Thunder Road

di CowgirlSara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - Love Jokes ***
Capitolo 2: *** 2 - You don't fool me ***
Capitolo 3: *** 3 - What you are here for ***
Capitolo 4: *** 4 - The Fuse ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - All through the night ***
Capitolo 6: *** 6 - Kingdom of days ***
Capitolo 7: *** 7 - This ain't a love song ***
Capitolo 8: *** 8 - Hello again ***
Capitolo 9: *** 9 - By your side ***



Capitolo 1
*** 1 - Love Jokes ***


Thunder Road - 1
A volte ritornano…
Sì, non solo io, che comunque continuo a scrivere con più o meno velocità, ma anche i miei personaggi. Questo perché, come avete letto nell’introduzione, questa storia è il seguito di “Autumn Song”, quindi ritroverete Annika, Claudia, annessi e connessi.

Confesso che non avevo molta voglia di scrivere questo seguito, ma alcune gentili pressioni mi hanno fatto cambiare idea. Spero che la scrittura proceda come ora e che io possa regalarvi senza troppi problemi una nuova fan fiction.

Ringrazio Princess e Lady Vibeke per le sopra citate gentili pressioni. Guardate, lo faccio solo per voi, quindi prendetevi le vostre responsabilità, voi due e il vostro spaccalegna (giuro che anche gli altri capiranno…).

Grazie anche a Kit2007 per le sempre belle conversazioni su Msn. Un abbraccio Martì, il boccone meglio lo lascio a te, di cosa lo sappiamo noi ^__-

Un bacio alla Sarina, anche se ci sentiamo meno sei sempre nel mio cuore.

La fanfiction è scritta con il massimo rispetto per i Tokio Hotel, per gli altri personaggi reali citati, il loro lavoro e la loro vita privata. Quanto scritto è una storia di pura fantasia, i fatti narrati non vogliono dare rappresentazione della realtà. Non ha alcun scopo di lucro.
I Tokio Hotel non mi appartengono (ma guai a chi mi tocca i’ mi’ bambini!), così come gli altri personaggi reali e le canzoni che eventualmente userò.

La canzone che da il titolo al racconto è “Thunder Road” dell’unico e solo Bruce Springsteen. L’uso è solo per amore e non per lucro.

Vi lascio alla lettura e aspetto i vostri commenti!
Baci
Sara

~ Thunder Road ~

Capitolo 1 ~ Love jokes

Remember, surrender
There’s nothing you can do ‘cause
Love’s such a joke
Like a little Jack-in-the-box, you know
(Flying Teapot – Cowboy Bebop soundtrack)

Erano cinque settimane che non si vedevano. Che non si toccavano. Che non si baciavano. Che non sentivano l’uno il profumo dell’altra. Per questo ora non riuscivano a fermarsi.
Mani dappertutto. Mani sul seno, sulla schiena, oltre il bordo della biancheria. Labbra su labbra. Labbra sul collo. Sull’ombelico. Sulla stella. Caduti sul letto. Avvinghiati sul letto. Respiri affannati, eccitati, impazienti. Indumenti che volano via.
Quando la situazione era, ormai, ad un buon punto, con lui steso sul letto con addosso solo i jeans e lei seduta sul suo bacino che si toglieva la camicetta nera, alcuni rumori distrassero il ragazzo. La porta di casa che si chiudeva, mobili spostati, risatine eccitate, parole sussurrate.
“Che cos’è?” Domandò senza fiato, mentre lei si sfilava la camicetta e la lanciava lontano.
“Saranno Claudia e il suo ragazzo…” Rispose poi, distrattamente, prima di piegarsi a baciargli languidamente il collo.
“Ha un ragazzo?” Domandò però lui, con un’innocente espressione sorpresa.
“Sì…”
“Ah, e da quanto?”
“Non lo so, da un po’…”
“E che tipo è?”
“Bill!” Sbottò frustrata Annika, sedendosi pesantemente sull’addome del ragazzo.
“Ahia!” Esclamò lui, ma lei strinse le ginocchia e gli fece ancora più male, quindi incrociò le braccia e lo fissò arrabbiata.
“Ti sembra il momento per parlare del più e del meno?!” Gli chiese minacciosa. “Io non voglio parlare, adesso.” Continuò assottigliando gli occhi. “Io, ora, desidero fare tutt’altro e mi pareva che lo volessi anche tu.”
“Oh, ma io lo voglio… eccome se lo voglio!” Replicò il cantante.
“E allora!” Esclamò Annika, togliendosi da sopra di lui e slacciandogli i pantaloni, poi glieli tolse tirando dai piedi come si fa coi bambini, quasi ribaltandolo sul letto.
Bill la lasciò fare, guardandola confuso e stupito da tutto quell’ardore, che solitamente lei non dimostrava. Annika si tolse il reggiseno e gli tornò addosso, baciandolo con fervore.
“Oddio, Pippi, non ti facevo così passionale…” Biascicò il ragazzo tra un bacio e l’altro.
“Siamo così, noi Capricorni…” Mormorò lei, mentre gli lasciava umidi baci lungo la mascella. “…abbiamo una corazza molto dura, ma quando la apri… dentro c’è il fuoco…”
“Ohhh, amo i Capricorni…” Commentò languido Bill, prima di girarsi e portarla sotto di se. Annika ridacchiò, mentre lui le sfilava le mutandine.

Il ragazzo controllò la tostatura del pane, mentre il caffè bollente riempiva il bricco nella macchina; quindi posò il barattolo della marmellata sul vassoio, insieme al bicchiere di succo d’arancia ed al piccolo vaso con una margherita. Bene, tutto era perfetto!
“Buongiorno!” Lo salutò però una melodiosa quando inopportuna voce.
Lui si girò e vide, appoggiato con un fianco al frigorifero, un tizio che gli sbarrava l’uscita della cucina. Era alto poco più di lui, secco come un chiodo, capelli neri palesemente tinti, segni di trucco lavato intorno agli occhi e un sorriso sereno. Indossava solo un paio di boxer neri e una maglietta un po’ larga dello stesso colore. Le sue gambe pallide e magre terminavano con un paio di lunghi piedi scalzi. E questo chi era? Il nuovo coinquilino gay?
“Buongiorno…” Lo salutò incerto il ragazzo, l’altro gli porse un’elegante mano con unghie perfettamente smaltate di nero.
“Io sono Bill, il ragazzo di Annika.” Si presentò il tipo.
Il ragazzo di Annika?! Ma aveva voglia di scherzare?! E lei se ne era accorta che sembrava più femmina che maschio anche negli atteggiamenti?
“Piacere, sono Richard, il ragazzo di Claudia.” Disse però, stringendogli la mano.
“Che cosa stai facendo, Richard?” Gli domandò allora Bill, passando oltre il ragazzo, fino alla finestra della cucina.
“Ah, sto preparando la colazione per Claudia.” Rispose lui, ricordandosi all’improvviso del pane, che prese dal tostapane e gettò sul piatto prima di bruciarsi.
“Ohhh, che tenero!” Esclamò Bill con un sorriso dolce, mentre prendeva una sigaretta dal pacchetto che aveva in mano. “Sono certo che apprezza molto queste piccole cose.” Il cantante si rese conto dopo di essere stato un tantino acido, si accese la cicca. “Ti spiace se fumo? Ah, ma del resto l’ho già accesa! Sono troppo abituato alla gente che mi dice di sì!”
Richard lo guardò strano. “No, beh, non mi da fastidio…”
“Meglio così!” Ribatté allegro Bill, sventolando la sua sigaretta con aria da diva.
“Hm, bene…” Commentò Richard, sistemando le ultime cose sul vassoio.
“Tu e Claudia vi conoscete da molto?” Gli chiese nel frattempo il cantante, una mano intorno al torace e l’altra alzata per tenere la sigaretta.
“Eh?” Fece distratto l’altro, poi si girò verso di lui. “Poco più di un mese… Tu e Annika?” s’informò poi, incuriosito da quello strano personaggio.
“Beh, l’ho conosciuta l’inverno scorso, poco più di sei mesi fa.” Rispose tranquillo Bill, mentre scuoteva la cenere nel lavello.
“Ah, e com’è che non ti ho mai visto qui?” Domandò allora il ragazzo. Bill gli sorrise cordiale.
“Sono stato via per lavoro, negli Stati Uniti e così…” Spiegò poi, stringendosi nelle spalle. “Parto spesso, io.” Richard si chiese che tipo di lavoro potesse mai fare un tipo come quello.
“Sei… una specie di… modello?” Ipotizzò quindi.
“Oh, no… ahahah!” Rise divertito Bill, poi però fissò cogitabondo l’interlocutore. “Davvero non sai chi sono?” Gli chiese.
“No.” Negò tranquillo Richard scuotendo il capo. “Dovrei?”
“Hm, no… perché?” Fece Bill, fingendosi disinteressato, ma la sua espressione era chiaramente infastidita.
“Adesso, scusami, ma devo portare questa roba a Claudia, o il caffè si raffredda.” Affermò il ragazzo, prendendo il vassoio.
“Per carità, fai pure!” Lo invitò allegramente Bill, con un gesto enfatico verso la porta. Richard lo salutò e così fece Bill, ma quando restò solo fece una smorfia contrariata.

Richard tornò da Claudia portando il vassoio della colazione. La ragazza, quando lo vide, sorrise allegra, accomodandosi contro i cuscini.
“Oh, grazie, sei un tesoro!” Esclamò quindi contenta, mentre lui le posava davanti la colazione, ma poi si accorse dell’espressione perplessa del ragazzo. “Che cosa c’è?” Gli domandò allora, aggrottando la fronte.
“Ho conosciuto Bill.” Rispose lui con un’alzata di sopracciglia.
“Ah!” Fece lei, prima di piegare le labbra in un sorriso divertito. “Un tipo particolare, eh?”
“Particolare?! Quello è una checca, Claudia!” Sbottò Richard, quasi allibito. “Mi dispiace tanto per Annika, ma prima o poi se ne accorgerà…”
“Ricky, ti garantisco che Bill non è gay.” Affermò la ragazza un po’ offesa. “È tutto un atteggiamento, più uno stile di vita diciamo, insomma, il personaggio che si è creato…” Aggiunse seria.
“Andiamo! E chi si crede di essere per doversi creare un «personaggio»?!” Replicò Richard, spiluccando una fetta di pane tostato.
Claudia lo guardò con tanto d’occhi. “Non mi dire che non lo hai riconosciuto…”
“No, perché?” Fece lui con tono indifferente.
La ragazza lo fissò scioccata per un attimo, poi abbassò gli occhi, mentre scuoteva il capo sconsolata, mettendosi a mangiare.
“Non importa.” Mormorò poi, mandato giù il primo boccone. “Ma sappi che io, Bill lo conosco da quasi tre anni e ho le prove che non è assolutamente gay.” Aggiunse sicura, addentando ancora il pane tostato.
Lui la guardò con aria sospettosa. “Se mi ha detto di conoscere Annika solo dall’inverno scorso, com’è che tu lo conosci da così tanto?” Le chiese infatti.
Claudia annuì, assorta nella colazione. “Beh, anche io conosco Annika solo da novembre, l’ho incontrata a casa di Bill, difatti…” Solo alla fine della frase si accorse della rivelazione che aveva fatto e spostò gli occhi sul ragazzo, intimorita.
“A casa di Bill, eh? E che ci facevi a casa di Bill?” Le domandò Richard.
“Ma niente di che…” Glissò Claudia, stringendosi nelle spalle e deviando lo sguardo altrove.
“Lo conosci da tre anni, eri a casa sua e giuri che è etero…” Elencò lui con espressione indagatrice. “Claudia, guarda che puoi dirmelo se hai avuto una storia con lui…”
“Ma stai scherzando?!” Esclamò lei ad occhi spalancati. “No, non ho mai avuto una storia con lui, nonostante pensi che Bill sia una delle persone più belle che conosco, in tutti i sensi.” Spiegò quindi. “No, ci hanno presentati amici comuni…”
Quella vaga risposta, infine, parve accontentare Richard, che si strinse nelle spalle e accese la tv, mangiucchiando un’altra fetta di pane con la marmellata.
Claudia, invece, dietro l’apparente facciata tranquilla, continuava a pensare alla propria risposta. Amici comuni. Non sapeva perché le riuscisse ancora tanto difficile parlare di Tom, ormai era finita da un pezzo, però… Ripensare ai suoi profondi occhi nocciola, alle sue mani grandi, al suo sorriso sornione e dolcissimo le provocava ancora un vago turbamento che era troppo impegnativo chiamare col suo vero nome…

Nostalgia?

Bill, nel frattempo, era tornato in camera di Annika; anche lui aveva voluto fare il cavaliere portandole la colazione, ma la tazza di caffè macchiato e le due fette di pane molto abbrustolito non erano esattamente invitanti. Annika li guardò corrucciata.
“Scusa…” Fece Bill imbarazzato, grattandosi la nuca. “…non ho calcolato bene i tempi del tostapane…”
La ragazza fece un’espressione scettica. “Non sei proprio capace, eh?”
“No.” Rispose lui sconsolato, scrollando il capo di lato, mentre reggeva ancora l’improvvisato vassoio sulla mano.
“Vieni qui.” Lo invitò allora Annika con voce dolce, battendo una mano sul materasso.
Bill mugolò felice, posò il piatto sul comodino e si buttò accanto alla ragazza, avvinghiandosi a lei e strusciando il naso contro il suo collo. Annika rideva sommessamente, le scenette di Bill erano sempre troppo divertenti.
“Sono un povero ragazzo ricco…” Piagnucolò il cantante, col viso nascosto nella spalla di lei.
“Stai tranquillo, amore.” Lo rassicurò Annika, carezzandogli il capo. “C’è qui la tua Pippi, che ora ti preparerà una bella colazione.”
Bill sollevò subito la testa con un sorriso entusiasta. “Mi fai il toast alla francese?!” Le chiese speranzoso, lei annuì. “Oh, grazie! Tomi è cattivo, non me lo fa mai!”
“Bill!” Lo rimproverò Annika ridendo. “Per quel povero disgraziato è già un trauma doversi alzare dal letto e pretendi che ti prepari anche la colazione? Sei viziato…” Aggiunse, con tono fintamente severo, dandogli un colpetto sul naso.
“Sì.” Ammise tranquillamente lui, annuendo convinto. “Amo i miei privilegi.” Dichiarò poi, prima di accomodarsi meglio.
“Tu sei un po’ troppo furbo.” Commentò divertita la ragazza, mentre Bill ridacchiava nascosto tra i suoi capelli.
“Ah!” Fece poi il cantante, scostandosi per guardarla in faccia. “Ho conosciuto Richard.”
“Bene! È un ragazzo simpatico, vero?” Replicò tranquilla Annika.
“Mah, insomma…” Mormorò Bill, prima di riaccomodarsi accanto a lei, supino, e passarle un braccio sotto la testa.
“Perché dici insomma?” L’interrogò incuriosita Annika, che lo guardava col capo girato verso di lui.
Il cantante fece una smorfia, arricciando il naso. “Beh, è un bel ragazzo, somiglia a Boris Beker da giovane, ma non è stato molto socievole con me, io sono stato gentile, però lui era molto sulle sue e mi guardava come se fossi… qualcosa di non molto carino…” E questo era senz’altro una grave offesa per Bill «La Diva». “E poi, ecco… non mi ha riconosciuto…”
Apriti cielo! Pensò Annika. Non esisteva onta più grave per il divino Bill Kaulitz, osannato leader dei Tokio Hotel, che non essere immediatamente, inconfondibilmente e universalmente riconosciuto come il bellissimo, talentuoso, popolare cantante che era.
“Ah, è questo il problema…” Si azzardò a commentare la ragazza.
“No, non è questo!” Ribatté subito Bill, mettendosi seduto. “È che… ecco…” Riprese, mentre incrociava le gambe e guardava in alto. “…mi sembra di essere piuttosto famoso e, anche se non ero truccato e pettinato come al solito… insomma, mi ha visto da meno di un metro di distanza e…”
Annika, con espressione retorica, si tirò su, mettendosi poi davanti a lui, a gambe conserte e lo fissò per un lungo istante.
“Non cambierai mai, eh?” Gli domandò infine, con un’alzata di sopracciglia. Bill, infatti, fece un’espressione birichina ma vaga, stringendosi nelle spalle.
“Andiamo, va, c’è da preparare la colazione.” Affermò allora la ragazza divertita, scuotendo il capo, prima di scendere dal letto.
Il cantante si lasciò cadere sulla schiena, il capo reclinato oltre il bordo del materasso, seguendola con gli occhi. “E le coccole?” Le chiese, con un collaudato sguardo cuccioloso dei suoi.
“Dopo.” Rispose secca Annika, uscendo poi dalla camera accompagnata da un suo sbuffo risentito.

I due ospiti maschi dell’appartamento si rividero un paio d’ore più tardi, quando per Bill venne il momento di congedarsi.
Richard e Claudia erano nella piccola cucina; lui, seduto al tavolino, leggeva distrattamente una rivista, mentre lei lavava i piatti della colazione.
“Bill sta andando via, vi voleva salutare.” Annunciò Annika fermandosi sulla porta, teneva il cantante per mano.
“Te ne vai?” Domandò Claudia al ragazzo, lui annuì. “Dammi un bacio, allora!” Esclamò lei, prima di andare ad abbracciarlo.
Bill, mentre stringeva e baciava sulle guance Claudia, lanciò uno sguardo altezzoso a Richard, il quale aggrottò la fronte perplesso.
“Perché non resti con noi?” Gli chiese quindi, incuriosito.
“Oggi pomeriggio registriamo un programma per la ZDF.” Spiegò, sempre con tono supponente. “Andrà in onda stasera, un po’ prima di mezzanotte.”
Registra un programma? Quella frase fece nascere un sospetto in Richard. Bill non era esattamente una faccia sconosciuta, ora che lo guardava meglio. Sollevò gli occhi, studiando la sua figura. Jeans chiari, cintura borchiata con fibbia a teschio, maglietta rossa con scritte gotiche, al collo una catena d’argento con anelli larghi un mignolo, polsiera fetish con cinghie, unghie smaltate, capelli perfettamente lisci e neri, occhi cerchiati dalla matita… Aspetta un attimo… ma è…
Richard batté una mano sul tavolo, interrompendo i convenevoli tra gli altri tre, che lo guardarono sorpresi.
“Ho capito chi sei tu!” Esclamò il ragazzo indicando Bill con un sorriso trionfante; l’interpellato gongolò finalmente soddisfatto. “Sei il cantante di quella boy band, i Tokyo come si chiamano…”
L’atmosfera si fece immediatamente glaciale. L’espressione di Bill si trasformò in un istante, divenne fissa, immobile, tanto che il suo viso sembrava scolpito in una lastra di trasparente alabastro.
Annika mormorò: “Oh, Dio…”, mentre Claudia si copriva la bocca con una mano, spalancando gli occhi. Le due ragazze speravano solo che l’esplosione di Bill fosse contenuta.
Il cantante si rianimò all’improvviso, sbilanciandosi in avanti e puntando il suo lungo indice appuntito contro Richard. Annika sporse una mano, come per tentare di fermarlo, mentre Claudia faceva una smorfia preoccupata.
“Noi non siamo una boy band!” Berciò nel frattempo Bill, davanti agli occhi spalancati dell’altro. “Le boy band sono messe insieme dalle case discografiche solo per fare soldi, NOI siamo insieme da quando avevamo undici anni…”
“Bill…” Tentò Annika, inascoltata.
“Le boy band fanno balletti idioti, NOI suoniamo, SUONIAMO DAVVERO, con il sudore, le dita sanguinanti e i crampi anche!” Continuò il cantante, davanti ad un sempre più allibito Richard. “Le boy band cantano motivetti melensi che qualcuno gli confeziona a proposito, NOI scriviamo tutti i nostri pezzi, musica e parole, e per quanto possano essere orecchiabili e melodici, è pur sempre rock!” Alzava sempre più la voce. “NOI-NON-SIAMO-UNA-BOY-BAND!” Proclamò infine, senza fiato, con sguardo fiammeggiante; l’altro ragazzo cadde a sedere. “E ci chiamiamo TOKIO HOTEL, con la I.”
Detto questo diede le spalle a Richard, con atteggiamento superiore, sollevando il mento e scuotendo i capelli, quindi prese Annika per le spalle e la baciò appena sulle labbra.
“Ci vediamo stasera, Pippi.” La salutò poi. “Vengo a prenderti verso le nove.”
“Va bene.” Annuì lei, ancora un po’ preoccupata. “Se ritardi, chiama.” Lui annuì e si diresse all’uscita.
“Ciao, Bill.” Lo salutò Claudia, sventolando appena la mano.
“Ciao…” Salutò atono Richard.
“Ciao, Claudia.” Rispose il cantante, calcando sul suo nome ed evitando volutamente di rispondere al ragazzo.
Quando il cantante fu sparito oltre la porta, con le chiavi della sua Bmw in mano, le due ragazze trassero un profondo sospiro di sollievo, poi guardarono Richard con gli occhi spalancati.
“Ritieniti fortunato.” Gli disse Claudia. “Ti sei fatto un nemico, ma perlomeno sei vivo.” Aggiunse, mentre lui faceva un’espressione smarrita e colpevole.

*****

Georg l’aspettava sul retro del negozio, come sempre quando si davano appuntamento lì. Fumava tranquillo, appoggiato allo sportello della sua Audi.
Lei uscì poco dopo, semplice e sbarazzina come al solito: bermuda neri, canottiera bianca, Birkenstock ai piedi. Il bel viso lentigginoso, dominato dai grandi occhi azzurri, privo di trucco e i ribelli riccioli castani legati in una semplice coda.
Il ragazzo, vedendola salutarlo allegramente con la mano, non poté fare a meno di ripensare a come si erano conosciuti…

Il bassista dei Tokio Hotel, quel giorno, era entrato nel negozio con l’intento di comprarsi solo un paio di scarpe da climbing e qualche capo d’abbigliamento sportivo, senza pensare che avrebbe fatto quell’interessante incontro.
La simpatica e riccioluta commessa che si era occupata di lui (Stephanie c’era scritto sul suo cartellino), oltre che molto carina, si era rivelata una vera e propria sorpresa. Lei, prima di tutto, non lo aveva riconosciuto subito (anche se ogni tanto lo guardava come se avesse un sospetto) e poi, parlando, lui aveva scoperto che avevano molte passioni sportive in comune.
Aveva finito per passare più di un’ora a parlare con quella ragazza, a fare battute e a ridere, ammirando la spontanea bellezza di Stephanie. Georg, alla fine, aveva acquistato quello che gli serviva, ma anche conosciuto una persona affascinante che lo aveva colpito profondamente. Era tanto che non stava così bene con una ragazza, così non aveva resistito e, mentre firmava la ricevuta della carta di credito, le aveva chiesto di uscire insieme. Lei, all’inizio, lo aveva guardato un po’ sorpresa, poi, con un sorriso radioso, aveva accettato.

Era passato circa un mese, Georg e Stephanie erano usciti insieme diverse volte, sempre in accordo con gl’impegni di lui; purtroppo il tempo che avevano potuto passare insieme era stato relativamente poco. Georg, però, adesso aveva una buona notizia da darle, o almeno sperava.
Quando lei lo raggiunse vicino alla macchina si salutarono con un breve bacio.
“Ti accompagno a casa?” Le chiese poi il ragazzo, con la speranza di poterle parlare in macchina.
“Sono con lo scooter…” Rispose Stephanie dispiaciuta, indicando distrattamente il suo vecchio motorino.
“Mi dispiace…” Ribatté Georg. “Allora devo parlare subito, purtroppo non ho molto tempo.” Aggiunse serio.
“Mamma mia, mi fai preoccupare!” Esclamò lei sarcastica. “Cosa devi dirmi? Vai in tour su Marte?”
Georg ridacchiò. “No, tranquilla, se dovevo partire te lo dicevo subito.” Affermò quindi. “Devo farti una proposta.”
“L’accetto solo se è indecente.” Replicò subito la ragazza, con un sorriso malizioso.
“Sei furba tu…” Fece il bassista compiaciuto, mentre si scambiavano uno sguardo complice.
“Beh, sai com’è, ho vinto il premio e non me lo sono ancora goduto.” Ribatté Stephanie, indugiando con lo sguardo su di lui. “Non so se mi capisci…”
“Oh, ti capisco benissimo, credimi!” Esclamò Georg. “Per questo volevo chiederti se ti andava di passare un week end in montagna.”
“In montagna?”
“Sì, è uno chalet molto carino, ci sono già stato, c’è anche un lago vicino.” Rispose il ragazzo. “Ma soprattutto non ci sono guardie del corpo, locali affollati e paparazzi.”
“E questa direi che è una nota positiva.” Soggiunse lei con un sorriso.
“Eh, sì.” Annuì Georg. “Anche se, devo confessare che non saremo proprio soli… ci saranno i ragazzi.” Ammise quindi.
“Per «i ragazzi» intendi gli altri Tokio Hotel?” Domandò la ragazza.
“Eh, sì… è un problema?” Fece lui, aggrottando la fronte.
“Oh, no! No! Anzi, ho sempre sognato di fare un fine settimana con delle rock star!” Rispose Stephanie, malcelando una certa preoccupata ironia.
“Oh, ma tranquilla, sono tutti delle persone… normali mi pare un po’ azzardato, ma direi sopportabili e poi… ci saranno le ragazze e loro sono tutte fantastiche, ti piaceranno.” Affermò Georg, tentando di rassicurarla. “E sarà facile ritagliarsi un po’ di tempo solo per noi…”
Stephanie, a quel punto, sorrise dolcemente e gli circondò il collo con le braccia. “Va bene, accetto, questo tuo ultimo argomento mi ha convinta…” Mormorò poi, prima di baciare il suo sorriso divertito, mentre lui la stringeva a se.

*****

La cucina era in penombra, solo le luci della penisola erano accese, era spenta anche la tv. Tom e Bill mangiavano in silenzio, dopo una giornata passata in studio non avevano più voglia di rumore.
“Vieni anche tu in montagna, vero?” Domandò ad un certo punto il cantante.
“Reggere il moccolo alle coppiette felici non è la mia massima aspirazione.” Borbottò l’altro, con gli occhi sul piatto.
“Che cacchio di risposta sarebbe?” Fece Bill con espressione interrogativa e un po’ offesa.
Tom deglutì il boccone, bevve, si pulì la bocca, con lentezza esasperante e, infine, guardò il gemello.
“Andiamo, Bill…” Gli disse, con tono retorico. “Voi siete tutti accoppiati, che vengo a fare?”
“Beh…” Ribatté il fratello. “…potresti, non so, fare surf sul lago, passeggiare nel bosco…” Lo sguardo di Tom, nel frattempo, si faceva sempre più attonito. “Ah! Potresti imparare a pescare le trote!” Concluse entusiasta Bill.
Il chitarrista lo guardava come se fosse un puffo blu di un metro e novanta col cappello di molliche.
“Mi stai prendendo per il culo?” Gli chiese poi. “Tra l’altro il pesce mi piace pure poco…”
“Anche a me, però…” Replicò immediato il gemello. “Potresti portare una ragazza.” Suggerì allora.
“Ma sei scemo?!” Esclamò incredulo Tom. “Se invito una per un fine settimana in montagna, quella come minimo si mette in testa che me la sposo! Scordatelo!”
“Ma io volevo che tu venissi!” Protestò Bill, arricciando il naso in una smorfia capricciosa.
“No, senti, davvero…” Declinò il fratello, riprendendo la forchetta. “E poi… ho un paio di mezze cose in piedi, per il week end, qui in città…”
“Un paio di mezze cose?!” Fece l’altro perplesso.
“Sì, con delle tipe…” Rispose vago Tom.
“Beh, alla fine, forse è meglio così.” Buttò lì il cantante, mentre, con un’alzata di sopracciglia, si rimetteva a sua volta a mangiare.
“Perché?” Domandò il chitarrista, senza troppa curiosità.
“Perché vengono anche Claudia e il suo nuovo ragazzo.” Rispose Bill. “Richard…” Aggiunse con espressione in po’ schifata.
Tom alzò gli occhi su di lui. “Quello che ha detto che siamo una boy band?” Il gemello annuì.
“Dici che se lo faccio accidentalmente cadere dalla barca, mentre siamo in mezzo al lago, mi arrestano?” Soggiunse quindi, con un sorrisetto velenoso.
Il fratello ridacchiò. “L’ho sempre detto che sei vendicativo!” Dichiarò quindi, prima che entrambi scoppiassero a ridere.
Tom, però, pensava. Quando Bill gli aveva raccontato che Claudia aveva un ragazzo, lui si era comportato in linea col suo personaggio: cinico e menefreghista. Certo, poi si era incazzato per quella storia della boy band, ma a quanto pare Bill aveva sistemato la cosa da solo, visto quanto andava raccontando da una settimana a quella parte a chiunque incontrasse; sembrava che quel Richard non gli andasse proprio giù. E nemmeno a Tom, anche se il motivo era molto meno palese.
Lui tocca Claudia. E non sapeva perché questo pensiero lo infastidisse tanto. La ragazza non era mai stata sua, nel senso… non erano mai stati insieme, mai stati una coppia, ma Claudia era l’unica delle ragazze che aveva avuto ad avergli lasciato un ricordo amaro. Come se l’avesse persa prima di conoscere il suo vero valore. Voleva conoscerlo ora? Non lo sapeva.
Sapeva che a lei ci pensava, ogni tanto, si domandava come stesse e se pensasse a lui. Aveva sue notizie di sfuggita, pescandole con perizia nei rendiconti infiniti di Bill; ad Annika non aveva mai rivolto domande dirette, troppo pericoloso, lei era intuitiva e intelligente e sembrava sapergli leggere dentro con sorprendete chiarezza. Non voleva che qualcun altro gli spiegasse cosa era lui a provare, i suoi sentimenti, seppur confusi, erano suoi e basta.
Tom, dopo aver visto un film con Bill, se ne andò a letto con i pensieri che continuavano ad inchiodare su Claudia. Si convinse che i suoi dubbi andavano chiariti. E forse un modo c’era.

CONTINUA



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Capitolo 2
*** 2 - You don't fool me ***


thunder roasd
Secondo capitolo. Era anche l’ora, non trovate? Beh, finite l’attesa, vi regalo la seconda parte di questo seguito. La storia comincia ad entrare nel vivo e vengono fuori le prime tensioni! Spero che vi stupiranno…
Vi lascio alla lettura, i ringraziamenti alla fine!

Alla prossima, baci!
Sara


Capitolo 2 ~ You Don't Fool Me

You don't fool me - those pretty eyes
That sexy smile - you don't fool me, uh
You don't rule me - you're no surprise
You're telling lies - hey, you don't fool me
(You don’t fool me – The Queen)

“Prova a metterla nell’altro senso.” Suggerì distrattamente Bill, con un braccio piegato intorno al torace e l’altro sollevato a tenere la sigaretta, mentre Richard, piuttosto sudato, tentava di infilare l’enorme valigia del cantante nel suo bagagliaio in modo che poi si chiudesse.
“Senti…” Sbottò infine il ragazzo, mettendosi dritto e asciugandosi il sudore. “…non ci entra.”
“Facciamo così, allora.” Affermò Bill con tono condiscendente. “La borsa più piccola la tengo vicino a me sul sedile.”
“Te lo devo spiegare col linguaggio dei segni che non ce ne entra nemmeno una? Cosa vuoi che me ne importi della terza!” Esclamò spazientito Richard.
Il cantante fece un’espressione di sufficienza, aggiustandosi con calma una ciocca di capelli. “Nella macchina di Tom ci è sempre entrato tutto.” Dichiarò poi.
“Si può sapere che cazzo di macchina ha il tuo Tom, per essere riuscito a farci entrare tre valige titaniche dal peso approssimativo di sedici quintali l’una?!” Sbottò l’altro.
“Una molto grossa.” Rispose Claudia alle sue spalle, mentre sistemava una piccola borsa frigo davanti al sedile del passeggero.
“Ascolta…” Riprese Bill, sventolando la sua sigaretta in quel modo che Richard non sopportava, infatti roteò gli occhi.
“No, ascoltate me.” Intervenne Gustav, arrivando in mezzo ai due. “Le valige di Bill le mettiamo nella macchina di Georg e qui mettiamo quelle delle ragazze, che sono più piccole, ok?”
“Vedi?” Fece Bill a Richard, irritandolo ancora di più. “Era tanto difficile?” Aggiunse, prima di spostarsi dal bagagliaio del fuoristrada del ragazzo.
Richard sbuffò sonoramente, prima di voltarsi per andare a prendere le altre valige; Claudia lo guardò con comprensione e sorrise.
“Sarò il suo bersaglio per tutto il fine settimana?” Le chiese lui.
“Temo di sì.” Rispose lei rassegnata.
“Che palle!”
Stephanie, nel frattempo, osservava il suo piccolo trolley rosso sentendosi un po’ stupida; lei si era portata solo poco roba, la valigia e un’altra borsetta per le scarpe e le cose da bagno. I ragazzi, invece, avevano tutti valige belle grandi…
“Non sentirti a disagio.” Le disse una voce dalla sua destra; Stephanie alzò gli occhi e vide quella che le era stata presentata come Silke, la ragazza di Gustav. “Ti abituerai ai loro bagagli.”
“Dici?” Fece lei perplessa.
“Oh, sì! Loro sono esagerati, specie Bill, dobbiamo essere sagge noi, come vedi.” Spiegò allora, dando una pacca al trolley nero delle stesse dimensioni di quello della collega.
“Vedo che ormai sei un’esperta…”
“Direi.” Annuì Silke. “Ho anche avuto l’onore di fare un breve viaggio sul tourbus!”
“Oh, il tourbus, che luogo meraviglioso!” Esclamò sarcastica Annika, mentre recuperava la propria valigia rimasta accanto alle altre due.
“Se hai lo stomaco per entrarci, allora puoi fare qualsiasi cosa a questo mondo.” Rincarò inorridita Silke, mentre Stephanie le fissava divertita.
“Fa così schifo?” Chiese sorridendo. Le altre due ragazze fecero smorfie indifferenti, guardando altrove. “Vedo che vi rifugiate in un educato riserbo…”
La sua curiosità fu interrotta da Georg, che la prese per le spalle; si guardarono sorridendo, entrambi contenti di poter passare finalmente insieme più di poche ore.
“Allora è tutto a posto?” Chiese Silke al bassista, mentre anche Annika li ascoltava.
“Sì.” Annuì lui. “Ho telefonato e mi hanno detto che è tutto pronto, hanno riempito la dispensa e il frigo, acceso lo scaldabagno e preparato le cinque camere da letto.” Spiegò poi.
“A cosa ci servono cinque stanze, se siamo quattro coppie?” Domandò Annika, mentre si legava i capelli sulla testa. “Qualcuno vuole dormire separato?” Scherzò quindi.
Stephanie guardò Georg un po’ preoccupata; loro due non avevano mai dormito insieme e quindi temeva che lui avesse avuto un eccesso di zelo e le avesse preso una camera separata.
“Una è per Tom.” Rispose però Georg alla ragazza, rassicurando anche Stephanie. “Ci raggiunge domani mattina.” Aggiunse il bassista.
“Come?” Fece Annika sorpresa. “Tom non doveva venire…”
“Ha deciso di raggiungerci, invece.” Ribatté Georg tranquillo. “Bill non te lo ha detto?”
La ragazza, il cui viso nel frattempo si era trasformato in una maschera pericolosa, rispose: “No, Bill non me lo ha detto…”
Uno sguardo allarmato passò da Georg a Silke, fino a Gustav, che si era aggiunto in quel momento al gruppo, mentre Stephanie si domandava cosa stesse succedendo. Annika, in quello stesso momento, fece una specie di ringhio e diede le spalle a tutti, dirigendosi verso il cantante.
“Bill…” Lo chiamò sibilante.
“Sì, Pippi?” Fece lui, che stava chiacchierando con Claudia, prima di girarsi con un largo sorriso. L’allegria, però, gli morì sulle labbra quando vide l’espressione di Annika.
“Bill, ieri sera, ti sei dimenticato di dirmi qualcosa, tra «Ciao, Pippi» e «Quanto sono carine le tue mutandine»?” Gli chiese lei minacciosa.
Il ragazzo si ritrasse un po’ spaventato. “Ehm…” Biascicò quindi, alzando gli occhi, ma incrociò lo sguardo di Georg e capì. “Alludi alla faccenda di Tom?” Domandò allora ad Annika.
“Alludo.” Rispose secca lei.
“Beh, presumo che quando ti ho vista…” Iniziò, ma fu bloccato dallo scettico sopracciglio di Annika che si alzava. “Devo… devo essermene dimenticato…”
“Te ne sei dimenticato…” Ripeté lei poco convinta. “Qual è il problema che hai, eh? Il tuo cervello sta troppo in alto e gli manca l’ossigeno?”
“Sei cattiva, Pippi!” Sbottò lui, con il faccino accartocciato in una smorfia piagnucolosa.
“Non mi chiamare Pippi!” Esclamò Annika furente.
“Uhhh!” Fece lui disperato, coprendosi la bocca con le mani.
Gli altri ragazzi, che stavano assistendo alla scena, non capivano perché Annika si fosse arrabbiata tanto. Loro non sapevano della conversazione che c’era stata tra lei e Claudia solo un paio di giorni prima. L’amica le aveva confessato che preferiva che Tom non andasse con loro in montagna, perché nonostante il tempo trascorso, per lei era ancora meglio stargli lontano. E Annika sapeva che quella non era che la punta dell’iceberg, i sentimenti di Claudia per Tom erano ancora profondi, molto più di quanto lei stessa fosse disposta ad ammettere. E ora ci si metteva anche quello scemo di Bill, santo cielo! Era sicurissima che lo aveva fatto apposta a non dirle di Tom.
“Si può sapere che cosa stai macchinando in quella tua testolina sempre in movimento?!” Gli chiese quindi, puntandogli l’indice affusolato contro il petto.
“Io… io non sto macchinando niente!” Replicò il ragazzo offeso. “Ti giuro che non l’ho fatto apposta!”
“Non ci credo nemmeno se ora ti colpisce un fulmine e tu mi scoppi davanti!” Gridò Annika, mentre lui spalancava gli occhi con aria innocente.
“Pippi!” Implorò allora lui sull’orlo delle lacrime.
“Non-mi-chiamare-Pippi.” Ribadì lei con l’indice alzato; Bill si morse le nocche di una mano. “E… e guarda, è meglio se sali in macchina con Georg e gli altri…” Aggiunse, con meno sicurezza, evitando di guardarlo negli occhi, perché sapeva che non avrebbe resistito al suo sguardo triste.
“Ma… ma la mia valigia…” Tentò supplicante il ragazzo.
“Non ti preoccupare.” Ribatté mesta Annika, afferrando la grossa borsa dei trucchi di Bill. “La tengo accanto a me sul sedile.” Aggiunse, prima d’infilarsi in macchina senza guardarlo di nuovo.
Il cantante rimase lì, immobile, mentre gli altri cominciavano a sistemarsi nelle auto, pronti a partire. Aveva un’espressione incredula e sconvolta. Georg, mosso a pietà, gli si avvicinò e lo prese gentilmente per le spalle.
“Dai, andiamo.” L’incitò poi, trascinandolo via dalla sua posizione. “È ora di partire, o arriveremo giusto per pranzo.” Bill, rassegnato, seguì l’amico, non prima di aver lanciato un’ultima occhiata disperata ai capelli di Annika oltre il vetro posteriore.   

Il viaggio era iniziato da circa un’ora e la meta era ancora lontana. Bill si era accomodato sul sedile posteriore, vicino al finestrino e poi rifugiato nel silenzio, cosa assai preoccupante. Stephanie si era rassegnata al posto centrale, che, essendo quella una macchina di lusso, non era scomodo come solitamente sulle auto comuni. Silke occupava il lato destro, mentre Georg guidava e Gustav gli sedeva accanto. I due ragazzi, ad un certo punto, si scambiarono uno sguardo d’intesa.
“Bill.” Esordì il batterista, voltandosi indietro per chiamare l’amico.
“Eh?” Fece lui, senza togliere gli occhi dal finestrino.
“Ci vuoi spiegare perché non hai detto ad Annika di Tom?” Gli chiese allora Gustav, continuando a guardare indietro dal sedile anteriore.
“Me ne sono dimenticato!” Sbottò il cantante.
“Certo…” Commentò sarcastico Georg, mentre guidava tranquillo.
Bill, dopo averlo sentito, fece un’espressione offesa. “Si può sapere perché non mi crede nessuno?!”
“Andiamo, Bill…” Commentò Silke, sotto lo sguardo curioso di Stephanie.
“Andiamo cosa?!” Esclamò lui, sporgendosi verso la ragazza.
Gustav decise d’intervenire di nuovo. “Non ti abbiamo creduto perché, primo, sei un bugiardo patentato e, secondo, non sei stato molto credibile.” Gli spiegò.
“Bell’amico che sei Gustav!” Berciò Bill deluso.
“E dì la verità, per una volta, Bill!” Intervenne Georg. “Magari così saremo più comprensivi!”
Il cantante mugolò qualcosa, incrociando di nuovo le braccia e rintanandosi nel suo angolino contro il finestrino. Georg e Gustav ridacchiarono, scambiandosi un’occhiata.
“E vabbene…” Esalò Bill qualche istante dopo. “Diciamo che non me ne sono proprio dimenticato…” I due compagni si sorrisero furbi. “…ma che la mia può essere stata piuttosto un’omissione d’informazioni del tutto involontaria…”
“E cosa l’avrebbe causata?” Si permise di chiedere Stephanie.
“Solo la volontà di Bill di riunire i perduti amanti.” Rispose Georg ironico; il cantante sbuffò.
Gustav rincarò: “O quella di liberarsi del tizio che…”
“HA DETTO CHE NOI SIAMO UNA BOY BAND!” Cantilenarono in coro bassista, batterista e ragazza di quest’ultimo.
“Ma Silke, lo sai anche tu?!” Chiese incredulo Bill.
“Per forza!” Replicò lei. “Non parli d’altro da una settimana, ce l’hai menata all’infinito!”
“Perché è una cosa gravissima!” Esclamò lui con le mani sul petto e l’aria scandalizzata. “No, dico, lo ha fatto davanti a me!”
“Sì, lo capisco, Bill…” Rispose rassegnata Silke.
Il ragazzo, allora, si rivolse a Stephanie. “Tu pensi che siamo una boy band?” Le domandò minaccioso; lei si ritrasse un po’, perché Bill le stava praticamente addosso, nel ristretto spazio del sedile posteriore.
“Attenta a come rispondi, Effie…” Le consigliò Georg, con la sua solita aria divertita.
Lei guardò Bill, che la spronava a rispondere con cenni del capo. “Beh, ecco… io non vi conosco così bene, musicalmente…” Biascicò infine. “…ma le boy band di solito non suonano strumenti…”
Il viso del cantante s’illuminò di un sorriso abbagliante. “Questa sì che è una ragazza intelligente! Io l’ho capito subito! Abbiamo fatto un bell’acquisto!” Proclamò subito dopo, strizzandola in un abbraccio stritolante.
“Visto?” Fece Gustav a Stephanie, intercettando il suo sguardo perplesso. “Ci vuole poco a conquistare il suo affetto, basta dargli il biscottino giusto!”
“Bill, ad ogni modo…” Intervenne Georg, quando il cantante mollò Stephanie. “…Annika è incazzata di brutto, cosa pensi di fare?”
Bill tornò a sistemarsi nel suo posto. “Non lo so, se l’è proprio presa, dovrò trovare un modo…” Rispose poi mesto. “Intanto… ti fermeresti alla prossima area di servizio? Ho fame e mi scappa la pipì…”

Stephanie si era aspettata che la casa che li avrebbe ospitati fosse una di quelle bianche, modernissime ville con un terrazzo a palafitta che s’infilava direttamente nel lago, invece si trattava di un classico chalet di montagna, anche piuttosto rustico e il lago c’era, ma non era così vicino.
La casa aveva un basamento in muratura, fatto di grandi pietre e poi continuava completamente in legno. Un grande portico delimitato da una balaustra fatta di tronchi chiari e abbellita da gerani rossi, anticipava l’entrata: una semplice porta in legno.
L’aria era limpida, fresca e profumata e tutti si sentirono bene respirandola, dopo essere scesi dalla macchina. Il bosco era vicino e ombreggiava tutto il giardino posteriore.
I ragazzi si ripresero dal viaggio per qualche minuto, prima che Georg, portatore delle chiavi, invitasse tutti ad entrare. La prima cosa che fecero le ragazze fu visitare in un rapido tour tutto il pian terreno, mentre i ragazzi discutevano della distribuzione delle camere. Fu deciso, alla fine, di lasciare la stanza da letto del piano inferiore a Tom, che sarebbe arrivato il giorno dopo.
Circa un’ora dopo, era quasi mezzogiorno, Bill e Annika stavano sistemando la propria roba nella camera prescelta. Non era una stanza molto grande, come le altre del resto, arredata con mobili di legno scuro: un letto con sponde alte, due comodini, un grande cassettone con maniglie dorate e un armadio solido. La finestra era coperta da tende a doppio strato, uno di pizzo bianco e uno di velluto verde. Una piccola poltrona era posizionata proprio sotto la finestra.
La ragazza stava sistemando la biancheria nel primo cassetto e lui la osservava. Lei si muoveva tranquilla, nella luce proveniente da fuori e Bill era quasi ipnotizzato dal movimento dei suoi lunghi capelli biondi. Avrebbe avuto voglia di abbracciarla, ma non era così stupido da provarci. Si decise, infine, a chiederle quello su cui rimuginava da quando erano entrati in camera.
“Pip… Annika.” Chiamò, correggendosi appena in tempo.
“Sì?” Fece lei, mentre continuava a sistemare la roba nei cassetti, anche la sua.
“Mi domandavo se… ecco…” Esordì Bill, dopo aver deglutito, era molto nervoso.
“Cosa?” Lo spronò Annika.
Il ragazzo prese un lungo respiro. “Se per te è un problema, io potrei dormire giù, nella camera di Tom e domani far preparare l’altro letto.” Proclamò poi, tutto d’un fiato. Lei fece tanto d’occhi.
“Ma cosa dici?!” Esclamò stupita.
“Beh, pensavo che… dopo la discussione di stamattina…” Ribatté lui titubante, giocando nervosamente con le dita.
“Bill…” Fece allora Annika, abbassando le braccia su cui teneva due paia di pantaloni. “…il fatto che sia arrabbiata, non significa che non ti voglio bene.”
“Mi vuoi bene?” Chiese Bill speranzoso.
“Che domande…” Rispose lei con un sospiro. “Lo sai.”
“Allora non è un problema se dormiamo insieme?” Incalzò ancora il cantante.
“Certo che no.” Negò la ragazza scuotendo il capo.
“E… e…” Tentò di nuovo Bill.
“E adesso basta.” Lo bloccò però Annika. “Ora fammi finire, è quasi ora di pranzo.” Aggiunse, prima di rimettersi a disfare le valige.
“Ok.” Replicò lui, facendosi mesto.
“E metti a posto la tua roba.” Gli ordinò poi la ragazza.
“Ok…” Accettò lui ancora più mesto.
Annika gli aveva concesso di dividere il letto con lei, ma questo non significava che lo avesse perdonato o che quella notte sarebbe successo qualcosa di più del dormire. E Bill si sentiva depresso solo all’idea.

Fu quel pomeriggio che Georg e Stephanie riuscirono finalmente a passare un po’ di tempo da soli. Camminarono nel bosco, fino al lago, scherzando. Lei adorava la meravigliosa ironia di lui. Arrivati alla riva presero posto su una panchina, ma non diedero molta importanza al paesaggio. Si baciarono a lungo, scambiandosi tenerezze, abbracciati davanti al lago inondato di sole.
“È un campeggio, quello laggiù?” Domandò Stephanie, accoccolata tra le braccia di Georg, una volta finito di baciarsi, indicando il piccolo insediamento dall’altra parte del lago.
“Sì.” Rispose lui, prima di baciarle ancora una volta il collo.
“Mi piace andare in campeggio.” Affermò la ragazza, ricambiando.
“Io non ci vado da quando avevo dodici anni.” Replicò lui, con un sorriso storto. “E piovve tutta l’estate…”
“Ohhh, il buon vecchio adorabile clima della Germania dell’est!” Esclamò in risposta una divertita Stephanie. Georg rise. “Però è divertente infilarsi nella tenda la sera…” Aggiunse allora lei, lanciandogli un’occhiata maliziosa, il bassista la osservava incuriosito. “…stretti nel sacco a pelo…”
“Tu hai sempre delle idee molto interessanti…” Ribatté Georg piuttosto interessato.
Stephanie fece un’alzata di sopracciglia. “Che ne dici di riparlarne dopo cena, in un posto, diciamo… più confortevole di una panchina?” Suggerì quindi.
“Sono assolutamente favorevole.” Concordò il ragazzo. Allora si scambiarono un lungo eloquente sguardo, preludio ad una nuova, appassionata, sessione di baci.

Silke girò l’angolo della casa. Voleva osservare un po’ i sentieri che partivano per il bosco, così da decidere dove andare, non appena Gustav l’avesse raggiunta. Il suo intento, però, non andò a buon fine, perché, appena alzò gli occhi, vide Bill che ciondolava, seduto su una panchina ricavata da un tronco. La ragazza, incuriosita, si avvicinò.
“Che ci fai qui tutto solo, Bill?” Gli chiese, fermandosi a pochi metri da lui.
“Mi sento stupido e inutile!” Piagnucolò il cantante, mentre Silke gli sedeva accanto.
“Perché?” Domandò lei.
“Claudia, Richard e Annika sono andati a fare una passeggiata nel bosco.” Rispose vago. “Annika non mi ha neanche chiesto se volevo andare…” Continuò tristemente. “Ora staranno ridendo e scherzando e io… io sono qui ad annoiarmi!” Concluse con tono patetico.
“Bill, ma hai provato a parlare con lei, a chiederle scusa?” S’informò la ragazza, sporgendosi leggermente verso di lui.
“E come faccio!” Sbottò il cantante. “Non crede alle mie giustificazioni!”
“Ma non devi giustificarti, devi dirle la verità!” Replicò Silke. “Non c’è altro modo per farti perdonare.”
“La fai facile tu…” Biascicò Bill, scuotendo e abbassando il capo. “Sarebbe semplice farsi perdonare, se potessi dirle che l’ho fatto perché so che Tom prova ancora qualcosa per Claudia e viceversa e voglio farli rimettere insieme in un finale pieno di cuoricini svolazzanti e petali di rosa, ma non è così!” Aggiunse, con enfatici gesti teatrali.
“E allora si può sapere perché le hai mentito?!” Domandò Silke con un certo impeto.
Bill la fissò negli occhi per un lungo istante. “Odio Richard.” Confessò infine.
La ragazza tentò di trattenersi per qualche secondo, poi abbassò la testa e si coprì la bocca con la mano, cominciando a ridere, prima piano, poi sempre più forte. Bill la guardava interrogativo, con la fronte aggrottata.
“E tutto… tutto per quella storia…?” Cercò di chiedergli la ragazza ridendo.
“Sì!” Esclamò indignato lui. “Mi ha profondamente offeso!” Aggiunse con le mani posate sul  petto.
“Dammi retta, Bill.” Fece improvvisa Silke, girandosi verso di lui e prendendogli le mani. “Vai da Annika e chiedile perdono in ginocchio, è l’unica cosa sensata da fare.”
“Dici?” Lei annuì. “Consiglio femminile?”
“Assolutamente sì.” Confermò Silke annuendo ancora.
Il cantante sospirò e si stiracchiò, portando le braccia dietro la testa, poi si mise a fare delle buffissime smorfie riflessive, davanti alle quali Silke si dovette trattenere dal mettersi di nuovo a ridere.
“Allora, Bill…” Gli chiese, dopo un po’. “…che cosa intendi fare adesso?”
“Mhhh, vado a fare la cacca.” Dichiarò lui rispondendo, la ragazza si sentì cadere le braccia. “Ho un paio di riviste che…”
“Io intendevo con Annika…” Soffiò Silke quasi disperata.
“Ahhh…” Fece lui. “Ci penserò dopo.” Lei si portò una mano alla fronte, scuotendo il capo.
“Silke, sei pronta?” Domandò Gustav, sopraggiungendo in quel momento.
“Sì, andiamo.” Rispose la ragazza, mentre si alzava per raggiungere il batterista.
“Mi lasciate tutti solo…” Mormorò piagnucoloso Bill.
“Fai il bravo.” Gli consigliò Silke, camminando all’indietro verso Gustav. “E apri la finestra del bagno, dopo averlo usato.”
“Ok…” Annuì il cantante, salutandola distrattamente con la mano.
“Bill, hai qualcosa che ti cammina sulla gamba…” Accennò il batterista, mentre lui e Silke si allontanavano sul sentiero dietro la casa.
“Oddio! Dove?! Che cos’è?!” Gridò l’amico saltando su e spolverandosi nervosamente i pantaloni.
Gustav si perse in una risatina maligna, continuando ad allontanarsi verso il bosco. Silke gli lanciò un’occhiata severa ma divertita.
“Sei perfido…” Affermò, lui rise ancora. “Bill, stava scherzando!” Urlò poi la ragazza, cercando di rassicurare il povero cantante ormai già isterico.
“Ecco! Mi rovini tutto il divertimento!” Esclamò Gustav, prima di ridere ancora, stavolta con dolcezza, prima di prendere la sua divertita ragazza per spalle.

Nel salone della casa c’era una grande tavola di pesante legno scuro, circondata da rustiche panche. Le ragazze l’apparecchiarono e prepararono la cena.
I discorsi e le battute si susseguirono tranquillamente, quando tutti si furono seduti a tavola, ma ognuno dei presenti avvertiva una certa tensione provenire dal fondo della tavola.
Bill era seduto in fondo alla fila, accanto a Claudia, davanti a lui Annika e Richard accanto alla ragazza. Annika non era particolarmente brillante, mentre Bill mangiava lento e mesto.
“Pip…” Fece per chiamare il cantante, ma un’occhiata glaciale di lei gli impose di correggersi. “Annika, mi passeresti il pane?” Chiese quindi.
La ragazza glielo passò un po’ bruscamente e lui lo prese, scrollando il capo con sguardo rammaricato e arreso, poi ringraziò. Claudia, a quel punto, sbottò.
“La vuoi smettere?!” Berciò ad Annika, sollevando la voce oltre quelle degli altri.
“Di fare cosa?!” Replicò l’amica, spalancando gli occhi.
“Di trattare Bill in questo modo!” Rispose Claudia, indicando la figura rattrappita del ragazzo.
“Non lo tratto in nessun modo!” Reagì l’altra.
“Appunto!” Ribatté lei. “Lo vuoi capire o no che per me non è un problema?!”
“Peccato che io non ci credo.” Affermò Annika, aggiustandosi con aria scettica il tovagliolo sulle gambe. Un silenzio imbarazzato, nel frattempo, era calato sui commensali.
“Tu sei troppo malfidata, dovresti provare almeno a darci il beneficio del dubbio.” Dichiarò Claudia, l’altra scosse il capo poco convinta. “Non è vero, Bill?” Fece però lei, voltandosi verso il ragazzo.
“Non mettermi in mezzo per favore…” La supplicò lui.
“Sei tu che non capisci, Claudia.” Riprese Annika, ignorando ancora una volta il cantante. “Io so perfettamente cosa pensi davvero…”
“No, tu non lo sai!” Protestò l’amica. “I miei sentimenti sono miei e se ti dico che va tutto bene, per favore, prova almeno a crederci!”
Tutti gli altri, a quel punto, si sentivano piuttosto a disagio, ma quelli messi peggio erano Bill, che aveva la sensazione la panca su cui sedeva stesse diventando incandescente, e Richard, che non ci stava proprio capendo un tubo.
“Si può sapere che succede?” Domandò infine alla sua ragazza, seduta di fronte a lui.
“Niente.” Sbuffò Claudia, voltando il capo, mentre anche Annika lo faceva, evitando di guardare chiunque.
“No, ora mi spiegate!” S’impose Richard, sbattendo le mani sul tavolo.
“Domani arriva mio fratello Tom.” Spiegò stancamente Bill, spalle curve e sguardo remissivo.
“E allora?” Fece l’altro con aria interrogativa.
Annika rivolse a Claudia un’occhiata stupita ma retorica, cui lei rispose con un cenno di sfida. L’aria tra le due ragazze era elettrica.
“Non glielo hai detto…” Soffiò Annika.
“Che te ne frega?!” Ribatté Claudia incrociando le braccia.
“Vedi che avevo ragione io!” Sbottò allora l’amica.
“Vaffanculo Annika!” Seppe solo risponderle l’altra, poi si rivolse a Richard. “Io e Tom abbiamo avuto una storia, ma è finita da un secolo…” Gli disse, con noncuranza.
“Ah…” Esalò il ragazzo, poi lanciò un’occhiata allo splendido viso contrito di Bill, domandandosi quanto potessero somigliarsi lui e suo fratello.
“Sei contenta ora?” Domandò, nel frattempo, Claudia ad Annika.
“Claudia, io non l’ho fatto per…” Tentò di rispondere l’altra ragazza.
“Non me ne frega proprio niente.” La interruppe l’amica. “Questo tuo modo di fare non lo sopporto più, fatti gli affari tuoi, da ora in avanti!” Aggiunse, prima di sfilarsi dalla panca e allontanarsi dal salone, verso l’interno della casa.
Annika prese un lungo respiro, poi si alzò, posando il tovagliolo sulla tavola. “Scusate.” Mormorò e anche lei lasciò la cena, uscendo sul terrazzo.
Bill cercò di alzarsi in fretta, per raggiungerla, ma s’incastrò col piede tra il tavolo e la panca, cadendo poi malamente seduto. Imprecò contro le panche, mentre Georg faceva quello che non era riuscito a lui, seguendo Annika fuori, dopo essersi scusato con gli altri. Al cantante non restò che sospirare, deluso e arreso.
“Senti, Bill…” Lo chiamò in quel momento Richard, lui lo invitò a proseguire con un gesto stanco. “Tu e tuo fratello vi somigliate molto?” Gli chiese con aria ingenua.
“Si da il caso che siamo leggermente gemelli…” Rispose, con tutto il sarcasmo che gli era possibile in quella situazione.

Il grande balcone che affacciava sul lago in lontananza era praticamente buio, se non per la luce proveniente dalla portafinestra della sala da pranzo. Annika era appoggiata alla balaustra, nel punto più lontano, dove si vedeva meglio il panorama.
“Hey.” La chiamò Georg avvicinandosi. La ragazza si girò e gli fece un sorrisino amaro. “Le cose non vanno tanto bene, eh?” Le chiese allora lui, mentre si sedeva su una delle sdraio di legno dietro di loro.
“Ho fatto una pessima figura con tutti, vero?” Replicò mesta Annika, appoggiandosi di spalle alla balaustra di legno.
“Diciamo che non siamo così abituati a vederti… arrabbiata.” Rispose dolcemente Georg. Lei fece una smorfia rammaricata. “Dai, vieni qui.” L’invitò allora lui, battendosi una mano sul ginocchio.
Annika non se lo fece ripetere e andò subito a sedersi in braccio al bassista, stringendogli le braccia intorno al collo. Il rapporto tra i due, con l’andare del tempo, era diventato molto profondo e decisamente fraterno; Georg era la persona con cui più le piaceva confidarsi, dopo Claudia. Il ragazzo sapeva spesso dirle la cosa giusta, farla rendere conto dei suoi errori e rimetterla in carreggiata. E poi era bello farsi coccolare da lui.
“Non pensi di essere stata un po’ troppo severa?” Le domandò Georg, mentre le carezzava piano i capelli; lei aveva appoggiato la testa sulla sua spalla.
“Ma io l’ho fatto per…” Cercò di rispondere la ragazza.
“Annika…” Intervenne però lui. “…per quanto tu possa essere un buon giudice, di te stessa e degli altri e sappia capire le persone, non è detto che c’indovini sempre.” Lei sospirò afflitta contro il suo collo. “I sentimenti sono una cosa complicata.”
“Lo so.” Mormorò lei. “Ma so per certo che Claudia non è così indifferente come dice…”
“Perché non la lasci libera di fare i suoi errori, allora?” Suggerì Georg, prima di sistemarsi meglio la ragazza sulle ginocchia.
“Perché so quanto ha sofferto per questa storia di Tom!” Ribatté immediata lei.
“Piccola, onestamente, ma che ti frega, alla fine?” Si permise di dirle il bassista. “Sono grandi, se vogliono sbatterci di nuovo il muso, cazzi loro…”
“Ma Georg, Claudia è la mia migliore amica!” Replicò offesa la ragazza, sollevandosi dalla sua posizione adagiata contro di lui. “Non voglio vederla star male.” Aggiunse, affievolendo gradualmente la voce.
“Sarà sempre lei a decidere e non potrai farci niente.” Sentenziò lui. Annika lo fissò per un lungo istante, poi abbassò lo sguardo e si strinse di nuovo a lui.
“Hai ragione.” Sussurrò sconsolata. Georg la cullò per qualche secondo.
“Passiamo ad un altro punto, ora: cosa cacchio c’entra Bill?” Riprese il ragazzo, dopo un po’.
Annika sospirò. “Forse voglio solo fargliela scontare un po’, se lo merita, non può fare sempre quello che gli pare!” Affermò quindi.
“Andiamo! Lo sai che l’unico intento che aveva era quello di prendersi una piccola rivincita su Richard!” Sbottò Georg. “Bill non è cattivo, solo un po’ impulsivo a volte… e terribilmente egocentrico.”
“Lo so e lo amo così, però…” Replicò Annika, rintanandosi contro di lui. “Vorrei solo andare da lui e abbracciarlo, adesso…” Soffiò poi.
“E che aspetti a farlo, scema!” La rimproverò lui, con un delicato pugno in testa.
“Se non mi chiede scusa non lo faccio.” Dichiarò la ragazza compunta.
“Testona.” L’appellò allora, con un sorriso bonario. “Sei proprio sicura di non voler andare da lui, guardarlo nei suoi occhioni supplicanti e perdonarlo, sapendo benissimo che si è clamorosamente pentito del suo gesto?” Le chiese poi.
Annika diede l’impressione di rifletterci per un momento. “Ci penserò, voglio tenerlo sui carboni ardenti un altro po’, deve imparare l’umiltà.” Aggiunse altezzosa; il bassista rise. “Grazie, Georg.”
“E di che cosa?” Replicò lui, sempre sorridendo.
“Per questa chiacchierata, ha fatto bene anche alla mia di umiltà…” Rispose lei, abbassando timidamente gli occhi.
“Oh, lo spero davvero, principessa!” Scherzò allora il ragazzo, Annika sorrise imbarazzata.
“Ti voglio bene, Georg.” Affermò poi, stringendolo appena un po’ di più con le sue braccia magre.
“Anche io ti voglio bene, Annika.” Rispose lui, prima di sfiorarle le labbra con un lievissimo bacio. “Torni dentro?” Le chiese quindi, mentre si alzavano.
“Sto qui qualche altro minuto, ok?” Lui annuì, la salutò con una carezza sulla guancia e si allontanò. Annika si rimise a scrutare taciturna il lago.

Georg entrò in camera, sorrise a Stephanie, che era seduta sul letto e si spalmava la crema sulle mani; lei indossava dei pantaloncini corti blu e una canottiera rossa.
Dopo cena, risolto il piccolo dramma scoppiato a tavola, i ragazzi si fecero una partita a Monopoli, mettendosi poi a raccontare ai nuovi arrivati (Richard e Stephanie) alcuni aneddoti sulla vita del gruppo. Claudia si era unita di nuovo alla compagnia, mentre Annika aveva preferito andare a letto.
Il bassista, adesso, era arrivato, in un certo senso, alla resa dei conti: lui e la ragazza, in camera, da soli. Un punto in cui, finora, non erano mai arrivati.
Lui si sentiva perfino un po’ imbarazzato, mentre appoggiava i propri vestiti sulla sedia; si era messo il pigiama in bagno. Come iniziare? Doveva essere diretto oppure...? E lei, voleva farlo questo passo avanti? Si stava arrovellando nei dubbi.
“Mi togli una curiosità?” Gli domandò all’improvviso Stephanie, distraendolo bruscamente dai suoi pensieri.
“Eh?!” Fece Georg sorpreso, voltandosi verso di lei. “Dimmi.” La spronò poi.
“Tu e Annika… che storia è?” Lui fece un’espressione stupita e colpevole. “Sei stato fuori con lei quasi mezz’ora… cioè, non sono gelosa, solo, mi piacerebbe capire.”
Georg sospirò, sedendosi pesantemente sul bordo del proprio letto, poi posò i gomiti sulle ginocchia, strusciandosi il mento con una mano.
“Hai tutte le ragioni di chiedere.” Esordì quindi. “Ho solo cercato di farla ragionare, ad ogni modo.” Continuò. “Per il resto…”
“Per il resto?” Lo spronò la ragazza, mentre si metteva seduta davanti a lui, le ginocchia che sfioravano quelle del bassista. Lui chinò gli occhi.
“Ammetto che quando ho conosciuto Annika sono stato molto attratto da lei.” Confessò infine. “Pensavo che potesse nascere qualcosa, ci siamo anche baciati una volta.” Continuò con sincerità. “Ma io non sono adatto a lei, è Bill la sua controparte ideale, quindi mi sono tirato indietro.”
“Capisco.” Commentò Stephanie.
“Adesso siamo amici, praticamente fratelli, dato che io sono anche figlio unico.” Le spiegò ulteriormente; lei annuì. “Sai una cosa?” Le chiese quindi, con un’espressione stranamente soddisfatta.
“Cosa?” Fece lei incuriosita.
“Mi fa piacere che tu sia gelosa…” Mormorò allora lui, con un sorriso malizioso dei suoi.
“Ah, sì?” L’interrogò Stephanie, poco convinta. Lo vide annuire, mentre si sporgeva un po’ di più verso di lei, posandole le mani sulle ginocchia. “Allora mi spieghi questo?” Riprese però la ragazza, indicando la sistemazione della camera. “Com’è che io e te siamo l’unica coppia ad avere una stanza con due letti?”
Georg, immediatamente, spalancò la bocca sorpreso, poi chinò subito il capo, grattandosi imbarazzato la nuca, mentre si risistemava a sedere, allontanandosi preventivamente da Stephanie.
“Eh, ecco…” Biascicò quindi.
“La verità, per favore.” Lo implorò divertita lei.
“Sì.” Annuì lui. “Non volevo sembrasse che ti ho portata qui solo per… quello.” Confessò infine. “Volevo essere un gentiluomo e darti la possibilità di prendere tempo…”
“Oh, ma sei un cavaliere!” Esclamò la ragazza, ridacchiando.
Lui si grattò la testa. “Sì, un cavaliere imbranato che ha appena fatto una gran brutta figura…” Commentò quindi.
“Sai cosa c’è?” Lo interruppe lei, prendendogli le mani, obbligandolo a guardarla negli occhi. “I cavalieri saranno anche diventati imbranati, ma c’è da dire che le principesse si sono fatte più furbe.” Aggiunse, fissandolo con un sorriso provocante.
Georg rispose con la sua famosa alzata di sopracciglio. “Cosa intendi?” Le domandò, pregustando la risposta.
“Intendo che non è scritto da nessuna parte che dobbiamo usare tutti e due i letti.” Soffiò Stephanie, accarezzandogli le braccia, poi si avvicinò a lui, appoggiandosi sapientemente contro il suo corpo. “Togliti la maglietta…” Gli sussurrò quindi al’orecchio, prima di scostarsi.
Georg non se lo fece certo ripetere. Si alzò e sfilò dalla testa la maglietta grigia che indossava, arruffandosi così la coda in cui aveva legato i capelli, cosa che lo rese ancora più selvaggiamente attraente di quando non fosse già di suo. Stephanie lo prese per l’elastico dei pantaloni e lo tirò tra le sue gambe, cominciando a baciargli lo stomaco.
Inutile dire che, per quella notte, i pronostici vennero rispettati: di letti ne usarono solo uno.

Bill s’infilò silenziosamente sotto la leggera trapunta a fiori che copriva il letto. Il corpo magro di Annika, già sdraiata sotto le coperte, disegnava una curva morbida, alla luce della luna che entrava dalla finestra coperta dalla tenda leggera.
Il ragazzo si sdraiò, posando la testa sul cuscino, poi allungò timidamente la mano, sfiorando la vita di lei, il piccolo avvallamento tra il busto ed i fianchi, dove amava prenderla per stringerla a se, ma lei si mosse, quasi infastidita.
“Bill, per favore…” Mormorò, rompendo il silenzio e dimostrandogli di essere sveglia. “Non è il caso, dai.” Aggiunse, mentre scostava con delicatezza la mano di lui.
“Io volevo solo… abbracciarti…” Si giustificò lui con tono affranto.
“È meglio di no.” Ribadì Annika senza voltarsi.
Bill sospirò. Non era così stupido da pensare che sarebbe stato facile farsi perdonare da lei, ma credeva con tutto il cuore nel loro amore, quindi aveva sperato che lei sarebbe stata più ben disposta nei suoi confronti. Ma forse, era un’altra la cosa da fare…
“Annika.” Lei non rispose, ma Bill aveva l’assurda certezza che lo stesse ascoltando. “È tutta colpa mia, scusami.” Soffiò allora, vicino al suo orecchio, con genuino pentimento.
Il ragazzo restò quindi in ascolto, tutto il corpo rivolto a sentire anche il minimo cambiamento in quello di lei. La sentì, infine, prendere un lungo respiro, poi, senza una parola, la mano di Annika si mosse, cercò e prese la sua, portandola contro il proprio petto, dove il cuore batteva piano, sotto il palmo di Bill. Lui sorrise incerto, quindi si strinse di più a lei.  

CONTINUA



Ringraziamenti:
kit2007 – cara la mi’ bambina, scusami se non ti ho avvertito! Stasera sarà la prima che ti dirò, l’aver postato il 2! Qualcosina la sai già, ma spero comunque che il capitolo ti aggradi, con tutto quello che succede! Grazie per i sempre graditi complimenti! Baciotti!
picchia – beh, sul parapiglia ci hai decisamente indovinato! E ci siamo già dentro alla grande! Sì, Bill come vedi ci ha già regalato alcune perle… Quanto a Tom, ancora non è arrivato ma ha già fatto danni, vedremo quando finalmente li degnerà della sua augusta presenza! Grazie per il tuo puntuale commento!
sunsetdream – lusingata di aver incontrato ancora una volta il tuo apprezzamento, grazie! Spero che anche il nuovo capitolo di piaccia!
mewmina_91 – grazie! Sono felice di averti incuriosita così tanto! Beh, continua a seguire questa storia, perché ne devono ancora succedere tante!
Princess – mia cara! Meno male che c’è qualcuno di serio al mondo, brava, sii d’esempio! E calma, LUI arriverà presto (e sappiamo che non parliamo di Godot e nemmeno di Tom ^__-). Intanto, so già che mi odierai per almeno un paio di scene di questo capitolo, eheheh!
billa483 – grazie per i complimenti e vedrai che Tom non tarderà molto. Goditi Billonzo nel frattempo, che ce ne combinerà delle belle!
Ladynotorius – ma le tue recensioni non fanno schifo! I punti salienti li hai toccati, ho capito che Richard non ti sta simpatico… Grazie!
LadyCassandra – mamma mia grazie! Sei davvero troppo carina! Sono felice che la mia ff ti abbia ispirato, specie se hai amato le caratterizzazioni dei personaggi, perché ci tengo tanto. Se il primo capitolo ti ha sorpresa, penso che questo secondo lo abbia fatto ancora di più! Ti ringrazio di nuovo e aspetto nuovi commenti!
angeli neri – grazie per i tanti e bellissimi complimenti, sono contenta che tu abbia amato Autumn Song e che segua questo seguito, spero che apprezzerai anche questo nuovo capitolo!
Lady_Daffodil – Eh sì, eccoci qua, la storia continua e mi auguro sia ancora di tuo gradimento! Sì, è vero, i personaggi sono un po’ cresciuti, del resto nella prima ff hanno affrontato cose importanti. Per quanto riguarda Bill, beh, adoro caratterizzarlo, quindi mi diverto troppo! Grazie del commento!
Lady Vibeke – sì, sì, lo so, mi odi per quelle due scene con Georg… prima si coccola Annika, poi si da fare con Stephanie, capisco come ti senti… passamela via. Tra l’altro, nella recensione, mi fai una bella previsione! Io mi accontenterei che avesse lo stesso successo di Autumn Song, poi si vedrà! E anche tu… aspetta con gioia, ormai manca poco!
loryherm – grazie per la tua solita dettagliatissima recensione! Hai centrato molto punti centrali dei primi capitoli, anche se tempo di aver scompaginato un sacco di cose, con questo nuovo capitolo… e Tom ancora non arriva… Ma vedrai, vedrai, non è finita!
Antonellina – beh, quella storia è comunque finita, questa è tutta un’altra cosa, anche se all’inizio sembra riprendere i temi dell’altra. Questo secondo capitolo già sconvolge un po’ le cose, fammi sapere cose ne pensi!
RubyChubb – mi fa davvero piacere se ancora le mie storie ti divertono e incuriosiscono! Ti ho sorpresa? Bene! Oh, sì, sì, io le tue classifiche le aspetto sempre, anche perché mi fanno schiantare dal ridere e mi mostrano anche i difetti dei miei personaggi in modo troppo simpatico, ma efficace! Ora vado a leggermi la tua e si vede!

Bene, arrivederci a tutti, ci sentiamo col prossimo capitolo!
 


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Capitolo 3
*** 3 - What you are here for ***


thundere road
Capitolo tre. Si entra nel vivo della storia? Non lo so, ma qualcosa succede: Tom arriva, finalmente, ma un piccolo colpo di scena distrarrà i protagonisti, sempre che… non vi abbia già distratto troppo un certo boscaiolo sexy… Ne riparliamo nelle recensioni, va. ^__-

Mary, Pao, questo è il vostro capitolo, godetevelo.

Buona lettura a tutti!
Sara

Capitolo 3 ~ What you are here for

Don't turn me home again
I just can't face myself alone again
Don't run back inside
Darling you know just what I'm here for
(Thunder road – Bruce Springsteen)

Stephanie scese allegra le scale, dirigendosi con passo saltellante in cucina. Salutò i presenti, che erano Gustav e Silke, intenti a preparare caffè, pane e marmellata e Bill, seduto al tavolo. La risposta di quest’ultimo fu particolarmente moscia.
La ragazza osservò la faccina depressa del cantante e fu presa da un moto di tenerezza; quando Annika entrò con fare energico in cucina, prese alcune cose da portare in tavola e se ne uscì di nuovo, senza degnare Bill di uno sguardo, Stephanie si sentì molto dispiaciuta per lui, specie vedendolo seguirla con gli occhi, tipo cagnolino abbandonato. Decise di seguire l’altra ragazza in salone.
Annika stava apparecchiando la tavola, la finestra era aperta e la stanza era luminosa e calda; la ragazza aveva un’aria efficiente e precisa, in quello che faceva, anche se la sua espressione era troppo seria.
“Annika.” La chiamò Stephanie avvicinandosi.
“Dimmi.” La spronò l’altra, continuando a sistemare roba sulla tavola.
“Non hai ancora fatto pace con Bill?” Le chiese, lei negò col capo, senza guardarla. “Ma non hai visto che visetto abbattuto che ha?” Continuò Stephanie con tono dolce.
“Ascoltami bene.” Affermò Annika, girandosi finalmente verso l’altra. “Non farti commuovere dai suoi occhioni da cucciolo, con le sue faccine sarebbe capace di muovere a compassione perfino Torquemada!” Sbottò poi, tornando al suo lavoro.
“Ma non te, a quanto pare.” Commentò Stephanie con le mani sui fianchi.
Annika sospirò, fermandosi, quindi alzò gli occhi e guardò fuori dalla finestra. “Sto solo cercando d’ingoiare il mio orgoglio, ma ci vuole un po’ di tempo… è bello grosso.” Affermò poi, rivolgendole un sorriso debole.
“Capisco, ma non farlo penare troppo, sembra molto avvilito.” Soggiunse Stephanie, con espressione comprensiva.
“Ci provo.” Acconsentì Annika, già abbastanza ammorbidita dalle scuse notturne di Bill. “Dopo colazione ci parlo.” Dichiarò poi. “Adesso andiamo a prendere il resto della roba, ho fame!”
Stephanie annuì sorridente, quindi si fece prendere a braccetto da Annika e condurre nuovamente in cucina, dove, nel frattempo, era arrivata anche Claudia.
Annika si disse che doveva fare pace anche con lei, dopo lo sguardo ostile che l’amica le rivolse, ma prima di fare un qualsiasi passo, fu interrotta dall’entrata di Georg. Il bassista salutò tutti, baciò Stephanie sulla guancia, poi si rivolse a Gustav.
“Hai visto l’accetta in garage? Vorrei spaccare un po’ di legna per il camino…” Gli chiese tranquillo, tenendo la sua ragazza per la vita.
“È vicino al cassone verde, ma sei sicuro di volerlo fare, Georg, fa un bel caldo stamattina. ” Rispose il batterista, prima di prendere un sorso di caffè.
“Mi metto sotto i pini e se poi non resisto, leverò la maglietta.” Ribatté Georg, stringendosi nelle spalle.
A quella dichiarazione, un inequivocabile sguardo d’intesa scattò tra le quattro ragazze; l’idea di vedere Georg sudato e mezzo nudo che spaccava la legna era troppo allettante per tutte loro.
“Faccio un po’ di the freddo!” Dichiarò Claudia; tutti concordarono che era un’ottima idea.

Tom aveva passato tutta la settimana precedente a convincersi che preferiva passare quel week end a casa, che in città avrebbe sicuramente trovato una compagnia sufficiente a non fargli sentire troppo la solitudine. Volendo, quest’ultimo punto, avrebbe potuto realizzarlo senza troppa fatica, ma la verità era che non gl’interessava. Voleva andarci in montagna con gli altri. Quanto al motivo… beh, meglio tenerlo per se, almeno fino a quando non avesse tastato il terreno.
La sera prima era andato in un locale a bere, ma si era annoiato quasi subito, nonostante un paio di ragazze piuttosto carine e disponibili che avevano tentato di intrattenerlo, così era tornato a casa e se ne era andato a letto, deciso ad alzarsi presto per arrivare allo chalet prima dell’ora di pranzo. E così aveva fatto.
Il chitarrista, quando svoltò a destra ed entrò nel vialetto alberato che conduceva alla casa, si complimentò con se stesso perché aveva ricordato la strada meglio del previsto, per fortuna: all’antelucana ora del mattino in cui aveva deciso di partire nessuno dei suoi adorati compagni si sarebbe degnato di rispondere al telefono, tanto meno il suo letargico fratello.
Il chitarrista parcheggiò la sua auto accanto alle altre due: l’Audi di Georg e un altro piccolo fuoristrada che non conosceva. Scese e non perse tempo a scaricare il bagaglio, dirigendosi verso la casa per salutare.
Il posto non era cambiato molto, sempre piuttosto carino, ma l’entrata era stranamente silenziosa. Prima di salire il primo gradino della veranda, Tom sentì brevi e divertite risate femminili provenire dal retro della casa. Girò, allora, l’angolo.
La prima cosa che vide furono le ragazze, sedute su una panchina ricavata da un tronco. Erano Silke, Annika e un’altra ragazza coi ricci che doveva essere l’accompagnatrice di Georg. Parlottavano tra se, ridacchiando piano, con dei bicchieri quasi vuoti in mano. Sembrava che le ragazze stessero seguendo una qualche scena, piuttosto intrigate.
Tom spostò gli occhi e capì, mentre piegava le labbra in un sorriso furbo. Avrebbe dovuto interpretare quel rumore prima, era chiaro.
A qualche metro da loro, in un piccolo spiazzo sotto un pino, c’era Georg che spaccava la legna. Georg che spaccava la legna a torso nudo. Un po’ sudato, coi capelli malamente raccolti in una coda e qualche traccia di terra sulle braccia. Non era difficile intuire che la scena fosse diventata ben presto uno spettacolo assai interessante per quel ristretto pubblico femminile…
E poi erano i maschi ed essere degli sporcaccioni! Se una di quelle piccole maniache gli avesse detto di nuovo una cosa simile, gliela avrebbe fatta vedere lui!
“Mi salutate…” Intervenne Tom, distraendo il pubblico dalla trance erotica. “…o siete troppo prese a seguire le gocce di sudore intorno all’ombelico di Georg?”
Le ragazze, prese in contropiede, sussultarono, voltandosi verso di lui; la prima a reagire fu Annika, che si alzò e gli andò incontro sorridente.
“Tom!” Esclamò allegra, abbracciandolo brevemente e dandogli un bacio sulla guancia.
“Ciao.” La salutò lui tranquillo, rispondendo al bacio.
Dopo che Annika ebbe rotto il ghiaccio, anche gli altri lo salutarono, prima di presentargli Stephanie, di cui lui ammirò i bei capelli ricci, il fisico atletico e i grandi occhi azzurri, complimentandosi mentalmente con Georg. Il quale bassista si era a sua volta avvicinato, salutando l’amico con una pacca sulla schiena.
“Allora, diamo spettacolo, eh?” Fece il chitarrista in risposta, causando un’espressione perplessa da parte di Georg.
“In che senso, scusa?” Replicò infatti, prima di rivolgere un’occhiata alle ragazze che vagavano con gli occhi, tentando espressioni indifferenti, ci mancava solo che si mettessero a fischiettare. “Voi stavate guardando me?” Domandò lui con sincera e sorpresa ingenuità.
“Noooo!” Risposero loro in coro, scuotendo il capo, mentre Tom ridacchiava spudoratamente.
Il chitarrista, però, presto intercettò uno sguardo di Georg: un sorrisetto furbo e un’alzata maliziosa di sopracciglia. Capì che anche lui aveva intuito tutto da un pezzo. Ricambiò con uno dei suoi sorrisini storti.
“Volete ancora da bere?!” Domandò una voce allegra, mentre dei passi si avvicinavano al gruppetto.
I ragazzi si voltarono in quella direzione, Silke si spostò un po’ di lato e Tom vide Claudia. Si ritrovarono a fissarsi senza averlo voluto, solo per una questione meramente meccanica di movimento. Lei si fermò a pochi passi dal gruppetto.
Se Tom, prima di arrivare, aveva pensato di dover studiare un po’ la situazione, ora non sapeva proprio cosa fare. Il cuore gli si era fermato per un istante, per poi ripartire accelerato, il sorriso si era fossilizzato sulle sue labbra, non poteva muovere un muscolo e stava lì, con le chiavi della macchina ancora in mano e la gola secca.
Dio, non la vedeva da mesi e solo ora si rendeva conto di quando gli era veramente mancata. L’emozione che provava in quel momento, la stessa che sentiva ogni volta che gli parlavano di lei, ma amplificata, cercava di spiegarsela da tempo, ma restava comunque un mistero.
Cosa mi fai, Claudia? Perché mi succede solo con te, anche dopo così tanto che non sei più mia…
“Ciao, Tom.” Salutò infine la ragazza, percorrendo gli ultimi passi che la separavano dagli altri.
“Ciao…” Rispose lui e avrebbe voluto dire “Ciao, piccola” come la chiamava sempre prima, ma si rendeva conto che tra loro non c’era più quella confidenza.
“Allora, volete altro the freddo?” Chiese nuovamente Claudia, appoggiando la brocca che portava su un tavolino accanto alla panchina. Le varie risposte positive le riempirono le orecchie.
È arrivato… Era l’unico pensiero coerente che il suo cervello aveva potuto concepire quando lo aveva visto, poi era stato tutto un accavallamento di pensieri. Non è un problema… aveva ripetuto quella frase centinaia di volte, ad Annika ed a se stessa, per auto convincersi che era vero e ora continuava col mantra…
Non è un problema se lui è qui. Non è un problema se lui è qui fisicamente, se vive, respira, sorride, parla davanti a te. Non è un problema se i suoi occhi sono ancora i più belli che abbia mai visto. Non è un problema se non riesci a respirare, pensare, muoverti in modo normale… Come no!
Claudia, mentre versava il the nei bicchieri che le venivano porti, scambiò un’altra occhiata con Tom. Lui le sorrise, dolce e tranquillo. Un sorriso raro dei suoi, senza malizia, sereno. Lei non poté far altro che rispondere allo stesso modo. Forse si era preoccupata troppo.
“Vorrei bere anche io...” Dichiarò il chitarrista che, dopo il sorriso di Claudia, si era reso conto di avere la gola improvvisamente arida. “…ma non ho il bicchiere.”
“Puoi usare il mio.” Propose Annika porgendogli l’oggetto. “Sempre se non ti schifi.” Aggiunse con un sorrisetto. Lui lo prese con una smorfia palesemente finta.
“L’unica obiezione che posso fare è sul fatto che ti slingui mio fratello…” Commentò poi.
“Oh, tranquillo!” Sbuffò la ragazza, alzando le mani. “Da un paio di giorni posso dichiararmi immune dal morbo di Bill…” Aggiunse storcendo il naso.
“Eh?!” Fece Tom perplesso.
“Niente, ti spiego dopo…” Ribatté Annika, con un cenno noncurante del capo. Lui la guardò sospettoso, mentre lei si allontanava di qualche passo.
Tom, pur continuando ad essere perplesso, si strinse nelle spalle, voltandosi nuovamente verso Claudia e porgendole il bicchiere per avere la sua parte. Si guardarono di nuovo.
Claudia si stupì di non ricordare quanto fossero immense e labirintiche le profondità degli occhi di Tom, quanto struggente quella inspiegabile malinconia che c’era nel loro fondo. Dovevo rendermi conto che non c’era scampo la prima volta che il mio cuore c’è caduto dentro… si disse arresa.
Anche Tom osservava gli occhi di lei. E un po’ si perdeva tra quelle ciglia lunghe, in quelle iridi color cioccolata. Lo turbava l’inquietudine che vi leggeva dentro, nascosta dalla finta tranquillità dei gesti. Sorrise della sua bellezza, del viso struccato, delle guance rosa, dei capelli chiari nel sole. Ti voglio ancora, piccola, che ci posso fare?
Il the fu versato, Tom sorrise e ringraziò, lei sorrise e gli disse “prego”, poi si allontanarono e il ragazzo raggiunse Georg vicino al ceppo dove tagliava la legna, lasciando addosso a Claudia un’ultima occhiata nostalgica.

Georg, Tom e le ragazze, qualche minuto più tardi, stavano parlando del più e del meno, quando Bill uscì dalla porta della cucina e scese le scale che portavano in giardino. Arrivato a metà, vide Tom che rideva tranquillo con gli altri.
“Tomi!” Esclamò severo, mentre scendeva gli ultimi gradini; il fratello si voltò verso di lui.
“Hey, fratellino!” Lo salutò l’altro, osservandolo raggiungerli con espressione di rimprovero.
“Perché non mi hai detto che stavi arrivando?” Gli chiese indispettito Bill, fermandosi davanti a lui.
“Sapevi che stavo arrivando!” Ribatté Tom.
“Non in quel senso!” Sbottò l’altro.
“Eri sveglio alle sette e un quarto quando sono partito?” Gli chiese allora il gemello.
“Ovviamente no!” Rispose retorico Bill, con un gesto sprezzante.
“E allora smettila di dire minchiate, ora sono qui, punto.” Replicò Tom con noncuranza, scolandosi quello che rimaneva nel bicchiere che aveva in mano.
“Io finisco di spaccare la legna, così stasera accendiamo il camino.” Affermò quindi Georg, posando il bicchiere; le ragazze annuirono entusiaste.
“Fai pure, Georg, noi siamo qui.” Intervenne Stephanie, mentre seguiva con sguardo indulgente il bassista che si piegava a recuperare l’accetta.
“Eccome se ci siamo…” Commentò maliziosa Annika, scambiando uno sguardo d’intesa con l’altra ragazza, poi ridacchiarono soddisfatte.
Bill sentì tutto, perché era vicino alle due e s’imbronciò. Non gli piaceva affatto che Annika apprezzasse così tanto le doti virili di Georg, mentre in quei giorni rifiutava qualsiasi contatto con lui. Che cosa aveva lui meno di Georg? Poteva fare benissimo tutto quello che faceva il suo bassista, compreso spaccare la legna. Se era questo che i veri uomini facevano, beh, lui era pronto!
“Georg, pensi che potrei provare anche io?” Domandò allora.
Una folla di occhi increduli si posò immediata sul cantante. Lui rispose con uno sguardo supponente, stringendosi nelle spalle con noncuranza.
“Penso di esserne capace.” Affermò per rincarare la sua reazione.
“No, che non ne sei capace!” Berciò Tom, scansando Annika e arrivandogli di fronte. “Ti ha dato di volta il cervello?!”
“Oh, andiamo, Tomi!” Sbottò infastidito il fratello. “Si tratta solo di spaccare con un’accetta dei piccolissimi pezzi di legno, mica di scalare l’Everest!”
“Ti farai del male.” Dichiarò il chitarrista, fissandolo severo.
Bill lo guardò, spalancando gli occhi in un’espressione risentita, poi mise le mani sui fianchi. “Non sopporto questa tua mancanza di fiducia in me, allontanati Tom.” Sentenziò quindi, spingendo il fratello con un gesto teatrale.
“Bill, non farlo!” Intervenne in quel momento Annika; lui si girò a guardarla.
“Invece lo faccio!” Replicò intestardito, voltandosi di nuovo verso il bassista. “Georg, spiegami tutto…”
“Bill!” Lo supplicò la ragazza, inascoltata. “Digli qualcosa!” Ordinò allora a Tom.
Lui fece una specie di ringhio, rivolto al gemello che non lo calcolò minimamente, mentre si faceva spiegare da Georg come tenere l’accetta.
“Bill, se ti fai male ti lascio alla guazza, sei avvertito.” Lo minacciò serio, ma lui gli rispose solo con un eloquente gesto del dito medio.
“Andiamo, Tom, lascialo fare!” Intervenne Georg. “Cosa potrà mai farsi a spaccare un po’ di legna!” Aggiunse.
“Lo conosci, potrebbe procurarsi danni irreversibili anche a sollevare una valigia…” Rispose il chitarrista, mettendo le mani sui fianchi. Bill gli lanciò un’occhiata ostile e offesa.
“Gli ci devi far sbattere il muso, altrimenti non crescerà mai!” Sbottò il bassista.
“Oh, grazie, Georg!” Sbuffò Bill, sempre più offeso dal giudizio dei suoi amici sulle sue capacità fisiche.
“Toh, prendi l’accetta, che è meglio!” Ribatté l’altro, cedendogli il posto davanti al ceppo.
“Georg, se si fa male…” Sibilò minaccioso Tom, con gli occhi fissi in quelli dell’amico.
“Cosa?” Lo provocò l’altro. “È adulto ormai, puoi smetterla di fare la chioccia.”
“Ma… vaffanculo!” Reagì il chitarrista rabbioso. “Bill, falla finita e togliti di lì.” Disse poi al fratello, stava per sollevare l’accetta.
“Nemmeno per sogno!” Proclamò il cantante, prima di mandarsi indietro i lunghi capelli con una scossa della testa degna di una diva del muto.
Tom sbuffò, perseverando nella sua espressione adirata. Annika, nel frattempo, si mordeva la punta del pollice, senza sapere se essere più arrabbiata o preoccupata. Claudia e Silke osservavano la scena piuttosto perplesse.
Bill, allora, si preparò a dimostrare di essere un vero uomo. Strinse il manico dell’accetta tra le mani e fece per sollevarla, ma il peso dell’attrezzo lo fece leggermente sbilanciare verso destra. Tom e Annika si slanciarono, pronti a riprenderlo, ma lui riuscì a ritrovare la stabilità. Il ragazzo, quindi, impugnò meglio l’ascia, inquadrò il piccolo pezzo di legno rotondo, posato sopra il ceppo, si posizionò sulle gambe leggermente divaricate e preparò il colpo…
L’ha impugnata male… fece in tempo a pensare Tom, mentre il colpo scendeva verso il ceppo.
La tiene in modo strano… pensava invece Annika, seguendo il movimento sgangherato del braccio di Bill.
Ma quanto cazzo pesa?! Era invece il pensiero del diretto interessato.
Tutti gli occhi presenti seguirono l’accetta calare sul legno, colpirlo di striscio, scheggiando la superficie, poi muoversi verso destra, incastrarsi nella base del ceppo; il corpo, soprattutto la spalla di Bill, seguirono quel movimento innaturale, i suoi piedi scivolarono sul terreno coperto di trucioli e tutta la sua longilinea figura si accartocciò su stessa con un grido di dolore.
Ecco, lo sapevo… formularono all’unisono le menti di Annika e Tom, prima di cedere all’istinto e scattare verso Bill, ancora accasciato e mugolante.
Georg si stava piegando sull’amico a terra, quando Tom li raggiunse e lo spintonò via, inginocchiandosi poi accanto al fratello.
“Hai visto?” Berciò contro il bassista. “Sei contento ora?!” Inutile dire che, ovviamente, Georg non era affatto contento di quello che era successo.
“Stai bene, Bill?” Domandava nel frattempo Annika.
“No che non sto bene!” Strillò lui piagnucolante. “Il braccio mi fa malissimo, oddio si sarà rotto! Oh Dio! E ora che faccio!” Continuò impaurito e isterico.
“Stai calmo Bill.” Cercò di rassicurarlo Annika, accarezzandogli la schiena.
“No, non sto calmo! Mi fa male da morire!” Riprese a gridare il cantante, reggendosi il braccio destro contro il petto. “Toooomiii, aiutamiiii!”
“Certo che ti aiuto, brutto demente, anche se dovrei lasciarti contorcere dal dolore in mezzo alla polvere!” Replicò il fratello, prima di dargli una pacca in testa.
“Tomi, portami all’ospedale, mi sono rotto qualcosa, me lo sento!” Miagolava Bill tirando su col naso, mentre Tom lo aiutava ad alzarsi.
“Dai, tranquillo.” Lo rassicurò il gemello con più dolcezza. “Ora ti ci porto, il tempo di salire in macchina…”
“Vi accompagno al pronto soccorso, se volete…” Si offrì Georg.
“Meglio di no.” Rispose immediato Tom. “Resta qui, ce la faccio da solo.”
“Come vuoi.” Acconsentì il bassista, senza nascondere un tono leggermente acido e offeso.
“Che cosa è successo?” Domandò la voce preoccupata di Gustav, affacciatosi alla porta della cucina richiamato dalla concitazione delle voci.
“Bill si è fatto male.” Gli spiegò Silke. “Tom adesso lo accompagna all’ospedale.”
“Vado anche io.” Sentenziò il batterista, scendendo; dal tono che aveva usato si poteva intuire che non gli avrebbero fatto cambiare idea.

Il pronto soccorso della piccola clinica di montagna, abituato a campeggiatori coperti di punture d’insetto, bambini con la diarrea e velisti della domenica, non era preparato a vedere dei personaggi come i tre seduti nella sala d’aspetto.
Bill, infagottato in una felpa nera, cappuccio calato sugli occhi e occhialoni da sole, si teneva ancora il braccio, lamentandosi piano. Tom, espressione che più scazzata non si può, anche lui con cappuccio e occhiali, stravaccato accanto al fratello, borbottante. E Gustav, cappellino e lenti scure pure lui, sbuffava ogni tanto, sopportando le uscite degli altri due. La gente li osservava come se fossero appena scesi da un’astronave, chiedendosi che bisogno ci fosse d’imbacuccarsi in quel modo in pieno luglio.
“Tomi…” Chiamò piagnucolante Bill.
“Eh?” Rispose annoiato il fratello.
“David s’incazzerà?” Chiese l’altro con una smorfia preoccupata.
“Oh, ci puoi giurare che lo farà!” Sbottò il chitarrista.
“Uffa! Ma perché mi doveva capitare una cosa del genere?!” Si lamentò allora il cantante, ricominciando a uggiolare come un cucciolo cui hanno pestato la coda.
“Te lo sei voluto, deficiente!” Reagì Tom, rifilandogli un’altra pacca sulla testa, poi si stiracchiò e si alzò. “Io vado fuori a fumarmi una sigaretta…”
“No, Tomi! E se mi chiamano?!” Esclamò allarmato Bill.
“Ascolta, datti una calmata.” Replicò immediato il gemello. “Ce ne sono ancora due davanti a noi, fumo una sigaretta e torno, non sto via tre ore.”
L’espressione di Bill si accartocciò in una smorfia infantile e delusa, quindi si voltò verso Gustav, speranzoso.
“Tu non mi lasci vero?” Chiese supplicante.
“Tranquillo, Bill, sono qui.” Lo rassicurò lui, prima di calarsi meglio il cappellino sugli occhi con uno sguardo circospetto; quei due facevano troppa confusione per i suoi gusti. Bill, nel frattempo, gli sorrideva riconoscente.

Tom era uscito sulle scale che conducevano nel pronto soccorso. Era una scala larga e bianca, delimitata da una ringhiera tubolare grigia. Il ragazzo si appoggiò al corrimano, vicino alla rampa per l’accesso degli handicappati, quindi si accese una sigaretta, concedendosi di consumarla placidamente.
Buttando fuori la prima boccata di fumo, alzò gli occhi e vide, seduta di fronte a lui, sul muretto della ringhiera opposta, una ragazza. Sembrava piuttosto alta, bionda, con un paio di corti shorts di jeans che evidenziavano le belle gambe, la pelle chiara arrossata da un’abbronzatura troppo violenta. Lo guardava da dietro gli occhiali da sole, con un sorrisino seducente. Tom non era certo tipo da ignorare uno sguardo del genere e, comunque, non aveva nulla da perdere, così rispose con uno dei suoi sorrisi storti e birichini.
La ragazza, allora, si alzò, aggiustandosi poi l’aderente canottiera che indossava, da cui spuntava il sopra di un bikini a fiori; mentre camminava verso di lui ancheggiando, Tom ammirò compiaciuto la generosità della sua scollatura.
“Ciao.” Lo salutò quando gli fu arrivata di fronte; lui era distrattamente appoggiato alla ringhiera, in una di quelle pose noncuranti che aveva fatto la sua fortuna di Sex Gott.
“Ciao.” Rispose Tom, concedendosi un’altra boccata di fumo.
“Hai da accendere?” Gli chiese lei, sfoderando un accento assai strano.
“Certo.” Annuì lui, porgendole l’accendino; la ragazza si accese una sigaretta. “Tu non sei tedesca vero?” Le domandò quindi il chitarrista.
Lei fece una risatina scema. “No, sono svedese!” Rispose poi.
“Ah, svedese…” Commentò Tom, che da dietro le lenti scure ammirava ben altro che la sua nazionalità. “Sono stato a Stoccolma, una volta.”
“A fare che cosa?” Replicò lei, appoggiandosi con apparente casualità al corrimano, in realtà sfiorando così il fianco di lui, che sorrise consapevole.
“A suonare.” Rispose infine Tom, mentre si toglieva gli occhiali e le lanciava uno sguardo seducente.
“E che strumento suoni?” S’informò la ragazza, ricambiando l’occhiata.
Lui la squadrò dall’alto in basso, indugiando sull’ombelico e il seno, senza nascondere il proprio interessamento all’attrezzatura della giovane. “La chitarra.” Sussurrò sensuale. Lei rise di nuovo, con un suono vagamente nasale. “Io sono Tom.” Si presentò il ragazzo.
“Pernilla.” Ricambiò lei.
“Che nome carino.” Gongolò il chitarrista. Che nome stupido… pensava nel frattempo. “Che fai qui all’ospedale, Pernilla?”
“Aspetto la mia amica, che è tutta piena di punture di zanzara, sta malissimo!” Rispose lei, con un’espressione preoccupata talmente finta che Tom per un momento ponderò di lasciar perdere. “E tu perché sei qui?”
“Mio fratello s’è fatto male ad una spalla.” Spiegò lui. “Anzi, devo rientrare, tra poco tocca a lui e non credo che andrà dentro da solo…”
“Oh, che peccato che tu vai…” Mormorò delusa la ragazza.
“Senti, tu stai al campeggio?” Le chiese allora, lei annuì. “Allora scambiamoci i numeri e, se magari, stasera ti senti sola…” Suggerì invitante. Pernilla sorrise maliziosa, già eccitata all’idea di fare quella telefonata.

E arrivò, infine, il turno di Bill al pronto soccorso. Si avvicinò alla porta della stanza assegnata trascinandosi dietro un riluttante e minaccioso Tom.
“Se non la smetti di lamentarti ti tiro una scarpata in testa, così dovrai infilarti lo spazzolino nel culo per lavarti i denti…” Gli sussurrò all’orecchio, prima che un’infermiera gli si parasse davanti.
“Lei non può entrare.” Disse a Tom.
“Senta, sono il fratello e…” Tentò lui.
“Siamo gemelli siamesi, non ci possiamo staccare!” Intervenne Bill interrompendolo.
Tom e l’infermiera lo fissarono con espressioni che andavano dall’incredulo allo scettico. “Bill…” Mormorò sconsolato il chitarrista, scuotendo la testa, ma l’infermiera sorrise bonaria.
“Va bene, per questa volta può andare.” Acconsentì alla fine, facendoli passare entrambi; Bill le sorrise riconoscente, tirando dentro il fratello.
Il medico, un giovane uomo dall’aria seria e professionale, visitò accuratamente il cantante, quindi gli fece fare una lastra, per assicurarsi che non ci fosse niente di rotto.
“Bene, Bill.” Esordì il dottore, scrutando un’ultima volta la radiografia appesa contro lo schermo illuminato. “Adesso possiamo dire che la sua spalla non è rotta…”
“Perfetto.” Soggiunse Bill annuendo.
“È soltanto uscita.” Precisò il medico, dottor Bauer.
“Uscita da dove?!” Esclamarono in coro i gemelli con gli occhi spalancati.
Bauer li guardò perplesso. “Da dove deve stare.” Spiegò poi tranquillo, voltandosi quindi a riporre la lastra. “Ora si tratta solo di rimetterla a posto.”
“Bene, si può fare subito? Perché sa, mi fa male…” Affermò Bill, già più ottimista.
“Sì, certo, lo facciamo subito, è una manovra semplicissima.” Ribatté flemmatico il medico. “Infermiera, lo prepari.” Ordinò quindi; la donna, prese un lenzuolo e si avvicinò a Bill, che cominciò a guardarla preoccupato.
“Cosa…” Mormorò, incapace di formulare la domanda giusta.
“Dottore…” Intervenne in quel momento Tom, il cui sguardo allarmato saltava dal fratello a Bauer. “…non è doloroso, vero? Perché l’ho visto in un telefilm e…”
“Doloroso?!” Esclamò subito Bill, quasi schizzando via dal lettino, mentre l’infermiera cercava di avvolgergli la vita col lenzuolo.
“Stia calmo, Bill.” Lo rassicurò Bauer, che aveva già capito con chi aveva a che fare. “Ammetto che la procedura non è esattamente indolore, ma è una cosa piuttosto veloce…” Bill continuava a fissarlo con aria spaventata. “…e poi le daremo un antidolorifico… molto efficace.” Concluse l’uomo con tono convincente.
“È anche l’unico modo per sistemare la sua spalla, oltre tutto.” Rincarò pacata l’infermiera.
“Ok, va bene.” Mormorò mesto il cantante, dopo un lungo sospiro. “Fatelo adesso e leviamoci il pensiero.” Aggiunse arreso. “Tu non ti muovere, eh, Tomi.”
“Sono qui, cucciolo.” Annuì il fratello, fermo qualche passo davanti a lui.
Fu così che il dottore e l’infermiera si posizionarono ai due lati di Bill; lei afferrò strettamente i lembi del lenzuolo, mentre Bauer prendeva delicatamente il braccio del ragazzo.
“Ora non opponga resistenza, sarà solo un attimo.” Disse il medico e, dopo che Bill ebbe annuito, si preparò a tirare…

Gustav era davanti alla macchina del caffè a prendersi qualcosa da bere, quando un urlo disumano invase la piccola sala d’aspetto. Lo aveva sentito urlare troppe volte per non riconoscere immediatamente che a produrlo era stato Bill, ma si allarmò comunque, vista la particolare nota dolorosa che il suo amico ci aveva messo, tanto da far voltare tutti i presenti, preoccupati di come una semplice medicazione potesse essersi trasformata in un tale mattatoio.
“Cazzo…” Imprecò tra i denti il batterista. “Ma che gli hanno fatto?”
Il ragazzo, per togliersi la curiosità, dovette aspettare ancora qualche minuto, fino a che Tom e Bill uscirono dalla sala visite. Il cantante portava un tutore di stoffa blu al braccio destro ed aveva un’espressione estatica che, onestamente, allarmò parecchio Gustav, che se l’era immaginato rintronato dal dolore. Tom teneva il fratello per la vita, come ad evitare che cadesse, vista l’andatura parecchio dinoccolata di Bill.
“Come va?” Domandò il batterista a Tom, mentre scrutava con la fronte aggrottata il volto stranamente sorridente del cantante.
“Ha la spalla lussata.” Rispose il chitarrista, cercando con fatica di far camminare il gemello. “Gliela hanno aggiustata, ma è stato doloroso, così gli hanno fatto un punturone…”
“E ora?” Soggiunse Gustav, sempre occhieggiando Bill che sembrava seguire un immaginario qualcosa che gli volava davanti al viso.
“E ora sta nel mondo delle fate…” Fece sconsolato Tom.
“Oh, ciao, Gustav!” Esclamò Bill, come se si fosse accorto che lui era lì solo in quel momento. “Quando ti sei fatto i capelli viola?” Gli domandò poi, con un sorriso ebete.
“Oh, mamma mia…” Commentò il batterista, prima di coprirsi il viso con la mano e scuotere il capo; il cantante, nel frattempo, ridacchiava come un bambino demente.
“Andiamo, dammi una mano a portarlo in macchina.” Affermò Tom; Gustav scrollò il capo e prese Bill dall’altro lato, lui gli sorrise infantile e sereno.
“Ma che gli hanno dato? Lsd?” Chiese allibito il batterista.
“Non lo chiedere…” Soffiò Tom, avviandosi verso l’uscita con la faccia scura.
Il viaggio in macchina, dopo una prima parte piena dei vaneggiamenti di Bill, passò abbastanza tranquillo, visto che, alla fine, il cantante crollò addormentato.
Arrivati allo chalet, il problema fu togliere Bill dalla macchina; di svegliarlo non ci fu verso, né di fargli assumere una posizione che facilitasse le operazioni. Alla fine lo trascinarono fuori a braccia, in tre, visto che arrivò anche Georg, il tutto sotto la supervisione di Annika.
I tre ragazzi portarono il cantante fino in camera sua, dove, finalmente, lo depositarono sbuffanti sul letto: Bill era magro, ma portarlo a peso morto non era esattamente piacevole. Finito il lavoro, lasciarono il bell’addormentato alle cure della sua principessa. Annika pensò a togliergli scarpe e pantaloni ed a metterlo sotto le coperte. La lasciarono seduta sul bordo del letto che gli accarezzava i capelli.

CONTINUA

- Sedici recensioni al precedente capitolo! Siete fantastiche! Vi adoro! Scusatemi se oggi sarò più breve del solito, ma sappiate che tutte le vostre parole mi hanno colpita e interessata, amo le vostre recensioni, vi prego, continuate a farle!

GRAZIE a: RubyChubb (oh, le tue classifiche! Mi mancavano!), sunsetdream, mewmina_91, pazzerella_92, angeli neri, LadyCassandra (sono felice che ami i miei pg), Lady_Daffodil (ebbene sì, sono crudele), loryherm (la mia nipotina!), Antonellina, Lady Vibeke e Princess (spero vi siate riprese dalla fatidica scena…), MARINA KAULITZ, picchia, kit2007 (compagnuccia di merende! A base di Tom, ovviamente…), jolly24 e Ninnola.

Una saluto caloroso anche ai 37 che hanno messo la storia nei preferiti! Mamma mia, grazie!

Come sempre, perdonatemi per l’attesa! Alla prossima, un bacione!


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Capitolo 4
*** 4 - The Fuse ***


thunder road
Oh, scusatemi, come al solito per i miei tempi assurdi, ma proprio non ce la faccio! Tra l’altro sono anche costretta a chiedervi perdono in anticipo, perché davvero non so quanto ci vorrà per il prossimo, visto che sto attraversando una specie di blocco…
Spero che la visione del dvd mi aiuti e m’ispiri, sempre che non mi uccida, cosa assai probabile, dato il concentrato di gnocchezza ivi contenuto…
Che altro dire, è un capitolo abbastanza importante, ma non così fondamentale, se la storia prenderà la piega che penso, quindi non mi resta che smettere di tediarvi e lasciarvi alla lettura!

Enjoy!
Un bacione!
Sara

Capitolo 4 ~ The fuse

The fuse is burning
Shut out the lights
The fuse is burning
Come on let me do you right
(The fuse – Bruce Springsteen)

Annika socchiuse la porta della camera, appena ne fu uscita. Bill dormiva profondamente e a restare lì le sembrava quasi di dargli fastidio; visto che, a causa delle medicine, probabilmente avrebbe dormito fino a sera, aveva deciso di scendere al piano terra.
Alzò gli occhi per andare verso le scale e si trovò davanti Claudia che usciva dalla sua stanza. Si guardarono negli occhi per un lungo istante, poi li distolsero vagamente imbarazzate.
“Come sta Bill?” Domandò infine Claudia.
“Ora sta dormendo, gli hanno dato un antidolorifico piuttosto potente all’ospedale.” Rispose Annika. “Credo dormirà tutto il pomeriggio.”
“Povero…” Commentò l’altra ragazza sconsolata. “Beh, scendo di sotto, Richard mi aspetta…”
“Claudia…” La chiamò però Annika, prima che si allontanasse. Lei si girò, guardandola interrogativa. “Mi volevo scusare per ieri sera, sono stata… Beh, mi dispiace, per tutto…” Soffiò tutto d’un fiato, prima di abbassare gli occhi.
“Fa niente, dai.” La stupì l’amica, facendole rialzare la testa. “Anche io sono stata antipatica, ma ero un po’ nervosa, così… Pace, eh?”
“Oddio, sì, ti prego! Odio essere in rotta con te!” Replicò accorata Annika; Claudia le tornò vicino e l’abbracciò.
“Ti voglio bene, scema.” Le disse, l’amica ridacchiò.
“Ti voglio bene anche io.” Sussurrò quindi Annika. “Va tutto bene, allora?” Claudia annuì; si abbracciarono ancora una volta, prima di dividersi, una diretta in bagno e l’altra al piano inferiore.

Va tutto bene, allora? Sì, andava tutto bene… Quello che Claudia non aveva detto ad Annika, era che l’aveva perdonata così velocemente solo perché sapeva che l’amica aveva avuto ragione ad attaccarla in quel modo. I pensieri che le giravano in testa erano troppo simili alle accuse di Annika, lo dimostrava la sua reazione all’arrivo di Tom…
Claudia si diresse sul grande terrazzo, dove doveva aspettarla Richard, passando dalla sala da pranzo. La ragazza si guardò intorno, ma non trovò il suo ragazzo. Trovò la causa dei suoi dilemmi.
Tom era seduto sulla spessa balaustra di legno che delimitava il balcone, portava gli occhiali da sole, i dreadlocks legati sulla testa, la chitarra tra le braccia. Guardava verso il lago, ma si voltò, quando lei si mosse sulle assi del pavimento.
“Hey.” La salutò, con un cenno dal capo.
“Ciao.” Rispose lei avvicinandosi. “Vedo che Tom Kaulitz non si separa mai dal suo unico vero amore.” Aggiunse, indicando la chitarra con gesto.
Lui guardò lo strumento, poi sorrise alla ragazza. “Si sente sola se la lascio a casa.” Scherzò quindi, battendo affettuosamente sulla cassa di legno.
“Eh, già.” Commentò Claudia, prima di poggiare i gomiti sulla balaustra. “Hai visto Richard?” Domandò poi al ragazzo.
“Non ho ancora avuto il piacere di conoscerlo.” Rispose sarcastico Tom, meritandosi un’occhiata acida.
“Avevamo deciso di fare una passeggiata nel bosco…” Svicolò lei.
“Sei sempre stata una cui piacciono i posti strani.” Alluse malizioso il ragazzo, mentre si riposizionava la chitarra sulle gambe.
“E tu sei sempre stato uno che pensa solo a quello.” Ribatté immediata Claudia, al che si scambiarono uno sguardo brillante e divertito, prima di ridacchiare piano.
Tom, dopo quel breve scambio di battute, si rimise a suonare. Era una musica lenta e dolce, cullava delicatamente. Claudia chiuse gli occhi, facendosi trasportare dalla melodia, con la brezza a sollevarle piano i capelli. Aveva visto Tom suonare molte volte, non aveva bisogno di guardarlo per sapere che era bellissimo.
“Ti sei tagliata i capelli…” La voce di Tom la raggiunse attraverso le note, lei aprì gli occhi e lo guardò: aveva il capo abbassato sullo strumento. “Li preferivo lunghi.” Aggiunse lui.
“Io no.” Soggiunse Claudia, improvvisamente sulla difensiva, il tono di Tom era stato troppo dolce. “Così si asciugano più in fretta.”
“Immagino…” Commentò soltanto lui, continuando a cercare accordi.
Claudia sbuffò, appoggiandosi coi fianchi allo steccato del balcone. Tom, poco dopo, stava per riprendere la conversazione, ma non poté farlo, perché dalla finestra uscì un ragazzo, alto, capelli rossicci, che si avvicinò sbrigativo a Claudia.
“Tom, lui è Richard.” Lo presentò veloce la ragazza, staccandosi dalla balaustra.
“Ciao.” Si limitò a salutarlo il chitarrista, senza nemmeno porgergli la mano.
“Ciao.” Rispose l’altro senza entusiasmo, osservandolo brevemente.
Ok, erano gemelli, appurato, ma questo tipo dai vestiti troppo larghi non aveva niente a che fare con la bambola dark che era suo fratello. Sembrava che tutta la parte “femminile” se la fosse presa Bill, perché questo Tom, pur conservando la stessa bellezza delicata, era decisamente la versione maschile della coppia. Richard si sentì vagamente minacciato.
“Allora, andiamo a fare questa passeggiata?” Intervenne Claudia, attirando l’attenzione di Richard.
“Sì, certo!” Rispose subito lui, prendendo la mano che gli veniva porta.
“A dopo, Tom.” Salutò quindi Claudia.
“A dopo…” Rispose atono il chitarrista, mentre loro si allontanavano verso le scale per scendere in giardino. Tom ricominciò a suonare, ma anche a seguirli con lo sguardo.
Richard e Claudia si fermarono a metà della scala e si scambiarono un bacio. Tom prese un accordo a cazzo. Claudia lo guardava di soppiatto, da oltre la spalla dell’altro ragazzo. Lui fece finta di nulla, sistemando la mano destra sulla tastiera. Il bacio continuava. Il cellulare di Tom squillò.
Il ragazzo restò qualche secondo indeciso tra far scendere a Richard il resto delle scale a calci in culo, rispondere al telefono, oppure lanciare il cellulare in testa al succitato essere, così da risolvere due questioni in una.
Scelse di rispondere, alla fine. Era Pernilla. Sentire la bionda svedese non gli risollevò l’umore come aveva sperato; mentre parlava con lei, usando la sua solita seducente ironia, continuava ad occhieggiare la coppia sulle scale e fece in tempo ad intercettare uno sguardo torvo di Claudia.
Ah, allora non sono il solo a cui girano, eh piccola? Si disse compiaciuto, leccandosi il piercing.

Annika entrò in soggiorno e la prima cosa che la colpì fu la canzone che usciva dallo stereo. Era “Daddy’s girl” degli Scorpions. Aveva sempre pensato che fosse una bella canzone, ma erano i ricordi che le evocava a non piacerle.
“Qualcosa che non va?” Le domandò una voce femminile. Annika si girò e vide Stephanie stesa sul divano con una rivista in grembo. “Sei pallida…”
“No, niente… solo brutti ricordi…” Rispose vaga l’altra, spostandosi vicino alla finestra.
“Ah…” Soffiò Effie, mettendosi seduta, intuendo che si trattava della canzone. “Posso spengere, se vuoi.” Si offrì quindi.
“Non importa.” Fece Annika scuotendo il capo.
Stephanie si alzò e le andò vicino. “Visto il testo della canzone, permettimi di pensare che non sia proprio nulla…” Affermò con delicatezza.
L’altra ragazza sospirò. “Il mio patrigno mi molestava, non è arrivato fino in fondo, ma ci ha provato.” Confessò infine.
“Oh, Dio…” Commentò colpita lei.
“È successo molto tempo fa, ormai, non vedrò mai più quell’uomo, ho una nuova vita adesso.” Dichiarò però Annika, facendo un sorriso tranquillo.
“Una storia da romanzo, direi!” Esclamò Stephanie incredula.
“Eh, sì.” Annuì Annika. “Per fortuna ho trovato il mio principe.” Aggiunse sorridendo.
“A proposito.” Intervenne l’altra. “Come sta ora?”
“Dorme.” Rispose la ragazza.
“Certo che…” Riprese Effie, trattenendo le risate. “…non voglio offenderlo, ma non ha proprio il fisico!” Annika fece una smorfia arresa, ma divertita.
“Tranquilla, lo so…” Mormorò poi, scrollando il capo. “Ma è così testardo…”
“E non è l’unico.” Alluse l’altra, occhieggiandola interessata.
Annika sospirò. “Appena si sveglia ci parlo.” Affermò poi. “Mi rendo conto, sai, di essere stata un po’ troppo severa, ora sono pentita di averlo trattato tanto male.”
“Immagino.” Commentò Stephanie. “Se avessi dovuto giudicarvi, come coppia, da quello che ho visto, avrei dovuto pensare che sarebbe molto meglio vi lasciaste…” Annika si girò di scatto verso di lei con uno sguardo allarmato. “Oh, tranquilla! In realtà credo che, tra voi, ci sia molto di più di quello che mostrate.” La rassicurò l’amica.
L’altra ragazza abbassò gli occhi. “Non ho più nessuno al mondo, ho soltanto Bill e… se non mi faccio perdonare, sarà un bel problema…” Dichiarò poi, con voce tremolante, quindi alzò gli occhi sullo sguardo dolce e indulgente di Stephanie.
“Vai da lui, scema!” Le suggerì con energia. “Non ti accorgi che non aspetta altro?” Annika fece una timida risata.
“Grazie, Stephanie.” Le disse poi.
“Figurati! Anche se non sembra, adoro le storie romantiche!” Replicò l’altra allegramente. “E poi… voi due sembrate disegnati apposta per stare insieme!”
Annika si lasciò andare ad un altro timido sorriso divertito. “Vado allora, ci vediamo dopo.” Mormorò quindi, salutando l’altra, che rispose con un cenno della mano.

Claudia uscì dalla sua camera e si diresse in bagno, afferrò la maniglia ed aprì. La porta era socchiusa e nulla le aveva fatto intuire che dentro potesse esserci qualcuno, ma non era così. Rimase impalata con il pomello in mano, non erano scene cui qualcuno potesse assistere all’improvviso.
Davanti al lavandino, che si osservava attentamente il mento allo specchio, c’era Tom. Addosso aveva solo un asciugamano azzurro umido stretto intorno ai fianchi, che evidenziava ciò che di solito i suoi abiti larghi nascondevano. Il busto era nudo, ancora leggermente bagnato. I capelli legati in una coda bassa. Un vero e proprio insulto all’autocontrollo. Specialmente per Claudia.
La ragazza ricordava fin troppo bene la consistenza del suo corpo. La sua pelle liscia, calda e morbida. I suoi muscoli tonici, specie in alcuni punti. Il suo profumo buono, che lei non avrebbe saputo spiegare, ma che era così inconfondibilmente Tom.
Represse un brivido intenso, mentre il suo cervello formulava la decisione di chiudere di nuovo la porta su quella stanza piena di vapore e odore di lui e scappare al piano di sotto.
“Se hai bisogno del bagno, resta pure.” La fermò però la voce di Tom. Claudia alzò gli occhi e lo vide fissarla dallo specchio. “Io ho fatto, vado a vestirmi in camera.” Aggiunse, girandosi verso la ragazza e appoggiandosi al lavandino.
Gli occhi di Claudia si fermarono su qualcosa che non avrebbe proprio dovuto guardare, anche perché Tom era un seduttore troppo esperto, per non accorgersi di certe occhiate…
La ragazza s’impegnò per recuperare anche la sua di esperienza e rifare la parte della scafata. Incrociò le braccia e si appoggiò allo stipite della porta, mettendo su un sorrisetto vissuto, cui lui rispose allo stesso modo.
“Fai spesso la doccia con la porta aperta?” Domandò quindi la ragazza.
“Scherzi?” Rispose lui aggrottando la fronte. “Ho aperto solo dopo aver finito, faceva un caldo bestiale.”
Ovvio, Tom Kaulitz non rischiava di farsi vedere da chiunque senza la sua corazza di vestiti extra large, tranne da selezionatissimi elementi. Claudia era una di queste persone.
Non che lui si facesse troppi problemi a togliersi la maglietta, anche davanti ad una telecamera, ad esempio, ma l’apparenza poteva decisamente ingannare, Tom sembrava sempre uno spaccone sfacciato, ma bastava poco, un complimento improvviso, per mettere a nudo la sua timidezza. E vincere l’innata riservatezza del suo carattere schivo non era cosa da tutti.
Ma non era il momento di pensare a certe cose.
“Ti stai preparando per uscire?” Domandò la ragazza, cambiando discorso.
“Sì, ho un appuntamento.” Rispose lui con naturalezza, lei represse un moto di stizza. “Ho conosciuto una, al pronto soccorso, una svedese che sta giù al campeggio…”
“Complimenti!” Esclamò sarcastica Claudia. “Sei qui da mezza giornata ed hai già rimorchiato una, approfittandoti dell’incidente di Bill, oltretutto. Congratulazioni vivissime!” Aggiunse con una nota acida, che non sfuggì a Tom.
“Ti da fastidio?” L’interrogò il chitarrista, con un sorrisino provocante.
“A me?” Fece lei ironica, posandosi una mano sul petto. “Perché dovrebbe? Guarda che io ho un ragazzo, non me ne frega niente di quello che fai tu.”
Il sorriso strafottente di Tom, dopo quella frase, abbandonò il suo viso, per lasciare il posto ad un’espressione seria. Il suo sguardo era talmente intenso che Claudia non poté fare a meno di sentirsi turbata. Il ragazzo, infine, si mosse, avvicinandosi a lei, che era rimasta immobile.
Si fermò accanto a Claudia, sfiorandola col suo corpo, mentre la fissava negli occhi. Un profumo pulito e dolce penetrò nelle narici della ragazza, togliendole il respiro.
“Davvero non t’importa?” Le chiese piano. Il suo sussurro le mosse i capelli vicino all’orecchio, Claudia rabbrividì, nonostante il caldo.
“N… no…” Esitò rispondendo.
Tom continuava a fissarla dritto negli occhi. Desiderava sfiorarle le lunghe ciglia con le dita, poi scendere lungo il suo zigomo, fino alle labbra piene e rosse e poi prenderla per la nuca, avvicinarla a se e affondare la propria bocca nella sua. Alzò la mano e le sfiorò il fianco scoperto, tra la gonna e la maglietta; la sentì trasalire, come se le sue dita fossero gelate.
“Lui ti fa sentire come ti faccio sentire io?” Domandò quindi, con le labbra che le sfioravano la guancia; Claudia spostò gli occhi per guardarlo.
“Lui mi porta rispetto…” Mormorò poi, con un soffio coraggioso.
“Ma io ti facevo toccare il cielo.” Replicò Tom, senza interrompere il contatto visivo.
“Quei voli duravano sempre troppo poco e gli atterraggi… gli atterraggi facevano male…” Ribatté Claudia, ma non riuscì ad essere fredda come voleva.
Lui si fece vagamente triste, quasi malinconico, mentre continuava a guardarla, ma si scostò appena. Lei rispondeva cercando di mantenere un certo contegno, ma si sentiva sempre più debole.
Un rumore di passi che salivano le scale li distrasse, facendoli allontanare contro gli stipiti opposti della porta del bagno. Gustav li vide appena arrivato in cima alla rampa, li fissò per un attimo, sorpreso e imbarazzato, poi li salutò con la mano in un gesto indeciso e si defilò velocemente nella propria camera.
“Io uso il bagno del piano di sotto.” Dichiarò sbrigativa Claudia, mentre Tom aveva ancora gli occhi sulla porta di Gustav che si chiudeva. Non fece in tempo a reagire, che la ragazza era già sgusciata via ed aveva infilato le scale.

Bill era seduto sul letto, solo boxer e maglietta addosso, faceva caldo; stava leggendo una rivista appoggiato ai cuscini, il braccio infortunato ancora appeso al collo tramite il tutore. Non si accorse che Tom era entrato e lo stava osservando dalla soglia.
“Come va, scemottolo?” Gli domandò allora il chitarrista. Lui alzò il capo di scatto, spalancando gli occhi, poi fece una smorfia contrariata, vedendo il sorriso beffardo del fratello.
“Vaffanculo.” Sentenziò poi, riabbassando gli occhi sulla rivista.
Tom rise, quindi si avvicinò al letto e si sedette accanto al gemello, prima di prenderlo per le spalle e scompigliarli un po’ i capelli. Bill arricciò il naso con aria offesa, girando il capo dall’altra parte.
“Dai! Non fare il permaloso, vieni qui!” Lo spronò Tom, stringendolo contro la propria spalla. “Fammi un sorriso!”
“Hm…” Mugugnò Bill, ostinandosi a guardare altrove; poi, però, pian piano si voltò con sufficienza verso il fratello, lo scrutò… e lo annusò. “Ma come siamo tutti belli e profumati! Stai uscendo?”
L’altro fece un sorrisino storto. “Ho un appuntamento…” Mormorò misterioso.
“Con la ragazza dell’ospedale?” Chiese però Bill, sorprendendolo. Tom si voltò di più verso di lui.
“Tu che ne sai della ragazza dell’ospedale?” Replicò immediato.
“Le porte del pronto soccorso avevano i vetri trasparenti, Tomi.” Rispose lui con aria furbetta.
Il chitarrista sorrise quasi compiaciuto. “Allora non stavi poi così male…” Ironizzò quindi, Bill gli diede una spinta, ridacchiarono. “È una svedese del campeggio, si chiama Pernilla.” Spiegò poi.
“Non perdi tempo, eh?” Soggiunse Bill, con tono complice.
“Ci provo…” Annuì Tom con falsa modestia. “Tu hai bisogno di qualcosa? Da bere? Hai fame?” Domandò poi, usando sincera premura verso il gemello, che continuava a tenere per le spalle.
“Non ho molta fame, ma Annika mi sta facendo un panino, se non mangio non posso riprendere le pillole.” Affermò l’altro, il fratello annuì.
“Beh, allora, io vado.” Soggiunse quindi.
“Sì, tranquillo.” Tom gli sorrise, lo strizzò ancora una volta, piano, poi lo lasciò e si alzò dal letto, allontanandosi verso la porta.
Il ragazzo stava per uscire, quando arrivò Annika con in mano un piatto e un bicchiere di aranciata. I due si trovarono faccia a faccia e si sorrisero.
“Annika, lo so che è scemo e terribilmente uggioso quando sta male, ma occupati di lui, mi raccomando.” Affermò ironico Tom. “Te lo affido.” Bill, nel frattempo, faceva smorfie bizzarre.
“Ok, ma… tu te vai?” Replicò stupita la ragazza.
“Sì, mi aspettano.” Rispose vago Tom.
“Esce con Petronilla.” Intervenne acido Bill, gli altri lo guardarono, Annika perplessa, il fratello con un sorrisino sbieco.
“Si chiama Pernilla.” Precisò quindi.
“Come se t’importasse del suo nome.” Sbuffò il cantante.
“No, infatti!” Esclamò Tom. “Preferisco le sue tette!” Aggiunse con noncuranza, ignorando lo sguardo severo della ragazza. “Ciao, Annika.” La salutò poi.
“Buona serata.” Gli augurò lei, sempre poco convinta, questa novità dell’appuntamento non le piaceva per niente.
“Anche a te.” Ricambiò lui. Si scambiarono un bacio veloce sulla guancia, quindi Tom salutò il fratello con la mano e si allontanò verso le scale.

Annika si avvicinò al letto dove Bill stava ancora seduto, con le lunghe gambe pallide stese sulla coperta; le sorrise. Il sole stava tramontando, fuori, oltre il lago e spandeva una bella luce aranciata nella stanza. La ragazza posò il piatto ed il bicchiere sul comodino, poi si sedette sul bordo del letto, appoggiando una mano sul ginocchio di lui. Si guardarono negli occhi.
“Sei un imbranatissimo, adorabile deficiente.” Mormorò dolcemente la ragazza, mentre gli massaggiava piano la gamba.
Bill osservò la sua mano bianca sul proprio ginocchio, godendosi il piacere di quel tocco tiepido, poi rialzò gli occhi e la guardò.
“Annika, devi perdonarmi, davvero.” Affermò poi, accorato. “Sono stato uno stupido, non dovevo mentirti, ma volevo che Tom venisse qua con noi, che lui e Claudia parlassero una volta per tutte e… beh, sì, volevo levarmi dai piedi Richard… Ma ti giuro che non volevo farti arrabbiare o fare del male a qualcuno! Ti prego perdonami!” Continuò, mettendosi sul cuore la mano libera dal tutore.
Annika lo fissò con espressione canzonatoria per qualche secondo, trattenendo un sorriso divertito, poi massaggiò più forte il ginocchio di Bill.
“Io parlavo della tua straordinaria performance da spaccalegna.” Gli disse poi.
“Ah…” Soffiò lui, prima di chinare mestamente il capo.
“Bill…” Lo chiamò però Annika, sollevandogli con delicatezza il mento con le dita. “Mi spieghi perché lo hai fatto?” Gli chiese quindi seria.
“Ecco…” Stentò il cantante, vagando con lo sguardo. “Eravate tutte lì, ad ammirare Georg…” Annika roteò gli occhi, pensava di aver già capito, ma voleva sentire la cavolata uscire da quelle splendide labbra. “…volevo dimostrarti che sono un uomo anche io…”
“Tesoro, ma…” Intervenne, a quel punto, la ragazza. “…non devi dimostrarmi niente! Io lo so perfettamente che sei maschio! Chi lo dovrebbe sapere meglio di me!” Esclamò incredula.
Bill aggrottò la fronte e fece una faccina piagnucolosa. “Sì, ma io…” Mormorò con una nota acuta. “…io volevo dimostrarti che posso… posso fare le cose che fanno gli altri uomini…”
“No, che non puoi farle, amore.” Obiettò dolcemente Annika, mentre gli aggiustava i capelli su una spalla, lui la guardò con una smorfia. “Tu sei delicatino, imbranato, scoordinato e completamente negato per qualsiasi lavoro manuale, ma…” S’interruppe, avvicinandosi a lui, lungo il bordo del letto. “Io ti amo così.”
“Sì?” Chiese Bill, con un’impagabile espressione ingenua.
“Sì, con tutti i tuoi difetti, con la tua vanità, la tua mania di protagonismo, la gestualità femminile e il fatto che sei un’insopportabile primadonna.” Il cantante fece un piccolo sorriso speranzoso. “Ti amo tantissimo, anche se fumi troppo e ti puzzano i piedi.” Concluse Annika, con un sorriso dolcissimo, carezzandogli il viso.
“Mi puzzano i piedi?” Fece lui perplesso.
“Da morire!” Esclamò lei ridacchiando.
Bill, allora, la fissò negli occhi. “Mi perdoni, quindi?” Le chiese, con un’espressione che era puro concentrato di ruffianeria.
“Ti ho perdonato da un pezzo.” Rispose la ragazza.
“E allora, perché hai continuato a trattarmi male?” Domandò aggrottando le sopracciglia con aria infantile. Annika gli prese le mani e lo guardò con un sorriso sornione.
“Perché te lo meritavi, piccolo esserino vanitoso e prepotente.” Dichiarò poi, prima di dargli un colpo sul naso con l’indice. Lui fece una smorfia ritrosa. “Dai, vieni qui.” Lo invitò poi, mentre si sedeva accanto a lui, allargando le braccia.
Bill mugolò soddisfatto, cercando di abbracciarla alla meno peggio, ma dovette desistere con uno sbuffo arreso. “Mi fa male il braccio…” Mormorò demotivato.
“Tranquillo, mi sposto dall’altra parte.” Lo rassicurò Annika, quindi lo scavalcò e si appoggiò al suo fianco sinistro, così che Bill potesse stringerla col braccio buono. “Baciami.” Gli ordinò allora, con un sorriso invitante. Lui non se lo fece ripetere due volte.
Finito il bacio, con ancora gli occhi chiusi, entrambi sospirarono felici, strusciandosi uno contro l’altra. Annika si adagiò contro il torace di Bill, avvolgendogli la vita con le braccia, poi alzò il viso e lo guardò, aspettando che le sue iridi d’ambra la ricambiassero. Quando i loro occhi s’incontrarono, i due ragazzi scoprirono che la magia tra loro non era affatto cambiata.
“Ti amo, Pippi.” Sussurrò Bill, lei sorrise.
“Anche io ti amo, Bibi.” Rispose tranquilla, prima che lui cominciasse a cullarla con l’unico braccio che gli funzionava.

La serata di Tom si era rivelata meno interessante del previsto. Pernilla era brillante come un nano di gesso e simpatica come una scoreggia in ascensore. La sua risata era insopportabile e Tom, pur di non sentirla ancora, aveva provato a baciarla, ma l’esperienza era stata archiviata come non particolarmente entusiasmante: ci metteva troppo impeto, troppa lingua, troppa saliva, non faceva per lui. Insomma, alla fine, dopo la cena, avevano pomiciato un po’ in macchina, ma la cosa non aveva particolarmente eccitato Tom, che aveva deciso di non concludere. L’aveva riaccompagnata al campeggio, adducendo la scusa che non poteva lasciare troppo da solo suo fratello che stava male. Omettendo, ovviamente, che in casa c’erano altre sette persone…
Ora, nella cucina illuminata solo dalla luna piena, stava bevendo un bicchiere di cola davanti al lavello, sperando così di cancellarsi dalla bocca il sapore di una serata amara.
La luce che si accendeva improvvisa lo fece sussultare. Si girò di scatto, col bicchiere ancora in mano, mentre i suoi occhi si adattavano faticosamente alla nuova illuminazione. Claudia lo fissava sorpresa dalla soglia della cucina. Si scrutarono un attimo, poi lei chinò gli occhi e si diresse al frigo.
“Che cosa ci fai qui?” Domandò al chitarrista, mentre rovistava nel contenuto dell’elettrodomestico.
Tom sbuffò e si appoggiò al mobile dietro di se. “Vado a letto, che dovrei fare?” Rispose noncurante.
“Ah.” Commentò vaga la ragazza, mentre toglieva la testa da dentro al frigo, in mano aveva un vasetto di yogurt. “E la tua svedese ti sta aspettando in camera?” Aggiunse poi, sarcastica.
“Per quanto ne so è tornata nella sua pulciosa tendina.” Replicò Tom con aria superiore.
“Vuoi dirmi che non te la sei portata a casa?” L’interrogò lei, senza nascondere un certo soddisfatto stupore.
“Non vorrei sbagliarmi, ma… ti sento sollevata…” Insinuò lui, con uno dei suoi più insopportabili sorrisetti.
“Certo, come no…” Soggiunse scettica Claudia, mentre prendeva un cucchiaino dal cassetto delle posate. “Come minimo te la sarai scopata in macchina, conoscendoti…” Suppose poi, prima di aprire la capsula dello yogurt.
“Hm…” Fece Tom, stringendosi nelle spalle, senza negare ne confermare l’ipotesi della ragazza, cosa che la irritò a morte.
“Lo vedi come sei?” Reagì Claudia, sbattendo il vasetto sul piano della cucina. “Non te ne frega nulla dei sentimenti delle persone!”
“E a te, da quando in qua interessano i sentimenti di una stronza svedese che non vedeva l’ora di farsi sbattere?!” Ribatté irritato il chitarrista.
“Sei sempre il solito insensibile, egoista bastardo, che non vede più in là del suo nasino all’insù!” Sbottò rabbiosa la ragazza.
“Ah! Però eccome se te la godevi, quando questo bastardo ti portava in giro per i migliori alberghi d’Europa, nei locali vip e, a quel che mi risulta, hai sempre apprezzato le mie performance...” Claudia fece una smorfia incredula ed offesa, poi decise di cambiare strategia.
“Smettila di urlare, vuoi svegliare tutta la casa?!” Esclamò indignata.
“Hai cominciato tu!”
“Sei una testa di cazzo irrecuperabile!”
“E tu menti a te stessa!”
Non fece in tempo a finire la frase, che si ritrovò il petto e parte del viso coperto da un liquido denso e profumato. Claudia gli aveva lanciato contro lo yogurt. Era all’ananas. Tom guardò il vasetto, ormai mezzo vuoto, rotolare per terra.
“Buonanotte, Tom.” Affermò glaciale la ragazza, prima di dargli le spalle e incamminarsi verso la porta.
“Eh, no, carina, non finisce così!” Le ringhiò dietro il chitarrista, raggiungendola con due falcate, la prese per un braccio e le fece fare quasi un giro su se stessa.
“Mi fai male!” Soffiò Claudia, cercando di divincolarsi. Lui la lasciò andare, ma non si spostò, impendendole di fuggire.
“Quando parli di sentimenti feriti, ti riferisci a te stessa o a qualcun altro?” Le chiese torvo e serio, con un’espressione che incuteva timore.
“Non provo più niente per te, Tom.” Rispose lei gelida.
“Non ci credo.” Ribatté lui. “O non ti saresti arrabbiata tanto…”
“Lasciami passare, voglio andare a dormire.” Dichiarò lei, cercando di restare fredda, ma le tremavano le mani.
“No.” Rispose secco Tom. “Ora resti a parlare con me.”
Si scambiarono un lungo sguardo, fatto di troppo orgoglio, di cose non dette, di emozioni contrastanti. Gli occhi di Tom fiammeggiavano, quelli di Claudia non volevano saperne di cedere.
“Vorrei picchiati così tanto da farti piangere.” Affermò infine la ragazza, con un tono tagliente e rancoroso. Tom, sorpreso, si ritrasse appena.
“È così, dunque?” Fece, aggrottando la fronte.
“È così.” Confermò netta lei. “E ora lasciami passare.” Gli ordinò quindi.
Il chitarrista provò ad ostacolarla ancora, ma lei non si fece trattenere: gli diede una forte spinta, buttandolo contro lo stipite della porta, poi sgusciò via, veloce, verso le scale.
Tom emise un ringhio basso, quindi la inseguì, raggiungendola senza difficoltà. L’afferrò per i fianchi, quando lei era già sulle scale e se la rigirò tra le mani, imprigionandola poi contro lo spesso corrimano di legno con il proprio corpo. A Claudia sfuggì un gemito.
Entrambi avevano il respiro affannato, l’aria era diventata improvvisamente troppo calda. Come il corpo di Tom contro quello di Claudia. Come le sue mani rudi e disattente, che avevano sollevato fino all’inguine la maglietta azzurra che lei portava.
I loro occhi si incontrarono di nuovo, quasi sgomenti di vederci dentro un fuoco del tutto diverso da quello rabbioso che c’era poco prima. Tom, allora, alzò una mano e le carezzò piano i capelli e lo zigomo, scendendo, poi, lentamente verso il collo.
“Claudia…” Sussurrò, quasi rammaricato, continuando a fissarla negli occhi. Lei sospirò.
Fu un attimo. Tom la strinse di più, quasi di scatto e la baciò con impeto. Il primo pensiero di Claudia fu quello di picchiarlo davvero, ma, ben presto, le labbra di lui annullarono qualsiasi riflessione logica. Chiuse gli occhi, socchiuse la bocca e rispose.
Tom la spinse di più, costringendola a sedersi sulla balaustra e a stringere la mano intorno al corrimano per tenersi in equilibrio. La mano di lui le prese con forza per la coscia, stringendosela addosso, mentre il bacio diventava più profondo e sensuale.
La voleva. La voleva con tutte le sue forze. Lì, subito, sulle scale e fanculo Richard e tutti gli altri in casa. Sentire il suo seno nudo sotto la stoffa della maglietta lo stava mandando fuori di testa.
Che cosa stava facendo? Era impazzita?! Richard stava dormendo a pochi metri da lì… Eppure, se la pazzia era Tom, le sue mani, il suo corpo… No, non poteva farlo, non poteva essere ad un passo dal finire di nuovo a fare sesso con lui! Claudia si mosse, cercando di allontanarsi un po’, ma questo finì per farla aderire ancora di più al bacino di Tom e alla sua eccitazione. Doveva liberarsi!
“T… Tom… ti prego…” Riuscì a mormorare, quando il ragazzo fu costretto a prendere aria, lasciando per un attimo la sua bocca.
“Claudia…” Sussurrò lui, mentre le baciava languidamente il collo. La sua mano salì dai fianchi fino al seno, sfiorando sapientemente il capezzolo oltre il sottile cotone della maglia. Claudia fu ricoperta da una cascata di brividi, ma cercò comunque di restare lucida.
“Cazzo… Tom, no…” Soffiò coraggiosa, afferrandolo per le braccia e tentando di staccarselo di dosso. Lui emise un gemito frustrato.
“Cosa c’è?” Le chiese contratto, il respiro pesante.
“Me lo chiedi?” Ribatté lei, riavviandosi i capelli. “Non posso farlo e basta.” Aggiunse ad occhi bassi. Tom fece un passo indietro, lasciando che lei si risistemasse la camicia da notte. “Non posso farlo.” Ripeté Claudia e, senza rialzare lo sguardo su di lui, si avviò per le scale.
Tom emise un sospiro dispiaciuto, guardandola andarsene, poi si appoggiò al muro dietro di se, passandosi una mano sul viso. Sapeva di aver fatto una cazzata, ma non aveva potuto resistere. E ora… probabilmente aveva rovinato tutto. Ma tutto cosa? Cosa provava per Claudia? Sapeva solo che, in quel momento, il suo cuore batteva ancora troppo veloce e non era sicuro si trattasse solo di eccitazione…

Annika fu svegliata da alcuni rumori. Era ancora abbracciata a Bill, come quando erano andati a letto, ma lui era profondamente addormentato. Lei gli scostò un ciuffo di capelli dalla fronte e gli diede un lieve bacio sulla tempia; Bill si mosse appena, ma non si svegliò. Annika, allora, si risistemò per tornare a dormire, però il rumore si ripeté.
La ragazza, insospettita, decise di sfilarsi dall’abbraccio del cantante, per alzarsi dal letto ed andare a controllare. Bill mugolò, quando la sentì allontanarsi.
“Pippi, che cosa succede?” Biascicò quindi, senza aprire gli occhi.
“Shh, niente, tranquillo…” Lo rassicurò subito lei, con un paio di tenere carezze. “Dormi, io vado un attimo in bagno.” Gli sussurrò poi; lui fece un paio di versi e si girò dall’altra parte, rimettendosi a dormire.
Annika uscì dalla camera e vide subito la luce accesa sotto la porta del bagno; perplessa ma determinata si avvicinò e bussò piano.
“Tutto bene?” Domandò quindi, a bassa voce; per qualche strano motivo era convinta che la persona là dentro avesse bisogno di aiuto.
“Sì.” Le rispose una voce nasale.
“Claudia?” Fece Annika, riconoscendola.
“È tutto a posto, torna a dormire…” Affermò l’altra, ma dal suo tono si capiva che stava piangendo o aveva appena smesso di farlo.
“Claudia, aprimi, per favore.” La supplicò allora Annika, dolcemente.
Trascorse qualche attimo di silenzio, che la ragazza all’esterno passò in ascolto, poi sentì chiaramente un sospiro, quindi la serratura scattò e la porta si socchiuse. Annika entrò cautamente.
Claudia era seduta sul coperchio chiuso del gabinetto, si teneva il capo tra le mani. L’altra si avvicinò, dopo essersi chiusa la porta alle spalle.
“Claudia, che cosa è successo?” Le chiese con dolcezza, mentre si sedeva sul bordo della vasca.
“Tom…” Mormorò l’altra, senza alzare la testa.
Annika si sporse verso di lei, allarmata. “Tom? Che cosa ti ha fatto?!”
“Lui niente!” Sbottò Claudia. “Sono io ad essere una stupida ragazzina incosciente e impulsiva!”
“Non ci sto capendo niente…” Mormorò scoraggiata Annika.
Claudia alzò il capo e fissò l’amica per un lungo istante, poi i suoi occhi si fecero lucidi e l’espressione tormentata.
“Ho baciato Tom.” Confessò alla fine. Annika spalancò sorpresa la bocca. “E stavamo per fare molto di più…”
“Claudia…” Soffiò Annika dispiaciuta, poi le si avvicinò, mettendole una mano sulla schiena. “Dai, non è successo niente, alla fine, no?” Aggiunse, cercando di rassicurare l’amica.
“No, Annika!” Protestò lei. “È successo tutto, invece!” Continuò arrabbiata.
“Sapevo che non dovevate incontrarvi…” Commentò amara Annika, scrollando il capo.
“Non è colpa tua, o di qualcun altro.” La rassicurò Claudia. “Solo mia e di Tom, che non siamo capaci di comportarci da persone civili…”  
“Cosa pensi di fare, adesso?” Le chiese infine l’amica, mentre continuava a massaggiarle la schiena.
“Io e Richard, domattina presto, torniamo ad Amburgo.” Rispose Claudia. “Troverò una scusa.” Ed il suo tono era talmente netto che Annika non poté replicare.
Ma dentro di se pensava che Claudia, fuggendo per l’ennesima volta, non risolveva il suo rapporto con Tom, anzi, metteva di mezzo altre incomprensioni. Ormai Annika aveva capito e accettato che tra quei due c’era ancora qualcosa, non potevano continuare a negarlo scappando uno dall’altra. E finché non lo avessero capito anche loro, la reciproca rincorsa non sarebbe finita.

CONTINUA

NOTE: la canzone che da il titolo al capitolo e lo introduce è usata senza scopo di lucro. Per chi non avesse troppa esperienza con la lingua inglese (non diamo nulla per scontato, non è russo o cinese, ma ci può sempre essere chi ha difficoltà), la traduzione del titolo è: la miccia. Sì, quella che brucia, come per l’appunto dicono i versi citati. Sempre sia lodato lo zio Bruce! Anche l'altra canzone citata (Daddy's girl degli Scorpions) è usata senza scopo di lucro.

RINGRAZIAMENTI:
angeli neri – visto, alla fine pace la fanno! E potevo io andare avanti lasciando i due piccioncini per antonomasia litigati? Ma non esiste! Tom e Claudia, eheheh, spero che le loro scene ti siano piaciute…
LadyCassandra – il titolo del capitolo ti dovrebbe dire tutto su cosa può succedere tra Tom e Claudia, sono esplosivi. Ma anche tanto insicuri, indecisi, impauriti l’uno dall’altra e quindi… Vedremo. Georg, ribattezzato anche lo Spaccalegna Sexy, ha decisamente colpito la vostra fantasia, ma chissà perché! Eheheh! Bill il devastatore! Solo per questa definizione ti sarò grata a vita, nonché per la meravigliosa idea del ceppo volante, cacchio, se l’avessi avuta prima! Grazie dei complimenti!
Lady Vibeke – Oh, somma! La nostra premiata scrittrice! Non volevo altro che il tuo gradimento e quello di Mary per la scena di Georg, il resto va da se! Cmq, mi hai fatto morire con sto commento, dal ridere però! Mi raccomando, non ti far traviare dall’US desnudo e segui il resto, i commenti delle MS mi sono necessari!
kit2007 – non c’è molto da dire, sai tutto, grazie non solo per il commento, ma anche per le serate di delirio che condividiamo. Ah, e salutami Bill e Tom, quando li senti! ^__-
billa483 – grazie e scusami per l’attesa!
MARINA KAULITZ – grazie.
Picchia – anche tu uccisa da Georg? Madonna, mi sta uccidendo tutte le lettrici, ora come fo?! Ripigliati e commenta ancora, ti prego!
Loryherm – ah, Lory, la mia nipotina che mi fa sempre dei bellissimi commentoni! Hai visto? Bibi sta bene e Annika fa la pace, non potevano durare litigati, dai. Tom e Claudia, alla fine, sono riusciti solo a farsi di nuovo male, e non è finita. Aspetto il tuo nuovo commento!
RubyChubb – sono felice di vedere che continui a seguire la mia storia! Sì, Bill in effetti è andato un po’ oltre le sue “competenze” e il risultato non poteva che essere uno… Ecco, altra vittima di Georg, cazzo, ma è un killer! L’assassino dall’addominale scolpito! A te Tomi ha fatto tenerezza, pensa a come sto messa io…
Princess – Oh, mia cara, quanto mi sei mancata in questi giorni, ho tremila filmini da riferirti! Sempre che nel frattempo tu non mi sia morta nella visione del dvd… Cmq, felice che la Scena ti sia piaciuta, che tu abbia goduto (con gli occhi, eh! Non pensiamo subito male!) e che, en passant, tu abbia apprezzato anche il resto, inquadrandomi subito l’arrivo di Tom. Grazie!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - All through the night ***


thunder road
Non posso fare altro che scusarmi in ginocchio con tutti quelli che non si sono annoiati ad aspettare. Grazie di essere ancora qui e di aver avuto la pazienza di attendere un altro capitolo.

La canzone che da il titolo al capitolo e lo accompagna è di Cyndi Lauper, se cliccate sul titolo potrete vedere un simpatico e datato video ed ascoltare questo delizioso pezzo molto anni 80 ^__^
La canzone è usata senza scopo di lucro.

Buona lettura.
Baci
Sara


All through the night
This precious time when time is new
Oh, all through the night today
Knowing that we feel the same without saying
(All through the night – Cyndi Lauper)

Il tempo, a volte, passa e nemmeno te ne accorgi. Era successo a Tom, in quei tre mesi. Il tour era ripreso e li aveva portati in giro per mezza Europa e poi in America; la frenesia degli spettacoli, delle interviste, delle foto, dei viaggi lo aveva completamente risucchiato, impedendogli di pensare troppo a quello che aveva lasciato in Germania. Un giorno, poi, si era svegliato nella sua camera e guardando fuori dalla finestra aveva visto un grigio, umido, silenzioso pomeriggio autunnale, sonnolento e molto tedesco. E Tom si era rigirato nel suo letto, troppo grande e troppo vuoto, sentendosi, forse per la prima volta, solo.
Aveva provato una certa invidia, per i suoi compagni che, forse, in quel momento, erano tra le braccia delle loro ragazze, a farsi coccolare o a fare l’amore e si era ritrovato curioso, questo veramente per la prima volta, di come ci si sentisse ad essere davvero innamorati.
Il pensiero, allora, libero dalle costrizioni imposte dalle rigide giornate lavorative, aveva fatto un lungo viaggio e, chissà perché, era arrivato nel solito, conosciuto, inspiegabile posto: da Claudia.

L’autunno non era cominciato nel migliore dei modi. Gustav entrò nello studio togliendosi e scuotendo il cappellino bagnato; si affacciò nella prima stanza, dopo aver visto la luce accesa. C’era Bill, stravaccato sul divano che si rigirava in bocca un lecca lecca, mentre guardava i cartoni.
“Hey.” Lo salutò il batterista.
“Oh, ciao.” Rispose distrattamente il cantante, alzando appena il capo.
“Georg e Tom?” Gli chiese allora lui, dopo essersi guardato intorno e non aver visto gli altri.
“Georg è in cucina, Tomi non lo so…” Riferì Bill senza attenzione, troppo occupato con la sua caramella e la visione del cartone.
Gustav decise che era inutile insistere in una conversazione con lui, voleva salutare gli altri e poi mettersi al lavoro, c’era da sistemare alcuni nuovi strumenti appena arrivati, degli arrangiamenti da provare e lui non amava perdere tempo. Fece per andarsene, ma la voce di Bill lo fermò.
“Piove ancora?” Gli chiese il cantante.
“Sì.” Fu costretto ad ammettere Gustav, sconsolato.
“Che palle…” Commentò moscio l’altro, continuando a fissare lo schermo.
“Già.” Annuì il batterista, prima di allontanarsi verso la cucina.
Gustav raggiunse la stanza successiva, dopo aver salutato Dunja che gli era passata accanto. Arrivato alla cucina, si fermò sulla porta. Vide Georg in piedi davanti al tavolo che fissava con espressione perplessa il panino che aveva davanti. Il batterista lo osservò, alzando quindi un sopracciglio.
“Come mai siete tutti apatici, oggi?” Gli chiese infine.
“Hm…” Fece Georg, senza guardarlo e stringendosi nelle spalle. “Sarà la pioggia.”
“E che cazzo! Io sono venuto a lavorare!” Sbottò allora Gustav, facendo sobbalzare l’amico, che lo guardò stranito. “Mica sono un infermiere addetto alla gente in coma!”
“E datti una calmata!” Ribatté irritato Georg. “Lo sai che sei una bella rogna quando ti ci metti?”
“Sì, sono una rogna, ma se non ci fossi io a punzecchiarvi il culo, voi dormireste tutto il giorno!” Replicò duro Gustav, il bassista sbuffò. “Li hai accordati i bassi, piuttosto?”
Georg, che aveva appena dato un morso al panino, annuì. “Sì, stamattina.” Rispose poi, dopo aver ingoiato il boccone.
“E Tom, con le nuove chitarre?” S’informò allora il batterista, mentre si levava il giubbotto. La risposta di Georg fu un’espressione piuttosto eloquente. “E che cosa aspetta?”
“Che ne so…” Fece l’altro, stringendosi nelle spalle.
“Sta diventando una pappamolla ultimamente…” Commentò Gustav.
“Glielo hai detto?” Domandò allora Georg, guardandolo prendersi un po’ di caffè caldo.
“Cosa?” Soggiunse il batterista, mentre zuccherava la sua tazza.
“Beh, che… che Claudia è tornata a frequentare le vecchie amiche, all’Orange…” Gli ricordò distrattamente il bassista, aggiustando una foglia d’insalata nel suo sandwich.
“Non credo sia compito mio, riferirgli questa cosa.” Ribatté Gustav, sorseggiando il caffè.
“Certo.” Annuì Georg. “Se anche Annika ha pensato bene di non dirglielo…”
“Lei non lo ha detto per un ben specifico motivo…” Suggerì l’altro e si scambiarono uno sguardo ed un sorriso d’intesa.
“Dici abbia a che fare col fatto che è la ragazza di Gola Profonda?” Dopo quella domanda retorica, scoppiarono a ridere entrambi.
Quando il silenzio fui ristabilito e i due ragazzi furono ritornati alle rispettive bibite, Georg tornò a guardare l’amico, stavolta un’espressione seria sul viso.
“Gus, davvero, secondo te tra Tom e Claudia è veramente finita?” Domandò infine il bassista.
Gustav si girò su se stesso e posò la tazza vuota nel lavandino, quindi si fermò in quella posizione, pensoso.
“Non credo.” Ammise poi, tornando nella posizione precedente. “Non a giudicare dalle facce che avevano sulla porta di quel bagno, in montagna.”
“Hm, l’ho pensato anche io, tutto il tempo, quel week end.” Confermò Georg annuendo. “Senza contare che Annika mi ha riferito che Claudia e quel tipo che si era portata, si sono mollati maluccio, quest’estate.” Aggiunse.
“Ah, sì?” S’informò Gustav.
“Sì.” Annuì l’altro.
“Lei è la prima ragazza per cui Tom dimostri un certo… trasporto.” Affermò il batterista con la fronte aggrottata. Georg si trovò a dover nuovamente annuire.
“Proprio per questo mi chiedevo se dovremmo dirglielo.” Soggiunse poi.
“Cosa?” Domandò proprio Tom, entrando in cucina con aria distratta. Gli altri due lo guardarono, mentre si dirigeva al frigo. “Allora?” Li spronò lui, prendendosi una bottiglietta d’acqua.
Georg e Gustav si scambiarono un’occhiata, indecisi sul da farsi, poi il bassista prese la parola.
“Beh, ci chiedevamo se tu fossi stato all’Orange, di recente.” Affermò con tono vago.
“No, è un po’ che non ci vado.” Replicò Tom tranquillo, appoggiandosi al mobile dall’altra parte del tavolo. “Perché?” S’informò poi.
Altra occhiata tra Georg e Gustav, poi fu il bassista a rispondere di nuovo. “Beh, Claudia ha ricominciato ad andarci spesso…”
“Claudia chi?” Ribatté incurante Tom, prima di bere un sorso.
Georg spalancò gli occhi sorpreso, mentre il batterista aggrottava la fronte. Entrambi, probabilmente, pensavano che stesse scherzando, ma il chitarrista li fissava con aria interrogativa.
“Claudia, la migliore amica di Annika, hai presente?” Fece poi Gustav con tono acido.
“Ah…” Mormorò Tom, deviando lo sguardo. “Frequenta di nuovo Sandra e le ragazze?” Domandò poi, continuando a fare il disinteressato, ma gli amici avevano già capito che era una recita.
“A quanto pare.” Affermò Georg.
“Beh, salutatemela, quando la vedete.” Gli disse sbrigativo Tom, mentre s’incamminava verso la porta; gli altri due lo seguirono con sguardi sospettosi: era stato troppo frettoloso.

Tom era immobile al centro del suo guardaroba. Osservare l’ordine che regnava tra i suoi scaffali lo rilassava: le magliette appese per rigorosa tonalità di colore, dal chiaro allo scuro, i cappellini accuratamente piegati e ordinati, anch’essi per colore, nei loro cassetti, i calzini separati dalle mutande, le scarpe pulitissime sui loro sostegni.
Sospirò, prima di afferrare il cappellino che meglio s’intonava con la sua maglietta azzurra e infilarselo. Si guardò, quindi, al lungo specchio che riprendeva tutta la sua figura.
“Lo sai cosa si dice di quelli che hanno la mania di ordinare gli oggetti in questo modo?” Gli domandò la voce di Annika dalle sue spalle. Lui sorrise beffardo.
“Sì, lo so, sono un potenziale serial killer.” Rispose poi, serafico, prima di voltarsi verso di lei. “E so già chi sarà la mia prima vittima.” Aggiunse con un’alzata di sopracciglio.
Annika sorrise divertita. “Quando uccidi Bill, usa un telo di plastica, o Frau Hildegard ti maledirà fino alla quindicesima generazione.”
“Oh, tranquilla, è contro i miei principi schizzare troppo i muri di sangue.” Replicò sarcastico Tom; Annika, nel frattempo, si era avvicinata e gli stava sistemando il collo della maglia. “Quando sarà morto sposerai me, vero?” Le chiese il ragazzo.
“Certo!” Annuì lei convinta. “Come le regine del medioevo.”
“Bene.” Confermò Tom, poi non si trattennero più e scoppiarono a ridere.
“Dove vai stasera?” Chiese la ragazza, una volta che si furono calmati.
“Boh, in giro…” Rispose vago il chitarrista.
“Va bene, ma stai attento e non bere troppo…” Lo ammonì Annika. “…non vorrei che poi finisci per investire una sprovveduta ragazzina.”
“Eheheh!” Ridacchiò lui. “Se fossi sicuro che è quella giusta, lo farei apposta!”
Annika gli sorrise dolcemente. “Divertiti.” Gli augurò poi.
“Anche voi.” Ribatté Tom, sorridendo con altrettanta dolcezza; la ragazza, allora, gli diede un bacio sulla guancia e si allontanò, uscendo silenziosamente dal guardaroba.
Tom, rimasto solo, sospirò ancora una volta, per poi fare una smorfia al suo riflesso nello specchio. Non era sicuro di quello che stava per fare. Era solo sicuro di volerlo fare. Prima di uscire, sperò che fosse la sera giusta.

Era sempre il vecchio, rassicurante, Orange Club. L’arredamento trendy, le tende dei privé, le luci soffuse, la musica non troppo invadente.
Tom si diresse al bancone del bar, dietro il quale si muovevano i baristi nella loro uniforme bianca e nera. Ancora non c’era troppo affollamento, quindi non gli fu difficile raggiungere il piano e attirare l’attenzione di una ragazza ben conosciuta.
Silke, quando lo riconobbe, gli sorrise allegramente, fece l’occhiolino e cominciò a preparargli qualcosa da bere. Poco dopo, a Tom si avvicinò uno del servizio di sicurezza che lui conosceva, chiedendogli se voleva il privé. Lui accettò solo perché quando sarebbe arrivata la calca era meglio avere un posto più riservato dove stare.
Tom si sedette sul comodo divano nero, il drink che gli aveva preparato Silke sul tavolino. Non gli piaceva molto stare da solo nei locali, ma voleva aspettare che fosse arrivata un po’ di gente, prima di farsi un giro esplorativo. Quando le luci si fossero ancora abbassate e la musica alzata, per lui sarebbe stato più facile passare quasi inosservato.
Ricordava bene che le ragazze del gruppo di Sandra, di solito, occupavano un paio di tavoli oltre le colonne sotto la postazione del dj. Posizione strategica, vicina al bancone, all’accesso dei bagni e sufficientemente prossima alla pista per tenere d’occhio tutto il movimento.
Il locale cominciò a riempirsi passata la mezzanotte. Tom aveva ancora il bicchiere mezzo pieno, non aveva molta voglia di bere, si sentiva agitato. E continuava a sperare che fosse la sera giusta.
Decise di alzarsi, quando vide la pista abbastanza affollata. Bevve in un sorso quello che gli rimaneva nel bicchiere, poi lasciò fluidamente il divano. Almeno, avendo finito il cocktail, aveva una buona scusa per tornare al bancone.
Tom s’incamminò tra la gente, evitando ragazzi vestiti tutti uguali, ragazze troppo appariscenti per l’età che dimostravano e gli sguardi interessati che gli lanciavano, ammiccanti. Ci fece poco caso.
Riconobbe Sandra, appoggiata ad una colonna. Lei gli fece un cenno, lui la salutò con un gesto distratto della mano. Erano stati insieme, una volta, ma lei gli aveva sempre preferito Georg, fino a che, anche lui, non si era convertito alla monogamia.
Riuscì a guadagnarsi un lembo di bancone, solo perché una ragazza ebbe un mezzo mancamento vedendolo e le sue amiche dovettero trascinarla verso i bagni. Lui sorrise di sbieco, prima di chiedere una birra chiara a Silke.
Poi, qualcosa attirò la sua attenzione. Una risata familiare. Si voltò verso destra, mentre le sue dita già scivolavano lungo il vetro bagnato del bicchiere. Era lei.
Lui stava sulla sinistra del bancone, mentre lei era circa a metà. Parlava con una ragazza bionda, ridacchiavano, osservando qualcosa sulla pista da ballo. Portava un abitino azzurro, leggermente luccicante, con la gonna a palloncino. I capelli erano un po’ più lunghi dell’ultima volta e li aveva appuntati disordinatamente sulla nuca. Era molto carina.
Tom dimenticò la birra e si spostò, aggirando le persone sedute sugli sgabelli. Gli ci vollero solo pochi passi per arrivare abbastanza vicino da farsi sentire distintamente.
“Ciao.” Salutò, quasi timidamente.
Le due ragazze si voltarono e alla bionda sfuggì un’espressione di stupore che non si preoccupò minimamente di nascondere, ma lui ci era abituato. Ad ogni modo, Tom già guardava negli occhi Claudia e lei faceva altrettanto.

Until it ends there is no end…

“Ma… ma tu sei Tom Kaulitz!” Esclamò infine la biondina, rompendo il momento d’imbarazzato silenzio che si era creato.
“Sì…” Rispose distratto il ragazzo, prima di spostare lo sguardo da Claudia a lei. “Piacere.” Aggiunse, porgendole la mano.
“Piacere mio!” Replicò immediata lei, stringendogliela. “Io sono Greta!”
Tom, però, ignorò l’entusiasmo della nuova conoscenza, per tornare a dedicarsi a Claudia. Lei si aggiustò i capelli dietro un orecchio, guardandolo con la coda dell’occhio.
“Tu come stai?” Chiese il chitarrista alla ragazza.
“Hm, bene…” Rispose vaga lei, stringendosi nelle spalle. “E tu? Tutto bene?”
“Per ora…”
“Voi due vi conoscete?” Intervenne Greta sorpresa. Tom e Claudia, mentre continuavano a guardarsi negli occhi, annuirono.
“Sì.” Fece poi la ragazza. “Ti ho detto, una volta venivo spesso qui… e anche loro…”
“Intendi tutto il gruppo?!” Esclamò incredula la bionda. Loro annuirono di nuovo. “Grande, conosci i Tokio Hotel! Dovevi dirmelo, Claudia!” Aggiunse, dando una piccola spinta all’amica, che rise nervosamente. “C’è anche tuo fratello, stasera?” Chiese poi, speranzosa, rivolgendosi a Tom.
“No, è uscito con la sua ragazza.” Rispose lapidario lui.
“Ah…” Soffiò lei delusa.
Tom e Claudia continuavano a guardarsi, si studiavano. Lui apertamente, lei nascondendosi dietro al ciuffo che le ombreggiava gli occhi.
“È tanto che non ci vediamo.” Accennò Tom, sperando di spezzare quello strano imbarazzo tra di loro e avviare una conversazione decente.
“Già.” Rispose soltanto Claudia, restando piuttosto vaga.
“Ti va di parlare un po’?” Le chiese speranzoso il chitarrista, sfiorandole appena un braccio nudo. La sua mano era calda, gentile.
“Beh, io… veramente…” Tentennò la ragazza, prima di guardare lui, quindi spostare lo sguardo sull’amica e mordersi il labbro inferiore.
“Fai pure!” Esclamò però Greta, stupendola. “Io torno dalle ragazze.” Aggiunse allegra, prima di strizzarle l’occhio con aria complice e svignarsela, a quanto pare con una gran voglia di raccontare quella storia alle altre amiche.
“Siamo rimasti soli.” Ironizzò Tom, con uno dei suoi sorrisetti sbilenchi. Ed estremamente sexy.
“A quanto pare…” Commentò Claudia poco convinta.
“Dai, ti offro da bere.” L’incitò lui, poggiandole una mano sulla schiena e spingendola in direzione del privé. “Prendi sempre il solito?”
Claudia fece un sorrisino divertito. “È tanto che non lo bevo, ma… sì, mi andrebbe un vecchio solito.” Affermò poi, prima di seguirlo.

Let me be there, let me stay there awhile…

“Tu sei, probabilmente, l’unica persona che conosco, che riesce a bere un Daiquiri alla banana!” Commentò divertito Tom, osservando Claudia con il grande bicchiere in mano.
“È vero, nemmeno Bill ci è riuscito.” Replicò tranquilla lei, poggiando il cocktail sul tavolino. “Ma a me sono sempre piaciute le cose gialle…”
“Ti sono sempre piaciute le banane…” Quella sottolineatura di Tom, fece assumere a Claudia un’espressione incredula. Lui incrociò i suoi occhi e arrossì. “Oddio, scusa!” Esclamò subito. “Ti giuro che non voleva essere un doppio senso! Pensavo veramente alle banane, non a quelle altre banane che…” La guardò di nuovo, lei lo stava fissando scettica. “È meglio se sto zitto, eh?”
“Direi di sì.” Rispose serafica Claudia, ma poi il suo sorriso si allargò, fino a che non scoppiò a ridere, trascinandosi dietro anche Tom.
“Beh, almeno ti ho fatta ridere.” Biascicò il chitarrista, quando smisero. Claudia si accomodò meglio sul divanetto, aggiustandosi poi i capelli.
“Sei sempre stato un tipo simpatico.” Dichiarò quindi.
Dopo quello scambio i due ragazzi rimasero qualche minuto in silenzio, sorseggiando ognuno il proprio cocktail. Tom osservava Claudia che, finito di bere, si puliva il labbro superiore cercando di essere disinvolta, ma risultava vagamente buffa. Lui sorrise.
“Ho saputo che hai iniziato l’università.” Dichiarò il chitarrista, poco dopo. Lei lo guardò.
“Te lo ha detto Annika?” Replicò quindi.
“Beh…” Fece Tom vago, grattandosi il collo. “Diciamo che ho rilevato la notizia…”
“Bill?”
“Sì.” Ammise il ragazzo, scrollando il capo. “Ma non l’ha fatto volendo, era una delle tante notizie in mezzo alle cascate che mi riversa addosso.”
“Capisco.” Annuì Claudia, abbassando il capo.
“E… come ti vanno le cose?” Si azzardò a domandare lui, dopo qualche secondo.
“Bene!” Esclamò lei, alzando il capo, ma davanti all’espressione sorpresa di Tom, si ritrasse quasi imbarazzata. “Intendo… mi trovo bene, ho conosciuto persone interessanti e non posso lamentarmi del risultato del primo esame.” Specificò quindi.
“Mi fa molto piacere, credimi.” Affermò il ragazzo, con un mezzo sorriso dolce.
“Grazie.” Mormorò Claudia, chinando di nuovo gli occhi.
“Esci con qualcuno?” Buttò lì Tom, cercando di essere indifferente. La ragazza lo guardò, chiedendosi cosa avrebbe dovuto rispondere; la verità le sembrò la cosa migliore.
“Io e Richard ci siamo lasciati quest’estate.” Gli riferì; Tom evitò i suoi occhi. “Lo sapevi?”
“Ehm…” Tergiversò lui, ma poi tornò a fissarla. “Sì.”
“Si viene a sapere sempre tutto, nell’entourage dei Tokio Hotel, eh?” Soggiunse sarcastica Claudia.
“È stato un caso.” Replicò Tom, prima di prendere un sorso della sua birra.
“Beh, ad ogni modo, non è stata colpa tua e di quella cosa sulle scale…” Spiegò; lui la guardò sorpreso. “Siamo andati in vacanza insieme e abbiamo capito che non eravamo molto compatibili, così è finita.” Aggiunse la ragazza.
“Capisco…” Commentò il chitarrista, senza troppa fantasia.
“Bill avrà festeggiato con una cassa di Crystal, come minimo…”
“Ci sei andata vicino…”
Si guardarono per un secondo, entrambi col bicchiere in mano, poi scoppiarono a ridere. Era sempre stato così facile, con Tom.
Dopo quell’ennesimo scoppio di risa, i due ragazzi rimasero per un po’ in silenzio, dedicandosi ognuno al proprio cocktail, con gli occhi sulla pista che s’intravedeva oltre le tende del privé. Ma, poco dopo, qualcosa, o meglio qualcuno, arrivò a turbare quel magico gioco di sguardi in tralice che si era creato tra Tom e Claudia: Ina, la bionda vecchia conoscenza carnale del ragazzo era entrata nello spazio riservato e ancheggiava sensuale verso il chitarrista.
Claudia assunse subito un’espressione contrariata, posando rumorosamente il bicchiere quasi vuoto sul tavolino, ma Tom la guardò e le fece un cenno che lei, sorpresa, interpretò come un modo per rassicurarla. Ina, nel frattempo, salutava con la sua voce da oca.
“Quanto tempo, Tom! Quando mi hanno detto che c’eri, quasi non ci credevo!” Proclamò la bionda, sedendosi accanto a lui.
“Eh, sì, era molto che non passavo di qui…” Rispose Tom impacciato, lanciando occhiate preoccupate verso Claudia, che lo guardava con rimprovero.
“Ma perché non sei venuto a salutare le ragazze, sarebbero felici di tenerti compagnia!” Continuò petulante Ina. Claudia alzò gli occhi al cielo.
“Io ho già compagnia, Ina.” Rispose incredibilmente il chitarrista, accennando alla ragazza seduta qualche passo più in là. La bionda la guardò, poi fece una smorfia scettica.
“Hm, lei non è brillante come noi.” Affermò poi, tornando praticamente addosso a Tom, sbattendogli in faccia le sue tettone.
Lui, però, inaspettatamente, si scostò, sorprendendo sia Ina che Claudia, che lo fissarono con gli occhi spalancati. Tom si aggiustò la maglia.
“Stasera, io sono con Claudia, quindi…” Guardò la bionda negli occhi. “…vai dalle ragazze e digli che sono andato via, non voglio storie.”
Ina, con espressione indignata, si alzò dal divano e aggiustò il miniabito verde che indossava, poi girò il suo culo secco e uscì dal privè scostando sgarbatamente la tenda. Claudia aveva ancora la bocca aperta.

We have no past we won't reach back
Keep with me forward all through the night…

Il resto della serata, Tom e Claudia lo passarono a parlare dei vecchi tempi: delle scorribande negli hotel di mezza Europa, delle sbronze, dei party. E risero, delle vecchie battute, delle vecchie risate.
Bevvero ancora e quando, passate le due, decisero di alzarsi, Claudia barcollò pericolosamente. Tom fu pronto a sostenerla.
Si ritrovarono abbracciati. E furono entrambi percorsi da un brivido, quando i loro occhi s’incontrarono, ma nessuno dei due accennò a scostarsi.
“Sei con la macchina?” Domandò piano Tom, stringendola per la vita.
“No, sono venuta con le ragazze…” Rispose lei confusa, l’alcool le annebbiava un po’ la mente. “Anzi, dovrei tornare da loro.”
“Penso che ormai abbiano capito che gli hai tirato il bidone.” Ironizzò lui con un sorrisetto sbieco.
“Io non gli ho tirato nessun bidone!” Protestò Claudia. “È tutta colpa tua! Come sempre…”
Tom sorrise dolcemente, erano ancora vicini. “Lo sai che sono un ragazzaccio…” Commentò. “Mi permetti lo stesso di accompagnarti a casa?” Le chiese quindi.
“Hm, sì…” Rispose lei, passandosi una mano sulla fronte. “Ma solo perché non mi va di andare in giro da sola a quest’ora.”

Fuori la notte era umida. Era appena smesso di piovere e le macchine sollevavano schizzi fangosi entrando nelle pozze lungo la strada.
Claudia indossava un cappotto color senape, ballerine blu tempestate di strass. Una macchina passò vicino al marciapiedi, prendendo una pozza e schizzando di striscio le gambe della ragazza, che si tirò indietro.
“Vaffanculo!” Gridò Claudia dietro all’autista, che ormai si era allontanato.
Tom, nel frattempo, le si avvicinò con un sorriso tranquillo. “Andiamo, al massimo ti avrà bagnato un po’ le calze.” Soggiunse.
“È uno stronzo lo stesso!” Sbottò lei, lanciando un ultimo sguardo astioso lungo la strada; il chitarrista ridacchiò. “Cosa hai da ridere?” Gli chiese allora la ragazza, con espressione indignata.
“È rassicurante sapere che non cambi mai.” Rispose sibillino Tom. Claudia fece una smorfia.
“Non lo è altrettanto sapere che nemmeno tu lo fai.” Ribatté poi.
“Non esserne così convinta…” Buttò lì il ragazzo, mentre s’incamminava con le chiavi già in mano; Claudia lo fissava perplessa. “La mia macchina è di qua, vieni.” Lei alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, quindi lo seguì.

Tom era entrato solo un paio di volte in quell’appartamento, quando lui e Bill aiutavano Annika a portarci la sua roba. Non era nemmeno arredato, allora. Gli era sembrato più grande, infatti.
Ora era fermo in mezzo al soggiorno, tra il tavolo da pranzo ovale e l’economico, ma apparentemente comodo, divano, chiedendosi cosa sarebbe stato meglio fare.
“Faccio un caffè?” Gli domandò Claudia, alle sue spalle.
“Eh?!” Esclamò lui, girandosi di scatto. “Sì, magari.” Le rispose poi, quando il senso della domanda gli arrivò al cervello.
“Va bene.” Acconsentì lei annuendo, prima di entrare nella piccola cucina. “Ti accontenti di quello solubile, non mi va di caricare la macchina…”
“È perfetto.” Le assicurò Tom.
Quando il caffè fu pronto, si sedettero entrambi sul divano, ognuno con la sua tazza in mano e gli argomenti di conversazione azzerati. Claudia accese la tv. C’era uno di quegli stupidi talk show dove i politici spacciavano se stessi. Noioso, ma tanto nessuno dei due sembrava interessato alla programmazione notturna dei canali nazionali.
“A te come vanno le cose?” Domandò Claudia, dopo aver preso un sorso dalla sua tazza.
“Hm, bene…” Rispose vago Tom. “Come sempre, direi.”
“Ho sentito che il tour è andato molto bene.” Riferì la ragazza, accomodandosi meglio sul divano; piegò una gamba sotto l’altra e si voltò un po’ verso di lui.
“Oh, sì… sì, è andato splendidamente!” Esclamò lui, entusiasta. “Abbiamo riempito tutte le date, siamo molto soddisfatti.”
“Mi fa molto piacere.” Affermò la ragazza. “Continui a scrivere?” Gli chiese quindi, fissandolo negli occhi con espressione dolce.
Tom pensò che non era il caso di dirle che qualcosa l’aveva scritto anche per lei. “Sempre.” Rispose infine, con un piccolo sorriso.
“Ti vedi con qualcuno?” Si azzardò a chiedere Claudia, infine, dopo un breve respiro. Non sapeva dove avesse trovato il coraggio di farlo.
“Beh, sai com’è… le solite storie… nessuno in particolare…” Rispose distratto lui, con un gesto della mano.
“Le solite storie, certo…” Commentò scettica Claudia, guardandosi le mani.
“A dire il vero…” Riprese Tom, attirando la sua attenzione; lei lo guardò incuriosita, lui aveva gli occhi bassi. “…non esco molto, ultimamente.” Claudia aggrottò la fronte. “Sai, sono tutti accoppiati, ora e io… mi sento un po’ cretino a reggere il moccolo.”
“Capisco…” Mormorò lei, leggermente sorpresa.
Scese di nuovo il silenzio. Finirono il caffè, ormai tiepido. La tv continuava a regalare perle di saggezza a proposito di vari argomenti.
Tom, però, scrutava Claudia, quasi di soppiatto, nella semioscurità della stanza. Il suo profilo tondeggiante, quasi infantile, illuminato dai riflessi bluastri dello schermo, la pettinatura che stava cedendo alla forza di gravità, il vestito che luccicava ai suoi piccoli movimenti. Era bella e lui aveva voglia di accarezzarle il viso, di sentire il suo profumo, che ricordava dolce e piacevole.
Claudia, invece, pensava. Era strano averlo lì, anche se, stranamente, non si sentiva a disagio come avrebbe pensato. Avvertiva chiaramente il suo sguardo su di se e non era spiacevole. Aveva smesso da tempo di farsi domande sul perché la sua attrazione per Tom fosse così irragionevole. Tutto di lui le procurava turbamento. Ma ora lei era più forte. Sapeva che anche lui non stava messo meglio, quella scena sulle scale della baita ne era stata una prova.
La ragazza respirò profondamente, il profumo di Tom le raggiunse le narici. Si sorprese divertita dal fatto che lui avesse sempre quell’aria pulitina e precisa, nonostante gli abiti larghi.
Tom, sentendola reprimere una risatina, la guardò apertamente. Claudia incrociò i suoi occhi con uno sguardo divertito e, allora, anche lui sorrise. Quello che successe dopo, il chitarrista non se lo sarebbe certo aspettato.

Claudia posò la tazza che aveva ancora tra le mani sul tavolo, poi si mosse verso di lui, gli passò una mano sulla nuca, allungandosi e lo baciò, incurante dell’espressione attonita di Tom.
Solo qualche istante dopo lui riuscì a chiudere gli occhi ed a godersi le labbra morbide della ragazza che giocavano con le sue. Non era un bacio profondo, solo una serie di piccoli baci delicati che facevano pompare il cuore di Tom nella gola.
Quando Claudia s’interruppe, scostandosi appena, si guardarono negli occhi. Quelli di Tom erano emozionati, turbati, sorpresi. Lei gli accarezzò piano il viso e ricominciò a baciarlo.
Il bacio si fece decisamente più profondo. Tom le posò le mani sulla vita e lei si spostò di nuovo, sedendosi su di lui. Il ragazzo l’avvolse con le proprie braccia, stringendola a se.
Presto le mani della ragazza si staccarono dal suo viso, per infilarsi nelle larghe maniche della sua maglietta, arrivando ad accarezzargli la pelle sensibile sotto al braccio, i muscoli tesi della schiena, accrescendo l’eccitazione già notevole.
Tom, però, ebbe un improvviso lampo di razionalità. Strinse la vita di Claudia con le mani e quasi se la strappò di dosso, quindi la fissò negli occhi serio.
“Claudia…” Mormorò severo.
“Che cosa c’è?” Replicò lei, aggrottando la fronte, quasi preoccupata che lui l’avesse interrotta.
“Vuoi veramente farlo?” Le chiese Tom.
Claudia si rilassò sulle sue ginocchia e sospirò profondamente, gli occhi diretti altrove, che evitavano lo sguardo intenso di lui.
“Ho capito da un bel pezzo che non sono capace di resisterti, allora perché farmi del male?” Gli rispose infine, regalandogli un piccolo sorriso arreso, ma non per questo meno convinto.
“Ma non voglio più essere io a fartene...” Ribatté sincero lui e lo pensava davvero, ormai aveva capito che a lei ci teneva davvero e sapeva perfettamente quanto l’aveva fatta soffrire in passato.
“Decido da sola, Tom, nessuno mi fa più fare quello che non voglio.” Lo zittì però Claudia. “Sono libera e consapevole di quello che sta per succedere, ma non ti preoccupare, non ti chiederò niente in cambio.” Aggiunse decisa.
“Non ho paura, chiedimi quello che vuoi.” Affermò sicuro il ragazzo, stringendo la presa sui suoi fianchi.
“Ti chiedo soltanto di essere tenero, stanotte.” Sussurrò Claudia, prima di passargli di nuovo le braccia intorno al collo; Tom la strinse e si alzò, lei incrociò le gambe sulla sua schiena. “La mia camera è quella laggiù.” Gli mormorò poi all’orecchio, indicando la stanza in fondo al corridoio.

And it goes running all through the night
Until it ends there is no end…

Tom prese un lungo respiro e si passò una mano sugli occhi, prima di aprirli. La stanza era in penombra, nonostante il fatto che fosse ormai giorno era facilmente intuibile dalla luce che penetrava tra le listarelle dell’avvolgibile abbassato.
Il ragazzo si guardò intorno. La camera era accogliente, arredata con mobili bianchi. C’era una specchiera di ferro battuto appesa sopra alla cassettiera, alcune foto di Claudia con i suoi genitori e con Annika erano disposte sul piano.
Lui si mosse tra le coperte. Le lenzuola erano di un azzurro pallido, profumavano di Claudia. Provò a toccare la sua parte, era ancora tiepida, non era molto che se n’era andata. Tom si sollevò seduto, ravviandosi i dreads. Gli davano fastidio, così li legò sulla nuca.
Ricordava perfettamente quello che era successo la notte precedente. Lui e Claudia che arrivavano in camera, si sedevano sul letto, continuando a baciarsi. Poi si erano spogliati lentamente, cosa che mai gli era capitata, visto che di solito avevano fretta. Ma quella sera no, non volevano averne.
I preliminari erano stati insolitamente lunghi e teneri. Tom si era voluto dedicare a conoscerla davvero, ogni centimetro del suo corpo e così aveva fatto lei. Si erano amati con una complicità ed una dolcezza mai avuta prima, ridendo del reciproco imbarazzo, provando, infine, un piacere intenso che li aveva lasciati senza fiato, uno sull’altra, accarezzandosi piano.
Quando, qualche ora dopo, lei lo aveva cercato ancora, Tom non si era certo tirato indietro. Ora, però, Claudia non c’era. Non poteva essere scappata, perché erano a casa sua, sarebbe stato illogico, magari si era solo allontanata, per tornare quando lui si fosse tolto di mezzo…
La porta, in quel momento, si aprì, annullando tutte le sue riflessioni. Claudia entrò e fece un’espressione sorpresa, trovandolo sveglio.
“Oh, credevo dormissi ancora…” Mormorò infatti.
“Mi sono svegliato qualche minuto fa.” Spiegò lui, posando i gomiti sulle ginocchia sollevate.
“Ah, ok…” Fece lei distratta, dirigendosi alla finestra; cercava d’ignorare il bel corpo lievemente abbronzato di Tom che emergeva dalle lenzuola. “Vuoi fare colazione o…”
Tom sospirò. “Onestamente, Claudia, vuoi che mi tolga dalle scatole?” Le chiese con sincerità.
Lei, che stava aprendo l’avvolgibile, si voltò verso il letto e lo fissò con un’espressione sorpresa, che ben presto si trasformò in colpevole. E Claudia abbassò gli occhi.
“Non ho detto questo…” Mormorò quindi, imbarazzata.
“E se stavolta non volessi andarmene? Se volessi restare qui con te?” Replicò lui accigliato, fissandola con sguardo serio. Lei si fece stupita e confusa.
“Che cosa stai dicendo, Tom?” Gli domandò con tono quasi accusatorio, mentre si sedeva sul bordo del letto. Lui si mosse, avvicinandosi; teneva le lenzuola con una mano, per non rimanere scoperto.
La tapparella, ora, era alzata a metà e la luce di un mattino stranamente soleggiato colpiva Claudia alle spalle. Indossava una lunga maglietta giallo pallido, i riflessi dorati tra i suoi capelli le incorniciavano il viso struccato, le guance comunque rosate. La sua espressione era strana, a disagio, incerta, vagamente arrabbiata.
“Ascoltami, Claudia.” Fece Tom, posando una mano calda sulla sua. “Ormai mi sembra chiaro che non siamo capaci di stare lontani, in un modo o nell’altro continuiamo a cercarci, forse… forse dovremmo provare a stare insieme…” Aggiunse, abbassando progressivamente la voce. “Io vorrei provare a stare con te.”
“Non prendermi in giro, Tom.” Fu la risposta di Claudia, prima di alzarsi e tornare a sollevare la tapparella.
“Perché non mi prendi sul serio? Perché non mi dai una possibilità?” Sbottò lui, adirato.
“Perché non la vuoi davvero!” Rispose d’impeto la ragazza, voltandosi di scatto a braccia allargate.
Tom fece una faccia offesa. “Non vuoi fidarti di me…” Mormorò accigliato.
“Non mi sono mai fidata di te, Tom.” Affermò Claudia, tornando a dargli le spalle.
Tom, allora, si alzò bruscamente dal letto, tirandosi dietro il lenzuolo e la raggiunse vicino alla finestra, mentre lei lo fissava incredula.
“So che ti ho delusa molte volte.” Esordì serio, una volta arrivatole davanti. “E che non mi merito la tua fiducia, né il tuo rispetto, ma non ero pronto e…”
“Ah, perché ora lo saresti?” Reagì Claudia con tono scettico. “Andiamo, Tom, è passato meno di un anno…” Aggiunse scuotendo il capo. Lui la prese per le spalle, obbligandola a guardarlo negli occhi.
“Non lo so se sono pronto, ma adesso sono consapevole di cosa voglio.” Replicò lui, con sguardo sicuro, fisso negli occhi scuri della ragazza. “E voglio te.”
Il cuore di Claudia mancò un battito, perché non aveva mai visto nulla di più intenso di quegli occhi decisi, illuminati d’oro liquido dal sole del mattino. Poi sospirò arresa, abbassando il capo, non poteva più resistere a quella pressione diretta.
“Sai che, se accetto, vorrò l’esclusiva, Tom Kaulitz?” Accennò, mentre lo guardava di sbieco. “Niente più groupies, o stronzette varie, niente più Ina…”
“Lo so.” Annuì piano, facendo scivolare via le mani dalle sue spalle, con un piccolo sorriso.
“Dovrai farti bastare me.” Insisté lei, inseguendolo con lo sguardo nel suo spostamento dall’altra parte del letto.
Lo vide recuperare i boxer e cercare d’infilarseli senza scoprirsi del lenzuolo. Le venne da ridere a quella sua paranoia, visto ciò che avevano fatto la notte precendente.
“Beh, se ti applichi sempre come la notte scorsa…” Affermò lui, con uno dei suoi sorrisetti sbiechi, Claudia fece una smorfia. “E io… m’impegnerò.” Le garantì, prima di farle l’occhiolino.
“Me ne pentirò…” Esalò lei, sconfortata, ma divertita.
Tom tornò verso di Claudia, addosso solo i boxer, la maglietta buttata su una spalla e un sorriso tenero e birichino dei suoi. Le scostò i capelli dal viso e accentuò il sorriso.
“Forse te ne pentirai…” Mormorò dolcemente. “Ma per la paura che succeda, vuoi privarti anche dei momenti belli?” Le chiese quindi, carezzandole piano il viso.
“No, non voglio.” Negò lei sicura. “Mi sei mancato troppo.” Aggiunse con un piccolo sorriso.
“Anche tu.” Confermò Tom abbracciandola. “Anche tu…” Sussurrò di nuovo, quando Claudia rispose, stringendogli le braccia intorno alla vita.

CONTINUA

Ringraziamenti (molto dovuti):
Zarah: hai ragione, bisognerebbe avvertire prima di esporre le persone alla fighezza di Tom, ma del resto… lui forse ci avverte prima di alzarsi la maglia a sorpresa e darsi pacche sulla sua pancina da morsi?! No, e quindi… In questo capitolo la situazione decisamente si evolve, no? Niente più Richard, ne ragazze sbavazzanti. Ora vedremo cosa ci combinano…
Jolly24: grazie! Spero ti piaccia anche questo.
Lady Cassandra: ti dico solo che spero di essermi fatta perdonare, spero che non risucceda… E grazie dal profondo del cuore per il tuo apprezzamento.
Picchia: anche io adoro il mio Tom. E pure quello vero! Eheheh! E Bill, beh, è vero a volte mi esce un pochino smielato, speriamo di riprendersi ^__- Grazie dei complimenti!
Frehieit489: grazie per tutti i complimenti che mi hai fatto, ti giuro che sono molto dispiaciuta di avervi fatti tutti aspettare così tanto! Spero che continuerai a seguire la storia!
Kit2007: Marti, spero che tu sappia quanto è bello per me chiacchierare, ridere, dire cavolate insieme a te, e anche ricevere i tuoi commenti. Di questo capitolo sapevi già tanto, ma aspetto comunque con ansia il tuo parere. Un bacione e un abbraccio grande!
Antonellina: ma grazie, non so che altro dire! Anche perché, confesso, scrivere questa storia mi risulta particolarmente difficoltoso (come tutti avranno ormai capito dai tempi titanici…) e quindi mi fa ancora più piacere sapere che viene così tanto apprezzata!
Angeli neri: sì, Tom e Claudia sono due personaggi complessi, reagiscono in modo strano, sono difficili da gestire, forse per questo è tanto dura portare avanti la storia. Spero che il seguito non si faccia attendere così tanto!
Princess: e che ti devo dire? Specie a questo punto dove i tuoi personaggi m’ispirano più dei miei? Sono un caso clinico, affetta da pornopuccite cronica. E rifiuto l’accanimento terapeutico, voglio morire felice! Scusa l’attesa, ti aspetto.
RubyChubb: oh, il grande ritorno della classifica! Grazie, perché mi mancava e mi fa sempre schiantare dal ridere. Ad ogni modo, devo dire che, anche mettendola in commedia, riesci sempre a cogliere aspetti fondamentali. Grande la Silvietta e scusa l’attesa anche tu.
Black_DownTH: una nuova commentatrice che spero di non aver perso per strada con la mia crisi d’ispirazione… Grazie per i complimenti e spero che anche il seguito sia di tuo gradimento!

Concludo scusandomi ancora una volta e ringraziando anche chi legge senza commentare e chi mi ha messo nei preferiti!
Un bacione grande, a presto! (spero…)
Sara




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Capitolo 6
*** 6 - Kingdom of days ***


thunder
Eh, sì, lo so, vi ho fatto aspettare tanto, anche stavolta. Spero che il capitolo possa essere sufficiente a ripagarvi… Boh, a me sembra di stare diventando sempre più noiosa, come scrittrice, ma sta a voi dirlo… Non voglio aggiungere troppe cose, vi lascio alla lettura e aspetto i vostri commenti.

Note e ringraziamenti alla fine.
Baci
Sara

Capitolo 6 ~ Kingdom of days

I love you, I love you, I love you, I love you I do
You whisper "Then prove it, then prove it, then prove it to me baby blue."
(Kingdom of days – Bruce Springsteen)

Tom lasciò cadere i pesi sulla moquette con uno sbuffo. Non era un tipo fissato per la palestra, ma un po’ di esercizio fisico non gli era mai dispiaciuto. Al contrario di suo fratello…
Quando si fu messo a sedere sulla panca guardò Bill. Era appollaiato su una cyclette, in una posizione in cui nemmeno volendo avrebbe potuto pedalare. Indossava i suoi fedeli pantaloni Adidas neri e una maglietta viola. E stava allegramente succhiando un Chupa Chups.
“Bill, non pensi che un po’ di ginnastica potrebbe farti bene?” Gli chiese paziente.
“Scherzi?” Reagì subito il fratello. “Non posso sudare in questa maglietta! È di Armani!” Aggiunse vagamente scandalizzato.
Tom scosse il capo, rassegnato, quindi si alzò dalla panca, asciugandosi il sudore con l’asciugamano che aveva con se.
“Sai, hanno fatto uno studio, in un’università non so dove, secondo cui il gemello che fa meno attività fisica muore prima…” Accennò poi, passando accanto all’altro.
“Fottiti!” Gli urlò dietro Bill, mentre scendeva dalla cyclette e si toccava con cura le parti basse.
“Sì, puoi ravanarti le palle quanto ti pare, è la scienza, caro mio!” Affermò Tom, mentre si dirigeva verso l’ascensore per tornare in casa.
“Ti sei accorto che mi hai appena detto che morirò prima di te? Ti rendi conto di quanto sei crudele?!” Sberciò Bill inseguendolo.
“Beh, è facile da risolvere: fai un po’ di ginnastica.” Replicò tranquillo il gemello, appena prima d’infilarsi nella cabina dell’ascensore, seguito dal cantante. “Vivrai più a lungo e ti funzionerà l’uccello fino a novant’anni.”
“Quello mi funziona benissimo!” Ribatté offeso Bill, incrociando le braccia. Tom inserì le chiavi e spinse il tasto del loro piano.
“Ora di anni ne hai ventuno…” Gli ricordò sarcastico il chitarrista.
“Humpf…” Sbuffò l’altro. “Senti, piuttosto…” Riprese poi, girandosi verso il fratello con un sorrisino che era tutto un programma. “Hai portato Claudia in qualche bel posto, da quando state insieme?” Domandò.
Tom si girò, fissandolo leggermente smarrito. “In qualche bel posto? …tipo?” Fece perplesso.
“Bah, non so…” Rispose Bill, allargando le mani in un gesto vago. “…un bel ristorante, qualcosa di romantico, solo per voi, non i soliti locali fumosi, pieni di gente e di rumore.”
“Pensi che dovrei?” Gli chiese titubante Tom.
“Oh, Tomi, certo che devi!” Esclamò il gemello. “Ora siete una coppia, non solo due arrapati cronici che, se non vanno per locali, passano il tempo a fare sesso!”
“Perché tu e Annika che fate?” S’informò l’altro, interessato, ma anche malizioso.
“Facciamo tanto sesso, ma anche altre cose!” Rispose Bill compunto; la sua faccia seria fece quasi scoppiare a ridere il fratello. “Andiamo al cinema, a vedere musical, al ristorante, in giro… e parliamo tanto!”
“Sì, dopo aver scopato…” Soggiunse Tom, con un sorriso sbieco, mentre la porta dell’ascensore si apriva sul loro pianerottolo.
“Tom, seriamente.” Bill lo prese per un braccio, facendolo voltare verso di se. “Sai anche tu che devi fare qualcosa solo per lei, per dimostrarle che ci tieni davvero, altrimenti la perderai di nuovo.”
Tom lo fissò serio. “Forse hai ragione…”
“Tranquillo!” Lo rassicurò Bill, stringendolo per le spalle, mentre apriva la porta di casa. “Poi posso darti un paio di dritte su posti carini dove portarla…” Aggiunse ammiccante.
“Non credevo sarebbe mai arrivato il giorno in cui mi avresti dato consigli sulle ragazze…” Commentò il chitarrista entrando nell’ingresso.
“Oh, non mi devi ringraziare, Tomi!” Cinguettò Bill, saltellando verso la cucina. Tom scrollò il capo.

Annika lavorava in quel bel palazzo ottocentesco da quando aveva preso il diploma. Era lo studio del padre di Claudia, che l’aveva assunta come segretaria. A quanto diceva si trovava molto bene, nonostante le normali difficoltà dell’inizio.
Erano quasi le sei, quindi la ragazza sarebbe uscita a minuti. Tom, dopo aver guardato l’orologio, prese un’ultima boccata di fumo dalla sigaretta e la gettò, per spegnerla col piede.
Il grande portone dell’edificio si aprì pochi istanti dopo e ne uscì un gruppetto di persone. Annika salutò le colleghe, quindi scese allegramente le scale. Si fermò solo quando si trovò davanti il chitarrista.
“Tom!” Esclamò meravigliata.
“Ciao.” La salutò lui tranquillo.
“Che ci fai qui?” Gli chiese allora la ragazza, sistemandosi la tracolla della borsa sulla spalla.
“Beh, sono venuto a prenderti.” Rispose piano lui, abbassando gli occhi.
Annika sorrise, le piacevano quei suoi momenti di timidezza improvvisa. “Ma non era necessario, anche se Bill è impegnato, potevo benissimo prendere la metro.” Gli disse quindi.
“La metro? Ma scherzi?” Reagì Tom stupito. “E poi, ecco… devo chiederti un favore…” Aggiunse vago, mentre spaziava in giro con lo sguardo.
“Un favore?” Fece lei perplessa. “E di che si tratta?”
“Vieni, la mia macchina è laggiù, ne parliamo per strada.” Affermò Tom, guidandola verso la Cadillac con una mano posata sulla schiena.

“Ho invitato Claudia ad uscire.” Raccontò Tom una volta che furono saliti in macchina.
“E che cosa ci sarebbe di nuovo?” Replicò stranita Annika, fissando il ragazzo che avviava il motore.
“L’ho invitata al ristorante, sarebbe il nostro primo vero appuntamento…” Spiegò timidamente lui.
“Oh, capisco…” Commentò lei, mentre allacciava la cintura di sicurezza. “In cosa hai bisogno che ti aiuti?” Gli chiese quindi, recuperando tutto il suo senso pratico, che Tom adorava.
“Vedi…” Esordì esitante il ragazzo, quando la macchina si fu immessa nel traffico. “…è che… io sono sempre così uguale a me stesso…”
Annika spalancò gli occhi sorpresa. Questa era una cosa che non avrebbe mai pensato di sentire, da parte di Tom. Finora aveva sempre rifiutato qualsiasi consiglio per cambiare anche solo parzialmente il proprio look, questa notizia quasi la shockava.
“Dunque, senti la necessità di cambiare…” Azzardò allora la ragazza.
“Beh, sì… non c’è niente di male, no?” Rispose incerto lui, mentre scrutava l’ingresso ad una rotatoria. “Non dico di tagliarmi i capelli o mettere un paio di jeans di Bill, però… insomma, qualcosina…” Aggiunse tentennante.
“Io penso che sia una cosa splendida, Tom.” Lo rassicurò la ragazza.
“Allora, mi aiuterai?” Le chiese speranzoso, lanciandole un’occhiata quasi supplicante.
“Puoi contare su di me!” Confermò Annika decisa e sorridente.
“Un’ultima cosa…”
“Dimmi.”
“Preferirei che tu non lo dicessi a Bill…” Soffiò Tom. “Sai com’è fatto, comincerebbe a blaterare sul perché non l’ho chiesto a lui e tutte le sue scene…” Annika capiva perfettamente, mentre scambiava un’eloquente occhiata con Tom.
“Capisco, tranquillo.” Fece lei infine. “E poi, è sempre meglio se glielo dici tu.”
“Grazie, Annika.”
“Figurati, è un piacere!”
“Ah, a proposito… tu sai dove potremmo andare? Perché conosco solo negozi dove c’è roba hip pop…” Soggiunse preoccupato il chitarrista.
Annika ridacchiò. “Tranquillo! Alla prossima gira a sinistra!”

Il cellulare di Annika vibrò nella sua borsa, mentre lei e Tom uscivano dall’ultimo negozio. La ragazza lo tirò fuori e osservò brevemente il display, pur già sapendo chi la stava chiamando.
“Pronto?” Rispose infine, scambiando un sorriso complice con Tom.
“Pippi, ma dove sei?!” Esclamò concitata la voce di Bill. “Sei sempre nella metro? Hai fatto brutti incontri?! Avresti dovuto aspettarmi! Dimmi dove sei che vengo subito a prenderti!”
“Bill, ti prego calmati.” Lo apostrofò tranquilla lei. “Sto benissimo, è venuto a prendermi Tom.”
“Tom?” Fece lui incredulo. “E perché è venuto a prenderti?” Aggiunse sospettoso.
“Aveva bisogno di un consulto per una cosa…” Spiegò Annika, ma Bill la interruppe.
“Per che cosa?” Domandò immediato.
“Bill…” Sospirò la ragazza, mentre Tom le faceva cenni di non dire perché erano insieme. “Eh… un… regalo per Claudia.” Il chitarrista la ringraziò con un inchino.
“Ah, ok…” Mormorò incerto Bill al telefono. “Sappi che sono terribilmente geloso.”
“Lo so.” Ribatté dolce Annika. “Tra mezz’ora siamo a casa, tu preparati.”
“E poi starai tutta la sera con me?” Domandò lui con vocina infantile.
“Fino a quando vorrai.” Gli garantì lei, sapeva che doveva essere accondiscendente quando Bill aveva gli attacchi di gelosia. Ormai lo conosceva bene, lui doveva stare sempre al centro dell’attenzione.
“Allora, a presto, Pippi!” La salutò infatti, soddisfatto. “Bacino!”
“Bacino. A dopo.” Replicò Annika tranquilla, prima di chiudere la chiamata.
Quando la ragazza ebbe riposto il cellulare, scambiò con Tom uno sguardo eloquente, poi lui le sorrise comprensivo, la prese a braccetto, conducendola verso la macchina.
“Sei soddisfatto degli acquisti?” Domandò Annika al ragazzo, mentre camminavano lungo il marciapiede.
“Sì, molto.” Annuì Tom. “Spero che lo sia anche Claudia.”
“Lo sarà certamente, vedrai.” Affermò lei sorridendo.
“Lo spero…” Mormorò incerto Tom, mentre abbassava gli occhi.
“Tom.” Lo bloccò allora Annika, fermandosi. Lui la guardò. “Non devi essere così insicuro, Claudia ti vuole bene, aspetta solo che tu le dimostri che provi lo stesso.”
“Hai ragione.” Soffiò il ragazzo, grattandosi la nuca. “Ho paura di non essere molto bravo in queste cose…” Aggiunse mesto.
“Ma cosa dici? Con me e Bill sei bravissimo!” Replicò Annika, sorpresa.
“Ma tu e Bill siete… tu e Bill…” Biascicò, senza riuscire a spiegarsi troppo bene, ma lei sorrise e gli carezzò il viso.
“Non devi vergognarti di dimostrare a Claudia il tuo affetto, come non ti vergogni con noi.” Gli disse comprensiva. “Non avere paura di lei, ti ama tanto.”
Tom le sorrise timidamente. “Ci sei nata, con questa saggezza, oppure l’hai imparata con la vita?” Annika abbassò il capo, con un sorriso umile.
“Io ti dico solo quello che mi sembra giusto, non credo di essere saggia…” Mormorò quindi.
“Ad ogni modo…” Riprese lui, prendendola calorosamente per le spalle. “Sai, sono felice che Bill si sia innamorato di te.” Lei sorrise dolcemente, mentre Tom le dava un piccolo bacio sulla tempia.

Era il loro primo vero appuntamento. Si conoscevano da tanto tempo, ma si erano sempre incontrati nei locali, ognuno che andava e veniva per i cavoli propri. Se lei poi passava la notte da lui e la mattina se ne andava con un taxi, non significava niente.
Questa volta, invece, c’era stato un vero invito, la prospettiva di una cena in un bel ristorante e Tom che veniva a prenderla a casa.
Claudia sorrise allo specchio, sistemandosi lo scollo a V del suo abito di lana, rosa pallido. Sotto indossava biancheria candida e sui fianchi una cintura alta di cuoio marrone, che avrebbe fatto il paio con gli stivali che pensava di mettere. Il trucco e i capelli erano già apposto, ormai mancava poco all’ora dell’appuntamento.
La ragazza non sapeva cosa aspettarsi, era tutto così nuovo, specie per Tom. Il cuore, ad ogni modo, le batteva forte, era agitata e aveva le farfalle nello stomaco. Ma non vedeva l’ora che lui arrivasse.
Il campanello suonò qualche minuto dopo, mentre Claudia stava sistemando il bordo delle sue autoreggenti. Non che volesse essere provocante, del resto l’orlo del vestito arrivava al ginocchio, ma era sempre bene indossare qualcosa di sexy con Tom.
La ragazza corse alla porta, scalza. Aprì e alzò gli occhi sul chitarrista. La sua bocca si spalancò sorpresa.
Tom era senza cappello e fascia, i rasta legati sulla nuca, il bel viso libero dalle solite ombre. Ma non era l’unico cambiamento. Sotto ad un’ampia felpa nera, indossava una camicia bianca gessata, sopra a dei pantaloni di stoffa neri e decisamente meno larghi del solito. Stava benissimo e le sorrideva timidamente.
“Strano, eh?” Le fece titubante. Lei gli dedicò un ultimo sguardo, poi alzò gli occhi nei suoi e gli sorrise.
“Strano… per te, ma… piacevole.” Gli rispose quindi.
“Immagino che troverai strano anche questo.” Riprese Tom alzando la mano destra, dove teneva un mazzo di splendidi tulipani gialli. Lei non ci aveva proprio fatto caso, troppo occupata ad ammirare il suo nuovo look.
Claudia fece un sorrisetto sospettoso. “Di chi è stata l’idea, di Bill o di Annika?” Domandò quindi.
“Mi spiace deluderti, ma è stata un’idea mia.” Affermò Tom compiaciuto.
“Davvero?” Insinuò lei.
“Hey, so essere un ragazzo romantico anche io, quando voglio!” Esclamò lui, fintamente risentito, ma poi le fece uno dei suoi sorrisi più dolci. “E poi… il giallo è il tuo colore preferito, no?”
“Sì.” Confermò Claudia, cercando di non commuoversi. “Entra, li metto in un vaso, prima di andare.” Aggiunse, invitandolo oltre la soglia di casa.
“Non mi merito almeno un bacio?” Soggiunse Tom, seguendola. Lei si voltò sorpresa.
“Oh, sì, scusa…” Mormorò dispiaciuta di non averlo salutato a modo. “Mi sono distratta, mi hai fatto emozionare…”
“Vieni qui.” Sussurrò Tom, prendendola per la vita con la mano libera; lei gli prese il viso tra le mani e si scambiarono un breve, dolce bacio.

Il ristorante era estremamente carino, uno di quei posti all’apparenza semplici, ma che nascondevano un’anima chic e raffinata. Claudia non si meravigliava che fosse uno dei preferiti di Bill e Annika, i quali, nonostante la giovane età, passavano già per una delle coppie più stilose di Germania, se non dell’intera Europa.
“Bill mi ha consigliato proprio un bel posto, non trovi?” Le domandò Tom, mentre l’aiutava a togliersi il cappotto.
“È delizioso.” Rispose lei, ma stava guardando tutt’altro.
Il ragazzo si era tolto la felpa e Claudia poteva ora ammirare come la camicia nuova disegnava bene le sue spalle, la schiena e la vita sottile. I dreads ondeggiavano morbidi mentre camminava nel suo solito modo traballante. Era bellissimo e molto, molto sexy.
“Accomodati.” La invitò Tom, scostandole la sedia.
“Santo cielo, Tom, se continui così, penserò che sei posseduto da qualche entità aliena!” Scherzò la ragazza, davanti a quella premura.   
“Smettila…” Svicolò lui, alzando gli occhi al cielo, per nascondere l’imbarazzo. Claudia ridacchiò, ma accettò la gentilezza.
La cena fu deliziosa e Tom, dentro di se, ringraziò più di una volta il fratello per i consigli che gli aveva dato sul menù. I ragazzi mangiarono in tranquillità, bevendo ottimo vino bianco e scambiandosi piccole tenerezze con le dita sul tavolo, mentre continuavano a guardarsi negli occhi. Claudia ancora stentava a crederci.
Dopo che la cena fu terminata, con un’ottima mousse al limone per cui pare che Annika andasse pazza, Tom e Claudia lasciarono il ristorante.
“Oddio! Credo che il vino mi abbia fatto un po’ effetto!” Proclamò ridendo la ragazza, quando perse l’equilibrio scendendo un basso marciapiede verso il parcheggio.
“Direi proprio di sì, piccola!” Confermò lui, altrettanto allegro, dopo averla ripresa al volo prima che cadesse. “Sei un’ubriacona.” Aggiunse divertito.
“Oh, sì!” Proclamò compunta la ragazza, mentre procedevano abbracciati verso la macchina, quasi ballando. “Credevo di piacerti per questo.”
“Certo, sei molto più disponibile quando bevi.” Le confermò ironico il chitarrista.
“Ah, lo so che da me vuoi solo quello!” Sbottò Claudia, facendogli un pizzico sul naso, poi rise ancora e lui fece altrettanto. “Allora, cosa prevede il resto della serata?” Chiese quindi, quando smisero di ridere, ora appesa al collo di Tom.
“Devi dirmelo tu.” Rispose lui, stringendola alla vita, ormai appoggiato alla fiancata della sua auto. “È la tua serata, devi dirmi tu cosa vuoi che facciamo.”
“Hm…” Fece lei, assumendo un’espressione riflessiva. “Un paio di idee le avrei anche…”
“Se prevedono sesso selvaggio in macchina, dovevo prendere la Cadillac…” Soggiunse Tom, occhieggiando la bassa carrozzeria dietro di se. “Questa è un po’ scomoda.”
“Sei sempre il solito maniaco!” Esclamò Claudia ridendo. “Sali, và!” Aggiunse, spintonandolo verso lo sportello del guidatore.

Tutto si sarebbe immaginato Tom, fuorché stare di notte, sulla sua sportivissima Audi, coi finestrini abbassati, lungo una statale, la radio a tutto volume, con accanto una ragazza mezza brilla che canta a squarciagola “Total eclipse of the heart”…

And I need you now tonight
And I need you more than ever
And if you only hold me tight
We'll be holding on forever
And we'll only be making it right
Cause we'll never be wrong together…

Un’altra cosa che Tom non avrebbe immaginato, era finire, circa un’ora dopo, sopra ad una ruota panoramica. Odiava le ruote panoramiche, soprattutto quando c’era nel suo stomaco un gratin di ostriche a ricordargli di non avere i piedi per terra. Ma era la serata di Claudia e lui non si era sentito di dirle che le ruote panoramiche gli provocavano la nausea fin dall’infanzia.
“Tom…” Lo chiamò dolcemente lei, prendendogli la mano saldamente ancorata alla sbarra.
“Sì?” Le rispose lui, girandosi con un sorrisino tirato.
“Tutto bene?” Gli chiese la ragazza.
“Sì, certo! Perché?” Reagì il chitarrista, tirando ancora di più le labbra.
“Sei… verde.” Spiegò Claudia, con uno sguardo preoccupato sul suo viso.
“Ah… Non… non è niente, davvero…” Glissò allora lui, evitando i suoi occhi. “È solo che… probabilmente è per via che abbiamo cenato da poco, ma… ho una leggerissima nausea…”
Claudia sbuffò, abbassando gli occhi. “Dovevi dirmelo.” Soffiò poi.
“Che cosa?” Domandò stupito lui.
“Che la ruota ti fa vomitare.” Precisò dispiaciuta la ragazza.
“Ma non mi fa vomitare!” Protestò con veemenza lui. “Credo…” Aggiunse meno sicuro, prima di reprimere un conato strizzandosi il naso.
“Tom.” Fece Claudia, tra il rimprovero e il rammarico.
“Tranquilla, se non ce la faccio mi sporgo fuori, non voglio sporcarti gli stivali…” Affermò ironico il chitarrista.
“Cretino!” Sbottò divertita lei, dandogli una piccola spinta, ma poi si sistemò sul sedile e gli prese il viso tra le mani. “Forse conosco un modo per farti passare la nausea.” Aggiunse con dolcezza.
“Sì?” S’informò Tom, incuriosito, recuperando il suo sorriso beffardo.
“Non guardare giù, guarda me.” Gli consigliò Claudia, prima di dargli un piccolo bacio sulle labbra, prontamente ricambiato. “Guarda solo me…” Continuò lei, prima di ricominciare a baciarlo. Tom non pensò più al moto della ruota panoramica.

“Come ti senti?” Domandò Claudia al ragazzo, una volta scesi.
“Meglio.” Rispose lui, ancora pallido, mentre respirava intensamente. “Però devo fumarmi una sigaretta.” Aggiunse.
“Vai, tranquillo!” Acconsentì lei. “È il minimo!”
Lo guardò prendere il pacchetto dalla tasca e prelevare una sigaretta direttamente con le labbra, poi se l’accese distrattamente. Era incredibile come anche un gesto così comune, fatto da lui, potesse assumere connotati tanto seducenti…
“Camminiamo un po’?” Le chiese, dopo aver buttato fuori la prima boccata di fumo. Claudia acconsentì annuendo.
Passeggiarono fianco a fianco lungo il boschetto che costeggiava il luna park, in un punto dove c’era poca gente e solo qualche banchetto che vendeva dolciumi. La ragazza ogni tanto guardava il chitarrista che, nel frattempo, aveva finito la sigaretta.
Era bello essere lì insieme. La sera non era fredda e la musica delle giostre li raggiungeva attutita. Claudia, all’improvviso, sentì la necessità di stare più vicino al ragazzo.
“Tom?” Lo chiamò piano.
“Sì?” Fece lui, distrattamente, senza voltarsi o smettere di camminare.
La ragazza non disse più nulla, gli si avvicinò con uno sguardo piuttosto eloquente. Tom sorrise di sbieco, ma con dolcezza, quindi alzò il braccio e l’accolse contro di se. Continuarono a camminare abbracciati.
Tom era magro, ma rispetto a lei era un gigante. Si sentiva al sicuro, rintanata sotto al suo braccio, mentre gli avvolgeva la vita con il proprio, sentendo il calore piacevole della sua pelle raggiungere la propria mano aperta sulla schiena.
Si fermarono alla fine del parco, contro un albero, cominciando a baciarsi. Tom sapeva di fumo, del suo profumo. Il suo corpo era caldo, Claudia stava bene stretta a lui.
“Grazie.” Sussurrò la ragazza, guardandolo dal basso, col mento appoggiato sul suo petto.
“Sei stata bene?” Le chiese lui.
“Sì, è stata una bellissima serata.” Rispose Claudia contenta; Tom le carezzò i capelli, sorridendo.
“Andiamo a casa?” Le propose quindi.
“Prima un’ultima cosa!” Esclamò lei, scostandosi con aria vispa. “Voglio lo zucchero filato rosa!”
“Lo zucchero filato rosa?!” Sbottò Tom stupito.
“Sì!” Confermò pimpante la ragazza. “Quello che tinge la lingua!”
Tom rise. “Sei matta.” Commentò poi, dolcemente.
“È la mia serata, no?” Soggiunse Claudia, trascinandolo verso le bancarelle.
“E sia!” Proclamò il chitarrista, sorpassandola. “Zucchero filato rosa in arrivo!” Ridendo come matti si diressero dal primo venditore.
 
Meno di un’ora dopo erano seduti sul divano nel soggiorno di Claudia. Si baciavano dolcemente, con calma. Non avevano fretta di passare oltre, di finire la serata in camera da letto.
Claudia era in braccio a Tom, la schiena appoggiata al bracciolo del divano, la mano di lui che la sosteneva sulle proprie ginocchia con sicurezza.
Tom assaggiava le labbra della ragazza con lentezza, senza approfondire, gustandone la dolcezza, la consistenza soffice, spostandosi raramente sul mento, lungo la mandibola. Lei profumava delicatamente di fiori, era bello perdersi nel suo calore.
Lei gli accarezzava il collo, il viso, gli baciava a volte il naso. Si sentiva rilassata e serena, come aveva spesso sognato di sentirsi con lui. Quella serata era stata perfetta.
“È come avevi sempre sognato, vero?” Le domandò con dolcezza Tom, dopo un momento che avevano passato solo a guardarsi negli occhi.
“Sì.” Rispose Claudia sorridendo. “Grazie.” Aggiunse poi.
“Non ho fatto niente di speciale.” Si schernì lui, abbassando gli occhi.
“Scherzi?” Reagì lei allegra. “Tutto era speciale, stasera… Tu per primo.” Affermò quindi, mente gli prendeva delicatamente il viso per farsi guardare. Tom le fece un sorriso timido.
“Non credo di essere speciale…” Mormorò poi, distogliendo di nuovo lo sguardo.
“Sta parlando il Sex Gott fan di se stesso!” Scherzò lei, prima di dargli un buffetto sul naso.
“Quello non sono io.” Ammise a sorpresa Tom, lei lo fissò perplessa. “Cioè, sono anche io, ma… Non so se per timidezza, o per paura, ma a volte tendo a nascondermi dietro al Sex Gott…” Parlava piano, senza guardarla, quasi con sforzo. “Credo che questo, ogni tanto, mi faccia essere una brutta persona.” Claudia gli prese la mano sinistra, che era abbandonata in grembo, con la sua; lui la guardò, l’espressione seria.
“Sai, credo che quella tua immagine pubblica abbia abbagliato anche me.” Confessò infine, fissandolo negli occhi. “E penso anche di essermi concentrata troppo sui tuoi difetti, spesso.”
“Non ti ho mai mostrato molto altro…” Soggiunse Tom con tono vagamente colpevole.
“Eppure, di pregi ne hai tanti.” Riprese lei tranquilla, mentre disegnava i tratti del suo bel viso con le dita, seguendo il percorso con gli occhi. “Non avere più paura di mostrarmeli.” Aggiunse, drizzandosi seduta, quasi autoritaria.
Tom prese un lungo respiro. “Ci proverò.” Mormorò con un sorriso incerto. Lei gli diede un bacio veloce sulle labbra.
“Abbiamo fatto tutta la sera quello che volevo io.” Dichiarò allora Claudia, stringendosi di più a lui. “Ora facciamo l’amore come vuoi tu…” Aggiunse, prima di baciarlo con passione.
“No. È la tua serata.” La fermò lui. “Fammi quello che vuoi.” Proclamò il chitarrista solenne, dando voce ai sogni più proibiti di ogni sua fan. Claudia per prima.  

Fin da quando quel foulard blu era stato adagiato sull’abat-jour, rendendo la luce bassa e soffusa, Tom aveva capito che sarebbe stata una notte indimenticabile.
Claudia lo fece sedere sul letto, poi si mise davanti a lui e, guardandolo negli occhi, si tolse il vestito.
Già vederla con addosso solo la biancheria di pizzo candido e le autoreggenti, provocò una scarica di eccitazione in Tom, facendogli rendere conto, per la prima volta nella serata, della differenza tra quei pantaloni e quelli che portava di solito. Scomodi e stretti, specie in un certo punto…
Ma non poté pensarci più di tanto. Claudia si avvicinò. Lui alzò le mani per mettergliele sui fianchi.
“No, stai fermo.” Gli disse lei, con tono dolce, facendogliele posare nuovamente sul materasso.
Il chitarrista, allora, continuò ad osservarla con lo sguardo fiducioso di un bambino, mentre Claudia gli scioglieva i capelli.
Gli accarezzò il viso e gli baciò la fronte con tenerezza, ferma tra le sue ginocchia aperte. Scese con le labbra sulle sue palpebre socchiuse, sulle ciglia lunghe, poi fino alle labbra, lasciando piccoli baci umidi, accompagnata dai sospiri di Tom.
Le mani di Claudia, quindi scesero a sbottonare la camicia di lui, finché non fu sufficiente a sfilargliela dal capo. La pelle di Tom si riempì di pelle d’oca, mentre la stoffa gli scorreva via dal corpo. Lo scosse un fremito, quando la cucitura dell’orlo, fredda, esitò su un suo capezzolo turgido.
Non l’aiutava certo il fatto di avere davanti agli occhi il seno morbido di Claudia, nel quale non vedeva l’ora di affondare il viso.
Provò a toccarla di nuovo, ma lei glielo impedì come aveva già fatto, quindi lo spinse a sdraiarsi sul letto. Ora che la guardava dal basso, sembrava rendersi conto per la prima volta di quanto era davvero bella. Moriva dalla voglia di toccarla.
Le dita della ragazza volarono leggerissime lungo il suo corpo, carezzandogli il petto e l’addome, riempiendo Tom di brividi.
Dio, la pelle di Tom era meravigliosa! Claudia l’adorava. Si chinò su di lui, lo baciò, dal collo all’ombelico, pieno, leccando e assaggiando ogni centimetro, mentre lui reclinava il capo, cercando di resistere. Cercando di non toccarla, di non afferrarla e portarla sotto di se…
“Non ce la faccio più, Claudia…” Alitò, infatti, il ragazzo, supplicante.
“Abbi pazienza.” Gli rispose lei, sussurrando al suo orecchio. “Voglio che duri tanto, voglio godermi la tua pelle, il tuo profumo…” Continuò, strusciando il naso contro il suo collo e la clavicola. “…le tue mani…”
“Claudia…” Ansimò lui, quando se la ritrovò sdraiata addosso.
“Toccami.” Gli ordinò la ragazza, mentre si toglieva il reggiseno.
Tom non se lo fece ripetere, le percorse il corpo con le mani, fin dove poteva arrivare; quindi si mosse col bacino contro di lei e gli rispose un gemito di Claudia.
Continuarono a toccarsi e baciarsi, mentre si toglievano i vestiti rimasti, immersi in quella luce bluastra e intima, solo i loro sospiri a fare da sottofondo.
Ad un certo punto, i loro occhi s’incontrarono, lucidi e frementi, e i ragazzi rimasero immobili, fissandosi. Poi Claudia si abbassò, respirò a fondo il profumo di Tom dall’incavo del suo collo, poi raggiunse l’orecchio e gli disse: “Prendimi.”
Si guardarono per un altro lungo istante, poi lei gli porse un preservativo. Lui lo indossò, poi la prese delicatamente per i fianchi e la portò sopra di se. Claudia socchiuse gli occhi, quando Tom entrò. Voleva godersi ogni sensazione, anche la più piccola. Cominciarono a muoversi insieme, le mani di Tom sul suo seno.
“Di più…” Implorò la ragazza dopo un po’, senza fiato.
Il chitarrista, che sembrava non aspettare altro, la strinse con forza a se e si mise seduto. Claudia gli si aggrappò alle spalle. La pelle di entrambi ormai sudata. Il respiro troppo affannato per dire qualsiasi cosa. Avevano fiato solo per il piacere.
E quando l’orgasmo arrivò, Claudia reclinò il capo, abbandonandosi al tremore dei propri muscoli, tenendosi alla nuca di Tom con un braccio solo. Lui si mosse ancora per qualche attimo, poi, dopo un’ultima forte spinta, emise suono gutturale e si lasciò cadere contro il materasso, portandosela dietro. Uno accanto all’altra, ripresero fiato.
Alla fine si guardarono negli occhi. Non c’era bisogno di dire niente. Era tutto nei sorrisi che si scambiarono e nella mano di Tom che scostava delicatamente i capelli dalla fronte di Claudia.

CONTINUA

Note:
- la stupendissima “Total eclipse of the heart” di Bonnie Tyler è usata senza alcun scopo di lucro ed è una delle mie canzoni preferite in assoluto!

Ringraziamenti:
Sarò veloce stasera, devo andare a fare la spesa, ma sappiate che tutti voi avete un posticino nel mio cuore. Grazie a: jolly24, LadyCassandra, kit2007 (amoraaa!), Princess (la mia traviatrice!), angeli neri, RubyChubb (dottoressa!), Loryherm (nipotina!), ruka88 e Trilli Call.
Grazie soprattutto per la pazienza, se vi ritroverò ancora nelle recensioni saprò quanto siete buone e gentili! Lo so, mi faccio desiderare più dei Tokio Hotel… (pia illusione, eh? ^__-)

Ringrazio anche chi legge senza commentare!

Un bacio, a presto!
Sara

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Capitolo 7
*** 7 - This ain't a love song ***


Thunder road - 7
Ecco che dopo un milione di anni, anche io ritorno ad aggiornare… Dite la verità, non ci speravate più, eh? E, invece, eccomi qui. Non avete idea di quanto mi dispiace avervi fatto aspettare così tanto, ma ho avuto una grossa crisi d’ispirazione… Spero solo che questo capitolo non ne abbia risentito troppo… E spero anche di non aver perso troppi lettori per strada.
Questo è il penultimo capitolo della storia e mi auguro di potervi regalare il finale in tempi non epici… Per ora vi lascio alla lettura e aspetto i vostri commenti.

Ne approfitto per farvi gli auguri di un buon Natale e di un felice Capodanno, sotto l’egida di San Guglielmo e San Tommaso da Magdeburgo ^__- Divertitevi e non mangiate troppo! Baci!

Sara

Capitolo 7 ~ This ain't a love song

I thought you and me would stand the test of time
Like we got away with the perfect crime
But we were just a legend in my mind
I guess that I was blind
(This ain't a love song – Bon Jovi)

Era una notte cristallina. Una di quelle notti che, ai tropici, profumano di olio di cocco e brezza di mare. Una di quelle notti che Bill non amava passare da solo, a rimirare le proprie splendide mani disegnare cerchi nell’acqua trasparente della piscina vista oceano.
Lui voleva attenzione, coccole e seduzione, quella notte. Voleva la sua Pippi in acqua con lui, adesso.
Si voltò all’indietro, le spalle appoggiate sul bordo, e la vide uscire dalla grande porta finestra del lussuoso appartamento che occupavano in quel complesso turistico immerso nel verde tropicale. Era la loro prima vacanza insieme e Bill non aveva badato a spese.
Osservò la ragazza. Annika era bella. Gli piaceva quando si vestiva di nero, esaltava la sua pelle candida ed il colore di occhi e capelli. Certo che stare con lui le faceva proprio bene! Ogni giorno diventava più bella, femminile e sexy! La cura Bill era un toccasana!
I loro occhi s’intercettarono proprio mentre lui faceva uno dei suoi sorrisetti maliziosamente dolci. Annika sorrise a sua volta, poi tolse il pareo e si avvicinò alla piscina.
La guardò scendere piano nell’acqua, pregustando il contatto con la sua pelle bagnata. La ragazza si avvicinò e in pochi istanti le loro gambe erano intrecciate e lei gli sedeva in braccio.
Annika alzò una mano e gli carezzò la fronte con le dita fresche. Bill socchiuse gli occhi, gustandosi il piacere di quel contatto.
“Oggi hai preso troppo sole.” Disse lei, continuando il massaggio. “Devi stare attento, con tutti questi nei…”
Bill aprì gli occhi con uno sguardo furbo e brillante, scrutandola divertito. “A te sono spuntate le lentiggini, invece!” Esclamò poi.
“Scemo!” Ridacchiò la ragazza, dandogli un colpetto sul naso. “Lo so.” Aggiunse dolcemente.
“Ti amo.” Dichiarò quindi Bill, fissandola serio, ma senza che la luce nei suoi occhi si spengesse.
“So anche questo.” Ribatté scherzosa Annika, prima di dargli un bacio sul naso.
Il cantante, allora, mise su un falsissimo broncio, molto sexy e replicò: “C’è qualcosa che lei non sa, signorina Wögler?” Con un tono che fece ridere la ragazza.
“Vediamo…” Fece lei, mettendosi un dito sul mento. “…non saprei… Quanto ancora resisterai senza baciarmi?”
“Molto poco!” Rispose immediato lui, prima di acchiapparla per la vita, tirarla a se e coinvolgerla in un bacio appassionato.
“Pippi…” Mormorò Bill, quando si scostò per respirare, continuando però a baciarle il collo.
“Sì?” Ansimò lei, con le mani nei suoi capelli.
“Prima che continui… Tom e Claudia dove sono?”
“Non ti preoccupare.” Lo rassicuro Annika, scostandosi appena. “Sono andati in un locale qui vicino, avevano voglia di uscire.”
Bill, continuando ad abbracciarla, si fece pensieroso, poi la guardò e sorrise, come convinto di quello che stava per dirle.
“Sai, sono felice che ci stiano provando davvero.” Affermò infine. “Intendo a stare insieme.” La ragazza annuì.
“Si vogliono bene.” Rincarò poi.
“Già.” Confermò Bill. “Non potevano restare lontani ancora a lungo.” Quindi fece uno sguardo furbo. “Siamo stati dei bravi cupidi, eh?”
“Ma quali cupidi!” Sbottò divertita Annika, dandogli un piccolo pugno sulla testa, lui fece una smorfia allegra, con la lingua di fuori. “Hanno fatto tutto da soli!”
“Questo non è esattamente vero…” Protestò il cantante, alzando l’indice.
“Oh, ma sei un piccolo bugiardo!” Esclamò lei.
“No, sei tu che non ti ricordi le cose!” Replicò immediato Bill con tono sfrontato; Annika fece una smorfia offesa. “Dovrò punirti…” Minacciò allora lui, con aria lasciva.
“Ah, sì?” Ribatté la ragazza, lui annuì. “Dovrai prendermi prima!”
E detto questo, si divincolò dalle braccia del cantante e sgusciò via veloce, nell’acqua della piscina. Bill spalancò la bocca stupito e fintamente offeso, poi fece un’espressione pericolosamente maliziosa e la rincorse più veloce che poteva. Ma sapeva già che si sarebbe fatta prendere…

Al secondo moijto Tom e Claudia si erano già accorti che quel locale non faceva per loro. Troppe ragazze con abiti succinti e sguardi disponibili, per i gusti di Claudia. Troppi turisti volenterosi e armati di fotocamere, per i gusti di Tom.
Quando il ragazzo propose di andarsene, lei accettò di buon grado e, in pochi minuti, erano fuori.
Senza scambiarsi troppe parole s’incamminarono lungo la spiaggia, avvolti dalla notte resa azzurra dalla luna piena, accompagnati dalla musica sempre più lontana e dal frusciare delle onde.
Claudia indossava un abitino giallo che faceva risaltare la sua abbronzatura, i sandali dorati che penzolavano da una mano, mentre con l’altra avvolgeva la vita di Tom. Lui, una sigaretta nell’altra mano, la teneva per le spalle. Camminavano piano sulla sabbia umida della sera.
“Grazie.” Mormorò ad un certo punto la ragazza, senza alzare il viso.
Tom si fermò e la guardò perplesso. “Perché?” Le chiese infine, prima di buttare la cicca e spengerla sotto la scarpa.
“Per avermi portato qui, è tutto stupendo.” Spiegò la ragazza, sorridendogli.
“Scema…” Commentò lui con un sorrisino timido, poi la riprese per le spalle e ricominciò a camminare. “Non avrei mai fatto questo viaggio senza di te.” Affermò quindi.
“Anche se ci hanno beccato i paparazzi e, ormai, sui forum di mezzo mondo parlano della ragazza in costume azzurro che stavi baciando sul ponte di quella barca?” Soggiunse Claudia; Tom ridacchiò.
“Tanto prima o poi sarebbero venuti a saperlo comunque che ho una storia.” Dichiarò poi.
La ragazza fece una smorfia. “Non so se mi piace che lo vengano a sapere vedendo le mie chiappe al vento.” Sentenziò seria.
“Ma le tue chiappe non erano al vento!” Intervenne Tom convinto. “C’erano le mie mani sopra!”
Si guardarono per un secondo, gli occhi lucidi di ilarità trattenuta, poi scoppiarono a ridere, prima di riprendere a camminare abbracciati.
“E, ad ogni modo…” Riprese il chitarrista poco dopo. “…non puoi lamentarti, almeno avevi ancora addosso tutto il bikini…” E le lanciò un’occhiata maliziosa.
“Beh, grazie a Dio hai avuto la prontezza di spirito di portarmi dentro, prima di togliermelo!” Replicò lei fintamente offesa.
“La prossima volta: topless!” Esclamò lui con un sorrisino beffardo.
“Col cazzo!” Protestò Claudia. “Vuoi veramente che tutto il mondo veda le mie tette su un tabloid?!” Tom si fece pensieroso per qualche istante, poi si accigliò.
“Decisamente no!” Negò infine, con forza. Risero ancora.
Si sedettero poi sulla sabbia, in un punto abbastanza appartato. Non che avessero in mente chissà che, era già stupendo essere lì insieme, a godersi la notte, appoggiati l’uno all’altra, scambiandosi piccole carezze e baci.
“Sai…” Esordì Tom dopo un po’, fissando negli occhi Claudia. “…mi sembra ancora strano essere arrivato a questo punto, con te.”
“Perché?” L’interrogò lei, stringendosi tra le sue braccia.
“Beh, la nostra sembrava una storia senza futuro, iniziata per caso e invece…” Tentò di spiegare lui, distogliendo lo sguardo. “Adesso siamo qui e non riesco a pensare di stare senza di te.”
“Oh, Tom…” Mormorò la ragazza.
“Claudia, non devo certo dirti che, per molti anni, il pensiero di poter avere una storia seria non mi aveva nemmeno sfiorato.” Lei sorrise consapevole. “Mi ci è voluto tanto per capire quanto contavi, ma ora sento con sicurezza di poter dire di essere…”
“Non lo dire, Tom.” Lo bloccò lei, posandogli le dita sulle labbra; il ragazzo le prese la mano e se la scostò dal viso. Era serio.
“Devo dirlo, o continuerà a sembrarmi un pensiero folle che ho nella testa.” Protestò, guardandola intensamente. “Se lo dico, sarà vero e io voglio che lo sia.”
“Credo di aver paura che sia vero.” Confessò Claudia con espressione turbata.
“Non devi avere paura, perché io non ne ho.” La rassicurò Tom, lei annuì ancora incerta. “Io sono innamorato di te, Claudia.” Confessò infine, con uno sguardo intenso.
La ragazza, troppo emozionata per dire qualsiasi cosa, riuscì soltanto a sospirare commossa, mentre lui la stringeva forte a se. Tom sapeva di essere corrisposto, aveva sempre conosciuto i sentimenti di Claudia, ma ora era felice di essere riuscito finalmente a confessarle i suoi.
“Dai, andiamo a casa.” Le disse con dolcezza, poi, dopo averle dato un bacio sulla fronte, l’aiutò ad alzarsi.
Presero la strada del ritorno, sulla spiaggia, tenendosi per mano. La luna illuminava il mare. E loro non avevano più segreti, uno per l’altra.

Passarono i mesi, la primavera e l’estate volarono, sull’onda di un tour trionfale e delle nuove gioie di coppia per ognuno dei Tokio Hotel. Molti, anche all’interno dell’entourage del gruppo, stentavano a credere al cambiamento di Tom, ma lui è Claudia sembravano così felici che nessuno poteva avere dubbi. Tranne le sue fans, che imperversavano nella rete, creando blog, forum e siti contro la ragazza e prevedendo un’esigua durata della storia.

Era un giorno limpido dell’autunno del 2011, quando Annika, di ritorno da un week end con Bill, rientrò nell’appartamento che divideva con Claudia. Ci tornava sempre più di rado ultimamente e, anche quel fine settimana, il cantante le aveva proposto di tornare a vivere a casa sua. Annika si era ripromessa di pensarci seriamente.
La ragazza posò le proprie cose in camera, dopo essersi accorta che in casa c’era anche Tom: la sua giacca era abbandonata sul divano. Annika si diresse in bagno e intravide Claudia e Tom addormentati attraverso la porta scostata della camera dell’amica. Sorrise e fece per entrare nel bagno, ma il suo cellulare squillò.
Sospirò, pensando che Bill si fosse scordato di dirle qualcosa o avesse dimenticato qualche oggetto all’albergo, ma, guardato il display, si accorse che il numero era sconosciuto.
“Pronto?” Rispose incerta e un po’ sospettosa.
“Ciao Annika.” Fece una voce femminile che lei si stupì di riconoscere.
“Mamma?!”

Il bussare alla porta svegliò Claudia e Tom. Si guardarono stupiti, prima di riconoscere la voce di Annika che chiamava l’amica da fuori. Claudia s’infilò velocemente la maglietta di Tom e invitò l’altra ad entrare. Annika si fece avanti ad occhi bassi, era più pallida del solito.
“Scusate se vi disturbo, ma… è successa una cosa…” Esordì titubante.
“Bill sta bene?!” Scattò subito Tom, raddrizzandosi.
“Sì…Oddio, sì!” Esclamò lei, rianimandosi.
“Allora, cosa è successo?” Domandò Claudia con più delicatezza di quella mostrata dal suo ragazzo.
“Ecco… è… Il mio patrigno è morto.” Spiegò infine Annika. Entrambi gli amici spalancarono gli occhi, ma le reazioni furono diverse.
“Ah, allora Dio esiste.” Commentò soltanto Tom, scrollando le spalle.
“Cazzo, Tom!” Sbottò la sua ragazza, che poi lasciò in fretta il letto ed andò ad abbracciare l’amica, ancora ferma sulla porta. “Oddio, Annika… Com’è successo?” Le chiese poi.
“Ha avuto un infarto.” Rispose lei, lasciandosi stringere.
“Non si può dire che non se lo meritasse.” Sentenziò nel frattempo Tom.
“Ma la vuoi smettere, Tom!”
“Non smetto proprio per niente, quello era uno stronzo…”
Annika, mentre Claudia e Tom battibeccavano, pensava a quello che stava provando. Non era addolorata, non era felice, non sapeva se provava sollievo o pena. Pensava a sua madre, che era rimasta di nuovo sola. Pensava a se stessa, finalmente, veramente libera.
“Hai avvertito Bill?” Le domandò la voce dolce di Claudia; lei tornò presente e la guardo, negando col capo. “Penso che dovresti chiamarlo…”
“Oh, sì… adesso lo faccio…” Annuì Annika, ancora un po’ spaesata.
“Sicura che va tutto bene?” Le domandò preoccupata l’amica.
“Sì, tranquilla.” Tentò di rassicurarla lei con un’ombra di sorriso. “Adesso vado a chiamare Bill, vedrai che vorrà precipitarsi qui.” E detto questo, si allontanò dall’amica e uscì dalla stanza.
Claudia e Tom, rimasti soli, si scambiarono uno sguardo vagamente allarmato e poi sospirarono all’unisono.

Un cielo grigio uniforme, rettangoli d’erba ingiallita e radi alberi ormai spogli, facevano da contorno ad un isolato di palazzoni grigi e tristi, dall’aria depressa, che a Bill ricordavano immagini in bianco e nero di una Germania che lui non aveva conosciuto, ma che sembrava essere patrimonio genetico di ogni tedesco.
Guardò Annika, il suo elegante completo nero, i capelli legati, i grandi occhiali scuri. Non c’entrava niente con quel posto e gli sembrava impossibile che venisse proprio da lì.
“Tu vivevi qui?” Le chiese timidamente. Lei si sfilò gli occhiali e fece un breve sorriso triste.
“Sì.” Rispose poi.
“Non è un bel posto…” Commentò allora il ragazzo, occhieggiando gli edifici.
“Te lo avevo detto.” Affermò lei. “Andiamo.” Aggiunse, incamminandosi verso il palazzo che avevano di fronte. Bill annuì e la prese per mano.
Salirono al quinto piano con un ascensore che Bill si rifiutò di sfiorare in ogni sua parte, se non con le suole delle scarpe. Tom e Claudia erano rimasti ad aspettarli fuori, il chitarrista non ne aveva voluto sapere di lasciare la macchina incustodita.
Annika, arrivata davanti alla porta dell’appartamento, ebbe un momento di esitazione, ma Bill la incitò con uno sguardo rassicurante e lei suonò il campanello.
Quando la porta grigia si aprì, la donna che si trovarono di fronte non era quella che Annika ricordava: ingrassata, invecchiata, i capelli sciupati, senza trucco, vestita con un semplice maglione nero e jeans.
“Ah, sei tu…” Disse la madre alla ragazza, poi, senza aggiungere altro, tornò dentro la casa, lasciando la porta aperta. Lei e Bill la seguirono.
La porta si apriva su un corridoio, Annika seguì la madre verso sinistra e Bill, dopo aver dato un’occhiata intorno, fece altrettanto.
L’appartamento non era esattamente lussuoso: le piastrelle povere, le pareti che necessitavano di una pronta verniciatura e gli infissi di un buon falegname.
Il cantante si trovò in una stanza abbastanza larga, che era cucina e soggiorno. C’era odore di caffè. Guardò Anne (ricordava il suo nome) sedersi su una sedia presso il tavolo e Annika fermarsi davanti a lei. La osservava con sguardo triste.
“Mamma…” Mormorò la ragazza, posando le mani sulla spalliera di una sedia vuota. “…come va?”
La donna si accese una sigaretta, prese una lunga boccata e soffiò il fumo. “Come vuoi che vada?” Sputò poi, sulla difensiva, senza guardare la figlia. “La pensione di tuo padre mi basta a malapena per sopravvivere e Rudolf ha lasciato dei debiti.” Affermò con tono indifferente, scuotendo la cenere. “Dovrò vendere la macchina.”
Annika sospirò, chinando il capo. Bill le si avvicinò e, quando la ragazza se ne accorse, scambiò con lui un’occhiata seria, poi si rivolse nuovamente alla madre.
“Mamma.” Esordì piano. “Se sei in difficoltà e hai bisogno di soldi, io posso…”
“Non voglio la carità del tuo fidanzato ricco.” La interruppe la donna.
Bill la guardò sgranando gli occhi, vagamente offeso, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa, Annika riprese a parlare.
“Io ho un lavoro, mamma.” Precisò severa. “Sarebbero soldi miei.”
Anne si voltò verso di lei, osservandola per la prima volta; diede una lunga occhiata al suo tailleur pantalone nero, ai suoi capelli biondi col taglio alla moda, al trucco sobrio.
“Ah, devi avere proprio un buon lavoro per permetterti tutto questo.” Commentò poi.
“Lavoro nello studio di un avvocato e… Mamma, non è questo il punto!” Riprese la ragazza, alzando il tono nella seconda parte della frase. Bill la guardò sorpreso.
“Certo che non lo è.” Mormorò Anne a testa china, poi l’alzò e fissò la figlia. “Se lo odiavi, si può sapere perché sei venuta?”
“Sono venuta per te.” Rispose Annika seria.
“E che cosa vuoi da me? Guardati: hai tutto dalla vita, cosa puoi volere da me?” Replicò la donna, con aria rassegnata.
“Sei mia madre.” Affermò lei. “E ti voglio ancora bene, nonostante tutto.” Bill sapeva che era sincera, ma si domandava se lo pensasse anche Anne. “Devi sapere che mi sei mancata molto e che ho sofferto, sapendo che non mi credevi.” La voce di Annika tremò e il ragazzo le fu subito accanto.
“E ora che lui è morto, pretendi di tornare a fare la figlia come se nulla fosse?!” Le domandò la madre con un certo astio. Annika fece appello a tutta la sua dignità, prima di rispondere.
“No, volevo solo che tu sapessi di averla, una figlia.” Le disse quindi, poi prese un lungo respiro e si girò verso Bill. “Adesso ce ne andiamo, il mio numero ce l’hai.” Aggiunse rivolta alla donna.
Bill prese Annika per la vita e uscirono dalla cucina, diretti alla porta; non sentirono Anne alzarsi e seguirli, almeno finché non chiamò la figlia. Si voltarono e la videro sulla soglia.
“Devo dirti una cosa, Annika.” Esordì la donna; per la prima volta da quando erano arrivati lì la sua espressione mostrava qualche emozione: era turbata, colpevole.
“Di che si tratta?” Le concesse la figlia, immobile davanti a lei, mano nella mano col ragazzo.
“Rudolf, prima di morire…” Iniziò titubante, tormentandosi l’orlo del maglione. “Sono riuscita a parlargli, in ospedale, prima del secondo attacco e… Ha confessato, Annika.” Esalò, infine.
Annika spalancò gli occhi, poi prese un respiro tremulo. Bill, completamente stupito, si girò verso di lei e la vide fissare la madre con aria sconvolta, allora guardò Anne.
“Veramente ha confessato?” Le chiese incredulo.
“Sì.” Rispose la donna, annuendo vigorosamente. “Ha ammesso tutto quello che ti ha fatto, Annika.” Continuò, tornando a guardare la figlia. “E io… Mi si è spezzato il cuore, in quel momento! Ho creduto a lui…”
“Mamma…” Mormorò Annika senza convinzione.
“Se non vuoi perdonarmi, posso capirlo.” Continuò la donna. “Avevo bisogno di credere a lui, era mio marito e tu ti comportavi in un modo…”
Bill si domandò se Anne si fosse mai chiesta perché, Annika si comportasse in quel modo.
“Mamma, basta.” La pregò la ragazza, ma lei non l’ascoltò.
“Non ho giustificazioni, quindi sei libera di odiarmi.” Concluse Anne ad occhi bassi.
“Non ti odio, mamma.” Affermò Annika, staccandosi dalla mano di Bill e avvicinandosi alla madre. “Non nego che ci vorrà del tempo, però, perché io possa andare oltre quello che è successo. Ho sofferto molto e spero che ora tu te ne sia resa conto.”
“Me ne rendo conto, Annika.” Ammise mesta la donna. “E non sai quanto mi dispiace.”
“Va bene così.” Le disse comprensiva la figlia, posandole una mano sulla spalla, si scambiarono uno sguardo. “L’importante è che adesso tu sappia e abbia capito.”

Il cielo sopra la città continuava ad essere grigio e non cambiava col passare delle ore: non migliorava, ma nemmeno rilasciava la pioggia.
I ragazzi si erano spostati al cimitero. Bill e Tom, vicini alla macchina, guardavano Claudia e Annika addentrarsi tra le lapidi.
I cimiteri avevano sempre depresso Bill, per fortuna li frequentava poco ed era stato sollevato dal fatto che Annika avesse chiesto la compagnia dell’altra ragazza, invece della sua, per quella visita.
Scambiò uno sguardo col fratello e bastò quello per sapere che Tom aveva perfettamente capito il suo stato d’animo; un sorriso amaro concluse quella conversazione muta e Bill tornò a seguire la figura bionda che si allontanava.
 
Annika fissava la lapide grigia davanti a se, le lettere dorate, il nome, le date. Il tempo passava talmente in fretta che le sembrava ieri il giorno in cui, bambina, aveva assistito alla sepoltura di suo padre. La sua vita non era stata più la stessa da allora.
Le mancava suo padre, ancora come allora. Ricordava un uomo sorridente, gentile, che la teneva per mano e le mostrava il mondo senza lasciarla sola. Era bastato un incidente, però, per perderlo, troppo piccola per conoscere la vita e con una madre troppo disperata e giovane per farcela da sola. Aveva capito solo ora che sua madre non aveva colpe, se non quella di essere una persona debole. Annika aveva imparato a combattere per se stessa e anche sua madre avrebbe dovuto farlo.
“Era molto giovane, tuo padre.” Mormorò sottovoce Claudia.
“Già.” Annuì seria Annika, continuando a guardare la lapide.
“Te lo ricordi?” Domandò l’amica.
“Lo ricordo benissimo e mi manca.” Rispose lei, alzando gli occhi per fare un piccolo sorriso triste.
“Capisco…” Commentò Claudia a corto di parole.
“Sai…” Riprese Annika. “…allora ero una bambina, ma ora che è morto anche Rudolf, vedendo la situazione di mia madre, ho capito che la vita è troppo breve per non seguire il proprio cuore.”
“Immagino che sia il posto giusto per fare certe riflessioni.” Intervenne l’altra. “E penso che tu le stia facendo per una ragione precisa.”
Annika annuì, prima di rispondere. “Bill mi ha chiesto ancora di tornare a stare da lui e… penso che lo farò, sempre se non è un problema per te.”
“Ma stai scherzando, vero?” Reagì Claudia, allargando le labbra in un sorriso felice. “Te lo dico da mesi, che devi tornare da lui!” Annika le sorrise e poi abbassò gli occhi.
“Anche tu dovresti seguire i tuoi sogni, Claudia.” Le disse poi, tornando a guardarla intensamente negli occhi. Le iridi scure dell’amica tremarono.
“A cosa ti riferisci?” Chiese incerta.
“Lo sai, parlo della borsa di studio in America.”
Claudia distolse lo sguardo da Annika, abbassò il capo e si voltò. L’argomento non era dei migliori e lo sapeva, ma Claudia avrebbe dovuto affrontarlo prima o poi.
“Non glielo hai ancora detto, vero?” Domandò la ragazza bionda all’amica.
“La verità è che non so nemmeno io cosa fare.” Confessò infine Claudia, tornando a girarsi verso Annika. “Cosa desidero di più? Sono pronta a fare questo passo, sono pronta a parlarne con lui?”
“Questo puoi saperlo solo tu.” Replicò l’altra. “Domandati cosa vuoi davvero e non avere rimpianti dopo aver deciso, ma soprattutto…” Si guardarono negli occhi. “…parlane con Tom.”
 
La discussione era stata a tratti veemente e andava avanti da giorni. Tra urla, porte sbattute, silenzi, riappacificazioni, spiegazioni pacate, sospiri arresi. La tensione, ad ogni modo, restava.
Claudia trafficava nell’armadio, sistemando le sue cose. Era stanca di dover spiegare le sue motivazioni, di dare ragioni per le sue decisioni, di tenere insieme il suo cuore spezzato.
Tom era seduto mollemente sul bordo del letto, ancora incredulo di quello che gli stava succedendo, nonostante ascoltasse Claudia da quasi una settimana. Le sue spalle erano curve, i gomiti sulle ginocchia, la bocca contratta in una smorfia amara, gli occhi persi nel vuoto.
“E noi due?” Domandò improvvisamente il ragazzo, senza cambiare posizione o girarsi verso di lei.
Claudia sospirò, lasciò il maglione che aveva in mano su un ripiano e si sedette sul letto, dalla parte opposta di Tom, dandogli le spalle.
“Potrei anche dirti «restiamo insieme, proviamoci», ma mi rendo conto che è un’utopia.” Affermò tristemente la ragazza. “Sono migliaia di chilometri, impegni che non si accordano, liti al telefono… non so se voglio tutto questo e poi…”
“Poi?” La incitò lui mogio.
“Mi sentirei in colpa a tenerti legato a me, a restare legata a te…” Ammise lei riluttante. “Siamo entrambi troppo giovani per sacrificarci così…”
“Ma io…” Soffiò Tom, torcendosi appena verso la ragazza. “Io ti amo, Claudia.”
“Anche io ti amo, Tom!” Esclamò lei, voltandosi completamente verso il chitarrista.
Si guardarono negli occhi, entrambi erano tormentati, indecisi, sofferenti. Per Claudia era terribile dover vedere il dolore nello sguardo di Tom, ma sapeva che lui vedeva lo stesso in lei. Gli prese la mano, stringendola nella sua. Era calda, un po’ sudata, mentre la sua era fredda, gelata.
“Noi due contiamo così poco?” Le chiese il ragazzo, aggrottando la fronte, con un’espressione tenerissima da cane bastonato. Claudia represse un singhiozzo.
“Cerca di capire.” Tentò poi di spiegargli. “Questo è quello che ho sempre sognato per me, è la mia opportunità e rinunciarci per dedicare la mia vita a te sarebbe…”
“Terribilmente ingiusto.” Concluse Tom, abbassando gli occhi.
“Sì.” Confermò Claudia.
“Quindi finisce così.” Sentenziò rassegnato il ragazzo, sempre a capo chino.
Tom sentì le mani di Claudia prendergli il viso e farglielo alzare. Gli occhi di lei erano grandi e lucidi, il suo sorriso piccolo e triste. Lui si morse il labbro inferiore.
“Sappi che ho il cuore in frantumi.” Mormorò la ragazza. Il chitarrista non seppe fare altro che abbracciarla e stringersela addosso con tutta la forza.
“Non smetterò di amarti solo perché te ne vai, capito?” Le sussurrò tra i capelli, Claudia si strinse di più a lui. “Non illuderti che ti dimenticherò tanto presto, così potrai avere meno sensi di colpa, perché io… Claudia…” E nel sussurrare il suo nome, la voce gli si perse e riuscì solo a socchiudere gli occhi contro il suo collo.
La ragazza, mentre sentiva Tom reprimere i singhiozzi nascosto in lei, lo abbracciò più forte che poteva, trattenendosi per non scoppiare a piangere a sua volta. E, tenendo per le spalle grandi quel ragazzo cresciuto troppo in fretta, pensava che quello che le sarebbe mancato di più di lui era proprio quel tepore così bello che aveva sempre, che la sapeva rassicurare e cullare, che profumava di buono e le dava pace.
Non era ancora sicura di aver fatto la scelta giusta, ma ormai l’aveva fatta. Ora voleva soltanto che le ultime settimane che avrebbe passato con Tom, fossero bellissime.

In quell’aeroporto faceva freddo. Era l’unica cosa che Claudia riusciva a pensare mentre i suoi amici la salutavano. Tra abbracci, promesse e baci, lei continuava ad avere freddo.
Qualcuno le prese le mani. Alzò gli occhi e vide Annika che le sorrideva gentile, in quel suo modo familiare e dolce che le sarebbe mancato da morire.
“Anche io ho le mani fredde.” Le disse l’amica. “Se ce le stringiamo, magari passa.”
“Oh, Annika…” Mormorò l’altra commossa, prima di abbracciarla.
Le due ragazze si strinsero; ad entrambe sembrava strano e meraviglioso che la loro amicizia, nata quasi per caso, le avesse portate fin lì, ad essere così importanti l’una per l’altra. Claudia alzò il viso e guardò Annika negli occhi.
“Non ti ho mai ringraziata per avermi sempre spronata a vivere la mia vita, a pensare con la mia testa.” Affermò dolcemente. “Se ora so cosa voglio, molto è merito tuo.”
“Sei sempre stata intelligente e forte, avevi solo bisogno di una spintarella.” Replicò l’amica sorridendo. “Ora puoi volare da sola.”
“Oh, Dio mio! Che discorsi fate!” Intervenne Bill, separandole. “Sembra che non vi dobbiate vedere mai più e non sarà così! Non ti libererai di noi tanto facilmente!” Aggiunse, allargando le braccia. “Vieni qui!” Invitò poi, abbracciando Claudia.
“Ma Tom non è venuto?” Domandò ingenuamente Effie, guardandosi intorno.
Il volto di Claudia, appena uscita dalle braccia di Bill, si rabbuiò e la ragazza di Georg si rese conto di aver fatto una domanda inopportuna.
“No.” Le rispose proprio il cantante.
“Ci siamo salutati ieri sera e… abbiamo deciso di risparmiarci scene patetiche in pubblico.” Precisò Claudia.
Tutti annuirono silenziosamente, intuendo il dolore dietro quell’affermazione che voleva essere leggera. Fu Gustav a stemperare il momento.
“Forza, finiamola con questi saluti, che l’aereo non aspetta certo noi!” Esclamò il batterista, strappando un sorriso a tutti i presenti.
Ci furono altri abbracci, altri saluti e promesse, poi Claudia prese il suo bagaglio a mano e, con un ultimo cenno della mano, si diresse verso il check-in.
Aveva superato il varco e i vari controlli e si trovava in un’area dove, oltre ad una parete a vetri, si vedeva ancora l’altra parte dell’aeroporto, quando lo vide.
Era lì, in piedi oltre la barriera trasparente, tutto vestito di nero, il viso serio e bellissimo, la bandana sulla fronte e le mani in tasca. La guardava assorto, muto.
Claudia sentì gli occhi inumidirsi, ma trattenne le lacrime, perché non voleva farlo stare ancora male. Ricordò il suo ultimo abbraccio, così caldo e confortevole. I baci. Le carezze. Ogni istante con lui. Tutto quello che lasciava.
Ma l’altoparlante chiamò il suo volo. Claudia si girò, guardando di sfuggita il monitor e il numero del suo gate. Doveva andare.
Tornò a guardare Tom, con gli occhi sempre lucidi. Lo vide sfilare una mano dalla tasca ed alzarla per l’ultimo saluto. Non la mosse, non la sventolò. Semplicemente le mostrò il palmo e accennò un mezzo sorriso storto e triste. E Claudia non poté che fare lo stesso.
Dopo, non le restò che guardarlo andare via con la coda dell’occhio, mentre raccoglieva la borsa e si dirigeva verso il proprio futuro.

CONTINUA

Un veloce ringraziamento a chi commentò (passato remoto) il precedente capitolo: la mia indispensabile compagna di filmini, Princess - jolly24 - la mia folle complice d’incursioni in territorio Kaulitziano, kit2007 - Lady Cassandra – Antonellina - RubyChubb, quanto tempo! -  sem0305 - angeli neri - Pulse - ruka88.
Siete sempre troppo gentili e spero che apprezzerete il regalo di Natale. Vi aspetto, sperando che la vostra speranza nell’aggiornamento non sia morta…-_- Grazie fin da ora!

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Capitolo 8
*** 8 - Hello again ***


thunder road
I mesi sembrano passare più veloci che mai, non mi ero accorta che fosse già passato tanto tempo, dall’ultimo capitolo… Inutile dire che mi dispiace tanto avervi fatto penare così con questa storia. Spero mi perdonerete… -_-
Questo è l’ultimo capitolo ufficiale, lo seguirà solo un piccolo epilogo che sto cercando di ultimare al più presto possibile. Mi auguro che qualcuno lo aspetti ancora…
A questo punto che dire… vi lascio alla lettura e aspetto i vostri commenti, nella speranza che siate così buoni da scrivere qualcosina.

A presto
Sara

Capitolo 8 ~ Hello again

Hello again, it's you and me
Kinda always like it used to be
Sippin' wine, killing time
Trying to solve life's mysteries
((You Want To) Make A Memory – Bon Jovi)

Sembrava davvero strano che fossero passati quasi sei anni, pensare a come lo studio, poi il lavoro, la lontananza, le nuove abitudini e amicizie, infine, ti allontanino da persone che hai tanto amato nella vita. Ma succede.
Ora, a Times Square, davanti a quell’enorme insegna che annunciava il ritorno dei Tokio Hotel in America, Claudia pensava che non potesse essere davvero passato tanto tempo.
In verità era sporadicamente tornata in Germania, durante i primi due, tre anni, quando ancora studiava e aveva incontrato anche Annika, però i ragazzi per un motivo o per l’altro non erano mai stati ad Amburgo. Claudia, poi, aveva iniziato a lavorare in una rivista di moda, la sua capa l’adorava e il lavoro le piaceva davvero tanto, così le visite in patria si erano diradate. In più, a New York, si era unita ad una compagnia di ragazzi dell’ufficio, veramente simpatici, che l’avevano coinvolta nella vita notturna di Manhattan. Non era nemmeno potuta andare al matrimonio di Bill e Annika, perché in quel periodo c’era la settimana della moda e non le avrebbero dato un permesso neanche se le avessero sterminato la famiglia.
Quanto ai Tokio Hotel, dopo un album non proprio all’altezza dei precedenti ed un tour non entusiasmante, era seguito un periodo se non di crisi, almeno di stanchezza. I ragazzi avevano deciso di prendersi un periodo di pausa, di separarsi, seguire progetti solisti, dedicarsi alla produzione, farsi una famiglia; così c’erano stati praticamente due anni di silenzio quasi totale, come gruppo.
L’inverno precedente, poi, quando si erano ormai perse le speranze, Bill Kaulitz in persona, in un’intervista esclusiva, rivelava: “Siamo ancora una band e stiamo lavorando al nuovo disco.”
Sei mesi dopo era uscito il loro album, a detta di Claudia il loro lavoro migliore, completo e maturo anche per i critici, che li aveva riportati in vetta alle classifiche e, quindi, in giro per il mondo.
Ed ora eccoli lì, su uno dei cartelloni luminosi di Times Square, belli come sempre, nonostante il tempo passato; più in forma che mai, secondo chi aveva già assistito allo show.
Ma adesso era meglio se distoglieva gli occhi da quelle belle facce e si sbrigava, o avrebbe fatto tardi al lavoro.

Claudia finì di controllare bene la pagina sul pc, poi alzò gli occhi sulla sua amica e collega Tracy. Era una ragazza dai capelli rossicci, carina, simpatica e aperta, che amava bere e ridere.
“Tracy, hai impegni venerdì sera?” Le chiese.
“Beh, sai Jason…” Fece per rispondere l’amica.
“Oh, lascia stare Jason!” Sbottò Claudia interrompendola. “Quante volte te lo devo dire che quella storia non ha futuro?”
“Sì, però a letto…” I soliti argomenti.
“Disdici, dove ti porto io è sicuramente meglio che uscire con quell’idiota.” Le ordinò brusca l’altra.
“Andiamo, di che si tratta?” Chiese allora Tracy, rassegnata.
“Un concerto.” Rispose Claudia sorridente.
“Spero non una di quelle cose barbose che piacciono a Kevin…” Soggiunse Tracy, che non aveva mai digerito la passione per la musica da camera del loro gayssimo amico.
“No, si tratta di rock.” La rassicurò l’altra. “È un gruppo delle mie parti, i Tokio Hotel, non so se li conosci…”
“Ho visto il loro cartellone in centro, la cantante è proprio una gran figa…”
“E’ un uomo e anche sposato.” La stupì Claudia.
“Dai! Mi prendi per il culo?!” Esclamò stupita l’amica, lei negò col capo. “Allora, se sai queste cose, vuol dire che li segui da tanto.”
Claudia annuì. “Da quando ero ragazzina.” Affermò poi, quindi tornò a spulciare sul pc. “Anzi, ero una loro groupie.” Aggiunse distrattamente.
“Tu eri una che cosa?!” Saltò su Tracy incredula, spalancando gli occhi e fissandoli sulla collega all’altra scrivania.
“Ero una groupie.” Confermò tranquilla Claudia.
“Cioè una di quelle ragazze in abiti succinti che seguono le band in tour, partecipano ai festini e si scopano le rockstar?” Insisté Tracy, Claudia annuì. “E sei stata con tutti loro?” Chiese allora l’altra, non senza una certa morbosa curiosità.
Il suo sorriso malizioso, però, si spense, quando vide lo sguardo di Claudia farsi più malinconico e vago, poi spostarsi in un punto indefinito oltre la vetrata che affacciava sull’Hudson.
“No, soltanto con uno.” Rispose infine la ragazza, mentre con gli occhi cercava chissà cosa nel cielo grigio di New York.

Tracy non si pentì di aver seguito Claudia al concerto: bastarono un paio di canzoni perché si ritrovasse pienamente coinvolta nell’atmosfera dello show.
La sua accompagnatrice, d’altra parte, non aveva bisogno nemmeno di quello. Era bastata una nota, per ritirare fuori la fan girl assopita in lei. Pochi attimi e già gridava a squarciagola, saltando e cantando. E non solo per la musica, ma anche per ignorare il colpo al cuore quando i ragazzi erano usciti sul palco.
Bill non era cambiato molto, sempre asciutto, altissimo e bellissimo; ora portava i capelli più corti, ma non più a spazzola, ma spioventi e sfilati, a coprirgli il viso con una lunga zazzera. In mezzo alla sua usuale tinta nera, spiccava un solo ciuffo bianco. Vestito di nero, catene d’argento.
Georg non era ringrassato, aveva sempre un gran bel corpo. I capelli li portava leggermente più corti e spesso legati. Quella sera aveva la camicia, gli stava proprio bene.
Gustav si era fatto crescere la barba, era dimagrito, aveva un’aria saggia, ma portava sempre i suoi affezionati bermuda. Era sempre l’anima rock della band.
Lui, non avrebbe voluto guardarlo, ma quando mai era riuscita a resistere nonostante questo stesso ordine dato ai propri occhi? Si erano spostati da soli. Prima su quella chitarra bianca, poi sulle mani sempre stupende e forti, quindi sulla semplicissima maglietta nera, senza scritte, più stretta di quanto mai fossero state le sue, che faceva risaltare il petto e le spalle, infine sui capelli. Ora, erano corti al collo, mossi, biondi… Pochi attimi ed era ad osservargli proprio il collo e la mascella perfetta e il naso e le labbra e gli occhi socchiusi… Tutto lo splendido, virile, dolcissimo, viso di Tom…
Ogni canzone, poi, aumentò la sua emozione e non poté impedire ai suoi occhi di diventare lucidi, quando arrivarono alcune delle loro più classiche ballate, come la sua adorata “Heilig” o la bellissima “Phantomrider”. Claudia aveva un vuoto allo stomaco: ognuna di quelle canzoni le riportava un ricordo degli anni più eccitanti e spensierati della sua vita. Ogni accordo di Tom era un suo sorriso che tornava dai labirinti della memoria.
Oh, quanto le era mancato tutto quello! La musica dei Tokio Hotel. La Germania. Le follie dell’adolescenza. Tom. Soprattutto Tom. E stavolta, chissà perché, non le faceva così male ammetterlo.
Sorrise, tra di se, stupendosi di essere cresciuta e di vivere in modo migliore quel sentimento che aveva combattuto per tanto tempo.

Il concerto terminò dopo due ore di batticuori continui. Claudia e Tracy uscirono insieme alla calca del pubblico e presero un taxi.
Tracy non fece che parlare per tutto il tempo dello spettacolo appena visto, che l’aveva entusiasmata, domandando notizie del gruppo e del loro passato, curiosa di scoprire tutti i legami dell’amica con quei musicisti che aveva così apprezzato.
Claudia rispose, ma si scoprì molto reticente. Sentiva che quel passato era una cosa solo sua e non voleva dividere quegli anni pazzi con qualcuno che non li aveva vissuti. In realtà, mentre il taxi correva per le strade di Manhattan, lei sentiva il bisogno di parlare con Annika.
Quando Tracy scese a casa propria, ringraziando ancora Claudia per averla portata al concerto, lei la salutò e, poi, fece per dire all’autista l’indirizzo di casa sua, ma le arrivò un messaggio sul cellulare.
«Ti aspetto all’after party, niente scuse! Siamo al Waldorf, chiedi di me! Annika»
Claudia sbuffò una risata. Avrebbe potuto dire di no, ma la verità era che aveva aspettato quel messaggio. Annika le mancava e aveva troppa voglia di rivederla per non accettare.
“Mi porti all’hotel Waldorf, per favore.” Ordinò all’autista.

Arrivata all’hotel non le fu difficile avere le notizie che cercava, dopo aver fatto il nome di Annika.
Il party si svolgeva in uno dei saloni dell’albergo, non uno dei più grandi, visto che gli invitati erano limitati.
Claudia entrò timidamente, ma attirò l’attenzione di alcuni presenti, forse per il suo abbigliamento semplice, probabilmente ritenuto poco adatto ad un evento come quello. Ma bastò poco per farla sentire di nuovo a suo agio.
“Claudia!” La chiamò una voce allegra dalla sua destra; girandosi si vide venire incontro una ragazza bionda, alta, con un vestito nero.
“Annika!” Rispose felice.
Le due ragazze si abbracciarono forte, ridendo. Si volevano bene ed era tanto tempo che non si vedevano. Entrambe non avrebbero mai potuto dimenticare quanto erano state importati l’una per l’altra in tanti momenti difficili.
“Allora? Cosa mi racconti?” Fece Annika, quando si lasciarono. “Fatti vedere!”
“Oh, dai! Non sono neanche andata a cambiarmi…” Si schernì Claudia, spostando lo sguardo.
“Ma se sei bellissima!” Esclamò l’amica, prendendola per le spalle e guidandola verso le vetrate del salone.
“Smettila!” Sbottò l’altra, vagamente imbarazzata. “Tu, piuttosto! Sei sempre più alta e bionda, dove vuoi arrivare?” Aggiunse con tono scherzoso.
“Eh, beh… devo essere all’altezza di mio marito!” Rispose Annika, facendo uno sguardo ammiccante, prontamente imitato da Claudia, prima che entrambe si rimettessero a ridere.
“Sai…” Riprese la ragazza più bassa. “…mi è dispiaciuto non poter venire alle nozze.” Annika le sorrise dolcemente, mentre si fermavano al tavolo delle bibite.
“È dispiaciuto anche a me.” Confermò poi. “Bill è ancora arrabbiato con te, stai attenta quando lo vedi!” Aggiunse ridendo.
“Quello scemo!” Commentò Claudia. “Senti un po’… Quando me lo fate un nipotino?”
Annika si girò verso di lei con un’espressione furbetta. “Potrebbe essere prima di quello che credi…” Mormorò cospirativa.
“Annika, ma… sei incinta?!” Domandò speranzosa l’amica, spalancando gli occhi.
“No! Non ancora, ma… ci stiamo provando, ecco.” Rispose con uno sguardo dolce.
“Ahhh…” Commentò maliziosa Claudia. “Vi date da fare, eh?”
“Sempre.” Ammiccò Annika. “Lo sai…” E scoppiarono a ridere di nuovo, ormai con i drink in mano. “Dai, andiamo dai ragazzi, vorranno salutarti.”
“Ok!” Accettò entusiasta Claudia, anche lei era impaziente di rivederli.
Seguì Annika spostarsi, ma la vide fermasi quasi subito, così alzò gli occhi. C’era qualcuno, davanti a loro. Qualcuno che guardava Claudia negli occhi.
Alto, capelli chiari tenuti indietro da una bandana bianca, una camicia blu che gli evidenziava le spalle e il petto, due grandi e vellutati occhi scuri. E un sorriso rilassato, ironico e malizioso che poteva appartenere solo ad una persona…
“Ciao, Tom.” Salutò tranquilla la ragazza.
“Ciao, Claudia.” Rispose lui.

If you don't know if you should stay
If you don't say what's on your mind
Baby just breathe
There's nowhere else tonight we should be…
 
Un’alba brumosa stava rischiarando la baia oltre le vetrate scure dell’elegante suite, regalando alla stanza, coi suoi colori tenui e freddi, un’atmosfera quasi nebulosa.
Lui era steso bocconi sul letto, la schiena scoperta, le belle spalle muscolose in evidenza. Un braccio era alzato sopra la testa, le dita tra i capelli biondi, l’altro era sotto il cuscino. La sua pelle abbronzata era ancora morbida e calda come lei se l’era sempre ricordata e anche il suo profumo era sempre lo stesso.
Lo stava osservando da qualche minuto, indecisa su cosa fare. Era stato fin troppo facile ritrovarsi tra quelle lenzuola, ma, come sempre, si prospettava difficile uscirne.
La sera prima, dopo i saluti, dopo gli abbracci di Bill e le battute, i brindisi al successo del concerto e al loro ritrovarsi, la festa era diventata più rilassata e lei si era ritrovata seduta con lui al bancone, a parlare e bere con tranquillità, sereni e divertiti. Non era passato molto tempo, però, perché i loro sguardi si facessero più languidi ed espliciti e, quando lei aveva deciso di andarsene, era bastata la mano calda di lui sul proprio polso e un’occhiata tiepida ed invitante, per convincerla che non era l’ora di lasciare quell’albergo.
E adesso era mattina. E Tom era lì, nudo e bellissimo. Sempre speciale, sempre unico.
Claudia vide i suoi occhi stringersi, le lunghe ciglia scure tremare e le palpebre aprirsi piano, svelando le iridi ancora opache per il sonno, ma che si fecero limpide vedendola. Un sorriso pigro stiracchiò le sue labbra morbide.
“Buongiorno.” Biascicò il ragazzo.
“Buongiorno.” Rispose lei sorridendo.
“È tanto che sei sveglia?” Le chiese, stiracchiandosi appena, prima di girarsi sul fianco.
“Un po’, sì, ma volevo salutarti prima di andare via.” Affermò la ragazza, mentre gli accarezzava i capelli, sistemandoli. Le piacevano così naturali, non glieli aveva mai visti.
“Te ne vai di già?” L’interrogò lui.
“Sì, devo andare al lavoro.” Spiegò Claudia, mentre si sporgeva dal letto per recuperare la propria biancheria.
“Capisco.” Commentò Tom, mettendosi supino contro i cuscini. Lei si stava già rivestendo.
La osservò, mentre s’infilava i jeans. I capelli erano di nuovo lunghi, le arrivavano alla vita, scalati e più chiari, le stavano bene. Era più magra di come la ricordava, ma sempre con quelle curve morbide che amava. Gli era mancata, nonostante il tempo passato, le storie più o meno serie che aveva avuto. Claudia era Claudia. Questo non sarebbe cambiato mai.
“Noi ripartiamo, stasera.” Le disse il chitarrista. Lei respirò più forte, poi abbassò le braccia su cui stava il maglioncino di cotone giallo che stava per infilarsi.
“Lo so.” Mormorò soltanto.
“Mi chiedevo se, per caso, non ti andrebbe di raggiungerci anche a Philadelphia…” Ipotizzò cautamente lui, scrutandola per intuire la sua reazione. Claudia continuava a dargli le spalle.
“No, Tom.” Rispose secca.
“No, non puoi, oppure… non vuoi?” Le chiese il ragazzo. La ragazza si girò verso di lui con un’espressione piatta.
“Entrambe le cose.” Spiegò quindi.
“Perché?” Fece Tom.
“Perché?!” Replicò lei stupita.
“Esatto: perché?” Insisté lui.
“Beh…” Tentò Claudia, un po’ titubante, ma poi si riprese. “Perché devo lavorare, ho i miei impegni, le mie cose e poi non avrebbe senso!”
“Quindi non hai voglia di passare un po’ di tempo con me, ora che potresti farlo.” Ribatté lui, con i gomiti sulle ginocchia coperte dal lenzuolo grigio. Lei gli rivolse uno sguardo freddo.
“Cos’è? Hai voglia di giocare un po’ ai fidanzatini felici?” Gli chiese provocatoria.
“È davvero tanto tempo che ho smesso di giocare con te, Claudia Hohenbaum.” Rispose Tom serio.
Claudia lo fissò sorpresa, non si aspettava quella reazione pacata, non era da lui. Si guardarono negli occhi per un lungo momento e lei capì che era cambiato, c’era qualcosa di nuovo nel suo sguardo, qualcosa che non conosceva.
Tom, poi, si alzò lentamente dal letto, s’infilò i boxer, quindi si avvicinò ad una cassettiera e prese il pacchetto delle sigarette, per riposarlo subito. Restò lì, però, dandole le spalle, le mani appoggiate sul piano, le spalle in tensione.
“Ti sei mai chiesta qual è il vero motivo per cui non siamo mai riusciti a stare davvero insieme?” Le chiese dopo qualche secondo, la voce tranquilla.
“Io… io…” Esordì Claudia incerta, colta impreparata. “Presumo che sia perché eravamo troppo giovani, immaturi…” Tentò di spiegare poi.
“No, non è per quello.” Replicò lui interrompendola. Si girò, restando appoggiato al mobile. “O meglio, in parte può darsi, ma ho avuto modo di pensarci a lungo, in questi anni.” Le rivelò quindi, continuando a guardarla con aria serafica.
“E a quale conclusione sei giunto?” S’informò la ragazza, cercando di fingere indifferenza, ma era curiosa delle sue riflessioni.
“Una molto semplice, alla fine.” Rispose Tom, stringendosi appena nelle spalle. “Noi non siamo mai riusciti a stare insieme, perché non lo abbiamo voluto.”
Claudia spalancò gli occhi, colpita dalla lucida consapevolezza con cui Tom aveva pronunciato quelle parole. Non voleva crederci, perché lei, allora, aveva investito tutta se stessa nella loro relazione. Era assurdo che lui pensasse che in realtà non si era impegnata! Provò a reagire, ma il ragazzo ricominciò a parlare, spostando lo sguardo oltre le vetrate dietro il letto.
“Io non so quali siano stati i tuoi motivi, conosco i miei, ma la verità è che nessuno dei due ha mai creduto davvero alla nostra storia.” Affermò amaro il chitarrista, sempre guardando lontano. “Siamo stati noi due i primi a non crederci davvero, a pensare che tanto non sarebbe durata…” Rialzò gli occhi su di lei. “Puoi anche negare, ma non ci crederei, Claudia.”
Ma lei, il coraggio di negare non lo ebbe. Perché, per quanto facesse male, fosse difficile da credere, era dolorosamente vero. Non ci aveva mai creduto, come e quanto lui. Anche se lo aveva amato. Anche se lo amava ancora.
“La cosa assurda, sai qual è?” Le fece poi, con un sorrisetto tristemente sarcastico. “È che invece avremmo dovuto farlo, avremmo dovuto almeno provarci. Perché è passato il tempo, ma io…” Si guardarono e lei lo supplicò con lo sguardo di non dirlo. “I miei sentimenti non sono cambiati, Claudia e so che non lo sono nemmeno i tuoi.”
No, che non lo erano, ma cosa cambiava, adesso? La ragazza strinse i denti e prese un lungo respiro profondo, distogliendo gli occhi da quelli sempre così intensi di Tom.
“Non ti ho mai sentito parlare così tanto.” Affermò con ritrovata calma, prima di sedersi sul letto e infilarsi gli stivali.
“Ho ventotto anni, ormai. Anche io, per quanto sembri strano, sono un po’ cresciuto.” Ribatté lui, con un cenno del capo. “Non ho più paura di dire quello che penso davvero.”
“Mi fa piacere questo positivo cambiamento.” Commentò Claudia, mentre si alzava e cercava la sua giacca.
“Non hai nient’altro da dirmi?” Le domandò Tom, aggrottando la fronte.
“Cosa vuoi che dica? Hai detto tutto tu.” Replicò lei, stringendosi nelle spalle.
“Ok!” Esclamò lui, alzando le mani in segno di resa. “Non è la reazione che mi aspettavo, ma sei libera di fare come ti pare.” Aggiunse.
Claudia, che nel frattempo aveva recuperato la borsa su una poltrona, la sbatté di nuovo sui cuscini con forza e si voltò verso di lui.
“Cosa vuoi che faccia, Tom?! Vuoi che t’implori di tornare insieme, che molli il mio lavoro per seguirti in tour, che mandi in malora la vita che mi sono creata?! Per te?” Gridò, sperando di non avere le lacrime agli occhi. Lui la guardava serio.
“Vorrei solo che riflettessi su quello che ti ho detto e ti domandassi se vale la pena di viverla così, la tua vita, o se, piuttosto, non manchi qualcosa.”

Claudia, sul taxi che la riportava a casa, abbracciata alla propria borsa, mentre lungo le strade, la solita New York, riprendeva le attività diurne, pensò davvero alle parole di Tom, ma non trovò molte risposte alle troppe domande che affollavano la sua mente.

Erano passati un paio di giorni dall’ennesimo addio con Tom. Claudia aveva vissuto facendo finta che non fosse successo nulla, come se non lo avesse rivisto. Come se non avesse riscoperto di amarlo. Ma quella primavera, a New York, era diventata improvvisamente più fredda.
La ragazza guardava fuori dalla finestra della sua cucina, appollaiata su uno sgabello, mangiando distrattamente i cereali. Si sentiva apatica, come se Tom, andando via, avesse portato con se la sua gioia di vivere.
Finito di mangiare posò la tazza nel lavandino e guardò l’orologio appeso alla parete. “Cazzo!” Imprecò, accorgendosi dell’ora, quindi non si sprecò a lavare le stoviglie e corse a vestirsi: stava facendo tardi al lavoro!
Claudia arrivò in ufficio trafelata. Uscire di casa qualche minuto più tardi le aveva fatto perdere la metro e il treno successivo, strapieno, le aveva sballato tutti gli orari, costringendola a districarsi tra la folla per riuscire ad arrivare solo con un minimo ritardo.
Buttò la sua roba sulla sedia e si riavviò i capelli, pronta a mettersi al lavoro prima ancora di aver bevuto un caffè, dopo aver appena salutato le colleghe.
“Dio, che casino stamattina!” Si lamentò, mentre radunava una pila di fogli. “E devo anche fare un milione di fotocopie per la riunione delle dieci!”
In quel mentre entrò Tracy, si guardò intorno apprensiva, cercando chiaramente qualcuno e, quando vide Claudia, le si avvicinò in fretta.
“Ciao, Tracy!” La salutò lei allegramente, appena la vide. “Finisco qui e andiamo a prenderci un caffè, che ne dici?” Le disse poi, continuando a preparare i documenti.
“Ma Claudia, non hai saputo?” Esordì però l’amica.
La ragazza si voltò sorpresa, sbattendo le ciglia. “Cosa è successo?” Chiese stranita.
“Non hai sentito il notiziario stamattina?” S’informò preoccupata.
“Oddio, no! Mi stai facendo preoccupare!” Esclamò Claudia. “Parla!” L’incitò.
“I Tokio Hotel.” Soffiò Tracy. “Hanno avuto un incidente, il loro pullman si è ribaltato poco fuori da Philadelphia.”
Claudia sbiancò e si sentì mancare la terra sotto i piedi. Allungò una mano e si tenne alla fotocopiatrice che aveva accanto.
Il tourbus dei Tokio Hotel si era ribaltato.
Un incidente.
Alcune delle persone che più amava erano rimaste coinvolte in un grave incidente.

Oddio, Tom!

“Claudia, ti senti bene?” Le domandò la voce allarmata di Tracy, arrivando da distanze siderali.
“Ho bisogno di una sedia…” Rantolò lei. Il suo cervello sintonizzato su altre frequenze.

Annika, Bill…

Lo stomaco le si contrasse in modo violento, rimandandole un singhiozzo fin nella gola, mentre si ritrovava seduta.

Tom, Tom… Tom!

Scattò via dalla sedia che le avevano porto come se l’avessero sparata. Acchiappò la propria borsa, ci frugò dentro con violenza, ne estrasse il cellulare, cercando freneticamente un numero, sotto gli occhi delle colleghe preoccupate.
“Rispondi, rispondi…” Supplicava attaccata alla cornetta. “Per l’amor di Dio, Annika, rispondi!”
“Pronto.” Le rispose una voce flebile e lontana. Ma sufficiente a rassicurare Claudia.
“Annika!” Esclamò rianimata. “Dimmi che state bene, ti prego!”
“Claudia stai tranquilla…” Cercò di rassicurarla l’amica, però con un tono incrinato.
“Ma cosa è successo?” L’interrogò con urgenza.
“Lì per lì non abbiamo capito bene, eravamo shockati, poi ci hanno detto che un camion davanti a noi ha perso un pneumatico e… Il tourbus è uscito di strada…”
“Ma state bene, vero?” Insisté Claudia, che parlando era uscita dall’ufficio, per fermarsi nel corridoio.
“Io mi sono rotta un polso, Bill ha delle contusioni e un taglio sulla fronte…”
“E Tom?” La interruppe Claudia.
Le rispose un sospiro sconfortato di Annika, che fece precipitare il cuore di Claudia in una voragine.

Oddio… Dio, Dio, ti prego, no…

“Annika?” Supplicò senza voce.
“Le cose non vanno bene, Claudia…” La voragine si allargò. “Lo stanno operando alla schiena, ma è abbastanza grave…” Claudia sentì il calore uscire dal suo corpo. “Era sulle scale, quando è successo…”
“Vengo lì.” Proclamò Claudia, ritrovando improvvisamente la voce.
“Claudia…” La supplicò Annika con voce stanca, ma l’amica l’interruppe.
“Non esiste che non vi raggiungo, dimmi in che ospedale siete.” E il suo tono non ammetteva repliche.

Il corridoio era bianco e verde, odorava di disinfettante. Claudia era partita il prima possibile, appena era riuscita a parlare con Marla, il suo capo e chiederle un permesso, che, vista la faccia che aveva, le era stato concesso senza tentennamenti. Quella sera stessa era a Philadelphia.
Ora camminava veloce, guardandosi intorno per trovare qualcuno che conosceva. Girò un angolo, seguendo le indicazioni avute in portineria e vide una figuretta vestita di nero che spiccava nel chiarore del corridoio. Rallentò e si avvicinò piano.
“Annika.” Chiamò a bassa voce.
La ragazza sussultò e si voltò. Era estremamente pallida, senza trucco, il braccio sinistro ingessato.
“Claudia.” Mormorò sorpresa. L’amica l’abbracciò.
“Come va?” Chiese Claudia, quando si scostarono. Il suo sguardo era ansioso.
“Bill è da Tom, ci hanno detto di tornare in albergo, ma lui non ne vuole sapere…” Rispose Annika, gli occhi lucidi.
“Ma vi hanno detto qualcosa?”
Annika annuì. “L’intervento è riuscito, non dovrebbe avere danni permanenti, ma per evitare complicazioni lo tengono in coma farmaceutico.” Le spiegò poi.
“Capisco…” Commentò Claudia con voce tremante. “Gli altri?” Chiese poi, mentre lei ed Annika si sedevano sulle poltroncine verdi lungo il muro.
“Il pullman di Georg e Gustav non è stato coinvolto nell’incidente, ma i ragazzi sono piuttosto sconvolti…” Raccontò l’amica; le due ragazze si tenevano per mano.
“Immagino” Fece l’altra. “Pensi che potrei vedere Tom?” Domandò quindi, con un’urgenza che aveva cercato di mascherare, ma l’ansia la stava divorando: doveva verificare con i suoi occhi le condizioni del chitarrista.
“Ho paura che Bill non accetterà di buon grado di cederti il posto.” Rispose Annika con un sorriso triste. “In terapia intensiva, ad ogni modo, fanno entrare solo i parenti stretti.” Claudia, allora, poté solo fare una smorfia amara.
Una porta in fondo al corridoio si aprì in quel momento, attirando l’attenzione delle ragazze. Annika e Claudia si alzarono, vedendo uscire Bill a testa bassa.
Sua moglie si staccò dall’amica e lo raggiunse. Si guardarono per un attimo negli occhi, quelli di Bill si riempirono di lacrime e Claudia si sentì morire, mentre loro si abbracciavano e il cantante nascondeva il pianto tra i capelli di Annika.

Bill guardò i macchinari pulsanti di lucette colorate, i tubi, le flebo. Il braccio disteso sul lenzuolo bianco, inerte. Sentì il suo cuore restringersi e dolere come se stesse per rompersi, ma Bill Kaulitz non era una persona abituata ad arrendersi. Era tutta la vita che lottava e questo non era certo il momento di smettere.
Prese un lungo respiro, cercando la spinta nell’ossigeno che gli entrava nei polmoni, poi, con una smorfia contrariata posò le mani sui fianchi.
“Guardami.” Disse, fissando gli occhi chiusi e le labbra coperte dai tubi del fratello. “Lo vedi cosa mi hanno costretto a mettere per colpa tua?” Continuò, indicando il camice verde che indossava. “È terribile, totalmente out e questo colore non mi dona per niente!”
Non giunse, ovviamente, risposta dal corpo dormiente che aveva davanti, ma nemmeno se la aspettava, in fondo.
Bill sospirò, quindi si avvicinò al letto, allungò lentamente una mano e gli accarezzò il capo. La sua pelle era tiepida, i capelli morbidi.
“Mi manchi, Tomi.” Mormorò Bill, facendosi triste, mentre s’imponeva di non piangere davanti a lui. “Ti rendi conto che non sento la tua voce da giorni? C’è troppo silenzio… Ho voglia di litigare con te, ne ho bisogno. Voglio che mi freddi con una battuta, voglio il tuo sarcasmo e il tuo broncio quando ti offendi…”

Non ho mai pregato in vita mia, ma fai che quando si sveglia sia come prima… per favore…

“Ho bisogno del tuo sorriso.” Affermò Bill, quasi supplicando, mentre stringeva la mano di Tom con dita tremanti. “Quindi adesso ti svegli, perché hai già dormito abbastanza e io mi sto scocciando.” Continuò con tono autoritario, serrando la stretta. “Abbiamo un sacco di cose da fare, c’è il tour a metà, io e Annika dobbiamo avere un bambino e tu dovrai fare lo zio… E poi c’è Claudia.” Parlando, Bill gesticolava con una mano e teneva quella del fratello con l’altra, come se interrompere il contatto fisico volesse dire lasciarlo andare nell’oblio. “Si è precipitata qui, sai? È molto preoccupata per te, anzi… credo proprio che sia ancora innamorata di te. E tu di lei. Penso che dovresti svegliarti e parlarci seriamente, è ora che mettiate la testa a posto, voi due.”

Tom svegliati. Svegliati, parlami, insultami… Cazzo, fai qualcosa, ti prego!

“Seriamente, Tomi.” Riprese, dopo un lungo respiro. “Sto per incazzarmi di brutto con te. Sono due giorni che sto dentro questo puzzolente ospedale, mangiando pessimi sandwich e indossando questi stracci orrendi! I miei capelli fanno schifo, la manicure è rovinata e mia moglie è uno straccio!” Si lamentò con tono piagnucoloso. “Svegliati, dai…”

Apri gli occhi, togliti quel tubo di bocca, protesta per il letto fatto male, chiedi una birra… Chiama il mio nome, io sono qui con te… Sentimi!

“Sentimi, Tom…” Supplicò, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime. “Lo so che mi senti, che sai che sono qui.” Aggiunse, prima di chiudere gli occhi e poggiare la testa sulla spalla del fratello. Una lacrima scivolò dai suoi occhi e bagnò la pelle di Tom.

Passò solo qualche secondo, prima che un allarme sibilante partisse dai macchinari a cui era attaccato Tom.
Bill alzò la testa di scatto, il viso bagnato di lacrime. Guardò la macchina che suonava, poi guardò Tom. Il panico s’impossessò di lui.
Poi Tom sussultò, tossì, strinse convulsamente la mano di Bill.
“Oddio, Tomi!” Esclamò lui, stringendolo a sua volta. “Che succede?!”
Arrivarono di corsa due infermiere, una si avvicinò ai macchinari, spegnendo l’allarme e l’altra si piegò su Tom.
“La prego, si allontani.” Chiese la donna a Bill.
“Dovrete tagliarmi il braccio, per farmelo lasciare!” Replicò deciso lui.
“Basta che si scosti solo un po’, per farci lavorare al meglio, sia gentile.” Ribatté l’infermiera, cercando di essere delicata ma ferma.
“Dobbiamo estubarlo.” Gli spiegò l’altra.
“Che vuol dire?” Chiese Bill, perplesso e allarmato.
“Adesso arriverà il dottore e gli toglieremo il tubo, perché ha ricominciato a respirare da solo.”
“Ed è una cosa buona, vero?” L’interruppe lui speranzoso. Le infermiere annuirono e Bill lasciò la mano di Tom, allontanandosi di qualche passo dal letto, per lasciarle agire.
Il cuore di Bill, ora, poteva ricominciare a battere. Se Tom tornava alla vita, poteva farlo anche lui.

Claudia entrò nella stanza quasi con timore. Non era grande, bene illuminata, accogliente. Superò il bagno, muovendosi con cautela, non voleva disturbarlo.
Lui era steso sul letto, voltato verso la finestra, per fortuna non dormiva. Indossava un camice bianco con pallini neri, a maniche corte, le braccia dorate lungo il corpo coperto, una flebo attaccata. Era strano vedere i suoi capelli sul cuscino, più biondi di come li ricordava.
“Hey.” Chiamò piano la ragazza.
Tom si voltò, l’espressione prima sorpresa, poi contenta di vederla. Fece un piccolo sorriso dolce, gli occhi che brillavano sotto le ciglia folte. Le venne quasi da piangere, da quanto era felice di vederlo così.
“Ciao.” La salutò piano, con voce roca.
Claudia si avvicinò al letto, sorridendo in modo da sembrare rassicurante, almeno per lui. Rassicurare se stessa era un’altra cosa, le tremavano le gambe.
“Come ti senti?” Chiese al ragazzo, dopo averlo esplorato con un’occhiata ed essere tornata a fissarlo in viso.
“Vivo.” Rispose semplicemente Tom.
Si guardarono un attimo negli occhi. Tom si accorse del turbamento di Claudia, riconobbe il dolore e la paura che lei aveva provato nel suo sguardo, come già li aveva visti in quelli di Bill e Annika. Alzò, allora, il braccio con la flebo e le prese la mano, sempre guardandola negli occhi.
La mano di Tom era calda e asciutta, il suo tocco delicato e piacevole. Era rassicurante essere di nuovo toccata da lui. Era come tornare a casa.
Claudia si lasciò andare ad un respiro sollevato, sedendosi sul bordo del letto, con la mano ancora stretta nella sua.
“Che mi tocca fare per averti accanto a me, eh?” Fece lui, ripescando il suo sarcasmo.
“Oh, ti odio!” Sbottò Claudia, ricacciando indietro le lacrime. “Non scherzare su questa cosa!”
“Io scherzo su tutto.” Replicò tranquillo Tom.
“Lo so…” Commentò lei più calma. “E mi mancava questo, di te.”
La presa delle dita si strinse, da parte di entrambi e si scambiarono un’occhiata solidale.
“Claudia…” Mormorò lui.
“Mi dispiace.” Lo interruppe la ragazza. Tom la guardò sorpreso, sbattendo le ciglia.
“E di che cosa?” Le chiese quindi.
“Per come ci siamo lasciati, a New York.” Rispose Claudia, dopo aver abbassato gli occhi. “Se penso che avrei potuto non parlarti mai più, che sarei rimasta con il senso di colpa per averti trattato così male…”
“Smettila.” La bloccò Tom, stringendo la mano che ancora le teneva. “Non c’è motivo per cui tu debba sentirti in questo modo, hai reagito per come ti sentivi in quel momento, io non ti porto rancore.” Aggiunse con tono dolce.
“Lo capisco, ma… tu potevi…”
“Non lo dire.” Le impedì, posandole le dita sulle labbra. “Io sono qui.”
“Tom…” Soffiò Claudia con gli occhi lucidi.
“Shh, sono qui.” Ripeté dolcemente il chitarrista, accarezzandole il viso.
“Non è giusto, questo.” Replicò colpevole la ragazza. “Dovrei essere io a confortare te.” Aggiunse, strappandogli un sorriso storto e tenero.
“E dovrei essere io a chiederti scusa.” Le disse quindi. Claudia gli rivolse un’occhiata interrogativa.
“Perché?” Domandò poi.
“Ero arrabbiato con te, sono stato freddo, il tuo atteggiamento mi ha deluso.” Spiegò tranquillo Tom. “Volevo che restassi con me e, quando hai detto di no, dopo tanto che non stavamo insieme, ci sono rimasto male.”
Claudia abbassò gli occhi, spostandoli sul pavimento. Sentiva il pollice di Tom carezzare il dorso della sua mano. Quanto grande era il vuoto che lui poteva lasciare? Solo la minaccia di poterlo perdere l’aveva atterrita tanto da lasciarla senza forze. Non voleva provarla mai più. Sospirò, provando a trovare le parole.
“Non sarei dovuta partire.” Affermò infine, sempre senza guardarlo.
“Per venire qui?” Chiese Tom senza capire.
“No, sei anni fa.” Spiegò Claudia, alzando gli occhi. “Non avrei dovuto lasciarti.”
Lui alzò le sopracciglia e fece un piccolo sorriso consapevole, poi le riprese la mano che aveva lasciato poco prima.
“Non dire sciocchezze.” Sentenziò poi, calmo. “Te ne saresti pentita, saresti rimasta col dubbio di non aver realizzato un sogno, finendo per odiare me e la vita che avresti avuto.” Lei lo guardava seria, ancora  una volta stupita dalla sua strana saggezza. “Ho sofferto quando sei partita, ma potevo solo lasciarti andare, o ti avrei persa davvero.”
Si guardarono ancora una volta negli occhi, intensamente, poi Claudia sorrise, con serenità stavolta.
“E invece sono ancora qui.” Mormorò poi.
“Già.” Annuì lui.
“Ti amo, Tom.”
“Lo so.”
“Non voglio arrendermi.”
“Nemmeno io.”
“Che cosa possiamo fare, ora?”
“Aspetta che mi rimetta in piedi e vedrai…” Soggiunse lui con un sorrisetto furbo.
Claudia, però, spostò gli occhi sull’imbracatura che teneva fermo il busto di Tom, dal bacino in su. Era come se lo vedesse per la prima volta, da quando era entrata nella stanza.
“Sarà dura, lo sai, vero?” Gli disse seria.
“Sì, ho voluto sapere tutto, niente bugie e omissioni, è il mio corpo, non quello di un altro.”  Claudia annuì, tenendogli ancora la mano. “Ci vorrà tempo e non sarà uno scherzo, ma se siete con me, ce la farò.” Aggiunse con sguardo deciso. “Tu ci sarai?” Le chiese poi.
“Ci sarò.” I suoi occhi erano sicuri. Non c’era bisogno di sapere molto altro.
 
CONTINUA… con l’epilogo ^_^

Grazie a tutti coloro che hanno avuto la pazienza di seguirmi e di commentare il capitolo precedente. Probabilmente con molte di voi ho diviso l’emozione dei concerti, senza saperlo. Io ero a Padova e Roma ed è stata entrambe le volte un’emozione grandissima. I MIEI PICCOLI SONO MERAVIGLIOSI!
Insomma, se ci siete ancora, vi mando un bacio e vi aspetto sui commenti!
Ringraziamenti più approfonditi li lascio per l’epilogo, a presto! Ve lo garantisco!








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Capitolo 9
*** 9 - By your side ***


thunder road
Beh, non che ci sia molto da dire: questo è l’epilogo.
Un po’ mi dispiace, un po’ sono contenta di aver finito questa storia, perché è durata veramente tanto. Spero che apprezzerete quest’ultimo breve capitolo.
Aspetto i vostri commenti.
Saluti e ringraziamenti, alla fine.

Buona lettura!
Sara

Capitolo 9 ~ By your side
Epilogo


I will provide for you
And I'll stand by your side
You'll need a good companion for
This part of the ride
 (Land of hope and dreams – Bruce Springsteen)

Era stato un anno difficile.
Solo dopo alcune settimane dall’incidente Tom era stato in grado di provare a mettersi in piedi, ma non era stato piacevole.
Le ultime date del tour erano state annullate e i Tokio Hotel erano tornati in Germania; lì, per Tom, era iniziato un doloroso e difficoltoso cammino di riabilitazione.
La fisioterapia era stata una sfida, ogni passo gli era costato dolore, fisico e morale, umiliazione e sacrificio. Era stato come imparare di nuovo a camminare.
C’erano stati momenti di depressione in cui aveva pensato di non farcela, ma l’incrollabile ottimismo di Bill non lo aveva lasciato andare. Ogni volta che Tom stava per cedere, la mano di Bill lo aveva ripreso, il suo carattere autoritario lo aveva spronato, il suo sorriso gli aveva risollevato l’umore.
E poi c’era Claudia. Che non se n’era mai andata, anche quando era oltreoceano. Il contatto era stato continuo, la fiducia illimitata. La tenerezza, ai loro incontri, era stata enorme. E anche lei non gli aveva mai permesso di lasciarsi andare.
E c’era anche la musica. Perché se Tom non poteva camminare, poteva suonare. E quando l’anima si faceva cupa, non c’era niente di meglio che imbracciare la chitarra e darle voce. Così i Tokio Hotel, quasi senza volere, soprattutto per dare motivazioni a Tom, si erano ritrovati ad incidere un album acustico, intimo e intenso, che avevano pubblicato sottovoce, senza pretese, e che, invece, ora stava vendendo più del previsto, grazie anche ai fans che non avevano abbandonato la band in quel momento di difficoltà, dimostrando in ogni modo il loro sostegno.
Ci erano voluti, comunque, quasi nove mesi perché Tom potesse ricominciare a camminare, anche se con l’aiuto delle stampelle.

Il giorno in cui era riuscito a fare qualche passo davanti a Claudia senza nessun ausilio, le aveva chiesto di sposarlo.

Oggi era il gran giorno. Si diceva così, no?
E Tom non riusciva a contenere l’emozione.
Impalato, nel suo elegante completo scuro, circondato dalle persone che amava, in quel bellissimo giardino.
La brezza profumata e il canto degli uccellini non lo aiutavano a rilassarsi. Anzi, non c’era modo per zittire quei maledetti volatili del cazzo?!
Sussultò, quando qualcuno gli toccò la spalla; aveva ogni muscolo teso. Si girò e vide Bill sorridergli dolcemente. Tom si ricordò che suo fratello, il giorno del proprio matrimonio, era a dir poco isterico ed era stato lui a doverlo rassicurare. Ora, quindi, apprezzava ancora di più il suo sostegno. Gli sorrise nervoso, la mano di Bill si strinse appena sulla sua spalla, accompagnando uno sguardo incoraggiante.
Tom, allora, si guardò intorno. Vide, in prima fila, sua madre, chiaramente emozionata ma sorridente e poi Gordon, che lo incoraggiò con un gesto del pugno chiuso. Accanto a loro Gustav, Silke e i loro due bellissimi bambini, Georg e Stephanie, tornati insieme dopo un periodo di crisi. Tutti gli sorrisero per sostenerlo. Si sentì più sicuro, avvertendo la loro vicinanza.
Quando partì la musica che annunciava l’arrivo della sposa, Tom sentì lo stomaco contrarsi dolorosamente e deglutì a vuoto.
La prima ad apparire, in fondo al corridoio ad arco ricoperto di rampicanti fioriti, fu Annika. Bellissima, nel suo abito azzurro scuro, più piena in viso e orgogliosa del suo pancione almeno quanto lo era Bill.
La ragazza camminò verso Tom, sorridendogli con tenerezza, come una vera sorella. Dopo un ultimo sguardo rassicurante, la ragazza si spostò di lato e il chitarrista alzò gli occhi.
Claudia incedeva leggera verso di lui, nonostante l’ingombrante abito color avorio e sorrideva con evidente tensione. Doveva essere molto nervosa lei.
Ma Tom riusciva solo a pensare che, adesso che lei era arrivata, sarebbe andato tutto bene.
Perché era Claudia. Perché quel vestito tutto sbuffi era proprio da lei. E quel bouquet di rose gialle che le tremava tra le mani, non avrebbe potuto essere più perfetto.
Quei boccoli dorati, quel sorriso tremulo, quegli occhi grandi e pieni d’emozione, stranamente, lo rassicuravano e Tom fu pronto ad andare avanti.

Bill si sedette pesantemente su una sedia, sospirando.
Era ormai sera, il sole stava tramontando. Sul tavolo erano rimasti solo i bicchieri, qualche bottiglia, il centrotavola e i tovaglioli abbandonati.
Il cantante si accomodò meglio, mentre riavviava i capelli, poi prese un lungo respiro.
“Oh, sono distrutto! Questo ricevimento mi sta sfiancando!” Proclamò drammatico, poi si girò e sorrise dolcemente ad Annika. “Tu come ti senti, Pippi?”
“Beh, sai… Starei molto meglio se non fossi incinta di otto mesi e non avessi i tuoi piedi sulle ginocchia…” Rispose lei, ironicamente retorica.
“Quindi non mi farai un po’ di coccole?” Piagnucolò lui deluso sfarfallando le ciglia.
“Che ruffiano irrecuperabile che sei!” Protestò divertita Annika. “Dovresti essere tu a farle a me!”
“Uh, dai…” Insisté Bill, facendo gli occhioni da cerbiatto.
“Sarà una gran fregatura se questo bambino avrà gli occhi da Kaulitz.” Commentò arresa, ma tranquilla la ragazza. “Dai, tira giù questi piedoni e avvicina la sedia.” Gli disse poi.
Bill non si fece pregare, si avvicinò alla moglie, attaccando la sedia alla sua e avvolgendole la vita con un braccio. Annika sorrise, accogliendolo. Lui le posò il capo sulla spalla e le circondò con delicatezza la pancia con la mano destra.
“Che bella che sei.” Le sussurrò dolce all’orecchio, accarezzando il pancione. Annika sorrise felice e gli baciò la fronte.
“Oh, ma quanto siete carini!” Esclamò una voce davanti a loro. I due alzarono gli occhi e videro Tom sedersi accanto a loro.
Bill fissò il fratello con uno sguardo emozionato e lucido, sorridendo estasiato, a mani giunte.
“Sarò papà.” Affermò poi, quasi commosso.
“La cosa ha un che d’inquietante.” Ribatté cinico Tom, sorridendo storto.
“Beh, anche il fatto che tu ti sia sposato è abbastanza inquietante.” Commentò Bill piccato.
“Hai ragione, infatti, ancora non ci credo…”
“Faresti meglio a cominciare a crederci, perché sta arrivando la sposa.” Gli disse Annika, indicando una direzione alla sinistra di Tom.
Lui guardò, intercettando subito Claudia che si dirigeva verso di loro; indossava ancora l’abito della cerimonia.
Lo sguardo di Tom si addolcì immediatamente e, quando lei fu abbastanza vicino, allungò una mano perché la prendesse. La ragazza la strinse, sorridendo con tenerezza, poi si abbassò e scambiarono un bacio dolce, sotto lo sguardo felice e soddisfatto degli altri due.
“Ti siedi un po’ con noi?” Chiese Tom a Claudia, quando si allontanarono; lei annuì.
“Prendo una sedia.” Dichiarò poi, il chitarrista la trattenne per il polso.
“Mettiti sulle mie ginocchia.” L’invitò tranquillo.
Claudia corrucciò la fronte. “È meglio di no, dai. Ti sei stancato abbastanza, per oggi.” Affermò quindi. Lui fece per replicare, ma la ragazza lo zittì con un gesto severo ed andò a recuperare una sedia dal tavolo vicino.
“Già mi da ordini…” Commentò lamentoso Tom.
“Io te lo avevo detto che lo fanno.” Soggiunse Bill con aria saggia.
Il gemello ridacchiò. “Non vorrei fartelo notare, fratellino, ma Annika ti dava ordini anche prima…”
“Infatti è una despota!” Si lamentò lui.
“Ma stai zitto!” Lo rimproverò subito la moglie. “Non sono io ad essere una tiranna, sei tu che vai instradato.” Aggiunse pratica.
“Pippi, sei perfida!” Commentò divertito Bill, mentre tutto scoppiavano a ridere, anche Claudia che, nel frattempo, si era seduta accanto a Tom.
Annika, però, nel bel mezzo di una risata, sentì una fitta improvvisa e più forte del solito alla pancia. Si bloccò, facendosi seria e portò le mani al ventre.
“Annika, che succede?” Le chiese immediatamente Bill, sporgendosi preoccupato verso di lei.
“No, niente.” Rispose lei, ancora concentrata nel capire cosa combinava il suo bambino. “È passato, credo…”
“Sicura che è tutto a posto?” S’informò Claudia.
Annika preso un lungo respiro, raddrizzandosi sulla sedia, poi ascoltò le sue sensazioni, confortata dal sentire la mano gentile di Bill sulla schiena. Lo guardò, lui sembrava in apprensione, cercò di rassicurarlo con un sorriso e una carezza sulla guancia.
“Va tutto bene, Bill, tranquillo.” Gli disse, anche se lui aveva ancora una faccina incerta. Il cantante la fissò ancora un attimo, poi azzardò un sorrisino tirato. “Sono solo un po’ stanca, è stata una giornata lunga.”
“Va bene, allora adesso torniamo in hotel e ti riposi.” Affermò deciso lui, pronto a partire. Annika gli sorrise riconoscente.
“Sì, Annika, credo sia meglio, sei pallida.” Rincarò Claudia e l’amica sorrise anche a lei.
“Io non me ne intendo…” Intervenne Tom. “…ma la tua pancia ha una forma strana, oggi.” Occhieggiava il pancione con sguardo clinico.
“È perché il bambino si muove continuamente, negli ultimi giorni.” Spiegò Annika. “Dall’altro ieri non mi da pace nemmeno la notte…”
“È colpa mia.” Fece Claudia colpevole. “Ti ho stressato troppo con il matrimonio…”
“No, dai.” Replicò dolcemente l’amica. “L’ho fatto volentieri, ora ho solo bisogno di stendermi un po’.” Aggiunse sorridendole.
“Andiamo via, allora?” Le domandò Bill, già in piedi; lei annuì.
“Ci vediamo domattina, ragazzi.” Disse Annika a Tom e Claudia, girandosi verso di loro, prima di alzarsi. “Voglio salutarvi, prima che partiate per la luna di miele.”
“Ok, a domani!” La salutò Claudia, mentre Tom annuiva e sventolava la mano.
Annika e Bill andarono via, uscendo dalle tende che ospitavano i tavoli del banchetto. Claudia e Tom li seguirono con lo sguardo, mentre attraversavano il prato e si allontanavano in direzione dell’hotel.
Loro due, gli sposi, rimasero seduti sulle due sedie vicine, mentre la musica della tenda del ballo li raggiungeva attutita. Tom si piegò in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia, guardava avanti, il via vai degli ospiti, Silke e uno dei suoi bambini vicino al tavolo della torta. Sentì Claudia emettere un lungo sospiro e gli parve di vederla rilassarsi contro la spalliera.
“Siamo sposati.” Affermò il chitarrista serio.
“A quanto pare.” Replicò sarcastica lei.  
“Immagina cosa si diranno gli altri.” Fece Tom con tono ilare. Claudia lo guardò con occhi allegri. “Credo pensassero che non ce l’avremmo mai fatta!” Continuò lui ridacchiando.
“Non gli avevamo dato grandi speranze.” Confermò lei, facendo lo stesso.
“Beh, tu scappavi continuamente!” Replicò Tom con divertito rimprovero.
“Io?! E tu che non volevi impegnarti, che mi dici?” Ribatté piccata la ragazza, ma sempre con una luce felice nello sguardo.
Tom si girò verso di lei, gli occhi dolcissimi e caldi, un sorriso flebile ed emozionato. Claudia si meravigliò di come quella sua espressione riuscisse ancora a suscitarle un bellissimo vuoto allo stomaco. Lui alzò una mano e le carezzò i capelli, lo zigomo, fino alla nuca.
“Non conta niente, quello che è successo prima.” Le disse, sicuro e tenero, continuando a guardarla negli occhi. “L’importante è ora.”
Claudia gli sorrise. Tom era sempre stato capace di farla sentire tanto bene con così poco. O, forse, era tanto, perché lui non era il tipo che elargiva emozioni a piene mani.  Per questo erano speciali momenti come quello. Gli prese la mano con cui l’accarezzava.
“Il presente è nostro.” Disse la ragazza, ricambiando lo sguardo.
Il sorriso con cui la ricambiò Tom avrebbe potuto ripagarla di qualsiasi cosa, per quanto era meraviglioso. La prese delicatamente per la spalla, tirandola verso di se.
“Baciami, moglie.” Le intimò con un sorriso storto.
“Non vedevi l’ora di darmi un ordine, vero, marito?” Ribatté Claudia ironica, mentre posava il capo contro il suo collo.
“Nel bene e nel male, hai giurato.” Le sussurrò Tom sulle labbra, sempre con il suo sorrisetto sensuale. Claudia ridacchiò, prima di baciarlo.
“Sposini.” Li chiamò qualcuno; loro si staccarono, per alzare gli occhi e vedere Georg e Gustav fermi a qualche passo di distanza.
“Ci dispiace disturbarvi.” Continuò il batterista. “Ma gli invitati stanno cominciando ad andare via e vorrebbero salutarvi.”
Tom sbuffò scocciato, grattandosi la testa, prima di appoggiarsi mollemente alla spalliera della sedia. Claudia lo guardò, sorrise e poi tornò a dedicarsi agli amici.
“Veniamo subito.” Gli assicurò tranquilla.
“Sì.” Confermò Tom, dopo essersi stiracchiato. “Salutiamo, tutta questa gente mi ha già stufato.” Aggiunse alzandosi.
“Hey!” Esclamò Georg. “Ti abbiamo stufato anche noi?!”
“Oh, sì!” Rispose beffardo Tom. “Anni fa, direi!”
“Non dire cazzate!” Sbottò Gustav, con suo solito tono burbero. “Saresti perso, senza di noi!”
“Già!” Rincarò il bassista, prendendolo per le spalle. “E non pensare di svignartela con la tua bella, perché la festa non è ancora finita.” Lo ammonì poi.
“Ti faremo tirare avanti in orrende danze folkloristiche, bevendo birra.” Gli garantì l’altro.
“Così passerai la prima notte di nozze russando come un tricheco!”
Claudia, che era rimasta un po’ indietro, li guardava allontanarsi ridendo e tenendosi per le spalle. La ragazza sorrise felice. Perché lei e Tom erano cambiati, maturati, ma si amavano ancora. E, per fortuna, non era l’unica cosa che rimaneva sempre uguale.
“Claudia.” La voce di Tom la riportò al presente. Lei alzò gli occhi e lo vide guardarla da sopra la spalla, fermo in mezzo ai suoi amici sorridenti. “Sbrigati, che sulla torta manca la sposa.”
Claudia sorrise e scosse il capo: non cambiava mai, il suo sarcastico amore. Fece una corsetta, ridendo, e s’infilò nell’allegro gruppetto. Il sole tramontava davanti a loro.

I canti, i balli, le risate e le bevute si erano prolungate davvero, sotto i grandi gazebo bianchi del giardino ed era abbastanza tardi, quando finalmente gli amici lasciarono andare via Claudia e Tom.
Il ricevimento era stato organizzato in uno splendido ed antico castello tedesco, che era anche un prestigioso hotel. Gli sposi, come il resto degli ospiti più intimi, avrebbero passato lì anche la notte.
Tom e Claudia sarebbero partiti per la loro esotica luna di miele solo il giorno dopo, con calma, dopo essersi goduti in pace la prima notte di nozze.
E, tutti e due, nonostante la stanchezza, il troppo alcol e cibo, non vedevano l’ora di stare un po’ da soli.
Claudia girò la chiave nella grossa serratura del portoncino e lo scostò appena. Non sapeva cosa aspettarsi da quella camera, non l’aveva vista, ma Annika le aveva detto che era stupenda e sicuramente le sarebbe piaciuta.
Fece per entrare, ma Tom, fermo accanto a lei, la bloccò. La ragazza alzò la testa e lo guardò interrogativa. Lui le sorrideva tranquillo.
“Non ti fai prendere in braccio?” Le chiese allegro.
Claudia aggrottò le sopracciglia, facendosi seria. Tolse la mano dalla chiave, abbassò gli occhi e sospirò.
“Tom, non mi pare il caso.” Gli disse poi, tornando a guardarlo. “La tua schiena…”
“Sto bene, Claudia.” L’interruppe il chitarrista, prendendole le mani.
“Bene.” Annuì lei. “Quindi non facciamo danni, sono pesante con questo vestito.”
“Voglio farlo e so che ci tieni.” Ribatté deciso Tom, fermo nella sua idea.
“Tengo più alla tua salute.” Replicò immediata Claudia.
“Basta.” La bloccò lui. “Ti sollevo solo un po’ e ti faccio passare la soglia.” Aggiunse duro. “Fammelo fare, piccola…” La pregò infine, con occhi ruffianamente supplicanti.
Claudia sospirò e mise le mani sui fianchi. “Sei subdolo.” Lo rimproverò debolmente. “Ma come faccio a dirti di no, se mi guardi così…”
“Non puoi.” Affermò sicuro Tom, afferrandola per la vita, con sul viso uno dei suoi sorrisi storti. Claudia sorrise languida.
“Portami dentro, su.” Gli ordinò poi, dolcemente, mentre gli avvolgeva le braccia intorno al collo. “Questo vestito non lo sopporto più.”
“Nemmeno io.” Sottolineò Tom, con una scintilla maliziosa negli occhi.
Claudia rise piano, stringendosi a lui, mentre la sollevava appena da terra e le faceva passare la soglia della camera.
Tom la fece tornare giù quasi subito. Avrebbe voluto portarla fino al letto, ma sapeva che lei lo avrebbe rimproverato, e poi la stanza era troppo buia. Depositò Claudia e si mise a cercare l’interruttore.
La luce rivelò ad entrambi la bellezza della camera che li avrebbe ospitati nella loro prima notte di nozze.
“Annika aveva detto che era bella.” Mormorò Claudia entusiasta, facendo qualche passo all’interno, sul pavimento di cotto.
I muri erano ricoperti fino a metà dell’altezza da pannelli di legno che rendevano l’ambiente caldo e accogliente; il resto del muro era dipinto di rosso scuro. Il soffitto era a cassettoni di legno. Un grande camino di pietra occupava il centro della parete sulla sinistra, in mezzo a due grandi finestre coperte da pesanti tende di broccato e più leggere bianche. Davanti al camino un ampio tappeto morbido e due eleganti poltroncine di stoffa bianca trapuntata di piccoli gigli d’oro.
Il letto era sulla destra, un grande baldacchino di legno scuro, alleggerito dalle coperte chiare, simili al rivestimento delle poltrone. Claudia si avvicinò e accarezzò il copriletto.
“Bah, un po’ troppo antica, per i miei gusti.” Commentava nel frattempo Tom, gironzolando vicino al camino.
“Non dire scemenze, è bellissima!” Replicò divertita lei.
Tom si girò e, sorridendo sornione, le lanciò un’occhiata piuttosto esplicita.
“Basta che il letto sia comodo.” Mormorò poi.
“Vogliamo provare?” Suggerì maliziosa Claudia; lui sorrise seducente.
S’incontrarono più o meno al centro della stanza, catturandosi subito in un bacio voluttuoso.
I primi abiti a cadere furono la giacca e la cravatta di Tom, mentre continuavano a baciarsi sulle labbra, la mandibola, il collo e le spalle nude di Claudia. Lui riuscì ben presto ad aprire il corpetto dell’abito da sposa e, mentre lei se lo sfilava, lui tolse camicia e pantaloni.
In pochi istanti erano sul letto, già affannati e un po’ sudati, pronti a strapparsi di dosso quello che rimaneva, mentre si mangiavano di baci a vicenda, ma…

Bussarono alla porta.
La prima volta nemmeno sentirono, impegnati com’erano in quello che stavano facendo, ma poi, al bussare concitato si aggiunse un’imbarazzata voce familiare.
“Ragazzi, sono io…” Annunciò titubante Bill. “Vi disturbo?”
“Nooo, Bill! Ma cosa dici!” Rispose esasperato Tom, il respiro veloce, ancora steso sopra Claudia, interrotto nell’atto di sganciarle il reggiseno. “Assolutamente no!”
“Scusate, ma… sarebbe una faccenda piuttosto urgente…” Continuò il cantante da fuori.
Tom si sollevò, scostandosi dalla moglie e sbuffando. Claudia era perplessa, ma anche curiosa, si alzò sui gomiti.
“Fa che sia una questione di vita o di morte Bill, o stavolta ti uccido sul serio.” Minacciò feroce il chitarrista.
“Eh, direi di sì…” Rispose l’altro. “Annika ha le doglie.”
Tom, incredulo, balzò in piedi. Claudia si sollevò seduta, mentre lui si dirigeva alla porta e l’apriva, spalancandola in faccia al fratello.
“Mi stai prendendo in giro?” Gli chiese accigliato.
“Magari…” Rispose mesto Bill ed il suo viso cereo confermava le sue affermazioni.
“Hai chiamato l’ambulanza?” S’informò Tom.
“Sì…” Ma si vedeva che era proprio impaurito, così il gemello addolcì lo sguardo e gli fece una rassicurante carezza sulla guancia.
“Va tutto bene.” Gli disse poi. “Torna da lei.”
“Noi ci vestiamo e vi raggiungiamo.” Aggiunse Claudia, che aveva già recuperato un paio di jeans e se li stava infilando.
Bill gli sorrise tremolante, con gli occhi pieni di gratitudine, poi annuì e si allontanò nel buio del corridoio.
Tom chiuse la porta e si girò verso Claudia, sospirando e scuotendo il capo. Si guardarono negli occhi, rassegnati, ma, poco dopo, dei piccoli sorrisi divertiti gli spuntarono sulle labbra. Bastò poco perché scoppiassero a ridere.
“Oh, questa sarà una prima notte di nozze molto originale!” Commentò Claudia ridendo.
Tom chinò il capo, sorridendo in quel suo modo bellissimo e speciale, poi andò a raccogliere i propri vestiti. Prima di uscire si fermò davanti a Claudia, la guardò con gli occhi pieni di tenerezza, le carezzò la nuca e la baciò piano.
Era stata una lunga strada, quella fatta insieme, iniziata molto tempo prima, piena di difficoltà, fughe, silenzi. L’avevano percorsa, nonostante l’asperità della via. Entrambi sapevano che l’avrebbero rifatta tutta, pur conoscendone gli ostacoli.
Perché non c’era niente di più speciale di essere lì, ora, a guardarsi negli occhi con gioia, anche se dovevano rinunciare alla loro notte per assistere Annika e Bill in un momento critico, ma anche così importante. Erano pronti a questo passo da fare in comune, il primo del loro matrimonio.
“Andiamo, zietta.” L’incitò dolcemente Tom; Claudia sorrise e lo prese per mano.

FINE

E siamo arrivati alla fine di un’altra storia, adesso spero di potermi dedicare a qualcosa di nuovo, perché ammetto che, anche se ho molto amato questi personaggi, mi hanno un po’ stufato! Ci sto dietro da troppo tempo, ho bisogno di rinnovare!
Spero davvero di aver fatto un buon lavoro, anche se non credo sia una delle migliori cose che ho scritto… Beh, ad ogni modo sta a voi dirmi cosa ne pensate.

Io, per ora, voglio ringraziare di tutto cuore quelli che hanno letto questa storia, anche se temo di essermene persi un bel po’ per strada. Grazie, comunque, per aver letto, aver messo la storia tra i preferiti ed aver continuano a seguirla nonostante i miei tempi così lunghi.
Un ringraziamento particolare a chi non ha mai smesso di spronarmi, come la mia cara Princess (amora, mi manchi, dove sei?!), kit2007 (baciotti!) e Irina (aspetto gli aggiornamenti!), la Cioppy (e scusami se ogni tanto sono un po’ brusca!), Picchia (finalmente ti ho anche conosciuto!) e tutte le fantastiche ragazze del forum delle AdulTh, anche se qualcuna la storia non la leggerà mai, ma vi voglio bene lo stesso!

Un ringraziamento anche per quelli che hanno commentato il capitolo precedente, scusandomi se sono un tantino sbrigativa, ma giuro che vi ho tutti nel cuore: Raffuz, Picchia, Pulse, titti09, Antonellina, Princess e Irina89.

Infine, un pensiero tenero per i miei bambini. Più crescono più diventano stupendi, restando sempre i soliti bischeri e ispirandomi ogni giorno di più. Sono schifosamente orgogliosa di loro e gli voglio un bene dell’anima, li amo ancora di più da quando li ho visti suonare dal vivo. E, siccome senza di loro questo non ci sarebbe: grazie di esistere Tokio Hotel!

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