In Ricordo di Voi di Piccolo Fiore del Deserto (/viewuser.php?uid=90924)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Occhi di Gatti ***
Capitolo 2: *** Sogni Felini ***
Capitolo 1 *** Occhi di Gatti ***
Occhi di Gatti
{ La dedico a una persona per me
speciale, parte integrante della mia stessa vita.
Non temere amor mio,
anche se ora fa male, i tuoi piccoli ti ameranno per sempre,
ed ora sono felici nel
loro splendido paradiso.
Ti amo. }
Simone amava molto il suo gatto.
Aveva appena
dieci anni, quando gli regalarono Homer, un buffo gattino dal folto
pelo grigio, con una notevole peluria di un bianco candido sotto il
collo, e leggere striature del medesimo colore che contornavano i suoi
grandi occhi gialli.
Era decisamente piccino. Una gatta dei vicini aveva partorito quattro
adorabili cuccioli dei colori più diversi: uno bianco, uno
rosso, una tenera gattina marroncina e poi, lui, Homer.
Sin dal primo momento che lo vide, così piccolo e soffice,
se ne innamorò letteralmente.
« Trattalo bene, Simone. Come vedi è molto
piccino, ancor più di te, e non è un giocattolo!
Dovrai riservargli la massima cura, e volergli realmente bene. Sei
capace di farlo? » gli domandò sua madre, con un
tono caldo, ma con sguardo serio e attento.
Lui la guardò, e poi soffermò i suoi occhi in
quelli del micio che, alzando il musetto, lo fissava con insistenza,
come in attesa di una sua risposta.
« Sì, mamma! Non gli farò male, e lo
tratterò con la massima cura! » promise il bambino
e, a quella risposta, seguì il tenero miagolio del micino,
forse contento della risposta.
Il micino aveva solo pochi mesi, ma si affezionò sin da
subito al suo padroncino e, quest’ultimo, si occupava in
maniera egregia ed esemplare di lui. Gli dava da mangiare, lo
spazzolava, ma il momento più bello per entrambi era quello
del gioco: si ritrovavano, infatti, in giardino e, nonostante
l’idea più conosciuta che i felini fossero animali
solitari, il piccolo Homer seguiva dappertutto il suo padrone.
Qualche volta, di sera, l’intera famiglia si ritrovava seduta
su un divano a guardare tutti insieme la tv, e il piccolo Homer si
sedeva su un cuscino, di fianco al suo padroncino, e fissava curioso le
immagini che scorrevano su quello strano involucro rettangolare, che
forse neanche era conscio di cosa fosse.
Sembrava un vero e proprio essere umano, niente affatto un animale.
Altre volte, Simone si divertiva a parlargli e la cosa buffa era che il
tenero micino gli rispondeva.
« Che cos’hai piccino mio? » chiese il
bambino, soffermando i grandi occhi azzurri sul gatto, a terra.
« Miao » rispose il micino, come se fosse
consapevole che il padrone potesse capirlo.
« Hai bisogno di qualcosa? » continuò
Simone, e di nuovo il gatto rispose con un altro miagolio, prima di
strusciarsi sulle sue gambe, portando il bambino a sorridere.
Lo prese tra le braccia, e iniziò a coccolarlo. Poi lo
guardò negli occhi: occhi gialli che sprofondavano in quelli
azzurri. Un muto legame che si era instaurato sin dal primo momento tra
i due.
« Resterai sempre con me, vero micinone? » concluse
il bambino e, ancora una volta, il gatto proruppe in un altro miagolio
di assenso.
Sfortunatamente però, i gatti sono animali curiosi. Non
amano sempre restare a poltrire su una poltrona, seppure questa sia la
loro principale attività, e il piccolo Homer non era da meno.
Amava gironzolare in giardino, alla ricerca di un qualsiasi motivo di
gioco, o per la caccia. Ormai era passato un anno da quando Simone lo
aveva preso con sé, ed era ora di procacciarsi il cibo anche
da solo, per dimostrare forse di essere un vero gatto, agli altri nelle
vicinanze.
Un giorno, però, si spinse troppo oltre:
oltrepassò il portone principale dell’abitazione,
ritrovandosi così vicino alla strada.
In quel posto le macchine sfrecciavano veloci, e molti non davano
neanche troppa attenzione.
Il micio rimase estasiato nel vedere le luci degli abbaglianti delle
auto, quelle cose così umane e a lui non comprensibili lo
affascinavano e lo spingevano sempre più in là.
La curiosità dei gatti, però, spesso li spinge
troppo in là e fu così che un’auto, che
passava troppo in fretta, investì il povero gattino, che non
riuscì neanche ad emettere il suo ultimo miagolio.
« Perché mamma, perché è
successo? » pianse Simone, non riuscendo proprio a sopportare
l’idea di non avere più il suo amico vicino. Al
sentimento di rabbia e di tristezza era subentrato ben presto un forte
sentimento di vuoto, che non riusciva a colmare. Chi ama i gatti in
maniera sincera e profonda, dopotutto, è capace di soffrire
per la loro morte, come se fossero dei veri e propri membri della
famiglia.
« Homer doveva restare con me per sempre. Lui era il mio
piccolo amico, il mio micinone… »
singhiozzò, per poi portarsi le mani sugli occhi, col chiaro
scopo di cacciar via le lacrime che, incessanti, continuavano a
scendere dai suoi tristi occhi color del cielo.
Sua madre lo strinse a sé. In un primo momento, Simone si
fece rigido, col chiaro tentativo di non lasciarsi abbracciare, ma poi,
la tristezza e la voglia di sentire dell’affetto si fecero
sentire e si abbandonò completamente a un pianto, rotto solo
da singhiozzi più frequenti.
« Lo so come ti senti piccolo mio. »
esordì, tentando di trattenere le lacrime, unicamente per
essere più forte e sostenere il suo amato figlio.
« ora fa male il pensiero che il tuo piccolo amico non
c’è più. Lo capisco perfettamente,
perché anch’io ho perso la mia piccola Flora,
quando ero piccina. Era una gattina dal pelo rossiccio e due splendidi
occhi verdi. L’adoravo come non avevo mai fatto per nessuno;
lei mi era sempre vicina, e ogni volta che mi sentivo triste si
strusciava a me, col chiaro tentativo di farmi star meglio e, non so
perché, ma riusciva sempre a farmi affiorare un sorriso.
» si fermò per qualche istante, accarezzando la
schiena del suo bambino, così fragile ora.
« anche lei, sfortunatamente, è stata investita.
Il colpo per me è stato molto duro. Non riuscivo a smettere
di piangere, non riuscivo a vivere senza. Come se una piccola parte di
me fosse stata portata via. » sospirò, al ricordo
che ancora bruciava un poco nel cuore. « ma poi, la tua
adorata nonna mi ha raccontato una specie di favola, che secondo me
è vera. Vuoi sentirla? » il piccolo
sollevò il viso verso sua madre. Gli occhi erano rossi e
gonfi per le tante lacrime versate, e sembrava tremare come una foglia,
per il dolore. Non riuscì a parlare, ma fece un piccolo,
leggero segno di assenso con il capo e la madre gli sorrise. Prima di
iniziare, posò una mano delicata sul suo volto, e
portò via quelle piccole gocce salate, mentre il piccolo
tentava di trattenere ulteriori piccole, perfide, lacrime che volevano
tornare a bagnargli il viso e bruciargli gli occhi.
Poi, la madre iniziò a raccontare:
« Ascolta bambino, il dolore che provi per la morte di Homer
è naturale. Ora senti il tuo cuore trafitto come da tante
piccole lame sottili, che te lo fanno sanguinare. Ti senti immensamente
triste, e lotti per trattenere le lacrime, che, tuttavia continuano a
sgorgare dai tuoi occhi. Vorresti prendere chi ha ucciso il tuo gatto,
e fargliela pagare. Ma a cosa servirebbe?
Homer ti amava intensamente, e continua ad amarti tuttora.
Lui non è scomparso nel nulla. Quel tenero gattino ha
raggiunto altri gattini sfortunati in un mondo perfetto, dove non ci
sono strade pericolose, dove le macchine non esistono, dove non ci sono
persone crudeli pronte a fare loro del male.
Prova ad immaginare immensi prati verdi, con fiori di vari tipi, alberi
dove uccellini cinguettano felici, e il cielo è sempre
azzurro. Il sole brilla alto nel cielo, e la notte lascia il posto alla
luna, come qui.
Ma quello è il paradiso dei gatti. Lì vanno tutte
quelle tenere creature che sono morte, o per sfortuna, per malattia o
per vecchiaia. Sono felici lì, perché possono
rincorrersi felici, possono giocare, divertirsi. Possono arrampicarsi
sugli alberi, e trovare cibo di ogni genere.
Il tuo piccolo Homer è volato lì, ed ora corre
felice per quei prati, insieme alla mia piccola Flora. Sono felici, e
sorridono come sanno fare solo i gatti. Miagolano allegri. Si
rincorrono e giocano. E nei loro piccoli cuori noi ci saremo sempre.
Perché, anche se i gatti sono animali solitari, amano
fortemente i padroni che gli hanno donato tutto l’amore
possibile, come hai fatto tu piccolo mio. » si
fermò per qualche istante, mentre il piccolo fu scosso da
nuovi singhiozzi, ma poi proseguì.
« Ma, non credere che rimarrai senza di lui tanto a lungo.
Lui tornerà, magari non sarà perfettamente
uguale, ma tornerà da te quando meno te lo aspetti. Ti
ricordi i suoi occhi? L’espressione che avevano? Focalizzati
su di loro, e ben presto, guardando altri piccoli gattini, riuscirai a
scorgerne uno con i suoi stessi occhi, e allora saprai che il tuo
piccolo Homer è tornato, solo per te. Non ti
lascerà mai. Lui tornerà sempre, e
riuscirà ad alleviare quel tuo cuoricino che ora
è terribilmente ferito.
Può sembrare solo una favola, ma sono certa che è
vero.
Io ho trovato altre volte la mia Flora nel corso degli anni, e lei, mi
ha sempre riempito il cuore di felicità. Credici piccolo
mio. » gli posò delicata le labbra sulla fronte,
donandogli un tenero bacio e, quando tornò a guardarlo, vide
un nuovo sorriso negli occhi del bambino. L’aveva compreso.
Un altro luogo.
Un luogo,
all’apparenza fatato: verdi prati si estendono per miglia e
miglia, sembrano non smettere mai. Non ci sono strade, non ci sono
rumori di macchine o altri mezzi di trasporto appartenenti al mondo
degli uomini.
Solo prati fioriti,
tanti alberi di diversi tipi, e un cielo immensamente azzurro senza
l’ombra di alcuna nuvola. Si ode il dolce cinguettio degli
uccelli, il frinire dei grilli, e il frusciare delle lucertole, che
rapide si posano poi su una pietra a prendere tutto il sole possibile.
Ad un tratto, si
iniziano a scorgere varie figure e in breve tempo prendono forma: una
moltitudine di palle di pelo dai colori più svariati corre
lungo quei prati. Si odono miagolii continui, alcuni più
sottili, altri più acuti, altri ancora leggeri come il vento.
Tra quelle palle di
pelo, si scorge infine un gattino dal folto pelo grigio, con una grande
macchia bianca sul collo, e delle striature del medesimo colore intorno
agli occhi. Si guarda intorno, un poco confuso, come se fosse appena
arrivato in quel nuovo mondo. I suoi grandi occhi gialli sono tristi.
Dov’è il suo padroncino? L’ha lasciato
solo?
Non riesce a comprendere
ciò che gli è successo. Quella luce era cosi
attraente, ma poi…
Avanza incerto,
osservandosi intorno. Si sente confuso, spaesato, e il suo Simone gli
manca tremendamente. Emette un miagolio, per poi appiattirsi a terra.
Si sente solo, seppure quello sia un luogo così magico.
Poi, al suo fianco si
palesa un altro gatto, o forse sarebbe meglio dire una gattina. Ha il
pelo folto e rossiccio, e i suoi occhi sono di un verde intenso. Sembra
essere più felice, seppure un poco di malinconia si scorga
ancora nel suo sguardo. Guarda il gatto grigio, ed emette un miagolio:
« Sei nuovo di
qui, non è vero? »
Homer torna a rialzare
il musino verso di lei e, dopo qualche istante, miagola:
«
Sì… ma dove mi trovo? E
dov’è il mio padroncino ? »
La gattina sembra
sorridere, e gli gira intorno.
« Sei nel
paradiso dei gatti. Purtroppo non potrai rivedere qui il tuo
padroncino. Lui non può raggiungerti. »
Il gatto grigio sembra
ampliare gli occhioni, mentre si fanno umidi.
«
Sono… morto? »
« Purtroppo
sì… »
« Ma non posso
restare qui, il mio padroncino si sentirà solo e triste, io
devo tornare da lui. Come posso fare? Dimmelo ti prego. »
sembra scongiurarla di aiutarlo. Ama così tanto il suo
padroncino!
La micina rossa scuote
il capo, prima di miagolare di nuovo.
« Non
è possibile, mi dispiace. Anch’io appena arrivata
qui, avrei voluto tornare indietro dalla mia padrona. Ma non
è proprio possibile. Ma, non disperare… noi non
scompariremo per sempre dal cuore e dalla vita dei nostri amati
padroni. Presto, il tuo spirito si rincarnerà in un altro
gatto delle tue medesime sembianze, o comunque molto simile a te. Il
tuo padroncino lo vedrà, e sarà come tornare
insieme. »
Una luce di speranza si
accende negli occhi della gattina, per poi essere condivisa da Homer.
« Oh, spero
che questo possa succedere molto presto. Simone è un
ragazzino così adorabile. Non voglio che soffra, e mi manca
molto. »
« Ti comprendo
più di quanto tu creda. »
« Beh, e qui
cosa si fa ora? » chiede curioso Homer, guardandosi poi
intorno.
« Oh, qui puoi
fare tutto quello che vuoi. C’è cibo in
abbondanza, molti altri gatti con cui divertirsi e…
soprattutto non ci sono quelle strane cose luminose e rumorose degli
umani. E’… il paradiso! » emette uno
strano suono, come una sorta di risata, al quale seguono una serie di
fusa.
« Beh, non
sembra male…»
« Non lo
è. Vieni con me… Ops, ma prima mi presento: io
sono Flora. »
« Ed
io…»
« Homer! » esclamò Simone,
nell’osservare un gattino all’interno di una cesta,
presso una fiera della città in cui viveva. Dopo la storia
raccontatagli dalla madre e aver superato il suo momento di estrema
tristezza, aveva osservato con più attenzione ogni gatto che
vedeva.
Poi, quel giorno alla fiera, si era soffermato su quella cesta,
all’interno della quale vi erano vari piccoli gattini, tra
cui uno grigio, dagli immensi occhi gialli, e qualche macchia bianca su
varie parti del pelo e delle zampe. Non era esattamente uguale al suo
primo amico, ma in quegli occhi riusciva a leggere qualcosa. Era come
aver dinanzi ai suoi occhi di nuovo il suo micino adorato.
Lo prese tra le braccia stringendolo a sé, e il micino
rimase mansueto, per nulla aggressivo come fosse consapevole che il suo
posto era con quel ragazzino.
« Mamma, è proprio Homer. E’ tornato da
me!» esclamò con allegria.
La madre lo guardò un poco e sorrise.
« Sì, hai visto? Quella favola è
diventata realtà »
Poco dopo, spostò lo sguardo anche lei sulla cesta, e rimase
colpita da due immensi occhi verdi che la guardavano con insistenza.
Il suo cuore iniziò a battere più forte, e si
ritrovò a sorridere immensamente.
« Mia piccola Flora, sei di nuovo tornata da me! »
esclamò, andando a prendere tra le braccia una graziosa
micina dal pelo fulvo, che le donò sin da subito delle
adorabili fusa.
« Hai visto mamma? Forse Homer ha incontrato Flora
lassù in quel mondo magico per i gatti, e hanno deciso
insieme di tornare da noi. E’ meraviglioso. »
esclamò di nuovo il bambino, coccolando il suo gatto.
« Lo è davvero, piccolo mio. »
E, con una nuova felicità, avanzarono verso casa, con i loro
due piccoli nuovi amici.
E la stessa felicità era condivisa anche dai gattini che
ancora corrono su quegli infiniti prati verdi, e giocano, si
rincorrono, si amano, e pensano ogni singolo giorno ai loro padroni che
non smetteranno mai di amare.
____________________________________________
Questa storia
è nata in un momento di tristezza. Credo che
sia giusto vederla come una favola, anche se, può essere
realtà.
Agli amanti dei
gatti, e soprattutto a te, amore.
L'immagine
è mia. E' stata fatta da me, a quei due angeli felini.
|
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Capitolo 2 *** Sogni Felini ***
Sogni
Felini
{A voi, piccoli miei,
che tanto amore e tanta felicità mi avete dato.
Non vi
dimenticherò mai. Vi amerò per sempre.
Un
giorno, forse, ci rincontreremo... }
-
Sorellina, perché bisogna sempre soffrire così?
Perché il Buon Dio che tutto ha creato e che tanto ci vuol
bene, ci porta via tutte le persone o i piccoli amici che tanto amiamo?
Martina non riusciva a credere che, ancora una volta, un suo piccolo
tenero amico se ne fosse andato, ucciso barbaramente sul ciglio della
strada da qualche autista poco scrupoloso e sicuramente menefreghista,
che non aveva ben compreso che nei centri cittadini bisogna pigiare
poco l’acceleratore per non rischiare di tranciare alcun
essere animale o umano.
Il corpo di quel gattino, dal folto pelo color crema, giaceva
all’interno di una scatola, pronto ad essere sepolto accanto
a quello che, per lungo tempo, era stato una sorta di fratello, seppur
non appartenenti alla stessa razza o cucciolata.
Martina non era riuscita a osservarlo con attenzione. Aveva cercato di
mostrare un gran coraggio e di valutare se quella creaturina priva di
vita, dal musetto ormai irriconoscibile, fosse davvero il suo adorato
Principe – così chiamato per i suoi atteggiamenti
vanitosi e l’esigenza di essere sempre al centro
dell’attenzione – e, non appena aveva scorto quel
morbido pelo, era subito crollata. Una scia di lacrime, impertinenti,
le macchiarono la faccia, mentre schizzò verso la sua
stanza, con il mero tentativo di rimanere sola per sfogarsi liberamente.
Non riusciva a crederci. Non le poteva sembrare una cosa reale. Solo la
sera prima lo aveva “stritolato” di coccole e baci
e si chiedeva perché lui avesse deciso di seguirla in ogni
parte della casa, e ora lui non c’era più.
Come avrebbe fatto senza il calore che emanava quel corpo peloso a
contatto con il suo, quando dormivano insieme nello stesso letto? Senza
le sue fusa che riuscivano a rilassarla molto meglio di una camomilla?
Come avrebbe fatto a ridere ancora, nel vederlo giocare con un semplice
pezzo di carta o un filo, o infilarsi negli scatoloni o nelle buste
come se fossero delle ottime cucce?
E i posti vuoti, a tavola, ora non sarebbero più stati
occupati da lui che, saltellante, li passava tutti nella vana ricerca
di un po’ di cibo anche per lui, povero gatto perennemente
affamato.
Non era giusto.
Perché quel Dio cui si era sempre affidata nei momenti di
crisi per trovare conforto o aiuto, o nei momenti felici per
ringraziarlo di ciò che le aveva donato, ancora una volta le
rubava la felicità lasciandole il cuore a pezzi?
Si sentiva distrutta. Come se avessero ucciso anche lei.
Ma poi, quando ormai aveva consumato anche il secondo fazzoletto a
forza di detergere lacrime o soffiarsi il naso, giunse qualcuno a
controllarla.
Sua sorella, Valeria.
Non erano mai state troppo affiatate, ma in fin dei conti sapevano
benissimo entrambe di volersi un bene dell’anima.
La tristezza dell’una influiva anche nell’altra.
Le si avvicinò e in un primo tempo si limitò ad
osservarla, chinandosi verso di lei e posandole una mano sui morbidi
capelli biondi, carezzandola con dolcezza.
Martina aveva sollevato gli occhi nocciola, completamente rossi e gonfi
per il gran pianto, verso di lei, ma non riusciva proprio a formulare
parola.
Solo dopo qualche istante, fece dei profondi respiri allo scopo di
quietare anche il mal di testa atroce che le era venuto per
l’agitazione, lo sconforto e le tante lacrime, e le aveva
posto quella domanda.
Valeria le si era seduta accanto e ci aveva messo un po’ a
rispondere, come nel chiaro tentativo di trovare la risposta
più giusta da dare.
-
Io non lo so se effettivamente Dio esiste, ma so che la vita ci da
tante delusioni che spesso non riusciamo a comprendere e gestire.
Ma posso dirti
questo: cerca di essere forte, sorellina mia, e non fermarti a vedere
la vita tutta in nero d’ora in avanti. La vita ha anche tanti
aspetti buoni che bisogna vivere fino in fondo, prima che sia troppo
tardi.
Martina l’ascoltò con attenzione. Quel
ragionamento era giusto, ma in quel momento per una bambina di soli
dodici anni che aveva perso l’ennesimo gatto, non era facile
da accettare.
-
Ma ieri ero tanto felice. Avevo preso un voto ottimo a scuola e i
nostri genitori erano contentissimi e fieri di me; anche Simone mi
aveva fatto tanti complimenti, e ora invece la felicità
è scomparsa, è volata via come un uccellino.
Perché bisogna sempre stare così male? Questa
volta non poteva lasciarmelo? Ho già perso il mio piccolo
Esaurito, ed ora anche Principe è … morto.
A quell’ultima parola, i suoi piccoli occhi tornarono a
riempirsi di lacrime. Era così difficile fermarle. Non aveva
ancora accettato la morte del gattino nero che aveva trovato lungo il
ciglio di una strada, tutto coperto di erbe e strane palline irritanti,
che poi, amorevolmente, gli aveva tolto, accogliendolo nella sua casa,
come un fratellino più piccolo da accudire.
-
Purtroppo la vita è così. E’ molto dura
e non smetterà mai di porti davanti prove da gestire. Ma
vuoi fermarti qui? Principe non sarebbe felice di questo.
Lui ti voleva
molto bene, ed è riuscito a rallegrare più di un
anno della tua vita. Tieni presente nel tuo cuoricino ogni ricordo
vissuto con lui, e sarà come se lui non fosse mai morto. Lui
vivrà sempre con te, anche se non in maniera visibile.
L’amore che ti lega a lui e ad Esaurito non
svanirà mai.
Ricordali e sorridi per quei momenti che ti
hanno donato.
Loro non ti dimenticheranno mai. Ora sono
felici, in un luogo in cui possono correre e giocare tranquilli, come
un tempo, e nessuno potrà fargli ancora del male.
Ora cerca di riposare o ti sentirai male per
il troppo piangere.
Ti voglio bene, sorellina mia.
Martina guardò intensamente sua sorella e cercò
di far sue le parole che le aveva rivolto. In un attimo di puro affetto
o forse alla ricerca di conforto, si abbandonò tra le
braccia di Valeria. Sua sorella la strinse forte a sé, come
volendole infondere ulteriormente quelle poche parole
d’affetto che realmente provava per quel piccolo scricciolo
in lacrime. Avrebbe voluto difenderla, ma sapeva che non poteva far
molto. La morte di una persona cara o di un animale considerato un vero
e proprio membro della famiglia, era cosa ben difficile da gestire, e
ci sarebbe voluto tempo per passare oltre e pensare con un sorriso ai
bei tempi andati.
-
Ti voglio bene anch’io, sorellina. – le disse,
infine, la piccola.
Valeria le donò un dolce bacio sulla fronte e
l’aiutò ad intrufolarsi sotto le coperte, proprio
come faceva quando era ancora più piccola.
Martina provò a chiudere gli
occhi, dai quali scivolarono sul cuscino le ultime gocce salate e
cercò con tutta se stessa di immaginare quel luogo magico
dove i suoi amati cuccioli ora potevano giocare di nuovo insieme, come
facevano in vita.
Non appena le braccia di Morfeo l’avvolsero in un sonno
ancora un poco agitato, la piccola si ritrovò a sognare.
Si trovava in un luogo strano: in alto il cielo era limpidissimo,
neanche la più piccola nuvola lo macchiava. C’era
solo il sole che sospingeva i suoi caldi raggi in un immenso e infinito
prato verde, adornato da una quantità variegata di fiori.
La piccola strabuzzò gli occhi, disorientata e stupita da un
tale luogo, mai visto prima.
Non c’erano case, né strade, né alcun
artificio umano. Non c’erano quelle rumorose macchine che
sfrecciavano veloci sulle strade. Non c’erano rumori, se non
quelli della natura.
- Ma dove mi
trovo?
Una domanda alla quale non c’era nessuno ancora a
risponderle.
Ma poi, quando meno se lo aspettava, sentì dei miagolii
lontani.
Davanti ai suoi occhi una moltitudine di gatti dalle razze, colori e
grandezze più diverse si riversarono di corsa in
quell’immenso spazio verde.
Il suono armonioso delle loro fusa inondò l’aria,
arrivandole al cuore.
La piccola si ritrovò dapprima sconvolta, ma poi il suo
cuoricino prese a battere intensamente.
Spaziò con lo sguardo alla ricerca dei suoi cuccioli. Se
quello era il mondo dichiaratole da sua sorella, dovevano essere
lì.
Esaurito,
Principe… piccoli miei, dove siete? Voglio vedervi, almeno
per un’ultima volta.
Come in risposta ai suoi pensieri, due gatti dai colori opposti corsero
allegri verso di lei.
Uno era piccolo, completamente nero, con qualche macchia bianca sotto
il collo e sulla punta della coda. I suoi occhi erano completamenti
gialli.
L’altro era più grande, dal pelo folto, di un
grazioso color crema, dal nasino e orecchie rosa, e due occhi gialli e
grandi.
Martina sentì il suo cuore esultare e quasi impazzire da una
gioia immensa.
-
Esaurito, piccolo della casa, vieni dalla tua mamma, vieni da me. E
anche tu, mio bellissimo Principe. Fatevi stringere ancora una volta.
Si chinò a terra, spalancando le braccia come per
accoglierli.
Esaurito, il micino nero, le corse subito tra le braccia e
iniziò a sprofondare le sue zampine sul suo petto,
ciucciando la sua maglia come se fosse davvero la sua mamma.
Così faceva anche in vita, essendosi allontanato troppo
presto dalla sua vera mamma gatta.
Principe, invece, iniziò a strusciare il suo splendido corpo
sulle sue gambe, rivolgendole tantissime rumorose fusa.
-
Mi siete mancati così tanto, amori miei… non
posso credere che non posso rivedervi domani quando mi
sveglierò. Ho così bisogno di voi ancora. Ho
ancora il cuore straziato ricordando il male incurabile che ti aveva
colto, piccolo di casa. Ma ora sei felice e del tutto sano, e il mio
cuore canta di gioia nel vederti in questo stato.
E tu, bellezza,
sei sempre così vanitoso, ma adoro poter sentire di nuovo il
suono delle tue fusa.
Quanto vorrei poter credere che questo sogno
sia la realtà e la realtà sia l’incubo
dal quale svegliarsi.
I due gatti interruppero il loro fare, indirizzando i loro occhi verso
di lei. La guardarono con una tale intensità che
sembrò intrecciarsi tra di loro un flusso di parole
silenziose, che potevano essere comprese solo da quel trio.
Strinse più a sé il piccolo che teneva ancora tra
le braccia, mentre l’altra mano libera la fece sprofondare
nel soffice pelo lungo di Principe, che inarcò schiena e
coda verso l’alto, contento per quelle coccole.
Nel frattempo quel prato si era riempito di tanti altri esseri umani:
c’erano bambini, ragazzi, adulti ma anche anziani che si
ritrovarono con i loro adorati amici, figli, compagni di avventura, e
soluzione alla solitudine nella quale riversavano.
Tra tutti loro, Martina notò un bimbo conosciuto.
Stupefatta, gridò il suo nome:
-
Simone!
Ma lui non rispose, come se non riuscisse a sentirla o forse
non volesse farlo.
La bambina rimase male, ma fu una voce strana, mai udita prima
d’ora che le fece comprendere tutto.
-
Lui non può sentirti. Sei in un sogno, padroncina, e puoi
sentire e parlare solo con noi, perché questo è
stato il tuo desiderio più grande, poco prima di
addormentarti.
Un’altra voce, più squillante ma anche
infantile, continuò:
-
Hai voluto vederci ancora, vero mammina? Mi sei mancata proprio tanto.
Ma sono contento di essere riuscito ad attenderti per darti
l’ultimo saluto e ricevere tutte le tue calde coccole e tutto
il tuo amore, che già avevo avvertito nel momento esatto in
cui mi hai colto da quella strada, invece di farmi morire
nell’indifferenza.
La bambina
comprese a chi appartenessero quelle voci e, ancora una volta, le
lacrime vinsero, essendo colta da una grande emozione. I suoi due
piccoli amici le stavano parlando e per la prima volta poteva ascoltare
le loro adorabili voci.
- Come potevo
non amarti? E come posso dimenticare tutto ciò che mi hai
dato. Ti ho amato dal primo momento che ti ho visto, e man mano che ti
vedevo crescere, il mio amore per te è aumentato. Ho tanto
temuto di perderti la prima notte, vedendoti così piccino,
ma già dal giorno seguente tu eri lì a bere con
foga il latte da una siringa. Il mio gattino forte. Ma poi…
- Shh, non
continuare mammina. Non è stata colpa tua. Tu e il nonno
avete fatto di tutto per curare la mia brutta malattia, ma
probabilmente non ero abbastanza forte. Non avevo ancora un anno,
quando mi abbatté. Mi spiace solo che hai dovuto vedermi nel
momento conclusivo del mio supplizio.
-
Già… ho ancora quell’immagine terribile
davanti agli occhi. Come l’immagine del tuo corpo
morto… - disse, rivolgendosi a Principe, che fino a quel
momento aveva mantenuto un rispettoso silenzio.
- Padroncina,
non rammentare i momenti tristi e soprattutto l’ultima
immagine che hai avuto di noi. Prova a pensare ai nostri momenti
felici. A quei giorni in cui abbiamo dormito insieme, in cui ci hai
riempito di foto, in cui abbiamo giocato o ci hai coccolato. In cui hai
ricevuto le nostre coccole e ci siamo scambiati un grande amore
reciproco.
Non potremo più tornare nel tuo
mondo, ma un giorno forse potremmo incontrarci ancora, o puoi sempre
cercarti nei tuoi sogni. Pensa fortemente a noi, ogni qualvolta lo
reputi necessario, e vedrai che i tuoi sogni diventeranno
realtà. Potremo di nuovo vederci, passare del tempo insieme
ed essere felici come un tempo.
Martina non riusciva a smettere di piangere, ma questa volta erano
lacrime dovute a un’emozione positiva, una
felicità che tanto cercava e che temeva di aver perduto.
-
Va bene miei piccoli amori, ma voi non dimenticatevi mai di me. Vi ho
amato tanto e continuerò a farlo per il resto della mia vita
e, anche quando saremo di nuovo qui tutti insieme,
continuerò ad amarvi allo stesso modo. Grazie per aver reso
la mia vita migliore, grazie per avermi fatto capire che
c’era qualcuno pronto ad amarmi sempre. Grazie di cuore. Non
lo dimenticherò mai.
- Non potrei mai
dimenticarti, mammina. Mi hai permesso di vivere per almeno sei mesi, e
non potrò mai dimenticarlo. Ti voglio un bene immenso.
– disse il più piccino, strusciando il musino sul
viso di lei.
- Neanche io
potrò mai dimenticarti. Sei stata buona con me, anche se ho
odiato essere preso in braccio per troppo tempo, mi sgualcisci il pelo.
– disse, superbo, il gatto color crema, ma poi emise delle
rumorose fusa – ti voglio davvero bene, amore.
Nel sentirsi chiamare nel medesimo modo in cui lei si
rivolgeva a lui, fu colta da un attimo di eccitazione e lo strinse
forte a sé, provocando in lui un miagolio non proprio felice.
-
Ecco, è proprio questo che odio, ma per una volta ti faccio
contenta – aggiunse Principe, continuando a farle fusa.
Continuarono a coccolarsi e giocare a lungo, fino a quando i
contorni del luogo iniziarono a farsi più sbiaditi, i loro
corpi inconsistenti.
-
Cosa succede ora? – chiese allarmata la bambina, e rapida fu
la risposta di Esaurito.
- Purtroppo
è ora di svegliarsi, mammina. Ma non piangere
più, noi ci saremo sempre per te. Cercaci nel tuo cuore e
nei tuoi sogni.
- Io non voglio
lasciarvi però…
- Devi farlo per
ora, ma ricorda le parole di Esaurito. È un gatto piccino ma
è anche molto saggio – asserì Principe,
leccandosi il pelo.
-
Va bene…
- Ah,
padroncina. Vedi quei due micini con Simone? Quelli sono i miei
fratellini. Siamo tutti splendidi gatti vero? Certo, io credo di essere
il più sublime tra tutti, ma anche loro non sono male.
– aggiunse Principe, suscitando lo sbuffo di Esaurito e la
risata di Martina, che poi si voltò a guardare i due micini
di diverso colore – grigio e rosso –
dell’amico Simone.
- Sono proprio
splendidi. Ma sì, tu resti il migliore, amore mio. E tu il
cucciolo più dolce che io abbia mai avuto.
Li strinse di nuovo a sé, per la
“gioia” di Principe, e loro le rivolsero ancora le
loro fusa.
-
A presto, allora, miei piccoli… tornerò presto da
voi.
Il suono delle loro voci si perse
nell’oscurità che li avvolse. Quel mondo magico e
lontano scomparve. Tutto fu buio, fino a quando lei non aprì
gli occhi, accolta dalla luce del sole reale e dallo sguardo sorridente
di sua sorella.
-
Hai fatto un bellissimo sogno, eh? L’ho capito dal modo in
cui sorridevi, mentre dormivi.
- Oh
sì, sorellina. Ho visto di nuovo sia Principe che Esaurito e
potrò vederli ogni volta che vorrò. Basta
cercarli nel mio cuore e nei miei sogni. Loro mi vogliono bene, loro
non mi dimenticheranno mai ed io farò lo stesso.
- È
bello vederti di nuovo sorridere, dolce Martina, ed è quello
che intendevo dire ieri. Ora, giù dal letto,
un’altra giornata ci aspetta e pian piano tornerà
a sorgere il sole anche nel tuo cuore ora ancora triste.
- Sì,
ne sono sicura.
Sorrisero entrambe e, mentre Valeria si dirigeva
già in cucina, Martina si soffermò a guardare una
foto raffigurante i suoi cuccioli. La prese tra le mani e la strinse al
petto, proprio all’altezza del cuore.
Anche se in quel momento era infinitamente triste, sapeva che non li
avrebbe mai veramente persi.
La morte non aveva vinto.
L’amore supera ogni cosa.
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Avevo
scritto una storia simile, dedicandola in particolare al mio amore e ai
suoi gatti splendidi... ma ieri, quando ho perso anch'io il mio
ennesimo splendido gatto, ho sentito il dovere di scrivere qualcosa
anche in onore di quei bellissimi gatti che potete vedere nelle foto.
Sono i miei
amori...
I nomi dei
gatti nella storia sono i nomi reali.
Un po'
insoliti forse, ma li ho dati in relazione ad alcuni aspetti del loro
carattere che mi avevano colpito...
Il piccolo
Esaurito, in un periodo della sua breve vita, era incontrollabile e
pazzo, così ho deciso di appellarlo in questo modo... anche
se lo chiamavo spesso "il piccolo della casa...". Ma una brutta
malattia me l'ha portato via troppo presto...
Ieri,
invece, la felicità che mi aveva colta per aver ottenuto un
nuovo 30 a un esame - che non credevo neanche di superare -
è stata dissolta nell'apprendere che il mio amato e
bellissimo Principe non sarebbe più tornato a casa. Non gli
è bastata un'aperta campagna per sanare la sua
curiosità, si è spinto troppo oltre... e sulla
strada ... l'hanno investito.
Non posso
dire tutto quello che provo qui, perché potrei essere
bannata e comunque sono cose piuttosto personali.
Ah
già, il nome Principe viene spiegato nella storia: era
vanitoso e sembrava voler stare sempre in alto rispetto agli altri
gatti, e poi è stato un dono di laurea del mio splendido
fidanzato, che reputo un ragazzo molto vicino al Principe Azzurro.
L'unica cosa
che voglio aggiungere è di non soffermarvi sui possibili
errori commessi, sul fatto che forse non è una vera e
propria favola, ma è nata dal cuore. Non l'ho scritta per
dare mostra della mia scrittura (tanto è ancora piuttosto
acerba), ma per far loro un mio piccolo dono. Per ricordarli
così.
Purtroppo
ieri sera non li ho incontrati nei miei sogni, ma spero che un giorno
riusciremo di nuovo a vederci. Non sono riuscita neanche a rispettare
la promessa di non piangere... quanto sento la loro mancanza...
Addio micini
miei... divertitevi lassù...
un
giorno forse, saremo di nuovo felici insieme.
Ps.
IMPORTANTE: l'immagine ovviamente è mia, e non permetto a
nessuno di prenderla.
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