London, 1889 ~

di Gackt_Agito
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo ***


Capitolo primo
- fine di una leggenda -


Londra, 2 agosto 1889, cimitero.
« Tu sia maledetto! »
L’uomo urlò con tutta la forza che aveva in corpo all’indirizzo dell’essere che, seduto sopra una lapide, rideva. L’uomo aveva i capelli neri, gli occhi del medesimo colore: era senza barba, con una faccia come tante altre. Non aveva niente di speciale, era solo un normale essere umano, di quelli che si vedevano dappertutto. Alto nella media, non sovrappeso. Un medico qualunque, con un nome qualunque e una vita… no, la sua vita non era affatto ordinaria.
« Mi avevi promesso che sarebbe stata salva! Avevi promesso che non le sarebbe accaduto mai più nulla! Mi hai mentito, è morta! E’ morta! » Si buttò per terra, afferrò una pietra, si sollevò e la lanciò contro di lui, l’essere dai capelli nero-verdi seduto sulla lapide. Non lo prese, vista la scarsa forza con cui l’oggetto fu scagliato. « Lei, lei… è morta, morta… persa per sempre… è morta… » e si mise a singhiozzare per terra, mezzo raggomitolato su se stesso.
« Non è morta, Jack. » L’essere sorrise. Volse lo sguardo dorato poco lontano, dove qualcosa bucava il terreno cimiteriale rumorosamente. Jack alzò il viso, guardando dove una mano veniva fuori della terra, squarciando radici e sepoltura. Un sorriso si dipinse sul volto del mostro mentre la donna si rialzava cautamente, vestita di bianco. La pelle così cadaverica, l’espressione così distrutta. « Volevi stare con tua moglie per sempre, no? Come mai adesso ti lamenti? E’ la tua occasione migliore, fino a prova contraria. Non l’ho uccisa, semplicemente adesso è… solo un po’ meno umana di prima. » Con un sorriso, l’essere mostrò i canini.
« No… no… Jill… che cosa le hai… Quiche… che hai fatto… » Jack si sollevò, guardò la donna che avanzava verso di lui sogghignando, un’espressione folle sul suo viso non lasciava intendere niente. « Jill… amore mio… che… che cosa… che ti ha fatto quel mostro? » Jack continuava a biascicare così, parole sconnesse e domande a cui quella non rispondeva. Un rivolo di bava solcò le labbra della donna, che rovesciò gli occhi indietro e si avventò contro di lui, azzannandogli la gola, asportando con l’estrazione dei denti un pezzo sanguinolento della sua carne, mentre l’uomo lanciava urla acute, spaventate, che tagliavano la notte in due.
« Sii felice, Jack. Vivrai con lei per sempre, adesso, anche se non in questo mondo. » Un sorriso compiaciuto, e l’essere si sollevò in piedi sulla stessa lapide sulla quale sedeva. Nel mentre che la donna terminava il pasto, Quiche tese il braccio sinistro, dal quale si separò un tridente acuminato. La donna si sollevò sulle ginocchia, in lacrime, il viso sporco di sangue rivolto verso l’altro. Tremava, distogliendo gli occhi dalla poltiglia innanzi a lei, quello che una volta era stato suo marito.
« Uccidimi, ora… abbiamo fatto quello che volevi… », sussurrava.
« Lo so, Jill. Vi ringrazio dell’ottimo servizio. » Un ghigno.
« Nostra figlia… lei… non farle sapere… »
« Mi occuperò io di vostra figlia. »
Un balzo.
Un solo scatto in avanti, un movimento del polso e con uno spruzzo di sangue la testa della donna rotolò via, lontano. Il suo liquido vitale macchiò le labbra del vampiro, che passandovi velocemente la lingua sopra n’asportò il sapore fino a stuzzicare le papille gustative.
« Oggi sarà ricordato come il giorno in cui, finalmente », una pausa, voltò il viso verso i due cadaveri, « termina la spaventosa leggenda di Jack the Ripper e sua moglie*. Grazie per esservi presi tutte le mie colpe. »
Un sorriso, un salto, e sparì nel buio.





Note dell'autrice: mi pare oramai evidente che l'ambientazione equivale all'epoca in cui è vissuto Jack lo Squartatore (dall'inglese, “Jack the Ripper”), ovvero dall'autunno 1888 all'inverno 1889 (anche se teoricamente la sua "attività" quale assassino termina il dicembre 1888. Ci sono testimonianze e ritrovamenti di possibili vittime anche oltre, per questo lo segno). Come si sarà ben capito, chi è morto è proprio lui: per quanto riguarda la moglie, effettivamente non esiste. L'ho creata io leggendo di una delle possibili indiziate per tutti quegli omicidi, soprannominata “Jill the Ripper”. Ora, la leggenda l'ho trasformata: Jack agiva con sua moglie Jill. Per quanto riguarda Quiche… sì, prima avete letto bene: è proprio un vampiro. :] Per le future stranezze e incoerenze che potrete riscontrare, non abbiate paura, è tutto calcolato. Ah, sì, un'ultima cosa: utilizzerò i nomi del manga così come appaiono scritti lì ( quindi Strawberry, Quiche, Pie, Tart eccetera ). :]
See you soon!

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo ***


Capitolo secondo
- in trappola -


Strawberry. L’avevano chiamata fragola.
Aveva sempre pensato che fosse perché a sua madre piacevano tanto le fragole. Infondo, chi mai poté dirlo, perché proprio quel nome? Stava distesa sul proprio letto, raggomitolata. Suo padre aveva lasciato un biglietto sul tavolo della cucina, con scritto che presto sarebbe arrivato il suo nuovo tutore, e che sarebbe andata a vivere da lui. La cosa la rendeva abbastanza triste: questo avrebbe implicato il non vedere suo padre per un periodo di tempo… indeterminato. La cosa non la rendeva esattamente felice, ecco. Non capiva nemmeno perché doveva andarsene di casa. Infondo a suo padre voleva bene… Dischiuse le labbra, sospirò e tirò su fino alle spalle la coperta. Si strinse in se stessa. Sua madre era morta qualche giorno addietro, e già era stato brutto separarsi da lei così improvvisamente; adesso avrebbe salutato anche suo padre, e se ne sarebbe andata lei. Come avrebbe sopportato la cosa, il povero Jack? Il suo buon padre… non lo sapeva. Avrebbe in ogni caso fatto come diceva, come infondo era stata abituata a fare sempre: perché non si contrasta il dire del proprio padre, ciò che dice è legge. Sbadigliò appena, pensò a sua madre e abbracciò il cuscino con forza. Poi qualcuno bussò alla porta al piano di sotto, e lei fu costretta ad alzarsi per andare ad aprire: svogliatamente, coprendo con una mano uno sbadiglio, si alzò dal letto e scese le scale. Era una casa modesta, quella dove viveva col padre – nella quale aveva vissuto anche la madre, certo. Due piani, ma in ogni modo un alloggio molto piccolo, giacché al piano superiore ci dormiva soltanto lei. Non arrivò nemmeno ad aprire la porta di casa, che si aprì con un tonfo: fece il suo ingresso un uomo – o meglio, un ragazzo – vestito interamente di nero, con i capelli notoriamente del medesimo colore, se non fosse stato per i riflessi verdastri che si potevano perfettamente notare. La fissava con un sorriso particolare sulle labbra. Sulle spalle, il mantello – anch’esso nero – gli dava un’aria particolarmente lugubre, e sulla testa stanziava un cilindro. Era elegante, ma al contempo spaventoso.
« Buonasera, cara » esordì, improvvisando un inchino, per poi tirarsi nuovamente su. Guardava Strawberry come se fosse il più prelibato dei pasti e lei, schiacciata contro la parete per lo spavento e la velocità delle cose, non riuscì a rispondergli in alcun modo. « Mi dispiace per la porta… » e si voltò verso di quella, spalancata, scardinata per metà. Stava lì, pareva che dovesse cadere da un momento all’altro. Subito dopo, lui tornò sulla ragazza con gli occhi, azzardando un paio di passi verso di lei. « Il mio nome è Quiche. Mi hanno incaricato di scortarti fino alla residenza del tuo nuovo tutore. » La informò, portando le braccia dietro la schiena.
« Ah… » Strawberry abbassò gli occhi per un secondo, poi rialzò lo sguardo su di lui, deglutendo. « Come hai fatto, tu, a… » sconvolta, gettò un’occhiata all’oggetto del suo stupore – la porta, e poi tornò su Quiche. Strinse gli occhi, scosse la testa e guardò l’altro, sistemando una ciocca di capelli rossastri dietro l’orecchio. « Dovrei seguire te, quindi? »
« Esattamente. »
Strawberry non riuscì a scorgere la menzogna nelle parole dell'altro, dunque s’apprestò a seguirlo nella carrozza che lui stesso aveva indicato. Tutto quello che si limitò a chiedere la ragazza, fu un semplice « è tanto lontano da qui? », il quale non ebbe risposta alcuna dal ragazzo misterioso che le sedeva davanti. Ben accorto a non osservare fuori del finestrino, Quiche osservava la ragazza in ogni sua movenza, e sempre più trovava assonanze col padre e la madre. Aveva le stesse espressioni di Jack, ma la forma del viso e gli occhi erano di Jill, capelli compresi. Strawberry era molto bella: dalle pieghe dell’abito che indossava si potevano ben notare i seni, le forme dolci dei fianchi e del corpo in genere. Teneva i capelli legati in due codine basse ai lati della testa*, con i capelli che scivolavano un po’ sulle spalle. La ragazza si limitava a guardare un po’ intorno, alla ricerca di qualcosa che potesse darle almeno un minimo di sicurezza, poiché anche la carrozza era lugubre tanto quanto il ragazzo che le sedeva davanti, se non di più. Dopo non molto, in ogni caso, ebbe modo di notare – con sommo dispiacere – che la casa dove era stata portata era addirittura peggio di entrambi. Si lasciò condurre all’interno con calma ma, quando le porte si chiusero alle sue spalle lasciandola nel buio più totale, si lasciò scappare un urlo che fu costretta a coprire con le mani. Spaventata, iniziò a cercare una fonte di luce vicina, finché non si accese una piccola candela, e Quiche tornò nel suo campo visivo.
« Non avere paura » le sussurrava, e tendendo una mano verso di lei, s’apprestò a condurla nella sua camera, qualche piano più su. « E’ spaventoso questo posto, di notte, ma non devi preoccuparti, domattina vedrai tutto più piacevolmente. E’ solo il primo impatto… » dunque entrarono nella sua stanza, e lasciò la candela accesa sul comodino vicino al letto a baldacchino. « Le tue cose sono già nell’armadio » disse, ed indietreggiando si avvicinò alla porta. Prima di varcarne la soglia, si voltò un’ultima volta verso Strawberry. « Ah… un'ultima cosa, cara », esordì. « Non uscire da questa stanza da sola, durante la notte » le intimò, e si chiuse la porta alle spalle con un tonfo.
Non appena la porta si fu chiusa, Strawberry si lasciò cadere seduta sul letto. Con orrore, solo dopo poté accorgersi di un rumore che la mise all’erta: scattò in piedi un’altra volta, avvicinandosi alla porta con cautela, fino a posare la mano sulla maniglia. Deglutendo cercò di aprirla, con scarsi risultati.
Quiche l’aveva chiusa a chiave.
« Quiche! » Lo chiamò a gran voce, inveendo contro la porta di legno. « Quiche, perché mi hai chiusa qui? Quiche, apri la porta! » Alzò il tono, mano a mano sempre più disperato. « Quiche! Quiche, fammi uscire! »
Non ricevendo risposta, si voltò verso il resto della stanza. Con le lacrime agli occhi, si accorse di avere appena fatto la stupidaggine più grande della sua vita. Scivolò seduta per terra, si abbracciò le gambe e tutto in quella stanza iniziò ad avere un aspetto più lugubre, più pauroso, e pareva quasi che gli oggetti la stessero guardando. Iniziò a tremare, e a piangere sommessamente, stretta in se stessa. Cosa stava succedendo, e perché lo aveva seguito? Non riusciva a dare spiegazioni a queste domande. La voglia di scappare la colse, e alzò gli occhi verso la finestra. La conseguenza di quel gesto fu che la paura l’attanagliò ancora di più… perché la finestra aveva le sbarre.
Strawberry non aveva alcuna via di scampo.





Note dell'autrice: finito anche il secondo capitolo. Volevo informare che ho rivisto il primo, l’ho corretto e sistemato: ora non dovrebbero esserci più errori – né di battitura, né di sintassi, né di grammatica, né di niente. :] Consiglierei di leggere questa fiction con End of all hope dei Nightwish, e una buona dose di Our solemn hour dei Within Temptation. Io la sto scrivendo con queste due canzoni di sfondo, o almeno prevalentemente con queste: se scrivessi qui tutto il repertorio di musica di ambo i gruppi che ascolto mentre stendo i capitoli, non finirei quasi più. Ogni loro canzone è adatta, perché cercherò di dare alla fiction quello sfondo un po’ gotico che trasmettono le canzoni dei Nightwish e dei Within Temptation. Fatemi sapere che ne pensate a riguardo. :] Come voi avrete ben notato, Strawberry non porta le codine alte, ma due codini bassi. Perché? Semplice: in quel periodo storico è impossibile che si porti una pettinatura di quel genere e, oltretutto e soprattutto, poiché Strawberry ha i capelli corti, mi sono limitata ad abbassare la capigliatura. Non potevo di certo stravolgere così tanto il personaggio, quindi mi sono limitata a questo e niente di più, così da non avere rimorsi per averle allungato i capelli. xD
See you soon!

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