Terza Konoha di Rota (/viewuser.php?uid=48345)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Uno - Seconda Konoha ***
Capitolo 3: *** Due - Senza Pietà ***
Capitolo 4: *** Tre - Sospetto ***
Capitolo 5: *** Quattro - Confessione ***
Capitolo 6: *** Cinque - Spore ***
Capitolo 7: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Terza konoha prologo
- Eterno scelto: Distruzione
- Personaggi/o principali/e: Shino Aburame, Kiba Inuzuka
- Altri personaggi: Hinata Hyuuga, Sasuke Uchiha, Un po’ tutti
- Genere: Introspettivo, Drammatico
- Rating: Arancione
- Avvertimenti: What if…?, Spoiler!, Non per stomaci delicati, Shonen ai
- NdA: What if…? abbastanza banale, devo dire °-° Sulla falsa riga di Doomsday.
L’antefatto è
semplicissimo: Sasuke e Naruto si sono scontrati per la seconda volta
nella Valle del Fuoco. Naruto ha vinto, Sasuke è stato sconfitto
ma entrambi sono in fin di vita.
Tutto qui ^^
Spiego per bene il resto nelle note finali, dal momento che non voglio rovinare la lettura neppure alle giudici :3
Spero non faccia TROPPO schifo xD
Prologo
Corre, muovendo le gambe in maniera frenetica.
Ramo dopo ramo, avanza senza sosta nella grande Foresta, lasciandosi dietro i suoi inseguitori – tutti, tranne uno.
Lo sente destreggiarsi sicuro e abile tra tutto quel fogliame, è
stato abituato a farlo fin da piccolo; la sua presenza incombe con
sempre maggior ferocia, quasi gli stia alitando sul collo come un
animale dall’intento omicida.
Non può certo rallentare – significherebbe di sicuro la
morte, per lui e per i suoi stessi compagni – non può
certo guardare indietro né tanto meno concedersi il lusso del
dubbio.
Solo correre, correre, correre e ancora correre.
Ma il nemico arriva, piazzandosi davanti a lui. Bloccando ogni passo e fermando ogni mossa.
Triste in volto, lo guarda.
-Kiba, è bene finirla qui. Una volta per tutte…-
Riprende fiato l’Inuzuka, solo per latrare contro il suo nemico.
Ha sempre odiato quell’aria di sufficienza, non sopporta essere
considerato nulla proprio da un Entomologo – che con le cose
piccole ci ha a che fare troppo spesso.
-Chiudi la bocca, Shino! Non provare a darmi ordini!-
Il petto si gonfia e si sgonfia rapidamente, in preda ad una respirazione affannosa e concitata.
Gli occhi schizzano da una parte all’altra, cercando una via di fuga, ma ovunque sono i nemici, è circondato.
Non sente più neanche i guaiti di Akamaru – lasciato
indietro, il compagno di tante avventure non è stato risparmiato
dalla ferocia nemica. E questo fa ancora più rabbia.
Il Cane abbaia e ringhia, cercando di farsi valere come può. Con
gesti imperiosi ordina al ninja davanti a lui di scansarsi e allo
stesso tempo prepara le gambe per il balzo.
-Shino, lasciami andare! Non vedi che questa è una pazzia? Non lo capisci? Fammi passare! Lasciami andare via!-
Shino lo guarda, sistemandosi gli occhiali sul naso –
pronunciando parole dal tono piatto e monotono, quasi quelle di un
morente.
-Dovrei lasciarti porre fine a tutto ciò che è e che
è stato? Come puoi chiedermi di farlo? Io ho dei doveri in
quanto ninja, Kiba. In quanto protettore di Konoha. Dovresti capirlo
anche tu…-
Il Cane ringhia, ancora, più forte di prima.
-Non dire quel nome, Shino! Non voglio sentirlo pronunciato da te!-
In un ultimo gesto disperato Kiba si guarda nuovamente attorno –
ma nulla: ovunque posa lo sguardo trova solo una barriera impossibile
da valicare.
Allora la sua mano scatta verso la cintura e sfodera un kunai, minaccioso.
-Se non te ne vai con le tue gambe, mi costringi ad ucciderti, Shino! Tu hai una missione, ma ce l’ho anche io!-
L’Aburame lo osserva, scrutando attentamente l’attrezzo tra le sue dita.
E, lentamente, si arma anche lui.
-Così sia, Kiba…-
Eccomi qua, con un'altra KibaShino, shonen ai. Profondamente ANGST, ve lo dico subito XD
Che dire? Mi sono classificata seconda
(*O*) al contest di beat sui Sette Eterni (*OOO*) e vincendo questo
adorabile premio speciale - ho un debole per i premi speciali, lo
ammetto XD
Tra l'altro, ultimamente ha partecipato ad un altro contest, quello di Mokochan sulle storie edite, ed è arrivata prima - con altri bellissimi premi speciali tutti per me (L)
Dunque, la versione che leggerete è quella "corretta" grazie alla pazienza della signora giudice ù.ù
Altro non ho da dirvi, penso :3
Spero solo vi piaccia quanto piace a me <3<3
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Capitolo 2 *** Uno - Seconda Konoha ***
Terza konoha 1
Uno – Seconda Konoha
Con un misurato gesto della propria mano, Shino Aburame prese i propri
occhiali, li sfilò lento e li appoggiò sul tavolino a cui
era seduto. Si stropicciò le palpebre, massaggiandosi appena i
muscoli delle tempie.
Era stanco, lo si poteva notare subito.
Neppure dopo una colazione che si poteva definire abbondante, mangiata
fuori al bar preferito di quello scemo di Kiba giusto perché
così facevano più in fretta – a sua detta –
pareva che il torpore lo avesse abbandonato.
Certo, avere una barriera scura a proteggere l’espressione
aiutava a mascherare ogni fuorviante smorfia, ma ogni tanto era anche
giusto concedersi una piccola pausa, rivelando se stessi al mondo
indegno.
Kiba stava pagando, quale miracolo su quella terra! Tanto valeva approfittare di quegli attimi di libertà.
Sospirò, il giovane Aburame, guardando nel vuoto qualche secondo – quasi annoiato.
-Shino! Ehi, Shino! Dobbiamo andare! Muovi quelle chiappe flaccide!-
La voce canzonatoria del compagno gli arrivò chiara alle
orecchie, tanto che inforcò subito gli occhiali e si alzò
dal tavolo, lasciando sulla superficie le ultime briciole della propria
pagnotta dolce.
Il lavoro lo aspettava.
La chiamavano la Seconda Konoha, quella.
Dopo l’attacco di Pain al Villaggio, ogni cosa era andata
distrutta – quindi, secondo l’ordine naturale delle cose,
andava ricostruita.
Questa era diventata la missione dei ninja locali: aiutare i civili perché si ritornasse agli antichi splendori.
Certo, non era entusiasmante smuovere pietre su pietre, cementare
muretti o trasportare pacchi pieni di ghiaia, ma piuttosto che
continuare a sotterrare cadaveri e fare messe ricolme di tetro lutto i
giovani curvavano la schiena in silenzio e proseguivano lo sporco
lavoro da muratori.
Il vecchio fruttivendolo all’angolo della strada principale
– proprio lì, all’incrocio più grande
dell’intera città – ora era un cumulo di macerie e
detriti scomposti. Avevano costruito una carretta per prima cosa,
cercando di rimediare in qualche modo la perdita ingente, ma i
magazzini erano andati persi quasi completamente e oramai le mele e le
pere disponibili si contavano sulle dita di una sola mano.
Stessa sorte – forse addirittura peggiore – era toccata al
macellaio e al pescivendolo, che già marciavano male da soli
considerati gli ultimi tempi di magra. L’attacco
dell’Akatsuki aveva segnato definitivamente le loro
attività.
I forni per il pane erano stati arrangiati in qualche modo, certo il
signor Miyazuki non poteva pretendere una panetteria bella e spaziosa
come quella che aveva prima, ma quantomeno il pane c’era e per
tutti. Quello bastava.
Come ai tempi della grande guerra dei ninja, si condividevano le poche
cose ancora buone. Non era raro trovare famiglie tutte riunite sotto lo
stesso traballante tetto, a ingurgitare i resti di una zuppa troppo
annacquata per essere almeno un poco nutriente. Persino i beni di prima
necessità – stoviglie, mobili, letti e cose spicciole
della vita di tutti i giorni – erano stati messi a disposizione
dell’intera comunità.
Il concetto di proprietà, in un simile periodo, era rivisto e svuotato del suo valore intrinseco.
Il negozio di fiori degli Yamanaka era andato completamente distrutto,
polvere e poco altro ora stavano al posto di rose e tulipani,
contaminando con un grigio spettrale ogni singolo angolo. La signora,
madre di Ino, si era chiusa in se stessa in un rispettoso silenzio:
quel negozio dalla dubbia utilità, era stato tutta la sua vita.
Eppure ancora la sua unica figlia, con l’intelligenza di chi
riesce ad intendere quanto le piccole cose possano risollevare gli
animi persi, le portava a casa ogni giorno un mazzetto di fiori di
campo, distribuendo piccoli doni floreali anche a tutti gli abitanti
del Villaggio.
Perché almeno una piccola nota di colore potesse far sperare in un futuro più sereno.
A Shino e Kiba era toccato ricostruire i vecchi edifici di periferia
dove abitavano perlopiù vecchi e infermi veterani e bambini
orfani non ancora dell’età giusta per entrare in Accademia.
Un sobborgo triste e silenzioso, il cui tetro languore era rotto di
tanto in tanto dagli schiamazzi scomposti dei monelli in rotta di
collisione tra loro o dal pianto disperato di qualche bimbo sperduto
per strada.
Abbastanza desolante, come ambiente.
Kiba e Akamaru spostavano le macerie e i detriti, dotati di notevole
forza fisica; Shino, con la calma e la pazienza degna del suo nome,
aiutava un vecchio muratore della zona a rimettere in sesto quanto era
ancora agibile e a provvedere a quanti erano incapaci di farlo da
sé.
La consolazione per tutto quello era data dal fatto che
l’Ospedale centrale di Konoha distava da quel luogo neanche dieci
minuti di camminata, e questo era un dettaglio fondamentale per i due
ragazzi.
Ogni giorno, dal fatidico fattaccio, avevano sentito il dovere morale
di recarvisi, quasi una forza superiore alla loro stessa volontà
li avesse spinti irrimediabilmente in quelle stanze. Dopotutto, con la
propria maestra a casa per la gravidanza ormai prominente,
l’unica cosa che potevano fare di concreto era star vicino
all’unica loro compagna – o almeno quello che di lei
restava ancora.
Calpestando lenti le mattonelle bianche del lungo corridoio, Shino Aburame e Kiba Inuzuka avanzavano nel buio luogo.
Non era come ai primi tempi, dove le urla lamentose dei numerosi
pazienti riempivano l’aria di putrefazione e di morte: ora il
silenzio incombeva su ogni cosa.
Chi era morto non c’era più, chi era vivo pregava in silenzio di non rimanervi tanto.
I piani bassi erano occupati dai civili, quelli alti dai ninja di tutti i livelli – persino i Traditori della patria.
Lì, a pochi metri dalla stanza della giovane Hyuuga, stava
seduta su una piccola sedia Sakura Haruno, appoggiando la schiena a
quel pezzo di muro che divideva due stanze chiuse.
A destra c’era Naruto Uzumaki, reduce da uno degli scontri
più duri di tutta la sua vita. Un braccio mangiato via, il petto
squarciato e le gambe rotte – in fin di vita, con la respirazione
regolata da una macchina.
A sinistra c’era Sasuke Uchiha, cosciente ma ormai nella semplice
attesa delle fine vicina, il segno maledetto che aveva corrotto gran
parte del suo corpo a causa del grande sforzo dovuto all’ultimo
scontro contro Kyuubi. Era in quel luogo, ancora vivo, solo
perché i vecchi e l’Hokage stavano ancora decidendo sul da
farsi, non riuscendo a trovare un compromesso tra il proprio orgoglio e
la giustizia. Uccidere un Uchiha non era affare da poco.
La ragazza sorrise pacifica al passaggio dei due ninja, alzando
semplicemente la mano senza però riuscire a dire nulla, nemmeno
un piccolo “ciao”.
Era devastata, come tutto il resto del suo Villaggio. Lo si leggeva
nelle sue occhiaie, lo si leggeva nel pallore della pelle, lo si
leggeva nella sua voce che si rifiutava di uscire.
Da quando i suoi due compagni di squadra erano entrati lì
dentro, dopo lo stesso scontro a cui lei aveva assistito impotente, non
si era mossa neppure di un metro da quella sedia. Silenziosa quanto un
cadavere, passava il suo tempo a fissare il vuoto e ad aspettare
chissà che cosa.
Shino le camminò davanti senza neanche fermarsi o fare il minimo
cenno – lo faceva sempre quando la vedeva, non ne sopportava
più la vista – Kiba ebbe quantomeno il cuore di sorriderle
prima di andare avanti e raggiungere il compagno.
Hinata giaceva come sempre nel suo letto bianco, completamente avvolta da lenzuola candide.
Sorrise quando i due entrarono, piegando appena la testa di lato.
-Buona sera, Shino. Buona sera, Kiba…-
L’Inuzuka la salutò con entusiasmo, sedendosi sul materasso e facendole un sorriso incredibilmente radioso.
-Buona sera, Hinata! Come stai oggi? Va un po’ meglio?-
Shino lo guardò male, mettendosi di fianco al letto
dell’invalida – ritto, terribilmente ritto e in piedi
– provando la tentazione di dire all’altro che se le urlava
continuamente nelle orecchie certo il suo stato non sarebbe migliorato,
ma per fortuna la ragazza lo anticipò prendendo tra le proprie
dita la mano di Kiba.
-Sto un poco meglio, grazie… e voi? Cosa mi raccontate? Come va il lavoro?-
Li guardò entrambi, piena di reale interesse.
Ma fu sempre l’esorbitante vitalità di Kiba a prevalere su
ogni cosa, emergendo sul timido tentativo di Shino di parlare.
-Oh beh, il lavoro in sé non è per niente entusiasmante.
Dove lavoriamo noi ci sono solo vecchi e bambini, davvero uno strazio.
Per fortuna siamo riusciti a trovare qualcuno dalle braccia ancora
mobili altrimenti davvero ci saremmo dovuti arrangiare completamente da
soli! Pensa che Shino ha dovuto fare anche da babysitter a un gruppo di
marmocchi urlanti, stamattina! Non la finivano più di gridare,
quei maledetti! Lui li ha guardati male e loro si sono zittiti, davvero
uno spettacolo!-
Mille altre parole uscirono dalla bocca dell’Inuzuka, un fiume in
piena che travolse la povera giovane che altro non poté fare che
sorridergli e aspettare la fine, cercando di non essere sommersa prima.
Il sole era già calato dietro l’orizzonte, Konoha sonnecchiava oramai.
Dopo aver salutato la compagna ancora stesa nel proprio giaciglio,
Shino e Kiba uscirono dal bianco edificio – non senza passare
davanti all’immobile Haruno.
Una volta fuori, l’Aburame poté esprimere tutto il suo
disprezzo in una smorfia e in uno schiocco di labbra piuttosto sonoro.
-Che misera persona…-
Kiba, dopo aver trattenuto l’impeto del suo cane che in caso
contrario l’avrebbe buttato a terra senza tanti complimenti, lo
guardò senza davvero capire cosa intendesse.
Una sola parola bastò a Shino per far capire ogni cosa.
-Sakura…-
L’Inuzuka deviò il proprio sguardo, concentrandosi su
Akamaru – intanto, iniziarono la marcia verso le proprie dimore
lontane.
Non era facile essere sempre la persona allegra e gioviale del gruppo,
così come certe volte risultava anche fin troppo pesante dover
rimediare all’intransigente severità di Shino.
Ma – dopotutto – quello era il suo compito, in pace e in guerra.
Sorrise, Kiba, tornando a guardare il proprio compagno.
-Shino, non devi essere così severo con Sakura. Non tutti siamo forti come te…-
L’Aburame abbassò il viso fino a coprirlo completamente
con il bavero della propria maglia – probabilmente, se avesse
aspettato anche solo un secondo di più, si sarebbe visto un non
lieve rossore colorargli le gote pallide.
-Non dire stupidaggini…-
Kiba continuò a sorridere, saltando in groppa ad Akamaru e proseguendo la passeggiata senza aggiungere una sola parola.
Ore 11.07 di sera.
L’allarme della sirena civica suonava a morto, come era solito fare da qualche funesto giorno senza interruzione.
Questa volta però, le modalità erano ben diverse.
Non morte naturale ma morte indotta. In un lago di sangue rosso giaceva un corpo ormai cadavere da tempo.
Sakura Haruno aveva cercato di spiccare il volo dal terrazzo della stanza di Naruto Uzumaki.
Ed ecco qui il primo capitoletto *_*
Vi ringrazio per l'entusiasmo con cui avete accolto questa mia piccola opera, davvero <3
Io ci tengo IMMENSAMENTE, è uno
degli scritti che negli ultimi tempi mi ha più coinvolta a
livello emotivo <3<3
Sapere che è così apprezzato mi riempie di gioia <3
Ringrazio in special modo e 4 persone
che hanno recensito il prologo: Kiki, beat, sushi e Mokochan
<3<3<3 grazie mille e di cuore <3
Bon, sperando che anche questo vi sia piaciuto, io mi eclisso *O*
Al secondo capitolo <3<3<3
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Capitolo 3 *** Due - Senza Pietà ***
terza konoha 2
Due – Senza pietà
Un solo vero lamento si sentì durante tutto il funerale. La
signora Haruno ancora non riusciva ad accettare la brutalità con
cui le era stato tolto tutto – probabilmente, non si era accorta
di averlo già irrimediabilmente perso da tempo.
Piegata sulla bara, niente era riuscito a consolarla. Né il
marito stanco e provato, né i colleghi affranti, né altri
ninja né la stessa Hokage che recitava le preghiere ad alta voce.
Illuminati da un sole nascente, i vecchi compagni di Accademia
assistevano inermi e silenziosi alla cerimonia. Molte lacrime sui visi,
nessuna parola in gola. Solo qualche fiore rosa sulla bara assieme ad
una timida cosmea striminzita.
Kiba aveva abbracciato Shino – così, improvvisamente.
L’aveva abbracciato quando ancora la folla li circondava, quando ancora tutti avevano le guance bagnate in lucide scie.
L’Inuzuka sapeva fin troppo bene quanto l’Aburame
avesse difficoltà a far emergere le proprie emozioni. In tutto
quello si ricordava di come Shino non avesse neanche pronunciato un
singolo singulto. Neppure quando era morto un suo parente – il
cugino, caduto per mano di Konan dell’Akatsuki.
Camminare sulle proprie zampe era qualcosa di lodevole, ma rifiutare qualsiasi aiuto era solo masochista.
Shino non avrebbe mai chiesto nulla a nessuno, questo era il problema principale.
Così, col cuore in mano, si impose sul suo orgoglio.
-Ce la faremo! Io e te ce la faremo, Shino! Non dimenticare mai questo!-
Alla fine, Kiba aveva sentito due braccia stringergli il dorso. Due
braccia goffe, due braccia timide – due braccia che prima di
dieci minuti si rifiutarono di lasciarlo andare.
Mattone dopo mattone, nemmeno quel giorno il lavoro si arrestava.
La città certo non si fermava per un altro morto, anche se era l’allieva della principessa Tsunade.
Quello che importava – in quel momento più che mai –
era risollevare dalla polvere i vivi, e magari nascondere sotto metri
di terra i morti. Perché del loro ricordo si conservasse solo
qualche pallido secondo più splendente.
Non c’era certo bisogno di ulteriore angoscia.
La casupola per gli anziani aveva le fondamenta pronte per fare una
specie di tetto che servisse quantomeno a proteggerli dalla pioggia o
dal vento battente Shino aveva impiantato una serie di pali e applicato
un tendone spesso e dal colore scuro. Sicuramente meglio che niente.
Intanto, oltre a separare oggetti ancora utilizzabili da quanto invece
non lo era, gli orti fatti agli angoli delle strade vedevano i primi,
timidi germogli. E per sopperire alla mancanza di carne commestibile,
si cacciavano ancora i colombi e le anitre di passaggio.
Il carretto del pane passava ogni quattro ore precise, come a scandire il tempo che passava lento.
-Shino, è ora di andare… abbiamo finito per oggi!-
L’Aburame fu scosso dall’intento di posizionare un tubo su
per il canale della fontanella ricostruita quello stesso pomeriggio
dalle sue mani. La voce del suo compagno lo richiamò alla
realtà: la sera era già calata, era giunto il momento di
riposare i muscoli.
Provò un irritante malessere al ricordo del vecchio Toshi che
trasportava personalmente l’acqua ogni giorno dal grande fiume.
Due tinozze poggiate sulle spalle, almeno un litro da bere per ognuno.
Per questo finì il suo lavoro nonostante le lamentele dell’altro.
Dieci minuti ed era fatta – il quartiere aveva di nuovo la sua acqua.
Sorrideva, Hinata, nel vedere che la porta le si apriva davanti come ogni sera.
Al solito, Kiba e Shino entrarono per la visita giornaliera.
-Salve, Hinata…-
-Buonasera, compagna! Come stai?-
Come al solito, parlò più Kiba che ogni altro presente
nella stanza. Ma benché il rituale si ripeteva identico ogni
singolo giorno, non pareva che il sorriso di Hinata divenisse per
questo meno solare, così come la voglia di Kiba di mettersi in
mostra e il muto desiderio di Shino di strangolarlo per prendere parola
a sua volta.
Sembrava davvero che ognuno di loro, ognuno dei membri del vecchio Team
8, si impegnasse con tutto se stesso a vivere, a ritrovare dentro il
proprio intimo quella forza che lo aveva caratterizzato ai tempi
d’oro.
Non accettavano neppure il concetto di una sconfitta su tutta la linea.
Erano rimasti vivi, questo significava sicuramente qualcosa.
La visita finì, Hinata necessitava della cena e di un buon riposo.
Ma quando Shino passò davanti a quel luogo ora vuoto, davanti
alla porta del traditore provò l’impulso più grande
della sua vita – e, allontanato con una frase spicciola il
proprio compagno, entrò con un gesto deciso nella stanza di
Sasuke Uchiha.
-Lo sai che Sakura è morta?-
Sasuke voltò appena lo sguardo per fissare in volto chi lo aveva
disturbato. Non aveva riconosciuto la voce, in quei tre anni Shino si
era fatto uomo e la tonalità della sua voce era diventata molto
più grave.
Sorrise, amaro, prima di tornare a guardare il soffitto.
-Aburame, noto che sei senza pietà come sempre…-
Shino restò fermo al suo posto, guardando in maniera truce il ragazzo steso ancora nel letto.
Delle macchine testimoniavano la sua vita con incessanti ticchettii, il
loro rumore era quanto di più fastidioso ci fosse al mondo.
Martellavano la coscienza senza darle tregua.
-L’ho sentita buttarsi giù dal balcone di Naruto. Non ha
fatto proprio niente per essere discreta. Urlava come una pazza…-
Si girò a guardarlo ancora una volta, infastidito dalla supponenza che gli era dipinta in viso.
-Cosa sei venuto a fare? Imputarmi la colpa di non averla fermata?-
L’Aburame bisbigliò, trattenendo a stento il disgusto che provava per l’altro.
-Non consideravo quell’essere ancora vivo, non vedo come avresti potuto salvarla…-
Fece una pausa, posando gli occhi sui macchinari che ancora legavano
Sasuke a quella terra e guardandolo di nuovo arrogante e borioso.
-Considerando la tua inutilità, poi, presumo che fosse una cosa abbastanza impensabile…-
L’Uchiha ebbe uno scatto in avanti, che lo portò col busto sollevato per la prima volta dopo tanto tempo.
No, il suo orgoglio non ammetteva giudizi. Non ancora. Dopo una vita
passata a considerare cosa era rispettabile o no, cosa ad un Uchiha era
concesso o no, in quel momento – quando aveva deciso di farla
finita con tutto – davvero non voleva essere giudicato ancora una
volta.
Ma Shino, come lui stesso aveva detto, non conosceva pietà.
Ricambiava il suo sguardo di fuoco dietro gli occhiali scuri, senza pronunciare una singola parola.
Aveva già detto quale fosse il suo pensiero, altro non gli doveva.
Eppure Sasuke riuscì a sorridergli, ricordando quanto fosse violento l’odio che provava per quelli di Konoha.
-Inutile? Pensi che io sia inutile? Almeno io ho tentato di dare una
ragione alla mia vita, Shino! Almeno ho fatto in modo che la mia
persona non fosse soggiogata da una volontà superiore come
ognuno di voi, pedine in mano all’Hokage!-
Schietto, Shino fu tanto rapido quanto incredibilmente loquace.
-Certo, peccato che gli ideali per cui ti sei macchiato di sangue le
mani si siano rivelati vani e privi di senso. Almeno ne avessi portato
a termine uno, Sasuke… Né la tua tanto amata vendetta
né il tuo orgoglio hanno avuto mai ragione d’essere. Sei
inutile, Sasuke. Solo un peso per Konoha come lo è sempre stata
la tua famiglia…-
Sasuke lo fissò a lungo, attraversato da mille e più pensieri contrastanti.
Poi, prendendo il primo oggetto disponibile, gli scagliò contro
qualcosa e gli urlò con quanto fiato aveva in corpo.
-Vattene… Vattene! Non tornare mai più qui! Non tornare, non tornare!-
Era stanco, anche lui. Voleva solo morire in pace dopo quanto era accaduto.
Kiba lo aveva guardato tutto il tempo, mentre camminavano l’uno
accanto all’altro silenziosamente verso le proprie case.
Quel giorno pareva che Shino fosse più rigido del solito.
Non che in altri momenti avesse spiccato per vivacità o
allegria, ma in quel momento – il suo sesto senso canino glielo
suggeriva – l’Aburame era tormentato da qualcosa di diverso.
Lo si vedeva da come camminava, non era per niente rilassato.
Conoscendolo bene quanto poteva farlo solo Kiba, il giovane Inuzuka
credeva fortemente che mai Shino si sarebbe confidato se non costretto
da qualcuno. Mai fare la prima mossa, era una regola a cui si era
sempre attenuto negli anni addietro.
Così, Kiba lo anticipò, domandandogli con aria vaga.
-E’ stata una bella giornata, no?-
Lo vide curvare di più le sopracciglia, ma nessuna risposta uscì dalla sua bocca.
L’altro sbuffò, sistemandosi meglio sul dorso del proprio cane.
-Oh, insomma Shino! Si può sapere che cosa hai, oggi? Sei meno attivo del solito, il che è tutto dire…-
Niente, l’Aburame si ostinava a non parlare, rinchiudendosi in un silenzio cocciuto.
Giunsero alla sua dimora – Kiba giurò di averlo sentito
sospirare mentre si girava verso di lui per salutarlo con due misere
parole.
-A domani…-
Kiba fu lasciato solo, a guardare un cancelletto di ferro che si richiudeva con un suono metallico.
Steso sul proprio lettino, Sasuke sentiva ancora l’odore del cibo
ormai freddo che l’infermiera qualche ora prima gli aveva portato
nella speranza di vederlo nutrirsi da sé.
Inutile, ancora una volta avrebbero dovuto immettergli direttamente nel sangue proteine e carboidrati.
Sospirò, guardandosi attorno.
L’ampia finestra che dava su Konoha aveva le tende tirate, eppure
si vedevano le timide luci della città in ricostruzione. Sparse
qua e là, sembravano lucciole timide.
Sentì un ronzio, il movimento di un piccolo essere – vide
in alto, sbattere contro il soffitto, una mosca di dimensioni notevoli.
Sbuffò spazientito, rifiutandosi di pensare a quanto era
successo qualche ora prima: ancora lo stomaco si contorceva dalla
rabbia.
Chiuse gli occhi cercando di prendere sonno ma fu proprio a quel punto che sentì.
Il ronzio della mosca ne aveva coperto un altro più discreto, un
qualcosa di infinitamente più silenzioso e flebile. La puntura
di quella piccola creatura ebbe un effetto devastante sul sistema
nervoso centrale.
Applicato all’interno dell’orecchio, il suo veleno
andò a colpire direttamente i nervi del cervello, provocando un
dolore lancinante che proruppe all’esterno in grida strazianti.
Mentre gli infermieri accorsi ancora si stavano domandando cosa diamine
avesse Sasuke Uchiha da urlare così tanto, le macchine collegate
alle sue braccia emisero un unico suono prolungato.
Il corpo divenne rigido e l’ultimo respiro fu esalato.
Avevano seppellito Sasuke Uchiha in una fossa, senza dargli né bara né funerale.
Solo un uomo era andato a guardare mentre due becchini buttavano nella
conca il corpo avvolto da un lenzuolo lercio. Il solo che sentisse
dentro il cuore il dovere morale di farlo.
Kakashi, quando uno dei due uomini incappucciati aveva preso in mano la
propria pala per coprire di terra il cadavere, gli aveva preso di mano
lo strumento guardandolo serio in volto.
-Lasci fare a me, per favore…-
I due uomini si guardarono per un istante, quindi lasciarono gli
attrezzi e si allontanarono da quel luogo, lasciando soli Maestro e
Allievo.
Con gratitudine Kakashi li guardò andare via. Poi, fissando lo
sguardo su quel piccolo fagotto ormai sporco di fango, strinse tra le
dita il manico di legno dello strumento e lento cominciò a
spalare.
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Capitolo 4 *** Tre - Sospetto ***
terza konoha 3
Tre – Sospetto
Tra tutto quel chiacchiericcio allegro della prima mattina, quando
ancora le volontà erano cariche di aspettative grandiose per il
nuovo giorno, Shino e Kiba stavano mangiando quel poco che gli toccava
come ogni altro lì presente.
La mensa, poco distante dal luogo di lavoro, era una delle prime cose che erano state allestite.
Un grande capannone, con dei tavoli lunghi e che mai parevano vuoti
– ci si dava il cambio organizzandosi con tabelle di marcia
differenti – si presentava alla vista.
Due cuochi lavoravano assiduamente quasi tutto il giorno, impegnati con
quanto cibo c’era da raccogliere da ogni dove e con quale
difficoltà trovavano ogni volta nel far bastare quel poco che
trovavano per tutti.
Pane, formaggio, qualche verdura, poco pesce e pochissima carne.
Il più delle volte veniva servita zuppa con dei crostini appena
caldi – perché non si osava buttare neppure il pane
raffermo.
Con le ultime cucchiaiate vigorose, l’Inuzuka finì la
propria porzione e guardò Akamaru raggiante. Il cane era in
vicino a lui, accucciato a lato del tavolo di legno, e ricambiò
la sua occhiata piena di vitalità.
-Bene! E anche oggi abbiamo mangiato!-
Akamaru abbaiò, sollevando le orecchie e muovendo la propria lunga coda bianca – felice, innegabilmente felice.
Il giovane guardò poi il proprio compagno sedutogli davanti ma
non ebbe il tempo di dire alcunché: seguendo lo sguardo serio di
Shino, si accorse di un ninja che era venuto a cercarli.
L’Hokage li aveva mandati a chiamare.
Kiba non si ricordava l’ultima volta che aveva visto
l’ufficio dell’Hokage ma in quel momento avrebbe fatto
anche a meno di rimembrarla.
Tsunade non pareva portare buone notizie, per nulla. Il suo bel viso
era più serio del solito, così come quelle dita che
continuavano a muoversi sotto il suo mento non presagivano nulla di
buono.
E infatti le sue parole – schiette e secche come un kunai nel fianco – ammazzarono subito ogni vana speranza.
-Sasuke Uchiha è morto. Pensiamo sia stato assassinato da uno dei ninja del Villaggio.-
I presenti, coloro che restavano vivi e in salute tra tutte le nuove
promesse del Villaggio, ammutolirono dal terrore
all’unanimità.
Tutti erano legati alla persona dell’Uchiha, chi meno e chi
più, ma sicuramente ognuno abbastanza da sentirsi in un qualche
modo turbato dall’accaduto.
Più che per la persona in sé, il raccapriccio era per
l’ideale che Sasuke rappresentava. Dopotutto, il ragazzo era
stato il nemico per eccellenza per tutta Konoha, quell’elemento
di disordine da sopprimere o da riportare sulla retta via. Siccome nel
Villaggio vinceva l’ipocrisia e il perbenismo, era comune la
prospettiva di riportarlo sotto il dominio del potere sommo – e
magari sfruttarlo ancora per qualche affare prettamente sporco.
Ma così, con la sua morte improvvisa, finiva ogni questione ancora prima che fosse realmente discussa.
Però una cosa non era esattamente chiara – e Shikamaru Nara lo fece notare.
-Capisco la gravità dell’evento, madamigella
Tsunade… ma perché convocarci tutti qui? Non mi pare una
cosa che compete direttamente a noi, considerando poi che i presenti
sono anche di ranghi diversi…-
Le dita sotto il mento di Tsunade ebbero un fremito particolarmente
vistoso prima che l’Hokage si decidesse a parlare chiaramente.
-Voi tutti siete direttamente sospettati dell’omicidio di Sasuke
Uchiha. Per quanto ne sappiamo, voi giovani ninja siete stati quelli
più vicini alla sua persona, per cui anche quelli che, per
qualsivoglia motivo, potevano nutrire per lui più astio di
chiunque altro… ovviamente l’accusa non è rivolta a
qualcuno di voi in particolare, volevo solo informarvi che siete sotto
osservazione, tutto qua…-
Ancora più sconvolti, i giovani si guardarono l’uno in
faccia all’altro, forse per scorgere da qualche parte la ragione
che pensavano di aver perduto.
Per chi ha sempre seguito una fede ritrovarsi puntate contro le armi
alleate è motivo della più grande frustrazione provata.
Smarrimento e angoscia: ecco cosa quei cuori stavano provando.
Una seconda voce, però, si elevò dal gruppo, desiderosa come non mai di vederci meglio.
-Ma… non pensate che la Radice possa aver influito su questa
faccenda? Dopotutto Danzo, il capo dell’organizzazione, è
stato ucciso proprio da Sasuke Uchiha… Non potrebbe esserci un
collegamento tra questi due eventi?-
Choji Akimichi era quanto di più puro Konoha avesse mai avuto e
proprio lui, che aveva provato sulla propria pelle l’ansia della
morte, sperava di poter risolvere la questione il più
velocemente possibile.
La Principessa Tsunade sospirò, guardando uno ad uno quei
ragazzi. Sicuramente nessuno di loro meritava questo trattamento.
-Quando Danzo è stato nominato Hokage, seppur per quel breve
periodo prima della sua morte, ha regolarizzato la Radice e i suoi
membri. Ora Konoha conosce i nomi e i cognomi di tutti loro,
così da poterli tenere sotto stretta osservazione. Nessuno di
loro ha potuto muoversi senza che noi ne fossimo a conoscenza. Sappiamo
con certezza che alcun membro della vecchia Radice ha toccato Sasuke
Uchiha…-
Ancora un tentativo, qualcosa che potesse salvare tutti quanti da una delle più gravi vergogne.
Forte dell’orgoglio datogli dal proprio nome, Neji Hyuuga si fece avanti a sua volta.
-Non avete pensato che possa essere stata l’Akatsuki? Se non vado
errato, ci sono ancora alcuni dei suoi membri a piede libero, che
avrebbero avuto tutte le capacità di fare una cosa del genere.
Dopotutto, data la crisi che il Villaggio sta or ora vivendo, non vedo
come possano esserci difficoltà per un ninja capace di
infiltrarsi fino al cuore della nostra città…-
L’Hokage scosse la testa, negando sul nascere anche questa opzione.
-Ho escluso questa possibilità in quanto Sasuke è stato a
sua volta membro dell’Akatsuki. Sarebbe alquanto strano che
proprio la sua organizzazione avesse fatto tanto per ucciderlo e non
per salvarlo, fermo restando che dobbiamo ancora ben chiarire le
modalità con cui è deceduto…-
Più nessuna obiezione si levò, solo rassegnato silenzio.
-Mi dispiace, ma queste sono le conclusioni più logiche a cui sono arrivata…-
Di quella crisalide trovata sotto il letto del giovane Uchiha,
però, Tsunade non volle parlare. Non era un vago sospetto il
suo, ma qualcosa di fin troppo definito e preciso.
Mettere il nemico contro i propri alleati le era parso il metodo più sicuro per farlo uscire alla luce.
Conosceva l’indole del Clan, sapeva che una battaglia contro di
loro – affrontata da sola – era più che ardua.
Necessitava di un alleato che non potesse fallire.
Così, mentre i ragazzi uscivano lentamente e borbottando
scontrosi, rivolse un ultimo sguardo carico di speranza ad una schiena
avvolta da stoffa scura.
Un sasso fu scagliato lontano con violenza da un piede decisamente poco incline alla diplomazia.
Kiba Inuzuka fumava rabbia, verde e intensissima rabbia.
Aveva imprecato tutto il tempo, dimenticandosi il buonumore e la consueta allegria di sempre.
Tutti se n’erano accorti, specialmente i bambini che di solito
gli ronzavano attorno, cercando di convincerlo a lasciar loro Akamaru
per giocare un po’.
Quel pomeriggio gli stettero alla larga ben volentieri.
-Non mi sembra giusto scaricare sulle altre persone i propri malumori, Kiba…-
Alla fine quel giorno avevano preferito non andare da Hinata –
l’Ospedale rievocava troppi brutti ricordi, e il cuore non era
ancora pronto ad affrontare tutto ciò subito.
Ma Shino, ugualmente, aveva ritenuto opportuno riprendere il
comportamento del proprio compagno. Aveva aspettato di essere solo con
lui, gli aveva riservato la delicatezza di non riprenderlo in pubblico.
Però l’aveva fatto, senza alcuno scrupolo in più.
Kiba l’aveva guardato a lungo, ancora irritato e nervoso. Sbraitò, pieno di rancore.
-Davvero non capisco come tu faccia a essere tranquillo, Shino! Io non
posso ancora credere a quello che Tsunade ci ha detto! In tempi come
questi si dovrebbe pensare a stare uniti, non a dividersi
ulteriormente! E’ una grandissima cazzata, questa! Una totale e
immensa cazzata! Perché mai avremmo dovuto uccidere Sasuke?
Certo, poco lo sopportavo, ma non per questo gli ho mai augurato la
morte! Io non capisco…-
Una mano lo fermò, una mano che prese la sua giacca
all’altezza della nuca e strattonò la sua persona di lato,
avvicinandola a quella austera del compagno.
L’Aburame non era solito fare cose plateali – amava la
riservatezza del buio e del silenzio – e queste avvenivano solo
ed esclusivamente quando una sua emozione era così difficile da
trattenere e così ardua da rivelare che necessariamente
bisognava compiere un’azione.
Un bacio di Shino voleva dire mille e più cose, Kiba lo sapeva,
così come sapeva bene quanto all’Entomologo doveva essere
costato in termini di orgoglio quel gesto.
Ma quando si separarono – a malincuore – come sempre le sue parole curate misero ogni cosa al suo posto.
-Non devi temere nulla se sei innocente. Ogni cosa verrà a galla da sola, non preoccuparti…-
Quando voleva, Shino sapeva essere terribilmente caldo.
Con un sorriso sincero e un’espressione ebete sul viso,
l’Inuzuka lo abbracciò stretto senza che un solo rumore
potesse emergere dalla gola stanca.
Il suono metallico della macchina riempiva il silenzio della stanza.
Uzumaki dormiva – placido – nel proprio letto bianchissimo,
la cassa toracica che si alzava e si abbassava in maniera costante.
Un apparecchio per regolare la pressione del sangue, uno per
controllare che il cervello non si spegnesse, uno per l’ossigeno,
uno per l’alimentazione e uno per i rifiuti dell’organismo.
A ben vedere quel corpo non si poteva definire neppure vivo, ma
c’era ancora qualche disperato che si aggrappava inconsciamente
ad una vana e stupida speranza.
Un’ombra oscurò all’improvviso il corpo illuminato dal pallore lunare.
Uno sciame informe di piccoli insetti planò sulla finestra,
allungandosi verso la maniglia – e dall’insieme uscì
una mano solida. L’anta venne aperta mentre un corpo compatto
prendeva forma nel tutto e lo sciame diventava parte dell’aria
circostante.
Shino Aburame avanzò nella camera, tenendo gli occhi fissi sul
corpo inerme. Una smorfia gli contorse il volto mentre gli occhi
percorrevano l’intera figura distesa.
La mano si sollevò arrivando a coprire il volto col palmo
– erano tesi i muscoli del braccio, quasi stessero trattenendo
una rabbia cieca. Lì si fermò qualche istante, ponderando
come muoversi.
Fu una macchina dal suono fin troppo acuto a catturare
l’attenzione del giovane uomo. Era quella che teneva attivo il
cuore.
Si avvicinò al macchinario, studiandolo con attenzione. Un
ultimo sguardo al corpo di Naruto, poi l’uomo si mosse preciso.
Click. E fu nulla.
Solo dei passi che si allontanavano nella notte.
L’allarme della sirena era impazzito di nuovo, strillava come se un dolore fisico l’avesse interamente preso.
Mezza Konoha era in piedi a quel punto, chiamata dal vociare concitato
della gente e di quel fastidioso grido di terrore. Serpeggiava la
consapevolezza che il Fato avesse ancora una volta preso di mira quegli
sventurati, tartassandoli con una nuova pena.
E infatti quando un ninja messaggero cominciò a correre
disperato per la città urlando il proprio intimo male, ognuno
seppe cosa stava affliggendo il cuore del Villaggio.
-L’Hokage sta male! La Principessa Tsunade sta male!-
L’avevano semplicemente trovata a terra con la bocca che
schiumava e gli occhi rivoltati indietro, tutto il corpo in preda ad
una crisi epilettica. Cercava di farfugliare qualcosa
nell’incoscienza, almeno prima di stramazzare al suolo
completamente muta e priva di conoscenza.
Subito era stata trasportata via, all’Ospedale ancora sveglio,
dove i primi soccorsi le erano stati portati da medici fuori di
sé dall’angoscia e dall’ansia.
Sulla vita dell’Hokage si giocava tutto ciò che per Konoha valeva la pena di scommettere.
Morta quella donna, niente più avrebbe fatto alzare la testa degli abitanti della Foglia.
L’orgoglio e la ragione d’essere di un’intera città si scommettevano tutti quella notte.
Mentre i medici impazzivano e correvano per ogni dove, al quarto piano,
stanza 458, secondo corridoio a sinistra, una porta si aprì
lenta.
-Buona sera, Hinata…-
Ecco qua il terzo capitoletto ^^
Vado veloce con la pubblicazione
perché è una ff già conclusa, per cui non vedo il
motivo di aspettare troppo **
Ringrazio DI CUORE sushi, per aver recensito il capitolo precedente.
<3<3<3<3
A tutti gli altri, spero che la lettura sia di vostro gradimento **
Al prossimo capitolo <3
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Capitolo 5 *** Quattro - Confessione ***
terza konoha 4
Quattro – Confessione
Hinata forse non si stupì più di tanto di vedere Shino in parte al suo letto a quell’ora tarda di notte.
Forse intese quella comparsa come il desiderio del compagno di un
po’ di conforto, magari ad un possibile rimedio per la mancata
visita di quella sera. Ipotizzava mille cose, Hinata – di quei
tempi tutti erano un po’ pazzi, probabilmente lo era diventato
pure Shino.
Forse.
Sta di fatto che accolse l’Aburame sorridendo e con un cenno della testa lo invitò ad entrare.
-Buona sera a te, Shino…-
L’Aburame entrò nella stanza richiudendo la porta alle sue
spalle – con tutte quelle persone che correvano da una parte
all’altra era preferibile non essere interrotti.
Si avvicinò al lettino restando muto, le mani in tasca e lo sguardo basso. Hinata cominciava a non capire.
-Come mai sei venuto da solo?-
La Hyuuga aveva un tono cordiale – quel qualcosa che faceva male
al cuore perché impegnava in una gentilezza reciproca, senza
lasciare la libertà di odiare serenamente.
Shino tergiversò, muovendo appena gli occhi sulle coperte.
Era la prima volta che Hinata lo vedeva in un simile stato, si preoccupò come mai aveva fatto.
Si alzò a sedere non senza fatica, guardandolo piena di apprensione.
-E’ successo qualcosa? Dov’è Kiba?-
Shino sospirò, sedendosi sul letto esattamente davanti a Hinata,
incrociando le gambe sulle lenzuola e voltandosi completamente verso di
lei.
Ora erano l’uno di fronte all’altra.
-Non è successo niente, Hinata… sono solo impazzito, tutto qua…-
Hinata lo guardò in viso, sconvolta, cercando con i suoi occhi
bianchi di vedere oltre la barriera scura che proteggeva lo sguardo del
ragazzo.
-Impazzito? Cosa significa che sei impazzito?-
La ragazza non era a conoscenza di quello che era accaduto in quei
giorni, sapeva della morte di Sakura ma ignorava quanto era accaduto a
Sasuke e quanto l’Hokage aveva detto ai suoi due compagni.
Così all’oscuro di tutto, credeva solamente che Shino
risentisse dell’enorme peso che gravava sulle sue spalle in
quanto ninja: ricostruire Konoha da capo.
Per questo motivo sorrise appena, cercando di essere incoraggiante.
-Oh, Shino… Capita a tutti di sentirsi un poco giù di
morale… Non ti devi preoccupare, è solo un brutto momento
ma passerà come ogni cosa… Tutto ciò che ha un
inizio ha anche una fine, ricordalo…-
Il ragazzo alzò lo sguardo sul suo e sospirò appena.
Una mano andò al viso, con un gesto tolse gli occhiali scuri e li adagiò sulle coperte.
Hinata trattenne il respiro – non aveva mai visto degli occhi di un verde così intenso. Sorrise, quasi commossa.
-Sono bellissimi i tuoi occhi, Shino…-
L’Aburame la guardò per la prima volta davvero in faccia, senza veli né protezioni. Solo lui e lei.
E mentre il ninja parlava, già i suoi insetti cominciavano a muoversi veloci.
-Sarebbe più giusto, Hinata, dire che non è esattamente
il momento in sé a farmi impazzire quanto piuttosto la
schiacciante verità che ne è emersa fuori… Quanto
mi circonda mi ha profondamente deluso, tutto quello che credevo fosse
in realtà è una semplice menzogna. Non ho potuto fidarmi
neppure di quei nomi che avrebbero dovuto portare un briciolo di pace
in tutto questo…-
Hinata scosse la testa, non riusciva a comprendere il ragionamento.
-Quando Danzo è salito al potere, ho sperato davvero che Sasuke
riuscisse a portare un poco di ordine con il suo omicidio. Konoha
è stata distrutta, questo significa solo che era inadatta ad
esistere così com’era strutturata in precedenza…-
Hinata sentì un formicolio lungo il braccio, ma pensò
sinceramente che fosse dovuto al poco moto di quei giorni. Non ci fece
caso, cercando di capire a cosa l’assurdo discorso di Shino
avrebbe dovuto portare.
Il ragazzo continuò dopo aver ripreso fiato – era nervoso,
terribilmente nervoso, e senza occhiali lo si poteva capire ancora
meglio.
-La vecchia Konoha si reggeva su fondamenta troppo deboli, su ideali
non condivisi e flaccidi. E’ ovvio che numerosi nemici abbiano
fatto breccia nella nostra difesa, prima tra tutti la nostra palese
incapacità di auto- conservarci. Siamo implosi su noi stessi,
come se non avessimo uno scheletro a sostenerci…-
Il formicolio divenne più intenso, tanto che la ragazza ebbe
l’impulso di guardarsi il braccio, ma Shino la trattenne con lo
sguardo puntato sulla sua persona.
-In questo momento di crisi sono venute a galla tutte le crepe e le
enormi mancanze della nostra organizzazione interna, che si è
rivelata insufficiente e insignificante. Per questo io, come degno
ninja di Konoha, ho sentito il dovere morale di provvedere
personalmente. Mi capisci, no?-
La Hyuuga poté giurare di vedere preoccupazione nello sguardo
che Shino le rivolse in quel momento, il desiderio di trovare una pace
interiore che era stata negata da fin troppo tempo.
Purtroppo, solo a quel punto Hinata parve cominciare a capire –
ma era troppo tardi, la paralisi le aveva già preso tutte le
braccia.
-Io sono sopravvissuto, io sono uno di quelli sulla cui efficienza
tutta Konoha si appoggia. Io sono semplicemente una delle pedine
sacrificabili di questo enorme circolo vizioso. In tanta nullità
e in tanta incapacità le menti geniali e di spicco sono quelle
più vistose. Konoha non ha retto, ma io continuo a
vivere…-
Hinata arretrò di quei pochi centimetri che la separavano dalla
testiera del letto, si spinse contro la superficie nel tentativo,
forse, di mettere più distanza tra lei e quell’essere.
Risultò solo più patetica.
L’Aburame si zittì per qualche minuto, concentrandosi
sulla sua figura. Ci volle poco e due lacrime luccicanti bagnarono gli
occhi dell’Entomologo mentre un singhiozzo scosse la sua cassa
toracica.
Era davvero impazzito del tutto – Hinata provò paura
più per quel gesto che per tutte le parole precedentemente dette.
E quando lui allungò una mano nella sua direzione, il suo sguardo si dipinse di puro terrore.
Una carezza le scivolò sulla guancia – Shino le sussurrò ancora parole in maniera più dolce.
-Era l’unica cosa che potevo fare, Hinata… Per il bene del
mio Villaggio, per il bene di tutti noi… Dovevo eliminare quel
cancro che infettava completamente il resto, di persone inutili davvero
non ne abbiamo bisogno…-
Le dita si mossero con dolcezza fino a coprire l’intera bocca e a
prendere, tra pollice e indice, le narici delicate del naso.
Hinata a quel punto non riusciva neanche a muovere il collo.
-La Principessa Tsunade aveva capito tutto, aveva capito ogni singola
cosa… Era pericoloso lasciarla in vita, non sarei più
riuscito nella mia missione. E io devo, assolutamente, portare a
termine il mio compito… Solo io posso farlo…-
La presa si strinse, rubando lentamente l’ossigeno alla povera ragazza.
Le ultime parole che Hinata Hyuuga poté sentire furono il
rivelarsi di una coscienza che oramai aveva ripudiato il proprio corpo.
Assieme a lei, la ragione di Shino se ne volava via, lontana e irraggiungibile.
-Non sai quanto mi dispiace…-
Ciò che alla fine si sarebbe trovato di quella dolce madamigella
dagli occhi bianchi sarebbe stato un letto sfatto e un corpo contorto
nel dolore della morte – e due lacrime sul viso, innocenza
tradita e mutilata.
Ma quella notte qualcuno aveva deciso semplicemente di porre fine ad ogni inutile ipocrisia.
Non il Destino, non il Fato avrebbe sancito in maniera definitiva la
parola fine. Nessuna volontà superiore o Divinità celeste.
Semplicemente, Shino Aburame avrebbe fatto quanto Dio stesso aveva mancato nei suoi compiti primari.
Lontano dall’Ospedale e da tutto quel frastuono assordante, stava rinchiuso nella propria casa Kakashi Hatake.
Guardava fuori dalla propria finestra verso l’edificio bianco che
imperava, maestoso, su tutta la città – o almeno quello
che ne restava.
Avrebbe atteso, lui, senza accalcarsi inutilmente facendo ressa laddove non era necessaria.
Non aveva senso recarsi in un simile frangente all’Ospedale,
sicuramente ogni notizia gli sarebbe giunta il più velocemente
possibile.
Però tutto questo non lo aiutava certo a calmare l’ansia che gli scuoteva il petto.
Non era un comune civile, sapeva come regolare le proprie emozioni
senza rivelarle in maniera plateale – ma questo non significava
che non le provasse nel proprio intimo.
E poi lui doveva restare lì per un motivo preciso, per fare da
esca viva. Perché se quello era arrivato ad un punto tale di
follia da tentare persino alla vita dell’Hokage, voleva dire che
sicuramente non si sarebbe fatto scrupolo a colpire anche lui.
Dei colpi alla porta ruppero il silenzio della stanza e ogni pensiero ulteriore.
-Avanti, chi è?-
Anche senza presentazione, Kakashi sapeva fin troppo bene chi mai fosse
l’uomo dietro quella porta. Non c’era bisogno di nessun
annuncio.
Infatti, si fece avanti senza esitazioni il giovane Aburame, palesandosi agli occhi del proprio nemico.
Gli occhiali ben inforcati sul naso, il cappuccio a rendere ancora meno visibile il volto.
L’uomo l’osservò entrare prima di accoglierlo, acido.
-Oh, Shino… Sei arrivato qui alla fine…-
Eccolo, l’assassino di Sasuke Uchiha. L’uomo che a sangue
freddo e sovvertendo ogni possibile regola di Konoha aveva ucciso,
senza autorizzazione, un prigioniero di guerra.
Eccolo, il rivoluzionario. Quella molecola nociva tanto velenosa e mortale.
Non una parola volò più tra i due – ma solo kunai e shuriken, solo desiderio di morte e distruzione.
Si era svegliato di soprassalto nel proprio letto con una terribile sensazione a turbargli l’anima.
Dalla finestra della propria camera aveva sentito voci folli gridare al
terrore più puro, pianti disperati e urla che annunciavano
destini prossimi bui e pieni di angoscia.
Corso in strada con il fido Akamaru al proprio fianco, si era diretto
immediatamente a Villa Aburame, due isolati dalla sua dimora.
E quello che Kiba Inuzuka vide con i suoi occhi fu l’annunciarsi di una strage che non avrebbe conosciuto tregua.
Accasciati al suolo ormai privi di vita, sommersi da una miriade di
insetti che ne divoravano le carni voracemente, stavano Shibi Aburame e
la sventurata consorte, i volti che esprimevano il più profondo
terrore.
Con la morte nel cuore e qualcosa di incredibilmente più grande
a soffocargli il respiro, Kiba aveva seguito l’odore di Shino ed
era giunto a casa del maestro dello Sharingan.
Si fermò, stupefatto, quando lo stesso identico quadro si palesò al suo sguardo.
Il cadavere di Hatake era diventato una sorta di formicaio –
insetti che andavano ovunque e da ogni luogo venivano – tanto che
l’intera abitazione pareva sommersa da questi piccoli esseri.
In piedi, assolutamente incolume, stava Shino Aburame.
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Capitolo 6 *** Cinque - Spore ***
terza konoha 5
Cinque – Spore
In tutto quel formicare concitato si sentiva chiaramente il suono
viscido della carne molle che veniva smossa, mentre la terribile
immagine di mille e mille bocche affamate e mai sazie di faceva largo
nella mente.
Shino si girò lentamente verso il nuovo ospite, fissando lo sguardo su di lui.
-Kiba…-
Akamaru guaì, dietro le spalle del suo padrone, sinceramente
terrorizzato. Non aveva mai visto l’Aburame in quello stato
– così come mai l’aveva visto l’Inuzuka.
Pareva ancora meno umano del solito.
Ma di domande in testa Kiba ne aveva fin troppe e non riuscendo a scegliere tra di esse rimaneva muto a boccheggiare.
Terribile la sensazione di chi scopre di non aver mai conosciuto il
proprio compagno, specialmente quando quello stesso compagno ti teneva
in considerazione come nessun altro mai.
Più doloroso di un kunai nel petto, più profondo un colpo che trapassa da parte a parte il ventre.
Kiba sentì una terribile sensazione di vomito salirgli dallo
stomaco. Si piegò in avanti, poggiando i palmi delle proprie
mani al suolo e rimise la propria cena con conati dolorosi che gli
fecero tremare tutto il corpo.
Quando tornò a vederci, poté notare Shino che si era
avvicinato alla sua persona – e tutti questi insetti che gli
camminavano addosso, facendo di lui una figura spaventosa e
terrificante.
L’Inuzuka gemette, cercando di rialzarsi e di guardare il proprio compagno in viso.
Aveva sperato che qualcuno lo risvegliasse da quell’incubo, aveva
davvero sperato di non dover costringere il cuore all’odio. Non
verso di lui, non verso Shino.
Nessuno fu così pietoso da accontentare la sua umile richiesta.
Respirò a fatica, la bocca ancora piena dello sgradevole sapore
del vomito. Riuscì ad alzarsi con qualche difficoltà,
tornando ritto davanti al proprio nemico – in meno di cinque
minuti si era ripreso del tutto e aveva cominciato a guardarlo con
astio.
-Shino…-
Qualcosa dietro quegli occhiali scuri brillò, una luce fioca ma non abbastanza debole da non essere scorta.
Fu come se tutti gli insetti presenti si voltassero assieme, puntando i
loro capi e i loro arpioni contro Kiba. Shino era pronto per attaccare.
Kiba Inuzuka si era voltato indietro all’improvviso e aveva
cominciato a correre a più non posso, seguito a ruota dal fido
Akamaru.
La città ancora impazziva per la sventura capitata alla
Principessa Tsunade – il dolore era ancora dipinto su ognuno di
quei volti sfatti, completamente stravolti.
Gli insetti ronzavano da tutte le parti, quasi richiamati da una sola e singola matrice.
Shino gli era dietro, sparso in mille e più entità
diverse ma uno e uno soltanto, smaterializzato e incorporato in ognuno
delle sue piccole armi assassine.
Uno dei più grandi poteri Aburame era proprio questo, e il
giovane Shino aveva superato di gran lunga tutti i geni del proprio
casato.
Spore.
Gli insetti devastatori si riproducevano con la stessa modalità con cui si riproducevano i funghi: attraverso le spore.
Disperse le uova fecondate al vento, si aspettava che attecchissero ad
un terreno fertile per la loro crescita. Una volta nati, l’unico
scopo dei piccoli mostri era quello di infettare il posto conquistato.
Il ciclo prevedeva una durata di sole poche ore, da due ad un massimo di tre – di più mai era servito.
Era così che Shino era riuscito ad uccidere Sakura, Sasuke,
Tsunade e persino Kakashi. Era bastato che l’Aburame si
avvicinasse alle sue vittime per contaminarle, anche qualche metro di
distanza era stato sufficiente.
Kiba ancora ignorava che buona parte di Konoha aveva addosso le spore,
negli ultimi giorni Shino aveva mandato i suoi insetti ovunque. I danni
sarebbero stati incalcolabili, le vite umane sacrificate alla
Distruzione fin troppo numerose.
Ma erano inutili, inutili al mondo e ad ogni concezione retta di esso.
Shino aveva capito che tutta Konoha era un cumulo di incompetenti e
ipocriti – nessuno tra quelli meritava davvero di vivere.
Il suo piano di sterminio, dopotutto, era quanto di più perfetto che la mente di un Aburame potesse concepire.
Gli insetti presero Akamaru, probabilmente perché il cane era
già stato contaminato da qualche pulce applicatagli addosso
dall’Entomologo.
Cadde a terra, proprio nei pressi della Grande Foresta appena fuori il
Villaggio. Kiba aveva sperato di trovare in quel luogo rifugio per lui
e il compagno.
Ma quando l’animale era caduto a terra, l’Inuzuka era
andato subito a soccorrerlo. Aveva giurato, una volta, di proteggerlo
con tutte le proprie forze.
Davanti a lui si piantò Shino, lo sguardo più serio che mai – un kunai in mano e uno shuriken tra le dita.
Akamaru guaì, mentre il bianco del suo pelo si macchiava sempre
più del nero di quel piccoli esseri famelici. Cominciò ad
uscire il primo rosso sangue.
Ebbe paura, Kiba. Le sue gambe si mossero indietro, a cercare la salvezza nuovamente nella fuga.
Ma no! Akamaru non poteva essere abbandonato, Akamaru chiamava il suo padrone, Akamaru…
-Akamaru ormai è già cadavere, Kiba… I miei
insetti si sono impiantati nel suo stomaco già da qualche
giorno… Non ha la minima speranza di sopravvivere…-
Continuavano i guaiti disperati della bestia – e quel nero ormai copriva tutto.
Schiacciando l’ultimo orgoglio, l’Inuzuka mosse i piedi ancora e riprese a fuggire a più non posso.
Voleva allontanare Shino da quel luogo.
In un luogo impervio come la Foresta, un ninja come lui che si affidava
alla prestanza fisica sicuramente avrebbe trovato un terreno favorevole
per sé e la propria modalità di combattimento.
Kiba aveva sempre preferito certi tipi di terreno piuttosto che altri.
Così, lasciando dietro le spalle la città e tutto il
resto, corse ancora una volta fintanto che le gambe glielo permettevano.
*******
Ed ora eccoli qui, l’uno di fronte all’altro.
Alla fine, Shino è riuscito a raggiungere Kiba – o forse semplicemente Kiba s’è lasciato raggiungere.
L’Inuzuka scatta in avanti, gli artigli sfoderati come armi
mortali. Comincia a ruotare su se stesso, formando un vortice
inarrestabile. Distrugge quanto incontra sul proprio cammino, specie il
ramo dove fino ad un secondo prima Shino poggiava i piedi.
L’Aburame, con un salto, scansa l’avversario agilmente, ma
ecco che, fermando il vortice, Kiba poggia tutte le zampe sul tronco di
un albero e si spinge nella sua direzione, ricominciando a ruotare.
E’ un attimo, pare che Kiba abbia preso Shino quando questi si
sparpaglia in aria dividendosi in mille insetti, ricomponendosi a
qualche metro di distanza.
Improvvisamente, qualcosa lo afferra per la vita e lo scaraventa via, verso il terreno duro.
Durante la discesa diversi rami vengono distrutti contro la schiena
dell’Aburame, continuando a infierire sul corpo del giovane. A
terra, il vero Kiba lo inchioda e lo ferma con pugni serrati alla
mascella.
Uno, due, tre, non si contano neanche più.
Prende il suo collo, scoperto appena dalla giacca aperta, stringendolo
con forza tra le dita. Ringhia, sbuffando tutto l’atroce odio che
prova per quel vile verme.
Ma è quando sente i muscoli di Shino tirarsi e il suo respiro
cominciare a mancare che la sua coscienza ha un singulto doloroso.
Inizia a piangere, Kiba, senza mollare la presa.
Sussurra piano, avvicinando il suo viso a quello agonizzante dell’Aburame.
-Perché?-
La copia scompare in una nuvola di insetti, lasciando Kiba da solo col suo dolore. Shino gli si avvicina, lentamente.
-Perché possa nascere una Terza Konoha migliore di questa…-
Si china a terra, subito un altro colpo arriva a ferirgli lo zigomo.
Gli occhiali scuri cadono a terra, scaraventati via dal colpo appena
inferto.
Kiba urla – ancora non si è arreso del tutto, ancora è vivo dentro.
-Sei un idiota egoista! Non sarebbe stato meglio migliorare quello che
già c’era? Perché ricostruire tutto da capo?
Perché?-
Il respiro diventa affannoso, i muscoli pesanti e la vista calante.
Un insetto rotola via sulla schiena dell’Inuzuka: ha lasciato il suo pungiglione appena sotto la scapola.
Sono due occhi verdi che ora fissano Kiba – due occhi così intensi da ricordare tanto la Morte.
-Konoha risorgerà come la Fenice, dalle sue ceneri… Non
può erigersi niente di buono da una base corrotta…-
Si fecero vicini, quegli occhi – Kiba giurò di starci annegando dentro.
-Tu devi credere in me, Kiba… Io solo posso farcela…-
Lo abbraccia stretto, ormai completamente irrigidito dal veleno.
Non è più bello accarezzare la sua mano bianca – la
pelle è ormai secca e ruvida – eppure Shino gliela stringe
quasi con delicatezza mentre con le labbra copre la sua bocca.
L’Inuzuka chiude gli occhi e comincia a dormire.
-Kiba… Tu credi in me?-
Con questo giungiamo alla fine. Domani o dopodomani meterò l'epilogo - e il commento delle signore giudici <3
Volevo ringraziare sushi e beat per le
MERAVIGLIOSE recensioni. Mi hanno davvero commosso, sono
incredibilmente felice che questa mia piccola opera sia riuscita a far
passare qualcosa, a trasmettere qualche emozione.
Qui come in nessun altro posto ho
descritto Shino nella sua faccia più turpe, quello che per me lo
rende temibile ancora più di un Uchiha.
Beh, ci si vede all'epilogo :3
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Capitolo 7 *** Epilogo ***
terza konoha - epilogo
Epilogo
Konoha urla ancora, in preda ad un dolore nuovo.
Gli insetti hanno devastato tutta l’area est, quella più
adiacente a Villa Aburame – quella fin troppo vicina
all’Ospedale del Villaggio.
La gente si riversa per strada colta da malori fisici insostenibili, cercando un aiuto che tarda fin troppo ad arrivare.
Tsunade è ormai cadavere e le spore si sono sparse dal suo corpo
tutt’attorno – anche quel luogo bianco diventerà ben
presto un cimitero.
Shino atterra sulle mura del Villaggio, in braccio Kiba Inuzuka.
Osserva il suo lavoro con lo sguardo libero, ammira il proprio operato come l’artista davanti alla scultura finita.
Bella, meravigliosa.
Fa un respiro profondo – vorrebbe ridere ma si trattiene, rimanendo composto.
-Guarda, Kiba… Guarda cosa è capace di fare Shino
Aburame! Guardalo! La Terza Konoha sarà l’opera più
grande mai realizzata da uomo mortale! Sarà tutto assolutamente
perfetto!-
Un sorriso gli nasce sulle labbra mentre ancora scorre gli occhi verdi sulle strade della propria città.
Si volta a guardare il ninja che tiene in braccio.
-Guarda, Kiba…-
Che Qualcuno lo avesse voluto è difficile saperlo.
Sicuramente, quella che arrivò fu la fine della Seconda e della Terza Konoha.
Shino aprì gli occhi, spalancandoli al terrore – vedendo per la prima volta da tanto tempo.
Il cadavere tra le sue braccia, i cadaveri urlanti per le strade e tutti quelli ormai che rotolavano nel fango.
Li vide e la sua coscienza ne fu totalmente orripilata.
Lasciò cadere Kiba, abbassando al contempo entrambe le braccia.
E mentre quel cadavere precipitava
lungo le mura, la sua mano prese veloce un kunai dalla federa e ne
passò la lama sulla gola delicata.
Cosicché di cadaveri, alla fine, ne caddero due.
Note Finali:
Tanto per cominciare, perché proprio Distruzione e non –
per esempio – Delirio o Disperazione? Entrambi gli elementi, devo
dire, accompagnano quello principale. Delirio perché Shino
delira, è innegabile quanto lo faccia, specialmente
nell’ultimo capitolo. Disperazione perché gli atti di
moltissimi personaggi, Sakura solo per citarne una, sono sicuramente
causati da questo sentimento.
Ma è Distruzione la vera protagonista.
La guerra porta Distruzione, sia fisica – quella più
palese, quella che ho continuato a descrivere nella Konoha distrutta e
umiliata – sia interiore, quella di Shino e Sasuke, quella che ti
fa morire dentro ancora prima di aver raggiunto la morte del corpo.
La mia ff non vede una grande introspezione, è vero, ma è
una scelta di stile su cui ho riflettuto. Ho cercato di far trasparire
ogni sentimento ed emozione attraverso gli atti e le parole dei miei
personaggi, perché mi è sembrato affine al clima di
assoluta devastazione che volevo trasmettere al lettore, tutto qua.
Volevo poi porre un accento particolare sulle morti di Naruto e Hinata, differenti dalle altre.
Naruto io l’ho sempre detestato come pg, e infatti si nota
subito. La sua è la morte più banale e assolutamente
stupida di tutte. Muore semplicemente con un “click” della
macchina a cui è attaccato. Shino non si spreca neanche ad
attivare i suoi insetti come fa con tutti gli altri – persino con
Sasuke che è anch’egli steso in un letto d’ospedale,
assolutamente innocuo. Questo perché? Perché lui ha
commesso la più grave colpa di inutilità di tutti: sta
morendo non avendo concluso assolutamente nulla, né come uomo
né come eroe. Konoha è sempre la stessa, anzi è
diventata peggio, ci sono mille e più minacce che fanno
traballare il suo equilibrio e tutti quelli che volevano bene al
giovane Uzumaki ora hanno il cuore infranto. Per questo Naruto meritava
una morte particolarmente significativa.
Hinata è un caso a parte. Hinata è la persona con cui
Shino si confida, l’amica sincera che assiste al solo momento in
cui Shino si mostra realmente debole: il momento della confessione.
Come la coscienza del mio “eroe”, muore soffocando –
il modo per me più crudele e doloroso di tutti. Agonizza come
nessun altro, privata dell’ossigeno. Questo è quello che
volevo trasmettere descrivendo queste morti “inusuali”.
Posso dire che l’accenno shonen ai è fondamentale per
spiegare il finale. Se Shino non avesse provato un minimo
d’affetto per Kiba sicuramente non si sarebbe suicidato alla
vista effettiva del suo cadavere. Come se in quel preciso momento
riaffiorasse la coscienza che, non sopportando il peso delle colpe,
decide di farla finita. Sgozzandosi, sì ù.ù
Ecco, questo è quanto avessi da dire.
Spero che la mia ff vi sia piaciuta almeno un pochetto <3<3
Note aggiuntive:
Ecco, più in là di quanto avessi programmato (coff coff) la fine di questa piccola long <3
Detto sinceramente? E' uno dei lavori di cui più sono
orgogliosa. E' una ff che parla di Shino, che parla di Kiba e Shino,
che parla di argomenti seri e, permettetelo, parla di argomenti seri in
modo serio.
E, DIO, è piaciuta persino a Prinss, che odia Shino e gli insetti (e scusatemi se è poco XD) <3<3<3<3
Detto questo, vi saluto cari lettori.
Vi saluto e vi ringrazio di avermi seguita fin qui. Ve ne sono grata, davvero <3
Alla prossima ^^
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