Forse forse questo è un sogno ♡ di Sweet_Moments (/viewuser.php?uid=100311)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione: ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 1 *** Prefazione: ***
Bonjour!
Sto lavorando a questa storiella che mi è venuta così, un giorno, leggendo L'ultima Canzone di Nicholas Sparks, essì, è il suo primo libro che leggo, cooomunque tornando a noi sicuramente chi l'ha letto o ha visto il film (che io non ho neancora avuto l'occasione divedere >.<") troverà qualche somiglianza!
Vabbè, speriamo vi piaccia ^^! |
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
1
Jessie
Jessie
stava seduta sulla balaustra in marmo bianco della casa del padre con le gambe
a penzoloni che ondeggiavano nel vuoto. Sotto il terreno scendeva ripido per
qualche metro per tornare poi regolare sulla sabbia. Adorava quel posto, poteva
dire che era il punto della casa che amava di più. Si rigirò la tazza di the
caldo fra le mani sospirando, con lo sguardo perso ad osservare ciò che la
circondava.
Davanti a lei un
tratto di spiaggia che terminava con un mare così limpido che ci si poteva
specchiare. Da quando era piccola viveva nella villetta del padre, immersa nel
verde, dopo che sua madre, confermato il divorzio, era scomparsa non lasciando
più traccia né di lei, né del rapporto che aveva con i figli.
«Che fai, tesoro?». Suo padre spuntò dalla
porta che collegava la veranda al terrazzo, il viso segnato dal troppo lavoro,
ancora giovane e bello nonostante i suoi quarantotto anni, con delle rughette
impresse sulla fronte, i capelli scuri spruzzati di grigio e una lieve e
trascurata traccia di barba.
«Niente di particolare, come sempre...» gli
rispose mantenendo lo sguardo sul mare che
rifletteva ormai l’ultima traccia di sole.
Il padre si
avvicinò alla figlia e la baciò sulla fronte per poi sedersi affianco a lei.
«È bello, no?» le domandò spostando lo
sguardo verso il tramonto.
Jessie annuì
socchiudendo appena gli occhi costretta dalla luce del sole. Faceva freschetto
lì fuori nonostante fossero i primi di maggio così si ritrovò a stringersi nel
suo maglioncino mentre la brezza le scompigliava i lunghi capelli castani
facendoli ricadere delicatamente sul viso.
«Dov’è Noah?» domandò Jessie per spezzare il
silenzio.
«Non lo so, è uscito poco fa, credo sia
andato al molo». Suo fratello Noah aveva diciassette anni appena compiuti e,
chiunque avesse avuto l’occasione di conoscere i figli Lohan, era rimasto
stupito nel vedere quanto i due fossero uniti. Infatti Jessie e Noah erano
inseparabili e sempre pronti ad aiutarsi l’un l’altro, cosa che stupiva
parecchia gente. Affidabili e responsabili, li definivano e Samuel ne andava
fiero.
«Fa’ freddino, che ne dici di entrare?» le
domandò il padre appoggiando una mano sulla spalla della figlia.
«Vai pure, io rimango ancora un po’...» rispose
voltandosi e cercando di sorridere ottenendo soltanto una specie di smorfia.
«Senti, Jessie...» iniziò suo padre ma si
zittì subito capendo che non era il momento di reinizare con le stesse futili
spiegazioni, così chiuse la bocca rassegnato e tornò in casa.
Tutti pensavano
che Jessie fosse solamente una ragazza timida e taciturna, e che, nella sua
solitudine si trovasse bene, ma si sbagliavano, lei non stava affatto bene. Ma nessuno si preoccupava del chiederle quale
fosse il motivo di tanto silenzio, a nessuno era mai importato e a lei non
importava farlo sapere. Certo, aveva qualche amica, se così si potevano
definire, ma dopo l’ennesimo rifiuto di uscire si erano limitate a salutarla
all’inizio delle lezioni. Jessie non lo faceva apposta, solamente non riusciva
ad aprirsi con le persone, ed uscire in paese a imbrattare i muri delle case di
scritte fatte con le bombolette spray non le sembrava il miglior modo di combattere
la sua timidezza. Si sdraiò sul muretto e chiuse gli occhi. Respirò lentamente
assaporando il profumo salmastro che le inondava le narici. Si lasciò andare a
se stessa e piano piano si addormentò e
quando riaprì gli occhi le stelle oramai alloggiavano nel cielo. Luna piena,
quella notte, l’adorava, sembrava la regina del cielo.
«Ehi, Jessie...» si sentì sussurrare per poi
avvertire un leggera carezza sui capelli.
«Mmm?» mugugnò ancora assopita. Sapeva che
era Noah, l’aveva capito da quel suo tono dolce che usava spesso con lei.
«Hai idea di che ore siano? Dai, fa freddo,
vieni dentro, domani c’è scuola...». Ma Jessie non aveva la minima intenzione
di alzarsi, come se tutti i muscoli le si fossero atrofizzati, così rimase ferma
immobile dove stava. Sentì sospirare Noah e lo seguì con lo sguardo mentre si
sedeva accanto a lei.
«Sai, Jessie, nemmeno a me piace l’idea di
rivedere mamma né tantomeno di passare tutta l’estate insieme a lei», ammise
accarezzandole delicatamente i capelli.
«Ma allora perché non possiamo rimanere qui
con papà?» domandò lasciandosi cullare dalla tenerezza del fratello.
«Perché la mamma è tornata e vuole
riallacciare i rapporti e papà deve andare per un breve periodo a Los Angeles
per questioni di lavoro, lo sai...».
«Poteva pensarci prima di scomparire senza
dirci nulla, non può pretendere di tornare tutta pentita e aspettarsi che noi
la perdoniamo» commentò sprezzante stringendo i pugni.
«Non pretende che noi la perdoniamo, vuole
solo vedere se stiamo bene».
«Ma cavoli!» esclamò Jessie mettendosi a
sedere «”Vuole solo vedere se stiamo bene”? Ma come crede che stiamo?! Pensa
che non ci sia mancata una figura femminile in tutto questo tempo?!».
Sentiva le lacrime
premere agli angoli degli occhi e le lasciò scendere calde e copiose sul suo
viso immobilizzato dal freddo e in un attimo si trovò al caldo fra le braccia
del fratello.
«Tranquilla, vedrai che ci divertiremo, ci
sarà anche là il mare, così ti sentirai comunque un po’ a casa...».
Jessie avrebbe
avuto molto da ridire, ma se ne stette zitta, era stanca e l’unica cosa che
voleva era addormentarsi fra le braccia rassicuranti di Noah, una delle persone
a cui teneva di più. Così gettando un ultimo sguardo alla luna chiuse gli occhi
e in un attimo, cullata dal calore del petto del fratello, si addormentò
facendosi spazio nel mondo dei sogni. |
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
2
Jessie
Ultimo giorno di scuola.
Jessie
non si aspettava nessun augurio di buone vacanze, così non ci rimase male
quando, alla fine dell’ultima ora, nemmeno uno dei suoi compagni si era
avvicinato a lei per salutarla. Ma invece rimase stupita quando Sharon, una
ragazza del secondo anno, le saltò al collo piangendo. La stritolò per circa un
minuto prima di allontanarsi tirando su con il naso, i suoi occhi traboccavano
di lacrime che Jessie presumeva fossero di gioia, data l’attesissima fine della
scuola, così si affrettò a estrarre un fazzolettino da una tasca dello zaino.
«Uh, grazie Jessie...» le disse dopo averlo
afferrato ed essersi asciugata il viso.
«Di niente, Sharon. Più che altro a cosa
devi tutta questa incontenibile gioia?».
«No, non è gioia! È che ora che è finita la
scuola non avremo più l’opportunità di vederci!» spiegò salutando con un gesto
della mano una ragazza che passò lì vicino.
Ma
cosa diceva? Si conoscevano da almeno due anni e Sharon non si era mai
preoccupata di chiederle di uscire o, perlomeno, di salutarla.
«Sì, lo so cosa starai pensando. È solo che
mi sono resa conto ultimamente ti ho un po’ trascurata», - Cara, “ultimamente”?
Tu mi hai sempre trascurata- pensò
fra sé e sé Jessie «e mi dispiace, ecco... Vorrei passare più tempo con te,
quest’estate, se magari ti va...».
- Arrivi a sproposito, cara Sharon, con tutto
il tempo che avevi a disposizione proprio l’estate in cui sarei dovuta andare
da mia mamma dovevi scegliere? -.
Jessie maledisse mentalmente la madre che, per
una volta che aveva l’occasione di crearsi una vita sociale, arrivava a
strapparla dalla sua vita comune per portarla nell’unico luogo dove lei non
aveva intenzione di andare.
Sharon
era lì in piedi davanti a lei che la fissava con i suoi occhioni celesti,
attendendo paziente una risposta che tardava ad arrivare. Intanto si tormentava
le mani, fremente in attesa che Jessie parlasse. Davvero non capiva come mai
improvvisamente mostrava tanto interesse per lei.
«Mi dispiace, Sharon, ma passerò tutta
l’estate da mia mamma».
«Ah, capisco, pazienza...» rispose
leggermente delusa «Beh, magari mi dai comunque il tuo numero così possiamo
sentirci, che ne dici?».
Jessie
era impaziente di tornare a casa, avrebbe dovuto ispezionare l’intero armadio
per decidere cosa mettere e non mettere nelle valigie, e Sharon glielo impediva
fissandola insistentemente, cosa che la infastidiva e non poco. Così
velocemente le annotò su un foglietto il suo numero e imboccò rapidamente il
corridoio mentre l’ ”amica” sorrideva entusiasta.
* * *
«Ah! Finito finalmente!»
esclamò sospirando.
Jessie si distese sul letto fissando soddisfatta la colonna di
valigie e borse impilate in un angolo della camera, aveva fatto proprio un bel
lavoro.
«Complimenti, credevo che ti
saresti ridotta solo all’ultimo minuto a fare i bagagli» le disse Noah
sporgendo la testa dentro la stanza della sorella.
«Beh, più meno, e tu?
Scommetto che li hai preparati un secondo dopo che papà te l’ha detto» lo
canzonò alzando un sopracciglio.
«No, non un secondo dopo, ma
due...» rispose sorridendo.
Indietreggiò con l’intenzione di tornare in camera sua ma si fermò a
metà strada come se gli fosse venuta improvvisamente un’idea geniale.
«Senti, Jessie, che ne dici
di andare un’ultima volta al molo?» le domandò entusiasta.
Beh, non proprio l’ultima volta, fra tre mesi sarebbero tornati e ne
avrebbero avute molte altre di occasioni per andarci, e Jessie non vedeva già
l’ora di solcare la porta di casa dopo un’intera estate d’inferno con la madre.
«D’accordo, cinque secondi e
arrivo».
* * *
Mezzora dopo Jessie si
ritrovava seduta a gambe incrociate sul bordo della banchina in legno, con
affianco suo fratello che fissava trasognato l’orizzonte.
«Sai, un giorno mi comprerò
una barca e andrò al largo, così lontano da vedere intorno a me solo una grande
distesa d’acqua, così mi sentirò come se fossi l’unico al mondo e solo allora
avrò tutto il tempo che desidero per pensare» le rivelò estasiato mantenendo lo
sguardo sul tramonto.
Jessie lo scrutò interessata, nonostante il loro bel rapporto Noah
non le aveva mai confessato nulla, né dei suoi pensieri né dei suoi progetti
per il futuro. Solo ora si rendeva conto di quanto fosse bello suo fratello, i
suoi capelli biondo cenere gli ondeggiavano attorno al viso mossi dal vento
mentre gli coprivano quei suoi occhioni blu cosparsi di pagliuzze dorate,
impegnati a fissarsi intorno affascinati, come un bambino appena nato ansioso
di conoscere ciò che lo circondava.
«Mi porterai con te?» gli
domandò sporgendosi appena e allungandosi per toccare l’acqua.
«Certo, se tu lo vorrai, ti
porterò dovunque vuoi».
Quella risposta la sorprese e quando si voltò verso di lui lo trovò a
fissarla sorridendo.
D’istinto gli si buttò al collo pensando a quanto fosse fortunata ad
avere un fratello così dolce.
Non l’avesse mai fatto! Noah perse l’equilibrio e cercando di
riacquistarlo iniziò a scalciare nel vuoto, così facendo gli si sfilò una
Converse dal piede e partì in aria finendo... in mezzo all’acqua!
«Noah! La tua scarpa!»
esclamò ridendo Jessie puntando un dito in un punto indistinto in mezzo al
mare.
«Cavoli! Aiutami a
riprenderla!».
Jessie corse sulla spiaggia in cerca di un ramo da porgere al
fratello e, appena lo trovò, lo afferrò e tornò da Noah. Era quasi arrivata
quando accidentalmente inciampò in una trave e finì addosso al fratello che
scivolò e, con uno “splash” fragoroso, finì in acqua insieme alla sua scarpa.
«Jessie!» la rimproverò
afferrandosi alle assi del molo.
Lei intanto rideva come una matta accasciandosi a terra ma se fosse
stata più attenta si sarebbe accorta che Noah, issandosi sulle braccia, era
riuscito ad afferrarla per un polso e in breve la trascinò in mare insieme a
lui.
«Scemo!» le urlò ridendo e
schizzandolo con l’acqua.
«Hai iniziato tu!» le
rispose muovendo le braccia introno a sé per stare a galla.
«Non l’ho fatto apposta!
Piuttosto, cretino, corri a prendere la tua scarpa prima che finisca in fondo
al mare e un pesce la affitti credendola una casa!».
Lo sguardo di Noah si illuminò ricordandosene improvvisamente e
cominciò a guardarsi intorno in cerca della sua Converse.
Una volta a casa, appena aprirono la porta, il padre li guardò
inarcando un sopracciglio confuso.
«Ah, la pozza ve la pulite voi, eh!» chiarì
alzando le mani al cielo «Si può sapere che cosa avete fatto?».
Jessie presumeva alludesse ai vestiti fradici e ai capelli
gocciolanti, così, voltandosi verso il fratello scoppiò a ridere nuovamente.
- o - o - o -
Ringrazio chi ha messo la mia storia fra le preferite o fra le
ricordate, oppure chi semplicemente sta leggendo o ha degnato almeno di 5
minuti la mia storia ^_^
4lb1c0cc4: Grazie per aver
recensito :) comunque in questo capitolo ho fatto una breve descrizione di
Noah, ma poi andando avanti si scopriranno altri tratti di lui ^^ spero di non
averti deluso con questo capitolo! Ciao ciao e grazie ancora!
Ho
creato un blog dove potrete vedere i volti che ho scelto per i personaggi,
anche se è ancora in costruzione xD potete vederlo qui .
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 ***
3
Jessie
«Eccoci qui!» esclamò il padre
subito dopo aver chiuso la portiera.
Jessie non scese subito,
ma rimase seduta all’interno dell’autovettura a fissare la casa della madre
attraverso il finestrino. C’era da dire che non era per nulla male se non per
il colore bianco che con il tempo si era sgretolato. Aveva due piani e una
scaletta composta da due o tre gradini collegava il giardinetto, ok, solo
sabbia con qualche macchia di verde qua e là, a un porticato di vecchie travi
di legno cigolanti. Fece un lungo sospiro e uscì dalla macchina portando con sé
la sua valigia malandata e consumata.
«Samuel! Non vi aspettavo così presto!» esclamò
una donna scendendo velocemente gli scalini scricchiolanti.
Quella donna era sua madre, eppure Jessie
sembrava non convincersene, era così diversa, il suo viso era, se possibile,
più ossuto e scarno di quanto lo fosse in precedenza e delle rughette le si
erano formate sulla fronte e agli angoli della bocca e degli occhi, era più
magra, o almeno le sembrava fosse così, era da così tanto tempo che non la
vedeva.
«Oh, Noah! Come sei cresciuto!» esordì
gettandosi al suo collo con le lacrime agli occhi.
- Se, invece di scomparire per tutti questi
anni, fossi venuta a trovarci almeno una volta non l’avresti notata questa
differenza – pensò fra sé e sé Jessie.
«E tu, Jessie! Come sei diventata bella! Sei una
donna, oramai...!», si avvicinò a lei per baciarla su una guancia ma la figlia
l’allontanò con una mano e scosse la testa.
«Vado in camera mia» disse soltanto impassibile
avviandosi alla porta.
Non voleva parlare con la madre, lei aveva avuto tutto il tempo
che voleva e non le era mai importato, ora sarebbe stata Jessie a decidere se
voleva riallacciare i rapporti con lei.
«Mi dispiace, Mary, vedrai che con il tempo
cambierà idea» la confortò il padre appoggiandole una mano sulla spalla.
«Se lo dici tu» rispose sconsolata Mary Anne
seguendo con lo sguardo la figlia che, lentamente, entrava in casa.
Jessie salì al piano superiore e infilò la testa in un paio di
stanze per arrivare finalmente a quella che pareva potesse essere la sua.
Non era grandissima, diciamo che aveva le dimensioni giuste. Le
pareti erano di un azzurrino chiaro, molto soft, e il pavimento era in parquet
bianco, lucido, senza uno sfrego.
Si avviò al letto, uno stupendo matrimoniale in ferro battuto, con
le lenzuola azzurre e bianche.
Ci passò una mano sopra, fino ad arrivare alla testiera in ferro,
ne disegnò i contorni e si lasciò cadere sulle coperte, le accarezzò, erano
morbide e profumavano di lavanda.
Sospirò mentre vari momenti della sua infanzia le passavano per la
mente.
Ricordò quando con la madre si erano pitturate le mani con la
vernice e le avevano appoggiate sul muro della sua cameretta, mentre Noah, che
allora aveva 7 anni, se ne era andato indignato commentando che era una cosa da
bambinetti, così avevano colorato le pareti con le loro impronte multicolore.
In quel breve periodo in cui erano rimasti nella vecchia casa,
dopo che Mary Anne se ne era andata, Jessie aveva chiesto al padre se poteva
trasferire tutte le sue cose nella stanza degli ospiti, gli faceva male vedere
quelle pareti, si ricordava della madre che li aveva abbandonati, ma comunque
non aveva avuto il coraggio di ridipingere sul loro lavoro, per lei era come
l’unico contatto che aveva con la sua mamma.
Il padre aveva acconsentito, ma dopo un breve periodo si erano
trasferiti nella casetta sul mare.
Jessie affondò il viso nel cuscino soffocando le lacrime.
Sentii la porta aprirsi e successivamente lo scricchiolio delle
assi del letto sotto il peso della persona che le si era seduta affianco.
«Jessie...» le sussurrò il fratello sfiorandole
un braccio mentre il suo fiato caldo le accarezzava il collo.
Lei si voltò, si mise a sedere e lo abbracciò stringendolo a sé
mentre una lacrima le scivolava sul viso.
«Non voglio stare qua, Noah» gli disse tirando
su con il naso.
«E invece ci stai, anzi, ci staremo, ci
divertiremo, lo sai...» le rispose mettendosi a sedere a gambe incrociate.
Certo, lui era il solito ottimista, si sarebbe fatto un mucchio di
amici mentre lei sarebbe rimasta sola in casa, e quando glielo disse lui scosse
la testa sorridendo.
«Cosa dici? Bella come sei ti troverai un casino
di ragazzi attorno! Non avrai più tempo per me...» disse sconsolato alzando il
labbro inferiore abbassando lo sguardo.
«Ma va la! Sai perfettamente che non è vero, tu
sei l’unico ragazzo che voglio nella mia vita...».
Lui la guardò dolcemente e le accarezzò una guancia.
«Beh, si, forse dopo papà...» esclamò ridendo
attenta, in attesa di una sua reazione, l’aveva provocato apposta.
«Cos’hai detto?!» disse fingendosi offeso
spalancando la bocca «Stai attenta eh! La mia ira si scatenerà su di te finché
non mi pregerai in ginocchio!».
Detto questo si avventò su di lei e iniziò a farle il solletico,
un suo punto debole, finché lei infatti lo pregò di smetterla chiedendogli
scusa.
Così pensò che forse l’estate che si trovava davanti non sarebbe
stata poi così orrenda se l’avrebbe passata con il fratello.
- o – o – o –
Ringrazio come sempre chi mi ha messo, cioè, non me, ma la mia
storia, fra le preferite, fra quelle seguite, o chi la legge semplicemente xD
4lb1c0cc4:
sono contenta di non averti delusa! Grazie per aver recensito, credo di aver
capito quello che volevi dire riguardo a Noah e sono felice che, oddio ora non
so spiegarmi io >.<”, insomma che la descrizione che ho fatto su di lui
l’hai intesa in questa maniera perché era esattamente quello che volevo far
intendere! Comunque riguardo a Sharon beh sì, ci hai azzeccato, ma non so
neancora quando rientrerà nella storia... Spero continuerai a seguirmi! Ciau,
baci.
nana_86:
oh grazie mille per aver recensito! Certo, appena ho tempo mi fiondo a leggere
la tua storia, e adesso che finisce la scuola di tempo ne avrò a volontà
(yuppiii! ^_^)! Grazie ancora, baci.
giulla:
grazie per aver recensito! Oddio, veramente è morto? Povero, non lo sapevo! Era così bello! Beh mi documenterò
per sapere di cosa è morto. Grazie per le informazioni! Ciaooo, baci.
Ricordo il blog dove potrete vedere i
volti che ho scelto per i personaggi, che aggiornerò andando avanti con la
storia à qui . |
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