Voglio svenire tra le tue braccia.

di Melmon
(/viewuser.php?uid=59984)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Risveglio e caos. ***
Capitolo 2: *** Ricordare per lottare. ***
Capitolo 3: *** Impalata. ***
Capitolo 4: *** Arrivo al Roadhouse. ***
Capitolo 5: *** Il mistero svelato. ***
Capitolo 6: *** Il mio scudiero. ***
Capitolo 7: *** Incontrarci e scontrarci: noi ***
Capitolo 8: *** L'ora della verità. ***



Capitolo 1
*** Risveglio e caos. ***


Questa ff veda la luce dopo un lungo e doloroso travaglio, ho deciso di postarla prima di continuare a cambiarla per la centessima volta quindi scusate eventuali errori e buona lettura.

1.Risveglio e caos.


Un dolore lancinante al fianco mi riporta alla realtà.
Non ho abbastanza forza, non riesco a percepire nulla oltre al mio stesso lento respiro, vorrei urlare, ma non riesco ad emettere neanche un lieve gemito di dolore.
Mi ritornano alla mente i tuoi occhi verdi, quando mi erano mancati, il tuo volto si forma lentamente sotto le mie palpebre chiuse.
Abbiamo litigato, tu avevi paura che mi succedesse qualcosa, che mi mettessi nei guai, tu ti preoccupi sempre per la mia sicurezza e mai per la tua, così ho fatto di testa mia peccato che tu abbia avuto ragione, per l’ennesima volta.
Lentamente il mondo intorno a me prende forma, ora c’è altro a cui pensare che hai tuoi occhi, con lenti e dolorosi movimenti della mano riesco a tastare intorno a me.
Terreno, un ramo e sassi, sono in un bosco, perché sono in un bosco?
Annuso l’aria, c’è odore di bagnato, ma la terra è asciutta al tatto quindi non devo essere lontana da una fonte d’acqua. Ok ora so d’essere ancora viva, che sono sdraiata in un bosco e che non sono lontana da una fonte d’acqua, bene! Se riesco ad alzarmi non morirò di sete mentre aspetto i soccorsi.
Cerco lentamente di aprire gli occhi e per qualche secondo ci riesco: peccato non essere riuscita a vedere nulla! Lo sforzo è stato enorme cosi decido che mi sono meritata alcuni minuti, resto ferma e ascolto il mondo intorno a me: ci sono i tipici rumori di un bosco, sento il vento spostare le foglie ma non lo sento su di me, bene sono caduta in un fosso!
Riprendo la mia lotta personale con i sensi è stavolta da brava testarda che sono vinco.
Cerco di muovere lentamente i piedi, prima il sinistro poi il destro, sento la terra e la breccia sgretolarsi sotto i miei stivaletti prima di sbattere il piede destro contro qualcosa di solido, cerco di capire cosa ho appena scoperto, lentamente con la mano cerco di tastarlo per avere altre informazioni quando un suono insolito per il luogo si fa prepotentemente sentire: la suoneria del mio cellulare!
La mia borsa è caduta poco lontana da me, almeno qualcosa di buono finalmente!
Il movimento rapido, che faccio per afferrare la cinghia della borsa, mi fa girare la testa talmente forte da costringermi a sdraiarmi e a chiudere gli occhi nuovamente.
La suoneria continua inesorabile e mi spinge in qualche modo a non arrendermi, come se fosse la tua voce ad incitarmi a fare meglio, a non mollare.
Percorro la stoffa ruvida della mia tracolla, cerco di farmi guidare dal rumore, dalla vibrazione e dall’immagine che la mia memoria produce della borsa e del suo contenuto. Il cellulare è nella tasca davanti, pratico per prenderlo senza dover mostrare ad occhi indiscreti “materiale da lavoro”, l’unico elemento normale che mi collega alle ragazze della mia età. In quei pochi centimetri di stoffa c’è quella parte di mondo dove tu non puoi entrare, dove sono solo una donna come altre, che riempi di cianfrusaglie la sua borsa.
Finalmente le mie dita sfiorano la plastica dura del cellulare, lo afferro saldamente estraendolo dalla borsa, che resta abbandonata sul mio stomaco, ma appena l’oggetto tanto desiderato è libero il frastuono che produce, che tu definisci musica, smette, so che è per breve tu non ti arrendi facilmente proprio come me e questione d’attimi, infatti, non riesco neanche ad abituarmi al silenzio che la tua suoneria personalizzata torna a fendere l’aria. Un sorriso si allarga sul mio viso, porto con fatica l’apparecchio all’orecchio subito dopo averlo fatto scattare.
– Alice?
Il tuo tono preoccupato fa allargare di più il mio sorriso.
– Dean!
– Non ti azzardare mai più a non rispondere, mi hai fatto prendere un infarto!
Sei arrabbiato ed hai ragione ma sono senza forze.
– Dean ho bisogno del tuo aiuto.
Riesco a finire la frase con un tono decente.
– Dove sei? Che succede?
– Dean; - pausa, un silenzio che a te sembreranno ore, sei già scattato sull’attenti da bravo soldatino, aspetti un ordine? Bene non ti farò attendere ancora per molto. –Dean sono in un fosso in una foresta e sono ferita.
– Arrivo piccola!
La telefonata s’interrompe, resto a fissare il display che lentamente si spegne.
Odio quando mi chiami piccola ma in queste occasioni mi trasmette quel senso di protezione che non ho mai avuto da nessuno, che mai nessuno oltre a te è riuscito a darmi.
Lo spettacolo sopra di me mi lascia per un attimo senza fiato estraniandomi dalla realtà: un cielo blu scuro carico di luci formate da miriadi di stelle lotta per farsi ammirare tra le foglie degli alberi che il leggero vento sposta divertendosi a creare per me nuovi scenari. Stelle cosi numerose e luminose non le avevo mai ammirate, non avevo mai visto qualcosa brillare cosi, a parte quelle due stupende gemme verdi che ti ritrovi per occhi dopo il nostro primo bacio.
Ho cercato con tutta me stessa di calpestare, stracciare, lacerare, impacchettare tutto di quella sera, di quella scena che mi tortura.
Una serata come tante, mi ripeto da giorni, cerco di convincermi che sia la verità ma non lo è:
Una serata non è come tante se è l’unica dove non si puliscono armi.
Non è come tante se non parliamo di mostri.
Non è come tante se non bevi qualcosa d’alcolico.
Non è come tante se non guardi le altre.
Non è come tante se non ci provi con la cameriera che ti sta in pratica mangiando con gli occhi.
Non è come tante se mi ritrovo schiacciata contro il muro, con il tuo corpo premuto al mio, le tue labbra sulle mie. Forse saremo ancora lì se i tuoi occhi non si fossero aperti su di me, travolgendomi e abbagliandomi come un faro nella nebbia, se quelle tue iridi non mi avessero talmente disarmato da farmi paura e farmi scappare via. Ma da allora il tempo è passato ed ora siamo di nuovo quelli di prima, quelli prima di quel bacio.
Le nostre strade si sono separate, tu hai il tuo Sammy a cui badare e io so cavarmela da sola ormai da tempo, ma abbiamo ripreso l’abitudine di telefonarci, ringraziando il cielo perché questo ora potrebbe salvarmi la vita.
Ora che faccio?
Non sono la tipa che riesce a star ferma a lungo, il fianco mi duole e perdo sangue, chissà quando tempo ci metterai a trovarmi, so che stai spingendo al massimo la tua piccola, ma ci sono dei limiti che neanche lei può superare.
La testa duole al solo pensiero di alzarmi, ma rimanere qui è un pensiero troppo assurdo.
Con le dite traccio un percorso dal mio fianco all’esterno, cerco di avere un respiro regolare e di concentrarmi su questo e non sul dolore lancinante al fianco; dopo essere riuscita a toccare il bordo esterno, per mia fortuna questo fosso non è molto alto, trattengo il respiro e senza pensarci troppo mi alzo ritrovandomi in posizione seduta. Il dolore è indescrivibile, lo sforzo è stato sfiancante, devo stringere i denti e radunare quel poco di forze che ho per restare cosi: immobile, in un fosse, in una foresta sperduta aspettato te.
Una lacrima, seguita da molte altre, mi riga involontariamente il volto, il pensiero che tu mi trovi cosi mi fa arrabbiare, a nessun cacciatore piace mostrare le proprie debolezze, nemmeno ad un collega, nemmeno all’uomo che ami e io non sono da meno, una volta sicura di non cadere mi pulisco con un gesto secco le guance.
Mi guardo a torno e il quadro di quello che è successo mi è più chiaro: ad una decina di metri da me piccoli falò, o quello che ne resta, sono i resti della mia caccia in quei roghi sei vampiri hanno trovato la morte prima che l’ultimo di loro mi colpisse ad un fianco.
Che serva da lezioni a tutti: Alice non sbaglia mai, Alice se la cava da sola e salvare membri della propria famiglia non è prerogativa dei Winchester.
Ora so dove sono e come andar via da qui, alle mie spalle c’è un fiume con una piccola cascata, seguendola potrei arrivare ad una stradina che porta allo spiazzo dove ho lasciato l’auto. Con calma, molta calma, pazienza e molta forza di volontà esco dal mio nascondiglio le gambe non mi reggono, di questo sono sicuro ed evito anche di provarci, con la stessa andatura e grazia mi muovo come durante gli allenamenti militari, svolti decine di volte in tua compagnia, fino tronco dell’albero che prima giocava con le stelle e mi appoggio.
Recupero nuovamente il cellulare, per mia fortuna anche stavolta la tracolla a retto, e il display mi fa notare che sono passati solo quaranta minuti dalla tua chiamata; perfetto a me sono sembrate solo quaranta ore!
Faccio partire la chiamata, ho bisogno di sentire la tua voce, mi da forza.
– Ho il tuo segnale Gps, sto arrivando piccola, tieni duro!
– Come sempre Dean, tu però arriva tutto intero non so che farmene di un soccorritore mal ridotto!
– Faccio del mio meglio! Tra quindici minuti sono da te.
– Tranquillo ti aspetto qui, chiamami quando sei nei paraggi.
– Tieni duro!
– A dopo.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Ricordare per lottare. ***


Grazie per la recensione Robigna88, spero che ti piaccia anche questo capitolo!

2. Ricordare per lottare.

Sento il sangue scorrere lento, non c’è abbastanza luce per stabilire quando sia grave, tiro fuori dalla borsa una fiaschetta che contiene alcool, né verso abbondantemente su una maglia che ho in borsa e l’utilizzo come garza, per il momento dovrà bastare. Il contatto con la ferità mi fa totalmente impazzire e in due sorsi svuoto la fiaschetta.

Non posso far a meno di rivivere quella serata: i tuoi occhi del solito verde brillante, il tuo anello che picchiettava scandendo un ritmo tutto suo sul collo della bottiglia di birra, il tuo sorriso che stranamente quella sera e solo mio ...
Solo ora mi rendo conto di tutti i segnali che avevi mandato, che eri strano da prima, molto prima che me n’accorgersi, ho cercato di dare la colpa all’alcool, all’esserti sempre a fianco, al proibito e invece non fu cosi.
L’unica birra che avevi bevuto fu quella vero?
Sapevi che non avrei mai sopportato l’idea che solo ubriaco ci avessi provato con me, se quella notte non ci fossimo fermati volevi che io sapessi che era stata frutto della ragione, di qualcosa che realmente ci legava. La sensazione delle tue labbra mi colpisce, m’invade e in un secondo vorrei che tu fossi qui per morire baciandoti, sono stata scema, se non mi fossi lasciata prendere dalla paura ora avrei qualcosa di più di uno stupido bacio da ricordare.
Mi stai cercando?
Bene farò di tutto per essere trovata.
In un gioco poco divertente e molto doloroso passo da un albero, ad un cespuglio, ad un sasso, a tutto ciò che può aiutarmi, sorreggermi e condurmi verso di te.
Cerco di pensare a te, lotto per te, mi rialzo per te, ormai il fianco non è l’unica parte del corpo dolorante e sanguinante. Ma che m’importa? Tra poco sarai qui, tra poco le tue mani si occuperanno con la solita dolcezza inaspettata delle mie ferite.
A un sasso più grosso mi concedo solo tre secondi in più di respiro, premo con forza sulla ferita, il flusso del sangue è rallentato, ora che sono arrivata al ruscello la luce è aumentata ma non sapere è meglio, se vedo il mio fianco sporco del mio stesso sangue svengo qui! Se proprio devo svenire voglio farlo tra le tue braccia porca miseria!
Mi appoggiandomi ad un ceppo e mi lascio scivolare lentamente fino al terreno, non sono molto lontano dal fiume cosi con un po’ di sforzo posso immergere la mano nell’acqua e lasciarla scorrere le dita in essa. Il fresco dell’acqua è piacevole, la mano ritorna ad un colore più naturale, prima era sporcata del mio sangue.
Dolore, ancora dolore e tu non sei ancora qui, Dean arriva presto, non so quando ancora posso resistere prima di perdere conoscenza.
Osservo ancora le stelle, la luna illumina il mio cammino.
Voglio vedere i tuoi occhi brillare ancora per me, solo per me, dopo uno, due, tre e perché no quattro baci, voglio sentire ancora il tuo sapore sulle mie labbra, voglio sentire la tua voce con quel tono misto tra il preoccupato e l’arrabbiato, voglio scoprire la sensazione delle tue mani su di me per motivi diversi da curare ferite, voglio vederti dolce e rilassato sotto le mie premure, voglio coccolarti e lasciarmi coccolare per scoprire quel lato di Dean dolcissimo e tenero che sono sicura esiste, voglio essere tua per il resto della mia vita che sia per pochi minuti o per secoli, voglio svegliarmi al tuo fianco, voglio vederti sorridere e poi tornare ad essere il mio mascalzone.
Fisso ancora le stelle quando il dolore lanciando al fianco ritorna a farsi sentire dopo il brusco movimento che mi ha riportato in piedi. La tracolla ancora al mio fianco detta il ritmo dei miei passi sulla coscia, cerco di non pensare anche perché ormai il dolore sta vincendo sulle mie forze annebbiandomi del tutto il cervello, forse arrivare alla macchina è un’impresa troppo elevata per le mie attuali condizioni, forse venirti incontro è uno sbaglio, un altro motivo che ti porterà a sbraitarmi contro per ore, ora qui in una radura lievemente illuminata dalla luna poi trovarmi con più facilità, ma il ritmo della tua amatissima musica mi dice che non devo disperare.
– Piccola tra un po’ sono da te, sono affianco alla tua auto ...
– Non parcheggiare sei ancora troppo lontano …
– Ok, guidami tu.
– Non puoi guidare e parlare allo stesso tempo Dean rischi un incidente.
– Tu rischi di più.
– E poi chi soccorrerà il soccorritore?
– Ah! Sicuro di essere ferita, sei la solita strafottente Alice.
– I litri del mio sangue dispersi tra la boscaglia direbbero cosi.
– Vuoi dire che ti sei mossa?
– Mi sto muovendo Dean e tu stai ancora guidando e parlando al cellulare contemporaneamente
– Sei in viva voce, spera che tu sia davvero grave altrimenti la situazione te la peggiore io …
– Dean … corri …
– Alice?? - nessuna risposta – Alice? …-ancora nulla - ... Alice ti prego rispondi!
– Vedi il fiume?
– Si, per fortuna sei ...
– A destra troverai una bella ragazza mezza dissanguata: sono io.
Il cellulare mi cade dalle mani, ora so che questi sono i miei ultimi passi, li compio con meno sforzo, ora m’importa restare in piedi e distinguere nel buio la tua figura.
Dei fari, rumore di sportelli e poi ombre che si muovono, finalmente la tua voce, finalmente braccia a sorreggermi, non sei solo, non capisco con chi altro tu sia ma l’importante ora è essere soccorsa, che sia tu a farlo rende la cosa solo più piacevole. Mi sento sollevare, mentre qualcuno prevede a premere con forza sulla ferita, apro gli occhi e distinguo il tuo profilo, il tuo volto, corri verso la tua piccola con me tra le braccia con poco sforzo rispetto a quello che mai avrei immaginato porto un braccio intorno al tuo collo e ti poggio la testa sulle spalle, sento la tua presa aumentare e il tuo cuore batte forte mentre il mio rallenta, l’adrenalina che fino a poco fa era in circolo sta lentamente diminuendo il suo effetto energetico, mi abbandono tra le tue braccia, sono al sicuro, lottare in tua compagnia è sempre stato più facile che lottare da sola.
Sento distintamente la tua voce, non riesco a capire cosa tu dica, delle voci si accavallano, il tuo tono è deciso anche se non può passare inosservato la nota di paura.
Sento il battere del tuo cuore, sento il tuo petto alzarsi e abbassarsi, sento il rimbombare della tua voce ed ora non ho più paura, ora mi resta solo guarire e trovare il coraggio per dirti quello che provo. Beh se non riesco a guarire posso sempre rubarti un bacio appassionato e la consapevolezza che in una maniera o nell’altra resterei per sempre tua.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Impalata. ***


Grazie a SoleleS, Jen78, Robigna88 per avermi tirato su il morale con le vostre recensioni.

3. Impalata.

Sento gli sportelli della tua auto aprirsi e poco dopo il freddo della tua assenza mi colpisce, qualcuno spinge forte sulla ferita, mentalmente ricostruisco il tratto di strada dallo sportello posteriore a quello anteriore per sapere quando l’auto parte, ma siamo ancora fermi qui. Poco dopo il tuo calore torna, ti siedi accanto a me e poggi la mia testa sulle tue gambe.
– Chi guida?
– Tranquilla, non sforzarti.
– Qualcuno guida vero?
– Guida Sam. Sam e Jo erano curiosi di vedere se ero capace di dar filo da torcere alle leggi dello spazio e del tempo per salvarti.
– Jo?
– Jo la figlia di Ellen del Roadhouse.
– Ah….
– Ora penso io a te piccola.
Sento le tue mani muoversi con una certa sicurezza, non capisco da quando sia uscita fuori una casetta di pronto soccorso ma lascio perdere, non e importante saperlo.
– Pensavo di trovarti svenuta come qualsiasi altra donna invece …
– Io non sono una qualsiasi donna, io sono una cacciatrice e se avessi anche solo un litro di sangue in più ti prenderei a pugni.
– Stai calma piccola lo so benissimo da me che sei una tigre!
– Dove andiamo?
– Al Roadhouse c’è Bobby che ci aspetta.
– Lui è più bravo di te con certe ferite.
– Già.
Seguirono un paio di minuti di silenzio, non ci giurerei ma il flusso del sangue deve essere meno di quello che avevo immaginato, anche se ne ho perso anche troppo per i mie gusti.
L’uomo contiene 5\6 litri di sangue, dopo averne perso uno svieni, quindi facendo due rapiti calcoli manca poco per arrivare a perderne uno.
Mi accarezzi una guancia e fai in modo che torni a guardarti in faccia, mi lascia andare alle tue carezze, so che sei preoccupato, so che farai di tutto per me, so che sentirti inutile e impotente è grave, non è da te, ti guardo e finalmente dopo quelli che mi sembrano secoli posso ammirare dal vivo i tuoi occhi, nel buio non posso godermi al pieno il loro splendore ma posso accontentarmi.
– Ciao.
Ti sussurro lentamente.
– Ciao piccola.
Mi rispondi di rimando.
– C’è troppo silenzio.
– Se accendo la radio ti lamenterai per il frastuono, lo sai tu e lo so io.
– Niente radio! Parlami Dean.
– Non ti conviene neanche questo …
– Non direi ho fatto il mio dovere da cadetto ora saldato fa il tuo dovere: una bella lavata di capo mi aiuterà a rimanere sveglia.
– Sei pazza, sei idiota, non dovevi andare a caccia da sola, quante volte ti ho detto e ridetto che questo lavoro è pericoloso? Che devi stare attenda? Che non bastano ore e ore d’allenamento? Lì fuori tutto è diverso, basta poco per rimetterci la vita, bastava un altro mezzo millimetro e …
– … avresti dovuto dar fuoco a un altro corpo. Dean so bene come è lì fuori, come lo sai tu e gli altri cacciatori, ma nessuno smette per questo.
– Vuoi dirmi che continuerai a cacciare?
– Se continuerai a sfidare le leggi del tempo e dello spazio dopo una mia richiesta d’aiuto ...
– Correrei comunque aiuto o no.
– Non diventarmi sentimentale ora.
– Chi io? Nah!
Gli sorrido, i suoi occhi nascondono qualcosa ma non importa, sono incatenati ai miei null’altro ha importanza.
– Vedrai che Bobby mi ricuce alla grande e domani potremo riprendere la nostra gara.
– Devi riposare! 
– Resti al mio fianco?
– Non ti lascio.
– Parola di Whincester?
– Parola di Whincester.
– Bene, i Whincester non mi hanno mai delusa quindi vedete un po’ voi due di non iniziare proprio ora!
– E’ Dean quello poco raccomandabile in famiglia ...
– Già Sam ha ragione, il combina guai è Dean.
– Questo lato di Dean lo conosco ma non delude se mi da la sua parola.
– Cambiamo argomento…
– Continua a parlarmi.
–A parlarti di cosa? Del tempo? Dell’attacco di cuore che ho provato quando mi hai detto che avevi bisogno del mio aiuto? Della paura di trovarti in quel fosso?
– Dean non mi sembra il caso …
– Il caso Sammy? E’ lei che vuole che parli, tu pensa a guidare!
– Non è colpa sua, non prendertela con lui.
– Tu neanche lo conosci e lo difendi! E’ mio fratello credi che vedermi cosi sia una novità?
Scuoto la testa quel poco che posso, il silenzio ricade nell’ipalata, ti ho fatto male e non solo questa sera ma ora non posso far nulla, mi guardi e in quei occhi che amo vedo tristezza, la stessa che troveresti nei miei se solo la luce potesse permetterlo.
Inizio a respirare a pieni polmoni, questo mio cercare più aria ti spaventa tanto che la tua attenzione corre di nuovo su di me. Non c’è la faccio più, non riesco ad essere forte, forse questa è la prova che non lo sono mai stata. Il solo pensiero di deluderti, di farti altro male, di lasciarti mi stringe il cuore, non sono capace di tutto il mio autocontrollo e delle lacrime iniziano a scorrere involontariamente.
– Sam quando manca?
– Poco Dean, tranquillo.
– Ehi hai sentito il mio fratellino, manca poco Alice, manca poco piccola, tieni duro ancora un po’. Torni ad osservare e ad occuparti delle mie ferite, quando la tua mano torna in alto un raggio di luce entra dal finestrino e vedo sporca del mio sangue, un’immagine che non avrei mai voluto vedere, un attimo che non avrei mai voluto farti vivere. Ti accorgi delle mie lacrime, mi fissi e finalmente il tuo sguardo si addolcisce e torna quello di sempre, passi il pollice a cancellarmi una lacrima, mi sorridi e io faccio lo stesso.
– Tieni duro A, fallo per me …
– Sono una cacciatrice non è nel mio Dna arrendermi senza lottare!
– Si, lo so, sei la cacciatrice migliore che io conosca.
– Dici cosi solo perché mi hai addestrato anche tu!
– Dici niente?
– Siamo arrivati.
Il parcheggio non è dei migliori, ma non urli nonostante la tua piccola sia stata messa a dura prova, di nuovo sento gli sportelli sbattere, poco dopo sono di nuovo tra le tue braccia, mi stringi come prima ma stavolta non ho occasione di sentire il tuo cuore battere.
 
Il bar è chiuso e io vengo fatta sedere sul bancone, lì c’è più luce diretta che ti permetterà di ricucirmi a dovere. Niente sorrisi e smancerie, Bobby va diritto al sodo e senza pensarci due volte mi taglia la maglietta, sorrido al pensiero che l’ultima volta che ti ho visto cosi concentrato stavi lavorando sul tuo pic up, poi il sedativo fa effetto.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Arrivo al Roadhouse. ***


Grazie ancora per i complimenti e per le recensioni. Un grazie a wayne_ per aver messa la storia tra le preferite.
Oggi sono di poche parole quindi vi lascio subito alla storia. Buona lettura!

4. Arrivo al Roadhouse.

Non so di preciso cosa sia successo, dove ora io mi trovi e come ci sono arrivata, non so nulla di nulla, ancora mezza intontita e mi guardo attorno, tutto passa nell’attimo preciso in cui i miei stanchi occhi scorgono la tua figura al mio fianco.
Qualcuno parla ma la voce arriva ovattata, le immagini sono sfuocate, del mio corpo non sento nulla, però vedo la tua mano nella mia, ti vedo avvicinarti e sederti sul letto, mi sposti una ciocca di capelli riportandola dietro l’orecchio e mentre ti lasci andare a questo gesto dolce io richiudo gli occhi con la certezza di essere al sicuro.
Quando ritorno in pieno possesso delle mie facoltà tu non sei più al mio fianco: la poltrona è vuota.
Scosto lentamente le coperte, sul fianco fa bella mostra di se una stretta fasciatura, sopra una canottiera bianco di cui al momento ignaro la provenienza: il bianco non è il mio colore!
La sveglia sul comodino dice le sette del mattino, la cosa mi sembra un po’ strana, mi sembra di aver dormito un giorno intero, guardo meglio il display rendendomi conto che l’ora è esatta ma di due giorni dopo il mio incidente: ho dormito due giorni interi!
Questo spiega perché non sei seduto su quella poltrona, una volta assicuratoti che io sia viva ti sei preso il lusso di allontanarti.
Ok ho tre possibilità:
riaddormentarmi,
Restare a letto e fare la brava paziente
O alzarmi e vedere con i miei occhi dove sono e dove sei.
Ovviamente scelgo la terza.
Mi alzo con cautele, faccio piano anche se il dolore non si sente, devono avermi dato anche degli antidolorifici perché quello che provo è solo un leggero fastidio al fianco.
Sulla poltrona vicino alla porta trovo le mie infradito, la felpa senza maniche e dei pantaloncini.
Mi siedo e lentamente mi vesto, molto lentamente, poi passo nella camera a fianco dove trovo Jo e … non so di preciso chi sia l’uomo al suo fianco.
– Buon giorno.
– Non dovresti alzarti signorina!
– Dai Bobby lo sai che non riesco a star ferma a lungo, ti prometto di starmi seduta buona buona!
– Tu buona buona?
– Ehi se voglio ci riesco!
– Se fai anche solo un millimetro che non mi garba ti rimando dritto a letto, con la forza se è necessario!
– Agli ordini mio capitano.
Mi siedo mentre un’altra donna si avvicina porgendomi un bicchiere d’acqua.
– Grazie.
– Io sono Hellen, lei è mia figlia Jo e lui è Ash.
– Piacere di fare la vostra conoscenza.
Hellen mi guarda fisso e con ciglio arrabbiato, Ash mi sta mangiando con gli occhi e di Jo non so che dire.
– Scusate se vi ho creato problemi e grazie per il vostro aiuto.
– Se non ci si aiuta tra noi …
– dove sono gli altri soccorritori?
– Lavoro.
– Quando sono partiti?
– Stamattina sul presto tornano nel pomeriggio.
– Ok.
Fisso il bancone del bar, ho promesso a Bobby di stare seduta buona e non è un problema mantenere la promesso visto che qui o al letto la situazione non varia tanto.
Ash è simpatico, eccentrico ma simpatico, e poi è un dato di fatto che più sono fuori dal comune e più attirano la mia simpatica, certo le cose andrebbero meglio se smettessero di guardarmi male, preferisco essere spogliata con gli occhi che queste occhiatacce senza un preciso significato. Dopo un quarto d’ora che parliamo del più e del meno mi sono stufata e senza pensarci due volte lo chiede a bruciapelo.
– Oh niente scusa.
– Non ti preoccupare accetto di tutto da chi nemmeno due giorni fa ha collaborato a salvarmi la vita.
– Non è niente di particolare e che Dean sembrava diverso tutto qui.
– Diverso per come si è comportato in macchina?
– Anche.
– Perché cos’altra ha fatto durante il mio stato comatoso?
– Niente di tanto anormale e che l’ho avevo visto comportarsi in quella maniera solo con Sam, tutto qui.
– Per me Dean fratello maggiore non è una novità, anzi a volte è una scocciatura bella e buona ma ormai gli voglio bene e non lo cambierei per nulla al mondo.
Ok forse quest’ultima parte potevo risparmiarmela, i cacciatori non parlano cosi, ma io sono stramba e ho una dose elevata d’antidolorifici che mi circolano nelle vene; certo non è droga ma in dose elevante anche queste fanno dei casini, ecco la mia teoria per Dean.
Continuiamo a parlare, per lo più di lavoro, Ash mi fa anche vedere la sua attrezzatura e qualche caso a cui sta lavorando, Bobby mi ha permesso di alzarmi a patto che urli al primo minimo segno di pericolo o dolore.
Quando esco fuori dal bar c’è solo la polvere a farmi compagnia e cosi sono libera di poter pensare, di far vagare i miei pensieri, ripenso a quei attimi di paura misti alla consapevolezza che tu eri con me, che c’è qualcosa tra di noi da scoprire. Ieri in auto potevo sentire questo sentimento tra noi, ieri eri il mio Dean, quello di sempre, quello che nascondeva nelle sue grandi iridi verdi la voglio di quel bacio, la passione che ne lessi durante e il dolore di un gesto che forse non doveva mai essere compiuto. No che ti vergogni o che non voglia rifarlo ma e che le cose sono cambiate, in un certo senso ci siamo persi e questo non voleva un attimo di felicità. Siamo sempre stati bene insieme, c’è un’intesa, un sostenerci a vicenda, un capirci a volo che neanche con tuo fratello hai mai avuto e questo il legame che si è deteriorato manca a me e a te.
Ripenso alle mille imprese, hai pomeriggi passati insieme, alle serate nei bar, alle caccie e hai giochi stupidi che facevamo una volta, allora non mi avresti mai lasciato senza una parola, non saresti andato a far nulla senza vedere i miei bei occhi aperti che cercavano i tuoi per farti capire che stavo bene.
Non eri tu quello che mi diceva che potevo mentirti a parole ma che i miei occhi non potevano farlo? Come sai che sto bene Dean, come fai a sapere che non ho bisogno di te? Mi hai dato la tua parola di non lasciarmi, la parola di un Whinchester non mi ha mai delusa. Non hai chiamato, non torni …

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Il mistero svelato. ***


Mi scuso in anticipo per questo capitolo corto ed è per chiarire alcuni dettagli.
Un grazie generale a tutti. spero che continuate a seguirmi.

 
5. Il mistero svelato.

Mi alzo e mi dirigo nel bar, individuato Bobby al bancone a parlare con Ash, mi fiondo da lui con passo deciso.
– Bobby dove è Dean?
– Te lo già detto a lavoro.
– Lo sappiamo bene entrambi che non si allontanerebbe senza prima d’essere sicuro che io stia bene, che non si allontanerebbe neanche sotto minacce dal capezzale di qualcuno a cui tiene senza prima aver visto con i suoi occhi che parla e cammina. Avanti Bobby dove è?
– Lavora Alice, è andato a caccia di vampiri.
– Dei vampiri che mi hanno attaccato immagino.
– Già.
– Come puoi contattarlo?
– Sam.
– Me lo chiami per favore?
Hellen tira fuori il telefono da sotto il bancone e Bobby compone il numero di Sam.
– Salve mi passeresti quell’idiota di tuo fratello?
Sento Sam passarti il cellulare.
–Dean Whincester rimetti immediatamente il tuo fondoschiena sull’ipalata e torna qui che devo prenderti a calci!
– Alice??
– In persona e per tua sfortuna il mio cervello si riprende prima del resto del corpo!
– Si può sapere che vuoi?
– No, si può sapere tu che fai?
– Caccio!
– Vampiri immagino.
– Già, le orribili creature che due giorni fa hanno osato solo pensato e poi fatto del male a te.
– Dean … -silenzio, allontano la cornetta del telefono e faccio un profondo respiro per calmarmi - quelle orribili creature che hanno solo osato pensare e che poi mi hanno fatto del male sono sterminate, caput, uccisi, concime per vermi, mucchietti di cenere, ci siamo capiti?
– Non proprio …
– Li ho sterminati prima che loro potessero anche solo pensare di assaggiare il mio sangue. Davvero hai pensato che non avessi portato a termine la mia missione?
– Veramente ..
– O hai semplicemente pensato che non sono capace di uccidere anche se mal ridotta?
– Veramente non ho pensato.
– Ti sei fatto prendere dalla smania di vendetta e sei partito in quarta: era la mia terza possibilità.
– Svido te a restare al fianco della persona che ami a vederla soffrire senza poter far nulla, il minimo era ricambiare il favore.
– Io sono rimasta al capezzale di una persona che amo senza poter nulla o devo ricordarti tutte le tue cavolate?
– Ho pensato di averti persa sul serio stavolta e sono uscito a sfogarmi.
– Ok. Capisco, torni ora?
– Solo se non mi prendi a calci …
– Se ti prendo a calci mi si riaprono i punti e Bobby mi lega al letto.
– Non sarebbe male …
– DEAN!
– Ok, ok. Visto che sono qui recupero la tua auto e vengo.
– Ti aspetto.
Chiudo la conversazione e chiedo ad Hellen se mi versa qualcosa da bere, il massimo che ottengo è acqua. Jo mi guarda, come gli altri d’altra parte, hanno assistito alla mia amorevole conversazione telefonica e forse non si aspettavano tutti questi toni dolci. Rimango a parlare con Bobby che si fa spiegare più volte perché sono andata a caccia da solo contro sei vampiri secondo lui più aggueriti e pericolosi della sotto scritta.
–Bobby che dovevo fare? Avevano previsto d’assalire la casa famiglia, la mia casa famiglia, sai quanti innocenti bambini ci sono lì? Dieci, dieci bambini che hanno passato metà della loro tenera vita a soffrire io ho solo provveduto a evitare che alla loro lista si aggiunga “incontro ravvicinato con un mostro che per il mondo intera è solo frutto di fantasia”. Tu che avresti fatto? La verità.
– Lì avrei sterminati, questo non toglie il fatto che potevi cercare rinforzi.
– I migliori erano occupati e poi me la sono cavata benissimo da sola.
– Il profondo taglio che hai al fianco dice altro, se il fodero del pugnale non avesse retto impedendo cosi alla lama di penetrare in profondità noi ora … non ci voglio pensare.
– Fodero? Già avevo il pugnale legato al fianco l’altro ieri. Di solito lo lego dietro la schiena o nello stivale ma ieri non ho trovato il fodero per la schiena.
– Fortunati noi allora!
– La mia borsa?
– Ho sistemato i tuoi effetti nel comodino affianco al letto, la borsa lo lavata. Bobby mi ha detto che è speciale.
– Si è un regalo a cui tengo veramente tanto come al pugnale.
– Mi dispiace ma di quello non vera traccia.
– Magari Dean lo trova e me lo porta.
– Sarà mal ridotto.
– Lo è anche la tracolla ma continuo ad usarla. Dean non me ne regalerà un'altra.
– Te l’ha regalato Dean?
– La tracolla il primo Natale passato insieme mentre il pugnale alla nostra prima caccia, non prevedo che mi faccia altri regali.
– Dean che fa gentilezze ...
– Ti senti meglio se ti dico che mirava alle mie grazie.
– Questo è il Dean che conosco.
Continuiamo a parlare del più e del meno, mi diverto anche se il pensiero che Dean ancora non arriva mi preoccupa.
Sento un rumore a me molto famigliare cosi corro a guardare fuori dalla finestra, la mia auto sta parcheggiando proprio davanti al bar: rumore, polvere, lo sportello che sbatte e Sam che esce ma niente altro, di Dean o dell’ipalata non ve traccia. Nel bar mi accoglie un Sam sorridente che, con imbarazzo, mi annuncia che Dean è voluto restare un po’ da solo, gli sorrido dolcemente, lui non ha colpe se io e te non facciamo altro che incasinarci la vita.
Esco a prendere aria, la mia piccola è stupenda.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Il mio scudiero. ***


Grazie a jo ste e lafatablu per aver inserito la mia storia tra le preferite, a chi semplicemente legge la mia storia e a chi nel farlo spenderà due minuti per farmi sapere che ne pensa. Buona lettura!

6. Il mio scudiero.

Non c’è la faccio più cosi prendo il cellulare e ti chiamo, trattengo il fiato per la durata d’ogni squillo a vuoto poi finalmente rispondi.
– Perché non sei davanti a me ad urlare di aver rischiato la vita di Sam lasciandogli guidare la mia auto?
– E’ arrivato sano e salvo?
– Si e indovina un po’: tu no invece!
– Non aspettarmi farò tardi e tu devi riprenderti quindi fila a letto ad un ora decente!
– Dean che succede?
– Nulla.
– Non tenermi allo scuro per piacere.
– Sono ancora nel boschetto, Alice non sai… Alice io non ..
– Calmati, formula un pensiero e poi vedi se vuoi e ci riesci dimmelo.
– Alice non riesco a calmarmi, non chiedermi come sto non lo so.
– Mi stai facendo preoccupare e non posso correre da te, parlarmi per favore.
– Stavo per ritornare indietro da te, quando ho ritrovato la tua spade. Non so spiegarti perché né come ma un luccichio a tirato la mia attenzione e ho trovato il tuo pugnale. Il pugnale che ti ho regalato era sul fondo di un fosso coperto del tuo sangue, ti ho immaginato lì distesa …
– Non immaginare, io non voglio ricordarlo e tu non devi immaginare. Non sono lì, non mi hai persa, sei corso da me. Il tuo pugnale mi ha salvato la vita, la suoneria del cellulare mi ha dato speranza, la tua voce mi ha dato forza, la consapevolezza del tuo arrivo mi ha spinto a non arrendermi, le tue braccia che mi stringevano forte mi hanno fatto sentire finalmente al sicuro. Dean è questo quello che conta, è questo che voglio ricordare di quest’avventura e vorrei tanto che lo facessi anche tu.
– Stiamo scivolando sul romantico e lo sai bene anche tu che non sono il tipo.
– Tu parli con i fatti: correre da una fanciulla in pericolo è romantico, anche se non ci sono draghi, cavalli bianchi e armature sfavillanti. E’ reale, è la mia storia.
– Tu saresti la fanciulla in pericolo?
– Ehi! Io mi sono accontentata di un cavaliere in un’auto d’epoca e senza armatura!
– Vuoi dire che il mio arrivo in tuo soccorso è stato un accontentarsi?
– Beh se l’alternativa era un fusto, biondo, alto e con occhi azzurri direi che la scelta sarebbe stata più ardua ma il risultato invariato.
– Avresti scelto in ogni caso me …
– Già hai principi preferisco gli scudieri coraggioso con grandi occhi verdi e un cuore enorme. Sai loro sanno apprezzare meglio le ragazze ribelli come me.
– Già, anche io preferisco salvare giovani ribelli invece di principesse.
– I fatti me lo avevano dimostrato. Quando arrivi? Mi devo preparare a difendere la mia piccola.
– Quel rottame dovrebbe andare solo alla scasso, che fai se ti lascia in mezzo alla strada?
– Accosto, tiro fuori la casetta degli attrezzi e la riparò, non mi spaventa sporcarmi le mani con un po’ di grasso!
– Anche meccanico ora.
– Già mi apro anche i barattoli da sola sai?
– Che brava! Ora capisco perché non hai bisogno di un uomo al tuo fianco.
– Non voglio un uomo al mio fianco perché ho bisogno di lui, non voglio un uomo che mi protegga o si senta in dovere di farlo, voglio un uomo che mi ami, voglio un uomo al mio fianco semplicemente per esserci, per essere felice. Non so se mi sono spiegata …
– Torno ok, non so a che ora ma hai la mia parola che torno da te.
– Svegliami quando arrivi.
– Buona notte principessa.
– Buona notte principe.
Chiudo il cellulare e resto a fissare le stelle, se ti vedessi ora ti salterei al collo e ti riempirei di baci infischiandomene anche dei punti. Forse è per questo che non sei qui, mi conosci cosi bene, non vuoi che questi si realizzi?
Jo sembrava un po’, come dire, gelosa di te, hai una storia con lei?
Me lo avresti detto, forse semplicemente e un'altra tua fan mio bel principe.
Rientro dentro e mi siede al bancone, mi sono estraniata da tutti, anche se il mio corpo e qui io sono lontana miglia cosi lontana da non sentire Bobby chiamarmi, ritorno alla realtà solo quando la sua mano si poggia sulla mia spalla, mi volto e gli sorrido, non sai quanta voglia ho di tracannarmi una birra, ma con gli antidolorifici che ho preso e meglio non rischiare. Sorrido per poi tornare in camera, mi stendo sul letto sperando che il sonno mi raggiunga presto, non ho voglia di continuarmi a torturare con immagini del tuo volto ma Morfeo non è del mio stesso parere e al suo arrivo il tuo volto sorridente e ancora con me.
Se la vita reale rispecchiasse questo mio sogno io e te saranno una sola cosa da tanto tempo, resto a cullarmi nelle mie illusioni per quasi tutta la notte.
Le lacrime rigano involontariamente il mio volto, troppa dolcezza in queste ore di sonno, troppa dolcezza mai ricevuta tutta insieme nelle ore di veglia, dolcezza che vorrei ricevere da te, carezze, baci e coccole che chissà se riceverò. Mi sveglio e solo l’idea di rinchiudere gli occhi e tornare da te, in quel mondo cosi facile e poco crudele, mi fa stringere forte il cuore in una stretta di ghiaccio che mi toglie anche il respiro. Accendo la luce in modo che la stanza che mi circonda sia ben visibile, reale a tutti i miei sensi, scendo dal letto a piedi nudi, mi avvicino alla finestra e perdo la condizione del tempo, resto ferma a guardare le stelle.
Dovrei riposare come mi hai ordinato ma non ho mai realmente ubbidito ad un ordine, a mia discolpa possa dire di averci provato ma che il dolore fisico che provo da sveglia fa meno male del dolore al petto che provo dopo essermi svegliata da uno dei nostri incontri romantici notturni. Certo non ti direi mai cosa realmente accade in questi sogni, non ti direi mai di passare le mie ore di sonno a sognarci stesi sotto un albero semplicemente abbracciati.
Mi avvicino al vetro e inizio a sperare con tutta me stessa di vedere l’impalata parcheggiare, non m’importa cosa succederà quando scenderai, non m’importa cosa siamo e cosa saremo a me basta vederti scendere e venire verso me. Resto a fissare il vuoto cosi a lungo che solo l’improvviso cambio d’illuminazione mi fa capire che la notte e passata, la notte e passata e tu non sei arrivato. Lacrime mi solcano in viso, ho pianto abbastanza in questi giorni, cosi mi faccio forza, respiro profondamente asciugandomi le ultime lacrime per poi tornare a letto a far finta di dormire.
Chissà con chi sei ora, chissà quale donna ti ha tenuto compagnia.
Il sonno non arriva ma non mi preoccupo, non importa più nulla ormai.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Incontrarci e scontrarci: noi ***


 Penultimo capitolo, vi prometto di aggiornare prima di partire per le vacanze quindi molto presto ...

7. Incontrarci e scontrarci: noi.

Non so di preciso cosa sia successo, devo essermi distratta o caduta in un sonno senza sogni perché ora che mi alzo la tua auto è affianco alla mia nel parcheggio, mi stropiccio gli occhi e mi accerto di non star dormendo per poi finalmente rendermi conto che sei qui, sei realmente qui. Varco la soglia e ti vedo seduto a mangiare con tuo fratello, resto a fissarti, mi studio ogni singolo dettaglio, incido nella mia memoria ogni più minuscolo muscolo del tuo corpo, del tuo magnifico corpo.
Alzi la testa dalla tua abbondante colazione e i tuoi occhi verdi si scontrano con la mia figura, mi sorridi e mi fai ciao con la mano e io non posso far altro che sorriderti e rispondere al saluto.
Aspetti che mi avvicini a te, ma io non mi accingo a far nulla, resto semplicemente immobile ad osservarti e la scena che vedo far male al cuore: Jo al tuo fianco sorride, si diverte ed ha una luce particolare negli occhi. Mi giro senza troppe cerimonie e torno in camera, una volta lì dentro inizio convulsamente a buttare tutte le mie cose sul letto ricordandomi troppo tardi di non essere ancora rientrata in possesso della mia borsa.
All’improvviso la mia convulsione nel buttare tutto all’aria viene fermata da due mani che saldamente mi bloccano i polsi, mi hai fermato, ma non mi ero neanche accorta della tua presenza qui, non mi ero neanche preoccupata di un tuo probabile irrompere nella stanza. Stringo forte i pugni e resto cosi, restiamo cosi bloccati ad aspettare entrambi la reazione dell’altro; dopo cinque minuti mi lasci andare e torni silenziosamente al tavolo del bar, silenziosamente sei venuto e altrettanto silenziosamente te ne sei andato, non importa cosa sia accaduto nel frattempo. Riacquistata la calma sistemo tutto, non posso scappare di nuovo e poi non sono ancora in condizione fisiche per farlo, Bobby non si limiterebbe a legarmi al letto!
La scena di prima si replica solo che stavolta mi vengo a sedere al tavolo dove mi viene servita un’abbondante colazione, restiamo in rigoroso silenzio, entrambi sappiamo benissimo come reagisco sotto pressione, tutte due abbiamo vissuto già abbassante volte questa situazione da sapere che ci limiteremmo a saltare alla gola l’uno dell’altro, io non ammetterò mai che stavo per scappare e tu mi avresti insultato e scaricato tutta la sua rabbia per quella che la verità.
Dopo la colazione restiamo io e te al tavolo, ti sorrido, un sorriso triste per poi iniziare una conversazione.
– Quando sei tornato?
– Una mezzora fa ad occhio e croce.
– Non mi hai svegliata.
– Stavo per farlo ma poi ho desistito.
– Perché?
– Eri cosi … semplicemente troppo bella per farlo.
– Avresti dovuto invece, io ti aspettavo.
– Che differenza ti fa mezz’ora?
– Dai sai benissimo quante cose posso capitare in mezz’ora!
– Non esagerare sono ancora qui no!
– Già, stavolta sei ancora qui.
– Smettiamo con i discorsi tristi? Raccontami piuttosto del tuo ultimo lavoro.
– Dean vuoi litigare?
– No!!
– Non mi sembra! Abbiamo fatto questo discorso un trilione di volte: non smetto di cacciare e non chiamerò aiuto solo perché sono una donna.
– No solo perché sei una donna ma perché è pericoloso e non può farlo da sola.
– E tu si?
– Non caccio da solo.
– Non ci credi neanche tu!
– Alice non è questo il punto.
– No?? E’ qual è Dean?
– Sempre lo stesso Alice, sempre quello.
– Spiacente non ti capisco.
– Non posso … tu devi stare al sicuro punto e basta!
– Novità Dean: il mondo non è un posto sicuro, non esiste un posto sicuro che tu sia a conoscenza o no della realtà.
– Non posso avere tutto dalla vita, eh!
– Dean viviamo entrambi in un mondo brutto e orribile ma abbiamo imparato a giocare tanto tempo fa, quindi stai tranquillo combatterò fino alla morte. E per quando mi riguarda anche io voglio le persone a cui voglio bene al sicuro e anche io non posso perderti. Non hai segreti per me!
Gli scocco un bacio sulla guancia e vado a recuperare dei vestiti puliti dalla mia auto.
Dopo una rilassante doccia e aver indossato vestiti puliti dopo giorni intravedo dalla finestra uno spettacolo sicuramente meraviglioso: Dean Whincester in canottiera bianca e jeans a sporcarsi le mani di grasso con la mia auto. Recupero una bottiglietta d’acqua ed esco sul patio a guardare la mia piccola e l’uomo dei miei sogni in uno dei momenti che qualcuno potrebbe essere definire “normali”.
– Che spreco ragazzi …
– Ha proprio ragione è uno spreco del mio tempo aggiustare sto coso.
– 1. Non definire la mia auto “coso” e 2 non mi riferivo a quello.
– E a cosa di grazia?
– Dean Whincester poco vestito, molto sudato occupato a far il meccanico.
– Beh cosa dirti, sei una ragazza fortunata!
– Già ma forse dovrei andare a chiamare la tua ultima conquista.
– Jo?
– Si, voi non state insieme?
– Ma cosa ti salta in mente?
– Beh da certi sguardi di fuoco, dal sfiorarsi, dalla curiosità … certe cose ad una ragazza non sfuggono.
– Gelosa?
– Si.
Rispondo chiaramente e di getto alla sua domanda, senza neanche pensarci su troppo, è la verità e poi perché mentire? Lui lo capirebbe e la questione peggiorerebbe punto e basta.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** L'ora della verità. ***


Ultimo capitolo!!
Avviso: Dean potrebbe risultare troppo smielato, ma lo volevo cosi: meno giuerriero del solito e più uomo che si espone all'amore!
Volevo tirare fuori in Dean leggermente normale, volevo che con Alice (come fa a volte con Sam) potesse permettersi il lusso di lasciarsi andare, ma solo un pochino! lui resta sempre e comunque Dean Winchester!!

Grazie a chiunque a recensito, e in particolare a jo ste, lafatablu, Robigna88, USNavy, wayne per aver inserito la storia nelle preferite.
Restate nei paraggi mie care si prospetta una Serie per la nostra coppietta, come dire ci sono lavori in corso ...
Buona lettura!

8. L’ora della verità.

Dean riemerge dal cofano dell’auto per fissarmi negli occhi, cerca di capire in un secondo le miriadi d’emozioni che mi passano per la testa ma l’unica cosa che il mio cervello in questo momento riesce a formulare e che sta cercando nel posto sbagliato. Se il bel principe dagli occhi verde smeraldo vuole davvero trovare le risposte alle sue domande non deve certo cercare nel cervello, quello è andato in tilt non appena sono rientrata nel tuo campo visivo bello! e il cuore il posto dove troverai ogni risposta, ogni più piccola emozione che tu mi provochi. In fin dei conti è lui quello che esulta e inizia a fare le maratone solo al sentire la suoneria del cel, sapendo che a breve la tua voce mi circonderà.
Restiamo come due ebeti, o almeno io sono un ebete che resto a guardarti anche quando riprendi a riparare l’auto.
Perché degnarmi di più di cinque secondi del tuo prezioso tempo?
E dire che mi ero illusa di poterti dire tutto, di farti capire quella parte di me che ti ho sempre celato, che ho celato a tutti. Nulla a più importanza, riordinare le idee non serve più a nulla, ho sognato e purtroppo mi sono svegliata. Questa giornata va ad aggiungersi a tutte le altre promesse, sogni e illusione che purtroppo la realtà mi ha portata via, anche se questa è la più dolorosa: avevo davvero sperato di avere un futuro con te.
Devo smettere di sognare mondi che non avrò mai, chi potrà mai starmi accanto? Sono cosi abituata a fingere, a mostrarmi dura che neppure io so più cosa sia reale e cosa no.
Mi siedo e fisso il vuoto per un periodo troppo lungo, il lungo silenzio ha spaventato chiunque mi conoscesse ma non smetto, persa nei miei mille pensieri tristi e auto distruttivi non riesco ad emergere e a correre al riparo.
Il rumore del rombo del motore della mia piccola riesca a far breccia nel buio in cui sono caduta, poi il tuo ingresso e il bicchiere di birra mi fa capire che tu hai finito. Ora i pensieri tristi si sono allontanati, ma resto in silenzio, forse perché stavolta non ho nulla da dire.
Il tempo passa velocemente, cerco di riempirlo in ogni modo e in ogni luogo purché lontano da te, questa cosa passerà, lo ho già fatto una volta, anche se sarebbe meglio dire che lo ho quasi fatto una volta.
Non so perché ma il porticato è diventato il luogo dove passo più tempo, c’è una tranquillità e una leggera brezza che lentamente porta la calma anche in me, il cielo poi è uno spettacolo, la mancanza di tutto lo fa brillare come non mai l’unica nota stonata e la mancanza di una bottiglia di birra fredda.
Ho abbassato la guardia e questo una cacciatrice non lo deve mai fare, non si abbassa mai la guardia ne paghi caro il prezzo ed è quello che io ora sto facendo sei al mio fianco e non ti ho sentito arrivare, hai una birra in mano e ti siedi al mio fianco sui gradini, fissi il vuoto davanti a noi e sorseggiare la tua birra, come quella sera il tuo anello batte un ritmo tutto suo sul collo.
Al ricordo una lacrima mi solca involontariamente il volto, non voglio piangere anche perchè se inizio non smetto più, la mia vita in questo momento e proprio un disastro e di motivi per piangere ne ho a tonnellate.
– Non piangere piccola, per piacere non piangere.
– Ci provo, ma non prometto nulla.
– Io sono qui al tuo fianco non ti lascio …
– Mi presti la tua spalla per piangere?
– Beh se ti serve … ma poi smettiamo di incontrarci cosi, preferisco la caccia!
– Beh dovrai credermi sulla parola: anche a me non piace stare cosi da schifo.
– Ti fa di andarci a fare un giro? Cosi proviamo la tua piccola e ci distraiamo un po’.
Ti sei alzato e ti sei avviato verso l’auto, ti fermi e i raggi della luna t’illuminano e mi ritrovo ancora una volta ad ammirarti e a stupirmi ancora come tu possa essere cosi bello nonostante tutto quello che entrambi sopportiamo e sopportiamo della vita.
Sconnetto il cervello e inizio a parlare senza neanche tirare fiato, senza guardarti negli occhi perché potrei cambiare idea.
– Nella foresta pensavo a te, lottavo per te, mi rialzavo per te, per questo motivo non mi sono lasciata andare tu stavi arrivando e non potevo deluderti, no di nuovo almeno. Non m’importava della ferita o del sangue l’unica cosa a cui pensavo era che il mio Dean stava venendo da me e se dovevo proprio morire volevo farlo tra le tue braccia. Lo sai e lo hai sempre saputo che ti voglio bene ma quello che non sai è che non riesco a smettere di pensare a quella notte e alla peggiore cosa che potessi mai fare: scappare da te. Lo so perfettamente che quello è stato e sarà per sempre il nostro primo e unico bacio, non m’illudo, non sono più una bambina e so affrontare la realtà: ti ho lasciato andare via, ti ho allontanato per la paura d’essere felice insieme a te rovinando l’unica cosa bella che hai mai avuto. Quel ricordo mi ha dato la forza per essere qui ora, non importa se ora lo stesso ricordo faccia male, molto male. Volevo che tu sapessi che era stato importante per me, ora possiamo anche tornare a non parlarne più.
Resto di spalle e prima che possa anche solo iniziare a pensare ad una tua possibile reazione ti trovo dietro di me, ti sento spostarmi i lunghi capelli, raccogliermeli dietro la schiena per poi lasciarmi libera una spalla, i brividi iniziano a percorrermi la schiena, il mio cervello ha iniziato ad urlare un colossale “non puoi farmi questo”, mentre il mio cuore ha letteralmente perso più di un battito. Avvicini la tua bocca al mio orecchio mentre mi abbracci da dietro, sai quando questo mi sia sempre piaciuto e quanto lo lasci fare solo a poche persone, solo a chi tengo veramente permetto di starmi cosi vicino.
–Anch’io ti amo piccola.
Mi baci sotto l’orecchio per poi appoggiare la tua testa sulla mia, per stringermi forte contro il tuo petto, per depositarmi altri mille piccoli baci tra i capelli.
Ma questa non può essere la realtà! Tu non sei mai cosi dolce!
Infatti poco dopo l’incanto si è già infranto ma devo dire che la cosa non mi dispiace.
Mi trovo, neanche io so come, premuta tra il tuo corpo e la mia auto, le tue labbra finalmente sulle mie, il paradiso deve essere molto simile a questo momento. Mi ritrovo a rispondere ad ogni tuo bacio con un aumentare di passione e desiderio, sentire il tuo sapore devo ammettere che è decisamente meglio di come ricordavo, una tua mano cerca e stringe la mia mentre l’altra corre alla scoperta del mio corpo. E’ cosi bello che ho paura di sognare anche se nessuno dei mie sogni era cosi meraviglioso. Ogni cosa svanisce, ogni cosa non ha più senso.
Un attimo e tutto cambia di nuovo, non so perché ma ti allontani dalle mie labbra avrei voglia di picchiarti ma i tuoi enormi occhi verdi mi bloccano nuovamente.
– Stai bene?
– Fino un attimo fa ero in paradiso …
 Le tue mani mi accarezzano le guancia e poi riprendiamo a baciarci, dolcemente, spassionatamente e a lungo posso sentire il sorriso nascere sulle tue labbra.
– Rientriamo.
– No, restiamo qui, non voglio entrare, non voglio che quest’incanto finisca. Se mi sveglio ne rimpiangere per il resto della mia vita.
– Amore non stai sognando, sono qui con te veramente e per tutto il tempo che vorrai.
Apri lo sportello posteriore dell’auto e ci troviamo stesi l’uno sull’altro, non sai quanta voglia ha di fare l’amore con te.
Questa scena è molto più dolce d’ogni sogno che abbia mai potuto fare anche se non capisco perché non stiamo facendo ancora nulla.
– I punti non ti fanno male?
– Non ci pensavo minimamente …
– Non dovresti sforzarti, il taglio è profondo.
– Tranquillo non ci tengo a rivedere le tue mani sporche del mio sangue.
– Ehi, niente pensieri tristi. Piccola per favore … non ci credo neanche io che lo sto per dire ma dobbiamo rallentare … mi serve una doccia fredda.
– Posso farla con te??
– Alice.
– Ok faccio la brava, niente attività fisica fino a quanto non tolgo i punti ma poi mio baldo giovane tuo sei tutto mio.
– Come vuoi …
Non sai quanto sia meraviglioso anche solo poter restare tra le tue braccia, coccolata e protetta mentre ammiro le stelle e i tuoi occhi che brillano dalla felicità.
Rilassata, tra una coccola e l’altra, mi addormento per una volta al sicuro, protetta e senza pensieri, riesco a dormire senza incubi, tranquilla che niente e nessuno può farmi del male ora che sono tra le tue braccia.
La sveglia suona e senza pensarci due volte allungo la mano a spegnerla, mi ritrovo nel letto, mi ritrovo in un letto eppure sono sicura di essermi addormentata tra le tue braccia sul sedile posteriore dell’auto.
Che sia stato tutto un sogno? Sembrava non lo fosse, ero convinta che non lo fosse.
Minuti di sconforto si seguano tra di loro fin quando nel buio che ancora avvolge la stanza qualcosa si muove, la mia attenzione è tutta su quest’ombra misteriosa che sento avvicinarsi al letto. Ti sento muoverti silenziosamente per la stanza, avvicinarti e stenderti vicino a me, le tue mani mi circondano il ventre, il tuo petto muscoloso combacia con la mia schiena, il tuo respiro s’infrange sul mio collo.
– Buon giorno piccola.
– Buon giorno anche a te.
– Ti ho portato la colazione e sul mobiletto vicino alla porta.
– Come mai cosi tanta gentilezza a prima mattina?
– Più riposi prima guarisci.
– Lo fai solo per me quindi?
– Si, ovvio!
– Non hai altri fini.
– Solo vederti felice e finalmente mia...
– Sono felice.
Come non potrei esserlo? Inizia un nuovo giorno e l’uomo che amo è qui con me, il primo giorno di tanti altri con te al mio fianco, il primo nuovo giorno di “noi”.
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=512556