Chi sono? La tua metà, no?!?!

di Keekee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il mio unico amore ***
Capitolo 2: *** parte 2 ***
Capitolo 3: *** Einstein returns ***
Capitolo 4: *** Il party ***
Capitolo 5: *** LEONARD ***



Capitolo 1
*** Il mio unico amore ***


  Chi sono? La tua metà, no?
 
1. Il mio unico amore
 
Amavo la matematica: così logica!

I miei non riuscivano a capire il motivo del mio comportamento eppure bastava una semplice addizione:
 
PRIMA VOLTA A NEW YORK + NUOVA SCUOLA = AGITAZIONE.
 
Con questo semplice calcolo sarebbero potuti riuscire a capire perché me ne ero stata in questa stanza enorme di questa villa gigantesca senza disfare i bagagli e sistemarmi nella nuova casa.

Buttai l'occhio sulla sveglia: 7.03. Oh no! Preda dell' agitazione caddi dal letto. Ero appiccicata con la guancia destra sulla moquette ma non me ne curavo poi molto. Dopo solo un minuto mi feci coraggio e mi alzai. Presi la valigia che avevo riposto sotto il letto ed iniziai la ricerca: non riuscivo a trovare qualcosa di adeguato da indossare per il primo giorno di scuola. Soltanto quando notai che la valigia era vuota mi girai chiedendomi dove fosse tutta la roba che c'era dentro: ero così concentrata nel trovare qualcosa di bello da mettermi che avevo sparso tutti i vestiti della valigia per la stanza. Diedi un'occhiata accurata a tutta la camera e alla fine optai per i jeans neri che penzolavano dal lampadario, il top rosa sulla maniglia della porta e le scarpe nere col tacco sotto il letto. Indossai la cintura di D&G che mi aveva regalato mamma e scesi per
colazione.

-Giorno-, salutai con un bacio entrambi i miei genitori e mi sedetti.

George, il cameriere, mi portò subito un succo d'arancia ed una caldissima brioche cioccolato e panna (N.d.A. faccio tutti le mattine, prima di entrare a scuola, colazione al bar e nessuno al mondo può sapere come me tutti i tipi di brioche. Grazie al metabolismo veloce, poi, mangio a più non posso ed il mio peso è sempre lo stesso XDXDXDXDXDXD).

-Ah mamma-, chiesi presa da un'improvvisa curiosità.

-Si cara?-. Distolse suo malgrado lo sguardo dal quotidiano.

-Mi chiedevo-, tergiversai sapendo già che quanto le stavo per chiedere l'avrebbe fatta infuriare-cosa vorrebbe dire D&G?-.

Mia madre sbiancò ed iniziò a fissarmi a bocca aperta per il fatto che non conoscessi quella marca. Faceva sempre così quando capiva che avevo profonde lacune in fatto di moda nonostante tutti i miei capi -rigorosamente scelti da lei- fossero tutti firmati.

Fortunatamente papà salvò la situazione - D&G sta per Dolce&Gentile o Decisa&Graziosa, proprio come te tesoro-

Mi diede un sonoro bacio sulla guancia e, facendomi bastare quella risposta, capii che era il momento di filare via.

Uscii dalla villa ed entrai nel garage. In casa tutti eravamo fissati con le macchine. Mamma (da me soprannominata anche Stalin visto che non concede libertà di pensiero a nessuno, in fatto di moda) era sempre stata fedele alla sua Mini blu dal tettuccio con sopra la bandiera di Londra. Il piccolo Tommy, che aveva cinque anni, si accontentava di collezionarle le auto. Papà aveva invece l’Alfa Romeo rossa e l’Audi grigia metallizzata. Mentre io, beh, ero sempre stata di larghe vedute: avevo la Porsche rossa, la Nissan Skyline nera con le strisce blu, la Maserati grigia metallizzata ed infine il mio unico e vero amore: una Ducati blu, la mia favolosa moto!

Se non riuscivo a capire nulla di moda con i motori andavo alla grande. Moda e auto, nel mio cervello, erano cose che non avrebbero mai convissuto pacificamente l’una con l’altro. In passato si erano già fatte la guerra ma avevano vinto i motori, per fortuna, non la superficialità! Indossai il giubbino di pelle e il casco mentre salivo sul mio amore e mi dirigevo verso scuola chiedendomi se sarebbe successo qualcosa di interessante quel giorno.
 
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Capitolo 2
*** parte 2 ***


_____________________________________ PARTE 2 ______________________________________

POV JAKE

Di nuovo!

L'auto mi si era fermata e non riuscivo a capirne il motivo: era nuova!

Avevo controllato sia l'acqua che l'olio della mia Ferrari prima di partire e non riuscivo a capire perché ora fossi in mezzo alla strada.

Uscii dall’auto e mi sedetti sul cofano mentre fumavo una sigaretta pensando a cosa sarebbe successo: mi sarei fatto venire a prendere da Lily la moretta che mi faceva il filo dalle elementari, avrei dovuto sopportare mezz’ora di tragitto con lei, i miei amici - che venivano tutti a scuola nella Ford Focus di Matt sempre piena e non potevano darmi un passaggio - mi avrebbero preso in giro.

Infine, dato che molto probabilmente sarei arrivato in ritardo, il prof. mi avrebbe interrogato in Letteratura e io di Emily Brönte non sapevo nulla a parte il nome.

Si prospettava una giornata da incubo!

Il rombo del motore di una moto mi distrasse dai miei pensieri sempre più angosciosi.

Sopra una Ducati 1090 blu c’era una ragazza: i ricci castano-mogano fuoriuscivano dal casco.

 -Bel sedere, e bella moto!-, mormorai aspirando dalla cicca.

Come se mi avesse sentito la ragazza sbandò invertendo la direzione e tornò verso di me fermandosi giusto mezzo metro da me che oramai pensavo mi volesse investire.

Si tolse il casco- cosa che mi permise di notare quanto fosse innaturalmente bella lasciandomi a bocca aperta- e si avvicinò.

-Posso aiutarti?-, chiese gentilmente.

Nel suo tono non avevo notato nessun accenno della sensualità o di un doppio senso che solitamente le ragazze utilizzavano rivolgendosi a me. Arrossi, cosa mai successa con una ragazza (e nemmeno con un ragazzo; sia chiaro), e le spiegai che non partiva.

-Non ho tempo per controllare se c’è qualcosa che non va-, disse pensierosa,- però se vuoi ti do un passaggio. Dove devi andare?- Sexy. Era decisamente, assolutamente e inconsapevolmente sexy mentre si mordeva il labbro inferiore con quei denti piccoli e perfetti. A scuola il mio gruppo era sempre circondato da ragazze che ci stavano attaccate come ventose e che si inventavano di tutto e di più per farsi notare, e questa qui, anche solo mentre parla, sembra così sensuale. Ogni suo gesto, anche il più innocente come alzare gli occhi al cielo, sembrava così erotico … Dio, sto impazzendo!

- Alla Free High School- risposi prima che mi ritenesse incapace di formulare una semplice risposta. Sorrise mentre fissavo i suoi occhi verde da gatta.

-Ci stavo andando anche io: sono una nuova recluta. Ai suoi ordini, sergente!- disse divertita.

Mmmmm … - pensai- sa anche fare dell’ironia! La cosa si faceva interessante: una nuova studentessa. Buttai la sigaretta e la spensi pestandola ben bene con le mie Nike. Chiusi l’auto e salii dietro quell’angelo in terra di cui mi sarei presto vantato con il gruppo. Mi stupii del modo in cui guidava: non era come le altre, non aveva paura della velocità (andavamo a 230 km all‘ ora), e sembrava sicura di ciò che faceva non intimorita dal bestione che stava guidando. Dopo nemmeno un minuto capii che quello era il suo modo di guidare e non lo faceva per impressionarmi come le altre che in realtà se la facevano sotto dalla paura. Mi ritrovai anche a pensare che magari avrebbe potuto aiutarmi con la macchina e quella del ritardo non era una scusa per non farmi capire che non ci capiva nulla delle auto.

 All’improvviso mi ritrovai appiccicato alla sua schiena: aveva frenato bruscamente.

 Quando scesi dalla moto notai che tutti ci stavano fissando.

Mi correggo: tutti i ragazzi guardavano con la bava alla bocca la mia salvatrice ed il suo sedere mentre era chinata a chiudere con la catena la moto. Diedi una rapida occhiata anche io prima che se ne potesse accorgere e non potei fare a meno di pensare che il suo culo era anche meglio visto da vicino.

Quando si alzò notai per la prima volta com’era vestita: sembrava che stesse andando ad una sfilata di moda non a sei noiosissime ore di lezione. Com’era possibile che una tipa così stupenda fosse un’amante dei motori?

Ho trovato su un piatto d'argento- pensai incredulo- la ragazza che tutti sognano!

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Capitolo 3
*** Einstein returns ***


Vi avverto già che Jake sarà solo un amico...

 

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2. Ecco a voi Einstein 2

 

Lo guardavo interrogativa ma sembrava che non avesse sentito la mia domanda perché distratto da altri pensieri.

-Allora, hai controllato l’olio e l’acqua o no?-, chiesi un’altra volta.

Questa volta mi sentì, -Sì, prima di partire ed era tutto okay-, mormorò mentre ci dirigevamo verso un muretto sul quale erano seduti molti studenti.

-Qualche problema con il motore?- chiesi pensierosa.

-No, la faccio controllare dal meccanico tipo ogni settimana-,sbottò.

-Benzina?-

In quel momento vidi un lampo nei suoi occhi e capii di averci azzeccato.

-Io...-, balbettò timido,-che stupido che sono!-. Era tutto rosso.

Mi fece sorridere il fatto che lo imbarazzasse essersi dimenticato di una cosa così banale.

-E’ successo anche a me una volta-, lo rassicurai.

-Ah sì?-, sembrava scettico, come se dubitasse del fatto che dicessi la verità e pensasse che stessi mentendo per farlo sentire meglio.

-Sul serio! Stavo facendo una gara clandestina a Roma contro degli amici-ricordai con un sorriso nostalgico- e quella fu la prima volta che persi perché la mia Nissan si fermò inaspettatamente ad una ventina di metri dal traguardo-.

-Sorvolo sul fatto che vieni dall’ Italia per chiederti una cosa più importante: facevi gare?-, aveva gli occhi fuori dalle orbite.

-Sì, quando Max non poteva-, gli feci l’occhiolino- ma non dirlo a nessuno-.

Non mi chiese più nulla. Sembrava stesse cercando di digerire la notizia. Mi divertivo sempre a vedere la reazione che avevano i ragazzi quando capivano che ne sapevo più di loro di macchine o quando scoprivano che arrivavo sempre prima alle gare.

-In che classe sei?-, domandò dopo un po’.

-3^B-

-Allora sei nella mia stessa classe!-, un sorriso timido si fece pian piano strada sul suo volto. -Ti accompagno e dopo, a pranzo, ti presento il Team-

Lo seguii fino al secondo piano dove, a destra, entrammo in una classe.

Evidentemente eravamo entrati in ritardo. Bell’inizio!, pensai ironica. Tutti erano intenti a fissarci curiosi mentre il professore ci rivolgeva uno sguardo pieno d’astio che, stranamente, non mi intimidì.

-Bene, Jake Turner... Venga pure qua: è interrogato. Visto che pensa di potersi presentare con mezz’ora di ritardo perché sa già tutto ci spieghi la storia di Catherine e Heathcliff-.

Il professore era un tipo basso e cicciottello, oltre che calvo. Aveva piccoli occhietti grigi che non avrei potuto definire altro che divertiti: il classico uomo che se la godeva ad umiliare gli studenti perché non conoscevano tutto ciò che sapeva lui ma sapevano vivere la vita in maniera migliore della sua.

-Veramente non ho mai detto di sap ...-, iniziò Jake in difficoltà.

-E’ in ritardo perché non ricordavo in che classe andare e ho dovuto chiamare a casa. Poi mi ha accompagnato fino a qua-, lo giustificai mentendo in maniera spudorata. Mai mostrarsi esitanti quando si dice una bugia, la sottoiscritta lo sapeva, in modo che non si dubiti che stiate dicendo la verità. Avevo imparato tante cose grazie a mamma, dovevo ammetterlo, che mi salvavano sempre nei momenti giusti.

-Lei sarebbe?-, chiese il professor Mason volgendo la sua attenzione, e irritazione, su di me.

-Michelle Taylor, la nuova alunna-, mi presentai calma.

Mi scrutò con quegli occhietti pronto a vendicarsi del fatto che non fossi minimamente agitata - Bene, Jake, vai al posto. La nostra martire Michelle verrà interrogata al posto suo. Ha qualcosa da obbiettare?-, chiese perfido.

Jake mi fissava visibilmente dispiaciuto ma lo rassicurai con un sorriso ed un’ ‘Avrà pane per i suoi denti’ che solo lui riuscì a sentire.

Posai lo zainetto e il giubbino su un banco vuoto in ultima fila e mi misi di fianco al professore iniziando la mia recita. Spiegai la biografia di Emily Brönte. Scrisse sotto pseudonimo come le sorelle in modo da non far capire che era una donna ed evitare discriminazioni sessuali.

Dopo aver raccontato tutta la sua vita iniziai a spiegare la trama e i personaggi dell'opera letteraria Cime Tempestose o Wuthering Heights (titolo originale dell‘opera) non potendo fare a meno di commentare quanto Catherine mi sembrasse una persona malevola a giocare con due cuori.

-Mmm ... Beh...-, balbettò mentre riordinava un paio di fogli sulla cattedra- Puoi annnndarrrrrrrrre a possssttttttttttto...-. Sembrava intimidito e, mentre mi sedevo, non potei fare a meno di ridacchiare allo sguardo sbalordito degli altri alunni. Oltre ad un Q.I. al di sopra della norma ed una passione per le moto adoravo leggere libri (anche classici) col risultato che conoscevo già tutte le opere letterarie e gli autori che avremmo dovuto studiare in questi tre anni.

Passai così le successive ore di lezione: annoiandomi a morte perché sapevo già tutto a memoria. Avevo persino corretto alla lavagna un’equazione che la professoressa Miller aveva sbagliato. Quando suonò la campanella che annunciava che era ora di pranzo non potei fare a meno di emettere un sonoro sospiro.

In men che non si dica mi ritrovai Jake che mi squadrava con un sopracciglio alzato.-Sei per caso un alieno? No perché la Miller non ha mai sbagliato niente in vita sua. Quella avrà addirittura la biancheria classificata per colore e data d’acquisto!-

Ghignai alla probabilità della cosa (non è da scartare, l'ipotesi!), -Ne ho conosciuto uno, di alieno, che mi ha trasmesso tutte le sue conoscenze: il mio precettore Robert. Ho già fatto il programma di quest’anno- e anche quelli degli anni successivi, pensai, - quindi so già tutto-

-Wow... Spero allora tu possa venire in soccorso di un povero demente che pensa solo alle feste-. Lo guardai: mi stava facendo la faccia da cucciolo bastonato bisognoso d’affetto. Oddio che carino che era!!!!!!!!! Veniva voglia di dargli un osso e fargli le feste, a questo ragazzo!

-Va bene... Basta che mi inviti alle feste-, trattai.

-Certo-, mi assicurò- ce n’è una stasera però prima ti presento il mio Team-. Così ci avviammo in mensa.

Mentre camminavamo riuscivo a percepire gli sguardi troppo sfacciati dei ragazzi- che sembravano dei neonati con la bava alla bocca e senza alcun neurone in testa- e quelli invidiosi delle ragazze. Già in Italia le ragazze erano sempre state invidiose- o almeno così diceva Max della mia bellezza e anche dei miei vestiti. Per quanto riguarda questi ultimi, fosse stato per me, gli avrei regalati già da un bel po’ se non fosse per Stalin.

Non ero mai a riuscita a capire i ragazzi. No-mi spiego- li conoscevo meglio di qualunque donna visto che passavo quasi tutto il mio tempo con loro, ma non riuscivo a capire cosa desiderassero. Mi sembrava alquanto improbabile che volessero solo il sesso come pensavo (e come facevano presente loro alla prima occasione ) ma, ogni volta che incontravo lo sguardo di un mio coetaneo-e anche di quelli più grandi, a volte- non potevo evitare di notare la punta di famelica lussuria nei loro occhi e dovevo ricredermi. Per tutto il resto, invece, li conoscevo come le mie tasche: era come se mentre tutte le ragazze della mia età dovessero perdersi nell'intricato labirinto maschile io fossi l'unica a conoscere a memoria tutti i percorsi da fare, le scorciatoie e i passaggi segreti. Quando ero a Roma mi ricordo che avevo dato parecchi consigli a Marta -la mia unica amica nonché ragazza di mio cugino- che si sentiva perennemente bocciata nella materia Ragazzi.

Dovrei decidermi a pubblicare un manuale d'istruzioni- pensai sarcastica- .Lo potrei intitolare L'uomo: i misteri agghiaccianti e le fantasie oppure Guida al campionato: come segnare goal con facilità. Scartai quest'ultimo non gradendo il doppio senso che la mia brillante mente aveva partorito.

Certo che a volte sono proprio fusa!

 

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Capitolo 4
*** Il party ***


3. Il party
 

pov Jake

Arrivammo in mensa. -Vuoi che ti compra qualcosa?-, le chiesi.

Lei scoppiò a ridere. -Meglio di no.. Quando vedrai cosa mangio non credo che me lo chiederai un’altra volta-, si affrettò a rispondere notando il mio volto perplesso.

Mi comprai una pizza una soda mentre le si prese due tranci di pizza, un’insalata, una mela, due arance e due lattine di coca.
Fissai a bocca aperta il suo vassoio. -Sei sicura di riuscire a mangiare tutta quella roba?-, le chiesi incredulo.

-Con tutti gli sport che faccio posso permettermi di mangiare un elefante solo per colazione...-, sbuffò.

-Quali sport?-, domandai mentre ci dirigevamo verso il tavolo in fondo alla mensa.

-Calcio, nuoto, basket, skate-board, tennis, sci, cricket, surf, karate e box-, elencò.

Ero stupito: una bellissima ragazza che ama le moto, le auto e lo sport?!? Questa me la sposo all’istante.
-Davvero?-, chiesi per un riflesso involontario.

-Certo!-, esclamò, -Dopo a ginnastica ti faccio vedere.

Eccoci arrivati al tavolo. Eravamo in piedi davanti a loro che erano seduti e ci fissavano.
-Allora-, iniziai, -ragazzi, lei è Michelle Taylor, la nuova alunna-. Tutti la stavano guardando. -E... Michelle, loro sono Tyler Hanner-, indicai il biondino con il pallone da calcio sotto braccio che le stava porgendo la mano destra con un sorriso da ebete sulla faccia.

-Piacere-, mormorò Michelle.

-No-, ribattè Tyler,- il piacere sarà tutto mio quando verrai a letto con me bambola!-. Concluse facendole l’occhiolino.

Oh mio Dio, questa devo ricordarmela!, pensai acido. Feci per scusarmi con lei per la sua maleducazione ma lei fu più veloce.

-Bambola a me?-, sorrise incredula,- Ci vengo a letto volentieri con te se penso che finora sei stato solo con bambole gonfiabili! Avrai di sicuro bisogno di un vero rapporto, Biondino-non-ho-mai-fatto-sesso-l’-ho-visto-solo-in-tv...-, concluse sarcastica.

Wow, pensai. Bella risposta! E bel nomignolo, pensai ghignando.
Tutti gli altri erano scoppiati dalle risate attirando l’attenzione di tutti in mensa. Mi diedi un contegno. - Quelli sono i gemelli: Greg e Shasha Evans-, indicai i due intenti l’ennesima volta a discutere. L’ultima volta avevano litigato perchè secondo Shasha, Greg le aveva rubato il panino e le aveva dato quello sbagliato. Già era una sciocchezza litigare per un panino, ma se per di più i panini erano identici cosa si doveva fare con quei due? Invece no, lei continuava a sbraitare che quell’altro conteneva più maionese così a me è toccato pure comprargliene un’altro con un litro di condimenti.

-Ciao-, li salutò Michelle. Loro le fecero un cenno del capo per poi tornare a discutere ancora più animatamente di prima.

-Ma che hanno?-, mi chiese indicando i gemelli.

-Non ti preoccupare-, la rassicurai, -qui due se non litigano una volta al giorno diventano insopportabili quindi lasciali fare e vedrai che dopo andrà meglio... Infine-, continuai, - quelli sono Matt Garrison e Samantha Lane-, indicai i due appiccicati come ventose.
I due come sentendosi osservati si staccarono, salutarono Michelle e tornarono a limonare.

-Non si staccano nemmeno un secondo, quei due...-, sorrisi.

-Beati loro che sono innamorati-, replicò lei. Samantha la sentì e le rivolse un sorriso cordiale prima di tornare a limonare con il suo ragazzo. Bestie in calore: ecco la definizione per quei due.

Io e Michelle iniziammo a mangiare tornando sulla nostra precedente conversazione sugli sport. Tyler aveva ascoltato ogni parola che ci eravamo detti e sembrava stupito quanto me. La guardava pensieroso e io sapevo cosa gli avevano suggerito di fare quei pochi neuroni che ancora funzionavano: provarci.

-Senti piccola...-, cominciò Tyler con il tono basso e sensuale di quando voleva fare colpo, -oggi c’è una festa...-

-L’ho già invitata-, lo interruppi in mood secco sperando che la piantasse. D’altronde ero io che l’avevo conosciuta per primo, no?! Ed ero sempre io, giusto?, che l’avevo presentata al Team. Non potevo lasciarmela rubare da sotto il naso.
Eh no, mio caro Tyler! Non sono un bambino a cui puoi fregare le caramelle...
Lui mi ignorò. Sembrava che non avesse sentito la mia interruzione ma sapevo che non era così. -... Ti va se ci andiamo insieme? Potrei passare a prenderti... O magari andiamo da qualche altra parte...-

Oh mio Dio!, pensai. Gliel’avrei fatta pagare, questo è sicuro!

Michelle sorrideva. -Ma certo!-, confermò, -Andiamo a casa tua...-. Il suo tono era basso e sensuale. Alzò gli occhi al cielo, pensierosa, mentre si mordeva il labbro inferiore. Accavallò le gambe e si avvicinò a Tyler. Dio, quanto era sexy in quel momento! Veniva voglia di saltarle addosso e scommetto che Tyler non aveva pensieri ben poi diversi dai miei! Persino Greg aveva smesso di litigare con Shasha e la stava guardando... -Ci beviamo qualcosa-, continuò lei, -Andiamo in camera tua e...-.
Lei si era sporta ancora di più sul tavolo verso di lui ed erano così vicini, ormai, che sembrava volessero baciarsi.
Dannazione a te, Tyler!
All’improvviso lei si ritirò a sedere ed iniziò a mangiare il secondo pezzo di pizza come se nulla fosse. Tutti noi la fissavamo con espressioni dall’incredulità alla confusione e Michelle, sentendosi osservata, alzò lo sguardo. -Stavo scherzando!-, spiegò come fosse una cosa ovvia.
Mentre il resto del gruppo scoppiava a ridere e Tyler assumeva un’espressione truce non poteri trattenere un sonoro sospiro di sollievo che fu subito seguito da un’espressione interrogativa di Michelle.
Fissai le venature del tavolo in legno, divenute inspiegabilmente così interessanti e augurandomi che non avesse compreso che non avevo capito che stava scherzando e avevo rischiato di morire di gelosia...

-La festa è a Oack Street, n° 25-, le spigai per distrarmi.

-Bene-,mormorò, -so dove è...-.

Suonò la campanella. Non vedevo l'ora che finisse la giornata e arrivasse sera. A ginnastica constatammo con stupore che Michelle era formidabile a basket: dopo nemmeno un quarto d'ora aveva già segnato dieci canestri e non aveva permesso a nessuno della squadra avversaria -me compreso nonostante fossi il migliore- di toccare la palla. Vinsero -o forse è meglio dire che Emily vinse- 25 a 1. Quell'unico canestro lo segnai ma capii che lei me lo aveva lasciato fare. Quella ragazza era un portento! C'era qualcosa che non fosse in grado di fare?



 

 

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Capitolo 5
*** LEONARD ***


Scusatemi per l'enorme ritardo. Vorrei che una voragine mi inghiottisse per aver trascurato per tutto questo tempo la scrittura.. Sono tornata però e sto cercando di aggiornare tutte le storie. PER QUESTA ho già anche il prox capitolo che posterò tra una settimana circa... Godetevi questo intanto ... :)

3. LEONARD

 
Passai così la giornata, tra occhiate curiose, interessate e sfacciate. Proprio all'ultima ora, però, quando ormai la classe si era svuotata e c'era solo un altro alunno che non credo mi avesse ancora notata, suonò il mio I-Phone.

 
Jake, non volendo farmi scomodare, si era fatto dare un passaggio da un amica e mi aveva mandato un messaggio. Pensai fosse lui a chiamare ma guardando il display mi accorsi, con pochissima sorpresa a dire la verità, che era Max.

 
Il telefono continuava a riprodurre I'm into you di Jennifer Lopez vibrando sul banco mentre sullo schermo si poteva leggere a caratteri cubitali il mome del mio ex.

 
-Il tuo cellulare sta suonando, Brutta Addormentata-, mi fece presente il bellissimo ragazzo che avevo già avuto modo di vedere durante le lezioni: era sempre solo e taciturno e quando una ragazza si avvicinava per flirtare la allontanava scocciato.

 
Si chiamava Leonard. Aveva folti capelli neri spettinati ad arte che gli donavano in una maniera indecente, fisico asciutto e tonico. Gli occhi verde scuro, dello stesso colore dei miei, avevano però una sfumatura che non saprei come definire se non ammaliante e davano al suo volto scolpito ad arte un'aria sensuale che tutti i ragazzi che avevo conosciuto in vita mia potevano soltanto sognare.

 
-Lo so-, replicai seccata. Poteva essere bello quanto gli pareva ma non aveva il permesso di dirmi che sono brutta. Un po' mi offesi...

 
-Se non vuoi rispondere riattacca-, borbottò sedendosi sulla sedia del professore ed allungando le gambe fino a metterle sopra la cattedra. Sembrava non avere ancora la minima intenzione di tornare a casa.

 
Io, d'altro canto, mi trovavo ancora lì perchè mentre conversavo con quel seccante e bellissimo ragazzo e tentavo di ignorare il cellulare, stavo anche cercando le chiavi del motorino nello zaino. -Sarebbe scortese-.

 
-Lo è anche non rispondere a chi ti chiama, no?-, sorrise ironico.

 
-No perchè se non rispondo, chi chiama può pensare che non ho sentito suonare il cellulare, che sto facendo qualcosa di importante o qualcos'altro.. Ma se riattaccassi lui capirebbe immediatamente che non voglio rispondere-, spiegai come se stessi parlando con un cretino.

 
Quella conversazione era così... così... Beh, non saprei come definirla. Forse strana, inutile... Boh.
-Allora menti-, concluse lui come avesse scoperto l'America.

 
-Non mi piace mentire-, ribattei mentre esultavo internamente per aver trovato le chiavi e perchè il cellulare aveva finalmente deciso che era il momento di smettere di rompere.

 
Al contrario di ciò che avevo pensato Leonard non se ne andò. Ormai la scuola doveva essere deserta, c'era solo qualche alunno che vagava in cerca dell'aula per fare ripetizioni, i bidelli che ripulivano e noi due.

 
-Non ne saresti nemmeno capace!-,sbuffò.

 
La presi come una sfida. Non mi piaceva essere etichettata e avevo sempre fatto ciò che era in mio potere per non esserlo. Leonard sicuramente pensava che io fossi una brava ragazza tutta shopping, ragazzi, scuola, casa. Beh, avrebbe cambiato idea!

 
Mi avvicinai a lui lentamente, pensando alla camminata sensuale di una modella sulla passerella. Quando fui davanti a lui chinai la testa con un sorrisetto, fingendo timidezza, ed iniziai la recita. -Sai... E' tutto il giorno che ti osservo. Sei così misterioso e mi affascini-. Da lì iniziai a balbettare. -Credo pure di essermi presa una bella cotta, da quanto sono stupida, senza neppure conoscerti. O forse è qualcosa di più nnnnnonnn sssssooo-, conclusi il tutto mentre agitavo nervosamente le mani. Guardavo per terra aspettando l'esito, come un' alunna che aspetta il voto dal professore.

 
-Beh... Io non...-, iniziò a disagio.

 
Sicuramente mi meritavo un bel 10. Ci aveva creduto!!! Scoppiai a ridere saltellando di gioia come una matta.

 
All'inizio Leonard sembrò offeso ma poi sorrise. -Me lo sono meritato-.

 
-Non sottovalutarmi-, gli dissi prima di mettermi lo zaino in spalla. -Mai-.

 
Tutto sommato era stata una giornata memoriabile, pensai mentre sfrecciavo a casa con il mio amore.

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