Collide

di divinakanza
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Autore: Divina//KaNzA
Ispirata a :
Slam Dunk
Personaggi principali:
Hanamichi Sakuragi/Kaede Rukawa – Hisashi Mitsui – Altro Personaggio.
Rating:
Giallo (non definitivo)
Genere: Generale, het, yaoi.
Avvertimenti: La storia Riguarda per lo più Hanamichi e Rukawa , ma un ampio spazio sarà riservato ad Hisashi Mitsui.
I personaggi non sono miei ma del maestro Inoue, tranne quelli che non avete mai sentito nominare, che sono stati aggiunti da me come cooprotagonisti oppure personaggi di supporto.
Attenzione: Hisashi Mitsui, in questa ff è etero. Quindi non aspettatevi relazioni omosessuali che lo coinvolgano. La fan fiction è basta sulla canzone Collide dei Dishwalla, ma non è una song fic.

•Collide•
“When we collide we lose ourselves.
When we collide we break in two,
And as we push and we shove and we hurt the ones we love,
It's a hard mistake.
When we collide,
We break.”

•Capitolo 1

Era ormai giunto il tempo degli esami di ammissione all’università per i diplomandi del terzo anno al liceo Shohoku. La squadra di basket era finalmente riuscita ad aggiudicarsi il campionato nazionale. Le ragazze al solo pensiero che non avrebbero più visto il loro idolo alto e moro, piangevano disperatamente, e Hanamichi godeva, rumorosamente come sempre, delle loro lacrime. Ma i motivi erano diversi da quelli di due anni prima. I capelli di Haruko erano cresciuti. Ora aveva una graziosa pettinatura bruna con la frangetta. Hisashi Mitsui però, nonostante se ne fosse già andato da un anno era ancora sulla bocca di tutti. Ma il suo nome ormai non solo era conosciuto ben oltre i confini di Kanagawa, ma era diventato famoso per motivi che con lo sport centravano ben poco.
La fine dell’avventura chiamata scuola era agli sgoccioli, ma nella palestra risuonavano ancora le urla, i fischi e lo stridio delle scarpe da ginnastica che strusciavano sul parquet.
-Passa quella palla come si deve, mammoletta!-
Urlava Yoshimitsu ad un ragazzetto mingherlino ed imbranato del primo anno.
-Non tirartela novellino, pure tu fai schifo nei passaggi!- Lo rimproverò Hanamichi.
-Dovresti prendere esempio dal genio del basket! Osservami e vedrai come si esegue un vero passaggio! Fu fu fu- si vantò come sempre il tensai.
-Idiota!-
-Volpaccia bastarda, io ti ammazzo!!! Come osi insultare il tensai…!-
Lo sbraitare di Hanamichi aveva raggiunto le orecchie delle fan di Rukawa che miagolarono in coro:
-Hei scimmia, come ti permetti di insultare il nostro trivellone!-
-Zitte gatte morte! Quello non è certo il VOSTRO trivellone!...- rispose per le rime, volendo aggiungere che era il SUO trivellone, ma cercò di trattenersi. Nel frattempo il moretto, fece spallucce, si girò, riprese in mano la palla e alla faccia della squadra avversaria capitanata dal suo rivale dai capelli di fuoco, segnò un canestro da 3 punti. Decretando così la fine dell’incontro e la sua vittoria.
Hanamichi lo fulminò con lo sguardo e si trattenne dall’ucciderlo, pensando che l’unica salvezza di quella volpe malefica era che a letto fosse un dio. Rukawa contraccambiò lo sguardo ma disse:
-Se ti impegnassi un po’ potresti essere un giocatore quasi decente-
Ok, ad Hanamichi non importava più nulla né di Rukawa, né di quanto fosse bravo a letto. Questa volta l’unica cosa a trattenerlo a fatica dal non uccidere il suo rivale, furono quattro membri del team di basket.
-Ci risiamo!-  Esclamò Yoshimitsu esasperato.
Noma, Okuso e Takamiya, che avevano assistito a tutta la scena, ridevano a crepapelle sfottendo come al solito il povero rossino. Mentre Yohei e Haruko, sorridevano nostalgicamente pensando che di lì a poco tutto sarebbe finito.
-Sai, mi mancherà tutto questo.- Disse, quindi, Mito
-Anche a me. - Rispose Haruko.
-Se ripenso a tutto quello che è successo in questi tre anni di liceo, mi viene una gran nostalgia…-

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


•Capitolo 2

Un anno prima…
La primavera si respirava in ogni più remoto meandro della scuola. A partire dalle dichiarazioni d’amore sul tetto, alle coppiette che ci davano dentro nelle alule vuote.
Stava per cominciare il campionato interscolastico della prefettura. Tutti erano in fermento per questo; dopo la cantonata dell’anno prima al campionato nazionale, la scuola si aspettava che quest’anno sarebbe andata meglio.
Ormai Ryota era il capitano. La sua amata Ayako era sempre la manager, ma quest’anno si era aggiunta Haruko in qualità di aiutante. La palestra quel pomeriggio, era invasa da matricole speranzose che desideravano fare parte di quella che nella precedente stagione sportiva, si era dimostrata una grande squadra. Ryota, Hanamichi e Yasuda erano convinti che solo pochi eletti tra quei 22 aspiranti cestisti, avrebbero superato la prima settimana di allenamento, ancor meno il primo mese.
Il capitano Miyagi ed il suo vice Mitsui, stavano dando il benvenuto ai nuovi iscritti che si stavano presentando uno ad uno. Dopo una matricola bassa, gracilina che indossava un paio di occhiali buffi e rotondi, fu il turno di un altro nuovo aspirante membro.
- Yoshimitsu Takami! Un metro e ottantacinque centimetri di altezza, gioco come ala piccola! Molto piacere. –
Haruko notò che era decisamente carino: un sorriso caldo e lineamenti non troppo marcati, capelli lunghi neri e un po’ arruffati, raccolti per l’occasione in una coda mal riuscita. Era snello e alto e la brunetta si ritrovò a pensare che la lotta di popolarità quest’anno per Rukawa sarebbe stata dura. Già, quest’anno i pretendenti al titolo di idolo maschile della scuola, erano ben 5.
“l’immaaaanso” Rukawa era decisamente il favorito, ma Hisashi Mitsui era un degno rivale. In più a suo favore, giocava il fatto che era fin troppo disinibito con le ragazze. C’erano gruppetti di tifose di Hanamichi che una volta venuto a sapere che esisteva un fan club a lui dedicato, cominciò a fare il cretino per tutta la città blaterando che finalmente la sua genialità non poteva più passare inosservata. Il sopracitato Yoshimitsu, aveva buone chance di entrare nella rosa, considerato che oltre che bello, aveva anche aperto il tradizionale discorso di inizio anno scolastico. Si poteva presumere quindi, che doveva essere anche intelligente. In più uno studente del terzo anno, tale Takeo Futsubashi, faceva battere i cuori delle ragazze con le sue canzoni mielose. Infatti era la nuova promessa del pop giapponese. Non era quasi mai a scuola, ma se ci andava, di sicuro si faceva notare.
Gli allenamenti cominciarono ed Ayako notò che effettivamente, di giocatori validi ce n’erano. Quest’anno, la panchina, non avrebbe avuto solo il ruolo di tifoseria.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


•Capitolo 3

Qualche giorno dopo il primo allenamento, Hisashi tornando a casa da scuola fu fermato da un uomo alto, con i capelli brizzolati ed un sorriso leggermente mellifluo. Quest’uomo, gli porse un biglietto da visita dove c’era scritto “Yamada Toshirou - Talent Manager della Divine Production”
(ndK: Ogni riferimento a cose, persone od organizzazioni finalizzate alla conquista del mondo è puramente voluto lol).
Il signor Yamada, raccontò al numero 14 che alla sua agenzia cercavano nuovi volti per pubblicizzare un’innovativa linea di abbigliamento maschile, e lui era perfetto come modello. Il ragazzo declinò con tono indifferente l’offerta e si recò alla propria abitazione. Entrando notò che Eri aveva di nuovo lasciato in giro la sua bambola. Quindi la raccolse, e la mise in camera della sorellina. Lui adorava sua sorella, nonostante non fossero figli dello stesso padre. Il padre di Hisashi se ne era andato di casa 3 anni prima, e sua madre l’anno dopo si risposò con il capo dell’azienda presso cui lavorava. Dopo la separazione dal precedente marito, era molto abbattuta ed il signor Aoki che le era molto affezionato, passò molto tempo con lei. Da cosa, si sa, nasce cosa. Dopo una notte passata in un albergo fuori città, immerso nel verde e nella tranquillità della campagna, scoprì di essere incinta. Il signor Aoki, con sommo stupore della madre di Hisashi ne fu molto felice, e tempo 1 mese erano già in volo diretti alle Hawaii per la luna di miele. Anche suo figlio, felice per la madre che sembrava aver trovato nuovamente stabilità e felicità, una volta rimasto solo in casa si dedicò alla sua di vita sentimentale, se così si può chiamare. Invitò a cena una bella brunetta conosciuta la settimana precedente al karaoke, il giorno seguente, con la scusa che si sentiva solo, invitò la sua attraente vicina a prendere un tè, il giorno dopo ancora… bè che dire, ebbe due settimane veramente impegnate.
Dopo aver fatto un po’ di ordine nella cameretta di Eri, decise che era il momento di una rilassante doccia calda, ma non fece in tempo a chiudere la porta che il suo patrigno entrò in casa con in braccio la bambina:
- Hisashi, mi serve un favore! Puoi guardare Eri-chan? Io ho un impegno che non posso proprio rimandare- Disse allarmato.
Hisashi si sentì in qualche modo imbrogliato dal tono usato, ma accettò il compito e andò a prendere in braccio la piccola. Il signor Aoki salutò e fuggì a tutta velocità.
-Ok principessa, siamo soli soletti, che facciamo? – Chiese alla bimba sorridendo.
Era abbastanza stanco, quindi pensò di armare Eri di matite colorate e fogli di carta, mentre lui nel frattempo avrebbe fatto un po’ di noioso, ma rilassante zapping. Poi sarebbe andato a studiare. Non voleva essere bocciato una seconda volta.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


•Capitolo 4

Quando Hanamichi si svegliò, il sole era alto già da un pezzo e il gran mal di testa del giorno prima sembrava anche sparito, quindi  ritardo per ritardo, decise che se la sarebbe presa comoda. Si rilassò sotto la doccia, mangiò con tranquillità, si vestì lentamente e uscì di casa. Sua madre aveva fatto la nottata all’ospedale e non era ancora tornata, quindi non aveva avuto problemi (ndK: in tutte, ma tutte, ripeto: TUTTE le ff di slam dunk che ho letto la madre di Hanamichi è un infermiera… chi sono io per andare controcorrente? :-° ).
Camminò allegramente fino alla fermata del treno, che prese. Salito sul vagone, il suo buon umore peggiorò. Seduto su un sedile laterale stava beatamente addormentata una volpe dai capelli corvini e la pelle diafana. Hanamichi non riuscì a resistere, tolse il suo pranzo (che consisteva in uno scarno panino) dalla busta di plastica, poi ci soffiò dentro fino a farne un palloncino. Si avvicinò furtivo all’orecchio del suo rivale, e… il treno si fermò di botto facendo cadere il povero rossino con la faccia sul sacchetto gonfio. Rukawa, udì lo scoppio e si svegliò, realizzato che era arrivato alla fermata scese calpestando Hanamichi, di cui non si era minimamente accorto. Il numero 10 lo maledì con riti satanici, voodoo e altre pratiche di magia nera, e riuscì a scendere dal treno per un soffio.
Camminava per la via della scuola ad una ventina di metri di distanza dalla volpe, domandandosi perché mai non fosse arrivato in bicicletta. Sospettò che il ritardo fosse dovuto al fatto che “Rukawa è un pelandrone maledetto, se non dormisse così tanto anche sul campo da basket potrebbe quasi essere degno di rivaleggiare con me, che sono il genio del basket, nonché re dei rimbalzi”.
Arrivato all’edificio, corse quatto fino alla sua classe, aprì piano la porta dell’aula e strisciò abilmente fino al suo banco. Riuscì a raggiungerlo senza farsi vedere, perché l’ insegnante dava le spalle agli studenti, poiché era impegnata a scrivere sulla lavagna. La donna si girò verso i banchi attirata dai mormorii e dalle risatine. Guardò i ragazzi, c’era qualcosa di strano. Si, qualcosa era cambiato rispetto a 3 minuti prima. Fece mente locale… Non riusciva a capire. No! Un momento, chi era il lampione rosso? Prima non c’era!
Fermò la lezione, e senza proferire una sola parola, aprì il registro di classe. Con il dito scorse su tutti i nomi e poi si pronunciò:
-Hanamichi Sakuragi? Vai fuori! Non tollero i ritardatari! –
Il rosso si infuriò e cominciò a sbraitare che lui non era in ritardo, che la donna era ceca, e ben che peggio non aveva riconosciuto l’imperatore della scuola. La professoressa ascoltava indifferente tutto ciò che quel tipo strano stava urlando, dopodiché gli tirò un cancellino, indicò la porta e grido:
-FUORI DALLA MIA CLASSE! –
Hanamichi non seppe che rispondere perché percepì un brivido gelato che gli percorse la schiena. In oltre il suo feroce mal di testa era tornato, quindi non se la sentì di discutere ancora. Abbassò la testa, e con le mani in tasca si accinse verso la porta. Una volta chiusa appoggiò svogliatamente le spalle al muro e realizzò una cosa importante:
-Ma chi cavolo era quella?-
Già, non aveva mai visto quell’insegnante prima d’ora. C’era da dire, che era carina, una “maledetta mangia-banane”, ma era proprio una bella ragazza. Sembrava giovane, non doveva avere più di venticinque anni. Non esageratamente alta, nasino all’insù, fili di seta lunghi e neri che ricadevano lungo tutta la schiena, con grazia e morbidezza. Hanamichi ci pensò bene, e sarebbe tanto voluto essere a casa sua giusto per avere un po’ di privacy in quel momento. Si, era attratto dalla nuova insegnante, anche parecchio. Non aveva ben capito la materia, ma a giudicare dall’ora doveva essere la sostituta di quella di inglese. In effetti ora che si era un momento fermato a riflettere, ricordò qualcosa a proposito di una gravidanza, o roba del genere.

Finalmente l’ora era finita, e lui potè rientrare in classe, ma aveva ancora i postumi dell’ennesima lancinante emicrania. Mito, e il resto della classe al suo rientro scoppiarono tutti a ridere. Ma il genio era superiore a quella marmaglia di plebei. Quindi crogiolato dal suo spirito ottimistico andò a sedersi al banco.
-Hei, Yohei, ma quella è nuova?- chiese con un certo interesse.
-Si hai visto che pezzo di prugnetta?- Rispose l’amico con lo sguardo di un gatto randagio che sogna una succulenta bistecca.
-Si chiama Sayaka Minamori, 24 anni, laureanda in lingue all’università K. …- continuò –E a fine giornata saprò dirti di più.-
Hanamichi annuì con la testa, e visto che il suo mal di testa era ritornato, si appiattì sul banco. Ultimamente ne aveva avuti parecchi. Essere un genio, si rivelava, giorno dopo giorno, sempre più stressante.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


•Capitolo 5

Doveva aspettare la fine dell’ora per rientrare in classe. Era arrivato in ritardo per colpa di suo padre, come al solito del resto. Visto che c’era si sarebbe messo comodo con le spalle al muro, avrebbe incrociato le braccia, e avrebbe “comodamente” schiacciato un pisolino in piedi.
In quel momento, stava passando una ragazza del primo anno. Si fermò a guardarlo. Si, era decisamente un sogno erotico. L’irraggiungibile Kaede Rukawa, era davvero bello come tutte lo descrivevano. Era rimasta incantata da tanta grazia divina. Yukino, non era esattamente una sua fan, no, il suo cuore apparteneva a qualcun altro, ma in quel momento il suo sguardo era perso nel volto rilassato del numero 10 della sua squadra preferita. Infatti, proprio grazie ad un componente del team di basket,  aveva deciso di venire allo Shohoku.
Dovette però distogliere lo sguardo da quello spettacolo coinvolgente, per andare a prendere il materiale che le era stato richiesto dal suo professore.
Quando Il ragazzo si ridestò dai suoi sogni grazie all’aiuto della campana, ciondolò verso il suo banco e si sdraiò con la testa nascosta dal libro della seguente lezione. E manco a dirlo…eh si, ricadde in uno stato comatoso. Ora si ragionava: era molto più comodo dormire così che in piedi. E cullato da questo pensiero si abbandonò tra le braccia di Morfeo, poco importava se il professore strepitava come una furia.
Giunse dunque, l’ora della giornata più attesa. Gli allenamenti stavano per cominciare. Mentre imboccava per un corridoio, lo fermò una ragazza rossa in volto e che teneva stretta fra le mani una lettera sigillata con un cuoricino rosa. Lui la mandò gentilmente a “cagare”, come era solito fare con tutti. In fondo, una delle ragioni per cui era così ammirato erano i suoi modi dolci ed educati.
Finalmente era negli spogliatoi. Si cambiò, e andò in palestra. Il capitano, il vice, e altre  tre matricole erano lì. Gli altri, compresa la sua ossessione, stavano arrivando.
Già la sua ossessione; il sedicente genio del basket popolava da quasi 6 mesi i sogni del moretto. E non erano sogni molto casti. Si svegliava nel cuore della notte tutto sudato ed anche abbastanza turbato da queste fantasie. Nulla fino a quel giorno in spiaggia, lo aveva mai turbato. Tutto quello che sapeva è che voleva essere il migliore nel suo sport preferito. Gli bastò un solo sguardo, e un momento dopo non sapeva più nulla.
Era sulla sua bici, con la fedele sfera arancione e gli immancabili auricolari, quando dirigendosi verso il campetto passò davanti alla spiaggia. Era il tramonto, e la luce rosata si estendeva per tutto il litorale. Si fermò per ammirare lo spettacolo, quando lo vide. Il rosso era in compagnia di quella là. Si, proprio lei: l’oca maledetta che lo perseguitava.
Ma si fissò su Hanamichi, il suo primo pensiero fu “ma perché invece di perdere tempo così, non si concentra sull’allenamento?”, quando successe. La vista di lui, in costume da bagno che rideva e che si divertiva a giocare nell’acqua come un bambino lo folgorò. Era bello, luminoso, sexy…Sexy? Bello? LUMINOSO? Cinque stupidi secondi gli avevano fottuto il cervello. Era leggermente confuso, ma rimase li a guardare incantato, come se fosse stato sotto un incantesimo. Voleva andare veramente al campetto, ma non riusciva a distogliere lo sguardo. Un turbinio di pensieri contrastanti vorticava nella sua mente, e per un solo istante avrebbe desiderato essere nell’acqua insieme a lui, al posto di quell’inutile cretina. Rimase a fissare il suo compagno di squadra fin quando il rosso e quell’odiosa dell’Akagi non se ne andarono.
Quella notte, tornato a casa, non riuscì, per la prima volta nella sua vita, a dormire. La sua testa gli faceva strani scherzi, e non riusciva a smettere di pensare ad Hanamichi. Verso le 4 di mattina, andò a farsi una doccia fredda, perché proprio non ce la faceva più. A partire dal giorno che seguì quell’episodio, non staccò mai più gli occhi dal rossino.
Ed ora eccolo là che entrava, sorridente come al solito, in palestra. Si pavoneggiava come al solito con quella scema. Ultimamente la Akagi stava dedicando un po’ troppe attenzioni al numero 10. Non si sarebbe mai esposto, per carità, scendere a quei livelli non sarebbe stato da lui, ma andò dritto da lei  a chiederle con tutta la gentilezza del mondo una bottiglietta d’acqua, e avrebbe fatto in modo di sfiorare le sue mani. Kaede odiava Haruko, non che gli avesse fatto qualcosa di male, ma lei e quelle oche delle sue fan, lo distraevano durante gli allenamenti con tutti i loro cori e strepitii. Gli ricordavano vagamente le unghie su una lavagna. Ma era seriamente intenzionato a mantenere vivo l’interesse dell’aiuto manager nei suoi confronti. Così che Hanamichi non avesse speranze con lei.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


•Capitolo 6

La campanella rimbombò per tutti i corridoi e le aule, perfino nello stanzino dove Hisashi Mitsui si stava sollazzando con una pollastrella del secondo anno. Aveva l’ora del pranzo sempre occupata da una ragazza diversa quasi ogni giorno. Una volta finito, si diedero entrambi una sistemata alle uniformi sgualcite, poi lei gli passò un bigliettino con scritto il suo numero di telefono:
-Chiamami!- cinguettò soddisfatta, saltellando fuori dallo stanzino.
Lui era indeciso se tenere o meno il biglietto. Lo guardò a fondo come per trovarci una risposta: così fu. Si, era abbastanza carina, quindi lo ripose nella sua tasca.
Aprì la porta dello stanzino col l’intenzione di andarsene, e davanti sorprese una giovane donna che lo osservava con un’espressione tremenda sul volto.
“Ops… beccato. Ora si che sono fottuto!” Un pensiero che riassumeva molto bene l’accaduto, ed anche le disastrose conseguenze.
- Ho visto quella ragazza uscire e mi sono incuriosita…- Disse imbarazzata – Cosa stavate facendo?- Continuò timorosa della risposta.
“Che domanda, devo farle un disegnino?”
–Ehm… come dire… le stavo spiegando il modo giusto di spazzare il pavimento…- Si inventò sul momento, anche se non era poi così lontano dalla verità.
-…- L’insegnante non sapeva che rispondere, quindi stette un po’ in silenzio a fissare insistentemente un bottone allacciato male nel mezzo del petto del ragazzo mentre cercava di formulare una frase corretta e coerente. Chiese il nome al ragazzo e lui rispose. Hisashi era dannatamente teso, in quel momento stava orrendamente prendendo coscienza del fatto che poteva venir espulso.
-B…bene Hisashi Mitsui, in settimana verrò a parlare con tua madre!-
Bene, ora si che era invaso dal panico, e mentre la donna si allontanava, lui non riuscì a resistere alla tentazione di fissare i suoi fianchi che oscillavano.
Dopo essersi risvegliato dalla sua momentanea trance, andò in classe pensando ad un luogo il più lontano possibile dove scappare.

Finite le lezioni, si diresse verso gli spogliatoi. Si cambiò ed andò in palestra, dove incontrò gli altri. Le matricole erano già al lavoro, Miyagi li osservava con occhi sadici e il numero 14 sapeva bene il perché: il gorilla era stato spietato con loro, perciò era giusto che gli attuali membri soffrissero quanto, se non più di loro. Nel frattempo Mitsui e Ayako, stavano organizzando le formazioni per una partita, matricole VS. secondo e terzo anno. I titolari erano: Yoshimitsu come ala, Tokuma come centro essendo molto alto, Ikaragi, Matsuda, e Yuta. Per l’altra squadra Sakuragi avrebbe giocato come centro, mentre Rukawa, Mitsui e Myagi avrebbero giocato nelle loro rispettive posizioni. In più nella squadra ci sarebbe stato anche Yasuda. Finalmente il suo grande momento era giunto!
Yoshimitsu marcava Rukawa, e sorprendentemente ne fu all’altezza, anche se incontrò molte difficoltà.
Tokuma Youichi, d’altro canto, vista la sua eccezionale altezza di  due metri e tre centimetri aveva difficoltà a competere con Myagi in quanto ad agilità. Ma tutto sommato Ayako decretò che Akagi avrebbe avuto un degno successore.

Hanamichi decise di dare una lezione al numero 11, quella volpe non poteva mettersi in mostra di nuovo, non mentre Harukina cara guardava ammirata le prodezze del genio. Dunque cominciò a marcare il novellino al suo posto quasi scatenando nuovamente una lite. Ma non importava, perché a causa del mal di testa aveva fatto schifo durante tutto il primo tempo e buona parte del secondo.
Ad un certo punto, quando riuscì a prendere la marcatura, durante un tentativo di dribbling cadde. Mito e gli altri cominciarono a ridere a crepa pelle, ma Anzai interruppe la partita. Hanamichi non si rialzava; era sdraiato per terra e teneva i palmi della mano strettissimi attorno alla fronte e urlava a squarcia gola. Aveva le lacrime agli occhi e tutti si radunarono intorno a lui preoccupati. Ayako si chinò su di lui anche se inutilmente, poiché non aveva la più pallida idea di cosa fare, mentre Mitsui, anche lui preoccupato era intento ad allontanare il resto della squadra per lasciar respirare il suo compagno.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Mi scuso umilmente con i lettori per non aver aggiornato per molto tempo, ma avevo il pc rotto e quindi ho potuto aggiornare solo ieri. Fortuna che ero andata almeno 3 capitoli avanti prima dell'ennesimo crash del mio pc. In 3 mesi mi si è rotto 4 volte ed in totale lo avrò avuto sotto mano si e no una settimana. Poi, per me che son pc dipendente, è un casino starne senza. Se mi facessi di coca sarebbe meno dura stare in astinenza °_°. Orsù, bando alle cazzate ed andiamo avanti con l'aggiornamento. Ma prima vorrei ringraziare tutti quelli che hanno letto sta roba, e ringraziare anche chi ha commentato. La divina passa e chiude.

•Capitolo 7

Il numero 10 non riusciva a smettere di urlare, il dolore era dilaniante. Si sentiva come se un trapano tentasse di uscirgli dalle tempie. Fortunatamente dopo poco la fitta si affievolì e riuscì a rialzarsi. Il vecchio coach lo mandò a cambiarsi e lo invitò a tornare a casa. Ma ovviamente il genio del basket non poteva interrompere i suoi preziosissimi allenamenti per una fittina piccina, o due… o tre. Perciò il numero 11, lo afferrò e tentò di trascinarlo verso gli spogliatoi. Evvai! Era l’occasione giusta, tutti avevano visto che era stato lui ad aggredirlo, quindi poteva picchiare la volpe artica come e quanto voleva.
-Hai fatto schifo- Lo interruppe il moro.
Hanamichi si calmò di colpo e rimase a fissarlo inebetito.
-Non sei in grado di giocare in queste condizioni, quindi vattene che interrompi il ritmo degli allenamenti. Magari domani quando ti sarai riposato riuscirai a tenere in mano il pallone decentemente, anche se non ci conterei troppo.- proseguì Rukawa.
Hanamichi non disse nulla. Voleva ucciderlo, certamente, ma non valeva la pena andar in carcere per lui, e poi quella maledettissima volpaccia bastarda aveva ragione: non era in grado di giocare, perché l’emicrania si era solo placata, ma non sparita.
Quando rientrò in casa, vide sua madre intenta a controllare le bollette.
-Ciao tesoro, come mai così presto?- Lo salutò senza distogliere lo sguardo dalla sua attività.
-Avevo il mal di testa e me ne sono andato prima- Spiegò lui senza soffermarsi troppo.
-Domenica prossima se non sbaglio hai un’amichevole nel pomeriggio vero?-
-Si, perché?-
-Perché ho preso il pomeriggio libero per vederti finalmente giocare, a causa del lavoro non ci sono mai riuscita.-
Cosa? Sua madre veniva a vedere una partita? Era il momento giusto per dimostrare quanto valeva. Era al settimo cielo e corse ad abbracciarla.

Le giornate si stavano allungando, e non era ancora buio. Prese in braccio Kira, la sua bellissima gatta nera, e si sedette sul divano a vedere un po’ di tv mentre accarezzava il folto pelo nero dell’animale. Non riusciva a togliersi dalla mente le urla di Sakuragi. Erano strazianti. Kaede era preoccupato; molto preoccupato. Decise di andarsi a fare una doccia, quindi lasciò la gatta sul divano e andò a spogliarsi in camera per poi raggiungere il suo bagno privato.
Cenò da solo, come al solito. Poi fece una passeggiata verso la spiaggia. Non prese la sua fedele bici viola. Aveva bisogno di camminare per distrarsi. Le grida del ragazzo di cui era perdutamente innamorato, rimbombavano ancora nella sua testa. Arrivò al cancello di uno stabilimento balenare molto modesto, lo scavalcò agilmente e raggiunse il bagnasciuga. Era notte, ed i lampioni erano accesi. Era un peccato, perché la vista del faro non era granché godibile. La spiaggia di notte era sempre molto rilassante, e poi c’erano molti ricordi, anzi solo uno che valeva per una vita Era lì che l’aveva guardato la prima volta. Certo l’aveva già visto prima, ma mai guardato davvero. Soprattutto non in quella maniera. Ed era come se fosse di nuovo lì davanti a lui, riusciva a vedere il suo corpo ricoperto con una maglietta bianca a maniche corte e dei jeans rotti, con i suoi capelli rossi arruffati che ondeggiavano al ritmo della brezza. I suoi occhi castani  che lo fissavano infuocati… Cavoli era proprio lui! Ed  era lì, non era un’immagine mentale. Sembrava anche piuttosto incazzato.
-Hei Rukawa, che cazzo ci fai qui?-
-Come stai? Ti sei ripreso?- Gli chiese in tono che a chiunque sarebbe sembrato glaciale, ma che in realtà era il suo usuale modo di esprimere preoccupazione.
-Hei stronzo, non cambiare discorso! E’ tutta colpa tua!-
Il moretto non aveva idea di cosa stesse farneticando il compagno e si limitò ad emettere il solito
–Hn…-
-Oggi quando sono tornato è venuta Harukina cara a casa mia e mi sono dichiarato. Ha detto che ci deve pensare, perché non sa se è ancora innamorata di te! Hai capito? Deve pensarci! E’ tutta colpa tua!- Sakuragi lo afferrò per il collo della maglietta e lo spinse.
No, un attimo. Frena! Quella babbuina deve pensarci? A che cavolo deve pensare, è un dio in terra e quella deve pensarci? No cavoli, non è questo il punto. Il punto è che se ci pensa, c’è qualche speranza per loro…No, no, no! Rukawa non poteva permettere una cosa del genere.
-Che hai fatto?- Urlò di rimando preoccupatissimo, la volpe.
-Hai capito!E’ tutta colpa tua!-
Tutto quello che successe dopo è abbastanza prevedibile.
Quando si riunirono in palestra il giorno dopo, l’allenatore Anzai li piazzò in panchina e non li fece schiodare da lì per tutti gli allenamenti. Ayako stava medicando le ferite e i lividi.
-Per quale motivo vi siete picchiati stavolta?- Chiese incuriosita lei al numero 11.
Bè, Ayako sarà pure sveglia, ma questa era decisamente una domanda retorica. Comunque la successione di eventi fu più o meno questa: Kaede colto dalla gelosia e la confusione dichiarò il suo smisurato amore per Haruko, mentre tentava di trattenere il vomito. Sakuragi si tratteneva solo dall’ucciderlo, non certo dal picchiarlo a sangue. Quindi ci fu una rissa.
Il numero 11, non curandosi affatto delle attenzioni che la manager stava riservando al suo viso ferito continuava a guardare Hanamichi, che purtroppo o per fortuna non ricambiava lo sguardo, ma era intento a borbottare qualcosa circa la sua genialità e il fatto che non poteva allenarsi. Continuava a tormentarsi per una frase detta, o meglio sbraitata,  dal rossino durante la colluttazione. Le parole testuali furono
 – Se tu non esistessi la mia vita sarebbe migliore!-
Lo avevano ferito più di quanto il rivale potesse immaginare. Non era la prima volta che se lo sentiva dire, ma di sicuro aveva fatto più male del solito sentirselo dire da una persona che amava sul serio.
Era tutta colpa di quell’oca giuliva. Era lei che non doveva esistere. Ecco!
Il moro si diede mentalmente del da’ho per quell’attacco di infantilità, ma non sapeva proprio come gestire i suoi sentimenti, questa strana situazione, e il dolore che le procurava il poco delicato tocco di Ayako.
Bè forse un’idea l’aveva avuta.
-Ayako mi fai male- Disse infine.
Quindi La manager chiese ad Haruko di fare cambio. Lei stava curando il rossino ed entrambi erano visibilmente imbarazzati. Lui aveva perfino smesso di mugugnare. Ma Kaede si accorse perfettamente dello sguardo assassino che gli era stato lanciato dall’altra panchina.
Bè poco male, se lo meritava. Non può arrivare un Haruko qualunque e soffiarglielo senza il suo permesso! 
La ragazza era tutta intenta a medicarlo, ma riusciva a mantenre a stento la concentrazione, visto che la volpe la stava fissando profondamente con quegli splendidi occhi blu. Per non collassare, lei pensava a tutt’altro, ma con scarso successo.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


•Capitolo 8

Mentre le due teste calde scaldavano la panchina e gli altri giocavano, qualcun altro era impegnato ad aspettare un’insegnante nella propria abitazione. Quella lì aveva scelto proprio un bel momento per andare a trovare la madre, anzi, a non trovare. Infatti la signora Aoki era a godersi una romantica vacanza con il proprio marito. Questo era uno dei vantaggi di essersi accaparrata il capo.. Hisashi era stato ben attento a non menzionare il fatto alla professoressa. Nel frattempo per ingannare l’attesa, aveva fatto un po’ di pulizia e badato alla sorellina.
Il trillo del campanello preannunciava la visita dell’insegnante.
-Salve Minamori-sensei.- salutò cortesemente il ragazzo aprendo la porta. Poi invitò la donna ad entrare e l’aiutò a togliersi il soprabito con molta galanteria. La fece accomodare nel salone e andò a preparare il tè.
Sayaka cominciò a guardarsi intorno ammirata. Quella stanza era arredata finemente e con ottimo gusto. Mobili occidentali pregiati, tappezzeria dai colori delicati e un contorno di eleganza lo dava il meraviglioso lampadario di cristallo che rifletteva una luce arcobaleno per tutta la stanza.
Quando Hisashi tornò con in mano il vassoio, lei, chiese di poter parlare con la madre.
-Guardi, mia madre ha avuto un’emergenza lavorativa ed ora è in viaggio verso Kyoto. Non sarà di ritorno prima di una settimana, forse di più…-
L’occhiata lanciatagli dalla donna, fu decisamente eloquente. Lei non disse nulla, ma lui aveva capito perfettamente che quella lì avrebbe votato la sua vita a perseguitarlo e torturarlo.
-Bene- disse Minamori con un sorriso così falso da mettere i brividi – allora qui non ho nulla da fare. Ho solo perso tempo…- si alzò stizzita dalla sedia e stava per avviarsi verso l’uscita quando Hisashi la fermò.
-Mi spiace che abbia perso il suo tempo, mi permetta di offrirle una cena. Sarà il mio modo di scusarmi.-
L’offerta risultò allettante. Sayaka faceva davvero schifo in cucina e la sua coinquilina era, forse, addirittura peggio. Mangiare quella robaccia preconfezionata non giovava alla sua linea perfetta.
Una cena decente, ma soprattutto gratis non le avrebbe fatto male. Quindi spinta, dal suo senso del dovere; ovvero quello di controllare da vicino un suo studente, accettò l’invitò.
Hisashi da perfetto uomo di casa preparò la cena. Cucinare gli risultava naturale quanto giocare a basket. Sayaka nel frattempo se ne stava tranquillamente sprofondata nel divano, ed era a suo agio come fosse stata a casa propria. Quel mobile era così morbido e caldo. Ed anche se era primavera inoltrata era confortevole. Ed il televisore… oddio era immenso! Non stava seguendo nessuna trasmissione particolare, ma sarebbe stato un vero spreco non vedere quella televisione gigantesca con una definizione da capogiro. Non le importava molto di essere poco educata in quella maniera. In fondo quel teppistello sciupa femmine non l’aveva avvertita dell’assenza della madre. Poco male. Avrebbe scroccato una cena e avrebbe vissuto immersa in quello che a lei sembrava un lusso sfacciato, almeno per una serata.
-La cena è in tavola!-
Faticando a trattenere l’acquolina (dall’odore doveva essere tutto squisito), si alzò, anche se un po’ di malavoglia, dal divano e trotterellò fino alla cucina. Davanti a lei vide passare uno gnomo con le codine. Dopo aver riflettuto un momento, si ricordò che gli gnomi non esistono, quindi doveva essere per forza un bambino, o meglio, una bambina.
Eri correva urlando intorno al tavolo della cucina, ed Hisashi la guardava sorridendo mentre finiva di apparecchiare. Si appoggiò allo stipide della porta, guardando quella scena tenera. Poi si ridiede una ricomposta e andò a sedersi.
Hisashi intanto aveva appoggiato la piccola al seggiolino e le aveva messo il bavaglio. Mentre il ragazzo stava sistemando meglio il seggiolino vicino al suo posto per poterla imboccare meglio, Sayaka domandò leggermente perplessa:
-Chi è quel cucciolo di essere umano?-
-Mia sorella minore, commentò distrattamente Hisashi, mentre cercava di posizionare il broccoletto nella bocca di Eri, che di verdura proprio non voleva saperne.
-Ah! Considerando quello che dicono di te a scuola, ho pensato fosse tua figlia.-
Hisashi sorrise -Ci sto sempre molto attento- aggiunse infilando un altro boccone nella boccuccia imbronciata di Eri.

La serata trascorse tranquilla. Finirono di cenare tra una chiacchiera e l’altra. E poi guardarono un po’ di tv, mentre Eri dormiva accoccolata in braccio al fratellone. La professoressa si rivelò decisamente infantile ed impudente per una ragazza della sua età. Ma ad Hisashi sembrava tenera con quel suo modo di fare diretto. Era ormai notte. Da gentiluomo che era il moro mise a letto Eri e le diede un leggero bacio sulla fronte mentre la piccola dormiva della grossa. Poi prese il soprabito della professoressa e l’aiutò ad infilarselo. Poi prese il suo, di cappotto se lo mise ed accompagnò la professoressa a casa. Fortunatamente l’appartamento dell’insegnate non era molto distante.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Evvai! Da qui cominciano i guai, perchè sono a più della metà del capitolo 11 e son bloccata di brutto *_*. Spero che questo capitolo vi piaccia. Sto cercando di allungare i capitoli ma non è facile, anche perchè tempo ed idee sono quelle che sono. Ringrazio tutte le persone che seguono questa storia. Alla prossima.

•Capitolo 9

Era il grande giorno. Sua madre si era anche messa in tiro per vederlo giocare. Era stracarico. Avrebbe steso un bulldozer… Ma per colpa di quella dannata volpe, lui non avrebbe potuto dimostrare a sua madre che razza di genio era! Sempre colpa sua. Mai una volta che nella sua vita andasse qualcosa per il verso giusto! E tutto grazie a quel maledettissimo Rukawa. Il mal di testa non era fortissimo, anche se bussava con insistenza alle tempie. Se fosse riuscito a convincere il coach a farlo giocare avrebbe fatto faville sul campo.
Infatti dopo aver insistito tutto il primo tempo,  e considerando che Sendo stava mettendo a segno un canestro dopo l’altro, Anzai fece rientrare sia il rosso che la volpe.
-Hei non è giusto, ha cominciato lui, vecchio grassone!- Stavolta non poteva farla passare liscia al numero 11. Doveva mettersi in mostra a tutti i costi. Era il grande evento! Festa nazionale! Lì c’era sua madre, mica uno spettatore qualunque.
Nel frattempo, Rukawa gli era passato di spalle biascicando un “da’ho” non troppo gradito. Dopo qualche starnazzo di disapprovazione, finalmente Hanamichi si calmò, sorrise sicuro di se stesso e giustamente pensò: <>
Il secondo tempo contro il Ryonan, non fu esattamente una passeggiata. Rukawa stava attaccato al culo di Sendo come un francobollo su una cartolina, ma questo non bastava. Visto che una parte dei titolari erano poco più che pivelli, centrare un tiro come dio comanda era un’impresa ardua. Per giunta il Ryonan, non sembrava risentire dell’abbandono dei membri più anziani come lo Shohoku. Vincere  sembrava decisamente impossibile. Yoshimitsu però, con un bel numero 8 stampato sulla sua maglia, si smarcò facilmente da un membro della squadra avversaria ed intercettando un passaggio veloce del novello capitano segnò un magnifico punto da sotto canestro. Non solo, rubando la palla a Koshino dribblò con qualche difficoltà Fukuda e passò rapidamente la palla al numero 14 che la imbucò abilmente guadagnando altri 3 punti.
Ora la palla era del Ryonan, ed Hanamichi che aveva giocato bene anche se non al top, andò a marcare il capitano avversario. Sendo ora si ritrovava con Rukawa e Sakuragi a marcarlo stretto.
Il 7 dai capelli dritti si girò e sorrise al numero 10 rosso. Ad Hanamichi ovviamente, questa sicurezza del porcospino non piaceva minimamente, ma poi si accorse che lui aveva smesso sia di sorridere che di palleggiare ed alzò una mano.
-Arbitro! Interrompa la partita!- Gridò.
Hanamichi e Kaede rimasero di sasso.
Sendo buttò via la palla e si avvicinò con uno sguardo misto tra lo stupore e la preoccupazione al rosso.
-Hanamichi…le tue orecchie…stai bene?- Chiese con un filo di voce.
Sakuragi non capiva, guardò perplesso Rukawa che lo stava fissando terrorizzato. Portò una mano all’orecchio destro, poi guardò le sue dita ed erano piene di sangue.
E poi ci fu solo il buio…

Aprendo gli occhi, quello che vide fu un soffitto immacolato e candido. La luce che filtrava da un punto imprecisato alla sua sinistra, suggeriva che fosse l’alba, oppure il tramonto. Girò leggermente la testa e c’era sua madre seduta che stava sfogliando velocemente una rivista.
-Mamma…-
-Oddio tesoro, come ti stenti?- urlò la signora senza accorgersene, mentre correva al capezzale del letto del figlio.
-Come se un tir mi fosse passato sopra. E poi subito dietro c’era un treno… credo… o forse era solo un autobus…- Lui ci scherzò sopra, ma sentiva i conati di vomito salirgli fino in gola. Il suo mal di testa stava martellando vigoroso e si sentiva tutti gli arti intorpiditi.
-oddio piccolo mio…-
Un signore distinto con il camice bianco, dai capelli neri e corti, con gli occhiali spessi, ma che non nascondevano i bellissimi occhi color notte, fece educatamente capolino nella stanza.
-Signora Sakuragi, devo parlarle un secondo, potrebbe uscire?-
-Subito- La donna si avviò nel corridoio con gli occhi lucidi.
Dall’amplia finestra che separava la stanza dal corridoio, Hanamichi vide una sagoma corvina fissarlo serio. Era Rukawa con la sua solita espressione, ma stavolta c’era qualcosa di diverso. Il rossino non capiva cosa, ma aveva altre preoccupazioni. Le espressioni, o meglio: le non espressioni, della volpaccia non erano la sua priorità. Gli fece cenno di entrare e vide gli occhi della volpe nera spalancarsi.
Quando fu abbastanza vicino, gli chiese come mai si trovava in quello strano posto.
-Sei svenuto.- Rispose a voce bassa Kaede
-E come?- Chiese stupito…
-Sei caduto… come quando uno sviene…-
Hanamichi non capiva se quello lì lo faceva apposta per farlo imbestialire o ci era proprio…
-Quello che ricordo è che stavo per mettermi a marcare Sendo perché tu sei una volpe incapace…-
Rukawa non sapeva che dirgli: un “sai ti sanguinavano le orecchie e sei cascato a terra come una pera cotta” non gli sembrava molto delicato. Perfino lui sapeva che in certe situazioni bisognava usare tatto. Quindi optò per uno dei suoi eloquentissimi
-Hn…-
 Ormai aveva fatto un po’ di chiarezza nella sua mente ed aveva capito che si trovava in ospedale.
Sapeva benissimo che riuscire a cavare una parola di bocca a quella stupida volpe sarebbe stato difficilissimo, e considerando che non era al top, scelse la resa.
Notò che da dietro la porta, un ciuffetto di capelli castani si sporgeva timoroso.
-Harukina !-
La ragazza entrò timidamente, seguita dalla meno timida brigata Sakuragi.
Nessuno osò emettere fiato mentre si avvicinavano al letto dell’amico.
Mito rimase un po’ spiazzato vedendo Rukawa.
-Hei Hanamicchi, hai fatto un botto mentre cadevi come uno scemo!- Lo sfottè Takamiya, anche se un po’ sommessamente.
Okuso e Noma diedero man forte al ciccione, prendendo un po’ in giro il malcapitato rossino, che non aveva di certo la forza per sbraitare come al solito, ma di sicuro riusciva ancora a piazzare testate decise. E mentre i tre giacevano a terra Hanamichi chiese ad Haruko e Mito a cosa fosse dovuto lo svenimento. Il numero 11, il teppista e la brunetta si scrutarono con un’occhiata di complice preoccupazione. Un velo di apprensione aleggiava nella stanza ed il ragazzo coi capelli rossi, buttò un occhio alla porta e vide la madre che piangeva consolata dal dottore.
Ok, qualcosa decisamente non quadrava. Cominciava sul serio ad essere turbato…
Mito infine, spezzò quell’inquietante incanto di silenzio dicendo:
-Perdona i ragazzi. Nessuno qui sa nulla, e siamo tutti preoccupati.- Mentì a metà.
-Già, tutta la squadra è con te, non deluderci!- Cinguettò con falsa allegria la Akagi.
Rukawa, voleva strozzarla, affogarla, percuoterla, darle fuoco per scioglierla infine nell’acido, ma pensò che tutto sommato aveva ragione e quello non era né il momento, né tantomeno il luogo adatto per un omicidio, che era però giustificato almeno dal suo punto di vista.
La banda ed Haruko salutarono e se ne andarono.
- E tu che cazzo ci fai ancora qui?- Chiese Hanamichi al suo rivale.
- Aspetto che mio padre abbia finito di parlare con tua madre, e torno a casa con lui.-
- Guarda che a parlare con mia madre c’è solo il dottore… -
Ah! Il padre di Rukawa era il dottore. Oltre che popolare era pure ricco. Ma quanto poteva essere odioso?
-Ed in cosa è specializzato? Sentiamo…- Lo disse sperando che la risposta fosse qualcosa tipo
allergia alle merendine. Un po’ per l’inquietudine, un po’ perché non era giusto che il padre di Rukawa fosse un medico. Era una professione troppo nobile per uno che aveva avuto la pessima idea di mettere al mondo un tipo come la volpaccia.
Rukawa a quella domanda posò lo sguardo fuori la finestra, trovando decisamente interessanti i riflessi del vetro. Era buio ormai, e i suoi lineamenti erano contorti dalla tristezza. Hanamichi restò perplesso, doveva essere messo proprio male se addirittura il suo nemico naturale era così preoccupato.
-E’ un oncologo- Un sussurro, quasi un gemito di rassegnazione.
Gelato. Hanamichi aveva appena ricevuto una martellata bestiale. Vedendo che tutti erano in pensiero già un po’ era allarmato, ma questa non se l’aspettava proprio.
Voleva dire qualcosa, qualsiasi cosa sarebbe andata bene, ma non riusciva ad aprire bocca. Si limitò a fissare Rukawa che fissava la finestra con gli occhi lucidi.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Sono finalmente riuscita a sbloccare il capitolo 11. Per poi ritrovarmi in totale fase di stallo al 12. Che bello! In oltre, si sa, il tempo è tiranno. Anzi è un vero e proprio bastardo. Non riuscirò ad aggiornare tanto frequentemente. Sono sopraggiunti degli impegni che devo rispettare. Cercherò comunque di fare del mio meglio. Vorrei spendere qualche parola per una mia altra Fic: Somewhere in the middle. Oltre a fare schifo, è anche grammaticalmente discutibile. Ma c'è un punto preciso su cui volevo andare a parare: resterà incompiuta. Ho scritto in tipo dieci minuti i primi due capitoli, solo perchè non riuscivo ad andare avanti con questa che è il mio progetto principale. Tutto qui. Ho finito. Passo e chiudo... e buona lettura.

•Capitolo 10

-Toc toc!- 
-Avanti.- si sentì rispondere Hisashi.
Il numero 14 seguito da tutto il resto della squadra stava entrando nella stanza d’ospedale di Hanamichi. Cercò di sembrare tranquillo, come gli altri del resto. Ovviamente si vedeva lontano un miglio che tutti i sorridi erano a dir poco forzati. Tenendo in mano un vaso di fiori quasi più grande di lui, Myiagi barcollava pericolosamente dietro il letto, cercando un punto per posarli.
Hanamichi voleva rimanere almeno un solo secondo da solo, ma si rassegnò al fatto che fosse una missione impossibile, quindi salutò cortesemente. Aveva già cominciato il ciclo delle cure e non aveva energie sufficienti per cacciarli. Se avesse potuto lo avrebbe senz’ altro fatto.
Hisashi mandò Ayako ed Haruko al distributore al piano superiore. Aveva sete e disse loro di comprare the verde per tutti. Yasuda andò con loro di spontanea volontà, se così si può dire. Già, la dolcissima Ayako lo prese per un orecchio e lo trascinò per quasi tutto il tragitto. Tornarono dopo circa 3 minuti pieni di bevande.
Hisashi si prese una sedia e ci si mise a cavalcioni abbracciando lo schienale. Mentre gli altri si sistemavano per terra, su sedie, sul divanetto scomodo posizionato proprio sotto la finestra che dava sul cortile, su sedie raccattate un po’ di là e un po’ di qua, Mito, Okuso, Noma e Takamiya facevano il loro solito fragoroso ingresso. Yoshimitsu non aveva mai parlato con loro, ma gli ricordò, che se nessuno l’avesse notato, quello era un ospedale e dovevano essere più discreti. Il numero 8 ancora non sapeva che da quel momento in poi avrebbe avuto un bersaglio perenne proprio al centro della sua schiena.
-Allora, come va?- domandò Mito sedendosi sul letto di Hanamichi stando bel attento a non schiacciare i tubi della flebo.
Yoshimitsu lo stava per riprendere quando sentì una mano minacciosa toccarli la spalla, e colto da un brivido si interruppe ancor prima di dire qualcosa che secondo Noma avrebbe influenzato negativamente la sua intera esistenza.
-Giusto stamattina ho parlato con il dottore. Ho un tumore al cervello- informò raggelando tutti i presenti. Poi scoppiò a ridere come uno scemo col suo solito modo di fare da megalomane. Hisashi era pietrificato. Lui che aveva sempre una risposta pronta per ogni evenienza, non aveva la più pallida idea di cosa dire. Era leggermente sconcertato da quella risata sguaiata come al solito, del sedicente genio.
-Non preoccupatevi, il padre di quel mentecatto di Rukawa mi ha assicurato che con qualche ciclo di chemio potrei guarire. Non dimentichiamoci che io sono un genio, è una robina piccina picciò figuriamoci se mi può sconfiggere. Non perderò contro qualcosa di così piccolo.-
Nessuno osò parlare. Nessuno osò ridere. Tutti sapevano che era qualcosa di serio visto il reparto in cui si trovava, ma ognuno aveva sperato fino all’ultimo che ci fosse un errore. E la conferma si infilava nelle loro orecchie come una coltellata che tagliava ogni briciolo di illusione.
Mito, che era di fronte a lui sorrise.
-Ma certo che ce la farai, come al solito. Lo sanno tutti che devono fermarsi col rosso, giusto?-
-Vero? In fondo io sono un genio!-

Rukawa voleva piangere. Cazzo! Quei bastardi erano andati li per consolarlo ed era lui a consolare loro? Ma come si fa? Quei figli di prugna secca! Non riusciva a capacitarsi del coraggio dimostrato da Hanamichi, sentiva che con una persona del genere accanto lui sarebbe stato una persona migliore, ma dopo il poco pacifico scambio di opinioni alla spiaggia, sentiva che non sarebbe mai potuto accadere. Di certo una speranza non l’aveva mai avuta, però… Non era giusto che lui amasse quella babbuina della Akagi e snobbasse lui. Non lo era per niente. E nel frattempo, mentre continuava a crogiolarsi nei pensieri formulati da quella mente distorta e confusa era passata già l’ora delle visite. E pian piano tutti i compagni si dirigevano fuori dalla stanza salutando calorosamente. Mito scattò giù dal letto velocemente e si girò stringendo la mano dell’amico.
-Non ti preoccupare, andrà tutto bene.-
-Perché? Ne dubiti forse?- replicò fieramente Hanamichi.
-Nessuno ne dubita- Detto ciò se ne andò mestamente, cercando di rallentare i passo per allontanarsi dall’amico il più lentamente possibile. Fuori dalla stanza, si rigirò, sorrise e poi sparì dalla vista.
Solo Rukawa rimase in quella stanza bianca. Cominciò a mettere un po’ d’ordine. Raccolse le lattine sparse in giro, sistemò l’enorme vaso di fiori trascinato a fatica dal capitano portandolo proprio di lato al comodino. Non c’erano biglietti. Hanamichi non lo sapeva, ma i suoi amici avevano comprato una bustina bianca. Quel giorno erano saltati gli allenamenti perché tutti appena entrati in palestra si erano radunati in torno al banco di Ayako per decidere una bella frase che desse coraggio al loro compagno. Niente, era passata un’ora e tutte le proposte fatte suonavano troppo banali. Alla fine decisero in sintonia che di un biglietto non ce ne era affatto bisogno. Gli avrebbero dato una spinta semplicemente andando a trovarlo e portando un po’ di allegria e di casino. Ma nessuno si immaginava che dopo la vangata in piena nuca nessuno avrebbe avuto una cosa sensata ed intelligente, tanto meno allegra, da dire. Solo Mito in quella confusione si era esposto saggiamente.
-Che cazzo fai? Vattene!-
-Metto in ordine e aspetto che mio padre finisca il turno- Rispose seccamente il moretto continuando a mettere in ordine le sedie.
Il rosso cominciò a sentirsi un po’ a disagio, il silenzio della volpe lo metteva in agitazione. Avrebbe voluto picchiarlo, ma i farmaci che l’infermiera gli aveva somministrato pochi minuti prima cominciavano a fargli sentire i primi effetti.
Rukawa interruppe quell’atmosfera irreale ed ovattata dicendo:
-Sono cazzate vero?-
Hanamichi sobbalzò e domandò a se stesso di cosa parlasse quel mentecatto artico.
-Intendo il fatto che non hai paura- Rukawa scandì a bassa voce le parole. Poi aggiunse, sorprendendo Hanamichi che stava partendo in quarta con uno dei suoi soliti sproloqui riguardo la sua immensità in qualsiasi cosa:
-Io al tuo posto ne avrei…-
In effetti si era pavoneggiato a grande eroe che non ha paura nemmeno del drago più temibile, ma era decisamente in pensiero per quella situazione. Non voleva morire, e sapeva che il pericolo di non farcela era reale. Aveva ancora troppe cose da fare, troppe femmine da ingravidare e troppe volpi da uccidere. Ormai le sue certezze erano crollate e stava faticando a costruirsene altre. Non poteva evitarlo, l’unica cosa che sapeva era che doveva andare avanti. Non importava come. Era suo preciso dovere reagire, soprattutto per sua madre che aveva già perso il marito solo pochi anni prima. Non poteva farla soffrire di nuovo, visto che era colpa sua se suo padre era morto.
Non poteva però, mostrarsi debole di fronte al nemico, quindi raccolse tutto ciò che a suo parere era charme e sfidò la volpe
-Fortuna che io non sono un cerebroleso come te-
Rukawa non disse nulla, continuava a spazzare in terra come fosse in trance, ma con la sua solità inespressività che non lasciava trapelare la minima emozione. Hanamichi si limitò a sbuffare e si mise a guardare il limpido cielo stellato che si intravedeva dalla finestra.

Il ciclo della chemio era orribile. Ogni 3 secondi Hanamichi doveva andare in bagno a vomitare. Fortunatamente per lui i suoi capelli erano ancora molto corti, quindi non risentì particolarmente della caduta. Però non aveva mai fame e questo inquietò non poco sua madre che lo forzava a mangiare qualsiasi cosa di commestibile. L’unica cosa che mangiava di buon grado era la mela che Haruko gli sbucciava ogni giorno dopo gli allenamenti, quando lei andava a trovarlo. Con lei si presentava puntualmente anche Rukawa, cosa che in effetti al genio non andava, appunto, a genio. Secondo il suo poco modesto parere, quei due passavano troppo tempo insieme. Il tragitto scuola-ospedale non era lungo, ma non andava comunque bene. L’unica cosa che lo stupiva è che dopo che la brunetta se ne andava, la volpe rimaneva sempre lì accanto a lui. Per la maggior parte del tempo, il moretto si limitava a starsene sul divano a dormire o far finta di leggere riviste sportive mentre dormiva. Quando Hanamichi gli chiedeva con la sua solita cortesia di scaricatore di porto di andarsene, lui rispondeva secco che doveva aspettare il padre.
La madre di Hanamichi lavorava nell’ospedale dall’altra parte della città. Purtroppo per lei i turni erano massacranti e ogni secondo che aveva libero cercava di trascorrerlo con il figlio. Purtroppo per lei, Hanamichi per quanto potesse voler bene a sua madre, voleva anche un po’ di privacy. Tra lei, la volpe, la squadra e gli amici, non aveva avuto un attimo da solo da quando era arrivato in ospedale. Per giunta si sentiva anche troppo debole per andare a prendere un po’ d’aria in cortile.
A causa dei continui conati di vomito, del malessere causato dal trattamento e dal mal di testa che di scomparire non ne voleva sapere, il rossino si sentiva sempre più depresso e meno motivato. Quando succedeva c’era sempre Rukawa a dirli che tanto stavano vincendo partite su partite anche senza di lui.
Ovviamente Hanamichi, gli ricordava senza remora che senza il re dei rimbalzi prima o poi avrebbero finito di capitolare visto che lui era senza alcun dubbio l’arma vincente della squadra e tutte le vittorie erano puri colpi di fortuna, senza alcun merito, soprattutto senza alcun merito del numero 11 che era il più incapace della squadra. Rukawa si limitava ad ignorare i suoi insensati sproloqui e se ne ritornava tranquillamente a dormire.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Dunque, dunque...La cosa più strana di me è che sono logorroica. E' strana perchè io ho troppo da dire, ma quando mi ritrovo nella situazione di dover parlare di cose precise, non so mai come cominciare. E' per questo che mi ritrovo sempre in difficoltà quando devo scrivere queste brevi parentesi. Devo parlare di una cosa, e comincio a straparlare dicendone un'altra, perchè non so mai come cominciare. Bè, ormai ho risolto il problema. Vorrei approfittare di questo spazio per ringraziare i lettori, che sono davvero tanti. Ma sopratutto vorrei ringraziare chi ha commentato. E' imperdonabile non averlo fatto prima, ma riallacciando il discorso della logorroicità, ho troppo da dire e non so come farlo.

    rahide : Ti capisco, le RuHana sono magiche. Come si fa a vivere senza?

    clare : Grazie mille per i complimenti. Ammetto che tengo accanto a me un dizionario dei sinonimi per rimpolpare per bene la storia con più aggettivi possibili. Trovare sempre parole differenti per indicare una sola cosa è a dir poco estenuante.

    Misako90 : Grazie. Sto cercando di aggiornare il più in fretta possibile. Purtroppo il tempo e la voglia sono quelle che sono.

    bichan : Credo che siamo in tante ad avere un altarino dedicato al maestro. Mi sembra il minimo. Se ci sono le chiese, perchè non possono esserci altarini per adorare e venerare come merita, Inoue? So che l'idea della malattia non è proprio felice, però mi è sembrata commovente. Non volevo comunque costruire un'aria troppo pesante, anche se l'argomento è delicato e soprattutto una realtà drammatica per molte persone, purtroppo. Per quanto riguarda Micchan, mio unico ed eterno amore (gli altri sono solo sesso XD), Hai sicuramente capito bene, ma non hai capito tutto. Questo perchè delle cose dovranno essere capite più in là. Altrimenti che gusto c'è? :D Come scopo di vita mi sono prefissa di finire almeno una fan fiction (Si lo so, la mia vita è triste XD), e voglio che sia questa. Quindi continuerò a pubblichare. Cercherò di farlo il più rapidamente possibile, ma per quanto sia triste la mia vita, di tanto in tanto dovrò pur viverla :). Alla prossim

•Capitolo 11

La signora Mitsui in quel periodo stava lavorando parecchio. Nell’azienda di suo marito si era venuta a creare una strana situazione dovuta a dei controlli fiscali che non coincidevano con il reale bilancio, e la ditta stava rischiando la bancarotta ed il signor Aoki la galera.
La donna era totalmente certa che l’errore non fosse dovuto al marito e che lui non ne sapesse nulla. Ed aveva ragione. Il contabile Shouji Mitaka, un baldo giovane che cercava insistentemente di farsi una formosa impiegata del reparto vendite, aveva commesso un errore di trascrizione ed ora la polizia stava sollevando mari e monti per trovare una sola scusa per affondare la barca e tutta la sua ciurma.
Hisashi era fermamente convinto dell’innocenza del patrigno. Ultimamente il signor Aoki e sua moglie trascorrevano intere notti ed interi giorni in ufficio, a ricontrollare ogni singola fattura, lasciando la piccola Eri in compagnia dell’anziana nonna paterna che era sempre molto felice di ospitare la sua graziosa nipotina.
Era un sabato. Gli allenamenti non c’erano. Il sabato il club si riuniva solo in vista di una partita imminente.
Hisashi finite le sue lezioni raggiunse l’aula di musica. Quella settimana non aveva toccato nessuna ragazza. La principale ragione fu il suo amico, seguivano le faccende giudiziarie della sua famiglia, che però era più che sicuro che avrebbero avuto un lieto fine. Si mise a sedere sullo sgabello in fronte al piano e si accese una sigaretta riflettendo sulle sue frustrazioni. Per quanto potesse essere un tipo positivo, credeva che con Hanamichi dovesse quanto meno prepararsi al peggio, poiché se mai fosse venuto il tempo del “troppo tardi”, allora non si sarebbe ripreso. Non che glie lo augurasse, tutt’altro. Lui non era un tipo devoto alla fede, ma pregava con tutto se stesso che Kami o chi per lui, facesse un miracolo. Non era di certo il miglior amico di Sakuragi, ma gli era comunque parecchio affezionato. Durante quell’anno si erano avvicinati parecchio anche con il Guntai. Di tanto in tanto, quando aveva del tempo libero usciva con loro, e sempre in loro compagnia si era preso belle sbronze terminate con divertenti bagni di mezzanotte alla spiaggia.
Era seriamente intenzionato ad andare a trovare il compagno in ospedale, ma vedendo la coltre di nubi che minacciavano un nubifragio in piena regola, decise di sostare un po’ di più a scuola. Si sentiva una vera merda. Non c’era termine più adatto. Una scusa davvero patetica quella della pioggia. Un po’ d’acqua non ha mai ucciso nessuno, ma vedere Hanamichi in quello stato sarebbe stato un duro colpo. Non era una giustificazione, ormai non ne cercava più. Andava in ospedale solo con i compagni. Da solo sarebbe stato troppo duro.
Forte. Un carattere di ferro. Questo fantasticavano di lui le ragazze quando spettegolavano con le proprie amiche. Di certo non era una femminuccia, ma si sentiva anni luce distante da un vero uomo. Ritornò con la mente a quando aveva attaccato Ryota. Vigliacco. In 5 contro uno e lui era ugualmente finito all’ospedale. Debole oltre che vile.
-Non si fuma a scuola. E poi sei anche minorenne.- Lo sorprese così una voce femminile.
Dovette mettere a fuoco per un secondo quella figura sinuosa in controluce. Era Minamori-sensei.
Da quella cena a casa sua erano passati pochi giorni. Giorni nei quali lui l’aveva pensata spesso. Era carina. Un po’ rude e sfacciata, ma allo stesso tempo dolce. Senza contare che era anche molto sexy.
Hisashi, la guardò per un momento poi decise di ignorarla. Non gli andava granchè di parlare o subire ramanzine. Quindi distolse lo sguardo posandolo su un qualcosa di indefinito alla sua sinistra.
-Che stai facendo qui?- Indagò lei avvicinandosi.
-Fumo- evase lui.
-Questo lo vedo, piccolo delinquente. Intendo, come mai sei qui, al buio con l’aria cupa.-
-Rimugino.-
-Su cosa?- Rincarò lei.
Ormai non aveva scelta. Lui indubbiamente provava qualcosa per lei. Lo sconfinato desiderio di portarsela a letto, ma quello non era né il luogo, né tantomeno il momento adatto. Doveva sbottonarsi un po’, o non se la sarebbe tolta dai piedi. Tutto quello che desiderava era, appunto, starsene a rimuginare al buio, con l’aria cupa.
-Sul fatto che sono una vera merda. Un amico del cazzo e un figlio inutile.- sospirò.
-Ah… perchè?- Chiese sbarrando gli occhi e reclinando leggermente la testa di lato.
Un bel “che palle” mentale, girava vorticosamente tra gli altri pensieri del moro.
-Il mio amico è in ospedale e non ho abbastanza palle per andarlo a trovare. I miei stanno passando una bufera con la legge ed io non ho la più pallida idea di come aiutarli.-
-Quindi?-
Lui la guardò come fosse una sottospecie di ameba. Come quindi?! Gli aveva rivelato in quattro e quattr’otto di essere la persona più orribile sulla faccia della terra, e quella lì fa domande così idiote? La tremenda voglia di farsela, scemò in un secondo.
Lui stette un po’ in silenzio. Non aveva idea di cosa rispondere ad un “quindi” in quel contesto. Anzi, a dirla tutta, non c’era proprio nulla a cui rispondere. Era una domanda stupida. Punto.
-Non mi sembra una cosa grave- Disse appoggiandosi con la schiena alla finestra ed incrociando le braccia.- A quanto ho capito stai attraversando un momento difficile. Credo che sia normale ritrovarsi spaesati in questi casi, specialmente alla tua età. Quando sembra tutto supr gigantesco in confronto a te.  Sappi che gli ostacoli sono insormontabili solo prima di affrontarli. Piantala di rimuginare al buio e con l’aria cupa e agisci. Le voci corrono qui a scuola. So di quel lampione rosso che è arrivato in ritardo alla mia prima lezione. So anche dei tuoi genitori. Non che tu possa fare qualcosa, ma hai comunque il dovere di stare vicino sia al tuo amico che alla tua famiglia. Non devi far altro che ascoltare… Visto? Non è così complicato.-
Hisashi corrugò le sopracciglia e meditò un momento. Si, sembrava effettivamente, che quelle parole avessero un senso. Buttò la sigaretta a terra e con un piede la calpestò. Si avvicinò alla professoressa e le diede una piccolo bacio sulla guancia.
-Grazie- sussurrò poi al suo orecchio.
Lei spalancò gli occhi, e lo vide andare via.
-…prego…- sussurrò lei con le ginocchia leggermente tremanti, quando lui aveva già lasciato la stanza.
Non era un oncologo e nemmeno un avvocato, ma avrebbe sfoderato il coraggio e non per niente lo chiamavano anima ardente, e sarebbe per prima cosa andato a trovare il suo amico.
Deciso si avviò all’uscita, ma si bloccò sul portone quando notò la pioggia scrosciante. 
-‘fanculo!- si rivolse sprezzante verso la pioggia. Corse a perdifiato verso l’ospedale.
Dalla porta perpetuamente aperta della sua stanza, Hanamichi notò una figura. Dapprima, pensò che fosse un demone acquatico o qualcosa del genere, poi si rese conto che era solo un Hisashi Mitsui  totalmente fradicio.
Nell’arco di un nanosecondo, si stupì e poi si risentì. Quel baciapiselli, non si era mai fatto vivo da solo.
Cominciava seriamente a pensare che di lui, al numero 14, non fregasse nulla.
-Come va?- Salutò il ragazzo posando per un secondo gli occhi su una volpe delle nevi che dormiva sul divanetto alla sua destra.
-Mh… Così così- rispose con la stessa convinzione con cui un bradipo corre.
Un silenzio imbarazzante, interrotto solo da qualche tuono, saturava la stanza.
Hisashi non disse nulla, ma si limitò a sistemarsi sulla sedia vicino al letto dell’amico.
L’amico in questione non lo guardava nemmeno. Sebbene era contento della visita, era irritato per quelle che erano state mancate.
-L’altra volta, hai detto di essere sotto chemio. I dottori che dicono?-
Hanamichi sbarrò gli occhi e dopo un attimo di esitazione cominciò a parlare. Dopo aver spiegato le sue condizioni, i vari esami effettuati, le terapie svolte e da svolgere e accertatosi che la volpe se la dormisse della grossa, cominciò letteralmente a vomitargli addosso ogni paura ed incertezza. Sapeva che con Hisashi poteva parlare di tutto. Nonostante fosse una testa calda ed un idiota, sapeva che poteva fidarsi ciecamente. Ed in più di un occasione il teppista si era dimostrato discreto e maturo su molte questioni, senza contare che aveva un modo particolare di far sentire a proprio agio ogni interlocutore. Erano finalmente soli ed il rosso aspettava da molto tempo un’occasione per potersi sfogare, Hisashi ad ogni parola di Hanamichi sentiva un pezzo di cuore creparsi, ma stoicamente si limitò a guardare gli occhi lucidi del compagno e ad annuire di tanto intanto.
“Gli ostacoli sono insormontabili solo prima di affrontarli eh? A me sembra che anche la scalata non sia una passeggiata” Si ritrovò a pensare, mentre ascoltava attento ogni dubbio del rosso.
Hisashi per tutto l’arco del tempo, non aveva pronunciato una sola parola. Aveva lasciato che il compagno gli passasse una parte del suo pesante fardello ed anche se sentiva la gravità schiacciargli le spalle continuò a non far trapelare i suoi pensieri all’esterno della sua testa.
Rukawa, si svegliò mentre Hanamichi parlava. Sentì tutto. Continuò ad ascoltare quel lacerante discorso facendo finta di dormire. Gli rodeva il fegato come poche altre volte in vita sua. La sua inutilità lo frustrava e moriva dalla voglia di spaccare tutto. Si sentiva come quando sua madre lo aveva abbandonato portando via con se solo suo fratello. Kaede non era mai riuscito a spiegarsi come mai sua madre lo odiava così tanto. Solo quando trovò una foto di una donna che gli somigliava in maniera impressionante riuscì a mettere un po’ insieme i pezzi. Ma qualche laguna c’era ancora. In fondo quella donna che lui aveva sempre chiamato Mamma lo aveva cresciuto. Ma poi se ne era andata lasciandogli come ultimo ricordo delle parole di dispresso:


-Se tu non esistessi la mia vita sarebbe migliore!-
La stessa frase che gli aveva urlato contro Hanamichi quella sera alla spiaggia. Non ne avevano più parlato. Kaede sentiva un enorme mostro gelatinoso che cominciava a masticarlo dall’interno del suo fegato. Sapeva che dopo la dichiarazione, lui e Haruko non avevano fatto nemmeno il più piccolo accenno a quella storia, ma non poteva evitare di pensare che se non avesse fatto nulla in proposito quei due presto avrebbero indossato il vestito bianco.
Aveva una brutta sensazione. Era certo che Haruko provasse qualcosa per Hanamichi. Lei aveva cominciato ad ignorarlo prestando sempre più attenzione al rosso. No… Non era tipo da rimuginare sulle cose: doveva agire. Non sapeva come, ma quando ne avrebbe avuto l’occasione si sarebbe inventato qualcosa sul momento.
Kaede sentì Hisashi salutare ed andarsene. Si rigirò su di un fianco mugugnando e continuando a far finta di dormire.
-Tu invece quando cazzo te ne vai?- Chiese il rosso con l’educazione che sempre lo ha contraddistinto.
-Nh?...parli con me?- biascicò.
-E con chi altro?-
-Sto aspettando mio padre…-
-See see…-

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


L'ho ritrovata finalmente. Era nascosta tra le cianfrusaglie nel cassetto della scrivania. Ho cercato parecchio, ma alla fine eccola quà : l'Ispirazione. Devo ammetterlo. Sono particolarmente soddisfatta di questo capitolo che non avevo idea di come sviluppare, ma che alla fine si è scritto da solo. Non so perchè, ma mi piace. E spero piaccia anche a voi.
  • bichan : Ciao e grazie del commento. Mi hai fatto notare una cosa. Rukawa non spicca così tanto come Hisashi ed Hanamichi. E' vero. Rileggendo spiccano più il teppista e il pel di carota, ma Rukawa è un personaggio davvero ostico con cui trattare. Sia nel fumetto che nell'anime non si capisce mai a che cosa pensa. Più di una volta mi sono chiesta: ma se lui fosse un personaggio reale gli ormoni li avrebbe? Certo, di sicuro è una domanda meno utile della solita "Perchè siamo qui" e "da dove arriamo", ma non si può stare tutto il tempo a filosofeggiare XD. Si anche per me hanamichi e Mitsui sarebbero ottimi amici; infatti nelle altre storie che ho cominciato (e che mai pubblicherò perchè fanno davvero schifo), Hisashi è il consigliere personale di Hanamichi. Ho deciso di concludere questa fic (ci volessero anni, mannaggia), perchè ci ho messo molto di mio e di alcune esperienze personali. più che nelle altre. E soprattutto è l'unica di cui ho in mente una fine ben precisa. Cosa che con le altre...che te lo dico a fare? Vabè auguro a te e a tutti gli altri: buona lettura.

•Capitolo 12

No, frena! CHE? Che cazzo ha detto quel mentecatto narcolettico? Lo ama? Hanamichi era leggermente imbarazzato, mediamente incazzato ed oltremodo sconvolto.
Dunque, il punto della situazione era più o meno questo: Haruko gli aveva detto che provava qualcosa per lui e stava prendendo in seria considerazione l’idea di diventare la sua ragazza e Rukawa gli aveva confessato il suo amore. Sembrava limpido, chiaro come il sole. Certo lui era uno stallone e non c’era da stupirsi se tutti gli sbavavano dietro, ma qualcosa non tornava comunque. Che cazzo c’entrava Rukawa in tutto ciò? Ma non amava Haruko? E Lui? Perché non camminava a sei metri da terra visto che la brunetta gli ha dato ad intendere che forse per loro due c’era una speranza concreta?
Ma procediamo con ordine. Ecco come andarono le cose.
La chemio era sfibrante. I suoi amici non andavano a trovarlo quasi più in ospedale, se non venivano chiamati dal diretto interessato. Questo non perché si fossero dimenticati di lui, ma perché il rosso quasi mai era in condizioni coscienti decenti per riuscire a mettere in fila una frase senza vomitare. L’unico che stava fisso lì era Kaede Rukawa che nonostante le proteste non schiodava. Il suo incubo in qualche modo stava diventando qualcosa di meno odioso. Per lo più quella volpe, si rannicchiava sul divano a dormire. Però quand’era sveglio parlavano, anche se sarebbe più corretto affermare che si scambiavano insulti in modo civile. Hanamichi si azzardava a pensare che forse poteva considerarlo quasi un amico. Ma quel moro era strano. Lo provocava continuamente e poi se ne usciva con frasi tipo.
-Ci manchi in squadra.-
E Hanamichi, ci rimaneva di sasso tutte le volte per la sorpresa. E percepiva bene che in quel “ci” era compreso anche il numero 11, che pian piano si dimostrava sempre più amichevole. Lui non era un gran parlatore, ma Hana aveva notato che sapeva calibrare bene le parole e quando apriva bocca non era per darle semplicemente aria. Ovviamente questo lo rendeva più odioso. Ma anche il rosso pian piano cominciava ad aprirsi di più a quello là. E gli parlava. Quando non vomitava ovviamente.
Per quanto riguardava Haruko, invece, lei andava a fargli visita quasi tutti i giorni portandogli una mela. Lui di certo faticava non poco a mangiarla, ma era felice. Di solito ad accompagnarla c’era Mito che era stato nominato “portavoce” del Guntai. Ogni tanto andava a trovarlo anche il resto della squadra e della banda, ma raramente. Anche le visite di Mitsui erano frequenti, ma Hanamichi avrebbe gradito che la volpe durante le loro conversazioni si andasse a costruire una tana al polo nord.
Tra gli argomenti di cui parlavano Hanamichi ed Hisashi, spuntava spesso Minamori-Sensei. La professoressa mora che lo aveva cacciato dall’aula tempo addietro. Hisashi gli confidò che quasi tutti i giorni si vedevano nell’aula di musica per fumare una sigaretta insieme e parlavano molto. Hanamichi sentiva il compagno molto preso. Parlava di quanto fosse bella Minamori-sensei, di quanto fosse dolce Minamori-sensei, di quanto fosse intelligente Minamori-sensei… Hanamichi decise senza sindacalizzazioni esterne, che Hisashi era cotto dell’insegnante. E gli sembrava strano. Dopo le battute e gli sfottimenti indirizzati all’amico durante le prime uscite, aveva dovuto arrendersi all’idea che era popolare con le ragazze. Dove andava, Hisashi rimorchiava. Era una realtà e il fatto che le sue battute suonassero piene di invidia, era un rospo parecchio grosso da ingoiare. Vederlo così preso da qualcuna, era una esperienza forse più unica che rara.
Poi accaddero dei fatti singolari che scossero lievemente Hanamichi.
Haruko era andata a trovarlo da sola.
-Hanamichi, dovrei parlarti – e guardando Rukawa aggiunse timidamente –in privato, se non ti dispiace-
Rukawa recepì l’antifona. Ecco perché rimase incollato al divano guardandola scontrosamente a braccia conserte.
-Vacca bastarda, schiodati da quel dannatissimo divano e vai sul marciapiede. E’ quello il tuo posto!-
Kaede sollevò contrariato un sopracciglio e senza dire niente, ma fissando fulminante quei due, se ne andò trascinandosi dietro un’aura omicida. Quello che il rosso non sapeva però, era che Rukawa restò nel corridoio ad una vicinanza tale da poter ascoltare la conversazione.
Haruko aveva appena tirato fuori la solita mela dalla borsetta, e anche il solito coltello. Hana notò che le sue mani tremolavano leggermente, e il grazioso viso della ragazza era perfettamente intonato con i capelli del ragazzo.
-Sakuragi, devo parlarti seriamente di una cosa che mi sta molto a cuore…-
Hanamichi sobbalzò. Aveva uno strano, ma non brutto, presentimento.
-Dimmi Harukina- Sibilò con la sua solita faccia da idiota.
-Ti ricordi quel giorno che sono venuta a trovarti a casa?-
Il cuore di Hanamichi perse un colpo, ma trovò la forza di annuire e di arrossire violentemente.
-Quel giorno ho detto che dovevo pensarci e l’ho fatto.-
Il ragazzo era spaesato. Quella frase era il preludio di qualcosa che poteva trascinarlo all’inferno o in paradiso.
-Vedi, io non ho ancora preso la mia decisione, sono molto confusa…- continuò con tono flebile continuando però a sbucciare la mela con gesti insicuri – Parlare con te, stare in tua compagnia, è stato sempre piacevole. E mi dispiace di non essermi accorta dei tuoi sentimenti. Ultimamente non ho fatto altro che pensare a quello che mi hai detto e mi sono resa conto che forse anche io provo qualcosa per te. Solo che come ho già detto, sono molto confusa sui miei sentimenti, ed ho bisogno di alcune conferme. O meglio, ho bisogno di mettermi il cuore in pace prima di dirti di si.-
Eh?! Il senso dell’ultima frase era decisamente ambiguo. Hanamichi cercò in vano di tradurre in una lingua che lui sarebbe riuscito a capire ciò che la ragazza aveva detto. Nella mente del rosso si facevano strada pensieri sconnessi. Il suo cuore gli ricordava un martello pneumatico e la sua nausea saliva con l’agitazione.
La ragazza, fece ben attenzione a non incrociare i suoi occhi con quelli di lui. Era già nel panico. Hanamichi non riusciva a spiccicare più di una sillaba. Era quasi paralizzato. Haruko finì di sbucciare la mela e la poggiò su un piatto. Lei non riusciva più a sopportare quell’atmosfera. Salutò e se ne andò di corsa lasciando Hanamichi attonito. Appena uscita dalla stanza, vide lui. Quello che era stato il suo grande amore dalle scuole medie. Lo fissò per un secondo di mortale imbarazzo, avendo capito che lui aveva ascoltato ogni singola parola e di nuovo corse via.
Kaede era furibondo. Qualsiasi giuria avrebbe giudicato non colpevole se lui avesse preso la ragazza e staccato la sua bruna ed inutile testa a morsi. Si, ammazzarla nel modo più cruento possibile era sicuramente legale, legittimo e insindacabilmente giusto.
Tremava Kaede, ma cercò di calmarsi. Una volta riuscito in quell’impresa, rientrò nella stanza. Con le mani in tasca si accasciò sul divano e fissò intensamente il compagno che aveva lo sguardo fisso sulla porta.
-Che stupida!- Se ne uscì la volpe scatenando le ire del rossino.
-Che cazzo hai detto? Ripetilo se hai fegato!- sbraitò Hanamichi riprendendosi da quello stato di trance.
-Ho detto che è stupida!- Rincarò la volpe alzandosi dal divano e raggiungendo a passi pesanti il letto del paziente.
-Bè adesso che la mia Harukina non ha più occhi per te sei invidioso- Si pavoneggiò fiero il rosso.
-No. E’ che non capisco-
Hanamichi, non capì bene quello che Rukawa voleva esprimere con quella frase, dato il suo tono come dire… rassegnato. Quindi, data la sua nota genialità, gli affibbiò un senso che gli avrebbe permesso di uscire vincitore da quella discussione.
-Cos’è che non capisci? Non dirmi che sei talmente vanitoso da pensare che una ragazza possa preferire te a me? Non dimenticarti che io sono il genio e tu sei solo un pezzente!- Sorrise beffardo.
Rukawa si avvicinò ancora più solennemente al letto di Hanamichi. E si sedé proprio lì sopra fissando quegli occhi nocciola con tanta intensità da far arrossire Hana. Sfiorando con i polpastrelli la mano del rosso, e continuando a mantenere lo sguardo perso in quelle iridi castane sussurrò:
-Non capisco. E’ stupida, perché se io avessi una persona speciale come te che mi ama, non esiterei un momento a dirgli di si.-
Gelo totale. Quella volpe maledetta l’aveva preso in contropiede. E lo confondeva. Perché mai il suo cuore doveva battere così prepotentemente a quelle parole e alla vista di quegli occhi?
Mentre i due si fissavano, dalla porta spuntò il dottor Rukawa che richiamò il figlio per andare a casa.
Rukawa annuì e grato al padre per il perfetto tempismo, se ne andò silenziosamente, senza salutare come il suo solito.
Hanamichi quella notte non dormì.
Kaede nemmeno. Aveva il cuore in subbuglio. Si era reso conto di aver fatto qualcosa di davvero azzardato, ma non era forse questo quello che voleva? Aveva deciso di agire e aveva agito, ma la tachicardia come conseguenza non l’aveva calcolata. La cosa peggiore era che lui al contrario di quel Da’ho aveva capito immediatamente il discorso di Haruko, e sapeva anche cosa sarebbe successo.
Infatti come pronosticato, il giorno seguente Haruko lo chiamò sul tetto della scuola all’ora di pranzo.
Svogliatamente il moro si presentò all’incontro. Lei era già lì, ed era turbata.
-Che vuoi?- esordì sgarbatamente.
-E-ecco Rukawa io…- Titubante Haruko fece un bel respiro e disse tutto in un fiato – io ti amo, vuoi uscire con me?- Ansimante la ragazza, strinse i pugni al petto, ansiosa di ricevere una risposta.
-Vai a cagare!-
Rukawa lasciò il tetto con passi veloci e pesanti come macigni lasciandola di sasso.
Era andato tutto come doveva andare. Haruko era già pronta a sentire il proprio cuore andare in pezzi. Però non in quel modo. Era stato troppo duro con lei. Copiose lacrime cominciavano a farsi largo tra le sue rosee guance.
Quel pomeriggio Haruko non si presentò né agli allenamenti, né all’ospedale. Finite le lezioni si precipitò di corsa a casa a piangere sul suo cuscino più caldo e morbido. Ormai era libera dalla trappola di quell’amore non corrisposto durato 3 anni.
Rukawa ringraziò il primo dio che gli venne in mente. Era palese che quell’oca giuliva non si era presentata in ospedale a giudicare dall’atmosfera tranquilla. Entrò nella stanza, buttò la cartella da qualche parte e si gettò di peso su quello che ormai era il suo divanetto.
-Che c’è?- Domandò scorbuticamente Hanamichi.
Rukawa lo fissò stanco per un secondo. Fece uno sforzo immane per alzarsi. Chiuse tutte le tapparelle dell’enorme vetrata che davano sul corridoio. Anche quelle della porta a vetri e poi chiuse anche quella.
-Che cazzo stai facendo mentecatto?- Si sentì chiedere con tono decisamente poco gentile che puntualmente ignorò.
-Devo parlarti- asserì sedendosi sul letto di Hanamichi.
-Che cavolo vuoi?- Domandò il rosso in evidente imbarazzo. Probabilmente si era ricordato del giorno prima.
-E’ una cosa seria. Piantala di strepitare come una cagna in calore e ascoltami.-
Respirò profondamente, non era preparato a quella conversazione, ma prima o poi quel demone andava affrontato e se la fortuna fosse stata dalla sua, magari anche sconfitto.
-Oggi la Akagi si è dichiarata-
La volpe notò la perplessità sul volto di Hanamichi e si affrettò a chiarire il suo dubbio.
-Ha detto che doveva mettersi il cuore in pace. Voleva dichiararsi ed essere respinta.-
Fissando più attentamente la testa rossa di Hanamichi, poteva chiaramente vedere una lampadina accendersi.
Tutto fu chiaro improvvisamente per quella testa calda di fronte a lui, che però non gradì l’interpretazione dei fatti. A testimoniarlo erano le sopracciglia che si erano corrugate un attimo dopo la scoperta. Cominciò a dire qualcosa, ma fu subito interrotto dal moro.
-L’ho respinta.-
Hanamichi si bloccò un istante. Ma lui non era innamorato di lei? Ne era sicuro, glie lo aveva detto alla spiaggia tra un cazzotto e l’altro. Il rosso aprì un secondo la bocca per chiedere spiegazioni che in fondo nemmeno gli interessavano, ma fu di nuovo prontamente bloccato dalla kitsune.
-Non la amo. Mai amata e nemmeno riuscirei ad amarla. Anzi, non c’è una persona che io trovi più disprezzabile di lei. Forse Sendho…No odio di più lei-
Sul serio! Hana voleva dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma non riusciva a capire dove Kaede volesse andare a parare, e rimasto senza parole restò stranamente zitto a fissarlo sia contrariato che dubbioso.
-Tu mi odi, perché lei era innamorata di me. Io odio lei per lo stesso motivo…-
Kaede, cominciava a capire come doveva essersi sentita Haruko quando le si era dichiarata, e provò un barlume di pena per lei, sensazione che scomparve immediatamente. Raccolse tutto il suo coraggio, e lo fissò negli occhi.
-Io la odio perché tu sei innamorato di lei.-
-Eh!?- Hanamichi non capiva proprio cosa il compagno volesse dire, ma si limitò a fissarlo con sguardo truce. No davvero: dove cavolo voleva arrivare quella baka kitsune?
Lo sguardo insistente di Hanamichi cominciava a diventare insostenibile per Kaede. Sulla sua candida fronte coperta dai capelli neri, si gonfiò una piccola vena. Si lo sapeva, era un Da’ho e doveva aspettarsi che non capisse nulla, ma andiamo! Era davvero così stupido? Gli occhi attoniti di Hanamichi continuavano a picchiettare la sua faccia e per la prima volta in vita sua la volpe, si sentì avvampare il viso. Non ce la fece più e sbottò:
-Ma lo vuoi capire che sono innamorato di te, razza di coglione?-
Incavolato come non mai uscì velocemente dalla stanza sbattendo la porta.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Dunque, non so perchè, ma mi riesce sempre difficile fare un'introduzione... E' anche vero che non me l'ha ordinato il dottore di farla, però a me va comunque.
Avrei dovuto già aggiornare due giorni fa, ma ho deciso di farlo stasera perchè essendo io allergica alla soia, ieri sono andata a mangiare al ristorante cinese ingozzandomi, appunto, di soia. Sto troppo male, però ne è valsa la pena.. Ci vado si e no una volta all'anno, e visto che digerisco poco il cibo cinese e starei male a prescindere, perchè moderarsi? Mamma che buone le alghe fritte e i ravioli al vapore! Poi riempiti di soia, sono ancora meglio. In ogni caso ho voluto approfittare di questo sabato di libertà. Mi sento quasi in obbligo ad uscire, e a dire la verità trovo abbastanza sfinente il concetto del "sabato sera fuori casa a tutti i costi".
Vorrei ringraziare bichan per molte cose: quindi, grazie bichan XD. Intanto vi auguro buona lettura.

•Capitolo 13

Mancava decisamente qualcosa in quella stanza: Hanamichi c’era, i fiori c’erano, la sedia vicino al letto c’era, il divanett…Ecco! Mancava Rukawa all’appello!
Hisashi entrò guardandosi intorno e senza distogliere gli occhi dal divanetto bianco, si sedette sulla sedia.
-Dov’ è il bell’addormentato al canestro?- chiese atono, incrociando le braccia e accavallando le gambe.
Un improvviso silenzio glaciale avvolse la stanza in una morsa. La luce del sole che illuminava ogni oggetto, si spense improvvisamente. Gli uccellini, le cicale e i tipici rumori primaverili scomparsero. L’aria diventò a dir poco gelida…
Notata l’aura tenebrosa che circondava la figura del compagno raggomitolato sotto le coperte, legittimamente domandò con aria rassegnata.
-Che diamine è successo?-
Come risposta ebbe solo dei mugolii e un muso da scimmia imbronciato.
Il moro, decise che l’aria doveva cambiare un po’
-Sai ieri è successa una cosa-
 I muscoli della schiena di Hanamichi si contrassero, sentendo quelle parole. Ma non curante, l’amico continuò.
-Ieri sera è venuta Minamori-sensei a cena . Sai i miei non c’erano, e mia sorella è da sua nonna.-
Hanamichi si interdette. Non poteva essere vero, anzi, non era proprio giusto, che quel teppista baciapiselli si fosse fatto anche la prof. Ma esisteva un dio imparziale? Dimenticò i suoi problemi per interessarsi a quella faccenda.
-Non mi dire che te la sei passata!?- Borbottò il rosso avvolto ancora nelle coperte, mascherando una certa timidezza.
Hisashi lo guardò un attimo, e poi inspiegabilmente arrossì.
-No pezzo di animale, non me la sono fatta!- sbottò insolitamente schivo Hisashi.
-Comunque ci siamo baciati…- Aggiunse a bassa voce.
-Cosa?-
Hanamichi era rimasto senza parole. Ma come cavolo faceva quel dannato sfregiato a farsele tutte?
-Racconta, racconta- Lo incitò Hana, scattando prontamente a sedere.
Ancora scioccato dalla sua stessa rivelazione, Hisashi andò ad affacciarsi alla grande finestra che dava sul cortile pieno di pazienti ed infermiere. E cominciò a raccontare, leggermente imbarazzato la sequenza di eventi.
-Stavo ritornando dal supermercato, e l’ho incontrata.- Disse con voce tranquilla, ma felice
-Visto che era buio, mi sono proposto ti accompagnarla a casa. Mentre passavamo davanti casa mia, per arrivare alla sua, le ho chiesto se voleva rimanere e lei ha accettato.-
-Poi?-
-Bè…poi ci siamo messi a cucinare. Abbiamo pasticciato un po’. E’ stato divertente, alla fine eravamo ricoperti di farina.- Rise dolcemente.
Hanamichi deglutì.
-Mentre io tentavo di rimediare al casino che c’era in cucina, ho mandato la sensei a lavarsi i capelli che erano praticamente bianchi… pure i miei, ma vabbè… Comunque, la mando a fare la doccia e mi esce fuori con un mio maglione e un paio di pantaloncini corti che le ho prestato per l’occasione. Solo che le stava tutto largo. Hanamichi! Era troppo sexy!-Esclamò con entusiasmo.
-E vi siete baciati?- Chiese impaziente di arrivare al dunque, il rossino.
-Aspetta… Ceniamo. Chiacchieriamo del più e del meno. Intanto lei comincia a farmi le battutine…quelle un po’ maliziose. Senza essere volgare però. E lì, già l’aria cominciava a farsi effervescente.
Visto che era presto per tornare a casa, ci siamo messi a vedere un film sul divano. Lei mi si siede praticamente appiccicata.- Continuava a raccontare con ampi gesti esplicativi.
-Avevamo scelto di vedere quel film romantico che è uscito da poco in dvd; mia madre è una fan sfegatata dell’attore che fa il protagonista. Poi non so che cavolo ci è preso. La guardo, mi guarda. E…-
-Vi siete baciati?- Lo interruppe brusco Hanamichi, sempre più preso dal racconto.
-No abbiamo deciso di giocare a monopoli…-
-Ehhhh???- Esclamò il rosso, oltremodo deluso.
-Certo imbecille! Ci siamo baciati!- Concluse sbottando Mitsui totalmente rosso in viso.
Hanamichi deglutì ancora e poi fece una breve riflessione per riassumere gli eventi. Ieri sera il suo amico, ha baciato la prof… Ieri sera…
Nella stanza era improvvisamente calato di nuovo il gelo.
Hisashi, non capiva il perché di quel repentino cambio di umore, quindi decise di chiedere senza troppi giri di parole.
-Ma mi spieghi che cazzo hai oggi? Quando sono entrato, sembrava di stare all’inferno!-
 Hanamichi ritornò a raggomitolarsi sotto le coperte, e mugugnò qualcosa.
-Non ho capito parla più forte- Rincarò il moro.
Con voce meno sibilante, ma sempre bassa disse:
-Kawa  i ma-
Hisashi pensò che fosse un caso disperato, protese meglio l’orecchio e ripetè
-Non ti sento cavolo! Alza quella diavolo di voce!-
-RUKAWA HA DETTO CHE MI AMA!- Urlò istericamente Hanamichi, riemergendo impetuosamente da sotto le coperte.
-Cheeee?- Hisashi sbarrò gli occhi. Non poteva essere vero.
Riprendendosi dallo shock che le sue orecchie avevano appena subito, rimise insieme i pezzi di un intricatissimo puzzle composto di sguardi della volpe all’indirizzo della scimmia. Però qualcosa non tornava in ogni caso.
-Da quando?- chiese quindi, totalmente perplesso.
-E io che caspita ne so?- Asserì Hana, senza guardare Mitsui negli occhi.
L’aria nella stanza era satura, di imbarazzo e confusione. Calò un silenzio meditativo sopra le loro teste.
Hisashi si sedette nuovamente sulla sedia, e ripresosi un po’ dalla scioccante notizia ordinò
-Ok, raccontami tutto!-
Dopo un paio d’ore di strepitate da parte del rosso che infarciva il suo racconto con gesti esagerati e termini
Enfatizzati, Hisashi ebbe QUASI chiaro il punto della situazione.
-Cioè, fammi capire! Haruko te la sbatte praticamente in faccia, e tu ti soffermi tanto su Rukawa? Che diavolo ti ci mettono in quelle flebo?-chiese indicando il tubo al di là del letto, che finiva nell’incavo del braccio di Hanamichi.
-Ma Mitsui! Lo capisci che Rukawa è innamorato di me?-
-E chi se ne frega. Focalizzati su Haruko. Quella adesso ti ci sta anche.-
-Ma non è così semplice-
Hanamichi, dopo aver schiamazzato a lungo, si ammansì un po’. Al solo ricordo degli occhi volpini che lo fissavano, la sua faccia divenne un tutt’uno con i capelli.
-Per me lo è. Se Haruko ti piace mettiti con lei. Sbattitene di Rukawa che non c’entra un tubo nella questione… Ma se allora provi interesse per Rukawa, il discorso cambia…- disse portandosi dubbioso il pollice sulla cicatrice al lato della bocca.
Hanamichi sobbalzò. Non l’aveva nemmeno presa in considerazione quest’eventualità. Lo sciupa femmine di Kanagawa, non poteva mica pensare alle volpi di genere maschile. No lui era lo stallone per eccellenza. E Hisashi era il solito malizioso. Tutte le volte che parlavano, andava troppo sul pratico. Accipicchia, le persone non sono animali selvaggi. Hanno dei sentimenti! Come faceva a ignorare Rukawa? Loro due erano nemici giurati!
Hisashi guardò a fondo l’espressione concentrata dell’amico. Poteva immaginare la fatica disumana che stava facendo quel povero criceto, sulla ruota nel mezzo della sua scatola cranica. Quando si ricordò che insieme al criceto c’era un tumore, trovò l’immagine mentale meno divertente, anzi decisamente deprimente. Scacciò via quel pensiero.
Ora Hanamichi aveva un altro problema da affrontare. Hisashi a dirla tutta, qual cosina provenire dalla volpe l’aveva captata, ma ora poteva finalmente dargli un nome.
Hanamichi, nel frattempo rimuginava intensamente su quanto fosse malizioso il baciapiselli, su quanto assurda fosse stata la dichiarazione della volpe, di nuovo Hisashi, e poi la volpe che lo amava, la malizia del teppista, la volpe… Era talmente preso dalle sue elucubrazioni mentali che non si accorse che quel triangolo era decisamente incompleto.
Hisashi restò finché il compagno non si fu pacato. In fondo era colpa sua se si era agitato tanto.
Poi tornò a casa meditando su quello che era successo il giorno prima, sia a lui che ad Sakuragi.
Ripensava a Minamori-sensei. Ma come faceva ad essere così carina? In fondo era una venticinquenne che si atteggiava a bambina. Era impetuosa, infantile, scorbutica, dolce, divertente, intelligente… Niente, non ce la faceva. Ogni volta che cominciava ad elencarne i difetti, che a lui sembravano comunque pregi, andava a finire così.
Ormai non poteva più nascondere i suoi sentimenti. Chiamarlo amore secondo lui era davvero esagerato, ma di certo quello che provava per lei era forte.
Arrivato a casa, scorse sua madre intenta in qualche attività che comprendevano dei fogli ed una calcolatrice.
-Mamma che succede?- Chiese nonostante il brutto presentimento.
Sua madre lo guardava fisso negli occhi e sembrava sul punto di piangere.
-Hisashi, è tutto un casino! Oddio come faremo?- Gemette la donna scoppiando poi in lacrime.
Il figlio, premurosamente corse da lei, e l’afferrò per le spalle.
-Dai mamma, che sta succedendo?- Chiese visibilmente preoccupato.
-Hisashi, questa storia dell’azienda ci sta mandando in banca rotta, tra un po’ non avremo nemmeno i soldi per pagare gli avvocati.- Sospirò continuando a piangere.
Hisashi, strinse più forte sua madre cercando di farle coraggio.
-Vedrai, mamma, sistemeremo tutto anche questa volta.- Non credeva nemmeno ad una parola di ciò che lui stesso stava dicendo, ma non poteva e non sapeva fare altro. Rimase un po’ con la madre per rassicurarla. Una volta che lei si fu calmata, andò a farsi una doccia. Mentre si insaponava i pettorali ebbe un’illuminazione: corse fuori dalla vasca pieno di sapone e raggiunse un paio di pantaloni che stavano buttati su una sedia nell’angolo della stanza, già da un po’ di tempo.
Frugò bruscamente nelle tasche e trovò quello che stava cercando.
Prese di corsa il telefono e compose un numero.
-Pronto? Parlo con il signor Yamada Toshirou della Divine Production?- ansimò alla cornetta.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Heilà. Vorrei fare un'introduzione, ma non ho nulla da dire (strano... avrò forse la febbre?), quindi passo subito a ringraziare tutti i lettori e ad augurarvi buona lettura .:-*

Bichan: Aspettavo proprio il tuo commento per postare il nuovo capitolo. Non vedevo l'ora di fartelo leggere. In pratica l'ho scritto l'altro ieri, e l'ho ricontrollato fino allo sfinimento ieri. Spero di aver corretto tutti gli errori ortografici. Son cieca, ma CHE TE LO DICO A FARE? XD (tra l'altro, per capirlo meglio, guardati Donni Brasco con il mio gionni dip :Q___ )Per il resto poi ti mando un'email, perchè ho troppe cose da scriverti e rischiu di dilungarmi oltremisura. <3

•Capitolo 14

Con un gesto slanciato ed elegante segnò un altro canestro da tre punti decretando l’ennesima vittoria contro qualche avversario immaginario.
Ayako si chiese cosa non andasse in Rukawa. Lei era rimasta in palestra dopo gli allenamenti, per sistemare alcune faccende. Stava compilando il registro del club, ma di tanto in tanto buttava un occhio sul numero 11, che già da un paio di giorni si era trattenuto oltre l’orario regolare.
-Finalmente ho finito questa tortura!- Esclamò esausta e leggermente infastidita dal continuo tonfo sordo causato dalla palla che sbatteva sul pavimento.
-Che fai? Vai a casa o ti trattieni?- Chiese lei riponendo con cura le scartoffie nel cassetto.
Rukawa osservò l’ennesimo tiro centrare con precisione l’anello rosso. Poi ansante si voltò verso di lei tergendo il sudore dal suo viso, con lo scollo della maglietta..
-Rimango ancora- Rispose deciso.
-Sono due giorni che ti spompi. Che cavolo è successo? Non vai a trovare Hanamichi in ospedale? Pensavo che voi due foste diventati amici.- disse innocentemente, ma scorgendo poi una vena d’ira negli occhi della volpe che le causò un brivido gelido lungo la schiena.
Rukawa a sentir parlare del rosso, sentì il sangue ribollirgli nelle vene. Era ancora imbestialito.
-No rimango ancora-
Ayako prese le sue cose, lasciò le chiavi sulla postazione che usava sempre, salutò e se ne andò senza fare ulteriori domande. Non le sembrava il caso, anche se era decisamente curiosa di sapere che era successo. Ora che ci pensava, nemmeno Haruko si era presentata agli allenamenti per due giorni.
Rukawa correva come un forsennato. Raggiunse con destrezza e rapidità il canestro, dribblando un muro d’aria e schiacciò la forza della disperazione la palla dentro il canestro. Sentiva il suo cuore pompare forte. Ma non era tutta colpa della fatica. Era anche per lui.
Si tormentava domandandosi come mai si era dovuto innamorare proprio dell’unica persona sulla faccia della terra che lo mandava letteralmente in bestia. Pensò che in effetti anche Sendoh gli faceva lo stesso effetto… No con lui era diverso. Era solo foga agonistica. Quel porcospino non lo faceva arrabbiare, tirava solo fuori il suo lato più competitivo. Ma Hanamichi… Lui no. Aveva così tanto talento e un cervello così dannatamente piccolo per gestirlo. Dannazione! Ma la colpa non era di quella stupida scimmia rossa. No, era la sua. Si era permesso di invaghirsi di qualcuno, quando avrebbe dovuto pensare solo al basket.
Sentì improvvisamente cigolare la porta e si girò di scatto.
Eccola lì? Ora che cavolo voleva?
Dio com’era odiosa con quell’aria da santarellina triste. Avrebbe voluto prendere un pallone e tirarglielo addosso, ma lo frenò il fatto che toccare una roba del genere, poteva offendere il pallone. In fondo quella sfera arancione, non aveva fatto nulla di male per patire tale supplizio.
-Che vuoi?-
Silenzio. Non rispondeva quella babbuina. Se ne stava lì a fissarlo tentennante.
-Vorrei parlarti…- Balbettò finalmente lei, con una nota di timore nella sua voce.
-Non ho niente da dirti- replicò brusco, cercando di chiudere lì la questione.
-T-tu per caso m-mi odi?- Chiese tremante la brunetta.
Oddio. Proprio ora doveva venirgli a rompere le scatole con questa scemenze? Ma non aveva niente di meglio da fare, tipo buttarsi da un precipizio?
Prontamente il ragazzo la ignorò e tornò a concentrarsi sul canestro centrando con la precisione e la meticolosità degne di un cecchino l’anello, guadagnandosi così, altri tre punti.
Haruko non poteva sopportare oltre quell’atmosfera. Tornò a domandare, ma stavolta con voce leggermente più decisa
-Rukawa, tu mi odi?-
Niente, non ci sarebbe stato verso di scrollarsela dalle scatole.
-Si!-
Secco, brutale.
La fissò dritto negli occhi, con il fuoco che gli ardeva nelle iridi scure. E lei che fa? Quella scema, per tutta risposta assunse un’aria talmente depressa che avrebbe potuto suicidarsi da un momento all’altro.
-Io…-
Con uno sbuffo, Kaede si apprestava ad ascoltare il solito discorso da donna ferita. Che palle!
-Io avevo accettato tanto tempo fa l’idea di non piacerti, come ragazza, intendo. Ma non capisco tutto il tuo astio nei miei confronti-
Il moro, non riusciva a sopportare la vista di quella lì. Agiva e parlava come se fosse lei la vittima in tutta quella storia.
-Io mi sono dichiarata sapendo di venir rifiutata. Solo in quella maniera potevo andare avanti con la mia vita e potermi innamorare di nuovo.-
Oddio! Perché lei lo stava paragonando a Sakuragi? Gli sembrava che lui fosse tanto stupido da non capire una cosa del genere? Magari doveva sorbirsi anche un pianto visto che aveva già gli occhi lucidi. Però lei non aveva finito il suo assillante discorso
-Quello che mi chiedo io è la ragione per la quale tu mi odi tanto-
Kaede alzò un sopracciglio, spiazzato da quella domanda. Che cavolo glie ne fregava? Lui aveva già messo in chiaro le cose. Decise comunque di rispondere.
-Perché mi stai tra i piedi.-
La risposta breve, ma coincisa, confuse ancora di più la ragazza.
Kaede corse per un brevissimo tragitto che lo portava dritto alla palla. La sollevò da terra, e la scrutò a fondo tenendola tra le mani all’altezza dei suoi addominali visibili attraverso la maglietta madida di sudore.
-Cosa posso fare per non starti tra i piedi? Ti prego Rukawa dimmelo. Posso accettare l’idea che non mi ami, ma non mi va che mi odi.-
Era proprio insistente, cavoli! Ma perché era così fissata? Una cosa dovette ammetterla però. Quella domanda l’aveva preso decisamente in contropiede. Cosa poteva fare effettivamente lei, per non stargli tra i piedi? Sicuramente non vedere più Hanamichi, ma il moro non era così infantile da tirare fuori quel pensiero.
Osservò per bene la palla. Quelle strisce nere che spezzavano l’arancione erano così complicate…
-Non lo so Akagi. So che non è colpa tua, ma non posso fare a meno di odiarti. Ora sparisci.-
Haruko si sentì morire per un secondo. Ma racimolò con un profondo respiro quel poco coraggio che aveva e si fece avanti determinata a non farsi odiare.
-Spiegami per favore, se hai dei problemi posso aiutarti.-
No, non se ne era liberato. Chiedendo a qualche Kami che male avesse mai compiuto per meritarsi quella tortura, si sentì toccare un braccio. Come si permetteva di toccarlo? Ma stoicamente, continuò a fissare la sfera arancione tra le sue mani cercando di non reagire a nessuna provocazione. Andare in galera per quella, non valeva la pena. O almeno era questo che lui si ripeteva in continuazione nella sua testa.
-Io ho deciso che chiederò a Sakuragi di diventare il mio ragazzo.- Sentì il bisogno di informalo, lei.
Rukawa spalancò gli occhi e si girò di scatto, scansando bruscamente il tocco della ragazza.. Sentì il cuore fermarsi, e un brivido di terrore gli attraversò la schiena. La fissò come se fosse un fantasma. Sapeva che questo sarebbe accaduto, ma ora era realtà. Una dolorosa realtà. Sentì i suoi occhi inumidirsi leggermente.
Haruko non si sarebbe mai aspettata una reazione del genere, ma soprattutto una risposta del genere.
Anche se cercò di trattenere il più possibile le sue emozioni, un impercettibile tremolio nella voce, tradì Kaede.
-Allora l’unica scelta che ho è odiarti.- Affermò cercando di non far trapelare la sua rassegnazione.
Lasciò scivolare fluidamente il pallone sul parquet lucido, e si diresse con passo deciso verso gli spogliatoi, lasciando Haruko con una miscela di dubbio e tristezza dipinta negli occhi.
L’acqua che scrosciava prepotente e tiepida sulla sua pelle, non lo aiutarono a lavare via i problemi.
No, non poteva finire così. Sapeva che lui non poteva essere suo, ma perché doveva essere proprio di quella là? E se invece di quella scimmia, ci fosse stata Ayako, ad esempio? Sarebbe stata la stessa cosa. La stessa gelosia e la stessa rabbia. Sapeva che era stupido pensarla in questo modo, ma che ci poteva fare? Non importa quale sarebbe stata la ragazza di cui il do’aho si sarebbe innamorato; l’avrebbe odiata a prescindere. Soltanto lui riusciva a rendersi perfettamente conto di quanto quella scimmia idiota valsse. Ragazzo o ragazza che sia… Nessuno oltre lui poteva vedere e apprezzare meglio Hanamichi.
Lui era Kaede Rukawa, quello che otteneva sempre quello che voleva. Così lo dipingevano. Nel suo cuore sapeva che invece lui non riusciva mai a ottenere un bene amato niente di niente.
Solo il basket gli aveva dato soddisfazioni. L’unica cosa che riusciva a gestire meglio di quanto riuscisse a gestire se stesso e la sua vita. La sua voglia di lottare era come un quinto arto: quello che gli permetteva di mirare al canestro e di centrarlo. Non c’era niente che lo facesse sentire più libero e appagato. E cosciente di poter riuscire in qualcosa. Tutto il resto aveva smesso di contare, visto che lui non contava per tutto il resto. Uscì dalla doccia. Non si sentiva pulito, non si sentiva rinfrescato, non si sentiva rivitalizzato. Tutt’altro.
No, non poteva permetterlo. Doveva fare qualcosa.
La tempesta turbinante che aveva in testa e nel cuore lo mandava in subbuglio.
Si guardò allo specchio e notò i suoi occhi. Quelli che le maledettissime civette starnazzanti, definivano magnetici. Lui ci vedeva solo il vuoto. Un vuoto che solo il basket e l’amore che provava per Hanamichi riuscivano a riempire. Doveva averlo per se. Era un’impresa pressoché impossibile. Ma non era da lui arrendersi.
Lui amava le sfide, ma alla luce dei fatti, ovvero che Haruko e quel do’hao presto sarebbero convolati a nozze, non si sentiva affatto risoluto. Era invece piuttosto depresso e demotivato. Ma non poteva lasciare così le cose, senza combattere sul serio.
Si avvicinò a quel pezzo di vetro argenteo che rifletteva la sua immagine. Lo scrutò a fondo come se non conoscesse la persona che aveva davanti agli occhi. Infondo era la verità. Lui conosceva solo il basket ed Hanamichi. Se stesso, il resto… nient’altro contava.
Scavando più a fondo in quegli occhi blu notte che appartavano ad un altro Rukawa, infine, trovò ancora un barlume di vero spirito agonistico dietro quegli occhi. Ma non quello per il basket, ma l’altro: quello che credeva di aver dato per spacciato dopo che suo fratello minore Hiroto se ne andò insieme a sua madre.
Lo spirito agonistico per riscattarsi nei confronti della vita.
Non aveva ancora la più pallida idea di quello che doveva fare, e come farlo, ma intanto si rivestì in fretta e furia.
Si stava accingendo a prendere le chiavi per chiudere la palestra, quando notò che il pallone che aveva lasciato in terra era stato riposto nel cesto insieme agli altri. E di quella dannatissima babbuina non ce n’era nemmeno l’ombra.
Un terrificante pensiero si era insinuato in lui. E se quella là fosse andata da Hanamichi? No. Doveva parlarci prima lui. Non aveva la più pallida idea di cosa dovesse dirgli, ma avrebbe dovuto fare in fretta.
Dimenticandosi del borsone e della cartella che aveva già precedentemente lasciato in ospedale, ma che poi suo padre aveva recuperato, si fiondò fuori e corse disperatamente verso la struttura ospedaliera.
Cercando di far calmare il fiatone, si affacciò silenziosamente dalla porta.
Scorse Hanamichi che leggeva una rivista sul basket. Si nascose in corridoio, non era ancora pronto, anzi non sapeva nemmeno perché era andato lì, ma per fortuna quella non c’era.
La luce che veniva dalla camera era fioca e giallognola. Si riprese cercando di calmare i suoi polmoni e il suo cuore, per poi immergersi nella luce soffusa della stanza.
-Do’aho- Sussurrò discretamente, per attirare l’attenzione del rosso.
-ARRGGHHH! Rukawa che cazzo ci fai qui?- Reagì l’altro visibilmente imbarazzato e sorpreso da quella visita inattesa e non gradita.
-VATTENE IMMEDIATAMENTE!- continuò strepitando.
Sakuragi era decisamente disorientato. Non sapeva come comportarsi in quella situazione, ma soprattutto non voleva vedere lui! Si, quella stramaledettissima volpe che aveva osato dichiararsi gettando la sua povera testa nello scompiglio più totale.
-No-
Rukawa come al solito diede mostra delle sue incredibili doti oratorie.
-Si- Si intestardì il rosso.
-No- insistette il moro.
Hanamichi mise il broncio. Kaede considerò che era tenero come un bambino e insopportabile come una zanzara.
-Devo parlarti- Disse il numero 11 con semplicità, anche se sentiva il suo cuore fuoriuscirgli dal petto.
-L’ultima volta che me lo hai detto, il discorso è degenerato: quindi non voglio ascoltarti- Sbraitò come solo lui sapeva fare.
-E invece lo farai. Tanto di qui non me ne vado.-
Hanamichi indispettito, si mise i palmi delle mani sulle orecchie premendo con tutta la forza.
-ORA PUOI PARLARE!- Lo schernì urlando Hanamichi, suscitando non poco l’ira del suo interlocutore.
 Kaede si avvicinò adirato a quello che assomigliava a un bimbo di 2 anni e gli afferrò i polsi. Con tutta la forza, glie li strappò via dalla loro posizione, costringendolo ad ascoltare.
-Piantala deficiente! E’ una questione seria!- Lo rimproverò seccamente.
Hana si fissò nuovamente nelle iridi corvine concentrate nei suoi occhi nocciola e si sentì nuovamente avvampare il viso, e preso così alla sprovvista si calmò.
-Bè, se è di nuovo per prendermi in giro, puoi anche andartene- Disse serio il rosso, senza smettere di fissarlo.
Kaede a quelle parole andò su tutte le furie.
Prenderlo in giro? Ma come stradiamine osava quella scimmia pel di carota, anche solo a pensarla una cosa del genere? Gli sembrava una persona che fa questo genere di scherzi di cattivo gusto? Pensava sul serio che fosse stato facile per lui dichiararsi? Ma poteva essere più idiota di così?
Una presa in giro…ma senti tu…
Kaede dai polsi, portò le mani sul volto di Hanamichi e trascinò quel viso bronzeo sul suo più chiaro in un gesto che probabilmente, lui riteneva un bacio.
Tutta l’attività cerebrale di Sakuragi in quel momento si spense. Non era sicuro che fosse per il trauma, o per la malattia, ma ogni parte del suo corpo si irrigidì. Rimase letteralmente di pietra.
Rukawa una volta tornato alla realtà, indietreggiò di qualche passo sciogliendo il contatto.
Era sconvolto lui stesso per come si era comportato, ma ormai la frittata era fatta e doveva restare fermo su i suoi punti. Quando riportò spavaldamente gli occhi sul viso di Hanamichi, realizzò che l’oggetto dei suoi desideri era totalmente immobile; con gli occhi vitrei, con un colorito sulle gote tra il bluastro e il verdognolo e con la bava che colava dalla bocca.
“ODDIO L’HO AMMAZZATO!” Pensò la volpe, perdendo lo stoicismo che lo ha sempre caratterizzato e andando letteralmente nel panico.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Salve a tutti, mi spiace per aver tardato così tanto ad aggiornare, ma ho avuto diversi problemi. Infatti per il prossimo capitolo ci sarà da aspettare finchè la mia complicata situazione famigliare, si sarà risolta. Con mio padre in ospedale, ho davvero pochissimo tempo per stare a casa ed ancor meno per scrivere. quindi quando uscirà e starà meglio, potrò ritornare a scrivere con regolarità.
bichan:ci siamo dette tutto per mail XD non aggiungo altro.

lua: ti ringrazio molto dei complimenti, spero che continuerai a seguire la fafiction. Sai mi fa particolarmente piacere che trovi il contenuto "scorrevole e dinamico", perchè mi sto rendendo conto di star tirando tutto davvero per le lunghe... quindi commenti di questo genere non possono far altro che piacere. ^_^

Misako90: grazie dell'incoraggiamento... Vedi, stavo pensando a come dare la possibilità ad Hana e Ru di conoscersi meglio. All'inizio avevo pensato di rinchiuderli in una stanza e buttare via la chiave, ma avrebbero finito per uccidersi a vicenda... Quindi ho deciso così. A parte gli scherzi, non saprei dire con precisione come mi sia venuta in mente, è un'idea chesi è sviluppata piano nel tempo.

Ora vi saluto.Ci vedriamo quando mio padre starà meglio, fortunatamente non è nulla di grave, quindi penso che con un minimo di 15 giorni ad un massimo di un mese, ce la caviamo. Buona lettura a tutti.

•Capitolo 15

Muoveva freneticamente un ginocchio… Stava cominciando davvero a spazientirsi. Ma quanto cavolo doveva spettare ancora? Mica era il conclave o la nomina del nuovo imperatore. Perché non si davano una mossa?
Hisashi Mitsui, notevolmente irritato, fece leva con le mani sulle ginocchia e si alzò da quella scomodissima sedia marrone. Cominciò a girare per la stanza come una furia. Di tanto in tanto si fermava a guardare quei dipinti moderni che a lui sembravano disegnati da un cieco in notevole stato confusionale.
Il suo nervosismo cresceva al ritmo del ticchettare della lancetta dei secondi dell’orologio appeso al muro, proprio sopra la porta color teck che faceva da contrasto alle pareti bianche della sala d’attesa. Su quella porticina, c’era una targhetta argentata con incise le parole: “Divine Production Casting - waiting room”.
Waiting…Era da più di un’ora che aspettava ed era pure il solo che avesse fatto quel provino. Era stato chiamato apposta.
Cavoli, quante storie dovevano fare per scegliere un dannatissimo modello di biancheria intima?
Ma soprattutto si chiedeva per quale assurdo di motivo ci impiegavano così tanto a scegliere se assumerlo o no.
Lineamenti decisi, sguardo accattivante, fisico scolpito, alto, sexy. Glie lo avevano detto tutte le ragazze della scuola e non… Era più che perfetto.
Finalmente un ometto buffo, tarchiato e bassino, si era affacciato dalla porta metallizzata che stava proprio dietro di lui.
-Signor Mitsui, scusi per l’attesa. Prego venga dentro- Singhiozzò intimorito dallo sguardo inceneritore del ragazzo.
L’interno della sala casting ricordava vagamente la stanza di un ospedale. Asettica, bianca e con un terribile odore di candeggina. Hisashi prese la sedia che era nel mezzo della saletta e si accomodò sentendosi leggermente a disagio.
Davanti a lui, c’era un lungo tavolo di metallo che tagliava a metà la stanza. Dietro di esso, seduti in fila c’erano un uomo, una donna, il signore buffo che lo aveva chiamato e il signor Yamada.
Tutti lo scrutavano con immensa serietà. Come se dovessero decidere una condanna a morte.
La tensione di Hisashi stava aumentando. Nessuno che diceva una parola.
La donna, che Hisashi trovò immediatamente molto sexy, anche durante il provino, era intenta a scrivere qualcosa su un foglio di carta. Yamada lo fissava concentrato. L’ometto buffo e basso si asciugava il sudore guardando gli altri e l’uomo che secondo la targhetta avanti a lui doveva chiamarsi Maeda Hiroshi, si sventagliava  annoiato con un pezzetto di carta.
La donna finalmente prese la parola interrompendo quell’atmosfera tesa
-Bene, Hisashi Mitsui…uh?- Disse reclinando di nuovo la testa verso il foglio di carta.
-Che scuola frequenti?- Chiese alzando nuovamente gli occhi sul ragazzo.
-Lo Shohoku- Rispose risvegliandosi da quella specie di trance in cui era piombato per via dell’apprensione respirata fino ad un secondo prima.
-Lo Shohoku…- sibilò la donna ritornando a scrivere.
-La tua scuola da il permesso di lavorare ai suoi studenti?- domandò subito dopo.
-Si- fu l’immediata risposta di Hisashi.
-Sicuro?- Rincarò lei guardandolo ironica.
-Si-
-Ok…- e riprese a scrivere, e poi formulò un'altra domanda – Qual è il tuo hobby?-
-Giocare a basket- Rispose deciso lui con una vena di orgoglio negli occhi- Faccio parte del club di basket della mia scuola. L’anno scorso siamo arrivati ai campionati nazionali, ma non li abbiamo vinti. Ci rifaremo quest’anno-
-Bene! E qual è il tuo cibo preferito?-
-Mhhh… Mi piacciono i Takoyaki, anche se non se ne trovano buoni da queste parti-
-Hai fratelli o sorelle?-
-Una sorellina minore, Si Chiama Eri, ha due anni ed è dolcissima-
-Ok, Hisashi Mitsui, per ora è tutto. Torni qui lunedì prossimo che cominceremo con un servizio fotografico per una nota marca di abbigliamento intimo. Il signor Yamada le farà sapere l’ora in cui la passerà a prendere. Può andare.- Concluse la donna.
Finalmente era fatta. Aveva ottenuto quel maledettissimo lavoro. Anche se sicuramente con i primi ingaggi non avrebbe guadagnato chissà cosa, avrebbe potuto fare la sua parte per la famiglia. Avendo in oltre 18 anni compiuti, non necessitava nemmeno del permesso dei genitori.
Mentre si faceva una doccia rigenerante, per scrollarsi via il nervoso che aveva preso pieno possesso del suo corpo, pensò a quella donna decisamente sexy che l’aveva riempito di domande, ma prima che se ne accorgesse era ritornato con la mente a quel bacio con la professoressa.
Decise che era ora di andare a informare Hanamichi della sua nuova attività. Non prima però, di aver informato Miyagi per telefono; forse il club di basket avrebbe dovuto scegliersi un nuovo vice-capitano.
Il basket era importante, ma ancor di più lo era la sua famiglia.
Arrivato all’ospedale, si stupì vedendo Kaede Rukawa seduto su una delle panchette del corridoio.
Il numero 11, era a pochi metri dalla stanza di Hanamichi. Aveva l’aria stanca ed era più pallido del solito, ma i suoi occhi erano sempre imperturbabili.
Una leggera preoccupazione, si impossessò di lui. Andò da Rukawa e chiese se Hanamichi stava bene.
-E’ solo svenuto- Rispose il compagno, continuando a fissare la parete di fronte a lui.
-Come SOLO svenuto? E’ successo qualcosa di grave? Avanti rispondi!- Chiese decisamente preoccupato.
-E’ SOLO svenuto- rincarò Rukawa fissandolo deciso negli occhi, e con in bocca il tono di chi non ammetteva repliche. – Mio padre ha detto che non è nulla di grave. Si riprenderà entro sera.- Aggiunse poi, ammorbidendo la voce.
L’ansia di Hisashi scemò un pochino, ma di certo non si era pacata del tutto. Si affacciò alla porta e vide che il rosso ronfava per bene, anche se il suo viso era velato da una smorfia di sdegno e arrabbiatura.
Visto che non avrebbe potuto parlare con Hanamichi, decise di farlo con Rukawa.
Si lasciò cadere pesantemente a sedere, accanto al compagno. Mise le mani in tasca e accavallò le gambe. Lasciò il sedere scivolare di poco fuori la sedia per stare un po’ più comodo.
-Di un po’… Cos’è questa storia che ti piace Sakuragi?-
Rukawa rimase impassibile, anche se la nota di ironia nella voce di Mitsui, lo fece davvero arrabbiare.
Decise di tacere, infondo non erano mica affari del suo sempai.
-…-
-Hei, non ignorarmi, cafone!- Sbottò Hisashi, calmandosi subito dopo aver ricevuto un’occhiata che poteva tranquillamente significare: “ti stacco la testa a morsi se dici un’altra parola”.
-Dico sul serio- Intervenne nuovamente Mitsui – Con la faccia che ti ritrovi, potresti avere di meglio…- ironizzò, per sdrammatizzare un po’ la situazione.
Aveva bisogno di scherzare. Non sapeva perché il compagno era svenuto, l’ultima volta che era successa una cosa analoga le notizie erano state delle peggiori. Se non si fosse distratto anche solo un pò, sarebbe crollato in quello stesso istante.
-Comunque Sakuragi c’è rimasto di sasso. L’ho visto parecchio sconvolto. Ma credo che a forza di rimuginarci sia giunto alla mia stessa conclusione: era uno scherzo...Vero?-
Rukawa trasalì a quelle parole. Ma come poteva essere che tutti lo giudicassero così male?
-Hei amico, il tuo senso dello humor lascia al quanto a desiderare…- Aggiunse Hisashi.
-Hanamichi sta bene. Dico sul serio.- Annunciò Rukawa alzandosi e andando via.
-Dove diavolo vai?- Gli urlò contro il sempai.
-Al cesso.- Fu l’unica risposta che ricevette, prima che la volpe scomparisse dietro una porta con una targhetta con scritto “Toilet”.
Hisashi, dal tono usato dal compagno capì che l’unica cosa di preoccuparsi ora, erano le sue ossa in grave pericolo. Sapeva benissimo che quello lì, sarebbe stato più che felice di rompergli di nuovo la gamba, e anche l’altra.
Vide un’infermiera discretamente carina entrare nella stanza da letto di Hanamichi, e andò ad informarsi.
-Oh, non si preoccupi, non è nulla grave. Solo che ora sta dormendo e si risveglierà tardi.- Rispose lei, esibendo un sorriso rassicurante.
Con Rukawa non avrebbe cavato un ragno dal buco quindi pensò di andarsene. Non valeva nemmeno la pena di salutarlo, quel freezer ambulante.
Sakuragi non era in pericolo. Questa era l’unica cosa che contava.
Era stata proprio una giornata pesante quella.
Per rilassarsi un po’, mentre camminava verso casa, cominciò a pensare a Sayaka.
La chiamava sempre per nome nella sua testa. Di certo non si sarebbe sognato mai di farlo davanti a lei o a qualcun altro.
Domandò a se stesso quand’era stata l’ultima volta che si era emozionato così per un solo bacio.
E poi si sa; quando parli del diavolo spuntano gli zoccoli…
Le strade erano piuttosto deserte. Nelle vie secondarie passavano davvero pochissime persone.
Questo era molto strano, perché quando il tempo cominciava a migliorare, la gente viene attirata in strada, come le zanzare dalla luce.
Ma erano circa due o tre sere di fila, che rientrando a casa scorse solo 2 o 3 passanti. Non di più.
Ma uno di quei 2 o 3 passanti quella sera, era proprio Minamori-sensei.
Un’ondata improvvisa di calore, si espanse nel petto di Hisashi, che guardava trasognato e divertito la scena.
La povera sensei era tutta concentrata a non perdere l’equilibrio. Stava trasportando 3 buste della spesa ed ognuna di esse era più grande di lei.
Hisashi si chiedeva dove potesse aver nascosto fino ad ora, tutta quella forza. E’ vero che barcollava, il suo passo era decisamente instabile e sembrava che poteva smontarsi da un momento all’altro, ma le buste sembravano davvero pesanti per una cosetta piccola come lei.
Quindi decise di aiutarla.
-Minamori sensei!- Gridò il ragazzo per attirare l’attenzione su di se.
La sensei si girò, ma perse l’equilibrio e cadde, spargendo un po’ di agrumi sulla strada.
-Aiho!- Piagnucolò lei con una tenera, secondo Hisashi, lacrimuccia sull’occhio destro.
Da terra, accarezzandosi il fondo schiena dolorante, Sayaka vide colui che era stato l’artefice, di quello che secondo lei era sicuramente stato un tentato omicidio.
Quando si rese conto che il mancato assassino fosse proprio la persona a cui stava pensando 2 secondi prima della terribile botta, arrossì violentemente.
-Mi scusi Sensei, lasci che l’aiuti a tirarsi su- Si scusò il ragazzo, porgendole cavallerescamente una mano.
Lei, titubante, decise di non afferrarla, mise il broncio, e senza dire una parola cominciò a raccogliere la merce sparsa sul cemento illuminato da un tenue tramonto.
Hisashi rimase leggermente interdetto, ma si chinò su una busta e cominciò a ficcarci dentro tutto quello che poteva. Poi si offrì, da bravo galantuomo, di accompagnare a casa la ragazza, e di portarle la busta. Lei non rispose, si limitò ad annuire contrariata.
Durante parte del tragitto, lui continuava a tempestarla di domande o a parlare del più e del meno, mentre lei gli camminava affianco abbracciando stizzita una busta di carta. Quello che non si spiegava il numero 14, era quel velo accipigliato sul grazioso viso della ragazza che cominciava seriamente ad infastidirlo.
Per tutta la strada, lei non disse una parola. Emise solo qualche sbuffo come se si stesse annoiando.
Il che, dispiacque ad Hisashi, che a metà strada si ammutolì, cercando di scrutare qualche indizio di quello strano comportamento sul volto dell’insegnante.
In fondo loro due si erano scambiati un bacio. Certo, per lui un bacio in più o uno in meno, non aveva mai fatto grande differenza, ma quello era un bacio speciale. Coinvolgente ed intenso e soprattutto era qualcosa che apparteneva solo a loro due e che aveva un significato specifico.
Una volta arrivati a casa dell’insegnante attraversando una nebbia di tensione, lei strappò di mano le buste a Mitsui, e guardandolo torva per un secondo, si chiuse in casa lasciando il povero Hisashi di sasso.
Che cavolo significava quell’atteggiamento?
E mentre il sole continuava la sua discesa, arrabbiato e dubbioso il ragazzo camminò a testa bassa e con le mani in tasca diretto verso casa sua.
Doccia.
Cena con i suoi che erano di umore a dir poco nero visto che le notizie dai loro avvocati non erano delle migliori.
Favola della buona notte ad Eri.
Squillo del telefono.
Il signor Yamada, lo aveva appena informato che il lunedì seguente, lo sarebbe andato a prendere a scuola nel tardo pomeriggio. Hisashi, nonostante che il servizio fotografico si accavallasse con gli allenamenti, non provò nemmeno a negoziare. Era troppo presto per quelli che un datore di lavoro, avrebbe quasi sicuramente definito: capricci.
E finalmente si accasciò sul letto.
Il lunedì mattina seguente sarebbe dovuto andare a cercare il capitano nella classe distante solo tre aule dalla sua, per informarlo che sarebbe mancato agli allenamenti.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Or dunque, ci siamo. Non mi sembra neanche vero di essere finalmente, riuscita ad aggiornare. In questo periodo è successo praticamente di tutto. Mio padre sta meglio, ma devo continuare ad essere la Cenerentola della situazione. E' pesante, ma qualcuno deve pur farlo, e visto che mia madre lavora, il compito è mio. In ogni caso, avevo cominciato a scrivere il capitolo tempo fa, devo essere sincera, la prima parte non mi piace granchè, ma non mi è venuto in mente niente di meglio. Perdonatemi... Tra l'altro, quando ho avuto del tempo libero, mi sono dedicata un pò alla mia vecchia passione: il mio blogghino puccioso, che sto restaurando da tipo 3 mesi. Mi mancava smanettare con l'html. Quello di programmare, è quasi un bisogno fisico per me... Vabè, non dilunghiamo nelle cazzate e passiamo ai vostri pucciosi commentucci:
Bichan: Lovvosa mia, non è che non ti ho cagato, è che ti avevo già detto tutto nelle email e sinceramente non sapevo nemmeno che altro dirti XD. Tra l'altro avevo in mente di mandarte un'altra, ma poi con tutto il via vai tra la ricerca del lavoro, il via vai tra casa e sopedale, cane, gatta, faccende domestiche e tutto il resto, mi è proprio passato di mente. Scusami X° . Domani ti scrivo, che ho talmente tanto da dirti che se lo faccio qui, il commento mi viene più lungo del capitolo XD.
Misako90: grazie bella. Adesso si sta sistemando un pò tutto. preso potrò tornare a scrivere con regolarità. :D
RedComet: Grazie mille. Vadi, nemmeno io voglio che la fic sia una valle di lacrime, 1: perchè a me non piace la troppa tragedia, alla fine la vita è fatta anche di cose brutte, l'importante è affrontarle con filosofia... ; 2 perchè vorrei tenere il raiting verde il più a lungo possibile e il regolamento non mi permetterebbe di farlo se sconfinassi nella catastrofe più assoluta. Tra l'altro sono felice che ti piaccia il personaggio della prof, a dire il vero preso ispirazione da un fumetto hentai troppo carino (che a parte le scene di sesso ha una trama molto bella, perchè si: a volte anche gli hentai hanno una trama °_° ne sono stupita io stessa). Sinceramente io preferisco caratterizzare i miei personaggi in maniera diversa. Mi piacciono le ragazze mature mentalmente, quindi mi ritrovo in mano un personaggio che ho davvero difficoltà a gestire. Bè in questo capitolo Hana avrà altro a cui pensare.. Però non so come fai a non volerle male ad Haruko. Cioè: è insopportabile! XD vabè, ti mollo qui che sennò straforo di brutto. :D

Per critiche, lettere minatoria, proposte indecenti e complimenti ci sono i commenti. :-D
Buona lettura ragassuoli miei.

•Capitolo 16

Domenica Mattina.
Era in uno stato semi confusionale. Si stava risvegliando dal suo stato di dormiveglia.
Sentiva un leggero vociare. Le parole erano ovattate e si confondevano con il rumore del cortile e degli uccellini che cinguettavano allegri.
La voce era quella di una donna dal tono preoccupato.
-Andrà tutto bene?- Chiese lei in un evidente stato di agitazione.
-Bè, signora Sakuragi... Si tratta pur sempre…-
Hanamichi non fece in tempo a sentire come terminava la frase, che ripiombò nel buio.
Fece un sogno strano.
Il cielo era limpido, gli uccellini cantavano, e un fiumicello dal suono rilassante scorreva sull’asfalto.
Aveva delle nuove scarpe da basket ai piedi. Per la precisione il modello nuovo e ultra costoso delle Air Jordan. Era impalato davanti casa di Haruko. Era indeciso se suonare il campanello. Doveva salvarla dalle grinfie del pauroso gorilla. Decise in fine che doveva vedere la ragazza e suonò il campanello sul muro. Ma il problema non era suonare, quanto trovare il cancello. Non ve ne era traccia.
Una voce spaventosa e cupa annunciò:
-Avanti o grande re dei rimbalzi.-
Hanamichi fece il giro della casa per poter arrivare dalla sua amata, ma non riusciva a scorgere traccia del cancello verde. Tornato al punto di partenza, si spinse in alto con tutta la forza che aveva, ma mentre volava per attraversare il muro, notò che molti mattoni caduti dal cielo, si univano a quelli già esistenti creando una barriera altissima. Ma Hanamichi non si arrese e volò più in alto. Le forze gli vennero un momento a mancare, per proseguire il suo salto, ma mentre stava per cadere si appigliò ad una retina attaccata ad un anello rosso spuntata improvvisamente sul gigantesco valico. Molti altri anelli con la retina spuntarono dal muro fino a formare una scaletta, ma gli anelli non erano rossi, bensì blu.
Riuscì faticosamente ad arrivare in cima e a scavalcare quel dannatissimo valico che si era creato.
Arrivò finalmente al portone della casa, attraversando il grazioso giardinetto.
Ad aprire venne proprio Haruko. Era troppo carina!
Il suo vestito largo di seta rosa confetto, metteva in risalto i suoi occhi castani.
-Hanamichi che stai facendo qui?- Chiese lei stupita – Non stavi morendo?-
A quelle parole Hanamichi sussultò.
Poi Haruko aggiunse
-Mi dispiace che tu abbia fatto tutta questa strada, accomodati pure- Lo invitò sorridendo dolcemente.
La ragazza lo accompagnò nel salotto con modi gentili.
Che strano!
Se la ricordava decisamente diversa quella stanza.
Tanto per cominciare, c’era il pavimento al posto dell’erbetta, ed i tavolini non erano fatti di meringa. I divani poi non erano nuvole, almeno non l’ultima volta che ci era stato…
-Accomodati su una nuvola Hanamichi, in fondo presto dovrai abituartici- Cinguettò lei- Aspetta gli altri- aggiunse, mentre andava a prendere allegramente dei biscotti e del thè.
Il ragazzo stupito dalla stranezza della stanza, ma esaltato dalla presenza della ragazza, si sedette e cominciò incuriosito a guardarsi in torno.
-Sai? E’ bello vedere che stai bene-
Hanamichi balzò in piedi, sgomento da quell’intervento inaspettato.
-Mito! Che ci fai qui?- Chiese ansimando per lo spavento appena ricevuto.
-Bè io ci sono sempre.- Disse mito sorridendo. – E ci sono sempre anche loro.- aggiunse indicando tre strani cani dall’aria simpatica e familiare. che andarono a salutare contenti il ragazzo.
-Ci siete anche voi ragazzi!- Disse raggiante Hanamichi accarezzandoli.
-Siamo sempre tutti con te. Hanamichi, è per questo che non devi fidarti della strega. Noi ti proteggeremo. Non preoccuparti- Lo incoraggiò Mito
-Noma, non farmi la pipì addosso. Takamiya, piantala di mangiare il tavolo. Okusu, non annusare dove non devi!- Intimò il rosso ai cani.
L’atmosfera era rilassata ed allegra. Hanamichi giocava divertito con i cani, quando un rombo sordo ed una tremenda scossa fece tremare la terra.
Dalla porta del salotto apparvero due strane creature. Una era un gorilla gigantesco, l’altra era un adorabile scoiattolo con gli occhiali.
-Che ci fai in casa mia!- tuonò l’enorme gorilla, scuotendo le mura con la potenza della sua voce.
Ma Hanamichi non fece in tempo a rispondere per le rime, quando vide Haruko tornare con un porta flebo. Stava per raggiungere la ragazza, quando un’enorme voragine si aprì nel terreno sotto di lui, e ci cadde dentro.
Durante la sua interminabile discesa avrebbe potuto giurare di aver visto Sendho che gli sorrideva.
Infine, atterrò violentemente.
Si alzò accarezzandosi la testa dolente, anche se era caduto in piedi.
In torno a lui era tutto molto strano. Era un posto dove non era mai stato.
Sembrava essere un corridoio. Era in pietra, illuminato solo da torce infuocate. Sembra interminabile e molto cupo. Poco avanti a lui però, c’era una porticina sulla sua destra. Si diresse lì e la aprì.
Notò che la stanza era tutta buia, e prima di valicare quella porta prese una delle fiaccole e poi entrò.
La porta si chiuse con uno scricchiolio inquietante alle sue spalle.
-C’è nessuno?- Urlò.
Pian piano, la luce della torcia rischiarò la stanza.
-Che ci fai qui?-
Hanamichi, non riuscì a mettere bene a fuoco la figura che le aveva rivolto la domanda.
La luce della sua fiaccola, non raggiungeva quella voce femminile, quindi decise di avvicinarsi.
Una persona avvolta in una lunga tunica blu, se ne stava rannicchiata su di un materasso coccolando uno gnometto agitato che teneva stretto fra le mani.
-Se lo stringo troppo muore, ma se lo tengo stretto non scappa. Non potrò dargli quello che vuole, ma ci tengo a lui- Disse la ragazza avvolta nella tunica, notando l’interesse di Hanamichi per il folletto.
-Si ma così non è libero- Rispose Hanamichi.
Un enorme ventaglio di carta, lo colpì forte sulla nuca.
-Non te l’ho chiesto!- strillò la ragazza – E ora ti faccio fare i fondamentali!- Aggiunse concitata.
-Muoviti! Vai lì a bordo campo prima di morire, devi fare diecimila palleggi!-
Hanamichi, strepitando e contro voglia, gettò via la fiaccola, e si mise a fare i palleggi.  
-Ma perché devo fare i fondamentali? In fondo io sono un genio!- Borbottò lui, sotto lo sguardo attento della ragazza con la veste blu, che teneva nella mano destra lo gnomo e nella sinistra il ventaglio.
-Hanamichi, i fondamentali sono importanti. Se non li fai muori, se li fai muori lo stesso.-
Spiegò tranquillamente lei.
-Ma io non voglio morire- replicò lui sbuffando, sorprendendosi, di non riuscire a palleggiare.
-Ma se non farai i fondamentali morirai- Strillò lo gnomo dalla mano destra della ragazza.
-Ma lei ha detto che morirò comunque- Si infervorò lui, gettando via il pallone.
-No ti sbagli: io ho detto che muori sia che tu faccia i fondamentali, oppure no!- Si discolpò la ragazza, offesa dalle accuse.
-Non osare incolpare la mia Ayakuccia per la tua condizione!- Lo rimproverò lo gnomo, sempre protetto dalla mano destra della ragazza.
-Ehi brutto nano, io non ho incolpato nessuno! Non aprire quella ciabatta se devi solo dargli aria! Basta mi avete stufato, sono stanco dei fondamentali!- Sbraitò furibondo Hanamichi, lasciandosi il pallone alle spalle.
Fece un passo e si ritrovò nuovamente nel corridoio.
Cominciò a camminare.
Dopo aver proceduto per parecchio, cominciò a sentire il suo fiato diventare sempre più pesante, ma andò comunque avanti.
Dopo un po’ era davvero esausto. Nonostante stesse camminando sulla pietra, faticava come se stesse correndo sulla sabbia.
-Non ti arrendere-
Sentì una voce dietro di lui. Si girò e vide Hisashi che cingeva con un braccio, una ragazza molto attraente con un seno enorme.
-Vengo con te- Disse Hisashi.
-Ok-
Ad Hanamichi faceva piacere, solo sentendo la voce del compagno si rinvigorì.
-Hisashi, tutti dicono che morirò, secondo te è vero?- Chiese serenamente.
-Naaaaah! Tutti lo dicono solo perché si stanno preparando per la tua morte- Rise l’amico
-AHAHAHA! Ma sì hai ragione. Io sono un genio, e quindi tutti si preoccupano.- Disse scoppiando in una risata fragorosa e orgogliosa, Hanamichi.
-Già, ma sai? Presto arriveremo dalla volpe, devi assolutamente dirglielo!- Esclamò Hisashi.
-Oh!  Hai ragione! Devo dirglielo il prima possibile.- Si rese conto improvvisamente il rosso.
Hanamichi aveva davvero fretta, doveva andare dalla volpe e dirglielo immediatamente, non poteva aspettare. Solo che il corridoio non finiva mai ed era sempre più stretto.
Ad un certo punto, Hisashi intervenne
-Senti Sakuragi, qui per me il corridoio diventa troppo stretto, devi proseguire da solo-
-Non preoccuparti me la caverò- Disse Hanamichi sorridendo.- Ma cos’è che gli devo dire?-
Hisashi non rispose, ma baciò la ragazza a fianco a lui.
Finalmente, riuscì ad uscire faticosamente da quel tunnel, che ormai era diventato troppo stretto e si ritrovò a scuola.
La esplorò e trovò finalmente la sua classe. Guardò l’orologio.
“Perfetto! Non sono in ritardo” Constatò, dirigendosi impettito dentro l’aula.
Si sedette al suo banco, ma notò che in classe non c’era nessuno. Solo Rukawa che dormiva.
Si alzò ed andò da lui infuriato
-Hei volpe, svegliati! Devo dirti una cosa!-
Rukawa con svogliatezza aprì gli occhi e si voltò verso il compagno.
-Hn?-
-Ho detto di svegliarti che devo dirti una cosa!- Insistette il rosso.
-Cosa devi dirmi do’aho?-
-Io…io non lo so- Realizzò.
Hanamichi si svegliò di scatto.
Girò la testa e notò sua madre che parlava con il dottore.
Era ancora mezzo addormentato, ma sua madre subito si fiondò da lui, a chiedergli come stava.
-Bene mamma, ho solo fatto uno strano sogno rispose lui.
La signora Sakuragi, accarezzò amorevolmente la testa del figlio, e lo informò che sarebbe andata a prendere un thè con il dottor Rukawa, ma non sarebbe stata via molto a lungo.
Ad Hanamichi non importava granché, lo strano sogno ormai era finito in un luogo lontano, ma lasciò un sapore amaro in bocca al ragazzo. Quello stupidissimo sogno che non si ricordava nemmeno più, gli avrebbe decisamente rovinato la giornata.
Hana andò in bagno trascinandosi dietro la flebo.
Dopo aver fatto pipì, una doccetta rapida e scomoda per via dell’ago nel suo braccio, si vestì e se ne ritornò tranquillamente sul letto.
In quel momento, la madre ritornò, seguita dal padre di… “ARRGGHHH!!!”
Ma come aveva potuto dimenticare che le sue labbra erano state violate da quella fottutissima volpe?
Dannatissimo Rukawa! Ma gliel’avrebbe fatta pagare più che cara.
Maledetto! Maledetto! Maledetto! Maledettooooo!
Ma il suo delirio mentale e il suo uccidere un cuscino su cui aveva prontamente disegnato delle orecchie e dei baffi volpini, fu interrotto dallo sguardo angustiato di sua madre.
La guardò fissa, in attesa.
La donna si avvicinò cauta, e scrutò per un momento il dottore, poi ritornò con gli occhi, sul suo bambino.
-Tesoro, ascoltami bene…-
Ahi! Il tono tremolante non prometteva nulla di buono.
Notò che la mano destra aveva cominciato a tremare ed il suo cuore aveva accelerato i battiti.
-… La chemio sta facendo i suoi effetti, ma vedi…-
La donna non sapeva come continuare il discorso. Le si erano inumiditi gli occhi e cercava un po’ di sostegno nel viso imperturbabile del dottore affianco a lei. Sostegno che non tardò ad arrivare.
Il dottor Rukawa prese la parola.
-Ragazzo, la chemio sta dando dei risultati più che ottimi, tanto che ora puoi essere operato e guarire.-
Cosa? Che? Aveva sentito bene? Sarebbe guarito? Niente più nausea o dolori allucinanti? Avrebbe potuto tornare a giocare al suo adorato basket? Avrebbe potuto camminare più di 5 metri senza sentirsi uno straccio?
Il suo cuore aveva preso ulteriore velocità. Ma stavolta per la gioia.
-Però ascoltami bene-
Ulteriore ahi! La contentezza scemò in un secondo dopo aver contemplato lo sguardo truce del dottore.
-Non ti infarcirò la spiegazione di paroloni e termini medici. Il tumore è situato proprio al centro del tuo cervello, quindi sarà un’operazione lunga, ma soprattutto molto pericolosa. Devi essere cosciente del fatto che se l’operazione riesce – “che diavolo è quel se?” pensò turbato Hanamichi – c’è la possibilità di riportare gravi danni cerebrali.-
Il primo commento mentale che si materializzò nella testa del ragazzo fu: “Evvai! Un’altra bastonata come si deve!”.
Così a caldo Hanamichi non realizzò bene la gravità della situazione, anche se vedendo il viso di sua madre così cupo, quella non doveva essere proprio una buona notizia. Ma non ebbe il tempo di realizzare bene tutto ciò che gli era stato detto.
-Cioè, quindi posso guarire?- Chiese perplesso.
-Si, il tuo fisico è forte, e sei anche molto giovane. Hai molte probabilità- Rispose con molta calma il dottore.
No, era inutile… Non ce la faceva proprio a farsela piacere quella notizia. Era quella storia dei danni cerebrali… Stonava, in qualche modo.
-Che tipo di danni posso riportare?- Chiese con tranquillità, ma non troppo sicuro di volere la risposta.
-Bè a dire il vero, non saprei dirti con precisione.  Il cervello è un organo molto delicato e ancora misterioso. Potresti riportarne di lievissimi come la perdita di qualche ricordo. Ma anche di molto grave come la paralisi…- il dottore lasciò la voce sfumare.
-Ma posso guarire?- Richiese, cercando un conforto.
-Ci sono possibilità molto alte che questo avvenga.-

Ormai Il dottor Rukawa e sua madre, avevano lasciato la stanza da un pezzo. O meglio, lui li aveva fatto capire chiaramente che voleva rimanere da solo.
Aveva bisogno di starsene un po’ per conto suo per assorbire quella novità inaspettata.
Non si sentiva né particolarmente triste e nemmeno particolarmente felice. Anzi era confuso su praticamente tutto.
E se fosse rimasto su una sedia a rotelle?
Non avrebbe potuto più fare nulla. Niente basket, niente scorribande con gli amichi, niente omicidi di volpi…
Chissà se c’era la possibilità che invece della paralisi sarebbe potuto rimanere cieco, o sordo, o muto.. Aveva vagliato la cosa da qualsiasi punto di vista, ma tutto gli sembrava tremendo.
Gli avevano appena detto che sarebbe guarito, eppure pensava che dovesse in ogni caso prepararsi al peggio…
Che schifosissima gatta da pelare.
Ma perché proprio a lui doveva capitare?
Non riusciva nemmeno a farsi piacere la possibilità di perdere i suoi ricordi.
E se avesse dimenticato suo padre? Non se lo sarebbe mai potuto perdonare, ma chissà se si sarebbe ricordato di esserselo dimenticato?
Tra tutti gli scenari catastrofici che si era immaginato questo gli sembrava il peggiore.
Paralitico, cieco, zoppo che sia, sarebbe stato ancora qualcuno, ma senza i suoi ricordi, anche se in salute, chi sarebbe stato?
Aveva così tante domande e nessuno che sapesse rispondere chiaramente.
Anche il padre di Rukawa aveva detto che non sapeva come sarebbe andata a finire…
A questo punto si stava rassegnando anche all’idea di morire sotto ai ferri.
Eppure nonostante tutti questi dubbi, la cosa che lo sconcertava di più era che vedere un qualsiasi oggetto di colore blu, al momento lo mandava in bestia.
Si chiedeva se fosse davvero stupido, o magari doveva ancora metabolizzare bene la cosa.
Il flusso dei suoi pensieri, Fu interrotto da una voce allegra, che richiamò la sua attenzione.
Hanamichi si girò e vide Haruko sullo stipite della porta a vetri, lo salutava contenta.
Si avvicinò saltellando verso il letto e come ulteriore saluto baciò sulla guancia Hanamichi.
In quel momento uno dei suoi sogni più proibiti si stava realizzando, ma non riusciva a gioirne, e si limitò a guardarla sorpreso di tale gesto.
-Hanamichi, devo dirti una cosa…- sussurrò lei decisa, ma arrossendo e distogliendo lo sguardo da lui.
“Ma per quale ragione tutti continuano a dirmelo?” si chiese mentalmente il rosso.
-In questi giorni ho fatto chiarezza nel mio cuore…- continuò lei sotto lo sguardo stupito del ragazzo – E ho capito molte cose. Tu sei un ragazzo davvero speciale, ma questo lo sapevo già.
Io provo qualcosa per te. Ultimamente non faccio che pensarci. Sei sempre dolce e premuroso nei miei confronti, e con te sono sempre a mio agio. In oltre sei simpatico e con te mi diverto un mondo… Ci ho pensato tanto, e..e..e.. – Lei continuava ad arrossire, ma Hanamichi non capiva dove volesse andare a parare con tutto questo elogio delle sue qualità -…e mi piacerebbe che tu diventassi il mio ragazzo!- Buttò lei in fine, fuori tutto d’un fiato.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Eccoci con l'aggiornamento... D'ora in poi conto di farne almeno uno a settimana (Gianni! L'ottimismo è il profumo della vita!!!).
Rieccoci quà. Che dire? Bè niente di che, tutto scorre noioso e uguale come al solito. Ringrazio tutti i lettori e tutti i recensori. Piccola comunicazione: Se andate sul mio account, troverete il link al mio profilo di FB, se volete, aggiungetemi come amica.
Infine: volevo dedicare il capitolo a bichan e RedComet. Grazie ragazze *_*.
Buona lettura a tutti *_*

•Capitolo 17

Sdraiato a fissare il candido soffitto, Kaede si preparava ad affrontare una domenica mattina differente da tutte le altre.
Non sarebbe andato al campetto ad allenarsi come le altre volte.
La sera prima suo padre gli aveva annunciato che presto il suo compagno di squadra sarebbe stato operato.
Kaede non la prese troppo bene... Non ce la faceva proprio a farsela piacere quella notizia. Era quella storia dei danni cerebrali… Stonava, in qualche modo.
Questo lo portò all’ennesimo litigio col padre.
-Ti ho detto che non sarò io ad operarlo! Sono un oncologo, non un chirurgo!-
Suo padre glie lo aveva detto fino allo sfinimento, ma doveva essere un incapace se non era riuscito a farlo guarire senza operazione… No, non lo era.
Semplicemente il ragazzo, si sentiva troppo frustrato ed impotente ed aveva bisogno di qualcuno che gli facesse da capro espiatorio.
Avrebbe funzionato anche distruggere ogni singolo mobile, o elettrodomestico, ma litigare con suo padre era una valvola di sfogo più efficace.
Si sentiva legato a lui, in questo modo. Ormai aveva perso talmente tanto l’abitudine di avere rapporti civili con lui, che quelli incivili sembravano l’unica cosa che li tenesse uniti.
Stanco e arrabbiato si tuffò nel letto, ma a poco servì.
Il sonno non voleva arrivare.
Prima che l’alba illuminasse il mare azzurro di Kanagawa, si alzò.
Andò un momento al bagno per sciacquarsi il viso, e guardandosi allo specchio notò una cosa strana sul suo viso: occhiaie.
La cosa lo stupì un pochino, poichè non ne aveva mai avute prima.
Andò nello studio di suo padre e spulciò tutti i libri di medicina che potevano sembrare appropriati.
Se lui aveva tutti quei dubbi e quelle paure, Hanamichi probabilmente sarebbe scoppiato.
Era sempre coraggioso il suo Do’aho. Un eroe. Una roccia. Niente poteva scalfirlo… Ma lui lo vedeva.
Quando faceva finta di dormire su quello che ormai era il suo divano, a volte lo osservava senza che il rosso se ne potesse accorgere, e più di una volta aveva scorto un bagliore in quegli occhi nocciola che viaggiavano fuori dalla finestra.
Un bagliore triste, simile a quello di un bambino che si è perso e non sa come tornare a casa.
Cercò nel polveroso scantinato, una scatola di cartone che potesse contenere tutti i libri, ad anche alcune videocassette che aveva visionato.
Tornò nello studio e ammassò i libri che non gli interessavano sulla scrivania.
Cercò con uno sforzo sovrumano di caricare tutto quel peso sulla sua bici cercando di far restare lo scatolone in equilibrio, quando pensò che fosse una battaglia persa, guardò l’orologio e si accorse che ormai era mattino inoltrato.
Con un miracolo, riuscì ad arrivare all’ospedale senza far cadere la  pesante scatola, nemmeno una volta.
Di diresse in fretta in uno stanzino dello staff. C’era una dottoressa che se la stava spassando con un infermiere, ma lui non ci badò.
Sotto gli sguardi confusi ed imbarazzati dei due che si affrettarono a rivestirsi, lui chiese semplicemente di poter prendere in prestito il mobiletto con il videoregistratore e la tv che si trovava in fondo a quella stretta stanzetta, ammobiliata, oltre che con il mobiletto logoro, solo con un letto a castello.
La dottoressa sibilò un sì impacciato.
Poi salì con l’ascensore al terzo piano, e quasi arrivato alla stanza di Hanamichi, sentì una voce irritante graffiargli le orecchie:
-.. ho capito molte cose. Tu sei un ragazzo davvero speciale, ma questo lo sapevo già.
Io provo qualcosa per te. Ultimamente non faccio che pensarci. Sei sempre dolce e premuroso nei miei confronti, e con te sono sempre a mio agio. In oltre sei simpatico e con te mi diverto un mondo… Ci ho pensato tanto, e..e..e…e mi piacerebbe che tu diventassi il mio ragazzo!-
No! Come diavolo poteva essere! Quella…quella… non riusciva nemmeno a trovare una definizione appropriata.
Completamente sotto shock, non sapeva cosa poteva fare.
-Haruko…Io… Tu… mi piaci, e questo dovrebbe essere il giorno più felice della mia vita…-
Era Hanamichi a parlare ora.
Conscio di farsi del male resto ad ascoltare stringendo fino a farsi male, la maniglia arrugginita del mobiletto.
A dire il vero sarebbe voluto correre il più lontano possibile, ma i suoi piedi non volevano spostarsi di un millimetro.
-Haruko, oggi ho ricevuto una notizia importante che mi ha scombussolato. A breve dovrò essere operato e nemmeno il padre di Rukawa sa dirmi se andrà tutto bene oppure no. Non voglio essere il tuo ragazzo per un tempo limitato. Ne riparliamo quando sarò guarito, ok? Mi dispiace.-
Cosa? L’aveva rifiutata? O no?
Rukawa non lo sapeva, quello che sapeva è che la partita non era ancora chiusa.
A parte l’amarezza delle parole di Hanamichi che era anche la sua, era passato talmente tanto tempo da quando aveva esultato l’ultima volta, che si era dimenticato come si facesse.
Però avrebbe voluto.
Sentì che la Akagi stava per dire qualcosa, ma per non far accadere l’irreparabile, sfoderò tutta la determinazione che lo aveva sempre contraddistinto quando era in un campo da basket, ed entrò nella stanza accompagnato dallo scricchiolio della rotella vecchia del mobiletto che trasportava.
-Spostati, sei d’intralcio- Incalzò la ragazza facendola sobbalzare.
Sarebbe potuto tranquillamente passare, ma non riuscì a resistere.
Hanamichi ed Haruko lo guardarono entrare nella stanza attoniti.
-Malefica volpe! Che diavolo ci fai qui?- Strepitò il rosso.
Kaede non lo degnò di uno sguardo. Dalla parte inferiore del mobiletto prese lo scatolone e lo appoggiò a terra. Poi cercò di collegare tutti i fili del televisore e del registratore.
-Non ignorarmi vacca maledetta!- Continuò a delirare rumorosamente come al suo solito, Hanamichi.
Rukawa rivolse i suo occhi all’indirizzo di quelli del rosso.
Lo fissò intensamente con una nota di rimprovero.
Hanamichi arrossì violentemente e si zittì.
Si era appena ricordato di alcuni dettagli…tipo un bacio…e poi realizzò.
-BLUUUU! MALEDETTISSIMO BLUUU! ECCO PERCHè LO ODIO TANTO-
Schiamazzò portandosi le mani alla testa.
Haruko osservava Hanamichi, destabilizzata da quella situazione.
Non era riuscita a replicare a quello che il rosso gli aveva detto. Non era propriamente un rifiuto, ma doveva chiarirsi assolutamente.
Presa dall’ansia, la ragazza, intrecciò le braccia poco sotto il suo petto e cominciò a muovere freneticamente un tallone, puntandosi sull’altro piede per restare in equilibrio.
Guardò Hanamichi, che dopo aver urlato cose insensate sul colore blu, si era nascosto sotto le coperte e non dava segni di voler uscirne fuori. Poi posò lo sguardo sul moro, che stava trafficando con i fili del televisore.
Cos’era quella strana tensione?
C’era sempre stata della rivalità tra loro, ma ultimamente le cose si erano calmate.
O così credeva, ma quello che si respirava ora all’interno di quella stanza, era differente da qualsiasi altra cosa che aveva percepito prima di allora.
Tanto non ci sarebbe stato nulla da fare.
Hanamichi borbottava ancora da sotto le coperte, e lei stava cominciando a spazientirsi. Si sedette a braccia e gambe incrociate sulla sedia vicino al letto, aspettando non sapeva nemmeno lei cosa.
-Fatto- annunciò Rukawa estraendo qualcosa dallo scatolone accanto a lui.
-Fatto cosa?- Chiese lei incuriosita dai gesti inconsueti del moro.
Ovviamente lui non rispose, ma si limitò a fulminarla con lo sguardo. Non voleva sprecarci nemmeno una parola, per quella lì.
Aveva osato dichiararsi, non poteva certo perdonarla tanto facilmente.
Bè a dire il vero, sapeva perfettamente che l’unica colpa della ragazza era solo quella di tirar fuori il lato peggiore e più infantile, che credeva di aver sepolto in fondo al suo cuore insieme alla speranza e la felicità.
Accucciato nella sua posizione, Rukawa tolse anche le altre videocassette e le sistemò ordinatamente nel ripiano inferiore del mobiletto malandato. Poi si alzò e raggiunse il letto del rosso.
Strattonò con forza  le coperte che avvolgevano il ragazzo, e lo scoprì del tutto.
-Muoviti deficiente, ti ho portato delle videocassette di mio padre.-
-Maiale che non sei altro, ti sembro in vena per guardare dei porno?-
Rukawa ci rimase secco. Lui non aveva mai visto certa porcheria, e nemmeno ne era interessato.
-Non sono dei porno, razza di demente. Sono alcuni video di operazioni chirurgiche.-
Hanamichi sobbalzo esterrefatto. Dopo un attimo di esitazione dovuta a quello strano gesto, il rosso gli chiese cosa diamine dovesse mai farci.
Spazientito Rukawa trascinò il divanetto bianco vicino al letto, per sdraiarcisi comodamente sopra.
-Non sono solo videocassette, ma anche libri di medicina neurologica.-
Hanamichi, restò senza parole.
Forse Hana aveva capito.. Però no, non poteva essere…
Si calmò e aspettò che Rukawa accendesse la tv.
Il video era davvero inquietante. Pieno di parole che nessuno riusciva a comprendere. Roba gelatinosa e nauseante, e persone che assomigliavano agli alieni radunati attorno ad un lettino argenteo.
Haruko sentì una strana morsa allo stomaco che non riuscì ad interpretare pienamente. Guardò Rukawa  che osservava attento il monitor.
Mentre  scrutava quell’espressione imperturbabile, si sentì come quella volta alle medie, in cui giocò una partita in maniera eccezionale, ma la sua squadra perse comunque.
La ragazza in qualche modo, anche se probabilmente era solo la sua immaginazione che le giocava strani scherzi, percepiva un senso di sconfitta.
Gli occhi castani di lei, andarono a posarsi sul profilo di Hanamichi.
Notò una gocciolina di sudore scendere lentamente dalla sua tempia. Le sue sopracciglia erano corrugate, i suoi occhi totalmente presi dal filmato. Il pomo d’Adamo del ragazzo andava su e giù emettendo un gemito strozzato.
Poi lei guardò di nuovo Rukawa.
L’atmosfera che circondava l’intero corpo del ragazzo era la stessa che lei, poteva percepire quando la squadra scendeva in campo, ma non riusciva proprio a collegare come questo poteva aver a che fare con lei. E con lei qualcosa a che fare doveva esserci per forza, visto che Rukawa la odiava così tanto.
Stanca di queste elucubrazioni mentali che la portavano a farsi troppe domande non ottenendo una minima risposta, spostò la sua concentrazione del filmato.
Anche lei, dopo un paio di minuti di visione, sentì un groppo crescerle in gola.
Tutto quello che stava succedendo al di là dello schermo, avrebbe dovuto subirlo anche Hanamichi.
Non riusciva a togliersi dalla mente questo pensiero.
Portò le sua mani davanti alla bocca, per coprire la smorfia di preoccupazione, quando il paziente ripreso nell’operazione, stava collassando.
La cassetta terminò.
Era andato tutto per il meglio, fortunatamente. Dopo un peggioramento, i medici riuscirono a recuperare il paziente.
Tutti e tre, però a fine visione, rimasero comunque amareggiati.
Rukawa andò a recuperare la cassetta dell’intervento. Mentre si dirigeva verso il registratore sentì Hanamichici che gli ordinò:
-Mettine un’altra!-
Il moro si girò e flebilmente rispose:
-Hn.- Annuendo con la testa.
Haruko fissò di nuovo il rosso, che non aveva distolto lo sguardo dalla tv nemmeno dopo la fine del filmato.
Haruko notò che sia Rukawa che Hanamichi guardavano attenti. Si sentì superficiale e stupida.
Solo lei in quel momento aveva pensieri frivoli.
Dopo 2 ore di visione l’ora delle visite era giunta al termine, ed un’infermiera cicciottella, chiese alla giovane ragazza e al ragazzo alto se cortesemente potevano uscire dalla stanza.
Haruko raccolse la borsetta viola ed il coprispalle di cotone dello stesso colore ed uscì lentamente.
Rukawa non badò a sistemare il divano. Semplicemente, si alzò e si diresse verso la porta.
Mentre però usciva sentì Hanamichi che deglutendo gli disse:
-Grazie!-
Rukawa lo fisso attentamente. L’espressione arrabbiata e determinata del rosso, era rivolta ai pugni che stringevano con tutta la forza possibile il lembo di lenzuolo bianco, sulle sue ginocchia.
-Hn- Rispose il moro di conseguenza.
Ad una spanna di distanza l’uno dall’altra, Haruko e Kaede stavano procedendo con solennità verso l’ascensore.
La tensione era talmente palpabile, da poter essere tagliata con un coltello.
Erano quasi arrivati, quando il dottor Rukawa vide il figlio, e lo invitò a restare a pranzo.
-Aspettami al bar, ti raggiungo tra un quarto d’ora – gli disse, prima di andare da un paziente.
Rukawa accettò con il solito “Hn” ed entrò nell’ascensore.
Haruko era accanto a lui, senza parlare.
Lui non sopportava di respirare la sua stessa aria, ma si limitava ad ignorarla.
Ma ad un certo punto lei decise, inopportunamente secondo il giudizio di lui, di interrompere il silenzio.
-Vengo al bar con te, dobbiamo parlare-
Perfetto. Pranzo rovinato.
Il ragazzo non diede cenno di aver capito, ma questo a lei non importava. Quello che la ragazza voleva, era solo capire.
Giunti finalmente al bar, Rukawa cercò un tavolino. Ne trovò uno perfetto: isolato e piccolo, ma soprattutto, con una sedia sola. Quindi si sedette.
La mancanza di posto per sedersi, non scoraggiò Haruko.
Lei si sentiva forte per la prima volta, dopo tanto tempo. Trovò una sedia in un tavolo vicino e la trascinò a quello di Rukawa.
-Spiegami!- disse lei, sfoderando una sfrontatezza che non sapeva nemmeno di avere.
Lui la guardò come se fosse appena scesa da un’astronave, ma non le rispose.
-Ti piace Hanamichi? E’ per questo che mi odi?- Chiese decisa ad ottenere una risposta.
Rukawa spostò lo sguardo su di una parete. Figuriamoci, se si fosse messo a confidarsi.
Con lei, poi! Magari dopo quella chiacchierata si sarebbero fatti anche le treccine a vicenda…
Haruko non voleva mollare, ma dopo dieci minuti di dialogo tra lei e l’aria, dovette arrendersi.
Si alzò dal tavolino, e fece per andarsene.
Rukawa stava per tirare fuori i fuochi d’artificio per festeggiare, quando lei lo ammonì:
-Rukawa-kun non so che hai in mente, ma io con Sakuragi-kun, non mi arrendo-.
Poi corse, finalmente, via.
Quello che Rukawa non sapeva mentre il suo sangue stava ribollendo dalla rabbia e il suo sguardo non riusciva a staccarsi dalla direzione in cui Haruko se ne era andata, è che lei una volta fuori dall’ospedale, si coprì il viso con le mani per nascondere l’imbarazzo, e sentì le sue ginocchia cedere, per la tensione scemata tutta d’un colpo.
-Oh mamma! Cosa ho fatto?- piagnucolò Haruko alla fermata dell’autobus.
Ma guarda tu! Prima fa tutta l’altruista e la vittima, poi si permette di rivolgersi a lui in quella maniera.
Ma effettivamente Rukawa, dopo quell’accaduto si ritrovò ad apprezzarla un po’ di più e smise di sottovalutarla troppo.
Di certo sapeva bene che la Akagi era una rivale tremenda, ma ora si dimostrava degna della competizione.
Se prima, era conscio di perdere a prescindere contro di lei, a causa dei sentimenti di Hanamichi, ora sapeva per certo che avrebbe dovuto lottare, perché quella maledetta aveva tirato fuori gli artigli.
Dopo aver pranzato silenziosamente con suo padre, andò un po’ al campetto da basket.
Gli stava venendo il mal di testa a furia di pensare così tanto; lui non era abituato granché a farlo.
Doveva scaricare un po’ i nervi e tirare il suo amato pallone nel suo altrettanto amato cesto, era un ottimo modo per rilassarsi.
Dopo una mezz’ora buona, guardò l’orologio. L’orario delle visite era ricominciato, quindi inforcò la mountain bike e ripartì alla volta dell’istituto, ma soffermandosi prima qualche secondo a respirare la delicata brezza marina che gli accarezzava gentile il viso.
Giunto di nuovo nella candida stanza del compagno, lo vide sfogliare uno dei libri che aveva difficoltosamente portato.
-Ci capisci qualcosa?- esordì, interrompendo la concentrazione del rosso.
Hana intrecciò i suoi occhi nocciola con quelli blu di Kaede ed arrossì lievemente, ma ritornò serio in fretta.
-No! Qui ci sono un sacco di parole difficili ed di una lunghezza esagerata, ma è meglio di niente.-
Detto ciò, Hana, tornò alla sua lettura.
Mentre il moro tornava a distendersi dopo essersi tolto la giacca della tuta bianca rimanendo in t-shirt nera, Hanamichi pensò bene di chiedere delucidazioni, in merito al gesto della volpe.
-Perché?-
Ru, non realizzò immediatamente il significato, ma poi andando ad intuizione decise di rispondere.
-Ho pensato che poche risposte, erano meglio di 0 risposte.-
Giunto alla conclusione che aveva parlato anche troppo per quella giornata, si mise a sonnecchiare un po’ sul divanetto.
Non aveva chiuso praticamente occhio quei giorni, se non a scuola.
Sentendo improvvisamente la stanchezza invadergli tutto il corpo, si addormentò.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Salve salvino a tutti... Dovrei cominciare con le consuete note di inizio capitolo...ed invece no! Non ho proprio niente da dire, quindi occuperò questo spazio solo con le risposte ai commenti *_*
RedComet: Credo fermamente, che far parlare troppo i personaggi spenga un pò l'atmosfera. Senza contare che uno dei protagonisti, Rukawa, non conosce il significato del verbo "parlare". Dice il minimo indispensabile, e se poi gli interlocutori non lo capiscono, peggio per loro. XD
Haruko io la odio sempre e comunque. Anche se ho cercato di essere obiettiva e realistica. Anche perchè, una persona che fa la gnorri quando uno è palesemente innamorato di lei, non può che essere un pò superficiale e vedere solo quello che vuole vedere. Quindi credo di averla resa abbastanza bene. Poi questo è il mio punto di vista, ovviamente.
Anche Hanamichi direi, che ha altro a cui pensare, e mi pare scontato che l'amore al momento sia l'ultimo dei suoi pensieri. Solo che essendo una ff romantica, certamente il momento in cui ci dovrà pensare seriamente, arriverà.
Pure a me manca Hisashino. Infatti questo capitolo è per lui *_*.

Bichan:
Non pubblico a notte inoltrata perchè soffro d'insonnia, almeno non in questo periodo, visto che sono abbastanza tranquilla. Lo faccio per lo più, perchè è l'unico momento libero in cui ho abbastanza tempo per sistemare l'html (anche se mi sono creata un modello preimpostato), controllare eventuali errori che mi sfuggono comunque, e continuare a scrivere. In effetti di notte mi riesce meglio.
Ovviamente Hana ha mal interpretato i segnali: altrimenti finisco direttamente qui, e rendo tutto quanto piatto e scontatissimo, anche se il primo capitolo parte proprio dalla fine della vicenda, non vuol dire che deve filare tutto liscio come l'olio, altrimenti non varrebbe non solo la pena di leggere, ma anche di continuare a scrivere. XD
In ogni caso, non posso far innamorare Hana dal giorno alla notte, mi sembra una cosa troppo ooc. Sto facendo del mio meglio epr tenere tutti i personaggi col proprio carattere. Devo dire che Rukawa, mi sta riuscendo piuttosto bene. Per riprendere un famoso comico, la mia personale idea del carattere della volpe è "fatti e non pugnette!". Quindi cerco di farlo "fattare". XD

Bè, che altro aggiungere? Ringrazio nuovamente tutti, e spero che anche questo capitolo vi piaccia.
BUONA LETTURA

•Capitolo 18

Sbadigliando sonoramente, Hisashi guardò la sveglia che si era premunito di disattivare la sera prima.
Era schifosamente tardi.
Aveva dormito fino all’ora di pranzo e si chiedeva come mai la madre non lo avesse svegliato prima.
-Sembri così stanco in questi giorni…-
Fu l’evasiva risposta della signora Mitsui.
Dopo aver pranzato, giocato un po’ con la sorellina, dato una sbrigativa riordinata alla sua stanza, fatto una doccia molto bollente nella quale aveva pensato a Sayaka, cominciò a prepararsi.
Voleva in ordine cronologico, andare prima da Sakuragi a sentire come stava, e poi a parlare con la sensei riguardo al suo strano atteggiamento.
Quella lì, avrebbe dovuto spiegargli per filo e per segno cosa stesse macchinando in quella graziosa testolina mora.
Non è che sperava di mettersi insieme a lei o cose del genere, o forse si…
In tutta onestà, non sapeva nemmeno lui cosa volesse dalla donna, ma l’unica cosa certa, era che si meritava almeno una spiegazione.
Deciso il programma, Mitsui si vestì con cura.
Dopo aver ribaltato l’intero guardaroba, optò per una semplicissima smanicata bianca non troppo aderente, ornata solo da una microscopica bandierina UK sul lato destro del petto, accompagnata da un paio di jeans chiari, che ricadevano pesantemente sugli scarponi neri.
Si ammirò un po’ allo specchio: era troppo figo per essere vero, ed accompagnato da un sorrisetto compiaciuto sul volto, prese una camicia nera, nel caso la temperatura fosse scesa in serata e se la legò alla vita, mentre usciva di casa.
Secondo il suo poco modesto parere, non c’era da stupirsi se fosse diventato un modello famoso in futuro.
Nelle vicinanze dell’ospedale scorse una figura famigliare, seduta al tavolino di un piccolo, ma grazioso bar.
-Mito!- Chiamò l’ex teppista, cercando di attirare l’attenzione su di se.
Si sedette quindi allo stesso tavolino dell’altro ragazzo e ordinò un caffè con cacao e schiuma di latte.
-Al cacao?- Lo canzonò Mito.
-Che ci vuoi fare? Sono un fan della cioccolata…- Rispose sorridendo.
-Dimmi Micchan, come sta Sakuragi?- Aggiunse poi.
-Bè, l’ho chiamato verso l’ora di pranzo, ma non ho capito granché, quindi ora vado a trovarlo. I ragazzi mi hanno chiesto se potevano venire, ma a giudicare dal discorso sconclusionato di quella testa rossa che non è altro, ho detto che era meglio evitare.- Fu la risposta.
-E’ successo qualcosa di grave? Sono andato ieri e mi hanno detto che era svenuto. Solo che poi l’infermiera mi ha detto che non era nulla di preoccupante...- Lo infornò Mitsui con una lieve vena ansiosa nella voce.
La schiena di Mito si raddrizzò spinta a forza da un brivido.
-Vado immediatamente da lui.- Concluse il ragazzo più basso.
Hisashi lo seguì a ruota.
Nella stanza, i due moretti, a conoscenza della dichiarazione amorosa di una certa volpe, rimasero sconcertati nel vedere quell’animale da stola accovacciato sul divano, insolitamente posizionato vicino e parallelamente al letto del loro amico.
Ma la cosa che in tutto ciò sembrava più assurda, era il fatto che Hanamichi stesse LEGGENDO.
E non era una rivista sportiva, ma sembrava proprio un libro.
Di quelli con tante parole e poche figure.
Mito ed Hisashi comunque rasserenati da quella scena, bussarono ed entrarono.
Alla luce del nuovo svenimento del compagno di scorribande,Yohei fece un respiro profondo, e per tranquillizzare in primis se stesso cominciò a sfotterlo.
-Adesso sai anche leggere? Se riesci ad imparare anche le tabelline il mondo finirà.-
Hanamichi, sorvolando sulla stupida insinuazione, sorrise nel vedere i suoi amici e li invitò ad entrare.
Di prepotenza Hisashi si fiondò sulla sedia accanto al letto e si sedette.
Un po’ Mito ci rimase male, ma sorrise e si accomodò ai piedi del letto facendo attenzione a non mettere le scarpe sulle lenzuola bianche e un po’ stropicciate.
Improvvisamente Rukawa biascicò qualcosa, mentre cambiava posizione.
E stranamente tutti trasalirono un istante. Inspiegabilmente.
Dopo che la calma era scesa di nuovo, Hanamichi prese uno dei libri più piccoli e al grido di:
-Muoviti e vatti a scavare una fossa al Polo Nord, dannatissima volpe artica!-
Lanciò il libricino all’indirizzo dell’ignaro Rukawa, che si svegliò contrariato e confuso.
Rukawa, ancora con le palpebre cadenti si guardò in torno.
C’era più gente di quanta se ne ricordasse.
-Ti ho detto di levarti dalle palle!- Rincarò Hanamichi con un ringhio.
Con uno sguardo killer, Rukawa si alzò e se ne andò.
Trovò poche stanze più in là il padre, e rimase ad osservarlo mentre visitava un paziente. Rimase affascinato dai movimenti sicuri e professionali di quell’uomo, tanto che decise di seguirlo nel giro visite con somma sorpresa di entrambi.
Intanto Hisashi, che non si era dimenticato del giorno prima domandò:
-Stai bene?-
Hanamichi lo guardò torvo. Il tono dell’amico era veramente preoccupato e non ne capiva il motivo.
Anche Mito stava sulle spine aspettando con trepidazione la risposta.
-Si…perché?-
-Ieri sono venuto qua ma l’infermiera mi ha detto che hai avuto uno svenimento…- Hisashi lasciò sfumare la voce poiché non riusciva nemmeno a continuare la frase.
Qualsiasi cosa avesse aggiunto sarebbe suonato fin troppo deprimente.
Voleva solo informarsi, non gettare benzina sul fuoco.
Sakuragi si irrigidì al ricordo del motivo per il quale aveva perso i sensi.
Ovviamente non avrebbe mai e poi mai, ammesso la causa, quindi si inventò che la perdita di conoscenza fosse stata dovuta ad una carenza di zuccheri, cercando di essere il più convincente possibile.
Non lo fu abbastanza: le occhiate sospettose di Mito e Hisashi erano piuttosto eloquenti.
-Vi dico che è così!!!!- Insistette la testa rossa per poi aggiungere
-Sto bene, tanto che presto mi opereranno, perché le cellule cancerogene (o qualcosa del genere), sono in regressione…-
Hana, poteva vedere gli occhi dei sue due amici, spalancarsi.
-Guarirai?- Domandò Mito, con tono speranzoso ed incredulo allo stesso tempo.
-Così dicono!- Commentò spavaldo il rosso.
Hisashi rimase in silenzio. Era talmente felice che non sapeva nemmeno come esprimerlo.
Hana però, non voleva turbare gli altri, che sembravano così contenti, quindi decise di tenere il resto del discorso, solo per se.
Sarebbe stato lungo e complicato spiegare delle eventuali complicazioni, e non aveva nemmeno lui stesso, voglia di abbattersi nuovamente.
Ma il lampo di dubbio e paura che attraversò quegli occhi nocciola, non sfuggì al suo migliore amico, ma ad Hisashi sì, perché era così concentrato sulla buona nuova, che tutto il resto era passato in secondo piano.
Yohei decise comunque di soprassedere, e cercò altri argomenti di cui parlare. Se Hanamichi non gli aveva detto tutto, o questo quanto meno era il suo pensiero, un motivo doveva esserci ed andava rispettato.
-Come va con la Minamori?- Chiese d’impulso il rossino, sorprendendo Hisashi.
Una sensazione di disagio colse all’improvviso Mitsui.
-No!- Rispose.
-“No!” Cosa?- rincarò Hana.
-Lascia stare, non ne voglio nemmeno parlare.- Mugugnò contrariato Hisashi.
-AHAHAHHAA! Ti sei preso un due di picche, non è vero?-
Lo sfottimento del rosso stava mandando in bestia l’ex teppista, che si bloccò mentre stava per rispondergli per le rime.
La sensei veramente voleva mandarlo in bianco?
No, eppure quel bacio non era soltanto un bacio. Era di più, e parecchio anche.
Però c’era da calcolare lo strano astio, che lei aveva dimostrato nei suoi confronti in seguito.
Oddio… Ora era davvero confuso.
-Non dirmi che ti sei ripassato Minamori-sensei!- Piagnucolò Mito.
-NO brutti cretini! Non me la sono ripassata!- Sbottò Hisashi, arrossendo.
-Ah, menomale! Sarebbe stato davvero ingiusto.- Si tranquillizzò Yohei.
-Però l’ha baciata!- Rivelò Hanamichi, come per prendere in giro Hisashi.
Mito restò a bocca aperta, rimuginando sul fatto che un dio giusto ed equo, non esisteva.
Hisashi arrossì ancora di più, ma fortunatamente sapeva che Hanamichi, non solo era ingenuo, ma fondamentalmente anche un’idiota.
-Bè, hai poco da prendere in giro, “Mr. 51 scaricamenti”- Scherzò Hisashi.
Hana, tutto felice per quella provocazione, sfoderando il suo sorriso più orgoglioso annunciò:
-“Mr.50” prego. Recentemente Haruko mi ha dichiarato il suo amore e Rukawa mi ha baciato.-
Un millesimo di secondo dopo, si rese conto di aver fatto la figura più meschina della sua vita.
Ovviamente la frase sfuggita di bocca al rosso, scatenò negli altri due, un’ilarità straordinaria.
Ma solo dopo che i ragazzi ebbero avuto il tempo di raccogliere le loro mascelle da terra.
Ormai era troppo tardi per tornare indietro e Sakuragi, nonostante avesse provato in tutti i modi a ritrattare, dovette sbottonarsi sotto le insistenti pressioni degli altri due, che tra una risata e l’altra avevano quasi il mal di pancia.
Impiegando un tempo quasi illimitato per spiegare chiaramente il bacio, atteggiandosi ad esperto amatore, Hanamichi poi raccontò della dichiarazione di Haruko non soffermandosi granchè sulla cosa, enfatizzando piuttosto, nel suo solito e colorito modo di esprimersi, i comportamenti strani di una certa volpe.
Ovviamente non menzionò il fatto dello svenimento, dovuto appunto al bacio.
I veri uomini non svengono per un bacio, o per una testata, o qualsiasi cosa fosse stata realmente, quel contatto tra le loro labbra.
-Cerca sempre di mettersi in mostra, è fastidioso, insistente, invadente… E’ Rukawa!-
Commentò gesticolando nervosamente con gran parte del corpo, il rosso.
Mito ed Hisashi, di tanto in tanto incontravano i loro sguardi.
-Raccontami di Haruko, che farai?- Chiese Mito.
-Eh? Bè te l’ho detto, ci penserò su…- Rispose Hana, scrutando l’amico come se avesse fatto la domanda più stupida del mondo.
-Ma Hanamichi, Haruko ti è sempre piaciuta un sacco, ed ora l’hai rifiutata?- Chiese, perplesso Yohei.
-No, ma non capisci, anche quella maledettissima volpe si è dichiarata!- Strepitò il rosso, non riuscendo a capacitarsi del perché quei due insistevano tanto su Haruko, quando il punto era un altro.
Non sapeva nemmeno lui quale fosse di preciso, quel cavolo di punto, ma c’era.
Lui se lo sentiva ed essendo un genio dall’istinto infallibile, stava sicuramente facendo la cosa giusta.
-E poi te l’ho spiegato, con l’operazione e tutto, non ho tempo di pensare a certe cose…- Si giustificò poi.
Nel’orecchio di Mito si insinuò una piccola pulce.
Haruko era praticamente tutto per Hanamichi.
Per lei aveva cominciato a giocare a Basket, per lei aveva cominciato la faida con Rukawa…
Quindi proprio non riusciva a spiegarsi il rifiuto.
Certamente quella dell’operazione era una scusa valida. Ma non era comunque da Hanamichi tirarsi indietro così.
Quindi espresse i suoi dubbi, mettendola sottoforma di scherzo.
-Ma non è che sotto sotto, Rukawa ti piace?-
Hanamichi si bloccò. Lo sguardo rivolto al suo amico parlava praticamente da solo, e diceva: “ma come stracavolo ti viene in mente una cosa tanto perversa?”.
Hisashi che non aveva aperto ancora bocca, troppo occupato a cercare di capire, cominciò a dare manforte a Mito.
-Hana, quello che Micchan vuole dire secondo me, è che ti stai arrovellando il cervello per Rukawa e non per Haruko. Anche a mio parere questo è strano…- Intervenne il moro, scatenando in Hanamichi la solita reazione sproporzionata e rumorosa.
Dopo aver ricevuto delle lamentele da parte del paziente della stanza accanto, Hana finalmente si ammansì
-Ragazzi quello che non capite è che Rukawa mi ha baciato e ha detto di essere innamorato di me! E’…è…è… Non lo so nemmeno io che è, ma non va bene!- Spiegò il rosso con la tipica faccia da idiota.
Hisashi sbuffò e decise di dire la sua senza mezzi termini.
-Sakuragi, stammi a sentire. Credo di parlare anche a nome di Micchan, dicendo che se ti piace Rukawa, non ce ne può sbattere di meno.- Mito annuì in accordo con quanto detto dall’altro - Ma il punto è che: se ti piace Haruko, mettiti con Haruko. Se ti piace Rukawa mettiti con Rukawa. E se non ti piace nessuno dei due, vai avanti per la tua strada. Ti stai facendo tanti problemi quando le cose sono così semplici. Prenditi il tuo tempo, ma soprattutto pensa a guarire.-
In quell’istante, un’infermiera entrò annunciando che l’orario delle visite era terminato.
In effetti si era fatto tardi troppo in fretta, pensò Mito tra se e se, mentre camminava per la strada di casa, a fianco dell’amico.
-Sai Mitchan…- Esordì Mito.
-Anche se non gli piace, credo che quanto meno, Hanamichi sia interessato a Rukawa, in qualche modo. In fondo lui è un ingenuo, e non mi stupirei se si sentisse confuso.-
Hisashi si prese un attimo per riflettere, ma notò con disappunto che ormai erano quasi giunti in prossimità della stazione, e doveva sbrigarsi se voleva terminare il discorso.
-Micchan, hai ragione. Hai centrato il punto, è confuso. Tutta questa storia deve essere pesante per lui. E ho come la sensazione che quest’operazione sia un fardello talmente pesante da sopportare, che sta complicando tutto. E se vuoi la mia opinione starebbe meglio con lui che con lei.-
Mito si interdette un momento a quell’affermazione, e chiese spiegazioni in merito, che non tardarono ad arrivare
-Haruko è passata da Rukawa a Sakuragi, in praticamente un battito di ciglia. Non che non gli piaccia Hanamichi, ma credo che dopo essersi disperata per Rukawa così a lungo, il pensiero che un ragazzo così premuroso come Hanamichi si interessato a lei, le faccia talmente piacere da confonderla. In altre parole: sono tutti confusi. Ma per come la vedo io Haruko non è innamorata di Hanamichi, ma dell’idea dell’amore in generale. Non ci vedo nulla di male in questo, ma davvero Haruko può rendere felice Sakuragi? Quanto meno Rukawa sta dimostrando, a modo suo, di tenere molto più a lui di quanto non stia facendo lei.-
Dopo un breve istante di riflessione, Mito si trovò d’accordo.
In effetti, il discorso quadrava. Anche gli rimanevano le sue perplessità.
Rukawa si era dato da fare. Se anche Hisashi aveva avuto i suoi dubbi in merito all’operazione, allora Hanamichi non aveva detto tutto come già lui stesso sospettava.
Quindi, Yohei si sentì in colpa.
Rukawa in qualche modo era riuscito ad essere di aiuto e lui no. Era capace solo di sfottere…
Dopo aver accompagnato un incupito Mito alla stazione, Hisashi osservò di nuovo l’orologio.
Era dannatamente tardi, ma doveva assolutamente andare a parlare con Sayaka, quindi imboccò al primo svincolo verso destra, per la strada che l’avrebbe portato alla residenza della donna.
Cercando di scacciare tutti i suoi tormenti riguardante l’amico malato, cercò di concentrarsi su ciò che doveva dire all’insegnate.
Non aveva idea di come cominciare il discorso, di come continuarlo e nemmeno di come concluderlo.
Ma di sicuro avrebbero dovuto parlare.
Ed era lì. Davanti a quel campanello maledetto, con il cuore che palpitava ed un groppo enorme in gola.
Suonò al citofono e attese, con le ginocchia rigide per la tensione.
Fino a un secondo prima, seppur agitato, non si sentiva così.
Ma non ebbe il tempo di riprendersi quando la porta si aprì.
E sentì il cuore perdere un colpo.
Chi cazzo era quello?
Il ragazzo che venne ad aprire la porta, lo osservò stupito.
-Chi sei?-
Chiese lo sconosciuto dai capelli neri e folti.
Hisashi sentì il suo respiro abbandonarlo per un attimo, ma si fece coraggio e rispose.
-Mi chiamo Hisashi Mitsui, dovrei parlare con Minamori-sensei.-
-HEI SAYACHAN, C’E’ UN CERTO HISASHI MITSUI CHE TI VUOLE PARLARE!-
Urlò senza troppa discrezione, lo sconosciuto.
Ad Hisashi venne un colpo.
Vide la sensei impettita vestita solo di uno striminzito asciugamano, ed i capelli bagnati, venire verso di lui.
Non poteva essere vero!
Lo squadrò per un millesimo di secondo con la rabbia negli occhi scuri da cerbiatta, e spiegando bruscamente:
-Sono impegnata adesso-
Sbattè violentemente la porta, in faccia all’alunno.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Eccola qui! Finalmente con un nuovo aggiornamento. A dire il vero ho scritto questo capitolo un pò di tempo fa, ma avendo trovato un nuovo lavoro, non ho avuto il tempo di postarlo. Spero che vi piaccia. A me piace. Mi sono divertito a scriverlo. A dire il vero non volevo approfondire più di tanto sul servizio fotografico, ma visto che la bichan ci teneva... Colpa tua! XD
Bichan, visto che sono sparita per tanto, ti dedico questo capitolo! *_*

•Capitolo 19

Haruko, seppur sconvolta dal proprio comportamento, era comunque intenzionata a capire.
Non si dava pace, e quel lunedì mattina faticò molto a seguire le lezioni.
Da quando si era liberata del fardello chiamato “Kaede Rukawa”, che pesava sul suo cuore, era come se fosse diventata un’altra persona.
Temeva comunque lo sguardo tenebroso di quel ragazzo, ma in maniera differente.
Se prima le veniva il batticuore solo per un leggero contatto avvenuto per sbaglio, ora doveva cominciare a vederlo come nemico.
Non era sicura della sua intuizione, ma tutto in lei le suggeriva che c’era qualcosa di storto.
Pensava di aver capito bene la situazione, ma non aveva prove certe che confermassero la sua ipotesi.
Non avrebbe voluto essere sua rivale anche perché per quanto non fosse più innamorata, non lo odiava affatto, ma lui non le dava certo altra alternativa se non quella di sfoderare un’aggressività che non le era mai appartenuta.
Lei voleva Hanamichi, e se lo sarebbe preso.
Poche volte in vita sua era stata così motivata e grintosa.
Era come se dopo quello scambio di parole in palestra con Rukawa, fosse rinata a nuova vita.
Finalmente libera da quella schiavitù chiamata amore.
Quello che nessuno sapeva, tranne le sue migliori amiche Fuji e Matsui, era che dopo quell’avvenimento, si fosse diretta in un centro di bellezza.
Dopo interminabili ore di pedicure, manicure e vari trattamenti, si sentì rinvigorita.
Aveva letteralmente affilato gli artigli, e li aveva anche fatti colorare con uno smalto di un magnifico color lillà che ancora persisteva sulle sue unghie,anche se lievemente scalfito dal lasso di tempo passato dall’applicazione.
Camminando da sola per i corridoi della scuola immersa nei suoi pensieri, si imbatté, o meglio, andò a sbattere contro Mitsui, che stava cercando il capitano Miyagi.
Si scusò educatamente, poiché la colpa era sua e della sua disattenzione, e dopo aver salutato il suo sempai tornò a concentrarsi su se stessa.
Nel frattempo Hisashi, era disperato.
Ryochan era scomparso dalla faccia della terra.
Aveva provato in classe, in palestra, nei vari laboratori, il tetto… Ormai rimanevano da perlustrare solo i tre stanzini dove venivano riposte le scope. Luoghi, che per altro, lui conosceva bene.
Niente…
Non sapendo più come fare, cercò Ayako.
Nemmeno lei si trovava.
Un pensiero malizioso, attraversò per un breve istante la sua mente…
Intanto, maledicendosi in varie lingue per non aver avvertito Haruko quando ne aveva avuto l’occasione, decise di andare a cercare Yoshimitsu.
-Sempai Mitsui,un vice capitano non dovrebbe assentarsi dagli allenamenti per motivi personali- Lo rimproverò sbuffando, il primino.
Soffocando a fatica l’impulso di sganciagli un destro proprio al centro di quella faccia saputella, Hisashi si allontanò salutando sgarbatamente il khoai.
Yoshimitsu era intelligente, brillante e di grande talento, ma sapeva essere davvero odioso.
Faceva il saccente e si mostrava insofferente con la maggior parte dei compagni di squadra.
Però, il vice capitano, sapeva perfettamente che non era un cattivo ragazzo. Anche se questo non serviva a bloccare i pensieri violenti.
A volte sembrava un Rukawa con la lingua un po’ più lunga.
Non era l’unico a pensarla così.
Infatti, durante un amichevole con il Kainan, Jin lo identificò ad alta voce, come l’erede di Kaede Rukawa.
Il suo gioco era elegante, preciso e pulito, anche se ancora immaturo. Ma lo stile ricordava quello dell’ex matricola d’oro.
Hisashi poteva trovare Yoshimitsu insopportabile, ma di sicuro lo rispettava molto.
E come lui, tutti gli altri.
Quel ragazzo aveva un modo di muoversi, quasi principesco. E il tono della sua voce era autorevole. Non obbligava mai nessuno a fare quello che voleva, ma tutti seguivano comunque i suoi consigli spinti quasi da una forza sovrannaturale.
Era magnetico, esattamente come un certo numero 11.
Tutti, nel bene o nel male si sentivano attratti da lui. Il fascino che riusciva ad emanare era palpabile anche dai maschietti, che di certo non lo trovavano sessualmente appetibile (tranne Ryojima della 2-E, ma lui era gay più che dichiarato), ma la maggior parte della gente cercava sempre e comunque la sua approvazione, durissima da ottenere.
Mentre la guardia ritornava a passi pesanti, stanco della vana ricerca, verso la sua classe, scorse Minamori-sensei che stava parlando con una studentessa (di cui aveva il numero di telefono, da qualche parte in un cassetto della scrivania).
Il panico lo colse impreparato.
Con il cuore in gola decise di nascondersi dietro un muro.
Fortunatamente per lui la sensei, non lo vide.
Non era pronto ad affrontarla in quel momento.
Chi cavolo era quel tizio? E come si permetteva di chiamarla “Sayachan”, e prendersi talmente tanta confidenza da guardare quelle curve sexy avvolte solamente da un asciugamano?
In ogni caso doveva avere il tempo di pensare, ma soprattutto calmarsi.
Non voleva fare una scenata e passare da ragazzino. Non con lei.
Per arrivare nella sua classe evitando l’insegnante, scese al piano inferiore e percorse tutto il corridoio. Imboccò per la scala antincendio, e con circa 7 minuti di ritardo, giunse finalmente al suo banco.
Grazie al suono della campanella, si riprese da quello stato di coma in cui era piombato grazie all’atona voce della professoressa Shizuki; una robusta donna sulla sessantina con evidente carenza di estrogeni.
Hisashi, non poteva fare a meno di chiedersi, se l’insegnante di storia conoscesse la ceretta.
Ma non voleva essere lui ad informarla dell’esistenza di tale pratica.
Con quelle voluminose e pesanti braccia, quel donnone alto e scuro, probabilmente lo avrebbe fatto a pezzi.
Quando si accorse dell’orario, fece uno sprint per arrivare il più velocemente possibile al cancello.
Yamada era già lì ad aspettarlo, impettito e con quel suo sorrisetto viscido.
Salito sulla Mercedes nera dell’uomo, Hisashi sentì la nausea salire: l’auto doveva essere nuova, considerando il pungente odore di pelle che proveniva dai sedili.
Parlarono un po’ del più e del meno, poi il ragazzo si incuriosì e cominciò ad assillare il suo manager, con domande riguardanti il lavoro.
-Mitsui-san, voglio darti un avvertimento. Non contraddire mai il fotografo. Almeno non questo. Anzi, non rivolgergli proprio la parola- Lo ragguagliò Yamada, ora serio in volto.
Arrivati agli studi, i due si incamminarono per un corridoio bianco ornato di tanto in tanto con piante alte di un verde quasi abbagliante. Il tutto era molto elegante.
I pavimenti erano talmente lucidi e candidi che Hisashi ci si poteva specchiare, cosa che tra l’altro, gradì molto.
Appena entrati in una stanza esageratamente grande, due bellissime ragazze in salopette e magliette smesse dai colori psichedelici, assalirono il ragazzo.
Senza nemmeno presentarsi e mugugnando qualcosa riguardo una tabella di marcia, lo trascinarono con loro in uno stanzino.
-Cominciamo alla grande!- Commentò Hisashi contento.
Senza neanche guardarlo, le due ragazze lo sistemarono su una sedia.
Una cominciò a trafficare tra una montagna di stoffa colorata, mentre l’altra intrugliava qualcosa che poteva sembrare fondotinta.
La truccatrice cominciò a sopraffarlo tamponandolo con della cipria.
Una volta finito il trucco, la costumista, lo prese per un braccio e lo spogliò brutalmente.
Al ragazzo la cosa, poteva fare piacere in un altro momento, ma si sentiva in qualche modo violentato da tutta quella ferocia con cui la ragazza lo manipolava.
Lo faceva sentire una “cosa”.
E quasi senza accorgersene si ritrovò con un paio di boxer leopardati, accompagnati da una canotta semitrasparente della stessa tinta.
Non si sa come, ma riuscì stoicamente a non svenire, guardandosi allo specchio.
-Allora ragazzi, tutti ai vostri posti si comincia. Dov’ è il figaccione da urlo?-
Una voce cinguettante di un uomo, o qualcosa del genere, incitò tutti quanti a cominciare lavoro.
-Muoviti, il fotografo ti chiama- Disse la costumista, spingendo bruscamente il povero Hisashi fuori dallo stanzino, seminudo e confuso.
-Eccolo!- Urlò esaltato il fotografo –Accipicchia, che fusto che sei!- Osservò, squadrando il modello, con aria famelica. – Bene ora vai là dove c’è quella bella signorina!-
Hisashi si incamminò titubante e disorientato, verso la signorina in questione:
una ragazza dall’aria dolce, le treccine nere che ricadevano lente e leggere sulle spalle e gli occhiali spessi ed impercettibilmente storti, che gesticolava affannosamente per richiamare l’attenzione.
-Tu sei nuovo – constatò lei, vedendo l’espressione confusa del ragazzo. – mettiti qui e fai tutto ciò che il signor Tatsuhiro ti chiede. E non ti preoccupare, andrà tutto bene, vedrai.- Lo rassicurò poi sorridendo gentilmente.
Hisashi, prese postazione dove indicato dalla ragazza.
Si sentiva strano ad essere al centro di un set fotografico.
Dal suo posto, lo spettacolo che vedeva faceva davvero paura: tutti quei tecnici che lavoravano per illuminarlo meglio. Ragazze vestite con improbabili tallieur demodè dai colori scuri, che correvano di qua e di là come trottole. Il fotografo che stava dando di matto perché non aveva ancora ricevuto il suo mocaccino…
L’unica cosa rassicurante, era che finalmente Yamada si era tolto dalla faccia quel dannato sorrisetto mellifluo e ora lo stava guardando con espressione tranquilla.
Lo interpretò come il segno che andava tutto bene.
Prese un respiro profondo, e ricercò nella sua mente, la ragione per cui era lì, vestito con un allucinante completo intimo, che era da uomo solo in teoria.
Bene… andava molto meglio.
Dopo essersi ripetuto varie volte nella sua testa:“La famiglia viene prima della mia dignità”, era finalmente pronto e deciso, e riacquistò la sicurezza che lo aveva sempre caratterizzato.
Aveva passato di peggio negli ultimi anni, e poi era un figo: lo dicevano tutte quelle che si portava a letto, e anche quelle che non erano mai state nelle sue mire.
Anche con un tristissimo completino leopardato adatto ad una sposa nella prima notte di luna di miele, sarebbe stato da dio.
A riprova di ciò, c’erano le poco discrete esclamazioni di approvazione che giungevano dal fotografo, ed erano talmente spinte da riuscire ad imbarazzare non poco il numero 14.
Dopo aver cambiato svariati capi, uno più osceno dell’altro (e per fortuna che la marca d’abbigliamento era innovativa…), dopo aver ricevuto l’ordine di mettersi nelle pose più improbabili che andavo dal “più sexy”, sfociando nel “accattivante, ragazzo; sii più accattivante”, raggiungendo addirittura il famigerato “Magnum!” (Zoolander docet), finalmente quella tortura finì.
Era stato utile seguire il consiglio del signor Yamada.
Probabilmente se non avesse pensato ai suoi genitori durante il servizio fotografico, avrebbe pestato di botte quel maniaco del fotografo.
O quanto meno avrebbe detto la sua, in merito alle pesanti avances.
Non aveva idea del lavoro che ci fosse per realizzare un servizio fotografico del genere. Era tutto quanto così caotico e veloce, che più di una volta il ragazzo, aveva temuto di essere lasciato indietro.
Era assurdo, il numero di persone che stavano dentro quella sala. E si davano tutti un gran da fare per farlo risultare il più bello possibile; “come se ce ne fosse bisogno” sorrise compiaciuto Hisashi tra se e se.
-Sei andato bene!- Esordì il signor Yamada, entrando nello stanzino dove Hisashi aveva appena finito di infilarsi l’uniforme scolastica.
-Tatsuhiro-sensei è rimasto soddisfatto di te, ha detto che ti ingaggerà di nuovo- Aggiunse, ma vedendo lo sguardo terrorizzato del ragazzo, dovette fare un ulteriore commento – Tranquillo, abbaia ma non morde- Sorrise gentilmente l’uomo.
Sull’auto, Yamada continuò a parlare
-Mi spiace di non averti spiegato bene tutto, avrei voluto dirti di più, ma prima mi hai tempestato di domande…-
-Mi scusi…-
-Tranquillo, succede sempre ai novellini, di innervosirsi.-
-Ma davvero dovrò lavorare di nuovo con quel tale?- Chiese poi Hisashi, sentendo brividi freddi dietro la schiena nel pensare a quella orribile eventualità.
-Speraci! Tatsuhiro-sensei è il fotografo più importante di questi tempi. Hai avuto un’opportunità più unica che rara oggi. Se il modello ufficiale, e non sto parlando di uno qualsiasi, ma di Toja Tagase, non fosse finito in ospedale, saresti stato ingaggiato al massimo per una scadente pubblicità, pubblicata su un qualche giornaletto anonimo.-
Cavoli! Lui aveva preso il posto di Toja Tagase. Il volto di quello lì era praticamente in tutta la città.
Si sentì rinfrancato da questa scoperta. Significava che avrebbe fatto strada in fretta.
-Tra l’altro, ti ha scelto proprio il sensei- rivelò il manager, frenando lentamente ad un semaforo rosso.
-E come? Non ho un book…Infatti mi è sembrato strano essere scelto così.- Confessò il ragazzo.
-Quando eri fuori dalla sala d’attesa, non hai aspettato tanto perché eravamo indecisi, ma perché quando sei entrato negli studi, lui ti ha adocchiato e ci ha rimbambito al telefono per un’eternità dicendo che ti voleva assolutamente per questo servizio fotografico.-
Hisashi rimuginò un po’ e decise che il fotografo gli stava un po’ meno sulle scatole. Aveva dimostrato molto buon gusto, non poteva essere così tremendo se aveva immediatamente notato il suo estremo fascino.
Salutò il signor Yamada con un elegante inchino e delle parole di ringraziamento, poi Hisashi fece quel metro che lo separava dal cancello della sua casa.
Entrò nella sua abitazione, e si fiondò a tutta velocità nella doccia.
Non si prese nemmeno la briga di controllare che ci fosse qualcuno in casa: i suoi erano in ufficio e la sorella sarebbe rimasta a dormire dalla nonna.
Uscì dal bagno solo in mutande (finalmente normali), e si buttò a peso morto sul letto.
Orai erano più o meno le 9 e qualcosa, di sera.
Un’infermiera sarebbe arrivata a casa sua e gli avrebbe sparato con un fucile, se solo si fosse azzardato a chiamare Hanamichi per aggiornarlo dell’insolita giornata che aveva avuto.
Quindi sprofondò in un sonno profondo, ignaro del fatto, che pure Hanamichi aveva avuto la sua buona dose di emozioni, quel lunedì.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Rieccomi, dopo tanto tempo ho finalmente riaggiornato. Questo capitolo mi è stato ispirato da un'idea che mi ha dato Bichan, quindi la colpa è sua XD. Picchiate lei, quindi :°D. Grazie bella, mi mancano le tue email XD.

Buona lettura.

•Capitolo 20

Più scrutava suo padre durante il giro visite, più al giovane Rukawa stava venendo un’idea malsana, che decise di scartare prima che prendesse del tutto forma nella sua mente.
Lui avrebbe giocato a basket. Punto. Niente discussioni.
Suo padre, una volta toltosi i guanti in lattice e scaraventati con estrema precisione nella cesta destinata alla spazzatura, lo raggiunse fuori dalla stanza del paziente che stava visitando.
Senza dirgli nulla, gli cinse un bracco intorno alle spalle e lo trascinò via, salutando con uno smagliante sorriso i pazienti.
-Ti sei divertito?- Chiese con leggiadra allegria, il dottore.
-Hn- Rispose enigmaticamente il ragazzo.
-Io ho quasi finito il turno, vatti a preparare che si torna finalmente a casa.- Lo informò il padre.
Rukawa, doveva recuperare alcune sue cose dalla stanza di Hanamichi, e si appropinquava ad entrare proprio lì, quando vide una scena davvero inusuale. E a dirla tutta, non era nemmeno la prima volta che succedeva.
Un’infermiera dall’aria seria e composta, stava cambiando il sacchetto della flebo ad un Hanamichi tutt’altro che impegnato. Però il rosso non la degnava di uno sguardo e nemmeno di una parola.
Tutte le volte che Rukawa vedeva cose simili, si stupiva.
Kaede, ingobbito come al solito e con le mani in tasca, entrò e andò verso il divano. Lo rimise a posto facendo bene attenzione a non fare troppo rumore.
Sentì nel frattempo, i passi dell’infermiera che stava uscendo dalla stanza.
Poi prese la giacca della tuta e se la legò alla vita, visto che era troppo caldo per indossarla e caricò sulle spalle il suo zainetto che conteneva una bottiglietta d’acqua e la palla da basket.
Hanamichi non era riuscito a distogliere un solo secondo gli occhi da lui.
Perché quello lì doveva essere maledettamente elegante in ogni suo gesto?
Infine interruppe la linea dei suoi pensieri, colpendosi in fronte con il palmo della mano destra e rimproverando se stesso con un “Idiota!”, quando gli venne in mente una delle solite frasi di quelle brutte oche starnazzanti del team RU-KA-WA.
Come poteva anche solo avergli sfiorato l’idea che quelle tre matte, avevano ragione a dire che sembrava un principe? Al massimo poteva essere il principe dell’Antartide.
Rukawa notò Hanamichi, gli lanciò per un momento uno sguardo interrogativo e si chiese quale contorto pensiero stesse architettando sotto quel tappetino di capelli rossi.
Quando Hana si accorse degli occhi blu su di lui, arrossì lievemente e reclinò bruscamente il viso dall’altra parte.
Rukawa non ci diede troppo peso perché non aveva molta voglia di discutere, quindi si diresse allo scatolone che era stato evidentemente spostato da qualcuno, visto che ora si trovava dall’altra parte della stanza e non ai piedi del letto dove lui l’aveva lasciato.
Prese un libretto piuttosto spesso, e lo porse al rosso.
-Tieni- ordinò, con il braccio teso in direzione del compagno.
Hanamichi, curandosi di non incontrare lo sguardo del moro, sussurrò un “grazie” quasi impercettibile.
Rukawa lo scrutò dubbioso, per la seconda volta.
-Ciao.- Salutò Kaede, mentre lasciava la stanza con la sua solita falcata sicura.
Hanamichi non rispose al saluto, semplicemente se ne stava lì imbambolato come un mentecatto, a fissare la sua schiena scomparire nel corridoio.
Turbato da un sacco di pensieri strani, decise di distrarsi, leggendo il libro che aveva afferrato titubante, rischiando addirittura di sfiorare le mani nivee di Rukawa.
-Posso portare Sakuragi-kun fuori, domani?- chiese tranquillamente Kaede, portando il cucchiaio alla bocca, con il busto reclinato leggermente in avanti per non sporcarsi.
Etsuya Rukawa guardò il figlio stupefatto.
Erano probabilmente mesi che non si rivolgeva a lui in tono così gentile. Non poteva rifiutare la sua richiesta, anche se sinceramente non ci sarebbe stato bisogno del permesso.
Quel ragazzo, poteva uscire fuori in cortile quando voleva. Anche se fino ad ora, si ritrovò a pensare, non aveva messo piede fuori dalla stanza.
Cosa insolita tra l’altro, tutti o quasi tutti i pazienti, volevano prendere aria fresca almeno una volta al giorno, soprattutto quelli più giovani.
E mentre fissava torvo la zuppa marroncina nel suo piatto, immerso nei suoi pensieri, il figlio lo riportò alla realtà
-Allora?-
-Certo, certo, fai pure- Rispose colto alla sprovvista e con un sorriso imbarazzato.
-A dire il vero, il tuo amico può uscire quando vuole, il giardino è a disposizione di tutti i convalescenti.- Aggiunse poi, riprendendo un po’ di sicurezza.
Si sentiva strano, perché quando suo figlio usava quel tono leggero, lo spiazzava sempre.
-No, non voglio portarlo in cortile, voglio portarlo proprio fuori dall’ospedale.- Annunciò deciso il moretto, che intanto inforcava un altro boccone.
Ecco!
L’uomo, non riuscì a nascondere la delusione.
Avrebbe dovuto ricordarsi che quel ragazzo era gentile con lui, solo quando voleva qualcosa. Ma perché non l’aveva intuito subito?
Sapeva che stare a sindacalizzare era inutile. Kaede era determinato, poteva leggerglielo negli occhi.
L’ultima volta che aveva visto quello scintillio nelle iridi blu del figlio, aveva scoperto quanto terrificante poteva essere Kaede.
Con un sospiro sommesso, gli comunicò:
-Non dipende da me, però vedrò di parlare con il primario. Ti avverto che non sarà un’impresa semplice.-
Al ragazzo andò bene così. Non voleva insistere troppo. Quella sera era abbastanza sereno e stava andando perfettamente d’accordo col padre. Dire o fare qualcosa in più, avrebbe rovinato quell’atmosfera tranquilla che da tanto non si respirava in casa Rukawa. 
Non sapeva esattamente come poteva essere successo, ma Sakuragi aveva perso gran parte della luce e della vitalità che lo caratterizzavano.
Certo, non stava passando un bel periodo, anzi, stava decisamente passando un periodo di merda,
ma stava pian piano diventando totalmente un’altra persona.
Non si preoccupava quando gli urlava contro per nessuna ragione in particolare, ma ultimamente era diventato un po’ troppo mesto e asociale.
Infatti, non aveva stretto amicizia, né con gli altri pazienti e non aveva mai stordito nessuna infermiera con la sua parlantina sconclusionata.
Cascasse il mondo, Kaede Rukawa, l’avrebbe riportato almeno per una giornata, ai vecchi albori.
E con questo pensiero salì in camera, mentre sentiva suo padre che con la cornetta in mano tentava in ogni modo di convincere il primario.
Già sotto le coperte da un paio d’ore, il moretto continuava a girarsi e rigirarsi nel letto, senza riuscire a prendere sonno. Avrebbe dovuto dormire a tutti i costi perché sapeva che la giornata successiva sarebbe stata davvero dura.
Ma niente…
Per lui contare le pecore non aveva mai funzionato, o meglio; non ne aveva mai avuto bisogno.
Dormire, oltre che giocare a basket, era la sua attività preferita, e c’era da dire che se la cavava piuttosto bene, ma quella sera proprio non gli riusciva.
Si alzò svogliatamente dal letto e con un rassegnato sbuffo, andò nello studio di suo padre.
Guardò per un secondo la grande libreria con tutti i testi di medicina, e prese un libro che a lui sembrava interessante; ma non tanto per il titolo, quanto per il rosso fuoco della copertina.
Ritornò in camera sua, e si mise a leggere.
Fu subito rapito.
Mentre scorreva il testo, notò un sacco di parole complicate che risultavano allo stesso tempo molto affascinanti. E l’idea malsana, aveva ricominciato a farsi largo tra gli altri pensieri.
Turbato da ciò, chiuse il libro con forza, lo poggiò sul letto, spense l’abatjour e si rannicchiò di nuovo sotto le coperte.
Dopo un po’, l’abbraccio di Morfeo, finalmente lo avvolse.
-DRRRIIIIIINNNNN…DRRRIIIINNNNNNN-
Una mano alabastrina, si sollevò pesantemente. Cercò con molta fatica di raggiungere il comodino, ed una volta trovato un piano d’appoggio si trascinò con un enorme sforzo contro l’insolente sveglia celeste, che aveva osato disturbare il suo sacrosanto riposo. Quel maledetto oggetto gliel’avrebbe pagata molto, molto cara.
Trovata la sveglia rotonda, l’afferrò, e con un mugugno si disappunto, la lanciò con forza contro il muro illuminato dal sole che filtrava attraverso le fessure delle tapparelle..
Kaede si rigirò supino, e con gli occhi ancora mezzi chiusi, cercò di mettere a fuoco il soffitto della sua camera.
C’era da dire, che mai una volta quel trillo acuto e fastidioso lo aveva svegliato. Non era un’abitudine usare quell’affare malefico. In fondo l’orario di entrata della scuola per lui era più che altro un’indicazione e di certo rispettarlo, non era esattamente in cima della lista delle cose da fare.
Quindi dovette rimettere un po’ in ordine i pensieri… Perché aveva messo la sveglia?...AH, SI!
Con uno scatto si precipitò fuori dal letto, e corse in bagno a darsi una sistemata.
Una volta finito, andò in cucina, dove suo padre stava preparando la colazione canticchiando un motivetto allegro.
Kaede si sedé al suo posto, mentre il padre gli serviva la sua ciotola trasbordante di riso, accompagnato ad un po’ di verdure in salamoia.
Mentre il ragazzo gustava la sua colazione, il dottor Rukawa, sistemandosi il ciuffetto ribelle della frangia corvina leggermente imbiancata dagli anni, comunicò che le trattative con il primario erano andate a buon fine.
Giunto ormai all’ospedale, sia padre che figlio erano nell’ufficio del primo, che stava indossando con gesti decisi il suo camice bianco, quando sentirono bussare alla porta.
-Rukawa-sensei, mi ha fatto chiamare?- Domandò sommessamente una donna riccia, facendosi avanti un po’ titubante.
-Si- Rispose semplicemente lui, dando all’infermiera un foglio. -Vorrei che mi prendessi queste dalla farmacia-
La ragazza se ne andò, e l’uomo tirò fuori dalla sua ventiquattrore un altro foglio identico all’altro.
-Kaede guarda: qui ci sono segnati vari integratori, vitamine e medicine. Devi darli al tuo amico negli orari prestabiliti. Ti ho segnato tutto quanto e mi raccomando; qualora dovesse avvertire del malessere, devi chiamarmi immediatamente.- Spiegò premuroso, enfatizzando con particolare cura l’ultima parola.
-Hn-  Rukawa, diede segno di aver capito, e dopo che l’infermiera fu tornata con tutto il necessario, se ne andò nella stanza di Hanamichi.
Rukawa entrò nella stanza del compagno e restò un minuto o due a guardarlo dormire beatamente.
Sembrava tranquillo, e a tratti sorrideva come un bambino. Cosa che fu leggermente contagiosa, perché anche Rukawa si ritrovò improvvisamente con la bocca semi piegata.
Ripresosi un po’ da quel coinvolgente spettacolo, prese dal suo zainetto degli abiti e delle scarpe da ginnastica e posò tutto sul divanetto.
-Sakuragi!- Lo chiamò scuotendolo un po’ –Svegliati.- Insisté.
Hanamichi infastidito, aprì leggermente gli occhi. Mise un momento a fuoco la figura che lo stava chiamando e scattò a sedere sul letto quando si accorse che era la volpe.
-Che cazzo vuoi?- Chiese minaccioso Sakuragi.
Rukawa non rispose e andò alla porta a richiamare l’attenzione dell’infermiera che era nella stanza di fronte.
-Insomma! Perché sei venuto qui a rompermi, mentre stavo dormendo?- rincarò Hanamichi, pensando che il suo risveglio era stato peggiore dell’incubo appena avuto.
Di nuovo, il moro, non lo degnò di risposta, ma se ne andò a confabulare con l’infermiera che intanto li aveva raggiunti.
Così la ragazza, andò dal rosso per togliergli la flebo.
-Che cavolo sta succedendo?- Sbraitò quindi, contrariato.
Rukawa, prese la tuta nera con le rifiniture azzurro chiaro e la t-shirt bianca dal suo zaino, e glie li appoggiò sul letto.
-Oggi si esce. Quindi preparati.- lo informò imperioso il moro.
Hanamichi, non ebbe modo di rispondere per le rime, perché quello lì se ne era appena uscito dalla stanza, seguito dall’infermiera che aveva appena terminato di togliergli l’ago dal braccio.
Restò per qualche secondo immobile, seduto sul suo letto a riordinare le idee ancora troppo confuse.
Ma era talmente indeciso sul da farsi, che la cosa più logica in quel momento era vestirsi.
Anche se lo seccava parecchio eseguire un ordine di quella volpe maledetta che sveglia la gente.
Prese sia la tuta, che la maglia di cotone e se ne andò in bagno.
Quando riuscì, era vestito di tutto punto. Raggiunse il divano ed infilò le scarpe.
-Insomma? Che storia è questa?- Chiese con disappunto, mentre vide Rukawa girarsi.
Ovviamente il moro, non diede ancora una volta risposta.
Con un semplice –Muoviti, andiamo!-, prese a camminare lungo il corridoio.
Ad Hanamichi sarebbe piaciuto tantissimo prenderlo per la gola e vedere quanto tempo ci avrebbe messo a schiattare, ma non si sentiva abbastanza in forma.
Era successo tutto così velocemente che non aveva avuto il tempo di pensare ed era ancora intontito dal sonno.
Perciò senza insistere con le domande, si limitò a seguire Rukawa, fissandolo torvo.
Raggiunti il cortile, Rukawa si fermò improvvisamente.
-Bella forza! Se era per il cortile, potevo anche evitare di vestirmi- Commentò contrariato Hanamichi, guardando accigliato un paio di bambini in pigiama che correvano.
Rukawa non rispose. Si guardò un momento in torno con aria pensosa.
Poi riprese a camminare, incitando il rosso. –Per di qua!-
Hana, non era sicuro di aver fatto la scelta giusta decidendo di seguirlo, ma ormai era lì. Sarebbe stato stupido rientrare nella stanza, ed era anche molto tempo che non sentiva la luce diretta del sole sulla sua pelle. Era una bella sensazione. Come aveva potuto rinunciarci così a lungo?
Il rosso restò un momento ipnotizzato dai due bambini in pigiama, che non avevano smesso un momento di correre, quando si accorse che Rukawa, non c’era più.
Lo cercò un momento con lo sguardo e si accorse che quello, stava uscendo dal cancello principale che sboccava sull’enorme parcheggio.
-Dove cavolo vai!?- Urlò deciso, mentre lo raggiungeva a grandi passi.
Kaede rallentò ancora un po’ la sua camminata così che Hanamichi potesse raggiungerlo.
Sentì una mano afferrarlo deciso per una spalla e girarlo con violenza.
-Insomma! Credo che tu mi debba una spiegazione!- Ringhiò il rosso fissando negli occhi l’altro ragazzo.
Rukawa pensò che in effetti Sakuragi non avesse tutti i torti – Stiamo andando a fare due tiri a canestro- Disse serio, indicando col pollice lo zainetto dalla strana forma tonda appeso pigramente alla sua spalla.
Hanamichi, rimase come un allocco a fissarlo. Si prese un momento per richiudere faticosamente la bocca spalancata, e mollò la presa dalla spalla della volpe.
Quindi Kaede girò i tacchi e riprese a camminare.
Hanamichi, stava a pochi passi dietro di lui sentendo un po’ l’oppressione del silenzio. Camminava mesto con le mani in tasca e la testa bassa, mugugnando di tanto in tanto qualche improbabile insulto in direzione del ragazzo poco avanti a lui. Di tanto in tanto, però, alzava lo sguardo sulle spalle larghe del compagno di squadra, pensando che in fondo era stato gentile ad avere quel pensiero. Era tanto che non giocava, e sentiva la mancanza dell’adrenalina in corpo che solo la corsa verso il canestro gli procurava.
Rimuginando su strani pensieri, che a volte gli facevano avvampare il viso, Hanamichi non si era accorto che ormai erano giunti a destinazione.
Rukawa stava entrando  nel parchetto, ma Hanamichi si fermò un momento prima di varcare il cancello arrugginito e semidistrutto dai vandali, le intemperie ed il tempo.
Diede le spalle alla barricata vecchia e ferrosa, e guardò il mare dall’altra parte della strada.
Si prese qualche secondo per inspirare avidamente la brezza salmastra della mattina e godersi un po’ il sole caldo, ma non ancora cocente.
Rukawa, stava a pochi metri da lui e lo aspettava pazientemente senza dire nulla.
Ad un certo punto, Hanamichi si risveglio da quell’incanto e si girò con un sorriso di sfida in volto.
-Sono pronto! Adesso ti distruggo!-
-Hn.- Rukawa ignorò volutamente quella provocazione provocando la solita reazione da do’aho del compagno, e si diresse verso la panchina malridotta per posarci sopra il pallone, due bottigliette d’acqua ed in fine, anche due asciugamani.
Frugando nello zainetto, imbatté la sua mano su un foglio, lo estrasse, e dopo aver controllato notò che non era giunto ancora il momento per nessun medicinale.
“Meno male” sospirò il moretto, certo che se fosse uscito fuori con qualche pillola da far ingurgitare ad Hanamichi, l’atmosfera si sarebbe senza dubbio raggelata, anche se era già giugno inoltrato.
Rukawa prese il pallone ed i suoi occhi cambiarono.
C’era il fuoco dentro di lui, ora.
Hanamichi lo notò e capì che la partita era già cominciata.
Vabè, farlo vincere di tanto in tanto poteva sollevare il morale di quel perdente cronico. Senza contare che lui era provato dalla chemio (che aveva già finito da un pezzo), ed era pure fuori allenamento, visto che ormai era più di un mese che stava in ospedale. Quindi Hanamichi, steso sul cemento col respiro affannoso, non si sentiva affatto sconfitto anche se aveva perso 7 a 25.
In fondo lui era un genio, e quel mentecatto di una volpe di merda, si sarebbe sentito incoraggiato per quella vittoria concessa.
Rukawa, aspettava inutilmente che Hanamichi cominciasse a dare di matto, ma nel frattempo cercava di riprendere fiato, anche perché quel do’aho gli aveva dato comunque del filo da torcere, nonostante fosse piuttosto arrugginito e comunque reduce da una terapia dilaniante come la chemio. Ed era rimasto piacevolmente sorpreso, dalla fatica che aveva fatto per stopparlo o segnare.
Kaede, lo guardava con attenzione, mentre quella scimmia con i capelli rossi, cercava di incamerare più aria possibile nei polmoni. Ma era ancora sull’altolà. Con un tipo come quello, non si sapeva cosa poteva succedere, ma rimase stupito quando Hanamichi si voltò verso di lui e con un sorriso compiaciuto, ma ancora affannato gli disse – Grazie! Era proprio quello che mi ci voleva-.
Il moro, restò di sasso. Si aspettava di essere aggredito da un momento all’altro, ma invece si era guadagnato uno dei più bei sorrisi del suo do’aho.
Bè, non poteva fare altro se non ricambiare. Piegò un po’ le labbra e rispose –Figurati-.
Hanamichi, si alzò di scatto e scosse la testa. Diede le spalle al volpino e mugugnò un insulto, incredulo di ciò che aveva visto.
Rukawa lo guardò perplesso e poi si alzò anche lui, facendo leva con le mani sulle ginocchia.
-Ti concedo la rivincita.-
Hanamichi, borbottò qualcosa, ancora girato. Cercò di ritornare del suo solito colore, e poi accettò la sfida.
La mattinata passò tranquilla tra un canestro e l’altro, ma Kaede non si spiegava perché Sakuragi era diventato così burbero. Eppure prima gli aveva concesso quel magnifico sorriso…
All’ora di pranzo, andarono in un grazioso chiosco sulla spiaggia, che era già affollata dai fan dell’abbronzatura.
-Che buono questo ramen!-  Hanamichi, stava gustando una deliziosa ciotola di cibo, accompagnato dalla meravigliosa vista di quell’immensa distesa azzurra.
-Già- Rispose Rukawa, senza sbilanciarsi troppo.
Hanamichi, si irrigidì al suono della voce dell’altro. Era stata proprio una strana mattinata.
Prima quell’incubo.
Stava cominciando a svanire, ma si ricordava perfettamente che aveva sognato di Rukawa e gli era pure piaciuto!
Poi la partita.
Aveva perso, ma alla fine non era così importante. Aveva di nuovo giocato e solo questo contava.
E poi quel cavolo di sorriso.
Era la prima volta che aveva visto sorridere quell’iceberg e non immaginava che Rukawa fosse così… così… bello?
Hanamichi aveva il cuore che gli batteva a mille per quello stupidissimo pensiero.
La volpe non era bella. No! Per niente!
Quindi fece un profondo respiro e cercò di tranquillizzarsi. Con tutto quello che gli era capitato quel giorno, sicuramente non era inusuale che gli venissero pensieri strani.
Nel frattempo, Rukawa, seduto proprio di fronte a lui, era decisamente spiazzato dai repentini cambi di espressione e colore  sul volto del compagno.
-Stai bene?- Chiese quindi preoccupato.
Hana si risvegliò quindi dalle sue elucubrazioni.
– Si- si affrettò a rispondere Hanamichi, per chiudere il prima possibile la questione.
Con una leggera titubanza, Rukawa porse le pillole ad Hanamichi e le sue previsioni si avverarono.
Il rosso si rabbuiò e non parlò per un bel po’ di tempo.
Era primo pomeriggio, e si scoppiava di caldo.
Anche Rukawa non era convinto che quel clima afoso fosse adatto per un’altra partita, ma tanto Hanamichi ormai si era appisolato sulla sabbia.
Nel frattempo il moretto, era seduto con le gambe incrociate, proprio vicino a lui e lo fissava godendosi la melodia rilassante delle onde che si infrangevano contro la battigia.
Per un momento si distrasse dal rosso e pensò alla faccia che avrebbe fatto quella gallina di Akagi, se fosse andata in ospedale e non li avrebbe trovati. Rise mentalmente al pensiero.
Nel frattempo le sue orecchie captarono dei borbottii concitati, provenienti dal compagno.
-Awa…a…mazzo!-
Kaede sospirò, e per un secondo si perse d’animo e si sentì anche un po’ opportunista.
Non era così che voleva vincere contro la Akagi.
Quello che stava facendo con Hanamichi, la maniera in cui si impegnava, non erano colpi sferrati a lei. Ma gesti senza secondi fini, mirati solo a rendere un po’ meno ansioso il ragazzo che amava. Perché quella testa rossa, di motivi per essere ansioso ne aveva eccome.
In quel momento, pensò anche che forse la scelta dei libri e delle videocassette, non fosse stata una cosa sensata. Infatti aveva scelto solo cose che non parlassero di complicazioni troppo cruente.
Chissà se era la cosa giusta. Magari Hanamichi aveva bisogno di guardare meglio in faccia la realtà.
“Ma che vado a pensare, Hanamichi la vede benissimo la realtà.” Sospirò a questo pensiero triste.
Ridestato da questa orrenda idea, si accorse che la luminosità dei colori che lo avvolgevano, si era affievolita e che il suono del mare si era fatto più aggressivo.
All’orizzonte, proprio oltre il mare, stava avanzando minacciosa una coltre immensa di nubi nere, ed il rumore dei tuoni si poteva sentire anche da dove era lui.
Ma non voleva portare Hanamichi di nuovo in ospedale. Era la sua giornata di libertà.
-Svegliati do’aho!- Kaede scosse leggermente la spalla del compagno, e l’altro per tutta risposta gli biascicò di nuovo un insulto.
-Andiamo al cinema.- Decise il moro, ignorando le accese repliche del rosso.
-Non puoi decidete tutto tu, Volpaccia!-
Era uscito da poco un film di fantascienza con effetti speciali da panico.
La trama non era molto complicata od originale, ma le scene d’azione erano fantastiche.
Era già da un po’ che Kaede aspettava di vederlo, ma avrebbe dovuto attendere ancora un po’ per vederlo in DVD, perché effettivamente non aveva nessuno con cui andare al cinema, e da solo non si sentiva a suo agio. Lui c’era sempre andato con sua madre e con Hiroto, ma non era più così da tempo.
Scacciò quei pensieri, e non riuscì nemmeno a godersi bene il film. Era troppo elettrizzato.
La sensazione di non essere seduto dentro quella sala buia da solo, lo rendeva felice.
Di certo non stava saltellando su un piede od esultando correndo e urlando, anzi, più che altro si limitava a fissare l’enorme telone, ma quello che stava provando in quell’istante era sicuramente felicità.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Il computer è saltato di nuovo. Recentemente è stato il mio compleanno ed i miei mi hano regalato un magnifico schermo piatto per il mio bimbo, ma ovviametne non potevo godermelo... Seeeeeee, la vita sennò sarebbe stata troppo facile altrimenti. Il destino infingardo, ha voluto che il giorno prima mi si sfondasse definitivamente la scheda madre... Non potete capire i salti di gioia -_- . Avrei spaccato ogni cosa, e non sapevo nemmeno dello schermo... Figuriamoci come ho reagito quando mi sono vista davanti questa meraviglia. ç_ç  Oggi me lo hanno ridato... l'ho acceso, e non funzionava niente! Son riuscita non si sa come a salvarmi quello che mi serviva e alla fine è definitivamente e nuovamente morto. Adesso scrivo con un pc (anche se mi sembra esagerato definirlo tale), che mi ha misericordiosamente prestato una mia amica. Arranca, scatarra, è vecchio e quando si accende apparare una schermata con su scritto: "ti prego, poni fine alle mie sofferenze", ma, hey! E' un pc! mica possiamo sputarci sopra. Cooooomunque, ho fatto questo discorso per dire che su questo coso non si visualizzano i css (chi conosce l'html, sa di cosa parlo), quindi ora vado a postare, ma non ho idea di come si visualizzerà il capitolo.

Detto ciò: 
Buona lettura.

•Capitolo 21

Quella dannatissima pioggia non li aveva colti impreparati, ma uscire fuori dal cinema e veder cadere secchiate d’acqua in piena estate e proprio durante una giornata speciale come quella, era stato comunque un colpo basso.
Si era fatto pomeriggio tardo, il film era durato più del previsto, comunque Kaede era più che intenzionato a non rientrare subito all’ospedale.
La vista di un grazioso locale proprio davanti al cinema, gli fece venire una buona idea.
Si voltò un momento verso la testa rossa e bassa vicino a lui.
Sakuragi era piuttosto abbattuto, e non poteva dargli certo torto: quello era il primo giorno fuori dall’ospedale da parecchio tempo.
Afferrò con poca gentilezza il braccio del compagno e lo trascinò frettolosamente attraverso la strada, fino ad entrare nel locale.
Il posto era decisamente affollato, e si chiedeva se fossero riusciti a trovare un posto a sedere libero.
Dopo un po’ di gomitate tra i tavolini, riuscirono finalmente a trovarne uno molto piccolo libero.
Kaede vide che una coppietta di liceali aveva puntato il loro stesso tavolo, ma uccidendolo con lo sguardo, fece arretrare il ragazzo e prese possesso degli unici due posti liberi rimasti.
Sakuragi, subì un po’ passivamente il tutto, dispiacendosi anche per i piccioncini totalmente zuppi, mentre loro due erano più o meno asciutti.
Una cameriera si avvicinò con aria sorridente, ma sfinita. Aveva in mano due menù che poggiò in fretta sul tavolo, e poi se ne andò subito dopo aver salutato sbrigativamente i due nuovi clienti.
-Non guardi il menù?- Chiese il moro all’altro, notando che quest’ultimo, era rimasto a fissare il tavolo, senza dire una parola.
-Ah già!- Trasalì il rosso, risvegliandosi dai suoi pensieri. E subito prese il menù cercando di capirci qualcosa, anche se continuava a leggere la prima riga senza capirci nulla.
La cameriera, tornò trafelata, ma sempre sorridente.
-Cosa ordinate?- Chiese con un tono dolce e professionale.
Kaede aspettò che il compagno di squadra ordinasse, ma notò che Sakuragi era da tutt’altra parte con la testa.
-Ci porti due menù A, per favore- Il numero 11 ordinò per tutti e due, sicuro che il menù A potesse andar bene; in fondo dalle foto sembrava buono.
Una volta che la cameriera, si allontanò di nuovo in tutta fretta, Hanamichi si riprese ed urlò convinto:
-Io prendo un menù A!- restò interdetto, quando notò che ad ascoltarlo c’era solo la kitsune, che tra l’altro stava spulciando un volantino sul tavolo e non badava a lui.
Con aria indifferente Rukawa lo informò che la cameriera se ne era già andata.
-Ma che maleducata, non ha aspettato la mia ordinazione! Ora mi alzo e glie ne dico quattro!- Protestò animatamente il rosso facendo per alzarsi.
Rukawa prontamente lo afferrò per un polso e lo trattenne.
-Ho ordinato io per te, ho preso il menù A.- Disse tranquillo, ritornando poi a leggere il volantino.
Hanamichi si rimise mestamente a sedere, senza sapere come dovesse sentirsi in quella situazione.
Tutta questa storia si stava rivelando sempre più strana, quindi incoscientemente si imbambolò di nuovo, finché la cameriera non arrivò di volata con le ordinazioni su di un enorme vassoio.
Rukawa pagò, esattamente come aveva fatto per il cinema.
-Lascia perdere; per me ci penso io!- Tentò inutilmente per la seconda volta di fermarlo Hanamichi, che di certo con le volpi non voleva avere debiti.
-Do’aho.- Rispose semplicemente Kaede, prendendo lo scontrino dalle mani della cameriera.
-Ripetilo se hai coraggio maledetta volpe!- Esclamò indignato il rosso.
Kaede fu sollevato nel vedere che l’altro aveva riacquistato un po’ di tempra.
-Do’aho- Ripeté senza battere ciglio.-Non sei uscito con dei soldi- aggiunse.
Hanamichi si ammansì. Era vero: non aveva niente con se oltre gli abiti, che per giunta non erano nemmeno suoi.
Mentre mangiavano, o meglio: Kaede mangiava e Hanamichi scarabocchiava con uno stecchino il ketchup sul suo piatto, il moro chiese d’impulso
-Ti sei divertito?-
Hanamichi sobbalzò alla domanda: non se l’aspettava.
-E’ stato bello giocare a basket.- Rispose flebilmente.
A Kaede questo non bastava, e si chiese da quando in qua era diventato così avido di parole.
-Allora perché hai quell’aria sconsolata?- Rincarò, deciso a capire perché il compagno era così giù.
Hanamichi mugugnò qualcosa, a metà tra un ringhio ed un lamento. Tacque un momento, e poi borbottò di nuovo qualcosa.
Kaede rimase ad aspettare pazientemente che i circuiti di quel do’aho ricominciassero a collegarsi.
E dovette aspettare un bel po’, perché il rosso non sembrava riuscire a cominciare il discorso. Apriva bocca per parlare, ma prima di emettere un qualsiasi suono, la richiudeva perplesso.
-Mi chiedevo una cosa- Si decise a spiegare, ma si interruppe di nuovo. E il moro, nuovamente aspettò.
-Mi chiedevo perché mi hai sorriso.- Disse con aria di chi aveva ricevuto un torto.
-Perché tu mi hai sorriso per primo- Rispose Rukawa come se fosse la domanda più stupida che gli fosse mai stata rivolta.
-Si, ma tu non sorridi mai.-
-Io sorrido se ho motivo di farlo.- Replicò nuovamente la volpe, sentendosi quasi oltraggiato da un simile commento. –Il fatto che non sorrido spesso, non significa che io non sia capace di farlo.- concluse ingoiando una patatina fritta.
Hanamichi cercò di replicare, ma non sapendo che altro dire, morse il suo cheeseburger.
-E’ buono- Considerò poi, giusto per non stare zitto e sopportare quell’orribile ed imbarazzante silenzio.
In effetti era vero: non era detto che la kitsune non sorridesse mai, solo che lui non l’aveva mai visto prima di quel giorno.
Però poi ad Hanamichi venne in mente un’altra domanda.
Era una domanda molto importante che non aveva alcuna voglia di fare. Non voleva in alcun modo ritornare sull’argomento, ma doveva sapere, altrimenti tutti quegli strani pensieri e strani sogni fatti in quei giorni non avrebbero mai avuto fine.
Dopo qualche attimo di indecisione e vari ragionamenti su come introdurre l’argomento, sospirò e si fece coraggio.
-Perché mi hai baciato?- Chiese infine.
Kaede quasi si strozzò con il sorso di thè, che per metà finì nel suo vassoio.
Il moro ci mise un po’ a riprendersi dallo sfiorato soffocamento.
-Ma ti sembrano domande da fare a uno che sta mangiando, razza di deficiente?-Lo sgridò alterato Kaede.
Ma Hanamichi non rispose, si limitò a tenere lo sguardo imbronciato, fisso sul suo panino a metà.
Rukawa cercò di incamerare l’aria persa poco prima, nei polmoni.
-Mi sembra di avertelo già detto.- Rispose tra un colpo di tosse e l’altro.
-Voglio sapere la vera ragione!- Esclamò Hanamichi in un borbottio, non più tanto sommesso.
-Era QUELLA la vera ragione, do’aho!- Rukawa questa volta fu glaciale.
-Vuoi davvero farmi credere che tu SARESTI davvero innamorato di me?-
Kaede stava cominciando davvero ad incazzarsi. Sakuragi non lo guardava nemmeno negli occhi, quindi afferrò con decisione il mento del rosso sollevandogli poco garbatamente la testa e costrinse entrambi ad affrontare i loro sguardi.
-Io SONO davvero innamorato di te!- Rispose, con una luce intensa negli occhi, determinato a far entrare in quella zucca vuota, quel facile concetto.
Hanamichi arrossì violentemente e spinse via la mano dell’altro.
-Me ne rivado in ospedale!- Comunicò deciso Hanamichi, alzandosi il più velocemente possibile dal tavolo.
-Aspetta, chiamo mio padre- Gli rispose altrettanto in fretta Rukawa, tornando freddo e distaccato come il suo solito.
-AL DIAVOLO!- Sbraitò il rosso, uscendo in fretta e furia dal locale, attirando su di se tutti gli sguardi dei presenti.
Kaede raccolse lo zaino e si affrettò a seguirlo.
Hanamichi camminava con passo veloce, e Rukawa si limitava a seguirlo alla stessa andatura.
Di quel ritmo, arrivarono all’ospedale abbastanza rapidamente.
Nelle orecchie di Hanamichi, la pioggia che batteva sull’asfalto stava diventando insopportabile.
Aveva il cuore a mille e poteva percepire dietro di lui la presenza della volpe, e questo lo mandava in bestia più di quanto già non lo fosse.
Non poteva essere vero! Lo stava prendendo in giro, sicuramente.
All’entrata dell’ospedale però Hanamichi scoppiò. Si fermò di colpo e si girò
-PIANTALA DI SEGUIRMI! NON VOGLIO VEDERTI MAI PIU’ RUKAWA!-intimò bruscamente il rosso al suo inseguitore.
Rukawa fece solo altri due passi e si fermò. Protese una mano in avanti, come per fermare l’altro, ma tutto ciò che vide era la schiena di Hanamichi sparire dentro l’entrata principale dell’ospedale che non gli era mai sembrata tanto imponente e lontana.
Spossato, affranto e sconfitto si accasciò pesantemente su di una panchina fradicia del cortile dell’ospedale, e sospirò cercando in tutti i modi di trattenere la rabbia e la tristezza.
Rukawa era furibondo, infreddolito, abbattuto e zuppo fino alle ossa, ma soprattutto, per la prima volta dopo anni, sentiva gli occhi bruciare dalla voglia di piangere.
In più, la pioggia che gli picchiettava prepotente addosso, non aiutava.
Era abituato a sentirsi solo, ma lo scroscio delle auto che investivano con violenza le pozzanghere e quel dannatissimo cielo torbido come un pomeriggio invernale, intrisero il suo cuore di pura desolazione.
Kaede non era tipo da arrendersi, ma non era nemmeno uno stupido.
Probabilmente era davvero ora di smettere di illudersi definitivamente.

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Faccio schifo lo so. Il ritardo di questo aggiornamento, è stato più scandaloso degli altri. Spero di rimediare col prossimo, ma non garantisco nulla. Ringrazio chi segue questa poveraccia (che sarei io), e chi spende il proprio tempo a commentare, cosa che a me fa piacerissimo. In oltre sto scrivendo anche altre fan fiction. Dateci un'occhiata se vi va. Ultimamente sto pubblicando una fan fiction che non ha ancora un titolo. E' sul mio gruppo preferito: gli Alter Bridge, ma in verità è legibilissima anche come originale, fintanto che tutti i personaggi che ruotano intorno ai membri del gruppo sono inventati, ed anche le personalità dei protagonisti non sono da meno.

Ho sproloquiato abbastanza: 
Buona lettura. <3

•Capitolo 22

Ok! Qualcosa decisamente non andava.
La patta dei pantaloni era chiusa. I capelli non avevano nessun colore strano.
Le vetrate dell’ingresso della scuola, presentavano il solito look strategicamente selvaggio.
E per conferma, rimase ad ammirarsi un momento di più sul vetro dell’ingresso della scuola.
Eppure, non aveva niente di strano… Allora per quale cavolo di motivo stavano tutti ridendo di lui?
Un terrificante pensiero, gli aveva cosparso la schiena di brividi gelati nonostante il caldo, quando Hisashi vide Mito e compagnia bella in lontananza.
Quei quattro si stavano rotolando dalle risate con uno strano giornaletto in mano.
No! Non poteva essere!
Si guardò un momento intorno.
Tutti i maschi,  tranne Ryojima della 2-E che lo guardava in stato adorante come gran parte delle ragazze, stavano ridendo di lui.
Al suo indirizzo, sentiva occhiate loquaci e battutine idiote.
Dannazione!
“Hisashi, ricordati sempre che la famiglia viene prima della tua dignità!”
-CHE AVETE DA RIDERE, MASSA DI CEREBROLESI!- urlò al vento.
Intanto tutta la scuola non aveva smesso di spassarsela alle sue spalle.
-Ehi Mitchan! Hai per caso anche il modello da uomo, di questo completino leopardato?- Lo salutò Mito, non riuscendo a trattenere le lacrime dal troppo ridere.
“Dio, uccidimi adesso, se è vero che sei misericordioso.”
Hisashi arrossì ferocemente, ma non poteva certo dargliela vinta così
-Mitchy, scommetto che adesso i ragazzi faranno la fila per te!- Lo schernì Okusu con gli occhi di fuori dalle orbite, tanto rideva.
“Troppo impegnato, lassù?”
Hisashi non rispose a quelle provocazioni, ma stava sferrando uno dei suoi migliori ganci destri quando una ragazzina dall’aria sognante, cercò di attirare la sua attenzione con un filo di voce e rossa in volto.
-Se…se…sempai Mitsui, me lo faresti un autografo?- Chiese timorosa, mentre gli porgeva la rivista che tutta la scuola stava sfogliando.
-Certo!-
Rimirando le foto del servizio fotografico, constatò che poi così male non stava… Nemmeno col completino di strass (forse con quello si…).
Firmata la foto col completo intimo bianco (l’unico tra tutti che lo faceva sembrare un minimo etero), Hisashi si girò verso gli allibiti membri del Guntai, sfoderando un raggiante sorriso di vittoria. Dopo di che se ne andò verso la classe, senza degnarli di ulteriori sguardi.
Mentre svoltava nel corridoio, la incontrò!
Sulla sua schiena passò un brivido che lo raggelò. Rimase lì immobile come uno scemo, incapace né di dire, né tantomeno di fare qualcosa.
Riusciva solo a pensare: “Fa che almeno lei non l’abbia visto!”
-Ciao, mi stavo chiedendo se qualche completino potevi prestarmelo; magari portiamo anche la stessa taglia di seno.-
Anche Minamori-Sensei lo stava prendendo in giro con un sorrisetto furbo.
Ma mezzo secondo dopo, Hisashi si ricordò del tizio che gli aveva aperto la porta, e dimenticò tutto il resto.
La sua espressione da imbarazzata, si tramutò in arrabbiata, e scostandola con sgarbo passò oltre la donna, che si irritò a sua volta e se ne andò stizzita.
Ce l’aveva a morte con lei.
Prima lei l’aveva baciato. Anzi no. Si erano baciati reciprocamente. Quindi con quel gesto si erano scambiati qualcosa di speciale, che lei aveva osato ignorare volutamente.
E poi, come se non bastasse, c’era uno sconosciuto in casa sua con cui lei era talmente in confidenza da mostrarsi seminuda.
E non solo! Sayaka gli aveva anche sbattuto la porta in faccia.
Avrebbero dovuto fare un bel discorsetto un giorno di questi, solo che doveva calmarsi un tantino, se non voleva dire qualcosa che non pensava e di cui sapeva, si sarebbe sicuramente pentito.
In ogni caso, la mattinata non passò granché bene.
Ogni professore, gli aveva detto qualcosa concernente alle foto, chi arrabbiato e chi ironico.
I compagni, lo sfottevano nemmeno troppo velatamente, e addirittura Yoshimitsu era andato a cercarlo in classe.
-Il vice capitano dello Shohoku, non dovrebbe mostrare foto tanto vergognose di se stesso!-
Anche Miyagi ed Ayako erano con quello stupidissimo saputello snob, a dire la loro.
Giusto la manager lo aveva informato che lo trovava sexy. A dire il vero anche le sue compagne di classe, lo trovavano più appetibile del solito, ma non avevano il coraggio di andarglielo a dire.
Ryojima, era seminascosto sulla soglia della sua classe, a guardarlo con la lingua penzolante, e con lui c’erano altre cinque ragazze di seconda, con altrettanta acquolina in bocca.
-Mhpf!- Sbuffò seccato da quella situazione, andandosene dall’aula e lanciando una delle sue peggiori occhiate a Ryojima e alle cinque ragazze, che ovviamente non si impaurirono, ma al contrario, sospirarono estasiati.
Non era mai stato così lungo, il tragitto dalla sua classe verso la palestra.
Per i corridoi, poteva sentire chiaramente, tutti gli occhi puntati su di se. Era davvero opprimente quella situazione, ma se voleva guadagnare dei soldi facili e veloci, quello gli sembrava il modo più sbrigativo.
Magari sarebbe diventato anche famoso, e avrebbe guadagnato tanto per mantenere tranquillamente anche la sua famiglia.
Ma la giornata era solo a metà, e lui si sentiva già esausto.
Sperava che magari, col tempo la situazione sarebbe migliorata, in fondo quello era solo il primo servizio. E nonostante la scomoda situazione che si era venuta a creare, sperava che non fosse l’ultima.
Aveva controllato il suo assegno ricevuto subito dopo gli scatti, e lo stipendio non era affatto male.
Ed i soldi in questo momento, erano l’unica cosa che contava. Al diavolo l’orgoglio, c’erano questioni più importanti. Sulla bilancia, il suo amor proprio era decisamente leggero, se paragonato al peso della bancarotta della sua famiglia. Se non avesse fatto qualcosa, non si sarebbe più potuto guardare allo specchio, e sarebbe stato un problema, considerando che praticamente non poteva farne a meno.
Finalmente arrivò agli spogliatoi.
Era a dir poco stremato. E l’allenamento ancora non era cominciato.
Si ritrovò immobile a fissare la porta della stanza, e la voglia di fare retro march era tantissima, ma afferrò la maniglia, fece un respiro profondo per rilassarsi, ed entrò salutando a gran voce.
Non c’era molta gente a cambiarsi. C’erano solo Yasuda che era in un angolino a sistemare la sua borsa, Yuta invece stava litigando con lo sportellino del suo armadietto che di aprirsi non ne voleva proprio sapere, mentre Ikaragi nel frattempo stava insultando la panca, che gli aveva catturato la zip dei pantaloni della tuta tra due sbarre di legno.
I ragazzi ricambiarono il saluto del loro sempai, e ritornarono ai loro affari.
Hisashi si voltò verso il grande orologio sopra la finestra che dava sul retro del cortile, e notò che era presto per gli allenamenti, ma questo non gli impedì di cambiarsi in fretta e di andare a fare un paio di tiri extra per scaricare lo stress.
Dopo ventisette punti guadagnati da fuori area, il ragazzo cominciava a sentirsi meglio. Ma al trentesimo punto segnato, sentì la porta cigolare.
Miyagi salutò e cominciò a commentare, quando Hisashi scoccò un’occhiata omicida, che lo trafisse in piena fronte.
Il capitano si ammutolì, ed entrò con passo incerto in palestra.
Durante gli allenamenti, nessuno si azzardò a fiatare. Non importava cosa dovessero dire, appena qualcuno apriva bocca, Hisashi lo fulminava all’istante senza dar la possibilità di finire la frase.
Le attività del club terminarono, e l’ex teppista si senti come se non avesse mai faticato così tanto.
Tutti i ragazzi andarono a cambiarsi, in palestra rimasero solo Ayako che stava ancora scribacchiando sul registro ormai un po’ logoro, ed Hisashi, che non accennava a smettere di tirare da fuori area.
Ne aveva bisogno.
-Perché Rukawa non c’era oggi?- Chiese il numero 14 alla manager, eseguendo un arco perfetto in aria, che cominciava dalle sue mani e terminava nel centro preciso del canestro.
-Non ne ho idea, sono andata nella sua classe a chiedere, ma il suo professore mi ha detto che non era presente nemmeno alle lezioni… Magari sta male… Speriamo bene, perché quest’anno siamo già senza Hanamichi. Rischiamo di non qualificarci nemmeno  alle nazionali.-
Hisashi non disse nulla, e si sentiva anche un po’ in colpa. Se il lavoro gli fosse andato bene, presto sarebbero arrivati altri ingaggi e probabilmente avrebbe dovuto ritirarsi dal club.
Stava per effettuare un altro tiro, quando si fermò di scatto ed andò lentamente a sedersi accanto ad Ayako.
-Dobbiamo parlare a proposito del club…- Disse serio, rivolto alla ragazza.
Le spiegò per filo e per segno la sua situazione famigliare e lavorativa. Notò anche un piccolo scintillio di panico negli occhi di Ayako, che lo ascoltava attenta.
-Porca vacca!- Esclamò lei – Siamo davvero nei guai se ci lasci pure tu!-
-Scusa- Disse lui, cupo in volto.
-No, tranquillo, lo so che stai attraversando un brutto periodo, sono solo preoccupata per la squadra, e penso che lo sia anche tu. Noi riusciremo ad arrangiarci in qualche modo.- Ayako stava cercando di mettere una pezza alla questione, per non far sentire troppo colpevole Mitsui, ma purtroppo la verità era che se il vice mollava, la squadra non si sarebbe  per certo qualificata alle nazionali. E questo lo sapevano entrambi.
-In ogni caso, può darsi che io mi sia fatto troppi film mentali. Non è detto che io debba lasciare… Sono solo agli inizi. Staremo a vedere…- La rassicurò lui.
Sulla strada del ritorno, Hisashi si sentiva come se fosse stato il peggior traditore sulla faccia della terra. Non riusciva a togliersi dalla mente lo sguardo deluso di Ayako, e stava cercando di immaginare, come l’avrebbero presa i suoi compagni. Mentre camminava, sentì il trillo allegro della suoneria del suo cellulare.
Yamada lo informò che c’era un altro ingaggio per lui, e lo sarebbe venuto a prendere il giorno seguente, in mattinata. Perfetto!
L’indomani avrebbe saltato la scuola e quindi non doveva sorbirsi tutte le prese in giro. Anche se forse ne sarebbero giunte altre, se continuavano a vestirlo da sgualdrina mezza nuda (come si era sentito apostrofare da un suo compagno di classe che non avrebbe visto l’alba del giorno seguente).
Chiusa la conversazione, si ritrovò a pensare che non aveva nulla nel frigo. Quella sera sarebbero stati solo lui ed Eri a cena.
Andò al supermercato.
Mentre entrava nel negozio e rifletteva se fosse meglio il riso con la carne o con le verdure, si raggelò appena mosso un passo dentro il supermarket.
Lo vide.
Era quello lì!
Ed era in compagnia di una ragazza alta, ed un po’ pienotta, ma nel complesso molto carina.
Il visetto tondo si accostava bene con il suo caschetto liscio.
In particolare Hisashi, rimase per qualche secondo ipnotizzato dal movimento del seno prospero, che ballonzolava di qua e di là.
Stavano ridendo e scherzando allegramente, scegliendo alcuni prodotti del reparto frutta, come una coppietta appena convolata a nozze.
“Sporco doppio giochista” pensò con una rabbia che lo stava quasi soffocando, senza curarsi del fatto che non aveva idea di chi diavolo fosse, sia in generale, che per Sayaka.
Li seguì un po’ con gli occhi cercando di cogliere inutilmente qualche frammento di conversazione.
Poi i due si apprestarono a pagare alla cassa, senza smettere di parlare tra di loro con grandi sorrisi stampati in volto.
Ormai quei due erano usciti, ed Hisashi stava fissando torvo una verza, che di rispondere alle sue domande proprio non ne voleva sapere.
L’impulso di seguirli era forte, ma doveva tornare a casa da sua sorella. Purtroppo nonna Aoki, quella sera aveva un importante impegno con suo marito che non aveva potuto disdire per stare con i nipotini.
La signora, si era affezionata molto anche ad Hisashi, e ogni volta che poteva lo viziava con la mancetta o con gustosi manicaretti che lei stessa si impegnava a preparare. Certo, con Eri era diverso, quella in fondo era la sua “vera” nipotina, in più era anche piccola, quindi era anche più soddisfacente coccolarla. Però ci metteva molta buona volontà per farsi benvolere dal ragazzo, e questo lui lo apprezzava tanto.
Nonostante tutto il casino che stava attraversando la sua famiglia, sentiva che erano tutti più uniti ed era felice di risentire questo calore quest’affetto intorno a se. Tutto questo gli era mancato da che suo padre se ne era andato, e forse anche per ribellarsi a questo vuoto che si era creato dentro di lui dopo essersi sentito tradito ed abbandonato da quello che una volta era il suo eroe, aveva fatto scelte sbagliate di cui non avrebbe mai smesso di pentirsi.
Anche con nonno Aoki aveva un buon rapporto. Lui era un uomo severo e burbero, ma in fondo aveva il cuore tenero, e quando poteva, andava a farsi una bella e combattuta partita a scacchi con lui. Il padre del signor Aoki, era un patito dei giochi da tavola e dopo tanto tempo aveva trovato un rivale agguerrito quanto lui. Non che Hisashi fosse questa gran cima, ma di certo gli scorreva l’agonismo nelle vene; cosa che piaceva tantissimo all’arzillo vecchietto.
Ripensando a quanto tutti si dessero da fare per sistemare le cose insieme, decise di dimenticare lo sconosciuto e i seni ballonzolanti che stavano con lui, per ritornare dalla sua famiglia.
-Oh caro, eccoti qui! menomale che sei arrivato! Cominciavo a preoccuparmi.- Lo accolse nonna Aoki, sinceramente allarmata.
-Ciao nonna, scusa il ritardo, mi ero fermato al supermercato- La salutò lui abbracciandola.
-Ma non ce ne era bisogno, ti ho lasciato della zuppa di miso in caldo.- Disse lei, come se fosse stata la cosa più scontata del mondo.
Hisashi sorrise. Doveva immaginarselo che la premurosa nonnina gli avrebbe sicuramente cucinato qualcosa.
-Allora grazie, già so che sarà buonissima-
La signora, stampò un bacio sulla fronte di Eri ed un altro sulla guancia di Hisashi. Prese il suo spolverino bordeaux e se ne andò di corsa.
Dopo aver mangiato quella fantastica zuppa di miso, Hisashi rimboccò le coperte ad Eri, raccontandole la solita favola di una principessa che portava il suo stesso nome che incontrava un bel principe del quale si innamorava perdutamente.
Ormai era diventato un asso nell’inventare storie su principesse innamorate.
Decisamente stanco, infine Hisashi decise di giocare un po’ alla Playstation, mentre aspettava i suoi genitori, per informarli che l’indomani non sarebbe potuto andare a scuola.

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