Il Mio Destino Sei Tu di Piccolo Fiore del Deserto (/viewuser.php?uid=90924)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Il
mio destino sei tu
Prologo
Resto
ferma sul solito muretto, a guardare il resto del mondo che sembra
muoversi e vivere. L’mp3 è acceso. Musica di ogni
genere, per lo più canzoni tristi, risuona nelle mie
orecchie. Nasce lenta, a volte si fa aggressiva, per poi ridursi al
silenzio non appena il cantante ha concluso la sua piccola opera.
Vedo
il mondo scorrere intorno a me, eppure non ci sono espressioni sul mio
viso. Sono entrata in uno stato, in cui nulla ormai sembra tangermi.
Perché provare emozioni, che possano solo nuocere alla
salute?
Avevo
degli amici un tempo, con i quali condividevo tutto: speranze, gioie,
dolori, sogni. Speravo anch’io nella venuta di un principe
azzurro, di cui tanto ci hanno parlato le storie Disney, eppure un
giorno cresci e ti accorgi che la fantasia non ti permetterà
di andare avanti. Il mondo fuori è diverso. E’
impervio, irto di ostacoli. Anche i migliori amici in cui credi e cui
puoi dare la tua più completa fiducia, possono colpirti alle
spalle, quando meno te lo aspetti. E cosa resta?
Niente.
Resti
solo tu. Sola. Con le tue speranze e i tuoi sogni ormai infranti.
E
ti richiudi in un mondo tuo, dove nessuno può più
tangerti, o arrecarti dolore.
Ho
imparato presto che la vita non è una favola e, dal giorno
in cui le mie più care amiche mi hanno tradita, ho perso
completamente la fiducia, piombando in questo stato: io… non
provo niente.
Questo
è alla fine ciò che sono diventata. Un involucro
di carne, che non è capace più di provare neanche
la minima emozione.
E
poi c’è lui.
Oh,
lui è il mio esatto opposto.
E’
allegro, solare, ha sempre il sorriso sulle labbra, come se nulla
riuscisse a toglierglielo dal volto.
Sembra
un cherubino sceso in terra, o almeno questo era il mio pensiero la
prima volta che l’avevo visto, quando ancora riuscivo a
provare qualcosa.
Morbidi
riccioli corti di un castano chiaro, e due occhi grandi,
all’interno dei quali sembrano come incastonati due splendidi
smeraldi. E’ alto, dal fisico snello, con una leggera
muscolatura. Il suo volto pare quello di un bambino, ma il suo sguardo
esprime una miriade di parole, che quasi non occorre parlare.
Tutte
le ragazze si ritrovano intorno a lui e cinguettano felici, arrossendo
non appena lui si volta a donare loro uno sguardo o un sorriso.
Un
tempo facevo parte di quel gruppo. Un tempo anch’io provavo
un calore sulle gote, non appena vedevo i suoi occhi verdi posarsi su
di me. Ma ora… non mi importa.
Spesso
finivo col sognare di noi. Di una possibile storia, ma poi scuotevo il
capo, rassegnata. Non si sarebbe mai innamorato di me.
Ma
in questo momento non ho più pensieri simili.
________________________________________________
Eccomi
con una nuova storia, partecipante al Contest "Colonne Sonore dei Film
d'Animazione Disney" di Harriet.
Ho scelto come
canzone "Così
Vicini" di Come d'Incanto, e leggendo le parole
è uscita questa storia, che spero potrà piacere.
Dal prologo ancora non emergono le parole della canzone, ma
nei prossimi capitoli sì... metterò anche dei
pezzi del brano, per far capire anche a chi non conosce la canzone, a
cosa mi sono ispirata (ma ovviamente non sarà una song-fic,
sia chiaro!).
(Le pagine in tutto sono 19, scritte con word. Questo per avvisare,
Harriet :P)
Ci tengo molto a
questa storia, e ne sono soddisfatta!
Che altro dire?
Semplicemente, buona lettura :)
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
Capitolo
1
{“Noi
siamo insieme e ciò che voglio è qua. Il mondo
passa e va, intorno a me.
Così
vicini, solo io e te, il mio destino sei tu.”}*
«
Sara? »
La
musica continua a suonare, rendendomi sorda al mondo. Non capisco che
qualcuno mi sta chiamando, e non vedo neanche, dato che ho chiuso i
miei occhi per entrare in completa armonia con quelle note.
Ma
poi sento qualcuno sfiorarmi la spalla destra. Mi riscuoto, apro gli
occhi, e davanti a me c’è lui.
Sorride.
Lui sorride sempre. Un sorriso delizioso, che su di me non sembra
suscitare nulla.
«
Finalmente ti sei risvegliata dal tuo mondo, principessina triste, eh?
» la sua voce vellutata prende il posto della musica, che
cessa nel momento esatto in cui premo il pulsante
“off” e sfilo dalle mie orecchie gli auricolari,
che mi permettevano di essere lontana dal mondo.
«
Se il principe sorridente mi sfiora, mi riporta, ahimè, nel
mondo reale. » commento io, senza dar mostra del minimo
sorriso, ma neanche di una smorfia. Impassibile, come una statua.
«
Non volevo disturbarti, ma non sopporto di vederti qui sola in un
angolo, con quell’espressione vuota nel tuo viso. Vieni con
me, voglio far qualcosa, per permetterti di ritrovare il sorriso e
vedere di nuovo brillare quei tuoi splendidi occhi grigi. »
in passato sarei arrossita di fronte a parole simili, ma in quel
momento mi limito solo a sospirare. Le mie mani si occupano di
riavvolgere il filo delle cuffiette, per poi riporre l’mp3
nella tasca della mia giacca di jeans.
«
Non voglio essere scortese con te, Michele, ma preferisco rimanere qui
da sola. La solitudine ha un non so che di attraente. »
ribatto con un tono neutro, senza spessore.
«
Ed io non voglio essere scortese con te, Sara, ma non posso fare a meno
di tentare in ogni modo di rendere gli altri felici. Quindi, ora vieni
con me. » mi afferra la mano all’improvviso, e so
bene che anche opponendo resistenza, lui l’avrà
vinta. Ergo lo lascio fare, come se alla fine non
m’importasse.
«
Portami dove vuoi, ma non riuscirai ad aiutarmi. Ormai sono un caso
perso, e poi sto bene come sto. Senza emozioni, senza sogni,
così almeno non rischio di star male. »
Lui
scuote il capo, ma le sue labbra danno mostra di un nuovo, luminoso
sorriso.
«
Non mi do per vinto tanto facilmente. Se voglio una cosa, so ottenerla.
»
Un
tempo avevo l’impressione che lui non mi avrebbe mai presa in
considerazione, ma da quando ero sprofondata in quel senso di vuoto,
lui aveva iniziato a dimostrare interesse. Non riuscivo quasi
più a staccarmelo di dosso, e avvertivo gli sguardi
d’odio o d’invidia che mi lanciavano le altre
ragazze, come ora, del resto.
«
Contento tu, contenti tutti. » concludo, mentre mi guardo
intorno, cercando di capire dove mi porta.
Dopo
diversi minuti di cammino, ci ritroviamo in una sorta di casetta. Dalle
finestre si possono vedere diversi disegni infantili, opera di bambini
sicuramente. Sembra quasi un asilo e, ricordo solo in
quell’attimo, che lui ci va spesso, per rallegrare i bambini
con una storia, o un’opera teatrale. O giochi, canti, portare
una ventata di allegria, e suscitare un sorriso in quei bambini che
spesso hanno visto cose orrende nella loro breve vita.
«
Hanno dai pochi mesi ai dieci anni. Sono molto piccoli, eppure molti di
loro non hanno mai visto i loro genitori, altri, invece, hanno subito
violenze e perso il sorriso. Se vengo qua, è
perché voglio consentire loro di vivere qualche ora
migliore, di far credere loro ancora nelle favole e nelle bellezze
della vita. I bambini sono tenere creature, indifese, che devono ancora
sognare. Come tutti del resto. Non si deve mai smettere di sognare,
sai, Sara? Neanche quando diventi adulta e scopri la sofferenza.
Neanche quando diventi anziana e ti avvicini alla morte.
Bisogna
sempre sorridere. Sognare. Lottare per quel che si crede; e cercare di
aiutare chi non è capace di farlo. »
Ascolto
le sue parole e, sebbene non do segno di provare alcuna emozione
all’esterno, dentro di me sento una specie di
“crack”, come se un pezzo di ghiaccio si spezzasse.
So
bene che le sue parole sono vere, tuttavia io non voglio crederci.
Sognare? Per cosa? Per poi soffrire?
Non
dico una parola.
Tenendomi
sempre per mano, mi conduce all’interno del luogo, verso una
sala grande. Lì, ci sono bambini di ogni età, e
anche di diverse razze, che giocano insieme. Alcuni stanno in disparte,
sui loro volti non compare il sorriso, come se qualcosa dentro li
trattenesse. Ma quando vedono Michele, risuona un tonare di voci che
invocano il suo nome, e corrono felici verso di lui. Solo in quel
momento non sento più il tocco della sua mano sulla mia. Lui
allarga le braccia, consentendo ai piccoli di abbracciarlo e
accerchiarlo.
Io
mi sposto di qualche passo, guardando come uno spettatore distante il
tutto.
Un
altro “crack” dentro di me. Altro ghiaccio che si
scioglie.
La
vista di tale amore e affetto suscita in me qualcosa, ma io lotto per
non permettere a quella nuova emozione di prendere il sopravvento.
Vorrei
fuggir via da lì, ma qualcosa mi trattiene. Sento due occhi
puntanti su di me.
Abbasso
lo sguardo, e vedo proprio di fronte a me, una piccola bambina dai
grandi occhi color miele e dai capelli rossicci, fissarmi. Tiene tra le
braccia un orsetto di peluche, e non dice una parola. Mi scruta
attenta, e al sol guardarla è difficile non provare una
tenerezza assurda, ma io mi ostino a combattere contro le emozioni.
«
Perché sei triste? » mi chiede, una vocina
così piccina che mi penetra nel cuore. Non so bene che
rispondere. E’ come se quella piccola volesse conoscere la
mia anima, con quello sguardo insistente.
«
N-non sono triste… piccolina. Sono… »
mi trovo in difficoltà nel rispondere, quando odo di nuovo
la voce di… lui.
«
Ashley, lei è Sara. Una nostra nuova amica. Ed è
qui perché anche lei vuole giocare con noi, e sorridere. E
noi l’aiuteremo, non è vero? » Michele
è di nuovo vicino a me, e parla in maniera così
gentile con quella piccola, che ora gli rivolge un adorabile sorriso.
«
Sììì! » esclama la piccina,
prima di tendere una manina ad afferrare la mia. « Vieni
Sara, che bel nome che hai. Ora andiamo a giocare, e pooi Michi ci
racconta una beeella favola, con tante principesse e ca... cavalieri
sì! »
Sento
la sua manina stringere la mia e, dopo un attimo di titubanza, guardo
Michele. Lui annuisce, cercando di rivolgermi un sorriso
d’incoraggiamento. In quell’attimo un nuovo
“crack” e succede qualcosa
d’impensabile…
…
io sorrido.
Sorrido alla bimba, come non facevo da qualche tempo. E mi sento bene.
Non riesco a descriverlo a parole, ma forse semplicemente dire che mi
sento bene, basta.
Mi
siedo a terra accanto alla piccola Ashley, e osservo i suoi giocattoli,
in particolare quell’orsetto.
«
Lo sai che anch’io avevo un orsetto quando ero piccola come
te? Si chiamava Puck, e ogni volta che avevo paura, lo stringevo forte,
forte, e lui mi aiutava. Anche il tuo orsacchiotto ti aiuta? »
«
Lei non è un maschietto! È una femminuccia!
» trilla con quella sua vocina « si chiama Giselle,
come il nome di una principessa! » una principessa Disney.
Da
quanto non vedo un cartone della Disney, non so. Da quando ho smesso di
sognare, probabilmente. Non volevo più credere a storie
così assurde come quelle che ci propinava la Disney, e
così… eppure, bastava quella semplice bambina, a
farmi riaffiorare i ricordi d’infanzia.
«
Oh che bel nome. E ti piace molto quella principessa? »
chiedo, sorprendendomi del tono gentile che dimostro.
«
Sì! Lei ha anche i capelli come i miei! Anch’io
voglio essere una principessa! » esclama, e proprio in quel
momento una voce affiora alle nostre spalle.
«
Tu sei una principessa. Tutte le bambine lo sono, e continuano a
esserlo anche quando diventano grandi. Anche Sara lo è. E
tutti i bambini sono dei cavalieri. » Michele, ancora la sua
calda voce, che inizia ad entrarmi nell’anima. Ma la cosa
strana è che ora io non lotto.
Alzo
lo sguardo verso di lui e non riesco a capire cosa provo. Lui mi
sorride di nuovo e sento una punta di rossore affiorare sulle gote. Che
mi succede?
Sento
qualcosa sfiorarmi i capelli. Una piccola manina, quella di Ashley, che
accarezza quella lunga chioma color onice.
«
Che bei capelli che hai. Sono così lisci. »
commenta, mentre io la lascio fare.
«
Grazie piccola Ashley, ma anche i tuoi sono splendidi. Che ne dici se
te li spazzolo? Così li rendiamo ancora più
belli! »
«
Sì, sì, sì! » trilla per poi
battere allegra le manine. A quella visione, sento di nuovo palesarsi
un sorriso sulle mie labbra.
Prendo
una spazzola e inizio a districare dei piccoli nodi tra quella chioma
rossa. La piccola fa delle buffe smorfie, quando mi ritrovo a tirare
forse un pochino i suoi capelli, ma poi sorride, perché in
fondo vuole avere degli splendidi capelli morbidi, come quelli di una
principessa. Come i miei.
Io,
una principessa?
Il
mio nome lo dice. Ma io ho perso quel sogno, insieme a tutti gli altri.
E se… ora riprendessi a sognare?
Le
ore passano rapide, quando stai bene. Risate, giochi, sorrisi, e un
gran calore nel petto. Sento che il ghiaccio dentro di me si
è in parte sciolto, ma sarei stata in grado di non lasciarlo
riaffiorare?
Michele
mi vede turbata. Accanto a me, ha deciso di riaccompagnarmi a casa.
Parliamo della giornata, eppure i dubbi mi assalgono. Lui lo nota,
ovviamente.
Mi
prende le mani tra le sue, costringendomi così a fermarmi.
La luna in alto brilla e sembra illuminare proprio il punto in cui ci
siamo solo noi.
Noi
due insieme, e tutto il resto del mondo che intorno passa e va via. Ma
io lo sento così vicino a me, che non mi importa di quello
che accade intorno.
«
Piccola, dolce Sara. Sei turbata, vero? Temi forse di non riuscire a
scioglierti del tutto? » a quelle domande, mi limito ad
annuire ed abbassare lo sguardo. Lui, con un gesto della mano, mi
spinge a risollevarlo. « non abbassare i tuoi occhi,
permettimi di vederli, senza non riesco a star bene. »
proprio lui che dice parole simili? E cos’è quel
calore che sento sulle gote, e quel cuore che batte? « Oggi,
quei piccoli angeli ti hanno aiutata, ma io voglio fare di
più. Ora, chiamo la luna a me testimone, e ti prometto che
ti aiuterò a ritrovare te stessa, le tue emozioni, i tuoi
sogni, la tua felicità e il tuo adorabile sorriso che in
passato ho visto, e oggi ho ritrovato. Fidati di me, Sara, e lasciati
condurre verso la vita. Non lasciarti andare al vuoto. Ti
farò ricredere nei lati belli della vita. E non ti
lascerò sola mai. Afferra la mia mano e grida il mio nome.
Io sarò lì con te, sempre. »
Non
riesco ad allontanare il mio sguardo dal suo. Mi perdo in quel verde
smeraldo, e sento calde lacrime affiorare nei miei occhi. Ma questa
volta non lotto. Le lascio scorrere, perché sento che sono
dovute al ghiaccio che si scioglie.
Siamo
soli. Mi lascio stringere forte, sentendomi di colpo una bambina in
preda alla paura e bisognosa di affetto. Così vicini,
così stretti l’uno all’altra, sento i
nostri cuori battere all’unisono.
Poi,
d’un tratto, lui rialza il mio viso e lo avvicina al suo. In
pochi istanti le nostre labbra si uniscono, lasciandosi andare a un
bacio così dolce, capace di sciogliere del tutto, o quasi,
la mia fredda anima. Che sia il bacio del vero amore?
Sì,
sento che lo sia.
E
in quel momento, capisco che il
mio destino sei proprio tu. Mio splendido Cherubino. Mio
Cavaliere.
_____________________________________________________________________________________________________
Moselyn:
Ti
ringrazio per il commento, gentilissima. Tranquilla, la storia l'ho
già tutta completata e ogni giorno posterò un
capitolo. Non sono molti, perchè ho dovuto rispettare un
limite di pagine per il contest, ma spero che comunque potrà
piacerti :)
*Da questo capitolo in poi, inizierò a postare anche dei
pezzi della canzone che ho scelto, "Così Vicini" di Come
D'incanto, per far meglio comprendere, come già detto, da
cosa ho tratto ispirazione!
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
Capitolo
2
{Ed io vorrei che non finisse
mai, l'intesa tra di noi e la magia.
Io non credevo alla fantasia, ma
so che ora sei mia.}
Michele ed io siamo ormai una coppia fissa. Le ragazze mi lanciano
lampi d’invidia, ma io non me ne curo.
La mia fredda anima non si è ancora disciolta del tutto,
eppure accanto a lui mi sento serena, o quasi. Sono nei momenti in cui
resto sola, che sento come un’ombra tornare a tessere le sue
trame, ed avvolgermi come una mosca nella ragnatela di un ragno.
Nell’attimo in cui sento affiorare un urlo sulle mie labbra,
in preda al dolore e alla paura, penso a lui, penso a quei piccoli, ai
loro sorrisi, alla loro purezza, alla loro bontà, e un caldo
tepore sembra avvolgermi, tanto che il mio corpo torna a rilassarsi, e
le mie labbra si distendono in un sorriso, quel sorriso che solo lui
è riuscito a insegnarmi di nuovo.
Camminiamo, mano nella mano e, un passo dopo l’altro,
giungiamo di nuovo al nostro amato ritrovo: l’orfanotrofio
all’interno del quale ci aspettano le nostre piccole
Principesse, con i loro piccoli Cavalieri. Questa volta, non appena
siamo scorti, alcuni dei piccoli avvolgono anche me in un abbraccio e
urla vivaci invocano i nostri nomi.
Alcune delle Principessine mi sfiorano i lunghi capelli neri. Le lascio
fare, mentre socchiudo appena gli occhi, lieta di quei piccoli tocchi.
Sono così adorabili, che vorrei coccolarle di continuo, e
non vedere mai su quei dolci visi scomparire i loro sorrisi luminosi,
che tanto mi scaldano il cuore.
D’un tratto alzo lo sguardo e, facendolo vagare per la sala,
qualcosa mi spinge a soffermarlo su un bimbo di colore, solo, in un
angolo dell’ampio salone. Il suo sguardo è spento,
le sue piccole labbra carnose sono storte in un broncio, e poi vedo
qualcosa che sul volto di un bambino non dovrebbe mai comparire: una
lacrima. Una piccola goccia che scorre sulla sua guancia destra,
seguita da una seconda, sulla sinistra. Lascio andare le piccole e mi
avvicino a lui. Fino a pochi giorni prima, probabilmente, non mi sarei
trovata lì, né me ne sarebbe importato troppo del
mondo intorno a me, ma ora mi disprezzo per com’ero un tempo,
e voglio fare in modo di dimostrare qualcosa a me stessa, ma
soprattutto aiutare quel bambino.
« Piccolo, perché piangi? » mi abbasso a
terra, così da essere alla sua stessa altezza. Cerco di
sorridergli, per tranquillizzarlo un poco. Lui mi guarda appena,
distanziandosi poi un poco, come se mi temesse, come se volesse restar
solo. Mi rifletto in quel bambino. Fino all’arrivo di
Michele, io ero come lui, seppure più grande.
« Non vuoi giocare con gli altri? Tra poco arriva la storia,
non ti piacerebbe ascoltarla con noi? » ancora nessuna
risposta. Ancora il suo sguardo perso nel vuoto, seppure lotti per
trattenere le lacrime. Un piccolo ometto, ecco quello che vedo.
« Non voglio farti del male, Erik, piccolo cavaliere.
»
« Io non sono un cavaliere! » sorpresa dalla sua
risposta, sgrano gli occhi. Ora mi guarda, con due occhi colmi di
lacrime, che non aspettano altro che uscire. La sua vocina è
rotta dall’emozione. E’ un bimbo di otto anni, ma
comprendo che non si sente bene, forse crede di essere
diverso… per il colore della pelle? « i cavalieri
delle storie non sono mai neri! Sono tutti bianchi, ed io non sono
bianco! Io non sono un cavaliere! » e preso da uno strano
raptus di rabbia, inizia a sfregarsi con forza la pelle, con un pezzo
di stoffa, nel vano tentativo di cancellare quel colore così
diverso, da quello degli altri. Dal mio stesso colore.
« No, Erik, non fare così! » gli prendo
entrambe le manine, stringendole nelle mie, in modo tale da non
permettergli di andare oltre. « chi l’ha detto che
i cavalieri non possono essere neri? Io ho sentito parlare anche di
principi, con il tuo stesso, incantevole colore, che avevano taaaaanti
tesori nascosti, ed erano buoni, gentili, onesti, e tutti li amavano. E
so anche di un cavaliere il cui nome, Erik, sì, proprio come
il tuo, ha conquistato una splendida Principessa dai lunghi
capelli… rossi! » in quel momento vedo arrivare la
dolce Ashley, sempre stringendo la sua orsacchiotta, che ci guarda
curiosa. Ha ascoltato le mie parole, e approfittando di un attimo di
silenzio, dice:
« Erik? Posso essere io la tua principessa? Se Sara dice
così, possiamo essere noi quel cavaliere e quella
principessina! Vuoi? » i suoi occhi brillano, ed io provo una
tale tenerezza nel cuore nel notare quanto fosse adorabile e matura
quella bambina meravigliosa. La mia Ashley. Sposto lo sguardo di nuovo
su Erik, che guarda titubante prima me, poi la piccola dai rossi
capelli. Dopo qualche istante, si passa le manine sugli occhi scuri per
cacciar via le lacrime, e annuisce.
« Oh sì, Ashley. » e sul suo splendido
volto scuro compare un sorriso abbagliante, proprio quello
che desidero, e che deve essere sempre visibile sul volto di un
bambino. Lo guardo inchinarsi di fronte alla sua principessa, e torno a
rialzarmi.
« Bravi, piccoli miei. » un sussurro, per poi
lasciare quella romantica scenetta e voltarmi. Un Cherubino mi osserva
dal palco, dove tra poco ha inizio la storia. Lui ha osservato tutto, e
mi guarda con quei suoi profondi occhi verdi, che sembrano quasi umidi.
Sento che è orgoglioso di me, come del resto lo sono io. Mi
avvicino di qualche passo a lui, fino a ritrovarmi al suo fianco. Sento
le sue braccia intorno al mio corpo. Un abbraccio che dura fin troppo
poco, ma nel quale mi perdo.
« Sara sono tanto felice di vederti così. Sei
migliorata tanto, e sentivo che questi bambini ti avrebbero aiutata a
venire fuori dal tuo buio. Sono orgoglioso di te, mia adorata
Principessa. »
« Se sono così cambiata, lo devo a te. Mi hai
spinta a vivere di nuovo, a scoprire le gioie della vita, a trovare
qualcosa di importante per cui andare avanti. Io sono orgogliosa di te,
e fortunata di averti al mio fianco, mio amato Cavaliere Celeste.
» il mio Cherubino.
Ma non possiamo lasciarci andare alle nostre effusioni amorose. Ci sono
i bambini che ci guardano e invocano a gran voce l’inizio
della storia.
Prima di lasciarlo andare, sfioro il braccio del mio Cherubino e mi
avvicino al suo orecchio, per sussurrargli qualcosa.
Lui sorride e annuisce. « Un’idea ottima. Ma tu mi
dovrai aiutare » mi sussurra. Mi ritrovo spaesata. Io che
devo “recitare” davanti ai nostri piccoli? Ma io
non l’ho mai fatto.
« Non preoccuparti. Ti guiderò io, e
l’unica cosa cui ti devi affidare è… la
fantasia! »
Fantasia.
Una parola che ho abbandonato da tempo, ma che ora torna. Io non ci
credevo più, eppure… sì, voglio
tornare a crederci.
Annuisco, per poi avviarmi con lui dietro un separé, per
prepararci meglio alla nuova storia da rappresentare.
Pochi minuti per prepararci, ed eccoci su quel piccolo palco, di fronte
a quei bambini tutti seduti vicini, a terra, ed euforici per
l’inizio della storia.
Tra di loro scorgo Ashley accanto ad Erik. Si tengono le manine e
sorridono, ed io sorrido con loro.
Non appena compariamo davanti a loro, subito esclamano un
“oh” di stupore. Non è la solita storia
che andiamo a raccontare: è diversa, nata sul momento, una
storia di pura fantasia.
Michele ha il volto colorato di nero. Lui fa il Cavaliere, Erik.
Io ho una parrucca di morbidi capelli rossi, che celano il buio. Chi
sono? La dolce, Ashley, ovviamente.
« C’era una volta una dolce Principessa dai lunghi
e lucenti capelli color dell’amore. Rossi come le fiamme. La
piccola si sentiva molto sola. Sognava da tempo l’arrivo di
un cavaliere che l’avrebbe fatta sognare, l’avrebbe
amata, e le avrebbe dato il bacio del vero amore! » Michele
inizia così il prologo di quella nuova storia. Io
l’osservo, e poi, dopo un primo attimo di titubanza, mi calo
completamente nella parte. Non sono più Sara, ma Ashley, una
principessa sognante, che posa il viso sulla mano e sospira, in
attesa del suo cavaliere.
Per mezz’ora almeno continuiamo a recitare, nei nostri
rispettivi ruoli.
« …Erik, il giovane cavaliere, dalla pelle color
dell’oscurità, attraversa il bosco, in sella al
suo amato cavallo nero anch’esso. Ma non sono cattivi, anzi!
Il loro cuore è puro, il loro amore è grande. Si
avvicina sempre più alla sua amata, quando un drago lo
ostacola! »
« No Erik! » un urlo nella sala, mentre altri
reagiscono con un ‘oh’ di stupore. L’urlo
è della piccola Ashley, che quasi tortura la mano del povero
bimbo di colore, per la paura.
« Erik è forte, e uccide il drago! Dai
Erik! » questa volta è la sua vocina, incita il
suo omonimo a combattere, per raggiungere la sua principessa e, poco
dopo, una moltitudine di vocine, lo copiano. Tutti a gridare quel nome,
per sostenerlo.
Scorgo Michele sorridere, ed eccolo calarsi nella sua parte e, con
fendenti e altri colpi, con una spada di legno, inizia a combattere e
colpire più volte il drago verde di cartone.
Ma quest’ultimo sembra avere la meglio. Erik crolla a terra,
e perde la sua spada. Le bambine nella sala fremono dalla paura,
Ashley, più delle altre. I bambini continuano a invocare il
Cavaliere. E poi è solo un attimo: nel momento in cui il
drago sembra vincere la battaglia, Erik riesce a trovare la sua spada,
e con un rapido affondo, lo colpisce al cuore.
Un urlo agghiacciante fuoriesce dalla bocca del drago, che poco dopo
crolla a terra, ormai morto.
E in quel momento un coro di voci esulta trionfante. Tutti i bambini si
alzano in piedi, e iniziano a battere le mani, contenti.
« Erik sei fortee! » un coro ancora, in mezzo al
quale spicca una vocina limpida, del bimbo dal medesimo nome. I suoi
occhi ora brillano, e so che ora non si sente più
così diverso ma orgoglioso di avere un nome uguale a quel
baldo cavaliere, ammazza drago.
« E così Erik, sconfitto il drago, arriva dalla
sua principessa, la quale gli corre subito tra le braccia. Il loro
amore è più grande di un semplice drago. Si
uniscono in un abbraccio, scambiandosi dolci parole d’amore.
»
E’ dunque il mio turno. Abbracciata al mio amore, ora nelle
vesti di Erik, inizio a recitare:
« Oh mio baldo Cavaliere, siete riuscito dunque ad arrivare!
Sono giorni che vi attendo, che vi sogno, e finalmente sono tra le
vostre braccia. Stringetemi forte a voi, e proteggetemi. Il drago vi ha
forse ferito? State bene, mio amato? Lasciatevi controllare, per
alleviare così le ferite che possano causarvi
dolore.»
« Mia dolce Principessa, mio amore, un drago non
può fermarmi. Vi amo, e da lungo tempo non faccio che
pensare a voi. Ora sono qui, e sono pronto a vivere la mia vita per
sempre, felici e contenti. Non preoccupatevi, non ho nulla. E se anche
avessi dolore, ora che vi ho tra le braccia, tutto scompare. »
« Vi amo anch’io mio adorato Cavaliere. »
La nostra recita si conclude con quel bacio del vero amore, che unisce
due anime, per sempre. Le piccole sospirano sognanti, mentre i
maschietti ora sembrano più disgustati dalla scena. In un
angolo anche due piccoli bambini, si scambiano un tenero bacino sulle
guance.
« E fu così che Ashley sposò il suo
Cavaliere, e vissero per sempre felici e contenti. »
Un inchino verso il nostro giovane pubblico, e poi ci cambiamo,
tornando a indossare le nostre reali vesti. Si torna a essere Sara e
Michele. Due anime così affini, che sono entrate nella
più completa armonia.
La nostra intesa è forte, ed è capace di creare
la più intensa magia, atta a portare gioia e
felicità nei volti degli altri, e nel nostro caso, dei
piccoli. E spero che non finisca mai.
Li salutiamo, lasciandoci avvolgere di nuovo dai loro abbracci, e dai
loro baci, e poi usciamo.
Mano nella mano, ci addentriamo nella notte, ancora illuminata da tante
stelle.
« Sei stata splendida oggi, Sara. E la tua idea è
stata geniale. Non vedevo il piccolo Erik sorridere da tanto, e
finalmente ci è riuscito, grazie a te.»
« Grazie a noi. La nostra unione, la nostra intesa
è riuscita a creare questo piccolo miracolo. Erik doveva
solo sentirsi accettato, e capire che anche lui è
importante, e non importa il colore della pelle. Lui è
speciale, come tutti gli altri. »
« Hai ragione. E ora l’ha capito. Hai notato cosa
è successo tra lui e la dolce Ashley? »
« Sì. Sono così adorabili. »
mi perdo a guardare le stelle per un attimo, e poi lo sento di nuovo
parlare.
« C’è qualcosa che ti turba, amore?
»
« No. Stavo solo pensando. » un sospiro, prima di
voltarmi verso di lui. « pensavo che avevo perso questa magia
che solo la fantasia può donarti. Non ci credevo
più. Ero sprofondata nella realtà, e non volevo
più credere alle menzogne delle favole, o almeno
così sostenevo. Invece, con te ho riscoperto tutto
ciò, e ora sento che il vuoto che avevo dentro, si sta
colmando sempre di più. Mi sento più serena,
più… viva. E… »
Ci fermiamo, lui mi fissa intensamente, ed io per un attimo mi voglio
perdere nei suoi occhi, poi riprendo:
« e… fino a qualche anno fa, non avrei mai pensato
di riuscire ad avere una storia con te. Spesso, quando ancora non ero
sprofondata nel buio, mi trovavo a fantasticare su noi due, ma poi
scuotevo il capo. No, non era possibile. Io ero troppo diversa da te,
distante. Tu eri irraggiungibile e “amato” da
tutte. Avresti trovato sicuramente di meglio. »
Lui mi sorride, e mi sfiora il viso, con un gesto delicato. Socchiudo
appena gli occhi, beandomi di quel gesto d’affetto, e poi li
riapro.
« Sai, ho spesso fantasticato anch’io su noi due.
In realtà, mi sei sempre piaciuta, ma forse per timidezza
non sono mai riuscito a confessarti tutto prima. Ma, poi, quando sei
caduta in quella condizione, provavo dolore per te. Avvertivo tutta la
tua sofferenza, e capivo il muro che volevi mettere intorno a te.
Tuttavia, non potevo rimanere immobile, e così, mi sono
fatto coraggio, e ho deciso di fare qualcosa per te. Perché
la tua felicità valeva più di qualsiasi altra
cosa. E ora… non è più fantasia.
Né per te, né per me. Ora sei… mia. »
« … e tu, mio. »
A suggellare quella splendida giornata, arriva di nuovo un bacio, dato
con più passione. Mi lascio andare completamente a
quell’estasi, e non mi accorgo della luce che ora brilla
nella mia anima. Ma dopotutto, come è possibile farlo?
È una luce immateriale, che mi vibra dentro, e accende il
mio cuore.
Riesco di nuovo a provare emozioni.
Ma soprattutto le due emozioni più intense e magiche: la
felicità e l’amore.
________________________________________________________
Un
Grazie a tutti coloro che la stanno leggendo, e a:
grilla, che
l'ha messa tra le preferite *_*
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 ***
Capitolo
3
{Quello che voglio
è stare con te.
Con te i sogni
diventano realtà, tu sei nel cuore e nell'anima.
Non c'è
più niente che ora non farei, perché sei qui con
me.
Adesso non
è possibile, l'idea di perderti.}
Sdraiata
su un prato, osservo il cielo coperto in parte da bianche nuvole. Il
silenzio è rotto solo dai suoni della natura: il soffio
leggero del vento, il soave canto degli uccelli, e il frinire dei
grilli. Socchiudo gli occhi, per lasciarmi andare a
quell’attimo di completo relax, quando sento qualcosa
sfiorarmi il lato destro del viso, e poi il sinistro, come un filo
d’erba.
«
Principessa? » un sussurro fiabesco quasi, che subito fa
palpitare il mio cuore, mi spinge a riaprire gli occhi. E davanti a me,
c’è lui. Il mio Cherubino. Colui che prendendomi
per mano mi ha portata di nuovo a vivere. Sorrido, dolce.
«
Mio Cavaliere. » sussurro a mia volta, soffermando i miei
occhi grigi nei suoi color smeraldo. Poi, sul suo viso compare una
smorfia. « Che cos’hai? » domando, non
capendo.
«
Sai, pensavo che ho sbagliato a svegliarti così. Una
principessa che dorme, va svegliata con un bacio sulle labbra.
» scuoto il capo divertita dalle sue parole, per poi
ribattere:
«
Ma non tutti i cavalieri devono essere uguali, altrimenti sono noiosi.
Ed io non voglio un ragazzo noioso al mio fianco. » arriccio
il naso, prima di sfiorare il suo viso con una leggera carezza.
«
Non hai tutti i torti. E come mi vorresti? » mi domanda,
prendendo la mia mano tra le sue, e posandovi sopra un bacio.
«
Esattamente come sei. Romantico, Sensibile, Adorabile, Intelligente,
Simpatico… effettivamente sei troppo perfetto
perché sia vero. » asserisco divertita.
«
Ed è un problema? » mi domanda.
« No, non c’è nessun problema, anzi!
» ribatto.
«
Che cosa vuoi fare oggi? » chiede, avendo entrambi il
pomeriggio libero, ed esclusivamente per noi. Colta da un romanticismo
che a lungo avevo sepolto in fondo al mio cuore, rispondo: « L’unica cosa che
voglio è stare con te… per sempre.
» vedo il suo viso illuminarsi con un incantevole sorriso. Mi
avvicina a sé, posando le sue labbra sulle mie, baciandomi
anche con una certa passione, che non mi dispiace per nulla.
E’ effettivamente quello che voglio: vivere con il mio
Cherubino per tutta la vita. Perché è lui la mia
vita.
Poco più tardi, seduti nel piccolo chiosco,
all’interno del Parco in cui spesso condividiamo le nostre
ore insieme, mangiamo un gelato, contro la calura estiva che inizia a
farsi sentire. Fragola e cioccolato per me, caffè e nocciola
per lui. Ridiamo insieme, parliamo dei nostri piccoli e di tutto
ciò che ci interessa, e spesso ci soffermiamo a guardarci
semplicemente negli occhi, perché sappiamo esprimere molto
di più in questo modo, che con le parole. I suoi occhi verdi
sembrano brillare. Forse perché sta bene con me, ma io sento
che dietro si cela altro. Lo osservo con un minimo
d’insistenza in più, e lui finalmente parla.
«
Mi guardi in quel modo perché hai capito che sto pensando a
qualcos’altro, oltre che al mio solito pensiero fisso, non
è vero? »
«
Esattamente. Vedo i tuoi occhi brillare, ma… secondo me
c’è qualcosa che vuoi dirmi, ma hai paura, forse?
Sai che puoi dirmi tutto. Ora che sei riuscito a far uscire questa
nuova Sara, non devi aver paura di nulla. No? » Con una mano
sfioro la sua, come a tranquillizzarlo ulteriormente.
«
Ho un sogno. O meglio, ne ho più di uno. Forse uno lo sai, e
lo condividi. » mi stringe la mano, che avevo posato sulla
sua. Ed io annuisco, immaginando cosa voglia dire, tuttavia non ribatto
ancora, desiderando lasciarlo continuare. « Ma da qualche
anno, da quando insomma mi occupo di quei bambini, ho un sogno forse
troppo grande, ma non impossibile. Vorrei estendere questa mia voglia
di far stare bene queste tenere creature ad altri luoghi, in cui la
guerra o la fame non fanno loro vivere un’infanzia serena.
Vorrei andare in Africa, o in America Latina, o in tutti quei luoghi,
dove posso trovare tristezza… per far affiorare i sorrisi al
posto delle lacrime. So bene che così non si possono
cancellare gli orrori che vivono, ma… un sorriso
può sempre far bene. » si ferma, mentre il suo
sguardo brilla di una luce particolare, quella di chi spera
ardentemente di poter realizzare i propri desideri. Ho bisogno di
qualche momento per trovare le parole giuste. Lo ammiro immensamente.
Sento i miei occhi farsi umidi. Quel ragazzo così
meraviglioso, è lì, ed è mio. Al mio
fianco.
«
Michele… so che senti la mia voce tremare di emozione, ma
non ho mai conosciuto un ragazzo con un cuore così
d’oro. Il tuo sogno non è semplice ma è
nobile. Ed io ti ammiro. Mi hai fatto entrare nel tuo mondo, e ora ci
sono dentro con tutto il cuore. Con te al mio fianco sono pronta a fare
di tutto, e sarei pronta anche a seguirti ovunque tu voglia andare, per
aiutarti a far trovare almeno un sorriso a quei bimbi
dall’infanzia negata. Sono con te.»
Mi
stringe la mano appena più forte e poi lo sento attirarmi a
sé. Mi abbraccia, con un insolito trasporto. Io ricambio, e
delle lacrime scivolano giù dai miei occhi. Non so bene, per
quale motivo. Forse per l’emozione.
«
Grazie Sara, grazie di cuore… sapevo di trovare in te quella
metà che mi compensava. Non voglio perderti mai. Sei la
principessa dei miei sogni. »
«
E tu il Cherubino del mio cuore… » mormoro, forse
in una scena troppo sdolcinata, ma che esiste tra due che si amano
immensamente, come ci amiamo noi.
Dopo
un poco ci stacchiamo da quell’abbraccio, e mano nella mano
ci avviamo verso casa.
«
Io ho un sogno più piccolo, e forse sciocco in confronto al
tuo. » inizio a proferire, mentre camminiamo. Lui si ferma,
guardandomi incuriosito.
«
I sogni non sono mai sciocchi. Anche i più piccoli, e poi
alla fine ho anche io una serie di sogni molto più semplici.
» mi risponde, e sento di poter di nuovo confidarmi
completamente, mentre il calore che era affiorato sulle mie gote, via,
via svanisce.
«
Vedi. Sin da bambina adoravo una storia in particolare: quella di Peter
Pan. Prima di cadere nel buio e nel vuoto, mi reputavo una sorta di
Peter Pan in gonnella… avrei voluto rimanere bambina per
sempre. Tu mi hai fatto riscoprire le gioie dell’infanzia,
insieme a quei piccoli adorabili bambini. E… beh il mio
sogno è di poter andare in Inghilterra, per vedere la statua
di quel piccolo bambino che ha avuto la fortuna, o la sfortuna, di non
crescere mai. »
«
E tu lo chiami un sogno sciocco? Suvvia! E’ un sogno che
possiamo realizzare al più presto! Noi due, insieme. Fidati
di me. »
Questa
volta sono i miei occhi a brillare, ed io stessa a buttarmi tra le sue
braccia e riempirlo di baci.
Qualche
giorno più tardi, il mio piccolo sogno si avvera. Michele
arriva con due biglietti per Londra. Noi due, da soli, in quella
città, per una settimana, a far divenire realtà
il mio piccolo sogno!
«
Sei tesa? » mi domanda, a bordo del piccolo aereo che ci
porterà alla nostra destinazione. Mi stringe la mano, come
per tranquillizzarmi, ma è evidente che il terrore per gli
aerei è visibile sul mio viso, contratto in una smorfia.
«
In effetti, sì… » mormoro appena, ma
non riesco a trattenere neanche col tono di voce, quel terrore.
«
Stai tranquilla, principessa. Non succederà nulla.
» la sua voce vellutata mi entra nel cuore, eppure non riesce
ancora a scacciare quella paura che mi blocca. « Ascoltami
ora. Chiudi gli occhi, e dai libero sfogo alla tua fantasia. Immagina
di essere una tenera farfalla che volteggia nell’aria. Il
cielo non ti fa paura, l’aria ti accarezza, e tu delicata
avanzi di fiore in fiore. Non sei più su un aereo. Oppure,
immagina qualcos’altro che possa farti dimenticare questa
situazione. E fai dei profondi respiri, serviranno a calmarti.
» il suono della sua voce s’insinua nelle mie
orecchie, è basso, ma di una tranquillità che mi
coinvolge. Socchiudo gli occhi, e provo a lasciar libero sfogo alla
fantasia. Immagino di essere un timido uccellino alle prese con il suo
primo volo, la paura è tanta, ma so che al mio fianco
c’è il mio compagno, pronto a sostenermi nel caso
qualcosa non andasse per il verso giusto. Tentenno un poco, ma poi, mi
lascio andare. L’aria mi accarezza il viso, il cielo
è il mio riparo. Non ho paura. C’è lui
al mio fianco. Il mio volto si rilassa. Le mie labbra si distendono in
un sorriso. E, quando meno me lo aspetto, siamo arrivati. Non mi sono
accorta delle ore passate. Ero così beata in quella visione,
che probabilmente mi sono addormentata. Quando riapro gli occhi,
Michele è lì, che mi guarda sorridente.
«
Non è stato poi così traumatico, no? »
mi sfiora le labbra con le sue, in un lieve bacio.
«
No, grazie a te. » sussurro, ricambiando a mia volta un bacio
più lungo.
Londra
ci aspetta.
La
città in sé ci affascina, la percorriamo mano
nella mano, in lungo e in largo. Ma la nostra meta prediletta, il
nostro piccolo sogno in comune è andare presso i Giardini di
Kensigton, laddove sappiamo di trovare la statua di quel piccolo
bambino che ha avuto la fortuna di non crescere mai: Peter Pan. Ci
intrufoliamo nei giardini e, come colta da una voglia improvvisa e
frettolosa, sembro guidare io Michele, trascinandolo con me.
«
Guarda che Peter Pan non scappa! » esclama lui, sorpreso da
quella mia fretta. Io gli mostro la lingua, come una bambina
dispettosa, e poi lascio liberare nell’aria la mia risata. Da
quanto non sono così felice?
Pochi
passi, e finalmente quella statua appare dinanzi ai nostri occhi. Ci
fermiamo abbastanza vicini da poterla guardare con attenzione e, per
qualche minuto, non riusciamo a pronunciare parola alcuna. Peter pan
è lì, che suona il suo strumento. Un bambino che
riesce a darci delle emozioni indescrivibili. Sorrido e so che anche
Michele fa lo stesso. Mi stringe forte a sé, ed io poso il
mio capo sul suo petto.
«
Seconda stella a destra…» il suo sussurro, al
quale segue il mio:
«
e poi dritti fino al mattino… » solo questo
diciamo, per poi tornare nel più assoluto silenzio.
Spesso
non servono parole per esprimere i propri pensieri. Basta guardarsi
negli occhi, vedere le proprie espressioni facciali, per capire. Io e
Michele siamo in così completa sintonia che sappiamo
comprenderci a vicenda, anche nel silenzio.
Dopo
aver cenato insieme, passiamo la notte nel piccolo albergo in cui
abbiamo prenotato. La nostra stanza è graziosa e
accogliente. I colori delle foglie e del sole sembrano avvolgerci.
E’ la nostra prima notte insieme, da soli, e mi accorgo di
essere un poco in imbarazzo. Tuttavia, questo sfuma, quando ci si
lascia andare completamente all’amore, senza paure, senza
problemi.
Restiamo
in piedi, immobili, davanti alla finestra dalla quale si scorge il
sorriso della luna, un pallido spicchio nella notte scura, che tuttavia
sembra illuminarci. Incrocio il suo sguardo, e ancora una volta non
servono parole: il nostro è un “ti amo”
sussurrato, che viene trasmesso attraverso un gioco di sguardi, di
pensieri. Spesso le parole fanno perdere il vero significato di un
sentimento.
Poi,
mi trascina con sé nel letto, e, stesi l’uno
accanto all’altra, ci ritroviamo a baciarci. Baci dolci che
pian piano si fanno più appassionati. Carezze. E
all’improvviso la passione ci avvolge, e ci ritroviamo a
conoscere i nostri corpi più a fondo. Anche in quello non
c’è nulla di volgare. Non è semplice
sesso, è il completamento dell’amore. Due anime
che si uniscono in un’unica anima. Due corpi avvolti in un
unico corpo.
Michele
è già entrato da mesi nel mio cuore, ma ora
è anche nella mia anima. E’ l’altra
metà della mia vita, di me stessa. Il mio amore. Il mio
Cavaliere. Il mio Cherubino.
I
nostri sguardi s’incrociano più di una volta, in
essi si legge il nostro amore reciproco, che è forte e
saldo. Mi sentivo incompleta senza di lui. E ora so di aver trovato
quella parte mancante.
Dormiamo
abbracciati, un altro mio piccolo sogno che si realizza. Tra le sue
calde braccia non ho paura. Mi sento protetta, mi sento amata, e i
dubbi su di me scompaiono.
La
vita non è stata mai così bella come da quando ho
lui al mio fianco. Adesso
è davvero impossibile l’idea di perderlo.
Perdere lui, equivale a perdere una parte di me stessa.
La
vera vita incomincia adesso per noi.
______________________________________________________________________________
Ecco qua, come
promesso il nuovo capitolo. Ne manca ancora uno, e poi l'epilogo.
Sì, è corta come storia, ma dovendo rispettare
dei limiti, ne sono comunque nettamente soddisfatta.
Un Ringraziamento a tutti coloro che la leggono, in particolare a...
Coloro che l'hanno inserita tra le Preferite:
- grilla
Coloro che l'hanno inserita tra le Ricordate:
- chiara84
- erato1984
Coloro che l'hanno inserita tra le Seguite:
- Shona
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto :)
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 ***
Capitolo
4
{La
realtà cancella la nostra fantasia, la tua paura
è la stessa mia,
ma
poi ti svegli e perdi quel che hai, perché, per noi,
è tardi ormai.}
Con
il ricordo ancora vivo della nostra vacanza e quella notte
indimenticabile, nella quale siamo cresciuti insieme e ci siamo uniti
completamente, torniamo alla nostra vera vita.
La
realtà sembra così bella ora, come se vivessi in
un mondo davvero fantastico. Sono felice, amo e sono amata, e sono
certa che posso realizzare tutti i nostri sogni. Presto realizzeremo il
suo più grande desiderio, ne sono certa.
Torniamo
dai nostri bambini, che ci accolgono con un giubilo di allegria e
festa. Ci lasciamo stringere, accarezzare e baciare da tutte quelle
meravigliose creaturine, e poi contribuiamo, come sempre, a rendere la
loro vita un poco più felice.
«
Quest’oggi abbiamo una sorpresa per voi! » esclama
Michele a voce alta e chiara, e tutti i bimbi sembrano fissarlo, con
una luce meravigliosa negli occhi.
«
Che sorpresa? » dicono a ripetizione i piccoli, non riuscendo
ad aspettare troppo! Io sorrido, tenendo tra le braccia uno dei
più piccolini.
«
Ci hanno concesso il permesso di portarvi tutti al Parco Giochi della
città! » ma prima che potesse concludere il
discorso, un vero e proprio boato di allegria riempie il salone.
E’ indescrivibile il calore che ti scalda il cuore a quella
vista.
«
Ma, dovete fare i bravi. Seguire tutte le regole, altrimenti torneremo
tutti a casa ben presto, e non ci sarà alcuna sorpresa per
voi! » i loro sguardi si fanno più tristi, ma
subito continua « Tuttavia, so benissimo che qui non ci sono
bambini cattivi! Ci sono Cavalieri e Principesse che sanno rispettare
le regole. Non è vero? »
«
Sìììì! »
esclamano tutti all’unisono.
«
Allora che aspettiamo? Prendete tutti una giacca, e mettetevi in fila
indiana! Si parte per una nuova avventura! » ancora un boato
di festa, e poi ecco tutti correre verso gli appendiabiti, per prendere
la propria giacca. Lascio andare il piccino che avevo tra le braccia,
che traballante, fa lo stesso.
Tutti
i piccoli si mettono, poi, in fila, uno dietro l’altro. Chi
è più perfetto, chi ci mette un po’.
Accade che alcuni litighino per il posto, chi vuole stare prima, o chi
dopo, ma grazie alle nostre parole, e all’aiuto di altre
volontarie che si occupano di quell’orfanotrofio, ecco che
l’ordine è stabilito.
«
Si parte! Chi rompe la fila o rimane indietro, sarà
penalizzato! Chi rispetta tutte le regole, vincerà un
premio! » torna a dire Michele, con un tono gioviale e
allegro. Mi metto affianco alla fila, mentre il mio Cherubino si pone
all’inizio. Come un treno umano, ci avviamo verso
l’uscita, diretti al Parco Giochi, non lontano dal posto.
Raggiungiamo
il parco in maniera piuttosto tranquilla. Tutti i piccoli si sono
comportati bene, sapendo della sorpresa e, una volta arrivati,
permettiamo loro di giocare. Li osserviamo attenti, cercando di non
perderli o di controllare che non si facciano male. E’
complicato, eppure qualcosa di piacevole. Le risate di quei piccoli
riempiono il luogo. Genitori con altri bambini ci osservano, e sembrano
sorridere. I loro figli fanno amicizia con le principesse e i
cavalieri, che non hanno la loro stessa fortuna di avere una famiglia.
«
Guarda come sono felici. Ai bambini basta poco per sorridere, ma spesso
i grandi questo non lo capiscono. Quando sento le loro vocine
sprigionare allegria, le loro risate, mi sento bene. Mi sento fortunato
ad averli nella mia vita. Mi sento un ragazzo migliore. » il
suo sussurro, le sue parole, che non posso non condividere. «
ma ora i piccoli meritano la loro sorpresa. Vieni con me. »
Prendendomi per mano, Michele mi guida verso il chiosco dei gelati. Non
dobbiamo farci vedere, dopotutto è una sorpresa no?
Ordiniamo
una vaschetta gigante, con gusti di ogni genere. Ovviamente, il
cioccolato predomina. Con vaschetta, coppette, e cucchiaini, ci
avviciniamo a un lungo tavolo, ed è lì, che
richiamiamo i piccoli.
Eccoli
correre tutti verso di noi, qualcuno inciampa, ma viene subito
risollevato grazie all’aiuto delle nostre collaboratrici. Un
poco sporchi, ma con il sorriso che illumina i loro volti, attendono le
nostre parole.
«
Ecco qui la vostra sorpresa. Vi siete comportati così bene,
che la meritate tutta! Ma prima, le parole magiche! » la
fantasia di Michele è deliziosa. Porta una mano sopra alla
vaschetta di gelato, e inizia a pronunciare parole prive di senso, ma
che per i bambini sono parole pregne di magia! Uno, due, tre, ed ecco
che apre la vaschetta, mostrando loro tutti quei colori, quei gusti da
mangiare.
I
piccoli iniziano a saltellare dalla gioia, chi batte le manine, chi
osserva meglio i gusti. Il mio cuore batte forte. Sono semplici cose
che, però, riescono a donarti quella felicità,
che tutti tanto cercano.
«
Ora tutti seduti sul prato. Passiamo noi, per donarvi la vostra
sorpresa! » annuncia Michele e, rispettando subito le sue
parole, i piccoli si vanno a sedere a terra, formando come un ampio
cerchio. Ashley ed Erik sono ancora vicini, ormai non si staccano
proprio più. Doniamo loro la propria porzione di gelato, e
poi ne prendiamo un poco anche per noi, andandoci a sedere proprio al
centro del cerchio.
Per
un attimo domina il silenzio, se non fosse per il canto degli uccelli,
o altri rumori della natura, o sfortunatamente, rumori di auto poco
distanti.
Quando
si è felici, purtroppo, le ore trascorrono con troppa
velocità. Si fa presto sera, ed è ora di tornare
in quella che per loro è una casa. Alcuni dei più
piccini sono troppo stanchi, e si addormentano tra le nostre braccia.
Stringo Evelyn tra le mie braccia, una bimba di quattro anni dai
riccioli biondi, e grandi occhi blu, che ora tiene chiusi,
addormentata. Si riforma la fila, Michele sempre in cima, io a
metà e le altre sparse, in modo da controllare al meglio i
piccoli.
Per
tornare a casa, dobbiamo attraversare una strada. Quello è
il punto più pericoloso, ma, all’andata tutto
è filato liscio.
Sento
un soffio d’aria più gelida, per
l’estate, sfiorarmi il viso. Un brivido scorre lungo la
schiena, ma non essendo superstiziosa non ci faccio troppo caso.
Quasi
tutta la fila è ormai dall’altro lato della
strada, ma…
…
è un attimo.
Alla
piccola Ashley, che ancora non ha attraversato del tutto, cade
l’orsacchiotta di peluche proprio in mezzo alla strada. Prima
che possa essere fermata, la piccola corre indietro per tentare di
riprenderlo. Ma… proprio in quel momento un’auto
sta arrivando a grande velocità. Mi sento invadere
dalla paura e raggelare il sangue.
«
Ashleeeeeeeey » strillo, attirando l’attenzione di
Michele. E in quel momento tutto sembra farsi scuro.
Michele
torna veloce indietro, dà una piccola spinta alla bambina
dai capelli rossi, in modo tale da allontanarla dalla strada
e…
…
«
Michele, no! Ti prego rispondimi, amore mio. Sono qui, mi senti?
Michele ti prego… non puoi lasciarmi, rispondimi,
reagisci… » Michele è a terra,
grondante di sangue. E’ debole, tuttavia ancora non ha perso
i sensi. Mi guarda, quei due smeraldi sporchi di sangue, e sorride.
Anche in quel momento non perde quest’abitudine. Muove le
labbra, come a volermi dire qualcosa. Il mio nome. E poi? Non mi
occorre sentirlo, perché lo leggo nei suoi occhi…
quel Ti amo, che mi scioglie dentro. « Ti amo tanto
anch’io… » sussurro tra le lacrime. Poi,
lo sento farsi ancora più debole, chinare il capo, e perdere
completamente i sensi.
A
quel punto, avverto delle mani sulle mie spalle che vogliono
allontanarmi da lui. Il mio Cherubino giace immobile a terra, il sangue
sporca quel volto che tanto amo. Con una forza che non mi aspetto da me
stessa, scanso quelle mani.
«
NO! » strillo con rabbia ed estremo dolore. « non
mi potete allontanare da lui! Lui ha bisogno di me ora! »
guardo con odio l’automobilista che, a causa
dell’eccessiva velocità, non era riuscito a
frenare in tempo. « Vattene, assassino! » sento di
non avere più il controllo di me stessa, ma vedere il mio
amore a terra, privo di sensi, mi fa impazzire.
«
Sara… non puoi fare così, non lo aiuterai.
» è la voce di Emma, una delle altre assistenti
che si occupano dei bambini. Quei piccoli innocenti ovviamente sono
stati portati via subito dopo, scossi e impauriti. Ashley,
più di tutti.
«
Michele… lo sai che non posso vivere senza di te, tu ce la
devi fare. Non puoi lasciarmi… non ora. Abbiamo un sogno da
realizzare insieme… ti prego, amore… »
lacrime continuano a bagnare il mio volto stravolto. La brutta
realtà dalla quale ero stata tirata fuori da lui, ora
abbatteva quella fantasia nella quale avevo trovato amore e
felicità.
«
Sento il suono dell’ambulanza. Ora ti porteranno in ospedale,
ti cureranno. E tu tornerai sano come prima. Tu sei forte, sai bene che
non puoi lasciarmi. Vero? » stringo la sua mano, mentre con
l’altra gli sfioro il viso.
Vedo
i paramedici intorno a me, mi spingono ad allontanarmi un poco, per
permettergli di fare il loro lavoro. Acconsento, seppure riluttante a
staccarmi dalla mia vita.
Dopo
i primi accertamenti, lo portano nell’ambulanza.
«
Vuole venire con noi? » mi chiede un’infermiera,
posandomi una mano sulla spalla. Annuisco, non riuscendo quasi
più a parlare. Sono stravolta e sento il mio cuore
sanguinare. Li seguo, e per tutto il tempo non smetto di tenere la sua
mano tra le mie.
In
ospedale mi conducono in sala attesa, non lasciandomi sola, visto il
mio stato.
«
Signorina, la preghiamo di aspettare qui. Dobbiamo operarlo, visto il
colpo ricevuto e l’eccessiva emorragia. Stia
tranquilla… » sempre la stessa infermiera, che
cerca di consolarmi e di darmi qualcosa di caldo da bere.
Guardo
Michele venire portato via, e sussurro « Tu ce la farai, sei
forte… ». Nell’attesa le mie mani
tremano, cercando di bere quel the che mi è stato offerto.
Non riesco a parlare troppo, sono così sconvolta. Le
immagini dell’incidente tornano ad affiorare, crudeli, nella
mia mente: la piccola Ashley in mezzo alla strada, l’arrivo
dell’auto in corsa… e poi… Michele che
tentava di salvarla. « Oh Michele… »
scoppio a piangere, non riuscendo a trattenermi oltre.
Le
ore passano, ma del dottore nessuna traccia. Inizio a provare due
sensazioni: da una parte potrebbe essere un bene,
dall’altra…
E
poi eccolo. Un dottore dai capelli grigi come i baffi del medesimo
colore, non troppo alto, e paffuto, sembra avvicinarsi a me. Cerco di
scorgere qualcosa nel suo volto, ma sembra impassibile.
Come
in ogni film, la speranza cessa quando il dottore toglie la cuffietta,
e mi guarda in un modo tale da farmi capire tutto.
«
NO… non lui! Perché? Perché
è dovuto succedere? Maledetto questo giorno…
Michele. » urla strazianti escono dalle mie labbra. Il dolore
è troppo forte, mi schiaccia. Sento una parte di me che se
ne va con lui.
«
Abbiamo provato a frenare l’emorragia, ma era troppo
tardi… » non riesco a sentire altro, non mi
importano tutte le spiegazioni mediche, l’unica cosa di cui
ho bisogno, è vederlo.
«
Voglio vederlo… vi prego… » ogni
scintilla di felicità è scomparsa dalla mia voce.
Il mio corpo sembra di colpo vuoto, privo di vita. Come se
fossi morta con lui.
Il
dottore me lo consente e, guidata dall’infermiera, mi ritrovo
davanti alla stanza in cui giace il corpo senza vita del mio cavaliere.
Riesco a restare sola, e mi trascino verso di lui. Le mie mani tremano
e sembrano titubanti, ma poi ecco che lo sfioro sul viso.
«
Dovevamo fare tante cose insieme, ricordi? Ma soprattutto dovevamo
realizzare il tuo sogno più grande, che era diventato anche
il mio… perché mi hai lasciata proprio ora,
Michele? Mi hai spinta a vivere di nuovo, ma ora che tu non ci sei
più, come faccio ad andare avanti? Dovevamo realizzare la
nostra famiglia… e i nostri piccoli, come faranno senza di
te? Sei tu quello ricco di fantasia… non io.
Michele… » le mie lacrime scendono sul suo viso,
che inizia a farsi freddo. « … nelle fiabe, il
Cavaliere bacia la sua Principessa, e lei torna in
vita… è così che devo fare. Questo
è il bacio del vero amore… » delicata,
poso le mie labbra sulle sue, che non possono più ormai
muoversi con le mie. Ma nulla accade. Questa non è una
fiaba, questa è la cruda realtà.
«
Non funziona… Morte crudele… eri invidiosa di me,
e me l’hai portato via? Sei il mio Cherubino, il mio angelo
sceso in terra per farmi vivere… e ora? Non puoi lasciarmi,
Michele, per favore, torna da me… » torno a
strillare. Quella visione è straziante, ma non
m’importa se altri mi vedono. Il mio cuore non batte
più, o forse è solo un’impressione. Gli
apparteneva, ma lui… « non puoi andartene da
me… » crollo col capo sul suo petto. Non sembra
più umano, ma una statua. La statua del migliore Angelo mai
rappresentato; dai riccioli castani, e grandi occhi color smeraldo, che
ormai sono chiusi per sempre, ma mai scompariranno dai miei pensieri.
Non
so quanto tempo trascorro lì, in quella posizione. Gli parlo
ancora. Lo bacio. Lo sfioro con carezze. Ma so che lui non
tornerà da me.
E
poi, ecco che l’infermiera, visibilmente colpita da quella
scena, cerca di scostarmi. La guardo, e probabilmente il mio volto fa
paura, perché si ritrae.
«
Per favore… lasciatemi stare qui, accanto a lui. Solo per
stanotte… la nostra ultima notte. » sento
affiorare nuove lacrime e non riesco a trattenerle. E’ troppo
grande il dolore che provo. Troppo per andare avanti.
Quel
sorriso che lui mi aveva insegnato di nuovo, è scomparso. So
bene che lui non mi vuole vedere così, ma non posso farci
nulla.
Quei
mesi con lui sono stati uno splendido sogno, dal quale ora ho come
l’impressione di essermi svegliata, tornando alla dura
realtà. Credevo che potesse durare per sempre,
invece… tra
noi è tardi, ormai.
________________________
Un ringraziamento
a tutti coloro che leggono, a chi l'ha inserita tra le preferite, le
ricordate e le seguite.
Domani si conclude la storia, con l'epilogo.
Sperando che vi possa piacere fino all'ultima riga!
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Capitolo 6 *** Epilogo ***
Epilogo
Il cimitero è pieno di gente. In tanti
l’hanno amato quando era in vita, ma non mi sorprendo. Del
resto era la persona più splendida che io avessi mai potuto
incontrare. Bello, simpatico, di un’allegria contagiosa,
disponibile e sensibile. Sì, un vero angelo, dai tanti pregi
e così pochi difetti.
Il
cielo stesso piange la sua morte. Gocce di pioggia battono sugli
ombrelli scuri, come gli abiti che tutti indossano, me compresa.
Affianco a me, stringendo la mia mano, c’è la
piccola Ashley con il suo fido orsacchiotto di peluche, salvato insieme
a lei, quel giorno.
Tutti
i bambini sono presenti. Come sempre, di fronte a questi lutti, si
cerca di parlare con loro, in modo da non traumatizzarli.
«
Michele ora è salito su nel cielo. Il Buon Dio
l’ha voluto con sé, per aiutare a sorridere altri
bambini. Ma, sarà sempre con voi. Qui. » posavo la
mano sul cuoricino di Erik, che mi aveva chiesto dov’era il
caro Michele, e lui sorrideva. Aveva compreso.
Ma
certi bambini sono più maturi di altri, e comprendono. Lei
in particolare non riesce a smettere di piangere. Forse teme di essere
stata la causa, o non so. Non posso lasciarla sola ora, deve capire che
non ha colpe alcune.
Il
mio sguardo vaga tra i presenti, facce note, altre sconosciute.
Eri
davvero così conosciuto, amore mio… tutti ti
amano. Guarda i nostri piccoli, sono qui per te.
Sussurro
appena al cielo, sicura che potrà sentirmi. La bara
è lasciata scorrere sotto terra, come lui voleva, e pian
piano tutti lasciano dei fiori. Arriva il mio turno. Ma prima, tocca ad
Ashley lasciare il suo fiore. All’improvviso però,
la piccola fa qualcosa d’impensabile, ma che fa affiorare
calde lacrime di commozione nei miei occhi.
«
Michele, tieni Giselle, così ti fa compagnia
lassù! » lascia scivolare il suo peluche, che si
posa sulla tua bara. Io la stringo a me, sussurrandole un
“brava”, che accende il suo viso pieno di lacrime,
con un sorriso.
Viene
dunque il mio turno.
Avrei tanto da dirti, ma
so che, seppure non sei qui, ora puoi ascoltare meglio il mio cuore.
Lascio
scivolare delle foto: ricordi?
Ci siamo io e te a Londra, abbracciati sotto la statua di Peter Pan. Il
nostro piccolo sogno si è avverato, porta con te i ricordi,
io li serbo nel mio cuore.
Quando
l’ultimo pezzo di terra va a coprire del tutto la bara in cui
dorme, e tutti se ne vanno, io resto ancora un po’
lì, da sola. Ho
bisogno di parlarti.
«
Sai Michele? Non credevo di riuscire a reagire così
facilmente alla tua morte. In quei primi momenti sentivo il mondo
cadermi addosso, mi sentivo vuota e persa. Tu eri quella gioia che mi
spingeva ad andare avanti, affrontando la vita con più
coraggio. Il tuo sorriso mi riscaldava e mi contagiava. Mi hai
sottratta dal buio in cui ero caduta, e anche ora, che le tenebre
vogliono tornare ad avvolgermi, ti sento vicino, vedo il tuo sorriso, e
riesco ad andare avanti. Mi hai dato molto. Mi hai cambiata. Mi hai
fatto capire molte cose. Mi hai consentito di conoscere quei piccoli
bambini, che hanno riempito la mia vita, con colori, gioie, risate.
Ti
ho sempre visto come un Cherubino, sceso in terra, e posatosi al mio
fianco. E so che sei ancora qui, che ora sei veramente
l’angelo dei miei sogni. Non ti dimenticherò mai.
Guardami
e aiutami Michele, perché ho intenzione di realizzare il tuo
sogno più grande: tra qualche giorno andrò in
Africa, per portare un po’ di aiuto e di gioia a quei bambini
che non possono godere la bellezza dell’infanzia. E poi
chissà, se ci riuscirò, potrò andare
anche in altri paesi, per portare un po’ di luce e colori,
laddove c’è sempre il buio.
Grazie
amore mio, perché con te ho capito che sono altre le gioie
della vita. Che basta sorridere di più, o far sorridere, per
stare bene e sentirsi migliori.
Tu
vivrai sempre in me.
Ti
prometto che non cadrò. Farò tesoro dei tuoi
insegnamenti, e aiuterò altri che si trovano nella mia
stessa situazione.
Ti
amo... anche se spesso le parole non riescono a far capire veramente
quanto è profondo questo sentimento che mi lega a te.
Non
lasciarci mai…
Veglia
sempre su di noi.
»
Sorrido
come lui mi ha insegnato, e poi la mano destra scivola sul mio ventre,
in quel mio ultimo addio al cavaliere più coraggioso e
meraviglioso che una principessa potesse mai incontrare.
Fine
_____________________________________________________
Ci siamo, ecco qui
l'ultimo capitolo di questa breve Storia, che mi è nata dal
cuore.
Probabilmente può sembrare forse irreale. Lui, troppo
principe azzurro, lei... non so. Ma, io sono nettamente soddisfatta di
questo lavoro, a prescindere dall'esito che avrò a questo
concorso a cui sto partecipando.
Appena lette le parole della canzone, l'ho scritta di getto. E questo
è ciò che è venuto fuori.
Spero che vi sia piaciuta.
Un ringraziamento di cuore a tutti coloro che l'hanno letta o
continueranno a farlo.
Ma in particolare a:
Chi l'ha inserita tra le preferite:
- grilla
Chi l'ha inserita tra le ricordate:
- chiara84
- erato1984 (ps.
grazie anche per avermi inserita tra gli autori preferiti *_*)
- Moselyn
Chi l'ha inserita tra le seguite:
- Shona
- _GeMeLLinA_
E a tutti coloro che silenziosi leggono.
Spazio Risposte
alle Recensioni
@grilla: non
sai che gioia leggere la tua recensione. Sono felice che questa storia
ti abbia così colpita fino alle lacrime; non che io voglia
far piangere, ma anche le lacrime sono sintomo di una grande
emozione... e, se sono riuscita a suscitarti ciò, mi fa
piacere...
Sì, Michele è un pò troppo Principe
Azzurro, probabilmente. Ma, io sono dell'idea che, anche se non
esistono ragazzi completamente perfetti (anche perchè la
perfezione secondo me alla lunga stanca :P), esistono ancora ragazzi
che si avvicinano al principe azzurro... anche se sono rari, ci sono
ancora.
Spero di non averti delusa con questo finale :)
@anna96: Ti ringrazio per la recensione. Sì, è un pò fiabesca probabilmente, anche se nel profondo del cuore mi auguro che ci siano ancora persone come Michele e Sara in questo mondo assurdo. E quando fuori c'è tanta malvagità, io cerco di portare un pò di fantasia qui, e un amore che supera anche la morte.
Moselyn: Grazie! Sono contenta di essere riuscita a suscitare delle emozioni con questa mia breve storia. Se riesco a donare qualcosa, mi fa piacere, e con le vostre recensioni mi date una motivazione in più per scrivere.
E per quanto riguarda i sogni: MAI smettere di sognare, perchè anche se sembra difficile realizzarli, ci si può riuscire. E poi è sempre bello sognare. :)
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