Who's your King?

di Darkmarty
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mind game ***
Capitolo 2: *** Just forget? ***
Capitolo 3: *** With or without you ***



Capitolo 1
*** Mind game ***


CAP. 1: Mind game

 

Tap. Tap. Tap.

Rumore di passi giù per le scale, poi lungo il corridoio del negozio di fiori Yamanaka.

E, appena la vedo spuntare da dietro l’angolo, la sua voce.

 

- Shikamaru!

 

Entusiasta come non l’avevo mai sentita, cristallina e musicale.

Si ferma davanti a me, getta indietro la lunghissima coda di capelli color grano e mi guarda fisso negli occhi. Tra un sorriso sincero e il respiro affannato per la corsa, mi chiede:

 

- Lo faremo, vero?

 

Tra l’attimo in cui termina la frase e quello in cui realizzo come abbia fatto a precedere il mio arrivo al negozio, la squadro con un’espressione interdetta.

Poi capisco che sa tutto. Ino sa sempre tutto. Se non lo sa, trova un modo per scoprirlo.

Come gioca con la mente, legge nel pensiero, rivolta le anime, esattamente allo stesso modo è in grado di capire cosa ci sia dietro al lieve sorriso che le sto mostrando adesso.

Sappiamo a cosa stiamo andando incontro. Sappiamo a cosa ci prepareremo appena il sole sarà tramontato.
Non sappiamo quali conseguenze potremmo avere. Ma non importa.

Stanotte, il Team 10…il Team Asuma…partirà per vendicare il proprio Sensei. Una missione di grado S.

Tre Chuunin contro due membri dell’organizzazione più misteriosa e potente delle cinque terre Ninja.

Non mi importa dell’esito della missione. Non importa se vinceremo, se perderemo o se moriremo combattendo. Io, Choji e Ino siamo perfettamente coscienti che esistono molte probabilità di non tornare a Konoha vivi. Lo sappiamo.

E sappiamo che la Quinta Hokage cercherà di opporsi; per questo partiremo di notte. Solo noi tre sappiamo, perché solo noi tre siamo coinvolti.

Tutto il resto è un dettaglio irrilevante.

 

Alzo lo sguardo verso Ino. Si sta attorcigliando una ciocca di capelli intorno alle dita, e mi guarda con un’espressione di incertezza.

So che nella sua mente frullano mille domande. So che non me le porrà, non perché abbia paura delle risposte, ma semplicemente perché non vuole che io sappia che ha dei dubbi.

 

- Ino…è la cosa giusta. – sospiro, distogliendo lo sguardo da lei. Poi aggiungo: - Ma se vuoi, puoi rimanere qui. Possiamo farcela io e Choji.

- Shikamaru…

- Ino, non intendo coinvolgerti se non te la senti.

- Shikamaru, guardami.

 

Mi molla un ceffone, rabbiosa.

Riesce a cogliermi di sorpresa, nonostante la morte di Asuma mi abbia reso quasi apatico. Tranne l’esplosione di rabbia a porte chiuse di ieri sera, s’intende.
Con una mano sulla guancia, torno a guardarla.

La sua espressione seria, i suoi occhi rabbuiati e le labbra serrate, mi fanno capire che ho sbagliato a dirle quelle parole. L’unica persona che può fermare Ino è lei stessa. L’ultima che può fermarla, sono io. Non lo accetterebbe, non le importa che io sia “quello che ha la stoffa del leader”.

Credo che il dolore per la morte di Asuma mi abbia spinto ad agire un po’ come Ino: fare di testa sua è una sua specialità. Ino padroneggia l’arte del “o così o niente” quasi quanto la sua Shintenshin no Jutsu.

 

- Ino, devo dirti una cosa…ma non dirlo a nessun altro, ok?

 

Ino, stupita dal mio improvviso cambio di argomento, annuisce senza dire nulla.

 

- Kurenai-sensei è incinta, aspetta il figlio di Asuma.

 

Gli occhi cerulei di Ino, quegli occhi che ho sempre adorato, pur non essendo mai arrivato ad amare lei, si spalancano ancora di più. Si porta una mano alla bocca, reprimendo un sussulto, e una lacrima le scivola giù lungo la guancia; tutto questo mentre io continuo a guardarla senza battere ciglio.

Inespressivo, mentre dentro di me vorrei abbracciarla, dirle che preferirei mille volte lasciarla a Konoha, non farle rischiare la vita. Che non voglio più vedere una donna piangere, perchè vedere Kurenai-sensei andare in pezzi davanti a me mi è bastato. Che la guerra è un lavoro da uomini. Che lei, Ino, merita di vivere.

Ma non posso fare nulla di tutto questo. Ino verrebbe comunque con noi, con la sua testardaggine e la sua dolcezza. Ino è fatta così, prendere o lasciare.

 

- Ino, potremmo non tornare più qui…potremmo…

- Shikamaru, lo so. Ho frequentato anch’io l’Accademia. – Le sue parole suonano decise, come se non si stesse asciugando gli occhi, ancora scossa dai singhiozzi.

- …allora, sei sicura?

 

Di nuovo il suo sguardo su di me, i suoi occhi nei miei. Sorride.

- Asuma mi ha detto di prendermi cura di te, stupido.

 

All’improvviso, è come se qualcuno, dietro di me, mi spingesse in avanti. Le mie mani afferrano il viso di Ino, mentre lei si irrigidisce. In un nanosecondo le mie labbra sono contro le sue; la sento espirare di colpo per la sorpresa, e di riflesso le mie mani scivolano fino ai suoi fianchi, spingendola ancora di più contro di me.

Qualcosa, dentro di me, si sta sciogliendo progressivamente, e so che è lei a farla sciogliere, a far muovere le mie mani lungo le linee del suo corpo ancora irrigidito per lo stupore, a far sì che io inizi a spingerla ad arretrare. La costringo a camminare all’indietro, affogandola di baci, finché non arriviamo sull’uscio del negozio, mentre un braccio di Ino si allunga alle mie spalle, aggrappandosi alla porta e chiudendola alle nostre spalle.

 

Mi allontano delle sue labbra non appena inizia a rispondere ai miei baci; ci guardiamo in silenzio per qualche secondo, respiri ansimanti e cuori che battono a mille. A questo punto, potrei girarmi, riaprire la porta e andarmene.

Ma Ino ha chiuso quella porta; ha girato il cartello su di essa, passando da “Aperto” a “Chiuso”. I suoi semplici gesti, i suoi capelli scarmigliati poco prima dalle mie mani, le sue pupille dilatate fino a fondersi col blu cristallino dell’iride, le sue mani aggrappate saldamente alla mia maglia, la sua bocca leggermente schiusa, come se si fosse bloccata nell’istante in cui il bacio poteva diventare più profondo e stesse ancora aspettando un seguito.

Non riesco a trovare, nella Ino che mi sta di fronte, un singolo motivo per cui dovrei allontanarmi. È come se il mondo stesse girando a rovescio, e fosse lei, ora, a controllare la mia ombra. Maledizione.

 

Inspiro profondamente e le accarezzo una guancia. Ino sorride a quel contatto così dolce, eppure spontaneo, da parte mia.

Si avvicina e appoggia la fronte contro la mia; la sua mano lascia andare la mia maglia, percorre il mio collo facendomi rabbrividire, e si ferma sulla nuca:

- Posso? – mi chiede con lo stesso tono con cui i gatti fanno le fusa.

 

Al mio annuire, tira l’elastico e mi scioglie i capelli. Non mi lascia il tempo di sentire le punte accarezzarmi il collo, perché stavolta è lei a baciarmi.

Delicatamente, premendo appena sulle mie labbra, accarezzandomi il collo con le nocche delle dita. Per poi rendere il bacio più sensuale, socchiudendo la bocca, lasciando che la mia lingua giochi con la sua e facendo altrettanto.

Ora tocca a lei indietreggiare, un passo alla volta, ben spedita, finché i suoi fianchi urtano contro lo spigolo del bancone.

 

Ed è come se entrambi ci rendessimo conto che, superato quello spigolo, non c’è ritorno.

Di nuovo, le stringo i fianchi con le mani e la sollevo leggermente da terra, spingendola con la schiena sul piano di legno del bancone. Ino si rialza di scatto, riprendendo il controllo delle mie labbra e infilando le mani sotto la mia maglia, per poi stendersi di nuovo all’indietro, attirandomi sopra di sé.

 

- Shikamaru… - il mio nome le esce dalle labbra in un unico sospiro, non appena la mia lingua passa dalla sua bocca al suo collo, lasciandovi anche dei leggeri morsi.

Con un movimento fluido, Ino riesce a sfilarmi la maglia, per poi fare lo stesso con la sua maglietta arancione. Guardandomi fisso negli occhi con un’espressione concentrata, mi afferra una mano e se la appoggia sul seno.

E, Dio, è così perfetta; la sua pelle calda, chiara, soffice e liscia come il burro fuso. Il suo viso accaldato, le guance arrossate, gli occhi che non cessano mai di osservare i miei. Le sue mani hanno l’odore degli steli dei fiori, i suoi capelli sparsi sul bancone sono l’unica cosa lucente nel negozio buio. La sua voce sarebbe musica, se la musica ansimasse, sospirasse e chiamasse il mio nome con un suono così roco eppure melodico e carico di adrenalina. Le sue gambe non mi sono mai sembrate così lunghe, avvolte intorno ai miei fianchi, in attesa della mia prossima mossa.

È sempre stato così. Ci passavamo reciprocamente il controllo della situazione, poi lei insisteva per impadronirsene, poi toccava a me, poi di nuovo a lei; e invece adesso è Ino a cercare di anticiparmi, perché stiamo raggiungendo un momento che mai avremmo pensato di condividere insieme.

 

- Shika…maru…io sono…

- Lo so.

 

Vorrei dirle di non avere paura. Vorrei dirle che anch’io sono vergine, che non le farò male; che se, nei miei sedici anni di vita, mi avessero chiesto ogni giorno “Con chi vorresti la tua prima volta?”, la risposta sarebbe sempre stata la stessa. Ino Yamanaka. Vorrei dirle che guardarla mi fa sentire perso, perché non mi sento all’altezza, perché non sono Sasuke nè Sai, perché ho paura per domani, perché non voglio farle correre dei rischi, ma non voglio nemmeno che lei sia un’altra Kurenai. Perché, se mai morirò, la voglio al mio fianco; non voglio che debba saperlo da qualcun altro. Perché se mai capirò cosa significa amare qualcuno, voglio amare lei. Ino Yamanaka.

 

- Ino, ascolta…

Lei sussulta sentendo che mi sto preparando a scivolare dentro di lei, ma mi guarda interrogativa, in attesa che io finisca la frase.

 

- …stanotte, parti con me e Chouji…ok?

Un sorriso si allarga sulle sue labbra: - Tanto sarei venuta comunque con voi.

- Non avevo dubbi…donna problematica…

 

Mi posiziono meglio e le stringo un braccio intorno alla schiena, per poi entrare dentro di lei. Il suo petto è schiacciato così forte contro di me che posso sentire il suo cuore battere ad un ritmo frenetico, come una vibrazione. La sua bocca è premuta contro la mia spalla, per impedirsi di gridare. Non importa, mi basta sentire il suo calore per sapere cosa prova. E quando sento che stiamo per arrivare al culmine, e ogni singolo muscolo del mio e del suo corpo si contrae, non riesco a impedirmi di pensare:

 

“Asuma…forse anch’io ho trovato il mio Re…

NOTE: beh...nulla di particolare da dire per ora ^^ comunque i capitoli ci sono già tutti, devo solo revisionarli e postarli uno alla volta...quindi niente attese esagerate stavolta :)

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Capitolo 2
*** Just forget? ***


CAP. 2: Just forget?

Ce l’abbiamo fatta.
Volevamo vendetta, e l’abbiamo avuta. Kakuzu è stato ucciso, nonostante tutto, mentre Hidan è sepolto da qualche parte nel mezzo della foresta Nara.

Non ho più rivisto Shikamaru da allora; è via per una missione, non so dove, e non so quando tornerà.

Per ora va bene così, non ho idea di cosa potrei dirgli quando lo vedrò; finché eravamo nel pieno della battaglia, eravamo adeguatamente distratti, ma ora…

Ora non faccio altro che ripensare a quel pomeriggio, il pomeriggio prima della partenza.

Il modo assurdo in cui è accaduto tutto, il modo in cui siamo passati dal parlare a…quello. Il modo in cui il SUO atteggiamento è cambiato, improvviso, provocante, da far girare la testa. Uno Shikamaru che non avevo mai visto.

 

Ormai è passato un mese abbondante da quel pomeriggio, e ancora, la notte, mi chiedo cosa ci sia successo. Cosa sia scattato, nelle nostre menti, per farci superare quella linea oltre la quale, per sedici anni, avevamo osato solo sbirciare. E nemmeno insieme.

Ovvio, io sognavo la mia prima volta con Sasuke; gran bei tempi, quelli in cui non era ancora un criminale e potevo sperare di far colpo su di lui.

Shikamaru, probabilmente, era e sarà ancora perso dietro a quella ragazza di Suna, la sorella di Gaara.

 

Perché, allora…?

Non possiamo essere attratti l’uno dall’altra. Non io e Shikamaru; a me non piacciono i tipi come Shikamaru, mai nella vita.

Sono completamente uscita di senno, per perdere la verginità con uno come lui?

Oddio, non che non sia stato bello…anzi…se ci ripenso, è quasi come se riuscissi a rientrare nella scena. Come un film.

Posso sentire le sue dita fra i miei capelli, i suoi occhi sulla mia pelle, il suo respiro spezzato, il suo braccio intorno a me quando…

 

Oddio, basta. È assurdo.

Di tanti ragazzi che ci sono fra le cinque Terre Ninja, proprio con lui dovevo farlo. E doveva proprio essere così…così impossibile da rimuovere. Come se quegli attimi mi si fossero incollati alla pelle con qualche misteriosa sostanza che non ha solvente.

Devo dimenticarlo. Perché, davvero, sta diventando un’ossessione. Non posso guardare un film d’amore in tv, non posso leggere un romanzo romantico.

Ogni cosa la ricollego a quel pomeriggio. Ogni dannata cosa.

 

Spesso mi sveglio, nel cuore della notte, e penso di essermi immaginata tutto; e mi dico che effettivamente sarebbe sensata come spiegazione da dare al mio cervello, che ancora si ostina a credere che sia successo davvero. E che ci sia qualcosa che mi attira in Shikamaru, se non l’ho respinto quando mi ha preso il viso fra le mani e mi ha baciata. Ovvio, il cervello segue la logica, e la logica vuole vedere una ragione in tutto ciò che faccio.

Ma non ci sono ragioni per ciò che ho fatto con Shikamaru; è successo e basta. Come tante cose nella vita succedono e basta. E se non hanno un senso, o un futuro, basta metterci una pietra sopra.

Che è quello che ho intenzione di fare. Impormi di dimenticare, perché quel pomeriggio non mi porterà da nessuna parte.

Basta dimenticare.

 

~ ~ ~ ~

 

Oh no. NO.

Porca puttana.

Tutto ma questo no. No, no, no.

Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo, caaaaaazzo.

D’istinto, crollo a sedere sul coperchio della tazza del water, mentre ciò che tengo in mano cade per terra con un tonfo leggero. Il freddo intorno a me è palpabile, come se il ghiaccio filtrasse dalle pareti. Sto sudando freddo, e credo che il mio cuore abbia perso qualche battito.

Una faccina sorridente.

Guardo con gli occhi sbarrati il foglietto illustrativo che sto ancora stringendo in mano. Rileggo tutto dall’inizio alla fine. Per undici volte.

Nel caso in cui sul display appaia la faccina sorridente, il test è da considerarsi positivo.

Deglutisco.

…il test è da considerarsi positivo.

Ma perché?

Positivo.

Perché, perché, perché??

Stringo le due estremità del foglietto fino a strapparlo a metà. Piena di rabbia, con le lacrime agli occhi, finisco per sminuzzarlo, finché anche la parola più breve diventa illeggibile, e lancio tutto nel bidone.

Posso sentire chiaramente il mio stomaco contorcersi, e il sangue scorrere gelido nelle vene del collo, salendo fino al cervello in un senso vibrante di nausea.

Lentamente, raccolgo da terra la pennetta con la fottuta faccina sorridente sul dannato display e la fisso per qualche secondo.

Ecco, ho trovato qualcosa di peggio che assistere alla morte di Asuma-sensei. Almeno lui non mi guardava col sorrisetto ebete dell’omuncolo apparso su questa pennetta. “Congratulazioni”, sembra dire.

E, potrei aggiungere, ho trovato anche una ragione per cui non posso dimenticare quel pomeriggio con Shikamaru.

Quella ragione sta crescendo nel mio basso ventre. Da cinque settimane e mezzo.

 

~ ~ ~ ~

 

DRIIIIIIIN

Il campanello suona mentre sono in bagno e cerco di darmi un aspetto decente.

È la terza volta che vomito, oggi; e fra meno di mezzora Sakura si presenterà a casa mia.

Per la quarta volta da stamattina, disfo la coda e la rifaccio; per la quarta volta, prendo un antiacido per lo stomaco e mi strofino gli occhi arrossati.

Per la prima volta da stamattina, sussulto; mia madre mi sta chiamando.

 

- Ino!!! Sei pronta? Sono due ore che stai chiusa in bagno!

 

Ovviamente, i miei genitori non sanno nulla. In effetti mi chiedo come abbiano fatto a non sospettare nulla, finora. Non lo sa nessuno, e non voglio che qualcuno lo sappia. Giusto Sakura, perché voglio chiederle se può aiutarmi.

Non posso tenere questo bambino. Ma non sono sicura di poter…interrompere la gravidanza, visto che ho solo sedici anni.

Odio doverlo ammettere, persino a me stessa, ma almeno a Sakura devo dirlo, devo avere una risposta a questa domanda.

 

Al di là della porta chiusa a chiave, sento la voce di mia madre che sale le scale, e si fa sempre più vicina al bagno. Ma c’è un’altra voce.
Oh mio dio.

Il bicchiere pieno d’acqua mi scivola di mano e si frantuma sul pavimento.

Shikamaru.

Cosa ci fa qui? Quando è tornato?

 

- Ino, tesoro? C’è Shikamaru qui con me.

 

Non so come, riesco a racimolare abbastanza voce per risponderle: - Sì, mamma…ehm…

- Tesoro, cos’era quel rumore? Ti è caduto qualcosa?

- Ehm…sì, mamma…ho rotto un bicchiere… - mi inginocchio rapidamente per terra e inizio a raccogliere tutti i cocci. : - Ho quasi finito, ora esco. Tranquilla, mamma.

 

La sento sospirare, poi rivolgersi a Shikamaru. Mollo lì i cocci e mi avvicino alla porta per origliare.

- …ecco, se potessi chiederle cos’è successo…è che mi pare…non lo so, è strana e basta…davvero, Shikamaru…sono preoccupata.

Poi, sento i suoi passi allontanarsi : - Ino, io vado al negozio, ci vediamo stasera, okay?

- Okay, mamma. Ciao.

- Ciao, Shikamaru-kun.

- Arrivederci, Ichiko-sama.

 

Lunghi minuti di silenzio.

 

- Allora, ti decidi a uscire di lì?

 

Senza rispondergli, giro la chiave e spalanco la porta, ritrovandomelo davanti. Mani in tasca, solita espressione, solito Shikamaru.

- Cosa ti ha detto mia madre?

- Si può sapere cosa ti prende?

- Non rispondere alla mia domanda con una domanda!

- Tua madre è preoccupata per te. Dovresti parlarle.

- Non sono affari tuoi, Shikamaru.

 

Shikamaru fa spallucce: - Hai ragione, Ino. Però voglio sapere anch’io cosa ti sta succedendo.

- Perché?

- Ino, non rispondere alla mia domanda con una domanda.

Sospira. Bastardo. Poi aggiunge: - Mi stai evitando?

Le mie mani giocherellano con la rete sul mio gomito: - Pensavo che fossi in missione…

Un altro sospiro: - Sono tornato due settimane fa; sono passato di qui almeno cinque volte, e ogni volta i tuoi genitori mi dicevano che non eri in casa. Ti ho chiamato e ogni volta c’era la segreteria telefonica.

 

Okay, è vero. Lo ammetto…ultimamente, ogni volta che qualcuno suonava alla porta, mi limitavo a strillare ai miei di fingere che non c’ero. Ma non immaginavo che alla porta ci fosse proprio Shikamaru.

E va bene, lo immaginavo. Lui fa sempre così. Passa a casa mia senza preavviso, almeno una volta al giorno, anche nei giorni in cui non ci alleniamo. Ormai la considero una parte del suo carattere, o del nostro rapporto, se vogliamo definire il nostro come un “rapporto”.

Più che altro siamo due ragazzi che sedici anni fa si sono conosciuti e hanno iniziato a giocare insieme, semplicemente perché le nostre famiglie sono in ottimi rapporti, così come con quella di Chouji. E poi siamo finiti in squadra insieme.

 

E ora, a cinque anni da quando siamo diventati genin insieme, io sono incinta di sei settimane, e aspetto il figlio del ragazzo che mi sta di fronte, con la sua tipica espressione annoiata.

Ah, Shikamaru, se solo sapessi…

E adesso, come ne esco da questa situazione?

 

Nel frattempo, nel cortile di casa Yamanaka:

- Hey Sakura, da quanto tempo!

- Salve signor Inoichi-sama.

- Se cerchi Ino, è di sopra. Aspetta – Inoichi estrae un mazzo di chiavi dalla tasca - …ecco. Stavo per andare a lavoro con mia moglie, ma mi sono accorto di non aver salutato la mia principessa! Prego, entra.

 

Una serie di urli accolgono Inoichi e Sakura, non appena varcano la soglia della porta. Provengono dal piano di sopra, la voce isterica di Ino e quella di Shikamaru, molto più moderata.

 

- Che sta succedendo?

Sakura rimane immobile sulla porta, ma il sesto senso paterno-iperprotettivo di Inoichi è già scattato sull’attenti. E lui è già scattato verso le scale.

 

Piano di sopra

Sono chiusa nel bagno, di nuovo.

Con un palmo della mano premuto contro la porta, cercando una soluzione per togliermi da questo casino. Perché non sono capace di mentire, perché???

No, ancora non sono riuscita a dirglielo. Ma ormai la mia reazione (urlargli di tutto e di più, rientrare nel bagno sbattendo la porta e urlare ancora qualcosa tipo “Lasciami stare, non sono affari tuoi, cazzo!”) gli deve aver fatto intuire che non è solo la mia tipica isteria mattutina, ma c’è qualcos’altro. Motivo per cui non si schioda da davanti alla porta e continua a ripetermi di calmarmi e uscire, con quella sua tipica voce scocciata e pacata.

Dove diavolo è Sakura, quando serve??!!?

 

- Ino…

- Cosa vuoi ancora?

Giuro che se mi chiede ancora di darmi una calmata, lo uccido.

- Parlare di quel pomeriggio al negozio.

 

Oddio. E adesso?

 

- Non dobbiamo dirci nulla. È…è successo…e basta. Sono…cose che capitano.

Perché quelle parole, che suonavano così bene quando le pianificavo, improvvisamente sembrano solo una enorme balla? Perché sembra che io non ci creda nemmeno un po’?

- Ino…terremoti, uragani, temporali ed eclissi sono “cose che capitano”. Quello…era una cosa voluta.

Qualcosa si spezza dentro di me, e mi ritrovo di nuovo a urlare:

- Ah sì? Una cosa voluta? Bene, allora… – spalanco la porta, guardandolo dritto negli occhi, incazzata nera – …dimmi, signor “Quoziente intellettivo da più di "duecento”: il fatto che io sia rimasta incinta è stata una “cosa che capita” o una “cosa voluta”???

Rimango io stessa scioccata dalla mia esplosione.

Lui mi fissa a bocca aperta, incapace di articolare anche la minima parola.

 

All’improvviso, sento un tintinnio provenire da dietro la porta, vicino alle scale. Apro ulteriormente la porta per controllare, e per poco non mi viene un infarto.

Merda.

Sakura e mio padre sono a meno di due metri da noi. Entrambi sbiancati, con la differenza che mio padre sta passando per tutte le gradazioni di colore esistenti sullo spettro solare.

E, in quel preciso istante, ho la certezza che non potrò più dimenticare quel fottuto pomeriggio al negozio.

 

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Capitolo 3
*** With or without you ***


CAP. 3: With or without you
 

Non è possibile. Non sta succedendo sul serio.

Non è possibile che io, stamattina, mi sia trascinato fuori dal letto, come ogni mattina, e nel giro di un’oretta la mia vita sia cambiata per sempre.
Quando mi sono svegliato, stamattina alle sei, ero Shikamaru Nara. Avevo sedici anni ed ero un normalissimo, svogliatissimo shinobi di Konoha. Nulla di che.

Venti minuti in casa Yamanaka hanno cancellato ogni mia certezza.
E, d’un tratto, tutta la maturità che credevo di aver acquisito, dopo tanti anni di missioni e rischiare la vita, sembra ridotta al nulla totale.
Sono un ragazzino. E questo è troppo per me. Ho solo sedici anni, che diamine.
È troppo per me.

Dovrei avere la testa invasa di domande, preoccupazioni, pensieri, bestemmie…qualunque cosa…e invece me ne sto zitto, seduto qui, sul divano di Ino.
A venti centimetri da lei, senza osare toccarla o guardarla.
Del resto, anche lei sta facendo lo stesso. Come Sakura, poi. È seduta all’altro fianco di Ino, le tiene la mano, ma è come se non ci fosse.
La capisco.
Ino fissa davanti a sé, persa nella trama del tappeto sotto il tavolino; di tanto in tanto, sussulta, quando suo padre alza la voce.
Ino…in che razza di casino ci siamo cacciati?

- Ma mi ascoltate, voi due? Si può sapere che diavolo vi dice il cervello? 

La voce di Inoichi, che ripete per la quarantesima volta le stesse domande, suona ancora vaga, piena di interrogativi astratti, a cui né io né Ino sappiamo rispondere.
È troppo per noi.

Sì, la madre di Ino ha chiamato anche i miei genitori. Mia madre si sta lamentando da ore del perché non la sono mai stata a sentire, di dove fosse la mia testa mentre mio padre mi faceva “la chiacchierata”.
Mio padre, dal canto suo, sta seduto in poltrona, il mento appoggiato sulla mano. Totalmente zitto. Dal lato opposto del tavolo, la madre di Ino si tiene il volto tra le mani, forse la più sconvolta in quella stanza.

Sono talmente nella merda che non mi viene nemmeno da pensare quanto tutto questo sia problematico. Ma è come se i miei duecento punti di QI si fossero polverizzati, nell’istante in cui Ino ha spalancato la porta del bagno e mi ha comunicato, urlando, che è incinta. 

All’improvviso, Inoichi-sama pone la domanda più temuta di quella “conversazione”, ed è come se l’aria nella stanza fosse stata aspirata.

- Cos’avete intenzione di fare? 

Quelle cinque parole fluttuano sopra di noi, cinque persone in attesa di una risposta da parte nostra. O forse da parte di Ino, più che altro.
Per la prima volta da quando i suoi genitori ci hanno fatti sedere qui, mi azzardo a voltarmi verso di lei.

Ino scrolla le spalle, mordendosi le labbra.
Non sembra sul punto di piangere, né pare intenzionata a dare una qualunque risposta precisa.

- Shikamaru… 
È la prima volta, nelle ultime due ore, che sento la voce di mio padre. Mi giro a guardarlo, lentamente.

- Onestamente…a cosa stavate pensando, quando…- si interrompe, e all’improvviso tutta l’attenzione dei presenti si concentra su noi due - …insomma, quando è successo…?
- Non lo so, papà. – “Cerca qualcosa di intelligente da dire, cazzo! Non dovrebbe essere difficile” – ehm…non lo so…però noi…
Con la coda dell’occhio, vedo Inoichi-sama inarcare le sopracciglia.

Mio Dio, aiuto.
Cosa dovrei dire?
Cosa si aspettano che io dica? Che mi prenderò cura di questo bambino?
Ma se non so nemmeno se Ino lo terrà! O forse dipende anche da me?
Sono decisioni che si prendono in due?
Perché Ino mi ha detto di essere incinta, se ha già intenzione di abortire?
Ma ne ha intenzione, poi?
Forse la cosa migliore sarebbe che io e Ino ne parlassimo da soli; ma riuscirei davvero ad aprire bocca, da solo con lei?
E se volesse tenerlo…a me che compiti spettano? Dovrò portarla a vivere a casa mia? Come faremo con le missioni? Dovremo informare l’Hokage?

Perché cazzo quel pomeriggio non mi sono fermato un attimo, quello che bastava per chiederle “Ino, prendi la pillola o devo mettere quel coso?”?
Perché la mia mente si è scollegata, nell’istante in cui Ino ha chiuso la porta del negozio?
Perché vedevo solo lei, lei, lei e ancora lei. Perché potevo averla solo per me; perché non mi ha respinto, perché nei suoi occhi riluceva una scintilla che mi ha impedito di fermarmi e porle quella semplice domanda; perché le forme del suo corpo, il suo respiro affannato, la frequenza del suo cuore contro il mio petto, l’impronta dei suoi polpastrelli sulle mie braccia, ogni cosa di lei mi diceva che potevo averla, che se avessi perso anche solo un minuto avrei rischiato di tornare a quello che eravamo. Solo amici. Solo compagni di squadra. Solo bambini.

Se prima il mio cervello era come in stand-by, ora un riflusso di domande definite mi sta inondando le meningi. Rapido, inarrestabile, non mi dà il tempo di pensare alle possibili risposte.

È troppo per me.
Non posso prendermi cura di un figlio; non adesso, né fra otto mesi.

Ora è la volta di Ichiko-sama di prendere la parola, per la prima volta: - Ino…è meglio che l’abbiamo scoperto. Non puoi…insomma, hai sedici anni…non voglio darlo per scontato, ma immagino che tu pensassi di…
Sia io che Ino ci voltiamo verso di lei, e per la prima volta da quando mi ha confessato della gravidanza, vedo gli occhi di Ino riempirsi di lacrime.

Lei lo pensava.
Lei non vuole questo bambino.

Ho voglia di piangere anch’io. Ho voglia di trovarmi ovunque, tranne che qui. Ho voglia di tornare indietro nel tempo. Ma l’ultima cosa che voglio è dover cancellare quel pomeriggio, perché ora non possiamo più fingere che non ci sia stato, che siamo solo amici, che è stata “una cosa fatta tanto per fare”.
Non si torna indietro, non si dimentica.

E non è uno di quei problemi a cui puoi trovare una soluzione semplicemente perché te lo trovi davanti e devi sbarazzartene.
Allora perché non riesco a definire questo bambino “un problema”?

Cosa non darei per sapere cosa sta pensando Ino.
Cosa non darei per dirle “Io sono qui, Ino. Sono sempre stato qui. E ti ho sempre guardata. E ti ho sempre desiderata. E penso di…”
No, non posso dirglielo senza sapere cosa vuol dire. La mente di Ino, in questo momento, è un viluppo di incertezze, una matassa aggrovigliata di neuroni che le dicono una cosa e poi l’esatto contrario.

La sento andare in pezzi.
È ingiusto. È troppo per lei.

Cosa dobbiamo fare?? 


Non so per quanto tempo il padre di Ino ha camminato su e giù davanti a noi, prima che sua figlia scattasse in piedi e corresse in bagno, con Sakura al seguito.

I suoi genitori non le permetteranno di interrompere la gravidanza; l’ho capito da come sua madre le raccoglieva i capelli dietro la testa mentre Ino vomitava. Da come Inoichi-sama ha sospirato, alla fine del fiume di ramanzine e domande.
Non perché un aborto andrebbe contro la loro morale, o perché vogliano “punirla”, ma perché non vogliono che Ino viva col peso di aver distrutto una creatura che aveva in grembo.

- Potrai darlo in adozione, tesoro…ma forse…- Ichiko-sama, con uno sguardo improvvisamente declinato fra l’amaro e il tenero, accarezza lentamente i capelli della “sua bambina” - …forse non sarà necessario…imparerai ad amarlo, vedrai…

Per un breve attimo, sono attraversato dal pensiero che il soggetto di quell’ “amarlo” potrei essere io. Stronzate. Probabilmente la madre di Ino mi starà odiando con tutta se stessa, per aver ridotto sua figlia in quello stato. È ovvio che si riferisce al bambino quando dice “Imparerai ad amarlo.”

Ino alza gli occhi, chiazzati di rosso, le lacrime semi-asciugate lungo le guance.
 

“Amarlo…”
 

Ripete quella parola a mezza voce. Guarda sua madre, poi Sakura, china su di lei con un fazzoletto bagnato in mano.
Sakura non risponde. La fissa e scrolla le spalle con un’espressione indecifrabile. Lei sa cosa vuol dire amare.
Ha la nostra stessa età, ma lo sa da anni. È esploso dentro di lei come una sciocca cottarella, che invece di spegnersi è cresciuta ancora di più, bruciandole l’anima. Sakura sa cosa vuol dire amare.

Cosa sappiamo, io ed Ino, dell’amore? Come può Ichiko-sama essere così certa che potremo dare amore a un bambino, se non sappiamo nemmeno cosa ci ha spinti, quel pomeriggio, a fare quello che abbiamo fatto? 

Per la prima volta in tutta la sera, Ino sposta lo sguardo su di me; il peso che ho sentito sulle spalle fino adesso aumenta di una tonnellata.

Cosa posso fare io, Ino?

Vorrei riuscire a dire qualcosa, non importa cosa. Vorrei poterle dire che non deve preoccuparsi, che ce la caveremo.

Che sono qui, che ci sono sempre stato. Che ti ho sempre guardata e desiderata.

Che di tutte le fantasie che avevo costruito su di lei, in sedici anni, quella di avere un bambino insieme era l’unica a cui non avevo mai pensato.
Che non riesco ancora a decidere se quella fantasia mi piace o meno, perché sono ancora troppo sconvolto, e spero di non restare sconvolto a vita.
Che è questo il momento di comportarsi da uomo.

Già…
La cosa peggiore, è che la prima persona da cui vorrei dei consigli è morta quasi due mesi fa.


Non ho dormito, stanotte.

La sveglia suona, e sono già seduto sul letto.
Che io abbia sognato tutto?
Decisamente no.

Me ne rendo conto quando, scendendo per colazione, i miei genitori mi lanciano degli sguardi che non esibirebbero nemmeno prima di una missione suicida.
In qualche modo, mi trascino fino al tavolo e mi siedo.

Mio padre mi fissa, naturalmente senza parlare, poi mi allunga la caffettiera.
- Ne avrai bisogno, da ora in poi – mi dice semplicemente, annuendo, come se avesse appena compiuto l’azione più saggia del mondo.

Mia madre se ne sta piantata sulla porta della cucina, come se volesse dirmi qualcosa ma non ne fosse capace. Assurdo da parte sua.

Chi avrebbe mai detto che ci sarebbe voluto un evento del genere per zittire mia madre?

D’un tratto, suonano alla porta, e mia madre è costretta ad allontanarsi per andare ad aprire.
Cinque minuti dopo, riappare. 

- Shikamaru, era Kotetsu. Sei convocato per una missione. Muoviti a cambiarti e vai da Tsunade-sama.

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