Il linguaggio della resa: Il Labirinto

di iosnio90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo primo ***
Capitolo 3: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 4: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 5: *** Capitolo quarto ***
Capitolo 6: *** Capitolo quinto ***
Capitolo 7: *** Capitolo sesto ***
Capitolo 8: *** Capitolo settimo ***
Capitolo 9: *** Capitolo ottavo ***
Capitolo 10: *** Capitolo nono ***
Capitolo 11: *** Capitolo decimo ***
Capitolo 12: *** Capitolo undicesimo ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodicesimo ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredicesimo ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordicesimo ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindicesimo ***
Capitolo 17: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Il Consiglio era ormai chiuso nella Sala delle Riunioni da quasi due ore e gli era stato detto di attendere fuori la loro decisione.
Non sapeva esattamente di cosa discutessero e neppure gliene importava poi tanto: gli avevano dato ascolto e sapeva che aveva fatto un buon lavoro a raccontare subito cosa gli era successo, anzi aveva fatto un < MERAVIGLIOSO QUANTO OPPORTUNO SERVIZIO A TUTTA LA COMUNITA’> a detta loro, ed era questo che importava veramente.
Però bisogna dire che la curiosità lo stava davvero divorando.
Insomma….cosa aveva di tanto speciale la sua storia?
Ripensandoci su lui stesso si era vergognato di essere corso subito ai piani alti a spifferare tutto perché quella non era che una stupida storia come tante altre e l’unico motivo che lo aveva spinto a raccontare ciò che aveva raccontato era stata la frustrazione per essere stato rifiutato a favore di quell’abominevole mostro.
Ma ricordava perfettamente che nella Grande Sala delle Udienze quando aveva detto il nome della ragazza si era levato un boato di voci e tutti, ma proprio tutti senza nessuna eccezione, avevano spalancato gli occhi dalla sorpresa e neppure cinque minuti dopo erano corsi a fargli i complimenti e avevano indetto la loro riunione straordinaria.
Ma cosa aveva di tanto speciale quella ragazza? Era una strega, ok….ma cos’altro c’era sotto?
A lui era sembrata una ragazza normale, come tante altre….si era a malapena accorto che fosse una strega.
Ricordava ancora perfettamente il momento in cui l’aveva vista.
Erano passati ben dieci giorni.
Lui se ne stava tranquillamente appoggiato ad un angolo di uno di quei palazzi antichi e lussuosi di Firenze, in Italia, e guardava i passanti con aria divertita.
Gli era sempre piaciuto osservare le persone. Credeva fermamente che si potesse intuire molto di una persona dal modo in cui cammina per strada e da come si relaziona con tutto quello che aveva intorno e naturalmente con gli altri passanti.
Così ogni volta che veniva spedito in missione in una terra straniera, passava la notte a svolgere i suoi doveri e il giorno lo trascorreva metà a letto a riposare e l’altra metà in giro a fissare chiunque gli capitasse a tiro.
Il giorno del fatidico incontro era un sabato mattina di giugno.
Il sole era alto nel cielo e soffiava un fresco venticello forte quanto bastava per staccare dagli alberi circostanti i petali dei fiori e posarli dolcemente sul suolo.
Aveva appena messo gli occhi su un albero lì accanto, quando sentì una risata allegra e cristallina provenire dall’altro lato della strada affollata.
Aguzzò gli occhi e vide che dalla porta girevole dell’hotel lì di fronte era appena uscita una giovane ragazza bellissima intenta a ridere e parlare al cellulare.
Restò lì a fissarla per qualche istante, senza perdere un solo movimento della creatura fantastica che aveva davanti.
Non appena notò che stava per riattaccare il cellulare, decise di avvicinarsi.
Era a soli pochi passi da lei , quando qualcosa lo bloccò lì dov’era.
- Impossibile - pensò, ma per essere più sicuro decise di controllare per bene e sondò con il suo Potere l’aura della ragazza.
Ma alla fine della sua indagine dovette arrendersi all’evidenza: quella che aveva dinanzi non era una ragazza qualunque, ma una strega.
 - Beh questo dovrebbe rendere le cose più facili tra noi, dopotutto tra simili…. - si disse sorridendo soddisfatto della notizia.
Adesso poteva avvicinarla senza nessuna remora e nessuno scrupolo.
Arrivò, svelto e disinvolto, ad un metro circa da lei che nel frattempo era intenta ad armeggiare con chissà che diavoleria nella sua borsa, quando un fattorino carico di valige uscì fuori e gliele mise di fianco mentre lei gli diceva: “Grazie”.
- Mmmh quindi sta partendo….chissà forse riesco a trattenerla - pensò squadrandola da capo a piedi con occhi ammirati.
“Siamo in partenza?” - cominciò lui.
“Si…” - rispose distrattamente lei.
Nemmeno un secondo dopo, però, lui la vide bloccare la sua ricerca frenetica nella borsa per sollevare lo sguardo e guardarlo con occhi interrogativi.
“Come…” - cominciò lei.
“Come ho fatto a capire che non sei italiana, ma americana?” - la interruppe lui.
“Sì, come hai fatto?” - le sorrise lei.
“Beh, ti ho sentita parlare al cellulare prima e ora hai risposto al fattorino e non in italiano!” - spiegò lui.
Lei scoppiò a ridere.
“Oddio, hai ragione….ed io che già avevo cominciato a credere che fossi una specie di maniaco che mi persegiutava…scusa!” - si giustificò la ragazza.
“Non preoccuparti, comunque non son un maniaco e anch’io sono americano….mi chiamo Ted Widson!” - disse lui.
“Ciao, io sono Bonnie McCullogh!” - rispose lei.
“Beh, ciao Bonnie…posso confidarti un segreto?” - chiese Ted.
“Sì certo!” - rispose lei con aria curiosa.
“Io…io so cosa sei, Bonnie!” - le sussurrò Ted abbassando il tono di voce.
“C-Cosa?” - chiese lei che aveva un aria più preoccupata che curiosa.
“Sì, so che sei una strega!” - le confessò lui.
“Aspetta, cosa hai detto?” - chiese lei che ora non era più preoccupata, ma visibilmente allarmata.
“Ascolta non c’è bisogno di preoccuparsi, io sono come te!” - le disse, allora, con aria disinvolta.
“Cioè?”.
“Cioè sono uno stregone!”.
Lei lo fissò un attimo, poi cominciò a rilassarsi e con un sorriso gli chiese: “Davvero?”.
“Sì, davvero, e devo dire che nonostante sia uno stregone non ho mai trovato le streghe particolarmente attraenti, fino ad oggi….trovo che tu sia bellissima Bonnie!” - le disse guardandola negli occhi.
“Oh, beh, grazie…” - rispose lei a disagio.
“Allora…che ne dici se rimandi la partenza e vieni con me a fare  un giro in centro? Ti prometto che se non troverai la mia compagnia di tuo gusto, ti accompagnerò di corsa all’aeroporto!” - propose Ted già sicuro di avere la vittoria in tasca.
“Mi dispiace, ma no!” - rispose lei con un’alzata di spalle.
“C-Come sarebbe no?” - chiese lui decisamente spiazzato.
“Sarebbe no…Vedi sono felice di aver conosciuto un’altra persona come me, visto che a parte mia nonna e una simpatica vecchina non ho mi conosciuto altre streghe o stregoni, ma da quello che mi sembra di intuire tu non sei venuto a parlarmi solo per conoscere un’altra persona simile a te e, forse, saresti venuto anche se non fossi stata una strega perché da quello che mi hai detto mi trovi bella. Ti assicuro, Ted, che sono lusingata, ma non posso venire con te!” - spiegò Bonnie.
“Ah….e potrei sapere il perché?” - chiese Ted offeso per il rifiuto.
“Beh perché non sono sola!” - rispose lei.
“No? E dove sarebbe questo tuo fantomatico accompagnatore, eh?” - chiese lui, ironico, mentre voltava la testa a destra e a sinistra con aria beffarda.
“Esattamente qui!” - tuonò, allora, una voce alle spalle della ragazza e dalla porta girevole Ted vide uscire un ragazzo pallido dai capelli e gli occhi neri che si avvicinò a Bonnie stringendola a sé posandole una mano sul fianco, mentre continuava a tenere quei due pozzi neri e minacciosi fissi su di lui.
“E sentiamo… tu chi saresti?” - chiese Ted dopo essersi ripreso dalla sorpresa: non credeva che nella vita di Bonnie ci fosse davvero un .
“Io sono Damon Salvatore! Ti consiglio di tenere bene a mente il mio nome e la mia faccia, perché ti assicuro che se solo osi cercare di nuovo Bonnie o se solo osi avvicinarti di nuovo a lei, la mia sarà l’ultima faccia che vedrai prima di morire!”.
“Ah, davvero?” - disse Ted prima di scoppiare a ridere.
- Ma senti un po’ questo….cosa crede di poter fare contro me e il mio Potere? - pensò continuando a ridere.
“Oh, ti assicuro che posso fare parecchio contro te e il tuo Potere” - disse l’altro facendo il verso ai suoi pensieri.
Ted rimase completamente di stucco, la risata gli morì in gola e si ritrovò a fissare quello sconosciuto così pieno si sé con gli occhi spalancati.
- Come è possibile? Come ha fatto? Sono più che sicuro di non aver aperto bocca, ma di averlo solo pensato - continuava a dire a sé stesso.
“A quanto pare il caro stregone usa il suo fantomatico Potere solo per sondare l’aura delle belle ragazze? Ma se posso darti un consiglio dovresti stare più in guardia altrimenti potresti avere delle spiacevoli soprese…..tipo me!” - disse lo sconosciuto con voce tagliente.
Ted, senza pensarci due volte, cominciò a sondare l’aura di quello lì, quando….
“Oddio!” - disse.
“Esatto!” - rispose Damon.
“Tu sei un vampiro!” - disse Ted.
“In tutto il mio splendore!” - fece Damon con un inchino.
Ted non poteva crederci.
Non si era mai accorto che un vampiro fosse proprio lì sotto i suoi occhi.
“Damon, forse è meglio se andiamo….” - fece Bonnie interrompendo i suoi pensieri.
“Aspetta! Tu lo sapevi?” - chiese Ted a Bonnie.
“Cosa?”.
“Come cosa? Che lui è un vampiro?”.
“Certo che lo sapevo!” - rispose decisa lei.
 - No, non può essere vero. Lei lo sa e non le importa? Beh…a meno che… - pensò e poi…
“Dì la verità….tu la stai influenzando, vero?” - disse questa volta rivolto al vampiro.
“No!” - fu Bonnie a rispondere.
“Ascolta, Bonnie, non metterti in mezzo, io lo faccio per il tuo bene!” - le disse Ted.
“Per il mio bene? Ma se neppure mi conosci! Si può sapere cosa vuoi da me? Le cose sono abbastanza semplici: io sono una strega, lui è un vampiro e ci amiamo. Punto. Fine della storia. E non capisco davvero cosa ti importa! Ora lasciaci in pace e sparisci da dove sei venuto! Guarda un po’ tu se un perfetto estraneo deve venire a dirmi cosa fare oppure no!” - gli urlò contro Bonnie.
“Bonnie, ma….” - cominciò Ted, completamente esterrefatto.
“Ehi…l’hai sentita, no? Sparisci!” - gli ordinò il vampiro.
Ted rimase lì dov’era ancora qualche secondo a fissarli, poi non ne potè più e all’ennesimo ringhio del vampiro, corse via.
Raccattò in fretta tutte le sua cose e tornò in America, nel suo regno magico ed inaccessibile e raccontò tutto al Consiglio.
Era ora eccolo lì, ad attendere.
Mentre lui era perso nei suoi ricordi era passata un’altra mezz’ora e stava veramente cominciando a stufarsi, ma all’improvviso la porta si aprì e venne fatto entrare.
La sala era totalmente al buio, fatta eccezione per la luce fioca proveniente dai quattro bracieri posti ai quattro lati della stanza e di quella proveniente dal braciere al centro del cerchio tracciato sul pavimento intorno al quale erano disposte le otto sedie su cui stavano i Consiglieri minori. A capo del cerchio, direttamente di fronte alla porta di entrata, c’erano i due troni dei Consiglieri superiori, posti un gradino più in alto rispetto agli altri.
Nel mondo magico i Consiglieri superiori erano una leggenda. Erano le streghe o gli stregoni più potenti di tutto il mondo e comandavano il mondo della magia fino alla loro morte.
Sin da quando era un bambino, Ted ricordava che i Consiglieri non erano cambiati. Avevano assunto il comando molto giovani e lo mantenevano ancora.
Erano due gemelli. Una strega e uno stregone. Discendevano direttamente dai druidi e questo era un enorme privilegio. Si chiamavano Samuel e Samia. Avevano circa sessant’anni. Samuel era alto, di bell’aspetto, con una leggera barba su cui si vedevano i segni della vecchiaia, gli occhi erano di un verde intenso, mentre i capelli erano ormai bianchi. Samia era solo un po’ più bassa del fratello, era una donna non bellissima, ma affascinante, anche i suoi occhi erano verdi, ma  a differenza del fratello manteneva ancora la sua folta capigliatura castana intatta.
Erano due esseri che incutevano un  timore reverenziale e prendevano molto sul serio il loro compito di Difensori e da molti anni difendevano con successo la magia dagli esseri oscuri come i licantropi, i fantasmi….i vampiri.
Ted non li aveva mai visti così da vicino.
“Ted vieni avanti!” - gli disse Samia, sorprendendolo per il fatto che conoscesse il suo nome.
“Sì!” - Ted avanzò e arrivato davanti ai loro troni, al centro del cerchio, si inginocchiò.
“Ted, abbiamo discusso a lungo della storia che ci hai raccontato e siamo fieri del lavoro che hai svolto!” - disse Samuel.
“Sì….ecco…grazie…ma che lavoro avrei svolto, scusate? Quel vampiro è ancora vivo!” - chiese timoroso Ted.
“Sì hai ragione, hai diritto ad una spiegazione. Vedi, Ted, a noi non importa tanto del vampiro quanto della ragazza. La stavamo cercando da tempo. Lei è l’ultima discendente di una famiglia di streghe molto potenti. Scorre sangue druido nelle sue vene, e tu sai bene che è un grande onore. E’ da molto tempo che quelle streghe ci hanno voltato le spalle e si sono nascoste da noi perché credevano che i nostri mezzi contro gli esseri oscuri fossero malvagi e dicevano che per tenere davvero la pace bisognava conviverci, ma ora, grazie a te, abbiamo ritrovato quella stirpe e non intendiamo lasciarcela sfuggire…..e qui entri in scena tu: dovrai portarla qui, Ted!” - disse Samuel.
“Certo, lo farò, ma con lei c’è il vampiro!”.
“Ottima obiezione! Sappiamo che lui non la lascerà, e sappiamo che tu ti sei accorto che è troppo potente per te. Quindi vogliamo aiutarti, giovane Ted, e ti daremo un mezzo per distruggere il vampiro Damon e separarlo dalla strega, un mezzo che farà in modo di dividerli per l’eternità e annullerà ogni loro tentativo di ritrovarsi.” - spiegò, questa volta, Samia.
“Quale mezzo?” - chiese Ted.
“Il labirinto” - rispose, tutto intorno, un coro di dieci voci.



NOTE:
Ciao a tutti e ben ritrovati!
Come promesso ad una settimana dalla fine della mia prima storia ecco postato il prologo della seconda parte spero che vi sia piaciuto e che continuerete a seguirmi.....Grazie a tutti....recensite, recensite, recensite....BACIONI....IOSNIO90!

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Capitolo 2
*** Capitolo primo ***


Capitolo primo

“Damon, sbrigati siamo in ritardo!”.
“Sì, sì…” - rispose la voce svogliata del vampiro dal piano di sopra.
- Certe volte è proprio insopportabile - pensava Bonnie che era lì nell’atrio ad aspettarlo da quasi mezz’ora.
Non riusciva davvero a capacitarsi del fastidio che Damon non si sforzava neppure di nasconderle ogni volta che si parlava di Stefan e degli altri, per non parlare di quelle sceneggiate da ritardatario incallito che Damon metteva su ogni volta che dovevano incontrarli….come se lei non sapesse che la sua era solo una finta e che di solito era puntuale come un orologio svizzero, anzi forse addirittura di più.
Eppure non poteva certo dire che li vedevano tutti i giorni.
Era passato molto tempo dall’ultima volta, anche se il tempo sembrava che fosse volato.
Era ormai trascorso un anno da “la notte dell’incubo”, come Bonnie chiamava la notte dello scontro con Chen.
Era da un anno che Lucas era andato via.
Era da un anno che la sua vita era cambiata.
Era da un anno che ne aveva cominciato una nuova di vita….con Damon.
Da quella notte erano praticamente inseparabili: non era riuscita a separarsi da Damon neppure per un paio d’ore di fila…erano troppe.
Stefan, Elena, Meredith e Matt avevano accettato da subito la cosa….beh forse non proprio da subito, a dire il vero c’erano voluti sei mesi di stretto controllo e vicinanza prima che gli altri, soprattutto Matt, capissero che Damon diceva sul serio quando diceva di amarla.
All’inizio l’idea di quei sei mesi di “esame” obbligatorio non era andata molto a genio a Damon, e per “non andata molto a genio” si intende che si era infuriato e aveva messo sottosopra l’intero pensionato, poi aveva preso a pugni Stefan, aveva inveito contro Meredith ed Elena, per non parlare di ciò che stava per fare a Matt se Bonnie stessa non glielo avesse impedito….ma alla fine aveva accettato < QUELL'ESAME IGNOBILE CHE MOSTRAVA LA LORO ABOMINEVOLE MANCANZA DI FIDUCIA > , per usare le parole esatte di Damon, e si era arreso.
Dopo quei sei mesi, tutti, addirittura Matt, diedero la loro…benedizione?…e li lasciarono stare.
Damon non se lo fece ripetere due volte e la trascinò in un giro veloce per l’intero continente europeo, per poi fermarsi per un mese intero e per la loro ultima tappa, in Italia, a Firenze, perché voleva che lei la vedesse.
Il periodo trascorso a Firenze fu fantastico.
Damon era sereno come Bonnie non lo aveva mai visto e si divertiva a portarla in giro e a raccontarle episodi avvenuti in questa o in quell’altra parte della città come solo lui poteva conoscerli e che nessuna guida poteva raccontarti.
Con lei era sempre impeccabile e quando Bonnie glielo fece notare lui le rispose che stava semplicemente seguendo una lista di caratteristiche che la maggior parte delle ragazze di cui aveva sondato la mente riteneva indispensabile per il loro fidanzato ideale.
In un primo momento Bonnie restò impressionata, poi gli disse che non ce ne era bisogno, ma lui le rispose: “Ok! Allora questo significa che posso anche saltare il punto cinque, cioè portarti a fare shopping!”.
Beh, a quel punto Bonnie non potè fare altro che saltargli al collo e dirgli quanto fosse contenta di quella lista.
Bisogna dire che durante lo shopping Damon era parecchio utile un po’ perché Bonnie non capiva un’acca di italiano, un po’ perché non era come gli altri ragazzi che si mettevano in un angolo e lasciavano fare tutto alle ragazze: lui si divertiva parecchio ad andare in giro tra gli scaffali, a sceglierle i vestiti da provare e Bonnie era più che convinta che gli sarebbe piaciuto parecchio anche aiutarla a provarli lui stesso, ma con tutte quelle commesse intorno…
Già, le commesse!
Se c’era stato un problema durante quel periodo meraviglioso erano state le commesse e le cameriere.
Mai che entrassero in un negozio o in un ristorante e a servirli fosse UN commesso o UN cameriere, no solo donne.
Se ne stavano lì come delle idiote a squadrare Damon dalla testa ai piedi e riservavano a lei occhiataccie a cui Bonnie rispondeva con degli sguardi truci in stile “se gli occhi potessero uccidere tu saresti già morta”.
Ma la sua più grande consolazione era che, ogni volta che si trovavano in una situazione del genere, Damon la stringeva a sé ancora più forte del solito e smetteva di guardarla di tanto in tanto solo per lanciare a quelle lì degli sguardi così indifferenti che avrebbero fatto vacillare l’autostima di chiunque.
Quelle ragazze andavano sempre via che erano quasi sul punto di piangere e Bonnie, anche se sapeva che avrebbe dovuto provare almeno un po’ di pena, proprio non ci riusciva e finiva con il sorridere tra sé soddisfatta.
La follia che si scatenava ogni volta che erano soli non era scemata nel tempo, anzi, se fosse possibile, era addirittura aumentata.
Bonnie continuava a sentire brividi lungo tutta la schiena ogni volta che Damon la sfiorava e continuava a perdersi in quel mare nero ogni volta che Damon la guardava.
Ogni mattina, appena sveglia, aveva preso l’abitudine di andare allo specchio, e rimaneva lì a guardarsi e ad accarezzarsi quei due piccoli segni alla base del collo che erano la prova tangibile e visibile di quel loro amore così grande, travolgente e totalizzante, fino a che Damon non si svegliava e le si avvicinava da dietro, abbracciandola dolcemente e baciandole delicatamente i due fori, poi la spalla ed infine lei, prima di ricordarle quanto lui l’amasse e avesse bisogno di lei.
Per Bonnie quelle parole così tenere sussurrate ogni mattina sulle sue labbra valevano ancora di più che per qualsiasi altra ragazza esistente al mondo, perché sapeva bene che Damon aveva sempre odiato profondamente tutte quelle romanticherie, anche se sembrava che con lei non le disdegnasse affatto.
Era passato quasi un mese da quando erano in Italia ed erano passati quasi sei mesi da quando erano partiti, per tutto quel tempo Bonnie aveva sentito quasi ogni giorno sia Elena che Meredith, ma solo da pochi giorni aveva cominciato a sentirne davvero la mancanza: non erano mai state divise così a lungo da che erano ragazzine.
Bonnie, però, non aveva il coraggio di dirlo a Damon perché aveva paura che lui potesse fraintendere e pensare che stare sola con lui non le piacesse, ma un giorno Damon la sorprese ancora una volta dicendole che da lì a due giorni avrebbero preso un aereo che li avrebbe riportati in America.
Solo allora Bonnie capì quanto Damon la comprendesse davvero: gli era bastato notare che le sue telefonate al giorno erano aumentate per frequenza e durata per capire che provava nostalgia, e l’aveva accontentata…ancora una volta.
Erano proprio sul punto di ripartire quando Bonnie, all’uscita del loro hotel, mentre Damon sistemava le ultime cose, aveva fatto un incontro che, se all’inizio le era sembrato fantastico, poi si rivelò un delusione.
Aveva incontrato un ragazzo, Ted, che l’aveva riconosciuta come strega e le aveva confessato di essere uno stregone.
Bonnie ne era rimasta piacevolmente colpita perchè era da tanto che desiderava conoscere qualcuno come lei.
Ma poi capì che non interessava a quel ragazzo come strega, ma come ragazza, e da lì era stata tutta una delusione.
Prima lui aveva cercato di rimorchiarla, poi si era offeso quando lei gli aveva detto che era impegnata ed infine aveva pensato che stesse mentendo e che con lei non ci fosse nessuno.
A quel punto era arrivato Damon, che nonostante sembrasse del tutto calmo, Bonnie sapeva che era parecchio incavolato.
Per finire, oltre alla delusione, Bonnie sia era pure infuriata quando quel perfetto sconosciuto molto maleducato, dopo aver capito che Damon era un vampiro, aveva cominciato a farneticare sul fatto che lei non sapesse cosa faceva e che il loro amore non era vero, ma Damon l’aveva influenzata.
A quel punto Bonnie era davvero esplosa: le si poteva dire qualsiasi cosa tranne che quello che lei provava per Damon fosse finto e che lui la stesse ingannando perché, chiunque li conoscesse davvero, sapeva che Damon non le avrebbe mai fatto una cosa del genere.
E dopo aver scacciato via quello lì erano partiti, ma l’umore di Bonnie fu pessimo per l’intero viaggio.
Tornò a sorridere solo quando arrivarono finalmente a Fell’s Church a notte fonda.
Andarono direttamente a casa di Bonnie, dove abitava sola ormai da un paio d’anni, dopo che tutti, anche sua sorella, si erano trasferiti in una città vicina, e lei crollò quasi subito sfinita per il viaggio.
Questo avveniva la notte prima.
Quando Bonnie si era svegliata era quasi sera e dopo una doccia e uno spuntino rapido era pronta per andare dagli altri, ma era lì, bloccata sull’uscio della porta, per via di quel vampiro che proprio non voleva smetterla di fare l’idiota.
“Ehi, guarda che ti ho sentito! Idiota a chi?” - le chiese Damon, scendendo lentamente le scale, atteggiandosi da offeso.
“A te! Avanti, Damon, è da sei mesi che non li vedo, mi sono mancati!” - si lamentò Bonnie sfoggiando quella sua espressione da “Bambi dopo aver perso la mamma” a cui Damon non sapeva resistere.
“E’ sleale, lo sai, streghetta!” - le disse guardandola negli occhi a pochi centimetri da lei.
“Lo so!” - rispose, gli fece una linguaccia e fece per andarsene, quando venne bloccata al polso da Damon, che nel frattempo l’aveva voltata di nuovo di fronte a lui e l’aveva messa con le spalle alla porta.
“Dove pensi di andare?” - le sussurrò in un orecchio.
“Da-Da-Dagli altri..”- balbettò Bonnie che già cominciava ad avvertire quella scarica elettrica sintomo della troppa vicinanza.
“E non posso convincerti in nessun modo a restare?” - continuò lui baciandole il piccolo incavo proprio alla base dell’orecchio.
“N-No” - rispose lei incerta.
“Neppure se…” - cominciò lui e finì baciandole il collo.
Le mani di Bonnie avevano cominciato a sudare, il suo battito ad accelerare e il suo respiro stava diventando affannato. Cominciava seriamente a pensare che forse poteva rimandare al giorno dopo l’incontro con i suoi amici, dopotutto aveva aspettato sei mesi interi…..ma…
- No, non posso farmi imbrogliare così! Damon sta giocando sporco nel tentativo di convincermi a non andare, ma io devo resistere…si, devo resistere… - pensò, ma nel frattempo si era avvicinata ancora di più a Damon.
- Oh, avanti, Bonnie, resisti! Non puoi dargliela vinta così facilmente, coraggio! - si ripeteva, ma ormai gli si era letteralmente avvinghiata.
- Oddio, come faccio? No, avanti Bonnie, apri gli occhi, respira e scostati! - e questa volta seguì i suoi stessi consigli, anche se controvoglia, bisogna ammetterlo.
Damon la guardò incuriosito e Bonnie sapeva bene il perché: lei non si era mai tirata indietro, mai.
“Ok! Adesso…andiamo!” - disse Bonnie con il tono di voce più deciso che riuscì a tirar fuori in quel momento.
“Andiamo?” - chiese lui ancora sbalordito.
“Sì, andiamo! Gli altri ci aspettano e io non ho nessuna intenzione di farmi corrompere da te!” - rispose lei.
“Ma io non volevo di certo corromperti!” - si difese lui con l’aria da falso ragazzo perbene.
“Sì, come no! Sappi che ormai li conosco i tuoi giochetti, abbiamo passato troppo tempo insieme da soli e tu li hai usati così tante volte che ormai non ci casco più. Forse dovresti aggiornare il tuo repertorio!” - rispose lei.
“Beh, allora potrei cominciare ad allenarmi subito” - le sorrise lui e fece per avvicinarsi di nuovo, ma questa volta Bonnie lo bloccò.
“Andiamo!” - gli disse guardandolo negli occhi.
Bonnie si voltò ad aprire la porta e lo sentì sbuffare alle sue spalle.
“Damon…!” - lo rimbrottò lei.
“Sai che c’è? E’ che sono veramente stufo dell’allegra compagnia dei boy-scout!” - disse lui.
“Beh! Sappi che nella mia vita sono davvero poche le persone che contano davvero e tra queste ci sono i miei mici, quindi…” - lasciò in sospeso lei.
“Quindi cosa?”.
“Quindi se prendi me, prendi l’intero pacchetto! Altrimenti….addio!” - finì Bonnie.
Damon stette lì a fissarla per qualche istante, poi le si avvicinò di colpo e la strinse a sé, baciandola.
Per Bonnie fu un bacio decisamente inaspettato, ma aveva imparato che con Damon non si sapeva mai davvero cosa c’era da aspettarsi, nulla era mai scontato a prevedibile, mai.
Infatti in quella situazione, in cui chiunque altro avrebbe semplicemente risposto a tono a quella finta minaccia, magari con altre prese in giro per continuare quella piccola scaramuccia oppure addirittura facendo finta di andarsene per farsi pregare di restare, lui l’aveva sorpresa baciandola, con quel bacio inaspettato, ma piacevole….decisamente molto, molto, ma molto piacevole.
Quando Damon si scostò, le sorrise e le prese una mano portandola fuori e chiudendo lui stesso la porta.
Bonnie lo guardò con espressione interrogativa, ma lui disse semplicemente, continuando a sorriderle e alzando gli occhi al cielo: “Andiamo, streghetta!”.



NOTE:
Ciao a tutti!
Un grazie infinite per come è stato accolto il prologo di questa seconda ff....spero che questo capitolo non vi abbia deluso, ma sapete com'è....l'azione non poteva partire da subito....dovevo raccontare cosa era successo dall'ultima volta e poi non mi andava di metterli subito nei casini di nuovo....poveretti meritano un pò di tranquillità ogni tanto, che ne dite?....
Recensite...recensite...recensite....BACIONI...IOSNIO90!

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Capitolo 3
*** Capitolo secondo ***


Capitolo secondo

Se poco più di un anno prima qualcuno gli avesse detto che sarebbe diventato completamente dipendente da una ragazza e per di più umana, Damon avrebbe di sicuro fatto a fettine quel qualcuno, e invece adesso si faceva abbindolare da una ventenne con gli occhi da cerbiatto.
- E’ incredibile come io mi faccia raggirare dalla mia piccola streghetta - pensava mentre l’auto sfrecciava tra le strade di Fell’s Church, e, di tanto in tanto, guardava Bonnie seduta sul sedile del passeggero assorta nei suoi pensieri.
Le era bastata una finta minaccia per spingerlo a farlo andare incontro, di sua volontà, alla peggiore di tutte le torture: una serata intera con “l’allegra fattoria degli animali”.
Per Damon nulla era peggio di suo fratello, i suoi amici e quella stupida cittadina che era riuscita a fare un’unica cosa decente: dare i natali al suo uccellino rosso.
Ma Damon ormai si era rassegnato da tempo al suo crudele destino: era riuscito a tenere Bonnie lontano da quel cumulo di spazzatura per sei mesi interi, ma sapeva bene che prima o poi avrebbe dovuto tornarci perché lei era troppo legata a quel posto e lui non poteva imporle di stare lontano dalla sua città o dai suoi amichetti sennò lei avrebbe sofferto e tutto a causa sua e questo era a dir poco inaccettabile.
Però doveva ammettere che quei sei mesi in giro per l’Europa da solo con lei erano stati il periodo migliore che avesse mai passato da sempre.
Una delle caratteristiche che più gli piacevano di Bonnie era il suo essere totalmente buffa in certe situazioni.
Ovunque lui la portasse lei se ne andava in giro con gli occhi spalancati girando furiosamente la testa a destra e a sinistra come per non perdersi nulla: beh…quella era una delle visioni più divertenti che Damon avesse mai visto.
In quei momenti Bonnie sembrava proprio una bambina, anche se lui sapeva più che bene che lei non lo era affatto. Quando erano da soli Bonnie diventava un’altra: una donna a tutti gli effetti tanto sicura di sé e sensuale da fargli perdere il controllo. Soltanto lui conosceva quel lato di Bonnie e aveva giurato a sé stesso che nessun altro l’avrebbe mai conosciuto.
Lei era sua. Fine della discussione.
Ed era esattamente con queste parole impresse nella mente che Damon cercava sempre di trattenersi dall’uccidere chiunque facesse dei pensieri non proprio casti su di lei.
Quel viaggio gli aveva fatto scoprire parecchie cose e tra queste c’era la gelosia per qualsiasi essere umano, animale o vegetale di sesso maschile che osasse posare il suo sguardo, anche casualmente, su Bonnie.
Non si era mai accorto davvero di quanti sguardi attirasse su di sé la streghetta solo passeggiando per strada. E da quello che aveva capito neppure lei se ne rendeva poi tanto conto.
Era anche vero che fino a quel momento l’aveva sempre vista in quel buco opprimente di Fell’s Church, dove gli unici esseri maschi degni di una qualche nota erano il suo caro fratellino e quel Mutt…e questo era un tutto dire!
Ma lì, in quelle città affollate era tutta un’altra storia.
Certo anche Bonnie si era dimostrata parecchio gelosa e questo lo lusingava, ma soprattutto si divertiva un casino a vederla stringere i pugni e lanciare sguardi minacciosi verso le povere mal capitate.
Se c’era una cosa che gli piaceva davvero in quelle situazioni era guardarle nella mente: ogni volta c’era un unico grido… “Sta alla larga, lui è mio!”.
Quella farse detta con così tanta sicurezza, anche se solo mentalmente, lo mandava letteralmente in estasi: non aveva mai pensato che gli sarebbe mai piaciuto così tanto appartenere a qualcuno!
I giorni con lei erano sempre così: un’altalena di sensazioni continue di cui non si stancava mai.
Si era persino scoperto capace di gesti e parole che credeva prerogativa di quegli sfigati smielati in stile santo Stefano.
Ma bisogna naturalmente tenere conto del fatto che lui era comunque Damon, quindi, sì, faceva cose tipo comprare fiori, regali, organizzare sorprese romantiche e via dicendo, ma ovviamente era tutto fatto con molto più stile di quanto quel cretino di suo fratello avrebbe mai potuto fare….dopotutto non era mica colpa sua, cosa poteva farci se era praticamente perfetto?!
Infine, però, il giorno della partenza era arrivato, Bonnie aveva cominciato a diventare irrequieta, così, anche se controvoglia, aveva organizzato tutto per il ritorno.
E sarebbe stato un viaggio fantastico, se l’umore di entrambi non fosse stato guastato da quel ridicolo stregone che aveva cercato di abbordare Bonnie: il ricordo della faccia da scemo di quello lì era ancora vivido, forse in un giorno particolarmente noioso l’avrebbe cercato e gliela avrebbe fatta pagare.
“Damon? Damon, ci sei?” - la voce di Bonnie interruppe i suoi pensieri.
“Sì, che c’è?”.
“Siamo quasi arrivati, non ti sembra l’ora di rallentare?” - gli fece notare lei.
Era così perso nei suoi ricordi che non si era neppure reso conto che erano quasi alla fine della corsa.
 - Beh, vecchio mio, la streghetta ti ha proprio in pugno! Stai pensando ad un omicidio solo perché un tizio le ha rivolto la parola! - si disse sorridendo e scuotendo la testa.
“A cosa pensavi?” - gli chiese Bonnie.
“A nulla!” - rispose Damon che ancora sogghignava.
“Oh, avanti dimmelo” - si lamentò lei mettendo il broncio.
- Cavoli, Damon, un po’ di dignità! Non puoi cedere ogni volta che fa quella faccetta triste - pensò e poi….
“E poi sarei io quello che corrompe l’altro, eh?” - le disse.
“Che significa?” - chiese lei.
“Significa che ogni volta che vuoi qualcosa da me sfoggi, senza alcun pudore direi, la tua faccina triste da cucciolo bastonato perché sai bene che io non resisto!” - spiegò lui mentre parcheggiava sul viale alle spalle del pensionato.
“Ah, beh, se la pensi così, allora non dirmi a cosa stavi pensando, va bene comunque!” - ribattè Bonnie e fece per scendere, ma Damon la bloccò.
“Ok, ok, se proprio lo vuoi sapere pensavo al periodo in Europa!” - confessò lui.
“Davvero? Pensa un po’….ci stavo pensando anch’io!” - disse entusiasta Bonnie.
“Beh, siamo proprio sulla stessa lunghezza d’onda!” - fece Damon.
“Già! Così pare!” - rispose Bonnie sorridendogli e piegando leggermente la testa di lato.
“Mmmmh, allora vediamo se capisci cosa voglio adesso!” - la sfidò Damon guardandola negli occhi e avvicinando il viso a quello di lei.
Non passarono neppure due secondi che Bonnie gli gettò le braccia al collo e lo baciò.
 - Eh già! La mia streghetta mi capisce all’istante - pensava compiaciuto Damon mentre stringeva a sé Bonnie per quanto l’abitacolo permettesse di fare.
Restarono persi l’uno nell’altra per minuti, ore, forse giorni…il tempo, come ogni volta, non importava….importavano solo loro due.
Ma, naturalmente, essendo a Fell’s Church, un rompiscatole doveva pure arrivare a rovinare tutto…ed eccolo lì, il santo fratellino che dalla finestra della sua stanza lanciava non-si-capiva-bene-cosa contro il parabrezza dell’auto per attirare l’attenzione.
“Damon, Bonnie avanti venite su!” - gridò Stefan.
Damon si allontanò da Bonnie sbuffando.
“Ma possibile che è sempre in mezzo?” - disse.
“Avanti, è solo in ansia perché vuole rivederci, andiamo!” - lo esortò Bonnie prima di scendere dall’auto.
Arrivati all’entrata del pensionato, Damon fermò Bonnie.
“Ehi, lo sai che sono qui solo perché mi ci hai costretto, vero?” - le chiese.
Bonnie semplicemente gli sorrise, lo afferrò per un braccio e lo trascinò su per le scale.

Erano passati sei mesi dall’ultima volta che li aveva visti, ma le cose non erano cambiate per niente.
Elena e Stefan sembravano sempre due colombi in amore e continuavano, come sempre, a dimenticarsi di tutto e di tutti soltanto guardandosi.
Matt era il solito, vecchio Matt. Diffidava ancora di Damon, ma se non l’avesse fatto probabilmente sarebbe finito il mondo, quindi….
Meredith, beh lei era sempre la sua cara sorella acquisita. Tra loro due c’era un legame particolare e nonostante volessero davvero bene ad Elena, il legame che univa Meredith a Bonnie era molto più forte di una semplice amicizia, era quasi un legame di sangue.
Bonnie aveva passato l’intera serata ad intervallare abbracci di gruppo con Elena e Meredith ad aneddoti sul suo viaggio con Damon, che se ne stava, come sempre, in disparte a fissarla e a glissare con frasi poco carine ogni tentativo di approccio di Stefan….ma cosa si poteva fare, lui era fatto così.
Quando ormai fuori era quasi del tutto buio, Stefan e Matt uscirono per andare a prendere la cena alle ragazze che erano particolarmente affamate e, mentre Damon fu spedito da Bonnie a recuperare dei regali che aveva preso per le sue amiche e che aveva lasciato a casa, Elena e Meredith cominciarono a tartassare la povera Bonnie di domande sull’unico argomento che a loro interessasse davvero: Damon.
“Bonnie, adesso possiamo parlare tranquille! Dì la verità…Damon ti ha fatto soffrire?” - le chiese premurosa Meredith.
“No”.
“Ti ha protetta?” - chiese, questa volta, Elena.
“Sì”.
“Si è comportato, anche solo una volta, da bastardo?” - Meredith.
“No”.
“Ha fatto il cascamorto con qualcun’altra?” - Elena.
“No, ragazze ve lo assicuro…Damon è perfetto!” - disse Bonnie sorridendo.
“Oddio, mi sa che l’ha influenzata!” - disse Elena a Meredith.
“Sì, lo credo anch’io” - rispose Meredith.
“Ragazze, ehi ascoltatemi, davvero, credetemi, Damon non mi ha influenzata! E dico sul serio quando dico che è un fidanzato perfetto. Pensate che per non sbagliare nulla ha addirittura fatto una lista di tutte le caratteristiche del principe azzurro secondo la maggior parte delle ragazze, e fa di tutto per attenervisi! Poi dovreste vedere come mette a tacere chiunque mi dia fastidio. Oppure come si preoccupa per me, pensate che è stato lui a capire che avevo nostalgia di voi e ad organizzare il viaggio di ritorno!” - disse orgogliosa Bonnie.
“Bonnie, ti rendi conto che questo è quasi impossibile da credere, vero?” - fece Elena.
“Sì, lo so, ma è la pura verità!” - ribattè Bonnie.
“Ed io ti credo! Solo….non ti fa infuriare il fatto che uccida per nutrirsi? Come fai a sopportarlo?” - le chiese seria Meredith.
“Lo sopporto perché non uccide più nessuno!” - rispose Bonnie.
“Cioè?” - chiese Elena.
“Beh ha cominciato a bere sangue in bottiglia, come dice lui….cioè fa come facevaLucas: beve sangue rubato alla banca del sangue! E un furto è molto più sopportabile di un assassinio!” - piegò Bonnie.
Elena e Meredith erano letteralmente stupite dal cambiamento di Damon e la conversazione continuò con Bonnie che faceva un monologo sulle fantastiche qualità di Damon, mentre Elena e Meredith la guardavano sorridendo e scuotendo leggermente la testa con affetto.
Poco dopo lo stesso Damon ricomparve seguito a ruota da Stefan e Matt.
Bonnie fu davvero felice di mettere qualcosa nello stomaco…non faceva un pasto decente da almeno due giorni.
Finita la cena, fu l’ora dei regali.
“Elena, Meredith, vi ho portato una cosa!” - esordì Bonnie e poi… “Stefan, Matt, scusate ma non ho proprio pensato a….” - concluse imbarazzata.
“Non preoccuparti Bonnie!” - le disse Stefan mentre Matt le sorrideva.
“Ok, allora aprite!” - disse Bonnie tornando a rivolgersi alle sue amiche e porgendo loro due scatole grandi con due fiocchi enormi.
“O mio…” - disse Elena una volta aperta la sua scatola.
“B-Bonnie…” - balbettò Meredith, ed era difficile far balbettare Meredith.
“Che ne dite? Ne ho prese tre uguali, ma di colori diversi….azzurra per Elena, viola per Meredith e….”.
“Nera per Bonnie!” - la interruppe Damon che le si era avvicinato e l’aveva abbracciata sorprendendola alle spalle.
“Già…vi piacciono?” - chiese Bonnie.
“Cosa sono?” - chiesero Matt e Stefan.
Allora Elena estrasse dalla sua scatola una camicia da notte di seta azzurra con i bordi in pizzo e le rifiniture argentate che, messa addosso, sarebbe arrivata al massimo sul ginocchio.
“Beh è…..” - cominciò Stefan con gli occhi spalancati.
“Un perfetto regalo di coppia!” - lo interrupe Damon.
“Ma che significa “regalo di coppia”? Sono un regalo per Elena, Meredith e me!” - ribattè Bonnie.
“Scusa, ma io non credo che siano solo per voi! Se non ricordo male chi ha beneficiato di più del tuo regalo a te stessa sono stato io, o sbaglio?” - le sussurrò Damon all’orecchio con un tono malizioso che certo non sfuggì a nessuno degli altri.
Bonnie ci pensò su e poi: “Ok, Damon ha ragione! Potete usarlo come regalo per voi stesse, ma come regalo di coppia funziona meglio!” - disse.
Tutti fissarono tutti per qualche istante e poi scoppiarono a ridere come pazzi,tutti tranne Damon,ovviamente che a quanto pare preferiva strene lì a baciale il collo.
A Bonnie era mancata davvero quella atmosfera...anche se non vedeva l’ora di tornare a casa per stare con Damon e il loro “regalo di coppia”.



NOTE:
Ciao a tutti e scusate per l'assenza prolungata! Impegni vari!
Comunque in questo capitolo, come nel primo, è tutto molto tranquillo, ho preferito attenermi ancora un pò alle "scene tranquille di vita quotidiana",come dice giustamente Ila_D, e poi questo capitolo mi serviva per far ritornare nella storia tutti gli altri e, naturalmente, per far dire a Damon cosa pensava di tutta questa storia con Bonnie.
Nei prossimi capitoli tornerò a parlere dei "cattivi" e a lasciare la parola a Ted, ma la vera azione comincerà verso il quinto, sesto capitolo e durerà fino alla fine, quindi godetevi queste altre poche scene tranquille perchè vi assicuro che non ce ne saranno più così tante e che, per motivi relativi alla trama che ho in mente, Damon e Bonnie resteranno divisi per un bel pezzo, quindi...*_*
Grazie a tutti per le recensioni, ma mi raccomando, continuate! Recensite, recensite, recensite....BACIONI...IOSNIO90!

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Capitolo 4
*** Capitolo terzo ***


Capitolo terzo

Erano passati quattro giorni dalla riunione del Consiglio e adesso era pronto per la partenza.
I quattro giorni erano stati il tempo necessario ad apprendere ogni cosa sulla gestione del labirinto, anche se a dire il vero ne erano bastati solo tre perché il primo giorno lo aveva passato ad auto-convincersi del fatto che i Consiglieri superiori gli avevano dimostrato davvero così tanta fiducia da lasciargli usare il labirinto.
Il labirinto….Ted non poteva ancora crederci…
In pochi avevano avuto il permesso di utilizzare il labirinto e quei pochi erano sempre stati scelti con cura tra quell’esigua cerchia di coloro che avevano le abilità per poterlo governare.
Nonostante Ted avesse molta fiducia nel suo Potere, sapeva da sempre che non era forte abbastanza per avere un così grande onore, e invece….
Quei giorni di addestramento erano stati unici. Aveva sempre sentito mille storie e leggende fantastiche sul labirinto, ma solo adesso si era reso conto che tutte quelle storie non narravano nulla del vero Potere di quello strumento magico.
Il labirinto non era un luogo fisico, come tutti credevano, ma una proiezione mentale dello stregone o della strega che lo utilizzava.
Era formato da cunicoli stretti e vie larghissime che si avvolgevano a spirale fino a raggiungere, non un’uscita dall’altro lato, come ci si aspetta dai soliti labirinti, ma una piattaforma, al centro esatto del labirinto, su cui c’era l’essere magico che lo aveva evocato.
Coloro che venivano intrappolati al suo interno, prima di arrivare al centro, se mai ci arrivano, dovevano superare prove su prove.
All’interno del labirinto prendevano vita tutti gli incubi peggiori di chi lo attraversava, per non parlare di tutti quegli esseri che già lo infestavano.
Ma la cosa che lasciava davvero senza fiato, era il fatto che il labirinto, non solo portava in vita i mostri dell’infanzia di cui si ha il terrore e che ci restano dentro anche da adulti, ma portava in vita anche gli avvenimenti che non avremmo mai voluto vedere, i sentimenti che non avremmo mai voluto provare, le paure più recondite della nostra anima, e ce li sbatteva in faccia distruggendoci completamente.
Ed era su questo strabiliante Potere che tutti facevano affidamento per portare la strega Bonnie dalla loro parte: se la sua più grande paura era essere abbandonata da quel lurido vampiro, bene…allora il labirinto l’avrebbe fatta sentire abbandonata da quel lurido vampiro! E se l’unica cosa che poteva tenere lontano il vampiro dalla strega era sentirsi dire da lei che non lo amava, bene…allora il labirinto gli avrebbe fatto sentire da lei non lo amava.

Erano passate appena due settimane da quando erano ritornati a Fell’s Church e Bonnie era già lì lì per dire a Damon di rifare le valige ed andarsene lontano da tutti.
Era incredibile quanto avesse ragione Damon a dire che i suoi amici erano dei guastafeste ficcanaso.
- Ed io che gli ho sempre dato torto… - si ripeteva sospirando.
Ma dopotutto era vero che, da quando erano tornati, non avevano avuto un attimo di tregua.
Mai che potessero stare da soli dieci minuti di fila che puntualmente arrivava un sms da uno degli altri, e se non rispondevano all’sms allora arrivava una chiamata sul suo cellulare da parte di un altro dei suoi amici, e se non rispondevano neppure a quella allora ecco arrivare una e-mail da un altro ancora, fino a che non cominciavano a lanciare messaggi telepatici a lei o a Damon e a quel punto l’atmosfera era rovinata e dopo neppure un quarto d’ora lei veniva rapita da quelle che aveva sempre considerato delle amiche e portata a fare shopping, o a fare un pic-nic, o al cinema, o in un altro luogo qualsiasi lontano da Damon.
Per non parlare del fatto che Elena e Meredith, con l’appoggio di Matt, avevano riscoperto la passione per le serate tra ragazze e i pigiama party.
Bonnie era proprio stufa, ma come al solito le sue proteste non servivano a nulla visto che non la ascoltavano neppure.
Damon nel frattempo diventava sempre più irritabile nonostante lei cercasse di calmarlo, fino a che due sere prima, dopo l’ennesima interruzione, si era definitivamente rotto le scatole di questa situazione e se ne era andato.
Bonnie si era arrabbiata davvero con le sue amiche e con i ragazzi solo quando Damon non si era fatto vedere il giorno dopo, nè quello dopo ancora.
Lei sapeva bene dove fosse…nell’Old Wood, dove sennò?…ma non aveva mai un secondo di pace per andare a cercarlo.
Bonnie cominciava ad avvertire che, forse, questa volta, la sua paura che lui la lasciasse, la sua più grande paura, era sul punto di avverarsi.
Doveva fare qualcosa, subito!

Damon se ne stava seduto su uno dei rami più grossi della quercia che più gli piaceva, nell’Old Wood, a sfregarsi le mani e a vagliare uno per uno tutti i modi con cui avrebbe potuto uccidere quel suo maledettissimo fratellino.
In quei giorni avevano litigato più del solito per quel piano idiota che lui e la sua intera banda di dementi avevano messo su ai danni della privacy sua e della sua streghetta.
Quindi era più che ovvio che meritasse la morte.
- E poi, così, prenderei due piccioni con una fava: se il caro Stefanuccio muore i suoi soci saranno troppo impegnati a piangerlo per rompere ancora le scatole a me e a Bonnie - pensava con un sorriso compiaciuto sulle labbra, quando un rumore dal suolo attirò la sua attenzione.
- Beh, a quanto pare l’ora fatale è arrivata prima di quanto pensassi! - pensò e con un solo balzo scese dall’albero per ritrovarsi a qualche metro da Stefan.
“Fratellino, che onore! Sai che stavo proprio pensando a te? Anzi stavo giusto per venire a cercarti per ucciderti, ma a quanto pare mi vuoi risparmiare la fatica di arrivare fin lì. Grazie!” - disse Damon sarcastico.
Quando vide che Stefan non rispondeva e rimaneva semplicemente lì a fissarlo, pensò che forse se la stava facendo addosso dalla paura e gli si avvicinò per chiedergli se il gatto gli avesse mangiato la lingua, ma non appena si soffermò più a lungo con lo sguardo sul viso di Stefan capì che era vero che suo fratello aveva paura, ma non per se stesso e questo significava che qualcosa non andava e, se si era arrischiato ad andare da lui sapendo quanto fosse fuori di sé dopo tutte le liti e le minacce di morte che gli aveva fatto in quei giorni, questo significava che era successo qualcosa a…
“Stefan, che è successo a Bonnie? Parla!” - il suo tono era furioso.
“Damon…io…” - balbettò Stefan.
“Parla!” - gli ripetè Damon.
“Ecco…lei sta male! Non so cos’abbia…non riesco a capirlo, nessuno di noi ci riesce. Si è sentita male all’improvviso mentre era nella mia stanza con Elena e Meredith e ha perso i sensi. Poco dopo è rinvenuta e volevamo portarla da un medico, ma ha detto che non sarebbe andata da nessuna parte senza di te, così sono venuto a cercarti! Non credo sia niente di grave, però…!” - Stefan finì di spiegare e abbassò lo sguardo.
“Muoviti!” - ordinò Damon che nel frattempo aveva già cominciato a correre.

Bonnie era distesa sul letto di Stefan e teneva gli occhi chiusi mentre Elena, Meredith e Matt intorno a lei cercavano di ricordare cosa avesse mangiato che, forse, aveva potuto farle male.
Erano angosciati e Bonnie lo sapeva. Nell’ultima mezz’ora aveva combattuto con tutta se stessa il desiderio di confessare ogni cosa, ma poi, anche se si sentiva terribilmente crudele a far stare in ansia i suoi amici, ricordava il suo obiettivo e si rincuorava…era una cosa che andava fatta! Punto!
Passarono altri pochi minuti e la porta si aprì.
Nemmeno un secondo dopo una mano fredda le si posò sulla fronte.
Aprì di scatto gli occhi e sorrise ad un Damon stravolto.
- Oddio, anche lui si sarà preoccupato…a questo non avevo pensato! Beh…dovrò dargli una spiegazione come a tutti, ma prima…” - si disse e poi gettò le braccia al collo a Damon e lo baciò con tutta se stessa.
Era da due giorni che non sentiva il sapore delle labbra di Damon sulle sue e adesso si sentiva come una bambina in un negozio di caramelle tutto a sua disposizione.
Damon si scostò da lei e la guardò accigliato.
“Bonnie, ma tu stai bene!” - le disse.
“Già!” - rispose lei con aria colpevole.
“Aspetta un attimo, streghetta! Dì la verità…era tutta una finta!” - fece lui.
“Si!”.
“E si può sapere perché lo hai fatto?” - chiese Damon.
“Beh, perché volevo stare con te!” - rispose Bonnie con un’alzata di spalle, poi.. “Non sei arrabbiato,vero?” - aggiunse.
“Sì,invece! Sono parecchio arrabbiato! Mi sono preoccupato, io!” - le rispose lui con astio.
“Ok, sì, scusa! Ma adesso mi perdoni?” - gli disse e sfoderò la sua occhiata da cucciolo picchiato a sangue a cui, come aveva confessato la stesso Damon, lui non sapeva resistere.
Lui la guardò e poi sospirò addolcendo lo sguardo.
“Sei sleale, ma sì, ti perdono! Dopotutto come posso non perdonarti e non apprezzare il fatto che tu, la dolce e pura Bonnie, sei ricorsa a giochetti subdoli e crudeli solo per riavermi con te. Anzi, sai che c’è? Ti faccio i complimenti: azione degna del sottoscrtitto…ci hai messo tutti nel sacco!” - le rispose orgoglioso Damon.
“Ehi, aspettate! Bonnie vorremmo una spiegazione!” - si intromise Elena, mentre gli altri si limitavano a guardarla e a fare di sì con la testa.
“Sentite…dovete scusarmi, lo so che vi siete preoccupati, ma ve lo meritavate!” - disse Bonnie scendendo dal letto.
“Senti, senti…come sarebbe che ce lo meritavamo?” - ribattè Elena.
“Sì, perché, se proprio devo dirvelo…avete rotto!” - controbattè Bonnie.
“Ok..e potrei sapere perché? Cosa abbiamo fatto? Guarda che sto cominciando ad arrabbiarmi, Bonnie!” - disse decisa Elena.
“Tu ti arrabbi? Ed io allora? E Damon?…Da quando siamo tornati non ci avete dato un attimo di tregua, sempre in mezzo ai piedi! Scusa, ma non mi sembra che noi abbiamo mai fatto così con te e Stefan! Lo so che vi preoccupate per me, ma, da quanto ricordo, voi avete già avuto i vostri sei mesi di prova per tenerci sott’occhio. Se sapevo che l’esame sarebbe continuato, avrei dato retta a Damon e sarei ripartita subito!” - disse d’un fiato Bonnie.
Tutti tacquero per diversi minuti abbassando gli occhi a terra, tranne Damon che fissava Bonnie ancora più orgoglioso di prima.
“Hai ragione, Bonnie, scusaci!” - la prima a parlare fu Elena.
“Vedi, Bonnie, è che con Damon….sì, insomma, nonostante quello che dici tu a noi non sembra che sia cambiato così tanto e siamo preoccupati!” - disse Matt.
“Sì, Matt, l’ho capito che siete preoccupati, ma non ne avete ragione. Credi davvero che vi mentirei se lui non mi trattasse a dovere? Sapete quanta paura io avevo di lui, se adesso non ne ho più un motivo ci sarà!” - rispose Bonnie.
“Beh…l’amore fa fare cose strane!” - ribattè Matt.
“Matt sei mio amico eppure mi credi così stupida?” - chiese Bonnie.
“No, non hai capito…non era questo il senso…” - balbettò il ragazzo.
“Invece, sì! Era proprio questo il senso!” - ribattè Bonnie.
“Ok, ma….Bonnie devi promettermi che non rivedrai più Damon di notte, da sola!” - rispose Matt cercando di cambiare argomento, ma scegliendo l’argomento sbagliato.
Meredith, Elena e Stefan si voltarono a guardarlo.
Damon gli ringhiò contro facendolo indietreggiare.
Mentre Bonnie lo guardò sconcertata e gli disse: “Come? Potresti ripetere?”.
“Hai sentito! Prometti e ti lasceremo stare!” - ribadì Matt.
“Fratello sapevi qualcosa di questa assurdità?” - chiese Damon a Stefan.
“Aspetta, Damon, voglio capire!” - lo interruppe Bonnie e poi..
“Spiegati meglio Matt…perché non dovrei vedere il ragazzo che amo di notte?” - chiese all’amico.
“Puoi rivederlo di notte, ma non da sola!” - sentenziò Matt con quel suo fare protettivo che, se prima le faceva piacere, adesso la stava mandando in bestia.
“Ok! E perché?” - chiese Bonnie.
“Beh…perché lui potrebbe costringerti a fare…insomma..certe cose che alla tua età…” - cominciò Matt, ma Bonnie lo interruppe.
“Aspetta un attimo! Punto primo: quanti anni credi che io abbia? Cinque?…Punto secondo: dimmi che non mi stai davvero vietando di con il mio ragazzo, perché questa sarebbe pura follia!…Punto terzo: avete davvero organizzato tutto questo casino solo per questo? Ma che vi è preso?” - finì Bonnie rivolgendosi a tutti.
“Beh…no…noi eravamo solo in pensiero per te, Bonnie! Abbiamo sentito come parlavi di Damon e poi abbiamo visto i segni sul collo senza che tu facessi nulla per nasconderli, e abbiamo pensato che forse volevi farci capire che Damon ti obbligava a…..beh, ora capisco quanto siamo stati scemi!” - disse Elena.
“Sì, lo siete stati! Tutto quello che vi ho raccontato su Damon è vero e so bene di avere questi segni e la ragione per cui non mi preoccupo di coprirli, almeno quando sono con voi, è perché ne vado fiera…per me sono come il segno visibile del mio amore per Damon….io stessa gli dico di non richiuderli, perché mi piace guardarli soprattutto quando siamo divisi! E in questi giorni li ho guardati parecchio a causa vostra!” - disse Bonnie con un sorriso.
“Hai ragione! E scusaci di nuovo…soprattutto scusa me: non avrei dovuto dar retta ad Elena e Matt, ma hanno fatto leva sul senso quasi materno che ho sempre nutrito per te!” - questa volta fu Meredith a parlare e Bonnie non potè fare a meno di abbracciarla.
“Sì, concordo con Meredith!” - fece Stefan, mentre Elena e Matt se ne stavano fermi a testa bassa.
“Ok! Vi perdono! Adesso però basta con le vostre paranoie, ok? Elena? Matt?” - fece Bonnie e i due annuirono sorridendole.
“Ok! Ora che è tutto risolto potremmo stare tutti insieme qui! Cosa ne dite?” - propose Elena che aveva ritrovato improvvisamente il sorriso.
“No, scusate, ma in questo preciso istante io sarei intenzionato a rapire Bonnie….sapete abbiamo un bel po’ da recuperare!” - si intromise Damon lanciando un’occhiata carica di significato verso il povero Matt.
“Ma….” - cominciò Elena che subito venne bloccata da uno sguardo a dir poco minaccioso da parte di Damon e Bonnie.
“Ok! Scusate, avete ragione! Che volete farci è l’abitudine!” - disse scoppiando a ridere.
“Bene! Fratellino, so che tu sei un totale rammollito buono a nulla, ma saresti in grado di bloccare sul nascere un’altra iniziativa idiota come questa, se mai dovessero riprovarci? Perché, sai com’è, questa volta sono stato piuttosto calmo, ma la prossima volta potrebbe finire male!” - disse Damon guardando tutti con quel suo sorriso beffardo che non presagiva mai nulla di buono.
“Ok, adesso cosa ne dici di andarcene e di smettere di minacciare i nostri amici?” - gli disse Bonnie guardandolo negli occhi.
“I NOSTRI amici? Vorrai dire i TUOI amici?” - rispose lui.
“No, voglio dire esattamente quello che ho detto!” - ribattè Bonnie.
“Io amico di questi qui? Numero uno: io non ho amici!….Numero due: neanche morto!” - fece Damon.
“Tu sei già morto!” - rispose Bonnie.
“Appunto!” controbattè Damon.
Bonnie gli sorrise e alzò gli occhi cielo.
- Non cambierà mai! E’ testardo come un mulo! - pensò poi scuotendo la testa.
“Già! Ma sono più carino!” - le sussurrò Damon all’orecchio.
Neppure un secondo dopo Bonnie si sentì afferrare da Damon. Riuscì appena a dire < ciao > , che si ritrovò al piano di sotto e poi in strada.

Bonnie e Damon non potevano di certo sapere che, a chilometri da lì, qualcun altro aveva seguito tutta la discussione.
Ted era nella Grande Sala delle Udienze dove, da qualche giorno, da una sfera magica, osservava la vita della giovane strega.
- Ridi pure, Bonnie! Goditi questi ultimi attimi di felicità, perché stanno per finire! - pensò e una risata crudele squarciò il silenzio nell’enorme stanza vuota.



NOTE:
Ciao a tutti!
Grazie mille per le recensioni al secondo capitolo....siete dei grandi!
Comunque...ecco postato un nuovo capitolo...per così dire...di gruppo. Anche se come avete visto ci sono novità dal fronte nemico.
Ormai i guai sono vicini e alla mia coppia "regina di cuori" *_* restano davvero pochi attimi di tranquillità...
Recensite....recensite...recensite....BACIONI...IOSNIO90!

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Capitolo 5
*** Capitolo quarto ***


Capitolo quarto

“Allora, Ted…è tutto pronto? Ti senti all’altezza?” - la voce di Samuel risuonò alta e decisa.
“Sì, signore! Sono sicuro che la missione sarà un successo!” - rispose Ted con un inchino.
“Bene! Allora buon viaggio giovane stregone! Riponiamo molta fiducia in te e spero non la tradirai!” - fece Samia alle spalle del fratello.
“Questa missione è diversa da tutte quelle che hai affrontato finora, ma sei stato ben addestrato e il labirinto ti sarà di enorme aiuto. Stai per affrontare il viaggio da solo, ma sai bene che in battaglia non sarai lasciato a te stesso…noi veglieremo su di te! Ora vai!” - disse Samuel.
“Sì, e grazie ancora per la fiducia accordatami, vi giuro che non vi deluderò!” - rispose Ted e si avviò verso le Porte del regno magico.

Damon l’aveva caricata in spalla e adesso stava correndo ad una velocità impressionante.
Bonnie si rese conto di dove erano solo quando all’improvviso Damon spiccò un salto di almeno cinque metri e si fermò lì in alto, armeggiò con qualcosa e due secondi dopo la rimise a terra: erano nella sua stanza.
“Potevi usare la porta!” - lo rimproverò mentre si reggeva alla scrivania cercando di riprendere fiato.
“Sì, ma così è più divertente!” - le rispose lui che se ne stava fermo accanto alla finestra a fissarla.
“Smettila!” - fece Bonnie.
“Di fare cosa, se non mi sono mosso?” - rispose Damon sogghignando.
“Appunto! Fai quello che ti pare, ma smettila di fissarmi!” - rispose lei voltandosi e alzando lo sguardo ad incontrare quello del vampiro.
“Non ti ho vista per due giorni!” - si giustificò lui.
“E allora? Non sono poi così diversa!” - ribattè lei.
“Invece sì! Voi umani cambiate di secondo in secondo e neppure ve ne accorgete! E poi è stato così divertente osservarti per l’intera serata che non capisco proprio perché dovrei smettere di farlo adesso!” - controbattè Damon inclinando leggermente la testa di lato, sorridendo e aguzzando lo sguardo.
“Che vuoi dire?” - chiese Bonnie incuriosita.
“Beh…due giorni lontano da me e mi diventi una piccola tigre, streghetta! Non ti avevo mai visto così agguerrita!” - la provocò Damon.
“Guarda che lo avrei fatto comunque! Non credere che sia dipeso tutto dal fatto che te ne eri andato a causa loro: non sei mica così indispensabile!” - rispose Bonnie voltandosi e dirigendosi a testa alta verso la porta decisa a lasciarlo lì come uno stoccafisso.
Quella serra si sentiva davvero una tigre: voleva averle vinte tutte e non avrebbe ceduto alla provocazioni di Damon.
Ormai era sicura di aver raggiunto il suo intento, ma si rese presto conto che Damon non era il tipo da lasciar perdere così facilmente: lei lo aveva provocato e lui stava rispondendo.
Aveva appena aperto la porta quando una mano alle sue spalle la richiuse di scatto e un’altra mano la imprigionò con il viso rivolto al muro: Damon era alle sue spalle e lo spazio per muoversi era davvero poco.
“Ah no? Io non sarei indispensabile?” - le sussurrò Damon sulla nuca prima di baciarle il collo, immergere il viso tra i suoi capelli e inspirarne il profumo.
In quel momento tutta la risoluzione di Bonnie stava andando a farsi friggere: voleva solo cedere.
Ma no…non lo avrebbe fatto! Non importava che l’unica cosa che volesse era abbandonarsi a Damon, non importava il desiderio che prendeva vita dalle sue viscere e cresceva divampando come un incendio dentro di lei, non importava la passione repressa che le stava urlando di essere lasciata libera…no…non importava, almeno non per il momento….ci sarebbe stato tempo dopo, adesso voleva solo farlo impazzire così come lei era impazzita quando lui era andato via: doveva pagarla!
Bonnie trasse un respiro profondo e si voltò lentamente verso Damon, per quanto il poco spazio a sua disposizione le permettesse di fare. Si ritrovò faccia a faccia con il vampiro che la fissava senza perdere nessuno dei suoi movimenti, poi si appoggiò con la schiena al muro che aveva alle sue spalle e con voce sicura disse: “No! Non sei indispensabile!”
Damon sgranò gli occhi un momento, ma poi tornò subito a farsi circospetto.
- Ha qualcosa in mente - pensò Bonnie.
“Va bene! Allora io me ne vado!” - fece Damon allontanandosi da lei e avviandosi verso la finestra.
- E questo sarebbe il suo piano? Far finta di andarsene per farsi pregare di restare? No! Questa volta non funzionerà! - si disse Bonnie.
Continuò a guardarlo avanzare verso la finestra finchè non fu a soli pochi centimetri da questa e poi lo fermò.
“Aspetta!” - disse.
Damon si voltò lentamente, sorridendo.
“Cosa? Hai cambiato idea?” - le chiese.
Lei lo fissò per un minuto e poi disse: “No! Volevo solo ricordarti che uno di questi giorni dovresti venire a prendere la tua roba, sai…quella del viaggio…è ancora giù in salotto!”.
Bonnie sorrise e rimise la mano sulla maniglia della porta pronta ad aprirla.
“Ehi, un attimo! Cosa hai detto?” - chiese Damon e questa volta la sua voce era tutt’altro che controllata.
- Bene! - pensò Bonnie sorridendo a se stessa, poi si voltò.
“Mi hai sentito! Le tue cose sono ancora di sotto ed io domani dovrei rimettere un po’ in ordine, quindi…” - non finì neppure di parlare che si ritrovò costretta di nuovo tra la parete e Damon.
“Dici sul serio?” - le chiese lui tenendola per le spalle.
“Sì, certo!” - rispose lei.
“Davvero non mi vuoi qui?” - chiese lui improvvisamente dubbioso.
“Non sono io che non ti voglio, sei tu che non vuoi starci!” - rispose lei.
Lui la guardò fisso negli occhi per qualche attimo e poi rise.
“Perché ridi?” - chiese lei.
“Tu mi stai prendendo in giro! Vuoi farmela pagare perché me ne sono andato!” - rispose Damon allontanandosi da lei di qualche passo e sedendosi sul bordo del letto.
Bonnie scrollò semplicemente le spalle e con voce chiara gli disse: “Così la prossima volta impari!”.
“La mia tenera streghetta….vieni qui!” - le disse facendole segno di sedersi accanto a lui.
Lei, invece, lo guardò e rispose: “No! Io adesso vado a farmi un bagno e tu te ne stai buono qui! Capito?”.
Damon alzò gli occhi al cielo e si buttò sul letto, mentre Bonnie uscì dalla camera e si avviò verso il bagno sorridendo e pensando che a volte non fare quella sempre buona, sincera e tranquilla era divertente.

Damon era disteso sul letto di Bonnie con le braccia incrociate dietro la testa da circa due ore ormai.
Sentiva provenire dal bagno la sua voce che canticchiava una melodia di sua invenzione, ma estremamente tenera, accompagnata dal profumo del bagnoschiuma alla fragola che riempiva l’acqua in cui Bonnie era immersa.
Era un profumo dolce, ma allo stesso tempo sensuale: più che adatto per la sua streghetta.
- Incredibile! Stava quasi per farmela! Ma dopotutto se ci penso è ovvio….ha imparato dal migliore! - pensò Damon con un sorriso compiaciuto.
Quella streghetta era davvero cresciuta parecchio: quella sera aveva difeso entrambi andando contro quei suoi amichetti così idioti da crederla ancora una bambina….
- Com’è che ha detto Mutt? < CERTE COSE ALLA TUA ETA' > ?…..Ma per favore…. - pensò Damon digrignando i denti perchè era sempre più convito che quel cretinetto biondo avrebbe tanto voluto che Bonnie, la sua Bonnie, < certe cose > le facesse con lui.
- E invece no, stupido idiota! Lei è mia! - Damon strinse in due pugni le mani, che cominciavano a prudergli sul serio per la voglia matta che aveva di spaccare quel brutto muso di quel brutto imbecille di Mutt, e cercò di calmarsi ascoltando il battito del cuore del suo uccellino nell’altra stanza consapevole che lei sarebbe arrivata a momenti e a quel punto non voleva di certo rovinare l’atmosfera pensando a quel piccolo, lurido umano.
All’improvviso un rumore di passi, poi una serratura che veniva aperta e una porta che veniva spalancata….
Inutile dire che a quel rumore tutta l’ira di Damon era scomparsa: ora aveva cose decisamente più interessanti da fare.
“Finalmente!” - disse sorridendo e voltando la testa.
Bonnie se ne stava appoggiata allo stipite della porta con le mani dietro la schiena, era appena uscita dalla vasca e aveva addosso solo l’asciugamano, mentre i capelli erano raccolti in uno chignon tenuto fermo da un fermaglio.
Era bellissima come una Venere e la sua bellezza era messa ancora più in evidenza dalla chiara luce della luna piena che entrava dalla finestra rischiarando la stanza buia come fosse giorno.
Damon si alzò dal letto e in un istante fu di fronte a lei.
Guardandola negli occhi le mise una mano su un fianco e con l’altra le sfilò il fermaglio lasciando che quella cascata di boccoli rossi le ricadesse libera sulle spalle.
Poi la strinse a sé e la baciò. Cominciò sfiorandole appena le labbra con baci leggeri, ma man mano la passione cominciò a prendere il sopravvento su entrambi.
Bonnie gli infilò una mano tra i capelli e con l’altra gli accarezzava la nuca, mentre il bacio diventava sempre più frenetico e coinvolgente.
Il desiderio divampò come una fiamma viva avvolgendoli e imprigionandoli nella sua morsa.
Ancora persi in quel bacio si liberarono degli abiti di Damon e dell’asciugamano di Bonnie che erano decisamente di troppo.
Bonnie si sedette sul letto e guardandolo negli occhi cominciò ad indietreggiare verso la testiera, si fermò solo quando i cuscini alle sue spalle le impedirono di continuare, e fu in quel momento che Damon le afferrò i fianchi, l’attirò verso di sé e la prese.
Fecero l’amore con foga, con ardore, come se fosse l’ultima notte della loro vita insieme, e quando i denti di Damon affondarono nel collo di Bonnie portandoli entrambi al culmine della passione, allora capirono quanto avessero davvero bisogno l’uno dell’altra per sopravvivere.

Il mattino seguente Bonnie si svegliò euforica. Era ancora tra le braccia di Damon e questo le bastava per essere felice, ma era il pensiero della notte appena trascorsa a renderla euforica.
Sciogliendosi delicatamente dall’abbraccio di Damon, scese dal letto e andò verso lo specchio. Si spostò i capelli da un lato e prese ad accarezzarsi i due fori alla base del collo.
Passarono appena pochi minuti e Damon si alzò. Andò ad abbracciarla stringendola a sé allacciandole le mani sul ventre e le baciò i due piccoli segni soffermandosi, poi, a guardarla allo specchio con la testa appoggiata alla sua spalla.
“Si stavano richiudendo” - le sussurrò.
“Lo so! Tu non c’eri!” - gli rispose Bonnie.
“Non succederà più!” - e a quella promessa Bonnie si voltò verso Damon e lo baciò.
“Ne sono sicura!” - gli disse sorridendo.
“Ti amo streghetta! Ho bisogno di te per vivere!” - le sussurrò Damon sulle labbra prima di tornare dolcemente a baciarla.
Era tornato tutto come prima e lui era tornato a ripeterle quella frase, per altri banale, ma per lei importantissima, che aveva segnato l’inizio di ogni giornata perfetta trascorsa con Damon.

Poco lontano da lì, al centro esatto dell’Old Wood, una Porta magica si apriva lasciando uscire Ted.
Ormai era a Fell’s Church e il gioco stava per cominciare.




NOTE:
Ciao a tutti!
Grazie per le recensioni, sono contenta che anche questa seconda parte della mia storia vi stia piacendo!
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto...
Prima di cominciare con la vera azione mi sembrava doveroso dedicare un capitolo intero alla nostra cara coppia, che ne dite?
Grazie ancora a tutti! Recensite...recensite...recensite....BACIONI...IOSNIO90!

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Capitolo 6
*** Capitolo quinto ***


Capitolo quinto

Fell’s Church.
Quando Ted aveva scoperto che la strega era lì, che era sempre stata lì, a portata di mano, ci era rimasto di stucco.
Samuel e Samia gli avevano più volte detto quanto quella strega fosse importante e quanto fosse necessario che tornasse nel regno magico.
Gli antenati dei McCullough erano potenti streghe e stregoni che avevano per primi guidato la rivolta contro il sistema di idee che regnava allora e che continuava a regnare anche adesso all’interno del regno.
Sostenendo che bisognava trovare un modo pacifico per rapportarsi alle creature oscure e abbandonare la violenza, avevano scatenato una vera rivoluzione. Mai nessuno aveva osato dire o anche solo pensare una cosa del genere e loro invece lo avevano fatto con tutta tranquillità e, quando non erano stati ascoltati, avevano rinunciato alla vita pacifica che da sempre conducevano per convertire altre potenti famiglie al loro modo di pensare del tutto innovativo, e avevano dato battaglia.
Molti erano morti sia da un lato che dall’altro e, senza trovare una vera soluzione, alla fine le famiglie ribelli abbandonarono il mondo magico senza neppure voltarsi indietro e si confusero nel mondo umano.
I Consiglieri di allora avevano dato fondo a tutte le loro energie e a tutti i loro poteri per trovarli e costringerli a tornare, ma senza nessun successo: i fuggitivi avevano studiato a lungo il mondo degli umani e vi si erano adattati così facilmente e così bene che era quasi impossibile scovarli e provare a localizzarli tramite l’identificazione del loro potere era inutile poiché il potere di ogni essere magico ha una certa impronta diversa da quella di chiunque altro, un po’ come le impronte digitali, e i capi delle famiglie dei fuggiaschi erano stati così furbi da schermare il loro potere e quello dei loro protetti per poi insegnare loro a modificare questa impronta nota solo a loro stessi.
Inoltre non tutti gli essere magici facevano parte del regno e molti addirittura non ne avevano mai sentito parlare.
Poi c’erano gli umani: tutti hanno un proprio potere intrinseco e in alcuni è così accentuato da essere scambiato con quello di una strega o di uno stregone.
In definitiva, ricercare i disertori era stata solo una gran perdita di tempo e di risorse.
Con il passare degli anni la ricerca si attenuò, fino a che gli animi non si placarono del tutto e in molti cominciarono a dimenticare.
La ricerca finì.
Ma il Consiglio non aveva dimenticato e nei secoli aveva continuato a tramandarsi questa storia e a sperare che un giorno avrebbero finalmente avute delle notizie, avrebbero finalmente trovato un discendente e lo avrebbero finalmente ricondotto a loro, non perché ne avessero realmente bisogno, ma perché volevano la loro vendetta: tutti quei traditori li avevano abbandonati e disprezzati, loro si sarebbero vendicati riprendendo, anche con la forza e a qualsiasi costo, i discendenti di quelle famiglie per dimostrare che avevano sempre avuto ragione e che nessuno poteva mettersi contro di loro perché presto o tardi loro avrebbero comunque dimostrato di essere superiori.
Questa occasione era stata lui ad offrirla, Ted, e senza neppure rendersene conto.
Ma da quando aveva saputo tutto, si sentiva fiero di sé stesso e orgoglioso: avrebbe fatto di tutto per portare a termine la cosa con successo e poi sarebbe diventato un eroe.
Tornando a Fell’Church….
Beh, ne avevano tutti sentito parlare parecchio ed era stata oggetto di molte discussioni.
Anche se aveva l’aspetto di una piccola ed insignificante cittadina di provincia piena di gente ignobile e per niente degna di nota, Fell’Church era uno dei posti più potenti e pericolosi che avesse mai visto.
Da qualche anno aveva cominciato la sua scalata verso i gradini più alti della piramide dei posti da evitare e giorno dopo giorno, mese dopo mese era riuscita ad arrivare ai primi scalini.
Era attraversata da così tante linee energetiche che cercare di capirci qualcosa era impossibile.
In più, attirava mostri di ogni genere: negli anni si erano susseguiti vampiri più o meno potenti, licantropi, demoni, tutti attirati da quell’immenso potere come api sul miele.
Il Consiglio naturalmente era al corrente di tutto e aveva discusso a lungo su come comportarsi.
Alla fine decisero.
Tutti si aspettavano di andare in battaglia, ma il Consiglio intimò a tutti di restare alla larga da quel posto.
Ted, come molti altri, aveva trovato inaccettabile l’idea di non fare nulla contro tutte quelle creature oscure presenti in quella zona tanto da essere così arditi da chiedere spiegazioni.
Samuel e Samia furono comprensivi e spiegarono tutto con una chiarezza tale che alla fine tutti, compreso lui stesso, capirono quanto avessero ragione a lasciar correre.
La loro era una semplice tattica: se due dei tuoi più grandi e pericolosi nemici si fanno la guerra è inutile intervenire. Non appena ti vedrebbero dimenticherebbero all’istante le loro divergenze e si unirebbero per sconfiggere il loro nemico comune, cioè te. Ma se tu li lasci fare, lasci che combattano tra di loro, alla fine otterrai un risultato ottimo senza il minimo sforzo. Insomma, se iniziano a combattere alla fine uno dei due, o addirittura entrambi, morirebbe, mentre se anche uno restasse in vita, dopo quello scontro sarebbe così stremato da diventare per te una facile preda. Ed ecco che hai preso due piccioni belli grossi con una fava piccolissima.
Il fatto, poi, che in quella cittadina le lotte fra mostri fossero continue era ancora meglio: gli esseri oscuri si uccidevano l’un l’altro, e gli esseri magici se ne stavano seduti in poltrona a guardare lo spettacolo senza muovere un muscolo.
In quegli anni, così, erano sempre stati tutti talmente convinti che non dovessero preoccuparsi di quell’infelice luogo, che alla fine era uscito dai loro pensieri.
E invece….guarda un po’ cosa si scopre?
Che la strega era sempre stata lì e che loro non ci avevano mai fatto caso: erano sempre stati troppo concentrati sui mostri che infestavano quella cittadina per pensare davvero a chi vi abitasse.
Ma in fondo, pensandoci bene, quale posto migliore per la strega?
- E’ piuttosto ovvio che stia in un posto del genere per avere quel vampiro intorno, avrei dovuto pensarci subito! - pensava Ted mentre la Porta magica alle sue spalle si richiudeva.
Era nell’Old Wood.
Aveva scelto il posto proprio perché sapeva che era il più carico di Potere in tutta la zona, quindi era ovvio che il suo labirinto germogliasse lì.
Si guardò intorno con aria curiosa, come faceva ogni volta che arrivava in un posto nuovo.
La varietà di persone e ambienti che vedeva in ogni sua missione nel mondo umano era sempre in grado di sconvolgerlo.
Girava la testa a destra e a sinistra, posando lo sguardo ora su quell’albero ora su quell’altro e la bocca gli si spalancò per lo stupore.
Era un luogo incantevole, ma allo stesso tempo malvagio.
Ted lo avvertiva forte e chiaro. Era come se intorno a lui tutto gridasse  < PERICOLO >, ma era esaltante.
- Eh, già! Scelta ottima - si complimentò con se stesso con un mezzo sorriso sulle labbra.
Aveva una voglia matta di restare lì e di scoprire tutti gli angoli più nascosti di quel luogo così misterioso, ma aveva altro da fare e lo sapeva.
Era il momento di sbrigarsi.

Era mattino presto, ma il sole era già alto nel cielo.
L’aria era fresca e gli uccelli fuori cantavano. Era la mattina ideale.
Stefan si alzò piano dal divano per non svegliare nessuno: la sera precedente, dopo la discussine con Bonnie, Matt e Meredith erano restati con Elena a parlare fino a notte fonda, alla fine erano così stanchi che avevano quasi cominciato a parlare ad occhi chiusi, così lui aveva proposto loro di restare lì, e mentre lui dormiva sul divano e Matt su una poltrona, entrambi recuperati da altre stanze proprio per l’occasione, Meredith ed Elena avevano diviso il letto.
Andò alla finestra e guardò fuori, ripensando alla sera prima.
Bonnie aveva davvero messo paura a tutti.
Era diventata potente anche senza volerlo, forse il Potere nelle streghe aumentava comunque negli anni anche senza che queste si esercitassero o ne facessero particolare uso, comunque fatto sta che Bonnie era riuscita a coprire alla grande il suo bluff.
Inoltre era cambiata. Anche se Elena, Matt e forse anche Meredith non volevano ammetterlo e continuavano a vederla come la piccolina di casa, Bonnie era cresciuta, era sbocciata, aveva acquisito maggior sicurezza in se stessa e tutto da quando stava con suo fratello.
Ma anche Damon, dal canto suo, era cambiato.
All’inizio avevano tutti grossi dubbi su quanto Damon amasse Bonnie e conoscendo il soggetto erano dubbi più che giustificati, ma Stefan lo aveva visto diventare diverso sotto i suoi occhi. Lo aveva visto aprirsi, lo aveva visto preoccuparsi per qualcun altro più che per se stesso, lo aveva visto innamorarsi per davvero e, doveva ammettere che quel nuovo Damon gli piaceva.
Persino nei suoi confronti sembrava diverso e questo lo divertiva.
Damon continuava a prenderlo in giro e ad insultarlo, certo, ma ora Stefan aveva come l’impressione che non lo facesse più per ferirlo, ma semplicemente perché era diventata una sorta di abitudine, era il suo modo bizzarro di rapportasi a lui e Stefan ormai ci si era talmente abituato che, nei sei mesi in cui Damon era stato lontano con Bonnie, ne aveva quasi sentito la mancanza.
All’improvviso sentì una risatina alle sue spalle e si voltò per trovare Elena seduta a gambe incrociate sul letto che lo fissava sorridendo.
Era così perso nei suoi pensieri che non si era reso conto che si fosse svegliata.
“Buongiorno!” - la salutò.
“Buongiorno a te!” - rispose lei.
“Non mi ero accorto che eri sveglia!” - le confessò.
“L’ho notato! A cosa pensavi?” - gli chiese Elena.
“A Bonnie e a Damon e a quanto siano cambiati entrambi” - le disse Stefan.
“Sì, credo che tu abbia ragione e credo che sia ora che noi altri cominciamo a fidarci di Damon, almeno riguardo a come si comporta con Bonnie…non le farebbe mai del male!” - disse Elena.
“No, Non lo farebbe mai!” - le rispose Stefan a conferma delle sue parole.
“Stefan, ascolta, tu credi che…” - cominciò Elena, ma Stefan la zittì con un segno della mano.
“Shh! Aspetta!” - le disse Stefan all’improvviso preoccupato.
“Che succede?” - gli chiese Elena spaventata.
“Ho sentito qualcosa! Sveglia gli altri! Subito!” - le ordinò e con la coda dell’occhio vide che lei aveva ubbidito.
Nel giro di pochi minuti sia Matt che Meredith erano svegli: sapevano che Stefan, per quanto potesse essere costantemente preoccupato e protettivo, non si mobilitava mai se non avvertiva qualcosa che lo mettesse davvero sull’attenti, e quando capitava di solito aveva sempre ragione.
Stefan, nel frattempo, aveva continuato a guardare fuori dalla finestra in attesa di non capiva bene che cosa, ma all’improvviso lo vide.
Era un ragazzo. Sembrava un ragazzo comunissimo se si toglieva il fatto che avanzava con passo sicuro verso il pensionato senza curarsi della strada e delle poche auto che passavano a quell’ora, ma tenendo lo sguardo fisso su di lui.
Emanava Potere. E non era di certo venuto lì per una visita di cortesia.
Stefan stava per saltare dalla finestra, quando lo sconosciuto gli fece segno di restare dov’era.
Poi scomparve e in un attimo, senza capire come, Stefan se lo ritrovò in camera.
“Chi sei?” - gli chiese.
“Ted” - rispose l’altro.
“Cosa sei?”.
“Uno stregone!”.
“Cosa vuoi?”.
“Molte cose!”.
“Dimmelo!”- lo incalzò Stefan. Non aveva mai conosciuto uno stregone e la cosa non gli piaceva.
“La strega e il vampiro, l’altro vampiro!” - rispose Ted.
“Bonnie e Damon?” - chiese Stefan.
“Non mi interessano per niente i loro nomi!” - rispose sincero l’altro.
“Cosa vuoi da loro?” - chiese.
“Ho una missione da portare a termine!”.
“Chi te l’ha affidata?”.
“Non sono affari tuoi!”.
“In cosa consiste?”.
“Uccidere lui e rapire lei!” - rispose lo stregone con un sorriso.
“Cosa? Non ci riuscirai mai!” - Stefan cominciava a perdere la pazienza.
“Tu dici?”.
“Loro non sono qui, ma tu questo lo sapevi, giusto? Quindi perché sei qui?” - gli chiese Stefan.
“Beh, perché non posso permettere che voi mi roviniate i piani! Ho osservato la vita della strega da lontano e devo dire che voi state un po’ troppo tra le scatole, quindi devo sistemarvi, ma non preoccupatevi non vi ucciderò!” - rispose Ted.
“No?” - chiese Stefan scettico.
“No! Io non uccido gli umani, ma solo le creature oscure!” - spiegò Ted.
“Quindi ti limiterai ad uccidere me!” - disse Stefan.
“Esatto! Ma non adesso, ora, come ho già detto, devo occuparmi della strega e dell’altro vampiro, voi nel frattempo dovete dormire….” - disse abbassando il tono della voce.
Stefan voleva controbattere o almeno avvertire Damon, ma proprio non ci riusciva.
Ted continuava a parlare, a dire chissà cosa in una strana lingua, ma il torpore improvviso che lo aveva preso non gli permetteva di capire molto.
Intono a lui Matt, Meredith ed Elena erano caduti sul pavimento addormentati, e sentiva che presto gli sarebbe successo lo stesso.
Ted parlava, parlava, parlava…
Gli occhi si chiudevano e il buio aumentava, aumentava e aumentava ancora.
Poi all’improvviso la luce sparì del tutto.

Bonnie se ne stava accoccolata tra le braccia di Damon, sull’altalena alle spalle della casa.
La mattina era bellissima e il vento soffiava leggero, ma fresco e costante.
Si sentiva felice, sentiva di avere tutto ciò che desiderava, con Damon lì.
“Grazie streghetta, so bene di essere il sogno di qualsiasi ragazza, un desiderio costante e appagante!” - le disse lui divertito.
“Scemo!” - rispose lei sorridendo.
Lui le mise una mano sotto il mento e le girò la testa.
In un attimo le loro labbra si incontrarono in un bacio tenero, ma carico di significato.
Si scostarono dolcemente e lui le sorrise, ma all’improvviso si irrigidì.
Nello stesso istante una persona alle loro spalle cominciò ad applaudire.
“Ma che scenetta romantica!” - disse una voce che a Bonnie non suonava del tutto nuova.
“Tu!” - ruggì Damon e quando Bonnie si voltò lo vide.
Era Ted. Quello stregone incontrato a Firenze. Cosa voleva?
“Già, io!” - rispose Ted al ringhio di Damon.
“Cosa vuoi?” - gli chiese Damon.
“Oggi mi fanno tutti la stessa domanda! Anche quell’altro vampiro mi ha chiesto cosa volevo!” - disse Ted.
“Cosa hai fatto a mio fratello?” - ringhiò Damon alzandosi e tenendo con sé Bonnie stretta tra le braccia.
“Quindi quello lì sarebbe tuo fratello? Comunque, per il momento non gli ho fatto nulla, non mi hanno mandato qui per lui, ma per voi!” - rispose Ted.
“Chi ti ha mandato?”.
“Il Consiglio dei dieci Difensori del regno magico, lo conosci?” - fece Ted.
“Ne ho sentito parlare!” - rispose Damon.
Consiglio? Difensori? Regno magico? Bonnie non ci capiva più niente.
“Cosa volete?” - si decise a chiedere allo stregone.
“Mi hanno mandato ad uccidere il tuo lurido vampiro e a prendere te per riportarti tra le creature magiche come noi, dove tu dovresti stare!” - spiegò Ted.
“Non voglio! E nessuno farà male a Damon!” - rispose lei risoluta.
“Oh ma la tua opinione non conta! Vuoi o non vuoi è questo che succederà, rassegnati!”.
“Dovrai passare sul mio cadavere!” - tuonò minaccioso Damon.
“Cosa che ho intenzione di fare! Ma voglio proporvi un patto!” - fece Ted.
“Cosa?” - chiese Damon.
“Voi due venite con me in quell’ incantevole posto che chiamate Old Wood dove io vi sottoporrò ad una prova che dovrete affrontare, se riuscite a superarla allora probabilmente tu mi ucciderai e voi sarete liberi….vi và?” - propose Ted.
“Cosa mi impedisce di non ucciderti subito?” - chiese Damon.
“Il fatto che se lo fai i vostri cari amichetti e tuo fratello non si riprenderanno mai dal mio incantesimo e moriranno. Vedi, gli ho lanciato un incantesimo per farli dormire che più o meno funziona così: se io muoio, loro mi seguono nel sonno eterno, intesi?” - disse Ted.
Damon si immobilizzò.
Bonnie si sentiva persa, aveva appena trovato la vera felicità ed ora ecco che arrivava un altro pericolo a minarla.
Ma lei avrebbe lottato, non avrebbe più permesso al destino o a chicchessia di accanirsi, avrebbe lottato e avrebbe vinto.
“Va bene! Veniamo con te!” - disse rivolta a Ted.
“Bonnie…” - la richiamò Damon.
“Damon non abbiamo scelta! Facciamo quello che ci chiede, affrontiamo questa prova, vedrai che la supereremo perché io non sono disposta a perderti e il nostro amore è troppo forte, poi gli facciamo sciogliere l’incantesimo sugli altri e dopo giuro che ti darò una mano ad ucciderlo!” - disse tutto d’un fiato.
Damon si limitò ad annuire.
“Bene! Facci strada!” - disse a Ted.
“Seguitemi!” - rispose lo stregone con uno strano ghigno.
Bonnie non sapeva davvero in che guaio si stava cacciando.



NOTE:
Ciao a tutti! Grazie per le recensioni al capitolo precedente!
E' bello sapere di avere dei lettori affezionati *_* *_*
Comunque come vedete Ted è arrivato, si è sbarazzato degli altri e sta attirando i nostri due eroi nella sua trappola!
Cosa succederà? Non posso dirvelo! Mi limiterò a dire che prestissimo sia Bonnie che Damon avrenno a che fare con il famoso labirinto e non sarà un'esperienza piacevole.
Grazie ancora! Recensite...recensite...recensite...BACIONI...IOSNIO90!

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Capitolo 7
*** Capitolo sesto ***


Capitolo sesto

In un attimo tutta la scena intorno a loro era cambiata.
Erano ancora alle spalle di casa sua, Bonnie lo sapeva, ma nello stesso tempo non erano più lì, o almeno non ci sarebbero rimasti ancora per molto.
Non appena Ted aveva smesso di parlare una sorta di muro enorme fatto interamente di vento era comparso alle sue spalle e li aveva avvolti tutti e tre.
Si era formato una sorta di uragano immobile e loro erano al centro esatto.
Bonnie non sapeva davvero cosa pensare: era quella la magia? Poteva farlo anche lei? Era giusto farlo? La magia era un bene oppure un male? Lei l’aveva sempre considerata un castigo, ma se fosse un dono?
Aveva mille domande nella testa e a nessuna sapeva dare una spiegazione coerente.
Sapeva che da quel momento in poi avrebbe dovuto affrontare chissà cosa per restare con Damon e questo la spaventava da morire, ma allo stesso tempo vedere la magia all’opera l’affascinava pur sapendo che era sbagliato, che era proprio a causa di quella magia che stava per succedere qualcosa di orribile.
Si sentiva terribilmente in colpa.
“Non devi!” - le sussurrò Damon che la teneva ancora stretta e continuava a tenere lo sguardo fisso sullo stregone.
“Non devo cosa?” - chiese lei.
“Non devi sentirti in colpa! E’ ovvio che la magia ti faccia questo effetto, fa parte di te, ma nonostante questo è forse la prima volta che ne vedi una dimostrazione così grande. Non devi sentirti in colpa!” - le disse.
“Tu dici?” - chiese Bonnie dubbiosa.
“Sì! L’importante è che ti affascini la magia e non chi la usa!” - Damon si voltò per guardarla negli occhi e le sorrise come per rassicurarla, per farle capire che tutto sarebbe andato a posto, che nessuno li avrebbe divisi, che avrebbero salvato loro stessi e gli altri, che sarebbero stati in pace e felici, di nuovo.
Bonnie sentiva il cuore traboccarle di gratitudine per quel sorriso così carico di sottintesi: Damon era convinto che ce l’avrebbero fatta e se ne era convinto lui allora se ne sarebbe convinta anche lei….loro avrebbero vinto.
Senza curarsi di quello che li circondava, dell’uragano, della magia, di Ted, Bonnie intrecciò le braccia alla nuca di Damon e lo baciò.
Non sapeva esattamente perché, ma aveva come l’impressione che quello sarebbe stato il loro ultimo bacio per molto tempo, così come sapeva che se le cose fossero andate male, cosa a cui si sforzava di non pensare e di non credere, quello sarebbe stato il loro ultimo bacio in tutti i sensi.
Cercò di trasmettergli tutto l’amore che provava, di fargli capire come si sentiva ogni volta che lui era con lei, che lui la sfiorava, che lui le parlava, l’abbracciava, la guardava.
Cercò di ricordare tutti i momenti trascorsi insieme e di trasmettergli la felicità che aveva provato in ogni attimo in cui era al suo fianco, così come cercò di riportare alla mente tutte le volte in cui erano divisi e di trasmettergli la profonda angoscia che provava in quelle occasioni, rare, sì, ma non per questo meno dolorose.
Nella sua mente rivedeva ogni bacio, ogni sguardo, ogni carezza, ogni notte passata con Damon, ma solo dopo un attimo si accorse che quelle immagini erano viste da una strana prospettiva, da una prospettiva invertita: non vedeva Damon che la baciava, che la guardava o che la accarezzava, no, quella al centro di tutti quei pensieri era lei, quelle immagini non erano frutto della sua memoria, ma di quella di Damon, era lui che le mostrava le immagini più preziose che racchiudeva nello scrigno della sua anima.
Stava vedendo se stessa per come Damon la vedeva e ai suoi occhi lei appariva bellissima, un uccellino rosso, come la chiamava lui, che si librava libero nel cielo azzurro spigando le sue tenere ali e che allietava chiunque lo incontrasse con il suo canto carico di gioia, ma che alla fine, pur potendo andare dove voleva, tornava sempre a posarsi sulla sua spalla, sulla spalla del vampiro che non meritava il privilegio che una creatura tanto pura gli aveva fatto scegliendo lui e continuando a sceglierlo giorno dopo giorno.
Lacrime calde le rigarono il viso senza che lei se ne accorgesse e il loro sapore salato si mischiò al bacio.
Bonnie non aveva mai pensato che Damon la vedesse così, ma che soprattutto lui guardasse a se stesso in quel modo.
Come poteva credere che lui non la meritasse?
Come poteva credere che lei meritasse di stare con qualcun altro?
Come poteva credere che lei potesse amare qualcun altro come amava lui?
Come poteva credere che lei potesse essere amata da qualcun altro di un amore anche solo pari a quello che lui provava per lei?
Non c’era nulla di più totalizzante, di più potente, di più appagante e di più profondo e sconfinato dell’amore che lui provava per lei.
Come poteva pensare che lei potesse desiderare altro?
Non c’era nient’altro nella vita, nel mondo, nell’universo e in tutte quelle dimensioni parallele, che erano chissà quante, che per lei potesse valere una sola briciola del loro amore.
Quando si staccarono Damon le asciugò un ultima lacrima solitaria e Bonnie lesse nei suoi occhi la consapevolezza, la consapevolezza che lui aveva visto, sentito e provato ogni singola cosa che lei gli aveva voluto trasmettere, la consapevolezza che lei aveva visto, sentito e provato ogni singola cosa che lui le aveva voluto trasmettere.
Restarono lì a guardarsi senza dire nulla, perché non c’era nient’altro da dire, avevano già detto tutto, avevano già visto, sentito e provato ogni singola cosa.

All’improvviso, come era arrivato, il muro di vento intorno a loro aveva cominciato a dissolversi.
Solo in quel momento Damon distolse lo sguardo dalla sua streghetta e si voltò verso quel lurido verme viscido che stava facendo loro questo.
Ricordò che qualche tempo prima aveva tanto desiderato ucciderlo e adesso si era pentito di non averlo fatto.
Lo stregone li stava guardando con un aria completamente disgustata, anche se Damon riusciva a vederci anche qualcos’altro, ci vedeva invidia.
Damon aveva come la vaga impressione che se stava per succedere qualsiasi cosa stesse per succedere questo era dovuto al fatto che quell’idiota aspirante Harry Potter si fosse, diciamo, risentito per il fatto che Bonnie gli avesse dato un bel due di picche in Italia, più che per il fatto che lei fosse una strega e che stesse con un vampiro; no, qui non si trattava di una questione di appartenenza al mondo della Luce o al mondo delle Tenebre, qui si trattava di invidia, invidia per il fatto che una strega decisamente bellissima come Bonnie preferisse il vampiro cattivo al caro sosia del maghetto Grifondoro o come cavolo si diceva.
E naturalmente lui era pur sempre Damon Salvatore, non poteva farsi scappare un’occasione così ghiotta di < marcare il territorio >, per così dire, a discapito di qualcun altro.
“Allora? Perché ci guardi così? Invidioso?” - chiese Damon ad un Ted con i pugni serrati e con un colorito che ricordava tanto quello di un rospo piuttosto brutto.
“Cosa? Come ti permetti?” - rispose Ted.
“Scusa ma tu sei venuto qui per uccidere me e prendere Bonnie, se non sbaglio, e questo è di sicuro molto più grave di una semplice domanda! Avanti, dì la verità, sei invidioso del fatto che Bonnie ami me e che io, un lurido vampiro, come mi hai chiamato poco fa, posso addirittura prendermi tutta la libertà che voglio baciandola!” - gli disse Damon con un sorriso a dir poco compiaciuto sul viso, consapevole del fatto che Bonnie lo stesse guardando incuriosita.
“Damon, ma che dici?” - gli chiese lei in un sussurro.
“Bonnie, quando ti renderai conto dell’effetto che fai sui maschietti?” - le disse a voce bassa - “Forse, non ti sei accorta, che questo qui ha scatenato tutto questo solo perché vorrebbe tanto essere al mio posto!” - continuò alzando la voce per farsi sentire dallo stregone.
A Bonnie scappò una leggere risata.
“Ascoltami bene, vampiro! Io sono qui perché il Consiglio dei Dieci Difensori del Regno magico non può permettere che una strega stia con un vampiro quando il suo compito sarebbe quello di ucciderlo. E’ per questo che sono qui, nient’altro!” - rispose Ted completamente fuori di sé.
“Sicuro, sicuro, sicuro?” - gli fece il verso Damon, con una finta aria innocente.
“SMETTILA!” - tuonò l’altro.
“Ok! Non ti scaldare! Non vorrai mica farti venire un colpo!” - lo schernì Damon.
Ted aprì i pugni, fece due lunghi respiri e sembrò ritrovare la calma.
- Povero idiota! Eppure con la faccia che si ritrova dovrebbe essere abituato ad essere snobbato dalle ragazze! - pensò Damon.
“Ora è giunto il momento di dare il via alla vostra prova!” - annunciò all’improvviso Ted.
- Ah già! - pensò Damon.
Sentì Bonnie irrigidirsi e le strofinò una mano su un braccio per tranquillizzarla.
Ad un tratto il muro di vento si dissolse del tutto e Damon riconobbe il luogo in cui si trovavano.
“L’ Old Wood? Tutto quel casino per venire qui?” - chiese Damon ironico.
“Sì! A piedi ci avremmo messo molto meno” - constatò Bonnie che solo adesso cominciava a capire l’assurdità della situazione.
“Vedi? E poi dici che io ho torto? Hai fatto tutta quella scena con il muro di vento solo per pavoneggiati con Bonnie, ammettilo!” - gli disse Damon.
“Basta! Ti ho detto di smetterla!” - gli rispose Ted.
“Ah, già, certo! I Consiglieri ti hanno mandato qui per fare grandi cose, scusa se l’ho dimenticato” - gli fece il verso Damon.
“Non parlare così dei Consiglieri!” - fece Ted.
“Perché? Chi me lo vieta? Tu?” - chiese Damon.
Ted non rispose, ma fece di nuovo quella cosa dei respiri per calmarsi e si portò le mani alle tempie.
- Certo che questo qui si arrabbia facilmente! Forse dovrebbe seguire un qualche corso di gestione della rabbia, tipo gli < iracondi anonimi > , oppure gli < arrabbiati anonimi > , comunque sia una cosa del genere sono quasi sicuro che esista, forse dovrei consigliarglielo, gli gioverebbe, se continua così morirà d’infarto prima dei trent’anni - pensò Damon continuando a fissare quella strana figura.
All’improvviso quello lì cominciò a dire strane parole in una strana lingua, forse la lingua magica.
La terra cominciò a tremare, gli alberi venivano scossi dal forte vento comparso dal nulla e il cielo sull’Old Wood diventò completamente nero.
Damon strinse ancora più forte Bonnie che aveva cominciato a tremare.
Alle spalle di Ted la terrà si squarciò, si creò una voragine enorme e dal suo interno si stava ergendo lentamente qualcosa, ma la nebbia intorno alla cosa era così fitta e così difesa dalla magia che neppure Damon riusciva a vedere attraverso.
L’unica cosa che sapeva era che lo stregone stava creando qualcosa con la mente, sfruttando non solo il suo Potere, ma anche quello del posto.
Passarono appena pochi minuti e la terra smise di tremare, il vento scomparve, il cielo tornò ad essere azzurro e la nebbia magica si diradò.
Di fronte a loro, alle spalle dello stregone, dove prima non c’era nulla, adesso si ergeva un muro alto una decina di metri, sembrava fatto di foglie tenute insieme da una strana polvere luccicante e magica. Ad altezza d’uomo si stagliavano due portoni completamente identici, in legno, con la serratura in oro, uno di fianco all’altro e appese a dei ganci su entrambi i portoni c’erano le chiavi che li aprivano, anch’esse in oro.
Quello strano monumento era del tutto spaventoso, avvolto in quella sua aura di austerità magica.
Damon sentiva il corpo di Bonnie scosso da mille brividi, brividi di terrore.
“Che ve ne pare?” - chiese Ted rompendo il silenzio venutosi a creare.
“Cos’è?” - chiese duro Damon.
“Cosa succede? Adesso non scherziamo più?” - fece Ted.
“Cos’è?” - ripetè Damon.
“Questo è il Labirinto!” - rispose Ted.
“Cosa?” - Damon aveva sentito parlare di quella strana arma magica, ma tutte quelle storie erano talmente folli che lui le aveva semplicemente messe tra le leggende metropolitane del regno soprannaturale, non credeva che esistesse davvero.
“Vedo che lo conosci!” - constatò Ted.
“Ne ho sentito parlare! Cosa dobbiamo farci?” - rispose Damon.
“Mi pare ovvio: ci dovete entrare! Ricordate il patto? Quello che la strega ha accettato poca fa? Bene, voi entrate qui dentro, arrivate alla fine, cioè al centro del Labirinto dove ci sarò io ad aspettarvi, mi sconfiggete e poi siete liberi! Oppure io uccido i vostri amici che vi ricordo essere sotto l’effetto di un mio incantesimo e quindi strettamente legati a me, così legati a me che posso mettere fine alla loro vita da quaggiù, e per inteso, alla vita di tutti, anche a quella dell’altro vampiro!” - spiegò Ted.
Damon si sentiva come un leone in gabbia: se entravano lì dentro non sapeva a cosa sarebbero andati incontro, ma se non facevano nulla sarebbero tutti morti.
Si voltò a guardare Bonnie. Lei guardò quel terribile luogo appena nato, guardò lo stregone e poi incrociò il suo sguardo e annuì.
Dovevano farlo, anche se non lo volevano affatto.
“Va bene! Allora noi entriamo!” - disse Damon a Ted.
“Noi?” - chiese Ted.
“Che vuoi dire?” - chiese Damon.
“Voglio dire che lei entrerà e poi tu entrerai! Non so se vi siete accorti che ci sono due portoni!” - fece notare Ted sfregandosi le mani.
“Non entreremo separati!”- ribattè Damon.
“Va bene, allora uccido tutti!” - fece Ted riportandosi le mani sulle tempie.
“No! Va bene!” - fu Bonnie a parlare.
Ted si fermò all’istante e sorrise.
“Streghetta! Lì dentro….ho sentito delle storie…” - fece Damon, ma Bonnie lo bloccò.
“Damon io ho paura! Ma dobbiamo entrarci, per gli altri e per noi! Ce la faremo, non importa se nessuno ce l’ha mai fatta o chissà cosa, ma noi ci riusciremo!” - gli disse - “Io entro per prima!” - continuò rivolta allo stregone che annuì con un lieve inchino.
“Bonnie..” - cominciò Damon stringendole una mano.
“Ti amo! Qualsiasi cosa accada, ricorda che ti amo, ricorda il bacio!” - lo interruppe lei.
“Ti amo!” - rispose Damon con un sospiro, rassegnandosi al destino che li attendeva.
Bonnie sciolse delicatamente la mano dalla sua stretta e poco dopo Damon la vide correre verso uno dei due portoni, quello di sinistra, afferrare la chiave e aprire le porte. Lei gli lanciò un ultimo sguardo carico d’amore e di speranza e poi entrò richiudendosi le porte alle spalle.
Damon aveva ancora lo sguardo fisso sul portane da dove lei era entrata, quando questo scomparve.
“Cosa è successo?” - chiese allarmato a Ted.
“Cosa credevi? L’unica via d’uscita è raggiungere il centro e sconfiggere me, quindi i portoni, una volta entrati, non servono più a nulla!” - spiegò Ted.
“Bene! Allora vado anch’io!” - gli disse sprezzante Damon mentre si avviava al portone rimasto.
“Dove credi di andare così?” - lo fermò Ted.
“Che significa?” - chiese Damon.
“Significa che adesso io mi prendo i tuoi Poteri, vampiro, lì dentro non ti serviranno e poi non voglio che tu mi imbrogli usando i tuoi poteri mentali o trasformandoti in chissà cosa! Li riavrai se arriverai alla fine!” - rispose lo stregone.
“E credo che sia inutile oppormi, visto che adesso, oltre a mio fratello e agli umani, hai in pugno anche Bonnie, giusto? Mi complimento! Hai fatto bene i tuoi calcoli avanzando questa richiesta solo adesso, ma sappi che io arriverò al centro di quel maledetto posto, ti troverò e poi ti ucciderò nel modo più atroce possibile!” - lo minacciò Damon mentre gli si avvicinava fino ad arrivargli di fronte per poi fermarsi.
“Lo vedremo!” - gli rispose Ted.
Poi lo stregone gli mise il palmo della mano destra sulla fronte, disse alcune stupide parole magiche e una luce strana avvolse Damon.
Meno di un secondo dopo capì che il suo Potere era stato bloccato.
“Quando si sbloccherà?” - chiese allo stregone.
“Non appena io lo farò!” - rispose Ted.
Damon annuì e si avviò verso il portone.
Lo aprì e mise piede nel Labirinto.




NOTE:
Ciao a tutti!
Ecco a voi un nuovo capitolo! Scusate l'attesa!
Finalmente il Labirinto è comparso e loro vi sono entrati.
Da questo momento in poi dovranno lottare parecchio e vi anticipo che non sarà una cosa facile.
Grazie a tutti per le recensioni e per le visite.
Continuate così.
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Capitolo 8
*** Capitolo settimo ***


Capitolo settimo

Finalmente erano dentro. Ted non riusciva ancora a capacitarsene.
Si era preparato così duramente, e adesso tutto era cominciato.
Certo quel vampiro con tutte le sue stupide supposizioni lo aveva agitato parecchio, ma era riuscito a mantenere la calma e il piano andava a gonfie vele.
Ora che il Labirinto era formato e che gli uccelli erano in gabbia, non doveva fare altro che posizionarsi al centro della sua creazione e cominciare a gestire il gioco, pazientemente in attesa di vedere gli sviluppi.
Aveva preparato parecchie sorpresine per quei due, ed era più che sicuro che, grazie a lui, quando si sarebbero rivisti, o meglio…se si sarebbero rivisti, di certo avrebbero voluto continuare a stare esattamente nella stessa situazione in cui erano adesso: divisi!
Con un piccolo sforzo mentale si teletrasportò al centro esatto del Labirinto, sulla grande pedana circolare su cui vi erano due sfere di cristallo, una per seguire Bonnie, una per seguire il vampiro.
Decise di concentrarsi  prima su quest’ultimo e di lasciare la strega a se stessa: per lei ci sarebbe stato tempo dopo.

Il Labirinto.
Le storie che Damon aveva sentito non facevano esattamente pensare che quel posto fosse un centro vacanze.
Aveva sentito di persone morte, altre scomparse, altre impazzite, altre….beh poco importa cosa era successo a quelle altre, l’importante era che in tutte le storie il protagonista finiva sempre male.
- E Bonnie è lì da qualche parte, da sola! E tu non hai il tuo Potere! Dannato maghetto, appena ti ritrovo io ti distruggo! Ok, Damon, adesso basta, cerca di ragionare e pensare a qualcosa! - diceva a sé stesso.
“Bene, vediamo cosa abbiamo qui!” - era entrato da circa pochi minuti e solo allora aveva cominciato a muovere qualche passo verso non sapeva cosa.
Dinanzi a lui c’era sempre lo stesso panorama: vie, vicoli e viuzze fatte sempre di quello strano muro di foglie luccicanti.
La luce all’interno era decisamente forte, di un bianco purissimo e rischiarava ogni cosa nonostante il Labirinto sembrava essere coperto da una cappa di denso fumo nero che non faceva traspirare nulla dal mondo esterno.
Comunque fosse, quella luce gli faceva male agli occhi: buon segno!
- Allora! Facciamo il punto della situazione: il mio Potere è bloccato, ma è ancora dentro di me, e il maghetto voleva solo che non mi trasformassi o usassi giochetti mentali, quindi…Vista? - pensò continuando a camminare.
Si riparò gli occhi con le mani e aguzzo lo sguardo.
- E’ a posto! Ci vedo benissimo! Udito? -
Senza neppure sforzarsi, non appena si mise in ascolto sentì lo scroscio d’acqua di una fontana che doveva trovarsi a circa un chilometro da lì in direzione nord, più o meno.
- Una fontana qui dentro? Ma che….No aspetta concentrati! Quindi, udito perfetto! Olfatto? -
Alzò leggermente il mento sporgendo il naso e inspirò forte.
All’istante sentì l’odore dell’acqua di cui poco prima aveva sentito il rumore.
- L’odore dell’acqua…non ci sono dubbi, il naso va che è una meraviglia! In pochi sanno che l’acqua ha un odore ed in pochi lo avvertono, tra quei pochi ci sono io! Andiamo avanti….Volo? -
Cercò di concentrarsi per potersi sollevare da terra come faceva di solito, ma nulla, tentava, tentava, tentava e non succedeva nulla.
- Ok! Questo è andato! Trasformazione? -
Si slanciò in avanti, visualizzando la forma del corvo in cui voleva trasformarsi, ma anche questa volta nulla.
Tentò e ritentò, ma nulla.
- OOOK! Ondate di Potere? -
Nulla, il Potere non rispondeva, era come se non ci fosse.
- Telepatia? -
Cercò di inviare un messaggio a Bonnie o a chiunque si trovasse nei paraggi, ma nulla, le parole venivano gridate dalla sua mente ma restavano confinate lì.
- Bene! Quindi tutti i miei poteri psichici sono fuori uso, quelli fisici invece sembrano esserci tutti, almeno per quanto riguarda i sensi, chissà se…. -
Damon cominciò a spostarsi da una parte all’altra della stretta via in cui si trovava a velocità vampiresca per poi fermarsi di colpo, inginocchiarsi a terra e sferrare un pugno sul pavimento di cemento creando un solco profondo della forma della sua mano.
- Sì, i poteri fisici ci sono tutti, anche velocità e forza! Ora però devo architettare qualcosa per uscire alla svelta di qui e ritrovare Bonnie - pensò, ma all’improvviso, un rumore colpì il suo orecchio: c’era qualcuno alla fontana che aveva avvertito prima, qualcuno che beveva.
Inutile dire che cominciò a correre alla massima velocità, ma con tutti i sensi in allerta.
Arrivato a pochi metri dal luogo esatto si fermò.
Il rumore continuò ancora per qualche secondo poi si bloccò.
Damon era alle spalle della fontana nascosto all’ombra della via dalla quale era arrivato, quando all’improvviso sentì una risata allegra e poi una voce.
“Damon! Vieni pure fuori! Voglio vederti!” - era una voce femminile.
Damon deglutì, strinse i pugni ed uscì allo scoperto.
All’improvviso tutto lo scenario intorno a lui cambiò.
Non c’erano più vie e muri di foglie, ma una grande sala ovale, con al centro una fontana enorme fatta di marmo con varie statue di animali e piccoli angeli con brocche in mano o fauci spalancate, da cui uscivano fuori dei sottili getti d’acqua da cui, a quanto pareva, era possibile bere.
La sala era magnifica con un lampadario in cristallo al centro esatto che illuminava di una luce calda e rassicurante le pareti dipinte in oro e il pavimento lucido di marmo di un colore molto simile al rosso, ma che secondo Damon ricordava più il marrone bruciato.
Lungo la parete di sinistra si stendeva una collezione di quadri di primissima scelta, raffinati e preziosi.
Lungo la parete destra vi erano le tre enormi finestre dai tendaggi in rosso con sfumature d’oro.
Sulla parete di fronte a Damon e su quella alle sue spalle non c’era assolutamente nulla, erano completamente spoglie.
Dinanzi alla fontana c’era la proprietaria della voce che lo aveva invitato ad entrare così gentilmente.
Era una ragazza sui vent’anni oggettivamente bellissima, con lunghi capelli castani che le ricadevano in onde soffici sulle spalle. Aveva gli occhi verdi e grandi e una pelle leggermente abbronzata. Indossava un tipo particolare di abito che Damon non vedeva più da molto tempo, un abito tipico delle ragazze durante la sua gioventù umana. Aveva un corpetto stretto che le fasciava il busto e metteva in evidenza la vita sottile, corpetto che poi si apriva in una gonna lunga e morbida che arrivava a terra coprendole i piedi, molto pomposo e ricco di decori e particolari, con rifiniture in pizzo, di un verde pallido che le metteva in risalto gli occhi.
Stava lì a fissarlo con un lieve sorriso.
Damon aveva l’impressione di averla già vista.
“Chi sei?” - le chiese.
“Lisa! Non ti ricordi di me, Damon?” - le rispose lei.
“Dovrei?”.
“Certo! Sei tu che mi hai creata!” - rispose schietta la ragazza.
“Cosa?” - chiese incredulo Damon.
“Sì! Non ti ricordi? Non avevi neppure quindici anni e con tuo fratello parlavate della vostra ragazza ideale. Ti ricordi cosa desiderasti?” - gli chiese Lisa.
“Doveva essere mora con i capelli lunghi e gli occhi verdi e doveva chiamarsi….” - cominciò Damon.
“Lisa! Sono io, Damon!” - finì lei.
Damon non ci capiva più niente. Come era possibile? Doveva saperne di più!
Cominciò ad avanzare, ma più avanzava e più si sentiva strano: era come se una strana nebbia fosse calata leggera sulla sua memoria e ora sapeva che c’era qualcosa o qualcuno che lui doveva ricordare, ma proprio non ci riusciva.
Nel frattempo un tenue tepore aveva incominciato ad intorpidirgli le membra: Damon sentiva di non avere la forza per fare nulla, neppure la forza per sforzarsi di ricordare.
“Cosa vuoi?” - chiese alla ragazza quando fu a meno di venti centimetri da lei.
“Qualsiasi cosa tu voglia! Sono qui per te, Damon! Sono la tua ragazza ideale, l’unica davvero degna di te!” - rispose Lisa facendo un piccolo passo avanti e poggiandogli una mano sul petto.
Un istante dopo quel contatto una luce argentata avvolse Damon.
Quando la luce scomparve, lui non indossava più i suoi jeans, la sua maglietta e la sua giacca nera; no, quelli che Damon aveva ai polsi erano polsini di broccato, non c’erano dubbi: con chissà quale magia, i suoi abiti erano scomparsi e lui era ritornato ad indossare gli abiti di un tempo lontano.
Lisa gli accarezzò un braccio e gli sorrise, poi schioccò le dita esili e, dal nulla, davanti alla parete vuota di fronte a Damon comparve un' orchestra numerosa e con tanto di maestro.
Pochi istanti dopo la musica cominciò: era uno di quegli splendidi balli fatti di sguardi e fugaci sfioramenti che andavano così di moda a quei tempi così antichi in cui lui amava presenziare a ricevimenti e feste.
Prese la mano di Lisa e la condusse al centro dell’immensa sala.
Cominciarono a ballare.
Damon non si sentiva completamente a suo agio, ma continuava ad avere l’impressione che gli sfuggisse qualcosa, o meglio che non ricordasse il nome di qualcuno di importante.
Quando la danza finì, Lisa gli si avvicinò facendo ondeggiare i fianchi e sorridendogli.
A meno di un centimetro da lui, gli sussurrò: “Dimentica, Damon! Baciami e dimentica!” - e protese le labbra verso le sue.
Le cinse la vita e si chinò per fare come aveva chiesto, per baciarla, ma non appena chiuse gli occhi prima di posare le sue labbra su quelle della ragazza, un flash.
Un volto riempì i suoi occhi: un tenero viso a cuore con occhi nocciola da cerbiatto, incorniciato da una marea di riccioli color fragola.
Un nome riempì i suoi pensieri: Bonnie, la sua Bonnie, la sua streghetta, il suo uccellino.
Un sentimento riempì il suo cuore: amore.
Aveva dimenticato Bonnie, come poteva averlo fatto?
- E’ tutta colpa della magia! Qui tutto è magia, tutto è illusione, anche questa sconosciuta! E’ opera del verme, sta cercando di farmi dimenticare Bonnie! - pensò Damon e un moto di rabbia lo invase.
Aprì gli occhi di scatto e spinse via Lisa violentemente.
La ragazza fece un volo all’indietro di almeno tre metri e il suo corpo si scontrò con la fontana, scomparendo.
“Come pensavo…” - disse Damon.
Si fiondò verso gli orchestranti, ma prima che potesse arrivare ad un metro da loro questi erano già svaniti nel nulla.
Damon si bloccò di colpo a guardare la parete all’improvviso vuota, quando qualcosa lo colpì alla schiena.
Dalla fontana fuoriuscivano grossi schizzi d’acqua, che gli si scagliavano contro assumendo la forma e la consistenza o di grossi sassi o piccole lance appuntite.
Damon cominciò a schivarle ad una ad una cercando di avvicinarsi alla fontana.
Sentiva che se fosse riuscito a toccarla, questa sarebbe scomparsa, come la ragazza, doveva solo arrivarci.
Una sassata d’acqua lo colpì forte nello stomaco, ma non gli provocò dolore: aveva la pelle di granito lui!
Continuò così per un po’, quando all’improvviso la tempesta cessò.
La situazione sembrava essersi calmata, ma Damon non ci credeva molto, e infatti aveva ragione.
All’improvviso una massa enorme d’acqua si alzò dalla fontana come se fosse dotata di una propria volontà e assunse la forma e la consistenza di un enorme paletto ben appuntito.
- Ok! Se questo mi becca, forse forse la pelle d granito non servirà poi a molto! - pensò tra sè.
Doveva agire! Ma cosa poteva fare?
Poi un’idea: e se ci si fosse buttato contro? Non era solo la fontana un’illusione, ma anche l’acqua. Quindi, se toccando la fontana questa si presupponeva che scompariva, perché non presupporre lo stesso anche per l’acqua?
Damon sapeva che poteva essere rischioso, molto, ma era l’unica idea che aveva e doveva fare qualcosa, così si scagliò.
Si aspettava il peggio, ma appena entrò in contatto con il paletto d’acqua, questo si fermò. Damon restò un secondo a guardare quella forma d’acqua che galleggiava in aria e che gli accarezzava la mano, prima di spingerla via in modo bruco, verso la fontana.
Non appena si toccarono sia l’acqua che la fontana svanirono.
Scomparsa la fontana tutto tornò come prima: non c’erano più le tende, le finestre, il lampadario, i lussi, l’oro, il rosso, i suoi abiti d’epoca; no, adesso c’era solo lui, di nuovo, con i suoi vecchi abiti, di nuovo, in quelle strade fatte di muri di foglie, di nuovo.
- Senza Bonnie…- pensò e una rabbia incandascente crebbe dentro di lui al pensiero di quello che Ted aveva cercato di fargli.
- Ti ammazzerò, lurido bastardo, puoi giurarci! - gridò nella sua mente sperando che lo stregone potesse sentirlo.

Lontano da lì, nel regno magico, Samuel e Samia assistevano a tutto ciò che succedeva nel Labirinto dalla loro sfera di cristallo.
“Un po’ mi fa pena!” - disse Samia.
“Lo so! Ma lo sai: è meglio sacrificarne uno bravo per ottenere qualcuno di meglio piuttosto che restare con le mani in mano e non ottenere nulla” - rispose Samuel.
“Parole sagge!” - si complimentò Samia.

Ted se ne stava sulla sua pedana ad osservare il vampiro, si era divertito parecchio anche se non gli era piaciuto per niente il modo che Damon aveva usato per disfarsi della sua magnifica illusione, per non parlare delle minacce di morte che gli aveva rivolto.
Credeva che tutto andasse per il verso giusto, non immaginava neppure lontanamente che il suo destino era già stato scritto, che il suo venerato Consiglio lo aveva già designato come vittima sacrificale.




NOTE:
Ciao a tutti!
Grazie per le recensioni al vecchio capitolo!
Lo so che i miei tempi di aggiornamento si sono allungati e non sono più quelli di una volta, ma questo perchè sono impegnata con l'università e il lavoro e non ho molto tempo per scrivere, infatti, ho finito la scorta di capitoli già scritti e sia il sesto che questo capitolo li ho scritti a velocità record per poi postarli qualche minuto dopo.
Ma non vi preoccupate perchè la storia continua eccome!
Come avete letto, questo capitolo ho voluto scriverlo interamente dal punto di vista di Damon in modo da esplorare al meglio la sua prima disavventura all'interno del Labirinto.
Per quanto riguarda Bonnie scoprirete nel prossimo capitolo cosa le è capitato.
Grazie ancora a tutti!
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Capitolo 9
*** Capitolo ottavo ***


Capitolo ottavo

“Bene, bene, bene! Adesso veniamo a noi, strega!” - pensò ad alta voce Ted volgendo lo sguardo dalla sfera che seguiva il percorso di Damon a quella che seguiva il percorso di Bonnie.
“Il tuo caro vampiro me l’ha fatta, almeno per il momento! Vediamo cosa sei in grado di fare tu e cosa ti riserva il Labirinto!” - continuò sentendo ancora dentro di sé la rabbia bruciante per il fatto che quel lurido vampiro avesse scoperto la sua illusione e non si fosse fatto ingannare.
Strinse i pugni, digrignò i denti, aguzzò lo sguardo e si concentrò al massimo sull’illusione riservata alla strega.

Da quando era entrata nel Labirinto, Bonnie si sentiva sola, terribilmente, completamente ed inesorabilmente sola.
Quando quella strana costruzione magica era apparsa e lo stregone l’aveva presentata come il Labirinto, lo sguardo di Damon era improvvisamente mutato passando dallo scherno e la solita ironia alla preoccupazione mista all’incredulità e forse anche alla….paura? Bonnie lo aveva notato e non riusciva a togliersi lo sguardo di Damon dalla mente.
Come era possibile che Damon avesse paura? Lui non si spaventava per niente, anzi di solito era lui quello che spaventava gli altri.
Cosa potevano racchiudere quelle storie di cui Damon aveva detto di aver sentito parlare per potergli far provare paura?
Bonnie non ne sapeva nulla: Damon non le aveva mai parlato di un posto simile e lei non ne aveva mai letto o sentito dire niente.
In quel momento si maledisse con tutta se stessa per non aver dato retta a chi le diceva di non contrastare la magia che era in lei e di accettarla, di studiarla, di capirla, forse a quest’ora avrebbe saputo qualcosa sul posto in cui si trovava e avrebbe saputo cosa aspettarsi.
Certo era che aveva paura, una paura folle per il fatto di trovarsi lì.
Sentiva il suo infallibile sesto senso picchiare nelle sua mente per avvertirla, lo sentiva governare il suo corpo e dire alle sue gambe di fuggire immediatamente, e questo la spaventava ancora di più perché il suo sesto senso era infallibile, non c’era mai stata una volta in cui non avesse avuto ragione.
Sin da quando Ted era riapparso qualcosa le urlava di andarsene, di lasciar perdere, di non seguirlo, di non ascoltare nulla di ciò che diceva, ma Bonnie non poteva farlo: si era imposta di cercare di stare calma e si era imposta di fare ciò che andava fatto per il bene di tutti i suoi amici e per Damon e se questo significava entrare lì dentro da sola ad affrontare chissà cosa, bè, allora andava fatto, non poteva rimangiarsi la parola data a se stessa.
Davanti a sé Bonnie vedeva sempre lo stesso scenario nonostante aveva camminato parecchio, seppur cautamente: c’erano muri su muri di foglie luccicanti; vie seguite da altre vie seguite da altre vie che poi andavano a riversarsi in altre vie che a loro volta si riversavano in altre vie.
Bonnie cercava di mantenere sempre la stessa traiettoria.
Aveva pensato che dato che doveva arrivare al centro di quella cosa, allora forse era meglio cercare di andare sempre dritto davanti a sé, per quanto possibile, ma sapeva che sarebbe stata un’impresa durissima.
- Sono stanca! - pensò accasciandosi a terra contro una delle pareti di foglie.
Sentiva abbattersi su di se tutta la stanchezza che le procuravano la paura, i brutti pensieri e i turbamenti emotivi di cui era preda, per non parlare, poi, del fatto che sentiva tutta la magia di quel posto pesarle sulle spalle come un grosso macigno inamovibile.
Si sentiva oppressa, sola e oppressa.
Appoggiò la testa contro la parete alle sue spalle e lasciò cadere le mani a terra di fianco alle gambe.
Il cielo sul Labirinto era nero, ma all’interno vi era una luce chiara, forte, quasi accecante che illuminava tutto annullando quasi del tutto le ombre che si sarebbero potute formare per effetto di una luce normale.
Ma quella non era una luce normale, era magica come ogni altra cosa e come ogni altra cosa anche la luce la spaventava.
Bonnie cercava di calmarsi e allo stesso tempo cercava di buttare via la tensione accumulatasi facendo lei lunghi respiri profondi.
Non erano di molto aiuto, ma almeno la tenevano occupata quel tanto che bastava per darle un po’ di tregua dal suo pensiero fisso: Damon.
Dov’era Damon? Cosa faceva? Stava bene? Gli era successo qualcosa? La stava cercando? Sarebbe riuscita a vederlo? A tornare tra le sue freddi braccia?
Tutte questa domande le vorticavano nella testa frenetiche e violente come un tornado e non accennavano a diminuire, anzi diventavano sempre di più.
Damon era entrato dopo di lei? Oppure lei era in trappola e lui era fuori a combattere con Ted? Ted lo avrebbe ucciso? Gli avrebbe fatto del male? Damon ce l’avrebbe fatta? Sarebbe venuto a salvarla?
Bonnie non si dava pace.
Le lacrime spingevano forte chiedendo di essere liberate, ma Bonnie, ostinata, le ricacciava indietro.
- Non devo piangere, non devo! Devo essere forte! Devo combattere! Devo tornare da Damon! Avanti Bonnie, abbi coraggio! - e con questi pensieri si alzò con uno scatto e si rimise in piedi tornando poi a camminare, facendo attenzione ad andare avanti e non a ritornare indietro per la strada da cui era venuta.
Non aveva neppure fatto cinquanta passi che avvertì chiaramente che qualcosa intorno a lei stava cambiando.
Si guardò intorno, si voltò indietro, ma non riusciva a capire cosa stesse succedendo.
All’improvviso un rumore alle sue spalle la colse di sorpresa.
Bonnie, tremante, si voltò, ma non c’era nulla, dietro di lei non c’era assolutamente nulla a parte le solite pareti, le solite vie e la solita luce.
- Ok, Bonnie! Calma, non era nulla! Continua a camminare! - si disse.
Bonnie si voltò di nuovo nelle direzione verso cui stava procedendo pronta a ripartire, quando le mancò il fiato.
Era tutto cambiato. Niente più pareti, niente più vie, niente più luce accecante.
Era in un teatro, in un grande, anzi immenso e vuoto teatro.
Bonnie era rimasta a bocca aperta.
Dal nulla si era materializzato un teatro, e che teatro.
Era enorme, con una platea che si allargava a vista d’occhio.
Lei era in piedi, nella via centrale che divide la parte destra della platea da quella sinistra.
Tutto intorno a lei si ergevano gli spalti con i vari palchetti, e in alto, molto, molto in alto sulla sua testa vi era un lampadario enorme, fatto di mille luci e mille cristalli perfetti.
Il colore predominante era il rosso.
Erano rosse le poltrone. Erano rosse le pareti. Erano rossi i palchetti. Era rossa la moquette su cui stava camminando. Era rosso il sipario che chiudeva il palco.
Non c’era nessuno in quel teatro, solo lei o almeno così credeva.
All’improvviso le luci si abbassarono e il sipario si aprì rivelando la sagoma di una figura di donna solitaria al centro esatto del palco.
La figura alzò lentamente una mano e d’un tratto un lungo fascio di luce la illuminò tutta.
Quando la vide a Bonnie mancò il fiato e le lacrime fino ad allora trattenute iniziarono la loro frenetica corsa sulle sue guance.
“N-Nonna…” - balbettò.
La donna puntò lo sguardo su di lei e le sorrise.
“N-Non è possibile….tu..tu sei…” - Bonnie non riusciva neppure a parlare tale era l’emozione che le si era scatenata dentro.
Sua nonna, la sua adorata nonna era lì di fronte a lei, non era morta, era lì.
“Bonnie, cara, vieni da me!” - le disse.
Bonnie non se lo fece ripetere due volte e corse verso le scale laterali che la portarono dritta sul palco e poi tra le braccia di sua nonna.
“Oh, nonna, nonna, tu sei qui, non posso crederci” - singhiozzava abbracciata all’anziana donna.
Bonnie stringeva convulsamente il corpo esile di sua nonna e continuava a ripetere frasi sconclusionate e senza senso: non esistevano davvero frasi e parole che potessero servire in un momento del genere.
Ma la donna non ricambiava l’abbraccio, non rispondeva alle domande di Bonnie, non parlava affatto e se ne stava lì a testa china.
Bonnie non riusciva a sopportare quel silenzio.
“Nonna! Nonna, ti prego, parlami! Sono io Bonnie, la tua nipotina!” - le disse.
Questa volta l’anziana signora alzò lo sguardo e le rispose, ma quelle che le disse non erano le parole che Bonnie si aspettava.
“Bonnie lo so che sei tu, lo so che sei mia nipote, ma vorrei tanto che non lo fossi!”.
Bonnie restò di sasso e la osservò per qualche secondo prima di parlare.
“Nonna cosa dici? Perché mi parli così? Cosa ho fatto?” - le chiese.
“E me lo chiedi anche? Mi hai deluso, Bonnie, profondamente!” - rispose decisa la donne allontanando Bonnie.
“Cosa? Perché nonna, perché?” - chiese.
“Come hai potuto, Bonnie?”.
“Fare cosa? Io ho sempre cercato di onorare la tua memoria e di fare cose di cui tu potevi essere fiera guardandomi!” - rispose Bonnie.
“Onorare la mia memoria? E tu lo chiami < onorare la mia memoria > innamorarti di una creatura oscura? Credi che io possa essere fiera di questo?” - tuonò la voce severa della nonna.
“E’ per Damon? Nonna io ho fatto solo quello che tu mi hai insegnato: ho aperto le porte del mio cuore al vero amore! Sei stata tu a ripetermelo in continuazione ogni giorno della mia vita!” - rispose Bonnie incredula.
“Sciocchezze! Un creatura oscura non può amare e non va amata! Come hai potuto fare questo alla nostra famiglia, Bonnie!” - rispose la donna visibilmente irritata.
“Nonna, io….” - cominciò Bonnie, ma non riusciva a finire la frase, così come non riusciva a capire il senso di quel discorso.
- Perché mi sta dicendo questo? Perché non mi capisce? Perché non mi appoggia? - pensava e ripensava Bonnie.
“Ma se vuoi c’è un modo per rimediare, piccola mia!” - le disse ad un tratto la donna addolcendo lo sguardo e la voce.
“Come?” - chiese Bonnie.
“Dimentica, Bonnie, dimentica!” - le disse con voce carezzevole la nonna.
“Cosa? Dimenticare Damon? No! Io non posso, io lo amo!” - ribattè Bonnie.
“Bonnie, vieni da me, lascia che ti mostri!”.
“Che cosa?”.
“Vieni!”.
Bonnie si riavvicinò a sua nonna che la cinse con un braccio le spalle e la fece voltare verso la platea.
All’improvviso le luci si alzarono e, dove prima non c’era nessuno, ora c’era una quantità impressionante di persone di ogni razza e di ogni etnia e tutti guardavano loro, guardavano col fiato sospeso lo spettacolo della nonna tornata dalla morte per rimproverare la nipote tanto imprudente da innamorarsi della persona sbagliata.
“Come è possibile? Prima…” - cominciò Bonnie, ma la nonna la zittì dicendole di ascoltare attentamente.
In tutta l’enorme sala bisbigli e sussurri si protendevano tanto da arrivare chiaramente alle orecchie di lei sul palco.
All’inizio sembrava che tutti parlassero di cose diverse, in lingue diverse, ma poi, aguzzando l’orecchio, Bonnie si rese conto che tutti dicevano la stesa cosa, tutti dicevano: “Dimentica, Bonnie, dimentica!”.
Quell’unanime sussurro crebbe pian piano d’intensità, fino a diventare un vero grido.
Tutti urlavano: “DIMENTICA, BONNIE, DIMENTICA!”.
Bonnie cominciò a guardarsi intorno, spaesata, fino a che incontrò gli occhi di sua nonna che con voce vellutata e con un sorriso sulle labbra le disse: “Dimentica, Bonnie, dimentica!”.
Bonnie la fissava incantata, le urla intorno a lei non sembravano cessare, era come se il mondo intero le gridasse di dimenticare e Bonnie cominciò davvero a dimenticare.
Si chiedeva perché tutte quelle persone le chiedessero di dimenticare quando lei non ricordava nulla. Cosa doveva dimenticare se non c’era niente da dimenticare? Era di nuovo con sua nonna, era questo che contava.
“Nonna!” - le sorrise.
“Bonnie, cara! Dammi la mano, vieni con me!” - le disse l’anziana donna.
Bonnie annuì e alzò la sua mano pronta a poggiarla su quella di sua nonna, quando all’improvviso uno strano rumore, come un tonfo, vibrò nelle sue orecchie e poi in tutto il suo essere.
- Cosa succede? - pensò.
Ritornò a guardare sua nonna e di nuovo lo sentì, quel tonfo.
“Nonna, lo senti?” - chiese.
“Cosa, cara? Non pensarci! Dammi la mano, vieni con me!” - rispose la nonna.
“Sì, ma…” - di nuovo quel tonfo.
Questa volta, senza sapere perché, Bonnie si portò una mano sul cuore.
Un altro tonfo, sotto la sua mano.
- E’ il mio cuore! - pensò.
Chiuse gli occhi cercando di risentire quel rumore così assordante, che arrivò presto, ma seguito da delle immagini.
C’erano degli occhi, degli occhi completamente neri che la fissavano, c’era un corvo, c’era un ragazzo, c’era….amore.
“Damon!” - esclamò Bonnie.
“Cosa hai detto?” - tuonò terribile la voce della donna di fronte a lei che Bonnie non riconosceva più come sua nonna.
- No, questa non è mia nonna! Lei vorrebbe la mia felicità sempre e comunque, non mi spingerebbe mai a dimenticare la cosa più bella della mia vita - pensò.
“Tu non sei mia nonna!” - disse rivolta alla donna.
“Certo che lo sono!” - rispose l’altra.
“No, non lo sei! Tu non sei reale, è tutta opera di Ted e del Labirinto, tu non esisti proprio come non esistono quelle persone e questo posto!” - esclamò Bonnie.
“Cosa stai dicendo, Bonnie?” - ribattè la donna.
“Sparisci, sparite tutti!” - intimò Bonnie.
“Cosa?”.
“SPARITE!” - urlò.
All’improvviso un vortice la avvolse completamente e tutto intorno a lei diventò solo un’ indistinta macchia rossa, fino a che non ritornò tutto esattamente come prima.
Niente più teatro, niente più pubblico, niente più nonna, niente più lampadario, niente più rosso: solo le vecchie pareti di foglie brillanti e le vie e quella strana luce accecante.
- E’ finita, finalmente! - pensò Bonnie tirando un sospiro di sollievo e crollando al suolo stringendosi le mani sul cuore, felice che fosse così pieno d’amore per Damon che era riuscito ad avvertirla in tempo del tranello dentro cui stava per cadere.

“NOOOOOOOOOOOOOO!” - l’urlo di Ted si levò alto nel cielo.
Aveva guardato ogni singola mossa di Bonnie, aveva calcolato tutto e ce l’aveva quasi in pugno.
“Ok! Calma! Non è ancora finita! Avete superato la prima prova, ma questo non ere niente in confronto a ciò che vi aspetta!” - disse guardando le due sfere e digrignando i denti.

“Anche la strega ce l’ha fatta!” - disse Samia.
“Sì, era prevedibile che entrambi superassero il primo scoglio! Lui è uno dei vampiri più potenti che esistano e lei…bè, sai bene da quale famiglia discende, anche se non ha mai usato davvero il suo Potere è già più forte di molti qui nel regno!” - rispose Samuel.
“E poi si amano!” - aggiunse Samia.
“Questo non conta! L’amore è effimero, svanirà presto! Hanno appena affrontato la prima prova, ma ce ne sono delle altre, altre che metteranno a rischio la loro sanità mentale e altre che li divideranno per sempre!” - ribattè Samuel.
“Credi che Ted ce la farà?”.
“A sopravvivere? No, ovviamente, ma questo lo sapevamo già! Se l’amore di quei due resiste alla fine arriveranno al centro e Ted verrà ucciso dal vampiro, se l’amore finisse, cosa che mi auguro, Ted verrà comunque ucciso dal vampiro che lo riconoscerà come la causa dei suoi mali!” - rispose Samuel.
“In tutte e due i casi Ted muore! Peccato!” - disse Samia.
“Sì, peccato! Ma a noi non deve importare! Noi seguiremo tutto ed interverremo solo alla fine per prendere la strega, che Ted sia morto oppure no!”.





NOTE:
Ciao a tutti!
Ecco il nuovo capitolo!
Finalmente si scopre cosa è successo a Bonnie.
Diciamo che per il momento il Labirinto ha giocato con loro creando per entrambi un' illusione che aveva il compito di fare in modo che si dimenticassero l'uno dell'altra, ma come vedete non ha funzionato.
Vi lascio un piccolo spoiler dicendovi che nei prossimi capitoli il Labirinto punterà su una nuova carta, punterà sulle loro paure.
Staremo a vedere cosa succede.
Come sempre: grazie per seguirmi e per le recensioni.
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Capitolo 10
*** Capitolo nono ***


Capitolo nono

Damon era fuori di sè dalla rabbia.
Aveva sempre pensato che la pazienza fosse una delle sue virtù, dopotutto quando sei un vampiro il tempo non è che conti poi molto e restare pazientemente in attesa di qualcosa anche per anni interi non faceva nessuna differenza, ma ora come ora il solo pensiero che dovessero passare più di cinque secondi prima di mettere le mani su quel lurido viscido bastardo magico lo faceva impazzire.
Dopo quello che aveva cercato di fargli la morte era il destino più piacevole che riuscisse ad immaginare per lo stregone, fosse stato per lui avrebbe creato qualcosa di peggio della morte solo per il verme.
- Ma ho deciso: sarò clemente! Mi limiterò a torturarlo, a frustarlo, a linciarlo e infine a impiccarlo nella pubblica piazza se riesco a trovarne una qui dentro! Sì, sono decisamente una brava persona, non c’è che dire! - pensava Damon mentre camminava furiosamente per le vie del Labirinto, quelle vie sempre uguali, talmente uguali che aveva come l’impressione di non muoversi per niente, ma solo di muovere le gambe continuando a restare fisso nello stesso posto, come se stesse correndo su un tapis-roulant.
Il paesaggio intorno a lui era fastidiosamente monotono, Damon si sentiva come una pantera in gabbia, un enorme gabbia maledettamente magica.
Damon odiava quella situazione: dopo quello che era accaduto poco prima sapeva che lì dentro tutto poteva cambiare da un momento all’altro e che poteva ritrovarsi all’improvviso in un incubo con le apparenze da sogno che non aveva intenzione di lasciarlo andare senza aver raggiunto il suo scopo, che per quanto aveva potuto capire era allontanarlo dalla sua streghetta ed indebolirlo, questo naturalmente a meno che lui non si accorgeva di quale era l’inganno e lo combatteva.
Tutto questo era più facile a dirsi che a farsi soprattutto ora che non aveva i suoi poteri telepatici.
I poteri fisici lo aiutavano a distruggere qualsiasi cosa quel Labirinto creasse per lui, ma non potevano aiutarlo a fiutare subito l’inganno, la magia, come invece potevano fare i suoi poteri mentali ora bloccati.
- Ha davvero messo su un bel piano quel miserabile, ma ho come l’impressione che non sia tutta farina del suo sacco, mi sembra troppo….come dire?…troppo…stupido per architettare tutto questo! Deve esserci qualcosa sotto! - ragionò, senza neppure sapere quanto avesse ragione.
Damon continuava a muoversi in attesa di qualcosa che sapeva sarebbe arrivata presto: ormai era passato troppo tempo da quando aveva distrutto la prima illusione.
Camminò per un’altra  manciata di minuti, quando un fascio di luce blu gli sorvolò la testa a velocità pazzesca.
- Ecco che si ricomincia! - pensò mentre il suo sguardo diventava più circospetto.
Il fascio di luce blu bloccò il suo volo pochi metri dopo aver oltrepassato il vampiro e, lentamente, cominciò a tornare indietro.
Damon lo vide avvicinarsi di secondo in secondo per poi fermarsi a qualche passo da lui.
Era come se la luce lo stesse fissando, lo stesse scrutando.
Passarono così interminabili secondi e poi tutto accadde in un attimo: il fascio di luce emanò un suono stridulò e alto, insopportabile per l’udito fine di un vampiro.
Damon si portò istintivamente le mani alle orecchie per proteggersele e lanciò un urlo piegando la testa leggermente in avanti.
La luce indietreggiò di pochi  millimetri e poi gli si scagliò addosso.
Damon sentì che gli toccava la fronte e poi la penetrava, era un dolore fortissimo, pensò che dovesse equivalere più o meno al dolore che un umano può provare se gli trapanano la testa mentre è sveglio, vivo e lucido.
Quando il dolore finì, Damon si ritrovò, come previsto, in un luogo diverso, ma questa volta quel nuovo posto non gli era sconosciuto, anzi gli era molto familiare.
Tutto intorno a lui c’erano alberi di ogni genere che crescevano forti e rigogliosi, poco più  in là una piccola fontana in marmo da cui proveniva acqua freschissima e limpida, il prato sotto i suoi piedi era di un verde abbagliante e le siepi svelavano una quantità enorme di fiori di ogni tipo e colore, alle sue spalle si stagliava la facciata di una villa gigantesca, una villa d’epoca.
Damon sapeva dove si trovava e sapeva perché quella luce, per portarlo lì, fosse entrata nella sua mente: quello lì era un suo ricordo.
Si trovava in un giardino, il giardino che circondava la villa della sua infanzia umana, ed era bellissimo proprio come lui lo ricordava ogni volta che negli anni ci aveva pensato.
Damon si guardava intorno riscoprendo mille dettagli di quel posto che erano stati portati via ai suoi ricordi dal tempo, e cominciò ad avvertire quell’antico senso di pace che lo pervadeva ogni volta che da bambino correva libero su quel prato verde sotto il cielo azzurro di Firenze.
Era ancora perso nella contemplazione di quel luogo, quando una risata allegra e cristallina, una risata da bambino, raggiunse le sue orecchie catturando la sua attenzione.
Si voltò nella direzione dalla quale proveniva quel suono e vide un bambino che gli correva incontro felice.
Il bambino corse, corse, corse a perdifiato fino a gettarsi tra le braccia di Damon che istintivamente, come fosse un gesto naturale, lo afferrò al volo e se lo tenne in braccio guardandolo negli occhi.
Il bambino era molto piccolo, doveva avere all’incirca sei anni, ma era alto per la sua età, era vestito ovviamente con vestiti adatti a quell’epoca e non sembrava affatto sorpreso oppure incuriosito per i vestiti che Damon aveva addosso, aveva i capelli corti e neri e un viso tenero, bello e vivace su cui erano incastonati due occhi di un verde intenso e lucente simile a quello degli smeraldi più preziosi.
Damon lo riconobbe subito.
“Stefan?” - disse rivolto al bambino.
“Certo! Chi credevi che fosse?” - gli rispose il bambino sorridendogli prima di portargli le braccia al collo e abbracciarlo forte.
“Finalmente sei venuto, Damon, ti stavo aspettando! Pensavo che non arrivassi più!” - gli disse il bambino mettendo il broncio.
“P-Perché mi aspettavi?” - gli chiese Damon mettendolo a terra.
“Oh, avanti, non scherzare! Come perché? Oggi è il mio sesto compleanno, Damon, e mi hai  promesso che lo avremmo passato insieme a giocare e divertirci, non dirmi che te ne sei dimenticato perché mi metto a piangere!” - rispose il piccolo Stefan.
Il sesto compleanno di Stefan: un giorno orribile, quella maledetta luce magica gli stava facendo rivivere uno dei giorni più terrificanti della sua vita.
Durante quel periodo le famiglie ricche, potenti e di successo come quella dei Salvatore non erano molto ben viste del resto della popolazione di Firenze, per lo più poveri e mendicanti con tanti sogni e speranze, ma senza un soldo oppure una buona conoscenza per realizzarli.
Erano in tanti quelli che cercavano in ogni modo di entrare nelle grazie dei grandi signori del tempo, ed erano in tanti a cercare di entrare nelle grazie di suo padre, Giuseppe Salvatore, uno degli uomini più ricchi della città.
Ma il buon vecchio padre non era un uomo molto affabile o propenso alla generosità senza nessun guadagno neppure con i suoi figli, figuriamoci con degli estranei e di estrazione sociale inferiore.
Beh, fatto sta, che ne aveva cacciati fuori a calci parecchi e, tra questi, mentre alcuni se ne erano semplicemente andati via con la coda tra le gambe, altri, già arrabbiati e provati nel loro orgoglio da rifiuti precedenti, cominciarono a desiderare vendetta contro quell’ultimo signore che gli aveva sbattuto la porta in faccia.
Suo padre aveva sentito alcune voci in giro e aveva cercato di stroncare la cosa sul nascere.
Damon a quell’epoca era ancora un bambino anche se di qualche anno più grande di Stefan, ma questo al padre non importò ed incaricò Damon di proteggere il fratello dicendogli che se fosse successo qualcosa al piccolo di casa allora il colpevole sarebbe stato solo lui e nessun altro.
Damon sentiva il peso di quella responsabilità e il fiato sul collo di suo padre, ma non ci faceva caso più di tanto anche perché non era mai successo nulla e le cose stavano cominciando a tornare come una volta.
Questo fino al giorno del sesto compleanno di Stefan.
Erano soli in giardino a giocare con delle piccole spade di legno e Damon, naturalmente, faceva di tutto per far divertire il fratello lasciandolo vincere quando all’improvviso dal nulla sbucò fuori un uomo grande e grosso vestito di stracci che si scagliò su entrambi con foga maledicendo loro padre e giurando che gliel’avrebbe fatta pagare per chissà cosa vendicandosi sui suoi figli, o qualcosa del genere, Damon non capì molto bene il linguaggio volgare di quell’uomo dall’aspetto di un orso e prese per mano Stefan cominciando a correre.
Ma l’uomo era troppo forte e accecato dall’ira e li raggiunse in un attimo afferrando Stefan.
Damon non ricordava bene cosa fosse successo dopo, ricordava solo le urla e il pianto del suo fratellino, ricordava il dolore che aveva provato ogni volta che quell’uomo lo aveva colpito quando cercava di liberare Stefan e poi ricordava quell’uomo che andava via e scompariva nel nulla, ricordava Stefan steso a terra privo di sensi e sanguinante, ricordava la rabbia che gli era montata in corpo e ricordava suo padre che senza sentire ragioni gli disse: “La colpa è solo tua!”.
Dopo quell’episodio si temette per intere settimane per la vita di Stefan: a quei tempi la medicina non era così avanzata e le ferite di Stefan sembravano incurabili.
Ma Stefan si riprese e tutto lentamente tornò come prima, anche se Damon aveva continuato a sentire il senso di colpa, instillatogli dal padre, per quello che era successo e adesso lo stava per rivivere per via del Labirinto.
“Stefan, certo che non l’ho dimenticato, ma invece di stare qui, perché non andiamo a giocare dentro, qui potresti sporcarti il tuo bel vestito nuovo!” - propose Damon al bambino sperando che accettasse per cercare di cambiare quell’orribile giorno.
“No, non voglio! E poi da quando preferisci stare dentro invece che qui fuori?”  - chiese il piccolo Stefan guardandolo fisso.
Damon si rassegnò: quello era un suo ricordo, quello era già successo, dovevano restare lì e lo sapeva, solo doveva stare più attento.
“Va bene, allora!” - rispose con un’alzata di spalle.
Passarono ore intere a giocare a tra loro.
Damon si sentiva di nuovo bambino, sentiva di nuovo quella gioia che provava quando erano solo loro due, Stefan e Damon, i due fratelli Salvatore che giocavano insieme in giardino, prima che il futuro si abbattesse su di loro incasinando tutto, prima che arrivasse Katherine, il mondo dei vampiri, l’odio, la competizione, i secoli, a dividerli e a renderli quasi estranei.
Era da pochi anni che erano tornati a vedersi stabilmente tutti i giorni, da quando erano arrivati a Fell’Church, ma il loro rapporto non era ritornato ad essere quello che era prima, neppure adesso che non c’era nulla a dividerli, adesso che per lui esisteva solo la sua Bonnie.
Mentre era perso nei suoi pensieri non si era reso conto che il sorriso del piccolo Stefan era improvvisamente scomparso e che si era immobilizzato di colpo cominciando a tremare.
- E’ arrivato! - pensò Damon.
Si voltò e a qualche metro da lui vide un uomo alto e con le spalle larghe, ma non così spaventoso come ricordava, poi guardò Stefan e vide quanto fosse piccolo in confronto a quell’omone e capì che era logico che lui lo ricordasse come una specie di montagna umana: un uomo così alto può essere mostruoso se visto con gli occhi e con l’altezza di un bambino, e Damon a quel tempo era un bambino.
Damon si portò davanti a Stefan e gli fece scudo, mentre il piccolo gli si aggrappava ad una gamba.
“Damon che succede?” - chiese tremante Stefan con le lacrime che gli rigavano il piccolo viso.
“Non preoccuparti! Ti proteggerò io!” - rispose Damon accarezzandogli la testa.
Sì, lo avrebbe protetto! Non poteva permettere che succedesse ciò che sapeva che stava per succedere.
Stefan non avrebbe vissuto quell’incubo, non sarebbe rimasto confinato tanto a lungo in un letto e in fin di vita, non sarebbe successo perché lui lo avrebbe impedito, era un vampiro adesso, non un bambino umano.
Quell’uomo cominciò a urlare frasi senza senso, senza capo né coda e si avventò su di loro.
Damon spinse il piccolo Stefan e insieme cominciarono a correre, come da copione.
All’improvviso Stefan emise un urlo straziante e quando Damon si voltò vide che quell’ uomo lo aveva preso per una gamba e lo aveva avvicinato a lui dandogli, poi, uno schiaffo violentissimo in pieno viso tanto da fargli sanguinare un labbro.
Damon non ci vide più tanta era l’ira e si avventò sull’uomo.
Ma sentiva che qualcosa non andava, le sue gambe non si muovevano alla velocità che lui voleva, erano più lente e più deboli.
Quando arrivò dall’uomo provò a dargli un pugno nello stomaco, ma il risultato fu che quello a farsi male fu lui e non l’altro che invece lo spinse via come se niente fosse continuando a picchiare Stefan.
- Che sta succedendo? - pensò Damon.
Provò a scagliarsi di nuovo sull’uomo, ma il risultato fu lo stesso di poco prima: Damon con i suoi colpi non gli aveva fatto perfettamente nulla, era come se quei colpi non venissero inferti all’uomo da un vampiro potentissimo come lui, ma da un umano, anzi neppure da un umano perché, se anche lui, Damon, fosse stato umano con la sua stazza sarebbe riuscito a far del male a quel farabutto, ma invece niente, sembrava che quei colpi venissero sferrati da un….
- Un bambino! Sono un bambino! -  pensò Damon e allora tutto gli fu chiaro.
Capì perché il piccolo Stefan non aveva battuto ciglio quando lo aveva visto la prima volta, era semplice: Stefan non si era incuriosito perché ai suoi occhi Damon appariva come un bambino, appariva come era davvero all’epoca di quel ricordo e appariva così anche a quell’uomo venuto fuori dal nulla, probabilmente sarebbe apparso un bambino anche a sè stesso se si fosse riflesso in uno specchio per questo si muoveva come un bambino e aveva la forza di un bambino.
In quel preciso istante Damon capì che non avrebbe potuto fare nulla per sistemare le cose: quello era un suo ricordo, quello era già successo e niente sarebbe cambiato, niente.
Tentò un altro paio di volte di intervenire, ma fu tutto inutile, poi all’improvviso l’uomo sparì.
Stefan era a terra pieno di ferite.
Da lontano accorsero dei domestici seguiti da suo padre.
Mandarono a chiamare il medico.
Stefan era privo di sensi e coperto di sangue.
Tutti cercavano di darsi da fare intorno al piccolo ferito, ma già si sentivano i primi sussurri di tristezza da parte di coloro che non erano sicuri che Stefan sarebbe sopravvissuto.
Un uomo, il primo che si era accorto di ciò che era accaduto, stava raccontando a suo padre, chino sul piccolo corpo di Stefan, cosa era successo, gli raccontava dell’uomo che li stava picchiando e che era sparito.
Alcuni corsero all’inseguimento di quella persona che Damon sapeva che non sarebbero riusciti a trovare e che lui non avrebbe mai più rivisto.
Due uomini annunciarono l’arrivo del medico e presero delicatamente Stefan avviandosi verso la villa.
Suo padre si alzò e gli si parò di fronte.
Damon alzò gli occhi e lo guardò.
Giuseppe Salvatore, senza sentire ragioni, si limitò a dire la frase che avrebbe perseguitato Damon per molto, troppo tempo.
“La colpa è solo tua!”.
Poi il mondo cambiò.
Damon sentì di nuovo quel dolore fortissimo alla testa e in pochi istanti si ritrovò di nuovo nel Labirinto con quella luce che sembrò fissarlo prima di sparire.
Damon lasciò cadere la testa sul petto e si accasciò a terra con gli occhi persi nel vuoto.
Non aveva fatto nulla, non aveva potuto fare nulla perché era troppo debole per combattere con quell’uomo che come unico vantaggio aveva solo l’altezza.
E adesso l’unica cosa che si chiedeva era come potesse sperare di essere abbastanza forte da sconfiggere Ted che come vantaggio aveva molto di più, aveva la magia, aveva le illusioni, aveva il Labirinto.
Damon si sentiva scoraggiato, perso, senza speranza….si sentiva vuoto.




NOTE:
Ciao a tutti!
Grazie per le recensioni al vecchio capitolo e per i complimenti, siente tutti fantastici come sempre.
Beh, questo capitolo è un pò diverso dagli altri, qui non si parla della coppia, ma solo di Damon.
Ho voluto metterlo per varie ragioni.
Primo: volevo raccontare qualcosa di diverso.
Secondo: nello scorso capitolo ho detto che il Labirinto avrebbe giocato con le loro paure perchè voleva indebolirli per poi dividerli, e mi piaceva l'idea che una delle paure di Damon riguardasse il non poter difendere Stefan.
Terzo: mi piaceva l'idea e l'ho inserita nella storia.
E poi lo credo piuttosto funzionale ai fini della storia stessa: nella mia mente Ted ha capito, con le prime illusioni, che dividere Damon e Bonnie non era per niente facile, quindi l'unica cosa da fare per riuscire ad avere una speranza era minare la loro stabilità mentale ed emotiva facendoli vivere esperiente per loro traumatiche, e come vedete, alla fine del capitolo, Ted è riuscito nel suo intento visto che Damon è ridotto così male da aver quasi perso ogni speranza.
Vedremo cosa accadrà in seguito, ma vi anticipo che qualcosa di destabilizzante succederà anche a Bonnie nel prossimo capitolo, perchè sto cercando di rendere il percorso dei due più o meno simmetrico:
Illusione per Damon - illusione per Bonnie.
Paura per Damon - Paura per Bonnie.
E così via....
Comunque fatemi sapere cosa ne pensate di questa mia idea, spero che non vi deluda.
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Capitolo 11
*** Capitolo decimo ***


Capitolo decimo

Bonnie era ancora seduta a terra con le spalle appoggiate ad una parete quando lentamente aprì gli occhi: non si era neppure accorta di essersi addormentata e chissà per quanto tempo, ma ciò che le era successo l’aveva spossata lasciandola senza forze.
- E’ stato ingiusto e crudele - pensò Bonnie rivedendo nella sua mente l’illusione di cui era stata vittima.
Rivedere l’immagine di sua nonna l’aveva resa davvero felice, ma adesso sapere che era stato tutto un trucco di Ted, che lui aveva usato sua nonna per i suoi sporchi scopi…beh, questo la mandava in bestia.
A quel punto se prima aveva qualche remora sul lasciare oppure no che Damon uccidesse lo stregone, adesso non ne aveva più: Ted doveva morire per tutto quello che le stava facendo e per tutto quello che stava facendo a Damon.
- Oh Damon , chissà cosa ti starà facendo passare - Bonnie sapeva che Damon ne aveva tanti di scheletri nell’armadio, di ricordi strazianti ed era preoccupata, si sentiva tremendamente preoccupata perché se Ted aveva trovato il modo di accedere ai suoi ricordi e di usarli contro di lei, chissà cosa poteva fare con i ricordi di Damon che erano infinitamente più dei suoi.
Con una mano poggiata sul cuore, chiuse gli occhi e cercò di inviare a Damon tutto il suo amore e il suo appoggio sperando che lui potesse sentirla, inconsapevole del fatto che lui non aveva più i suoi poteri psichici e che quindi il suo messaggio non gli sarebbe mai giunto.
Dopo qualche istante passato a rimuginare sul da farsi e a ripetersi mentalmente che doveva trovare la forza di proseguire, aprì nuovamente gli occhi e si alzò cautamente.
Quando si guardò intorno una tremenda angoscia le fece tremare le gambe: tutto era sempre uguale, spaventosamente uguale.
Deglutì rumorosamente e poi cominciò a camminare mettendo lentamente un piede davanti all’altro.
Dentro di lei sentiva crescere la paura anche se non ne sapeva il motivo, ma era come se nel profondo sentisse che qualcosa di orribile stava per accadere e ormai aveva imparato che doveva sempre dar retta a quel tipo di sensazioni, soprattutto se quelle sensazione erano sue.
- Il mio sesto senso…..cosa farei se non l’avessi? - pensò con un certo orgoglio.
Camminò, camminò e continuò a camminare per metri o forse kilometri, Bonnie questo non lo sapeva: perdere la cognizione dello spazio e del tempo era facile lì dentro, con quelle mura sempre uguali.
- Beh Bonnie non dovresti lamentarti, anzi dovresti essere contenta del fatto che qui non cambi nulla, perché hai visto tu stessa a cosa porta il cambiamento qui dentro: porta guai, porta paure e porta incubi. E tu non vuoi nessuna di queste cose, giusto? Quindi spera che tutto resti uguale e continua a camminare! - le disse una voce nella sua testa, ma Bonnie non riusciva proprio ad assecondarla: la paura era troppo forte.
Continuò così per altri pochi metri più o meno, quando all’improvviso la luce sparì, tutto intorno a lei diventò buio.
Bonnie restò immobile per alcuni secondi mentre il suo respiro cominciava ad accelerare.
Cercò di ritrovare la parete alla sua destra portando le mani davanti a lei e cercando nel buio, ma niente.
Fece lo stesso con la parete di sinistra, ma il risultato fu lo stesso.
Era come se quel buio improvviso avesse inghiottito tutto lasciandola in un vuoto immenso e totale.
Bonnie cominciò a sudare freddo.
Il buio non lo aveva mai sopportato, ne era sempre stata terrorizzata e se fino a qualche anno prima se ne vergognava un po’, adesso sapeva che la sua paura era  più che fondata: aveva visto con i suoi occhi tutti gli orrori che si possono nascondere nel buio e nelle tenebre: demoni, fantasmi, licantropi, vampiri e chi più ne ha più ne metta…. Sì, non tutti erano malvagi, ma per uno che si salvava ce ne erano mille crudeli e spietati….lo stesso Damon, anche se adesso era cambiato, nei secoli precedenti era stato malvagio.
Quella situazione non le piaceva per niente, avrebbe tanto voluto gridare, ma non sapeva se quella era esattamente una buona idea: non aveva nessuna certezza del fatto che in quel buio lei fosse sola.
Cominciò a camminare con le braccia in avanti cercando si non fare rumore.
Non seppe mai quanto tempo vagò nel buio, ma all’improvviso un sorriso le si aprì sul volto: di fronte a lei c’era una luce, una debole luce lontana.
- Al diavolo tutto! - Bonnie cominciò a correre verso quella luce a perdifiato e senza preoccuparsi di nulla.
Più si avvicinava e più correva veloce, il suo cuore andava all’impazzata, era troppo impegnata a correre per chiedersi cosa ci fosse davvero in quella luce, ma il buio le faceva così paura che l’unica cosa che voleva era fuggire.
Così arrivata davanti a quella che ormai era una porta di luce e non più un semplice puntino lontano, vi si gettò dentro a capofitto, certa di aver trovato la salvezza.
Quello che non sapeva era che l’incubo era solo iniziato.
Oltrepassata la porta di luce Bonnie si fermò ansimante con la testa bassa e le mani appoggiate sulle ginocchia e cercò di riprendere fiato dopo la corsa.
Con la coda dell’occhio si accorse che dietro di lei la porta si richiudeva e il buio scompariva.
Quando scompare del tutto tirò un sospiro di sollievo e si mise dritta guardando per la prima volta ciò che aveva davanti a sè.
Si aspettava di rivedere le mura del Labirinto, invece ciò che vide la lasciò di stucco: era a Fell’s Church, davanti all’ingresso del liceo Robert E. Lee.
- Ma cosa sta succedendo? - pensò Bonnie, sapeva che era impossibile che fosse uscita dal Labirinto, perché Ted era stato chiaro riguardo all’unico modo che avevano per uscire cioè arrivare al centro e combattere con lui, ma allora cos’era quello? Un’altra illusione?
Bonnie era sconcertata e confusa, non sapeva cosa stava succedendo, quando all’improvviso sentì delle urla e vide che tutti gli studenti del liceo cominciavano a correre via dall’edificio terrorizzati.
Una frazione di secondo e dalle porte del liceo Bonnie vide uscire un mostro, ma un mostro molto familiare.
Era enorme e verde e pieno di scaglie marroni, aveva le fattezze di un uomo alto circa due metri e mezzo, ma la testa era quella di un toro, con corna lunghe e minacciose di un verde più chiaro con striature nere.
I suoi occhi erano gialli e la posto delle dita aveva artigli arcuati e taglienti.
Era vestito di stracci.
Bonnie restò completamente paralizzata.
Era anni che non lo vedeva, o meglio era da anni che aveva smesso di fare quel sogno, quell’ orrendo sogno di morte che aveva fatto tutte le notti per tre lunghi anni.
Aveva dodici anni quando quel sogno aveva cominciato a tormentarla ed era sempre lo stesso: era di fronte al liceo, quel mostro veniva fuori e cominciava a rincorrerla per tutta la cittadina, non importava quanto lei corresse, non importava a quante porte bussasse in cerca di aiuto, non importava cosa dicesse o cosa cercasse di fare, il sogno finiva sempre allo stesso modo, con lei a terra, bloccata dal mostro che le dilaniava la carne.
A chiunque lo aveva raccontato le avevano risposto che la sua era solo paura del liceo e che capitava spesso nelle ragazzine della sua età, ma lei sapeva che non era così che stavano le cose, che doveva esserci dell’altro.
Bonnie non aveva mai avuto paura del liceo, anzi era esattamente il contrario: lei moriva dalla voglia di andarci al liceo.
Ricordava perfettamente quando un giorno sua sorella maggiore Mary la portò con sé al liceo perché doveva fare chissà cosa, e mentre lei era in una stanza a parlare con una donna anziana, Bonnie era rimasta in corridoio seduta su una sedia di legno a guardare quel mondo nuovo che le si apriva davanti agli occhi.
Guardava le ragazze che uscivano dalle classi e ne rimaneva incantata perché loro erano così grandi, così belle.
Guardava i ragazzi e pensava che un giorno loro avrebbero guardato lei come guardavano quelle ragazze, avrebbero tenuto lei per mano, avrebbero abbracciato lei.
Già si vedeva con i libri stretti tra le braccia a camminare con passo sicuro tra quei corridoi, ormai grande, bella, intelligente, con una vita diversa e più interessante.
No, la sua non era paura del liceo.
Ma non sapeva cos’era e quel sogno aveva continuato a tornarla per anni fino a che un giorno era scomparso e non era più tornato….fino a quel momento.
Bonnie ormai ne era certa: lei non era uscita dal Labirinto, lei era ancora lì dentro e stava rivivendo quel sogno, quel suo sogno, era all’interno di un sogno.
Tutto quel buio non nascondeva nulla era solo buio, ma Ted sapeva che lei ne aveva paura e ne aveva approfittato per mandarla dritta in un posto dove non avrebbe mai messo piede di sua spontanea volontà.
E lei era stata stupida a non chiedersi prima verso cosa stava correndo.
Ma adesso era tutto inutile.
Ormai era lì e sapeva cosa stava per accadere.
Appena un attimo dopo quel mostro la vide e cominciò a correrle contro con un ghigno malefico sul volto, allungando gli artigli davanti a se, pronto ad afferrarla.
Bonnie si voltò di scatto e cominciò a correre.
“Allontanati da me! Vattene! Tu sei solo un sogno!” - gridava, ma era inutile.
Il mostro continuava a seguirla distruggendo qualsiasi cosa si trovasse sul suo cammino.
Bonnie sapeva che non si sarebbe fermato per nulla al mondo, lui voleva lei, voleva ucciderla e avrebbe continuato a rincorrerla per anni se fosse stato necessario.
Ed era inutile che lei fuggisse perché sapeva che lui l’avrebbe presa presto, ma non poteva farne a meno: doveva fuggire, ricordava il dolore che provava in sogno quando lui la prendeva e non voleva riviverlo, inoltre non sapeva cosa sarebbe successo nella vita reale se fosse morta in sogno, perché quello non era un sogno normale, quel sogno era stato indotto dalla magia, da Ted e non sapeva se lui avesse oppure no fatto in modo che se lei moriva in sogno sarebbe morta anche nella realtà, non lo sapeva e non voleva fare nessun tentativo per scoprirlo, le cose in gioco erano troppe, c’era lei, la sua vita, c’erano i suoi amici, ma soprattutto c’era Damon, lei doveva arrivare fino in fondo, doveva sconfiggere qualsiasi cosa avesse incontrato sulla sua strada perché lei doveva rivederlo, doveva riabbracciarlo, doveva tornare ad essere felice, con lui.
E così correva, correva, correva e continuava correre lanciando qualche sguardo all’indietro, di tanto in tanto, per capire dove fosse il mostro.
Adesso era sulla strada principale, e davanti a lei non c’era nulla.
Stava correndo verso il cimitero, lo sapeva, ma non gliene importava.
Doveva resistere: era questa l’unica cosa importante.
Di tanto in tanto urlava o correva a dare calci e pugni a qualche porta sperando di ricevere aiuto, ma sapeva che era inutile: faceva quel gesto solo perché era scritto sul copione di quel sogno, copione che conosceva a memoria e che sapeva che si stava avviando al termine.
Aveva messo da poco piede nel cimitero, nella parte vecchia, quando all’improvviso un dolore lancinante la colpì alla schiena facendola cadere a faccia in giù: il mostro l’aveva ferita con i suoi artigli.
Fu questione di un attimo e si sentì afferrare per una caviglia e trascinare.
Ad un certo punto il mostro si fermò e le lasciò il piede solo per andarle di lato e darle un calcio nel fianco destro per farla girare.
Bonnie adesso lo vedeva da vicino.
Lui era lì e se la rideva, mentre lacrime disperate cominciarono a straripare dagli occhi di Bonnie.
Lui cominciò a riempirla di calci e pugni e lei era troppo debole per riuscire a difendersi.
Sentiva che stava per cedere, tutto stava per finire, anche la sua vita.
E, con quella consapevolezza, Bonnie urlò con tutto il fiato che aveva in gola: “Vattene! Non può finire così! Io devo rivedere Damon!”.
Solo allora il mostro si fermò e fece una cosa che non aveva mai fatto in sogno: parlò.
“Rassegnati! Non lo rivedrai più! Come credi di riuscire ad arrivare alla fine di tutto questo? Sei troppo debole per riuscirci! Sei patetica! Credi davvero di riuscire a farcela? Beh ti sbagli! Non rivedrai mai più Damon ed è tutta colpa tua, perché sei troppo debole!” - le disse e poi si lanciò su di lei con le fauci spalancate.
Bonnie chiuse istintivamente gli occhi e attese di sentire gli artigli e i denti del mostro lacerarle la carne e farle a pezzetti, ma non accadde nulla.
I minuti passavano e continuava a non accadere nulla.
Era strano, molto strano.
Bonnie lentamente riaprì gli occhi e si tirò a sedere di scatto.
Non era più nel cimitero, non era più a Fell’s Church, non era più nel sogno e non c’era più il mostro.
Era tutto scomparso.
Adesso c’era soltanto il Labirinto con lei sue vie verdi e la sua luce accecante, e poi c’era lei.
Si guardò e sembrava che tutto fosse a posto, ma quando cercò di mettersi in piedi, ricadde al suolo mentre un dolore mai sentito le attanagliava una gamba.
Guardò nel punto in cui faceva più male e ciò che vide la stordì.
Sul suo polpaccio sinistro, quello che il mostro aveva afferrato per trascinarla c’era una scritta, la sua pelle era stata lacerata fino a formare una scritta, una scritta che diceva: < TROPPO DEBOLE >.
Bonnie la osservò con gli occhi spalancati e il cuore che batteva a mille per alcuni minuti, poi la scritta lentamente scomparve mentre la sua carne si rimarginava e il dolore scompariva.
Troppo debole, c’era scritto troppo debole.
Lei era troppo debole, il mostro glielo aveva detto, le aveva detto che era troppo debole per riuscire ad arrivare di nuovo a Damon.
All’improvviso tutta la verità di quelle parole si abbattè su Bonnie.
Ma chi pensava di prendere in giro? Era vero che era debole.
Lei non aveva forza né nel corpo, né nel carattere, non l’aveva mai avuta, si era sempre aggrappata a qualcun altro, a Meredith, ad Elena, a Stefan e adesso a Damon, non aveva mai affrontato niente da sola, niente, non perché non volesse, ma perché sapeva di non esserne in grado, e non ne era in grado perché lei era troppo debole, erano gli altri quelli forti, non lei, lei era solo la ragazzina piagnucolosa che si trascinavano dietro per amicizia o per amore, nient’altro, non era indispensabile in battaglia, non lo era mai stata e non lo era adesso.
Lei non poteva davvero credere che questa volta poteva farcela, non poteva perché non era vero,senza nessuno al suo fianco, da sola, lei non poteva farcela, non poteva fare nulla perché era troppo debole.
Con questi pensieri che le vorticavano ancora nella testa, e con il senso di impotenza che le colmava il cuore, Bonnie si lasciò andare distesa al suolo.
Si sentiva scoraggiata, persa, senza speranza….si sentiva vuota.



NOTE:
Ciao a tutti!
Scusate l'assenza prolungata, in questa settimana sono stata parecchio impegnata tra l'università e il lavoro.
Ma da questa settimana vi assicuro che i tempi di aggiornamento si faranno più brevi.
Comunque sono contenta che vi sia piaciuto il nono capitolo e spero che vi piaccia anche questo, anche se, mai come questa volta, questo capitolo non mi convince per niente!
Quindi, mi raccomando, se fa schifo ditemelo!
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Capitolo 12
*** Capitolo undicesimo ***


Capitolo undicesimo

In piedi sulla sua piattaforma, con gli occhi fissi sulle sfere davanti a sè e con un sorriso a trentadue denti sul volto, Ted se la rideva guardando la strega e il vampiro.
Sembravano entrambi così persi, così scoraggiati, così intimoriti, così…così…così depressi, ecco, questa era la parola giusta: il vampiro e la strega sembravano depressi.
A detta di Ted, naturalmente, quei due se l’erano cercata, insomma, avevano fatto  fuori le sue belle illusioni come se non fossero nulla, con tutto il lavoro che ci aveva messo per realizzarle e aveva pure perso tempo a studiare la loro vita.
Ma quando tutto era andato in fumo, bè…a quel punto a mali estremi, estremi rimedi.
Usare la loro mente era stato un colpo veramente basso, degno dei più grandi bastardi della storia di tutti i bastardi, ma era l’unica maniera che aveva avuto per abbatterli.
Doveva indebolirli per riuscire a spezzarli e Ted sapeva per esperienza diretta che nulla indebolisce, terrorizza e svuota come la propria mente e tutto ciò che c’è dentro: gli incubi, i ricordi dolorosi, le situazioni traumatiche vissute in passato.
Ted ricordava ancora con orrore quando a lui era toccata la loro stessa sorte.
Aveva circa quindici anni, era un ragazzino e come tutti i ragazzini del regno magico ogni giorno aveva lezioni di magia e allenamenti estenuanti.
In quel particolare periodo della sua vita era stato un vero idiota: se ne andava in giro terrorizzando i più piccoli o quelli meno in gamba di lui solo perché grazie alla formidabile memoria che aveva sempre avuto gli risultava più facile imparare i vari incantesimi oppure grazie alla sua facilità con le rime che gli permetteva di scrivere velocemente nuovi incantesimi personali.
A volte rispondeva male persino agli insegnanti e puntualmente veniva allontanato per giorni o anche settimane, ma lui non prendeva le sospensioni come dei castighi, anzi era fermamente convinto che fossero una specie di riconoscimento da parte delle alte sfere, come a dire: ok, Ted, noi siamo i professori, ma riconosciamo che tu sei uno stregone migliore di noi, quindi ogni tanto abbiamo bisogno di allontanarti dagli altri per non  fare la figura dei fessi.
A quel tempo si sentiva una specie di dio della magia, questo fino al fatidico giorno del terrore.
Era in classe e non ascoltava per niente il professore che spiegava come fare una certa pozione, quando il professore gli dice: “ Ted, presta attenzione!”.
Naturalmente lui non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione di mettere in ridicolo l’uomo e rispose: “E perché mai dovrei? Cosa può insegnarmi uno stregone decisamente non degno di questo nome, come è lei, a me, che invece sono un prodigio!”.
Per il professore quella era stata l’ultima goccia.
All’improvviso pronunciò parole strane ed incomprensibili e Ted venne colpito da un dolore lancinante alla testa.
Pochi secondi dopo stava rivivendo l’incubo peggiore che avesse mai fatto, con la sola differenza che adesso non sembrava per niente un sogno, anzi era tutto dannatamente reale.
Quando tutto finì Ted si era ritrovato  in ginocchio a terra, tutto tremante, con le lacrime agli occhi, e con gli sguardi di tutti i suoi compagni puntati a dosso.
Il professore gli andò incontro e lo aiutò a risedersi, poi lo guardò e gli disse: “Sei in grado di farlo, Ted?”.
Ted fece di no con la testa, così il professore continuò: “Bè, allora non sei un  vero stregone! Lo sarai solo quando sarai capace di fare una cosa del genere, se sarai mai in grado di farlo!”.
Da quel giorno quelle parole si erano impresse a fuoco nella mente di Ted che cambiò radicalmente e cominciò ad applicarsi sul serio, con l’unico obiettivo di tornare un giorno da quel professore e mostrargli che lui aveva imparato, che era diventato un vero stregone.
Ma non ne aveva avuto il tempo perché era successo quello che era successo con la strega e allora aveva dovuto usare questo trucco, per la prima volta, con loro.
Non che si lamentasse, anzi…ne era valsa la pena.
Vederli camminare come due zombie nel Labirinto era estasiante.
- Bene Ted! Il piano era: indebolisci e dividi! Con la prima parte ci siamo, si sono palesemente indeboliti, ora si passa alla seconda! Adesso ci vuole una bella illusione, e se tutto va per il verso giusto, allora non ci sarà neppure bisogno di usare l’arma segreta! - disse una voce nella testa di Ted e aveva ragione, non era questo il momento di perdersi nei ricordi, adesso aveva ben altro da fare.

Damon vagava per quelle strade sempre uguali con le parole di suo padre che ancora gli vorticavano, frenetiche ed insistenti, nella mente.
“La colpa è solo tua!” - era questo che aveva detto e aveva avuto tutte le ragioni per farlo.
La colpa era solo sua, la colpa era sempre stata solo sua.
Se i rapporti con Stefan erano quelli che erano la colpa era solo sua.
Se tutti lo odiavano la colpa era solo sua.
Se tutti avevano rischiato la vita più volte la colpa era solo sua.
Se Shinichi e Misao avevano attaccato Fell’s Church la colpa era solo sua.
Se Stefan era stato fatto prigioniero nello Shi no shi la colpa era solo sua.
Se Bonnie, la sua Bonnie, aveva rischiato di essere uccisa da Chen la colpa era solo sua.
Se si trovavano lì dentro, adesso, mentre gli altri erano fuori immersi in un sonno dal quale potevano non svegliarsi mai più la colpa era solo sua.
Tutto era colpa sua.
Damon si sentiva debole e spossato, non riusciva a pensare lucidamente a nulla, vagava per quelle vie senza curarsi di dove stesse andando, l’unica cosa con lo spingeva ad andare avanti era la consapevolezza che lì, da qualche parte, c’era Bonnie e che lui voleva rivederla almeno per una volta.
Era immerso nei suoi tristi pensieri, quando improvvisamente si sentì afferrare per un braccio.
Si voltò e lì a sorridergli trovò una bambina.
Aveva lunghi capelli castani sciolti sulle spalle fatta eccezione per quelli davanti che teneva legati indietro con un fiocco enorme.
Gli occhi erano azzurri e aveva la pelle candida e le guance rosate.
Aveva un vestito davvero bello in stile Alice nel paese delle meraviglie, solo che il suo era di velluto verde.
Lo guardava sorridendo e con un espressione dolcissima.
“Chi sei?” - chiese Damon.
“Vieni con me!” - rispose candidamente la bambina che avrà avuto all’incirca dieci anni.
Damon la prese per mano e si lasciò guidare.
Si fermarono di fronte ad una parete e dal nulla comparve una porta, quando la attraversarono Damon restò sbalordito da ciò che vide: era all’interno di una stanza piena di tv al plasma e ogni singola tv proiettava quello che era un suo ricordo, un suo ricordo dei momenti con Bonnie.

Bonnie era ancora stesa per terra e teneva gli occhi chiusi.
Tutta quella storia dell’incubo l’aveva terrorizzata, per non parlare di ciò che aveva fatto alla sua sicurezza.
Adesso sapeva che non poteva farcela, non poteva fare nulla perché era troppo debole.
A dirglielo era stato il mostro, quindi doveva essere vero.
Sì, perché quel mostro non era stato creato da Ted, era parte di lei, del suo subconscio, della sua coscienza, e se persino la sua coscienza le diceva che era troppo debole, allora come poteva fare a non crederci?
E se era troppo debole perché continuare a lottare?
Perché andare avanti? Non ce ne era motivo.
- Oh, avanti Bonnie, che scemenze dici, sì che c’è un motivo e si chiama Damon, tu devi rivedere Damon almeno una volta, poi potrai lasciarti andare in pace! - le disse una voce nella sua mente.
Non appena il nome di Damon tornò nei suoi pensieri, Bonnie sentì che doveva proseguire, sapeva che non ce l’avrebbe fatta, ma non importava, lei doveva rivedere Damon.
Si alzò lentamente in piedi tenendosi una mano sulla fronte come a bloccare il dolore del terribile mal di testa che quei cupi pensieri in cui si era crogiolata fino ad un attimo prima le avevano causato.
Sentiva la testa pulsare e credeva di stare impazzendo, quando un rumore attirò la sua attenzione.
Era come un ticchettio continuo, tic-tic-tic-tic, e si avvicinava sempre di più.
Mano a mano che si avvicinava quel rumore diventava sempre più forte e più familiare, fino a che Bonnie non lo vide: davanti a lei un bambino le stava andando incontro facendo rimbalzare una palla marrone di cuoio sul suolo provocando quel continuo ticchettio.
Il bambino all’improvviso si fermò, alzò lo sguardo e non appena la vide le corse incontro posizionandosi a meno di un metro da lei e sorridendole.
Era un bambino bellissimo, di circa dieci anni.
Aveva i capelli corti, castani e due occhi azzurri fantastici, la pelle era candida e le guance rosate.
Era vestito come un piccolo principino, con un bellissimo vestito di velluto verde.
La guardava teneramente.
Poi le allungò una mano e le disse: “Vieni con me!”.
Quel bambino era così bello che Bonnie non potè fare altro che accontentarlo: gli afferrò la manina e lo seguì.
Si fermarono poco dopo e dal nulla venne fuori una porta.
Bonnie era terrorizzata da quella apparizione improvvisa, ma il bambino la esortò ad entrare con un favoloso sorriso e lei non potè fare altro che cedere.
Oltrepassò la porta e si ritrovò in una stanza piena di tv che proiettavano i suoi più bei ricordi con Damon.

Damon era ancora lì, imbambolato a fissare tutti quegli schermi.
C’era davvero tutto lì: la prima volta che l’aveva vista quando era ancora troppo stupido per capire che aveva davanti la donna della sua vita, il loro primo bacio alla festa di Alaric, la prima volta che l’aveva salvata, il loro secondo bacio quello che gli diede lei mentre lui era posseduto, il momento in cui non ricordava nulla e poi quello in cui aveva ricordato tutto, quando l’aveva rivista con Lucas, quando aveva capito di amarla, quando l’aveva baciata nel bosco, la lotta con Chen, quando si erano detti “ti amo”, la loro prima volta insieme, il primo morso, il loro viaggio…era tutto davanti ai suoi occhi.
Damon fissava ogni singolo schermo e riviveva quei momenti, era incredibile ciò che sentiva.
Ma all’improvviso la bambina che era rimasta sempre accanto a lui, si allontanò, andò davanti alle tv e cominciò a spegnerle una ad una, e ogni volta che una tv veniva spenta un dolore fitto alla testa lo colpiva e Damon si ritrovava a guardare quello schermo ormai vuoto sforzandosi di ricordare cosa c’era dentro, ma senza nessun risultato: la bambina stava cancellando la sua streghetta.

Le fitte di dolore erano fortissime.
Bonnie non riusciva a capire perché il bambino si comportasse così.
Un attimo prima era lì che riviveva tutti i suoi momenti con Damon e un attimo dopo il bambino spegneva le tv e le faceva dimenticare tutto senza una ragione apparente.
Ma Bonnie doveva fare qualcosa perché sentiva i ricordi svanire ad uno ad uno come se semplicemente non fossero mai esistiti.
“Fermati! Perché lo stai facendo?” - gridò, ma il bambino non le rispose e lento e inesorabile continuò tranquillamente a fare ciò che stava facendo prima.
Bonnie allora gli andò incontro, lo voltò bruscamente e scollandogli le spalle cominciò ad urlargli in pieno viso.
“Perché lo fai? Perché cancelli Damon dalla mia mente? Rispondimi subito!” - gridò.
Il bambino la guardò per qualche istante e poi le rispose serenamente: “Perché è questo quello che tu vuoi che io faccia!”.

“COSA?” - Damon non poteva credere alle sue orecchie, eppure il suo udito era praticamente perfetto.
Quella bambina gli aveva appena detto che stava cancellando Bonnie perché era lui a volere che lo facesse.
- Ma è pazza? - pensò Damon sentendo la rabbia crescere sempre più.
Se fino a qualche istante prima credeva che quella bambina fosse una specie di piccolo angelo, ora credeva solo che fosse una piccola psicopatica.
Come le era saltato in mente di dire una cosa simile? A lui, poi?
“Ok, ascoltami, piccoletta! Voglio concederti il beneficio del dubbio e quindi farò finta di non aver capito quello che hai appena detto. Ora tu mi spieghi perché diamine spari cavolate colossali come questa!” - disse Damon.
“Io ti dico che hai sentito benissimo e che non dico nulla che non sia vero! Sono una bambina, io, non posso mentire perché sono troppo innocente per farlo!” - rispose la piccola.
“E quindi?” - fece Damon.
“E quindi ho detto la verità! Sei tu che la vuoi cancellare. Pensaci, Damon, tu ti senti perso, senza speranza, vuoto, sai che non potrai mai vincere, quindi perché lottare? E se non puoi vincere perché soffrire continuando a restare attaccato al ricordo di qualcuno che sai non rivedrai più e con la quale non potresti mai essere felice perché non vincerai e quindi morirai?” - chiese la bambina.
Damon non poteva crederci, stava succedendo di nuovo: la magia era di nuovo entrata nella sua mente e non solo stava manipolando i ricordi che aveva di Bonnie, ma era stato lui stesso a farla entrare e lui stesso non stava facendo nulla per bloccare quell’ orribile processo di distruzione.

Bonnie era scioccata.
Il bambino le aveva chiaramente ripetuto parola per parola quello che lei aveva pensato fino a qualche istante prima mentre i ricordi continuavano a svanire, ormai ne restavano davvero pochi.
Era lì , ferma, e non sapeva cosa fare.
Doveva reagire? E a che scopo? Era troppo debole per poter lottare e vincere quindi perché continuare a soffrire tentando di raggiungere Damon sapendo che non sarebbe servito a nulla, che avrebbe perso comunque.
Doveva lasciar perdere tutto? Doveva lasciare che il bambino continuasse a cancellare ricordo dopo ricordo? Forse sì e doveva augurarsi che a Damon capitasse lo stesso, che la dimenticasse così come lei stava lentamente dimenticando lui.

I secondi passavano e Damon non faceva nulla.
Ma perché doveva fare qualcosa?
Lui era il responsabile di tutto quello che stava accadendo perché se non fosse stato con Bonnie lo stregone non l’avrebbe presa di mira e non avrebbe fatto qualsiasi cosa avesse fatto a suo fratello e agli altri umani.
Doveva dimenticare? Sì, sarebbe stato più facile lasciar perdere tutto e permettere a Bonnie di avere una vita felice e normale senza di lui.
Si sentiva sicuro, era convinto che la sua scelta fosse quella giusta, la colpa di tutto era solo sua e avrebbe pagato a caro prezzo: avrebbe cancellato dalla sua vita l’unica fonte di felicità.

Bonnie era sicura, era convinta che la sua scelta fosse quella giusta.
Guardava il bambino procedere e non faceva nulla.
Le tv erano ormai tutte spente, ne restava solo una, Bonnie la guardò e poi tutto accadde così velocemente.

Guardando l’ultima tv accesa Damon sentì qualcosa che si risvegliava nel profondo del suo essere.
Quel ricordo non era uno dei tanti, era IL ricordo: lui era quasi in fin di vita per via di Chen, Bonnie era lì ed era pronta a sacrificare se stessa per loro due e poi lo disse, disse che lei lo amava  e che lo avrebbe amato per sempre e Damon sentì qualcosa dentro di sé, come se il suo cuore morto avesse ricominciato a battere di nuovo e le aveva risposto, le aveva detto che anche lui l’amava, quel giorno era cominciata la sua nuova vita, la sua vera vita, con Bonnie.
- Oh, che idiota! Come posso fare una cosa simile! Che importa se la colpa è mia, Bonnie mi amerà sempre e comunque me lo ha promesso lei stessa quella sera di un anno fa! - gridò a se stesso Damon.
In quell’ istante una nuova consapevolezza nacque in lui: stava per perdere tutto, ma non era ancora troppo tardi, si sarebbe ripreso tutto, i suoi ricordi e Bonnie.

Persa nel ricordo della loro dichiarazione di un anno prima, Bonnie capì che non era vero nulla di tutto quello che aveva pensato fino ad allora.
Non era vero che era troppo debole, forse lo era stata in passato, ma non adesso, adesso aveva Damon e aveva il suo amore per lui, era quello che le dava forza, l’amore, lei era forte perché amava Damon con tutta se stessa e al diavolo tutto il resto.
“Fermati” - urlò e il bambino si girò di scatto.
“Cosa?” - le chiese.
“Mi hai sentito! Fermati e vai via! VIA!” - gridò e dal nulla una luce accecante avvolse tutto.

Damon li sentiva tornare, aveva urlato alla bambina di fermarsi e adesso, avvolto in una luce abbagliante, sentiva i ricordi tornare ad uno ad uno.
Quando la luce si dissolse, Damon era di nuovo solo, di nuovo nel Labirinto, ma adesso un nuovo sentimento era nato in lui, in lui c’era la voglia di farcela.

I ricordi erano tornati, c’erano tutti, Bonnie aveva fatto l’inventario completo nel momento esatto in cui la luce era scomparsa e con lei l’illusione e il bambino cancella-ricordi.
Era di nuovo sola, lo sapeva, ma adesso un nuovo sentimento era nato in lei, in lei c’era speranza.

“AHHHHHHHHHHHH!” - l’urlo di Ted si alzò alto e si propagò all’interno del Labirinto.
Era furioso.
Erano così angosciati sia la strega che il vampiro e lui era sul punto di farcela quando entrambi lo hanno battuto di nuovo, capovolgendo la situazione a loro favore per l’ennesima volta.
Ormai Ted non aveva nessuna alternativa, doveva usare la sua arma segreta perché, anche se non lo sapevano, quei due erano pericolosamente vicini al centro e lui non poteva permettere che vi arrivassero forti e sicuri come erano adesso, doveva dividerli e c’era un unico modo per farlo: metterli l’uno contro l’altra.
Si mise le mani sulle tempie e si concentrò.
Una nebbia improvvisa avvolse tutto e due turbini di vento si stagliavano davanti a Ted formando due colonne che dal cielo raggiungevano la terra.
Quando il vento si placò e la nebbia si diradò, al posto dei turbini apparvero due figure, entrambe create da Ted con la sua magia.
Uno era un ragazzo vestito di nero, con i capelli neri e gli occhi dello stesso colore, era un vampiro.
L’altra figura era quella di una ragazza con il viso a cuore, una cascata di boccoli rosso fuoco e gli occhi nocciola, era una strega.
Ted aveva creato una copia esatta di Damon e di Bonnie.




NOTE:
Ciao a tutti!
Come promesso ecco postato prestissimo un nuovo capitolo, spero vi piaccia.
Vi confesso che non è stato facile scriverlo perchè Damon e Bonnie vivono la stessa esperienza nello stesso momento e i POV si alternano molto velocemente, è una cosa nuova che mi è uscita così, spero di essere stata abbastanza chiara con quello che ho scritto.
Fatemi sapre il vostro parere anche perchè ho ancora delle perplessità proprio per questo fatto del rapido alternarsi dei POV.
Quindi...grazie per le recensione al vecchio capitolo, vi adoro.
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Capitolo 13
*** Capitolo dodicesimo ***


Capitolo dodicesimo

Le due copie erano lì davanti a lui, pronte per l’uso.
Ted già pregustava il momento in cui quella terribile sciagura si sarebbe abbattuta, per mano sua, sui due tragici eroi.
Fisicamente le copie erano perfette, non mostravano nessun difetto, ma Ted sapeva che non era quello il vero problema con incantesimi del genere.
Creare la copia di qualcosa era estremamente facile perché bisognava solo riprodurre l’immagine fisica di quella cosa, ma con le persone era diverso.
Quando si trattava di persone l’immagine fisica non bastava, serviva ricreare i movimenti, le espressioni e questo richiedeva parecchia forza e concentrazione.
Ted sapeva che la forza necessaria a farli muovere come si deve non ce l’aveva in quel momento perché il suo Potere era già impegnato a tenere su troppe cose: c’era il Labirinto, c’erano tutte quelle illusioni che avevano coinvolto Damon e Bonnie e che gli avevano prosciugato energia e poi c’era quella piccola parte del suo Potere ancora impegnata al di fuori di quelle mura magiche per tenere l’altro vampiro e gli umani immersi in quel sonno magico.
No, decisamente le copie non potevano muoversi più di tanto, ma non era poi un grande problema.
Per quanto riguardava il vampiro, bè, lui era un vampiro e in quanto tale anche se restava completamente immobile nessuno ci badava più di tanto, dopotutto l’immobilità assoluta era una caratteristica di quella sua infima razza.
Per quanto riguardava la strega….ecco, con lei la questione era più spinosa, perché era umana, non era proprio pacata da quello che aveva visto e gesticolava parecchio, ma forse limitandosi a farla muovere, ma non troppo, non ci si sarebbe accorti di nulla, insomma poverina ne aveva passate così tante che era evidentemente spossata…..sì, poteva reggere come scusa.
Ma i movimenti e le espressioni non erano poi questo gran problema se li si paragonava  al problema della voce.
Far parlare delle copie era impossibile, per questo nelle maggior parte dei casi, quando si desiderava che parlassero, proprio come desiderava ora Ted, si faceva in modo di scegliere soggetti con un certo livello di potere psichico in modo da usare la loro voce mentale senza destare sospetti nella persona contro cui la copia era scatenata.
Usare la voce mentale era decisamente più semplice del farli parlare, ma si preoccupava proprio di questo: usare la voce mentale, in questa occasione, poteva destare sospetti nel vampiro.
Sì, perché era vero che lui aveva i poteri psichici bloccati dalla magia di Ted e che quindi non poteva né parlare mentalmente, né ascoltare nulla che non provenisse da qualcuno tanto potente da arrivare alla sua mente, ma la strega non ne era a conoscenza, lei non c’era quando lui aveva avanzato quella richiesta al vampiro, quindi, per quanto ne sapeva lei, il suo caro vampiro era ancora in possesso di tutti i suoi poteri, anche della voce mentale, quindi con lei e la copia di Damon il problema non si poneva.
Il guaio veniva fuori con lui e la copia di Bonnie.
In quell’ occasione doveva stare davvero attento.
Ted sapeva che la strega non era né particolarmente potente, né particolarmente avvezza alla magia e sapeva che il vampiro lo sapeva, quindi la questione era rischiosa.
Era vero che il vampiro era stato destabilizzato dalle sue illusioni e di certo si sarebbe destabilizzato di più rivedendo l’immagine della strega, ma era vero anche che, nonostante a Ted costasse parecchio ammetterlo, quel Damon non era per niente stupido e avrebbe fiutato l’inganno se lui non fosse stato accorto a tutto.
Quindi…..cosa fare?
Di certo Damon sapeva che con il tempo il Potere di una strega aumentava anche se lei non lo usava e di sicuro si era accorto che anche il Potere della sua strega era cresciuto, inoltre c’era il fatto che se un essere magico sta a contatto per molto tempo con un altro essere magico o comunque con una manifestazione di magia, come ad esempio il Labirinto, il Potere cresceva anche in quel caso, e quasi sicuramente il vampiro sapeva anche questo.
Se tutte queste < conoscenze > del vampiro potevano, in una situazione normale, infastidirlo parecchio, in quell’ occasione Ted ne fu felice, perché questo giocava a suo favore rendendo meno sospettoso il vampiro nel momento in cui avesse sentito la strega parlare nella sua mente.
E se invece non conosceva un bel niente, cosa poco probabile, Ted poteva sempre giustificarsi, o meglio, la copia di Bonnie poteva sempre giustificarsi dando la colpa alla magia.
Questo risolveva la cosa, ma l’attenzione era comunque d’obbligo.
- Sarà sicuramente meglio non usare una voce chiara e comprensibile, ma una voce bassa e diciamo….disturbata, come quando si parla al cellulare e c’è poco campo - riflettè Ted e subito si convinse che quella era la scelta giusta.
Per essere sicuro che la cosa andasse a buon fine e per togliersi quella fastidiosa spina dal fianco decise che era meglio utilizzare una copia alla volta e partire prima con quella della strega da inviare a Damon.
Si concentrò, riportò le mani alle tempie e in pochi attimi la copia della ragazza venne avvolta da una strana luce che la fece scomparire.
Subito dopo, riportando le braccia lungo i fianchi, Ted si voltò verso la sfera di cristallo che gli mostrava l’avventura di Damon all’interno del Labirinto magico e lo vide lì, confuso, mentre fissava incredulo l’immagine della strega appena apparsa.
- Povero idiota - pensò Ted con un sorriso sadico sulle labbra.

Dopo l’ultima illusione e dopo il modo in cui si era conclusa, Damon si sentiva rinato.
Camminava per il Labirinto a testa alta e con lo sguardo fiero rivolto dritto davanti  a sé.
In quel momento nulla lo avrebbe fermato, il suo obiettivo era uno, anzi no, aveva due obiettivi: ritrovare Bonnie e uccidere Ted.
- Niente di più facile! - pensò Damon senza la minima ombra di sarcasmo.
Si sentiva più forte del solito, si sentiva euforico, si sentiva un dio in terra.
Aveva una voglia matta di prendere a calci quel brutto verme strisciante e viscido di uno stregone che si era anche solo permesso di fare quello che aveva fatto poco prima.
Passi la prima illusione con quella tizia di cui non ricordava neppure il nome, passi anche l’incubo rivissuto del sesto compleanno di Stefan, ma mandarlo quasi nel baratro spingendolo a cancellare i ricordi di Bonnie, no, quello non doveva farlo.
Come poteva pensare di cancellarla dalla sua vita? Significava cancellare lui stesso: ormai l’amore della sua streghetta era diventato una parte tanto importante del suo essere che si svegliava al mattino solo per sentire il cuore del suo uccellino battere forte intonando per lui un canto meraviglioso.
Avvolto in questi pensieri, Damon continuava imperterrito ad avanzare, passo dopo passo, aumentando sempre più la velocità.
Sentiva crescere dentro di se una strana ansia, l’ansia che precede la battaglia, ansia che in fondo non è vera ansia, ma più una sorta di eccitante trepidazione per qualcosa che si è aspettato a lungo e che si sente ormai vicino.
Damon aveva la forte impressione di esserci quasi, di essere arrivato, seppure inconsapevolmente, molto vicino al centro del Labirinto, molto vicino a Ted, ma soprattutto molto vicino a Bonnie.
Nel momento esatto in cui il nome di Bonnie si affacciò nei suoi pensieri, l’attenzione di Damon venne rapita da uno strano bagliore che andava formandosi dinanzi a lui, bloccandogli il passaggio.
Damon restò fermo a fissare quel bagliore ormai diventato luce, ma era una luce davvero strana: era rossa, brillante e in un cero senso sembrava materiale, sembrava fatta da una enorme quantità di grossi rubini, sembrava una vortice di rubini, era sorprendente.
Ma Damon sapeva che non doveva lasciarsi incantare, qualunque cosa si celasse oltre quell’ uragano rosso era stata mandata da Ted come ultimo tentativo di difesa, Damon lo sentiva.
Cominciò a ringhiare furioso e si portò istintivamente in posizione d’attacco con i canini ben sporgenti, pronto ad azzannare qualsiasi cosa si ritrovasse davanti.
Ma quando il vortice scomparve rivelò dinanzi a Damon l’unica figura che non avrebbe mai, e dico mai potuto attaccare.
Davanti a lui c’era lei, c’era la sua streghetta, il suo uccellino, c’era Bonnie.
Era lì in  piedi, con le braccia lungo i fianchi, a circa tre metri da Damon e lui non riusciva a crederci.
Ritrasse i canini e rimase con gli occhi fissi sulla figura che aveva davanti.
Da quanto tempo non la vedeva? Ore? Giorni? Mesi? Anni?
Damon non lo sapeva e neppure gli interessava perché quando si trattava di lei il tempo perdeva ogni importanza: se era con lui era infinito e dolce, se erano divisi era altrettanto infinito, ma amaro.
Dopo pochi istanti Damon fece lentamente un passo avanti come se avesse timore che lei fosse solo un bellissimo miraggio e che se si fosse avvicinato troppo sarebbe svanita nel nulla.
Arrivò a circa un metro da lei, la vedeva così vicina, voleva solo stringerla a sé, quando successe qualcosa che lo spiazzò: Bonnie si  mosse per la prima volta da quando era ricomparsa e lo fece per alzare un braccio e protenderlo davanti a sé per indicare a Damon di fermarsi subito e non avanzare più.
Damon si gelò lì dov’era.
Erano così vicini eppure così lontani, quel braccio, il braccio esile e perfetto di Bonnie li divedeva come se fosse un’ oceano, e Damon non capiva il perché.
Dentro di sé sapeva che c’era qualcosa che non andava, la vedeva strana, sì, lei era decisamente strana.
Lo guardava dritto negli occhi ma non mostrava nessun sintomo del turbamento che la sua vicinanza le provocava dentro come succedeva di solito, non c’erano le mani sudate, il cuore accelerato, il respiro affannato, il tremore alle gambe, quell’espressione adorante e persa che le compariva sul viso ogni volta che si guardavano negli occhi, già gli occhi...quelli erano davvero strani, erano spenti, vuoti, non c’era la scintilla che li animava di solito.
A Damon quella situazione non piaceva per niente.
Tentò di avanzare di nuovo ma una voce gli arrivò nella mente: “Fermati” - gli ordinò lei.
Aveva parlato con lui telepaticamente, e lui era riuscito a sentirla nonostante i suoi poteri psichici fossero bloccati…era impossibile!
Sapeva che la sua streghetta diventava inconsciamente più potente di giorno in giorno, ma non si era mai esercitata ed un potere del genere di certo non ce lo aveva ancora.
“Bonnie, come…?”  - tentò di chiedere, ma la voce mentale di Bonnie lo interruppe: “La magia!” - rispose.
La magia….
Sì, Damon ricordò di aver sentito dire una volta che il Potere degli esseri magici come streghe e stregoni aumentava se stavano a contatto con qualcun altro come loro o con qualcosa di magico, ed in quel caso Damon, guardandosi intorno, si rese conto che tutto intorno a loro era magia, era ovvio che il Potere di Bonnie aumentasse.
Lasciò perdere tutta quella storia della magia e del Potere di lei e tornò a concentrarsi solo su Bonnie, su di se e su loro due vicinissimi.
“Bonnie, mi sei mancata, non sai quanto!” - le disse sincero, ma la risposta che ricevette non era quella che si aspettava.
Tu no!” - rispose secca lei sempre mentalmente.
Damon non riusciva a credere a quello che aveva sentito.
Bonnie gli aveva davvero appena detto che non aveva sentito la sua mancanza o era stato solo un brutto sogno?
Damon non capiva.
“Bonnie, cosa stai dicendo?”  - le chiese scioccato.
Quello che ho detto! Non mi sei mancato per niente, anzi!” - rispose lei.
“Come puoi dire una cosa del genere? Lo so che è colpa mia tutto questo e se sei arrabbiata lo posso capire, ma come puoi dire che sei stata bene senza di me? Io ho passato l’inferno!” - le disse.
Fatti tuoi!” - ribattè lei.
- No, non è possibile, questa non è Bonnie - si ripeteva Damon.
“Bonnie, avanti, perché fai così, non ricordi? Noi siamo destinati a rimanere sempre insieme, sempre!” - disse Damon.
Io non sono destinata a fare un bel niente con te!” - affermò sprezzante lei.
Damon non ci vide più.
“COSA? Come puoi dire una scemenza simile? Dopo tutto quello che abbiamo passato per stare insieme! Non ti ricordi di Lucas? Del matrimonio? Chen?!” - le urlò contro Damon.
Bonnie non rispose per diversi minuti, poi parlò:
Stando qui ho capito una cosa, ho visto la magia in azione, sono stata vittima di illusioni e di incubi e grazie a questo ho capito una cosa e voglio che tu la sappia!”.
“Dimmi!” - disse Damon che era pronto a tutto, ma non a quello che stava per sentire.
Ho capito qual è il mio posto, cioè il regno magico e ho capito che….” - lasciò la frase in sospeso.
“Che?” - la esortò Damon.
Ho capito che non ti amo!” - disse sicura la voce nella mente di Damon e a quel punto tutto fu nero, fu spento, fu senza valore, privo di ogni significato.
Damon si accasciò lentamente al suolo, sulle ginocchia e lasciò cadere la testa in avanti, sul petto.
Ciò che aveva sentito, detto con così tanta sicurezza, l’aveva ucciso dentro, completamente annientato.
Bonnie non lo amava, non lo amava.
Ma se lei non lo amava che bisogno c’era di vivere?
Se lei non lo amava….
Lei non lo amava, non lo amava.
Non ti dirò che mi dispiace, perché non è così! Forse non ti ho nemmeno mai amato per davvero!” - continuò lei.
No, questo era troppo, troppo doloroso da sopportare.
Il peso di quelle parole si abbattè ancora di più su Damon, che se prima era distrutto adesso sentiva di essere sul punto di smettere di esistere e di dissolversi semplicemente nell’aria.
All’improvviso un bagliore rosso lo costrinse ad alzare lo sguardo.
Il vortice di rubini era tornato ed in pochi secondi l’immagine di Bonnie era scomparsa.
- Scomparsa per sempre - pensò Damon in un misero momento di lucidità e poi nulla più.
Damon restò lì, immobile, con il fiato corto, fatto a pezzi, calpestato, annientato.
Dentro di sé sentiva solo ghiaccio, freddo e appuntito ghiaccio, che lo lacerava.
Aveva perso ogni percezione della realtà, l’unica cosa che percepiva era il silenzio, quel silenzio che da quando aveva ammesso di amare Bonnie non aveva più sentito: il silenzio del suo cuore morto.
Il suo cuore non poteva battere davvero, lo sapeva, ma da quando c’era lei, Damon aveva cominciato a sentire come una sorta di formicolio nel petto e poteva giurare che quel suo ridico cuore muto avesse ricominciato a battere pur rimanendo immobile.
Era una sensazione bellissima che lo faceva sentire vivo, ma adesso era sparita, trascinata a forza via da lui da quelle parole - IO NON TI AMO -.
Adesso l’unica cosa che sentiva nel petto era un rumore strano, stridente e…pesante: era il rumore della roccia fredda che non si stava limitando ad avvolgergli il cuore, no!, ne stava prendendo il posto.






NOTE:
Ciao a tutti!
Ecco un nuovo capitolo!
Ci avviciniamo alla fine e tra poco Damon e Bonnie si rivedranno per davvero, ma visto come stanno andando le cose, cosa succederà?
Questo non posso dirvelo, me se volete potete provare ad indovinare!XDXDXDXDXD
Grazie di cuore per le recensioni e grazie anche ai lettori silenziosi che noto con immenso piacere che aumentano di giorno in giorno...grazie!
Ora vi lascio, ma mi raccomando voglio sapere cosa ne pensate!
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Capitolo 14
*** Capitolo tredicesimo ***


Capitolo tredicesimo

Ted guardava compiaciuto e con la testa leggermente inclinata di lato la copia di Bonnie.
Aveva fatto proprio un bel lavoro, non c’era nient’altro da dire se non che era stato tutto perfetto.
Certo quello stupido vampiro lo aveva spiazzato con le sue farneticazioni su matrimoni e nomi cinesi, era vero che aveva studiato la vita di entrambi, ma aveva solo cercato e visto quello che più gli interessava per creare le sue illusioni, mica si era preso il disturbo di setacciare ogni minima parte della loro miserabile vita, però se l’era cavata alla grande comunque cambiando discorso e focalizzandosi sul colpo di grazia da dare al vampiro.
E la reazione dei Damon era stata così…così….
Oh accidenti, non c’erano parole belle abbastanza per esprimere come era stata la reazione del vampiro.
Sublime? Meravigliosa? Estasiante? No, erano parole troppo misere per quel contesto, non riuscivano nemmeno lontanamente ad esprimere quello che aveva provato Ted quando aveva visto il vampiro e tutta la sua sicurezza accasciarsi al suolo completamente privo di forza, privo di speranza, privo di tutto.
- Già! Ora prova a riprenderti da questo! - pensò Ted sorridendo mentre dava uno sguardo veloce e carico d’ odio alla sfera che mostrava ancora l’immagine di Damon a terra.
- Ma adesso basta Ted! Hai ancora altro lavoro da fare, non crogiolarti troppo nella tua vittoria! - lo rimproverò la voce della sua razionalità.
E aveva ragione: Ted aveva un’altra cosa da fare.
Guardò un’ultima volta la copia di Bonnie e poi schioccò le dita, mentre la copia si dissolveva nel nulla.
- Incredibile! Tanta fatica e tanto Potere per farla e poi usarla a dovere, quando bastano meno di due secondi per farla sparire! -  pensò Ted un attimo prima di spostare la sua attenzione sulla figura identica a Damon.
La copia era sempre lì, davanti a lui, dove era stata tutto  il tempo da quando era stata creata, e dopotutto….dopo sarebbe potuta andare?
Ted già pregustava il momento in cui anche la strega sarebbe stata annientata e da quella che sembrava essere la persona che amava di più sulla faccia della terra.
Doveva ammettere che infondo, ma molto infondo, gli dispiaceva un pochino ridurre così la strega.
Insomma, il vampiro se lo meritava eccome il trattamento che gli era stato riservato, e non solo per come aveva trattato Ted o per l’aria di superiorità che lo mandava in bestia, ma proprio perché era un vampiro.
Ted odiava i vampiri molto più di quanto odiasse tutte le atre creature oscure.
Non avevano diritto alla vita.
Erano dei morti che camminavano disseminando altra morte e altro dolore.
Erano degli abomini che invece di starsene dove dovevano stare, cioè tre metri sotto terra, pretendevano di andarsene in giro ad uccidere senza che nessuno facesse nulla.
No, Ted non lo aveva mai accettato.
Per lui quello che era morto, era morto e basta.
Potevano passare i licantropi, che sì uccidevano, ma per lo meno erano vivi.
Potevano passare anche i fantasmi che sapevano di essere morti, ma non pretendevano nulla, anzi spesso cercavano qualcuno che li aiutasse ad andarsene definitivamente.
Ma i vampiri no.
Loro erano gli esseri più viscidi che Ted avesse mai visto, erano morti, ma non se ne curavano, anzi, facevano in modo da mischiarsi con i vivi, soggiogarli e imbrogliarli solo per poi bere da loro ciò che gli dava più forza, più forza per continuare a mischiarsi, a soggiogare e ad imbrogliare.
Era ignobile.
Ma questo riguardava Damon, la strega non c’entrava nulla.
L’unica colpa di Bonnie era che non riusciva davvero a capire cosa fosse Damon, o comunque lo capiva ma non se ne importava, lei non dava importanza al fatto che lui fosse morto e che dovesse continuare ad esserlo senza andarsene tranquillamente in giro.
No, questo a Bonnie non importava, anzi lei proteggeva il vampiro, lo amava, lo baciava, si donava  lui anima e corpo e forse voleva addirittura diventare come lui un giorno per potere andarsene in giro insieme a succhiare sangue per l’eternità come se fosse la cosa più normale e ovvia del mondo.
Ma adesso il problema stava per essere risolto, perché ci avrebbe pensato lui, Ted, a mettere le cose a posto e ad aprirle gli occhi, l’avrebbe fatta soffrire, ma poco importava, tanto, prima o poi, sarebbe passata.
- Bene è ora che il gioco riprenda - si disse.
Come poco prima, si rimise le mani sulle tempie e in poco tempo una sorta di luce, ma questa volta oscura avvolse la copia di Damon che lentamente scomparve.
Ted continuò a tenersi le dite premute ai lati della testa per continuare a tenere tutto sotto controllo, anche l’entrata di Damon, perché la strega non doveva vedere come arrivava, doveva sembrare che fosse apparso da nulla e senza il minimo rumore, come farebbe un vampiro vero, altrimenti se lei avesse visto la luce che lo avvolgeva forse avrebbe capito qualcosa senza lasciarsi trarre in inganno.

Bonnie se ne andava tranquillamente in giro per il Labirinto, a volte proseguiva persino saltellando come una bambina tanta era la gioia che aveva dentro.
Il suo sesto senso la stava avvertendo che, in qualche modo, era molto vicina al centro e quindi molto vicina anche a Damon, e questo la rendeva ancora più euforica.
Sapeva che una volta raggiunta la meta non sarebbe stata comunque una cosa piacevole, perché c’era Ted da affrontare, ma questo non riusciva proprio a guastarle l’umore.
Ora sentiva dentro di sé la forza, sentiva che avrebbe potuto spaccare una montagna se fosse servito a raggiungere Damon.
Ma la cosa più eccezionale di tutte era che sentiva anche di non essere cambiata per niente, di essere sempre la stessa Bonnie di prima e questo significava che si era fatta un sacco di paranoie per niente, perché la forza di combattere lei l’aveva sempre avuta, lei non era debole, lei poteva farcela.
La sua felicità era alle stelle, anche se pensare poco prima a Ted l’aveva un po’ scossa.
Non aveva paura perché sapeva che con lei ci sarebbe stato Damon quando avrebbe rivisto lo stregone, ma quel Ted proprio non le piaceva, non le era mai piaciuto, ma dopo tutto quello che le aveva fatto e dopo chissà cosa aveva fatto a Damon, lei….insomma, non solo non le piaceva, lei lo detestava, anzi no, lei non lo detestava, lei lo odiava proprio, di un odio puro e irrazionale.
Sapeva bene che Damon voleva uccidere Ted, ma questo non le creava alcun problema anche se Ted pur essendo uno stregone era comunque un umano.
No, per lei non c’erano problemi se Damon lo ammazzava atrocemente, anzi forse poteva addirittura dare una mano se ce ne fosse stato bisogno.
L’unica cosa che le interessava ora era fare in modo che Ted lasciasse liberi gli altri da quel sonno magico in cui li aveva indotti, ma naturalmente la sua massima priorità era ritrovare Damon.
Con lui Bonnie sentiva di poter fare qualsiasi cosa, sentiva di essere invincibile, l’importante era che lui stesse al suo fianco e non l’abbandonasse mai.
Mentre era persa nei suoi pensieri, Bonnie avvertì una sorta di vento gelido provenire dalle sue spalle e istintivamente si voltò indietro.
Tutto sembrava a posto, non c’era niente e non c’era nessuno.
Dopo un attimo di spavento Bonnie trasse un respiro profondo e tornò a voltarsi nella direzione dove stava andando poco prima, ma restò completamente immobile per la sorpresa e l’incredulità.
Davanti a lei, a non più di due metri, c’era Damon.
Bonnie non riusciva a muoversi tanta era la felicità che la invase completamente.
L’unica cosa che riuscì a fare fu lasciare libere le lacrime che le vennero istantaneamente agli occhi.
Erano lacrime di gioia, di pura gioia, di una gioia tanto grande come lei non aveva mai provato.
Damon era lì e la guardava.
Bonnie si asciugò frettolosamente le lacrime e, ancora troppo scossa per riuscire a muoversi, alzò semplicemente la testa per far scontrare i loro sguardi, ma subito capì che qualcosa non andava.
Lui la guardava e lei lo guardava, ma non era come al solito, gli occhi di Damon non erano come al solito.
Era difficile per chiunque scorgere qualcosa negli occhi neri di Damon, ma per lei era diverso.
Ogni volta che lo sguardo di Damon si posava su di lei, Bonnie vedeva come una scintilla, come una luce che rischiarava quel buio.
Negli occhi di Damon, Bonnie ci vedeva le stelle più luminose, ci vedeva i diamanti più preziosi, ci vedeva il sole.
Più volte aveva cercato di spiegarlo alle sue amiche o a Stefan, ma nessuno di loro era mai riuscito a confermare quelle sue affermazioni, perché per loro gli occhi di Damon erano neri e basta, neri come la pece, a volte addirittura spaventosi tanto erano neri, e non capivano davvero come lei potesse dire di vederci addirittura il sole.
Ma Bonnie quella luce la vedeva davvero.
Ricordò che allora mise tutta se stessa e la sua attenzione per riuscire a svelare quel mistero, il mistero degli occhi di Damon.
Era davvero poco tempo che Chen era morto e per via di quella specie di periodo di prova di sei mesi a cui erano stati sottoposti, lei e Damon passavano davvero un’infinità di tempo con Stefan e gli altri al pensionato.
Lei era tutta presa da questa sua specie di missione e passava tutto il tempo a guardare Damon e a guardare come lui guardava gli altri e come lui guardava lei.
Passò così circa una settimana prima che lei capisse.
Quando Damon guardava qualcun altro, chiunque altro, i suoi occhi erano spenti, bui, neri ed impenetrabili, ma quando guardava lei era tutta un’ altra storia, quando guardava lei c’erano davvero le stelle, i diamanti e il sole nei suoi occhi, e fu solo allora che Bonnie capì che quella luce era una luce che Damon riservava solo a lei, forse inconsapevolmente, ma era così.
Dopo un po’, Damon, che non era stupido, le fece notare che si era reso conto che lei stava sempre lì a fissarlo e volle sapere il perché.
Bonnie, imbarazzata, confessò tutto e gli disse pure della conclusione a cui era arrivata.
Damon le sorrise e l’abbracciò, mentre con un sussurro tra i suoi capelli le disse: “E ti ci è voluto tutto questo studio per capirlo? A me sembrava abbastanza ovvio, streghetta!”.
In quel momento Bonnie capì di aver avuto ragione tranne che per una cosa: la luce negli occhi di Damon c’era solo quando lui guardava lei, questo era vero, ma non era vero che lui ne era inconsapevole, anzi, lui lo sapeva eccome, ma non gli importava e illuminava il suo sguardo solo per lei, per invitarla a guardare la sua anima, a toccarla e farne quella che più desiderava.
Per Bonnie quella era la caso più bella del mondo e la più romantica, ma adesso era diverso.
Il Damon davanti a lei era diverso.
Nei suoi occhi non c’era luce, non c’erano le stelle, non c’erano i diamanti e non c’era il sole.
I suoi occhi erano neri ed impenetrabili, come se stesse guardando un estranea.
“Damon…Damon che ti succede?” - chiese Bonnie con voce tremante.
Niente!” - le rispose Damon mentalmente e con una voce che dava i brividi tanto era fredda, tagliente e distaccata.
“Come sarebbe a dire niente? Damon sei strano! Cosa succede?” - chiese Bonnie dopo aver fatto appello a tutto il suo coraggio: aveva come l’impressione che stava per succedere qualcosa che non le sarebbe piaciuto per niente.
Ascoltami bene strega, perché non mi ripeterò due volte!” - cominciò lui.
- Strega? Damon non mi chiama mai strega! Lui mi chiama streghetta, ma lo fa con affetto come a prendermi in giro e a me piace, ma non mi ha mai chiamato strega e con quel tono poi….sembrava…..Oddio che sta succedendo? - pensò Bonnie in preda al panico.
Io me ne vado!” - annunciò Damon.
“Cosa? Che significa? Come sarebbe che te ne vai?” - disse Bonnie quasi urlando.
Sarebbe che me ne vado! Mi sono stancato di tutta questa storia, della magia, del Labirinto, ma più di tutto mi sono stancato di dover sempre rischiare di morire per te, mi sono proprio stancato di te!” - disse Damon.
“C-Che vuoi dire?” - chiese Bonnie sperando che lui intendesse dire qualcosa di diverso da quello che lei pensava e che semplicemente avesse sbagliato ad esprimersi.
“Esattamente quello che pensi! Avanti, Bonnie, tu hai davvero pensato che io ti amassi? Io? Se lo hai pensato sei stata un tantino arrogante, credi di essere davvero così speciale da riuscire ad imbrigliare me? Lo ammetto, è stato divertente con te, è stato qualcosa di decisamente diverso dalla solita routine, lo definirei un esperimento interessante, ma adesso mi sono stancato. Già una volta ho rischiato di morire, ma andava bene perché eravamo agli inizi e dovevo conquistarti, ma adesso no, adesso mi sono stancato, quindi….” - lasciò in sospeso Damon.
“Quindi?” - chiese Bonnie con un filo di voce.
Quindi… addio ragazzina, io me ne vado, ma è stato un vero piacere averti!” - finì lui prima di scomparire nel nulla.
E dopo quelle parole il cuore di Bonnie si spezzò definitivamente andando in milioni, anzi miliardi di pezzi.
Bonnie restò lì, con lo sguardo perso nel vuoto, non aveva la forza per fare nulla, neppure per piangere cosa che di solito le riusciva più che facilmente.
Era tanto sconvolta che non si accorse neppure che Damon era sparito, lo capì quando non sentì più la sua voce nella sua testa.
Lui se ne era andato, l’aveva abbandonata, non la aveva mai amata, era stato tutto un imbroglio, un esperimento come lo aveva chiamato lui e adesso si era stancato.
Non si accorse che era caduta a terra fino a che non sentì il suo viso schiacciato contro il pavimento.
Pensò che forse si era fatta male con la caduta, che forse stava sanguinando, che forse doveva sentire dolore, ma era tutto inutile, era diventata completamente insensibile a tutto.
Non sentiva nulla, nulla eccetto i pezzi del suo cuore che si dissolvevano all’interno del suo stesso corpo, ma non se ne curava.
A cosa le serviva un cuore se lui non c’era?
Non sarebbe mai più stata in grado di amare, ma questo non la preoccupò, non la turbò, non la spaventò.
Bonnie ormai non sentiva più nulla.






NOTE:
Ciao a tutti!
Come và? A me tutto abbastanza bene fatta eccezione per il caldo che proprio non sopporto.
Ecco il nuovo capitolo con cosa succede a Bonnie.
Ted è stato proprio un bastardo con questa storia delle copie.
Comunque sperò vi piaccia anche perchè siamo quasi in dirittura d'arrivo.
Grazie per le recensioni e anche a chi legge soltanto.
Mi raccomanodo, come sempre...ditemi sinceramente cosa ne pensate!
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Capitolo 15
*** Capitolo quattordicesimo ***


Capitolo quattordicesimo

“E’ veramente un peccato!” - esclamò Samia sfregando le mani che teneva elegantemente unite sul grembo.
“Di cosa parli? Cosa è un peccato?” - chiese Samuel che le era seduto di fianco nella grande sala da cui stavano assistendo a ciò che avveniva nel Labirinto tramite una sfera di cristallo.
“E’ un peccato che Ted morirà! Si è dimostrato molto abile!Forse potremmo….” - cominciò Samia ma venne interrotta dal fratello.
“No, non possiamo salvarlo, lo sai! E poi quando arriveremo lì avremo da fare qualcosa di immensamente più importante che non salvare la vita ad un giovane stregone senza esperienza!” - disse Samuel.
“Sì, ma hai visto tu stesso cosa ha appena fatto con la creazione di quelle copie!” - ribattè Samia decisa a fare di tutto per far cambiare idea al fratello.
“Ho visto, ma questo non importa!” - rispose Samuel.
“Come sarebbe che non importa?” - replicò Samia perdendo un po’ del solito controllo e della solita calma che la contraddistingueva.
“Samia, lo so che ti è difficile accettarlo, ma le cose spesso non sono giuste e spesso bisogna fare delle scelte difficili, ma necessarie, soprattutto per gente come noi che abbiamo tutto il peso del Regno magico sulle nostre vecchie spalle!” - le disse Samuel posizionandosi in ginocchio davanti a lei e afferrandole delicatamente le braccia.
“Ma è così giovane!” - riuscì a dire Samia prima che un lacrima solitaria le solcasse il viso.
“Lo so, credimi, lo so!Ma non possiamo fare nulla e lo sapevamo benissimo quando abbiamo deciso di mandarlo laggiù! Quando arriveremo per lui forse sarà troppo tardi, ma noi dobbiamo concentrarci solo sulla strega e dobbiamo lasciarlo perdere. Ma tirati su col morale, forse mi sbaglio e quando arriviamo il vampiro è quello nei guai e Ted sta per vincere!” - disse Samuel con un leggero sorriso sulle labbra.
“Non riuscirà mai ad uccidere il vampiro, lo sai! Se dovesse combattere contro un altro vampiro, come ha fatto in passato forse ce la farebbe, ma non con quel vampiro, con lui Ted non ha scampo!” - rispose sicura Samia.
“Lo so!” - si limitò a dire Samuel.
“Ma Ted non lo sa! Lui crede che quello sia come tutti gli altri vampiri che ha incontrato, ma non è così. Non si rende conto che ha di fronte un essere molto più forte e potente di qualsiasi cosa lui abbia mai incontrato!” -  affermò Samia.
“Se ne renderà conto!” - ribattè Samuel.
“Sì, se ne renderà conto….quando sarà in punto di morte!” - controbatté Samia guardando il fratello dritto negli occhi.
“Samuel…”.
“Samia, no! Te l’ho già detto!” - la interruppe di nuovo Samuel alzandosi e tornando a sedersi al suo posto.
“Ma…” - tentò Samia.
“Niente ma! Non ci sono né se né ma che tengano! Abbiamo una missione e la porteremo a termine anche lasciando Ted lì a morire! Intesi?” - chiese Samuel.
“Allora? Rispondi!” - continuò quando vide che Samia non accennava a rispondere.
“Sì, ho capito!” - si arrese Samia.
“Bè, me lo auguro! Altrimenti alla fine dovrò lasciarti qui e sai bene che il resto del Consiglio ci chiederà una spiegazione se questo dovesse accadere e a quel punto io non potrei mentire e dovrei dire la verità, cioè che tu non sei venuta perché eri contraria a lasciar morire lo stregone e che lo avresti aiutato anche a rischio di mandare a monte la missione!” - disse Samuel.
“Sì, ho capito!” - ripetè Samia.
“Alla fine sai che ci faresti uccidere entrambi!” - continuò Samuel.
“HO CAPITO!” - urlò Samia - “Non farò nulla e ci atterremo al piano originale!”.
“Bene” - annuì Samuel leggermente sorpreso dalla reazione della sorella che di solito era sempre così pacata, ma forse lui aveva tirato un pò troppo la cinghia questa volta e non c’era da meravigliarsi che Samia avesse reagito in quel modo se si calcolava in fatto che non le era mai piaciuto uccidere nessuno e a volte provava addirittura pena per le creature oscure che dovevano affrontare.
Si voltarono verso la sfera.
“Dovremmo cominciare a prepararci!” - disse Samia rompendo il silenzio.
“Sì! Tra poco tocca a noi! Dobbiamo cominciare a creare un portale che ci porti direttamente nel cuore del Labirinto!” - confermò Samuel.
“Bene!” - fece Samia alzandosi.
“Bene!” - disse Samuel imitando la sorella e addentrandosi nel buio della sala.

- Sono un genio, un genio, un genio, un genio, un genio! - continuava a ripetersi Ted esultando di gioia e guardando soddisfatto, dalle sue sfere, il dolore della strega e del vampiro.
Le copie avevano funzionato alla grande.
Damon non si era ancora ripreso, e Bonnie era appena piombata in uno stato catatonico magnifico, che era tutto un programma.
Anche la copia del vampiro era svanita e anche quella era stata perfetta come la copia della strega.
Bonnie non si era minimamente resa conto di ciò che avveniva.
Certo all’inizio era sembrata sospettosa, ma poi quattro parole in croce dette con il tono giusto avevano avuto il potere di distruggerla e svuotarla così istantaneamente che i dubbi erano subito scomparsi.
Come previsto l’immobilità totale della copia non era stata un problema: molto probabilmente la strega era abituata a vedere il suo caro vampiro in versione statua ogni dieci secondi, quindi vedere la copia ferma non le era sembrato nulla di strano.
Lo stesso era valso per la voce mentale: Bonnie non aveva la minima idea del fatto che Damon in quel momento non potesse comunicare perfettamente nulla con la mente perché i suoi poteri mentali erano bloccati, quindi, anche in quel caso, lei doveva essere così abituata a cose del genere quando si trattava del vampiro che non le era sembrato strano che lui avesse portato avanti un’intera conversazione senza mai aprire bocca.
Oh, le cose non potevano andare meglio!
Ora Ted era pronto ad accoglierli nel suo spiazzo al centro esatto del Labirinto.
 - Anzi, quasi quasi li aiuto a farli arrivare qui prima e contemporaneamente. Sono troppo curioso di sapere come reagiranno quando si vedranno. Sarà uno spasso! - pensò Ted con un sorrisino sadico sulle labbra.
Ted aveva come l’impressione che forse, sì, avrebbe dovuto lottare, ma sentiva che quella lotta non sarebbe avvenuta proprio subito, anzi aveva la sensazione che sarebbe stato messo da parte per un bel po’ mentre quei due si scagliavano l’uno contro l’altra.
Ted già se li vedeva: lui da un lato, lei dall’altro, a dirsi cose che non si sarebbero mai detti se lui non ci avesse messo lo zampino.
- Oh, sì! Sarà proprio uno spasso! - di nuovo il sorriso sadico.
Ted allora si portò le mani alle tempie e con la forza del pensiero creò una sorta di fuoco verde galleggiante proprio davanti a lui.
Con un altro piccolo sforzo il fuoco si divise in tante piccole fiammelle che poi si alzarono in cielo e si dispersero sul Labirinto.
Avrebbero guidato la strega e il vampiro dritti nella tana del lupo.

Era passata un’infinità di tempo o forse solo qualche millesimo di secondo da quando Bonnie era scomparsa all’interno di quel vortice di rubini.
Era passata un’infinità di tempo o forse solo qualche millesimo di secondo da quando lei gli aveva detto di non amarlo.
Era passata un’infinità di tempo o forse solo qualche millesimo di secondo da quando la vita di Damon era stata distrutta.
Era passata un’infinità di tempo o forse solo qualche millesimo di secondo da quando il suo cuore era diventato di fredda e dura pietra tagliente.
Damon, che era ancora accasciato a terra, si tirò lentamente su.
Quando alzò gli occhi puntandoli davanti a se non era più quello di prima.
Se Stefan aveva creduto che lui in passato fosse un essere sadico e senza scrupoli, incapace di qualsiasi sentimento, bè, non sapeva quanto si era sbagliato.
Tutto quello che era stato in passato e tutto quello che aveva fatto non erano nulla in confronto a quello che era adesso e che aveva voglia di fare adesso.
Neanche nei suoi periodi più bui, neanche mentre era stato posseduto dai malach di Shinichi e Misao era stato più freddo e spietato di come si sentiva adesso.
Ora era davvero senza scrupoli, privo di cuore, malvagio, sadico e incapace di qualsiasi sentimento o emozione.
Tutto dentro di lui era pietra.
Tutto dentro di lui era tenebra.
Tutto dentro di lui era morte.
L’unica cosa che voleva davvero era trovare lo stregone e ucciderlo lentamente, per poi andarsene via, lontano da quel posto che gli aveva portato solo torture e sofferenze.
Malediceva con tutto se stesso il giorno in cui era tornato e con tutto se stesso malediceva il momento in cui aveva capito di amarla….lei…Bonnie.
Bonnie….
Come aveva potuto?
Lei lo aveva ingannato: gli aveva detto che non lo amava e che forse non lo aveva mai amato per davvero.
Se solo ne avesse avuto la forza sarebbe andato a cercarla, l’avrebbe trovata e, se fosse stata un’altra, lui l’avrebbe uccisa per quello che gli aveva fatto.
Ma non poteva, non poteva uccidere lei, nonostante tutto Damon semplicemente non poteva.
Lei era stata l’unica, l’unica in grado di cambiarlo per davvero, di entrargli nell’anima e adesso se ne era andata.
Forse non lo aveva mai amato.
Adesso non lo amava.
Mentre pensava queste cose un gruppo di piccole fiamme verdi catturò la sua attenzione.
Quelle gli si pararono davanti e formarono per aria la scritta: Ted.
Poi si disposero in gruppo a formare una freccia e cominciarono a muoversi.
Damon intuì subito dove volevano condurlo.
Quella era magia, lo sapeva.
Non avrebbe dovuto fidarsi perché molto probabilmente era stato Ted ad inviare quelle fiamme, ma nulla aveva più importanza oramai, tranne uccidere Ted.
Fissò la freccia di fiamme verdi ancora per qualche secondo, poi la seguì.

Bonnie era ancora stesa a terra, con la guancia destra che premeva sul pavimento.
Da qualche parte stava sanguinando, forse aveva un taglio sulla fronte.
Pensò che forse a sanguinare fosse il suo cuore, ma era impossibile: come poteva sanguinare un cuore che ormai non esisteva più?
Come era possibile che lei fosse ancora viva se non aveva più un cuore?
Come aveva potuto?
Come aveva potuto Damon trattarla così?
Ma forse non era quella la domanda giusta da fare, la domanda giusta era: Come aveva fatto lei ad essere così dannatamente stupida da cascarci?
Era scritto che Damon l’avrebbe imbrogliata.
Damon stesso era tutto un grande imbroglio.
Ma nonostante questo lei ci aveva creduto, aveva creduto davvero che lui la amasse, ci aveva creduto ogni singolo giorno che avevano passato insieme.
Ma era anche vero che lui aveva fatto di tutto per guadagnarsi la sua fiducia, da grande imbroglione che era.
Era stato geloso di Lucas: imbroglio.
Aveva fatto in modo da farle annullare il matrimonio: imbroglio.
Aveva rischiato la vita per salvarla da Chen: imbroglio.
Aveva accettato le condizioni degli altri pur di stare con lei: imbroglio.
Il viaggio in Europa: imbroglio.
Era stato tutto un lurido, gigantesco imbroglio.
E lei ci era cascata, ci era cascata perché lo amava, lo aveva sempre amato e non aveva smesso mai di farlo.
Ma forse era solo lei che era una vera masochista: lui le aveva fatto male ogni volta, ma non le era importato mai e appena lo aveva rivisto aveva colto al volo la possibilità di farsi far male di nuovo da Damon pur di averlo accanto.
Doveva essere così o la soluzione era che lei era semplicemente molto stupida, così stupida da credergli e da dimenticare il passato.
Ma adesso non aveva più nessuna importanza di chi era colpa.
Non aveva importanza che lei fosse masochista o stupida.
Nulla aveva importanza.
Lui se ne era andato, l’aveva abbandonata.
Bonnie poteva reggere tutto, tutto tranne questo, tutto tranne l’abbandono di Damon.
Era decisa a restare stesa sul quel pavimento ed in quel preciso punto per sempre, quando successe qualcosa.
All’improvviso un bagliore verde la circondò e Bonnie sentì una strana forza che lentamente la rimetteva in piedi.
Quando riuscì a reggersi sulle sue gambe, Bonnie vide davanti a se delle fiamme verdi che si erano unite a formare la scritta: Ted.
Passarono pochi attimi e le fiamme cambiarono forma e crearono una luminosa freccia verde che a quanto pareva voleva mostrarle la via per arrivare allo stregone.
Ripensare a Ted le fece venire un conato di vomito, ma si trattenne.
Non sapeva perché, ma i suoi piedi cominciarono a camminare seguendo la direzione indicata dalla freccia.

- Bene, bene, continuate ad avanzare! - ripeteva Ted con lo sguardo fisso sulle sfere consapevole che alle sue spalle due aperture una di fianco all’altra davano direttamente sul grande spiazzo circolare dove si ergeva il suo piedistallo.
Ted li sentiva, ormai erano vicinissimi.
Mancavano soli pochi passi, lo sapeva.
Attese, attese, attese mentre l’ansia cresceva.
All’improvviso un rumore, poi un altro e un altro ancora, un tenue rumore di passi.
Poi più nulla.
Fu quando calò il silenzio che Ted si voltò e fu allora che li vide.
Erano arrivati.

Damon continuava a seguire la freccia, continuava e continuava mentre nella sua mente vagliava ogni possibile modo in cui poteva uccidere Ted.
Poi ad un tratto la vide: davanti a lui c’era una sorta di apertura.
Quando la varcò Damon si ritrovò in una spazio circolare enorme e completamente spoglio fatta eccezione per il piedistallo di pietra che sorgeva al centro esatto di quel cerchio e su cui c’era lo stregone, il suo obiettivo.
Stava fissando Ted quando un odore intenso gli colpì le narici: odore di sangue, ma non sangue qualsiasi, Damon conosceva quel profumo.
Si voltò e ad una decina di passi da lui c’era lei, c’era Bonnie.
Avrebbe tanto voluto restare impassibile, ma quando il suo sguardo di posò su di lei non potè trattenersi e sentì il suo sguardo che si illuminava.
Si sentiva totalmente ridicolo e si aspettava che Bonnie, vedendolo così, mettesse ancora più in fondo il dito nella piaga, ma non fu ciò che accadde.
Accadde ben altro e si sentì confuso.
Quello che ora Damon non capiva era: perché Bonnie aveva cominciato a piangere quando lo aveva rivisto?

Bonnie aveva seguito quasi inconsapevolmente la freccia verde, ormai era vicina alla fine e voleva rivedere Ted almeno per chiedergli perché aveva fatto tutto quello che aveva fatto e poi voleva cercare almeno di fargli lasciare liberi gli altri.
Fu con questi pensieri che varcò la strana apertura che aveva incontrato alla fine di quel percorso.
Era arrivata, era al centro esatto del Labirinto e Ted era lì, ma non era solo.
Con la coda dell’occhio Bonnie aveva visto qualcuno arrivare in quello spiazzo enorme nello stesso istante in cui ci era arrivata lei.
Quando si voltò Damon era lì.
Calde lacrime le solcarono il viso senza che lei riuscisse a controllarle nonostante si ordinasse di farlo perché non voleva che lui la credesse davvero così patetica, ma fu tutto inutile e le lacrime continuarono a venire giù copiose.
Bonnie si aspettava che lui la insultasse, la offendesse, la prendesse in giro, ma nulla di tutto ciò accadde.
Accadde ben altro e si sentì confusa.
Quello che ora Bonnie non capiva era: perché gli occhi di Damon si erano illuminati quando l’aveva rivista?





NOTE:
Ciao a tutti!
Ecco un altro capitolo, diciamo che è un capitolo di transizione che ci porta direttamente alle battute finali: ormai mancano solo due capitoli alla fine che posterò quanto prima.
Prima però vorrei sapere una cosa da voi.
Vedete io mi sono troppo affezionata a questi due personaggi e non ci riesco proprio a lasciar perdere la loro storia e a finirla definitivamente, almeno non per il momento.
Quindi ho pensato ad un finale per questa seconda parte che necessita per forza di una terza parte per la quale ho già una vagonata di idee soprattutto ora che ho più tempo libero e la mia fantasia và a briglia sciolta.
Ora, quello che volevo chiedervi è questo: vi piacerebbe che scrivessi una terza parte de Il linguaggio della resa, oppure vi siete stancate e preferite che la chiuda qui?
Dalle vostre risposte dipenderà l'epilogo di questa storia:
Se vorrete un seguito allora farò come avevo pensato di fare.
Se non volete nessun seguito allora dovrò modificare le cose per fare una finale decente e definitivo.
Aspetto le vostre risposte.
Grazie a tutti.

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Capitolo 16
*** Capitolo quindicesimo ***


Capitolo quindicesimo

Il tempo passava e correva via velocemente.
Una leggera brezza fresca attraversava l’immenso spiazzo.
Non c’era nessun rumore.
Solo silenzio.
“Ben arrivati!” - disse una voce che probabilmente doveva essere quella di Ted, ma a Damon non importava.
In quel momento l’unica cosa che aveva importanza era che lei era lì, davanti a lui.
Ogni volta che aveva provato ad immaginare quel momento, il momento in cui sarebbero stati di nuovo insieme, di certo non lo aveva immaginato così.
Quello era uno dei momenti più strazianti che avesse mai vissuto, era doloroso, era angosciate.
E Damon era furioso: furioso con se stesso perchè a quanto pare aveva deciso di mettersi sotto i piedi anche l’ultima briciola di orgoglio che gli restava restando imbambolato come un cretino a guardarla, e furioso con Bonnie per quello che gli aveva fatto.
Damon si costrinse a chiudere gli occhi e a scuotere la testa per cercare di placare quell’istinto che gli diceva di avvicinarsi subito e baciarla.
Quando tornò ad aprire gli occhi la sua espressione era colma di furia fredda, così come quella di Bonnie che aveva asciugato frettolosamente le lacrime e adesso lo stava guardando con astio.
Damon decise che doveva prendere in mano la situazione e aveva principalmente tre cose da fare:
Primo: doveva fare in modo che lo stregone liberasse Stefan.
Secondo: doveva dirgliene quattro a Bonnie.
Terzo: doveva uccidere Ted o andarsene, dipendeva dall’inclinazione del momento.
Si voltò verso Ted e notò che Bonnie fece lo stesso, non che tenesse d’occhi tutto quello che lei faceva, no, lo aveva visto casualmente.
“Liberali!”  - ordinò allo stregone.
“Come scusa?” - rispose questo.
“Ho detto libera mio fratello e gli altri!” - chiarì Damon.
“Mmmm, non vuoi fare prima quattro chiacchiere con la strega?” - chiese Ted senza il minimo ritegno.
“Liberali!” -  disse Damon sentendo la rabbia e l’odio raggiungere quasi il colmo.
“Ok, ok” - disse Ted alzando le mani in segno di resa, poi Damon lo vide portarsi le dita alle tempie e lo sentì pronunciare parole senza senso e poi: “Fatto!” - disse Ted.
“Come faccio a sapere che è la verità!” - chiese sospettoso Damon.
“Guarda qui!” - fece Ted e fece svolazzare in aria una sfera di cristallo che si posizionò a pochi passi da Damon e Bonnie.
All’improvviso una strana luce si sprigionò dalla sfera e tutto a un tratto si formarono delle immagini via via sempre più nitide.
Si vedeva il pensionato, la camera di Stefan, e poi i corpi di suo fratello e degli altri che venivano colpiti da una specie di raggio luminoso e che lentamente si svegliavano.
- Bene! Primo obiettivo raggiunto! - pensò Damon.
Avanzò verso la sfera di cristallo, la prese e la scaraventò al suolo, riducendola in mille pezzi, poi si voltò verso Bonnie che per tutto il tempo non aveva fatto, né detto nulla.
“Perché  sei qui?” - le chiese.
“Perché io sono qui? La domanda giusta è: perché tu sei qui?” - rispose lei e la sua voce era tagliente come mai lo era stata.
“E questo starebbe a significare?” - chiese Damon.
“Mi sembra ovvio: poco fa mi hai detto che ti eri stancato di me e di tutta questa situazione e che te ne andavi, quindi….cosa ci fai tu qui, Damon?” - spiegò lei.
- Ma è pazza? - pensò Damon.
“Si può sapere che assurdità stai dicendo? Io non ho mai detto nulla del genere, quella che ha detto tutto poco fa sei stata tu!” - le rinfacciò Damon.
“Cosa? Ma se non ho detto nulla!” - ribattè lei.
“E per te il fatto di avermi detto di non amarmi significa non dire nulla?” - Damon sentiva la furia aumentare.
“Cosa avrei detto? Damon è inutile che continui a cercare di imbrogliarmi perché questa volta non ci riesci. Vuoi prendermi in giro di nuovo? Stai cercando di farmi credere che la colpa di quello che hai detto, che la colpa del fatto che mi hai abbandonata, che ti sei stancato di me è mia? Sapevo che eri subdolo, ma non credevo fino a questo punto. Non ti sembra di avermi ferita già abbastanza?” - sbottò Bonnie.
“Io ti avrei ferita? Qui se c’è qualcuno che ha imbrogliato l’altro sei tu! Sei tu che mi hai fatto credere di amarmi e ora vieni e mi di dici che non mi ami più e che forse non lo hai mai fatto. Sei tu quella che ha mentito!” - rispose Damon.
“Io? Sei tu ad essere una sottospecie di imbroglio vivente, non io! Come hai chiamato tutto il tempo passato con me? Ah, sì, un esperimento interessante, è così che hai detto. Per te è stato tutto un esperimento, un <  proviamo a vedere cosa si prova a fare il bravo vampiro, tanto per fare qualcosa di diverso  >, è stato solo un imbroglio, una menzogna e io ci sono cascata, avevo una vita quasi felice e ho buttato all’aria tutto per te, perché mi sono andata ad innamorare proprio di te, tra tanti!” - disse Bonnie.
“No, ti sbagli! Non ricordi? Tu non mi hai mai amato, Bonnie! Sei stata tu stessa a dirlo. Ed è inutile che continui a ripetere questa scemenza dell’esperimento, che io ti ho preso in giro, perché non è vero nulla e lo sai! Sei tu quella che ha capito qual è la sua vera strada!” - fece Damon.
“Cosa diavolo stai dicendo?” - domandò Bonnie con una risatina isterica.
“Che c’è? Ti è forse passato di mente? Perché io lo ricordo benissimo! Aspetta, com’è che hai detto? Se non sbaglio hai detto qualcosa del tipo: qui dentro ho visto la vera magia e ho capito che il mio posto è nel mondo magico!” - rispose Damon.
“Ti sbagli, perché io non ho mai detto nulla del genere!” - fece Bonnie.
“Certo, no a voce alta!” - ribattè Damon.
“Che significa?” - chiese Bonnie.
“Che hai usato la telepatia!” - affermò sicuro Damon.
“Cosa avrei usato io? Primo: io non so usare la telepatia, non riesco a parlare telepaticamente come fai tu, al massimo posso lanciare qualche messaggio ma sempre andando in trance. Secondo: questa è la conferma che stai mentendo anche questa volta perché quello che ha usato la telepatia sei tu, io ho parlato a voce alta!” - controbatté Bonnie.
“Io ho parlato a voce alta, non tu!”- fece Damon.
“Sì, certo. E ti aspetti che ti creda?”- disse Bonnie.
“Sai una cosa? Non ti facevo così!” - disse Damon.
“Così come?” - chiese Bonnie.
“Così bugiarda e così perfida! Come hai potuto prendermi in giro per tutto questo tempo? Ma sai una cosa? Mi sono stancato!” - fece Damon.
“Questo lo hai già detto! Aggiorna il tuo repertorio, Damon! E come ti permetti di dire che io sono perfida! Io? Qui se c’è qualcuno che non si è curato minimamente dei sentimenti dell’atro sei tu! Io ti odio, Damon!” - rispose Bonnie ormai al limite.
“Ti odio anch’io, Bonnie, con tutto  me stesso!” - rispose Damon che si era sentito ferito più del dovuto dalle parole di Bonnie.
Restarono a fissarsi per ancora qualche secondo senza dire nient’altro, e dopotutto, dopo quello che si erano appena detti, cos’altro c’era da aggiungere?.
- Devo andarmene via da qui! - pensò Damon e tornò a voltarsi verso lo stregone che era rimasto nella sua posizione tutto il tempo, immobile e a godersi lo spettacolo.
“Io me ne vado, con lei fai quello che ti pare, ma prima sblocca i miei poteri mentali, ora!” - disse.
“Ok!” - rispose Ted.

Bonnie era rimasta immobile.
Si erano detto di tutti, addirittura che si odiavano. Era finita.
Poi però la sua mente registrò distrattamente le parole <  sblocca i miei poteri mentali  > dette da Damon e sentì Ted che acconsentiva e dopo un attimo uno strano fascio di luce si era abbattuto su Damon e poi si era dissolto.
Adesso Damon sembrava sollevato.
- Sblocca i miei poteri mentali, ma che significa? - pensava Bonnie.
Non ci capiva più nulla.
Come poteva essere che i poteri psichici di Damon fossero bloccati se poco tempo prima le aveva detto quelle cosa orribili parlando solo telepaticamente?
Possibile che avesse detto la verità?
Possibile che tutto questo faceva parte del suo piano per sbarazzarsi di lei e per questo fosse in combutta con Ted?
Bonnie era confusa, terribilmente confusa, ma se voleva saperne di più doveva farlo ora, perché Damon si stava allontanando, stava andando via per sempre.
“Damon, che significa quello che è appena successo con Ted e quel fascio di luce?” - chiese.
Damon si bloccò al suono della sua voce e si voltò verso di lei.
“A te che importa?” - le chiese.
“Rispondi e sii sincero!” - disse Bonnie.
“Te l’ho detto che io avevo parlato ad alta voce. Ted ha bloccato i miei poteri prima di entrare qui dentro, quando tu eri già nel Labirinto, quindi io non potevo dire nulla mentalmente!” - chiarì Damon.
“Davvero? E allora come è possibile che io abbia sentito la tua voce nella mia testa, chiara e forte?” - chiese Bonnie.
“Te lo dico io: è impossibile! E poi sei stata tu a parlare telepaticamente!” - ribattè Damon.
“Sì? E come avrei  fatto?” - chiese Bonnie.
“Opera della magia, così hai detto!” - rispose Damon.
- Opera della magia? - si chiese Bonnie.
“Io me ne vado!” - fece Damon e tornò a voltarsi, ma Bonnie gli corse dietro e lo bloccò per un braccio: aveva avuto una folgorazione, un ricordo le si era affacciato alla memoria, una possibilità.
“Aspetta, Damon!” - fece lei.
“Perché? Che altro c’è da dire?” - rispose lui voltandosi di nuovo verso di lei e scrollandosi la mano di Bonnie dal braccio.
“Solo un’ ultima cosa! Voglio fare il punto di tutta questa situazione!” - fece Bonnie.
“A che scopo?”.
“Vedrai! Ora assecondami, poi potrai fare qualsiasi cosa tu voglia, anche andartene!”.
Damon annuì svogliatamente.
“Allora, io sostengo di averti visto poco fa, prima di arrivare qui e che tu, parlandomi telepaticamente, mi hai detto che è stata tutta una bugia e che ti sei stancato di me, ma tu dici che è impossibile perché i tuoi poteri psichici erano bloccati!” - cominciò Bonnie.
“Sì, e io sostengo di aver visto te poco prima di arrivare qui e che tu mi hai parlato telepaticamente per dirmi che non mi hai mai amato, ma tu dici che è impossibile perché non sai parlare telepaticamente neppure con tutta questa magia qui intorno! Ora, cos’ altro c’è da dire?”- finì Damon.
Ma Bonnie non lo ascoltò, credeva che la soluzione stesse nei dettagli, quindi doveva chiedere un’altra cosa a Damon.
“Damon, io mi sono mossa?”.
“Cosa?”.
“Quando mi hai vista, io mi sono mossa molto, come faccio di solito, oppure ho fatto solo qualche gesto o due? Rispondi, è importante!” - chiese Bonnie.
“Hai solo mosso un braccio! Ma che c’entra?” - fece Damon.
- Lo sapevo! - pensò Bonnie e si voltò verso lo stregone senza rispondere all’ultima domanda di Damon.
Bonnie sentiva la rabbia dentro di sé crescere di secondo in secondo, ormai stava per esplodere.
“Tu!” - fece puntando il dito contro Ted.
“Non dirmi che hai capito?” - chiese stupito Ted.
“Tu!” - ripetè Bonnie.
“Ok, hai capito!” - fece Ted.
“Si può sapere che succede e cose avresti capito, Bonnie?” - chiese Damon.
Bonnie tornò a voltarsi verso Damon.
“Damon quello che tu hai visto era vero così come era vero quello che ho visto io, ma nel frattempo era tutta pura illusione, era magia, era Ted!” - spiegò Bonnie.
“Cosa significa?” - chiese Damon.
“La Bonnie che tu hai visto non ero io e il Damon che ho visto io non eri tu, erano due copie magiche create da Ted!” - cominciò Bonnie, ma sapeva che doveva spiegare tutto perché si vedeva lontano un miglio che Damon era incredulo.
“Damon tu sai che io non mi sono mai applicata più di tanto alla magia, ma questo non vuol dire che non sappia proprio nulla. Mia nonna mi ha lasciato una quantità enorme di libri, soprattutto di magia e a volte ne leggo qualcuno. Una volta mi è capitato di leggere di queste copie magiche. Con la magia si possono ricreare copie esatte di paesaggi, luoghi, oggetti, animali e anche persone, ma per ricreare le persone bisogna allenarsi molto ed essere potenti, ma per quanto potenti si possa essere le copie non saranno mai uguali all’originale perché ricreare una persona è quasi impossibile, si può ricrearne l’aspetto fisico, ma per i movimenti e la voce è tutta un’altra storia. Per questo le copie stanno per lo più immobili e per questo parlano sempre telepaticamente, perché la voce mentale non è uguale a quella effettiva che ha una persona quando parla ad alta voce e anche se è diversa nessuno ci fa caso. Credimi Damon quella che hai visto non ero io, ma la mia copia!” - spiegò Bonnie.
Damon si limitò a guardarla per qualche istante senza dire nulla.
Bonnie sapeva che doveva essere difficile per lui, perché Damon poteva sembrare duro, freddo e privo di sentimenti, ma non era così, infondo era fragile soprattutto nei sentimenti e  capitava raramente che si aprisse con qualcuno totalmente, ma quando capitava riponeva in quelle poche persone tutta la sua fiducia e una di quelle poche persone era lei e ora a causa di Ted era stato ferito.
 - Ma Damon deve credermi, deve! -
“Damon?” - azzardò Bonnie.
“Tu…tu mi hai detto che non…non mi amavi!” - fece Damon.
“Non ero io! Damon guardami, guardami negli occhi, tu puoi vederlo! Io ti amo e da cocciuta quale sono mi sa che continuerò ad amati per sempre! Non importa ciò che ci siamo detti prima, era tutto dettato dalla delusione che sentivamo per via di quelle copie ed eravamo delusi perché ci amiamo! Credimi! Io ti amo!” - rispose Bonnie.
- Oh, ti prego! Credimi, credimi, credimi! - pregava Bonnie mentre cercava di trasmettere a Damon tutto il suo amore, con ogni fibra del suo essere.
Damon la fissò per qualche altro istante e poi tutto cambiò.
Bonnie vide quegli occhi neri accendersi di nuovo di quella fiamma e quella luce che tanto amava e che tanto le era mancata.
Fu un attimo e si ritrovò di nuovo fra le braccia di Damon, l’unico posto in cui si sentiva davvero protetta.
E quando le loro labbra si incontrarono fu come se fosse la prima volta.
Non fu un bacio dolce, né tenero.
Fu violento e quasi doloroso.
Avevano aspettato troppo tempo divisi e ne avevano passate troppe per indugiare nella dolcezza. Avevano un disperato bisogno di quel contatto, avevano bisogno di toccarsi, di fondersi in un solo essere, di sentirsi di nuovo avvolti in quella nuvola rossa di amore, desiderio e passione che li avvolgeva ogni volta che erano insieme.

Poco distante Ted aveva assistito a tutta la scena.
Prima aveva liberato l’altro vampiro e gli altri umani dal suo incantesimo, ma andava bene così visto che cominciava a sentirsi stanco e che aveva bisogno di quanto più Potere possibile per il combattimento che sicuramente lo aspettava di lì a poco.
Poi c’era stata quella lite fantastica, così fantastica che non ci aveva pensato due volte quando il vampiro gli aveva chiesto di ridargli i suoi poteri.
Certo non poteva sapere che la strega fosse così informata sulla magia, ma comunque avrebbe dovuto fare più attenzione, ma quella lite lo aveva divertito così tanto che per un attimo aveva perso di vista tutti i suoi piani e aveva commesso un passo falso.
- Bè, poco importa! Lo scontro ci sarebbe stato comunque e adesso che sanno tutto sarà solo più divertente! Tanto non potrei tirarmi indietro comunque e comunque non ne ho nessuna intenzione! - pensò Ted mentre guardava i due avvinghiati l’uno all’altra.
- Godetevi quest’ultimo momento felice! - pensò senza avere la più pallida idea che quello che avrebbe dovuto godersi a pieno i suoi ultimi istanti doveva essere proprio lui, Ted.






NOTE:
Ciao a tutti!
Ecco il nuovo capitolo!
Quasi sicuramente il prossimo sarà l'ultimo!
Per quanto riguarda la terza parte, ho deciso di metterla e di continuare questa serie che ormai mi ha preso troppo per poterla lasciare, almeno non ora, ci sono ancora un sacco di cose che voglio far fare a questi due.
Spero che sarete felici della mia decisione almeno quanto lo sono io!
Grazie a tutti! E spero di non avervi deluso con l'incontro tra Damon e Bonnie!
Fatemi sapere la vostra opinione!
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Capitolo 17
*** Epilogo ***


Epilogo

Samuel e Samia non avevano visto ciò che era successo nel Labirinto negli ultimi minuti, non avevano visto la lite tra Damon e Bonnie, non avevano visto il loro chiarimento, non avevano visto Bonnie smascherare ciò che Ted aveva fatto.
L’unica cosa che sapevano era che il vampiro e la strega erano arrivati al centro del Labirinto e questo a loro bastava, era quello il momento che aspettavano, era lì che volevano che i due fossero per poter finalmente agire e ora che tutto era andato come previsto loro si apprestavano a fare il loro trionfale ingresso in gioco.
Per loro non aveva importanza che ci fosse uno scontro, che Ted potesse morire, che Bonnie avesse capito delle copie e che ora lei e il vampiro fossero uniti più di prima.
Loro stavano comunque per raggiungere il loro obiettivo che non era esattamente quello che avevano detto a Ted.
Ted credeva che loro volessero Bonnie, e questo era vero, ma era vero anche che Ted credeva che era a quello che servissero lui e il Labirinto, per dividere Bonnie da Damon e poterla prendere, ma non era esattamente così.
Non avevano di certo bisogno del Labirinto per strappare la strega al vampiro.
Il Labirinto non era servito a questo scopo, il Labirinto era servito per il vampiro, non per Bonnie.
Il compito del Labirinto era dare un avvertimento a Damon del tipo: ‘Per quanto tu possa essere potente, per quanto tu possa fare, la magia ti batterà. Per quanto tu possa rivendicare chissà quale diritto sulla strega per chissà quale romantico sentimento nei suoi confronti, lei è un essere magico e in quanto tale la magia se la riprenderà senza che tu possa fare nulla’.
E sembrava che fosse servito.
Damon aveva capito fin da subito che non poteva distruggere il Labirinto, ma al massimo poteva fare qualcosa solo contro le illusioni. Adesso gli mancava solo il colpo di grazia, quello che gli avrebbe mostrato, in tutta la sua interezza, la superiorità della forza magica.
Per quanto riguardava la strega, il piano era semplice: l’avrebbero presa e avrebbero usato su di lei la potentissima magia nera e con quella le avrebbero cancellato dalla mente e dal cuore tutto, per poi instillarle nella memoria una nuova vita, una vita diversa, una vita che non aveva mai vissuto per davvero, una vita falsa, ma che per quanto ne avrebbe saputo lei sarebbe stata l’unica vita che avesse mai vissuto. Una vita senza umani, senza innamorati vampiri.
Una vita devota alla magia, vissuta nel Regno magico, in mezzo a stregoni e streghe.
Era questa che l’aspettava.
Era questo che avrebbe dovuto essere da sempre.
Era questo che stava per accadere, finalmente.
E il vampiro, anche se l’avesse avvicinata, non avrebbe potuto riportarla indietro, lei non lo avrebbe riconosciuto e forse l’avrebbe addirittura denunciato per fare in modo che lo uccidessero, come le era stata insegnato nella sua falsa vita.
Era un piano perfetto e Samuel e Samia stavano per metterlo in atto.
Tutto quello che era successo, il Labirinto, Ted, era solo la punta dell’ iceberg, da lì in avanti ci sarebbe stata la vera storia.
I due anziani fratelli Consiglieri superiori si presero per mano e si concentrarono.
Dinanzi a loro una porta luminosa, che più che essere una porta ricordava una stupenda cascata di zaffiri blu, apparve dal nulla.
Era il portale.
Di lì a breve sarebbero arrivati nel cuore del Labirinto magico di Ted, dove tutto avrebbe, finalmente, avuto inizio.

Damon teneva ancora Bonnie stretta a sé, teneva ancora la sua bocca incatenata a quella di lei.
Non riusciva ancora a capacitarsi del fatto che fosse stato realmente tanto stupido da lasciarsi incantare e credere che lei non lo amasse.
Ma quella copia era stata così dannatamente convincente che nessuno poteva biasimarlo.
E poi anche lei ci era cascata, anche lei aveva creduto che lui si fosse stancato e che volesse abbandonarla, come se questo potesse essere possibile.
Ciò che doveva ammettere era che di tutta quella roba magica non è che ci avesse capito poi molto e inizialmente era stato titubante.
Aveva dovuto davvero leggere la mente e il cuore di Bonnie per capire se le mentisse oppure no, ma lei glielo aveva lasciato fare, era stata Bonnie stessa a dirgli di farlo.
Lei lo conosceva, sapeva che per lui era difficile fidarsi e sapeva che si era sentito tradito.
Lei glielo aveva permesso.
Si era aperta completamente e lo aveva lasciato vagare nei suoi occhi, nel suo cuore, nella sua mente e nella sua anima.
E ciò che Damon aveva visto era stato troppo.
Ogni parte del corpo di Bonnie, ogni fibra della sua anima, ogni battito del suo cuore gli raccontavano il suo amore per lui.
Damon non credeva possibile che qualcuno potesse amare lui, proprio lui, così tanto e così in condizionatamente, ma lei lo faceva, la sua streghetta era lì e lo amava di un amore puro e assoluto.
E come non fidarsi dopo aver visto questo?
Come non stringerla, non baciarla, non perdersi in lei?
Erano ancora immersi in quel bacio che sembrava infinito, ma che finì troppo presto quando, per forza di cose, Damon dovette scostarsi per lasciare che Bonnie respirasse, dopotutto lei era soltanto umana, ma per Damon era davvero facile dimenticarsene dal momento che la considerava molto di più, un essere superiore, magnifico, puro, luminoso, una dea, la sua dea.
Restarono lì a guardarsi senza dire nulla e in fondo sapevano che non c’era nulla da dire, sapevano già tutto nonostante la costante paura di non sapere nulla.
E dopotutto è anche questo l’amore: la certezza di vivere nella costante incertezza dell’amore dell’altro.
Questo momento così perfetto nella sua intimità venne spezzato da una mossa piuttosto azzardata, a detta di Damon, da parte di Ted: lo stregone cominciò ad applaudire.
Quando Damon si voltò a guardarlo, lo stregone aveva dipinta sulla faccia un’ espressione che forse voleva essere di minacciosa sicurezza, ma a Damon ricordava più quella che avevano gli stupidi umani con cui aveva avuto a che fare in passato che, trovandoselo davanti, non capivano quale rischio corressero e cercavano di comportarsi da cacciatori quando in realtà erano prede.
Ed era così che Damon vedeva Ted in quel momento: come una preda.
Era vero che Ted era uno stregone, che poteva usare la magia, ma infondo era sempre una umano, nelle sue vene scorreva sangue, sangue che Damon bramava.
A nulla sarebbe servito usare illusioni o stupidi trucchetti alla mago Merlino, perché, contro Damon, Ted non poteva nulla e usando la magia non avrebbe fatto altro che dare un gusto più eccitante alla caccia, alla lotta, all’uccisione.
Ted era la preda.
Damon era il cacciatore.
Ted sarebbe morto.
Damon l’avrebbe ucciso.
Perso in questi pensieri di morte, Damon ricordò solo all’improvviso della promessa fatta qualche tempo prima a Bonnie: le aveva promesso che non avrebbe più ucciso, che non avrebbe più influenzato nessuno per avere sangue.
Damon aveva tenuto fede a quella promessa da che l’aveva fatta.
Non si era nutrito di sangue animale, questo era ovvio, ma non aveva neppure più ucciso o influenzato.
Aveva trovato altri modi: beveva ‘sangue in bottiglia’ cioè quello che rubava agli ospedali o alle banche del sangue e poi c’era il sangue che scambiava con Bonnie, quello lo teneva in forze a lungo, era potente il sangue della sua streghetta e questo era un motivo per amarla di più.
Ma adesso?
Ted era umano, poteva infrangere la sua promessa?
Per quanto avessero sofferto, Bonnie voleva davvero che lui uccidesse?
Preoccupato, si voltò verso Bonnie ad incontrare i suoi occhi.
Lo sguardo di lei non era impaurito o velato dalle lacrime, come si aspettava, ma era uno sguardo deciso e fiammeggiante.
“Non preoccuparti, Damon! Ted non è umano, è un mostro! Solo un mostro avrebbe fatto ciò che lui ha fatto a noi due!” - disse Bonnie.
Aveva capito tutto, soltanto guardandolo, lei aveva capito tutto.
Ora Damon era sicuro, sicuro di se stesso, sicuro di Bonnie e sicuro di ciò che stava per fare: l’ora di Ted era giunta.

“Allora, è finito l’idillio oppure continuerà ancora a lungo?” - Ted stava cominciando a perdere la pazienza.
- Forse quei due non si rendono conto di chi hanno di fronte - pensava guardando Damon e Bonnie, ancora abbracciati, che lo snobbavano altamente.
Ted si sentiva una furia, un leone in gabbia che stava per essere liberato.
Voleva combattere, voleva uccidere, voleva combattere e voleva uccidere il vampiro.
Aveva aspettato così a lungo che adesso non resisteva più.
Le pareti del Labirinto cominciarono a tremare leggermente in risposta alla sua impazienza.
Poi, finalmente, il vampiro si voltò.
Ted notò con disgusto che aveva i canini ben allungati: evidentemente voleva intimidirlo.
Ma la cosa che lo disgustava di più era che la strega continuava ad accarezzare un braccio di quella creatura rivoltante. Non sembrava spaventata o disgustata, come era giusto che fosse, no, lei, una creatura magica, era perfettamente a suo agio accanto ad un vampiro, uno stupido, rivoltante vampiro con i suoi stupidi, rivoltanti canini.
Ted stava per vomitare: mai visione era stata più assurda e mai visione lo aveva mandato più in bestia.
Ted stava cominciando a perdere la testa.
“Sta calmo, Harry Potter! Non dovresti agitarti così con un vampiro di fronte pronto ad attaccare! Sento il tuo sangue che corre nelle tue vene fin da qui e…sai una cosa? Sono piuttosto affamato!” - lo schernì il vampiro, mentre la strega si allontanava e si metteva in un angolo per lasciare campo libero ai due combattenti.
“Ci morirai affamato!” - lo sfidò Ted.
“Vedremo” - rispose Damon inclinando la testa di lato con un lieve sorriso e guardando Ted con occhi curiosi.
Ted sentiva perfettamente le ondate di puro Potere emanate dal vampiro ancora immobile di fronte a lui, ma non se ne preoccupava.
- Tanto sono più forte! Ne ho uccisi a decine di vampiri - pensò.
“Peccato che io non sia come gli altri!” - rispose Damon al suo pensiero.
“Non mi leggere la mente!” - sbraitò Ted.
“Non è mica colpa mia! Sei tu che urli, forse nel tentativo di autoconvincere te stesso che puoi farcela” - rispose Damon del tutto calmo.
“Non ho bisogno di autoconvincermi di nulla! Io so perfettamente che ti ucciderò” - fece Ted, ma si accorse che stava parlando con l’aria.
Damon era sparito.
- Ma dove cavolo…? - pensò Ted quando si sentì afferrare per un braccio e venne costretto a girarsi.
“Qui!” - disse il vampiro a pochi centimetri dalla sua faccia.
Damon era stato così veloce che Ted non aveva neppure notato subito che fosse sparito.
Lo stregone trasse un respiro profondo e puntò gli occhi in quelli del vampiro.
“Questi trucchetti non attaccano con me! Rassegnati!” - disse, ma Damon non sembrò per niente scalfito dalla sua provocazione, si limitava a fissarlo con occhi divertiti, poi, improvvisamente, si scostò leggermente da Ted e cominciò a ridere fragorosamente: se avesse potuto avrebbe pianto tante erano le risate.
- E’ il momento! - Ted pensò di approfittare di quell’attimo di distrazione del vampiro per poterlo attaccare.
Si concentrò e richiamò a sé il potere del fuoco, ma proprio mentre stava per scagliare il suo incantesimo, Damon tornò improvvisamente serio, si mosse velocissimo e con un unico movimento fluido si portò alle spalle di Ted e gli bloccò le braccia con una mano mentre con l’altra lo teneva per il collo.
“Brutta mossa , stregone! E anche piuttosto codarda da parte di uno che si dice così sicuro di uccidermi! Se è così non cercare di cogliermi in fallo, anche perché non ci riusciresti, e vedi di attaccarmi guardandomi dritto in faccia!” - gli ringhiò Damon all’orecchio e subito dopo lo lasciò andare e lo buttò a terra con una spinta.
Ted ci vedeva rosso: il vampiro aveva appena osato dargli del vigliacco.
“Quella non era vigliaccheria, ma semplice strategia” - ribattè Ted rimettendosi in piedi.
“Io continuo a pensare che tu sia un codardo!” - rispose Damon con un ghigno sadico.
“Non mi importa ciò che pensi!” - urlò Ted sull’orlo dell’esasperazione.
“E allora perché ti scaldi tanto: è un mio pensiero e a te non importano i miei pensieri, giusto? Comunque sei un codardo!” - fece Damon con una lieve risata.
“Aaaaaahhhh!” - urlò Ted e si scagliò contro Damon.
Pessima mossa: Ted aveva una buona preparazione fisica perché faceva parte del suo addestramento per poter combattere contro le creature oscure e aveva lottato con parecchi vampiri, ma questa volta fu una pessima mossa.
Damon non sembrava per nulla intimidito e nemmeno leggermente stupito da Ted, anzi, era divertito.
Il bastardo se la rideva e Ted si arrabbiava ancora di più.
Ted cercò di colpire Damon con un pugno, ma Damon lo schivò
Provò con un calcio, schivato anche questo.
Andarono avanti così per un po’, con Ted che attaccava e Damon che schivava, fino a che Ted non si sentì a corto di fiato.
“Stanco?” - lo schernì il vampiro.
“MALEDETTO!” - urlò Ted e ripartì all’attacco.
Questo gioco di colpi e schivate continuò per un bel pezzo, e mai una volta che Damon avesse anche solo cercato di attaccare.
- Ma a che gioco sta giocando? - pensò Ted fermandosi a riprendere fiato.
“A nessun gioco! Sto semplicemente aspettando il momento giusto, io! E poi hai aspettato così a lungo questo momento che mi sembra una cattiveria fin troppo gratuita non lasciartelo godere a pieno!” - rispose Damon al suo pensiero.
- Dannazione! Possibile che ogni volta che apre bocca mi fa saltare i nervi? - pensò Ted.
“Che vuoi farci: il mio è un dono naturale! Mi piace far arrabbiare le persone e tu rendi tutto così semplice! Davvero, secondo me hai dei seri problemi con la gestione della rabbia, lo penso già da un po’ e credo di avere ragione! Ma dopotutto, quando mai io non ho ragione?” - fece Damon.
Ted non ci pensò due volte e cominciò a scagliare contro Damon ogni sorta di incantesimo offensivo che conosceva, ma sembrava che il vampiro fosse protetto da una specie di scudo di Potere: i suoi incantesimi andavano sempre a vuoto.
- Questa situazione non la sopporto più - pensò.
“Allora siamo in due!” - disse Damon diventando improvvisamente serio.
Ted si preparò.
Il vampiro aveva detto che stava aspettando il momento giusto e quel momento sembrava essere arrivato.
Erano a qualche metro di distanza.
Si fissavano, immobili.
Un vento gelido sferzava l’aria tra di loro.
Il silenzio era assoluto.
E poi successe.
Ted cominciò con la sua sequela di incantesimi cercando di usare maggior Potere.
Damon avanzava lentamente schivando ogni colpo.
Ma ad un tratto il vampiro scomparve.
Ted si guardò intorno, cercandolo.
Si voltò a destra, poi a sinistra, poi di nuovo a destra e poi eccolo lì: Ted se lo ritrovò ad un palmo dal naso.
“Dì addio al mondo, Ted!” - disse minaccioso Damon.
Poi Ted lo sentì: il dolore.
Damon aveva affondato i canini nella sua gola e beveva avidamente il suo sangue.
Ted sentiva le forze mancare, non riusciva a fare nulla, non riusciva a pensare: questo era il dolore più atroce che avesse mai provato.
Ma all’improvviso un moto di speranza si accese in lui: vide una luce e percepì un nuovo Potere, un Potere forte e familiare.
- I Consiglieri! - pensò e Damon si scostò all’istante guardandolo fisso.
Poi alla loro desta una cascata di zaffiri blu comparve dal nulla e rivelò due figure che si tenevano per mano.
Samuel e Samia li stavano fissando.
- Sono salvo! - pensò Ted.
Damon guardava i due nuovi arrivati: era immobile.
- Ha paura - pensò Ted, poi si rivolse ai Consiglieri.
“Samuel, Samia, grazie per essere venuti ad aiutarmi!” - disse, ma nessuno dei due rispose.
“Samuel, Samia!” - li chiamò Ted: sentiva crescere l’ansia.
Perché non facevano nulla?
Poi uno sei due si mosse: Samuel.
Samuel scosse la testa come a dire di no.
- No! - pensò Ted.
“Mi dispiace!” - lo schernì Damon che era tornato a fissarlo.
Un attimo dopo i canini erano di nuovo nella sua gola.
Il dolore era tornato più forte di prima.
Ted continuava a guardare Samuel e Samia, immobili che fissavano la scena.
- Perché? Perché? - era l’unico pensiero di Ted.
Poi il dolore raggiunse l’apice e lentamente cominciò a diminuire.
La stanchezza stava prendendo il sopravvento e aumentò, aumentò, fino a che Ted non resistette più e si lasciò andare al buio eterno.
L’ultima cosa che Ted vide prima di morire furono i canini di Damon sporchi del suo sangue.

Ted era morto.
Bonnie da lontano aveva assistito a tutta la scena.
Aveva tenuto il fiato sospeso per tutta la durata della scontro e quando aveva finalmente tirato un sospiro di sollievo vedendo Damon uccidere Ted, tutto era andato in frantumi.
All’improvviso era apparsa una luce e poi quelle due nuove figure.
Bonnie non sapeva chi fossero, molto probabilmente esseri magici, l’unica cosa di cui era certa era che aveva paura di loro.
Il loro sorriso così cordiale e le loro espressioni così rassicuranti la inquietavano molto più dell’ira minacciosa che aveva sprigionato Ted fino a poco prima di morire.
Damon sembrava essere dello stesso parere perché lasciò andare a terra il corpo privo di vita di Ted e con un solo salto all’indietro arrivò a pochi metri da Bonnie che fece per andargli incontro uscendo da dietro la colonna di pietra dietro cui si era nascosta, ma Damon la bloccò.
“Ferma dove sei, Bonnie!” - le disse e il cuore di Bonnie andò a mille.
- Damon ha paura! - lo aveva chiaramente sentito dal tono di lui e questo la scosse ancora di più: non aveva visto quasi mai Damon avere paura.
Chi erano queste due strane figure?
“Chi siete?” - chiese Damon.
“Samuel e Samia! I Consiglieri superiori del Regno magico!” - rispose l’uomo.
I Consiglieri superiori del Regno magico: Ted ne aveva parlato, aveva detto che erano stati loro ad inviarlo lì.
Ma allora, se Ted era un loro inviato e aveva eseguito i loro ordini, perché lo avevano lasciato morire?
Se Damon aveva davvero paura di loro questo significava che aveva una vaga idea di chi fossero già prima che l’uomo parlasse e li temeva, e se li temeva questo significava che loro potevano fare qualcosa per fermarlo, che non erano come Ted che non aveva nessuna speranza.
Ma allora perché non avevano agito?
Bonnie non capiva, si sentiva tremendamente confusa.
- Perché deve succedere tutto questo? Perché proprio ora che io e Damon eravamo insieme e felici? - si chiedeva, ma non riusciva a darsi una risposta, mentre sentiva l’ansia crescere: il suo sesto senso le stava urlando che stava per succedere qualcosa di orribile.
“Cosa volete?” - chiese minaccioso Damon.
“Mi sembra ovvio: la strega! Lei ci appartiene!” - rispose l’uomo rispondente al nome di Samuel.
“Non l’avrete! Lei è mia!” - disse Damon e Bonnie sentì che mai parole furono più giuste o avessero più senso.
Lei era sua, di Damon, nel corpo e nell’anima, lei era di Damon.
“Non ne sarei così sicuro, vampiro!” - rispose Samuel con una leggera risata.
“Lei è mia!” - ripetè Damon.
Samuel questa volta non rispose, ma si voltò verso la donna, Samia, e le prese entrambe le mani e poi insieme chiusero gli occhi.
Un vento freddo avvolse, all’improvviso, ogni cosa.
Bonnie sentiva le gambe e la testa che si facevano sempre più pesanti.
Riuscì a malapena a vedere una strana corda di luce viola che la avvolgeva e la sollevava da terra spostandola verso i due stregoni.
Tentò di muoversi, ma fu inutile: non riusciva più a controllare il suo corpo.
Sentì la voce di Damon che la chiamava, ma non riusciva a rispondere, poi lo vide: era stato intrappolato in una gabbia di legno comparsa da nulla, cercava di uscire, ma ogni volta che si muoveva da una della sbarre di legno della gabbia spuntavano decine di paletti pronti a trafiggerlo e se lo trafiggevano lui sarebbe morto.
Bonnie si ritrovò a pregare che Damon non si muovesse.
All’improvviso si sentì afferrare per le braccia: il suo braccio destro era tenuto da Samuel, il braccio sinistro da Samia.
“Non puoi fare nulla, vampiro! Lei adesso viene con noi e ricorda che è meglio se non la cerchi, perché anche se un giorno dovresti ritrovarla lei ti avrebbe dimenticato!” - disse Samuel a Damon.
“Non ci contare troppo!” - rispose Damon.
“Invece è proprio così che andrà perché sarò io a farle dimenticare ogni cosa con la magia! Le darò una nuova vita, una vita di cui tu non avrai mai fatto parte!” - disse Samuel.
“Che vuoi dire?” - chiese Damon.
“Addio!” - rispose Samuel.
E Bonnie, nel suo stato di semicoscienza, riuscì soltanto a vedere molta luce che li avvolgeva e a sentire la voce di Samuel e quella di Samia che all’unisono invocavano un canto che lei non conosceva, ma che la accompagnò verso il buio della totale incoscienza.

Era sparito tutto.
Il corpo di Ted era sparito.
I due Consiglieri erano spariti.
Il Labirinto era sparito.
La magia era sparita.
Damon, ormai solo al centro dell’Old Wood, si lasciò cedere in ginocchio a terra.
Non c’era più nulla.
Aveva l’impressione di essersi appena svegliato da un sogno: un momento prima era in un posto, ora era in un altro.
Ma quello non era un sogno, era la realtà, un’orrenda realtà.
Lui era solo e Bonnie non c’era, era stata portata via, era stata rapita.
Bonnie, la sua Bonnie, era sparita.





NOTE:
Ciao a tutti!
Eccoci arrivati alla fine di questa seconda parte de "Il linguaggio della resa".
Spero che questo epilogo vi sia piaciuto, bè a me è piaciuto scriverlo anche se devo ammettere che è stato piuttosto impegnativo visto che succedono molte cose e dovevo spiegarne un altro casino.
Vi ringrazio per la costanza con cui mi avete seguito e recensito, ma ringrazio anche infinitamente tutti i lettori silenziosi: vi adoro tutti incondizionatamente e senza distinzioni!
Ringrazio di cuore chi mi ha aggiunto tra le storie seguite, tra quelle da ricordare e tra le preferite.
E ringrazio tantissimo chi mi ha addirittura aggiunto tra gli autori preferiti, cosa da non crederci.
Prima di lasciarvi vorrei farvi qualche domanda:
Primo: Come credete che si stia evolvendo la storia dalla prima alla seconda parte? E i personaggi?
Secondo: C'è qualcosa che vi piacerebbe vedere nella terza parte?
Terzo: Qual è il momento che vi è piaciuto di più sia nella prima che nella seconda parte?
Sono curiosissima anche perchè non ho mai fatto un sondaggio del genere tra le mie lettrici, quindi mi auguro che mi rispondiate.
Prima di lasciarvi vi darò, come ho fatto l'altra volta, un piccolo spoiler: la terza parte della mia storia si chiamerà "IL LINGUAGGIO DELLA RESA: IL SIGILLO".
E come ultimo avviso vi dico che sicuramente il prologo della nuova parte verrà pubbblicato DOMENICA 25 LUGLIO di sera.
A presto.
Recensite..recensite..recensite...BACIONI...IOSNIO90!













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