Alla conquista del tempo perduto di Prue786 (/viewuser.php?uid=21161)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. ***
Capitolo 3: *** 2. ***
Capitolo 4: *** 3. ***
Capitolo 5: *** 4. ***
Capitolo 6: *** 5. ***
Capitolo 7: *** 6. ***
Capitolo 8: *** 7. ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Nuova pagina 1
Alla
conquista del tempo perduto
Prologo
Quanto amo le notti di luna
piena.
Il cielo limpido, sereno, senza
l’ombra di una nuvola e le stelle che sembrano tanti puntini luminosi annegati
in un oceano d’oscurità. Quel cerchio luminoso e pallido che ha un potere quasi
ipnotico. Ti avvolge con il suo fascino sconosciuto e ti spinge a sognare.
Che bella la luna, regina del
cielo notturno; eterna ispiratrice che con immutato splendore sorge e tramonta
ogni volta, ormai da miliardi d’anni.
Già, gli anni, quanti ne sono
passati dall’ultima volta che sono rimasta a guardarla fino alle prime luci
dell’alba …20, 30, o forse 40? Chi può dirlo?
La differenza tra il viso di una
bella ragazza e quel cerchio candido che è la luna?
La bellezza della giovane con il
tempo svanisce, appassisce, mentre lei, la padrona dell’oscurità non perderà mai
il suo fascino primitivo.
Mi guardo allo specchio e cosa
vedo? Solo un mucchio di rughe che solcano irrimediabilmente il mio viso. Le
vedo, qui, sulla fronte, intorno agli occhi e sulle gote… sulle gote che hanno
perso il loro colorito, loro che tante e tante volte si sono arrossate per uno
sguardo insistente o per un’offesa troppo grande. Loro che sono state solcate da
rigagnoli di lacrime; ora di tristezza, ora di felicità. L’unica cosa del mio
viso che in 60 anni non è mai cambiata è il colore dei miei occhi. Sono rimasti
dello stesso azzurro cielo del giorno in cui sono nata.
La loro espressione, però, è
molto cambiata.
È sparita ogni traccia di
spensieratezza e di candore; la gioia ha lasciato il posto alla rassegnazione e
alla stanchezza. Sembra quasi che siano diventati più opachi col passare degli
anni. Ormai non sono più sognanti, come una volta.
Io, è da molto tempo che ho
smesso di sognare, di desiderare un avvenire brillante, una vita piena di
felicità. Sono cose a cui non penso più, a cui non è più possibile pensare. È
contro natura, quasi. Non si può fermare lo scorrere del tempo, non è nomale. E
i pensieri giovanili, non possono essere quelli di una pensionata. Non si può
tornare indietro, non si può rivivere il passato.
Diceva Lorenzo De Medici
“Quant’ è bella giovinezza che si fugge tuttavia, chi vuol esser lieto sia di
doman non v’è certezza”. Come corrispondono alla realtà, queste parole. Ma a
che pro rimuginare sempre sulla stessa storia? È completamente inutile…
Marcel Proust diceva “I veri
paradisi sono quelli che si sono perduti” e come gli si può dare torto; ma a
che pro continuare a pensarci, perché affliggersi senza tregua per qualcosa
successo tanto e tanto tempo fa. Perché ostinarsi a rimpiangere il passato
invece di guardare al presente?
Perché?
Spengo la luce dell’abatjour
sulla mia scrivania, riponendo il piccolo specchietto in un cassetto, e mi
dirigo verso il letto pronta a coricarmi. Poggiando il capo sul cuscino assaporo
il dolce profumo di lavanda che emana.
Socchiudo gli occhi e dopo aver
dato un’ultima occhiata alla luna piena che si intravede tra le tendine per metà
aperte della finestra, decido finalmente che è ora di smetterla di torturarmi e
girandomi dall’altro lato mi assopisco, mentre la notte giunge al suo culmine.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** 1. ***
Nuova pagina 1
1.
“Nonna, nonna, dove sei?” una
bimbetta con due treccine biondissime saltella per le stanze di una casa.
“Siamo arrivati!” esclama il
giovane uomo che sta varcando la soglia con in mano una valigia; sotto il
braccio stringe una cartellina piena di fogli. “Ehi, c’è nessuno? Mamma, papà…?”
il nuovo arrivato chiama ad alta voce salendo una scalinata.
Intanto, al piano di sotto, la
bimba continua a correre e a chiamare senza avere risposta e una giovane donna,
con in braccio un bèbè, fa il suo ingresso. Il piccolo comincia a piangere dopo
pochi secondi e la donna cerca di farlo smettere parlandogli con voce dolce.
Si sentono dei passi sulle scale
e dopo qualche istante compare un uomo barbuto che, senza tante spiegazioni, si
avvicina al poppante in lacrime e lo prende dalle braccia della madre con un
sorriso gioviale.
“Eccolo qui il mio campione! Su,
cara, lascialo a me, avete fatto un lungo viaggio, va a riposarti! Ma, a
proposito, dov’è la mia principessa?” Domanda, poi, guardandosi intorno.
“Nonno! Eccoti qui, finalmente!”
la bambina si avvinghia alle gambe dell’uomo mentre il bimbo, dopo aver smesso
di frignare, tenta di afferrare le trecce della sorella.
Si odono altri passi sulle scale
e questa volta a comparire è il giovane uomo che con un sorriso smagliante in
viso; scende accompagnato da un’anziana signora.
“Certo mamma, non ti
preoccupare, abbiamo già pranzato…” Le sta dicendo in modo affabile.
Improvvisamente una luce
accecante avvolge tutto e, in un paio di secondi, sparisce, lasciando il posto
al buio più assoluto.
Le palpebre ancora pesanti non
riescono ad aprirsi subito. Impiego diversi minuti per mettere a fuoco.
I raggi di un tiepido sole
filtrano nella stanza ed illuminano gli oggetti. Rimango supina per diverso
tempo, guardando il soffitto ed ascoltando il cinguettio di uno stormo di
uccelli.
“Si staranno preparando per
migrare in un paese caldo!” Constato tre me, sorridendo stancamente mentre mi
volto a guardare oltre la finestra: il cielo azzurro è attraversato da numerose
nuvole che a turno coprono il sole nascondendolo alla vista della terra.
Con un sospiro sollevo le
coperte e poggio i piedi a terra, sedendomi a bordo del letto e rimanendo in
ascolto:la casa è silenziosa, nessun rumore al suo interno disturba le mie
giornate ormai da tanti, troppi anni.
Mentre sono in cucina, a
preparare la colazione, mi ritrovo a pensare allo strano sogno fatto durante la
notte: avevo dei nipoti; avevo un figlio; avevo… una famiglia!
Il mio sguardo si perde nel
vuoto prima che con uno scatto mi costringa a tornare alla realtà.
Impossibile! È solo un vecchio
desiderio mai avverato e che non si avvererà mai.
“Però, sarebbe stato bello.” Un
leggero sorriso mi si dipinge in volto e ricomincio a fantasticare, quasi senza
volerlo“Come dovevo essere felice in quel sogno! Un qualcosa di così strano non
l’avevo mai visto nel mio subconscio. Sarà stata colpa delle riflessioni di
ieri sera?” mi domando con un po’ di tristezza ridestandomi di colpo e
accorgendomi di aver ormai versato una gran quantità di caffè fuori dalla tazza.
Blocco la mano e rimetto la caffettiera in posizione eretta, sopra il tavolo. Mi
affretto a prendere uno straccio e a riparare al danno, pulendo prima che il
liquido possa raggiungere il pavimento. Sollevo la tazzina color ebano cercando
di non far traboccare il caffè che vi è dentro ed asciugo il resto; scuoto la
stesa mestamente e lasci andare un sospiro mentre prendo posto su una poltrona.
Socchiudo gli occhi e cerco di ripensare al mio sogno; una sensazione dolce e
nostalgica. È un qualcosa di talmente avvolgente da sembrare quasi vero e non
qualcosa scaturito dalla mia fantasia. Non riesco a far a meno di restare
diversi minuti così, persa nei miei sogni; ma in fondo tutto ciò cos’è? Solo un
piccolo diversivo per rendere meno penose le mie grigie giornate…già, una vita
davvero allegra la mia, se uno stupido sogno ha questo effetto.
Quando decido di porre fine a
quella perdita di tempo, sono ormai le dieci passate. Scuoto la testa e mi alzo
lentamente per sbrigare le faccende della giornata.
Quando è ormai pomeriggio
inoltrato, mi decido a salire in soffitta per prepararmi al cambio di stagione e
porre in un baule i vestiti leggeri.
“Così grande e così vuota questa
casa!” un pensiero che non ha smesso di attraversarmi la mente da quando i miei
genitori, la mia famiglia, se ne sono andati. Sono tre piani, tre grandissimi
piani nei quali ogni minimo rumore produce un’eco immensa, come se la casa fosse
priva di mobilia.
Salgo la due rampe di scale e,
giunta in soffitta, vengo avvolta dall’odore di aria stantia.
I miei occhi si abituano ben
presto alla semi oscurità e mi avvicino ad un baule di medie dimensioni sul
quale vi sono ancora, mezze arrugginite e scolorite, delle lettere di ferro che,
una volta, erano di un vivace rosa. Le sfioro con la punta delle dita mentre
l’animo mi si riempie di malinconia; mi succede sempre; la soffitta è piena di
ricordi. È per questo che salgo raramente; a dire il vero, entro solo quattro
volte all’anno. Anche se non vorrei, ci rimango sempre delle ore rammentando i
vecchi tempi. In tutte quelle scatole ammucchiate una sull’altra, vi è un’intera
vita; vecchi vestiti e vecchie scarpe che non metto più, quaderni, indirizzi,
numeri di telefono e poi, foto su foto e filmini, cd, inviti a feste alle quali
non ho mai partecipato…tutto quanto! Non sono riuscita a buttar via mai niente;
nonostante tutto il tempo che è passato, sono sempre rimasta una sentimentalona!
Con uno buffo mi decido
finalmente ad aprire il baule e comincio a rovistare dentro estraendo ogni tanto
qualche capo che ritengo idoneo alla stagione entrante. Mentre sto tirando fuori
una gonna lunga però, da una delle tasche, cade qualcosa che, a contatto con il
pavimento, tintinna..
“Ma, cos’è stato?” mi chiedo con
un po’ di perplessità; ricordo di aver svuotato tutte le tasche dei vestiti
prima di metterli a posto, ma evidentemente deve essermi sfuggito qualcosa.
Giro la testa da un lato e
dall’altro prima di vedere, sul pavimento impolverato, qualcosa che emana un
debole luccichio. Mi poso la gonna in grembo ed allungo una mano per afferrare
l’oggetto meravigliandomi non poco quando mi ritrovo, nel palmo della mano, una
catenina d’oro.
“Che ci fa questa qui?” la mia
voce risuona perplessa nella soffitta mentre continuo a fissare l’oggetto come
ipnotizzata, senza capire o riuscirmi a spiegare come sia finito in quel posto.
“Mi sembrava di averla imballata
in una scatola, insieme a…” sussulto lievemente e abbasso lo sguardo
cominciando a mordermi lentamente il labbro inferiore mentre sussurro: “Insieme
all’orologio!”
Traggo un respiro profondo e
rimango a fissare il vuoto per un po’, la mente lontanissima dalla mia casa e da
quella stanza poi, riscuotendomi, afferro la gonna che ho sulle gambe e in un
impeto di rabbia, la sferro lontano con violenza. L’indumento si allontana ma
non cade giù con un leggero fruscio, bensì un rumore metallico rimbomba sordo ed
inaspettato. Istintivamente mi volto rimanendo a fissare l’oggetto a terra che
all’apparenza è solo un mucchio di cotone color indaco e nient’altro. Con un
cipiglio afferro nuovamente la gonna e la tengo a mezz’aria davanti gli occhi;
infilo una mano nella tasca sinistra e trattengo il fiato per qualche istante
prima di esalare, con crescente incredulità “Non è possibile! Com’è potuto
succedere?”
In mano mi ritrovo un vecchio e
piccolo orologio da taschino. Sorrido amaramente mentre lo fisso, scuotendo
leggermente la testa e un piccolo groppo si forma alla bocca dello stomaco…
“Che coincidenza, questa notte
ho fatto quel sogno così assurdo ed ora… ora mi ritrovo a fissare questo
orologio, esattamente come 35 anni fa! Certo che la vita a volte ce la mette
tutta per non far dimenticare…” Pulisco la polvere che si è accumulata
sull’oggetto e sul metallo vecchio vedo riflessa la mia immagine; rigiro più e
più volte l’oggetto fra le mani finché non mi decido ad aprirlo. Il quadrante è
un po’ annebbiato ma i numeri sono ancora leggibili; le lancette, invece, sono
ormai ferme da tempo.
Come una bambina curiosa, provo
a farle girare, quasi fosse un gioco…
Quanti ricordi che si affollano,
all’improvviso, nella mia mente; una marea di visi, nomi e luoghi si accavallano
davanti ai miei occhi… riempiendomi di una strana euforia; più i secondi
passano, però, più tutto diventa confuso. Comincia a mancarmi l’ossigeno e entro
nel panico. Cerco subito di rialzarmi ma le gambe non rispondono ai comandi e,
subito dopo, come se qualcuno avesse premuto un pulsante, avverto una fitta al
petto.
“No, non ora, non ora…” la mia
voce è solo un flebile sussurro “Non posso sentirmi male proprio ora, proprio
qui!”
Cerco di trascinarmi verso la
porta che conduce alle scale, con l’orologio ancora fra le mani, ma le forze mi
abbandonano, non ce la faccio più. Sono un sospiro frustrato mi lascio cadere a
terra e il mio sguardo cade sull’oggetto che stringo ancora nella mano.
“Ma cosa…?” Spalanco di colpo
di gli occhi notando la lancetta dei secondi, fino a pochi istanti prima
immobile, che ha preso a muoversi.
“Sto avendo le allucinazioni.”
Penso mentre avverto il cuore battermi all’impazzata e il respiro mi diventa
sempre più affannoso. Cerco di resistere alla stanchezza improvvisa, ma gli
occhi non vogliono saperne si restare aperti.
“Forse sto per andarmene….” Mi
dico, sorprendendo me stessa nello scoprire di non essere spaventata né
angosciata da quella prospettiva, e mentre le labbra mi si curvano leggermente
per l’ultima volta, avverto una voce familiare rimbombarmi nella testa prima che
ogni sensazione venga annullata.
Per Aika-chan: ciao! Sono contenta che l’inizio della storia ti
sia piaciuto e spero vivamente che anche il seguito non ti dispiaccia^^ Per
quanto riguarda il tuo “presagio” sulla trama… a breve l’arcano verrà svelato!^^
Baci!
Per kari87: ma ciao!^^ Ehi, ehi, con calma, con calma altrimenti
altro che caverna… chi-sai-tu (da non confondere con “tu-sai-chi” XD )finirà in
un burrone! Mi fa piacere che il prologo ti si piaciuto…vediamo cosa pensi del
seguito^^ Baci!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** 2. ***
Nuova pagina 1
2.
“Annie… Annie, mi senti?” una
voce… quella voce!
“No, basta, smettila!” sussurro
con voce impastata, come se mi stessi risvegliando da un lungo sonno, il buio
che la fa da padrone e la mente avvolta dalla nebbia più fitta. L’unica cosa che
mi fa capire di essere cosciente è quel suono, quella voce ritornata dal mio
passato, che mi chiama. Sto sognando, è ovvio, però riesco ugualmente a restarne
turbata; la ferita che ormai credevo rimarginata, ricomincia a far male.
Tento di aprire gli occhi:
voglio svegliarmi, voglio uscire da quest’incubo.
Quando riesco ad alzare
faticosamente le palpebre, una luce molto forte mi costringe a socchiudere gli
occhi. Faccio una smorfia, cercando di portare una mano al viso, ma qualcosa me
l’afferra.
Le immagini che percepisco sono
ancora sfocate nonostante col passare dei secondi noto una figura accanto a me.
“Deve essere un infermiere.”
penso ancora stordita; tiene la mia mano fra la sua, avverto la sua stretta, il
calore che questa emana, e nient’altro.
Il mio respiro è ritornato alla
normalità, come il battito cardiaco e la vista diventa più chiara; giro lo
sguardo tutt’intorno, osservando la più strana stanza d’ospedale nella quale
sono mai finita: alla finestra ci sono delle tende variopinte e le pareti sono
rosa antico… stranamente quell’ambiente comincia ad essermi familiare... Giro lo
sguardo verso la figura che mi è affianco e che non ha mai parlato. Quando i
miei occhi incrociano quelli blu mare dell’infermiere, il mio cuore perde un
battito. L’altro sorride nel vedermi sveglia e d’improvviso, la voce che mi
torturava in sogno, domanda “Come ti senti Annie?” Trasalisco nel sentir
pronunciare il mio nome e, nonostante la voglia di urlare sia tanta, l’unica
cosa che esce dalle mie labbra è uno squittio patetico.
“Scott, che ci fai qui?”
sussurro, non riuscendo a far altro. L’altro inarca le sopracciglia, fissandomi
sorpreso.
“Come? Non vuoi accanto l’uomo
che sarà tuo marito fra pochi giorni?”
“Mio marito… ma cosa stai
farneticando…” Comincio a non sentirmi bene di nuovo! Quello vicino a me non può
essere lui… è solo un ragazzo! Io ho circa 60 anni, lui non può averne ancora
25!
Con sguardo implorante fisso il
suo viso alla ricerca di una qualche ruga ma non ve n’è nemmeno l’ombra, è come
se per lui il tempo si fosse fermato. I suoi capelli sono ancora color del grano
e il suo viso è ancora bellissimo.
Cerco di riflettere sulle sue
parole, su quel “marito”. Non riesco a trattenere una smorfia; ormai sono
vecchia per sposarmi, lo sono da un bel po’.
Cerco di sollevarmi e libero la
mia mano dalla stretta di Scott per riuscire a sedermi. Poggiando la schiena al
muro dietro di me fisso il vuoto senza riuscire a capire come mai questo sogno
sembri tanto reale ma… è di sogno che si tratta ?!
Ho tutti i muscoli intorpiditi e
mi gira la testa.
“Annie, adesso va meglio? Sei
ancora pallida, vuoi che ti porti qualcosa, non so, un po’ d’acqua?”
Mi giro di scatto e nervosamente
esclamo “Voglio solo che quest’incubo finisca!” mi blocco notando
all’improvviso, qualcosa di strano nella mia voce. Un brivido mi percorre la
schiena e comincio a sudar freddo. Improvvisamente riconosco anche la stanza in
cui mi trovo: la mia stanza da letto è stata così fino ai miei 30 anni.
Chiudo con forza gli occhi
nascondendo il volto con le mani, il cuore che batte con violenza nel mio petto:
due forti braccia mi circondano stringendomi all’improvviso e facendomi
irrigidire.
“Non piangere, amore, capita a
tutti di essere confusi prima del grande passo!”
“Co…cosa?” Riesco a sussurrare
sottraendomi all’abbraccio “Non sto piangendo e non l’ho più fatto dal giorno
in cui…” mi blocco all’improvviso, stringendo le labbra “Lasciamo perdere!”
Finisco per esclamare prima di liberarmi delle lenzuola ed alzarmi dal letto.
Raggiungo la porta della stanza barcollando leggermente ma non per questo meno
intenzionata ad andar via.
“Annie, dove vai? Sei ancora
debole!” grida Scott alzandosi a sua volta, ma ignoro le sue proteste
raggiungendo le scale che portano al piano terra.
Sto per varcare la porta di casa
quando qualcosa mi fa bloccare “Aspetta un momento, forse c’è una spiegazione
logica a tutto ciò, forse…” Scuoto con forza la testa “Non può essere vero,
questo è solo un incubo!” Mi giro di lato e vedo una figura riflessa nel grande
specchio all’entrata: è una giovane donna, ha i capelli color ocra che le
arrivano in graziosi ricci sotto le spalle. Gli occhi azzurri sono pieni di
paura mista a stupore.
Porto una mano al viso e mi
tocco una guancia “Ma quella… non può esser…” Sorrido e mi si formano due
fossette ai lati della bocca. Una mano si poggia sulla mia spalla facendomi
trasalire.
“Scott…” sussurro questa volta
convinta che sia davvero lui e non un fantasma anche se, effettivamente, non so
più cosa pensare… l’unica cosa sicura è che, fermandomi a riflettere, non sono
più tanto sicura che tutto ciò mi dia fastidio.
Vedere il mio viso riflesso, mi
dà una bella sensazione, mi fa sentire bene, come non mi sentivo da tanto e più
passano i secondi più la voglia di far di nuovo mia questa vita si fa più forte.
Ho voglia di approfittare di quello che mi sta accadendo, di godere di questa
strana e improvvisa esperienza, qualunque essa sia e da qualsiasi cosa sia
causata.
Alla luce delle mie
considerazioni, e forse anche a causa di qualcosa che non è sotto il mio
controllo, il rancore verso il giovane che mi è vicino, coltivato in tanti anni
di solitudine, sembra diminuire, come se il ritrovarmi di nuovo faccia a faccia
con lui, facesse dimenticare il torto subìto.
“Ti prego, torna a letto, hai
bisogno di riposo!” Un sussurro che mi solletica la nuca.
Sembra difficile pensare che un
giovane così dolce e premuroso possa aver…
“No!” penso tra me “Non devo
dimenticare tutto quello che ho passato… già, però, io sono stata anche molto
dura con lui, in fondo lui non ha mai smesso di dichiararsi pazzamente
innamorato di me, anche dopo quella marea di insulti che gli ho rivolto… forse
avrei dovuto dargli un’altra possibilità!” è questo il dubbio che mi ha lacerato
per tutti questi anni.
La mia mente viene invasa da una
strana calma, è come se all’improvviso mi sentissi inspiegabilmente leggera;
sensazioni ed emozioni di un’età ormai passata da tempo, prendo il sopravvento,
come un fiume in piena che scavalca gli argini, inondando il terreno
circostante.
Mi lascio guidare da Scott che,
tenendomi la mano, mi riporta in camera “Gli darò una nuova occasione…” il
pensiero sorge spontaneo nella mia testa e tutto il resto diventa una logica
conseguenza “È per questo che mi trovo qui: lo sposerò, qualunque cosa succeda!
Non ripeterò lo stesso errore due volte!”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** 3. ***
Nuova pagina 1
3.
Non c’è voluto molto affinché mi
addormentassi di nuovo, nonostante tutto quel trambusto interiore e, al
contrario di quanto si potesse pensare, al risveglio mi sono trovata sempre
nella stessa stanza!
Sono arrivata ad ipotizzare che
tutto quel tempo trascorso fosse stato solo il frutto di un brutto incubo; che,
a causa del malore, avessi iniziato ad avere strane visioni; ma, in fondo al
cuore, ho sempre saputo che quella non era la mia realtà. A dispetto di quello
che mi suggeriva la mia parte più razionale, però, ho ricominciato a condurre la
vita di ventenne spensierata, guardando, di tanto in tanto, e piena di
soddisfazione, il solitario che luccica all’indice della mano sinistra .
“Mancano soltanto pochi giorni
al passo più importante della mia vita!” Mi dico mentre, seduta sulla panchina
in giardino, mi godo una delle ultime giornate estive.
Sono talmente persa nei miei
pensieri, da sobbalzare vistosamente quando avverto dei passi dietro di me e non
faccio in tempo a girarmi che la persona che si sta avvicinando ha già iniziato
a parlare.
“Bene, bene, come sta la futura
sposina?”
A pronunciare le parole è una
voce calda, ma il tono risulta alquanto sarcastico; non riesco a riconoscerla
anche se non mi è del tutto nuova. In pochi secondi il proprietario mi è di
fronte e prende a fissarmi con i suoi occhi neri pieni di ironia, le labbra
curvate in un sorriso beffardo.
Si tratta di un giovane bruno,
alto circa 1 metro e 80, visibilmente abbronzato.
Alzo lo sguardo ed incrocio i
suoi occhi cercando nei cassetti della mia memoria di associare un nome alla
figura davanti a me, non riuscendo mio malgrado a cavare un ragno dal buco. Nel
vano tentativo di ritardare il più possibile il momento di giustificazioni
imbarazzate e imbarazzanti rimango in silenzio distogliendo lo sguardo ed
evitando quell’espressione divertita.
“Ehi, Annie, adesso ti rifiuti
anche di parlarmi?”
Il giovane si china fin quando
non mi costringe a guardarlo nuovamente negli occhi poi, leggendomi in faccia la
confusione, scoppia in una sonora risata. Si raddrizza, mette le mani sui
fianchi, e buttando la testa all’indietro, continua a ridere di gusto.
Il sole illumina il suo viso
imbrunito mentre una leggera brezza gli scompiglia i capelli corvini. Più lo
guardo e più la mia iniziale confusione si trasforma in stizza e, dimenticando
la mia iniziale idea, sbotto: “Chi ti autorizza a ridermi in faccia in questo
modo? Chi sei per permetterti di essere tanto sfrontato?”
Inarco le sopracciglia,
socchiudendo gli occhi, leggermente infastidita e, dopo un bel respiro esclama,
con tono canzonatorio: “Devi essere un po’ brillo per ridere senza un motivo
apparente!”
L’altro smette all’istante di
divertirsi alle mie spalle e cerca di darsi un contegno tossicchiando un paio di
volte prima di esclamare:“Si, hai ragione!”
Stringo le labbra, soddisfatta
per aver ottenuto finalmente il silenzio, ma ancora non paga, domando:“Bene, si
può sapere che ci fai in casa mia?” dimenticando completamente i miei propositi
iniziali: “Non mi sembra di averti invitato!” sbotto senza pensarci,
pentendomene subito quando vedo l’altro rabbuiarsi.
“Già, adesso non si può neanche
fare una visita senza l’invito!” borbotta gelidamente, infilando le mani in
tasca con uno sbuffo.
Mi mordo un labbro,
improvvisamente a disagio. Sbircio il volto del giovane, strizzando gli occhi;
non c’è dubbio che mi sia familiare, ma così su due piedi non riesco a ricordare
chi sia.
“Potrei domandarglielo, certo,
però…” Soppeso per qualche istante l’idea prima di farmi coraggio, schiarendomi
la voce “Ehm, scusa, io… ecco, come dire… ti sembrerà una cosa ridicola, però
non ricordo il tuo nome!” sputo infine, tutto d’un fiato, sentendomi arrossire
per l’imbarazzo e avvertendo all’istante lo sguardo dell’altro fisso su di me.
Trascorrono solo pochi istanti
ma il suono della sua voce mi fa sobbalzare lievemente.
“Annie…mi-mi dispiace…io, non
pensavo che il colpo fosse stato tanto forte…”
Mi sento stringere qualcosa al
petto a quelle parole ritrovandomi a spostare lo sguardo altrove prima che
l’altro aggiunga “E dai! Adesso non fare quella faccia dispiaciuta!” poggiandomi
una mano sulla spalla e costringendomi a guardarlo nuovamente. Inclina la testa
di lato e sorride “Ora capisco il perché delle tue parole: non mi hai
riconosciuto! E devo ammettere che mi hai stupito quando sei rimasta impassibile
alle mie risate. Normalmente mi avresti rincorso e preso a schiaffi!” ridacchia
fra sé, prima di accoccolarmisi accanto, fissandomi con aria allegra “Annie,
guardami bene, sono Nicholas, adesso mi riconosci?”
A sentire quel nome socchiudo le
labbra mentre il desiderio di sprofondare nel mio stesso giardino si fa largi
nella mia mentre. Deglutisco senza riuscire a parlare a causa dell’imbarazzo
esorbitante. Il mio viso deve aver assunto una strana espressione perché l’altro
inarca un sopracciglio.
Come ho fatto a non
riconoscerlo? Come ho potuto rimuovere il ricordo del ragazzo più arrogante e
sicuro di sé che abbia mai conosciuto?
“Non dirlo a nessuno…” riesco a
biascicare prima di guardare l’altro di sottecchi, sorridendo lievemente
mentre uno strano luccichio illumina gli occhi di Nicholas.
Senza dire niente si alza per
poi esclamare “Meglio che vada prima che inizi a frignare perché ti sei
ricordata della mia brutta faccia…” Per un attimo il suo volto si incupisce “O
prima che mi venga voglia di dire cose che non gradiresti…” borbotta, lo sguardo
scuro, ma è solo una frazione di secondo, come una folata di vento, prima che la
sua espressione ritorni serena “Ci si vede, An!” Alza la mano in segno di
saluto, quando ormai è distante ,e va via, silenzioso com’è arrivato.
“Nicholas!” Ripeto quel nome per
l’ennesima volta nel giro di pochi minuti. “L’età non lo cambierà affatto e quel
suo caratteraccio peggiorerà sempre più!”
Fisso il cielo e rivedo il volto
abbronzato; per un attimo mi ritorna in mente la strana espressione e quella
frase sibillina “Cose che non gradiresti…” mi ripeto mentre il pensiero non può
che andare ad un preciso episodio della mia vita che però scaccio immediatamente
dalla mente “Nicholas non può ancora sapere!” esclamo scuotendo con forza la
testa.
Con un sospiro sorrido
lievemente e sollevo le sopracciglia mentre riaffiora il ricordo di un anziano
signore, dei capelli grigi e lo sguardo accigliato, che urla imprecazioni contro
coloro che si avvicinano alla sua proprietà mentre fa oscillare qua e la un
vecchio ombrello, a mo’ di spada.
“Non credo che gli piacerebbe
sentirsi raccontare certe cose…”
Sghignazzo mentre sussurro fra
me e me “Però scommetto che sarebbe contento di diventare il vecchio più temuto
del paese!”
per Calypso: ciao! Mi fa piacere sapere che la storia sia di
tuo gradimento^^ e devo ammettere che solitamente preferisco scrivere in terza
persona, ma in questo caso, la storia è venuta fuori di sua spontanea volontà
^_^ i mi sono solo adeguata! Spero che continui a piaceri!^^ Baci baci!
per kari87: a cuccia! XD e abbi pazienza… anche se dovrei
dire più “abbi fede” ma fa niente e intanto goditi quest’altro capito!!! Ogni
tanto riesco a scrivere anche storie senza “luci” hai visto? XD Sto diventando
brava… o forse mi sto disintossicando!!! XDD Vedremo… Baci baci!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** 4. ***
4.
“Due giorni, solo due giorni e
finalmente sarò la signora Annie!” sussurro sovrappensiero; mi viene
un’irrefrenabile voglia di ridere e senza trattenermi lascio che la mia voce
risuoni fra le quattro mura..
Il tempo sta scorrendo via
velocemente; ma d’altra parte è così quando si è giovani, rifletto tra me con un
sospiro.
Sono trascorsi pochi giorni da
quando mi sono accasciata sul pavimento di quella soffitta polverosa ma dal
momento del mio risveglio non ho avuto un attimo di pausa… ed ora sono qui, a 48
ore dal mio matrimonio, a 48 ore dal mio sogno di avere una famiglia!
Qualcuno bussa alla porta
distogliendomi di colpo dai miei pensieri.
“Ciao Annie…”
Alzo gli occhi sulla ragazza
sorridente ferma sulla soglia della stanza.
Sorrido di rimando “Lizzy, ti
aspettavo più tardi!” Esclamo stiracchiando le braccia ed alzandomi dalla sedia.
L’altra mi scocca un’occhiata eloquente.
“Mi dispiace troncare i tuoi
sogni di gloria ma devi chiamare Scott, deve ancora provare l’abito; se non gli
va bene come facciamo?” Domanda con una mano sul fianco prima di entrare nella
stanza armeggiando con la borsetta che porta a tracolla. “Se avessi saputo che
il compito della testimone fosse quello di impazzire al posto della sposa, avrei
gentilmente rifiutato la tua offerta!” Sbotta con aria divertita estraendo a
fatica un blocco di fogli e qualcosa di non identificato pieno di pizzi e
merletti.
Mi lancia quello che penso sia
un indumento. “La tua damigella deve averlo dimenticato a casa mia!” Esclama
senza distogliere lo sguardo dai fogli dove comincia a depennare qualcosa.
“Lizzy…” La guardo perplessa “Io
non ho una damigella…” Metto da parte l’ammasso di pizzi e faccio per alzarmi.
“Davvero?” Chiede lei con poca
attenzione “Allora quella roba puoi anche buttarla… con i fiori siamo ok,
giusto?! Il vestito l’ho controllato di persona, con lo sposo parli tu… le
fedi?” Alza uno sguardo allarmato su di me ed io non riesco a trattenere una
risata.
“Tranquilla, a quelle pensa
Scott!” La sento sospirare e questa volta rido di cuore.
Elisabeth è l’amica più cara che
ho, ma non credo di averla mai vista tanto agitata e ansiosa come in questi
giorni e la cosa scatena la mia ilarità. Vengo distolta dal mio rimuginare da
uno sbuffo della ragazza.
“Allora? Ancora qui? Che
facciamo se il vestito dello sposo non va bene? Su, muoviti!” Quasi mi trascina
fuori dalla mia stanza.
La fisso stupita “Liz… aspetta,
le chiavi della macchina…” Mi divincolo e scuotendo la testa riesco a tornare
indietro ed afferrare la borsa prima che alla mia amica venga una crisi
isterica.
“Se incontri Nick informalo che
deve chiamarmi… uno dei musicisti è scomparso e se non lo rintraccia gli stacco
la testa!” Mi urla dietro mentre metto in moto l’auto e mi allontano.
Ho i finestrini abbassati, la
radio a tutto volume e non riesco ad immaginarmi più felice.
Sorrido fra me e una strana
sensazione di dejà-vu sposta la mia mente altrove per qualche secondo… una
figura in mezzo alla strada mi fa sobbalzare e frenare bruscamente.
Il silenzio della strada viene
interrotto dal fischio dei freni.
Mi rendo contro di esser
riuscita ad evitare il peggio solo quando la macchina è ormai ferma sulla
carreggiata. Sospiro pesantemente, il battito accelerato e il sudore freddo
lungo la schiena; poggio la testa al volante e, con gli occhi chiusi, cerco di
riprendermi inspirando ed espirando numerose volte.
Una mano sbatte violentemente
sulla carrozzeria dell’auto ridestandomi da quel momento di torpore. Alzo il
capo e mi giro dalla parte del finestrino per vedere di chi si tratta ma, prima
che me ne renda conto, una voce familiare quasi urla attraverso il finestrino
aperto “Ma bene, adesso vuoi addirittura mettermi sotto? Sapevo di esserti
antipatico ma non pensavo fino al punto di scatenare in te un pazzo istinto
omicida!”
Guardo Nick con un paio di occhi
non riuscendo davvero a capire il perché di quelle parole.
Lui mi fissa, ricambiando lo
sguardo stupito, poi, come se avesse avuto all’improvviso un’illuminazione,
sorride leggermente: “Qualcuno, forse, si è deciso a spifferare qualcosa?” Morde
con forza il labbro inferiore “Qualcuno ha raccontato finalmente la verità?...
La sua verità, ovviamente!”
“Cosa?” Chiedo confusa,
continuando a fissare il giovane di fronte a me. Stringo le mani intorno al
volante, una brutta sensazione che mi stringe il petto mente i ricordi sbiaditi
inspiegabilmente bussano impietosamente alla porta della mia memoria,
pretendendo di uscire, di vedere per l’ennesima volta la luce, e di palesarsi
agli occhi di tutti affinché la realtà e la verità abbiamo il sopravvento.
Affinché il cumulo di fantasie irrazionali e irragionevoli fondate sulla
menzogna e su una dannata voglia di felicità venga abbattuto.
“Allora, mi stai ascoltando?”
La voce di Nicholas mi riporta
alla realtà: l’unico posto in cui non vorrei essere in questo momento, e, senza
riflettere, mi ritrovo a rispondere un “No!” fin troppo convinto.
“Beh, faresti meglio ad
ascoltarmi, invece!” Il tono del giovane si fa improvvisamente urgente.
Scuoto vigorosamente la testa,
decisa a non dargli ascolto; un coro di clacson mi fa ricordare di essere ferma
in mezzo alla strada. Sospiro un paio di volte prima di mettere in moto e
spostarmi poco più avanti, sul ciglio della strada.
La voce di Nick mi raggiunge
immediatamente “Se non hai intenzione di ascoltarmi perché ti sei fermata,
invece di andare subito dal tuo adorato Scott?”
Inarco le sopracciglia “Ma
sentiamo, che problema hai, oggi? Si può sapere che ti ho fatto?” Sbotto
stizzita riuscendo per un attimo a spiazzare l’altro.
“Niente…” Borbotta incupito,
prima di tornare all’attacco “È che sei così maledettamente testarda!” Quasi
urla “Non riesci proprio a capire, non… merda!” Esclama con un gesto furioso
della mano.
Scuoto la testa più che mai
tentata a riaccendere l’auto e andarmene, ma alla fine abbandono l’idea. So che
non dovrei, so che andar via sarebbe la scelta migliore, per me, per Nick, per
l’intera faccenda, ma non lo faccio e con un sussurro domando “Che ti succede,
Nicholas?” Lo sguardo fisso sul cruscotto, le mani ancora aggrappate al volante
e la testa che non la smette di urlarmi di scappare, di andare via, di non
ascoltare.
“Annie, cosa stai facendo?”
Domanda lui con aria dura e un silenzio carico di tensione cala tutt’intorno.
Annaspo un paio di volte
cercando di riordinare le idee per rispondere in maniera adeguata, senza però
riuscirvi. La sensazione di dejà-vu di poco prima ritorna con insistenza e di
colpo è come se non fossi più io a controllare il mio corpo e la mia voce
“Perché sei improvvisamente contrario al matrimonio?” Si domanda la mia mente e
qualche secondo dopo la mie labbra articolano la frase, come se fossi un automa
guidato da qualcun altro.
“Pensavo fossi un amico, pensavo
che quello che ti premesse di più fosse la mia felicità o almeno speravo, e
allora dimmi perché? Perché mi dici queste cose a due giorni dalla data più
importante della mia vita? Perché?” Non riesco a guardare l’altro e so
perfettamente il motivo… nonostante ciò non ce la faccio a porre un freno al
fiume di parole; è qualcosa di talmente surreale da non permettermi nessuna
ribellione, riesco solo a sottostare alle regole, per quanto assurde possano
essere: sono un burattino, un burattino nelle mani di me stessa.
“Evidentemente non t’importa
nulla di me, ed effettivamente a te non è mai importato nulla di nessuno fatta
eccezione per te stesso perché sei solo un gigantesco egoista!” Stringo i pugni,
cercando di controllare le mie parole, ma con scarsi risultati.
“Annie…”
“No, no, fammi finire per
favore! Vuoi sapere cosa penso? Penso che tu sia geloso, geloso di Scott, di
quello che sta per fare, geloso della mia felicità perché sai che neanche in
un’altra vita potrai ottenere una cosa del genere e questo ti spinge a tentare
di distruggere la gioia altrui, ma sai una cosa? Non ci riuscirai, non in un
modo così meschino!”
“Ma cosa…?”
La voce di Nicholas appare
decisamente sorpresa e al suo posto avrei la stessa reazione.
“Sì, è esattamente così che
stanno le cose, ed ora per favore…” Sono costretta a voltarmi di scatto quando
Nick apre la portiera e mi afferra per le spalle.
“Annie!” Esclama fissandomi
negli occhi “Che accidenti stai blaterando?”
Scuoto il capo per riprendermi
dal torpore che mi ha avvolto fino a quel momento: la sensazione estranea va via
senza darmi più quel senso di smarrimento totale in cui ero precipitata poco
prima.
Apro le labbra per ribattere ma
non ne esce alcun suono: sono nuovamente padrona di me stessa e delle mie parole
eppure non riesco a trovar nulla da dire per poter rispondere.
“Perché… perché mi guardi in
quel modo?” incalza l’altro. “Ok, va bene, lasciamo perdere!” Scioglie la
stretta sulle mie braccia e fa un passo indietro. “Non capiresti…” Sussurra e
abbassa un attimo lo sguardo prima di sibilare fra i denti “Non ti merita!”
Quelle parole mi colpiscono come
un pugno in pieno stomaco: quant’è stato difficile tenerle rintanate in un
angolo della memoria, cercando con tutte le forze di rimuoverle insieme a tutto
il resto? Mi domando con una punta di panico e per qualche istante mi vien
voglia di tornare indietro… indietro… lontana da quella strada e da tutto quello
che mi sta succedendo… di nuovo!
A dispetto di tutto, però,
richiudo con un colpo secco la portiera dell’auto e rimetto in moto.
Mi acciglio, costringendomi a
fissare la strada davanti ai miei occhi, quella che ho deciso di percorrere,
quella e nessun’altra!
Raggiungo la casa di Scott con
un misto di ansia e sconforto, ma in qualche modo tutto è annebbiato dal suo
volto sorridente e, sebbene sia un attimo riluttante, mi lascio stringere nel
suo abbraccio, rilassandomi al contatto con il suo corpo.
Chiudo gli occhi rimanendo
immobile per qualche secondo e lasciando che il suo calore scacci via ogni
pensiero annullando le mie preoccupazioni e i dubbi che si riaffacciano sempre
più pressanti, tenuti a bada dalla volontà e della ferma convinzione che questa
sia, se non la migliore, almeno la decisione più giusta per me.
Scruto per qualche istante
Scott; il suo sguardo è luminoso, e alzandomi sulle punte gli sfioro le labbra
in un bacio casto lasciandomi poi trasportare dalla dolcezza della sua bocca.
Socchiudo gli occhi assaporando
quel momento con tutta me stessa, come se fosse l’ultimo briciolo di felicità
concessami.
Perché non restare così in
eterno? Perché non poter godere illimitatamente di questa beatitudine?
“Perché c’è un matrimonio da
portare a termine!” Mi risponde, pratica, la mia mente e a malavoglia mi
allontano dal giovane, fissandolo con aria dispiaciuta prima di sussurrare “Liz
teme che l’abito dello sposo possa avere qualche problema… per favore
rassicurala o non ne verremo mai a capo!”
Scott ridacchia sommessamente
alle mie parole “Sarà fatto!” esclama rimanendo in silenzio qualche istante
prima di aggiungere “Se dovevi dirmi solo questo perché sei venuta fin qui?
Bastava una telefonata, o no?” Il suo sguardo divertito mi scruta attentamente
mentre, un po’ impacciata, cerco di rispondere “A dire la verità… ecco, avevo
voglia di vederti!” Sospiro con un sorriso mentre Scott si allontana
bisbigliando “Aspetta solo un secondo!”
Si avvicina ad un cassetto della
cristalliera, lo apre e ne estrae una scatola di velluto rosso.
“Ecco, questa è per te!”
Prendo l’oggetto tra le mani,
incapace di provare qualsiasi tipo di emozione, socchiudo le labbra e sussurro
meccanicamente:“Scott, non dovevi…”
“Come, ora non posso più fare
regali alla mia bellissima futura moglie?” Ridacchia l’altro, con fare
imbarazzato “Ho… ho pensato che ti sarebbe stata d’incanto…ma, via, apri!” tira
corto un po’ bruscamente, sorridendo.
Lancio un’occhiata al giovane e
apro la scatola trovandomi davanti ad una catenina d’oro.
La fisso per un paio di secondi
cercando di sorridere il più naturalmente possibile, nuovamente sopraffatta
dalla sensazione di dejà-vu. Scuoto leggermente la testa, ignorando la stretta
alla bocca dello stomaco e sospirando nel richiudere la confezione.
Alzo lo sguardo su Scott “Sei
stato davvero carino, però… davvero, non dovevi…” Esclamo un po’ forzatamente
mentre un dito sulle labbra mi impedisce di andare oltre.
“Shhh, è solo un pensierino,
niente di più!” Ribatte il giovane con un sussurro poi, come se avesse
improvvisamente ricordato qualcosa, esclama: “Ah, un’altra cosa!” Mi toglie
dalle mani la scatola scarlatta posandola sul tavolo più vicino, ritorna di
nuovo nei pressi della cristalliera e ne tira fuori qualcos’altro, facendo
attenzione a nasconderlo bene dietro la schiena. Mi si avvicina in fretta ed
afferra la mia mano per mettervi dentro l’oggetto con un sorriso soddisfatto.
Mi ritrovo ad osservare un
piccolo orologio da taschino…
“Ma… no! Scott, non… non posso
accettarlo… so che ci tieni molto a questo orologio…” parlo senza pensare, le
parole mi escono fuori come un fiume in piena “…è un oggetto a cui sei molto
affezionato, non posso prenderlo!” la stretta alla bocca dello stomaco si fa più
dolorosa mentre Scott scuote il capo.
“Sono felicissimo di darlo a
te. Sei la persona più importante per me e voglio che sia tu a tenere
quell’orologio, qualsiasi cosa accada!”
Un fastidioso ronzio alla
orecchie mi impedisce di prestare la dovuta attenzione a quello che sta
avvenendo intorno a me. La testa mi si fa pesante ed ho l’irresistibile impulso
di aprire l’orologio; qualcosa mi dice che sarebbe meglio evitarlo, ma è più
forte di me, e ,con un leggero tremito delle mani, alzo il coperchio
dell’oggetto. Il quadrante, che sarebbe dovuto essere immacolato, è annebbiato.
“Come può essere? Lo ricordo
perfettamente: quando mi venne regalato, l’orologio era perfetto, senza
imperfezioni di nessun genere!” Penso velocemente
fissando la lancetta dei secondi andare avanti ritmicamente, ancora una
volta… poi, come se all’improvviso qualcuno mi avesse dato un colpo alla nuca,
tutto diventa buio.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** 5. ***
Nuova pagina 1
5.
Quando riprendo conoscenza
spalanco immediatamente gli occhi, terrorizzata da quello che potrei vedere;
temo di ritrovarmi nuovamente nel mio corpo in là con gli anni, in una casa
vuota e triste. Il cuore mi batte all’impazzata e solo quando mi rendo conto di
essere ancora a casa di Scott riesco a socchiudere per qualche istante le
palpebre, respirando a fondo.
Lentamente mi metto a sedere sul
divano sul quale mi trovo e dall’altra stanza percepisco la voce di Scott: deve
essersi preso uno spavento; chissà per quanto tempo sono rimasta incosciente.
Mi alzo barcollando mentre la
stanza comincia a girare in tondo come se avessi mandato giù una quantità enorme
di alcolici. Appoggiandomi al muro, proseguo fino a quando non riesco a scorgere
l’interno della stanza da letto di Scott. Come colpita da un fulmine, rimango
impietrita nel vedere il mio fidanzato seduto sul letto con vicino una giovane
donna che tiene un braccio intorno al suo collo e che ascolta, interessata, a
quello che sta dicendo prima di interromperlo con una vocina mielata “Ma Scotty
caro, sei proprio sicuro di voler continuare così? Ti ricordo che dopodomani
sarai un uomo sposato… forse sarebbe meglio se non ci vedessimo più!”
Socchiudo le labbra, ma la voce
di Scott mi lascia basita.
“Cosa? Ma come ti viene in mente
una cosa del genere?” sembra davvero seccato per l’affermazione della giovane e
il tono di voce si alza di un tono; io non riesco a far altro che ascoltare,
inorridita, il seguito del dialogo.
“Shhh, Scott, così rischi di
farla svegliare!”
“Ma no ,il medico le ha
somministrato un sonnifero; sai, per farla riposare!”
“Già, fortuna che si è sentita
male, quel calo di pressione è capitato a fagiolo, altrimenti…”
“Altrimenti cosa? Ti avrei
spacciata per mia cugina, no?!”
“Si, penso che ti avrebbe
creduto, vero passerotto mio?”
Scott sorride e voltandosi le da
un bacio sulle labbra “Vero!”
La giovane porta le gambe sul
letto e dopo aver gattonato un po’, si porta dietro la schiena di Scott, lo
abbraccia, accoccolandoglisi vicino, e comincia a baciargli il collo.
In preda al disgusto mi volto,
poggiando la schiena al muro in modo da non essere vista.
Li sento ridere e scherzare e mi
accascio lentamente fin a ritrovarmi seduta sul pavimento. Avverto gli occhi
bruciarmi e un nodo mi attanaglia sempre più forte lo stomaco mentre fisso il
pavimento ripensando alla scena di poco prima; dall’altra stanza continuano ad
arrivare, sempre più forti, le risate dei due. Le lacrime cominciano a rigarmi
il volto e mi porto le mani alle orecchie per non sentirli più; i singhiozzi mi
scuotono il corpo mentre nella mia mente si fa largo un’immagine che riesce a
scavalcare il turbine dei miei pensieri: mi vedo, vedo me stessa che si alza dal
suo cantuccio a terra e si avvicina alla porta della camera di Scott rimanendo a
fissare i due senza dire una parola, senza versare più una lacrima; li fissa con
sguardo vuoto e quasi indifferente fin quando non viene scoperta.
Con voce atona pronuncia un
secco “Addio!” andandosene via, seguita da uno Scott fuori di sé, non si sa se
per lo spavento o la vergogna.
Sono fortemente tentata a fare
lo stesso ma questa volta la mia volontà ha la meglio, nonostante il mio amor
proprio ha ricevuto un colpo tanto forte da far capitolare chiunque. C’è un solo
motivo per il quale non faccio ciò che ognuno al mio posto farebbe: non sono
disposta a continuare a vivere in solitudine; sono pronta a dare una seconda
occasione a Scott.
L’argomento sarà affrontato, ma
più in là; chiariremo tutto un giorno, ma non ora.
Mi rialzo un po’ a fatica e dopo
aver afferrato la borsa all’ingresso esco in strada. Ho ancora gli occhi pieni
di lacrime quando raggiungo l’auto ma solo quando sono seduta all’interno, al
sicuro da occhi indiscreti, do sfogo a tutta la rabbia e la frustrazione
stringendo convulsamente lo sterzo fino a farmi diventare bianche le nocche
delle mani.
L’improvviso squillo del
cellulare mi fa sobbalzare “E adesso chi diavolo è?” mi chiedo con voce tremula.
Agguanto a tentoni l’oggetto nella borsa e lo fisso con sguardo vuoto mentre
continua a suonare e la luce dello schermo si accende ad intermittenza, facendo
risaltare un nome in nero “Ni-Nicholas, adesso ti ci metti anche tu?!”
Asciugo le lacrime con il palmo
di una mano, ed inspiro profondamente, ributtando il cellulare nella borsa; non
ho nessuna voglia di rispondere, non se sono in questo stato.
Accendo l’auto e riparto quando
ormai il telefonino ha smesso di squillare.
Sono quasi arrivata a casa, ma,
invece di cominciare a decelerare, accelero di colpo, dirigendomi non so dove.
Gironzolo per parecchio tempo cercando così di sfogarmi un po’; guidando riesco
a rilassarmi e, quando suona nuovamente il cellulare, mi fermo e lo prendo,
pronta a rispondere “Si?”
“Annie! Finalmente hai
risposto!” La voce calda di Nicholas si fa sentire dall’altra parte
“Cosa c’è? Come mai tutta questa
fretta di parlarmi?” domando con un sorriso appena accennato.
“Ecco, io volevo chiederti scusa
per prima: ho esagerato! Non avrei dovuto parlar male di Scott con te!” il tono
sembra forzato ma l’unica cosa che in quel momento riescono a provocare quelle
parole è di far tornare alla mente la scena svoltasi sotto i miei occhi poco
prima.
Respiro a fondo cercando di
controllare il tremito della voce mentre dico “Non devi preoccuparti, Nick, è
tutto a posto!”
“Ne sono felice, davvero!”
Stringo con forza gli occhi nel
vano tentativo di impedire alle lacrime di ricominciare a cadere e rimango in
silenzio qualche secondo di troppo.
“Annie? Ci sei ancora?”
Deglutisco per cercare di
mandare giù il groppo alla gola. “Sì, Nick, sono ancora qui! Hai-hai sentito
Lizzy? Sai, mi hai detto che doveva parlarti…”
“Per cosa?”
Massaggio con forza gli occhi,
aggrottando la fronte “Ecco, per- per… io non- non lo so…” Le labbra cominciano
a tremarmi in modo impressionante, non riesco più a parlare, né a pensare in
modo coerente. Comincio anche a singhiozzare mentre dall’altra parte Nicholas
comincia ad allarmarsi “Annie? Cos’è successo, ti senti bene? Annie, per l’amor
del cielo, rispondi!”
“Ni- Nick… sto… sto bene! Adesso
scusa, ci sentiamo più tardi!” Così dicendo, interrompo la conversazione
portandomi una mano al viso e ricominciando a piangere.
Non so per quanto tempo sono
rimasta così, con gli occhi chiusi e il viso rigato, e solo quando sento
picchiare violentemente sulla carrozzeria della mia auto alzo gli occhi ancora
umidi, trattenendo il respiro nel vedere il viso preoccupato di Nicholas.
Senza darmi il tempo di far
niente apre la portiera e mi afferra un braccio, trascinandomi fuori.
Di riflesso mi libero dalla sua
stretta rimanendo a fissarlo, sorpresa e un po’ confusa: come avrà fatto a
trovarmi?
Quasi come se avesse intuito la
muta domanda solo guardandomi negli occhi Nick socchiude le labbra, rimanendo
qualche secondo immobile prima di inspirare profondamente e afferrarmi di scatto
per le spalle “Che ti ha fatto? Che ti ha fatto quel bastardo?” sibila
avvicinando il volto al mio, lo sguardo furioso, ma mio malgrado non riesco a
far altro che fissarlo con aria stupita “Cosa stai dicendo?” Sussurro a
malapena, abbassando lo sguardo; non posso rischiare di tradirmi, non ancora. Se
Nicholas avesse solo il sentore di quello che è successo non oso immaginare cosa
potrebbe succedere, con il pessimo carattere che si ritrova.
Alzo lo sguardo sul giovane che
mi è di fronte e gli sorrido nel modo più convincente possibile “Non è successo
nulla! Non devi preoccuparti, è solo una crisi prematrimoniale, mi sento solo un
po’ confusa, nient’altro!”
Nicholas inarca un sopracciglio
e la sua espressione si fa più cupa con il passare dei secondi “Cos’è successo,
An?”
Scuoto la testa, un sorriso
fittizio stampato in viso ma, onestamente, non so per quanto riuscirò a mentire
agli occhi indagatori del ragazzo che mi è di fronte.
“Annie, dimmi cosa dannazione è
successo o giuro che vado lì e gli spacco la faccia!” Il tono di Nicholas è
perfettamente calmo ma riesce ugualmente a farmi venire i brividi.
“Che stai dicendo? Cosa sono
queste minacce?” Mi divincolo dalla stretta del giovane e faccio qualche passo
indietro, ridacchiando “Non so cosa ti sia preso oggi, non…”
“L’hai visto, non è vero?”
Spalanco gli occhi a quelle
parole.
“L’hai visto insieme a quell’oca
e sei andata via invece di spaccargli in testa il soprammobile più pesante nei
paraggi?”
“Cosa?” Boccheggio e cerco di
non far tremare la voce “Ma cosa stai farneticando, Nick, hai la febbre?”
L’altro sbuffa, stringendo i
pugni lungo i fianchi.
“Dovevo immaginarlo che anche di
fronte all’evidenza dei fatti avresti continuato a mentire pur di non doverlo
lasciare ed è proprio questo che mi rende furioso!” Nicholas stringe gli occhi,
come se trovasse difficile continuare a parlare. “Merda!” Sbotta poi, quasi
urlando “Lo sapevo che non mi avresti dato ascolto se ti avessi detto una cosa
del genere… li ho visti, An, ho visto quello stronzo del tuo fidanzato con una
ragazza che non eri tu e ti assicuro che non stavano semplicemente
chiacchierando!”
Trattengo il fiato di fronte a
quello che mi sta dicendo Nick, ma non riesco a far nulla perché l’altro
continua, come un fiume in piena.
“Se fossi stato certo che mi
avresti creduto te lo avrei detto subito; avrei preferito perderti come amica
piuttosto che vedere lui che continuava a prenderti in giro! Oh!” Il giovane
scoppia in una risata priva di allegria “Ovviamente ha giurato e spergiurato che
era solo una sbandata, certo! A dieci giorni dal matrimonio! Neanche morto ci
avrei creduto!”
Respiro velocemente e mi accorgo
di aver cominciato a tremare… per la rabbia, per l’evidenza dei fatti e per il
rimorso improvviso: lui sapeva tutto ed aveva anche cercato di mettermi in
guardia; per tanti anni non l’avevo saputo, pensando che il suo comportamento
fosse dettato dalla gelosia.
“Ma cosa dici?” sussurro
abbassando lo sguardo “Sei proprio fuori pista, ti stai sbagliando…” deglutisco
e respiro a fondo tentando ancora una volta di aggrapparmi a quelle che non sono
altro che un cumulo di bugie “Scott non farebbe mai una cosa del genere…” La mia
voce va scemando “Lui… lui…” Lo schiaffo che mi arriva sulla guancia mi
zittisce. Socchiudo le labbra e porto una mano sul viso, fissando Nick come se
fosse impazzito, ma lui non sembra essere in vena di spiegazioni e si allontana
andando in direzione della sua macchina “Dammi un motivo, uno soltanto per il
quale tu debba continuare a comportarti da stupida. Perché? Devi esserti bevuta
il cervello per continuare ad essere fedele a quel porco come un cagnolino
bisognoso d’affetto. Con l’avanzare degli anni ti stai rimbecillendo An… dico
sul serio! Se vuoi un consiglio spassionato, manda al diavolo Scott!” Si volta e
mi lancia un’occhiata dura in evidente attesa di una risposta affermativa ma,
sfortunatamente per lui, ho intenzione di farmi del male da sola e, dopo un
respiro profondo, urlo “Brutto vecchio egoista! Sì, questo sei, un brutto,
vecchio egoista! Tu non sai nemmeno cosa ho passato per non aver preso una
decisione del genere; tu non sai cosa significa rinunciare alla persona che si
ama e vivere in solitudine per anni ed anni! Non sai quello che ho passato, non
sai quello che passerò, di nuovo, se non agisco in questo modo, se non sposo
l’uomo che adoro con tutta me stessa.” Vedo Nicholas visibilmente confuso ma non
riesco a fermarmi: so di aver torto, so che dovrei solo ringraziarlo e invece ho
deciso di essere cocciuta e stupida e di fare tutto il contrario rispetto ad una
persona sana di mente “Adesso sei tu che non puoi capire! Tu non ci sei passato
e probabilmente non ci passerai mai! Sei solo un vecchio orco! Non hai sofferto
quando hai deciso di isolarti… non hai dovuto rinunciare a nulla… non hai dovuto
rimpiangere per anni ed anni una vita che sarebbe stata piena di gioie! Io sì!
Io so cosa si prova e sono qui per non permettermi di fare lo stupido errore
un’altra volta! Sposerò Scott e questo è quanto!” cerco di sembrare decisa
nonostante vorrei scappare via pur di non vedere lo sguardo confuso, sorpreso e
dispiaciuto di Nicholas, fisso su di me. Il giovane socchiude le labbra
rimanendo in silenzio qualche secondo prima di bisbigliare “Già, hai ragione, io
non ho dovuto rinunciare a nulla…” si ferma per qualche secondo continuando poi,
con tono sprezzante “A questo punto fa come vuoi, non me ne importa più nulla!
Sposati e fai quello che diavolo ti passa per la testa!” Apre la portiera della
macchina e riparte.
Rimango a fissare la sagoma
dell’auto mentre scompare nella direzione opposta alla mia per poi fare lo
stesso, relegando tutti i miei pensieri in un angolo della mente, prendendo la
strada di casa.
Ho solo il tempo di fare una
doccia e cenare. Non tento neanche di riflettere sull’accaduto perché so che non
sarei più in grado di proseguire lungo il precorso che mi sono prefissata.
Come se non fossi stata io a
vivere quella giornata, mi comporto con noncuranza, riuscendo a dormire
tranquillamente; questa volta sembra che la mia volontà abbia avuto la meglio su
tutto il resto.
Il giorno seguente trascorre in
preda all’euforia più totale; non riesco a vedere Scott ma non me ne rammarico,
ormai mancano solo poche ore al grande passo e ci sono tanti piccoli dettagli da
sistemare, che la giornata vola via come se nulla fosse. Il fatto di non essermi
fermata un attimo è stato solo positivo e, senza sapere come, mi ritrovo sotto
le lenzuola di cotone, fissando l’abito bianco appeso ad una gruccia, vicino
all’armadio “Domani andrà tutto bene, me lo sento, e non vedo l’ora!” poggio la
testa sul cuscino e rimango a fissare il soffitto mentre il buio e il silenzio
mi avvolgono. Volgo gli occhi alla mia finestra e fra le tende scorgo la luna
piena; al pensiero di come la fissavo malinconicamente soltanto qualche giorno
prima, mi viene da sorridere, ed è così, con il sorriso sulle labbra che mi
addormento mentre la bianca luna guarda il mondo, come un’austera regina,
dall’alto del suo trono di stelle.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** 6. ***
Nuova pagina 1
6.
È molto presto, il sole non è
ancora sorto, ma ormai non ho più sonno. Controllo l’orologio e sospiro quando
leggo l’ora: un quarto alle sei.
Ormai rassegnata, mi alzo dal
letto, infilo le pantofole ed esco dalla stanza; in casa non si sentono rumori,
i miei stanno ancora dormendo.
Decido di uscire fuori con
addosso solo la camicia da notte e percorro il vialetto che attraversa il
giardino di casa, fermandomi vicino al cancello chiuso.
Fuori la temperatura è
fantastica e una leggera brezza mi scompiglia i capelli; alle prime luci
dell’alba è tutto così bello e l’unico rumore è il cinguettio degli uccelli.
In lontananza vedo la mia auto
parcheggiata; improvvisamente mi viene in mente qualcosa; rientro in casa per
prendere le chiavi e mi avvicino al mezzo; come sospettavo sui sedili posteriori
trovo il contenitore di velluto e l’orologio da taschino, Scott devi averli
messi lì mentre stavo dormendo. Prendo il tutto e ritorno in casa, posando gli
oggetti in un cassetto della mia scrivania.
Nonostante abbia dormito solo
poche ore sono piena di energie, noto con piacere mentre mi affaccio alla
finestra della mia camera, stiracchiandomi. La giornata sarà sicuramente
faticosa, ma alla fine ne sarà valsa la pena. Accenno un sorriso, ignorando la
piccola voce nella mia testa che continua a ripetermi di star sbagliando e,
senza attendere oltre, mi dirigo in bagno: sono sicura che una bella doccia
riuscirà a distrarmi.
Continuo a fuggire da ricordi
non graditi, che la mente si ostina a portare a galla, fin quando il suono del
campanello non mi salva “Lizzy!” esclamo con un sorriso “È già qui!”
Nelle ore successive non riesco
a pensare a nulla, sommersa dalla voce della mia amica e dalle mille cose ancora
in sospeso, che devo esser portate a termine.
Alle undici in punto è tutto
pronto.
“Annie, sei fantastica!” mi dice
all’improvviso Lizzy, guardandomi estasiata. Mi viene da ridere “Ti prego, non
dire così! Mi fai sentire in imbarazzo!” Lei non mi sta neanche a sentire:
continua a correre qua e la piazzandomi, infine, un mazzo di fiori in mano “Vai
in macchina, io ti precedo!” Scompare in pochi secondi mentre io resto sola con
i miei. Nel vederli entrambi molto commossi, devo fare uno sforzo enorme per non
cominciare a frignare come una bambina, ma questa volta si tratterebbe di
lacrime di gioia.
Finalmente il momento tanto
atteso è arrivato; non posso ancora crederci!
Sotto braccio a mio padre mi
appresto a percorrere la navata centrale mentre tutti sono in piedi.
Lo vedo, vedo Scott, in fondo,
che sorride emozionato; accidenti, non pensavo che avrebbero cominciato a
tremarmi le gambe al solo vederlo. Giro lo sguardo intorno, fra i banchi,
facendolo scivolare sui volti sorridenti di amici e parenti e poi, come una
doccia fredda, scorgo Nicholas: mi guarda con un’espressione dura in volto; le
sue labbra sono serrate gravemente e non accenna a un sorriso neppure quando i
nostri occhi si incrociano. Un peso mi piomba sullo stomaco ma cerco di
scuotermi e sposto lo sguardo dall’altra parte.
Improvvisamente noto un viso
conosciuto tra i banchi riservati agli invitati dello sposo: è lei! Mi sento
morire dentro: quel volto, quegli occhi.
Devo fare uno sforzo immane per
non saltarle addosso, continuando a sorridere come se le mascelle mi si fossero
bloccate. Arrivo all’altare e mio padre mi lascia quando sono vicina a Scott; la
musica si ferma.
Il sacerdote si sta avvicinando;
il momento è arrivato, già, ma ora sembra che non sia poi tanto sicura di
volerlo fare; già, proprio io che sono andata contro ogni logica, ignorando di
proposito anche la verità più scomoda e lampante.
Scott continua a sorridermi, mi
afferra una mano e con voce suadente mi sussurra all’orecchio “Sei fantastica!”
Sarebbe tutto perfetto ma
l’immagine di Scott e di quella tipa sul letto continua a lampeggiarmi davanti
agli occhi come un neon. Ritraggo la mano, inorridita da tanta falsità, dalla
sua faccia di bronzo, da quel sorriso falso e schifata dal comportamento che ho
avuto io di fronte a tutta questa situazione.
Stringo i pugni fissando il
giovane di fronte a me e, senza riuscire a fermarmi, gli sferro un poderoso
ceffone che rimbomba all’interno della chiesa subito seguito dal bisbiglio dei
presenti. Incurante di tutto comincio ad urlare “Questo è per avermi presa in
giro per tutto questo tempo!” un altro ceffone gli vola sulla faccia. “Questo è
per esser stato con le tua amichetta sotto il mio naso… pensavi che stessi
ancora dormendo, vero?” Un terzo schiaffo si abbatte sul volto rosso e sconvolto
di Scott “E questo è per averla invitata al nostro matrimonio… come me l’avresti
presentata come tua cugina?!”
Il giovane non riesce a
spiccicare parola e continua a guardarmi; la bocca aperta e gli occhi sbarrati,
mentre, tutt’intorno, il mormorio si fa più alto.
Non so cosa stiano pensando i
miei genitori e a dire il vero neanche Lizzy si è sentita; devo aver shoccato
tutti ma al momento non mi importa.
Lascio l’altare e punto verso la
ragazza nella quarta fila. La squadro senza dar segni di cedimento e cercando di
non farmi prendere dall’emozione le porgo il mio mazzo di fiori, dicendole con
uno dei miei più bei falsi sorrisi “Tieni, a me non serve, penso proprio che
dovresti essere tu a sposare Scotty caro! Vero?!” La ragazza sembra esitare,
come se volesse parlare, ma poi non dice niente, abbassando solo il capo ed
afferrando i fiori.
“Bene, spero che tu e… il tuo
passerotto ve la spassiate!” Esclamo con un piccolo tremito, voltandomi il più
in fretta possibile e uscendo; l’unico suono che mi segue è il fruscio della
coda del mio abito bianco.
Quando sono all’aria aperta mi
sembra di poter respirare nuovamente in modo naturale.
Il sole cocente mi ferisce gli
occhi ma non riesce a rallentarmi più di quanto già non faccia il vestito.
Raggiungo quasi correndo il
retro della chiesa e solo allora mi concedo un sospiro, non so se di sollievo,
rassegnazione o tristezza: probabilmente un misto di tutti e tre.
Lentamente mi avvicino ad una
panchina di pietra e mi ci lascio cadere sopra, chiudendo gli occhi. “Non doveva
andare così, non era questo che avevo programmato, non avrei dovuto mollare
tutto all’ultimo secondo…” Avverto le lacrime pungermi ai lati degli occhi, ma
un’improvvisa rabbia me le fa ricacciare indietro.
Spalanco di colpo gli occhi,
fissando il vuoto di fronte a me, e sibilo “Quell’idiota! Come ha potuto
invitarla al NOSTRO matrimonio? Non gli è venuto nessuno dubbio quando l’altro
giorno me ne sono andata da casa sua senza dire una parola? È il più grande e
infimo stronzo sulla faccia della terra! Brutto bastardo traditore! Spero
diventi impotente prima dei trent’anni, grandissimo racconta balle!” Respiro
rapidamente sentendomi leggermente meglio dopo quello sfogo verbale.
“Accidenti, Annie! Che razza di
stupidaggine stavi per fare? Fortunatamente nel mio destino sembra ci sia
scritto a lettere cubitali: non devi sposare Scott!” Quel pensiero riesce
a strapparmi un sorriso. “Mi dispiace solo per tutti i preparativi…”
Lancio un’occhiata al mio
vestito, per metà immerso nella polvere della strada sterrata.
“Almeno ora non avrò rimpianti.
In un modo o nell’altro questa storia non poteva finire bene…” mordo un labbro
ripensando a tutti gli anni che la me di qualche settimana fa aveva trascorso
rimuginando su una scelta che le era sembrata precipitosa. Alla fine non aveva
nessuna colpa; se c’era qualcuno che aveva sbagliato in quella faccenda, non era
lei.
Sospiro mentre alzo lo sguardo
sul cielo cristallino e, nonostante la voglia di muovermi da lì sia davvero
poca, penso sia inutile continuare ad evitare il resto del mondo e comincio a
ritornare indietro, con passo incerto.
“Se ti serve un passaggio, posso
dartelo io!”
La voce di Nicholas mi fa
spaventare; il giovane è a pochi metri da me ed ha lo sguardo rivolto
all’orizzonte.
“Nick, mi hai fatto prendere un
colpo!” Sussurro portando automaticamente una mano al petto.
L’altro si limita ad alzare le
spalle e, come se non avessi parlato, prosegue “E sia ben chiaro, non lo faccio
per te, è solo che mi dispiace che l’abito si rovini…”
A quelle parole apro la bocca
per ribattere, finendo però per sospirare, increspando le labbra in un sorriso e
seguendo il giovane verso la sua auto.
Impreco mentalmente nel sentire
la voce di Scott che mi chiama; ancora qualche secondo e sarei riuscita ad
entrare in macchina, allontanandomi da lui e da tutta quella situazione.
“Annie, ti prego, ascoltami!
Esclama raggiungendomi e fermandomi per un braccio.
“Lasciami andare, Scott, prima
che ti arrivi un calcio!” Sussurro fra i denti, guardando altrove.
“Per favore, Annie, non
precipitare le cose, non prendere decisione affrettate di cui potresti
pentirti!”
Mi irrigidisco ancora di più a
quelle parole ma non riesco a voltarmi, continuando a fissare la carrozzeria
dell’auto con un peso sullo stomaco “Scott, ti ho detto di andare via…”
Bisbiglio nuovamente e in quel momento Nicholas si avvicina a noi spingendo
bruscamente Scott che, per non cadere, è costretto a lasciare andare la presa
sul mio braccio.
“Oltre che idiota sei anche duro
d’orecchi? Ha detto di lasciarla in pace!”
“Questi non sono affari tuoi,
Nicholas!”
“Oh, e invece lo sono eccome!
Annie ti ha chiaramente detto di toglierti dalle scatole e se non vuoi farlo tu
ti ci spedisco io a quel paese!”
Apro lo sportello dell’auto,
decisa a non volerne sapere più nulla.
“Ah, sì? Chi ti credi di essere?
Eh, Nick? Non pensare di essere migliore me. Anche tu hai preferito restartene
in silenzio, vero? E non solo per quanto riguarda questa faccenda, dico bene?
Sei un ipocrita e anche un codardo!”
Mi volto di scatto alle parole
di Scott solo per vedere Nicholas che gli si scaglia contro, colpendo con un
pugno in pieno viso, facendolo cadere a terra.
Il giovane scuote il braccio
fissando per qualche secondo l’altro con aria cupa prima di entrare in macchina
senza dire una parola.
Stringo le labbra e faccio
appena in tempo a chiudere lo sportello che Nick mette in moto, partendo a tutta
velocità.
Percorriamo la strada che
conduce alla mia abitazione in completo silenzio.
Dai sedili posteriori posso
vedere l’espressione sul volto di Nicholas che rimane inalterata per tutto il
tragitto: le labbra serrate e le sopracciglia inarcate come se stesse
riflettendo su di un problema molto gravoso. Solo una volta lancia un’occhiata
nello specchietto retrovisore, come per accertarsi della mia presenza,
ritornando subito a guardare la strada.
Quando l’auto si ferma
scaravento fuori lo strascico del mio vestito prima di uscire a mia volta,
esclamando “Grazie per il passaggio!” ma non so fino a che punto il
ringraziamento sia stato ben accetto perche Nick si limita ad un grugnito di
dubbia interpretazione. Alzo le spalle e mi dirigo verso casa, recuperando le
chiavi d’emergenza sotto un vaso all’entrata e varcando finalmente la soglia.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** 7. ***
Nuova pagina 1
7.
Senza aspettare nemmeno di
essere arrivata in camera, mi libero dell’abito bianco, trascinandolo su per le
scale fino all’armadio dove lo relego con un sospiro liberatorio.
Infilo i primi jeans che mi
capitano a tiro, legando i ricci biondi in una coda alta e dopo quindici minuti
afferro le chiavi della mia auto; sono praticamente scappata via dalla chiesa,
completamente dimentica dei miei genitori, ma ormai penso di essere abbastanza
padrona delle mie emozioni per affrontare tutte le conseguenze dell’abbandono
dello sposo sull’altare.
Spalanco il portone e sobbalzo
per la seconda volta in meno di mezz’ora “Per l’amore del cielo, Nick! Ti
diverti così tanto a farmi spaventare?” Chiedo al giovane seduto sugli scalini,
a meno di un metro da me. “Dillo che hai intenzione di uccidermi!” Esclamo con
un sorriso, il battito cardiaco ancora accelerato.
L’altro si rabbuia di colpo ed
alzandosi esclama, in tono aspro “A quanto pare la mia presenza qui non è
gradita, quindi vado via!”
Spalanco gli occhi, stranita
“Ehi, ma perché travisi le mie parole?” Allargo le braccia e vado a sedermi
anch’io sugli scalini, guardando il giovane, ancora in piedi “Io non ho mai
detto una cosa del genere, sei stato tu… bah, meglio non cercare di spiegarsi i
tuoi strani comportamenti!”
Circondo le ginocchia con le
braccia, fissando il vuoto per qualche istante, in leggero imbarazzo, prima di
inspirare profondamente “Scusa Nick!” dico all’improvviso “Scusa, non avrei
dovuto parlarti in quel modo, l’altro giorno. Avevi ragione, è solo che non
volevo accettarlo!” Sospiro con aria colpevole “Sono stata una vera cocciuta!”
“Già… una cocciuta!” mi fa eco
lui, quasi assente, nonostante abbia lo sguardo fisso su di me.
“E non solo questo! Per non
parlare del tuo squallido discorso!” Il giovane sospira, tornando a sedersi,
prima di sorridere lievemente “Anzi, squallido è dir poco. Tutte quelle cose: la
solitudine eterna ecc, ecc… sinceramente potevi fare di meglio, con la fantasia
che ti ritrovi!” Si stiracchia con aria soddisfatta mentre mi ritrovo a
guardarlo, sorpresa: è bastato poco per fargli cambiare umore.
Rimaniamo in silenzio e,
ripensando alle parole appena pronunciate da Nicholas, sorrido amaramente. Non
posso negare che facciano molto male, ma non riesco a volergliene: dopotutto lui
non sa nulla e anche tutte quelle frasi che gli ho sputato addosso con l’intento
di ferirlo, non sono servite a nulla. Nonostante ciò mi sento in colpa: non
avevo nessun diritto di giudicare la sua scelta di vita, come lui non ha mai
fatto con me.
Mi volto un attimo verso il
giovane, ritrovandomi di fronte i suoi occhi neri. Rimango un attimo immobile
prima di inclinare la testa di lato. Nicholas si scuote, aprendo e chiudendo la
bocca più volte mentre scuote leggermente la testa, voltandosi dall’altra parte.
Alzo le spalle di fronte a
quella reazione e ritorno a fissare l’orizzonte “In fondo…” penso tra me “Non
sono molto rattristata da come sono andate le cose; sembra che il destino avesse
deciso fin dall’inizio come dovevano andare le cose.” sorrido brevemente “Il
destino, già! Non è che ci abbia mai creduto a queste cose però, ci sono delle
volte in cui è tanto evidente la sua azione e le sua presenza…”
“Annie!”
La voce di Nicholas, forte e
sicura, mi distoglie dai miei pensieri e mi fa voltare di colpo.
Pochi istanti, neanche il tempo
di rendermene conto, e le labbra di Nick sfiorano le mie per pochi, velocissimi
secondi. E con la stessa velocità il giovane si alza, pronto ad andar via.
“Ehi!” esclamo appena mi rendo
conto che Nicholas sta tentando la fuga “Dove credi di andare?” La sorpresa per
quel gesto improvviso ed inaspettato viene surclassata dalla necessità di avere
una spiegazione: cosa gli è preso così all’improvviso? È possibile che l’idea
assurda che sta cominciando a farsi largo nella mia testa possa essere vera?
Nick si volta e, come se nulla
fosse, torna indietro, sedendosi nuovamente vicino a me; la sua espressione è
imperturbabile “Cosa c’è?” chiede tranquillamente, fissandomi negli occhi;
sembra che l’unica a sorprendersi per un nonnulla sia io.
Socchiudo le labbra, rimanendo
qualche attimo a scrutarlo prima di domandare, scandendo bene le parole “Vuoi
gentilmente spiegarmi il significato del gesto, tra parentesi, non autorizzato,
di poco fa?”
Solleva le spalle, con
noncuranza, prima di lanciarmi un’occhiata gelida
“Tutto quello che stai pensando e ipotizzando non corrisponde alla
realtà!”
“Ma benissimo!” ribatto io di
rimando, questa volta con una faccia di bronzo “Allora vuoi di grazia dirmi tu
perché l’hai fatto?”
Nicholas mi poggia un pollice
sulla guancia “Volevo scusarmi per averti lasciato il segno delle dita sulla
guancia!” Un sorriso ironico gli sale in viso ed ho come la netta e brutta
sensazione che si stia deliberatamente prendendo gioco di me.
Lo fisso incredula;
atteggiamenti come questo non sono normali neanche per lui. “Ma se era solo
quello, perché…” Sussurro incapace di andare oltre, sempre più convinta di
sapere cosa ci sia sotto.
Nicholas sembra intuire il mio
sospetto perché all’improvviso la pelle abbronzata del suo viso assume una
sfumatura più rosea e con uno scatto torna ad alzarsi.
“Ah, un’ultima cosa!” esclama
prima di poggiare una mano sullo scalino e chinarsi fin quando i nostri visi non
sono tanto vicini da sfiorarsi. Con la sua calma ritrovata mi bisbiglia
all’orecchio “Quello che provavi fino a qualche
giorno fa per Scott, beh… penso sia lo stesso sentimento che sto provando in
questo momento per te!” sorride furbescamente, raddrizzandosi e questa volta si
allontana definitivamente.
Guardo Nicholas andar via e
senza saper perché, mi sento leggera e felice, anche se ancora un po’ confusa.
Il paesaggio che mi circonda
comincia ad aver i contorni più sfocati e in pochi istanti rimango in compagnia
soltanto dell’oscurità.
“Annie… Annie, mi senti?”
Una voce, di nuovo, come giorni
prima: una voce che mi chiama e il nulla intorno a me.
Cerco di aprire gli occhi anche
se le palpebre pesanti si rifiutano di eseguire il comando.
Sono stanca, sì, stanca ma
stranamente in pace con me stessa; mi sarei lasciata cullare del tepore di
quella sensazione calda e avvolgente se quella voce non avesse nuovamente
cominciato a chiamarmi.
Quando riesco a schiudere gli
occhi mi rendo conto di essere in un luogo scarsamente illuminato.
“Annie…”
Alzo lo sguardo sul
proprietario della voce e scorgo un paio di occhi neri che mi fissano
preoccupati; il volto, ormai pieno di rughe, ha perso l’antico fascino ma a me
appare così rassicurante e familiare. Sorrido quasi impercettibilmente e, senza
dire nulla, mi libero dalla stretta del braccio che mi ha tenuta sollevata da
terra fino a questo momento. Riesco a stare seduta senza difficoltà e,
nonostante il leggero intorpidimento, mi sento bene.
“Ti sei svegliata per fortuna,
come stai?” La voce calda e profonda continua a parlarmi. Socchiudo le labbra,
limitandomi a fissare il vuoto.
“Ehi, perché non rispondi?
Almeno dimmi se è tutto a posto o se devo chiamare un’ambulanza, per Diana!”
Scuoto leggermente la testa “Non
cambi mai, vero, brutto orco?” Mi guardo intorno e sospiro: sono di nuovo a
casa, di nuovo nella mia soffitta buia e polverosa; gli occhi mi cadono
sull’oggetto che ho in mano: l’orologio da taschino, con la lancetta dei secondi
irrimediabilmente ferma all’interno del quadrante “Un sogno…” sussurro
sovrappensiero e accenno un sorriso nel rendermi conto che l’essere di nuovo
un’anziana donna sola, mi deprime meno di quel che avrei creduto: in definitiva
era più spaventoso il pensiero; ora che la cosa è una certa realtà mi accorgo
che è meno orribile del previsto. “Possibile sia stato tutto solo un sogno?”
“Ma cosa stai dicendo?”
Scuoto nuovamente il capo “Non
lo so, Nick, non lo so… è solo che…” Inspiro profondamente, lanciando
un’occhiata furtiva all’uomo che ha cominciato a guardarmi male e il ricordo
degli ultimi istanti vissuti in quella strana dimensione mi spingono a chiedere
“Posso farti una domanda personale?”
“Prego!”
Inarco un sopracciglio,
sforzandomi di apparire calma e sicura anche se, onestamente, la reazione che
potrebbe avere l’altro mi preoccupa un po’ “Ti sei mai innamorato di me?”
La domanda, una volta formulata,
sembra completamente folle alle mie orecchie e, da quello che riesco a leggere
sul viso di Nicholas, sembra che lui la pensi esattamente come me. Dopo i primi
istanti di disorientamento, infatti, l’uomo strabuzza gli occhi e, con aria
innervosita sbotta “Ma ti ha dato di volta il cervello?”
Cerco di restare indifferente e
mi affretto a precisare “Non sei obbligato a rispondermi!” alzando le mani.
“Forse sì!”
È poco più di un sussurro e ho
quasi l’impressione di essermelo immaginato quando, a sorpresa, Nicholas si
schiarisce la voce “Può darsi! Sì, è possibile, e allora?”
Rimango a fissarlo come
imbambolata e lui si imbroncia ancora di più.
“Cos’hai da fissarmi in quel
modo?”
Apro e chiudo la bocca senza
riuscire a dir nulla al ché l’uomo continua “È successo molti anni fa, non è
una cosa di cui discutere ancora…” La voce si affievolisce e il suo sguardo si
fa improvvisamente lontano.
Mi dispiace quasi vedergli
quell’espressione e cerco qualcosa per sviare il discorso prima di rendermi
conto della cosa più banale “Cosa ci fai qui? Come sei entrato?” Chiedo
puntandogli gli occhi addosso.
Nicholas sembra sollevato da
quella domanda e scrolla le spalle “Beh, ho suonato alla porta e non ti ho vista
arrivare così mi sono preoccupato e ho deciso di prendere la chiave!” Spiega
come se fosse normale entrare in casa altrui senza invito, ma al momento c’è
qualcos’altro che mi turba “Quale chiave?” Chiedo confusa.
“Quella nel vaso!”
Rimango a fissarlo senza
riuscire a replicare; Nicholas non ha mai saputo di quella chiave… a meno che…
Scuoto la testa e l’unica cosa
che riesco a sussurrare è “Un po’ d’acqua… ho bisogno d’un po’ d’acqua!”
Riesco ad alzarmi, aiutata da
Nicholas, e insieme raggiungiamo la cucina.
“Adesso permetti di fare a me
gli onori di casa, siediti lì e non ti muovere, ok?” mormora Nicholas con un
tono che, però, non ammette repliche.
Annuisco solamente, lasciandolo
fare.
“Si può sapere cos’è successo?”
Mentre Nick comincia ad aprire
cassetti a casaccio, cerco di riordinare le idee, e dopo aver bevuto dal
bicchiere di vetro che mi porge, rispondo lentamente “Non lo so, mi sono sentita
male all’improvviso… devo ammettere che ho pensato che fosse arrivata la mia
ora!” faccio una smorfia, finendo l’acqua nel bicchiere, e riprendendo “Come mai
sei venuto a trovarmi? E poi, chi dice che non ero uscita a comprare qualcosa?
Poi, proprio tu che sei un lupo solitario!” Non riesco a trattenere un sorriso
mentre Nicholas spalanca gli occhi e tenta di rispondere “Beh, non lo so! Forse
perché… oh, accidenti An, sono venuto perché così mi andava! Adesso devo anche
spiegare perché voglio stare un po’ con una vecchia amica?” L’agitazione gli fa
diventare rosso il volto.
Mi alzo per non farmi vedere
ridere, rischiando di incappare nella sua ira, e mi dirigo verso i fornelli “Che
ne dici di rimanere a cena?”
“Eh? Vuoi invitarmi a cena?”
L’altro sembra spiazzato “Ma, veramente, non so se…”
“Oh, andiamo Nick, va bene la
vita ritirata, l’isolamento e tutto il resto, però adesso si esagera!” Sbotto,
decisa a non dargliela vinta.
“Beh, sì, forse hai ragione…”
“Dai, se non vuoi farlo per te,
fallo almeno per me!” sollevo un sopracciglio e sorrido leggermente, in attesa
di una risposta che non tarda ad arrivare.
“Va bene, puoi contare su di
me!” sospira Nick.
Esulto in silenzio, lanciando
all’uomo un’occhiata compiaciuta “Lo sapevo che in fondo in fondo, non eri un
brutto vecchio egoista!” Continuo a fissare Nicholas che, alle mie parole,
rimane come stordito e, con un’espressione indecifrabile in viso esclama “Questa
volta sono d’accordo con te!” inclinando leggermente all’insù le labbra.
Alla fine non è stato tutto
inutile; sogno o realtà, quella che ho vissuto è stata un’esperienza costruttiva
e, nel suo piccolo, è riuscita a farmi capire cose che mi erano rimaste ignote
nonostante anni di continue riflessioni. Ed ora, quando guardo la luna, non
vengo più assalita dalla malinconia e dalla tristezza soprattutto perché, a
fissarla con me, c’è qualcun altro oltre alla mia ombra.
Fine
Ringrazio chi è arrivato fin qui, sperando che la storia sia
stata di vostro gradimento.
Io ci sono particolarmente affezionata perché è la prima che
sono riuscita a concludere, nel lontano 2004, e mi fa sempre tenerezza
rileggerla nonostante abbia avuto bisogno di qualche revisione qua e la.
Quando la scrissi rimasi indecisa sul finale fino all’ultimo e,
nonostante sia un’inguaribile amante dell’ “happy ending”, sono arrivata alla
conclusione che questo tipo di finale calzava di più alla storia nonostante non
fosse il classico “e vissero tutti felici e contenti”. ^_^
Con questo direi che è tutto! Baci baci!
Prue
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=514265
|