, le ripetè,
pazientemente. L’attimo dopo della pietra era rimasto un
cumulo di sassolini.
Bella si spaventò, ma Jasper rise. “Sei molto
forte adesso, Bella. Ma sei anche
preda degli istinti. Hai un controllo eccezionale, ma devi stare sempre
molto
concentrata se non vuoi fare del male a qualcuno”
“A
te per esempio?” chiese la
ragazza, sfoderando una sorta di bizzarro sorriso
“Certo,
potresti provarci” Jasper
era assolutamente tranquillo. “Anzi, forse cercare di
uccidermi ti aiuterebbe
con la rabbia che senti dentro. Certo, non ti garantisco che ci
riuscirai”
In
un balzo Bella era già
lontana. “Già, ma tu non vuoi, vero?”
Jasper non si era mosso.
“Sei
una brava vampira” lo pensò
soltanto, ma suo fratello Edward gli rispose, sedendosi accanto a lui.
“Anche
tu, Jasper. Sei un testone e un incosciente, oltre che un immortale
quantomeno
impulsivo. Ma sei un bravo vampiro, non posso negarlo. Sei entrato nel fan club di
Bella, a quanto vedo”
“Devo
dire che mi stupisce. E
comunque, se qualcuno deve prendersi la responsabilità di
lei, quello sono io.
E’ il minimo che possa fare”
“Andiamo
a casa?” chiese Edward,
stavolta rivolto a Bella. Lei non rispose, ma corse avanti e,
preparandosi a
saltare, rivolse ai due Cullen uno sguardo strano, quasi malizioso.
“Vi
sta prendendo in giro”,
chiarì Alice. “Basta toglierti il vantaggio della
telepatia e diventi un
tontolone, Edward. Si burla di voi perché sa che
è più veloce”
I
fratelli Cullen si alzarono
all’unisono per inseguirla, borbottando imprecazioni.
Alice,
rimasta di nuovo sola, sbuffò:
“Uomini. Non vedono più in là del loro
naso”. Ma sul suo visetto sbarazzino non
c’era traccia di divertimento.
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Capitolo 9 *** Percorsi ***
La vita di Bella con i Cullen subì alcune fondamentali modifiche nei giorni successivi. Venne trasferita dalla cantina al piano superiore, ed Esme cominciò subito a lavorare alla sua nuova stanza. Carlisle le spiegò quello che doveva sapere sulla sua nuova natura e sulle regole che doveva rispettare, le raccontò dei lupi quileute e della loro missione, le spiegò la scelta che aveva fatto tanti anni prima e che cercava di far comprendere anche ai suoi figli. La esortò a non abbassare mai la guardia, a non fidarsi del suo autocontrollo: era convinto che fossero la tensione e la paura a renderla così docile. Le spiegò che Edward leggeva i pensieri, e come funzionava il dono di Alice. Il fatto che la sua testa fosse impenetrabile dai poteri di Edward poteva avere molte spiegazioni. Carlisle pensava che si trattasse del suo personale dono: aveva uno scudo naturale, che per adesso le serviva solo ad isolare la mente. La spronava a trovare interessi, a seguire una sua strada personale. “La nostra dannazione più banale è la noia, lo scoprirai presto”
Per il momento, annoiarsi era lontano anni luce da Bella. I suoi fratelli, accantonate le gelosie, si divertivano ad accompagnarla a caccia e a farle provare le sue nuove facoltà fisiche. Le giornate le finivano sotto il naso in un baleno, si accorgeva a malapena dell’alternanza fra giorno e notte. Poteva restare incantata, per ore, a osservare i riflessi del sole sulla sua nuova pelle. Parlava poco ma osservava moltissimo, e pensava ancora di più. La sua vita passata le sfuggiva dalla mente come granelli di sabbia in una clessidra. Lo strazio dell’allontanamento dalla sua famiglia non la tangeva più, le sembrava il dolore di qualcun altro: si rendeva conto, sconvolta, che le erano bastati un paio di giorni per dimenticarsi dei suoi affetti più profondi. Anche in questo caso Carlisle le fu d’aiuto. Le spiegò che la distanza dai sentimenti e dalle passioni era uno dei tratti distintivi dell’essere vampiro. Che avrebbe continuato a provare emozioni, ma sarebbero state differenti. E che per quanto grande potesse essere stato l’amore per suo padre e sua madre, lo avrebbe dimenticato insieme a tutti i dettagli della sua vita da umana. “Noi siamo dei vampiri molto più ‘emotivi’ della norma, se capisci cosa intendo. Io non ho mai dimenticato la compassione verso gli esseri umani, e ho cercato di fare in modo che non lo dimenticassero neanche i miei figli. Vivere a contatto con loro ci aiuta. Quasi sempre” concluse Carlisle scoccandole un’occhiata contrita. Ma Bella non sentiva più di odiare Jasper. Anche quello le sembrava un sentimento remoto, umano. Era troppo concentrata su se stessa per percepire altro: viveva in isolamento, ma non se ne rendeva conto.
Nel frattempo i Cullen avevano infatti steso un’accurata rete di protezione intorno alla famiglia: le attività quotidiane continuavano regolarmente, ma la villa nella foresta era impenetrabile. Edward ed Alice erano all’erta, e furono pronti anche alla visita della polizia della Contea. Si presentarono in due, vestiti in abiti civili: benché i Cullen fecero del loro meglio per essere naturali ed umani, entrambe i poliziotti non vedevano l’ora di andare via dal momento esatto in cui erano entrati nella grande casa. Fecero qualche domanda di rito, ma la buona reputazione di Carlisle a Forks era troppo radicata per spingerli oltre le formalità. Bella non c’era, era stata mandata a caccia con Jasper molto più lontano del solito.
I fratelli Cullen avevano ormai accettato Bella Swan come una di loro. La ritenevano buffa e stranamente docile, ma si divertivano a mettere alla prova il suo autocontrollo. Bella era diversa dalle altre donne della famiglia: non era materna come Esme, né fanciullesca come Alice, tantomeno era una femmina fatale come Rosalie. Era uno strano vampiro maschiaccio, taciturno ma vagamente ironico, sempre pronta alla competizione.
Con le sorelle le cose non andavano altrettanto bene. Rosalie la ignorava bellamente, Alice le ronzava intorno ma senza mai approfondire la conoscenza. Bella era a suo agio solo fuori casa, quando scorrazzava tra i boschi, abbandonandosi alle sensazioni del suo nuovo corpo. A parte la forza fisica, il suo corpo le dava anche altro genere di grattacapi: si era guardata allo specchio da poco, ed era rimasta stupefatta da quello che vedeva: una giovane donna stupenda aveva preso il posto dell’adolescente imbranata che era stata. Il suo corpo aveva subito una sviluppo accelerato, e si era riempito dove doveva. Il suo volto, i suoi capelli, i suoi piedi perfino, erano diversi e meravigliosi. La sua nuova famiglia le aveva spiegato che la bellezza era uno dei ‘trucchi’ dei vampiri per attirare gli esseri umani, e tra di loro nessuno ci faceva più caso: non esistevano vampiri brutti, quindi l’avvenenza era semplicemente data per scontata. Bella si era scoperta però estremamente pudica, in una famiglia che sembrava non esserlo affatto. O meglio, i Cullen avevano atteggiamenti diversi riguardo al proprio corpo: Rosalie, Emmett e Alice, ad esempio, erano capaci di sguazzare nudi in piscina senza problemi. A Bella era capitato di tornare a casa all’improvviso e di vederli, nudi e bellissimi, che giocavano ai gavettoni in cortile. Era rimasta così turbata da scappare via e fermarsi quasi al confine con lo Stato. In quel caso, era stato Edward a ritrovarla e a riportarla a casa, senza una parola di rimprovero né una domanda. Bella sapeva che i Cullen si consideravano fratelli, ma la loro unione sessuale non mancava di imbarazzarla costantemente: in questo era simile ad Edward, e se ne accorse subito. Capì che quel ragazzo silenzioso e un po’ saccente era il più solitario della famiglia, l’anima in pena, se questa definizione non le fosse sembrata ridicola. Anche se tutti la tenevano d’occhio, erano Jasper ed Edward a seguirla praticamente ovunque: non la mettevano a disagio, non la imbarazzavano ne la prendevano in giro. Contro ogni aspettativa, divennero i suoi fratelli prediletti.
“Ho trovato qualcuno che parla meno di me, è interessante”, la stuzzicò un giorno Jasper, sorprendendola vicino al fiume. “Il mio silenzio passa inosservato solo perché Alice parla per tutti e due”
“Com’è successo? Voglio dire, come ti sei innamorato di lei?” gli chiese a bruciapelo Bella, guardandolo fisso negli occhi d’ambra. “Bè – sospirò Jasper- è stato strano, e improvviso. Ci siamo incontrati, lei mi ha detto che mi aspettava da sempre, e anche a me è sembrato di essere arrivato alla fine di un… percorso. Mi trovavo al mio posto, non so se capisci cosa intendo” Bella non rispose, adesso fissava l’acqua, come ipnotizzata. “Ok. Capiterà anche a te, prima o poi. Hai un sacco di tempo davanti”
Bella si alzò, Jasper capì che la conversazione era chiusa. Mentre stava per precederla sulla via di casa, sentì la limpida voce di Bella chiedergli: “Sei pentito?”
“Di cosa?”
“Di avermi trasformata”
“Si, Bella. Assolutamente si. Te l’ho detto mille volte. Non avevo il diritto di mettere fine alla tua vita. Non me lo perdonerò mai e poi mai”
“Magari questo è il mio, di percorso”
Si fissavano, in piedi, faccia a faccia. “Magari si”, le concesse Jasper. “Vuol dire che mi hai perdonato?”
Ma Bella era già lontana. |
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