Scrittori Da Uccidere

di Hap Collins
(/viewuser.php?uid=96844)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte Prima ***
Capitolo 2: *** Parte seconda ***
Capitolo 3: *** Parte terza ***
Capitolo 4: *** Ultima parte ***



Capitolo 1
*** Parte Prima ***


Rewind

SCRITTORI DA UCCIDERE - PARTE PRIMA

 

1. La via del samurai è la via del bene comune.

 

L'angelo di pietra fissava i due intrusi a passeggio nel parco. I lineamenti sporcati dall’umidità e le ombre della sera donavano al suo viso un’espressione maligna.

Teo Leoni distolse lo sguardo, si sentiva nervoso. Nell’ultimo periodo le crisi d’ansia e i momenti di spaesamento erano aumentati, tanto che il medico gli aveva consigliato uno psichiatra. Ma Teo non aveva nessuna intenzione di farsi sgonfiare il cervello da un gommista della mente. Stava tentando di digerire la ricchissima cena offerta dall’editore Lucio Guglielmi, organizzatore del premio letterario “Anime Sulla Carta”.

A complicare i problemi digestivi di Teo, ci pensava Pietro Zampis, un’attaccabottoni professionista. Entrambi erano tra i finalisti del concorso, che nell’ultima fase prevedeva un soggiorno nell’antica villa veneta dell’editore.

«Non capisco chi è l'ubriaco che ha selezionato i racconti. A parte i nostri, intendo. Quelli degli altri fanno veramente schifo, fanno! Ho dovuto masticarmi la lingua per non ridere quando il tipo con i baffetti si è messo a leggere. Tutto esaltato come un D’Annunzio dei poveri. Roba da matti, roba!»

Pietro rigirava lo stuzzicadenti in bocca mentre parlava. Teo si impose di mantenere la calma e reprimere il fastidio che provava nei suoi confronti.

«Ormai non mi stupisco di niente. Puoi pubblicare solo se sei famoso o imiti qualcun'altro. L'individualità e l'originalità artistica non contano niente in questo mercato.»

Pietro fece un cenno di approvazione, sputò lo stuzzicadenti e riprese il discorso.

«Ma quella roba ambientata a New York che sembra Bologna? Dove sono i portici a New York? Poteva almeno leggersi la guida Only Planet, poteva! Non puoi imitare gli americani. Nel mio racconto ho cercato di mischiare lo stile pop di Tarantino con la cronaca nera padana. Penso sia venuto originale, penso!»

« Beh, il tuo racconto è molto… realistico. C'è qualcosa nel discorso di fondo che mi è piaciuto.»

«Grazie collega. Secondo me ce la giochiamo noi due la vittoria. Il Conte è sparito già ieri sera, D’Annunzio e Agata Poveri-Cristi non si vedono dal pomeriggio. Potevano almeno salutare, potevano!»

«É tipico dei perdenti. Quando li metti di fronte alla loro mancanza di talento, ti tolgono pure il saluto.»

«Hai ragione da vendere, hai! Comunque, sto Guglielmi ne ha di soldi da buttare. Come gli sarà venuto in testa di organizzare una finale da Grand Hotel? Non so mica, non so.»

«Non ne ho la minima idea». Teo si lisciò il pizzetto, pensieroso. I giorni precedenti alla finale del premio erano stati pesanti. Il contratto di lavoro al call center era scaduto e le lamentele degli utenti avevano fatto sì che non fosse rinnovato. Il suo ex datore di lavoro si vantava di non aver mai letto un libro in vita sua. Maledetto sfruttatore analfabeta.

Pietro aprì la porta che dava sull’atrio e vide qualcuno in lontananza. «Ecco gli altri poeti estinti!» Disse. «Vediamo se hanno voglia di fare due tiri a biliardo.»

«Mhh. Io devo andare un momento di sopra. Vi raggiungo più tardi.»

Finalmente libero, Teo salì in fretta i gradini di pietra. Un dubbio stava lentamente insinuandosi tra le pieghe dei suoi pensieri: aveva dimenticato qualcosa? Entrò in camera e frugò nella valigia, nervoso e veloce. Aprì il portasapone e trovò quello che cercava: cartucce di piccolo calibro. Rimise tutto in ordine e si sdraiò sul letto sciogliendo la tensione.

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Parte seconda ***


Rewind

 

SCRITTORI DA UCCIDERE - PARTE SECONDA

 

2. L'avidità è nemica della giustizia. Il troppo orgoglio è avidità.

 

Rumori di gioco e risate rimbombavano dalla sala ricreativa al corridoio. Teo si tenne a debita distanza e scese al pianterreno. Nell'atrio della villa c'era un assembramento di anticaglie da ricchi ignoranti. Armature, spadoni, e altra paccottiglia medievale. Guardò con disprezzo l'esposizione di lame e coltelli.

«Donne, è arrivato l'arrotino!» Mormorò a bassa voce.

Quando era piccolo, il richiamo registrato dell'arrotino sparato dagli altoparlanti di un furgone che batteva il quartiere a passo d'uomo, gli era fin troppo familiare. Sua madre aveva un sacco di forbici, forbicine, forbici da seta, coltelli da prosciutto, da farsi arrotare. Inoltre aveva pure ombrelli da riparare e cucina a gas da aggiustare.

Un giorno però, suo padre non si presentò all'uscita da scuola e il piccolo Teo venne a sapere che aveva accoltellato l'arrotino. Solo qualche anno più tardi avrebbe scoperto con una certa amarezza, che la causa scatenante non era stata il fastidioso e ripetitivo messaggio registrato, ma il fatto che l'arrotino oltre ai coltelli facesse il filo pure a sua madre.

Entrò nel salone a sinistra. Sul lungo tavolo erano esposte diverse pubblicazioni di Guglielmi Editore. Sentì salire la rabbia. Prima la ferramenta medievale per impressionare gli ospiti burini, ora questo indegno spettacolo di letteratura commerciale. Uno che pubblicava le confessioni di un’attricetta televisiva, cosa poteva capirne di vera letteratura? Di vera arte?

Sfogliò alcuni libri. Scrittori giovanilisti e problemi di cuore, porcherie fantasy per ragazzini. Poi qualcosa di completamente diverso attirò la sua attenzione. Copertina in pelle d’aspetto pregevole, carta robusta, scrittura a mano ricca di abbellimenti e disegni. Un testo medievale, eppure sembrava nuovo.

«Che gliene pare?»

«C-come?» Teo faticò a ritrovare l’orientamento, il viso affilato di Guglielmi gli si parò davanti.

«Dico, che gliene pare di quest’opera?»

«Beh, è sorprendente. Sembra sia stata scritta ieri.»

«L’ho ritirata pochi giorni fa da un monastero benedettino. Può sembrare incredibile, ma esistono ancora artisti in grado di creare questi capolavori.»

«Ma a cosa serve? Voglio dire, chi può essere interessato a una cosa del genere?»

«Collezionisti molto particolari. Una ristretta cerchia di appassionati che non bada a spese. Richiedono soprattutto libri rari, impossibili da comprare ma non da riprodurre.»

Guglielmi sorrise. Era un cinquantenne elegante e atletico, con lo sguardo indagatore di chi è abituato a valutare le persone. Teo rimase in silenzio aspettando che se ne andasse.

«Spero che il soggiorno sia di suo gradimento»

«Beh, direi che è fantastico. Anzi, se devo essere sincero mi sorprende tanta attenzione per degli esordienti.»

«Gli esordienti di oggi sono i grandi scrittori di domani.» Il sorriso dell’editore si allargò sulle capsule e i ponti d’oro. Un operatore di call center avrebbe dovuto accendere un mutuo per pagarseli. «Io preferisco prendermi il tempo necessario per conoscere i miei futuri cavalli vincenti.»

Teo avvertì un forte ronzio alle orecchie e all’improvviso si sentì lontano. I suoni si fecero confusi e ovattati.

«Qualcosa non va?» Guglielmi lo osservò con un accenno di preoccupazione.

«N-no. Sara meglio che vada a farmi una bella dormita.»

«Mi raccomando, se ha bisogno di qualcosa chiami il numero interno. Si riguardi e passi una buona notte. Domani sera ci sarà la premiazione.»

L’editore si allontanò con passo sicuro e Teo immaginò di mirare alla nuca. Sarebbe stato un bel colpo. Stava per andarsene, quando notò qualcosa sul pavimento. Nel punto esatto in cui Guglielmi si era fermato pochi istanti prima. Si chinò a raccoglierlo, era uno stuzzicadenti. Solo una persona poteva aver sputato quell’affare sul pavimento di marmo pregiato. Lo prese tra le dita e lo spezzò.

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Parte terza ***


Rewind

 

 

SCRITTORI DA UCCIDERE - PARTE TERZA

 

3. La via del samurai è la via del giusto. Chi non è degno dell'arte che coltiva merita la morte.

 

Teo guardò l'ombra della pistola proiettata sul muro. La stava impugnando davanti al fascio di luce di una vecchia lampada da tavolo, creando un affetto di ombre cinesi. Era notte fonda e non riusciva a dormire. La camera assegnatagli era un ambiente pulito, che odorava di chiuso e legno antico. Seduto alla scrivania tentava di iniziare un racconto, ma non c’era nulla che accendesse la sua fantasia. Posò la pistola sul tavolo e cominciò a scarabocchiare il foglio.

Qualcuno bussò alla porta o almeno così gli parve. Rimase immobile e non sentì più alcun suono. Spostò il braccio lentamente. La maniglia si era mossa o era stato uno scherzo della sua immaginazione? Raccolse con delicatezza la pistola. Non era più sicuro di ciò che sentiva, da tempo non era più sicuro di nulla.

Si diresse a passi leggeri verso la porta, era abilissimo a non fare rumore. Anni di allenamento nell’attraversare il corridoio di casa, superare la cucina, trattenere il respiro girando la chiave nella toppa. Se non veniva raggiunto dalle urla di sua madre, stravaccata sul divano a guardare telenovelas e a cullarsi nella nevrosi, era fatta. Poteva chiudersi quel mondo malato dietro le spalle e rifugiarsi nella biblioteca comunale. Perdersi tra le pagine dei grandi e sognare il momento della rivincita. Sarebbe diventato un famoso scrittore, riconosciuto da tutti per il suo valore superiore, e il suo spirito sarebbe rimasto impresso tra le pagine dei libri in tutte le biblioteche del mondo.

Con uno scatto aprì la porta. L’immagine del corridoio si ritagliava buia oltre la soglia. Non c’era nessuno. Sospirò sentendosi sciocco e abbassò la pistola. Il dubbio che lo psichiatra gli servisse davvero attraversò rapido la mente, ma fu scartato con rabbia.

Avanzò lento fino ad abituarsi alla semioscurità del corridoio. Le luci del parco filtravano timide dalle finestre, lasciando intravedere una fila di porte chiuse. I pessimi scrittori non soffrivano d’insonnia, ronfavano tranquilli i maledetti.

Percorse pochi metri e si accorse che la porta della camera di Pietro Zampis era solo accostata. Tipico di un idiota del genere, avrebbe potuto dormire con le palle al vento senza curarsi minimamente di essere visto.

Con un dito spinse sull’uscio allargando la visuale, finché un raggio di luce esterno lasciò intravedere un letto vuoto. Accese l’interruttore e illuminò la stanza. Il letto era intatto e nella camera non c’erano tracce di uso recente. Efficienza degna del miglior albergo. Pietro se n’era andato, un altro perdente aveva abbandonato la nave. Teo non l’avrebbe fatto, aveva in mente un’uscita in grande stile.

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Ultima parte ***


Rewind

 

SCRITTORI DA UCCIDERE - PARTE QUARTA

 

4. La compassione per il nemico porta alla vittoria.

 

Si svegliò a mattino inoltrato evitando la colazione. Mentre si preparava, fu avvertito da una cameriera che il dottor Guglielmi lo attendeva nel suo studio. Indossò la giacca e notò soddisfatto che la pistola, infilata in una tasca interna, non dava nell’occhio.

Lo studio di Guglielmi aveva un aspetto più sobrio rispetto al resto della villa. Niente mobili antichi né armature, solo una stupida spada storta appesa al muro.

«Signor Leoni, cosa ne pensa del suo racconto?» Lucio Guglielmi si era installato sulla sedia padronale difesa dall’enorme scrivania e recitava il suo ruolo con collaudata superiorità.

«Credo sia ottimo. Specie se confrontato con i lavori degli altri finalisti»

«Lei crede davvero?» Guglielmi sogghignò ambiguo, il suo mento aguzzo avrebbe potuto graffiare il tavolo se si fosse chinato di poco.

Teo avvertì un principio d’incendio dalle guance alla fronte. Stava per ricevere l’ennesimo rifiuto. Anni di tentativi e mai un riscontro positivo. Mentre i non artisti, i non letterati, scalavano le classifiche di vendita per colpa di un pubblico ignorante, imboccato da furbi personaggi che su quell’ignoranza lucravano.

«Sì, ci credo! In questi giorni ho ascoltato roba vomitevole. Certa gente dovrebbe rendersene conto da sola di non avere talento per la scrittura.»

«Lei mi piace» disse Guglielmi soddisfatto. «Non a caso è stato selezionato tra i finalisti del concorso. A volte penso che dovrei dare una possibilità anche a chi non ha talento e si ostina a martellare gli editori spendendo robaccia illeggibile. La caparbietà di questa gente mi commuove e vorrei coinvolgerli in un progetto editoriale. Qualcosa che gli permetta di essere finalmente pubblicati, di trasferire le loro anime sulla carta per sempre.»

Teo era disorientato, stava aspettando il rifiuto e invece riceveva apprezzamenti. Passò un dito lungo l’apertura della giacca, in direzione della tasca interna.

«Ha mai sentito parlare del Necronomicon?»

Che razza di domanda. Il vecchio doveva essersi fritto il cervello.

«Beh, sì. È un libro di magia nera, ma credo sia solo un’invenzione di Lovecraft per i suoi racconti.»

«No, non lo è. Il Necronomicon esiste davvero, o meglio ne esistono diverse copie riprodotte a regola d'arte.»

«Mh.Secondo la leggenda alcune copie sono scritte con il sangue e impaginate in pelle umana.»

«Già.» Guglielmi si alzò in piedi. «Le dispiace se mi sgranchisco un po’ le gambe mentre parliamo? Sono giorni che lavoro seduto alla scrivania.»

«Faccia pure.» A chi voleva darla a bere? Quell’ufficio sembrava appena scartato dal cellophane, ordinato e pulito da far schifo. Non ci lavorava nessuno lì dentro. La mano di Teo scivolò verso il taschino a sfiorare il calcio della pistola.

«La vedo un po’agitato.»

«F- forse non ho riposato bene.»

«Un tempo ero come lei» Guglielmi si avvicinò alla finestra. «Poi ho scoperto le arti marziali e la filosofia orientale. Grazie allo studio e all’allenamento ho raggiunto il mio equilibrio.»

Di nuovo il ronzio alle orecchie, il senso di smarrimento e i suoni ovattati. Teo non riusciva più a capire di cosa blaterasse quell’imbecille. Doveva agire in fretta, ma l’ansia lo schiacciava e faticava a muoversi.

Guglielmi prese la spada appesa al muro e la sfilò dal fodero. Una katana giapponese con la caratteristica lama ricurva. Si girò verso Teo e continuò a parlare.

«Caro il mio Leoni, l’editoria è una guerra e in questa guerra io seguo i principi dell’antica saggezza samurai.»

Cominciò a menare fendenti in aria con movimenti precisi, prima lentamente poi aumentando d’intensità.

«Il nemico non va contrastato, il nemico va accontentato. In questo modo è più facile sconfiggerlo.»

Teo estrasse la pistola e la puntò tremando verso Guglielmi, che vibrò un fendente mirando al collo e mozzandogli di netto la testa.

Abbassò la spada, guardò la testa di Teo rotolata in terra, poi la pistola. Questa volta aveva rischiato troppo. Era in gamba questo Leoni, peccato avesse perso la testa.

Squillò il telefono sulla scrivania e Guglielmi andò con calma a rispondere.

«Si? Me lo passi pure.»

«Carissimo! Stiamo raccogliendo il materiale e inizieremo subito la produzione.»

«Certamente, a regola d’arte, e copertina in vera pelle.»

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=506945