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di FrannieCullen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The last ***
Capitolo 2: *** Scomparsa ***
Capitolo 3: *** In fuga ***
Capitolo 4: *** Nuova specie ***
Capitolo 5: *** Patti ***
Capitolo 6: *** Gelosia ***
Capitolo 7: *** Caccia ***
Capitolo 8: *** Il fanclub di Bella ***
Capitolo 9: *** Percorsi ***



Capitolo 1
*** The last ***


 

Ciao a tutti… è la prima volta che mi cimento con una FF del genere. Il tema è triste e i personaggi non sono esattamente quelli che siamo abituati a conoscere, almeno, non sono così perfetti come la zia Steph ce li ha sempre dipinti. Aspetto indicazioni e consigli, ma siate buoni….






L’ultima mattinata nella vita di Bella Swan fu un tipico mattino della penisola olimpica: fosco e nebbioso, ma con una promessa inespressa di primavera nell’aria, come se il sole ce la mettesse tutta per farsi vedere, anche dietro agli spesso nuvoloni. Non pioveva, quindi per gli standard di Forks era una gran bella giornata.

Da poco arrivata in città, Bella non aveva stretto molti legami a scuola: era ancora nella fase in cui la fissavano tutti,  deliziati all’idea di una novità che li distogliesse dalla noia che li affliggeva.  Non  le piaceva essere a centro dell’attenzione, e temeva sempre di deluderli: alla fine si sentiva una ragazza noiosa anche lei, e sperava che passato il primo inconsapevole entusiasmo, la lasciassero stare.  Sola con i suoi libri e con la sua tristezza, possibilmente. Ecco perché, in un’ora di buco fra una lezione e l’altra, se ne stava su quella panchina poco distante da scuola, a ripassare una lezione di inglese che sapeva già a memoria. Era sola, nell’arco di parecchi metri: i suoi compagni di classe, eccitati dall’assenza del prof., avevano approfittato per filarsela. Lei, Bella Swan, era rimasta a scuola, ligia al dovere, per la prossima lezione.

Avvertì qualcosa, l’attimo prima? Forse sentì l’aria rarefarsi, mentre qualche dimenticato recettore del pericolo le si tendeva dietro la nuca? Era una ragazza sensibile, ma pur sempre un’umana. Probabilmente non si accorse di nulla, ebbe soltanto la fugace visione di due occhi tristi e profondi che la fissavano, un attimo prima di morire.



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Capitolo 2
*** Scomparsa ***


Mike Newton considerò per la prima volta, seriamente, quanto fosse spaventoso Edward Cullen. Né strano, né montato, né antipatico: realmente spaventoso. Fu una considerazione veloce la sua, lo spazio di un secondo mentre quello si alzava in piedi di scatto, facendo cadere dietro di sé la sedia con un rumore secco. “Signor Cullen…Edward.. cosa..?” la professoressa Goffman era spaventata a sua volta. Con i denti scoperti e gli strani occhi fuori dalle orbite, Edward Cullen strinse i pugni e disse, con una voce che nessuno in quella classe avrebbe mai dimenticato: “Ho bisogno…di uscire”. Mike fece appena in tempo a notare che aveva fatto a pezzi la penna che aveva in mano. La pelle  sul suo braccio si aggrinzì mentre Cullen gli passava a fianco e si dirigeva verso la porta, con una strana andatura claudicante e innaturale.

“Roba da matti” pensò rabbrividendo.

 In fondo al corridoio, nell’aula di algebra, si era verificata da qualche minuto una scena simile. A balzare in piedi era stata la pallida Alice Cullen, mentre prendersi un bello spavento era toccato alla sua compagna di banco, Lauren.  Quella stramba Cullen aveva gli occhi vuoti, come fosse cieca, ma quando l’aveva toccata sul braccio aveva sentito che era fredda come il ghiaccio. Aveva gridato qualcosa, ma l’attimo dopo non c’era più. Il professore si era girato appena, mentre scriveva equazioni alla lavagna: catalogò la cosa come una stranezza da studentessa isterica, e la ignorò.

Jasper Hale, il maggiore Whitelock, aveva appena affondato i denti nel collo morbido della sfortunata mortale che aveva incrociato nel cortile, isolata e indifesa su una panchina. Solo un attimo, e il sapore bestiale del sangue otturò i suoi sensi e la sua percezione del mondo. Un piacere infinito, lussurioso, che credeva di aver dimenticato, riaffiorò in ogni fibra del suo essere, e Jasper si sentì di nuovo completo, vivo, felice, come non lo era da anni. Nella sua mente spaziosa e iperattiva da vampiro, seppure ottenebrata dal piacere del sangue, cominciarono a farsi spazio flash indesiderati, che ferivano la parte interna dei suoi occhi: il dolore di Alice, la rabbia dei suoi fratelli, la delusione dell’uomo buono che lo aveva adottato come un figlio. Cosa stava facendo? Aveva lasciato che la sua natura avesse il tragico corso che tutti temevano. Ci aveva provato, Dio solo sa se lo aveva fatto, ma alla fine avevano ragione loro: era un mostro, un assassino nato. Aveva ucciso un’umana nel cortile della scuola. Le sue mani percepivano appena il peso del suo corpo, la sua bocca non riusciva a staccarsi dalla giugulare che aveva reciso. Chi li avesse visti da lontano avrebbe pensato a un bacio troppo passionale, per essere ammissibile su una panchina fuori scuola. Jasper avvertì sulla fronte i capelli della ragazza, e con essi il peso della sua disperazione, della sua schiacciante colpa. L’attimo dopo era finito con la schiena contro un robusto cipresso, che si spezzò sotto l’impatto: occhi negli occhi con Edward, il suo perfetto fratello, che lo aveva strappato dal corpo di quella ragazza e gli leggeva la mente, come sempre, come ogni maledetto giorno. Sospeso in aria a diversi centimetri da terra non si ribellò,  ma chiuse gli occhi e aspettò l’odio, la vergogna, il castigo. Alice non c’era. Jasper aveva visto solo che Rosalie stava scappando da qualche parte con il corpo della ragazza stretto fra le braccia. Non aveva voluto neanche guardarlo negli occhi. Sentì che Edward lo riappoggiava a terra, con delicatezza. Si aspettava di percepire l’onda della sua indignazione e del suo disprezzo, ma quando aprì gli occhi in quelli del fratello lesse solo pietà.

Carlisle Cullen cercava di essere una brava persona, ed un buon medico. Il fatto che fosse un vampiro da 400 anni non lo rendeva tanto peggiore di molti umani che conosceva: nei momenti di sconforto se lo ripeteva, quando cercava di convincersi che la strada che aveva intrapreso secoli fa, e che aveva indicato anche ai suoi figli, fosse la migliore e la più giusta. Quella mattina gli bastò guardare Rosalie per capire che qualcuno aveva fallito la sua missione. Uno dei ragazzi non era riuscito a tenere fede al patto dei Cullen, rispettare la vita umana. Subito nel suo cuore e nella sua mente si fece avanti un nome. Carlisle sussurrò: ‘Jasper…?’ Gli occhi freddi e rabbiosi di Rosalie gli diedero la risposta.

Rosalie aveva portato il corpo di Bella fino in ospedale, da Carlisle. L’aveva tenuto discosta da sé il più possibile e aveva serrato gli occhi, il naso e qualunque altro orifizio: con la mente era tornata al lungo viaggio intrapreso con Emmett morente fra le braccia. Come quella volta, era riuscita a resistere all’odore del sangue: non era una donna particolarmente compassionevole, ma aveva un forte senso del giusto e sapeva ciò che andava fatto. Aveva portato la ragazza da Carlisle, perché non era ancora morta. Voleva sapere da lui cosa era più giusto fare. Dovevano finirla, e mettere quindi fine anche alle sue sofferenze, o aspettare che il veleno di Jasper entrasse in circolo e la trasformasse? Vedeva le due opzioni danzare negli occhi affranti del suo padre adottivo. Bella Swan andava portata via da lì, subito: in capo a pochi minuti il veleno le avrebbe sigillato le vene e sarebbe cominciato il processo di trasformazione. Se doveva essere eliminata, era questione di secondi: Rosalie sapeva che Carlisle non l’avrebbe mai fatto.

 ‘Posso farlo io’ gli disse seccamente ‘è un atto molto più compassionevole che lasciarla soffrire e tramutarsi in uno di noi’. Carlisle subì l’ennesima stilettata che la sua figlia più riottosa gli stava infierendo: Rose odiava essere una vampira, avrebbe preferito morire da umana quando era giunta la sua ora. Sebbene amasse Carlisle e lo rispettasse, non gli aveva mai perdonato di averle donato l’immortalità. Ora il dottor Cullen rialzò gli occhi e li fissò nel viso di Rosalie: ‘Non ucciderò questa ragazza. Sono responsabile per le azioni di Jasper, e se lui l’ha privata della vita mortale io non posso non dargli l’opportunità di continuare a vivere da immortale. Se lo desidera, Bella Swan sarà una di noi. Altrimenti ha il mondo a disposizione per sfruttare la sua seconda occasione. Forse lei lo apprezzerà’. Con Bella fra le braccia, uscì dal suo studio.

Bella giaceva sdraiata, immobile e pallida come un cadavere, su un lettino da ospedale. Esme le aveva ripulito il volto e il corpo dal sangue, e la vegliava in silenzio. Intorno al corpo di Bella si era riunita silenziosamente la famiglia Cullen, Jasper escluso. “Non so dove sia”, aveva detto Alice fra disperata. Era sfuggito all’abbraccio di Edward, gli aveva chiesto di poter stare un po’ da solo: non era ancora tornato. Alice malediceva se stessa, la sua fissazione perché Jasper frequentasse la scuola, il ritardo fatale nel comprendere le sue intenzioni. Edward, l’unico che sentiva fino in fondo i suoi pensieri, le stava accanto in silenzio, offrendole un muto conforto. Tutti fissavano il volto delicato e innocente della ragazza stesa sul lettino, in attesa delle prima grida, i primi spasmi dovuti al fuoco del veleno che si diffondeva. Edward fissò il bel volto sul vetro antiproiettile della cantina che Carlisle aveva attrezzato per assistere la trasformazione di Bella. Prevedeva che quando si sarebbe svegliata avrebbe fracassato tutto ciò che la circondava, per la paura e la disperazione, nell’impeto della forza disperata e letale dei neonati vampiri. Riusciva a leggere i pensieri di tutti i presenti, e percepiva con mano l’accorato dolore di Carlisle, la sensazione di fallimento che provava, la tragedia del dover offrire a una ragazza innocente l’inferno eterno per riparare almeno in parte ad uno sbaglio naturale, prevedibile, che uno dei suoi figli aveva commesso. Sentiva la compassione di Esme per la ragazza, che già considerava una figlia. Lo sdegno di Rosalie, la preoccupazione di Emmett per Jasper.

Anche lui compativa Bella Swan, ovviamente. 17 anni, come lui quando era successo. Addio vita, addio speranze, addio umanità: tutto finito, in cambio di una forza sovrumana e la sete costante a bruciare la gola. La compativa ma se ne sentiva infastidito: per colpa della sua sparizione, avrebbero dovuto lasciare Forks. Il più presto possibile, come ripeteva a Carlisle ogni cinque minuti. Sparire, ricominciare da capo, occuparsi di una sciocca e sanguinaria vampira neonata, come quella ragazza sarebbe stata per almeno un anno. Avrebbero dovuto rifugiarsi lontano dai centri abitati, stare attenti ad ogni contatto con l’esterno. Clandestini, come da secoli. Quando Bella Swan spalancò gli occhi marroni e cominciò a urlare, Edward abbandonò la stanza.

 

Sapeva di trovarlo lì. Scorse il biondo dei capelli di Jasper da prima di passare il fiume con un salto. Se ne stava fra gli alberi, intento a fissare il tramonto. Gli disse quello che Edward già aveva sentito nei suoi pensieri: “Me ne vado, fratello. Non posso mettervi in difficoltà una volta di più. Mi vergogno di tornare da Carlisle. Non sono degno di questa famiglia”. Edward lo lascio sfogare e poi lo corresse: “Tu non vai da nessuna parte, Jasper. Avrai il dovere di guidare e istruire questa ragazza. E non ti azzarderai a far soffrire di nuovo mia sorella”. Edward aveva sibilato le ultime parole, guardandolo fisso. Jasper Hale ancora non aveva capito, ma l’avrebbe fatto a breve, che la sua redenzione sarebbe passata attraverso Bella Swan.

La notte calava minacciosamente su Forks. Su un padre disperato che non ha visto la figlia rientrare a casa da scuola, e che ha allertato la polizia di tutta la regione per trovarla. Su un giovane Quileute che teme di cedere ai sospetti più tragici che lo stanno attanagliando. Su una giovane che moriva, per lasciare posto all’immortale che sarebbe diventata.



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Capitolo 3
*** In fuga ***


Ecco il secondo capitolo, spero che la storia possa cominciare a piacervi…ingrandisco anche un pò il carattere, quello di prima era da perdita delle diottrie! ^^

Quando Bella si svegliò, convinta invece di essere morta in un incendio e di trovarsi in una sorta di assurdo inferno, la prima cosa che vide furono gli occhi dorati di Carlisle che la fissavano. Ancora non poteva sapere che al pensiero avrebbe risposto immediatamente il suo nuovo ed efficiente corpo: quando il suo primo, disperato e inconsapevole istinto fu quello di scappare, lo pensò soltanto, ma si ritrovò senza sapere come acquattata in un angolo, come una bestia pronta ad attaccare. Stranamente, si sentiva benissimo. Solo la gola le doleva in modo atroce, ma era troppo occupata a percepire l’infinita realtà che la circondava per dargli peso. Vedeva la luce come se fosse solida. Sentiva l’odore di legno del parquet e mille altri, sovrapposti, della foresta che la circondava fuori da quelle mura. Le sembrò di riconoscere fiori, muschio, forse fumo, da qualche parte una lozione per capelli. Ma era troppo, tutto, troppo veloce. Pensò di impazzire mentre il panico si impossessava di lei, e la sua nuova mente cercava di ricostruire senza riuscirci cosa le era successo prima di quel momento, prima del fuoco. Come se la sua mente fosse un processore inceppato, si ricordava solo della panchina fuori scuola, e poi andava in crash. Era un ricordo strano però, fumoso. Senza l’alta definizione delle immagini che vedeva adesso. Poi qualcuno parlò: “Dove sono?”

Si guardò intorno, muovendosi velocissima a sua insaputa. Il suo nuovo istinto la portò a catalogare l’ambiente e la persona che aveva davanti in termini di difesa e di attacco. Inconsapevolmente, stava misurando la distanza che la separava dalla gola dell’uomo che le stava davanti. Poi lo udì parlare, e le sue parole la distrassero dal resto: “Sei al sicuro, Bella. Nessuno ti farà del male. Puoi alzarti, se vuoi”. L’uomo si rivolgeva a lei. Si accorse che era lei ad aver parlato prima. Già, ma lei chi era? Bella Swan, le diceva la sua coscienza. Ma perché era così diversa? Perché non si..riconosceva?

“Voglio andare a casa”, pensò. Ma contemporaneamente lo disse. L’uomo dagli occhi gialli la guardò con un’ombra di perplessità. “Questa è la tua casa adesso, Bella. Ci prenderemo cura di te”
Bella ripensò in un secondo alla sua casa a Jacksonville, a sua madre Reneè, a suo padre Charlie che la stava probabilmente aspettando nella villetta di Forks. Non era ancora abituata ai mille frame dei suoi pensieri, e la forza delle immagini e dei ricordi le si scatenò in testa con potenza. I volti dei suoi cari non erano fumosi nè indefiniti, no: erano vividi, anche se più dolci delle immagini crude che la ferivano adesso.

Si era alzata, e si fissava le mani con stupore. La sua pelle era bianchissima, i suoi arti le sembravano più eleganti, più snelli. “Chi sei tu?” chiese all’uomo che le stava a distanza di sicurezza.

“Il mio nome è Carlisle Cullen. Alcune cose per te sono cambiate, Bella. Sei viva e stai bene, ma sei diversa da prima. Se stai tranquilla andrà tutto bene. Ti spiegherò tutto”

“Mi avete…rapito?” formulò Bella, mille parole al secondo, o almeno così le sembrò.

Nella stanza era entrata una seconda persona: un altro uomo, con i medesimi occhi gialli del primo. Si era mosso in un tale silenzio che non l’aveva sentito entrare. La fissava intensamente. Bella si avvide che in qualche modo si somigliavano, e che erano diversi da tutte le altre persone che la sua memoria ferita le assicurava di aver conosciuto. Erano bellissimi e innaturali. Carlisle non le staccava gli occhi di dosso. Parlò di nuovo.

“Va tutto bene, Bella. Questo è mio figlio Edward”

“Carlisle io… non la sento” sibilò Edward. A Bella sembrò che la guardasse con rabbia. Non le piaceva. Si avvicinò di più a Carlisle, e vide nella visione periferica dei suoi occhi ormai infallibili che il figlio si era messo in guardia. Sentì un ringhio, si accorse che veniva dalla sua gola.

“E’ tranquilla, Edward. Davvero. Non so come, nè perché, ma è tranquilla. E’ solo frastornata. Non riesci ancora a sentire i suoi pensieri..?”

“No”, ancora un sibilo. La guardava come se volesse trapassarla.
All’improvviso
, un rumore la distrasse. Lo individuò e lo separò dagli altri, all’istante. C’era qualcuno dietro la porta. Qualcuno che conosceva. La sua natura da predatore la avvertì di stare in guardia: riconosceva l’odore del nemico. Si immobilizzò all’istante e si concentrò. Tutto le veniva facile, naturale, come se l’avesse sempre saputo fare. Sapeva chi era la persona dietro la porta: i suoi neuroni avevano immagazzinato, senza saperlo, l’odore di Jasper e oggi la sua nuova natura da predatore lo catalogava fra i pericoli mortali, memore dell’aggressione subita. Pensò di fuggire, stavolta sul serio, e fuggì.

Se la stessa Bella Swan o qualcuno che la conosceva avesse potuto vederla in quei 5 secondi della sua fuga, avrebbe compreso l’entità del suo cambiamento. L’instabile adolescente che era stata saettò verso la finestra, si rese conto che i vetri non avrebbero ceduto ai suoi colpi, si buttò verso la porta chiusa scartando le braccia di Carlisle e di Edward e si buttò a capofitto sulle scale. Si lasciò l’odore del nemico alle spalle.
Sfuggì a un altro paio di braccia, sbattè contro quello che le parve un muro ma era un altro strano individuo dagli occhi gialli. Erano appena scoccati i 5 secondi e Bella era nella foresta, libera. Scoprì che colpendo, rompendo e correndo con tutta la sua forza trovava sollievo all’angoscia che la attanagliava. Non capiva ancora niente, il suo nuovo cervello era ottenebrato dalla paura, dall’istinto, dalla fisicità. Brandelli di Bella Swan affioravano a tratti dalla sua coscienza. Uno di quei brandelli le indicò la strada.

 

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Capitolo 4
*** Nuova specie ***


@Blu Ice e Gigetta97: Grazie mille, date forza alla mia storia e a me!

“NO!”

Il grido di Alice, forte e chiaro, riecheggiò sulle pareti di casa Cullen. Edward lo sentì, e lesse i pensieri della sorella anche se era già all’inseguimento di Bella. “Sta andando a casa sua a Forks” comunicò a Carlisle e a Emmett, che lo seguivano sulla scia freschissima della neonata. “Alice ha visto che attaccherà il padre e probabilmente anche qualcuno dei poliziotti che troverà lì”

Sentì lo sgomento di Carlisle, la furia raddoppiata nella sua corsa. “Come abbiamo potuto…farcela scappare” si rimproverò Emmett con asprezza. “In questo momento è troppo più forte di noi, Em. Era prevedibile” sussurrò Edward, sottintendendo la disapprovazione nelle sue parole.  Edward avrebbe voluto lasciare Forks il giorno stesso dell’aggressione di Jasper, ma Carlisle ed Esme avevano insistito perché la ragazza fosse lasciata tranquilla almeno durante la trasformazione. Si sarebbero spostati solo dopo aver provveduto a lei nel migliore dei modi, possibilmente portandola con loro. Carlisle non sopportava l’idea di lasciare una neonata presumibilmente assetata di sangue nei dintorni di un centro abitato, sola e selvaggia. Avrebbe fatto una strage di esseri umani, e sarebbe stata trucidata in breve tempo dai Volturi.

Edward non perse altro tempo a far sentire Carlisle colpevole. Accelerò la corsa, borbottando: “Mi domando dove sia finito Jasper”.  In realtà lo sapeva benissimo: aveva sentito nei pensieri di Alice che era tornato a casa. Il suo odore aveva fatto scappare Bella, e adesso Edward si augurava che se ne stesse alla larga e non cercasse di fare l’eroe, per riabilitarsi agli occhi della famiglia.

In pochi secondi furono nelle vicinanze di casa Swan. Nessuna traccia di Bella. Probabilmente avrebbe cercato di rientrare a casa sua, come se niente fosse successo, e poi sarebbe arrivato l’odore di essere umano. A quel punto, nella sua mente sarebbe calato il buio totale, e avrebbe ucciso chiunque nel raggio di kilometri. Dovevano fermarla prima, perché una volta partita all’attacco anche loro sarebbero stati impotenti.

Di nuovo il tramonto: Bella Swan sembrava una miniatura cinese, stagliata contro il cielo rosso sangue. La videro avvicinarsi incerta alle finestra di casa sua. ‘E’ troppo tardi’, quasi singhiozzò Carlisle.

‘Dobbiamo almeno provarci’ replicò Emmett, risoluto. Si fece avanti, deciso a seguire Bella Swan dentro casa sua e a dare una via di fuga a suo padre, quando l’avesse vista. Non si illudeva di salvargli la vita, ma se ci fosse riuscito avrebbe sempre potuto dire che Charlie Swan soffriva di allucinazioni per lo shock e aveva creduto di rivedere la figlia scomparsa.

Come nella visione di Alice, sul retro di casa Swan c’erano due o tre gazzelle. Edward si spostò da quella parte, per intercettare l’eventuale fuga di Bella, e gettò un’occhiata al salotto. Al tavolo era seduto Charlie, e teneva la mano ad una donna: probabilmente la madre di Bella. Ottimo, si disse sardonicamente Edward. Li ucciderà tutti e due, e nessun testimone. All’improvviso il pensiero di Carlisle lo colpì come una sassata.

 ‘Edward… guardala’

Bella Swan era ancora immobile, e sembrava ancora una miniatura cinese. A quel punto l’odore irresistibile dei suoi genitori doveva averla raggiunta. Ma non si muoveva, sebbene sul suo volto fosse dipinta una atroce sofferenza.  Emmett le stava alle spalle, interdetto. All’improvviso, velocissima, si girò su se stessa e tentò la fuga. Emmett stavolta fu altrettanto veloce, e la abbrancò con entrambe le braccia.

Bella si dibattè, ma debolmente. Edward la sentì dire, mentre si avvicinava ad aiutare il fratello: ‘Portami via… ti prego’.

 Davanti a quella finestra Bella aveva in qualche modo capito di essere diversa da prima, ed aveva dolorosamente capito in che modo. Anche se non poteva ancora comprendere appieno l’entità della sua trasformazione, non avrebbe più cercato di avvicinarsi alla sua famiglia. Il terrore puro che l’aveva invasa quando stava per attaccare i suoi genitori, la sensazione che non avessero più volto, che non fossero Charlie e Renee ma due cuori pulsanti e stillanti… sangue, le aveva fatto capire che cos’era quel desiderio bruciante in fondo alla gola. Ma i brandelli di Bella che la tenevano ancorata a se stessa avevano ridato volto e nome a quei due ammassi di carne sanguinolenta che le tormentavano la mente.

Edward non poteva leggerle la testa, ma era certo, in quell’istante, che Bella avesse detto addio alla sua vita da umana.

Come Bella potesse resistere al richiamo del sangue, era per Carlisle un mistero insondabile. Non sapeva se abbandonarsi al sollievo o addirittura all’esaltazione, pensando di aver trovato finalmente un vampiro perfetto. Creato dalla colpa, e con ancora abbastanza umanità dentro sé per non cedere al richiamo del sangue…  Era dura per Carlisle non credere addirittura che potesse essere l’inizio di una nuova specie di vampiri.

Il sollievo fu per lui solo temporaneo, perché l’attimo dopo il suo telefono vibrò. Era sua moglie Esme, che gli chiedeva di tornare a casa presto. C’era qualcuno che gli voleva parlare.

 

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Capitolo 5
*** Patti ***


Vado avanti pian pianino… la storia mi si srotola nella testa, spero non si inceppi da qualche parte..! Grazie a voi tutti… ;**


Carlisle si ricordava dei lupi Quileute e del patto che aveva stretto con Ephraim Black 50 anni prima. Come avrebbe potuto dimenticarlo? Sapeva anche però che il patto era per lui vincolante fino ad un confine, che era quello della protezione della sua famiglia e della sua etica morale. Sapeva anche, purtroppo, che i Quileute non avrebbero accettato deroghe al patto, ansiosi com’erano di scacciarli per sempre dal loro territorio. I licantropi avevano l’ottusità dei muscoli e della loro legge tribale: ma avevano anche geni mutevoli e di buona memoria, se dopo tutto quel tempo,in un’ottica umana almeno, si trovava davanti un discendente Quileute sospettoso e indagatore.

Sam Uley si fece trovare davanti la porta di casa Cullen. Era teso come una corda di violino, e continuava a guardare nel folto degli alberi, dove senz’altro lo attendeva il suo branco, in forma di lupo.

‘A cosa devo questa visita, giovane Quileute?’

‘Sono Sam Uley, e vengo per farvi qualche domanda. So che tu sei il capo, e so anche che gli anziani della mia tribù ti ritenevano una creatura onesta”

‘Li ringrazio, allora. Ho sempre fatto del mio meglio, e continuo a farlo. Chiedi pure, Sam Uley.’

‘A Forks è sparita una ragazza, dottor Cullen. Svanita nel nulla, a scuola. E ci sono molti testimoni disposti a giurare che proprio quella mattina i tuoi figli hanno avuto comportamenti strani dentro e fuori dalle aule dove facevano lezione’

‘E con questo?’ intervenne Rosalie, che era sulla soglia di casa, alle spalle di Sam. ‘Sapete voi cani quante persone spariscono in questo paese, ogni giorno? Vi sembra che sia sufficiente una sparizione per venire qui ad accusarci?’

‘Sto aspettando la domanda, Sam Uley’ intervenne Carlisle, pronto a spegnere ogni dibattito sul nascere. Sapeva che era meglio tagliare corto, con Edward e Emmett che passavano dal retro per riportare Bella in cantina.

‘In effetti non è proprio una domanda, ma una promessa: la ragazza che è scomparsa è la figlia del capo della nostra polizia. Noi stiamo svolgendo le nostre personali indagini, dottore. Se la piccola Swan non verrà ritrovata, noi continueremo a cercarla. E vi terremo d’occhio. Sparire proprio adesso sarebbe una bella ammissione di colpevolezza, non trovate?’

‘Ti sembriamo sul punto di sparire, Sam Uley?’

‘La promessa è questa, capo-vampiro: se scopriremo che c’entrate qualcosa con la scomparsa di Bella Swan, vi daremo la caccia per sempre, fino a sterminarvi tutti.’

‘Sei stato chiaro, direi. Ma il vero capo Alfa del tuo branco dov’è? Nelle retrovie?’ Edward era comparso accanto a Carlisle, e sembrava fosse lì da sempre. Sam Uley sobbalzò, e si vergognò l’istante dopo di averlo fatto.

Edward sorrise, freddo.  ‘Mi risulta che le gerarchie contino, nel vostro branco. Non accettiamo minacce da un vice sceriffo, Uley’

‘Se vuoi conoscere il discendente di Eprhaim, è la tra i boschi, e sarebbe felice di incontrarti. Ma noi rispettiamo la parola data. Siamo persone perbene’ borbottò Sam, a disagio.

‘Ti sembra che noi non lo siamo stati, Uley? Per 50 anni ed oltre?’ intervenne Carlisle, sulle spine. Mentire non gli si addiceva.

‘Non credo che vi si possa definire… persone’, sibilò Sam.

‘Adesso basta, siamo stanchi delle offese e delle accuse, signor cane randagio’ Questo era Emmett, e il suo aspetto era tutt’altro che rassicurante. La grossa mole e i denti scoperti lo rendevano terrificante anche ai 10 paia d’occhi che lo spiavano dalla foresta. ‘Quando avrai la prova che abbiamo banchettato con Bella Swan, torna. Ti aspettiamo. Ti aspetterò io personalmente’

Sam Uley non raccolse la sfida, e diede le spalle ai Cullen. Disse ancora: ‘Ricorda, dottor Cullen’, e sparì diretto nel folto dei boschi.

‘Come sapevi la storia del capo alfa, fratello?’, chiese Emmett ad Edward mentre raggiungevano la cantina, dove Bella era rimasta tranquilla, sorvegliata da Alice. ‘Leggo nel pensiero Emmett, ricordi?’ sorrise Edward.

Il sorriso gli morì sulle labbra quando vide le condizioni in cui versava l’unica persona, nel raggio di chilometri, di cui non riusciva a conoscere la mente.

 

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Capitolo 6
*** Gelosia ***


Eccomi di nuovo qua con il V cp!
I Cullen sono presi decisamente in contropiede… almeno, alcuni di loro. Grazie a tutti per le visite e i commenti!

Bella si teneva le gambe strette con le braccia, e si dondolava avanti e indietro, in una sorta di trance ossessiva. Non rispondeva a nessuno, non si curava di niente: Esme era arrivata ad offrirle sangue umano dalle scorte dei donatori di Carlisle, per scatenare una sua reazione. Bella aveva reagito malissimo, e per ricondurla alla quiete c’erano voluti tutti e cinque i componenti presenti della famiglia Cullen. Era come se provasse ribrezzo per il sangue umano. “Probabilmente le ricorda che stava per uccidere i suoi genitori”, disse Edward, fissando il viso pallido della nuova vampira. “Hai mai visto un neonato così?” chiese a Carlisle, che vegliava Bella da vicino, evitando di toccarla ma non perdendola di vista un secondo. “No” rispose Carlisle pensieroso. Edward, Rosalie e Emmett avevano distrutto la stanza e cercato di ucciderlo, appena svegli. Esme, che era stata molto religiosa da viva, aveva creduto per giorni di essere in Paradiso, ma non aveva coscienza della sua nuova strabiliante forza, quindi aveva rischiato di strangolarlo solo perché voleva abbracciarlo. “Bella è…addolorata” , disseAlice.

“La sua forza e il suo controllo mi danno da pensare”, continuò invece Carlisle, assorto. “Mi verrebbe da credere che il modo in cui Bella è stata creata, da un atto colpevole e non voluto, abbia contribuito a lasciarle dentro più umanità”.
“Come se Jasper le avesse trasmesso il suo pentimento, insieme al veleno”, concluse Alice, affranta. Jasper si aggirava ancora nei dintorni della casa, come un leone in gabbia. Vista la reazione di Bella alla sua vicinanza, era stato allontanato e non aveva ancora avuto l’occasione di parlare né con Carlisle nè con nessun’altro tranne Alice.

Mentre discutevano, i tre Cullen si resero conto che qualcosa in Bella era cambiato. Era uscita dalla trance e li guardava con gli occhi rossi colmi di paura. Li stava ascoltando.

“Bella” sussurrò Carlisle, senza muoversi di un millimetro. “Hai voglia di parlare?”

Bella fece segno di no con il capo, un’espressione così accorata sul volto bellissimo da spezzare i cuori di pietra dei vampiri presenti. Edward distolse lo sguardo: c’era qualcosa, in quella ragazza, che lo toccava oltre ogni altro sentimento che era riuscito a provare negli ultimi 109 anni. Pena, insofferenza, desiderio di..proteggerla?

“Va bene” continuò Carlisle, sempre a voce bassa. “Vedo che ti va di ascoltare, però. Avrai capito che sei cambiata, che il tuo corpo e i suoi bisogni sono differenti. Te lo dirò semplicemente: adesso sei un vampiro, Bella. Come noi. Sei molto più forte, e veloce, e abile di prima. Il tuo corpo anela al sangue umano: è normale. E’ quello di cui i vampiri si nutrono. Il fatto che tu abbia sentito il desiderio di uccidere i tuoi genitori, purtroppo, è del tutto normale. Sei stata… bravissima a non farlo. Nessun vampiro appena nato avrebbe avuto la tua stessa forza”

Gli occhi di Bella lo seguivano, attentissimi.

“Noi siamo vampiri diversi, Bella. Non uccidiamo la gente, ci nutriamo di sangue animale. Siamo gli unici nel mondo, che io sappia. Quindi, stai tranquilla: non sarai costretta a bere sangue umano. A volte però, il nostro istinto è troppo potente. E’ accaduto a Jasper… con te”

Carlisle notò la contrazione dei muscoli facciali di Bella, e si affrettò a rassicurarla: “Jasper è uno dei miei figli, Bella. Non è malvagio. Capirai con il tempo la fatica che lui fa, continuamente, per resistere alla tentazione. Nel tuo caso non ci è riuscito, e quello che ti ha fatto è…tremendo, e ingiusto. Spero che potrai perdonarlo, con il tempo. Perché di tempo ne avrai moltissimo, Bella. Sei immortale, adesso. Nessuna malattia umana, nè la vecchiaia, potranno ucciderti. Rimarrai per sempre una ragazza di 17 anni”

“Piano, Carlisle” questa era Esme, pianissimo. “Non dirle tutto in una volta. E’ troppo per chiunque”. Marito e moglie si scambiarono uno sguardo d’intesa, ed Esme si avvicinò di un soffio: “Ciao Bella, io sono Esme. Sono la mamma di questi ragazzoni che vedi qui. Stai tranquilla, starai meglio. Potrai condurre una bella vita ed essere felice lo stesso, te lo giuro. Sarei così contenta se tu decidessi di restare e dividere la tua esistenza con noi”

I Cullen si guardarono negli occhi istintivamente, tutti insieme. Inserire un nuovo membro nella famiglia non era una cosa da poco, e nessuno di loro se la sentiva già di comprendere Bella Swan nei loro progetti futuri. Carlisle si avvicinò a Esme e le appoggiò una mano sulla spalla. “Ti lasciamo sola, Bella. Vorrai riflettere, capire. So che non farai nulla di avventato. Noi siamo qui, comunque. Basterà che tu mi chiami, e io verrò da te, quando vorrai”

Tutti si avviarono verso la porta. Rosalie era impietrita, più cerea del solito. Emmett guardava ovunque pur di non incrociare gli occhi degli altri.  Anche Alice guardava fissa davanti a sè, e sentì Esme mormorare a Carlisle. “E’ proprio necessario che resti qui… qui sotto?”

“Non così in fretta, Esme”, la rimproverò amabilmente Carlisle. Ma Edward vide che sorrideva.

Appena fuori dalla cantina sbottò: “Carlisle, ti rendi conto che siamo bloccati qui a Forks con lei? E che arriverà la polizia a farci domande, e che se qualcuno dovesse vederla per noi sarà la fine di tutto? Che abbiamo il branco sul collo, e i Volturi dall’altro lato?”

“Si, Edward” rispose Carlisle, serio. “Ma non abbiamo altra scelta, almeno così pare”

Edward uscì fuori e si allontanò in fretta, correndo. Lontano da Bella Swan, dai pensieri dei fratelli. Lontano dalle strane sensazioni che quella ragazza gli procurava: ansia, istinto di protezione e adesso anche una punta di gelosia, al ricordo di come Carlisle ed Esme fossero stregati da lei, dal suo autocontrollo, dalla sua perfezione.

“Jasper” chiamò, improvvisamente arrabbiato.

E Jasper fu da lui in pochi secondi. “Penso che è ora che tu torni a casa. La ragazza mi sembra abbastanza in forze per sopportare la tua presenza, e in ogni caso, si dovrà abituare. Questa è casa tua”

I due fratelli camminavano vicini, senza parlare. Edward leggeva comunque la gratitudine e la vergogna che esalavano da Jasper, mentre lui lo tranquillizzava inconsapevolmente. “Allora… come sta?” chiese Jasper.

“Bene. E’ una tosta, ce la farà”

“E’ vero che a casa sua è scappata di fronte ai genitori invece di aggredirli?”

“Si. Dovresti vedere Carlisle. E’ in solluchero. E Esme le ha chiesto di rimanere con noi”

“Come? E i lupi? Ho sentito quello che è venuto a dire il loro capo”

“A quanto pare, rimarremo qui per il tempo necessario a sviare da noi i sospetti sulla scomparsa di Bella Swan. Potrebbero volerci anni, comunque. Valuterò con Alice se è il caso di creare una falsa pista. Non mi preoccupa tanto quel branco di cani quanto la minaccia dei Volturi, Jasper. Se qualcuno vede la ragazza, la voce potrebbe arrivare fino a loro. E fargli ritenere che non ci stiamo comportando nel migliore dei modi”

 “Già”

Erano arrivati di nuovo davanti alla porta di casa. “Devo invitarti ad entrare come nei film di Dracula?” scherzò Edward. 

Jasper sorrise, ma il suo fu il più triste dei sorrisi di casa Cullen.

 

 

 

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Capitolo 7
*** Caccia ***


@BlueIce: infatti, è proprio così! Ne sono infastiditi e gelosi insieme, perché turba le loro vite e conquista i loro genitori… vedremo se almeno Jasper riuscirà a farsi perdonare! L’idea di fondo di questa ff era proprio questa, mostrare ‘l’umanità’ dei Cullen, invece che la perfezione che conosciamo bene! J J J

Grazie per il supporto, e perdonate se i capitoli sono sempre un po’ brevi. Mi vengono di getto, e li pubblico così come sono!

 

 

“NEANCH’IO HO CHIESTO DI DIVENTARE UNA VAMPIRA!”

I pensieri di Rosalie erano assordanti. Era in momenti come questo che Edward malediceva il suo dono: non poteva fare a meno di ascoltarla, non avrebbe pututo neanche se fosse stato lontano da casa.

“Eppure non sono mai stata così compatita. Carlisle mi ha salvata, si, ma nessuno glielo aveva chiesto… e adesso…povera Bella, povera Bella… rimani con noi, Bella. Sei bravissima, Bella. Quanto sono stata brava IO, però, nessuno lo ha notato, vero? E’ perché ho ucciso Royce King? O perché gli ho proposto di far fuori Bella quando era ancora un’umana in fin di vita? Posso andare via quando voglio, se non sono più gradita. Non c’è che da dirlo….”

Edward cercò di isolarsi dalle strida di Rosalie, cercando riparo nei pensieri tenui di Carlisle. Anche lui era parecchio concentrato, e la sua mente macinava supposizioni. Potevano le caratteristiche di un vampiro essere influenzate dalla persona che li creava? Quanto restava del carattere di un essere umano in un vampiro neonato? Sentimenti impalpabili come il rimorso, la bontà, potevano influenzare la biologia, e fino a che punto?

Esme e la sua mente erano il solito porto tranquillo. Ma anche lei stasera contribuiva ad agitare Edward. Le sue divagazioni sulla stanza che avrebbe sistemato per Bella, sulla tappezzeria che avrebbe scelto con lei, lo facevano riprecipitare in quel limbo di gelosia che si rimproverava.

Alice, nella mente della quale sperava di trovare la razionalità che a lui mancava in questo momento, non era presente. In un istante, Edward capì dove fosse, e con chi. Decise di aspettare.

 

“Toc toc”

Alice entrò in cantina a passo di danza, senza aspettare di essere invitata a farlo. Trovò Bella seduta nel medesimo angolo dove l’aveva lasciata, non più contratta, non più in trance nervosa. Semplicemente assente, almeno così le parve.

“Ciao Bella…. Ormai saprai che io sono Alice. A quanto pare staremo insieme per un po’”

Alice si era seduta con naturalezza a terra, vicino a lei. Istintivamente Bella si ritrasse, ma Alice le toccò piano un ginocchio. “Ehi, sorellina. Basta con queste menate. Nessuno ti farà del male, stai tranquilla. Ok, adesso ti sembra uno schifo, ma in futuro andrò meglio. Ti senti la persona più sfortunata della terra ma ascoltami… non sai in realtà quanto sei stata fortunata invece!


Bella strinse gli occhi ferocemente, ma almeno Alice fu certa che la ascoltava e la capiva. “Volevo dire che Carlisle ed Esme sono le persone migliori di questo mondo. Con noi starai bene, credimi. Devi solo accettare la tua situazione e…le sue conseguenze”

Nessuna risposta.

“Va bene, prendi me. Ho cominciato a vivere di nuovo, su serio, quando ho incontrato… Jasper e sono arrivata qui dai Cullen”

Ecco la consueta reazione di paura e ferocia insieme. Alice attaccò: “In effetti devi accettare anche qualcos’altro, e io sono qui per questo. In questo momento il tuo cervello ragiona come quello di un predatore qualunque: aggressione, pericolo, difesa. Carlisle però pensa che tu possa fare meglio di così e io… io non riesco a vedere un accidente. Mi spiego: di solito vedo il futuro. Almeno, le situazioni conseguenti alle decisioni delle persone, sempre suscettibili di cambiamento. Nel tuo caso quindi, tutto. Ma Jasper… ecco, lascia che ti spieghi”

Alice le si fece più vicina. “Non è solo mio fratello, è anche l’amore della mia vita. Lo aspettavo da sempre, ma probabilmente non l’avrei mai conosciuto se non fossi diventata…come sono. Capisci perché in fondo sono grata di questa seconda esistenza? E comunque, lui non è cattivo. Ricordati per un attimo quando eri umana e avevi fame: se fossi stata a dieta e avessi per un giorno, dopo anni di disciplina, mangiato un piatto di patatine, saresti malvagia per questo?”

“Le..patatine…non sono..vive!” Lo scatto di Bella e la sua risposta stupirono addirittura Alice. Bella si era alzata in piedi, e la guardava dall’alto, con gli occhi ancora più rossi. “Io non sono un piatto di patatine, ero una persona normale! Avevo una famiglia, una vita!”

“Hai ragione, Bella” la voce di Jasper provenne dal fondo della stanza. “Hai ragione, e non posso che scusarmi. Se non vorrai mai perdonarmi, lo capisco. Se non mi vuoi intorno, lo capisco. Ti prego solo, non farla pagare alla mia famiglia. Loro fanno del loro meglio. Lo sbagliato sono io. Si rivolse poi ad Alice con una smorfia: "pessimo paragone quello delle patatine"”

Bella si era irrigidita, era pronta all’attacco. Ma anche sulla sua ira da neonata faceva presa il potere di Jasper, e lentamente si andava calmando.

“Adesso” continuò cauto Jasper “Ho un’idea. Sei arrabbiata, sei triste e sei spaventata, ma hai anche fame, e avercela con me non ti sfamerà. Hai bisogno di andare a caccia. Vieni con me Bella, qualcuno deve mostrarti come sopravvivono i Cullen”

Alice chiuse gli occhi, e mormorò: “Carlisle non ne sarà contento”, ma ormai aveva deciso di appoggiare Jasper, e non aveva altra scelta. Con un semplice movimento della mano aprì la porta finestra che dava sul retro della casa. Bella dimenticò l’ira, Jasper e il dolore, e vide solo la notte davanti a sé. L’attimo dopo erano già scomparsi nel folto della foresta.

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Il fanclub di Bella ***


“Siete degli sconsiderati e degli incoscienti” ringhiò Edward mentre correva nella foresta, con la piccola Alice dietro. “State impazzendo tutti? Da quando è arrivata questa Swan la mia famiglia sta dando i numeri, la più sana di mente è lei che è una neonata!”

Edward era arrabbiato sul serio, e Alice, caso veramente strano, si limitava a rimanere in silenzio.

“Se dovevamo rovinare tutto così, con due giorni, tutta la nostra vita, i nostri sacrifici, quello che abbiamo costruito bè…potevate dirmelo prima. Jasper non è l’unico che sente ancora il richiamo del sangue”

Alice rabbrividì, ma tacque ancora.  Tanto Edward gli leggeva la testa, e sapeva che lei l’aveva fatto per Jasper, per fare a modo suo. Per permettergli di aiutare Bella e recuperare punti agli occhi della famiglia. Era sicuro che grazie al suo potere, all’indole di Bella e al suo intuito, non avrebbe avuto problemi a circoscriverla. E dopo ‘mangiato’, Bella sarebbe stata più ragionevole. Jasper pensava che prima o poi sarebbe scappata per andare a procacciarsi il cibo, umano o animale che fosse.

“Risparmiami le sue teorie” bofonchiò Edward. “Questo è il ringraziamento per averlo riportato a casa. Pensava che l’avremmo affamata? Qualcuno di noi avrebbe cacciato per lei i primi tempi. E’ troppo rischioso, maledizione! Se incontrasse un campeggiatore? Non tutti gli umani sono suoi parenti! Se ha avuto scrupolo, e non sappiamo ancora perché, a sbranare i genitori, non vuol dire che li avrà con un estraneo!”

“Hai ragione, Edward” cercò di arginarlo Alice. Si erano fermati, avvertendo la scia di Jasper, che si interrompeva improvvisamente. “Ma ascolta, andrà tutto bene. Li ho visti!”

“Li hai visti? Non ti lamentavi a destra e a manca che non riuscivi ad avere visioni su Bella?”

“Infatti l’ho avuta su Jasper”, sbuffò Alice. Adorava suo fratello, e sapeva di essere in torto con questa storia dell’evasione di Bella. Ma Edward quando ci si metteva era snervante, sul serio! “Ho visto Jasper e Bella insieme, sereni. Sentivo che era futuro immediato-mentì poi- quindi escludo che si trovino a banchettare con un campeggiatore, al momento”

Alice non la stava dicendo tutta. Non aveva idea di quando si sarebbe verificata la visione, come sempre. E c’era qualcos’altro che le dava da pensare: aveva omesso di dire che aveva visto Jasper con un braccio appoggiato sulle spalle di Bella. Stava cercando di non dare eccessiva importanza alla cosa, che invece l’aveva turbata profondamente. Jasper era uno schivo, e non era mai fisicamente affettuoso. Solo con lei, e solo nei momenti di intimità. Non era tipo da buffetti o carezze, insomma.
E poi, la breve visione aveva un carattere particolare, mostrava una complicità fra i due che Alice non riusciva ad immaginare come realizzabile, visto che Bella sobbalzava solo all’odore di Jasper e comprensibilmente ce l’avrebbe avuta con lui ancora per un bel po’.

Si riscosse in fretta da questi pensieri, sperando che Edward non li avesse colti. Cercò invece di essere ottimista, pensando che forse l’aggressione a Bella  sarebbe stata una svolta per Jasper, e che l’avrebbe trasformato di nuovo, stavolta in un vampiro meno guardingo.

Edward non aveva sentito i pensieri di sua sorella, perché finalmente aveva colto quelli di Jasper. “E’ una cannonata” stava pensando in quel preciso istante. “Ok, non sta mangiando persone, nè hanno incontrato i Quileute nel bosco”. Almeno, Edward lo sperava. Disse ad Alice: “Li ho trovati”

 

                                                                                           ***

Bella aveva corso moltissimo, ed avrebbe continuato a farlo se all’improvviso Jasper non le si fosse parato davanti, attarrendo davanti a lei come sceso dal cielo. In realtà l’aveva aspettata su un albero, a lato del sentiero che stava percorrendo. Lei era forte, ma lui prevedeva le sue mosse. Bella non scappava più: lo aveva aggirato con facilità, e all’istante si era sentita calma, tranquilla. Aveva rallentato, e lui l’aveva raggiunta.

“senti niente nell’aria?” le aveva chiesto, guardandola con quegli occhi profondi accesi di interesse.

“Sento tutto, a dire il vero”, aveva risposto Bella, ancora indecisa se parlare o meno con lui, il Grande Colpevole di tutta questa situazione. Ma la corsa l’aveva scaricata, e si sentiva ancora stranamente tranquilla. “Concentrati” le ordinò Jasper. “Sentirai qualcosa che ti guiderà automaticamente, senza pensarci”. Aveva ragione. Dopo qualche minuto, Bella era sulle tracce di un grosso alce. Lo aggirò, si mise controvento per non spaventarlo. Guardò Jasper negli occhi, come a chiedergli conferma di quello che stava per fare. Lo vide annuire. Poi fu tutto veloce, come lo era sempre, quasi fuori dal suo controllo: balzò alla gola della bestia, che non si rese conto neanche di quello che gli succedeva. Fu allora che Jasper pensò: “Questa è una cannonata. Caccia come se non facesse altro da secoli”. Bella dal canto suo stava imparando in fretta: che quella sensazione di nervosismo bruciante che sentiva da prima era fame. Che l’alce l’aveva saziata, anche se non era buono come sarebbero stati… i suoi genitori. E capì anche che poteva fidarsi di Jasper, anche se francamente, lo odiava.

Bella non poteva saperlo, ma Jasper aveva avuto ragione: si sentiva meglio, più tranquilla. Qualcosa dentro di lei, quella parte del suo cervello che da umana l’aveva resa intuitiva, le fece capire che ormai il suo appagamento personale sarebbe derivato in massima parte dai bisogni fisici che avrebbe soddisfatto. Adesso, senza bruciori in gola, tutto il resto del mondo si impossessò della sua attenzione. La notte con i suoi mille odori e rumori. Lo stornire di ogni singola foglia, il luccichio della stelle che non aveva mai visto così bene. La consapevolezza che il suo corpo non avrebbe avuto freddo, nè sentito stanchezza, se avesse deciso di contemplare per ore lo stesso gruppo di lucciole vagabonde. Jasper la fissava ancora: all’improvviso le fu vicino, troppo.


Bella si ritrasse, ma guardò cosa le porgeva: era una pietra, abbastanza grossa da riempirle la nuova mano, bianchissima sotto la luce della luna. “Stringila” le ordinò Jasper. Bella non si mosse. “Va bene, stringila come se fosse la mia testa”, le ripetè, pazientemente. L’attimo dopo della pietra era rimasto un cumulo di sassolini. Bella si spaventò, ma Jasper rise. “Sei molto forte adesso, Bella. Ma sei anche preda degli istinti. Hai un controllo eccezionale, ma devi stare sempre molto concentrata se non vuoi fare del male a qualcuno”

“A te per esempio?” chiese la ragazza, sfoderando una sorta di bizzarro sorriso

“Certo, potresti provarci” Jasper era assolutamente tranquillo. “Anzi, forse cercare di uccidermi ti aiuterebbe con la rabbia che senti dentro. Certo, non ti garantisco che ci riuscirai”

In un balzo Bella era già lontana. “Già, ma tu non vuoi, vero?” Jasper non si era mosso.

“Sei una brava vampira” lo pensò soltanto, ma suo fratello Edward gli rispose, sedendosi accanto a lui. “Anche tu, Jasper. Sei un testone e un incosciente, oltre che un immortale quantomeno impulsivo. Ma sei un bravo vampiro, non posso negarlo. Sei  entrato nel fan club di Bella, a quanto vedo”

“Devo dire che mi stupisce. E comunque, se qualcuno deve prendersi la responsabilità di lei, quello sono io. E’ il minimo che possa fare”

“Andiamo a casa?” chiese Edward, stavolta rivolto a Bella. Lei non rispose, ma corse avanti e, preparandosi a saltare, rivolse ai due Cullen uno sguardo strano, quasi malizioso.

“Vi sta prendendo in giro”, chiarì Alice. “Basta toglierti il vantaggio della telepatia e diventi un tontolone, Edward. Si burla di voi perché sa che è più veloce”

I fratelli Cullen si alzarono all’unisono per inseguirla, borbottando imprecazioni.

Alice, rimasta di nuovo sola, sbuffò: “Uomini. Non vedono più in là del loro naso”. Ma sul suo visetto sbarazzino non c’era traccia di divertimento.

 

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Capitolo 9
*** Percorsi ***


La vita di Bella con i Cullen subì alcune fondamentali modifiche nei giorni successivi. Venne trasferita dalla cantina al piano superiore, ed Esme cominciò subito a lavorare alla sua nuova stanza. Carlisle le spiegò quello che doveva sapere sulla sua nuova natura e sulle regole che doveva rispettare, le raccontò dei lupi quileute e della loro missione, le spiegò la scelta che aveva fatto tanti anni prima e che cercava di far comprendere anche ai suoi figli. La esortò a non abbassare mai la guardia, a non fidarsi del suo autocontrollo: era convinto che fossero la tensione e la paura a renderla così docile. Le spiegò che Edward leggeva i pensieri, e come funzionava il dono di Alice. Il fatto che la sua testa fosse impenetrabile dai poteri di Edward poteva avere molte spiegazioni. Carlisle pensava che si trattasse del suo personale dono: aveva uno scudo naturale, che per adesso le serviva solo ad isolare la mente. La spronava a trovare interessi, a seguire una sua strada personale. “La nostra dannazione più banale è la noia, lo scoprirai presto”

Per il momento, annoiarsi era lontano anni luce da Bella. I suoi fratelli, accantonate le gelosie, si divertivano ad accompagnarla a caccia e a farle provare le sue nuove facoltà fisiche. Le giornate le finivano sotto il naso in un baleno, si accorgeva a malapena dell’alternanza fra giorno e notte. Poteva restare incantata, per ore, a osservare i riflessi del sole sulla sua nuova pelle.  Parlava poco ma osservava moltissimo, e pensava ancora di più. La sua vita passata le sfuggiva dalla mente come granelli di sabbia in una clessidra. Lo strazio dell’allontanamento dalla sua famiglia non la tangeva più, le sembrava il dolore di qualcun altro: si rendeva conto, sconvolta, che le erano bastati un paio di giorni per dimenticarsi dei suoi affetti più profondi. Anche in questo caso Carlisle le fu d’aiuto. Le spiegò che la distanza dai sentimenti e dalle passioni era uno dei tratti distintivi dell’essere vampiro. Che avrebbe continuato a provare emozioni, ma sarebbero state differenti. E che per quanto grande potesse essere stato l’amore per suo padre e sua madre, lo avrebbe dimenticato insieme a tutti i dettagli della sua vita da umana. “Noi siamo dei vampiri molto più ‘emotivi’ della norma, se capisci cosa intendo. Io non ho mai dimenticato la compassione verso gli esseri umani, e ho cercato di fare in modo che non lo dimenticassero neanche i miei figli. Vivere a contatto con loro ci aiuta. Quasi sempre” concluse Carlisle scoccandole un’occhiata contrita. Ma Bella non sentiva più di odiare Jasper. Anche quello le sembrava un sentimento remoto, umano. Era troppo concentrata su se stessa per percepire altro: viveva in isolamento, ma non se ne rendeva conto.

Nel frattempo i Cullen avevano infatti steso un’accurata rete di protezione intorno alla famiglia: le attività quotidiane continuavano regolarmente, ma la villa nella foresta era impenetrabile. Edward ed Alice erano all’erta, e furono pronti anche alla visita della polizia della Contea. Si presentarono in due, vestiti in abiti civili: benché i Cullen fecero del loro meglio per essere naturali ed umani, entrambe i poliziotti non vedevano l’ora di andare via dal momento esatto in cui erano entrati nella grande casa. Fecero qualche domanda di rito, ma la buona reputazione di Carlisle a Forks era troppo radicata per spingerli oltre le formalità. Bella non c’era, era stata mandata a caccia con Jasper molto più lontano del solito.

I fratelli Cullen avevano ormai accettato Bella Swan come una di loro. La ritenevano buffa e stranamente docile, ma si divertivano a mettere alla prova il suo autocontrollo. Bella era diversa dalle altre donne della famiglia: non era materna come Esme, né fanciullesca come Alice, tantomeno era una femmina fatale come Rosalie. Era uno strano vampiro maschiaccio, taciturno ma vagamente ironico, sempre pronta alla competizione.

 

Con le sorelle le cose non andavano altrettanto bene. Rosalie la ignorava bellamente, Alice le ronzava intorno ma senza mai approfondire la conoscenza. Bella era a suo agio solo fuori casa, quando scorrazzava tra i boschi, abbandonandosi alle sensazioni del suo nuovo corpo. A parte la forza fisica, il suo corpo le dava anche altro genere di grattacapi: si era guardata allo specchio da poco, ed era rimasta stupefatta da quello che vedeva: una giovane donna stupenda aveva preso il posto dell’adolescente imbranata che era stata. Il suo corpo aveva subito una sviluppo accelerato, e si era riempito dove doveva. Il suo volto, i suoi capelli, i suoi piedi perfino, erano diversi e meravigliosi. La sua nuova famiglia le aveva spiegato che la bellezza era uno dei ‘trucchi’ dei vampiri per attirare gli esseri umani, e tra di loro nessuno ci faceva più caso: non esistevano vampiri brutti, quindi l’avvenenza era semplicemente data per scontata. Bella si era scoperta però estremamente pudica, in una famiglia che sembrava non esserlo affatto. O meglio, i Cullen avevano atteggiamenti diversi riguardo al proprio corpo: Rosalie, Emmett e Alice, ad esempio, erano capaci di sguazzare nudi in piscina senza problemi.  A Bella era capitato di tornare a casa all’improvviso e di vederli, nudi e bellissimi, che giocavano ai gavettoni in cortile. Era rimasta così turbata da scappare via e fermarsi quasi al confine con lo Stato. In quel caso, era stato Edward a ritrovarla e a riportarla a casa, senza una parola di rimprovero né una domanda. Bella sapeva che i Cullen si consideravano fratelli, ma la loro unione sessuale non mancava di imbarazzarla costantemente: in questo era simile ad Edward, e se ne accorse subito. Capì che quel ragazzo silenzioso e un po’ saccente era il più solitario della famiglia, l’anima in pena, se questa definizione non le fosse sembrata ridicola. Anche se tutti la tenevano d’occhio, erano Jasper ed Edward a seguirla praticamente ovunque: non la mettevano a disagio, non la imbarazzavano ne la prendevano in giro. Contro ogni aspettativa, divennero i suoi fratelli prediletti.

“Ho trovato qualcuno che parla meno di me, è interessante”, la stuzzicò un giorno Jasper, sorprendendola vicino al fiume. “Il mio silenzio passa inosservato solo perché Alice parla per tutti e due”

“Com’è successo? Voglio dire, come ti sei innamorato di lei?” gli chiese a bruciapelo Bella, guardandolo fisso negli occhi d’ambra. “Bè – sospirò Jasper- è stato strano, e improvviso. Ci siamo incontrati, lei mi ha detto che mi aspettava da sempre, e anche a me è sembrato di essere arrivato alla fine di un… percorso. Mi trovavo al mio posto, non so se capisci cosa intendo” Bella non rispose, adesso fissava l’acqua, come ipnotizzata. “Ok. Capiterà anche a te, prima o poi. Hai un sacco di tempo davanti”

Bella si alzò, Jasper capì che la conversazione era chiusa. Mentre stava per precederla sulla via di casa, sentì la limpida voce di Bella chiedergli: “Sei pentito?”

“Di cosa?”

“Di avermi trasformata”

“Si, Bella. Assolutamente si. Te l’ho detto mille volte. Non avevo il diritto di mettere fine alla tua vita. Non me lo perdonerò mai e poi mai”

“Magari questo è il mio, di percorso”

Si fissavano, in piedi, faccia a faccia. “Magari si”, le concesse Jasper. “Vuol dire che mi hai perdonato?”

Ma Bella era già lontana.

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