Thunder Road di CowgirlSara (/viewuser.php?uid=535)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - Love Jokes ***
Capitolo 2: *** 2 - You don't fool me ***
Capitolo 3: *** 3 - What you are here for ***
Capitolo 4: *** 4 - The Fuse ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - All through the night ***
Capitolo 6: *** 6 - Kingdom of days ***
Capitolo 7: *** 7 - This ain't a love song ***
Capitolo 8: *** 8 - Hello again ***
Capitolo 9: *** 9 - By your side ***
Capitolo 1 *** 1 - Love Jokes ***
Thunder Road - 1
A volte ritornano…
Sì, non solo io, che comunque
continuo a scrivere con più o meno velocità, ma anche i
miei personaggi. Questo perché, come avete letto
nell’introduzione, questa storia è il seguito di
“Autumn Song”, quindi ritroverete Annika, Claudia, annessi
e connessi.
Confesso che non avevo molta voglia di scrivere questo seguito, ma alcune gentili
pressioni mi hanno fatto cambiare idea. Spero che la scrittura proceda
come ora e che io possa regalarvi senza troppi problemi una nuova fan
fiction.
Ringrazio Princess e Lady Vibeke per
le sopra citate gentili pressioni. Guardate, lo faccio solo per voi,
quindi prendetevi le vostre responsabilità, voi due e il vostro
spaccalegna (giuro che anche gli altri capiranno…).
Grazie anche a Kit2007 per le sempre
belle conversazioni su Msn. Un abbraccio Martì, il boccone
meglio lo lascio a te, di cosa lo sappiamo noi ^__-
Un bacio alla Sarina, anche se ci sentiamo meno sei sempre nel mio cuore.
La fanfiction è scritta con il
massimo rispetto per i Tokio Hotel, per gli altri personaggi reali
citati, il loro lavoro e la loro vita privata. Quanto scritto è
una storia di pura fantasia, i fatti narrati non vogliono dare
rappresentazione della realtà. Non ha alcun scopo di lucro.
I Tokio Hotel non mi appartengono (ma
guai a chi mi tocca i’ mi’ bambini!), così come gli
altri personaggi reali e le canzoni che eventualmente userò.
La canzone che da il titolo al
racconto è “Thunder Road” dell’unico e solo
Bruce Springsteen. L’uso è solo per amore e non per lucro.
Vi lascio alla lettura e aspetto i vostri commenti!
Baci
Sara
~ Thunder Road ~
Capitolo 1 ~ Love jokes
Remember, surrender
There’s nothing you can do ‘cause
Love’s such a joke
Like a little Jack-in-the-box, you know
(Flying Teapot – Cowboy Bebop soundtrack)
Erano cinque settimane che non si vedevano. Che non si toccavano. Che
non si baciavano. Che non sentivano l’uno il profumo
dell’altra. Per questo ora non riuscivano a fermarsi.
Mani dappertutto. Mani sul seno, sulla schiena, oltre il bordo della
biancheria. Labbra su labbra. Labbra sul collo. Sull’ombelico.
Sulla stella. Caduti sul letto. Avvinghiati sul letto. Respiri
affannati, eccitati, impazienti. Indumenti che volano via.
Quando la situazione era, ormai, ad un buon punto, con lui steso sul
letto con addosso solo i jeans e lei seduta sul suo bacino che si
toglieva la camicetta nera, alcuni rumori distrassero il ragazzo. La
porta di casa che si chiudeva, mobili spostati, risatine eccitate,
parole sussurrate.
“Che cos’è?” Domandò senza fiato, mentre lei si sfilava la camicetta e la lanciava lontano.
“Saranno Claudia e il suo ragazzo…” Rispose poi,
distrattamente, prima di piegarsi a baciargli languidamente il collo.
“Ha un ragazzo?” Domandò però lui, con un’innocente espressione sorpresa.
“Sì…”
“Ah, e da quanto?”
“Non lo so, da un po’…”
“E che tipo è?”
“Bill!” Sbottò frustrata Annika, sedendosi pesantemente sull’addome del ragazzo.
“Ahia!” Esclamò lui, ma lei strinse le ginocchia e
gli fece ancora più male, quindi incrociò le braccia e lo
fissò arrabbiata.
“Ti sembra il momento per parlare del più e del
meno?!” Gli chiese minacciosa. “Io non voglio parlare,
adesso.” Continuò assottigliando gli occhi. “Io,
ora, desidero fare tutt’altro e mi pareva che lo volessi anche
tu.”
“Oh, ma io lo voglio… eccome se lo voglio!” Replicò il cantante.
“E allora!” Esclamò Annika, togliendosi da sopra di
lui e slacciandogli i pantaloni, poi glieli tolse tirando dai piedi
come si fa coi bambini, quasi ribaltandolo sul letto.
Bill la lasciò fare, guardandola confuso e stupito da tutto
quell’ardore, che solitamente lei non dimostrava. Annika si tolse
il reggiseno e gli tornò addosso, baciandolo con fervore.
“Oddio, Pippi, non ti facevo così
passionale…” Biascicò il ragazzo tra un bacio e
l’altro.
“Siamo così, noi Capricorni…” Mormorò
lei, mentre gli lasciava umidi baci lungo la mascella.
“…abbiamo una corazza molto dura, ma quando la
apri… dentro c’è il fuoco…”
“Ohhh, amo i Capricorni…” Commentò languido
Bill, prima di girarsi e portarla sotto di se. Annika ridacchiò,
mentre lui le sfilava le mutandine.
Il ragazzo controllò la tostatura del pane, mentre il
caffè bollente riempiva il bricco nella macchina; quindi
posò il barattolo della marmellata sul vassoio, insieme al
bicchiere di succo d’arancia ed al piccolo vaso con una
margherita. Bene, tutto era perfetto!
“Buongiorno!” Lo salutò però una melodiosa quando inopportuna voce.
Lui si girò e vide, appoggiato con un fianco al frigorifero, un
tizio che gli sbarrava l’uscita della cucina. Era alto poco
più di lui, secco come un chiodo, capelli neri palesemente
tinti, segni di trucco lavato intorno agli occhi e un sorriso sereno.
Indossava solo un paio di boxer neri e una maglietta un po’ larga
dello stesso colore. Le sue gambe pallide e magre terminavano con un
paio di lunghi piedi scalzi. E questo chi era? Il nuovo coinquilino gay?
“Buongiorno…” Lo salutò incerto il ragazzo,
l’altro gli porse un’elegante mano con unghie perfettamente
smaltate di nero.
“Io sono Bill, il ragazzo di Annika.” Si presentò il tipo.
Il ragazzo di Annika?! Ma aveva voglia di scherzare?! E lei se ne era
accorta che sembrava più femmina che maschio anche negli
atteggiamenti?
“Piacere, sono Richard, il ragazzo di Claudia.” Disse però, stringendogli la mano.
“Che cosa stai facendo, Richard?” Gli domandò allora
Bill, passando oltre il ragazzo, fino alla finestra della cucina.
“Ah, sto preparando la colazione per Claudia.” Rispose lui,
ricordandosi all’improvviso del pane, che prese dal tostapane e
gettò sul piatto prima di bruciarsi.
“Ohhh, che tenero!” Esclamò Bill con un sorriso
dolce, mentre prendeva una sigaretta dal pacchetto che aveva in mano.
“Sono certo che apprezza molto queste piccole cose.” Il
cantante si rese conto dopo di essere stato un tantino acido, si accese
la cicca. “Ti spiace se fumo? Ah, ma del resto l’ho
già accesa! Sono troppo abituato alla gente che mi dice di
sì!”
Richard lo guardò strano. “No, beh, non mi da fastidio…”
“Meglio così!” Ribatté allegro Bill, sventolando la sua sigaretta con aria da diva.
“Hm, bene…” Commentò Richard, sistemando le ultime cose sul vassoio.
“Tu e Claudia vi conoscete da molto?” Gli chiese nel
frattempo il cantante, una mano intorno al torace e l’altra
alzata per tenere la sigaretta.
“Eh?” Fece distratto l’altro, poi si girò
verso di lui. “Poco più di un mese… Tu e
Annika?” s’informò poi, incuriosito da quello strano
personaggio.
“Beh, l’ho conosciuta l’inverno scorso, poco
più di sei mesi fa.” Rispose tranquillo Bill, mentre
scuoteva la cenere nel lavello.
“Ah, e com’è che non ti ho mai visto qui?” Domandò allora il ragazzo. Bill gli sorrise cordiale.
“Sono stato via per lavoro, negli Stati Uniti e
così…” Spiegò poi, stringendosi nelle
spalle. “Parto spesso, io.” Richard si chiese che tipo di
lavoro potesse mai fare un tipo come quello.
“Sei… una specie di… modello?” Ipotizzò quindi.
“Oh, no… ahahah!” Rise divertito Bill, poi
però fissò cogitabondo l’interlocutore.
“Davvero non sai chi sono?” Gli chiese.
“No.” Negò tranquillo Richard scuotendo il capo. “Dovrei?”
“Hm, no… perché?” Fece Bill, fingendosi
disinteressato, ma la sua espressione era chiaramente infastidita.
“Adesso, scusami, ma devo portare questa roba a Claudia, o il
caffè si raffredda.” Affermò il ragazzo, prendendo
il vassoio.
“Per carità, fai pure!” Lo invitò
allegramente Bill, con un gesto enfatico verso la porta. Richard lo
salutò e così fece Bill, ma quando restò solo fece
una smorfia contrariata.
Richard tornò da Claudia portando il vassoio della colazione. La
ragazza, quando lo vide, sorrise allegra, accomodandosi contro i
cuscini.
“Oh, grazie, sei un tesoro!” Esclamò quindi
contenta, mentre lui le posava davanti la colazione, ma poi si accorse
dell’espressione perplessa del ragazzo. “Che cosa
c’è?” Gli domandò allora, aggrottando la
fronte.
“Ho conosciuto Bill.” Rispose lui con un’alzata di sopracciglia.
“Ah!” Fece lei, prima di piegare le labbra in un sorriso divertito. “Un tipo particolare, eh?”
“Particolare?! Quello è una checca, Claudia!”
Sbottò Richard, quasi allibito. “Mi dispiace tanto per
Annika, ma prima o poi se ne accorgerà…”
“Ricky, ti garantisco che Bill non è gay.”
Affermò la ragazza un po’ offesa. “È tutto un
atteggiamento, più uno stile di vita diciamo, insomma, il
personaggio che si è creato…” Aggiunse seria.
“Andiamo! E chi si crede di essere per doversi creare un
«personaggio»?!” Replicò Richard, spiluccando
una fetta di pane tostato.
Claudia lo guardò con tanto d’occhi. “Non mi dire che non lo hai riconosciuto…”
“No, perché?” Fece lui con tono indifferente.
La ragazza lo fissò scioccata per un attimo, poi abbassò
gli occhi, mentre scuoteva il capo sconsolata, mettendosi a mangiare.
“Non importa.” Mormorò poi, mandato giù il
primo boccone. “Ma sappi che io, Bill lo conosco da quasi tre
anni e ho le prove che non è assolutamente gay.” Aggiunse
sicura, addentando ancora il pane tostato.
Lui la guardò con aria sospettosa. “Se mi ha detto di
conoscere Annika solo dall’inverno scorso, com’è che
tu lo conosci da così tanto?” Le chiese infatti.
Claudia annuì, assorta nella colazione. “Beh, anche io
conosco Annika solo da novembre, l’ho incontrata a casa di Bill,
difatti…” Solo alla fine della frase si accorse della
rivelazione che aveva fatto e spostò gli occhi sul ragazzo,
intimorita.
“A casa di Bill, eh? E che ci facevi a casa di Bill?” Le domandò Richard.
“Ma niente di che…” Glissò Claudia, stringendosi nelle spalle e deviando lo sguardo altrove.
“Lo conosci da tre anni, eri a casa sua e giuri che è
etero…” Elencò lui con espressione indagatrice.
“Claudia, guarda che puoi dirmelo se hai avuto una storia con
lui…”
“Ma stai scherzando?!” Esclamò lei ad occhi
spalancati. “No, non ho mai avuto una storia con lui, nonostante
pensi che Bill sia una delle persone più belle che conosco, in
tutti i sensi.” Spiegò quindi. “No, ci hanno
presentati amici comuni…”
Quella vaga risposta, infine, parve accontentare Richard, che si
strinse nelle spalle e accese la tv, mangiucchiando un’altra
fetta di pane con la marmellata.
Claudia, invece, dietro l’apparente facciata tranquilla,
continuava a pensare alla propria risposta. Amici comuni. Non sapeva
perché le riuscisse ancora tanto difficile parlare di Tom, ormai
era finita da un pezzo, però… Ripensare ai suoi profondi
occhi nocciola, alle sue mani grandi, al suo sorriso sornione e
dolcissimo le provocava ancora un vago turbamento che era troppo
impegnativo chiamare col suo vero nome…
Nostalgia?
Bill, nel frattempo, era tornato in camera di Annika; anche lui aveva
voluto fare il cavaliere portandole la colazione, ma la tazza di
caffè macchiato e le due fette di pane molto abbrustolito non
erano esattamente invitanti. Annika li guardò corrucciata.
“Scusa…” Fece Bill imbarazzato, grattandosi la nuca.
“…non ho calcolato bene i tempi del
tostapane…”
La ragazza fece un’espressione scettica. “Non sei proprio capace, eh?”
“No.” Rispose lui sconsolato, scrollando il capo di lato,
mentre reggeva ancora l’improvvisato vassoio sulla mano.
“Vieni qui.” Lo invitò allora Annika con voce dolce, battendo una mano sul materasso.
Bill mugolò felice, posò il piatto sul comodino e si
buttò accanto alla ragazza, avvinghiandosi a lei e strusciando
il naso contro il suo collo. Annika rideva sommessamente, le scenette
di Bill erano sempre troppo divertenti.
“Sono un povero ragazzo ricco…” Piagnucolò il cantante, col viso nascosto nella spalla di lei.
“Stai tranquillo, amore.” Lo rassicurò Annika,
carezzandogli il capo. “C’è qui la tua Pippi, che
ora ti preparerà una bella colazione.”
Bill sollevò subito la testa con un sorriso entusiasta.
“Mi fai il toast alla francese?!” Le chiese speranzoso, lei
annuì. “Oh, grazie! Tomi è cattivo, non me lo fa
mai!”
“Bill!” Lo rimproverò Annika ridendo. “Per
quel povero disgraziato è già un trauma doversi alzare
dal letto e pretendi che ti prepari anche la colazione? Sei
viziato…” Aggiunse, con tono fintamente severo, dandogli
un colpetto sul naso.
“Sì.” Ammise tranquillamente lui, annuendo convinto.
“Amo i miei privilegi.” Dichiarò poi, prima di
accomodarsi meglio.
“Tu sei un po’ troppo furbo.” Commentò
divertita la ragazza, mentre Bill ridacchiava nascosto tra i suoi
capelli.
“Ah!” Fece poi il cantante, scostandosi per guardarla in faccia. “Ho conosciuto Richard.”
“Bene! È un ragazzo simpatico, vero?” Replicò tranquilla Annika.
“Mah, insomma…” Mormorò Bill, prima di
riaccomodarsi accanto a lei, supino, e passarle un braccio sotto la
testa.
“Perché dici insomma?” L’interrogò
incuriosita Annika, che lo guardava col capo girato verso di lui.
Il cantante fece una smorfia, arricciando il naso. “Beh, è
un bel ragazzo, somiglia a Boris Beker da giovane, ma non è
stato molto socievole con me, io sono stato gentile, però lui
era molto sulle sue e mi guardava come se fossi… qualcosa di non
molto carino…” E questo era senz’altro una grave
offesa per Bill «La Diva». “E poi, ecco… non
mi ha riconosciuto…”
Apriti cielo! Pensò
Annika. Non esisteva onta più grave per il divino Bill Kaulitz,
osannato leader dei Tokio Hotel, che non essere immediatamente,
inconfondibilmente e universalmente riconosciuto come il bellissimo,
talentuoso, popolare cantante che era.
“Ah, è questo il problema…” Si azzardò a commentare la ragazza.
“No, non è questo!” Ribatté subito Bill,
mettendosi seduto. “È che… ecco…”
Riprese, mentre incrociava le gambe e guardava in alto.
“…mi sembra di essere piuttosto famoso e, anche se non ero
truccato e pettinato come al solito… insomma, mi ha visto da
meno di un metro di distanza e…”
Annika, con espressione retorica, si tirò su, mettendosi poi
davanti a lui, a gambe conserte e lo fissò per un lungo istante.
“Non cambierai mai, eh?” Gli domandò infine, con
un’alzata di sopracciglia. Bill, infatti, fece
un’espressione birichina ma vaga, stringendosi nelle spalle.
“Andiamo, va, c’è da preparare la colazione.”
Affermò allora la ragazza divertita, scuotendo il capo, prima di
scendere dal letto.
Il cantante si lasciò cadere sulla schiena, il capo reclinato
oltre il bordo del materasso, seguendola con gli occhi. “E le
coccole?” Le chiese, con un collaudato sguardo cuccioloso dei
suoi.
“Dopo.” Rispose secca Annika, uscendo poi dalla camera accompagnata da un suo sbuffo risentito.
I due ospiti maschi dell’appartamento si rividero un paio
d’ore più tardi, quando per Bill venne il momento di
congedarsi.
Richard e Claudia erano nella piccola cucina; lui, seduto al tavolino,
leggeva distrattamente una rivista, mentre lei lavava i piatti della
colazione.
“Bill sta andando via, vi voleva salutare.” Annunciò
Annika fermandosi sulla porta, teneva il cantante per mano.
“Te ne vai?” Domandò Claudia al ragazzo, lui
annuì. “Dammi un bacio, allora!” Esclamò lei,
prima di andare ad abbracciarlo.
Bill, mentre stringeva e baciava sulle guance Claudia, lanciò
uno sguardo altezzoso a Richard, il quale aggrottò la fronte
perplesso.
“Perché non resti con noi?” Gli chiese quindi, incuriosito.
“Oggi pomeriggio registriamo un programma per la ZDF.”
Spiegò, sempre con tono supponente. “Andrà in onda
stasera, un po’ prima di mezzanotte.”
Registra un programma? Quella
frase fece nascere un sospetto in Richard. Bill non era esattamente una
faccia sconosciuta, ora che lo guardava meglio. Sollevò gli
occhi, studiando la sua figura. Jeans chiari, cintura borchiata con
fibbia a teschio, maglietta rossa con scritte gotiche, al collo una
catena d’argento con anelli larghi un mignolo, polsiera fetish
con cinghie, unghie smaltate, capelli perfettamente lisci e neri, occhi
cerchiati dalla matita… Aspetta un attimo… ma è…
Richard batté una mano sul tavolo, interrompendo i convenevoli tra gli altri tre, che lo guardarono sorpresi.
“Ho capito chi sei tu!” Esclamò il ragazzo indicando
Bill con un sorriso trionfante; l’interpellato gongolò
finalmente soddisfatto. “Sei il cantante di quella boy band, i
Tokyo come si chiamano…”
L’atmosfera si fece immediatamente glaciale. L’espressione
di Bill si trasformò in un istante, divenne fissa, immobile,
tanto che il suo viso sembrava scolpito in una lastra di trasparente
alabastro.
Annika mormorò: “Oh, Dio…”, mentre Claudia si
copriva la bocca con una mano, spalancando gli occhi. Le due ragazze
speravano solo che l’esplosione di Bill fosse contenuta.
Il cantante si rianimò all’improvviso, sbilanciandosi in
avanti e puntando il suo lungo indice appuntito contro Richard. Annika
sporse una mano, come per tentare di fermarlo, mentre Claudia faceva
una smorfia preoccupata.
“Noi non siamo una boy band!” Berciò nel frattempo
Bill, davanti agli occhi spalancati dell’altro. “Le boy
band sono messe insieme dalle case discografiche solo per fare soldi,
NOI siamo insieme da quando avevamo undici anni…”
“Bill…” Tentò Annika, inascoltata.
“Le boy band fanno balletti idioti, NOI suoniamo, SUONIAMO
DAVVERO, con il sudore, le dita sanguinanti e i crampi anche!”
Continuò il cantante, davanti ad un sempre più allibito
Richard. “Le boy band cantano motivetti melensi che qualcuno gli
confeziona a proposito, NOI scriviamo tutti i nostri pezzi, musica e
parole, e per quanto possano essere orecchiabili e melodici, è
pur sempre rock!” Alzava sempre più la voce.
“NOI-NON-SIAMO-UNA-BOY-BAND!” Proclamò infine, senza
fiato, con sguardo fiammeggiante; l’altro ragazzo cadde a sedere.
“E ci chiamiamo TOKIO HOTEL, con la I.”
Detto questo diede le spalle a Richard, con atteggiamento superiore,
sollevando il mento e scuotendo i capelli, quindi prese Annika per le
spalle e la baciò appena sulle labbra.
“Ci vediamo stasera, Pippi.” La salutò poi. “Vengo a prenderti verso le nove.”
“Va bene.” Annuì lei, ancora un po’
preoccupata. “Se ritardi, chiama.” Lui annuì e si
diresse all’uscita.
“Ciao, Bill.” Lo salutò Claudia, sventolando appena la mano.
“Ciao…” Salutò atono Richard.
“Ciao, Claudia.” Rispose il cantante, calcando sul suo nome ed evitando volutamente di rispondere al ragazzo.
Quando il cantante fu sparito oltre la porta, con le chiavi della sua
Bmw in mano, le due ragazze trassero un profondo sospiro di sollievo,
poi guardarono Richard con gli occhi spalancati.
“Ritieniti fortunato.” Gli disse Claudia. “Ti sei
fatto un nemico, ma perlomeno sei vivo.” Aggiunse, mentre lui
faceva un’espressione smarrita e colpevole.
*****
Georg l’aspettava sul retro del negozio, come sempre quando si
davano appuntamento lì. Fumava tranquillo, appoggiato allo
sportello della sua Audi.
Lei uscì poco dopo, semplice e sbarazzina come al solito:
bermuda neri, canottiera bianca, Birkenstock ai piedi. Il bel viso
lentigginoso, dominato dai grandi occhi azzurri, privo di trucco e i
ribelli riccioli castani legati in una semplice coda.
Il ragazzo, vedendola salutarlo allegramente con la mano, non
poté fare a meno di ripensare a come si erano conosciuti…
Il bassista dei Tokio Hotel, quel
giorno, era entrato nel negozio con l’intento di comprarsi solo
un paio di scarpe da climbing e qualche capo d’abbigliamento
sportivo, senza pensare che avrebbe fatto quell’interessante
incontro.
La simpatica e riccioluta commessa
che si era occupata di lui (Stephanie c’era scritto sul suo
cartellino), oltre che molto carina, si era rivelata una vera e propria
sorpresa. Lei, prima di tutto, non lo aveva riconosciuto subito (anche
se ogni tanto lo guardava come se avesse un sospetto) e poi, parlando,
lui aveva scoperto che avevano molte passioni sportive in comune.
Aveva finito per passare più
di un’ora a parlare con quella ragazza, a fare battute e a
ridere, ammirando la spontanea bellezza di Stephanie. Georg, alla fine,
aveva acquistato quello che gli serviva, ma anche conosciuto una
persona affascinante che lo aveva colpito profondamente. Era tanto che
non stava così bene con una ragazza, così non aveva
resistito e, mentre firmava la ricevuta della carta di credito, le
aveva chiesto di uscire insieme. Lei, all’inizio, lo aveva
guardato un po’ sorpresa, poi, con un sorriso radioso, aveva
accettato.
Era passato circa un mese, Georg e Stephanie erano usciti insieme
diverse volte, sempre in accordo con gl’impegni di lui; purtroppo
il tempo che avevano potuto passare insieme era stato relativamente
poco. Georg, però, adesso aveva una buona notizia da darle, o
almeno sperava.
Quando lei lo raggiunse vicino alla macchina si salutarono con un breve bacio.
“Ti accompagno a casa?” Le chiese poi il ragazzo, con la speranza di poterle parlare in macchina.
“Sono con lo scooter…” Rispose Stephanie dispiaciuta, indicando distrattamente il suo vecchio motorino.
“Mi dispiace…” Ribatté Georg. “Allora
devo parlare subito, purtroppo non ho molto tempo.” Aggiunse
serio.
“Mamma mia, mi fai preoccupare!” Esclamò lei sarcastica. “Cosa devi dirmi? Vai in tour su Marte?”
Georg ridacchiò. “No, tranquilla, se dovevo partire te lo
dicevo subito.” Affermò quindi. “Devo farti una
proposta.”
“L’accetto solo se è indecente.” Replicò subito la ragazza, con un sorriso malizioso.
“Sei furba tu…” Fece il bassista compiaciuto, mentre si scambiavano uno sguardo complice.
“Beh, sai com’è, ho vinto il premio e non me lo sono
ancora goduto.” Ribatté Stephanie, indugiando con lo
sguardo su di lui. “Non so se mi capisci…”
“Oh, ti capisco benissimo, credimi!” Esclamò Georg.
“Per questo volevo chiederti se ti andava di passare un week end
in montagna.”
“In montagna?”
“Sì, è uno chalet molto carino, ci sono già
stato, c’è anche un lago vicino.” Rispose il
ragazzo. “Ma soprattutto non ci sono guardie del corpo, locali
affollati e paparazzi.”
“E questa direi che è una nota positiva.” Soggiunse lei con un sorriso.
“Eh, sì.” Annuì Georg. “Anche se, devo
confessare che non saremo proprio soli… ci saranno i
ragazzi.” Ammise quindi.
“Per «i ragazzi» intendi gli altri Tokio Hotel?” Domandò la ragazza.
“Eh, sì… è un problema?” Fece lui, aggrottando la fronte.
“Oh, no! No! Anzi, ho sempre sognato di fare un fine settimana
con delle rock star!” Rispose Stephanie, malcelando una certa
preoccupata ironia.
“Oh, ma tranquilla, sono tutti delle persone… normali mi
pare un po’ azzardato, ma direi sopportabili e poi… ci
saranno le ragazze e loro sono tutte fantastiche, ti piaceranno.”
Affermò Georg, tentando di rassicurarla. “E sarà
facile ritagliarsi un po’ di tempo solo per noi…”
Stephanie, a quel punto, sorrise dolcemente e gli circondò il
collo con le braccia. “Va bene, accetto, questo tuo ultimo
argomento mi ha convinta…” Mormorò poi, prima di
baciare il suo sorriso divertito, mentre lui la stringeva a se.
*****
La cucina era in penombra, solo le luci della penisola erano accese,
era spenta anche la tv. Tom e Bill mangiavano in silenzio, dopo una
giornata passata in studio non avevano più voglia di rumore.
“Vieni anche tu in montagna, vero?” Domandò ad un certo punto il cantante.
“Reggere il moccolo alle coppiette felici non è la mia
massima aspirazione.” Borbottò l’altro, con gli
occhi sul piatto.
“Che cacchio di risposta sarebbe?” Fece Bill con espressione interrogativa e un po’ offesa.
Tom deglutì il boccone, bevve, si pulì la bocca, con lentezza esasperante e, infine, guardò il gemello.
“Andiamo, Bill…” Gli disse, con tono retorico. “Voi siete tutti accoppiati, che vengo a fare?”
“Beh…” Ribatté il fratello.
“…potresti, non so, fare surf sul lago, passeggiare nel
bosco…” Lo sguardo di Tom, nel frattempo, si faceva sempre
più attonito. “Ah! Potresti imparare a pescare le
trote!” Concluse entusiasta Bill.
Il chitarrista lo guardava come se fosse un puffo blu di un metro e novanta col cappello di molliche.
“Mi stai prendendo per il culo?” Gli chiese poi. “Tra l’altro il pesce mi piace pure poco…”
“Anche a me, però…” Replicò immediato
il gemello. “Potresti portare una ragazza.” Suggerì
allora.
“Ma sei scemo?!” Esclamò incredulo Tom. “Se
invito una per un fine settimana in montagna, quella come minimo si
mette in testa che me la sposo! Scordatelo!”
“Ma io volevo che tu venissi!” Protestò Bill, arricciando il naso in una smorfia capricciosa.
“No, senti, davvero…” Declinò il fratello,
riprendendo la forchetta. “E poi… ho un paio di mezze cose
in piedi, per il week end, qui in città…”
“Un paio di mezze cose?!” Fece l’altro perplesso.
“Sì, con delle tipe…” Rispose vago Tom.
“Beh, alla fine, forse è meglio così.”
Buttò lì il cantante, mentre, con un’alzata di
sopracciglia, si rimetteva a sua volta a mangiare.
“Perché?” Domandò il chitarrista, senza troppa curiosità.
“Perché vengono anche Claudia e il suo nuovo
ragazzo.” Rispose Bill. “Richard…” Aggiunse
con espressione in po’ schifata.
Tom alzò gli occhi su di lui. “Quello che ha detto che siamo una boy band?” Il gemello annuì.
“Dici che se lo faccio accidentalmente cadere dalla barca, mentre siamo in mezzo al lago, mi arrestano?” Soggiunse quindi, con un sorrisetto velenoso.
Il fratello ridacchiò. “L’ho sempre detto che sei
vendicativo!” Dichiarò quindi, prima che entrambi
scoppiassero a ridere.
Tom, però, pensava. Quando Bill gli aveva raccontato che Claudia
aveva un ragazzo, lui si era comportato in linea col suo personaggio:
cinico e menefreghista. Certo, poi si era incazzato per quella storia
della boy band, ma a quanto pare Bill aveva sistemato la cosa da solo,
visto quanto andava raccontando da una settimana a quella parte a
chiunque incontrasse; sembrava che quel Richard non gli andasse proprio
giù. E nemmeno a Tom, anche se il motivo era molto meno palese.
Lui tocca Claudia. E non sapeva perché questo pensiero lo
infastidisse tanto. La ragazza non era mai stata sua, nel senso…
non erano mai stati insieme, mai stati una coppia, ma Claudia era
l’unica delle ragazze che aveva avuto ad avergli lasciato un
ricordo amaro. Come se l’avesse persa prima di conoscere il suo
vero valore. Voleva conoscerlo ora? Non lo sapeva.
Sapeva che a lei ci pensava, ogni tanto, si domandava come stesse e se
pensasse a lui. Aveva sue notizie di sfuggita, pescandole con perizia
nei rendiconti infiniti di Bill; ad Annika non aveva mai rivolto
domande dirette, troppo pericoloso, lei era intuitiva e intelligente e
sembrava sapergli leggere dentro con sorprendete chiarezza. Non voleva
che qualcun altro gli spiegasse cosa era lui a provare, i suoi
sentimenti, seppur confusi, erano suoi e basta.
Tom, dopo aver visto un film con Bill, se ne andò a letto con i
pensieri che continuavano ad inchiodare su Claudia. Si convinse che i
suoi dubbi andavano chiariti. E forse un modo c’era.
CONTINUA
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Capitolo 2 *** 2 - You don't fool me ***
thunder roasd
Secondo
capitolo. Era anche l’ora, non trovate? Beh, finite
l’attesa, vi regalo la seconda parte di questo seguito. La storia
comincia ad entrare nel vivo e vengono fuori le prime tensioni! Spero
che vi stupiranno…
Vi lascio alla lettura, i ringraziamenti alla fine!
Alla prossima, baci!
Sara
Capitolo 2 ~ You Don't Fool Me
You don't fool me - those pretty eyes
That sexy smile - you don't fool me, uh
You don't rule me - you're no surprise
You're telling lies - hey, you don't fool me
(You don’t fool me – The Queen)
“Prova a metterla nell’altro senso.” Suggerì
distrattamente Bill, con un braccio piegato intorno al torace e
l’altro sollevato a tenere la sigaretta, mentre Richard,
piuttosto sudato, tentava di infilare l’enorme valigia del
cantante nel suo bagagliaio in modo che poi si chiudesse.
“Senti…” Sbottò infine il ragazzo, mettendosi
dritto e asciugandosi il sudore. “…non ci entra.”
“Facciamo così, allora.” Affermò Bill con
tono condiscendente. “La borsa più piccola la tengo vicino
a me sul sedile.”
“Te lo devo spiegare col linguaggio dei segni che non ce ne entra
nemmeno una? Cosa vuoi che me ne importi della terza!”
Esclamò spazientito Richard.
Il cantante fece un’espressione di sufficienza, aggiustandosi con
calma una ciocca di capelli. “Nella macchina di Tom ci è
sempre entrato tutto.” Dichiarò poi.
“Si può sapere che cazzo di macchina ha il tuo Tom, per
essere riuscito a farci entrare tre valige titaniche dal peso
approssimativo di sedici quintali l’una?!” Sbottò
l’altro.
“Una molto grossa.” Rispose Claudia alle sue spalle, mentre
sistemava una piccola borsa frigo davanti al sedile del passeggero.
“Ascolta…” Riprese Bill, sventolando la sua
sigaretta in quel modo che Richard non sopportava, infatti roteò
gli occhi.
“No, ascoltate me.” Intervenne Gustav, arrivando in mezzo
ai due. “Le valige di Bill le mettiamo nella macchina di Georg e
qui mettiamo quelle delle ragazze, che sono più piccole,
ok?”
“Vedi?” Fece Bill a Richard, irritandolo ancora di
più. “Era tanto difficile?” Aggiunse, prima di
spostarsi dal bagagliaio del fuoristrada del ragazzo.
Richard sbuffò sonoramente, prima di voltarsi per andare a
prendere le altre valige; Claudia lo guardò con comprensione e
sorrise.
“Sarò il suo bersaglio per tutto il fine settimana?” Le chiese lui.
“Temo di sì.” Rispose lei rassegnata.
“Che palle!”
Stephanie, nel frattempo, osservava il suo piccolo trolley rosso
sentendosi un po’ stupida; lei si era portata solo poco roba, la
valigia e un’altra borsetta per le scarpe e le cose da bagno. I
ragazzi, invece, avevano tutti valige belle grandi…
“Non sentirti a disagio.” Le disse una voce dalla sua
destra; Stephanie alzò gli occhi e vide quella che le era stata
presentata come Silke, la ragazza di Gustav. “Ti abituerai ai
loro bagagli.”
“Dici?” Fece lei perplessa.
“Oh, sì! Loro sono esagerati, specie Bill, dobbiamo essere
sagge noi, come vedi.” Spiegò allora, dando una pacca al
trolley nero delle stesse dimensioni di quello della collega.
“Vedo che ormai sei un’esperta…”
“Direi.” Annuì Silke. “Ho anche avuto l’onore di fare un breve viaggio sul tourbus!”
“Oh, il tourbus, che luogo meraviglioso!” Esclamò
sarcastica Annika, mentre recuperava la propria valigia rimasta accanto
alle altre due.
“Se hai lo stomaco per entrarci, allora puoi fare qualsiasi cosa
a questo mondo.” Rincarò inorridita Silke, mentre
Stephanie le fissava divertita.
“Fa così schifo?” Chiese sorridendo. Le altre due
ragazze fecero smorfie indifferenti, guardando altrove. “Vedo che
vi rifugiate in un educato riserbo…”
La sua curiosità fu interrotta da Georg, che la prese per le
spalle; si guardarono sorridendo, entrambi contenti di poter passare
finalmente insieme più di poche ore.
“Allora è tutto a posto?” Chiese Silke al bassista, mentre anche Annika li ascoltava.
“Sì.” Annuì lui. “Ho telefonato e mi
hanno detto che è tutto pronto, hanno riempito la dispensa e il
frigo, acceso lo scaldabagno e preparato le cinque camere da
letto.” Spiegò poi.
“A cosa ci servono cinque stanze, se siamo quattro coppie?”
Domandò Annika, mentre si legava i capelli sulla testa.
“Qualcuno vuole dormire separato?” Scherzò quindi.
Stephanie guardò Georg un po’ preoccupata; loro due non
avevano mai dormito insieme e quindi temeva che lui avesse avuto un
eccesso di zelo e le avesse preso una camera separata.
“Una è per Tom.” Rispose però Georg alla
ragazza, rassicurando anche Stephanie. “Ci raggiunge domani
mattina.” Aggiunse il bassista.
“Come?” Fece Annika sorpresa. “Tom non doveva venire…”
“Ha deciso di raggiungerci, invece.” Ribatté Georg tranquillo. “Bill non te lo ha detto?”
La ragazza, il cui viso nel frattempo si era trasformato in una
maschera pericolosa, rispose: “No, Bill non me lo ha
detto…”
Uno sguardo allarmato passò da Georg a Silke, fino a Gustav, che
si era aggiunto in quel momento al gruppo, mentre Stephanie si
domandava cosa stesse succedendo. Annika, in quello stesso momento,
fece una specie di ringhio e diede le spalle a tutti, dirigendosi verso
il cantante.
“Bill…” Lo chiamò sibilante.
“Sì, Pippi?” Fece lui, che stava chiacchierando con
Claudia, prima di girarsi con un largo sorriso. L’allegria,
però, gli morì sulle labbra quando vide
l’espressione di Annika.
“Bill, ieri sera, ti sei dimenticato di dirmi qualcosa, tra
«Ciao, Pippi» e «Quanto sono carine le tue
mutandine»?” Gli chiese lei minacciosa.
Il ragazzo si ritrasse un po’ spaventato.
“Ehm…” Biascicò quindi, alzando gli occhi, ma
incrociò lo sguardo di Georg e capì. “Alludi alla
faccenda di Tom?” Domandò allora ad Annika.
“Alludo.” Rispose secca lei.
“Beh, presumo che quando ti ho vista…”
Iniziò, ma fu bloccato dallo scettico sopracciglio di Annika che
si alzava. “Devo… devo essermene dimenticato…”
“Te ne sei dimenticato…” Ripeté lei poco
convinta. “Qual è il problema che hai, eh? Il tuo cervello
sta troppo in alto e gli manca l’ossigeno?”
“Sei cattiva, Pippi!” Sbottò lui, con il faccino accartocciato in una smorfia piagnucolosa.
“Non mi chiamare Pippi!” Esclamò Annika furente.
“Uhhh!” Fece lui disperato, coprendosi la bocca con le mani.
Gli altri ragazzi, che stavano assistendo alla scena, non capivano
perché Annika si fosse arrabbiata tanto. Loro non sapevano della
conversazione che c’era stata tra lei e Claudia solo un paio di
giorni prima. L’amica le aveva confessato che preferiva che Tom
non andasse con loro in montagna, perché nonostante il tempo
trascorso, per lei era ancora meglio stargli lontano. E Annika sapeva
che quella non era che la punta dell’iceberg, i sentimenti di
Claudia per Tom erano ancora profondi, molto più di quanto lei
stessa fosse disposta ad ammettere. E ora ci si metteva anche quello
scemo di Bill, santo cielo! Era sicurissima che lo aveva fatto apposta
a non dirle di Tom.
“Si può sapere che cosa stai macchinando in quella tua
testolina sempre in movimento?!” Gli chiese quindi, puntandogli
l’indice affusolato contro il petto.
“Io… io non sto macchinando niente!” Replicò
il ragazzo offeso. “Ti giuro che non l’ho fatto
apposta!”
“Non ci credo nemmeno se ora ti colpisce un fulmine e tu mi
scoppi davanti!” Gridò Annika, mentre lui spalancava gli
occhi con aria innocente.
“Pippi!” Implorò allora lui sull’orlo delle lacrime.
“Non-mi-chiamare-Pippi.” Ribadì lei con
l’indice alzato; Bill si morse le nocche di una mano.
“E… e guarda, è meglio se sali in macchina con
Georg e gli altri…” Aggiunse, con meno sicurezza, evitando
di guardarlo negli occhi, perché sapeva che non avrebbe
resistito al suo sguardo triste.
“Ma… ma la mia valigia…” Tentò supplicante il ragazzo.
“Non ti preoccupare.” Ribatté mesta Annika,
afferrando la grossa borsa dei trucchi di Bill. “La tengo accanto
a me sul sedile.” Aggiunse, prima d’infilarsi in macchina
senza guardarlo di nuovo.
Il cantante rimase lì, immobile, mentre gli altri cominciavano a
sistemarsi nelle auto, pronti a partire. Aveva un’espressione
incredula e sconvolta. Georg, mosso a pietà, gli si
avvicinò e lo prese gentilmente per le spalle.
“Dai, andiamo.” L’incitò poi, trascinandolo
via dalla sua posizione. “È ora di partire, o arriveremo
giusto per pranzo.” Bill, rassegnato, seguì l’amico,
non prima di aver lanciato un’ultima occhiata disperata ai
capelli di Annika oltre il vetro posteriore.
Il viaggio era iniziato da circa un’ora e la meta era ancora
lontana. Bill si era accomodato sul sedile posteriore, vicino al
finestrino e poi rifugiato nel silenzio, cosa assai preoccupante.
Stephanie si era rassegnata al posto centrale, che, essendo quella una
macchina di lusso, non era scomodo come solitamente sulle auto comuni.
Silke occupava il lato destro, mentre Georg guidava e Gustav gli sedeva
accanto. I due ragazzi, ad un certo punto, si scambiarono uno sguardo
d’intesa.
“Bill.” Esordì il batterista, voltandosi indietro per chiamare l’amico.
“Eh?” Fece lui, senza togliere gli occhi dal finestrino.
“Ci vuoi spiegare perché non hai detto ad Annika di
Tom?” Gli chiese allora Gustav, continuando a guardare indietro
dal sedile anteriore.
“Me ne sono dimenticato!” Sbottò il cantante.
“Certo…” Commentò sarcastico Georg, mentre guidava tranquillo.
Bill, dopo averlo sentito, fece un’espressione offesa. “Si
può sapere perché non mi crede nessuno?!”
“Andiamo, Bill…” Commentò Silke, sotto lo sguardo curioso di Stephanie.
“Andiamo cosa?!” Esclamò lui, sporgendosi verso la ragazza.
Gustav decise d’intervenire di nuovo. “Non ti abbiamo
creduto perché, primo, sei un bugiardo patentato e, secondo, non
sei stato molto credibile.” Gli spiegò.
“Bell’amico che sei Gustav!” Berciò Bill deluso.
“E dì la verità, per una volta, Bill!”
Intervenne Georg. “Magari così saremo più
comprensivi!”
Il cantante mugolò qualcosa, incrociando di nuovo le braccia e
rintanandosi nel suo angolino contro il finestrino. Georg e Gustav
ridacchiarono, scambiandosi un’occhiata.
“E vabbene…” Esalò Bill qualche istante dopo.
“Diciamo che non me ne sono proprio dimenticato…” I
due compagni si sorrisero furbi. “…ma che la mia
può essere stata piuttosto un’omissione
d’informazioni del tutto involontaria…”
“E cosa l’avrebbe causata?” Si permise di chiedere Stephanie.
“Solo la volontà di Bill di riunire i perduti amanti.” Rispose Georg ironico; il cantante sbuffò.
Gustav rincarò: “O quella di liberarsi del tizio che…”
“HA DETTO CHE NOI SIAMO UNA BOY BAND!” Cantilenarono in coro bassista, batterista e ragazza di quest’ultimo.
“Ma Silke, lo sai anche tu?!” Chiese incredulo Bill.
“Per forza!” Replicò lei. “Non parli
d’altro da una settimana, ce l’hai menata
all’infinito!”
“Perché è una cosa gravissima!”
Esclamò lui con le mani sul petto e l’aria scandalizzata.
“No, dico, lo ha fatto davanti a me!”
“Sì, lo capisco, Bill…” Rispose rassegnata Silke.
Il ragazzo, allora, si rivolse a Stephanie. “Tu pensi che siamo
una boy band?” Le domandò minaccioso; lei si ritrasse un
po’, perché Bill le stava praticamente addosso, nel
ristretto spazio del sedile posteriore.
“Attenta a come rispondi, Effie…” Le consigliò Georg, con la sua solita aria divertita.
Lei guardò Bill, che la spronava a rispondere con cenni del
capo. “Beh, ecco… io non vi conosco così bene,
musicalmente…” Biascicò infine. “…ma
le boy band di solito non suonano strumenti…”
Il viso del cantante s’illuminò di un sorriso abbagliante.
“Questa sì che è una ragazza intelligente! Io
l’ho capito subito! Abbiamo fatto un bell’acquisto!”
Proclamò subito dopo, strizzandola in un abbraccio stritolante.
“Visto?” Fece Gustav a Stephanie, intercettando il suo
sguardo perplesso. “Ci vuole poco a conquistare il suo affetto,
basta dargli il biscottino giusto!”
“Bill, ad ogni modo…” Intervenne Georg, quando il
cantante mollò Stephanie. “…Annika è
incazzata di brutto, cosa pensi di fare?”
Bill tornò a sistemarsi nel suo posto. “Non lo so, se
l’è proprio presa, dovrò trovare un
modo…” Rispose poi mesto. “Intanto… ti
fermeresti alla prossima area di servizio? Ho fame e mi scappa la
pipì…”
Stephanie si era aspettata che la casa che li avrebbe ospitati fosse
una di quelle bianche, modernissime ville con un terrazzo a palafitta
che s’infilava direttamente nel lago, invece si trattava di un
classico chalet di montagna, anche piuttosto rustico e il lago
c’era, ma non era così vicino.
La casa aveva un basamento in muratura, fatto di grandi pietre e poi
continuava completamente in legno. Un grande portico delimitato da una
balaustra fatta di tronchi chiari e abbellita da gerani rossi,
anticipava l’entrata: una semplice porta in legno.
L’aria era limpida, fresca e profumata e tutti si sentirono bene
respirandola, dopo essere scesi dalla macchina. Il bosco era vicino e
ombreggiava tutto il giardino posteriore.
I ragazzi si ripresero dal viaggio per qualche minuto, prima che Georg,
portatore delle chiavi, invitasse tutti ad entrare. La prima cosa che
fecero le ragazze fu visitare in un rapido tour tutto il pian terreno,
mentre i ragazzi discutevano della distribuzione delle camere. Fu
deciso, alla fine, di lasciare la stanza da letto del piano inferiore a
Tom, che sarebbe arrivato il giorno dopo.
Circa un’ora dopo, era quasi mezzogiorno, Bill e Annika stavano
sistemando la propria roba nella camera prescelta. Non era una stanza
molto grande, come le altre del resto, arredata con mobili di legno
scuro: un letto con sponde alte, due comodini, un grande cassettone con
maniglie dorate e un armadio solido. La finestra era coperta da tende a
doppio strato, uno di pizzo bianco e uno di velluto verde. Una piccola
poltrona era posizionata proprio sotto la finestra.
La ragazza stava sistemando la biancheria nel primo cassetto e lui la
osservava. Lei si muoveva tranquilla, nella luce proveniente da fuori e
Bill era quasi ipnotizzato dal movimento dei suoi lunghi capelli
biondi. Avrebbe avuto voglia di abbracciarla, ma non era così
stupido da provarci. Si decise, infine, a chiederle quello su cui
rimuginava da quando erano entrati in camera.
“Pip… Annika.” Chiamò, correggendosi appena in tempo.
“Sì?” Fece lei, mentre continuava a sistemare la roba nei cassetti, anche la sua.
“Mi domandavo se… ecco…” Esordì Bill, dopo aver deglutito, era molto nervoso.
“Cosa?” Lo spronò Annika.
Il ragazzo prese un lungo respiro. “Se per te è un
problema, io potrei dormire giù, nella camera di Tom e domani
far preparare l’altro letto.” Proclamò poi, tutto
d’un fiato. Lei fece tanto d’occhi.
“Ma cosa dici?!” Esclamò stupita.
“Beh, pensavo che… dopo la discussione di
stamattina…” Ribatté lui titubante, giocando
nervosamente con le dita.
“Bill…” Fece allora Annika, abbassando le braccia su
cui teneva due paia di pantaloni. “…il fatto che sia
arrabbiata, non significa che non ti voglio bene.”
“Mi vuoi bene?” Chiese Bill speranzoso.
“Che domande…” Rispose lei con un sospiro. “Lo sai.”
“Allora non è un problema se dormiamo insieme?” Incalzò ancora il cantante.
“Certo che no.” Negò la ragazza scuotendo il capo.
“E… e…” Tentò di nuovo Bill.
“E adesso basta.” Lo bloccò però Annika.
“Ora fammi finire, è quasi ora di pranzo.” Aggiunse,
prima di rimettersi a disfare le valige.
“Ok.” Replicò lui, facendosi mesto.
“E metti a posto la tua roba.” Gli ordinò poi la ragazza.
“Ok…” Accettò lui ancora più mesto.
Annika gli aveva concesso di dividere il letto con lei, ma questo non
significava che lo avesse perdonato o che quella notte sarebbe successo
qualcosa di più del dormire. E Bill si sentiva depresso solo
all’idea.
Fu quel pomeriggio che Georg e Stephanie riuscirono finalmente a
passare un po’ di tempo da soli. Camminarono nel bosco, fino al
lago, scherzando. Lei adorava la meravigliosa ironia di lui. Arrivati
alla riva presero posto su una panchina, ma non diedero molta
importanza al paesaggio. Si baciarono a lungo, scambiandosi tenerezze,
abbracciati davanti al lago inondato di sole.
“È un campeggio, quello laggiù?”
Domandò Stephanie, accoccolata tra le braccia di Georg, una
volta finito di baciarsi, indicando il piccolo insediamento
dall’altra parte del lago.
“Sì.” Rispose lui, prima di baciarle ancora una volta il collo.
“Mi piace andare in campeggio.” Affermò la ragazza, ricambiando.
“Io non ci vado da quando avevo dodici anni.”
Replicò lui, con un sorriso storto. “E piovve tutta
l’estate…”
“Ohhh, il buon vecchio adorabile clima della Germania
dell’est!” Esclamò in risposta una divertita
Stephanie. Georg rise. “Però è divertente infilarsi
nella tenda la sera…” Aggiunse allora lei, lanciandogli
un’occhiata maliziosa, il bassista la osservava incuriosito.
“…stretti nel sacco a pelo…”
“Tu hai sempre delle idee molto interessanti…” Ribatté Georg piuttosto interessato.
Stephanie fece un’alzata di sopracciglia. “Che ne dici di
riparlarne dopo cena, in un posto, diciamo… più
confortevole di una panchina?” Suggerì quindi.
“Sono assolutamente favorevole.” Concordò il
ragazzo. Allora si scambiarono un lungo eloquente sguardo, preludio ad
una nuova, appassionata, sessione di baci.
Silke girò l’angolo della casa. Voleva osservare un
po’ i sentieri che partivano per il bosco, così da
decidere dove andare, non appena Gustav l’avesse raggiunta. Il
suo intento, però, non andò a buon fine, perché,
appena alzò gli occhi, vide Bill che ciondolava, seduto su una
panchina ricavata da un tronco. La ragazza, incuriosita, si
avvicinò.
“Che ci fai qui tutto solo, Bill?” Gli chiese, fermandosi a pochi metri da lui.
“Mi sento stupido e inutile!” Piagnucolò il cantante, mentre Silke gli sedeva accanto.
“Perché?” Domandò lei.
“Claudia, Richard e Annika sono andati a fare una passeggiata nel
bosco.” Rispose vago. “Annika non mi ha neanche chiesto se
volevo andare…” Continuò tristemente. “Ora
staranno ridendo e scherzando e io… io sono qui ad
annoiarmi!” Concluse con tono patetico.
“Bill, ma hai provato a parlare con lei, a chiederle
scusa?” S’informò la ragazza, sporgendosi
leggermente verso di lui.
“E come faccio!” Sbottò il cantante. “Non crede alle mie giustificazioni!”
“Ma non devi giustificarti, devi dirle la verità!”
Replicò Silke. “Non c’è altro modo per farti
perdonare.”
“La fai facile tu…” Biascicò Bill, scuotendo
e abbassando il capo. “Sarebbe semplice farsi perdonare, se
potessi dirle che l’ho fatto perché so che Tom prova
ancora qualcosa per Claudia e viceversa e voglio farli rimettere
insieme in un finale pieno di cuoricini svolazzanti e petali di rosa,
ma non è così!” Aggiunse, con enfatici gesti
teatrali.
“E allora si può sapere perché le hai mentito?!” Domandò Silke con un certo impeto.
Bill la fissò negli occhi per un lungo istante. “Odio Richard.” Confessò infine.
La ragazza tentò di trattenersi per qualche secondo, poi
abbassò la testa e si coprì la bocca con la mano,
cominciando a ridere, prima piano, poi sempre più forte. Bill la
guardava interrogativo, con la fronte aggrottata.
“E tutto… tutto per quella storia…?” Cercò di chiedergli la ragazza ridendo.
“Sì!” Esclamò indignato lui. “Mi ha
profondamente offeso!” Aggiunse con le mani posate sul
petto.
“Dammi retta, Bill.” Fece improvvisa Silke, girandosi verso
di lui e prendendogli le mani. “Vai da Annika e chiedile perdono
in ginocchio, è l’unica cosa sensata da fare.”
“Dici?” Lei annuì. “Consiglio femminile?”
“Assolutamente sì.” Confermò Silke annuendo ancora.
Il cantante sospirò e si stiracchiò, portando le braccia
dietro la testa, poi si mise a fare delle buffissime smorfie
riflessive, davanti alle quali Silke si dovette trattenere dal mettersi
di nuovo a ridere.
“Allora, Bill…” Gli chiese, dopo un po’. “…che cosa intendi fare adesso?”
“Mhhh, vado a fare la cacca.” Dichiarò lui
rispondendo, la ragazza si sentì cadere le braccia. “Ho un
paio di riviste che…”
“Io intendevo con Annika…” Soffiò Silke quasi disperata.
“Ahhh…” Fece lui. “Ci penserò
dopo.” Lei si portò una mano alla fronte, scuotendo il
capo.
“Silke, sei pronta?” Domandò Gustav, sopraggiungendo in quel momento.
“Sì, andiamo.” Rispose la ragazza, mentre si alzava per raggiungere il batterista.
“Mi lasciate tutti solo…” Mormorò piagnucoloso Bill.
“Fai il bravo.” Gli consigliò Silke, camminando
all’indietro verso Gustav. “E apri la finestra del bagno,
dopo averlo usato.”
“Ok…” Annuì il cantante, salutandola distrattamente con la mano.
“Bill, hai qualcosa che ti cammina sulla gamba…”
Accennò il batterista, mentre lui e Silke si allontanavano sul
sentiero dietro la casa.
“Oddio! Dove?! Che cos’è?!” Gridò
l’amico saltando su e spolverandosi nervosamente i pantaloni.
Gustav si perse in una risatina maligna, continuando ad allontanarsi
verso il bosco. Silke gli lanciò un’occhiata severa ma
divertita.
“Sei perfido…” Affermò, lui rise ancora.
“Bill, stava scherzando!” Urlò poi la ragazza,
cercando di rassicurare il povero cantante ormai già isterico.
“Ecco! Mi rovini tutto il divertimento!” Esclamò
Gustav, prima di ridere ancora, stavolta con dolcezza, prima di
prendere la sua divertita ragazza per spalle.
Nel salone della casa c’era una grande tavola di pesante legno
scuro, circondata da rustiche panche. Le ragazze
l’apparecchiarono e prepararono la cena.
I discorsi e le battute si susseguirono tranquillamente, quando tutti
si furono seduti a tavola, ma ognuno dei presenti avvertiva una certa
tensione provenire dal fondo della tavola.
Bill era seduto in fondo alla fila, accanto a Claudia, davanti a lui
Annika e Richard accanto alla ragazza. Annika non era particolarmente
brillante, mentre Bill mangiava lento e mesto.
“Pip…” Fece per chiamare il cantante, ma
un’occhiata glaciale di lei gli impose di correggersi.
“Annika, mi passeresti il pane?” Chiese quindi.
La ragazza glielo passò un po’ bruscamente e lui lo prese,
scrollando il capo con sguardo rammaricato e arreso, poi
ringraziò. Claudia, a quel punto, sbottò.
“La vuoi smettere?!” Berciò ad Annika, sollevando la voce oltre quelle degli altri.
“Di fare cosa?!” Replicò l’amica, spalancando gli occhi.
“Di trattare Bill in questo modo!” Rispose Claudia, indicando la figura rattrappita del ragazzo.
“Non lo tratto in nessun modo!” Reagì l’altra.
“Appunto!” Ribatté lei. “Lo vuoi capire o no che per me non è un problema?!”
“Peccato che io non ci credo.” Affermò Annika,
aggiustandosi con aria scettica il tovagliolo sulle gambe. Un silenzio
imbarazzato, nel frattempo, era calato sui commensali.
“Tu sei troppo malfidata, dovresti provare almeno a darci il
beneficio del dubbio.” Dichiarò Claudia, l’altra
scosse il capo poco convinta. “Non è vero, Bill?”
Fece però lei, voltandosi verso il ragazzo.
“Non mettermi in mezzo per favore…” La supplicò lui.
“Sei tu che non capisci, Claudia.” Riprese Annika,
ignorando ancora una volta il cantante. “Io so perfettamente cosa
pensi davvero…”
“No, tu non lo sai!” Protestò l’amica.
“I miei sentimenti sono miei e se ti dico che va tutto bene, per
favore, prova almeno a crederci!”
Tutti gli altri, a quel punto, si sentivano piuttosto a disagio, ma
quelli messi peggio erano Bill, che aveva la sensazione la panca su cui
sedeva stesse diventando incandescente, e Richard, che non ci stava
proprio capendo un tubo.
“Si può sapere che succede?” Domandò infine alla sua ragazza, seduta di fronte a lui.
“Niente.” Sbuffò Claudia, voltando il capo, mentre anche Annika lo faceva, evitando di guardare chiunque.
“No, ora mi spiegate!” S’impose Richard, sbattendo le mani sul tavolo.
“Domani arriva mio fratello Tom.” Spiegò stancamente Bill, spalle curve e sguardo remissivo.
“E allora?” Fece l’altro con aria interrogativa.
Annika rivolse a Claudia un’occhiata stupita ma retorica, cui lei
rispose con un cenno di sfida. L’aria tra le due ragazze era
elettrica.
“Non glielo hai detto…” Soffiò Annika.
“Che te ne frega?!” Ribatté Claudia incrociando le braccia.
“Vedi che avevo ragione io!” Sbottò allora l’amica.
“Vaffanculo Annika!” Seppe solo risponderle l’altra,
poi si rivolse a Richard. “Io e Tom abbiamo avuto una storia, ma
è finita da un secolo…” Gli disse, con noncuranza.
“Ah…” Esalò il ragazzo, poi lanciò
un’occhiata allo splendido viso contrito di Bill, domandandosi
quanto potessero somigliarsi lui e suo fratello.
“Sei contenta ora?” Domandò, nel frattempo, Claudia ad Annika.
“Claudia, io non l’ho fatto per…” Tentò di rispondere l’altra ragazza.
“Non me ne frega proprio niente.” La interruppe
l’amica. “Questo tuo modo di fare non lo sopporto
più, fatti gli affari tuoi, da ora in avanti!” Aggiunse,
prima di sfilarsi dalla panca e allontanarsi dal salone, verso
l’interno della casa.
Annika prese un lungo respiro, poi si alzò, posando il
tovagliolo sulla tavola. “Scusate.” Mormorò e anche
lei lasciò la cena, uscendo sul terrazzo.
Bill cercò di alzarsi in fretta, per raggiungerla, ma
s’incastrò col piede tra il tavolo e la panca, cadendo poi
malamente seduto. Imprecò contro le panche, mentre Georg faceva
quello che non era riuscito a lui, seguendo Annika fuori, dopo essersi
scusato con gli altri. Al cantante non restò che sospirare,
deluso e arreso.
“Senti, Bill…” Lo chiamò in quel momento
Richard, lui lo invitò a proseguire con un gesto stanco.
“Tu e tuo fratello vi somigliate molto?” Gli chiese con
aria ingenua.
“Si da il caso che siamo leggermente gemelli…”
Rispose, con tutto il sarcasmo che gli era possibile in quella
situazione.
Il grande balcone che affacciava sul lago in lontananza era
praticamente buio, se non per la luce proveniente dalla portafinestra
della sala da pranzo. Annika era appoggiata alla balaustra, nel punto
più lontano, dove si vedeva meglio il panorama.
“Hey.” La chiamò Georg avvicinandosi. La ragazza si
girò e gli fece un sorrisino amaro. “Le cose non vanno
tanto bene, eh?” Le chiese allora lui, mentre si sedeva su una
delle sdraio di legno dietro di loro.
“Ho fatto una pessima figura con tutti, vero?”
Replicò mesta Annika, appoggiandosi di spalle alla balaustra di
legno.
“Diciamo che non siamo così abituati a vederti…
arrabbiata.” Rispose dolcemente Georg. Lei fece una smorfia
rammaricata. “Dai, vieni qui.” L’invitò allora
lui, battendosi una mano sul ginocchio.
Annika non se lo fece ripetere e andò subito a sedersi in
braccio al bassista, stringendogli le braccia intorno al collo. Il
rapporto tra i due, con l’andare del tempo, era diventato molto
profondo e decisamente fraterno; Georg era la persona con cui
più le piaceva confidarsi, dopo Claudia. Il ragazzo sapeva
spesso dirle la cosa giusta, farla rendere conto dei suoi errori e
rimetterla in carreggiata. E poi era bello farsi coccolare da lui.
“Non pensi di essere stata un po’ troppo severa?” Le
domandò Georg, mentre le carezzava piano i capelli; lei aveva
appoggiato la testa sulla sua spalla.
“Ma io l’ho fatto per…” Cercò di rispondere la ragazza.
“Annika…” Intervenne però lui.
“…per quanto tu possa essere un buon giudice, di te stessa
e degli altri e sappia capire le persone, non è detto che
c’indovini sempre.” Lei sospirò afflitta contro il
suo collo. “I sentimenti sono una cosa complicata.”
“Lo so.” Mormorò lei. “Ma so per certo che
Claudia non è così indifferente come dice…”
“Perché non la lasci libera di fare i suoi errori,
allora?” Suggerì Georg, prima di sistemarsi meglio la
ragazza sulle ginocchia.
“Perché so quanto ha sofferto per questa storia di Tom!” Ribatté immediata lei.
“Piccola, onestamente, ma che ti frega, alla fine?” Si
permise di dirle il bassista. “Sono grandi, se vogliono sbatterci
di nuovo il muso, cazzi loro…”
“Ma Georg, Claudia è la mia migliore amica!”
Replicò offesa la ragazza, sollevandosi dalla sua posizione
adagiata contro di lui. “Non voglio vederla star male.”
Aggiunse, affievolendo gradualmente la voce.
“Sarà sempre lei a decidere e non potrai farci
niente.” Sentenziò lui. Annika lo fissò per un
lungo istante, poi abbassò lo sguardo e si strinse di nuovo a
lui.
“Hai ragione.” Sussurrò sconsolata. Georg la cullò per qualche secondo.
“Passiamo ad un altro punto, ora: cosa cacchio c’entra Bill?” Riprese il ragazzo, dopo un po’.
Annika sospirò. “Forse voglio solo fargliela scontare un
po’, se lo merita, non può fare sempre quello che gli
pare!” Affermò quindi.
“Andiamo! Lo sai che l’unico intento che aveva era quello
di prendersi una piccola rivincita su Richard!” Sbottò
Georg. “Bill non è cattivo, solo un po’ impulsivo a
volte… e terribilmente egocentrico.”
“Lo so e lo amo così, però…”
Replicò Annika, rintanandosi contro di lui. “Vorrei solo
andare da lui e abbracciarlo, adesso…” Soffiò poi.
“E che aspetti a farlo, scema!” La rimproverò lui, con un delicato pugno in testa.
“Se non mi chiede scusa non lo faccio.” Dichiarò la ragazza compunta.
“Testona.” L’appellò allora, con un sorriso
bonario. “Sei proprio sicura di non voler andare da lui,
guardarlo nei suoi occhioni supplicanti e perdonarlo, sapendo benissimo
che si è clamorosamente pentito del suo gesto?” Le chiese
poi.
Annika diede l’impressione di rifletterci per un momento.
“Ci penserò, voglio tenerlo sui carboni ardenti un altro
po’, deve imparare l’umiltà.” Aggiunse
altezzosa; il bassista rise. “Grazie, Georg.”
“E di che cosa?” Replicò lui, sempre sorridendo.
“Per questa chiacchierata, ha fatto bene anche alla mia di
umiltà…” Rispose lei, abbassando timidamente gli
occhi.
“Oh, lo spero davvero, principessa!” Scherzò allora il ragazzo, Annika sorrise imbarazzata.
“Ti voglio bene, Georg.” Affermò poi, stringendolo
appena un po’ di più con le sue braccia magre.
“Anche io ti voglio bene, Annika.” Rispose lui, prima di
sfiorarle le labbra con un lievissimo bacio. “Torni
dentro?” Le chiese quindi, mentre si alzavano.
“Sto qui qualche altro minuto, ok?” Lui annuì, la
salutò con una carezza sulla guancia e si allontanò.
Annika si rimise a scrutare taciturna il lago.
Georg entrò in camera, sorrise a Stephanie, che era seduta sul
letto e si spalmava la crema sulle mani; lei indossava dei pantaloncini
corti blu e una canottiera rossa.
Dopo cena, risolto il piccolo dramma scoppiato a tavola, i ragazzi si
fecero una partita a Monopoli, mettendosi poi a raccontare ai nuovi
arrivati (Richard e Stephanie) alcuni aneddoti sulla vita del gruppo.
Claudia si era unita di nuovo alla compagnia, mentre Annika aveva
preferito andare a letto.
Il bassista, adesso, era arrivato, in un certo senso, alla resa dei
conti: lui e la ragazza, in camera, da soli. Un punto in cui, finora,
non erano mai arrivati.
Lui si sentiva perfino un po’ imbarazzato, mentre appoggiava i
propri vestiti sulla sedia; si era messo il pigiama in bagno. Come
iniziare? Doveva essere diretto oppure...? E lei, voleva farlo questo
passo avanti? Si stava arrovellando nei dubbi.
“Mi togli una curiosità?” Gli domandò
all’improvviso Stephanie, distraendolo bruscamente dai suoi
pensieri.
“Eh?!” Fece Georg sorpreso, voltandosi verso di lei. “Dimmi.” La spronò poi.
“Tu e Annika… che storia è?” Lui fece
un’espressione stupita e colpevole. “Sei stato fuori con
lei quasi mezz’ora… cioè, non sono gelosa, solo, mi
piacerebbe capire.”
Georg sospirò, sedendosi pesantemente sul bordo del proprio
letto, poi posò i gomiti sulle ginocchia, strusciandosi il mento
con una mano.
“Hai tutte le ragioni di chiedere.” Esordì quindi.
“Ho solo cercato di farla ragionare, ad ogni modo.”
Continuò. “Per il resto…”
“Per il resto?” Lo spronò la ragazza, mentre si
metteva seduta davanti a lui, le ginocchia che sfioravano quelle del
bassista. Lui chinò gli occhi.
“Ammetto che quando ho conosciuto Annika sono stato molto
attratto da lei.” Confessò infine. “Pensavo che
potesse nascere qualcosa, ci siamo anche baciati una volta.”
Continuò con sincerità. “Ma io non sono adatto a
lei, è Bill la sua controparte ideale, quindi mi sono tirato
indietro.”
“Capisco.” Commentò Stephanie.
“Adesso siamo amici, praticamente fratelli, dato che io sono
anche figlio unico.” Le spiegò ulteriormente; lei
annuì. “Sai una cosa?” Le chiese quindi, con
un’espressione stranamente soddisfatta.
“Cosa?” Fece lei incuriosita.
“Mi fa piacere che tu sia gelosa…” Mormorò allora lui, con un sorriso malizioso dei suoi.
“Ah, sì?” L’interrogò Stephanie, poco
convinta. Lo vide annuire, mentre si sporgeva un po’ di
più verso di lei, posandole le mani sulle ginocchia.
“Allora mi spieghi questo?” Riprese però la ragazza,
indicando la sistemazione della camera. “Com’è che
io e te siamo l’unica coppia ad avere una stanza con due
letti?”
Georg, immediatamente, spalancò la bocca sorpreso, poi
chinò subito il capo, grattandosi imbarazzato la nuca, mentre si
risistemava a sedere, allontanandosi preventivamente da Stephanie.
“Eh, ecco…” Biascicò quindi.
“La verità, per favore.” Lo implorò divertita lei.
“Sì.” Annuì lui. “Non volevo sembrasse
che ti ho portata qui solo per… quello.” Confessò
infine. “Volevo essere un gentiluomo e darti la
possibilità di prendere tempo…”
“Oh, ma sei un cavaliere!” Esclamò la ragazza, ridacchiando.
Lui si grattò la testa. “Sì, un cavaliere imbranato
che ha appena fatto una gran brutta figura…”
Commentò quindi.
“Sai cosa c’è?” Lo interruppe lei,
prendendogli le mani, obbligandolo a guardarla negli occhi. “I
cavalieri saranno anche diventati imbranati, ma c’è da
dire che le principesse si sono fatte più furbe.”
Aggiunse, fissandolo con un sorriso provocante.
Georg rispose con la sua famosa alzata di sopracciglio. “Cosa intendi?” Le domandò, pregustando la risposta.
“Intendo che non è scritto da nessuna parte che dobbiamo
usare tutti e due i letti.” Soffiò Stephanie,
accarezzandogli le braccia, poi si avvicinò a lui, appoggiandosi
sapientemente contro il suo corpo. “Togliti la
maglietta…” Gli sussurrò quindi al’orecchio,
prima di scostarsi.
Georg non se lo fece certo ripetere. Si alzò e sfilò
dalla testa la maglietta grigia che indossava, arruffandosi così
la coda in cui aveva legato i capelli, cosa che lo rese ancora
più selvaggiamente attraente di quando non fosse già di
suo. Stephanie lo prese per l’elastico dei pantaloni e lo
tirò tra le sue gambe, cominciando a baciargli lo stomaco.
Inutile dire che, per quella notte, i pronostici vennero rispettati: di letti ne usarono solo uno.
Bill s’infilò silenziosamente sotto la leggera trapunta a
fiori che copriva il letto. Il corpo magro di Annika, già
sdraiata sotto le coperte, disegnava una curva morbida, alla luce della
luna che entrava dalla finestra coperta dalla tenda leggera.
Il ragazzo si sdraiò, posando la testa sul cuscino, poi
allungò timidamente la mano, sfiorando la vita di lei, il
piccolo avvallamento tra il busto ed i fianchi, dove amava prenderla
per stringerla a se, ma lei si mosse, quasi infastidita.
“Bill, per favore…” Mormorò, rompendo il
silenzio e dimostrandogli di essere sveglia. “Non è il
caso, dai.” Aggiunse, mentre scostava con delicatezza la mano di
lui.
“Io volevo solo… abbracciarti…” Si giustificò lui con tono affranto.
“È meglio di no.” Ribadì Annika senza voltarsi.
Bill sospirò. Non era così stupido da pensare che sarebbe
stato facile farsi perdonare da lei, ma credeva con tutto il cuore nel
loro amore, quindi aveva sperato che lei sarebbe stata più ben
disposta nei suoi confronti. Ma forse, era un’altra la cosa da
fare…
“Annika.” Lei non rispose, ma Bill aveva l’assurda
certezza che lo stesse ascoltando. “È tutta colpa mia,
scusami.” Soffiò allora, vicino al suo orecchio, con
genuino pentimento.
Il ragazzo restò quindi in ascolto, tutto il corpo rivolto a
sentire anche il minimo cambiamento in quello di lei. La sentì,
infine, prendere un lungo respiro, poi, senza una parola, la mano di
Annika si mosse, cercò e prese la sua, portandola contro il
proprio petto, dove il cuore batteva piano, sotto il palmo di Bill. Lui
sorrise incerto, quindi si strinse di più a lei.
CONTINUA
Ringraziamenti:
kit2007 – cara la
mi’ bambina, scusami se non ti ho avvertito! Stasera sarà
la prima che ti dirò, l’aver postato il 2! Qualcosina la
sai già, ma spero comunque che il capitolo ti aggradi, con tutto
quello che succede! Grazie per i sempre graditi complimenti! Baciotti!
picchia – beh, sul
parapiglia ci hai decisamente indovinato! E ci siamo già dentro
alla grande! Sì, Bill come vedi ci ha già regalato alcune
perle… Quanto a Tom, ancora non è arrivato ma ha
già fatto danni, vedremo quando finalmente li degnerà
della sua augusta presenza! Grazie per il tuo puntuale commento!
sunsetdream – lusingata
di aver incontrato ancora una volta il tuo apprezzamento, grazie! Spero
che anche il nuovo capitolo di piaccia!
mewmina_91 – grazie! Sono
felice di averti incuriosita così tanto! Beh, continua a seguire
questa storia, perché ne devono ancora succedere tante!
Princess – mia cara! Meno
male che c’è qualcuno di serio al mondo, brava, sii
d’esempio! E calma, LUI arriverà presto (e sappiamo che
non parliamo di Godot e nemmeno di Tom ^__-). Intanto, so già
che mi odierai per almeno un paio di scene di questo capitolo, eheheh!
billa483 – grazie per i
complimenti e vedrai che Tom non tarderà molto. Goditi Billonzo
nel frattempo, che ce ne combinerà delle belle!
Ladynotorius – ma le tue
recensioni non fanno schifo! I punti salienti li hai toccati, ho capito
che Richard non ti sta simpatico… Grazie!
LadyCassandra – mamma mia
grazie! Sei davvero troppo carina! Sono felice che la mia ff ti abbia
ispirato, specie se hai amato le caratterizzazioni dei personaggi,
perché ci tengo tanto. Se il primo capitolo ti ha sorpresa,
penso che questo secondo lo abbia fatto ancora di più! Ti
ringrazio di nuovo e aspetto nuovi commenti!
angeli neri – grazie per
i tanti e bellissimi complimenti, sono contenta che tu abbia amato
Autumn Song e che segua questo seguito, spero che apprezzerai anche
questo nuovo capitolo!
Lady_Daffodil – Eh
sì, eccoci qua, la storia continua e mi auguro sia ancora di tuo
gradimento! Sì, è vero, i personaggi sono un po’
cresciuti, del resto nella prima ff hanno affrontato cose importanti.
Per quanto riguarda Bill, beh, adoro caratterizzarlo, quindi mi diverto
troppo! Grazie del commento!
Lady Vibeke – sì,
sì, lo so, mi odi per quelle due scene con Georg… prima
si coccola Annika, poi si da fare con Stephanie, capisco come ti
senti… passamela via. Tra l’altro, nella recensione, mi
fai una bella previsione! Io mi accontenterei che avesse lo stesso
successo di Autumn Song, poi si vedrà! E anche tu…
aspetta con gioia, ormai manca poco!
loryherm – grazie per la
tua solita dettagliatissima recensione! Hai centrato molto punti
centrali dei primi capitoli, anche se tempo di aver scompaginato un
sacco di cose, con questo nuovo capitolo… e Tom ancora non
arriva… Ma vedrai, vedrai, non è finita!
Antonellina – beh, quella
storia è comunque finita, questa è tutta un’altra
cosa, anche se all’inizio sembra riprendere i temi
dell’altra. Questo secondo capitolo già sconvolge un
po’ le cose, fammi sapere cose ne pensi!
RubyChubb – mi fa davvero
piacere se ancora le mie storie ti divertono e incuriosiscono! Ti ho
sorpresa? Bene! Oh, sì, sì, io le tue classifiche le
aspetto sempre, anche perché mi fanno schiantare dal ridere e mi
mostrano anche i difetti dei miei personaggi in modo troppo simpatico,
ma efficace! Ora vado a leggermi la tua e si vede!
Bene, arrivederci a tutti, ci sentiamo col prossimo capitolo!
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Capitolo 3 *** 3 - What you are here for ***
thundere road
Capitolo
tre. Si entra nel vivo della storia? Non lo so, ma qualcosa succede:
Tom arriva, finalmente, ma un piccolo colpo di scena distrarrà i
protagonisti, sempre che… non vi abbia già distratto
troppo un certo boscaiolo sexy… Ne riparliamo nelle recensioni,
va. ^__-
Mary, Pao, questo è il vostro capitolo, godetevelo.
Buona lettura a tutti!
Sara
Capitolo 3 ~ What you are here for
Don't turn me home again
I just can't face myself alone again
Don't run back inside
Darling you know just what I'm here for
(Thunder road – Bruce Springsteen)
Stephanie scese allegra le scale, dirigendosi con passo saltellante in
cucina. Salutò i presenti, che erano Gustav e Silke, intenti a
preparare caffè, pane e marmellata e Bill, seduto al tavolo. La
risposta di quest’ultimo fu particolarmente moscia.
La ragazza osservò la faccina depressa del cantante e fu presa
da un moto di tenerezza; quando Annika entrò con fare energico
in cucina, prese alcune cose da portare in tavola e se ne uscì
di nuovo, senza degnare Bill di uno sguardo, Stephanie si sentì
molto dispiaciuta per lui, specie vedendolo seguirla con gli occhi,
tipo cagnolino abbandonato. Decise di seguire l’altra ragazza in
salone.
Annika stava apparecchiando la tavola, la finestra era aperta e la
stanza era luminosa e calda; la ragazza aveva un’aria efficiente
e precisa, in quello che faceva, anche se la sua espressione era troppo
seria.
“Annika.” La chiamò Stephanie avvicinandosi.
“Dimmi.” La spronò l’altra, continuando a sistemare roba sulla tavola.
“Non hai ancora fatto pace con Bill?” Le chiese, lei
negò col capo, senza guardarla. “Ma non hai visto che
visetto abbattuto che ha?” Continuò Stephanie con tono
dolce.
“Ascoltami bene.” Affermò Annika, girandosi
finalmente verso l’altra. “Non farti commuovere dai suoi
occhioni da cucciolo, con le sue faccine sarebbe capace di muovere a
compassione perfino Torquemada!” Sbottò poi, tornando al
suo lavoro.
“Ma non te, a quanto pare.” Commentò Stephanie con le mani sui fianchi.
Annika sospirò, fermandosi, quindi alzò gli occhi e
guardò fuori dalla finestra. “Sto solo cercando
d’ingoiare il mio orgoglio, ma ci vuole un po’ di
tempo… è bello grosso.” Affermò poi,
rivolgendole un sorriso debole.
“Capisco, ma non farlo penare troppo, sembra molto avvilito.” Soggiunse Stephanie, con espressione comprensiva.
“Ci provo.” Acconsentì Annika, già abbastanza
ammorbidita dalle scuse notturne di Bill. “Dopo colazione ci
parlo.” Dichiarò poi. “Adesso andiamo a prendere il
resto della roba, ho fame!”
Stephanie annuì sorridente, quindi si fece prendere a braccetto
da Annika e condurre nuovamente in cucina, dove, nel frattempo, era
arrivata anche Claudia.
Annika si disse che doveva fare pace anche con lei, dopo lo sguardo
ostile che l’amica le rivolse, ma prima di fare un qualsiasi
passo, fu interrotta dall’entrata di Georg. Il bassista
salutò tutti, baciò Stephanie sulla guancia, poi si
rivolse a Gustav.
“Hai visto l’accetta in garage? Vorrei spaccare un
po’ di legna per il camino…” Gli chiese tranquillo,
tenendo la sua ragazza per la vita.
“È vicino al cassone verde, ma sei sicuro di volerlo fare,
Georg, fa un bel caldo stamattina. ” Rispose il batterista, prima
di prendere un sorso di caffè.
“Mi metto sotto i pini e se poi non resisto, leverò la
maglietta.” Ribatté Georg, stringendosi nelle spalle.
A quella dichiarazione, un inequivocabile sguardo d’intesa
scattò tra le quattro ragazze; l’idea di vedere Georg
sudato e mezzo nudo che spaccava la legna era troppo allettante per
tutte loro.
“Faccio un po’ di the freddo!” Dichiarò Claudia; tutti concordarono che era un’ottima idea.
Tom aveva passato tutta la settimana precedente a convincersi che
preferiva passare quel week end a casa, che in città avrebbe
sicuramente trovato una compagnia sufficiente a non fargli sentire
troppo la solitudine. Volendo, quest’ultimo punto, avrebbe potuto
realizzarlo senza troppa fatica, ma la verità era che non
gl’interessava. Voleva andarci in montagna con gli altri. Quanto
al motivo… beh, meglio tenerlo per se, almeno fino a quando non
avesse tastato il terreno.
La sera prima era andato in un locale a bere, ma si era annoiato quasi
subito, nonostante un paio di ragazze piuttosto carine e disponibili
che avevano tentato di intrattenerlo, così era tornato a casa e
se ne era andato a letto, deciso ad alzarsi presto per arrivare allo
chalet prima dell’ora di pranzo. E così aveva fatto.
Il chitarrista, quando svoltò a destra ed entrò nel
vialetto alberato che conduceva alla casa, si complimentò con se
stesso perché aveva ricordato la strada meglio del previsto, per
fortuna: all’antelucana ora del mattino in cui aveva deciso di
partire nessuno dei suoi adorati compagni si sarebbe degnato di
rispondere al telefono, tanto meno il suo letargico fratello.
Il chitarrista parcheggiò la sua auto accanto alle altre due:
l’Audi di Georg e un altro piccolo fuoristrada che non conosceva.
Scese e non perse tempo a scaricare il bagaglio, dirigendosi verso la
casa per salutare.
Il posto non era cambiato molto, sempre piuttosto carino, ma
l’entrata era stranamente silenziosa. Prima di salire il primo
gradino della veranda, Tom sentì brevi e divertite risate
femminili provenire dal retro della casa. Girò, allora,
l’angolo.
La prima cosa che vide furono le ragazze, sedute su una panchina
ricavata da un tronco. Erano Silke, Annika e un’altra ragazza coi
ricci che doveva essere l’accompagnatrice di Georg. Parlottavano
tra se, ridacchiando piano, con dei bicchieri quasi vuoti in mano.
Sembrava che le ragazze stessero seguendo una qualche scena, piuttosto
intrigate.
Tom spostò gli occhi e capì, mentre piegava le labbra in
un sorriso furbo. Avrebbe dovuto interpretare quel rumore prima, era
chiaro.
A qualche metro da loro, in un piccolo spiazzo sotto un pino,
c’era Georg che spaccava la legna. Georg che spaccava la legna a
torso nudo. Un po’ sudato, coi capelli malamente raccolti in una
coda e qualche traccia di terra sulle braccia. Non era difficile
intuire che la scena fosse diventata ben presto uno spettacolo assai
interessante per quel ristretto pubblico femminile…
E poi erano i maschi ed essere degli sporcaccioni! Se una di quelle
piccole maniache gli avesse detto di nuovo una cosa simile, gliela
avrebbe fatta vedere lui!
“Mi salutate…” Intervenne Tom, distraendo il
pubblico dalla trance erotica. “…o siete troppo prese a
seguire le gocce di sudore intorno all’ombelico di Georg?”
Le ragazze, prese in contropiede, sussultarono, voltandosi verso di
lui; la prima a reagire fu Annika, che si alzò e gli andò
incontro sorridente.
“Tom!” Esclamò allegra, abbracciandolo brevemente e dandogli un bacio sulla guancia.
“Ciao.” La salutò lui tranquillo, rispondendo al bacio.
Dopo che Annika ebbe rotto il ghiaccio, anche gli altri lo salutarono,
prima di presentargli Stephanie, di cui lui ammirò i bei capelli
ricci, il fisico atletico e i grandi occhi azzurri, complimentandosi
mentalmente con Georg. Il quale bassista si era a sua volta avvicinato,
salutando l’amico con una pacca sulla schiena.
“Allora, diamo spettacolo, eh?” Fece il chitarrista in
risposta, causando un’espressione perplessa da parte di Georg.
“In che senso, scusa?” Replicò infatti, prima di
rivolgere un’occhiata alle ragazze che vagavano con gli occhi,
tentando espressioni indifferenti, ci mancava solo che si mettessero a
fischiettare. “Voi stavate guardando me?” Domandò
lui con sincera e sorpresa ingenuità.
“Noooo!” Risposero loro in coro, scuotendo il capo, mentre Tom ridacchiava spudoratamente.
Il chitarrista, però, presto intercettò uno sguardo di
Georg: un sorrisetto furbo e un’alzata maliziosa di sopracciglia.
Capì che anche lui aveva intuito tutto da un pezzo.
Ricambiò con uno dei suoi sorrisini storti.
“Volete ancora da bere?!” Domandò una voce allegra, mentre dei passi si avvicinavano al gruppetto.
I ragazzi si voltarono in quella direzione, Silke si spostò un
po’ di lato e Tom vide Claudia. Si ritrovarono a fissarsi senza
averlo voluto, solo per una questione meramente meccanica di movimento.
Lei si fermò a pochi passi dal gruppetto.
Se Tom, prima di arrivare, aveva pensato di dover studiare un po’
la situazione, ora non sapeva proprio cosa fare. Il cuore gli si era
fermato per un istante, per poi ripartire accelerato, il sorriso si era
fossilizzato sulle sue labbra, non poteva muovere un muscolo e stava
lì, con le chiavi della macchina ancora in mano e la gola secca.
Dio, non la vedeva da mesi e solo ora si rendeva conto di quando gli
era veramente mancata. L’emozione che provava in quel momento, la
stessa che sentiva ogni volta che gli parlavano di lei, ma amplificata,
cercava di spiegarsela da tempo, ma restava comunque un mistero.
Cosa mi fai, Claudia? Perché mi succede solo con te, anche dopo così tanto che non sei più mia…
“Ciao, Tom.” Salutò infine la ragazza, percorrendo gli ultimi passi che la separavano dagli altri.
“Ciao…” Rispose lui e avrebbe voluto dire “Ciao, piccola” come la chiamava sempre prima, ma si rendeva conto che tra loro non c’era più quella confidenza.
“Allora, volete altro the freddo?” Chiese nuovamente
Claudia, appoggiando la brocca che portava su un tavolino accanto alla
panchina. Le varie risposte positive le riempirono le orecchie.
È arrivato… Era
l’unico pensiero coerente che il suo cervello aveva potuto
concepire quando lo aveva visto, poi era stato tutto un accavallamento
di pensieri. Non è un problema… aveva ripetuto quella
frase centinaia di volte, ad Annika ed a se stessa, per auto
convincersi che era vero e ora continuava col mantra…
Non è un problema se lui
è qui. Non è un problema se lui è qui fisicamente,
se vive, respira, sorride, parla davanti a te. Non è un problema
se i suoi occhi sono ancora i più belli che abbia mai visto. Non
è un problema se non riesci a respirare, pensare, muoverti in
modo normale… Come no!
Claudia, mentre versava il the nei bicchieri che le venivano porti,
scambiò un’altra occhiata con Tom. Lui le sorrise, dolce e
tranquillo. Un sorriso raro dei suoi, senza malizia, sereno. Lei non
poté far altro che rispondere allo stesso modo. Forse si era
preoccupata troppo.
“Vorrei bere anche io...” Dichiarò il chitarrista
che, dopo il sorriso di Claudia, si era reso conto di avere la gola
improvvisamente arida. “…ma non ho il bicchiere.”
“Puoi usare il mio.” Propose Annika porgendogli
l’oggetto. “Sempre se non ti schifi.” Aggiunse con un
sorrisetto. Lui lo prese con una smorfia palesemente finta.
“L’unica obiezione che posso fare è sul fatto che ti slingui mio fratello…” Commentò poi.
“Oh, tranquillo!” Sbuffò la ragazza, alzando le
mani. “Da un paio di giorni posso dichiararmi immune dal morbo di
Bill…” Aggiunse storcendo il naso.
“Eh?!” Fece Tom perplesso.
“Niente, ti spiego dopo…” Ribatté Annika, con
un cenno noncurante del capo. Lui la guardò sospettoso, mentre
lei si allontanava di qualche passo.
Tom, pur continuando ad essere perplesso, si strinse nelle spalle,
voltandosi nuovamente verso Claudia e porgendole il bicchiere per avere
la sua parte. Si guardarono di nuovo.
Claudia si stupì di non ricordare quanto fossero immense e
labirintiche le profondità degli occhi di Tom, quanto struggente
quella inspiegabile malinconia che c’era nel loro fondo. Dovevo rendermi conto che non c’era scampo la prima volta che il mio cuore c’è caduto dentro… si disse arresa.
Anche Tom osservava gli occhi di lei. E un po’ si perdeva tra
quelle ciglia lunghe, in quelle iridi color cioccolata. Lo turbava
l’inquietudine che vi leggeva dentro, nascosta dalla finta
tranquillità dei gesti. Sorrise della sua bellezza, del viso
struccato, delle guance rosa, dei capelli chiari nel sole. Ti voglio ancora, piccola, che ci posso fare?
Il the fu versato, Tom sorrise e ringraziò, lei sorrise e gli disse “prego”,
poi si allontanarono e il ragazzo raggiunse Georg vicino al ceppo dove
tagliava la legna, lasciando addosso a Claudia un’ultima occhiata
nostalgica.
Georg, Tom e le ragazze, qualche minuto più tardi, stavano
parlando del più e del meno, quando Bill uscì dalla porta
della cucina e scese le scale che portavano in giardino. Arrivato a
metà, vide Tom che rideva tranquillo con gli altri.
“Tomi!” Esclamò severo, mentre scendeva gli ultimi gradini; il fratello si voltò verso di lui.
“Hey, fratellino!” Lo salutò l’altro, osservandolo raggiungerli con espressione di rimprovero.
“Perché non mi hai detto che stavi arrivando?” Gli chiese indispettito Bill, fermandosi davanti a lui.
“Sapevi che stavo arrivando!” Ribatté Tom.
“Non in quel senso!” Sbottò l’altro.
“Eri sveglio alle sette e un quarto quando sono partito?” Gli chiese allora il gemello.
“Ovviamente no!” Rispose retorico Bill, con un gesto sprezzante.
“E allora smettila di dire minchiate, ora sono qui, punto.”
Replicò Tom con noncuranza, scolandosi quello che rimaneva nel
bicchiere che aveva in mano.
“Io finisco di spaccare la legna, così stasera accendiamo
il camino.” Affermò quindi Georg, posando il bicchiere; le
ragazze annuirono entusiaste.
“Fai pure, Georg, noi siamo qui.” Intervenne Stephanie,
mentre seguiva con sguardo indulgente il bassista che si piegava a
recuperare l’accetta.
“Eccome se ci siamo…” Commentò maliziosa
Annika, scambiando uno sguardo d’intesa con l’altra
ragazza, poi ridacchiarono soddisfatte.
Bill sentì tutto, perché era vicino alle due e
s’imbronciò. Non gli piaceva affatto che Annika
apprezzasse così tanto le doti virili di Georg, mentre in quei
giorni rifiutava qualsiasi contatto con lui. Che cosa aveva lui meno di
Georg? Poteva fare benissimo tutto quello che faceva il suo bassista,
compreso spaccare la legna. Se era questo che i veri uomini facevano,
beh, lui era pronto!
“Georg, pensi che potrei provare anche io?” Domandò allora.
Una folla di occhi increduli si posò immediata sul cantante. Lui
rispose con uno sguardo supponente, stringendosi nelle spalle con
noncuranza.
“Penso di esserne capace.” Affermò per rincarare la sua reazione.
“No, che non ne sei capace!” Berciò Tom, scansando
Annika e arrivandogli di fronte. “Ti ha dato di volta il
cervello?!”
“Oh, andiamo, Tomi!” Sbottò infastidito il fratello.
“Si tratta solo di spaccare con un’accetta dei piccolissimi
pezzi di legno, mica di scalare l’Everest!”
“Ti farai del male.” Dichiarò il chitarrista, fissandolo severo.
Bill lo guardò, spalancando gli occhi in un’espressione
risentita, poi mise le mani sui fianchi. “Non sopporto questa tua
mancanza di fiducia in me, allontanati Tom.” Sentenziò
quindi, spingendo il fratello con un gesto teatrale.
“Bill, non farlo!” Intervenne in quel momento Annika; lui si girò a guardarla.
“Invece lo faccio!” Replicò intestardito, voltandosi
di nuovo verso il bassista. “Georg, spiegami tutto…”
“Bill!” Lo supplicò la ragazza, inascoltata. “Digli qualcosa!” Ordinò allora a Tom.
Lui fece una specie di ringhio, rivolto al gemello che non lo
calcolò minimamente, mentre si faceva spiegare da Georg come
tenere l’accetta.
“Bill, se ti fai male ti lascio alla guazza, sei
avvertito.” Lo minacciò serio, ma lui gli rispose solo con
un eloquente gesto del dito medio.
“Andiamo, Tom, lascialo fare!” Intervenne Georg.
“Cosa potrà mai farsi a spaccare un po’ di
legna!” Aggiunse.
“Lo conosci, potrebbe procurarsi danni irreversibili anche a
sollevare una valigia…” Rispose il chitarrista, mettendo
le mani sui fianchi. Bill gli lanciò un’occhiata ostile e
offesa.
“Gli ci devi far sbattere il muso, altrimenti non crescerà mai!” Sbottò il bassista.
“Oh, grazie, Georg!” Sbuffò Bill, sempre più
offeso dal giudizio dei suoi amici sulle sue capacità fisiche.
“Toh, prendi l’accetta, che è meglio!”
Ribatté l’altro, cedendogli il posto davanti al ceppo.
“Georg, se si fa male…” Sibilò minaccioso Tom, con gli occhi fissi in quelli dell’amico.
“Cosa?” Lo provocò l’altro. “È adulto ormai, puoi smetterla di fare la chioccia.”
“Ma… vaffanculo!” Reagì il chitarrista
rabbioso. “Bill, falla finita e togliti di lì.”
Disse poi al fratello, stava per sollevare l’accetta.
“Nemmeno per sogno!” Proclamò il cantante, prima di
mandarsi indietro i lunghi capelli con una scossa della testa degna di
una diva del muto.
Tom sbuffò, perseverando nella sua espressione adirata. Annika,
nel frattempo, si mordeva la punta del pollice, senza sapere se essere
più arrabbiata o preoccupata. Claudia e Silke osservavano la
scena piuttosto perplesse.
Bill, allora, si preparò a dimostrare di essere un vero uomo.
Strinse il manico dell’accetta tra le mani e fece per sollevarla,
ma il peso dell’attrezzo lo fece leggermente sbilanciare verso
destra. Tom e Annika si slanciarono, pronti a riprenderlo, ma lui
riuscì a ritrovare la stabilità. Il ragazzo, quindi,
impugnò meglio l’ascia, inquadrò il piccolo pezzo
di legno rotondo, posato sopra il ceppo, si posizionò sulle
gambe leggermente divaricate e preparò il colpo…
L’ha impugnata male… fece in tempo a pensare Tom, mentre il colpo scendeva verso il ceppo.
La tiene in modo strano… pensava invece Annika, seguendo il movimento sgangherato del braccio di Bill.
Ma quanto cazzo pesa?! Era invece il pensiero del diretto interessato.
Tutti gli occhi presenti seguirono l’accetta calare sul legno,
colpirlo di striscio, scheggiando la superficie, poi muoversi verso
destra, incastrarsi nella base del ceppo; il corpo, soprattutto la
spalla di Bill, seguirono quel movimento innaturale, i suoi piedi
scivolarono sul terreno coperto di trucioli e tutta la sua longilinea
figura si accartocciò su stessa con un grido di dolore.
Ecco, lo sapevo…
formularono all’unisono le menti di Annika e Tom, prima di cedere
all’istinto e scattare verso Bill, ancora accasciato e mugolante.
Georg si stava piegando sull’amico a terra, quando Tom li
raggiunse e lo spintonò via, inginocchiandosi poi accanto al
fratello.
“Hai visto?” Berciò contro il bassista. “Sei
contento ora?!” Inutile dire che, ovviamente, Georg non era
affatto contento di quello che era successo.
“Stai bene, Bill?” Domandava nel frattempo Annika.
“No che non sto bene!” Strillò lui piagnucolante.
“Il braccio mi fa malissimo, oddio si sarà rotto! Oh Dio!
E ora che faccio!” Continuò impaurito e isterico.
“Stai calmo Bill.” Cercò di rassicurarlo Annika, accarezzandogli la schiena.
“No, non sto calmo! Mi fa male da morire!” Riprese a
gridare il cantante, reggendosi il braccio destro contro il petto.
“Toooomiii, aiutamiiii!”
“Certo che ti aiuto, brutto demente, anche se dovrei lasciarti
contorcere dal dolore in mezzo alla polvere!” Replicò il
fratello, prima di dargli una pacca in testa.
“Tomi, portami all’ospedale, mi sono rotto qualcosa, me lo
sento!” Miagolava Bill tirando su col naso, mentre Tom lo aiutava
ad alzarsi.
“Dai, tranquillo.” Lo rassicurò il gemello con
più dolcezza. “Ora ti ci porto, il tempo di salire in
macchina…”
“Vi accompagno al pronto soccorso, se volete…” Si offrì Georg.
“Meglio di no.” Rispose immediato Tom. “Resta qui, ce la faccio da solo.”
“Come vuoi.” Acconsentì il bassista, senza nascondere un tono leggermente acido e offeso.
“Che cosa è successo?” Domandò la voce
preoccupata di Gustav, affacciatosi alla porta della cucina richiamato
dalla concitazione delle voci.
“Bill si è fatto male.” Gli spiegò Silke. “Tom adesso lo accompagna all’ospedale.”
“Vado anche io.” Sentenziò il batterista, scendendo;
dal tono che aveva usato si poteva intuire che non gli avrebbero fatto
cambiare idea.
Il pronto soccorso della piccola clinica di montagna, abituato a
campeggiatori coperti di punture d’insetto, bambini con la
diarrea e velisti della domenica, non era preparato a vedere dei
personaggi come i tre seduti nella sala d’aspetto.
Bill, infagottato in una felpa nera, cappuccio calato sugli occhi e
occhialoni da sole, si teneva ancora il braccio, lamentandosi piano.
Tom, espressione che più scazzata non si può, anche lui
con cappuccio e occhiali, stravaccato accanto al fratello, borbottante.
E Gustav, cappellino e lenti scure pure lui, sbuffava ogni tanto,
sopportando le uscite degli altri due. La gente li osservava come se
fossero appena scesi da un’astronave, chiedendosi che bisogno ci
fosse d’imbacuccarsi in quel modo in pieno luglio.
“Tomi…” Chiamò piagnucolante Bill.
“Eh?” Rispose annoiato il fratello.
“David s’incazzerà?” Chiese l’altro con una smorfia preoccupata.
“Oh, ci puoi giurare che lo farà!” Sbottò il chitarrista.
“Uffa! Ma perché mi doveva capitare una cosa del
genere?!” Si lamentò allora il cantante, ricominciando a
uggiolare come un cucciolo cui hanno pestato la coda.
“Te lo sei voluto, deficiente!” Reagì Tom,
rifilandogli un’altra pacca sulla testa, poi si stiracchiò
e si alzò. “Io vado fuori a fumarmi una
sigaretta…”
“No, Tomi! E se mi chiamano?!” Esclamò allarmato Bill.
“Ascolta, datti una calmata.” Replicò immediato il
gemello. “Ce ne sono ancora due davanti a noi, fumo una sigaretta
e torno, non sto via tre ore.”
L’espressione di Bill si accartocciò in una smorfia
infantile e delusa, quindi si voltò verso Gustav, speranzoso.
“Tu non mi lasci vero?” Chiese supplicante.
“Tranquillo, Bill, sono qui.” Lo rassicurò lui,
prima di calarsi meglio il cappellino sugli occhi con uno sguardo
circospetto; quei due facevano troppa confusione per i suoi gusti.
Bill, nel frattempo, gli sorrideva riconoscente.
Tom era uscito sulle scale che conducevano nel pronto soccorso. Era una
scala larga e bianca, delimitata da una ringhiera tubolare grigia. Il
ragazzo si appoggiò al corrimano, vicino alla rampa per
l’accesso degli handicappati, quindi si accese una sigaretta,
concedendosi di consumarla placidamente.
Buttando fuori la prima boccata di fumo, alzò gli occhi e vide,
seduta di fronte a lui, sul muretto della ringhiera opposta, una
ragazza. Sembrava piuttosto alta, bionda, con un paio di corti shorts
di jeans che evidenziavano le belle gambe, la pelle chiara arrossata da
un’abbronzatura troppo violenta. Lo guardava da dietro gli
occhiali da sole, con un sorrisino seducente. Tom non era certo tipo da
ignorare uno sguardo del genere e, comunque, non aveva nulla da
perdere, così rispose con uno dei suoi sorrisi storti e
birichini.
La ragazza, allora, si alzò, aggiustandosi poi l’aderente
canottiera che indossava, da cui spuntava il sopra di un bikini a
fiori; mentre camminava verso di lui ancheggiando, Tom ammirò
compiaciuto la generosità della sua scollatura.
“Ciao.” Lo salutò quando gli fu arrivata di fronte;
lui era distrattamente appoggiato alla ringhiera, in una di quelle pose
noncuranti che aveva fatto la sua fortuna di Sex Gott.
“Ciao.” Rispose Tom, concedendosi un’altra boccata di fumo.
“Hai da accendere?” Gli chiese lei, sfoderando un accento assai strano.
“Certo.” Annuì lui, porgendole l’accendino; la
ragazza si accese una sigaretta. “Tu non sei tedesca vero?”
Le domandò quindi il chitarrista.
Lei fece una risatina scema. “No, sono svedese!” Rispose poi.
“Ah, svedese…” Commentò Tom, che da dietro le
lenti scure ammirava ben altro che la sua nazionalità.
“Sono stato a Stoccolma, una volta.”
“A fare che cosa?” Replicò lei, appoggiandosi con
apparente casualità al corrimano, in realtà sfiorando
così il fianco di lui, che sorrise consapevole.
“A suonare.” Rispose infine Tom, mentre si toglieva gli occhiali e le lanciava uno sguardo seducente.
“E che strumento suoni?” S’informò la ragazza, ricambiando l’occhiata.
Lui la squadrò dall’alto in basso, indugiando
sull’ombelico e il seno, senza nascondere il proprio
interessamento all’attrezzatura della giovane. “La
chitarra.” Sussurrò sensuale. Lei rise di nuovo, con un
suono vagamente nasale. “Io sono Tom.” Si presentò
il ragazzo.
“Pernilla.” Ricambiò lei.
“Che nome carino.” Gongolò il chitarrista. Che nome stupido… pensava nel frattempo. “Che fai qui all’ospedale, Pernilla?”
“Aspetto la mia amica, che è tutta piena di punture di
zanzara, sta malissimo!” Rispose lei, con un’espressione
preoccupata talmente finta che Tom per un momento ponderò di
lasciar perdere. “E tu perché sei qui?”
“Mio fratello s’è fatto male ad una spalla.”
Spiegò lui. “Anzi, devo rientrare, tra poco tocca a lui e
non credo che andrà dentro da solo…”
“Oh, che peccato che tu vai…” Mormorò delusa la ragazza.
“Senti, tu stai al campeggio?” Le chiese allora, lei
annuì. “Allora scambiamoci i numeri e, se magari, stasera
ti senti sola…” Suggerì invitante. Pernilla sorrise
maliziosa, già eccitata all’idea di fare quella telefonata.
E arrivò, infine, il turno di Bill al pronto soccorso. Si
avvicinò alla porta della stanza assegnata trascinandosi dietro
un riluttante e minaccioso Tom.
“Se non la smetti di lamentarti ti tiro una scarpata in testa,
così dovrai infilarti lo spazzolino nel culo per lavarti i
denti…” Gli sussurrò all’orecchio, prima che
un’infermiera gli si parasse davanti.
“Lei non può entrare.” Disse a Tom.
“Senta, sono il fratello e…” Tentò lui.
“Siamo gemelli siamesi, non ci possiamo staccare!” Intervenne Bill interrompendolo.
Tom e l’infermiera lo fissarono con espressioni che andavano
dall’incredulo allo scettico. “Bill…”
Mormorò sconsolato il chitarrista, scuotendo la testa, ma
l’infermiera sorrise bonaria.
“Va bene, per questa volta può andare.”
Acconsentì alla fine, facendoli passare entrambi; Bill le
sorrise riconoscente, tirando dentro il fratello.
Il medico, un giovane uomo dall’aria seria e professionale,
visitò accuratamente il cantante, quindi gli fece fare una
lastra, per assicurarsi che non ci fosse niente di rotto.
“Bene, Bill.” Esordì il dottore, scrutando
un’ultima volta la radiografia appesa contro lo schermo
illuminato. “Adesso possiamo dire che la sua spalla non è
rotta…”
“Perfetto.” Soggiunse Bill annuendo.
“È soltanto uscita.” Precisò il medico, dottor Bauer.
“Uscita da dove?!” Esclamarono in coro i gemelli con gli occhi spalancati.
Bauer li guardò perplesso. “Da dove deve stare.”
Spiegò poi tranquillo, voltandosi quindi a riporre la lastra.
“Ora si tratta solo di rimetterla a posto.”
“Bene, si può fare subito? Perché sa, mi fa
male…” Affermò Bill, già più
ottimista.
“Sì, certo, lo facciamo subito, è una manovra
semplicissima.” Ribatté flemmatico il medico.
“Infermiera, lo prepari.” Ordinò quindi; la donna,
prese un lenzuolo e si avvicinò a Bill, che cominciò a
guardarla preoccupato.
“Cosa…” Mormorò, incapace di formulare la domanda giusta.
“Dottore…” Intervenne in quel momento Tom, il cui
sguardo allarmato saltava dal fratello a Bauer. “…non
è doloroso, vero? Perché l’ho visto in un telefilm
e…”
“Doloroso?!” Esclamò subito Bill, quasi schizzando
via dal lettino, mentre l’infermiera cercava di avvolgergli la
vita col lenzuolo.
“Stia calmo, Bill.” Lo rassicurò Bauer, che aveva
già capito con chi aveva a che fare. “Ammetto che la
procedura non è esattamente indolore, ma è una cosa
piuttosto veloce…” Bill continuava a fissarlo con aria
spaventata. “…e poi le daremo un antidolorifico…
molto efficace.” Concluse l’uomo con tono convincente.
“È anche l’unico modo per sistemare la sua spalla,
oltre tutto.” Rincarò pacata l’infermiera.
“Ok, va bene.” Mormorò mesto il cantante, dopo un
lungo sospiro. “Fatelo adesso e leviamoci il pensiero.”
Aggiunse arreso. “Tu non ti muovere, eh, Tomi.”
“Sono qui, cucciolo.” Annuì il fratello, fermo qualche passo davanti a lui.
Fu così che il dottore e l’infermiera si posizionarono ai
due lati di Bill; lei afferrò strettamente i lembi del lenzuolo,
mentre Bauer prendeva delicatamente il braccio del ragazzo.
“Ora non opponga resistenza, sarà solo un attimo.”
Disse il medico e, dopo che Bill ebbe annuito, si preparò a
tirare…
Gustav era davanti alla macchina del caffè a prendersi qualcosa
da bere, quando un urlo disumano invase la piccola sala
d’aspetto. Lo aveva sentito urlare troppe volte per non
riconoscere immediatamente che a produrlo era stato Bill, ma si
allarmò comunque, vista la particolare nota dolorosa che il suo
amico ci aveva messo, tanto da far voltare tutti i presenti,
preoccupati di come una semplice medicazione potesse essersi
trasformata in un tale mattatoio.
“Cazzo…” Imprecò tra i denti il batterista. “Ma che gli hanno fatto?”
Il ragazzo, per togliersi la curiosità, dovette aspettare ancora
qualche minuto, fino a che Tom e Bill uscirono dalla sala visite. Il
cantante portava un tutore di stoffa blu al braccio destro ed aveva
un’espressione estatica che, onestamente, allarmò
parecchio Gustav, che se l’era immaginato rintronato dal dolore.
Tom teneva il fratello per la vita, come ad evitare che cadesse, vista
l’andatura parecchio dinoccolata di Bill.
“Come va?” Domandò il batterista a Tom, mentre
scrutava con la fronte aggrottata il volto stranamente sorridente del
cantante.
“Ha la spalla lussata.” Rispose il chitarrista, cercando
con fatica di far camminare il gemello. “Gliela hanno aggiustata,
ma è stato doloroso, così gli hanno fatto un
punturone…”
“E ora?” Soggiunse Gustav, sempre occhieggiando Bill che
sembrava seguire un immaginario qualcosa che gli volava davanti al viso.
“E ora sta nel mondo delle fate…” Fece sconsolato Tom.
“Oh, ciao, Gustav!” Esclamò Bill, come se si fosse
accorto che lui era lì solo in quel momento. “Quando ti
sei fatto i capelli viola?” Gli domandò poi, con un
sorriso ebete.
“Oh, mamma mia…” Commentò il batterista,
prima di coprirsi il viso con la mano e scuotere il capo; il cantante,
nel frattempo, ridacchiava come un bambino demente.
“Andiamo, dammi una mano a portarlo in macchina.”
Affermò Tom; Gustav scrollò il capo e prese Bill
dall’altro lato, lui gli sorrise infantile e sereno.
“Ma che gli hanno dato? Lsd?” Chiese allibito il batterista.
“Non lo chiedere…” Soffiò Tom, avviandosi verso l’uscita con la faccia scura.
Il viaggio in macchina, dopo una prima parte piena dei vaneggiamenti di
Bill, passò abbastanza tranquillo, visto che, alla fine, il
cantante crollò addormentato.
Arrivati allo chalet, il problema fu togliere Bill dalla macchina; di
svegliarlo non ci fu verso, né di fargli assumere una posizione
che facilitasse le operazioni. Alla fine lo trascinarono fuori a
braccia, in tre, visto che arrivò anche Georg, il tutto sotto la
supervisione di Annika.
I tre ragazzi portarono il cantante fino in camera sua, dove,
finalmente, lo depositarono sbuffanti sul letto: Bill era magro, ma
portarlo a peso morto non era esattamente piacevole. Finito il lavoro,
lasciarono il bell’addormentato alle cure della sua principessa.
Annika pensò a togliergli scarpe e pantaloni ed a metterlo sotto
le coperte. La lasciarono seduta sul bordo del letto che gli
accarezzava i capelli.
CONTINUA
- Sedici recensioni al precedente capitolo! Siete fantastiche! Vi
adoro! Scusatemi se oggi sarò più breve del solito, ma
sappiate che tutte le vostre parole mi hanno colpita e interessata, amo
le vostre recensioni, vi prego, continuate a farle!
GRAZIE a: RubyChubb (oh, le tue classifiche! Mi mancavano!),
sunsetdream, mewmina_91, pazzerella_92, angeli neri, LadyCassandra
(sono felice che ami i miei pg), Lady_Daffodil (ebbene sì, sono
crudele), loryherm (la mia nipotina!), Antonellina, Lady Vibeke e
Princess (spero vi siate riprese dalla fatidica scena…), MARINA
KAULITZ, picchia, kit2007 (compagnuccia di merende! A base di Tom,
ovviamente…), jolly24 e Ninnola.
Una saluto caloroso anche ai 37 che hanno messo la storia nei preferiti! Mamma mia, grazie!
Come sempre, perdonatemi per l’attesa! Alla prossima, un bacione!
|
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Capitolo 4 *** 4 - The Fuse ***
thunder road
Oh,
scusatemi, come al solito per i miei tempi assurdi, ma proprio non ce
la faccio! Tra l’altro sono anche costretta a chiedervi perdono
in anticipo, perché davvero non so quanto ci vorrà per il
prossimo, visto che sto attraversando una specie di blocco…
Spero
che la visione del dvd mi aiuti e m’ispiri, sempre che non mi
uccida, cosa assai probabile, dato il concentrato di gnocchezza ivi
contenuto…
Che
altro dire, è un capitolo abbastanza importante, ma non
così fondamentale, se la storia prenderà la piega che
penso, quindi non mi resta che smettere di tediarvi e lasciarvi alla
lettura!
Enjoy!
Un bacione!
Sara
Capitolo 4 ~ The fuse
The fuse is burning
Shut out the lights
The fuse is burning
Come on let me do you right
(The fuse – Bruce Springsteen)
Annika socchiuse la porta
della camera, appena ne fu uscita. Bill dormiva profondamente e a
restare lì le sembrava quasi di dargli fastidio; visto che, a
causa delle medicine, probabilmente avrebbe dormito fino a sera, aveva
deciso di scendere al piano terra.
Alzò gli occhi per
andare verso le scale e si trovò davanti Claudia che usciva
dalla sua stanza. Si guardarono negli occhi per un lungo istante, poi
li distolsero vagamente imbarazzate.
“Come sta Bill?” Domandò infine Claudia.
“Ora sta dormendo,
gli hanno dato un antidolorifico piuttosto potente
all’ospedale.” Rispose Annika. “Credo dormirà
tutto il pomeriggio.”
“Povero…”
Commentò l’altra ragazza sconsolata. “Beh, scendo di
sotto, Richard mi aspetta…”
“Claudia…”
La chiamò però Annika, prima che si allontanasse. Lei si
girò, guardandola interrogativa. “Mi volevo scusare per
ieri sera, sono stata… Beh, mi dispiace, per
tutto…” Soffiò tutto d’un fiato, prima di
abbassare gli occhi.
“Fa niente,
dai.” La stupì l’amica, facendole rialzare la testa.
“Anche io sono stata antipatica, ma ero un po’ nervosa,
così… Pace, eh?”
“Oddio, sì, ti
prego! Odio essere in rotta con te!” Replicò accorata
Annika; Claudia le tornò vicino e l’abbracciò.
“Ti voglio bene, scema.” Le disse, l’amica ridacchiò.
“Ti voglio bene anche
io.” Sussurrò quindi Annika. “Va tutto bene,
allora?” Claudia annuì; si abbracciarono ancora una volta,
prima di dividersi, una diretta in bagno e l’altra al piano
inferiore.
Va tutto bene, allora?
Sì, andava tutto bene… Quello che Claudia non aveva detto
ad Annika, era che l’aveva perdonata così velocemente solo
perché sapeva che l’amica aveva avuto ragione ad
attaccarla in quel modo. I pensieri che le giravano in testa erano
troppo simili alle accuse di Annika, lo dimostrava la sua reazione
all’arrivo di Tom…
Claudia si diresse sul
grande terrazzo, dove doveva aspettarla Richard, passando dalla sala da
pranzo. La ragazza si guardò intorno, ma non trovò il suo
ragazzo. Trovò la causa dei suoi dilemmi.
Tom era seduto sulla spessa
balaustra di legno che delimitava il balcone, portava gli occhiali da
sole, i dreadlocks legati sulla testa, la chitarra tra le braccia.
Guardava verso il lago, ma si voltò, quando lei si mosse sulle
assi del pavimento.
“Hey.” La salutò, con un cenno dal capo.
“Ciao.” Rispose
lei avvicinandosi. “Vedo che Tom Kaulitz non si separa mai dal
suo unico vero amore.” Aggiunse, indicando la chitarra con gesto.
Lui guardò lo
strumento, poi sorrise alla ragazza. “Si sente sola se la lascio
a casa.” Scherzò quindi, battendo affettuosamente sulla
cassa di legno.
“Eh,
già.” Commentò Claudia, prima di poggiare i gomiti
sulla balaustra. “Hai visto Richard?” Domandò poi al
ragazzo.
“Non ho ancora avuto il piacere di conoscerlo.” Rispose sarcastico Tom, meritandosi un’occhiata acida.
“Avevamo deciso di fare una passeggiata nel bosco…” Svicolò lei.
“Sei sempre stata una
cui piacciono i posti strani.” Alluse malizioso il ragazzo,
mentre si riposizionava la chitarra sulle gambe.
“E tu sei sempre
stato uno che pensa solo a quello.” Ribatté immediata
Claudia, al che si scambiarono uno sguardo brillante e divertito, prima
di ridacchiare piano.
Tom, dopo quel breve
scambio di battute, si rimise a suonare. Era una musica lenta e dolce,
cullava delicatamente. Claudia chiuse gli occhi, facendosi trasportare
dalla melodia, con la brezza a sollevarle piano i capelli. Aveva visto
Tom suonare molte volte, non aveva bisogno di guardarlo per sapere che
era bellissimo.
“Ti sei tagliata i
capelli…” La voce di Tom la raggiunse attraverso le note,
lei aprì gli occhi e lo guardò: aveva il capo abbassato
sullo strumento. “Li preferivo lunghi.” Aggiunse lui.
“Io no.”
Soggiunse Claudia, improvvisamente sulla difensiva, il tono di Tom era
stato troppo dolce. “Così si asciugano più in
fretta.”
“Immagino…” Commentò soltanto lui, continuando a cercare accordi.
Claudia sbuffò,
appoggiandosi coi fianchi allo steccato del balcone. Tom, poco dopo,
stava per riprendere la conversazione, ma non poté farlo,
perché dalla finestra uscì un ragazzo, alto, capelli
rossicci, che si avvicinò sbrigativo a Claudia.
“Tom, lui è Richard.” Lo presentò veloce la ragazza, staccandosi dalla balaustra.
“Ciao.” Si limitò a salutarlo il chitarrista, senza nemmeno porgergli la mano.
“Ciao.” Rispose l’altro senza entusiasmo, osservandolo brevemente.
Ok, erano gemelli,
appurato, ma questo tipo dai vestiti troppo larghi non aveva niente a
che fare con la bambola dark che era suo fratello. Sembrava che tutta
la parte “femminile” se la fosse presa Bill, perché
questo Tom, pur conservando la stessa bellezza delicata, era
decisamente la versione maschile della coppia. Richard si sentì
vagamente minacciato.
“Allora, andiamo a fare questa passeggiata?” Intervenne Claudia, attirando l’attenzione di Richard.
“Sì, certo!” Rispose subito lui, prendendo la mano che gli veniva porta.
“A dopo, Tom.” Salutò quindi Claudia.
“A
dopo…” Rispose atono il chitarrista, mentre loro si
allontanavano verso le scale per scendere in giardino. Tom
ricominciò a suonare, ma anche a seguirli con lo sguardo.
Richard e Claudia si
fermarono a metà della scala e si scambiarono un bacio. Tom
prese un accordo a cazzo. Claudia lo guardava di soppiatto, da oltre la
spalla dell’altro ragazzo. Lui fece finta di nulla, sistemando la
mano destra sulla tastiera. Il bacio continuava. Il cellulare di Tom
squillò.
Il ragazzo restò
qualche secondo indeciso tra far scendere a Richard il resto delle
scale a calci in culo, rispondere al telefono, oppure lanciare il
cellulare in testa al succitato essere, così da risolvere due
questioni in una.
Scelse di rispondere, alla
fine. Era Pernilla. Sentire la bionda svedese non gli risollevò
l’umore come aveva sperato; mentre parlava con lei, usando la sua
solita seducente ironia, continuava ad occhieggiare la coppia sulle
scale e fece in tempo ad intercettare uno sguardo torvo di Claudia.
Ah, allora non sono il solo a cui girano, eh piccola? Si disse compiaciuto, leccandosi il piercing.
Annika entrò in
soggiorno e la prima cosa che la colpì fu la canzone che usciva
dallo stereo. Era “Daddy’s girl” degli Scorpions.
Aveva sempre pensato che fosse una bella canzone, ma erano i ricordi
che le evocava a non piacerle.
“Qualcosa che non
va?” Le domandò una voce femminile. Annika si girò
e vide Stephanie stesa sul divano con una rivista in grembo. “Sei
pallida…”
“No, niente… solo brutti ricordi…” Rispose vaga l’altra, spostandosi vicino alla finestra.
“Ah…”
Soffiò Effie, mettendosi seduta, intuendo che si trattava della
canzone. “Posso spengere, se vuoi.” Si offrì quindi.
“Non importa.” Fece Annika scuotendo il capo.
Stephanie si alzò e
le andò vicino. “Visto il testo della canzone, permettimi
di pensare che non sia proprio nulla…” Affermò con
delicatezza.
L’altra ragazza
sospirò. “Il mio patrigno mi molestava, non è
arrivato fino in fondo, ma ci ha provato.” Confessò infine.
“Oh, Dio…” Commentò colpita lei.
“È successo
molto tempo fa, ormai, non vedrò mai più
quell’uomo, ho una nuova vita adesso.” Dichiarò
però Annika, facendo un sorriso tranquillo.
“Una storia da romanzo, direi!” Esclamò Stephanie incredula.
“Eh, sì.” Annuì Annika. “Per fortuna ho trovato il mio principe.” Aggiunse sorridendo.
“A proposito.” Intervenne l’altra. “Come sta ora?”
“Dorme.” Rispose la ragazza.
“Certo
che…” Riprese Effie, trattenendo le risate.
“…non voglio offenderlo, ma non ha proprio il
fisico!” Annika fece una smorfia arresa, ma divertita.
“Tranquilla, lo
so…” Mormorò poi, scrollando il capo. “Ma
è così testardo…”
“E non è l’unico.” Alluse l’altra, occhieggiandola interessata.
Annika sospirò.
“Appena si sveglia ci parlo.” Affermò poi. “Mi
rendo conto, sai, di essere stata un po’ troppo severa, ora sono
pentita di averlo trattato tanto male.”
“Immagino.”
Commentò Stephanie. “Se avessi dovuto giudicarvi, come
coppia, da quello che ho visto, avrei dovuto pensare che sarebbe molto
meglio vi lasciaste…” Annika si girò di scatto
verso di lei con uno sguardo allarmato. “Oh, tranquilla! In
realtà credo che, tra voi, ci sia molto di più di quello
che mostrate.” La rassicurò l’amica.
L’altra ragazza
abbassò gli occhi. “Non ho più nessuno al mondo, ho
soltanto Bill e… se non mi faccio perdonare, sarà un bel
problema…” Dichiarò poi, con voce tremolante,
quindi alzò gli occhi sullo sguardo dolce e indulgente di
Stephanie.
“Vai da lui,
scema!” Le suggerì con energia. “Non ti accorgi che
non aspetta altro?” Annika fece una timida risata.
“Grazie, Stephanie.” Le disse poi.
“Figurati! Anche se
non sembra, adoro le storie romantiche!” Replicò
l’altra allegramente. “E poi… voi due sembrate
disegnati apposta per stare insieme!”
Annika si lasciò
andare ad un altro timido sorriso divertito. “Vado allora, ci
vediamo dopo.” Mormorò quindi, salutando l’altra,
che rispose con un cenno della mano.
Claudia uscì dalla
sua camera e si diresse in bagno, afferrò la maniglia ed
aprì. La porta era socchiusa e nulla le aveva fatto intuire che
dentro potesse esserci qualcuno, ma non era così. Rimase
impalata con il pomello in mano, non erano scene cui qualcuno potesse
assistere all’improvviso.
Davanti al lavandino, che
si osservava attentamente il mento allo specchio, c’era Tom.
Addosso aveva solo un asciugamano azzurro umido stretto intorno ai
fianchi, che evidenziava ciò che di solito i suoi abiti larghi
nascondevano. Il busto era nudo, ancora leggermente bagnato. I capelli
legati in una coda bassa. Un vero e proprio insulto
all’autocontrollo. Specialmente per Claudia.
La ragazza ricordava fin
troppo bene la consistenza del suo corpo. La sua pelle liscia, calda e
morbida. I suoi muscoli tonici, specie in alcuni punti. Il suo profumo
buono, che lei non avrebbe saputo spiegare, ma che era così
inconfondibilmente Tom.
Represse un brivido
intenso, mentre il suo cervello formulava la decisione di chiudere di
nuovo la porta su quella stanza piena di vapore e odore di lui e
scappare al piano di sotto.
“Se hai bisogno del
bagno, resta pure.” La fermò però la voce di Tom.
Claudia alzò gli occhi e lo vide fissarla dallo specchio.
“Io ho fatto, vado a vestirmi in camera.” Aggiunse,
girandosi verso la ragazza e appoggiandosi al lavandino.
Gli occhi di Claudia si
fermarono su qualcosa che non avrebbe proprio dovuto guardare, anche
perché Tom era un seduttore troppo esperto, per non accorgersi
di certe occhiate…
La ragazza
s’impegnò per recuperare anche la sua di esperienza e
rifare la parte della scafata. Incrociò le braccia e si
appoggiò allo stipite della porta, mettendo su un sorrisetto
vissuto, cui lui rispose allo stesso modo.
“Fai spesso la doccia con la porta aperta?” Domandò quindi la ragazza.
“Scherzi?”
Rispose lui aggrottando la fronte. “Ho aperto solo dopo aver
finito, faceva un caldo bestiale.”
Ovvio, Tom Kaulitz non
rischiava di farsi vedere da chiunque senza la sua corazza di vestiti
extra large, tranne da selezionatissimi elementi. Claudia era una di
queste persone.
Non che lui si facesse
troppi problemi a togliersi la maglietta, anche davanti ad una
telecamera, ad esempio, ma l’apparenza poteva decisamente
ingannare, Tom sembrava sempre uno spaccone sfacciato, ma bastava poco,
un complimento improvviso, per mettere a nudo la sua timidezza. E
vincere l’innata riservatezza del suo carattere schivo non era
cosa da tutti.
Ma non era il momento di pensare a certe cose.
“Ti stai preparando per uscire?” Domandò la ragazza, cambiando discorso.
“Sì, ho un
appuntamento.” Rispose lui con naturalezza, lei represse un moto
di stizza. “Ho conosciuto una, al pronto soccorso, una svedese
che sta giù al campeggio…”
“Complimenti!”
Esclamò sarcastica Claudia. “Sei qui da mezza giornata ed
hai già rimorchiato una, approfittandoti dell’incidente di
Bill, oltretutto. Congratulazioni vivissime!” Aggiunse con una
nota acida, che non sfuggì a Tom.
“Ti da fastidio?” L’interrogò il chitarrista, con un sorrisino provocante.
“A me?” Fece
lei ironica, posandosi una mano sul petto. “Perché
dovrebbe? Guarda che io ho un ragazzo, non me ne frega niente di quello
che fai tu.”
Il sorriso strafottente di
Tom, dopo quella frase, abbandonò il suo viso, per lasciare il
posto ad un’espressione seria. Il suo sguardo era talmente
intenso che Claudia non poté fare a meno di sentirsi turbata. Il
ragazzo, infine, si mosse, avvicinandosi a lei, che era rimasta
immobile.
Si fermò accanto a
Claudia, sfiorandola col suo corpo, mentre la fissava negli occhi. Un
profumo pulito e dolce penetrò nelle narici della ragazza,
togliendole il respiro.
“Davvero non
t’importa?” Le chiese piano. Il suo sussurro le mosse i
capelli vicino all’orecchio, Claudia rabbrividì,
nonostante il caldo.
“N… no…” Esitò rispondendo.
Tom continuava a fissarla
dritto negli occhi. Desiderava sfiorarle le lunghe ciglia con le dita,
poi scendere lungo il suo zigomo, fino alle labbra piene e rosse e poi
prenderla per la nuca, avvicinarla a se e affondare la propria bocca
nella sua. Alzò la mano e le sfiorò il fianco scoperto,
tra la gonna e la maglietta; la sentì trasalire, come se le sue
dita fossero gelate.
“Lui ti fa sentire
come ti faccio sentire io?” Domandò quindi, con le labbra
che le sfioravano la guancia; Claudia spostò gli occhi per
guardarlo.
“Lui mi porta rispetto…” Mormorò poi, con un soffio coraggioso.
“Ma io ti facevo toccare il cielo.” Replicò Tom, senza interrompere il contatto visivo.
“Quei voli duravano
sempre troppo poco e gli atterraggi… gli atterraggi facevano
male…” Ribatté Claudia, ma non riuscì ad
essere fredda come voleva.
Lui si fece vagamente
triste, quasi malinconico, mentre continuava a guardarla, ma si
scostò appena. Lei rispondeva cercando di mantenere un certo
contegno, ma si sentiva sempre più debole.
Un rumore di passi che
salivano le scale li distrasse, facendoli allontanare contro gli
stipiti opposti della porta del bagno. Gustav li vide appena arrivato
in cima alla rampa, li fissò per un attimo, sorpreso e
imbarazzato, poi li salutò con la mano in un gesto indeciso e si
defilò velocemente nella propria camera.
“Io uso il bagno del
piano di sotto.” Dichiarò sbrigativa Claudia, mentre Tom
aveva ancora gli occhi sulla porta di Gustav che si chiudeva. Non fece
in tempo a reagire, che la ragazza era già sgusciata via ed
aveva infilato le scale.
Bill era seduto sul letto,
solo boxer e maglietta addosso, faceva caldo; stava leggendo una
rivista appoggiato ai cuscini, il braccio infortunato ancora appeso al
collo tramite il tutore. Non si accorse che Tom era entrato e lo stava
osservando dalla soglia.
“Come va,
scemottolo?” Gli domandò allora il chitarrista. Lui
alzò il capo di scatto, spalancando gli occhi, poi fece una
smorfia contrariata, vedendo il sorriso beffardo del fratello.
“Vaffanculo.” Sentenziò poi, riabbassando gli occhi sulla rivista.
Tom rise, quindi si
avvicinò al letto e si sedette accanto al gemello, prima di
prenderlo per le spalle e scompigliarli un po’ i capelli. Bill
arricciò il naso con aria offesa, girando il capo
dall’altra parte.
“Dai! Non fare il
permaloso, vieni qui!” Lo spronò Tom, stringendolo contro
la propria spalla. “Fammi un sorriso!”
“Hm…”
Mugugnò Bill, ostinandosi a guardare altrove; poi, però,
pian piano si voltò con sufficienza verso il fratello, lo
scrutò… e lo annusò. “Ma come siamo tutti
belli e profumati! Stai uscendo?”
L’altro fece un sorrisino storto. “Ho un appuntamento…” Mormorò misterioso.
“Con la ragazza
dell’ospedale?” Chiese però Bill, sorprendendolo.
Tom si voltò di più verso di lui.
“Tu che ne sai della ragazza dell’ospedale?” Replicò immediato.
“Le porte del pronto soccorso avevano i vetri trasparenti, Tomi.” Rispose lui con aria furbetta.
Il chitarrista sorrise
quasi compiaciuto. “Allora non stavi poi così
male…” Ironizzò quindi, Bill gli diede una spinta,
ridacchiarono. “È una svedese del campeggio, si chiama
Pernilla.” Spiegò poi.
“Non perdi tempo, eh?” Soggiunse Bill, con tono complice.
“Ci
provo…” Annuì Tom con falsa modestia. “Tu hai
bisogno di qualcosa? Da bere? Hai fame?” Domandò poi,
usando sincera premura verso il gemello, che continuava a tenere per le
spalle.
“Non ho molta fame,
ma Annika mi sta facendo un panino, se non mangio non posso riprendere
le pillole.” Affermò l’altro, il fratello
annuì.
“Beh, allora, io vado.” Soggiunse quindi.
“Sì,
tranquillo.” Tom gli sorrise, lo strizzò ancora una volta,
piano, poi lo lasciò e si alzò dal letto, allontanandosi
verso la porta.
Il ragazzo stava per
uscire, quando arrivò Annika con in mano un piatto e un
bicchiere di aranciata. I due si trovarono faccia a faccia e si
sorrisero.
“Annika, lo so che
è scemo e terribilmente uggioso quando sta male, ma occupati di
lui, mi raccomando.” Affermò ironico Tom. “Te lo
affido.” Bill, nel frattempo, faceva smorfie bizzarre.
“Ok, ma… tu te vai?” Replicò stupita la ragazza.
“Sì, mi aspettano.” Rispose vago Tom.
“Esce con
Petronilla.” Intervenne acido Bill, gli altri lo guardarono,
Annika perplessa, il fratello con un sorrisino sbieco.
“Si chiama Pernilla.” Precisò quindi.
“Come se t’importasse del suo nome.” Sbuffò il cantante.
“No, infatti!”
Esclamò Tom. “Preferisco le sue tette!” Aggiunse con
noncuranza, ignorando lo sguardo severo della ragazza. “Ciao,
Annika.” La salutò poi.
“Buona serata.”
Gli augurò lei, sempre poco convinta, questa novità
dell’appuntamento non le piaceva per niente.
“Anche a te.”
Ricambiò lui. Si scambiarono un bacio veloce sulla guancia,
quindi Tom salutò il fratello con la mano e si allontanò
verso le scale.
Annika si avvicinò
al letto dove Bill stava ancora seduto, con le lunghe gambe pallide
stese sulla coperta; le sorrise. Il sole stava tramontando, fuori,
oltre il lago e spandeva una bella luce aranciata nella stanza. La
ragazza posò il piatto ed il bicchiere sul comodino, poi si
sedette sul bordo del letto, appoggiando una mano sul ginocchio di lui.
Si guardarono negli occhi.
“Sei un
imbranatissimo, adorabile deficiente.” Mormorò dolcemente
la ragazza, mentre gli massaggiava piano la gamba.
Bill osservò la sua
mano bianca sul proprio ginocchio, godendosi il piacere di quel tocco
tiepido, poi rialzò gli occhi e la guardò.
“Annika, devi
perdonarmi, davvero.” Affermò poi, accorato. “Sono
stato uno stupido, non dovevo mentirti, ma volevo che Tom venisse qua
con noi, che lui e Claudia parlassero una volta per tutte e…
beh, sì, volevo levarmi dai piedi Richard… Ma ti giuro
che non volevo farti arrabbiare o fare del male a qualcuno! Ti prego
perdonami!” Continuò, mettendosi sul cuore la mano libera
dal tutore.
Annika lo fissò con
espressione canzonatoria per qualche secondo, trattenendo un sorriso
divertito, poi massaggiò più forte il ginocchio di Bill.
“Io parlavo della tua straordinaria performance da spaccalegna.” Gli disse poi.
“Ah…” Soffiò lui, prima di chinare mestamente il capo.
“Bill…”
Lo chiamò però Annika, sollevandogli con delicatezza il
mento con le dita. “Mi spieghi perché lo hai fatto?”
Gli chiese quindi seria.
“Ecco…”
Stentò il cantante, vagando con lo sguardo. “Eravate tutte
lì, ad ammirare Georg…” Annika roteò gli
occhi, pensava di aver già capito, ma voleva sentire la cavolata
uscire da quelle splendide labbra. “…volevo dimostrarti
che sono un uomo anche io…”
“Tesoro,
ma…” Intervenne, a quel punto, la ragazza.
“…non devi dimostrarmi niente! Io lo so perfettamente che
sei maschio! Chi lo dovrebbe sapere meglio di me!” Esclamò
incredula.
Bill aggrottò la
fronte e fece una faccina piagnucolosa. “Sì, ma
io…” Mormorò con una nota acuta. “…io
volevo dimostrarti che posso… posso fare le cose che fanno gli
altri uomini…”
“No, che non puoi
farle, amore.” Obiettò dolcemente Annika, mentre gli
aggiustava i capelli su una spalla, lui la guardò con una
smorfia. “Tu sei delicatino, imbranato, scoordinato e
completamente negato per qualsiasi lavoro manuale, ma…”
S’interruppe, avvicinandosi a lui, lungo il bordo del letto.
“Io ti amo così.”
“Sì?” Chiese Bill, con un’impagabile espressione ingenua.
“Sì, con tutti
i tuoi difetti, con la tua vanità, la tua mania di protagonismo,
la gestualità femminile e il fatto che sei
un’insopportabile primadonna.” Il cantante fece un piccolo
sorriso speranzoso. “Ti amo tantissimo, anche se fumi troppo e ti
puzzano i piedi.” Concluse Annika, con un sorriso dolcissimo,
carezzandogli il viso.
“Mi puzzano i piedi?” Fece lui perplesso.
“Da morire!” Esclamò lei ridacchiando.
Bill, allora, la
fissò negli occhi. “Mi perdoni, quindi?” Le chiese,
con un’espressione che era puro concentrato di ruffianeria.
“Ti ho perdonato da un pezzo.” Rispose la ragazza.
“E allora,
perché hai continuato a trattarmi male?” Domandò
aggrottando le sopracciglia con aria infantile. Annika gli prese le
mani e lo guardò con un sorriso sornione.
“Perché te lo
meritavi, piccolo esserino vanitoso e prepotente.”
Dichiarò poi, prima di dargli un colpo sul naso con
l’indice. Lui fece una smorfia ritrosa. “Dai, vieni
qui.” Lo invitò poi, mentre si sedeva accanto a lui,
allargando le braccia.
Bill mugolò
soddisfatto, cercando di abbracciarla alla meno peggio, ma dovette
desistere con uno sbuffo arreso. “Mi fa male il
braccio…” Mormorò demotivato.
“Tranquillo, mi
sposto dall’altra parte.” Lo rassicurò Annika,
quindi lo scavalcò e si appoggiò al suo fianco sinistro,
così che Bill potesse stringerla col braccio buono.
“Baciami.” Gli ordinò allora, con un sorriso
invitante. Lui non se lo fece ripetere due volte.
Finito il bacio, con ancora
gli occhi chiusi, entrambi sospirarono felici, strusciandosi uno contro
l’altra. Annika si adagiò contro il torace di Bill,
avvolgendogli la vita con le braccia, poi alzò il viso e lo
guardò, aspettando che le sue iridi d’ambra la
ricambiassero. Quando i loro occhi s’incontrarono, i due ragazzi
scoprirono che la magia tra loro non era affatto cambiata.
“Ti amo, Pippi.” Sussurrò Bill, lei sorrise.
“Anche io ti amo,
Bibi.” Rispose tranquilla, prima che lui cominciasse a cullarla
con l’unico braccio che gli funzionava.
La serata di Tom si era
rivelata meno interessante del previsto. Pernilla era brillante come un
nano di gesso e simpatica come una scoreggia in ascensore. La sua
risata era insopportabile e Tom, pur di non sentirla ancora, aveva
provato a baciarla, ma l’esperienza era stata archiviata come non
particolarmente entusiasmante: ci metteva troppo impeto, troppa lingua,
troppa saliva, non faceva per lui. Insomma, alla fine, dopo la cena,
avevano pomiciato un po’ in macchina, ma la cosa non aveva
particolarmente eccitato Tom, che aveva deciso di non concludere.
L’aveva riaccompagnata al campeggio, adducendo la scusa che non
poteva lasciare troppo da solo suo fratello che stava male. Omettendo,
ovviamente, che in casa c’erano altre sette persone…
Ora, nella cucina
illuminata solo dalla luna piena, stava bevendo un bicchiere di cola
davanti al lavello, sperando così di cancellarsi dalla bocca il
sapore di una serata amara.
La luce che si accendeva
improvvisa lo fece sussultare. Si girò di scatto, col bicchiere
ancora in mano, mentre i suoi occhi si adattavano faticosamente alla
nuova illuminazione. Claudia lo fissava sorpresa dalla soglia della
cucina. Si scrutarono un attimo, poi lei chinò gli occhi e si
diresse al frigo.
“Che cosa ci fai qui?” Domandò al chitarrista, mentre rovistava nel contenuto dell’elettrodomestico.
Tom sbuffò e si appoggiò al mobile dietro di se. “Vado a letto, che dovrei fare?” Rispose noncurante.
“Ah.”
Commentò vaga la ragazza, mentre toglieva la testa da dentro al
frigo, in mano aveva un vasetto di yogurt. “E la tua svedese ti
sta aspettando in camera?” Aggiunse poi, sarcastica.
“Per quanto ne so è tornata nella sua pulciosa tendina.” Replicò Tom con aria superiore.
“Vuoi dirmi che non
te la sei portata a casa?” L’interrogò lei, senza
nascondere un certo soddisfatto stupore.
“Non vorrei
sbagliarmi, ma… ti sento sollevata…” Insinuò
lui, con uno dei suoi più insopportabili sorrisetti.
“Certo, come
no…” Soggiunse scettica Claudia, mentre prendeva un
cucchiaino dal cassetto delle posate. “Come minimo te la sarai
scopata in macchina, conoscendoti…” Suppose poi, prima di
aprire la capsula dello yogurt.
“Hm…”
Fece Tom, stringendosi nelle spalle, senza negare ne confermare
l’ipotesi della ragazza, cosa che la irritò a morte.
“Lo vedi come
sei?” Reagì Claudia, sbattendo il vasetto sul piano della
cucina. “Non te ne frega nulla dei sentimenti delle
persone!”
“E a te, da quando in
qua interessano i sentimenti di una stronza svedese che non vedeva
l’ora di farsi sbattere?!” Ribatté irritato il
chitarrista.
“Sei sempre il solito
insensibile, egoista bastardo, che non vede più in là del
suo nasino all’insù!” Sbottò rabbiosa la
ragazza.
“Ah! Però
eccome se te la godevi, quando questo bastardo ti portava in giro per i
migliori alberghi d’Europa, nei locali vip e, a quel che mi
risulta, hai sempre apprezzato le mie performance...” Claudia
fece una smorfia incredula ed offesa, poi decise di cambiare strategia.
“Smettila di urlare, vuoi svegliare tutta la casa?!” Esclamò indignata.
“Hai cominciato tu!”
“Sei una testa di cazzo irrecuperabile!”
“E tu menti a te stessa!”
Non fece in tempo a finire
la frase, che si ritrovò il petto e parte del viso coperto da un
liquido denso e profumato. Claudia gli aveva lanciato contro lo yogurt.
Era all’ananas. Tom guardò il vasetto, ormai mezzo vuoto,
rotolare per terra.
“Buonanotte, Tom.” Affermò glaciale la ragazza, prima di dargli le spalle e incamminarsi verso la porta.
“Eh, no, carina, non
finisce così!” Le ringhiò dietro il chitarrista,
raggiungendola con due falcate, la prese per un braccio e le fece fare
quasi un giro su se stessa.
“Mi fai male!”
Soffiò Claudia, cercando di divincolarsi. Lui la lasciò
andare, ma non si spostò, impendendole di fuggire.
“Quando parli di
sentimenti feriti, ti riferisci a te stessa o a qualcun altro?”
Le chiese torvo e serio, con un’espressione che incuteva timore.
“Non provo più niente per te, Tom.” Rispose lei gelida.
“Non ci credo.” Ribatté lui. “O non ti saresti arrabbiata tanto…”
“Lasciami passare,
voglio andare a dormire.” Dichiarò lei, cercando di
restare fredda, ma le tremavano le mani.
“No.” Rispose secco Tom. “Ora resti a parlare con me.”
Si scambiarono un lungo
sguardo, fatto di troppo orgoglio, di cose non dette, di emozioni
contrastanti. Gli occhi di Tom fiammeggiavano, quelli di Claudia non
volevano saperne di cedere.
“Vorrei picchiati
così tanto da farti piangere.” Affermò infine la
ragazza, con un tono tagliente e rancoroso. Tom, sorpreso, si ritrasse
appena.
“È così, dunque?” Fece, aggrottando la fronte.
“È così.” Confermò netta lei. “E ora lasciami passare.” Gli ordinò quindi.
Il chitarrista provò
ad ostacolarla ancora, ma lei non si fece trattenere: gli diede una
forte spinta, buttandolo contro lo stipite della porta, poi
sgusciò via, veloce, verso le scale.
Tom emise un ringhio basso,
quindi la inseguì, raggiungendola senza difficoltà.
L’afferrò per i fianchi, quando lei era già sulle
scale e se la rigirò tra le mani, imprigionandola poi contro lo
spesso corrimano di legno con il proprio corpo. A Claudia sfuggì
un gemito.
Entrambi avevano il respiro
affannato, l’aria era diventata improvvisamente troppo calda.
Come il corpo di Tom contro quello di Claudia. Come le sue mani rudi e
disattente, che avevano sollevato fino all’inguine la maglietta
azzurra che lei portava.
I loro occhi si
incontrarono di nuovo, quasi sgomenti di vederci dentro un fuoco del
tutto diverso da quello rabbioso che c’era poco prima. Tom,
allora, alzò una mano e le carezzò piano i capelli e lo
zigomo, scendendo, poi, lentamente verso il collo.
“Claudia…” Sussurrò, quasi rammaricato, continuando a fissarla negli occhi. Lei sospirò.
Fu un attimo. Tom la
strinse di più, quasi di scatto e la baciò con impeto. Il
primo pensiero di Claudia fu quello di picchiarlo davvero, ma, ben
presto, le labbra di lui annullarono qualsiasi riflessione logica.
Chiuse gli occhi, socchiuse la bocca e rispose.
Tom la spinse di
più, costringendola a sedersi sulla balaustra e a stringere la
mano intorno al corrimano per tenersi in equilibrio. La mano di lui le
prese con forza per la coscia, stringendosela addosso, mentre il bacio
diventava più profondo e sensuale.
La voleva. La voleva con
tutte le sue forze. Lì, subito, sulle scale e fanculo Richard e
tutti gli altri in casa. Sentire il suo seno nudo sotto la stoffa della
maglietta lo stava mandando fuori di testa.
Che cosa stava facendo? Era
impazzita?! Richard stava dormendo a pochi metri da lì…
Eppure, se la pazzia era Tom, le sue mani, il suo corpo… No, non
poteva farlo, non poteva essere ad un passo dal finire di nuovo a fare
sesso con lui! Claudia si mosse, cercando di allontanarsi un po’,
ma questo finì per farla aderire ancora di più al bacino
di Tom e alla sua eccitazione. Doveva liberarsi!
“T…
Tom… ti prego…” Riuscì a mormorare, quando
il ragazzo fu costretto a prendere aria, lasciando per un attimo la sua
bocca.
“Claudia…”
Sussurrò lui, mentre le baciava languidamente il collo. La sua
mano salì dai fianchi fino al seno, sfiorando sapientemente il
capezzolo oltre il sottile cotone della maglia. Claudia fu ricoperta da
una cascata di brividi, ma cercò comunque di restare lucida.
“Cazzo… Tom,
no…” Soffiò coraggiosa, afferrandolo per le braccia
e tentando di staccarselo di dosso. Lui emise un gemito frustrato.
“Cosa c’è?” Le chiese contratto, il respiro pesante.
“Me lo chiedi?”
Ribatté lei, riavviandosi i capelli. “Non posso farlo e
basta.” Aggiunse ad occhi bassi. Tom fece un passo indietro,
lasciando che lei si risistemasse la camicia da notte. “Non posso
farlo.” Ripeté Claudia e, senza rialzare lo sguardo su di
lui, si avviò per le scale.
Tom emise un sospiro
dispiaciuto, guardandola andarsene, poi si appoggiò al muro
dietro di se, passandosi una mano sul viso. Sapeva di aver fatto una
cazzata, ma non aveva potuto resistere. E ora… probabilmente
aveva rovinato tutto. Ma tutto cosa? Cosa provava per Claudia? Sapeva
solo che, in quel momento, il suo cuore batteva ancora troppo veloce e
non era sicuro si trattasse solo di eccitazione…
Annika fu svegliata da
alcuni rumori. Era ancora abbracciata a Bill, come quando erano andati
a letto, ma lui era profondamente addormentato. Lei gli scostò
un ciuffo di capelli dalla fronte e gli diede un lieve bacio sulla
tempia; Bill si mosse appena, ma non si svegliò. Annika, allora,
si risistemò per tornare a dormire, però il rumore si
ripeté.
La ragazza, insospettita,
decise di sfilarsi dall’abbraccio del cantante, per alzarsi dal
letto ed andare a controllare. Bill mugolò, quando la
sentì allontanarsi.
“Pippi, che cosa succede?” Biascicò quindi, senza aprire gli occhi.
“Shh, niente,
tranquillo…” Lo rassicurò subito lei, con un paio
di tenere carezze. “Dormi, io vado un attimo in bagno.” Gli
sussurrò poi; lui fece un paio di versi e si girò
dall’altra parte, rimettendosi a dormire.
Annika uscì dalla
camera e vide subito la luce accesa sotto la porta del bagno; perplessa
ma determinata si avvicinò e bussò piano.
“Tutto bene?”
Domandò quindi, a bassa voce; per qualche strano motivo era
convinta che la persona là dentro avesse bisogno di aiuto.
“Sì.” Le rispose una voce nasale.
“Claudia?” Fece Annika, riconoscendola.
“È tutto a
posto, torna a dormire…” Affermò l’altra, ma
dal suo tono si capiva che stava piangendo o aveva appena smesso di
farlo.
“Claudia, aprimi, per favore.” La supplicò allora Annika, dolcemente.
Trascorse qualche attimo di
silenzio, che la ragazza all’esterno passò in ascolto, poi
sentì chiaramente un sospiro, quindi la serratura scattò
e la porta si socchiuse. Annika entrò cautamente.
Claudia era seduta sul
coperchio chiuso del gabinetto, si teneva il capo tra le mani.
L’altra si avvicinò, dopo essersi chiusa la porta alle
spalle.
“Claudia, che cosa è successo?” Le chiese con dolcezza, mentre si sedeva sul bordo della vasca.
“Tom…” Mormorò l’altra, senza alzare la testa.
Annika si sporse verso di lei, allarmata. “Tom? Che cosa ti ha fatto?!”
“Lui niente!” Sbottò Claudia. “Sono io ad essere una stupida ragazzina incosciente e impulsiva!”
“Non ci sto capendo niente…” Mormorò scoraggiata Annika.
Claudia alzò il capo
e fissò l’amica per un lungo istante, poi i suoi occhi si
fecero lucidi e l’espressione tormentata.
“Ho baciato
Tom.” Confessò alla fine. Annika spalancò sorpresa
la bocca. “E stavamo per fare molto di più…”
“Claudia…”
Soffiò Annika dispiaciuta, poi le si avvicinò, mettendole
una mano sulla schiena. “Dai, non è successo niente, alla
fine, no?” Aggiunse, cercando di rassicurare l’amica.
“No, Annika!” Protestò lei. “È successo tutto, invece!” Continuò arrabbiata.
“Sapevo che non dovevate incontrarvi…” Commentò amara Annika, scrollando il capo.
“Non è colpa
tua, o di qualcun altro.” La rassicurò Claudia.
“Solo mia e di Tom, che non siamo capaci di comportarci da
persone civili…”
“Cosa pensi di fare, adesso?” Le chiese infine l’amica, mentre continuava a massaggiarle la schiena.
“Io e Richard,
domattina presto, torniamo ad Amburgo.” Rispose Claudia.
“Troverò una scusa.” Ed il suo tono era talmente
netto che Annika non poté replicare.
Ma dentro di se pensava che
Claudia, fuggendo per l’ennesima volta, non risolveva il suo
rapporto con Tom, anzi, metteva di mezzo altre incomprensioni. Ormai
Annika aveva capito e accettato che tra quei due c’era ancora
qualcosa, non potevano continuare a negarlo scappando uno
dall’altra. E finché non lo avessero capito anche loro, la
reciproca rincorsa non sarebbe finita.
CONTINUA
NOTE:
la canzone che da il titolo al capitolo e lo introduce è usata
senza scopo di lucro. Per chi non avesse troppa esperienza con la
lingua inglese (non diamo nulla per scontato, non è russo o
cinese, ma ci può sempre essere chi ha difficoltà), la
traduzione del titolo è: la miccia. Sì, quella che
brucia, come per l’appunto dicono i versi citati. Sempre sia
lodato lo zio Bruce! Anche l'altra canzone citata (Daddy's girl degli
Scorpions) è usata senza scopo di lucro.
RINGRAZIAMENTI:
angeli neri
– visto, alla fine pace la fanno! E potevo io andare avanti
lasciando i due piccioncini per antonomasia litigati? Ma non esiste!
Tom e Claudia, eheheh, spero che le loro scene ti siano piaciute…
LadyCassandra
– il titolo del capitolo ti dovrebbe dire tutto su cosa
può succedere tra Tom e Claudia, sono esplosivi. Ma anche tanto
insicuri, indecisi, impauriti l’uno dall’altra e
quindi… Vedremo. Georg, ribattezzato anche lo Spaccalegna Sexy,
ha decisamente colpito la vostra fantasia, ma chissà
perché! Eheheh! Bill il devastatore! Solo per questa definizione
ti sarò grata a vita, nonché per la meravigliosa idea del
ceppo volante, cacchio, se l’avessi avuta prima! Grazie dei
complimenti!
Lady Vibeke
– Oh, somma! La nostra premiata scrittrice! Non volevo altro che
il tuo gradimento e quello di Mary per la scena di Georg, il resto va
da se! Cmq, mi hai fatto morire con sto commento, dal ridere
però! Mi raccomando, non ti far traviare dall’US desnudo e
segui il resto, i commenti delle MS mi sono necessari!
kit2007 –
non c’è molto da dire, sai tutto, grazie non solo per il
commento, ma anche per le serate di delirio che condividiamo. Ah, e
salutami Bill e Tom, quando li senti! ^__-
billa483 – grazie e scusami per l’attesa!
MARINA KAULITZ – grazie.
Picchia
– anche tu uccisa da Georg? Madonna, mi sta uccidendo tutte le
lettrici, ora come fo?! Ripigliati e commenta ancora, ti prego!
Loryherm
– ah, Lory, la mia nipotina che mi fa sempre dei bellissimi
commentoni! Hai visto? Bibi sta bene e Annika fa la pace, non potevano
durare litigati, dai. Tom e Claudia, alla fine, sono riusciti solo a
farsi di nuovo male, e non è finita. Aspetto il tuo nuovo
commento!
RubyChubb
– sono felice di vedere che continui a seguire la mia storia!
Sì, Bill in effetti è andato un po’ oltre le sue
“competenze” e il risultato non poteva che essere
uno… Ecco, altra vittima di Georg, cazzo, ma è un killer!
L’assassino dall’addominale scolpito! A te Tomi ha fatto
tenerezza, pensa a come sto messa io…
Princess
– Oh, mia cara, quanto mi sei mancata in questi giorni, ho
tremila filmini da riferirti! Sempre che nel frattempo tu non mi sia
morta nella visione del dvd… Cmq, felice che la Scena ti sia
piaciuta, che tu abbia goduto (con gli occhi, eh! Non pensiamo subito
male!) e che, en passant, tu abbia apprezzato anche il resto,
inquadrandomi subito l’arrivo di Tom. Grazie!
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 - All through the night ***
thunder road
Non posso fare altro che
scusarmi in ginocchio con tutti quelli che non si sono annoiati ad
aspettare. Grazie di essere ancora qui e di aver avuto la pazienza di
attendere un altro capitolo.
La canzone che da il
titolo al capitolo e lo accompagna è di Cyndi Lauper, se
cliccate sul titolo potrete vedere un simpatico e datato video ed
ascoltare questo delizioso pezzo molto anni 80 ^__^
La canzone è
usata senza scopo di lucro.
Buona lettura.
Baci
Sara
All through the night
This precious time when
time is new
Oh, all through the
night today
Knowing that we feel the
same without saying
(All through the night
– Cyndi Lauper)
Il tempo, a volte, passa e nemmeno te ne accorgi. Era successo a Tom,
in quei tre mesi. Il tour era ripreso e li aveva portati in giro per
mezza Europa e poi in America; la frenesia degli spettacoli, delle
interviste, delle foto, dei viaggi lo aveva completamente risucchiato,
impedendogli di pensare troppo a quello che aveva lasciato in Germania.
Un giorno, poi, si era svegliato nella sua camera e guardando fuori
dalla finestra aveva visto un grigio, umido, silenzioso pomeriggio
autunnale, sonnolento e molto tedesco. E Tom si era rigirato nel suo
letto, troppo grande e troppo vuoto, sentendosi, forse per la prima
volta, solo.
Aveva provato una certa invidia, per i suoi compagni che, forse, in
quel momento, erano tra le braccia delle loro ragazze, a farsi
coccolare o a fare l’amore e si era ritrovato curioso, questo
veramente per la prima volta, di come ci si sentisse ad essere davvero
innamorati.
Il pensiero, allora, libero dalle costrizioni imposte dalle rigide
giornate lavorative, aveva fatto un lungo viaggio e, chissà
perché, era arrivato nel solito, conosciuto, inspiegabile
posto: da Claudia.
L’autunno non era cominciato nel migliore dei modi. Gustav
entrò nello studio togliendosi e scuotendo il cappellino
bagnato; si affacciò nella prima stanza, dopo aver visto la
luce accesa. C’era Bill, stravaccato sul divano che si
rigirava in bocca un lecca lecca, mentre guardava i cartoni.
“Hey.” Lo salutò il batterista.
“Oh, ciao.” Rispose distrattamente il cantante,
alzando appena il capo.
“Georg e Tom?” Gli chiese allora lui, dopo essersi
guardato intorno e non aver visto gli altri.
“Georg è in cucina, Tomi non lo
so…” Riferì Bill senza attenzione,
troppo occupato con la sua caramella e la visione del cartone.
Gustav decise che era inutile insistere in una conversazione con lui,
voleva salutare gli altri e poi mettersi al lavoro, c’era da
sistemare alcuni nuovi strumenti appena arrivati, degli arrangiamenti
da provare e lui non amava perdere tempo. Fece per andarsene, ma la
voce di Bill lo fermò.
“Piove ancora?” Gli chiese il cantante.
“Sì.” Fu costretto ad ammettere Gustav,
sconsolato.
“Che palle…” Commentò moscio
l’altro, continuando a fissare lo schermo.
“Già.” Annuì il batterista,
prima di allontanarsi verso la cucina.
Gustav raggiunse la stanza successiva, dopo aver salutato Dunja che gli
era passata accanto. Arrivato alla cucina, si fermò sulla
porta. Vide Georg in piedi davanti al tavolo che fissava con
espressione perplessa il panino che aveva davanti. Il batterista lo
osservò, alzando quindi un sopracciglio.
“Come mai siete tutti apatici, oggi?” Gli chiese
infine.
“Hm…” Fece Georg, senza guardarlo e
stringendosi nelle spalle. “Sarà la
pioggia.”
“E che cazzo! Io sono venuto a lavorare!”
Sbottò allora Gustav, facendo sobbalzare l’amico,
che lo guardò stranito. “Mica sono un infermiere
addetto alla gente in coma!”
“E datti una calmata!” Ribatté irritato
Georg. “Lo sai che sei una bella rogna quando ti ci
metti?”
“Sì, sono una rogna, ma se non ci fossi io a
punzecchiarvi il culo, voi dormireste tutto il giorno!”
Replicò duro Gustav, il bassista sbuffò.
“Li hai accordati i bassi, piuttosto?”
Georg, che aveva appena dato un morso al panino, annuì.
“Sì, stamattina.” Rispose poi, dopo aver
ingoiato il boccone.
“E Tom, con le nuove chitarre?”
S’informò allora il batterista, mentre si levava
il giubbotto. La risposta di Georg fu un’espressione
piuttosto eloquente. “E che cosa aspetta?”
“Che ne so…” Fece l’altro,
stringendosi nelle spalle.
“Sta diventando una pappamolla
ultimamente…” Commentò Gustav.
“Glielo hai detto?” Domandò allora
Georg, guardandolo prendersi un po’ di caffè caldo.
“Cosa?” Soggiunse il batterista, mentre zuccherava
la sua tazza.
“Beh, che… che Claudia è tornata a
frequentare le vecchie amiche,
all’Orange…” Gli ricordò
distrattamente il bassista, aggiustando una foglia d’insalata
nel suo sandwich.
“Non credo sia compito mio, riferirgli questa
cosa.” Ribatté Gustav, sorseggiando il
caffè.
“Certo.” Annuì Georg. “Se
anche Annika ha pensato bene di non dirglielo…”
“Lei non lo ha detto per un ben specifico
motivo…” Suggerì l’altro e si
scambiarono uno sguardo ed un sorriso d’intesa.
“Dici abbia a che fare col fatto che è la ragazza
di Gola Profonda?” Dopo quella domanda retorica, scoppiarono
a ridere entrambi.
Quando il silenzio fui ristabilito e i due ragazzi furono ritornati
alle rispettive bibite, Georg tornò a guardare
l’amico, stavolta un’espressione seria sul viso.
“Gus, davvero, secondo te tra Tom e Claudia è
veramente finita?” Domandò infine il bassista.
Gustav si girò su se stesso e posò la tazza vuota
nel lavandino, quindi si fermò in quella posizione, pensoso.
“Non credo.” Ammise poi, tornando nella posizione
precedente. “Non a giudicare dalle facce che avevano sulla
porta di quel bagno, in montagna.”
“Hm, l’ho pensato anche io, tutto il tempo, quel
week end.” Confermò Georg annuendo.
“Senza contare che Annika mi ha riferito che Claudia e quel
tipo che si era portata, si sono mollati maluccio,
quest’estate.” Aggiunse.
“Ah, sì?” S’informò
Gustav.
“Sì.” Annuì
l’altro.
“Lei è la prima ragazza per cui Tom dimostri un
certo… trasporto.” Affermò il
batterista con la fronte aggrottata. Georg si trovò a dover
nuovamente annuire.
“Proprio per questo mi chiedevo se dovremmo
dirglielo.” Soggiunse poi.
“Cosa?” Domandò proprio Tom, entrando in
cucina con aria distratta. Gli altri due lo guardarono, mentre si
dirigeva al frigo. “Allora?” Li spronò
lui, prendendosi una bottiglietta d’acqua.
Georg e Gustav si scambiarono un’occhiata, indecisi sul da
farsi, poi il bassista prese la parola.
“Beh, ci chiedevamo se tu fossi stato all’Orange,
di recente.” Affermò con tono vago.
“No, è un po’ che non ci
vado.” Replicò Tom tranquillo, appoggiandosi al
mobile dall’altra parte del tavolo.
“Perché?” S’informò
poi.
Altra occhiata tra Georg e Gustav, poi fu il bassista a rispondere di
nuovo. “Beh, Claudia ha ricominciato ad andarci
spesso…”
“Claudia chi?” Ribatté incurante Tom,
prima di bere un sorso.
Georg spalancò gli occhi sorpreso, mentre il batterista
aggrottava la fronte. Entrambi, probabilmente, pensavano che stesse
scherzando, ma il chitarrista li fissava con aria interrogativa.
“Claudia, la migliore amica di Annika, hai
presente?” Fece poi Gustav con tono acido.
“Ah…” Mormorò Tom, deviando
lo sguardo. “Frequenta di nuovo Sandra e le
ragazze?” Domandò poi, continuando a fare il
disinteressato, ma gli amici avevano già capito che era una
recita.
“A quanto pare.” Affermò Georg.
“Beh, salutatemela, quando la vedete.” Gli disse
sbrigativo Tom, mentre s’incamminava verso la porta; gli
altri due lo seguirono con sguardi sospettosi: era stato troppo
frettoloso.
Tom era immobile al centro del suo guardaroba. Osservare
l’ordine che regnava tra i suoi scaffali lo rilassava: le
magliette appese per rigorosa tonalità di colore, dal chiaro
allo scuro, i cappellini accuratamente piegati e ordinati,
anch’essi per colore, nei loro cassetti, i calzini separati
dalle mutande, le scarpe pulitissime sui loro sostegni.
Sospirò, prima di afferrare il cappellino che meglio
s’intonava con la sua maglietta azzurra e infilarselo. Si
guardò, quindi, al lungo specchio che riprendeva tutta la
sua figura.
“Lo sai cosa si dice di quelli che hanno la mania di ordinare
gli oggetti in questo modo?” Gli domandò la voce
di Annika dalle sue spalle. Lui sorrise beffardo.
“Sì, lo so, sono un potenziale serial
killer.” Rispose poi, serafico, prima di voltarsi verso di
lei. “E so già chi sarà la mia prima
vittima.” Aggiunse con un’alzata di sopracciglio.
Annika sorrise divertita. “Quando uccidi Bill, usa un telo di
plastica, o Frau Hildegard ti maledirà fino alla
quindicesima generazione.”
“Oh, tranquilla, è contro i miei principi
schizzare troppo i muri di sangue.” Replicò
sarcastico Tom; Annika, nel frattempo, si era avvicinata e gli stava
sistemando il collo della maglia. “Quando sarà
morto sposerai me, vero?” Le chiese il ragazzo.
“Certo!” Annuì lei convinta.
“Come le regine del medioevo.”
“Bene.” Confermò Tom, poi non si
trattennero più e scoppiarono a ridere.
“Dove vai stasera?” Chiese la ragazza, una volta
che si furono calmati.
“Boh, in giro…” Rispose vago il
chitarrista.
“Va bene, ma stai attento e non bere
troppo…” Lo ammonì Annika.
“…non vorrei che poi finisci per investire una
sprovveduta ragazzina.”
“Eheheh!” Ridacchiò lui. “Se
fossi sicuro che è quella giusta, lo farei
apposta!”
Annika gli sorrise dolcemente. “Divertiti.” Gli
augurò poi.
“Anche voi.” Ribatté Tom, sorridendo con
altrettanta dolcezza; la ragazza, allora, gli diede un bacio sulla
guancia e si allontanò, uscendo silenziosamente dal
guardaroba.
Tom, rimasto solo, sospirò ancora una volta, per poi fare
una smorfia al suo riflesso nello specchio. Non era sicuro di quello
che stava per fare. Era solo sicuro di volerlo fare. Prima di uscire,
sperò che fosse la sera giusta.
Era sempre il vecchio, rassicurante, Orange Club.
L’arredamento trendy, le tende dei privé, le luci
soffuse, la musica non troppo invadente.
Tom si diresse al bancone del bar, dietro il quale si muovevano i
baristi nella loro uniforme bianca e nera. Ancora non c’era
troppo affollamento, quindi non gli fu difficile raggiungere il piano e
attirare l’attenzione di una ragazza ben conosciuta.
Silke, quando lo riconobbe, gli sorrise allegramente, fece
l’occhiolino e cominciò a preparargli qualcosa da
bere. Poco dopo, a Tom si avvicinò uno del servizio di
sicurezza che lui conosceva, chiedendogli se voleva il
privé. Lui accettò solo perché quando
sarebbe arrivata la calca era meglio avere un posto più
riservato dove stare.
Tom si sedette sul comodo divano nero, il drink che gli aveva preparato
Silke sul tavolino. Non gli piaceva molto stare da solo nei locali, ma
voleva aspettare che fosse arrivata un po’ di gente, prima di
farsi un giro esplorativo. Quando le luci si fossero ancora abbassate e
la musica alzata, per lui sarebbe stato più facile passare
quasi inosservato.
Ricordava bene che le ragazze del gruppo di Sandra, di solito,
occupavano un paio di tavoli oltre le colonne sotto la postazione del
dj. Posizione strategica, vicina al bancone, all’accesso dei
bagni e sufficientemente prossima alla pista per tenere
d’occhio tutto il movimento.
Il locale cominciò a riempirsi passata la mezzanotte. Tom
aveva ancora il bicchiere mezzo pieno, non aveva molta voglia di bere,
si sentiva agitato. E continuava a sperare che fosse la sera giusta.
Decise di alzarsi, quando vide la pista abbastanza affollata. Bevve in
un sorso quello che gli rimaneva nel bicchiere, poi lasciò
fluidamente il divano. Almeno, avendo finito il cocktail, aveva una
buona scusa per tornare al bancone.
Tom s’incamminò tra la gente, evitando ragazzi
vestiti tutti uguali, ragazze troppo appariscenti per
l’età che dimostravano e gli sguardi interessati
che gli lanciavano, ammiccanti. Ci fece poco caso.
Riconobbe Sandra, appoggiata ad una colonna. Lei gli fece un cenno, lui
la salutò con un gesto distratto della mano. Erano stati
insieme, una volta, ma lei gli aveva sempre preferito Georg, fino a
che, anche lui, non si era convertito alla monogamia.
Riuscì a guadagnarsi un lembo di bancone, solo
perché una ragazza ebbe un mezzo mancamento vedendolo e le
sue amiche dovettero trascinarla verso i bagni. Lui sorrise di sbieco,
prima di chiedere una birra chiara a Silke.
Poi, qualcosa attirò la sua attenzione. Una risata
familiare. Si voltò verso destra, mentre le sue dita
già scivolavano lungo il vetro bagnato del bicchiere. Era
lei.
Lui stava sulla sinistra del bancone, mentre lei era circa a
metà. Parlava con una ragazza bionda, ridacchiavano,
osservando qualcosa sulla pista da ballo. Portava un abitino azzurro,
leggermente luccicante, con la gonna a palloncino. I capelli erano un
po’ più lunghi dell’ultima volta e li
aveva appuntati disordinatamente sulla nuca. Era molto carina.
Tom dimenticò la birra e si spostò, aggirando le
persone sedute sugli sgabelli. Gli ci vollero solo pochi passi per
arrivare abbastanza vicino da farsi sentire distintamente.
“Ciao.” Salutò, quasi timidamente.
Le due ragazze si voltarono e alla bionda sfuggì
un’espressione di stupore che non si preoccupò
minimamente di nascondere, ma lui ci era abituato. Ad ogni modo, Tom
già guardava negli occhi Claudia e lei faceva altrettanto.
Until it ends there is no
end…
“Ma… ma tu sei Tom Kaulitz!”
Esclamò infine la biondina, rompendo il momento
d’imbarazzato silenzio che si era creato.
“Sì…” Rispose distratto il
ragazzo, prima di spostare lo sguardo da Claudia a lei.
“Piacere.” Aggiunse, porgendole la mano.
“Piacere mio!” Replicò immediata lei,
stringendogliela. “Io sono Greta!”
Tom, però, ignorò l’entusiasmo della
nuova conoscenza, per tornare a dedicarsi a Claudia. Lei si
aggiustò i capelli dietro un orecchio, guardandolo con la
coda dell’occhio.
“Tu come stai?” Chiese il chitarrista alla ragazza.
“Hm, bene…” Rispose vaga lei,
stringendosi nelle spalle. “E tu? Tutto bene?”
“Per ora…”
“Voi due vi conoscete?” Intervenne Greta sorpresa.
Tom e Claudia, mentre continuavano a guardarsi negli occhi, annuirono.
“Sì.” Fece poi la ragazza. “Ti
ho detto, una volta venivo spesso qui… e anche
loro…”
“Intendi tutto il gruppo?!” Esclamò
incredula la bionda. Loro annuirono di nuovo. “Grande,
conosci i Tokio Hotel! Dovevi dirmelo, Claudia!” Aggiunse,
dando una piccola spinta all’amica, che rise nervosamente.
“C’è anche tuo fratello,
stasera?” Chiese poi, speranzosa, rivolgendosi a Tom.
“No, è uscito con la sua ragazza.”
Rispose lapidario lui.
“Ah…” Soffiò lei delusa.
Tom e Claudia continuavano a guardarsi, si studiavano. Lui apertamente,
lei nascondendosi dietro al ciuffo che le ombreggiava gli occhi.
“È tanto che non ci vediamo.”
Accennò Tom, sperando di spezzare quello strano imbarazzo
tra di loro e avviare una conversazione decente.
“Già.” Rispose soltanto Claudia,
restando piuttosto vaga.
“Ti va di parlare un po’?” Le chiese
speranzoso il chitarrista, sfiorandole appena un braccio nudo. La sua
mano era calda, gentile.
“Beh, io… veramente…”
Tentennò la ragazza, prima di guardare lui, quindi spostare
lo sguardo sull’amica e mordersi il labbro inferiore.
“Fai pure!” Esclamò però
Greta, stupendola. “Io torno dalle ragazze.”
Aggiunse allegra, prima di strizzarle l’occhio con aria
complice e svignarsela, a quanto pare con una gran voglia di raccontare
quella storia alle altre amiche.
“Siamo rimasti soli.” Ironizzò Tom, con
uno dei suoi sorrisetti sbilenchi. Ed estremamente sexy.
“A quanto pare…” Commentò
Claudia poco convinta.
“Dai, ti offro da bere.”
L’incitò lui, poggiandole una mano sulla schiena e
spingendola in direzione del privé. “Prendi sempre
il solito?”
Claudia fece un sorrisino divertito. “È tanto che
non lo bevo, ma… sì, mi andrebbe un vecchio
solito.” Affermò poi, prima di seguirlo.
Let me be there, let me stay
there awhile…
“Tu sei, probabilmente, l’unica persona che
conosco, che riesce a bere un Daiquiri alla banana!”
Commentò divertito Tom, osservando Claudia con il grande
bicchiere in mano.
“È vero, nemmeno Bill ci è
riuscito.” Replicò tranquilla lei, poggiando il
cocktail sul tavolino. “Ma a me sono sempre piaciute le cose
gialle…”
“Ti sono sempre piaciute le banane…”
Quella sottolineatura di Tom, fece assumere a Claudia
un’espressione incredula. Lui incrociò i suoi
occhi e arrossì. “Oddio, scusa!”
Esclamò subito. “Ti giuro che non voleva essere un
doppio senso! Pensavo veramente alle banane, non a quelle altre banane
che…” La guardò di nuovo, lei lo stava
fissando scettica. “È meglio se sto zitto,
eh?”
“Direi di sì.” Rispose serafica Claudia,
ma poi il suo sorriso si allargò, fino a che non
scoppiò a ridere, trascinandosi dietro anche Tom.
“Beh, almeno ti ho fatta ridere.”
Biascicò il chitarrista, quando smisero. Claudia si
accomodò meglio sul divanetto, aggiustandosi poi i capelli.
“Sei sempre stato un tipo simpatico.”
Dichiarò quindi.
Dopo quello scambio i due ragazzi rimasero qualche minuto in silenzio,
sorseggiando ognuno il proprio cocktail. Tom osservava Claudia che,
finito di bere, si puliva il labbro superiore cercando di essere
disinvolta, ma risultava vagamente buffa. Lui sorrise.
“Ho saputo che hai iniziato
l’università.” Dichiarò il
chitarrista, poco dopo. Lei lo guardò.
“Te lo ha detto Annika?” Replicò quindi.
“Beh…” Fece Tom vago, grattandosi il
collo. “Diciamo che ho rilevato la
notizia…”
“Bill?”
“Sì.” Ammise il ragazzo, scrollando il
capo. “Ma non l’ha fatto volendo, era una delle
tante notizie in mezzo alle cascate che mi riversa addosso.”
“Capisco.” Annuì Claudia, abbassando il
capo.
“E… come ti vanno le cose?” Si
azzardò a domandare lui, dopo qualche secondo.
“Bene!” Esclamò lei, alzando il capo, ma
davanti all’espressione sorpresa di Tom, si ritrasse quasi
imbarazzata. “Intendo… mi trovo bene, ho
conosciuto persone interessanti e non posso lamentarmi del risultato
del primo esame.” Specificò quindi.
“Mi fa molto piacere, credimi.” Affermò
il ragazzo, con un mezzo sorriso dolce.
“Grazie.” Mormorò Claudia, chinando di
nuovo gli occhi.
“Esci con qualcuno?” Buttò lì
Tom, cercando di essere indifferente. La ragazza lo guardò,
chiedendosi cosa avrebbe dovuto rispondere; la verità le
sembrò la cosa migliore.
“Io e Richard ci siamo lasciati
quest’estate.” Gli riferì; Tom
evitò i suoi occhi. “Lo sapevi?”
“Ehm…” Tergiversò lui, ma poi
tornò a fissarla. “Sì.”
“Si viene a sapere sempre tutto, nell’entourage dei
Tokio Hotel, eh?” Soggiunse sarcastica Claudia.
“È stato un caso.” Replicò
Tom, prima di prendere un sorso della sua birra.
“Beh, ad ogni modo, non è stata colpa tua e di
quella cosa sulle scale…” Spiegò; lui
la guardò sorpreso. “Siamo andati in vacanza
insieme e abbiamo capito che non eravamo molto compatibili,
così è finita.” Aggiunse la ragazza.
“Capisco…” Commentò il
chitarrista, senza troppa fantasia.
“Bill avrà festeggiato con una cassa di Crystal,
come minimo…”
“Ci sei andata vicino…”
Si guardarono per un secondo, entrambi col bicchiere in mano, poi
scoppiarono a ridere. Era sempre stato così facile, con Tom.
Dopo quell’ennesimo scoppio di risa, i due ragazzi rimasero
per un po’ in silenzio, dedicandosi ognuno al proprio
cocktail, con gli occhi sulla pista che s’intravedeva oltre
le tende del privé. Ma, poco dopo, qualcosa, o meglio
qualcuno, arrivò a turbare quel magico gioco di sguardi in
tralice che si era creato tra Tom e Claudia: Ina, la bionda vecchia
conoscenza carnale del ragazzo era entrata nello spazio riservato e
ancheggiava sensuale verso il chitarrista.
Claudia assunse subito un’espressione contrariata, posando
rumorosamente il bicchiere quasi vuoto sul tavolino, ma Tom la
guardò e le fece un cenno che lei, sorpresa,
interpretò come un modo per rassicurarla. Ina, nel
frattempo, salutava con la sua voce da oca.
“Quanto tempo, Tom! Quando mi hanno detto che
c’eri, quasi non ci credevo!” Proclamò
la bionda, sedendosi accanto a lui.
“Eh, sì, era molto che non passavo di
qui…” Rispose Tom impacciato, lanciando occhiate
preoccupate verso Claudia, che lo guardava con rimprovero.
“Ma perché non sei venuto a salutare le ragazze,
sarebbero felici di tenerti compagnia!” Continuò
petulante Ina. Claudia alzò gli occhi al cielo.
“Io ho già compagnia, Ina.” Rispose
incredibilmente il chitarrista, accennando alla ragazza seduta qualche
passo più in là. La bionda la guardò,
poi fece una smorfia scettica.
“Hm, lei non è brillante come noi.”
Affermò poi, tornando praticamente addosso a Tom,
sbattendogli in faccia le sue tettone.
Lui, però, inaspettatamente, si scostò,
sorprendendo sia Ina che Claudia, che lo fissarono con gli occhi
spalancati. Tom si aggiustò la maglia.
“Stasera, io sono con Claudia, quindi…”
Guardò la bionda negli occhi. “…vai
dalle ragazze e digli che sono andato via, non voglio storie.”
Ina, con espressione indignata, si alzò dal divano e
aggiustò il miniabito verde che indossava, poi
girò il suo culo secco e uscì dal
privè scostando sgarbatamente la tenda. Claudia aveva ancora
la bocca aperta.
We have no past we won't reach
back
Keep with me forward all
through the night…
Il resto della serata, Tom e Claudia lo passarono a parlare dei vecchi
tempi: delle scorribande negli hotel di mezza Europa, delle sbronze,
dei party. E risero, delle vecchie battute, delle vecchie risate.
Bevvero ancora e quando, passate le due, decisero di alzarsi, Claudia
barcollò pericolosamente. Tom fu pronto a sostenerla.
Si ritrovarono abbracciati. E furono entrambi percorsi da un brivido,
quando i loro occhi s’incontrarono, ma nessuno dei due
accennò a scostarsi.
“Sei con la macchina?” Domandò piano
Tom, stringendola per la vita.
“No, sono venuta con le ragazze…”
Rispose lei confusa, l’alcool le annebbiava un po’
la mente. “Anzi, dovrei tornare da loro.”
“Penso che ormai abbiano capito che gli hai tirato il
bidone.” Ironizzò lui con un sorrisetto sbieco.
“Io non gli ho tirato nessun bidone!”
Protestò Claudia. “È tutta colpa tua!
Come sempre…”
Tom sorrise dolcemente, erano ancora vicini. “Lo sai che sono
un ragazzaccio…” Commentò.
“Mi permetti lo stesso di accompagnarti a casa?” Le
chiese quindi.
“Hm, sì…” Rispose lei,
passandosi una mano sulla fronte. “Ma solo perché
non mi va di andare in giro da sola a quest’ora.”
Fuori la notte era umida. Era appena smesso di piovere e le macchine
sollevavano schizzi fangosi entrando nelle pozze lungo la strada.
Claudia indossava un cappotto color senape, ballerine blu tempestate di
strass. Una macchina passò vicino al marciapiedi, prendendo
una pozza e schizzando di striscio le gambe della ragazza, che si
tirò indietro.
“Vaffanculo!” Gridò Claudia dietro
all’autista, che ormai si era allontanato.
Tom, nel frattempo, le si avvicinò con un sorriso
tranquillo. “Andiamo, al massimo ti avrà bagnato
un po’ le calze.” Soggiunse.
“È uno stronzo lo stesso!”
Sbottò lei, lanciando un ultimo sguardo astioso lungo la
strada; il chitarrista ridacchiò. “Cosa hai da
ridere?” Gli chiese allora la ragazza, con espressione
indignata.
“È rassicurante sapere che non cambi
mai.” Rispose sibillino Tom. Claudia fece una smorfia.
“Non lo è altrettanto sapere che nemmeno tu lo
fai.” Ribatté poi.
“Non esserne così convinta…”
Buttò lì il ragazzo, mentre
s’incamminava con le chiavi già in mano; Claudia
lo fissava perplessa. “La mia macchina è di qua,
vieni.” Lei alzò gli occhi al cielo e scosse la
testa, quindi lo seguì.
Tom era entrato solo un paio di volte in quell’appartamento,
quando lui e Bill aiutavano Annika a portarci la sua roba. Non era
nemmeno arredato, allora. Gli era sembrato più grande,
infatti.
Ora era fermo in mezzo al soggiorno, tra il tavolo da pranzo ovale e
l’economico, ma apparentemente comodo, divano, chiedendosi
cosa sarebbe stato meglio fare.
“Faccio un caffè?” Gli
domandò Claudia, alle sue spalle.
“Eh?!” Esclamò lui, girandosi di scatto.
“Sì, magari.” Le rispose poi, quando il
senso della domanda gli arrivò al cervello.
“Va bene.” Acconsentì lei annuendo,
prima di entrare nella piccola cucina. “Ti accontenti di
quello solubile, non mi va di caricare la
macchina…”
“È perfetto.” Le assicurò Tom.
Quando il caffè fu pronto, si sedettero entrambi sul divano,
ognuno con la sua tazza in mano e gli argomenti di conversazione
azzerati. Claudia accese la tv. C’era uno di quegli stupidi
talk show dove i politici spacciavano se stessi. Noioso, ma tanto
nessuno dei due sembrava interessato alla programmazione notturna dei
canali nazionali.
“A te come vanno le cose?” Domandò
Claudia, dopo aver preso un sorso dalla sua tazza.
“Hm, bene…” Rispose vago Tom.
“Come sempre, direi.”
“Ho sentito che il tour è andato molto
bene.” Riferì la ragazza, accomodandosi meglio sul
divano; piegò una gamba sotto l’altra e si
voltò un po’ verso di lui.
“Oh, sì… sì, è
andato splendidamente!” Esclamò lui, entusiasta.
“Abbiamo riempito tutte le date, siamo molto
soddisfatti.”
“Mi fa molto piacere.” Affermò la
ragazza. “Continui a scrivere?” Gli chiese quindi,
fissandolo negli occhi con espressione dolce.
Tom pensò che non era il caso di dirle che qualcosa
l’aveva scritto anche per lei. “Sempre.”
Rispose infine, con un piccolo sorriso.
“Ti vedi con qualcuno?” Si azzardò a
chiedere Claudia, infine, dopo un breve respiro. Non sapeva dove avesse
trovato il coraggio di farlo.
“Beh, sai com’è… le solite
storie… nessuno in particolare…”
Rispose distratto lui, con un gesto della mano.
“Le solite storie, certo…”
Commentò scettica Claudia, guardandosi le mani.
“A dire il vero…” Riprese Tom, attirando
la sua attenzione; lei lo guardò incuriosita, lui aveva gli
occhi bassi. “…non esco molto,
ultimamente.” Claudia aggrottò la fronte.
“Sai, sono tutti accoppiati, ora e io… mi sento un
po’ cretino a reggere il moccolo.”
“Capisco…” Mormorò lei,
leggermente sorpresa.
Scese di nuovo il silenzio. Finirono il caffè, ormai
tiepido. La tv continuava a regalare perle di saggezza a proposito di
vari argomenti.
Tom, però, scrutava Claudia, quasi di soppiatto, nella
semioscurità della stanza. Il suo profilo tondeggiante,
quasi infantile, illuminato dai riflessi bluastri dello schermo, la
pettinatura che stava cedendo alla forza di gravità, il
vestito che luccicava ai suoi piccoli movimenti. Era bella e lui aveva
voglia di accarezzarle il viso, di sentire il suo profumo, che
ricordava dolce e piacevole.
Claudia, invece, pensava. Era strano averlo lì, anche se,
stranamente, non si sentiva a disagio come avrebbe pensato. Avvertiva
chiaramente il suo sguardo su di se e non era spiacevole. Aveva smesso
da tempo di farsi domande sul perché la sua attrazione per
Tom fosse così irragionevole. Tutto di lui le procurava
turbamento. Ma ora lei era più forte. Sapeva che anche lui
non stava messo meglio, quella scena sulle scale della baita ne era
stata una prova.
La ragazza respirò profondamente, il profumo di Tom le
raggiunse le narici. Si sorprese divertita dal fatto che lui avesse
sempre quell’aria pulitina e precisa, nonostante gli abiti
larghi.
Tom, sentendola reprimere una risatina, la guardò
apertamente. Claudia incrociò i suoi occhi con uno sguardo
divertito e, allora, anche lui sorrise. Quello che successe dopo, il
chitarrista non se lo sarebbe certo aspettato.
Claudia posò la tazza che aveva ancora tra le mani sul
tavolo, poi si mosse verso di lui, gli passò una mano sulla
nuca, allungandosi e lo baciò, incurante
dell’espressione attonita di Tom.
Solo qualche istante dopo lui riuscì a chiudere gli occhi ed
a godersi le labbra morbide della ragazza che giocavano con le sue. Non
era un bacio profondo, solo una serie di piccoli baci delicati che
facevano pompare il cuore di Tom nella gola.
Quando Claudia s’interruppe, scostandosi appena, si
guardarono negli occhi. Quelli di Tom erano emozionati, turbati,
sorpresi. Lei gli accarezzò piano il viso e
ricominciò a baciarlo.
Il bacio si fece decisamente più profondo. Tom le
posò le mani sulla vita e lei si spostò di nuovo,
sedendosi su di lui. Il ragazzo l’avvolse con le proprie
braccia, stringendola a se.
Presto le mani della ragazza si staccarono dal suo viso, per infilarsi
nelle larghe maniche della sua maglietta, arrivando ad accarezzargli la
pelle sensibile sotto al braccio, i muscoli tesi della schiena,
accrescendo l’eccitazione già notevole.
Tom, però, ebbe un improvviso lampo di
razionalità. Strinse la vita di Claudia con le mani e quasi
se la strappò di dosso, quindi la fissò negli
occhi serio.
“Claudia…” Mormorò severo.
“Che cosa c’è?”
Replicò lei, aggrottando la fronte, quasi preoccupata che
lui l’avesse interrotta.
“Vuoi veramente farlo?” Le chiese Tom.
Claudia si rilassò sulle sue ginocchia e sospirò
profondamente, gli occhi diretti altrove, che evitavano lo sguardo
intenso di lui.
“Ho capito da un bel pezzo che non sono capace di resisterti,
allora perché farmi del male?” Gli rispose infine,
regalandogli un piccolo sorriso arreso, ma non per questo meno convinto.
“Ma non voglio più essere io a
fartene...” Ribatté sincero lui e lo pensava
davvero, ormai aveva capito che a lei ci teneva davvero e sapeva
perfettamente quanto l’aveva fatta soffrire in passato.
“Decido da sola, Tom, nessuno mi fa più fare
quello che non voglio.” Lo zittì però
Claudia. “Sono libera e consapevole di quello che sta per
succedere, ma non ti preoccupare, non ti chiederò niente in
cambio.” Aggiunse decisa.
“Non ho paura, chiedimi quello che vuoi.”
Affermò sicuro il ragazzo, stringendo la presa sui suoi
fianchi.
“Ti chiedo soltanto di essere tenero, stanotte.”
Sussurrò Claudia, prima di passargli di nuovo le braccia
intorno al collo; Tom la strinse e si alzò, lei
incrociò le gambe sulla sua schiena. “La mia
camera è quella laggiù.” Gli
mormorò poi all’orecchio, indicando la stanza in
fondo al corridoio.
And it goes running all through
the night
Until it ends there is no
end…
Tom prese un lungo respiro e si passò una mano sugli occhi,
prima di aprirli. La stanza era in penombra, nonostante il fatto che
fosse ormai giorno era facilmente intuibile dalla luce che penetrava
tra le listarelle dell’avvolgibile abbassato.
Il ragazzo si guardò intorno. La camera era accogliente,
arredata con mobili bianchi. C’era una specchiera di ferro
battuto appesa sopra alla cassettiera, alcune foto di Claudia con i
suoi genitori e con Annika erano disposte sul piano.
Lui si mosse tra le coperte. Le lenzuola erano di un azzurro pallido,
profumavano di Claudia. Provò a toccare la sua parte, era
ancora tiepida, non era molto che se n’era andata. Tom si
sollevò seduto, ravviandosi i dreads. Gli davano fastidio,
così li legò sulla nuca.
Ricordava perfettamente quello che era successo la notte precedente.
Lui e Claudia che arrivavano in camera, si sedevano sul letto,
continuando a baciarsi. Poi si erano spogliati lentamente, cosa che mai
gli era capitata, visto che di solito avevano fretta. Ma quella sera
no, non volevano averne.
I preliminari erano stati insolitamente lunghi e teneri. Tom si era
voluto dedicare a conoscerla davvero, ogni centimetro del suo corpo e
così aveva fatto lei. Si erano amati con una
complicità ed una dolcezza mai avuta prima, ridendo del
reciproco imbarazzo, provando, infine, un piacere intenso che li aveva
lasciati senza fiato, uno sull’altra, accarezzandosi piano.
Quando, qualche ora dopo, lei lo aveva cercato ancora, Tom non si era
certo tirato indietro. Ora, però, Claudia non
c’era. Non poteva essere scappata, perché erano a
casa sua, sarebbe stato illogico, magari si era solo allontanata, per
tornare quando lui si fosse tolto di mezzo…
La porta, in quel momento, si aprì, annullando tutte le sue
riflessioni. Claudia entrò e fece un’espressione
sorpresa, trovandolo sveglio.
“Oh, credevo dormissi ancora…”
Mormorò infatti.
“Mi sono svegliato qualche minuto fa.”
Spiegò lui, posando i gomiti sulle ginocchia sollevate.
“Ah, ok…” Fece lei distratta,
dirigendosi alla finestra; cercava d’ignorare il bel corpo
lievemente abbronzato di Tom che emergeva dalle lenzuola.
“Vuoi fare colazione o…”
Tom sospirò. “Onestamente, Claudia, vuoi che mi
tolga dalle scatole?” Le chiese con sincerità.
Lei, che stava aprendo l’avvolgibile, si voltò
verso il letto e lo fissò con un’espressione
sorpresa, che ben presto si trasformò in colpevole. E
Claudia abbassò gli occhi.
“Non ho detto questo…”
Mormorò quindi, imbarazzata.
“E se stavolta non volessi andarmene? Se volessi restare qui
con te?” Replicò lui accigliato, fissandola con
sguardo serio. Lei si fece stupita e confusa.
“Che cosa stai dicendo, Tom?” Gli
domandò con tono quasi accusatorio, mentre si sedeva sul
bordo del letto. Lui si mosse, avvicinandosi; teneva le lenzuola con
una mano, per non rimanere scoperto.
La tapparella, ora, era alzata a metà e la luce di un
mattino stranamente soleggiato colpiva Claudia alle spalle. Indossava
una lunga maglietta giallo pallido, i riflessi dorati tra i suoi
capelli le incorniciavano il viso struccato, le guance comunque rosate.
La sua espressione era strana, a disagio, incerta, vagamente arrabbiata.
“Ascoltami, Claudia.” Fece Tom, posando una mano
calda sulla sua. “Ormai mi sembra chiaro che non siamo capaci
di stare lontani, in un modo o nell’altro continuiamo a
cercarci, forse… forse dovremmo provare a stare
insieme…” Aggiunse, abbassando progressivamente la
voce. “Io vorrei provare a stare con te.”
“Non prendermi in giro, Tom.” Fu la risposta di
Claudia, prima di alzarsi e tornare a sollevare la tapparella.
“Perché non mi prendi sul serio? Perché
non mi dai una possibilità?” Sbottò
lui, adirato.
“Perché non la vuoi davvero!” Rispose
d’impeto la ragazza, voltandosi di scatto a braccia allargate.
Tom fece una faccia offesa. “Non vuoi fidarti di
me…” Mormorò accigliato.
“Non mi sono mai fidata di te, Tom.”
Affermò Claudia, tornando a dargli le spalle.
Tom, allora, si alzò bruscamente dal letto, tirandosi dietro
il lenzuolo e la raggiunse vicino alla finestra, mentre lei lo fissava
incredula.
“So che ti ho delusa molte volte.”
Esordì serio, una volta arrivatole davanti. “E che
non mi merito la tua fiducia, né il tuo rispetto, ma non ero
pronto e…”
“Ah, perché ora lo saresti?”
Reagì Claudia con tono scettico. “Andiamo, Tom,
è passato meno di un anno…” Aggiunse
scuotendo il capo. Lui la prese per le spalle, obbligandola a guardarlo
negli occhi.
“Non lo so se sono pronto, ma adesso sono consapevole di cosa
voglio.” Replicò lui, con sguardo sicuro, fisso
negli occhi scuri della ragazza. “E voglio te.”
Il cuore di Claudia mancò un battito, perché non
aveva mai visto nulla di più intenso di quegli occhi decisi,
illuminati d’oro liquido dal sole del mattino. Poi
sospirò arresa, abbassando il capo, non poteva
più resistere a quella pressione diretta.
“Sai che, se accetto, vorrò l’esclusiva,
Tom Kaulitz?” Accennò, mentre lo guardava di
sbieco. “Niente più groupies, o stronzette varie,
niente più Ina…”
“Lo so.” Annuì piano, facendo scivolare
via le mani dalle sue spalle, con un piccolo sorriso.
“Dovrai farti bastare me.” Insisté lei,
inseguendolo con lo sguardo nel suo spostamento dall’altra
parte del letto.
Lo vide recuperare i boxer e cercare d’infilarseli senza
scoprirsi del lenzuolo. Le venne da ridere a quella sua paranoia, visto
ciò che avevano fatto la notte precendente.
“Beh, se ti applichi sempre come la notte
scorsa…” Affermò lui, con uno dei suoi
sorrisetti sbiechi, Claudia fece una smorfia. “E
io… m’impegnerò.” Le
garantì, prima di farle l’occhiolino.
“Me ne pentirò…”
Esalò lei, sconfortata, ma divertita.
Tom tornò verso di Claudia, addosso solo i boxer, la
maglietta buttata su una spalla e un sorriso tenero e birichino dei
suoi. Le scostò i capelli dal viso e accentuò il
sorriso.
“Forse te ne pentirai…”
Mormorò dolcemente. “Ma per la paura che succeda,
vuoi privarti anche dei momenti belli?” Le chiese quindi,
carezzandole piano il viso.
“No, non voglio.” Negò lei sicura.
“Mi sei mancato troppo.” Aggiunse con un piccolo
sorriso.
“Anche tu.” Confermò Tom abbracciandola.
“Anche tu…” Sussurrò di
nuovo, quando Claudia rispose, stringendogli le braccia intorno alla
vita.
CONTINUA
Ringraziamenti (molto
dovuti):
Zarah: hai
ragione, bisognerebbe avvertire prima di esporre le persone alla
fighezza di Tom, ma del resto… lui forse ci avverte prima di
alzarsi la maglia a sorpresa e darsi pacche sulla sua pancina da
morsi?! No, e quindi… In questo capitolo la situazione
decisamente si evolve, no? Niente più Richard, ne ragazze
sbavazzanti. Ora vedremo cosa ci combinano…
Jolly24:
grazie! Spero ti piaccia anche questo.
Lady Cassandra:
ti dico solo che spero di essermi fatta perdonare, spero che non
risucceda… E grazie dal profondo del cuore per il tuo
apprezzamento.
Picchia:
anche io adoro il mio Tom. E pure quello vero! Eheheh! E Bill, beh,
è vero a volte mi esce un pochino smielato, speriamo di
riprendersi ^__- Grazie dei complimenti!
Frehieit489:
grazie per tutti i complimenti che mi hai fatto, ti giuro che sono
molto dispiaciuta di avervi fatti tutti aspettare così
tanto! Spero che continuerai a seguire la storia!
Kit2007:
Marti, spero che tu sappia quanto è bello per me
chiacchierare, ridere, dire cavolate insieme a te, e anche ricevere i
tuoi commenti. Di questo capitolo sapevi già tanto, ma
aspetto comunque con ansia il tuo parere. Un bacione e un abbraccio
grande!
Antonellina:
ma grazie, non so che altro dire! Anche perché, confesso,
scrivere questa storia mi risulta particolarmente difficoltoso (come
tutti avranno ormai capito dai tempi titanici…) e quindi mi
fa ancora più piacere sapere che viene così tanto
apprezzata!
Angeli neri:
sì, Tom e Claudia sono due personaggi complessi, reagiscono
in modo strano, sono difficili da gestire, forse per questo
è tanto dura portare avanti la storia. Spero che il seguito
non si faccia attendere così tanto!
Princess: e
che ti devo dire? Specie a questo punto dove i tuoi personaggi
m’ispirano più dei miei? Sono un caso clinico,
affetta da pornopuccite cronica. E rifiuto l’accanimento
terapeutico, voglio morire felice! Scusa l’attesa, ti aspetto.
RubyChubb:
oh, il grande ritorno della classifica! Grazie, perché mi
mancava e mi fa sempre schiantare dal ridere. Ad ogni modo, devo dire
che, anche mettendola in commedia, riesci sempre a cogliere aspetti
fondamentali. Grande la Silvietta e scusa l’attesa anche tu.
Black_DownTH:
una nuova commentatrice che spero di non aver perso per strada con la
mia crisi d’ispirazione… Grazie per i complimenti
e spero che anche il seguito sia di tuo gradimento!
Concludo scusandomi ancora una volta e ringraziando anche chi legge
senza commentare e chi mi ha messo nei preferiti!
Un bacione grande, a presto! (spero…)
Sara
|
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Capitolo 6 *** 6 - Kingdom of days ***
thunder
Eh,
sì, lo so, vi ho fatto aspettare tanto, anche stavolta. Spero
che il capitolo possa essere sufficiente a ripagarvi… Boh, a me
sembra di stare diventando sempre più noiosa, come scrittrice,
ma sta a voi dirlo… Non voglio aggiungere troppe cose, vi lascio
alla lettura e aspetto i vostri commenti.
Note e ringraziamenti alla fine.
Baci
Sara
Capitolo 6 ~ Kingdom of days
I love you, I love you, I love you, I love you I do
You whisper "Then prove it, then prove it, then prove it to me baby blue."
(Kingdom of days – Bruce Springsteen)
Tom lasciò cadere i
pesi sulla moquette con uno sbuffo. Non era un tipo fissato per la
palestra, ma un po’ di esercizio fisico non gli era mai
dispiaciuto. Al contrario di suo fratello…
Quando si fu messo a sedere
sulla panca guardò Bill. Era appollaiato su una cyclette, in una
posizione in cui nemmeno volendo avrebbe potuto pedalare. Indossava i
suoi fedeli pantaloni Adidas neri e una maglietta viola. E stava
allegramente succhiando un Chupa Chups.
“Bill, non pensi che un po’ di ginnastica potrebbe farti bene?” Gli chiese paziente.
“Scherzi?”
Reagì subito il fratello. “Non posso sudare in questa
maglietta! È di Armani!” Aggiunse vagamente scandalizzato.
Tom scosse il capo,
rassegnato, quindi si alzò dalla panca, asciugandosi il sudore
con l’asciugamano che aveva con se.
“Sai, hanno fatto uno
studio, in un’università non so dove, secondo cui il
gemello che fa meno attività fisica muore prima…”
Accennò poi, passando accanto all’altro.
“Fottiti!” Gli urlò dietro Bill, mentre scendeva dalla cyclette e si toccava con cura le parti basse.
“Sì, puoi
ravanarti le palle quanto ti pare, è la scienza, caro
mio!” Affermò Tom, mentre si dirigeva verso
l’ascensore per tornare in casa.
“Ti sei accorto che mi
hai appena detto che morirò prima di te? Ti rendi conto di
quanto sei crudele?!” Sberciò Bill inseguendolo.
“Beh, è facile
da risolvere: fai un po’ di ginnastica.” Replicò
tranquillo il gemello, appena prima d’infilarsi nella cabina
dell’ascensore, seguito dal cantante. “Vivrai più a
lungo e ti funzionerà l’uccello fino a
novant’anni.”
“Quello mi funziona
benissimo!” Ribatté offeso Bill, incrociando le braccia.
Tom inserì le chiavi e spinse il tasto del loro piano.
“Ora di anni ne hai ventuno…” Gli ricordò sarcastico il chitarrista.
“Humpf…”
Sbuffò l’altro. “Senti, piuttosto…”
Riprese poi, girandosi verso il fratello con un sorrisino che era tutto
un programma. “Hai portato Claudia in qualche bel posto, da
quando state insieme?” Domandò.
Tom si girò, fissandolo leggermente smarrito. “In qualche bel posto? …tipo?” Fece perplesso.
“Bah, non
so…” Rispose Bill, allargando le mani in un gesto vago.
“…un bel ristorante, qualcosa di romantico, solo per voi,
non i soliti locali fumosi, pieni di gente e di rumore.”
“Pensi che dovrei?” Gli chiese titubante Tom.
“Oh, Tomi, certo che
devi!” Esclamò il gemello. “Ora siete una coppia,
non solo due arrapati cronici che, se non vanno per locali, passano il
tempo a fare sesso!”
“Perché tu e Annika che fate?” S’informò l’altro, interessato, ma anche malizioso.
“Facciamo tanto sesso,
ma anche altre cose!” Rispose Bill compunto; la sua faccia seria
fece quasi scoppiare a ridere il fratello. “Andiamo al cinema, a
vedere musical, al ristorante, in giro… e parliamo tanto!”
“Sì, dopo aver
scopato…” Soggiunse Tom, con un sorriso sbieco, mentre la
porta dell’ascensore si apriva sul loro pianerottolo.
“Tom,
seriamente.” Bill lo prese per un braccio, facendolo voltare
verso di se. “Sai anche tu che devi fare qualcosa solo per lei,
per dimostrarle che ci tieni davvero, altrimenti la perderai di
nuovo.”
Tom lo fissò serio. “Forse hai ragione…”
“Tranquillo!” Lo
rassicurò Bill, stringendolo per le spalle, mentre apriva la
porta di casa. “Poi posso darti un paio di dritte su posti carini
dove portarla…” Aggiunse ammiccante.
“Non credevo sarebbe
mai arrivato il giorno in cui mi avresti dato consigli sulle
ragazze…” Commentò il chitarrista entrando
nell’ingresso.
“Oh, non mi devi ringraziare, Tomi!” Cinguettò Bill, saltellando verso la cucina. Tom scrollò il capo.
Annika lavorava in quel bel
palazzo ottocentesco da quando aveva preso il diploma. Era lo studio
del padre di Claudia, che l’aveva assunta come segretaria. A
quanto diceva si trovava molto bene, nonostante le normali
difficoltà dell’inizio.
Erano quasi le sei, quindi
la ragazza sarebbe uscita a minuti. Tom, dopo aver guardato
l’orologio, prese un’ultima boccata di fumo dalla sigaretta
e la gettò, per spegnerla col piede.
Il grande portone
dell’edificio si aprì pochi istanti dopo e ne uscì
un gruppetto di persone. Annika salutò le colleghe, quindi scese
allegramente le scale. Si fermò solo quando si trovò
davanti il chitarrista.
“Tom!” Esclamò meravigliata.
“Ciao.” La salutò lui tranquillo.
“Che ci fai qui?” Gli chiese allora la ragazza, sistemandosi la tracolla della borsa sulla spalla.
“Beh, sono venuto a prenderti.” Rispose piano lui, abbassando gli occhi.
Annika sorrise, le piacevano
quei suoi momenti di timidezza improvvisa. “Ma non era
necessario, anche se Bill è impegnato, potevo benissimo prendere
la metro.” Gli disse quindi.
“La metro? Ma
scherzi?” Reagì Tom stupito. “E poi, ecco…
devo chiederti un favore…” Aggiunse vago, mentre spaziava
in giro con lo sguardo.
“Un favore?” Fece lei perplessa. “E di che si tratta?”
“Vieni, la mia
macchina è laggiù, ne parliamo per strada.”
Affermò Tom, guidandola verso la Cadillac con una mano posata
sulla schiena.
“Ho invitato Claudia ad uscire.” Raccontò Tom una volta che furono saliti in macchina.
“E che cosa ci sarebbe di nuovo?” Replicò stranita Annika, fissando il ragazzo che avviava il motore.
“L’ho invitata
al ristorante, sarebbe il nostro primo vero appuntamento…”
Spiegò timidamente lui.
“Oh,
capisco…” Commentò lei, mentre allacciava la
cintura di sicurezza. “In cosa hai bisogno che ti aiuti?”
Gli chiese quindi, recuperando tutto il suo senso pratico, che Tom
adorava.
“Vedi…”
Esordì esitante il ragazzo, quando la macchina si fu immessa nel
traffico. “…è che… io sono sempre
così uguale a me stesso…”
Annika spalancò gli
occhi sorpresa. Questa era una cosa che non avrebbe mai pensato di
sentire, da parte di Tom. Finora aveva sempre rifiutato qualsiasi
consiglio per cambiare anche solo parzialmente il proprio look, questa
notizia quasi la shockava.
“Dunque, senti la necessità di cambiare…” Azzardò allora la ragazza.
“Beh,
sì… non c’è niente di male, no?”
Rispose incerto lui, mentre scrutava l’ingresso ad una rotatoria.
“Non dico di tagliarmi i capelli o mettere un paio di jeans di
Bill, però… insomma, qualcosina…” Aggiunse
tentennante.
“Io penso che sia una cosa splendida, Tom.” Lo rassicurò la ragazza.
“Allora, mi aiuterai?” Le chiese speranzoso, lanciandole un’occhiata quasi supplicante.
“Puoi contare su di me!” Confermò Annika decisa e sorridente.
“Un’ultima cosa…”
“Dimmi.”
“Preferirei che tu non
lo dicessi a Bill…” Soffiò Tom. “Sai
com’è fatto, comincerebbe a blaterare sul perché
non l’ho chiesto a lui e tutte le sue scene…” Annika
capiva perfettamente, mentre scambiava un’eloquente occhiata con
Tom.
“Capisco, tranquillo.” Fece lei infine. “E poi, è sempre meglio se glielo dici tu.”
“Grazie, Annika.”
“Figurati, è un piacere!”
“Ah, a
proposito… tu sai dove potremmo andare? Perché conosco
solo negozi dove c’è roba hip pop…” Soggiunse
preoccupato il chitarrista.
Annika ridacchiò. “Tranquillo! Alla prossima gira a sinistra!”
Il cellulare di Annika
vibrò nella sua borsa, mentre lei e Tom uscivano
dall’ultimo negozio. La ragazza lo tirò fuori e
osservò brevemente il display, pur già sapendo chi la
stava chiamando.
“Pronto?” Rispose infine, scambiando un sorriso complice con Tom.
“Pippi, ma dove
sei?!” Esclamò concitata la voce di Bill. “Sei
sempre nella metro? Hai fatto brutti incontri?! Avresti dovuto
aspettarmi! Dimmi dove sei che vengo subito a prenderti!”
“Bill, ti prego
calmati.” Lo apostrofò tranquilla lei. “Sto
benissimo, è venuto a prendermi Tom.”
“Tom?” Fece lui incredulo. “E perché è venuto a prenderti?” Aggiunse sospettoso.
“Aveva bisogno di un consulto per una cosa…” Spiegò Annika, ma Bill la interruppe.
“Per che cosa?” Domandò immediato.
“Bill…”
Sospirò la ragazza, mentre Tom le faceva cenni di non dire
perché erano insieme. “Eh… un… regalo per
Claudia.” Il chitarrista la ringraziò con un inchino.
“Ah, ok…” Mormorò incerto Bill al telefono. “Sappi che sono terribilmente geloso.”
“Lo so.” Ribatté dolce Annika. “Tra mezz’ora siamo a casa, tu preparati.”
“E poi starai tutta la sera con me?” Domandò lui con vocina infantile.
“Fino a quando
vorrai.” Gli garantì lei, sapeva che doveva essere
accondiscendente quando Bill aveva gli attacchi di gelosia. Ormai lo
conosceva bene, lui doveva stare sempre al centro dell’attenzione.
“Allora, a presto, Pippi!” La salutò infatti, soddisfatto. “Bacino!”
“Bacino. A dopo.” Replicò Annika tranquilla, prima di chiudere la chiamata.
Quando la ragazza ebbe
riposto il cellulare, scambiò con Tom uno sguardo eloquente, poi
lui le sorrise comprensivo, la prese a braccetto, conducendola verso la
macchina.
“Sei soddisfatto degli acquisti?” Domandò Annika al ragazzo, mentre camminavano lungo il marciapiede.
“Sì, molto.” Annuì Tom. “Spero che lo sia anche Claudia.”
“Lo sarà certamente, vedrai.” Affermò lei sorridendo.
“Lo spero…” Mormorò incerto Tom, mentre abbassava gli occhi.
“Tom.” Lo
bloccò allora Annika, fermandosi. Lui la guardò.
“Non devi essere così insicuro, Claudia ti vuole bene,
aspetta solo che tu le dimostri che provi lo stesso.”
“Hai ragione.”
Soffiò il ragazzo, grattandosi la nuca. “Ho paura di non
essere molto bravo in queste cose…” Aggiunse mesto.
“Ma cosa dici? Con me e Bill sei bravissimo!” Replicò Annika, sorpresa.
“Ma tu e Bill
siete… tu e Bill…” Biascicò, senza riuscire
a spiegarsi troppo bene, ma lei sorrise e gli carezzò il viso.
“Non devi vergognarti
di dimostrare a Claudia il tuo affetto, come non ti vergogni con
noi.” Gli disse comprensiva. “Non avere paura di lei, ti
ama tanto.”
Tom le sorrise timidamente.
“Ci sei nata, con questa saggezza, oppure l’hai imparata
con la vita?” Annika abbassò il capo, con un sorriso umile.
“Io ti dico solo quello che mi sembra giusto, non credo di essere saggia…” Mormorò quindi.
“Ad ogni
modo…” Riprese lui, prendendola calorosamente per le
spalle. “Sai, sono felice che Bill si sia innamorato di
te.” Lei sorrise dolcemente, mentre Tom le dava un piccolo bacio
sulla tempia.
Era il loro primo vero
appuntamento. Si conoscevano da tanto tempo, ma si erano sempre
incontrati nei locali, ognuno che andava e veniva per i cavoli propri.
Se lei poi passava la notte da lui e la mattina se ne andava con un
taxi, non significava niente.
Questa volta, invece,
c’era stato un vero invito, la prospettiva di una cena in un bel
ristorante e Tom che veniva a prenderla a casa.
Claudia sorrise allo
specchio, sistemandosi lo scollo a V del suo abito di lana, rosa
pallido. Sotto indossava biancheria candida e sui fianchi una cintura
alta di cuoio marrone, che avrebbe fatto il paio con gli stivali che
pensava di mettere. Il trucco e i capelli erano già apposto,
ormai mancava poco all’ora dell’appuntamento.
La ragazza non sapeva cosa
aspettarsi, era tutto così nuovo, specie per Tom. Il cuore, ad
ogni modo, le batteva forte, era agitata e aveva le farfalle nello
stomaco. Ma non vedeva l’ora che lui arrivasse.
Il campanello suonò
qualche minuto dopo, mentre Claudia stava sistemando il bordo delle sue
autoreggenti. Non che volesse essere provocante, del resto l’orlo
del vestito arrivava al ginocchio, ma era sempre bene indossare
qualcosa di sexy con Tom.
La ragazza corse alla porta,
scalza. Aprì e alzò gli occhi sul chitarrista. La sua
bocca si spalancò sorpresa.
Tom era senza cappello e
fascia, i rasta legati sulla nuca, il bel viso libero dalle solite
ombre. Ma non era l’unico cambiamento. Sotto ad un’ampia
felpa nera, indossava una camicia bianca gessata, sopra a dei pantaloni
di stoffa neri e decisamente meno larghi del solito. Stava benissimo e
le sorrideva timidamente.
“Strano, eh?” Le
fece titubante. Lei gli dedicò un ultimo sguardo, poi
alzò gli occhi nei suoi e gli sorrise.
“Strano… per te, ma… piacevole.” Gli rispose quindi.
“Immagino che troverai
strano anche questo.” Riprese Tom alzando la mano destra, dove
teneva un mazzo di splendidi tulipani gialli. Lei non ci aveva proprio
fatto caso, troppo occupata ad ammirare il suo nuovo look.
Claudia fece un sorrisetto
sospettoso. “Di chi è stata l’idea, di Bill o di
Annika?” Domandò quindi.
“Mi spiace deluderti, ma è stata un’idea mia.” Affermò Tom compiaciuto.
“Davvero?” Insinuò lei.
“Hey, so essere un
ragazzo romantico anche io, quando voglio!” Esclamò lui,
fintamente risentito, ma poi le fece uno dei suoi sorrisi più
dolci. “E poi… il giallo è il tuo colore preferito,
no?”
“Sì.”
Confermò Claudia, cercando di non commuoversi. “Entra, li
metto in un vaso, prima di andare.” Aggiunse, invitandolo oltre
la soglia di casa.
“Non mi merito almeno un bacio?” Soggiunse Tom, seguendola. Lei si voltò sorpresa.
“Oh, sì,
scusa…” Mormorò dispiaciuta di non averlo salutato
a modo. “Mi sono distratta, mi hai fatto emozionare…”
“Vieni qui.”
Sussurrò Tom, prendendola per la vita con la mano libera; lei
gli prese il viso tra le mani e si scambiarono un breve, dolce bacio.
Il ristorante era
estremamente carino, uno di quei posti all’apparenza semplici, ma
che nascondevano un’anima chic e raffinata. Claudia non si
meravigliava che fosse uno dei preferiti di Bill e Annika, i quali,
nonostante la giovane età, passavano già per una delle
coppie più stilose di Germania, se non dell’intera Europa.
“Bill mi ha
consigliato proprio un bel posto, non trovi?” Le domandò
Tom, mentre l’aiutava a togliersi il cappotto.
“È delizioso.” Rispose lei, ma stava guardando tutt’altro.
Il ragazzo si era tolto la
felpa e Claudia poteva ora ammirare come la camicia nuova disegnava
bene le sue spalle, la schiena e la vita sottile. I dreads ondeggiavano
morbidi mentre camminava nel suo solito modo traballante. Era
bellissimo e molto, molto sexy.
“Accomodati.” La invitò Tom, scostandole la sedia.
“Santo cielo, Tom, se
continui così, penserò che sei posseduto da qualche
entità aliena!” Scherzò la ragazza, davanti a
quella premura.
“Smettila…”
Svicolò lui, alzando gli occhi al cielo, per nascondere
l’imbarazzo. Claudia ridacchiò, ma accettò la
gentilezza.
La cena fu deliziosa e Tom,
dentro di se, ringraziò più di una volta il fratello per
i consigli che gli aveva dato sul menù. I ragazzi mangiarono in
tranquillità, bevendo ottimo vino bianco e scambiandosi piccole
tenerezze con le dita sul tavolo, mentre continuavano a guardarsi negli
occhi. Claudia ancora stentava a crederci.
Dopo che la cena fu
terminata, con un’ottima mousse al limone per cui pare che Annika
andasse pazza, Tom e Claudia lasciarono il ristorante.
“Oddio! Credo che il
vino mi abbia fatto un po’ effetto!” Proclamò
ridendo la ragazza, quando perse l’equilibrio scendendo un basso
marciapiede verso il parcheggio.
“Direi proprio di
sì, piccola!” Confermò lui, altrettanto allegro,
dopo averla ripresa al volo prima che cadesse. “Sei
un’ubriacona.” Aggiunse divertito.
“Oh, sì!”
Proclamò compunta la ragazza, mentre procedevano abbracciati
verso la macchina, quasi ballando. “Credevo di piacerti per
questo.”
“Certo, sei molto più disponibile quando bevi.” Le confermò ironico il chitarrista.
“Ah, lo so che da me
vuoi solo quello!” Sbottò Claudia, facendogli un pizzico
sul naso, poi rise ancora e lui fece altrettanto. “Allora, cosa
prevede il resto della serata?” Chiese quindi, quando smisero di
ridere, ora appesa al collo di Tom.
“Devi dirmelo
tu.” Rispose lui, stringendola alla vita, ormai appoggiato alla
fiancata della sua auto. “È la tua serata, devi dirmi tu
cosa vuoi che facciamo.”
“Hm…”
Fece lei, assumendo un’espressione riflessiva. “Un paio di
idee le avrei anche…”
“Se prevedono sesso
selvaggio in macchina, dovevo prendere la Cadillac…”
Soggiunse Tom, occhieggiando la bassa carrozzeria dietro di se.
“Questa è un po’ scomoda.”
“Sei sempre il solito
maniaco!” Esclamò Claudia ridendo. “Sali,
và!” Aggiunse, spintonandolo verso lo sportello del
guidatore.
Tutto si sarebbe immaginato
Tom, fuorché stare di notte, sulla sua sportivissima Audi, coi
finestrini abbassati, lungo una statale, la radio a tutto volume, con
accanto una ragazza mezza brilla che canta a squarciagola “Total
eclipse of the heart”…
And I need you now tonight
And I need you more than ever
And if you only hold me tight
We'll be holding on forever
And we'll only be making it right
Cause we'll never be wrong together…
Un’altra cosa che Tom
non avrebbe immaginato, era finire, circa un’ora dopo, sopra ad
una ruota panoramica. Odiava le ruote panoramiche, soprattutto quando
c’era nel suo stomaco un gratin di ostriche a ricordargli di non
avere i piedi per terra. Ma era la serata di Claudia e lui non si era
sentito di dirle che le ruote panoramiche gli provocavano la nausea fin
dall’infanzia.
“Tom…” Lo chiamò dolcemente lei, prendendogli la mano saldamente ancorata alla sbarra.
“Sì?” Le rispose lui, girandosi con un sorrisino tirato.
“Tutto bene?” Gli chiese la ragazza.
“Sì, certo! Perché?” Reagì il chitarrista, tirando ancora di più le labbra.
“Sei… verde.” Spiegò Claudia, con uno sguardo preoccupato sul suo viso.
“Ah…
Non… non è niente, davvero…” Glissò
allora lui, evitando i suoi occhi. “È solo che…
probabilmente è per via che abbiamo cenato da poco, ma…
ho una leggerissima nausea…”
Claudia sbuffò, abbassando gli occhi. “Dovevi dirmelo.” Soffiò poi.
“Che cosa?” Domandò stupito lui.
“Che la ruota ti fa vomitare.” Precisò dispiaciuta la ragazza.
“Ma non mi fa
vomitare!” Protestò con veemenza lui.
“Credo…” Aggiunse meno sicuro, prima di reprimere un
conato strizzandosi il naso.
“Tom.” Fece Claudia, tra il rimprovero e il rammarico.
“Tranquilla, se non ce
la faccio mi sporgo fuori, non voglio sporcarti gli
stivali…” Affermò ironico il chitarrista.
“Cretino!”
Sbottò divertita lei, dandogli una piccola spinta, ma poi si
sistemò sul sedile e gli prese il viso tra le mani. “Forse
conosco un modo per farti passare la nausea.” Aggiunse con
dolcezza.
“Sì?” S’informò Tom, incuriosito, recuperando il suo sorriso beffardo.
“Non guardare
giù, guarda me.” Gli consigliò Claudia, prima di
dargli un piccolo bacio sulle labbra, prontamente ricambiato.
“Guarda solo me…” Continuò lei, prima di
ricominciare a baciarlo. Tom non pensò più al moto della
ruota panoramica.
“Come ti senti?” Domandò Claudia al ragazzo, una volta scesi.
“Meglio.”
Rispose lui, ancora pallido, mentre respirava intensamente.
“Però devo fumarmi una sigaretta.” Aggiunse.
“Vai, tranquillo!” Acconsentì lei. “È il minimo!”
Lo guardò prendere il
pacchetto dalla tasca e prelevare una sigaretta direttamente con le
labbra, poi se l’accese distrattamente. Era incredibile come
anche un gesto così comune, fatto da lui, potesse assumere
connotati tanto seducenti…
“Camminiamo un
po’?” Le chiese, dopo aver buttato fuori la prima boccata
di fumo. Claudia acconsentì annuendo.
Passeggiarono fianco a
fianco lungo il boschetto che costeggiava il luna park, in un punto
dove c’era poca gente e solo qualche banchetto che vendeva
dolciumi. La ragazza ogni tanto guardava il chitarrista che, nel
frattempo, aveva finito la sigaretta.
Era bello essere lì
insieme. La sera non era fredda e la musica delle giostre li
raggiungeva attutita. Claudia, all’improvviso, sentì la
necessità di stare più vicino al ragazzo.
“Tom?” Lo chiamò piano.
“Sì?” Fece lui, distrattamente, senza voltarsi o smettere di camminare.
La ragazza non disse
più nulla, gli si avvicinò con uno sguardo piuttosto
eloquente. Tom sorrise di sbieco, ma con dolcezza, quindi alzò
il braccio e l’accolse contro di se. Continuarono a camminare
abbracciati.
Tom era magro, ma rispetto a
lei era un gigante. Si sentiva al sicuro, rintanata sotto al suo
braccio, mentre gli avvolgeva la vita con il proprio, sentendo il
calore piacevole della sua pelle raggiungere la propria mano aperta
sulla schiena.
Si fermarono alla fine del
parco, contro un albero, cominciando a baciarsi. Tom sapeva di fumo,
del suo profumo. Il suo corpo era caldo, Claudia stava bene stretta a
lui.
“Grazie.” Sussurrò la ragazza, guardandolo dal basso, col mento appoggiato sul suo petto.
“Sei stata bene?” Le chiese lui.
“Sì, è
stata una bellissima serata.” Rispose Claudia contenta; Tom le
carezzò i capelli, sorridendo.
“Andiamo a casa?” Le propose quindi.
“Prima un’ultima
cosa!” Esclamò lei, scostandosi con aria vispa.
“Voglio lo zucchero filato rosa!”
“Lo zucchero filato rosa?!” Sbottò Tom stupito.
“Sì!” Confermò pimpante la ragazza. “Quello che tinge la lingua!”
Tom rise. “Sei matta.” Commentò poi, dolcemente.
“È la mia serata, no?” Soggiunse Claudia, trascinandolo verso le bancarelle.
“E sia!”
Proclamò il chitarrista, sorpassandola. “Zucchero filato
rosa in arrivo!” Ridendo come matti si diressero dal primo
venditore.
Meno di un’ora dopo
erano seduti sul divano nel soggiorno di Claudia. Si baciavano
dolcemente, con calma. Non avevano fretta di passare oltre, di finire
la serata in camera da letto.
Claudia era in braccio a
Tom, la schiena appoggiata al bracciolo del divano, la mano di lui che
la sosteneva sulle proprie ginocchia con sicurezza.
Tom assaggiava le labbra
della ragazza con lentezza, senza approfondire, gustandone la dolcezza,
la consistenza soffice, spostandosi raramente sul mento, lungo la
mandibola. Lei profumava delicatamente di fiori, era bello perdersi nel
suo calore.
Lei gli accarezzava il
collo, il viso, gli baciava a volte il naso. Si sentiva rilassata e
serena, come aveva spesso sognato di sentirsi con lui. Quella serata
era stata perfetta.
“È come avevi
sempre sognato, vero?” Le domandò con dolcezza Tom, dopo
un momento che avevano passato solo a guardarsi negli occhi.
“Sì.” Rispose Claudia sorridendo. “Grazie.” Aggiunse poi.
“Non ho fatto niente di speciale.” Si schernì lui, abbassando gli occhi.
“Scherzi?”
Reagì lei allegra. “Tutto era speciale, stasera… Tu
per primo.” Affermò quindi, mente gli prendeva
delicatamente il viso per farsi guardare. Tom le fece un sorriso timido.
“Non credo di essere speciale…” Mormorò poi, distogliendo di nuovo lo sguardo.
“Sta parlando il Sex Gott fan di se stesso!” Scherzò lei, prima di dargli un buffetto sul naso.
“Quello non sono
io.” Ammise a sorpresa Tom, lei lo fissò perplessa.
“Cioè, sono anche io, ma… Non so se per timidezza,
o per paura, ma a volte tendo a nascondermi dietro al Sex
Gott…” Parlava piano, senza guardarla, quasi con sforzo.
“Credo che questo, ogni tanto, mi faccia essere una brutta
persona.” Claudia gli prese la mano sinistra, che era abbandonata
in grembo, con la sua; lui la guardò, l’espressione seria.
“Sai, credo che quella
tua immagine pubblica abbia abbagliato anche me.” Confessò
infine, fissandolo negli occhi. “E penso anche di essermi
concentrata troppo sui tuoi difetti, spesso.”
“Non ti ho mai mostrato molto altro…” Soggiunse Tom con tono vagamente colpevole.
“Eppure, di pregi ne
hai tanti.” Riprese lei tranquilla, mentre disegnava i tratti del
suo bel viso con le dita, seguendo il percorso con gli occhi.
“Non avere più paura di mostrarmeli.” Aggiunse,
drizzandosi seduta, quasi autoritaria.
Tom prese un lungo respiro.
“Ci proverò.” Mormorò con un sorriso incerto.
Lei gli diede un bacio veloce sulle labbra.
“Abbiamo fatto tutta
la sera quello che volevo io.” Dichiarò allora Claudia,
stringendosi di più a lui. “Ora facciamo l’amore
come vuoi tu…” Aggiunse, prima di baciarlo con passione.
“No. È la tua
serata.” La fermò lui. “Fammi quello che
vuoi.” Proclamò il chitarrista solenne, dando voce ai
sogni più proibiti di ogni sua fan. Claudia per prima.
Fin da quando quel foulard
blu era stato adagiato sull’abat-jour, rendendo la luce bassa e
soffusa, Tom aveva capito che sarebbe stata una notte indimenticabile.
Claudia lo fece sedere sul letto, poi si mise davanti a lui e, guardandolo negli occhi, si tolse il vestito.
Già vederla con
addosso solo la biancheria di pizzo candido e le autoreggenti,
provocò una scarica di eccitazione in Tom, facendogli rendere
conto, per la prima volta nella serata, della differenza tra quei
pantaloni e quelli che portava di solito. Scomodi e stretti, specie in
un certo punto…
Ma non poté pensarci
più di tanto. Claudia si avvicinò. Lui alzò le
mani per mettergliele sui fianchi.
“No, stai fermo.” Gli disse lei, con tono dolce, facendogliele posare nuovamente sul materasso.
Il chitarrista, allora,
continuò ad osservarla con lo sguardo fiducioso di un bambino,
mentre Claudia gli scioglieva i capelli.
Gli accarezzò il viso
e gli baciò la fronte con tenerezza, ferma tra le sue ginocchia
aperte. Scese con le labbra sulle sue palpebre socchiuse, sulle ciglia
lunghe, poi fino alle labbra, lasciando piccoli baci umidi,
accompagnata dai sospiri di Tom.
Le mani di Claudia, quindi
scesero a sbottonare la camicia di lui, finché non fu
sufficiente a sfilargliela dal capo. La pelle di Tom si riempì
di pelle d’oca, mentre la stoffa gli scorreva via dal corpo. Lo
scosse un fremito, quando la cucitura dell’orlo, fredda,
esitò su un suo capezzolo turgido.
Non l’aiutava certo il
fatto di avere davanti agli occhi il seno morbido di Claudia, nel quale
non vedeva l’ora di affondare il viso.
Provò a toccarla di
nuovo, ma lei glielo impedì come aveva già fatto, quindi
lo spinse a sdraiarsi sul letto. Ora che la guardava dal basso,
sembrava rendersi conto per la prima volta di quanto era davvero bella.
Moriva dalla voglia di toccarla.
Le dita della ragazza
volarono leggerissime lungo il suo corpo, carezzandogli il petto e
l’addome, riempiendo Tom di brividi.
Dio, la pelle di Tom era
meravigliosa! Claudia l’adorava. Si chinò su di lui, lo
baciò, dal collo all’ombelico, pieno, leccando e
assaggiando ogni centimetro, mentre lui reclinava il capo, cercando di
resistere. Cercando di non toccarla, di non afferrarla e portarla sotto
di se…
“Non ce la faccio più, Claudia…” Alitò, infatti, il ragazzo, supplicante.
“Abbi pazienza.”
Gli rispose lei, sussurrando al suo orecchio. “Voglio che duri
tanto, voglio godermi la tua pelle, il tuo profumo…”
Continuò, strusciando il naso contro il suo collo e la
clavicola. “…le tue mani…”
“Claudia…” Ansimò lui, quando se la ritrovò sdraiata addosso.
“Toccami.” Gli ordinò la ragazza, mentre si toglieva il reggiseno.
Tom non se lo fece ripetere,
le percorse il corpo con le mani, fin dove poteva arrivare; quindi si
mosse col bacino contro di lei e gli rispose un gemito di Claudia.
Continuarono a toccarsi e
baciarsi, mentre si toglievano i vestiti rimasti, immersi in quella
luce bluastra e intima, solo i loro sospiri a fare da sottofondo.
Ad un certo punto, i loro
occhi s’incontrarono, lucidi e frementi, e i ragazzi rimasero
immobili, fissandosi. Poi Claudia si abbassò, respirò a
fondo il profumo di Tom dall’incavo del suo collo, poi raggiunse
l’orecchio e gli disse: “Prendimi.”
Si guardarono per un altro
lungo istante, poi lei gli porse un preservativo. Lui lo
indossò, poi la prese delicatamente per i fianchi e la
portò sopra di se. Claudia socchiuse gli occhi, quando Tom
entrò. Voleva godersi ogni sensazione, anche la più
piccola. Cominciarono a muoversi insieme, le mani di Tom sul suo seno.
“Di più…” Implorò la ragazza dopo un po’, senza fiato.
Il chitarrista, che sembrava
non aspettare altro, la strinse con forza a se e si mise seduto.
Claudia gli si aggrappò alle spalle. La pelle di entrambi ormai
sudata. Il respiro troppo affannato per dire qualsiasi cosa. Avevano
fiato solo per il piacere.
E quando l’orgasmo
arrivò, Claudia reclinò il capo, abbandonandosi al
tremore dei propri muscoli, tenendosi alla nuca di Tom con un braccio
solo. Lui si mosse ancora per qualche attimo, poi, dopo un’ultima
forte spinta, emise suono gutturale e si lasciò cadere contro il
materasso, portandosela dietro. Uno accanto all’altra, ripresero
fiato.
Alla fine si guardarono
negli occhi. Non c’era bisogno di dire niente. Era tutto nei
sorrisi che si scambiarono e nella mano di Tom che scostava
delicatamente i capelli dalla fronte di Claudia.
CONTINUA
Note:
- la stupendissima
“Total eclipse of the heart” di Bonnie Tyler è usata
senza alcun scopo di lucro ed è una delle mie canzoni preferite
in assoluto!
Ringraziamenti:
Sarò veloce stasera,
devo andare a fare la spesa, ma sappiate che tutti voi avete un
posticino nel mio cuore. Grazie a: jolly24, LadyCassandra, kit2007
(amoraaa!), Princess (la mia traviatrice!), angeli neri, RubyChubb
(dottoressa!), Loryherm (nipotina!), ruka88 e Trilli Call.
Grazie soprattutto per la
pazienza, se vi ritroverò ancora nelle recensioni saprò
quanto siete buone e gentili! Lo so, mi faccio desiderare più
dei Tokio Hotel… (pia illusione, eh? ^__-)
Ringrazio anche chi legge senza commentare!
Un bacio, a presto!
Sara
|
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Capitolo 7 *** 7 - This ain't a love song ***
Thunder road - 7
Ecco
che dopo un milione di anni, anche io ritorno ad aggiornare…
Dite la verità, non ci speravate più, eh? E, invece,
eccomi qui. Non avete idea di quanto mi dispiace avervi fatto aspettare
così tanto, ma ho avuto una grossa crisi
d’ispirazione… Spero solo che questo capitolo non ne abbia
risentito troppo… E spero anche di non aver perso troppi lettori
per strada.
Questo
è il penultimo capitolo della storia e mi auguro di potervi
regalare il finale in tempi non epici… Per ora vi lascio alla
lettura e aspetto i vostri commenti.
Ne
approfitto per farvi gli auguri di un buon Natale e di un felice
Capodanno, sotto l’egida di San Guglielmo e San Tommaso da
Magdeburgo ^__- Divertitevi e non mangiate troppo! Baci!
Sara
Capitolo 7 ~ This ain't a love song
I thought you and me would stand the test of time
Like we got away with the perfect crime
But we were just a legend in my mind
I guess that I was blind
(This ain't a love song – Bon Jovi)
Era una notte
cristallina. Una di quelle notti che, ai tropici, profumano di olio di
cocco e brezza di mare. Una di quelle notti che Bill non amava passare
da solo, a rimirare le proprie splendide mani disegnare cerchi
nell’acqua trasparente della piscina vista oceano.
Lui voleva attenzione, coccole e seduzione, quella notte. Voleva la sua Pippi in acqua con lui, adesso.
Si voltò
all’indietro, le spalle appoggiate sul bordo, e la vide uscire
dalla grande porta finestra del lussuoso appartamento che occupavano in
quel complesso turistico immerso nel verde tropicale. Era la loro prima
vacanza insieme e Bill non aveva badato a spese.
Osservò la
ragazza. Annika era bella. Gli piaceva quando si vestiva di nero,
esaltava la sua pelle candida ed il colore di occhi e capelli. Certo
che stare con lui le faceva proprio bene! Ogni giorno diventava
più bella, femminile e sexy! La cura Bill era un toccasana!
I loro occhi
s’intercettarono proprio mentre lui faceva uno dei suoi
sorrisetti maliziosamente dolci. Annika sorrise a sua volta, poi tolse
il pareo e si avvicinò alla piscina.
La guardò
scendere piano nell’acqua, pregustando il contatto con la sua
pelle bagnata. La ragazza si avvicinò e in pochi istanti le loro
gambe erano intrecciate e lei gli sedeva in braccio.
Annika alzò una
mano e gli carezzò la fronte con le dita fresche. Bill socchiuse
gli occhi, gustandosi il piacere di quel contatto.
“Oggi hai preso
troppo sole.” Disse lei, continuando il massaggio. “Devi
stare attento, con tutti questi nei…”
Bill aprì gli
occhi con uno sguardo furbo e brillante, scrutandola divertito.
“A te sono spuntate le lentiggini, invece!” Esclamò
poi.
“Scemo!” Ridacchiò la ragazza, dandogli un colpetto sul naso. “Lo so.” Aggiunse dolcemente.
“Ti amo.” Dichiarò quindi Bill, fissandola serio, ma senza che la luce nei suoi occhi si spengesse.
“So anche questo.” Ribatté scherzosa Annika, prima di dargli un bacio sul naso.
Il cantante, allora,
mise su un falsissimo broncio, molto sexy e replicò:
“C’è qualcosa che lei non sa, signorina
Wögler?” Con un tono che fece ridere la ragazza.
“Vediamo…”
Fece lei, mettendosi un dito sul mento. “…non
saprei… Quanto ancora resisterai senza baciarmi?”
“Molto
poco!” Rispose immediato lui, prima di acchiapparla per la vita,
tirarla a se e coinvolgerla in un bacio appassionato.
“Pippi…”
Mormorò Bill, quando si scostò per respirare, continuando
però a baciarle il collo.
“Sì?” Ansimò lei, con le mani nei suoi capelli.
“Prima che continui… Tom e Claudia dove sono?”
“Non ti
preoccupare.” Lo rassicuro Annika, scostandosi appena.
“Sono andati in un locale qui vicino, avevano voglia di
uscire.”
Bill, continuando ad
abbracciarla, si fece pensieroso, poi la guardò e sorrise, come
convinto di quello che stava per dirle.
“Sai, sono
felice che ci stiano provando davvero.” Affermò infine.
“Intendo a stare insieme.” La ragazza annuì.
“Si vogliono bene.” Rincarò poi.
“Già.”
Confermò Bill. “Non potevano restare lontani ancora a
lungo.” Quindi fece uno sguardo furbo. “Siamo stati dei
bravi cupidi, eh?”
“Ma quali
cupidi!” Sbottò divertita Annika, dandogli un piccolo
pugno sulla testa, lui fece una smorfia allegra, con la lingua di
fuori. “Hanno fatto tutto da soli!”
“Questo non è esattamente vero…” Protestò il cantante, alzando l’indice.
“Oh, ma sei un piccolo bugiardo!” Esclamò lei.
“No, sei tu che
non ti ricordi le cose!” Replicò immediato Bill con tono
sfrontato; Annika fece una smorfia offesa. “Dovrò
punirti…” Minacciò allora lui, con aria lasciva.
“Ah, sì?” Ribatté la ragazza, lui annuì. “Dovrai prendermi prima!”
E detto questo, si
divincolò dalle braccia del cantante e sgusciò via
veloce, nell’acqua della piscina. Bill spalancò la bocca
stupito e fintamente offeso, poi fece un’espressione
pericolosamente maliziosa e la rincorse più veloce che poteva.
Ma sapeva già che si sarebbe fatta prendere…
Al secondo moijto Tom
e Claudia si erano già accorti che quel locale non faceva per
loro. Troppe ragazze con abiti succinti e sguardi disponibili, per i
gusti di Claudia. Troppi turisti volenterosi e armati di fotocamere,
per i gusti di Tom.
Quando il ragazzo propose di andarsene, lei accettò di buon grado e, in pochi minuti, erano fuori.
Senza scambiarsi
troppe parole s’incamminarono lungo la spiaggia, avvolti dalla
notte resa azzurra dalla luna piena, accompagnati dalla musica sempre
più lontana e dal frusciare delle onde.
Claudia indossava un
abitino giallo che faceva risaltare la sua abbronzatura, i sandali
dorati che penzolavano da una mano, mentre con l’altra avvolgeva
la vita di Tom. Lui, una sigaretta nell’altra mano, la teneva per
le spalle. Camminavano piano sulla sabbia umida della sera.
“Grazie.” Mormorò ad un certo punto la ragazza, senza alzare il viso.
Tom si fermò e
la guardò perplesso. “Perché?” Le chiese
infine, prima di buttare la cicca e spengerla sotto la scarpa.
“Per avermi portato qui, è tutto stupendo.” Spiegò la ragazza, sorridendogli.
“Scema…”
Commentò lui con un sorrisino timido, poi la riprese per le
spalle e ricominciò a camminare. “Non avrei mai fatto
questo viaggio senza di te.” Affermò quindi.
“Anche se ci
hanno beccato i paparazzi e, ormai, sui forum di mezzo mondo parlano
della ragazza in costume azzurro che stavi baciando sul ponte di quella
barca?” Soggiunse Claudia; Tom ridacchiò.
“Tanto prima o poi sarebbero venuti a saperlo comunque che ho una storia.” Dichiarò poi.
La ragazza fece una
smorfia. “Non so se mi piace che lo vengano a sapere vedendo le
mie chiappe al vento.” Sentenziò seria.
“Ma le tue chiappe non erano al vento!” Intervenne Tom convinto. “C’erano le mie mani sopra!”
Si guardarono per un
secondo, gli occhi lucidi di ilarità trattenuta, poi scoppiarono
a ridere, prima di riprendere a camminare abbracciati.
“E, ad ogni
modo…” Riprese il chitarrista poco dopo.
“…non puoi lamentarti, almeno avevi ancora addosso tutto
il bikini…” E le lanciò un’occhiata maliziosa.
“Beh, grazie a
Dio hai avuto la prontezza di spirito di portarmi dentro, prima di
togliermelo!” Replicò lei fintamente offesa.
“La prossima volta: topless!” Esclamò lui con un sorrisino beffardo.
“Col
cazzo!” Protestò Claudia. “Vuoi veramente che tutto
il mondo veda le mie tette su un tabloid?!” Tom si fece
pensieroso per qualche istante, poi si accigliò.
“Decisamente no!” Negò infine, con forza. Risero ancora.
Si sedettero poi sulla
sabbia, in un punto abbastanza appartato. Non che avessero in mente
chissà che, era già stupendo essere lì insieme, a
godersi la notte, appoggiati l’uno all’altra, scambiandosi
piccole carezze e baci.
“Sai…”
Esordì Tom dopo un po’, fissando negli occhi Claudia.
“…mi sembra ancora strano essere arrivato a questo punto,
con te.”
“Perché?” L’interrogò lei, stringendosi tra le sue braccia.
“Beh, la nostra
sembrava una storia senza futuro, iniziata per caso e
invece…” Tentò di spiegare lui, distogliendo lo
sguardo. “Adesso siamo qui e non riesco a pensare di stare senza
di te.”
“Oh, Tom…” Mormorò la ragazza.
“Claudia, non
devo certo dirti che, per molti anni, il pensiero di poter avere una
storia seria non mi aveva nemmeno sfiorato.” Lei sorrise
consapevole. “Mi ci è voluto tanto per capire quanto
contavi, ma ora sento con sicurezza di poter dire di
essere…”
“Non lo dire,
Tom.” Lo bloccò lei, posandogli le dita sulle labbra; il
ragazzo le prese la mano e se la scostò dal viso. Era serio.
“Devo dirlo, o
continuerà a sembrarmi un pensiero folle che ho nella
testa.” Protestò, guardandola intensamente. “Se lo
dico, sarà vero e io voglio che lo sia.”
“Credo di aver paura che sia vero.” Confessò Claudia con espressione turbata.
“Non devi avere
paura, perché io non ne ho.” La rassicurò Tom, lei
annuì ancora incerta. “Io sono innamorato di te,
Claudia.” Confessò infine, con uno sguardo intenso.
La ragazza, troppo
emozionata per dire qualsiasi cosa, riuscì soltanto a sospirare
commossa, mentre lui la stringeva forte a se. Tom sapeva di essere
corrisposto, aveva sempre conosciuto i sentimenti di Claudia, ma ora
era felice di essere riuscito finalmente a confessarle i suoi.
“Dai, andiamo a
casa.” Le disse con dolcezza, poi, dopo averle dato un bacio
sulla fronte, l’aiutò ad alzarsi.
Presero la strada del
ritorno, sulla spiaggia, tenendosi per mano. La luna illuminava il
mare. E loro non avevano più segreti, uno per l’altra.
Passarono i mesi, la
primavera e l’estate volarono, sull’onda di un tour
trionfale e delle nuove gioie di coppia per ognuno dei Tokio Hotel.
Molti, anche all’interno dell’entourage del gruppo,
stentavano a credere al cambiamento di Tom, ma lui è Claudia
sembravano così felici che nessuno poteva avere dubbi. Tranne le
sue fans, che imperversavano nella rete, creando blog, forum e siti
contro la ragazza e prevedendo un’esigua durata della storia.
Era un giorno limpido
dell’autunno del 2011, quando Annika, di ritorno da un week end
con Bill, rientrò nell’appartamento che divideva con
Claudia. Ci tornava sempre più di rado ultimamente e, anche quel
fine settimana, il cantante le aveva proposto di tornare a vivere a
casa sua. Annika si era ripromessa di pensarci seriamente.
La ragazza posò
le proprie cose in camera, dopo essersi accorta che in casa c’era
anche Tom: la sua giacca era abbandonata sul divano. Annika si diresse
in bagno e intravide Claudia e Tom addormentati attraverso la porta
scostata della camera dell’amica. Sorrise e fece per entrare nel
bagno, ma il suo cellulare squillò.
Sospirò,
pensando che Bill si fosse scordato di dirle qualcosa o avesse
dimenticato qualche oggetto all’albergo, ma, guardato il display,
si accorse che il numero era sconosciuto.
“Pronto?” Rispose incerta e un po’ sospettosa.
“Ciao Annika.” Fece una voce femminile che lei si stupì di riconoscere.
“Mamma?!”
Il bussare alla porta
svegliò Claudia e Tom. Si guardarono stupiti, prima di
riconoscere la voce di Annika che chiamava l’amica da fuori.
Claudia s’infilò velocemente la maglietta di Tom e
invitò l’altra ad entrare. Annika si fece avanti ad occhi
bassi, era più pallida del solito.
“Scusate se vi disturbo, ma… è successa una cosa…” Esordì titubante.
“Bill sta bene?!” Scattò subito Tom, raddrizzandosi.
“Sì…Oddio, sì!” Esclamò lei, rianimandosi.
“Allora, cosa
è successo?” Domandò Claudia con più
delicatezza di quella mostrata dal suo ragazzo.
“Ecco…
è… Il mio patrigno è morto.” Spiegò
infine Annika. Entrambi gli amici spalancarono gli occhi, ma le
reazioni furono diverse.
“Ah, allora Dio esiste.” Commentò soltanto Tom, scrollando le spalle.
“Cazzo,
Tom!” Sbottò la sua ragazza, che poi lasciò in
fretta il letto ed andò ad abbracciare l’amica, ancora
ferma sulla porta. “Oddio, Annika… Com’è
successo?” Le chiese poi.
“Ha avuto un infarto.” Rispose lei, lasciandosi stringere.
“Non si può dire che non se lo meritasse.” Sentenziò nel frattempo Tom.
“Ma la vuoi smettere, Tom!”
“Non smetto proprio per niente, quello era uno stronzo…”
Annika, mentre Claudia
e Tom battibeccavano, pensava a quello che stava provando. Non era
addolorata, non era felice, non sapeva se provava sollievo o pena.
Pensava a sua madre, che era rimasta di nuovo sola. Pensava a se
stessa, finalmente, veramente libera.
“Hai avvertito
Bill?” Le domandò la voce dolce di Claudia; lei
tornò presente e la guardo, negando col capo. “Penso che
dovresti chiamarlo…”
“Oh, sì… adesso lo faccio…” Annuì Annika, ancora un po’ spaesata.
“Sicura che va tutto bene?” Le domandò preoccupata l’amica.
“Sì,
tranquilla.” Tentò di rassicurarla lei con un’ombra
di sorriso. “Adesso vado a chiamare Bill, vedrai che vorrà
precipitarsi qui.” E detto questo, si allontanò
dall’amica e uscì dalla stanza.
Claudia e Tom, rimasti soli, si scambiarono uno sguardo vagamente allarmato e poi sospirarono all’unisono.
Un cielo grigio
uniforme, rettangoli d’erba ingiallita e radi alberi ormai
spogli, facevano da contorno ad un isolato di palazzoni grigi e tristi,
dall’aria depressa, che a Bill ricordavano immagini in bianco e
nero di una Germania che lui non aveva conosciuto, ma che sembrava
essere patrimonio genetico di ogni tedesco.
Guardò Annika,
il suo elegante completo nero, i capelli legati, i grandi occhiali
scuri. Non c’entrava niente con quel posto e gli sembrava
impossibile che venisse proprio da lì.
“Tu vivevi qui?” Le chiese timidamente. Lei si sfilò gli occhiali e fece un breve sorriso triste.
“Sì.” Rispose poi.
“Non è un bel posto…” Commentò allora il ragazzo, occhieggiando gli edifici.
“Te lo avevo
detto.” Affermò lei. “Andiamo.” Aggiunse,
incamminandosi verso il palazzo che avevano di fronte. Bill
annuì e la prese per mano.
Salirono al quinto
piano con un ascensore che Bill si rifiutò di sfiorare in ogni
sua parte, se non con le suole delle scarpe. Tom e Claudia erano
rimasti ad aspettarli fuori, il chitarrista non ne aveva voluto sapere
di lasciare la macchina incustodita.
Annika, arrivata
davanti alla porta dell’appartamento, ebbe un momento di
esitazione, ma Bill la incitò con uno sguardo rassicurante e lei
suonò il campanello.
Quando la porta grigia
si aprì, la donna che si trovarono di fronte non era quella che
Annika ricordava: ingrassata, invecchiata, i capelli sciupati, senza
trucco, vestita con un semplice maglione nero e jeans.
“Ah, sei
tu…” Disse la madre alla ragazza, poi, senza aggiungere
altro, tornò dentro la casa, lasciando la porta aperta. Lei e
Bill la seguirono.
La porta si apriva su
un corridoio, Annika seguì la madre verso sinistra e Bill, dopo
aver dato un’occhiata intorno, fece altrettanto.
L’appartamento
non era esattamente lussuoso: le piastrelle povere, le pareti che
necessitavano di una pronta verniciatura e gli infissi di un buon
falegname.
Il cantante si
trovò in una stanza abbastanza larga, che era cucina e
soggiorno. C’era odore di caffè. Guardò Anne
(ricordava il suo nome) sedersi su una sedia presso il tavolo e Annika
fermarsi davanti a lei. La osservava con sguardo triste.
“Mamma…”
Mormorò la ragazza, posando le mani sulla spalliera di una sedia
vuota. “…come va?”
La donna si accese una
sigaretta, prese una lunga boccata e soffiò il fumo. “Come
vuoi che vada?” Sputò poi, sulla difensiva, senza guardare
la figlia. “La pensione di tuo padre mi basta a malapena per
sopravvivere e Rudolf ha lasciato dei debiti.” Affermò con
tono indifferente, scuotendo la cenere. “Dovrò vendere la
macchina.”
Annika sospirò,
chinando il capo. Bill le si avvicinò e, quando la ragazza se ne
accorse, scambiò con lui un’occhiata seria, poi si rivolse
nuovamente alla madre.
“Mamma.” Esordì piano. “Se sei in difficoltà e hai bisogno di soldi, io posso…”
“Non voglio la carità del tuo fidanzato ricco.” La interruppe la donna.
Bill la guardò sgranando gli occhi, vagamente offeso, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa, Annika riprese a parlare.
“Io ho un lavoro, mamma.” Precisò severa. “Sarebbero soldi miei.”
Anne si voltò
verso di lei, osservandola per la prima volta; diede una lunga occhiata
al suo tailleur pantalone nero, ai suoi capelli biondi col taglio alla
moda, al trucco sobrio.
“Ah, devi avere proprio un buon lavoro per permetterti tutto questo.” Commentò poi.
“Lavoro nello
studio di un avvocato e… Mamma, non è questo il
punto!” Riprese la ragazza, alzando il tono nella seconda parte
della frase. Bill la guardò sorpreso.
“Certo che non
lo è.” Mormorò Anne a testa china, poi
l’alzò e fissò la figlia. “Se lo odiavi, si
può sapere perché sei venuta?”
“Sono venuta per te.” Rispose Annika seria.
“E che cosa vuoi
da me? Guardati: hai tutto dalla vita, cosa puoi volere da me?”
Replicò la donna, con aria rassegnata.
“Sei mia
madre.” Affermò lei. “E ti voglio ancora bene,
nonostante tutto.” Bill sapeva che era sincera, ma si domandava
se lo pensasse anche Anne. “Devi sapere che mi sei mancata molto
e che ho sofferto, sapendo che non mi credevi.” La voce di Annika
tremò e il ragazzo le fu subito accanto.
“E ora che lui
è morto, pretendi di tornare a fare la figlia come se nulla
fosse?!” Le domandò la madre con un certo astio. Annika
fece appello a tutta la sua dignità, prima di rispondere.
“No, volevo solo
che tu sapessi di averla, una figlia.” Le disse quindi, poi prese
un lungo respiro e si girò verso Bill. “Adesso ce ne
andiamo, il mio numero ce l’hai.” Aggiunse rivolta alla
donna.
Bill prese Annika per
la vita e uscirono dalla cucina, diretti alla porta; non sentirono Anne
alzarsi e seguirli, almeno finché non chiamò la figlia.
Si voltarono e la videro sulla soglia.
“Devo dirti una
cosa, Annika.” Esordì la donna; per la prima volta da
quando erano arrivati lì la sua espressione mostrava qualche
emozione: era turbata, colpevole.
“Di che si tratta?” Le concesse la figlia, immobile davanti a lei, mano nella mano col ragazzo.
“Rudolf, prima
di morire…” Iniziò titubante, tormentandosi
l’orlo del maglione. “Sono riuscita a parlargli, in
ospedale, prima del secondo attacco e… Ha confessato,
Annika.” Esalò, infine.
Annika spalancò
gli occhi, poi prese un respiro tremulo. Bill, completamente stupito,
si girò verso di lei e la vide fissare la madre con aria
sconvolta, allora guardò Anne.
“Veramente ha confessato?” Le chiese incredulo.
“Sì.”
Rispose la donna, annuendo vigorosamente. “Ha ammesso tutto
quello che ti ha fatto, Annika.” Continuò, tornando a
guardare la figlia. “E io… Mi si è spezzato il
cuore, in quel momento! Ho creduto a lui…”
“Mamma…” Mormorò Annika senza convinzione.
“Se non vuoi
perdonarmi, posso capirlo.” Continuò la donna.
“Avevo bisogno di credere a lui, era mio marito e tu ti
comportavi in un modo…”
Bill si domandò se Anne si fosse mai chiesta perché, Annika si comportasse in quel modo.
“Mamma, basta.” La pregò la ragazza, ma lei non l’ascoltò.
“Non ho giustificazioni, quindi sei libera di odiarmi.” Concluse Anne ad occhi bassi.
“Non ti odio,
mamma.” Affermò Annika, staccandosi dalla mano di Bill e
avvicinandosi alla madre. “Non nego che ci vorrà del
tempo, però, perché io possa andare oltre quello che
è successo. Ho sofferto molto e spero che ora tu te ne sia resa
conto.”
“Me ne rendo conto, Annika.” Ammise mesta la donna. “E non sai quanto mi dispiace.”
“Va bene
così.” Le disse comprensiva la figlia, posandole una mano
sulla spalla, si scambiarono uno sguardo. “L’importante
è che adesso tu sappia e abbia capito.”
Il cielo sopra la
città continuava ad essere grigio e non cambiava col passare
delle ore: non migliorava, ma nemmeno rilasciava la pioggia.
I ragazzi si erano
spostati al cimitero. Bill e Tom, vicini alla macchina, guardavano
Claudia e Annika addentrarsi tra le lapidi.
I cimiteri avevano
sempre depresso Bill, per fortuna li frequentava poco ed era stato
sollevato dal fatto che Annika avesse chiesto la compagnia
dell’altra ragazza, invece della sua, per quella visita.
Scambiò uno
sguardo col fratello e bastò quello per sapere che Tom aveva
perfettamente capito il suo stato d’animo; un sorriso amaro
concluse quella conversazione muta e Bill tornò a seguire la
figura bionda che si allontanava.
Annika fissava la
lapide grigia davanti a se, le lettere dorate, il nome, le date. Il
tempo passava talmente in fretta che le sembrava ieri il giorno in cui,
bambina, aveva assistito alla sepoltura di suo padre. La sua vita non
era stata più la stessa da allora.
Le mancava suo padre,
ancora come allora. Ricordava un uomo sorridente, gentile, che la
teneva per mano e le mostrava il mondo senza lasciarla sola. Era
bastato un incidente, però, per perderlo, troppo piccola per
conoscere la vita e con una madre troppo disperata e giovane per
farcela da sola. Aveva capito solo ora che sua madre non aveva colpe,
se non quella di essere una persona debole. Annika aveva imparato a
combattere per se stessa e anche sua madre avrebbe dovuto farlo.
“Era molto giovane, tuo padre.” Mormorò sottovoce Claudia.
“Già.” Annuì seria Annika, continuando a guardare la lapide.
“Te lo ricordi?” Domandò l’amica.
“Lo ricordo benissimo e mi manca.” Rispose lei, alzando gli occhi per fare un piccolo sorriso triste.
“Capisco…” Commentò Claudia a corto di parole.
“Sai…”
Riprese Annika. “…allora ero una bambina, ma ora che
è morto anche Rudolf, vedendo la situazione di mia madre, ho
capito che la vita è troppo breve per non seguire il proprio
cuore.”
“Immagino che
sia il posto giusto per fare certe riflessioni.” Intervenne
l’altra. “E penso che tu le stia facendo per una ragione
precisa.”
Annika annuì,
prima di rispondere. “Bill mi ha chiesto ancora di tornare a
stare da lui e… penso che lo farò, sempre se non è
un problema per te.”
“Ma stai
scherzando, vero?” Reagì Claudia, allargando le labbra in
un sorriso felice. “Te lo dico da mesi, che devi tornare da
lui!” Annika le sorrise e poi abbassò gli occhi.
“Anche tu
dovresti seguire i tuoi sogni, Claudia.” Le disse poi, tornando a
guardarla intensamente negli occhi. Le iridi scure dell’amica
tremarono.
“A cosa ti riferisci?” Chiese incerta.
“Lo sai, parlo della borsa di studio in America.”
Claudia distolse lo
sguardo da Annika, abbassò il capo e si voltò.
L’argomento non era dei migliori e lo sapeva, ma Claudia avrebbe
dovuto affrontarlo prima o poi.
“Non glielo hai ancora detto, vero?” Domandò la ragazza bionda all’amica.
“La
verità è che non so nemmeno io cosa fare.”
Confessò infine Claudia, tornando a girarsi verso Annika.
“Cosa desidero di più? Sono pronta a fare questo passo,
sono pronta a parlarne con lui?”
“Questo puoi
saperlo solo tu.” Replicò l’altra. “Domandati
cosa vuoi davvero e non avere rimpianti dopo aver deciso, ma
soprattutto…” Si guardarono negli occhi.
“…parlane con Tom.”
La discussione era
stata a tratti veemente e andava avanti da giorni. Tra urla, porte
sbattute, silenzi, riappacificazioni, spiegazioni pacate, sospiri
arresi. La tensione, ad ogni modo, restava.
Claudia trafficava
nell’armadio, sistemando le sue cose. Era stanca di dover
spiegare le sue motivazioni, di dare ragioni per le sue decisioni, di
tenere insieme il suo cuore spezzato.
Tom era seduto
mollemente sul bordo del letto, ancora incredulo di quello che gli
stava succedendo, nonostante ascoltasse Claudia da quasi una settimana.
Le sue spalle erano curve, i gomiti sulle ginocchia, la bocca contratta
in una smorfia amara, gli occhi persi nel vuoto.
“E noi due?” Domandò improvvisamente il ragazzo, senza cambiare posizione o girarsi verso di lei.
Claudia
sospirò, lasciò il maglione che aveva in mano su un
ripiano e si sedette sul letto, dalla parte opposta di Tom, dandogli le
spalle.
“Potrei anche
dirti «restiamo insieme, proviamoci», ma mi rendo conto che
è un’utopia.” Affermò tristemente la ragazza.
“Sono migliaia di chilometri, impegni che non si accordano, liti
al telefono… non so se voglio tutto questo e poi…”
“Poi?” La incitò lui mogio.
“Mi sentirei in
colpa a tenerti legato a me, a restare legata a te…”
Ammise lei riluttante. “Siamo entrambi troppo giovani per
sacrificarci così…”
“Ma io…” Soffiò Tom, torcendosi appena verso la ragazza. “Io ti amo, Claudia.”
“Anche io ti amo, Tom!” Esclamò lei, voltandosi completamente verso il chitarrista.
Si guardarono negli
occhi, entrambi erano tormentati, indecisi, sofferenti. Per Claudia era
terribile dover vedere il dolore nello sguardo di Tom, ma sapeva che
lui vedeva lo stesso in lei. Gli prese la mano, stringendola nella sua.
Era calda, un po’ sudata, mentre la sua era fredda, gelata.
“Noi due
contiamo così poco?” Le chiese il ragazzo, aggrottando la
fronte, con un’espressione tenerissima da cane bastonato. Claudia
represse un singhiozzo.
“Cerca di
capire.” Tentò poi di spiegargli. “Questo è
quello che ho sempre sognato per me, è la mia opportunità
e rinunciarci per dedicare la mia vita a te sarebbe…”
“Terribilmente ingiusto.” Concluse Tom, abbassando gli occhi.
“Sì.” Confermò Claudia.
“Quindi finisce così.” Sentenziò rassegnato il ragazzo, sempre a capo chino.
Tom sentì le
mani di Claudia prendergli il viso e farglielo alzare. Gli occhi di lei
erano grandi e lucidi, il suo sorriso piccolo e triste. Lui si morse il
labbro inferiore.
“Sappi che ho il
cuore in frantumi.” Mormorò la ragazza. Il chitarrista non
seppe fare altro che abbracciarla e stringersela addosso con tutta la
forza.
“Non
smetterò di amarti solo perché te ne vai, capito?”
Le sussurrò tra i capelli, Claudia si strinse di più a
lui. “Non illuderti che ti dimenticherò tanto presto,
così potrai avere meno sensi di colpa, perché io…
Claudia…” E nel sussurrare il suo nome, la voce gli si
perse e riuscì solo a socchiudere gli occhi contro il suo collo.
La ragazza, mentre
sentiva Tom reprimere i singhiozzi nascosto in lei, lo abbracciò
più forte che poteva, trattenendosi per non scoppiare a piangere
a sua volta. E, tenendo per le spalle grandi quel ragazzo cresciuto
troppo in fretta, pensava che quello che le sarebbe mancato di
più di lui era proprio quel tepore così bello che aveva
sempre, che la sapeva rassicurare e cullare, che profumava di buono e
le dava pace.
Non era ancora sicura
di aver fatto la scelta giusta, ma ormai l’aveva fatta. Ora
voleva soltanto che le ultime settimane che avrebbe passato con Tom,
fossero bellissime.
In
quell’aeroporto faceva freddo. Era l’unica cosa che Claudia
riusciva a pensare mentre i suoi amici la salutavano. Tra abbracci,
promesse e baci, lei continuava ad avere freddo.
Qualcuno le prese le
mani. Alzò gli occhi e vide Annika che le sorrideva gentile, in
quel suo modo familiare e dolce che le sarebbe mancato da morire.
“Anche io ho le mani fredde.” Le disse l’amica. “Se ce le stringiamo, magari passa.”
“Oh, Annika…” Mormorò l’altra commossa, prima di abbracciarla.
Le due ragazze si
strinsero; ad entrambe sembrava strano e meraviglioso che la loro
amicizia, nata quasi per caso, le avesse portate fin lì, ad
essere così importanti l’una per l’altra. Claudia
alzò il viso e guardò Annika negli occhi.
“Non ti ho mai
ringraziata per avermi sempre spronata a vivere la mia vita, a pensare
con la mia testa.” Affermò dolcemente. “Se ora so
cosa voglio, molto è merito tuo.”
“Sei sempre
stata intelligente e forte, avevi solo bisogno di una
spintarella.” Replicò l’amica sorridendo. “Ora
puoi volare da sola.”
“Oh, Dio mio!
Che discorsi fate!” Intervenne Bill, separandole. “Sembra
che non vi dobbiate vedere mai più e non sarà
così! Non ti libererai di noi tanto facilmente!” Aggiunse,
allargando le braccia. “Vieni qui!” Invitò poi,
abbracciando Claudia.
“Ma Tom non è venuto?” Domandò ingenuamente Effie, guardandosi intorno.
Il volto di Claudia,
appena uscita dalle braccia di Bill, si rabbuiò e la ragazza di
Georg si rese conto di aver fatto una domanda inopportuna.
“No.” Le rispose proprio il cantante.
“Ci siamo
salutati ieri sera e… abbiamo deciso di risparmiarci scene
patetiche in pubblico.” Precisò Claudia.
Tutti annuirono
silenziosamente, intuendo il dolore dietro quell’affermazione che
voleva essere leggera. Fu Gustav a stemperare il momento.
“Forza,
finiamola con questi saluti, che l’aereo non aspetta certo
noi!” Esclamò il batterista, strappando un sorriso a tutti
i presenti.
Ci furono altri
abbracci, altri saluti e promesse, poi Claudia prese il suo bagaglio a
mano e, con un ultimo cenno della mano, si diresse verso il check-in.
Aveva superato il
varco e i vari controlli e si trovava in un’area dove, oltre ad
una parete a vetri, si vedeva ancora l’altra parte
dell’aeroporto, quando lo vide.
Era lì, in
piedi oltre la barriera trasparente, tutto vestito di nero, il viso
serio e bellissimo, la bandana sulla fronte e le mani in tasca. La
guardava assorto, muto.
Claudia sentì
gli occhi inumidirsi, ma trattenne le lacrime, perché non voleva
farlo stare ancora male. Ricordò il suo ultimo abbraccio,
così caldo e confortevole. I baci. Le carezze. Ogni istante con
lui. Tutto quello che lasciava.
Ma
l’altoparlante chiamò il suo volo. Claudia si girò,
guardando di sfuggita il monitor e il numero del suo gate. Doveva
andare.
Tornò a
guardare Tom, con gli occhi sempre lucidi. Lo vide sfilare una mano
dalla tasca ed alzarla per l’ultimo saluto. Non la mosse, non la
sventolò. Semplicemente le mostrò il palmo e
accennò un mezzo sorriso storto e triste. E Claudia non
poté che fare lo stesso.
Dopo, non le
restò che guardarlo andare via con la coda dell’occhio,
mentre raccoglieva la borsa e si dirigeva verso il proprio futuro.
CONTINUA
Un
veloce ringraziamento a chi commentò (passato remoto) il
precedente capitolo: la mia indispensabile compagna di filmini,
Princess - jolly24 - la mia folle complice d’incursioni in
territorio Kaulitziano, kit2007 - Lady Cassandra – Antonellina -
RubyChubb, quanto tempo! - sem0305 - angeli neri - Pulse - ruka88.
Siete
sempre troppo gentili e spero che apprezzerete il regalo di Natale. Vi
aspetto, sperando che la vostra speranza nell’aggiornamento non
sia morta…-_- Grazie fin da ora!
|
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Capitolo 8 *** 8 - Hello again ***
thunder road
I
mesi sembrano passare più veloci che mai, non mi ero accorta che
fosse già passato tanto tempo, dall’ultimo
capitolo… Inutile dire che mi dispiace tanto avervi fatto penare
così con questa storia. Spero mi perdonerete… -_-
Questo
è l’ultimo capitolo ufficiale, lo seguirà solo un
piccolo epilogo che sto cercando di ultimare al più presto
possibile. Mi auguro che qualcuno lo aspetti ancora…
A
questo punto che dire… vi lascio alla lettura e aspetto i vostri
commenti, nella speranza che siate così buoni da scrivere
qualcosina.
A presto
Sara
Capitolo 8 ~ Hello again
Hello again, it's you and me
Kinda always like it used to be
Sippin' wine, killing time
Trying to solve life's mysteries
((You Want To) Make A Memory – Bon Jovi)
Sembrava davvero
strano che fossero passati quasi sei anni, pensare a come lo studio,
poi il lavoro, la lontananza, le nuove abitudini e amicizie, infine, ti
allontanino da persone che hai tanto amato nella vita. Ma succede.
Ora, a Times Square,
davanti a quell’enorme insegna che annunciava il ritorno dei
Tokio Hotel in America, Claudia pensava che non potesse essere davvero
passato tanto tempo.
In verità era
sporadicamente tornata in Germania, durante i primi due, tre anni,
quando ancora studiava e aveva incontrato anche Annika, però i
ragazzi per un motivo o per l’altro non erano mai stati ad
Amburgo. Claudia, poi, aveva iniziato a lavorare in una rivista di
moda, la sua capa l’adorava e il lavoro le piaceva davvero tanto,
così le visite in patria si erano diradate. In più, a New
York, si era unita ad una compagnia di ragazzi dell’ufficio,
veramente simpatici, che l’avevano coinvolta nella vita notturna
di Manhattan. Non era nemmeno potuta andare al matrimonio di Bill e
Annika, perché in quel periodo c’era la settimana della
moda e non le avrebbero dato un permesso neanche se le avessero
sterminato la famiglia.
Quanto ai Tokio Hotel,
dopo un album non proprio all’altezza dei precedenti ed un tour
non entusiasmante, era seguito un periodo se non di crisi, almeno di
stanchezza. I ragazzi avevano deciso di prendersi un periodo di pausa,
di separarsi, seguire progetti solisti, dedicarsi alla produzione,
farsi una famiglia; così c’erano stati praticamente due
anni di silenzio quasi totale, come gruppo.
L’inverno
precedente, poi, quando si erano ormai perse le speranze, Bill Kaulitz
in persona, in un’intervista esclusiva, rivelava: “Siamo
ancora una band e stiamo lavorando al nuovo disco.”
Sei mesi dopo era
uscito il loro album, a detta di Claudia il loro lavoro migliore,
completo e maturo anche per i critici, che li aveva riportati in vetta
alle classifiche e, quindi, in giro per il mondo.
Ed ora eccoli
lì, su uno dei cartelloni luminosi di Times Square, belli come
sempre, nonostante il tempo passato; più in forma che mai,
secondo chi aveva già assistito allo show.
Ma adesso era meglio se distoglieva gli occhi da quelle belle facce e si sbrigava, o avrebbe fatto tardi al lavoro.
Claudia finì di
controllare bene la pagina sul pc, poi alzò gli occhi sulla sua
amica e collega Tracy. Era una ragazza dai capelli rossicci, carina,
simpatica e aperta, che amava bere e ridere.
“Tracy, hai impegni venerdì sera?” Le chiese.
“Beh, sai Jason…” Fece per rispondere l’amica.
“Oh, lascia
stare Jason!” Sbottò Claudia interrompendola.
“Quante volte te lo devo dire che quella storia non ha
futuro?”
“Sì, però a letto…” I soliti argomenti.
“Disdici, dove
ti porto io è sicuramente meglio che uscire con
quell’idiota.” Le ordinò brusca l’altra.
“Andiamo, di che si tratta?” Chiese allora Tracy, rassegnata.
“Un concerto.” Rispose Claudia sorridente.
“Spero non una
di quelle cose barbose che piacciono a Kevin…” Soggiunse
Tracy, che non aveva mai digerito la passione per la musica da camera
del loro gayssimo amico.
“No, si tratta
di rock.” La rassicurò l’altra. “È un
gruppo delle mie parti, i Tokio Hotel, non so se li
conosci…”
“Ho visto il loro cartellone in centro, la cantante è proprio una gran figa…”
“E’ un uomo e anche sposato.” La stupì Claudia.
“Dai! Mi prendi
per il culo?!” Esclamò stupita l’amica, lei
negò col capo. “Allora, se sai queste cose, vuol dire che
li segui da tanto.”
Claudia annuì.
“Da quando ero ragazzina.” Affermò poi, quindi
tornò a spulciare sul pc. “Anzi, ero una loro
groupie.” Aggiunse distrattamente.
“Tu eri una che
cosa?!” Saltò su Tracy incredula, spalancando gli occhi e
fissandoli sulla collega all’altra scrivania.
“Ero una groupie.” Confermò tranquilla Claudia.
“Cioè una
di quelle ragazze in abiti succinti che seguono le band in tour,
partecipano ai festini e si scopano le rockstar?” Insisté
Tracy, Claudia annuì. “E sei stata con tutti loro?”
Chiese allora l’altra, non senza una certa morbosa
curiosità.
Il suo sorriso
malizioso, però, si spense, quando vide lo sguardo di Claudia
farsi più malinconico e vago, poi spostarsi in un punto
indefinito oltre la vetrata che affacciava sull’Hudson.
“No, soltanto
con uno.” Rispose infine la ragazza, mentre con gli occhi cercava
chissà cosa nel cielo grigio di New York.
Tracy non si
pentì di aver seguito Claudia al concerto: bastarono un paio di
canzoni perché si ritrovasse pienamente coinvolta
nell’atmosfera dello show.
La sua
accompagnatrice, d’altra parte, non aveva bisogno nemmeno di
quello. Era bastata una nota, per ritirare fuori la fan girl assopita
in lei. Pochi attimi e già gridava a squarciagola, saltando e
cantando. E non solo per la musica, ma anche per ignorare il colpo al
cuore quando i ragazzi erano usciti sul palco.
Bill non era cambiato
molto, sempre asciutto, altissimo e bellissimo; ora portava i capelli
più corti, ma non più a spazzola, ma spioventi e sfilati,
a coprirgli il viso con una lunga zazzera. In mezzo alla sua usuale
tinta nera, spiccava un solo ciuffo bianco. Vestito di nero, catene
d’argento.
Georg non era
ringrassato, aveva sempre un gran bel corpo. I capelli li portava
leggermente più corti e spesso legati. Quella sera aveva la
camicia, gli stava proprio bene.
Gustav si era fatto
crescere la barba, era dimagrito, aveva un’aria saggia, ma
portava sempre i suoi affezionati bermuda. Era sempre l’anima
rock della band.
Lui, non avrebbe
voluto guardarlo, ma quando mai era riuscita a resistere nonostante
questo stesso ordine dato ai propri occhi? Si erano spostati da soli.
Prima su quella chitarra bianca, poi sulle mani sempre stupende e
forti, quindi sulla semplicissima maglietta nera, senza scritte,
più stretta di quanto mai fossero state le sue, che faceva
risaltare il petto e le spalle, infine sui capelli. Ora, erano corti al
collo, mossi, biondi… Pochi attimi ed era ad osservargli proprio
il collo e la mascella perfetta e il naso e le labbra e gli occhi
socchiusi… Tutto lo splendido, virile, dolcissimo, viso di
Tom…
Ogni canzone, poi,
aumentò la sua emozione e non poté impedire ai suoi occhi
di diventare lucidi, quando arrivarono alcune delle loro più
classiche ballate, come la sua adorata “Heilig” o la
bellissima “Phantomrider”. Claudia aveva un vuoto allo
stomaco: ognuna di quelle canzoni le riportava un ricordo degli anni
più eccitanti e spensierati della sua vita. Ogni accordo di Tom
era un suo sorriso che tornava dai labirinti della memoria.
Oh, quanto le era
mancato tutto quello! La musica dei Tokio Hotel. La Germania. Le follie
dell’adolescenza. Tom. Soprattutto Tom. E stavolta, chissà
perché, non le faceva così male ammetterlo.
Sorrise, tra di se,
stupendosi di essere cresciuta e di vivere in modo migliore quel
sentimento che aveva combattuto per tanto tempo.
Il concerto
terminò dopo due ore di batticuori continui. Claudia e Tracy
uscirono insieme alla calca del pubblico e presero un taxi.
Tracy non fece che
parlare per tutto il tempo dello spettacolo appena visto, che
l’aveva entusiasmata, domandando notizie del gruppo e del loro
passato, curiosa di scoprire tutti i legami dell’amica con quei
musicisti che aveva così apprezzato.
Claudia rispose, ma si
scoprì molto reticente. Sentiva che quel passato era una cosa
solo sua e non voleva dividere quegli anni pazzi con qualcuno che non
li aveva vissuti. In realtà, mentre il taxi correva per le
strade di Manhattan, lei sentiva il bisogno di parlare con Annika.
Quando Tracy scese a
casa propria, ringraziando ancora Claudia per averla portata al
concerto, lei la salutò e, poi, fece per dire all’autista
l’indirizzo di casa sua, ma le arrivò un messaggio sul
cellulare.
«Ti aspetto all’after party, niente scuse! Siamo al Waldorf, chiedi di me! Annika»
Claudia sbuffò
una risata. Avrebbe potuto dire di no, ma la verità era che
aveva aspettato quel messaggio. Annika le mancava e aveva troppa voglia
di rivederla per non accettare.
“Mi porti all’hotel Waldorf, per favore.” Ordinò all’autista.
Arrivata all’hotel non le fu difficile avere le notizie che cercava, dopo aver fatto il nome di Annika.
Il party si svolgeva
in uno dei saloni dell’albergo, non uno dei più grandi,
visto che gli invitati erano limitati.
Claudia entrò
timidamente, ma attirò l’attenzione di alcuni presenti,
forse per il suo abbigliamento semplice, probabilmente ritenuto poco
adatto ad un evento come quello. Ma bastò poco per farla sentire
di nuovo a suo agio.
“Claudia!”
La chiamò una voce allegra dalla sua destra; girandosi si vide
venire incontro una ragazza bionda, alta, con un vestito nero.
“Annika!” Rispose felice.
Le due ragazze si
abbracciarono forte, ridendo. Si volevano bene ed era tanto tempo che
non si vedevano. Entrambe non avrebbero mai potuto dimenticare quanto
erano state importati l’una per l’altra in tanti momenti
difficili.
“Allora? Cosa mi racconti?” Fece Annika, quando si lasciarono. “Fatti vedere!”
“Oh, dai! Non sono neanche andata a cambiarmi…” Si schernì Claudia, spostando lo sguardo.
“Ma se sei
bellissima!” Esclamò l’amica, prendendola per le
spalle e guidandola verso le vetrate del salone.
“Smettila!”
Sbottò l’altra, vagamente imbarazzata. “Tu,
piuttosto! Sei sempre più alta e bionda, dove vuoi
arrivare?” Aggiunse con tono scherzoso.
“Eh, beh…
devo essere all’altezza di mio marito!” Rispose Annika,
facendo uno sguardo ammiccante, prontamente imitato da Claudia, prima
che entrambe si rimettessero a ridere.
“Sai…”
Riprese la ragazza più bassa. “…mi è
dispiaciuto non poter venire alle nozze.” Annika le sorrise
dolcemente, mentre si fermavano al tavolo delle bibite.
“È
dispiaciuto anche a me.” Confermò poi. “Bill
è ancora arrabbiato con te, stai attenta quando lo vedi!”
Aggiunse ridendo.
“Quello scemo!” Commentò Claudia. “Senti un po’… Quando me lo fate un nipotino?”
Annika si girò
verso di lei con un’espressione furbetta. “Potrebbe essere
prima di quello che credi…” Mormorò cospirativa.
“Annika, ma… sei incinta?!” Domandò speranzosa l’amica, spalancando gli occhi.
“No! Non ancora, ma… ci stiamo provando, ecco.” Rispose con uno sguardo dolce.
“Ahhh…” Commentò maliziosa Claudia. “Vi date da fare, eh?”
“Sempre.”
Ammiccò Annika. “Lo sai…” E scoppiarono a
ridere di nuovo, ormai con i drink in mano. “Dai, andiamo dai
ragazzi, vorranno salutarti.”
“Ok!” Accettò entusiasta Claudia, anche lei era impaziente di rivederli.
Seguì Annika
spostarsi, ma la vide fermasi quasi subito, così alzò gli
occhi. C’era qualcuno, davanti a loro. Qualcuno che guardava
Claudia negli occhi.
Alto, capelli chiari
tenuti indietro da una bandana bianca, una camicia blu che gli
evidenziava le spalle e il petto, due grandi e vellutati occhi scuri. E
un sorriso rilassato, ironico e malizioso che poteva appartenere solo
ad una persona…
“Ciao, Tom.” Salutò tranquilla la ragazza.
“Ciao, Claudia.” Rispose lui.
If you don't know if you should stay
If you don't say what's on your mind
Baby just breathe
There's nowhere else tonight we should be…
Un’alba brumosa
stava rischiarando la baia oltre le vetrate scure dell’elegante
suite, regalando alla stanza, coi suoi colori tenui e freddi,
un’atmosfera quasi nebulosa.
Lui era steso bocconi
sul letto, la schiena scoperta, le belle spalle muscolose in evidenza.
Un braccio era alzato sopra la testa, le dita tra i capelli biondi,
l’altro era sotto il cuscino. La sua pelle abbronzata era ancora
morbida e calda come lei se l’era sempre ricordata e anche il suo
profumo era sempre lo stesso.
Lo stava osservando da
qualche minuto, indecisa su cosa fare. Era stato fin troppo facile
ritrovarsi tra quelle lenzuola, ma, come sempre, si prospettava
difficile uscirne.
La sera prima, dopo i
saluti, dopo gli abbracci di Bill e le battute, i brindisi al successo
del concerto e al loro ritrovarsi, la festa era diventata più
rilassata e lei si era ritrovata seduta con lui al bancone, a parlare e
bere con tranquillità, sereni e divertiti. Non era passato molto
tempo, però, perché i loro sguardi si facessero
più languidi ed espliciti e, quando lei aveva deciso di
andarsene, era bastata la mano calda di lui sul proprio polso e
un’occhiata tiepida ed invitante, per convincerla che non era
l’ora di lasciare quell’albergo.
E adesso era mattina. E Tom era lì, nudo e bellissimo. Sempre speciale, sempre unico.
Claudia vide i suoi
occhi stringersi, le lunghe ciglia scure tremare e le palpebre aprirsi
piano, svelando le iridi ancora opache per il sonno, ma che si fecero
limpide vedendola. Un sorriso pigro stiracchiò le sue labbra
morbide.
“Buongiorno.” Biascicò il ragazzo.
“Buongiorno.” Rispose lei sorridendo.
“È tanto che sei sveglia?” Le chiese, stiracchiandosi appena, prima di girarsi sul fianco.
“Un po’,
sì, ma volevo salutarti prima di andare via.”
Affermò la ragazza, mentre gli accarezzava i capelli,
sistemandoli. Le piacevano così naturali, non glieli aveva mai
visti.
“Te ne vai di già?” L’interrogò lui.
“Sì, devo
andare al lavoro.” Spiegò Claudia, mentre si sporgeva dal
letto per recuperare la propria biancheria.
“Capisco.” Commentò Tom, mettendosi supino contro i cuscini. Lei si stava già rivestendo.
La osservò,
mentre s’infilava i jeans. I capelli erano di nuovo lunghi, le
arrivavano alla vita, scalati e più chiari, le stavano bene. Era
più magra di come la ricordava, ma sempre con quelle curve
morbide che amava. Gli era mancata, nonostante il tempo passato, le
storie più o meno serie che aveva avuto. Claudia era Claudia.
Questo non sarebbe cambiato mai.
“Noi ripartiamo,
stasera.” Le disse il chitarrista. Lei respirò più
forte, poi abbassò le braccia su cui stava il maglioncino di
cotone giallo che stava per infilarsi.
“Lo so.” Mormorò soltanto.
“Mi chiedevo se,
per caso, non ti andrebbe di raggiungerci anche a
Philadelphia…” Ipotizzò cautamente lui, scrutandola
per intuire la sua reazione. Claudia continuava a dargli le spalle.
“No, Tom.” Rispose secca.
“No, non puoi,
oppure… non vuoi?” Le chiese il ragazzo. La ragazza si
girò verso di lui con un’espressione piatta.
“Entrambe le cose.” Spiegò quindi.
“Perché?” Fece Tom.
“Perché?!” Replicò lei stupita.
“Esatto: perché?” Insisté lui.
“Beh…”
Tentò Claudia, un po’ titubante, ma poi si riprese.
“Perché devo lavorare, ho i miei impegni, le mie cose e
poi non avrebbe senso!”
“Quindi non hai
voglia di passare un po’ di tempo con me, ora che potresti
farlo.” Ribatté lui, con i gomiti sulle ginocchia coperte
dal lenzuolo grigio. Lei gli rivolse uno sguardo freddo.
“Cos’è? Hai voglia di giocare un po’ ai fidanzatini felici?” Gli chiese provocatoria.
“È davvero tanto tempo che ho smesso di giocare con te, Claudia Hohenbaum.” Rispose Tom serio.
Claudia lo
fissò sorpresa, non si aspettava quella reazione pacata, non era
da lui. Si guardarono negli occhi per un lungo momento e lei
capì che era cambiato, c’era qualcosa di nuovo nel suo
sguardo, qualcosa che non conosceva.
Tom, poi, si
alzò lentamente dal letto, s’infilò i boxer, quindi
si avvicinò ad una cassettiera e prese il pacchetto delle
sigarette, per riposarlo subito. Restò lì, però,
dandole le spalle, le mani appoggiate sul piano, le spalle in tensione.
“Ti sei mai
chiesta qual è il vero motivo per cui non siamo mai riusciti a
stare davvero insieme?” Le chiese dopo qualche secondo, la voce
tranquilla.
“Io…
io…” Esordì Claudia incerta, colta impreparata.
“Presumo che sia perché eravamo troppo giovani,
immaturi…” Tentò di spiegare poi.
“No, non
è per quello.” Replicò lui interrompendola. Si
girò, restando appoggiato al mobile. “O meglio, in parte
può darsi, ma ho avuto modo di pensarci a lungo, in questi
anni.” Le rivelò quindi, continuando a guardarla con aria
serafica.
“E a quale
conclusione sei giunto?” S’informò la ragazza,
cercando di fingere indifferenza, ma era curiosa delle sue riflessioni.
“Una molto
semplice, alla fine.” Rispose Tom, stringendosi appena nelle
spalle. “Noi non siamo mai riusciti a stare insieme,
perché non lo abbiamo voluto.”
Claudia
spalancò gli occhi, colpita dalla lucida consapevolezza con cui
Tom aveva pronunciato quelle parole. Non voleva crederci, perché
lei, allora, aveva investito tutta se stessa nella loro relazione. Era
assurdo che lui pensasse che in realtà non si era impegnata!
Provò a reagire, ma il ragazzo ricominciò a parlare,
spostando lo sguardo oltre le vetrate dietro il letto.
“Io non so quali
siano stati i tuoi motivi, conosco i miei, ma la verità è
che nessuno dei due ha mai creduto davvero alla nostra storia.”
Affermò amaro il chitarrista, sempre guardando lontano.
“Siamo stati noi due i primi a non crederci davvero, a pensare
che tanto non sarebbe durata…” Rialzò gli occhi su
di lei. “Puoi anche negare, ma non ci crederei, Claudia.”
Ma lei, il coraggio di
negare non lo ebbe. Perché, per quanto facesse male, fosse
difficile da credere, era dolorosamente vero. Non ci aveva mai creduto,
come e quanto lui. Anche se lo aveva amato. Anche se lo amava ancora.
“La cosa
assurda, sai qual è?” Le fece poi, con un sorrisetto
tristemente sarcastico. “È che invece avremmo dovuto
farlo, avremmo dovuto almeno provarci. Perché è passato
il tempo, ma io…” Si guardarono e lei lo supplicò
con lo sguardo di non dirlo. “I miei sentimenti non sono
cambiati, Claudia e so che non lo sono nemmeno i tuoi.”
No, che non lo erano,
ma cosa cambiava, adesso? La ragazza strinse i denti e prese un lungo
respiro profondo, distogliendo gli occhi da quelli sempre così
intensi di Tom.
“Non ti ho mai
sentito parlare così tanto.” Affermò con ritrovata
calma, prima di sedersi sul letto e infilarsi gli stivali.
“Ho ventotto
anni, ormai. Anche io, per quanto sembri strano, sono un po’
cresciuto.” Ribatté lui, con un cenno del capo. “Non
ho più paura di dire quello che penso davvero.”
“Mi fa piacere questo positivo cambiamento.” Commentò Claudia, mentre si alzava e cercava la sua giacca.
“Non hai nient’altro da dirmi?” Le domandò Tom, aggrottando la fronte.
“Cosa vuoi che dica? Hai detto tutto tu.” Replicò lei, stringendosi nelle spalle.
“Ok!”
Esclamò lui, alzando le mani in segno di resa. “Non
è la reazione che mi aspettavo, ma sei libera di fare come ti
pare.” Aggiunse.
Claudia, che nel
frattempo aveva recuperato la borsa su una poltrona, la sbatté
di nuovo sui cuscini con forza e si voltò verso di lui.
“Cosa vuoi che
faccia, Tom?! Vuoi che t’implori di tornare insieme, che molli il
mio lavoro per seguirti in tour, che mandi in malora la vita che mi
sono creata?! Per te?” Gridò, sperando di non avere le
lacrime agli occhi. Lui la guardava serio.
“Vorrei solo che
riflettessi su quello che ti ho detto e ti domandassi se vale la pena
di viverla così, la tua vita, o se, piuttosto, non manchi
qualcosa.”
Claudia, sul taxi che
la riportava a casa, abbracciata alla propria borsa, mentre lungo le
strade, la solita New York, riprendeva le attività diurne,
pensò davvero alle parole di Tom, ma non trovò molte
risposte alle troppe domande che affollavano la sua mente.
Erano passati un paio
di giorni dall’ennesimo addio con Tom. Claudia aveva vissuto
facendo finta che non fosse successo nulla, come se non lo avesse
rivisto. Come se non avesse riscoperto di amarlo. Ma quella primavera,
a New York, era diventata improvvisamente più fredda.
La ragazza guardava
fuori dalla finestra della sua cucina, appollaiata su uno sgabello,
mangiando distrattamente i cereali. Si sentiva apatica, come se Tom,
andando via, avesse portato con se la sua gioia di vivere.
Finito di mangiare
posò la tazza nel lavandino e guardò l’orologio
appeso alla parete. “Cazzo!” Imprecò, accorgendosi
dell’ora, quindi non si sprecò a lavare le stoviglie e
corse a vestirsi: stava facendo tardi al lavoro!
Claudia arrivò
in ufficio trafelata. Uscire di casa qualche minuto più tardi le
aveva fatto perdere la metro e il treno successivo, strapieno, le aveva
sballato tutti gli orari, costringendola a districarsi tra la folla per
riuscire ad arrivare solo con un minimo ritardo.
Buttò la sua
roba sulla sedia e si riavviò i capelli, pronta a mettersi al
lavoro prima ancora di aver bevuto un caffè, dopo aver appena
salutato le colleghe.
“Dio, che casino
stamattina!” Si lamentò, mentre radunava una pila di
fogli. “E devo anche fare un milione di fotocopie per la riunione
delle dieci!”
In quel mentre
entrò Tracy, si guardò intorno apprensiva, cercando
chiaramente qualcuno e, quando vide Claudia, le si avvicinò in
fretta.
“Ciao,
Tracy!” La salutò lei allegramente, appena la vide.
“Finisco qui e andiamo a prenderci un caffè, che ne
dici?” Le disse poi, continuando a preparare i documenti.
“Ma Claudia, non hai saputo?” Esordì però l’amica.
La ragazza si voltò sorpresa, sbattendo le ciglia. “Cosa è successo?” Chiese stranita.
“Non hai sentito il notiziario stamattina?” S’informò preoccupata.
“Oddio, no! Mi stai facendo preoccupare!” Esclamò Claudia. “Parla!” L’incitò.
“I Tokio
Hotel.” Soffiò Tracy. “Hanno avuto un incidente, il
loro pullman si è ribaltato poco fuori da Philadelphia.”
Claudia sbiancò
e si sentì mancare la terra sotto i piedi. Allungò una
mano e si tenne alla fotocopiatrice che aveva accanto.
Il tourbus dei Tokio Hotel si era ribaltato.
Un incidente.
Alcune delle persone che più amava erano rimaste coinvolte in un grave incidente.
Oddio, Tom!
“Claudia, ti senti bene?” Le domandò la voce allarmata di Tracy, arrivando da distanze siderali.
“Ho bisogno di una sedia…” Rantolò lei. Il suo cervello sintonizzato su altre frequenze.
Annika, Bill…
Lo stomaco le si contrasse in modo violento, rimandandole un singhiozzo fin nella gola, mentre si ritrovava seduta.
Tom, Tom… Tom!
Scattò via
dalla sedia che le avevano porto come se l’avessero sparata.
Acchiappò la propria borsa, ci frugò dentro con violenza,
ne estrasse il cellulare, cercando freneticamente un numero, sotto gli
occhi delle colleghe preoccupate.
“Rispondi,
rispondi…” Supplicava attaccata alla cornetta. “Per
l’amor di Dio, Annika, rispondi!”
“Pronto.” Le rispose una voce flebile e lontana. Ma sufficiente a rassicurare Claudia.
“Annika!” Esclamò rianimata. “Dimmi che state bene, ti prego!”
“Claudia stai tranquilla…” Cercò di rassicurarla l’amica, però con un tono incrinato.
“Ma cosa è successo?” L’interrogò con urgenza.
“Lì per
lì non abbiamo capito bene, eravamo shockati, poi ci hanno detto
che un camion davanti a noi ha perso un pneumatico e… Il tourbus
è uscito di strada…”
“Ma state bene,
vero?” Insisté Claudia, che parlando era uscita
dall’ufficio, per fermarsi nel corridoio.
“Io mi sono rotta un polso, Bill ha delle contusioni e un taglio sulla fronte…”
“E Tom?” La interruppe Claudia.
Le rispose un sospiro sconfortato di Annika, che fece precipitare il cuore di Claudia in una voragine.
Oddio… Dio, Dio, ti prego, no…
“Annika?” Supplicò senza voce.
“Le cose non
vanno bene, Claudia…” La voragine si allargò.
“Lo stanno operando alla schiena, ma è abbastanza
grave…” Claudia sentì il calore uscire dal suo
corpo. “Era sulle scale, quando è successo…”
“Vengo lì.” Proclamò Claudia, ritrovando improvvisamente la voce.
“Claudia…” La supplicò Annika con voce stanca, ma l’amica l’interruppe.
“Non esiste che non vi raggiungo, dimmi in che ospedale siete.” E il suo tono non ammetteva repliche.
Il corridoio era
bianco e verde, odorava di disinfettante. Claudia era partita il prima
possibile, appena era riuscita a parlare con Marla, il suo capo e
chiederle un permesso, che, vista la faccia che aveva, le era stato
concesso senza tentennamenti. Quella sera stessa era a Philadelphia.
Ora camminava veloce,
guardandosi intorno per trovare qualcuno che conosceva. Girò un
angolo, seguendo le indicazioni avute in portineria e vide una
figuretta vestita di nero che spiccava nel chiarore del corridoio.
Rallentò e si avvicinò piano.
“Annika.” Chiamò a bassa voce.
La ragazza sussultò e si voltò. Era estremamente pallida, senza trucco, il braccio sinistro ingessato.
“Claudia.” Mormorò sorpresa. L’amica l’abbracciò.
“Come va?” Chiese Claudia, quando si scostarono. Il suo sguardo era ansioso.
“Bill è
da Tom, ci hanno detto di tornare in albergo, ma lui non ne vuole
sapere…” Rispose Annika, gli occhi lucidi.
“Ma vi hanno detto qualcosa?”
Annika annuì.
“L’intervento è riuscito, non dovrebbe avere danni
permanenti, ma per evitare complicazioni lo tengono in coma
farmaceutico.” Le spiegò poi.
“Capisco…”
Commentò Claudia con voce tremante. “Gli altri?”
Chiese poi, mentre lei ed Annika si sedevano sulle poltroncine verdi
lungo il muro.
“Il pullman di
Georg e Gustav non è stato coinvolto nell’incidente, ma i
ragazzi sono piuttosto sconvolti…” Raccontò
l’amica; le due ragazze si tenevano per mano.
“Immagino”
Fece l’altra. “Pensi che potrei vedere Tom?”
Domandò quindi, con un’urgenza che aveva cercato di
mascherare, ma l’ansia la stava divorando: doveva verificare con
i suoi occhi le condizioni del chitarrista.
“Ho paura che
Bill non accetterà di buon grado di cederti il posto.”
Rispose Annika con un sorriso triste. “In terapia intensiva, ad
ogni modo, fanno entrare solo i parenti stretti.” Claudia,
allora, poté solo fare una smorfia amara.
Una porta in fondo al
corridoio si aprì in quel momento, attirando l’attenzione
delle ragazze. Annika e Claudia si alzarono, vedendo uscire Bill a
testa bassa.
Sua moglie si
staccò dall’amica e lo raggiunse. Si guardarono per un
attimo negli occhi, quelli di Bill si riempirono di lacrime e Claudia
si sentì morire, mentre loro si abbracciavano e il cantante
nascondeva il pianto tra i capelli di Annika.
Bill guardò i
macchinari pulsanti di lucette colorate, i tubi, le flebo. Il braccio
disteso sul lenzuolo bianco, inerte. Sentì il suo cuore
restringersi e dolere come se stesse per rompersi, ma Bill Kaulitz non
era una persona abituata ad arrendersi. Era tutta la vita che lottava e
questo non era certo il momento di smettere.
Prese un lungo
respiro, cercando la spinta nell’ossigeno che gli entrava nei
polmoni, poi, con una smorfia contrariata posò le mani sui
fianchi.
“Guardami.”
Disse, fissando gli occhi chiusi e le labbra coperte dai tubi del
fratello. “Lo vedi cosa mi hanno costretto a mettere per colpa
tua?” Continuò, indicando il camice verde che indossava.
“È terribile, totalmente out e questo colore non mi dona
per niente!”
Non giunse, ovviamente, risposta dal corpo dormiente che aveva davanti, ma nemmeno se la aspettava, in fondo.
Bill sospirò,
quindi si avvicinò al letto, allungò lentamente una mano
e gli accarezzò il capo. La sua pelle era tiepida, i capelli
morbidi.
“Mi manchi,
Tomi.” Mormorò Bill, facendosi triste, mentre
s’imponeva di non piangere davanti a lui. “Ti rendi conto
che non sento la tua voce da giorni? C’è troppo
silenzio… Ho voglia di litigare con te, ne ho bisogno. Voglio
che mi freddi con una battuta, voglio il tuo sarcasmo e il tuo broncio
quando ti offendi…”
Non ho mai pregato in vita mia, ma fai che quando si sveglia sia come prima… per favore…
“Ho bisogno del
tuo sorriso.” Affermò Bill, quasi supplicando, mentre
stringeva la mano di Tom con dita tremanti. “Quindi adesso ti
svegli, perché hai già dormito abbastanza e io mi sto
scocciando.” Continuò con tono autoritario, serrando la
stretta. “Abbiamo un sacco di cose da fare, c’è il
tour a metà, io e Annika dobbiamo avere un bambino e tu dovrai
fare lo zio… E poi c’è Claudia.” Parlando,
Bill gesticolava con una mano e teneva quella del fratello con
l’altra, come se interrompere il contatto fisico volesse dire
lasciarlo andare nell’oblio. “Si è precipitata qui,
sai? È molto preoccupata per te, anzi… credo proprio che
sia ancora innamorata di te. E tu di lei. Penso che dovresti svegliarti
e parlarci seriamente, è ora che mettiate la testa a posto, voi
due.”
Tom svegliati. Svegliati, parlami, insultami… Cazzo, fai qualcosa, ti prego!
“Seriamente,
Tomi.” Riprese, dopo un lungo respiro. “Sto per incazzarmi
di brutto con te. Sono due giorni che sto dentro questo puzzolente
ospedale, mangiando pessimi sandwich e indossando questi stracci
orrendi! I miei capelli fanno schifo, la manicure è rovinata e
mia moglie è uno straccio!” Si lamentò con tono
piagnucoloso. “Svegliati, dai…”
Apri
gli occhi, togliti quel tubo di bocca, protesta per il letto fatto
male, chiedi una birra… Chiama il mio nome, io sono qui con
te… Sentimi!
“Sentimi,
Tom…” Supplicò, sentendo gli occhi riempirsi di
lacrime. “Lo so che mi senti, che sai che sono qui.”
Aggiunse, prima di chiudere gli occhi e poggiare la testa sulla spalla
del fratello. Una lacrima scivolò dai suoi occhi e bagnò
la pelle di Tom.
Passò solo qualche secondo, prima che un allarme sibilante partisse dai macchinari a cui era attaccato Tom.
Bill alzò la
testa di scatto, il viso bagnato di lacrime. Guardò la macchina
che suonava, poi guardò Tom. Il panico s’impossessò
di lui.
Poi Tom sussultò, tossì, strinse convulsamente la mano di Bill.
“Oddio, Tomi!” Esclamò lui, stringendolo a sua volta. “Che succede?!”
Arrivarono di corsa
due infermiere, una si avvicinò ai macchinari, spegnendo
l’allarme e l’altra si piegò su Tom.
“La prego, si allontani.” Chiese la donna a Bill.
“Dovrete tagliarmi il braccio, per farmelo lasciare!” Replicò deciso lui.
“Basta che si
scosti solo un po’, per farci lavorare al meglio, sia
gentile.” Ribatté l’infermiera, cercando di essere
delicata ma ferma.
“Dobbiamo estubarlo.” Gli spiegò l’altra.
“Che vuol dire?” Chiese Bill, perplesso e allarmato.
“Adesso arriverà il dottore e gli toglieremo il tubo, perché ha ricominciato a respirare da solo.”
“Ed è una
cosa buona, vero?” L’interruppe lui speranzoso. Le
infermiere annuirono e Bill lasciò la mano di Tom,
allontanandosi di qualche passo dal letto, per lasciarle agire.
Il cuore di Bill, ora, poteva ricominciare a battere. Se Tom tornava alla vita, poteva farlo anche lui.
Claudia entrò
nella stanza quasi con timore. Non era grande, bene illuminata,
accogliente. Superò il bagno, muovendosi con cautela, non voleva
disturbarlo.
Lui era steso sul
letto, voltato verso la finestra, per fortuna non dormiva. Indossava un
camice bianco con pallini neri, a maniche corte, le braccia dorate
lungo il corpo coperto, una flebo attaccata. Era strano vedere i suoi
capelli sul cuscino, più biondi di come li ricordava.
“Hey.” Chiamò piano la ragazza.
Tom si voltò,
l’espressione prima sorpresa, poi contenta di vederla. Fece un
piccolo sorriso dolce, gli occhi che brillavano sotto le ciglia folte.
Le venne quasi da piangere, da quanto era felice di vederlo così.
“Ciao.” La salutò piano, con voce roca.
Claudia si
avvicinò al letto, sorridendo in modo da sembrare rassicurante,
almeno per lui. Rassicurare se stessa era un’altra cosa, le
tremavano le gambe.
“Come ti
senti?” Chiese al ragazzo, dopo averlo esplorato con
un’occhiata ed essere tornata a fissarlo in viso.
“Vivo.” Rispose semplicemente Tom.
Si guardarono un
attimo negli occhi. Tom si accorse del turbamento di Claudia, riconobbe
il dolore e la paura che lei aveva provato nel suo sguardo, come
già li aveva visti in quelli di Bill e Annika. Alzò,
allora, il braccio con la flebo e le prese la mano, sempre guardandola
negli occhi.
La mano di Tom era
calda e asciutta, il suo tocco delicato e piacevole. Era rassicurante
essere di nuovo toccata da lui. Era come tornare a casa.
Claudia si lasciò andare ad un respiro sollevato, sedendosi sul bordo del letto, con la mano ancora stretta nella sua.
“Che mi tocca fare per averti accanto a me, eh?” Fece lui, ripescando il suo sarcasmo.
“Oh, ti odio!” Sbottò Claudia, ricacciando indietro le lacrime. “Non scherzare su questa cosa!”
“Io scherzo su tutto.” Replicò tranquillo Tom.
“Lo so…” Commentò lei più calma. “E mi mancava questo, di te.”
La presa delle dita si strinse, da parte di entrambi e si scambiarono un’occhiata solidale.
“Claudia…” Mormorò lui.
“Mi dispiace.” Lo interruppe la ragazza. Tom la guardò sorpreso, sbattendo le ciglia.
“E di che cosa?” Le chiese quindi.
“Per come ci
siamo lasciati, a New York.” Rispose Claudia, dopo aver abbassato
gli occhi. “Se penso che avrei potuto non parlarti mai
più, che sarei rimasta con il senso di colpa per averti trattato
così male…”
“Smettila.”
La bloccò Tom, stringendo la mano che ancora le teneva.
“Non c’è motivo per cui tu debba sentirti in questo
modo, hai reagito per come ti sentivi in quel momento, io non ti porto
rancore.” Aggiunse con tono dolce.
“Lo capisco, ma… tu potevi…”
“Non lo dire.” Le impedì, posandole le dita sulle labbra. “Io sono qui.”
“Tom…” Soffiò Claudia con gli occhi lucidi.
“Shh, sono qui.” Ripeté dolcemente il chitarrista, accarezzandole il viso.
“Non è
giusto, questo.” Replicò colpevole la ragazza.
“Dovrei essere io a confortare te.” Aggiunse, strappandogli
un sorriso storto e tenero.
“E dovrei essere io a chiederti scusa.” Le disse quindi. Claudia gli rivolse un’occhiata interrogativa.
“Perché?” Domandò poi.
“Ero arrabbiato
con te, sono stato freddo, il tuo atteggiamento mi ha deluso.”
Spiegò tranquillo Tom. “Volevo che restassi con me e,
quando hai detto di no, dopo tanto che non stavamo insieme, ci sono
rimasto male.”
Claudia abbassò
gli occhi, spostandoli sul pavimento. Sentiva il pollice di Tom
carezzare il dorso della sua mano. Quanto grande era il vuoto che lui
poteva lasciare? Solo la minaccia di poterlo perdere l’aveva
atterrita tanto da lasciarla senza forze. Non voleva provarla mai
più. Sospirò, provando a trovare le parole.
“Non sarei dovuta partire.” Affermò infine, sempre senza guardarlo.
“Per venire qui?” Chiese Tom senza capire.
“No, sei anni fa.” Spiegò Claudia, alzando gli occhi. “Non avrei dovuto lasciarti.”
Lui alzò le sopracciglia e fece un piccolo sorriso consapevole, poi le riprese la mano che aveva lasciato poco prima.
“Non dire
sciocchezze.” Sentenziò poi, calmo. “Te ne saresti
pentita, saresti rimasta col dubbio di non aver realizzato un sogno,
finendo per odiare me e la vita che avresti avuto.” Lei lo
guardava seria, ancora una volta stupita dalla sua strana
saggezza. “Ho sofferto quando sei partita, ma potevo solo
lasciarti andare, o ti avrei persa davvero.”
Si guardarono ancora una volta negli occhi, intensamente, poi Claudia sorrise, con serenità stavolta.
“E invece sono ancora qui.” Mormorò poi.
“Già.” Annuì lui.
“Ti amo, Tom.”
“Lo so.”
“Non voglio arrendermi.”
“Nemmeno io.”
“Che cosa possiamo fare, ora?”
“Aspetta che mi rimetta in piedi e vedrai…” Soggiunse lui con un sorrisetto furbo.
Claudia, però,
spostò gli occhi sull’imbracatura che teneva fermo il
busto di Tom, dal bacino in su. Era come se lo vedesse per la prima
volta, da quando era entrata nella stanza.
“Sarà dura, lo sai, vero?” Gli disse seria.
“Sì, ho
voluto sapere tutto, niente bugie e omissioni, è il mio corpo,
non quello di un altro.” Claudia annuì, tenendogli
ancora la mano. “Ci vorrà tempo e non sarà uno
scherzo, ma se siete con me, ce la farò.” Aggiunse con
sguardo deciso. “Tu ci sarai?” Le chiese poi.
“Ci sarò.” I suoi occhi erano sicuri. Non c’era bisogno di sapere molto altro.
CONTINUA… con l’epilogo ^_^
Grazie
a tutti coloro che hanno avuto la pazienza di seguirmi e di commentare
il capitolo precedente. Probabilmente con molte di voi ho diviso
l’emozione dei concerti, senza saperlo. Io ero a Padova e Roma ed
è stata entrambe le volte un’emozione grandissima. I MIEI
PICCOLI SONO MERAVIGLIOSI!
Insomma, se ci siete ancora, vi mando un bacio e vi aspetto sui commenti!
Ringraziamenti più approfonditi li lascio per l’epilogo, a presto! Ve lo garantisco!
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Capitolo 9 *** 9 - By your side ***
thunder road
Beh, non che ci sia molto da dire: questo è l’epilogo.
Un
po’ mi dispiace, un po’ sono contenta di aver finito questa
storia, perché è durata veramente tanto. Spero che
apprezzerete quest’ultimo breve capitolo.
Aspetto i vostri commenti.
Saluti e ringraziamenti, alla fine.
Buona lettura!
Sara
Capitolo 9 ~ By your side
Epilogo
I will provide for you
And I'll stand by your side
You'll need a good companion for
This part of the ride
(Land of hope and dreams – Bruce Springsteen)
Era stato un anno difficile.
Solo dopo alcune
settimane dall’incidente Tom era stato in grado di provare a
mettersi in piedi, ma non era stato piacevole.
Le ultime date del
tour erano state annullate e i Tokio Hotel erano tornati in Germania;
lì, per Tom, era iniziato un doloroso e difficoltoso cammino di
riabilitazione.
La fisioterapia era
stata una sfida, ogni passo gli era costato dolore, fisico e morale,
umiliazione e sacrificio. Era stato come imparare di nuovo a camminare.
C’erano stati
momenti di depressione in cui aveva pensato di non farcela, ma
l’incrollabile ottimismo di Bill non lo aveva lasciato andare.
Ogni volta che Tom stava per cedere, la mano di Bill lo aveva ripreso,
il suo carattere autoritario lo aveva spronato, il suo sorriso gli
aveva risollevato l’umore.
E poi c’era
Claudia. Che non se n’era mai andata, anche quando era
oltreoceano. Il contatto era stato continuo, la fiducia illimitata. La
tenerezza, ai loro incontri, era stata enorme. E anche lei non gli
aveva mai permesso di lasciarsi andare.
E c’era anche la
musica. Perché se Tom non poteva camminare, poteva suonare. E
quando l’anima si faceva cupa, non c’era niente di meglio
che imbracciare la chitarra e darle voce. Così i Tokio Hotel,
quasi senza volere, soprattutto per dare motivazioni a Tom, si erano
ritrovati ad incidere un album acustico, intimo e intenso, che avevano
pubblicato sottovoce, senza pretese, e che, invece, ora stava vendendo
più del previsto, grazie anche ai fans che non avevano
abbandonato la band in quel momento di difficoltà, dimostrando
in ogni modo il loro sostegno.
Ci erano voluti,
comunque, quasi nove mesi perché Tom potesse ricominciare a
camminare, anche se con l’aiuto delle stampelle.
Il giorno in cui era riuscito a fare qualche passo davanti a Claudia senza nessun ausilio, le aveva chiesto di sposarlo.
Oggi era il gran giorno. Si diceva così, no?
E Tom non riusciva a contenere l’emozione.
Impalato, nel suo elegante completo scuro, circondato dalle persone che amava, in quel bellissimo giardino.
La brezza profumata e
il canto degli uccellini non lo aiutavano a rilassarsi. Anzi, non
c’era modo per zittire quei maledetti volatili del cazzo?!
Sussultò,
quando qualcuno gli toccò la spalla; aveva ogni muscolo teso. Si
girò e vide Bill sorridergli dolcemente. Tom si ricordò
che suo fratello, il giorno del proprio matrimonio, era a dir poco
isterico ed era stato lui a doverlo rassicurare. Ora, quindi,
apprezzava ancora di più il suo sostegno. Gli sorrise nervoso,
la mano di Bill si strinse appena sulla sua spalla, accompagnando uno
sguardo incoraggiante.
Tom, allora, si
guardò intorno. Vide, in prima fila, sua madre, chiaramente
emozionata ma sorridente e poi Gordon, che lo incoraggiò con un
gesto del pugno chiuso. Accanto a loro Gustav, Silke e i loro due
bellissimi bambini, Georg e Stephanie, tornati insieme dopo un periodo
di crisi. Tutti gli sorrisero per sostenerlo. Si sentì
più sicuro, avvertendo la loro vicinanza.
Quando partì la
musica che annunciava l’arrivo della sposa, Tom sentì lo
stomaco contrarsi dolorosamente e deglutì a vuoto.
La prima ad apparire,
in fondo al corridoio ad arco ricoperto di rampicanti fioriti, fu
Annika. Bellissima, nel suo abito azzurro scuro, più piena in
viso e orgogliosa del suo pancione almeno quanto lo era Bill.
La ragazza
camminò verso Tom, sorridendogli con tenerezza, come una vera
sorella. Dopo un ultimo sguardo rassicurante, la ragazza si
spostò di lato e il chitarrista alzò gli occhi.
Claudia incedeva
leggera verso di lui, nonostante l’ingombrante abito color avorio
e sorrideva con evidente tensione. Doveva essere molto nervosa lei.
Ma Tom riusciva solo a pensare che, adesso che lei era arrivata, sarebbe andato tutto bene.
Perché era
Claudia. Perché quel vestito tutto sbuffi era proprio da lei. E
quel bouquet di rose gialle che le tremava tra le mani, non avrebbe
potuto essere più perfetto.
Quei boccoli dorati,
quel sorriso tremulo, quegli occhi grandi e pieni d’emozione,
stranamente, lo rassicuravano e Tom fu pronto ad andare avanti.
Bill si sedette pesantemente su una sedia, sospirando.
Era ormai sera, il
sole stava tramontando. Sul tavolo erano rimasti solo i bicchieri,
qualche bottiglia, il centrotavola e i tovaglioli abbandonati.
Il cantante si accomodò meglio, mentre riavviava i capelli, poi prese un lungo respiro.
“Oh, sono
distrutto! Questo ricevimento mi sta sfiancando!” Proclamò
drammatico, poi si girò e sorrise dolcemente ad Annika.
“Tu come ti senti, Pippi?”
“Beh,
sai… Starei molto meglio se non fossi incinta di otto mesi e non
avessi i tuoi piedi sulle ginocchia…” Rispose lei,
ironicamente retorica.
“Quindi non mi farai un po’ di coccole?” Piagnucolò lui deluso sfarfallando le ciglia.
“Che ruffiano
irrecuperabile che sei!” Protestò divertita Annika.
“Dovresti essere tu a farle a me!”
“Uh, dai…” Insisté Bill, facendo gli occhioni da cerbiatto.
“Sarà una
gran fregatura se questo bambino avrà gli occhi da
Kaulitz.” Commentò arresa, ma tranquilla la ragazza.
“Dai, tira giù questi piedoni e avvicina la sedia.”
Gli disse poi.
Bill non si fece
pregare, si avvicinò alla moglie, attaccando la sedia alla sua e
avvolgendole la vita con un braccio. Annika sorrise, accogliendolo. Lui
le posò il capo sulla spalla e le circondò con
delicatezza la pancia con la mano destra.
“Che bella che
sei.” Le sussurrò dolce all’orecchio, accarezzando
il pancione. Annika sorrise felice e gli baciò la fronte.
“Oh, ma quanto
siete carini!” Esclamò una voce davanti a loro. I due
alzarono gli occhi e videro Tom sedersi accanto a loro.
Bill fissò il fratello con uno sguardo emozionato e lucido, sorridendo estasiato, a mani giunte.
“Sarò papà.” Affermò poi, quasi commosso.
“La cosa ha un che d’inquietante.” Ribatté cinico Tom, sorridendo storto.
“Beh, anche il fatto che tu ti sia sposato è abbastanza inquietante.” Commentò Bill piccato.
“Hai ragione, infatti, ancora non ci credo…”
“Faresti meglio
a cominciare a crederci, perché sta arrivando la sposa.”
Gli disse Annika, indicando una direzione alla sinistra di Tom.
Lui guardò, intercettando subito Claudia che si dirigeva verso di loro; indossava ancora l’abito della cerimonia.
Lo sguardo di Tom si
addolcì immediatamente e, quando lei fu abbastanza vicino,
allungò una mano perché la prendesse. La ragazza la
strinse, sorridendo con tenerezza, poi si abbassò e scambiarono
un bacio dolce, sotto lo sguardo felice e soddisfatto degli altri due.
“Ti siedi un po’ con noi?” Chiese Tom a Claudia, quando si allontanarono; lei annuì.
“Prendo una sedia.” Dichiarò poi, il chitarrista la trattenne per il polso.
“Mettiti sulle mie ginocchia.” L’invitò tranquillo.
Claudia
corrucciò la fronte. “È meglio di no, dai. Ti sei
stancato abbastanza, per oggi.” Affermò quindi. Lui fece
per replicare, ma la ragazza lo zittì con un gesto severo ed
andò a recuperare una sedia dal tavolo vicino.
“Già mi da ordini…” Commentò lamentoso Tom.
“Io te lo avevo detto che lo fanno.” Soggiunse Bill con aria saggia.
Il gemello ridacchiò. “Non vorrei fartelo notare, fratellino, ma Annika ti dava ordini anche prima…”
“Infatti è una despota!” Si lamentò lui.
“Ma stai
zitto!” Lo rimproverò subito la moglie. “Non sono io
ad essere una tiranna, sei tu che vai instradato.” Aggiunse
pratica.
“Pippi, sei
perfida!” Commentò divertito Bill, mentre tutto
scoppiavano a ridere, anche Claudia che, nel frattempo, si era seduta
accanto a Tom.
Annika, però,
nel bel mezzo di una risata, sentì una fitta improvvisa e
più forte del solito alla pancia. Si bloccò, facendosi
seria e portò le mani al ventre.
“Annika, che succede?” Le chiese immediatamente Bill, sporgendosi preoccupato verso di lei.
“No,
niente.” Rispose lei, ancora concentrata nel capire cosa
combinava il suo bambino. “È passato, credo…”
“Sicura che è tutto a posto?” S’informò Claudia.
Annika preso un lungo
respiro, raddrizzandosi sulla sedia, poi ascoltò le sue
sensazioni, confortata dal sentire la mano gentile di Bill sulla
schiena. Lo guardò, lui sembrava in apprensione, cercò di
rassicurarlo con un sorriso e una carezza sulla guancia.
“Va tutto bene,
Bill, tranquillo.” Gli disse, anche se lui aveva ancora una
faccina incerta. Il cantante la fissò ancora un attimo, poi
azzardò un sorrisino tirato. “Sono solo un po’
stanca, è stata una giornata lunga.”
“Va bene, allora
adesso torniamo in hotel e ti riposi.” Affermò deciso lui,
pronto a partire. Annika gli sorrise riconoscente.
“Sì, Annika, credo sia meglio, sei pallida.” Rincarò Claudia e l’amica sorrise anche a lei.
“Io non me ne
intendo…” Intervenne Tom. “…ma la tua pancia
ha una forma strana, oggi.” Occhieggiava il pancione con sguardo
clinico.
“È
perché il bambino si muove continuamente, negli ultimi
giorni.” Spiegò Annika. “Dall’altro ieri non
mi da pace nemmeno la notte…”
“È colpa mia.” Fece Claudia colpevole. “Ti ho stressato troppo con il matrimonio…”
“No, dai.”
Replicò dolcemente l’amica. “L’ho fatto
volentieri, ora ho solo bisogno di stendermi un po’.”
Aggiunse sorridendole.
“Andiamo via, allora?” Le domandò Bill, già in piedi; lei annuì.
“Ci vediamo
domattina, ragazzi.” Disse Annika a Tom e Claudia, girandosi
verso di loro, prima di alzarsi. “Voglio salutarvi, prima che
partiate per la luna di miele.”
“Ok, a domani!” La salutò Claudia, mentre Tom annuiva e sventolava la mano.
Annika e Bill andarono
via, uscendo dalle tende che ospitavano i tavoli del banchetto. Claudia
e Tom li seguirono con lo sguardo, mentre attraversavano il prato e si
allontanavano in direzione dell’hotel.
Loro due, gli sposi,
rimasero seduti sulle due sedie vicine, mentre la musica della tenda
del ballo li raggiungeva attutita. Tom si piegò in avanti,
poggiando i gomiti sulle ginocchia, guardava avanti, il via vai degli
ospiti, Silke e uno dei suoi bambini vicino al tavolo della torta.
Sentì Claudia emettere un lungo sospiro e gli parve di vederla
rilassarsi contro la spalliera.
“Siamo sposati.” Affermò il chitarrista serio.
“A quanto pare.” Replicò sarcastica lei.
“Immagina cosa
si diranno gli altri.” Fece Tom con tono ilare. Claudia lo
guardò con occhi allegri. “Credo pensassero che non ce
l’avremmo mai fatta!” Continuò lui ridacchiando.
“Non gli avevamo dato grandi speranze.” Confermò lei, facendo lo stesso.
“Beh, tu scappavi continuamente!” Replicò Tom con divertito rimprovero.
“Io?! E tu che
non volevi impegnarti, che mi dici?” Ribatté piccata la
ragazza, ma sempre con una luce felice nello sguardo.
Tom si girò
verso di lei, gli occhi dolcissimi e caldi, un sorriso flebile ed
emozionato. Claudia si meravigliò di come quella sua espressione
riuscisse ancora a suscitarle un bellissimo vuoto allo stomaco. Lui
alzò una mano e le carezzò i capelli, lo zigomo, fino
alla nuca.
“Non conta
niente, quello che è successo prima.” Le disse, sicuro e
tenero, continuando a guardarla negli occhi. “L’importante
è ora.”
Claudia gli sorrise.
Tom era sempre stato capace di farla sentire tanto bene con così
poco. O, forse, era tanto, perché lui non era il tipo che
elargiva emozioni a piene mani. Per questo erano speciali momenti
come quello. Gli prese la mano con cui l’accarezzava.
“Il presente è nostro.” Disse la ragazza, ricambiando lo sguardo.
Il sorriso con cui la
ricambiò Tom avrebbe potuto ripagarla di qualsiasi cosa, per
quanto era meraviglioso. La prese delicatamente per la spalla,
tirandola verso di se.
“Baciami, moglie.” Le intimò con un sorriso storto.
“Non vedevi
l’ora di darmi un ordine, vero, marito?” Ribatté
Claudia ironica, mentre posava il capo contro il suo collo.
“Nel bene e nel
male, hai giurato.” Le sussurrò Tom sulle labbra, sempre
con il suo sorrisetto sensuale. Claudia ridacchiò, prima di
baciarlo.
“Sposini.”
Li chiamò qualcuno; loro si staccarono, per alzare gli occhi e
vedere Georg e Gustav fermi a qualche passo di distanza.
“Ci dispiace
disturbarvi.” Continuò il batterista. “Ma gli
invitati stanno cominciando ad andare via e vorrebbero salutarvi.”
Tom sbuffò
scocciato, grattandosi la testa, prima di appoggiarsi mollemente alla
spalliera della sedia. Claudia lo guardò, sorrise e poi
tornò a dedicarsi agli amici.
“Veniamo subito.” Gli assicurò tranquilla.
“Sì.”
Confermò Tom, dopo essersi stiracchiato. “Salutiamo, tutta
questa gente mi ha già stufato.” Aggiunse alzandosi.
“Hey!” Esclamò Georg. “Ti abbiamo stufato anche noi?!”
“Oh, sì!” Rispose beffardo Tom. “Anni fa, direi!”
“Non dire cazzate!” Sbottò Gustav, con suo solito tono burbero. “Saresti perso, senza di noi!”
“Già!”
Rincarò il bassista, prendendolo per le spalle. “E non
pensare di svignartela con la tua bella, perché la festa non
è ancora finita.” Lo ammonì poi.
“Ti faremo tirare avanti in orrende danze folkloristiche, bevendo birra.” Gli garantì l’altro.
“Così passerai la prima notte di nozze russando come un tricheco!”
Claudia, che era
rimasta un po’ indietro, li guardava allontanarsi ridendo e
tenendosi per le spalle. La ragazza sorrise felice. Perché lei e
Tom erano cambiati, maturati, ma si amavano ancora. E, per fortuna, non
era l’unica cosa che rimaneva sempre uguale.
“Claudia.”
La voce di Tom la riportò al presente. Lei alzò gli occhi
e lo vide guardarla da sopra la spalla, fermo in mezzo ai suoi amici
sorridenti. “Sbrigati, che sulla torta manca la sposa.”
Claudia sorrise e
scosse il capo: non cambiava mai, il suo sarcastico amore. Fece una
corsetta, ridendo, e s’infilò nell’allegro
gruppetto. Il sole tramontava davanti a loro.
I canti, i balli, le
risate e le bevute si erano prolungate davvero, sotto i grandi gazebo
bianchi del giardino ed era abbastanza tardi, quando finalmente gli
amici lasciarono andare via Claudia e Tom.
Il ricevimento era
stato organizzato in uno splendido ed antico castello tedesco, che era
anche un prestigioso hotel. Gli sposi, come il resto degli ospiti
più intimi, avrebbero passato lì anche la notte.
Tom e Claudia
sarebbero partiti per la loro esotica luna di miele solo il giorno
dopo, con calma, dopo essersi goduti in pace la prima notte di nozze.
E, tutti e due, nonostante la stanchezza, il troppo alcol e cibo, non vedevano l’ora di stare un po’ da soli.
Claudia girò la
chiave nella grossa serratura del portoncino e lo scostò appena.
Non sapeva cosa aspettarsi da quella camera, non l’aveva vista,
ma Annika le aveva detto che era stupenda e sicuramente le sarebbe
piaciuta.
Fece per entrare, ma
Tom, fermo accanto a lei, la bloccò. La ragazza alzò la
testa e lo guardò interrogativa. Lui le sorrideva tranquillo.
“Non ti fai prendere in braccio?” Le chiese allegro.
Claudia aggrottò le sopracciglia, facendosi seria. Tolse la mano dalla chiave, abbassò gli occhi e sospirò.
“Tom, non mi pare il caso.” Gli disse poi, tornando a guardarlo. “La tua schiena…”
“Sto bene, Claudia.” L’interruppe il chitarrista, prendendole le mani.
“Bene.” Annuì lei. “Quindi non facciamo danni, sono pesante con questo vestito.”
“Voglio farlo e so che ci tieni.” Ribatté deciso Tom, fermo nella sua idea.
“Tengo più alla tua salute.” Replicò immediata Claudia.
“Basta.”
La bloccò lui. “Ti sollevo solo un po’ e ti faccio
passare la soglia.” Aggiunse duro. “Fammelo fare,
piccola…” La pregò infine, con occhi ruffianamente
supplicanti.
Claudia sospirò
e mise le mani sui fianchi. “Sei subdolo.” Lo
rimproverò debolmente. “Ma come faccio a dirti di no, se
mi guardi così…”
“Non
puoi.” Affermò sicuro Tom, afferrandola per la vita, con
sul viso uno dei suoi sorrisi storti. Claudia sorrise languida.
“Portami dentro,
su.” Gli ordinò poi, dolcemente, mentre gli avvolgeva le
braccia intorno al collo. “Questo vestito non lo sopporto
più.”
“Nemmeno io.” Sottolineò Tom, con una scintilla maliziosa negli occhi.
Claudia rise piano, stringendosi a lui, mentre la sollevava appena da terra e le faceva passare la soglia della camera.
Tom la fece tornare
giù quasi subito. Avrebbe voluto portarla fino al letto, ma
sapeva che lei lo avrebbe rimproverato, e poi la stanza era troppo
buia. Depositò Claudia e si mise a cercare l’interruttore.
La luce rivelò ad entrambi la bellezza della camera che li avrebbe ospitati nella loro prima notte di nozze.
“Annika aveva
detto che era bella.” Mormorò Claudia entusiasta, facendo
qualche passo all’interno, sul pavimento di cotto.
I muri erano ricoperti
fino a metà dell’altezza da pannelli di legno che
rendevano l’ambiente caldo e accogliente; il resto del muro era
dipinto di rosso scuro. Il soffitto era a cassettoni di legno. Un
grande camino di pietra occupava il centro della parete sulla sinistra,
in mezzo a due grandi finestre coperte da pesanti tende di broccato e
più leggere bianche. Davanti al camino un ampio tappeto morbido
e due eleganti poltroncine di stoffa bianca trapuntata di piccoli gigli
d’oro.
Il letto era sulla
destra, un grande baldacchino di legno scuro, alleggerito dalle coperte
chiare, simili al rivestimento delle poltrone. Claudia si
avvicinò e accarezzò il copriletto.
“Bah, un po’ troppo antica, per i miei gusti.” Commentava nel frattempo Tom, gironzolando vicino al camino.
“Non dire scemenze, è bellissima!” Replicò divertita lei.
Tom si girò e, sorridendo sornione, le lanciò un’occhiata piuttosto esplicita.
“Basta che il letto sia comodo.” Mormorò poi.
“Vogliamo provare?” Suggerì maliziosa Claudia; lui sorrise seducente.
S’incontrarono più o meno al centro della stanza, catturandosi subito in un bacio voluttuoso.
I primi abiti a cadere
furono la giacca e la cravatta di Tom, mentre continuavano a baciarsi
sulle labbra, la mandibola, il collo e le spalle nude di Claudia. Lui
riuscì ben presto ad aprire il corpetto dell’abito da
sposa e, mentre lei se lo sfilava, lui tolse camicia e pantaloni.
In pochi istanti erano
sul letto, già affannati e un po’ sudati, pronti a
strapparsi di dosso quello che rimaneva, mentre si mangiavano di baci a
vicenda, ma…
Bussarono alla porta.
La prima volta nemmeno
sentirono, impegnati com’erano in quello che stavano facendo, ma
poi, al bussare concitato si aggiunse un’imbarazzata voce
familiare.
“Ragazzi, sono io…” Annunciò titubante Bill. “Vi disturbo?”
“Nooo, Bill! Ma
cosa dici!” Rispose esasperato Tom, il respiro veloce, ancora
steso sopra Claudia, interrotto nell’atto di sganciarle il
reggiseno. “Assolutamente no!”
“Scusate, ma… sarebbe una faccenda piuttosto urgente…” Continuò il cantante da fuori.
Tom si sollevò, scostandosi dalla moglie e sbuffando. Claudia era perplessa, ma anche curiosa, si alzò sui gomiti.
“Fa che sia una
questione di vita o di morte Bill, o stavolta ti uccido sul
serio.” Minacciò feroce il chitarrista.
“Eh, direi di sì…” Rispose l’altro. “Annika ha le doglie.”
Tom, incredulo,
balzò in piedi. Claudia si sollevò seduta, mentre lui si
dirigeva alla porta e l’apriva, spalancandola in faccia al
fratello.
“Mi stai prendendo in giro?” Gli chiese accigliato.
“Magari…” Rispose mesto Bill ed il suo viso cereo confermava le sue affermazioni.
“Hai chiamato l’ambulanza?” S’informò Tom.
“Sì…”
Ma si vedeva che era proprio impaurito, così il gemello
addolcì lo sguardo e gli fece una rassicurante carezza sulla
guancia.
“Va tutto bene.” Gli disse poi. “Torna da lei.”
“Noi ci vestiamo
e vi raggiungiamo.” Aggiunse Claudia, che aveva già
recuperato un paio di jeans e se li stava infilando.
Bill gli sorrise tremolante, con gli occhi pieni di gratitudine, poi annuì e si allontanò nel buio del corridoio.
Tom chiuse la porta e
si girò verso Claudia, sospirando e scuotendo il capo. Si
guardarono negli occhi, rassegnati, ma, poco dopo, dei piccoli sorrisi
divertiti gli spuntarono sulle labbra. Bastò poco perché
scoppiassero a ridere.
“Oh, questa sarà una prima notte di nozze molto originale!” Commentò Claudia ridendo.
Tom chinò il
capo, sorridendo in quel suo modo bellissimo e speciale, poi
andò a raccogliere i propri vestiti. Prima di uscire si
fermò davanti a Claudia, la guardò con gli occhi pieni di
tenerezza, le carezzò la nuca e la baciò piano.
Era stata una lunga
strada, quella fatta insieme, iniziata molto tempo prima, piena di
difficoltà, fughe, silenzi. L’avevano percorsa, nonostante
l’asperità della via. Entrambi sapevano che
l’avrebbero rifatta tutta, pur conoscendone gli ostacoli.
Perché non
c’era niente di più speciale di essere lì, ora, a
guardarsi negli occhi con gioia, anche se dovevano rinunciare alla loro
notte per assistere Annika e Bill in un momento critico, ma anche
così importante. Erano pronti a questo passo da fare in comune,
il primo del loro matrimonio.
“Andiamo, zietta.” L’incitò dolcemente Tom; Claudia sorrise e lo prese per mano.
FINE
E siamo arrivati alla
fine di un’altra storia, adesso spero di potermi dedicare a
qualcosa di nuovo, perché ammetto che, anche se ho molto amato
questi personaggi, mi hanno un po’ stufato! Ci sto dietro da
troppo tempo, ho bisogno di rinnovare!
Spero davvero di aver
fatto un buon lavoro, anche se non credo sia una delle migliori cose
che ho scritto… Beh, ad ogni modo sta a voi dirmi cosa ne
pensate.
Io, per ora, voglio
ringraziare di tutto cuore quelli che hanno letto questa storia, anche
se temo di essermene persi un bel po’ per strada. Grazie,
comunque, per aver letto, aver messo la storia tra i preferiti ed aver
continuano a seguirla nonostante i miei tempi così lunghi.
Un ringraziamento
particolare a chi non ha mai smesso di spronarmi, come la mia cara
Princess (amora, mi manchi, dove sei?!), kit2007 (baciotti!) e Irina
(aspetto gli aggiornamenti!), la Cioppy (e scusami se ogni tanto sono
un po’ brusca!), Picchia (finalmente ti ho anche conosciuto!) e
tutte le fantastiche ragazze del forum delle AdulTh, anche se qualcuna
la storia non la leggerà mai, ma vi voglio bene lo stesso!
Un ringraziamento
anche per quelli che hanno commentato il capitolo precedente,
scusandomi se sono un tantino sbrigativa, ma giuro che vi ho tutti nel
cuore: Raffuz, Picchia, Pulse, titti09, Antonellina, Princess e Irina89.
Infine, un pensiero
tenero per i miei bambini. Più crescono più diventano
stupendi, restando sempre i soliti bischeri e ispirandomi ogni giorno
di più. Sono schifosamente orgogliosa di loro e gli voglio un
bene dell’anima, li amo ancora di più da quando li ho
visti suonare dal vivo. E, siccome senza di loro questo non ci sarebbe:
grazie di esistere Tokio Hotel!
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