Ancora una volta

di Tetide
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ancora una volta - Capitolo 1





Ancora una volta





CAPITOLO 1

All’inizio della primavera, Berlino è una città brulicante di vita, forse più di ogni altra parte d’Europa.
Beninteso: la grande capitale della Germania è sempre una città assai viva e stimolante, sia dal punto di vista culturale che sociale, e gremita  costantemente di turisti fino all’inverosimile, turisti attratti non soltanto dalle sue bellezze monumentali, ma anche (e maggiormente) dalla sua enorme memoria storica e dalla grande influenza che questa città e la sua gente ha esercitato nel quadro internazionale degli ultimi due decenni del Novecento, soprattutto dopo la caduta del Muro.
Questa atmosfera di rinnovamento, di nuova rinascita, si respira maggiormente nei caffè della Kufurstendamm(1), frequentati da gente di ogni età, ma tutti desiderosi di vivere il cambiamento in prima persona.
E così era anche in quel mattino di fine primavera.
Sedute ad un tavolino sotto le verdi frasche di un albero stavano due ragazze; una era allegra e spigliata, e continuava a rivolgersi all’indirizzo dell’altra, che, di contro, aveva un’aria assorta e malinconica, a tratti anche triste, e si limitava ad ascoltarla, lo sguardo assente.
L’amica continuava a gesticolare animatamente.
“… E avresti dovuto vedere le loro espressioni, ti dico! Tutte una peggio dell’altra, un vero spettacolo!!”,
“Mmmh…” fu tutto ciò che l’altra diede per commento, annuendo all’amica,
“Magda…? Ci sei?”, l’altra la scosse per un polso; quella sollevò un po’ gli occhi nella sua direzione.
“Sì, Beate, ci sono”,
“Scusa, ma mi sembra che tu oggi sia più pensierosa del solito”,
“No, ti sbagli; deve essere una tua impressione”,
“Sarà…”, Beate tornò a rivolgere la propria attenzione sul gelato che aveva davanti.
Sospirando, Magda si rizzò sulla sedia, appoggiandosi con il busto alle braccia, che a loro volta poggiavano sul tavolinetto; rivolse lo sguardo alla strada brulicante di gente e veicoli.
Beate la guardò di sottecchi, continuando a gustarsi il gelato: che la sua migliore amica Magda fosse una bella donna, nessuno poteva metterlo in discussione: i lunghi boccoli scuri che incorniciavano un viso affilato, sul quale spiccavano due magnetici occhi viola, facevano pensare ad un dipinto di Raffaello, e la perfetta curva della bocca sembrava disegnata ad arte da un pittore, davvero; quello che non ci si poteva spiegare era quel suo atteggiamento distaccato e freddo verso tutto ciò che significasse vita ed entusiasmo. Sebbene avesse da poco passato i trent’anni, infatti, Magda si comportava come una tranquilla signora di mezz’età: niente entusiasmi facili, niente slanci e guizzi vitali improvvisi, niente sorprese organizzate (e godute) all’ultimo minuto: persino la precedente notte di Capodanno l’aveva trascorsa seduta al tavolo a chiacchierare con alcuni colleghi, mentre la maggioranza di loro si scatenava in pista al ritmo di mazurke improvvisate e merengue.
Indubbiamente, Magda di entusiasmo per la vita ne aveva poco. Davvero poco.
E lei sapeva benissimo il perché.
E fu allora che un pensiero, rapido come un fulmine, attraversò la mente di Beate.
Quel giorno erano esattamente cinque anni…
Accidenti, come aveva fatto a dimenticarsene? Se solo se lo fosse ricordato, non sarebbe stata tanto addosso all’amica, comprendendo perfettamente il perché dell’accentuarsi delle sue malinconie di quel giorno.
Si diede mentalmente della stupida per non averci pensato.
Per rimediare, decise allora di portare i pensieri di Magda altrove, ben sapendo che difficilmente vi sarebbe riuscita.
“Stavo pensando… stavo pensando perché non vieni con noi, Sabato prossimo? Io e Kurt stavamo pensando di andare a fare un picnic sulla Sprea(2), a qualche chilometro da qui”,
“Forse… chissà…”,
“E dài!” l’amica le posò una mano sul polso, con fare esortativo “Mio fratello sarebbe contentissimo di vederti! E’ da Natale scorso che non ti vede e continua a chiedermi di te”.
Magda sorrise tristemente: sapeva bene del debole che il fratello di Beate, Kurt, aveva da sempre per lei; il problema era che lei non lo ricambiava, e questo in un certo senso la faceva soffrire quasi quanto lui; Kurt era un ragazzo d’oro, ed avrebbe meritate ben altre attenzioni, pensava.
“Allora? Non mi rispondi?” la incalzava l’amica; lei fece sì con la testa un paio di volte “D’accordo, vengo”,
“Ottimo!! E porta anche il costume, magari ci faremo un bel bagno!!”, Beate batté le mani con fare entusiasta. Magda sorrise di nuovo: l’entusiasmo dell’amica era davvero contagioso, pensava; da quando la conosceva, cioè dai tempi dell’Università, Beate era sempre stata così, pronta a partire in quarta per qualunque cosa attirasse la sua attenzione; e, una volta partita, era come un treno in corsa: nessuno la fermava più!!
Un po’, Magda la invidiava: un tempo, le due erano state molto simili, piene di vita e di voglia di fare: erano le leader incontrastate del loro gruppo. Ma quei tempi in cui il suo animo somigliava così tanto a quello dell’amica di sempre erano ormai lontani, pensò: la vita le aveva riservato ben dure esperienze, esperienze tali che avrebbero spento anche il più indomabile degli incendi.
“O.K.” fece Beate prendendo la borsa ed alzandosi “Adesso devo proprio andare. Devo tornare in ufficio, scusami. Ci vediamo!” baciò Magda su una guancia.
La ragazza rimase sola; tirò un profondo respiro e girò la testa ad osservare ciò che la circondava: un paio di coppiette passeggiavano mano nella mano, alcuni ragazzini sui pattini si rincorrevano schiamazzando, un anziano signore spingeva avanti un passeggino… sorrise, abbassando gli occhi. Una perfetta scena di primavera, pensò.
Ma lei non ne faceva parte, se non come spettatrice. Spettatrice… da quanto tempo quella parola era divenuta il suo attributo perenne, quasi un secondo nome? Tre anni, forse quattro? Non lo ricordava nemmeno lei. Spettatrice… sì, era la parola giusta: è proprio questo che era della vita, la sua e quella degli altri; all’apparenza, aveva tutto: un bel lavoro da bibliotecaria, quello che aveva sempre desiderato e per il quale aveva lottato tanto; un mucchio di amici, colleghi e non, che la riempivano di regali e di affetto, in questo facendo a gara con i due fratelli; i genitori ancora in buona salute, nonostante l’età; una bella e grande casa alla periferia di Berlino, vicino a quella di uno dei membri della band tanto in voga, i Tokio Hotel… tutto, all’apparenza: all’apparenza, appunto.
In realtà, aveva assai poco.
Cinque anni. Ora ricordava bene: erano cinque anni che la sua vita si era frantumata.
E da allora, non era più riuscita a ricostruirla.
Era vero che tutti avevano cercato di aiutarla, almeno all’inizio: colleghi ed amici le erano stati vicini, i fratelli ed i genitori erano perfino venuti ad abitare da lei per un certo periodo, anche il suo socio l’aveva sostituita nella conduzione della biblioteca, affinché lei potesse andare a distrarsi un po’: il solito viaggio “per dimenticare”.
Ma dimenticare cosa? Il vuoto che si era venuto a creare, improvvisamente, nella sua vita? E come avrebbe potuto dimenticarlo? Ogni giorno il silenzio della sua casa vuota glielo ricordava, così come le lunghe ore in solitudine dopo il lavoro, quando rifiutava tutti gli inviti di amici e colleghi inventandosi improvvisi mal di testa; molte volte, si era portata il lavoro a casa, per sentirsi meno sola; ma i bilanci di fine mese della biblioteca si erano rivelati, alla lunga, delle compagnie assai fredde.
Alzò il dito per chiamare il cameriere ed ordinò un altro gelato: non se la sentiva di tornare così presto a casa, né di andare in giro, così doveva trovare un buon motivo per rimanere seduta lì.
Attorno a lei, continuavano gli schiamazzi di quel tardo mattino di primavera.

                                                               **********

Alla fine, aveva accettato.
Non aveva potuto dir di no alle insistenti pressioni dell’amica, così si era unita a loro in quella gita sulla Sprea.
Era un’occasione allegra, certamente; ed i suoi compagni non mancavano di allegria: Beate stava già sparpagliando sul telo da picnic i biscotti al miele e le tartine che si era portata dietro, tra le risate del suo fidanzato.
“Ma che cosa combini?? Adesso arriveranno le formiche!”,
“Stà un po’ zitto, Karl! Sei tu che attiri le formiche, con tutto il movimento che fai!”,
“Veramente, stavo solo cercando di sistemare le stoviglie! Se lo lascio fare a te, andrà tutto in polvere, vista la tua delicatezza proverbiale!”,
“Ma quanto sei carino!! Kurt! Kurt, per favore, difendimi tu, fratello!!”.
L’altro ragazzo rise, due bottiglie nelle mani; era contento di quella scampagnata e dell’allegria contagiosa che si era venuta  a creare.
“Magda, lascia stare le bevande, faccio io. Tu occupati dei vassoi, invece”.
La donna non lo aveva nemmeno sentito, impegnata com’era in chissà quali pensieri.
“Ehi, Magda, tutto a posto?”, la scosse per un braccio,
“Cos… sì, certo, Kurt. Tutto a posto!” sorrise lei di rimando.
Il ragazzo sbuffò, voltandosi di modo che lei non potesse vederlo; ma perché cavolo quella ragazza era sempre così enigmatica? La vedevi sorridere, credevi che fosse allegra… e invece un attimo dopo non c’era più! Chissà dove andava con la testa… certo, lo sapeva bene, lui, dove andava con la testa… tutti lo sapevano, ormai… ma dopo cinque anni… possibile che ci pensasse ancora?
“Ecco, adesso è tutto pronto! Serviamoci pure!” esclamò Beate con aria festante,
“Era ora! Ho una fame…” fece eco Karl; prese un panino, lo aprì, ci mise dentro un paio di fette di salame ed iniziò a mangiare.
Magda, invece, si servì un biscotto.
“Buoni, vero? Sono una mia ricetta personale!” le disse Beate,
“Non è vero! Ti ho visto mentre entravi in quella panetteria Italiana, l’altro giorno!”, rise Karl,
“Zitto, scemo!” Beate gli diede di gomito. Tutti risero.
Era bella l’allegria degli amici, pensò Magda; ti faceva sentire… a casa, in famiglia. Ti faceva sentire meno la malinconia…
“Un po’ di aranciata, Magda?” Kurt le avvicinò la bottiglia al bicchiere,
“Sì, grazie”,
“Bella giornata, vero?”,
“Molto bella. Si sente che sta arrivando la bella stagione”,
“Che pensi di fare, l’estate prossima?”,
“Nulla di particolare. In biblioteca c’è bisogno di me”,
“Ma se chiudete ogni anno, in Agosto!”,
“Sì, è vero; ma quest’anno ho deciso di rimanere a fare un po’ di inventario”,
“Quindici giorni di inventario? Mi sembrano un po’ troppi…”,
“No. Devo fare tutto io, perché Gerard sarà in ferie”,
“Peccato! Stavo giusto pensando di invitarti a venire con noi in montagna, in Baviera”.
Magda sussultò. Kurt si zittì di colpo. Tutti si voltarono nella sua direzione, in silenzio.
“Scusate… non ci ho fatto caso… mi spiace… scusami, Magda!”.
La ragazza, a sentire quel nome, era rimasta come paralizzata; lentamente, riprese la mobilità, appoggiando il suo bicchiere sulla tovaglia.
“Magda… stai bene, tesoro?” Beate le accarezzò una mano con la propria,
“Sì, sto bene, non preoccupatevi”,
“Kurt non voleva…”,
“Lo so… non ce l’ho con lui…”.
La Baviera… il solo sentirla nominare le faceva male, ripetendole quella pugnalata al cuore che conosceva così bene…
… Troppo bene, accidenti!
“Scusate” , si alzò “io non ho più fame. Vado a fare un giro”.
Detto questo, sia allontanò.
Rimasti soli, i tre si guardarono spaesati.
“Che cosa ho combinato! Sono un deficiente!” Kurt si portò una mano agli occhi,
“Non è colpa tua, amico. Mica lo  hai fatto apposta! Lo sai com’è fatta Magda…”,
“La sua cicatrice è ancora troppo fresca, evidentemente” Beate aveva parlato più a sé stessa che a loro.

Allontanatasi di alcuni passi, Magda si lasciò prendere dallo sconforto, e permise alle lacrime brucianti di solcarle le guance.
Stupida! Stupida! Perché continui a pensarci? La Baviera è un posto come un altro!
No che non lo è! E’ là che ho perso tutto!
Continuava a piangere, incurante degli sguardi degli altri villeggianti che la stavano osservando, stupiti. Camminò lungo la riva del fiume, che scorreva placido e tranquillo tra le sponde verdi; alcune barche piene di persone allegre si stavano godendo la giornata di festa.
Magda si avvicinò di più alla sponda, e, asciugatasi le lacrime, si sedette, rimanendo ad osservare quella folla colorata e gioiosa.
Proprio ciò che non era lei.
Strappò un filo d’erba e se lo arrotolò intorno al dito; il contatto con l’erba umida le diede un po’ di sollievo, ricordandole che erano vicini all’estate, e che il ricordo di quell’inverno era ormai lontano… ma nel suo cuore non era così, purtroppo.
I ricordi che più ci hanno segnato sono sempre vivi dentro di noi. Troppo vivi. Anche se sono lontani. Non li puoi scordare, per quanti sforzi tu faccia. Non potrai mai cancellarli, solo affievolirli. Ed era questo che lei aveva cercato di fare: aveva cercato di attenuarli, di allontanarli, di modo che facessero meno male; e, per certi versi, sembrava esservi riuscita; ma poi, bastava un nome, un’immagine e… SBAM! Ecco che tutto le riappariva davanti, chiaro e limpido come fosse stato il giorno prima! Non era giusto, dannazione!
Una barca con delle persone che ridevano le passò dinnanzi; lei li osservò: erano tutti allegri, nessuno era triste o rammaricato; ed anche girando la testa, attorno a sé, vide la stessa cosa: sembrava quasi che essere tristi, in un posto come quello, fosse quasi un crimine.
Sentì dei passi alle sue spalle, seguìti da una voce “Posso sedermi con te?”.
Girandosi, Magda vide che si trattava di Kurt.
“Prego” gli rispose, facendogli posto; il ragazzo le si sedette accanto.
Rimasero in silenzio per alcuni minuti.
“Non volevo prima. Mi dispiace” disse poi lui,
“Non scusarti, non lo hai fatto apposta”, gli rispose lei,
“E’ che… io… non ci pensavo proprio… mi era… passato di mente, capisci?”.
Magda annuì.
“Però… “ riprese lui “questa è una bella giornata… non roviniamocela con i ricordi tristi, anche se è difficile…” le posò una mano su quella di lei.
Magda non disse nulla.
“Torniamo dagli altri. Vuoi?”.
Lei fece cenno di sì con la testa.
Rialzò il viso e lo guardò, sforzandosi di sorridere “Andiamo” disse.
Si alzarono e raggiunsero Beate e Karl, che adesso stavano battibeccando animatamente su chi dei due avesse inventato il panino imbottito migliore della giornata.
Immediatamente, Beate tirò a sé l’amica “Magda! Tesoro! Tu tifi per la tua vecchia amica Beate, vero?”,
“Non darle retta!” le raggiunse l’uomo, “Sta solo cercando di corromperti! Non puoi votare una che ha… Sai che ha combinato? Ha messo nello stesso panino la senape ed i sottaceti Italiani!”,
“E allora? In Italia lo fanno sempre!!”,
“Non direi, amore: mangiano entrambe le cose, ma separatamente!”.
Magda sorrise, avendo intuito perfettamente il (peraltro riuscito) tentativo degli amici di distrarla dai suoi dolori e di stemperare le tensione che si era creta un attimo prima.
“E il vincitore di questa gara cosa farà?” chiese,
“Il vincitore nulla; sarà il perdente che dovrà preparare i viveri per tutti, nei picnic della prossima estate!”.
L’allegria si diffuse per il gruppo. Magda guardò di nuovo i suoi amici: Beate e Karl erano davvero una bella coppia: lui altro, muscoloso, capelli vagamente rossicci ed occhi celesti, sempre con quell’aria allegra e serena, che avrebbe risollevato il morale anche al più depresso dei convitati ad una cena di lavoro; e lei, bionda, ben fatta, sempre con un velo di trucco leggero sul viso, i capelli perennemente acconciati e mai sciolti liberamente, gli orecchini che erano ormai parte integrante del suo viso, dato che non li toglieva quasi mai, e quell’aria da signora sofisticata che faceva un bel contrasto con Karl.
Erano belli. Ed erano i migliori amici che avesse, insieme a Kurt.
Kurt… lo guardò. Anche lui era bello, molto bello, con quei capelli biondi un po’ lunghi e selvaggi e gli occhi azzurri, con quel viso da divo del cinema sempre sorridente e coperto da un po’ di barba… molte ragazze gli facevano il filo, ma lui sembrava non avere occhi che per lei. Proprio per lei che, invece, non aveva occhi che per i suoi ricordi.

 



 






















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(1)La Kufurstendamm è l’arteria principale di quella che era la ex-Berlino Ovest: una grande strada gremita di negozi, grandi centri commerciali, caffè e ritrovi notturni d’ogni sorta; si trova a distanza (relativamente) breve dal famoso zoo.
(2)La Sprea è uno dei due fiumi che attraversano Berlino; l’altro è l’Havel.

Salve a tutti! Sono di nuovo qui con un'altra storia, questa volta una original. Premetto che alcune parti di questa storia mi sono state ispirate... in maniera inusuale, diciamo. Non so ancora di quanti capitoli sarà, ma spero che comunque incontri il vostro favore: ragion per cui, aspetto recensioni!! Un bacio, Tetide.   

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2 CAPITOLO 2

L’estate era ormai arrivata; Berlino era un tripudio di colori, voci e… turisti!
Magda si era trattenuta più del solito in biblioteca, quel giorno. Aveva un gran mal di testa, ma non se la sentiva davvero di tornare a casa: non ora che sapeva vi avrebbe visto le valige sfuse ed aperte che facevano bella mostra di sé sul pavimento.
Sospirò, si sedette e si accese una sigaretta, mettendosi a pensare: perché mai aveva accettato? Sì, certo, andare in vacanza era una cosa naturale, e poi stare un po’ con i suoi amici le avrebbe fatto del bene… inoltre, a lei piaceva parecchio il mare… e per finire, non aveva potuto dir di no alle pressanti insistenze di Kurt!
Ancora una volta si ritrovò a pensare cosa provava verso quel ragazzo; ed ancora una volta, la risposta fu limpida e chiara, senza ombra alcuna di dubbi né di equivoci: amicizia. E nulla più.
In fondo, dall’amicizia possono scaturire un casino di altre cose, pensava; ed a lei era venuto fuori il senso di colpa. Sì, questa era la prima volta che aveva il coraggio di ammetterlo con sé stessa. Finalmente.
A be pensare, infatti, Kurt le aveva dato molto. Le aveva dato tutto. La sua amicizia, il suo affetto, la sua totale disponibilità, il suo aiuto sempre pronto ed incondizionato; con lei, non aveva mai sbagliato una volta; o, se lo aveva fatto, si era poi fatto ampiamente perdonare.
E lei?
Lo voleva bene, molto. Gli era grata, per averla sostenuta nel dolore, insieme agli altri suoi amici. Ma non lo amava. E questo rimaneva un dato di fatto.
Non si può scegliere chi amare, né tantomeno si può costringere il proprio cuore a farlo, e lei ne era più che consapevole. Spesso si domandava che coppia sarebbero stati insieme… sicuramente una bellissima coppia: belli, realizzati, apprezzati. Agli occhi del mondo, avevano tutto. Allora, perché non provare a stare insieme, anche solo per poco? Sorrise amaramente verso sé stessa, abbassando lo sguardo in un sorriso sardonico: semplicemente, perché lei non poteva. Non ancora. Non più. Non adesso.
Non poteva amare di nuovo, mentre aveva ancora i cocci taglienti del suo cuore in mano: sapeva che sarebbe stata una partita persa in partenza. E non voleva ingannare Kurt. L’avrebbe fatta sentire troppo in colpa nei suoi confronti.
Dall’altro canto, però, si sentiva ora in colpa per non averci almeno provato a far coppia con lui, quando tutto sarebbe invece stato così facile. E così dovuto, visti i rapporti che intercorrevano fra di loro ed il comportamento dolce di lui.
Imprecò mentalmente contro il suo animo spezzato in due, che da una parte le inculcava la colpa verso l’amico di sempre, ma dall’altra le aveva posto un paletto insormontabile all’amore, il quale le aveva chiuso il cuore in una morsa gelida quanto l’inverno, facendole intendere il provare a riinnamorarsi (di Kurt o di chiunque altro) come una colpa terribile verso di lui, quasi un sacrilegio.
Lui
Le sfuggì una lacrima, suo malgrado. Abbassò il viso.
Ted
Lui era speciale. Lui era il suo uomo. Lui avrebbe dovuto essere il suo futuro. Lui era Ted.
E l’aveva lasciata per sempre, quel maledetto giorno di un inverno lontano, quando le montagne della Baviera se lo erano portato via, per sempre.

“Avanti, muovetevi, pelandroni! Il sole è già alto!”,
“Accidenti, ma tu non puoi smettere la tua foga Yankee nemmeno in vacanza, amico? Non mi stupisce che siate arrivati sulla Luna!”.
Karl se ne era rimasto seduto a sorseggiare la sua cioccolata, con la sua solita calma serafica, con un misto di stupore ed irritazione dipinto in volto; lei e Beate, ad un angolo del tavolo, non potevano trattenersi dal ridere, osservando la scena.
Lui era Ted Robson, un giovane ingegnere Americano che aveva scelto di vivere e lavorare a Berlino: veniva dal Nebraska, e da quasi un anno stavano insieme.
Kurt era lontano, all’epoca, in un elegante college in Irlanda.
Magda aveva conosciuto Ted per caso, ad un convegno che si era tenuto una sera presso le sale della sua biblioteca, dove lui aveva illustrato un paio di testi di ingegneria che aveva scritti per le Università Tedesche. Era stato un amore a prima vista, per entrambi.
E adesso, lei lo guardava con sguardo complice e sognante.
Il suo Ted: vivevano assieme da poco tempo, ma a lei sembrava già di stare con lui da una vita; di lui amava tutto, il sorriso dolce, lo sguardo innocente e pulito, quella sua maniera unica di riuscire a sdrammatizzare tutto sempre e comunque. Non avrebbe potuto trovare un uomo più adatto a sé, diceva a tutti.
Quella era la loro prima vacanza assieme: quando Karl e Beate avevano proposto loro di accompagnarli sulle montagne della Baviera, loro, entusiasti, avevano subito accettato: Ted era uno sportivo anche lui, ed aveva già una discreta pratica di roccia sulle montagne rosse del suo immenso e bellissimo Paese.
“Dunque, scalatore? Ieri sera non vedevi l’ora di sfidarmi, ed ora sembra che tutta la grinta ti sia andata via…” rise l’Americano,
“Ah, è questo che pensi?”, l’altro si alzò dal tavolo, fingendosi offeso “Ora vedrai! Ti darò del filo da torcere, parola d’onore!”.
Le due ragazze avevano sorriso compiaciute davanti alla finta spavalderia dei loro compagni, pregustando invece una mattinata sulle piste da sci ed un paio d’ore sdraiate al sole di montagna.
“Ciao, ragazzi!” aveva gridato Magda, salutandoli “Ci rivediamo all’ora di pranzo!”,
“O.K.! Ciao, baby!” le aveva risposto il suo uomo alzando un braccio.
Nessuna di loro due avrebbe mai potuto prevedere quello che sarebbe accaduto di lì a poco.
Trascorsero un paio d’ore. Magda e Beate, dopo aver bevuto una cioccolata calda, aver fatto un paio di giri in pista ed un salto dal trampolino, si erano sedute sulla terrazza del grande albergo, ad osservare la folla di turisti che andava e veniva in quella mattina di fine inverno.
Era una bella giornata di sole, non c’erano nuvole in cielo, né temporali o nevicate in arrivo.
Il sole era tiepido, nonostante la stagione; Magda si era seduta vicino alla balaustra, per poter osservare meglio le piste, e giocherellava con gli sci posati per terra accanto a lei.
“Chissà dove sono arrivati!” fece Beate, riferendosi a Karl e Ted,
“… Mmmh… in cima a qualche montagna?”, le rispose l’amica,
“Probabile!”.
Entrambe scoppiarono a ridere.
“Ordiniamo un’altra cioccolata?”,
“Sì! Questa volta con biscotti, però!”.
Il cameriere raccolse l’ordinazione, servendole quasi subito; avevano appena iniziato a sorseggiare le loro bevande, quando videro un’ambulanza fermarsi nel piazzale antistante l’albergo.
“C’è sempre qualcuno che sta male!” mormorò Beate,
“Probabilmente, qualche sciatore è uscito di pista” aggiunse Magda.
Due infermieri scesero dall’ambulanza, reggendo una barella sulla quale stava distesa una persona coperta fin sopra il viso; solo i capelli erano visibili, o meglio una ciocca di capelli biondi che sfuggiva da sotto il lenzuolo.
Non seppe dire il perché, ma alla vista di quella ciocca di capelli, Magda provò un tuffo al cuore.
Rimase a fissare la scena dei due che reggevano la barella fin quando non furono entrati nell’albergo.
“Ehi, Magda, tutto a posto?” Beate la scosse per un braccio,
“Beate, ascolta… quando tornano Karl e Ted?”,
“Mah, non so… non prima di un paio d’ore, penso… ma non tarderanno per il pranzo, vedrai!”.
Ma un velo scuro aveva avvolto il cuore di Magda, quasi un presentimento.
“Scusate…” irruppe una voce alle loro spalle, facendole sobbalzare. Il cameriere di prima.
“Sì?” fece Magda, voltandosi, la voce che tremava,
“E’ lei la signora Schmidt?”,
“Che è successo?”, Magda era balzata in piedi,
“Ecco, sembra ci sia stato un incidente, signora…” il ragazzo era in evidente stato di disagio,
“Che incidente?”,
“Dovrebbe accomodarsi nel salone, signora…”.
Senza farselo ripetere, la ragazza lo superò, spintonandolo, ed entrò nel salone, seguita da Beate; vi trovò Karl, accovacciato accanto a quella stessa barella che aveva visto arrivare dalla terrazza.
L’uomo alzò gli occhi colmi di lacrime, mentre con una mano carezzava lentamente la ciocca di capelli biondi che fuoriusciva da sotto il telo che copriva la barella.
E fu allora che Magda capì.
“No!”, esclamò, “No! Non è possibile, no!!”.
Beate abbassò gli occhi, che le si andavano riempiendo di lacrime.
“Karl! Come è potuto succedere?” Magda si era precipitata addosso all’amico,
“Io… non lo so, davvero! Perdonami, Magda… è stato un incidente… la fune della cordata si è rotta… lui ha cercato di aggrapparsi ad una roccia, ma non c’è stato nulla da fare… è finito su di uno sperone sottostante, dopo avere sbattuto con forza contro la parete… si è spezzato il collo… hanno detto… mi dispiace, Magda, perdonami… mi dispiace tanto…!”,
“Ted! Ted, perché, amore?”, Magda si era accasciata sul corpo dell’amato, scoppiando poi in singhiozzi disperati.
Beate, dal canto suo, si era avvicinata allo sconsolato Karl.
E da quel momento, la vita di Magda era sprofondata in un abisso.

Da quel giorno erano trascorsi cinque anni. Dopo il loro ritorno a Berlino, lei era stata molto male, al punto da abbandonare il lavoro per un po’; tutti avevano cercato d’aiutarla: Beate e Karl, innanzitutto, soprattutto lui che si era sentito in parte responsabile per quanto accaduto; poi, anche Kurt, informato del drammatico evento al suo ritorno in Patria, e la famiglia di lei, amici e colleghi; e tutti si erano mostrati premurosi e gentili, pieni di attenzioni verso quella che, da  mesi, appariva come un’inferma di mente, Magda.
Aveva passato due anni in quello stato a metà strada tra l’incosciente e l’allucinato; aveva anche iniziato a bere, non frequentava più gli amici di sempre; poi, quel viaggio in Kenya; e, al suo ritorno, una nuova lei; e la decisione di buttarsi il passato alle spalle, almeno apparentemente.
Aveva ripreso a lavorare, a veder gli amici, aveva smesso di bere; ma guizzi di vita ed entusiasmo, non ne avrebbe avuti mai più: della sua vita, da quel momento in avanti, sarebbe stata semplicemente spettatrice, e mai più protagonista.
D’altronde, non avrebbe più potuto riuscirvi.

La donna spense la sigaretta e sospirò; si domandò ancora una volta perché avesse accettato di partire con gli altri; lo aveva fatto per loro, o per sé stessa?
Bé, però almeno in una cosa aveva fatto chiarezza: era stata lei a chiedere di cambiare la destinazione, e loro l’avevano accontentata. Sarebbero andati a Palma de Maiorca, in Spagna. Una vacanza di sole e di mare, quindi, di quelle fatte per non pensare a niente.
Decise che era l’ora di rientrare. A casa doveva ancora finire di preparare la valigia, e poi avrebbe telefonato alla famiglia per avvertirli della sua assenza, che sarebbe durata un paio di settimane solamente.

                                                     **********

L’aeroporto era gremito di gente, come in ogni giorno d’inizio estate che si rispetti; dappertutto, passeggeri con valigie grandi e piccole, guardie al lavoro, portabagagli.
In mezzo a tutto quello, stavano quattro persone, Karl, Beate, Magda e Kurt.
“Come mai tutto il mondo ha scelto di partire oggi?” si chiedeva Kurt, spiritoso come sempre,
“Faremmo meglio a metterci in fila, credo” Beate guardava pensierosa una fila di turisti Giapponesi che si avvicinava ad uno dei banchi del check-in,
“Proviamo in quel banco là” indicò Karl con la mano agli altri “sembra non esserci troppa ressa”,
“Giusto, andiamo!”gli fece eco la fidanzata.
I quattro si avviarono.
Vestita con un semplice completo, camicia bianca e pantaloni alla pescatora rossi, occhiali scuri sul viso, Magda li seguì, tirandosi dietro la propria valigia; non stava dimostrando un grande entusiasmo, lo doveva ammettere, eppure non riusciva proprio a far di più: quella mattina si era svegliata con un’oppressione indicibile, e nemmeno l’idea del bel luogo dove si stavano recando era riuscita a risollevarla.
“Animo, Magda: stiamo andando in vacanza!” Kurt le diede una leggera pacca sulla spalla; lei lo guardò, e gli sorrise.
Lui era sempre gentile con lei, non perdeva mai l’occasione di farle sentire la sua vicinanza ed il suo sostegno; forse era per questo che aveva deciso di andare con loro: per non deluderlo, per ringraziarlo di tutto quello che aveva fatto ed ancora avrebbe fatto per lei.

Erano tornati a casa dopo i funerali; nel soggiorno, sparsi sul pavimento, giacevano ancora alcuni fiori sfuggiti alle corone.
Nell’aria aleggiava quell’odore persistente e penetrante di fiori pietosamente appassiti, che da sempre è connesso con l’idea della morte, mentre i mobili disordinatamente sgombrati per far posto al feretro, ora inquadravano uno spazio tristemente e desolatamente vuoto.
Magda se ne stava appoggiata al muro, quasi volesse sorreggerlo con il proprio corpo, come se anche le pareti della sua stessa casa stessero patendo lo stesso dolore che aveva di colpo schiantato il suo cuore e la sua vita.
Indossava un abito nero, con sopra una giacca dello stesso colore; i capelli erano raccolti in un semplice chignon, a mostrare totalmente i lineamenti di un viso devastato dalle lacrime.
Giorni e giorni di lacrime.
“Vieni, Magda, siediti!” Kurt la prese per un braccio, conducendola verso una poltroncina che aveva spostato in mezzo a tutto quel manicomio “Hai bisogno di riposare, hai avuto troppe emozioni oggi”.
L’uomo l’aveva trascinata letteralmente, data la scarsa collaborazione che lei gli aveva offerto, praticamente priva di volontà com’era da giorni.
Aveva esaurito le sue lacrime e con esse anche le sue energie: erano defluite via come un lento fiume che l’abbandonava, fuggendo via dal suo corpo come fa il sangue da una ferita troppo profonda.
Kurt l’aiutò a sedersi, poi facendole una carezza sul viso inespressivo, le disse “Vuoi che ti  porti qualcosa da bere? Ne hai bisogno, sei così debole! O preferisci mangiare qualcosa?”.
Lei non gli aveva risposto, gli occhi persi nel vuoto.
“Magda… so che è difficile, ma bisogna andare avanti; la vita deve continuare… credi che lui sarebbe stato felice di vederti così?”.
Ancora nessuna risposta.
Kurt scosse la testa; la sorella gli si avvicinò.
“Kurt, lasciala stare per ora… vedrai che quando avrà fame, sarà lei stessa a chiederlo…”,
“Storie!” aveva esclamato lui sollevandosi (fino a quel momento era stato chino su Magda) “Non vedi com’è ridotta? Se non la spingiamo un po’, non mangerà  mai niente!”.
Scansandolo leggermente ma senza mai guardarlo in viso direttamente, Magda si alzò dalla poltroncina.
“Cara… dove vai?” le chiese Beate, cercando di prenderla per un braccio.
“Lasciate… lasciate che metta ordine di là…”,
“No! Tu sei provata e stanca! Resta qui, ci pensiamo noi! Giusto, Kurt?”,
“Esatto, proprio così. Tu devi pensare solo a rimetterti in forze, ora”.
Lei lo guardò e gli sorrise, gli occhi attraversati da quel leggero bagliore molle che è la riconoscenza nel dolore.
“Kurt… caro Kurt…”.
Lui l’accarezzò di nuovo “Devi farti forza, Magda. Noi siamo qui per aiutarti. E questa notte resteremo qui, assieme a te; e così anche domani, finché tu lo vorrai: non ti lasceremo da sola: mai!”.
A quel punto, la donna aveva abbassato lo sguardo e mormorato un “grazie”, con un tono di voce così basso, che solo chi era in grado di udire perfino i suoi pensieri avrebbe potuto sentirlo. Soltanto una persona.
Kurt.
I due si scambiarono un lungo sguardo; un istante eterno.
“Magda, scusa…” Beate ruppe l’incanto “ non riesco a trovare lo zucchero; mi sai dire dove lo hai messo?”,
“Certamente” fece lei alzandosi per accompagnarla in cucina “Vieni, ti faccio vedere!”.
Kurt aveva osservato le due donne sospirando: da troppo era innamorato di Magda, praticamente da sempre; ma tra tutti i momenti, quello attuale era il meno adatto per confessarglielo.
In cucina assieme all’amica, la giovane si era un po’ distratta dal suo dolore; aveva cominciato a mettere ordine negli scaffali, mostrando all’altra dove trovare ogni cosa: voleva sembrare forte, più di quanto non fosse in realtà; poi, proseguendo nel suo “ruolo”, si indirizzò in camera da letto, seguita da Beate, per proseguire le sue spiegazioni.
Ma, non appena entrata in quella stanza, il dolore aveva di nuovo avuto partita vinta su di lei.
Si avvicinò ad una sedia, sulla cui spalliera stava ancora abbandonata malamente una delle giacche di Ted; entrando, Magda non vi aveva fatto caso; ma d’improvviso, gli occhi le caddero su quell’indumento, neglettamente dimenticato; ed il dolore, impetuoso ed improvviso come la piena di un fiume, invase di nuovo il suo animo.
Scoppiò a piangere sulla spalla di Beate, dando libero sfogo a quel dolore che ancora premeva, imprigionato, nel suo cuore.
“Magda, tesoro…” sussurrò Beate all’amica che singhiozzava con la testa affondata nella sua spalla; le accarezzò lievemente i capelli.
In quel momento, arrivò anche Kurt.
Ed insieme abbracciarono Magda, in silenzio.
Perché il dolore, molte volte, non ha parole.

Si diede mentalmente della stupida per aver permesso ai ricordi dolorosi di prendere possesso della sua mente, un’altra volta; si passò una mano tra i capelli, sollevando la testa.
Vide che Karl le stava facendo cenno con la mano dalla fila di un banco  check-in; d’istinto, ricambiò quel gesto, e li raggiunse.

Chiedo scusa per l'immane ritardo con cui aggiorno, ma questo che sto passando è un periodo incasinatissimo; ad ogni modo, ecco il nuovo capitolo.
Devo aggiungere che questa storia mi è stata ispirata da un sogno, quanto meno nei capitoli centrali; ho quindi cercato di metterla su carta, ma non so se ci sono riuscita, e fino a che punto. Aspetto, quindi, i vostri commenti.
Kikkisan: bentornata fra i miei lettori! Spero di aver soddisfatto la tua curiosità con questo capitolo; almeno in parte, perché la situazione è assai più complessa. In quanto alla Germania, anche io la adoro, tant'è che all'Università scelsi il Tedesco come seconda lingua (a proposito, dovrei rispolverarlo un pò...) e l'ho visitata praticamente tutta.
Ninfea Blu: ti devo ringraziare come sempre, lo so che non manchi mai.
Nemmeno io, a dire la verità, amo le storie troppo sdolcinate, mi sembrano poco realistiche; ma come vedi, le mie non lo sono mai (non riuscirei nemmeno a scriverne). Kurt, in verità, ha ben poco a che spartire con l'attore Kurt Russell (che pure è bellissimo), per come l'ho pensato io, almeno: ha più il "viso d'angelo", e se lo volessi paragonare a qualcuno, mi viene in mente Ralph Fiennes di "Il Paziente Inglese".
Dolcissima77: Benvenuta tra i miei lettori, e grazie dei tuoi complimenti! Spero che la storia continui a piacerti. In quanto a Magda e Kurt... sorpresa!!
Un bacione grande a tutti, Tetide.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3 CAPITOLO 3

Certo che il sole di queste isole è davvero incredibile!!
Forse per la trentesima volta in quella mattina, Magda si rigirò sul lettino, sistemandosi meglio gli occhiali da sole sul viso ed inclinando meglio l’ombrellone per ripararsi.
“Cos’è, non trovi la posizione giusta?” le chiese ridendo Beate,
“Forse, è probabile…” Magda le rispose senza guardarla; rivolse invece lo sguardo alla piccolissima spiaggia privata dell’albergo, piena zeppa di gente sotto il sole delle undici “E’ meglio proteggersi bene qui, il sole è forte e se non ti ripari sotto a qualcosa, ti ritrovi una scottatura! Lo schermo solare non basta, a quanto pare…”.
Beate si stiracchiò come una gatta “Devo proprio darti ragione. Questo posto è un pezzo di Polinesia in Europa! Sono soddisfatta della nostra scelta, davvero: ci hai dato un ottimo consiglio: non potevamo scegliere posto migliore!”.
“Ragazzo del bar in arrivo!!” una voce alle loro spalle le fece voltare. Era Kurt.
“Allora… ecco qua i due Tequila Sunrise(1) per le signore, mentre per noi… ho preso due tè alla pesca!”,
“Sai la contentezza di Karl quando li vedrà… per noi i cocktails, e per voi due sciacquature di piatti… cos’è, una distinzione classista, fratello?”,
“Certo che no!! Ma Karl è astemio, e quanto a me… preferisco aspettare la discoteca, stasera, per scatenarmi!”, le rispose Kurt, allegro come sempre.
Magda non disse nulla; nemmeno lo guardò in viso per più di un secondo, dietro alle impenetrabili lenti dei suoi occhiali scuri; si limitò a prendere in mano il suo bicchiere, tornando a fissare il mare.
Kurt si sedette per terra, tra di loro “Karl è ancora a mollo?”, chiese,
“Probabilmente sì, dato che ancora non si è visto” gli rispose la sorella “magari torna con qualche scottatura, dopo tutto il tempo che ha passato con il riflesso del sole sull’acqua addosso!!”,
“Ma come sei buona con il tuo fidanzato!” Kurt le diede un leggero spintone “Tu non lo difendi, Magda?”.
Lei mugugnò qualcosa, senza attenzione. Era da quella mattina che si sentiva così chiusa e malinconica, e nemmeno l’allegria di Kurt, di solito così contagiosa, era riuscita a smuoverla un poco.
E lui lo capiva benissimo: conosceva perfettamente quel suo comportamento che a chiunque altro sarebbe apparso strano, e sapeva perfettamente che, quando era così, era meglio lasciar perdere, tirava una brutta aria. Si girò di nuovo verso Beate.
I due presero a parlare del Mondiale di calcio in corso, mentre le loro voci giungevano sempre più distanti ed ovattate alle orecchie di Magda.
Prese a sorseggiare il suo drink, tanto per fare qualcosa; in realtà, non ne aveva voglia. Non aveva voglia di fare nulla.
La ragione, a ben vedere, risiedeva in qualcosa che avrebbe lasciato interdetto chiunque: un sogno fatto la notte precedente.

Si trovava in una grande vallata, circondata da alte montagne; a giudicare dal verde dell’erba intorno ai suoi piedi, per di più cosparsa di piccoli fiori, doveva essere la fine della primavera.
Al suo fianco, camminava un uomo non  ben definito, che lei non riusciva a vedere in faccia; ricordava solo di stare fidandosi di lui.
L’uomo aveva una voce calda  e dolce al contempo, una voce che lei conosceva benissimo: la voce di Ted.
Ma non era Ted.
Lo sapeva, lo sentiva.
Era uno sconosciuto.
Uno sconosciuto con la voce di Ted.
L’uomo continuava a parlarle, catturando la sua attenzione come una calamita attira a sé il ferro; Magda non avrebbe saputo ricordare cosa le stesse dicendo, ma non si trattava di certo di cose piacevoli: lo arguiva dal malumore che quelle parole le avevo lasciato addosso durante la loro passeggiata onirica.
D’un tratto, il cielo sembrò rannuvolarsi; la luce del sole si oscurò ed un vento gelido prese a soffiare, facendo appassire all’improvviso i fiori e spettinando l’erba della vallata.
I due erano l’una di fronte all’altro.
“Perché?” gli chiese lei,
“Perché non è ancora tempo. Ma quel tempo verrà, stanne certa!”,
“Quando?”,
“Non posso dirtelo. Sappi solo che sarai tu a riconoscermi”.

Si era svegliata, di soprassalto. Lentamente, aveva riconosciuto i contorni dell’ambiente in cui si trovava, riprendendo conoscenza.  Si era alzata ed aveva aperto la porta-finestra, uscendo sul terrazzo. Stava albeggiando.
L’intero albergo era immerso nel sonno; non c’era traccia di luce dalle finestre e dalle imposte sbarrate, segno che gli ospiti, dopo i bagordi notturni, si stavano godendo il meritato riposo.
Si era appoggiata alla ringhiera, osservando il mare che rumoreggiava a grosse ondate e la lunga stria della spiaggia in lontananza, punteggiata di ombrelloni dal cappello di paglia; possibile che quel sogno volesse dire qualcosa?
Quell’uomo misterioso… le aveva detto che avrebbe ritrovato l’amore, che avrebbe permesso ad un altro di entrare nella sua vita e nel suo cuore, chiuso e freddo da tempo… poteva mai essere vero? Da tutta una vita aveva sempre creduto ai sogni premonitori, ma adesso stentava a farlo. La cosa le pareva troppo inverosimile.
Il suo cuore era votato a Ted. Avrebbe davvero potuto riaprirlo a qualcun altro, ancora una volta?
Ancora una volta…
Tirando un grosso respiro, era rientrata in camera, per ributtarsi sul letto: l’indomani l’attendeva un’altra dura giornata di vacanza!!

Non poteva smettere di pensarci. Era diventato il suo chiodo fisso, quel giorno.
Kurt e Beate adesso avevano cambiato argomento: parlavano dei frenetici menù a buffet dell’albergo; a loro si era unito anche Karl, del cui arrivo lei non si era nemmeno accorta, assorta com’era nei propri pensieri.
Li guardò, così spensierati, provando una punta di invidia per i suoi amici più cari.

                                                               **********

“O.K., gente!! Adesso andiamo con un successo di qualche anno addietro! Scatenatevi!!!”.
La voce del dj era risuonata alta per tutta la pista, ed anche oltre; a seguire, attaccarono le note di Crazy, di Gnarls Barkeley.  
In breve tempo, la pista si riempì all’inverosimile di gente.
“Ehi, ragazzi, questa me la voglio proprio fare! Beate, vieni con me?”.
Kurt si era alzato in piedi, con il suo solito entusiasmo. Certo che il suo proposito della  mattina di scatenarsi in discoteca era andato pienamente a segno: sarà stata la trentesima volta che si alzava per andare a ballare quella sera, ed ancora non era stanco!
“No, fratello, basta, per favore!! Fatti far compagnia da Magda, che per quasi tutta la sera ha fatto il manico di scopa su quel sedile!”,
“Grande! Hai sentito, Magda? Vieni, andiamo a fare quattro salti!”.
Lei gli rivolse uno sguardo obliquo: non ne aveva davvero voglia, tuttavia era da tutta la giornata che si comportava in maniera un po’ asociale con tutti, e questo loro non lo meritavano davvero; così, accettò.
Si alzò e gli porse la mano, ed insieme si avviarono al centro della pista, dove una folla di persone si stava già scatenando al ritmo frenetico della canzone.
Li imitarono anche loro.
Kurt accompagnava i suoi movimenti con alcune frasi cantate della canzone stessa; Magda lo osservava: era bello, davvero bello, e sicuramente non avrebbe fatto fatica a trovarsi una fidanzata se non avesse avuto occhi che per lei, che invece non riusciva a vederlo come niente di più che un caro amico.
E la sua mente si perse lontano, di nuovo.
Cos’aveva voluto dire lo strano sogno della notte precedente? Era davvero mai possibile che qualcuno prendesse il posto di Ted nel suo cuore e nella sua vita? Che tornasse ad esserci un uomo accanto a lei che non fosse più solo un amico o conoscente?
Non sapeva se voleva augurarselo o meno; il dolore per la perdita del suo uomo bruciava ancora, e molto; d’altro canto, però, Magda non avrebbe voluto, in fondo al suo cuore, trascorrere tutta la vita da sola: rivolse il suo sguardo fuori, al di là dei vetri, sulla terrazza, dove alcune coppie si cambiavano effusioni.
E si perse nei ricordi.

“E’ stato il più bel compleanno di tutta la mia vita!” Magda stava scartando un regalo, gli occhi lucidi per la commozione palese; davanti a lei, Ted la guardava con amore e tenerezza.
“E questo è solamente l’inizio, amore! Niente ci separerà mai!”.
Il pacchetto, scartato, si rivelò essere un bracciale d’oro rosso e brillanti.
“Mio Dio, Ted! Ma… ma… non dovevi, davvero… è … è bellissimo!”.
“Per te questo ed altro, amore mio! Per me, tu sei assai più preziosa di quel bracciale!”.
L’uomo le prese il polso delicatamente, infilandole il gioiello; gli occhi di lei si rifecero lucidi.
“Promettimi… promettimi che non ci separeremo mai! Che staremo sempre insieme!”,
“Sì, te lo prometto! Sempre, sempre!”.
Si abbracciarono e si baciarono a lungo.
Dall’interno della sala ristorante partirono le note di  “Secretly” degli Skunk Anansie, la loro canzone.

“Magda? Magda? Ci sei?”.
Si riscosse dai ricordi, accorgendosi solo allora che Kurt la stava scuotendo per le spalle.
E comprese anche il perché di quell’improvviso tuffo nel passato: il dj era passato ai lenti, mettendo su proprio Secretly.
Le luci si erano abbassate, ed intorno a loro, adesso, stavano diverse coppie abbracciate intente a ballare.
D’istinto, Kurt la prese per la vita, ma altrettanto d’istinto, lei si ritrasse; il ragazzo abbassò lo sguardo.
“Perdonami, Kurt, non posso proprio!”,
“Capisco, sì…”.
Insieme, si avviarono a raggiungere il loro tavolo.
Si sedette, un grave peso sul cuore; perché, perché non poteva semplicemente innamorarsi di Kurt? Sarebbe stato così facile! Lui, così dolce, così gentile, così bello… era il fratello di Beate, tutti insieme sarebbero stati come una famiglia…
Ma al cuore non si può comandar nulla.
Ed anche Kurt lo sapeva bene.
“Scusate, ho bisogno d’aria!”, disse tutt’a un tratto alzandosi e dirigendosi verso la terrazza.
Gli altri la seguirono con lo sguardo, in silenzio.

Magda si affacciò alla balaustra, da dove si poteva vedere benissimo il mare. Si appoggiò al ferro, reclinando la testa, e le scivolò una lacrima lungo la guancia.
Ma perché doveva essere tutto così dannatamente complicato?
Si toccò d’istinto il polso, ove portava ancora il bracciale, regalo di Ted: non se lo era mai più tolto, dal giorno della sua morte, sorta di perenne voto d’amore a colui che non c’era più.
Perché? Perché sono condannata a rimanere sola?
Come in un lampo, le ritornò in mente il suo strano sogno: qualcuno, che lei ancora non conosceva, avrebbe preso il posto di Ted. Allora, non sarebbe stata sola per sempre.
Ma chi poteva essere quel qualcuno?
E ripensò di nuovo a Kurt.
Potrebbe davvero essere lui? E perché no, in fondo? Non sono riuscita a vedere il viso dell’uomo che mi camminava accanto, potrebbe benissimo essere… e poco fa, l’ho trattato così male!
Sentì una fitta all’altezza del cuore, ma la frenò: lei era ancora innamorata di Ted, forse lo sarebbe sempre stata, e di ballare quella canzone con qualcun altro non se ne parlava proprio. Non poteva farci nulla.
Era una cosa superiore alla sua volontà, e basta.

Ma se quel sogno fosse vero, invece? E se si trattasse proprio di Kurt?
Scosse la testa, che ora aveva cominciato a pesarle: troppi pensieri, decisamente!
Decise di rientrare.

Trovò i suoi amici ancora seduti allo stesso posto: adesso, erano intenti a scherzare sui cocktail ordinati; tutto sembrava esser tornato normale, Kurt compreso.
Abbozzando un finto sorriso tirato, si fece posto accanto a loro; Beate le si rivolse subito, allegra come al solito.
“Scusa se abbiamo ordinato, ma tu non tornavi… e Karl aveva sete!!”,
“Ma che vai dicendo?!?”, la rimbeccò subito questo,
“La verità! Tu hai sempre fame o sete, bello mio!!”,
“Ed ecco che ricominciano!!” intervenne Kurt, scoppiando poi a ridere.
Magda lo guardò, e si rilassò: se anche il suo comportamento di poc’anzi lo aveva ferito, era evidente che ora tutto era dimenticato. E questa era una delle cose che più le piacevano di lui: si lasciava scorrere tutto sulla pelle, senza mai tenerti su il broncio.
Kurt era davvero un ragazzo dalle mille virtù, pensò ancora.
Perché non riesco ad amarlo? Perché?
Quel sogno… perché continuava a pensarci, accidenti? Era solo un sogno, basta!!
Ma, in fondo, lei ci aveva sempre creduto ai sogni premonitori…
E troppe volte, questi si erano avverati.
E ora?
Istintivamente, portò la propria mano su quella di Kurt; lui si voltò e le sorrise; lei gli ricambiò il sorriso.
“Vuoi bere anche tu?” le chiese Kurt quasi sottovoce,
“Sì, grazie. Un Vodka Martini(2), se non ti dispiace”,
“Arrivo subito” il ragazzo si alzò.
Lei lo seguì con lo sguardo, mentre si avviava verso il bar.

                                                                **********

Ne bevve tre, di Vodka Martini, quella sera;  e con ogni sorso che mandava giù, se ne andava a fondo anche un pezzo della sua coscienza, intesa non solo in senso di vigilanza.
Karl e Beate si erano ormai ritirati, così come la maggior parte degli avventori del locale; la musica non suonava più, persino il dj se ne era andato a letto; sulla pista, ora vuota e buia, si disegnavano i deboli arabeschi di luce di una splendida luna estiva al tramonto, che fra un paio d’ore avrebbe ceduto il passo all’alba.
Da quando aveva finito il suo terzo bicchiere, Magda non aveva smesso un istante di ridere; anzi, se possibile, aveva aumentato sempre più, fin quasi a perdere il respiro; d’accordo che Kurt, quando voleva, sapeva essere davvero divertente, ma ora lei stava un po’ esagerando…
“Dài, adesso basta, Magda. Andiamo a dormire anche noi! Non sai che ore sono?”,
“Ma se non sono nemmeno le cinque! Non ti facevo così pigro, Kurt!”,
“Tu sei proprio andata!”,
“Probabile!”,
“Coraggio, ti aiuto ad alzarti!” dicendo questo, le prese il polso dove lei portava il bracciale.
Magda smise di ridere all’improvviso, mentre un’ombra le passava negli occhi, facendosi largo tra i fumi della sua allegria alcolica.

“Forza, andiamo a letto! O domattina non ce la farai ad alzarti!”,
“Aspetta un attimo, Ted! Non mi tirare così,  mi farai cadere!”,
“Avanti!! Sono le cinque e mezza del mattino!”,
“Solo se prima balliamo un ultimo lento”.

“Magda? Cosa c’è?”,
“Ecco, io mi chiedevo… Kurt… se noi… non potessimo ballare ancora un lento… l’ultimo!”,
“Un lento? Quale lento? Qui non c’è più nemmeno la musica, il dj se ne è andato!”,
“E allora? Non abbiamo per forza bisogno della musica per ballare! La luce della luna è magica, sai?”,
“Sì, credo di capire cosa vuoi dire”.
Tenendola per mano, la condusse al centro della pista vuota; poi, lentamente, iniziarono a dondolarsi dolcemente al ritmo di un’invisibile melodia che solo loro potevano udire. Le altre poche coppie rimaste in sala ai tavoli, li osservavano incuriosite.
“Visto? C’è sempre un’occasione per ballare!” fece lei,
“C’è sempre un’occasione per tutto, Magda”.
D’improvviso, Kurt la baciò.
E lei non si ritrasse.
Non questa volta.

                                                                 **********

Salire in camera e comprendersi senza parlare fu tutt’uno; sin dalla sala stessa della discoteca ormai vuota, passando poi per l’atrio centrale, i corridoi, l’ascensore, fino ad arrivare dinnanzi alla porta della camera di Magda, i due non avevano smesso un solo istante di toccarsi, baciarsi, esplorarsi freneticamente ed avidamente, per certi aspetti anche in maniera quasi famelica: le mani dell’una che frugavano con insistenza sotto alla camicia dell’altro, le labbra di lui che lasciavano una scìa rossastra lungo il viso ed il collo della donna, per poi raggiungere il seno, una volta che si furono trovati al sicuro tra le pareti della camera. Gli abiti di entrambi scivolarono al suolo, mentre l’aria si riempiva dei loro gemiti.
Per Magda era passato assai più di un po’ di tempo; tuttavia, certe cose non si dimenticano mai: soprattutto, se hai un pensiero fisso che ti martella la testa ed un mezzo litro di alcool nelle vene.





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(1)Nome di un famoso cocktail, per la verità un po’ alcolico da bere di mattina…
(2)Altro cocktail mooolto alcolico!

Chiedo perdono a tutti per il ritardo con cui aggiorno, lo so che non è da me; ma questo periodo è un vero casino... niente male, come inizio d'estate! Poi, naturalmente, la confusione non aiuta certo l'ispirazione, e questo capitolo non voleva saperne di venir fuori... Ad ogni modo, ce l'ho fatta, o almeno ci ho provato! :-) La nostra Magda, in questo capitolo è l'esempio più palese di cosa può combinare l'accoppiata micidiale alcol+dolore: ne vedremo le conseguenze al prossimo capitolo, se avrete ancora voglia di seguirmi!
Kikkisan: grazie dei tuoi complimenti, sei sempre gentile. Eh sì, la tristezza purtroppo è uno dei segni distintivi della povera Magda, per lo meno per ora... ma credo che qualcosa cambierà, magari non subito...
Livia: wooow!! E' davvero bello quello che dici! Sono riuscita a farti "vivere" ciò che ho scritto?!? Beh, allora spero di continuare a farlo... e grazie per aver messo la mia storia tra i preferiti! ;-)
Ninfea Blu: a te debbo dire grazie mille volte, e tu sai perché; il tema del distacco, sebbene difficile da trattare, è un tema che mi "prende" molto, anche se non so fino a che punto, in questa storia, arriverò a sviscerare... spero comunque di non deluderti. P.S.: è vero, non sono capace di scrivere storie a tema romantico puro e semplice, in mano mia diventerebbero dei polpettoni o, peggio ancora, dei racconti comici... mi riesce meglio "virare" sul drammatico o sull'erotico, li trovo entrambi più realistici.

Un bacio anche a chi legge senza recensire!
Tetide.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4 CAPITOLO 4

Questa non è la mia vita! Questa non sono io!!
Non si capacitava di quello che aveva fatto: più ci pensava, e più le sembrava che le sue gesta di quella notte assurda fossero state le azioni di un’altra persona, che lei aveva solamente vista riflessa in uno specchio.
Si rigirò per l’ennesima volta nel letto, molto piano, per non svegliare Kurt che dormiva beatamente accanto a lei, ignaro di tutto.
Cosa aveva combinato? Aveva fatto l’amore con Kurt!! Come era potuto accadere un fatto del genere? Sicuramente, doveva aver bevuto troppo, quella notte.
No, non si trattava solamente di quello: l’alcool  aveva sgretolato le sue barriere forse, ma la ragione vera risiedeva altrove, vale a dire nella sua disperata illusione di realizzare con le proprie mani il messaggio ricevuto in sogno.
In poche parole, la sera prima doveva essersi convinta che l’uomo che stava aspettando, il “sostituto” di Ted, fosse Kurt.
Ma era poi davvero così?
Magda si mise a sedere nel letto, cercando di analizzare la propria situazione a mente fredda; dentro di sé, lo avrebbe voluto: Kurt che le era sempre stato vicino, che l’aveva sostenuta nei momenti più terribili della sua esistenza, era un ragazzo d’oro, e lei gli voleva molto bene; ma poteva dire di amarlo? Poteva dire di vederlo al posto di Ted?
No.
Per quanto questo non le piacesse, le cose stavano così. Kurt non era la persona che, secondo lo strano messaggio ricevuto, avrebbe dovuto sostituire Ted; lo sapeva, lo sentiva: quando si era risvegliata accanto a lui, quella mattina, non si era sentita come si sentiva con Ted: d’accordo, lo voleva  un gran bene, ma non aveva provata accanto a lui quella sensazione di “essere a casa” che le faceva provare Ted, e che bisognerebbe provare con chi si ama.
No, Kurt non era “l’uomo del destino”.
Non era il successore di Ted.
Era, anzi era stato, solo un conforto.
Una ricerca di calore, anche se di una notte soltanto. Un’illusione.
E nulla più.
Ragion per cui, ora si trovava nei pasticci; aveva combinato un bel casino.
Si voltò, osservandolo dormire; era bello come sempre, Kurt, i tratti distesi avvolti dal sonno, i capelli biondi abbastanza lunghi sparsi sul cuscino, la corta barba a segnare il suo profilo.
Provò una fitta al cuore al pensiero del dolore che gli avrebbe dato, al risveglio, dicendogli la verità, ma non poteva fare altrimenti: mentirgli, ingannandolo, sarebbe stato ancor più atroce.
Si prese la testa fra le mani: iniziava ad avere mal di testa, e non soltanto a causa degli alcoolici che ancora le giravano nel sangue dalla sera prima; lentamente, si alzò, senza distogliere mai lo sguardo dall’uomo addormentato, temendo di svegliarlo, quindi andò in bagno a vestirsi; dopo, uscì.
In corridoio, c’era il solito viavai di gente che andava e veniva dalla spiaggia o dalla piscina; lei non ci fece caso, dirigendosi invece dritta dritta in camera di Beate e Karl.
Bussò alla porta, e poco dopo si vide aprire da un assonnato Karl in boxer, che si passava una mano tra i capelli arruffati.
“Ah, buongiorno Magda! Hai bisogno di qualcosa?” le chiese,
“Sì, dovrei parlare un attimo a Beate. E’ in camera?”,
“No, è già scesa a colazione”,
“O.K., Karl. Grazie!” così dicendo, si allontanò frettolosamente,
“Di nulla…” l’uomo rimase a guardarla, basito ed ancora confuso, dalla soglia, la mano ancora fra i capelli.
Magda raggiunse l’atrio, entrando nella sala colazione; seduta ad un tavolo trovò l’amica, intenta a sgranocchiare dei biscotti.
Le si parò davanti “Posso parlarti?”.
L’altra alzò gli occhi “Buongiorno, Magda! Cosa ti porta qui a quest’ora mattiniera?”,
“Devo parlarti!” si sedette davanti a lei con uno scatto “Non resisto più!”,
“Prego… tanto ti sei già seduta!” scherzò l’altra.
Rimasero qualche istante in silenzio.
“Allora? Cosa c’è?” fece Beate,
“Io… io e Kurt… lo abbiamo fatto!”.
Poco ci mancò che Beate saltasse sulla sedia.
“Davvero? E quando?”,
“Stanotte, dopo che ve ne siete andati”,
“Straordinario!! Era ora, piccola!! Ti sei decisa a sederti al tavolo dei viventi, alla fin fine! E lui dov’è?”,
“In camera, a dormire”,
“Cheee? Lo hai lasciato solo? Dopo la vostra prima notte assieme? Non è così che si comporta una brava fidanzatina! Io e Karl, dopo la nostra prima notte, siamo rimasti a letto insieme tutta la mattina, a non far niente!”,
“Beate…”.
L’altra, imperterrita, continuò.
“Di solito si fa sempre così… più o meno! Certo, esistono delle varianti, ma nessuna…”,
“Beate!! Mi stai a sentire, accidenti?!?”.
Beate si zittì, facendosi di colpo seria.
“Cosa…?”,
“Noi… non ci siamo messi assieme!”,
“Cos… cosa? Ma… ma dico, sei matta? Hai fatto all’amore con mio fratello per scaricarlo la mattina dopo? Volevi solamente illuderlo, per caso?”,
“No, no… non è lui che ho illuso…” Magda si guardava intorno sul tavolo, smarrita “… Quanto piuttosto me stessa!”,
“Spiegati meglio” Beate mise giù la tazza di caffè.
“Sono… sono una stupida, Beate! Una stupida ed un’illusa! E’ questa la verità!!”, scoppiò a piangere.
“Tesoro… ora calmati, e dimmi che cosa è successo di preciso”, Beate le afferrò con dolcezza un polso, come faceva ogni volta che vedeva la sua amica bisognosa di conforto.
E lei le raccontò ogni cosa: a partire dal sogno della notte precedente, poi la sera trascorsa in discoteca, il ballo silenzioso, la notte di passione, l’alcool. Tutto quanto.
L’altra la stette a sentire con pazienza, annuendo; quando Magda ebbe finito, prese la parola.
“Dunque hai preso un bell’abbaglio, ed a rimetterci è stato mio fratello. Capisco; dovrei essere arrabbiata perché Kurt è mio fratello, ma non posso esserlo, dato che comprendo le tue ragioni. Il problema, adesso, è spiegarti con lui”,
“Come? Lo ferirò comunque!!”,
“Se non gli parli, sarà anche peggio. E poi, non dimenticarti che siamo qui tutti assieme, e non potresti sfuggirlo troppo a lungo”.
Magda scoppiò a piangere “Stupida, stupida… continuo ad inseguire fantasmi… niente e nessuno potrà mai ridarmi Ted!”.
“Magda, tesoro…” l’amica le accarezzò la testa, che lei aveva appoggiato sulle braccia incrociate, singhiozzando “so che non dovei farlo, ma devo dirtelo: continuare a pensare al passato non serve, quel che è stato è stato, e non si può più cambiare. Ciò che si può fare, invece, è guardare al futuro, ed alle tante occasioni che esso ci offre: perché la vita non è mai finita, finché non lo è davvero, e tutti abbiamo delle altre occasioni! Ma tu, in questo modo, le stai rifiutando; il tuo cuore è chiuso nel dolore, nel passato, e questo non è bene. Perché non provi a riaprirlo con fiducia verso il futuro? Se non con Kurt, allora lascia che sia qualcun altro a farti di nuovo felice; perché non provi a credere al tuo sogno? Non precluderti l’idea che tu possa recuperare quello che hai perduto, anche se in una forma diversa: hai ancora una vita davanti, non credere di star inseguendo un’illusione, non convincerti che ciò che di bello potevi avere sia morto per sempre!”.
Alle parole dell’amica, Magda si era un po’ calmata, lentamente; tirò su con il naso, e riprese a parlare.
“Tornerò a Berlino. Non mi sento più davvero di star qui, non dopo quanto è successo con Kurt”,
“Fa come vuoi” Beate spezzò una brioche e ne ingoiò un boccone “ma prima devi chiarirti con lui”.

                                                    **********

Se il senso di vuoto e smarrimento nel nulla potesse avere un luogo fisico ben definito, questo sarebbe senza dubbio un aeroporto di notte: i lunghi corridoi semivuoti, quando la calca dei voli serali è defluita, popolati solo da poche figure mogie e silenziose, le vetrine spente dei negozi chiusi, i pochi fast-food aperti  con le loro radioline accese, uniche voci nell’assordante silenzio dei marmi delle piastrelle tirate a lucido, sono la cornice ideale per coloro che si sentono sospesi tra i due poli opposti delle proprie vite, senza sapere quale scegliere, o meglio ancora, se scappare via verso un ignoto da costruire, abbandonando tutto.
E Magda non faceva eccezione a questa regola.
Trascinandosi dietro la sua valigia, passeggiò per il corridoio, senza una méta precisa; si sedette, sospirando, e guardò il suo orologio: mancavano ancora tre ore buone alla partenza del suo volo, ma non se l’era sentita davvero di rimanere in albergo, non dopo la conversazione avuta con Kurt; così, aveva preso un taxi, e si era recata subito in aeroporto, rifiutando anche l’offerta di Karl di accompagnarcela.
Lei e Kurt, quel pomeriggio…

“Mi spiace davvero, Kurt, credimi!”,
“Io… non so cosa dire, Magda…”,
“Nemmeno io”,
“Credevo… di piacerti…”,
“E mi piaci! E molto, anche!” la donna era scattata in avanti, prendendogli le mani,
“Ma non abbastanza da spegnere i tuoi fantasmi” lui le aveva risposto senza sollevare lo sguardo e guardarla in viso. Lei gli aveva lasciate la mani, abbassando gli occhi a sua volta.
“Mi spiace, Kurt… davvero!”aveva aggiunto con un filo di voce “Io… non posso… perdonami…”,
“Capisco benissimo” anche lui aveva abbassato gli occhi “e non voglio costringerti a nulla, Magda; io ti amo, anche se tu non puoi contraccambiare i miei sentimenti: per questo, ti rispetto, ed accetto la tua scelta, ma desidero che tu sappia che il sentimento che mi lega a te è molto profondo e veritiero; ecco perché ti lascio libera di andare per la tua strada, senza rancore”.
Lei non aveva saputo cosa rispondergli; senza mai rialzare gli occhi, gli pose una mano sulle sue, sussurrando “Addio”.

Sospirò di nuovo, e poi guardò l’orologio: il tempo sembra non passare mai quando attendi qualcosa, è proprio vero! Un chiassoso gruppo di turisti, probabilmente Spagnoli, le passò accanto, con tanto di valigie al seguito: sembravano aver tutti il cuore così leggero, libero dalle angosce… perché doveva esser sempre tutto così dannatamente complicato, per lei?
Si perse nei suoi pensieri, mentre la piccola tempesta acustica causata dagli Spagnoli si andava disperdendo lungo il corridoio deserto: e ripensò al suo sogno.
Ne ricordava appieno i dettagli, come se li avesse avuti davanti: un altro al posto di Ted. Un uomo che non era Ted accanto a lei, di nuovo. Ma davvero voleva tutto questo?

Forse sono io che non voglio accettarlo… Kurt o chiunque altro non sarà mai Ted… ed il mio cuore non riesce a capacitarsene realmente… per questo continua a rifiutare chiunque, a rifiutare l’amore, fors’anche a rifiutare la vita stessa…
Sto fuggendo da me stessa? Non da Kurt, ma da me?
Ma io non lo amo!!
E se devo credere a quello stupido sogno, quell’uomo deve ancora arrivare!!
Ma sarà vero?

Lentamente, si mise in fila per l’imbarco, in mezzo a quella piccola folla di persone non abbastanza forti da fronteggiare gli impegni più seri che nascono nei momenti meno seri dell’anno: durante le vacanze. Quanti amori lunghi una vita erano nati in quei periodi? Quante nozze d’argento e d’oro avevano come sfondo ai loro ricordi più dolci l’infrangersi delle onde sulla riva?
E quante delle persone lì presenti stavano cercando di sfuggire ai nuovi impegni che la vita aveva messo loro davanti proprio nel momento più inaspettato, infilandosi su di un volo notturno improvvisato?
La lunga fila si avviò all’aereo; oltre i vetri, Magda riusciva a vedere le luci di un aereo che si stava abbassando sulla pista: un altro carico di vite con i loro dilemmi, le loro baruffe con sé stessi, i loro corsi e ricorsi… perché, in fondo, dovevano essere così diversi dai suoi? Siamo o no tutti sulla stessa Terra?

                                                  **********

Il ritorno a Berlino in pieno Agosto, non fu che la prosecuzione di quella partenza da romanzo: strade deserte sotto il sole estivo, pochi passanti, per lo più turisti, che si guardavano intorno con aria spaesata, ogni tanto qualche automobile a squarciare il silenzio assolato del primo pomeriggio estivo. Una visione desolante, pensò Magda, spegnendo la sua sigaretta nel portacenere accanto alla finestra, prima di tornare ai suoi libri da catalogare, una scusa come un’altra per lavorare.
Ritornò allo scaffale, ed iniziò a spacchettare un gruppo di libri che aveva acquistato lo scorso Maggio, e di cui non si era più curata fino a quel momento.

“Ci vediamo a fine mese, tesoro! Tu come stai, adesso?” la voce di Beate risuonava sempre più alta al telefono, non riusciva a capire per quale ragione,
“Abbastanza bene, grazie: sai che quando lavoro sto sempre bene…”,
“Mi fa piacere. Ah, un saluto anche da Karl!”,
“E’ lì con te anche lui?”,
“Sì, certamente. Sta aiutando Kurt ad imbarcare i bagagli: sai che ha accettato quell’incarico in Canada che gli avevano proposto l’inverno scorso?”,
“Ne sono lieta, davvero…”.
E non mentiva: il sapere che Kurt avrebbe continuato la sua vita anche senza di lei la faceva sentire meno colpevole di quello che era accaduto tra loro.

Finì di sistemare i libri sullo scaffale, ed andò a sedersi alla sua scrivania, nel suo ufficio personale; rivolse uno sguardo distratto all’orologio: erano appena le cinque e un quarto, il pomeriggio avanzava lentamente. Aprì uno dei cassetti del mobile, e ne estrasse un pacco di biscotti, che prese a sgranocchiare distrattamente.
Aveva finito di lavorare per quel giorno, pur tuttavia non voleva ancora andare a casa; e che motivo avrebbe avuto per farlo? Buttarsi in fondo ad una poltrona per fingere di stare guardando la TV? Non ne aveva davvero voglia.
 Eppure era questo che stava facendo, da quando era ritornata da quella fatale vacanza: vivacchiava, fingendo di dare un senso a ciò che faceva.
Karl e Beate non erano ancora ritornati e lei era sola; non c’erano feste a cui recarsi, né picnic da imbastire, nulla. Solo il vuoto di quei giorni assolati.
Le tornò in mente Kurt: Kurt, il suo viso dolce e bello, i suoi adorabili occhi verdi che avrebbero fatto impazzire qualunque ragazza, la sua risata argentina e fresca, sempre pronta a rallegrare tutto e tutti… dannazione,  perché ci stava pensando di nuovo? Si era ripromessa di non farlo…
Lei non lo amava. Questa era la verità. Semplicemente.
E per quanto avrebbe voluto ricambiare i suoi sentimenti, non ci sarebbe riuscita. Mai.
Avrebbe voluto stare insieme a lui, questo sì, ma… senza amarlo?
Stare assieme a lui la consolava, la faceva sentire confortata, protetta, amata: dal proprio punto di vista, le sarebbe stato molto vantaggioso mettersi assieme a lui. Per fingere di stare vivendo, almeno.
Ma per lui?
Non sarebbe stato onesto, no.
In quel modo, lo avrebbe solamente usato, per cercare d’ingannare entrambi.
Ingannare, sì: lei tentando di dimenticare il suo vero amore perduto, e lui illudendosi di avere accanto una donna innamorata, cosa che non sarebbe stata affatto vera. Non di lui, almeno.
Sarebbe stato un inganno, per tutti e due.
Un perenne inganno.
E Kurt non meritava questo.
Nemmeno lei lo meritava.
Aveva fatto bene a fare ciò che aveva fatto. Per tutti e due.
Forse, un giorno Kurt l’avrebbe ringraziata, chissà.
Ma cosa ne aveva ottenuto lei, in cambio?
Solo dolore e solitudine. Altra solitudine.
Rallentò e scalò di marcia, svoltando dall’Unter den Linden(1) nella strada in cui abitava Gerard, il suo socio; fermo all’angolo, vide un uomo che agitava un braccio, in segno di saluto; incuriosita, si fermò, accorgendosi subito dopo che si trattava proprio di Gerard.
Scese dalla vettura, andandogli incontro “Gerard! Ti credevo ad Amburgo con tuo fratello! Che fai qui, in piena estate?”,
“Sono tornato per cercarti, Magda”,
“Tornato? Per cercare me?”,
“Esattamente, sì. Purtroppo, mentre ero ad Amburgo con mio fratello, lui si è rotto un braccio cadendo dalle scale. Ah, quella sua fissa per il bricolage…”,
“E come sta adesso?”,
“Meglio, ma dovrà stare ingessato almeno un mese; di conseguenza, la vacanza in campeggio che dovevamo fare insieme va gambe all’aria per entrambi, dato che io dovrò tornare ad Amburgo per dargli  una mano, finché lui non potrà muoversi un po’ di più…”,
“Mi dispiace molto. Fagli i miei auguri… scusa, ma io che c’entro, con tutto questo?”,
“Ecco, volevo parlarti proprio del campeggio. Avevamo già pagato tutto, ma una quota, quella di Jorg, mio fratello, è purtroppo andata persa; vorrei tentare di recuperare almeno l’altra, la mia, offrendo il mio posto a te”,
“A me?”.
L’uomo fece cenno di sì con la testa “Sì. Ho telefonato a Beate, credevo fossi con loro; ma lei mi ha risposto che te ne eri andata perché ti annoiavi in quel genere di vacanza, così ho pensato che te ne eri tornata a Berlino e sono venuto a cercarti per offrirti quest’alternativa: laggiù non ti annoieresti affatto, si tratta di un campeggio “selvaggio””,
“Un campeggio “selvaggio”? Che vuoi dire?”,
“Beh, è uno di quei soggiorni in cui bisogna spostarsi in luoghi impervi, montarsi da soli le tende, dividere i pochi viveri con il resto del gruppo, camminare molto… è proprio il tuo genere: sbaglio o da ragazzina andavi in colonia tra i boschi?”,
“Sì, ma…”,
“E allora perché non ripetere l’esperienza? Sei abbastanza atletica, e so che questo genere di vacanza ti piace!”.
Mi piaceva, vuoi dire… una vita fa!
“Non voglio che ti lasci sfuggire l’occasione” Gerard le aveva già messo un fascio di biglietti in mano “questi sono i vaucher che avrei dovuto utilizzare io. Ti manderò le altre informazioni via mail; la partenza è prevista fra due settimane, avrai il tempo di organizzare tutto. Ora scusami, ma devo correre alla stazione: fra un paio d’ore parte il treno per Amburgo”.
Frastornata, Magda non aveva avuto nemmeno il modo di replicare: si era ritrovata con quei biglietti in mano e la voce dell’amico che si allontanava, salutandola.
“Aspetta… dove si terrà questo campeggio?”,
“Tra le Alpi Austriache. Divertiti!”.
A sentir nominare la montagna, mancò poco che a Magda non venisse un infarto; ma si calmò quasi subito dopo, sentendo che dell’Austria si trattava, non della Baviera.
Abbassò gli occhi sul fascicolo di biglietti, rigirandoseli tra le mani: in fondo, quella era una buona alternativa al caldo opprimente di Berlino, e soprattutto alla solitudine; e poi, lei amava quel genere di vacanze un po’ “estreme”, anche di più del mare; e per finire, quella era la vacanza giusta, dato che in quell’altra vacanza, fatta per non pensare a niente, aveva invece finito per pensare a tutto…
Sì, sarebbe stata la cosa migliore, pensò.
E d’un tratto, un pensiero le attraversò la mente.
Un ricordo.
Il sogno.
Verdi vallate imprigionate tra alte montagne rocciose…
Se si fosse trattato di un segno del destino?
Poteva saperlo solo in un modo.
Andandoci.



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(1)Viale dei Tigli, è un interminabile viale molto largo ed affiancato da caffè e ritrovi alla moda, molto conosciuto a Berlino; per lo meno, così lo ricordo io, 13 anni fa!!

Scusandomi per il ritardo imperdonabile che sto facendo patire a tutti coloro che stanno seguendo questa mia storia con sincero affetto (GRAZIE!!! SMACK!!), mi accingo a pubblicare questo quarto capitolo, che è stato un capitolo un pò complicato da gestire, e non voleva saperne proprio di uscire fuori (anche per via del periodo incasinato che sto passando). Spero di non deludervi, ed attendo i vostri commenti con trepidante ansia, come sempre! ;-)
Livia: grazie, un bacio grande per tutti i complimenti che mi fai (sei sicura che li merito?!?); come avevi previsto anche tu, in questo capitolo ci sono alcuni colpi di scena... ma gli sviluppi li vedrete!
Ninfea Blu: Magda è un personaggio difficile da trattare, a volte temo di non riuscire a tratteggiarla ed analizzarla come si dovrebbe: per questo utilizzo i flashback per raccontare il suo passato e spiegare i suoi stati d'animo. Sapere che ci sono riuscita bene mi solleva molto, grazie; se lo dici tu, ti credo. Grazie sempre, un bacio.
Kikkisan: eh, sì, hai ragione sull'alcool, ed anche sull'amore... Magda è un personaggio difficile e che annega nella sofferenza, e purtroppo in questa sofferenza ha trascinato anche Kurt... dispiace anche a me per questo ragazzo così dolce e bello, che sarebbe l'uomo ideale per tutte...
Pocahontas: ciao, e benvenuta tra i miei lettori! Anche io adoro la Germania, Berlino in particolare, ci sono stata quando avevo vent'anni appena; se vuoi, posso raccontarti qualcosa della Germania, dato che l'ho girata abbastanza in lungo ed in largo... solo una cosa: perché non ti piacciono gli occhi viola di Magda?

Un bacione anche ai miei lettori "silenziosi". A presto, ciao a tutti! Tetide.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5 CAPITOLO 5

Sprofondata nel sedile di un aereo, Magda sbocconcellava distrattamente il suo wafer al cacao. Era partita in tutta fretta, quella mattina, senza pensare a niente che non fossero le solite cose spicciole che precedono una partenza, tipo le valige da completare, il gas da chiudere, e via dicendo; quindi, si era recata in aeroporto e si era imbarcata. E adesso, si ritrovava con la stessa confusione di chi ha sprecato tutta la sua energia a vuoto e senza pensare, e poi rimane all’improvviso a non capire che cosa ha fatto, e perché lo sta ancora facendo.
Questi erano press’a poco i sentimenti di Magda, quella mattina.
Non riusciva a capire come mai si trovava su quell’aereo. Non riusciva a capire come ci era arrivata, quasi che i suoi preparativi frenetici fossero stati i fotogrammi di un film vissuto da qualcun altro. Non riusciva a capire perché aveva accettato quel biglietto.
Ma che accidenti ho fatto? Che accidenti sto facendo? Dove sto andando? Tutta quella stupida frenesia nel preparare i bagagli, senza chiedermi prima se davvero io lo volessi, questo viaggio; tutta quella stupida frenesia per cosa, poi…
Poi, un lampo le illuminò la mente. Il sogno.
Certo che sei davvero un’idiota, se ti sei imbarcata in quest’assurdità senza senso per uno stupido sogno…
Era stato quel sogno a spingerla ad intraprendere quel viaggio, volente o nolente; e adesso capiva benissimo da dove era arrivata tutta quell’energia e tutta quella frenesia: dal qualcosa non ben definito e sotterraneo al suo stato cosciente che era nato da quel sogno.
Sei irrecuperabile, Magda…
Sì, doveva essere così: quel qualcosa le aveva “dato la corda”, un bel giro lungo di corda di quelli che si davano un tempo ai giocattoli a molla, per farli camminare. E la stessa cosa era successa a lei: aveva approntato quella strana, inaspettata vacanza con mosse meccaniche, quasi automatiche, fremendo… fremendo per cosa? Questo non avrebbe saputo dirlo: a saperlo, semmai, era soltanto il qualcosa che le aveva comandato di farlo, tenendo sotto ai propri  piedi, nel contempo, la sua razionalità.
Sbuffò, guardando fuori dal finestrino, mentre la voce impersonale dall’altoparlante ricordava ai passeggeri che l’atterraggio era previsto fra una decina di minuti.
Si guardò intorno, come risvegliandosi da un sonno lungo e pesante; intorno a lei, i visi sorridenti e distesi che popolavano quel volo le fecero tornare alla mente che, nonostante il clima non proprio caldo del luogo che stavano sorvolando, era piena estate: una famigliola con due ragazzini che non avevano smesso un attimo di accapigliarsi tra di loro, una coppia di anziani signori intenta a leggere un paio di riviste, un’altra ragazza che sembrava stare compilando un cruciverba…
Sbuffò, abbassando di nuovo lo sguardo; e per l’ennesima volta si chiese come si era lasciata convincere da quel sogno ad intraprendere quella nuova impresa.

                                                                   **********

Magda uscì dall’aeroporto, inforcando gli occhiali da sole e guardandosi a destra ed a sinistra; certamente a Vienna c’era caldo, ma le cime coperte di neve che aveva sorvolato arrivando non lasciavano dubbi sulle temperature che avrebbe trovato giungendo a destinazione.
Alzò una mano per chiamare un taxi, salendovi prontamente sopra; in poco tempo aveva raggiunto la stazione, da dove avrebbe preso il treno per raggiungere Graz; da lì, un trenino a cremagliera che saliva in montagna l’avrebbe portata fino alle montagne retrostanti la città, dove si sarebbe tenuto il raduno.
Entrando nell’atrio, vide che vi erano poche persone, tutte accaldate che si facevano aria con ventagli od anche solo con semplici cartoni. Si avvicinò al tabellone delle partenze, constatando che mancava ancora un’ora circa alla partenza del suo treno, così, con un gesto di sufficienza, si avviò alla dolceria.
Quivi c’era più gente accalcata rispetto all’atrio; Magda si guardò intorno con un sorriso sardonico, pensando che la fame, o meglio la golosità, non conoscevano barriere dovute al caldo né ai suoi disagi.
Si avvicinò al bancone, dove alcune persone stavano chiacchierando allegramente, sorseggiando dei caffè; li osservò bene: erano due ragazze ed un ragazzo. Una delle due ragazze era mora e sottile, abbastanza alta, con due grandi occhi azzurri, mentre l’altra era una bionda prosperosa con gli occhi nocciola; il ragazzo, invece, era alto e muscoloso, ma non troppo,  capelli castani lunghi fino alla nuca e due immensi occhi blu chiaro.
Ridevano e discutevano animatamente: erano davvero l’immagine più viva della gioia estiva.
“… E mi raccomando, non cadere tra i rovi, come quella volta!”, stava dicendo, a voce abbastanza alta, la bionda al resto del gruppo,
“Sempre con questa storia! E’ successo soltanto quella volta!” la rimbeccava il ragazzo,
“Piuttosto, avete idea di quale sia il binario di partenza del nostro treno?” si intromise l’altra,
“Credo sia il 2, o qualcosa di simile…”,
“Credo, credo… cercate di informarvi meglio, cari miei, od invece che a Graz finiremo in Siberia!” la biondina era davvero tutto pepe!
Magda si mise sull’attenti: binario 2, treno per Graz… quelli sarebbero stati suoi compagni di viaggio… e chissà, forse anche di avventura! Ad ogni modo, perché non fare il viaggio fino a Graz assieme? Sembravano una compagnia piacevole…
Istintivamente, mosse un passo nella loro direzione.
“Scusate… state andando a Graz?”,
“Sì, perché?” si girò il ragazzo,
“Ecco… ci sto andando anch’io. E sì, volevo dirvi che, effettivamente, il treno partirà dal binario 2”,
“Magnifico! Grazie! Sei davvero gentile… com’è che ti chiami?” la bionda tutto pepe si era fatta avanti nella sua direzione,
“Magda Schmidt”,
“Piacere, Magda! Io sono Ingrid Calw, e questi due qui presenti sono Andreas e Verena Markenhall”,
“Marito e moglie?” fece Magda stringendo le mani di entrambi,
“Assolutamente no!” le rispose l’altra ragazza “Siamo fratello e sorella!”.
Magda le sorrise, poi guardò l’uomo: era davvero di bell’aspetto, constatò, con quei grandi occhi blu chiaro dolci e sorridenti, e la cascata di capelli castani abbastanza lunghi; aveva un’aria… angelica, ecco come definirla! Il suo sguardo e tutto il suo viso manifestavano una grande dolcezza, come quello di Kurt…
No, a guardarlo bene, questo ragazzo, Andreas, aveva un qualcosa in più rispetto a lui, anche se non avrebbe saputo dire cosa. Intanto, notò che, al contrario del sempre allegro Kurt, era abbastanza timido.
“Noi stiamo andando in montagna, ad un campeggio “selvaggio”, nei pressi di Graz; e tu, dove vai, Magda?”.
La donna, che fino a quel momento aveva ascoltato le parole della nuova conosciuta quasi in sordina, impegnata com’era nell’osservazione delle fattezze di Andreas, si riscosse non appena udì quale fosse la loro destinazione.
“Davvero? Anche io! Che combinazione!!”,
“Allora saremo compagni in questa avventura?”, l’altra le saltò letteralmente addosso, presa dall’entusiasmo,
“Er… sì, sì”,
“In questo caso, dobbiamo a-s-s-o-l-u-t-a-m-e-n-t-e sedere assieme, nel treno! Sei d’accordo?”,
“Ma naturalmente!” Magda sorrise.

                                                               **********

Mentre il convoglio procedeva la sua corsa verso Graz, i quattro ragazzi stavano facendo amicizia.
“E cosa fai nella vita, Magda?”,
“Sono bibliotecaria, a Berlino”,
“Davvero? Che coincidenza! Andreas e Verena stanno pensando di trasferirsi a Berlino, da un po’! Non è così?”,
“Sì, esattamente” fece eco l’altra ragazza “Sia io che mio fratello siamo laureati in Storia dell’Arte, e ci piacerebbe lavorare in qualcuno dei vostri numerosi musei”,
“Come, a Vienna non ne avete abbastanza? Perché siete di Vienna, esatto?”,
“Sì, a Vienna ce ne sono, ma rispetto a Berlino il flusso turistico è minore: Vienna è una città più “d’elite”, quindi i visitatori sono davvero pochi, soltanto quelli che amano la musica e la storia(1)”,
“Bé, in questo non posso darvi torto, Berlino è una città assai più viva, più frequentata…”,
“Pensiamo di trasferirci il prossimo Novembre” si intromise Andreas.
Magda si voltò di scatto: sentire la sua voce all’improvviso, una voce così alta e sensuale, a maggior ragione dopo che se ne era rimasto zitto zitto per quasi tutto il tempo della conversazione, le fece uno strano effetto. Strano davvero.
A dir la verità, tutta la persona di lui le faceva uno strano effetto, sin dal momento in cui si erano incontrati alla stazione: aveva un che… di familiare, ecco; non avrebbe saputo dire perché, ma aveva l’impressione di conoscerlo da sempre, o almeno da molto,  molto tempo.
Da un tempo di cui non aveva memoria.
Ed un pensiero le attraversò la mente, fulmineo come un lampo.
Sarai tu a riconoscermi…
Era possibile che fosse proprio lui? A crederlo sembrava fuori dal mondo, eppure…
“Magda… scusa, mi ascolti?”,
“Eh? Cos…? Scusa, ero sovrappensiero…”.
Di nuovo. Ci era cascata di nuovo. Perdersi nei suoi ricordi mentre qualcuno le stava parlando; era diventata una cosa usuale, da quando Ted non c’era più.
Dannato vizio…
“Ti stavo chiedendo se sai dove possiamo contattare delle buone agenzie immobiliari a Berlino”, riprese Verena,
“Sì, non c’è problema… restiamo pure in contatto, e quando sarete a Berlino vi presenterò un paio di agenzie. Vi lascio il mio recapito”.
Detto così, prese un foglietto da un notes, ed una penna, e si appoggiò sul tavolinetto estraibile per scrivere; sentiva su di sé gli sguardi di tutti, ma in particolare quello di Andreas. Ed era strano: per la prima volta dopo anni, avvertiva di nuovo un senso di protezione. Quello sguardo le dava protezione, come tanto tempo prima aveva fatto un altro sguardo, uno sguardo che non era quello di Kurt.
Era come una calda e rassicurante carezza, che senza contatto fisico sfiorava il suo corpo, lasciando dietro di sé un senso di pace, di sicurezza.
“Ecco a voi” Magda porse il foglietto a Verena, la quale lo prese con un sorriso riconoscente.
Il treno entrava in stazione a Graz.

                                                        **********

Ore dopo, Magda osservava il tramonto da una finestra aperta sulle montagne della Stiria; il sole calante tingeva di rosso le cime delle montagne più lontane, mentre il cielo che andava passando dal viola al blu della notte avvolgeva le vette più vicine e le valli.
Il giorno successivo, avrebbero lasciato il piccolo albergo che fungeva loro da rifugio, per inoltrarsi tra le montagne, muniti di tende, sacchi a pelo, provviste e tutto quanto serviva per una buona vacanza trekking.
E pensare che al mio posto, adesso, dovrebbe esserci Gherard…
Una persona al posto di un’altra. Lei che si trovava al posto del collega ed amico.
Forse un caso voluto dal destino?
Lei non ci aveva mai creduto, al destino…
E non ci credeva nemmeno adesso.
Una mano superiore, allora… qualcuno che stesse conducendo i fili della sua esistenza sul giusto binario per la seconda volta, allontanandola da un futuro fatto solo di buia e vuota solitudine.
Andreas… che lui le piacesse non v’erano dubbi; ma che potesse essere anche l’uomo del sogno, del suo sogno… temeva di stare illudendosi troppo.
In fondo, lui non aveva una voce che somigliava a quella di Ted, al contrario dell’uomo nel sogno; però, aveva il suo sguardo: sì, ora ne era certa, quel senso di protezione, di familiarità, di “sentirsi a casa” che i suoi occhi avevano saputo trasmetterle, derivava da questo. E lei aveva avuto infine il coraggio di ammetterlo con sé stessa.
Sì, ma perché proprio laggiù? Perché fra le montagne?
La montagna me l’ha portato via, ed ora la montagna me lo restituisce…
Che senso aveva, razionalmente parlando? Nessuno.
Eppure, lei se lo sentiva. Sentiva che c’era un motivo se adesso era lei a trovarsi lì e non Gherard, sentiva che c’era un motivo se lei ed Andreas si erano  incontrati prima e fuori dal gruppo vacanziero…
No, non poteva trattarsi di una semplice coincidenza.
Diede un ultimo sguardo alle montagne, ormai completamente nere, poi chiuse la finestra e si diresse di sotto, nell’atrio, dove tutti erano riuniti in attesa della cena.
L’indomani, bisognava alzarsi presto.

                                                     **********

“E’ tutto. E adesso, tutti in marcia!!”.
Il capogruppo aveva appena dato il via a quella follia: sì, perché agli occhi di molti, tale sarebbe sembrata.
Ma ai loro no.
Loro erano amanti di quel genere di cose. Dei veri duri.
“Se qualcuno dovesse aver fame prima dell’orario di sosta, può prendersi un pezzo di cioccolato dallo zaino. Ma niente di più: le provviste devono essere razionate il più possibile. Non voglio dover rientrare alla base anzitempo! Chiaro?”,
“Sì signore!” un coro rispose a quella domanda puramente retorica.
“Inizio stupendo! Ci sa fare! Mi piace davvero!”, Ingrid aveva affiancato Magda, entrambe con un grosso zaino sulle spalle,
“Di chi parli?”,
“Ma del nostro istruttore-capogruppo, è ovvio! E’ tosto! E ci sa fare! Grazie a lui ed a questa irripetibile esperienza, impareremo tutto ciò che è necessario sulla sopravvivenza!”.
Irripetibile lo sarà di sicuro, pensò Magda, non ho più diciott’anni, od ho perso l’abitudine a queste sfacchinate!
“E poi, è carino! Non trovi anche tu?” la biondina le si era fatta vicina, e le stava adesso sussurrando in un orecchio,
“Parli sempre di lui?” Magda sgranò gli occhi,
“E di chi altri, se no?”,
De gustibus…” Magda abbassò lo sguardo sugli sterpi del sentiero sterrato,
“A te non piace?” le chiese l’altra,
“Diciamo che non è il mio tipo”.
Theo, il capogruppo, aveva davvero un’aria da duro: alto e molto muscoloso, corti capelli castano-chiari tagliati a spazzola, occhi grigi dal taglio allungato, voce alta e tonante, mascella squadrata. Non che non fosse attraente, ma lei preferiva un altro tipo di bellezza, quella dolce e più rassicurante di Ted. O di Kurt. O di…
Si girò indietro a cercare Andreas con lo sguardo: lo vide, qualche metro più in basso, che parlava con la sorella tirandola per un braccio, mentre questa arrancava a fatica lungo la ripida salita.
Anche adesso, non smetteva di trasmetterle quella sensazione, la medesima che le aveva data il giorno prima: protezione, fiducia, sicurezza.
E casa.
Bastava vedere com’era premuroso nei confronti della sorella che, poveretta, portava sulle spalle uno zaino più grande di lei!
“Cos’è che ha detto sui serpenti, stamane?”, la voce di Ingrid la riportò alla realtà,
“Che se ne vediamo qualcuno, dobbiamo fermarci e restare calmi: non sono velenosi e probabilmente si allontaneranno da soli, spaventati dalla nostra presenza”.
Ingrid annuì.
Magda tornò a voltarsi, e le sfuggì un sorriso.
Com’è dolce!, pensò.
“Allora, allungate il passo? Pappemolli!” , la voce di Theo giunse lontana ma forte dalla testa della fila.

Alcune ore più tardi, raggiunsero la radura dove avrebbero piantato il loro campo base mobile: si tolsero gli zaini, iniziando a preparare l’occorrente per montare le tende.
A Magda sembrò di essere ritornata indietro negli anni, quando, in colonia, passava delle estati indimenticabili con gli amici; sorrise, lo sguardo perso nei ricordi, ricordi pieni di luce, di schiamazzi, di vita; ma quasi subito dopo, un’ombra nera le velò quello stesso sguardo.
Quella era un’altra lei!
Una vita fa.
Prima di tutto.
Rimase col paletto a mezz’aria, e lo sguardo nuovamente perso nel ricordo, un ricordo che ora aveva l’amaro sapore delle lacrime affogate in un caffè freddo, in una notte d’inverno senza sonno, né alba, con una bara in legno scuro accanto a sé.
La mano ricadde, il paletto stretto in essa.
“Posso aiutarti?” una voce alle sue spalle.
Non ebbe bisogno di voltarsi per capire chi fosse. E dentro di sé rispose.
Sì. Ora e sempre.
“Dài, che ti pianto il paletto! Questo va messo qua. Sbrighiamoci, o saremo costretti a mangiare da soli, è quasi l’ora di pranzo per il gruppo!”.
Senza dire una parola, lei lo guardò; o meglio, lo osservò a lungo, individuandone, adesso, particolari del volto e dello sguardo che prima non aveva notato. E si chiese come aveva fatto.
     





_________________________________________________________
(1)Devo dire che è stata proprio questa l’impressione che ne ricavai io, visitando per la prima volta questa città, quando ero andata a passarvi il Capodanno (ero appena iscritta all’Università).

Perdoooono!!! Perdonatemi per l'enorme ritardo con cui aggiorno (non è da me, lo so...), ma nonostante la traccia di questa storia l'avessi già in mente da un bel pezzo, l'ispirazione per i particolari sta faticando molto a venir fuori!! Sarà anche il caldo...
Comunque, cercherò di sforzarmi un pò di più... per la vostra gioia!! (O per il vostro dolore, dipende dai punti di vista...)
Ninfea Blu: sono contenta che tutte (e soprattutto tu) siate riuscite a cogliere la vera essenza del difficile stato d'animo di Magda; temevo che, dopo la fuga seguìta alla notte passata con Kurt, qualcuno potesse equivocare, ma per fortuna ciò non sembra essere successo! Meno male! Futuri sviluppi? Mah, forse, ma non saranno tanto prevedibili...
Livia: ciao e grazie anche a te! In effetti, Magda adesso è un pò confusa, ma bisogna riconoscerle anche un grande coraggio: non tutte avrebbero avuto la forza di chiarirsi con Kurt dopo quanto successo... scappare era senza dubbio la soluzione più semplice, ma lei non l'ha scelta; sorprese? Tu che dici?
Kikkisan: concordo pienamente: la vita non va mai sprecata, e guai a chi ti costringe a fare scelte non tue!! Tornando al capitolo, forse in questo momento Kurt sta peggio di Magda, anche se non lo dà a vedere; Magda sta letteralmente affogando in un oceano fatto di dolori antichi e confusione nuova... meno male che ha degli amici preziosi!
Un bacio a tutte, e speriamo di risentirci presto con il prossimo capitolo!
Un bacio, Tetide.



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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6 CAPITOLO 6

Un’altra giornata volgeva al termine; il tramonto arrossava il cielo, dipingendolo con colori che sfumavano dal rosso fuoco all’arancione, al rosa.
Seduta sulle rocce digradanti verso la lontana valle, Magda osservava quel  magnifico scenario; sentiva il cuore leggero, per la prima volta dopo tanto tempo, sgombro da cattive sensazioni e dal dolore.
In un modo misterioso, la vita le aveva sussurrato nell’orecchio che era ora di smetterla di affogare in un dolore che non aveva più alcuna connessione col suo presente, e la cui unica via d’uscita era il voltar pagina; d’altronde, nemmeno tutte le lacrime del mondo avrebbero potuto riportare in vita Ted, e questo lei lo sapeva benissimo, da sempre. La differenza era che adesso quell’argomento da sempre così negletto al suo cuore era riuscito a penetrare le pareti del suo animo, ed a costruirvi fissa dimora, per di più in un modo quieto ed indolore: si può dire che Magda ne avesse accolto il significato completamente, non solo più in modo razionale, ma in un modo totale, che coinvolgeva il suo io più profondo, la parte più recondita della sua anima; ed era stato questo a portarle la tanto sospirata pace.
Dunque, se adesso Ted era in un luogo migliore, nel quale anche lei un giorno lo avrebbe raggiunto, perché continuare a soffrire? La sua assenza ed il vuoto che le avevano scavato un solco nel cuore erano stati all’improvviso leniti da qualcosa della cui azione lei non si era nemmeno accorta, né poteva dire che fosse stato il tempo, dato che tutti gli anni dal momento della morte di Ted li aveva trascorsi sempre nel medesimo stato. Ma davvero Ted voleva che lei dilapidasse la propria vita, immolandola ad un ricordo? Sicuramente no.
Doveva vivere, allora. Doveva farlo anche per Ted.  
“Una monetina per i tuoi pensieri”, una voce alle sue spalle la riscosse.
Si voltò e vide Andreas.
“Ti spiace se mi siedo accanto a te?” le disse, prendendo posto,
“Certo che no” sorrise lei.
Fissarono entrambi lo sguardo negli ultimi bagliori del tramonto.
Magda avvertì la mano dell’uomo prendere la sua, ed un brivido percorrerla tutta.
“Sei silenziosa, stasera”,
“Perché dici questo?”,
“Te ne stai qui da sola, invece di unirti agli altri intorno al fuoco, al campo…”,
“Beh, lo stai facendo anche tu…”,
“E’ vero! Siamo una bella coppia di orsi!”.
Andreas scoppiò a ridere e lei lo seguì.
“Ti piace qui?” le chiese poi,
“Abbastanza, sì: la quiete dei boschi è quello che mi ci voleva per staccare un po’ dal caos di Berlino”,
“Così, è tanto caotica la tua città?”,
“Che ti aspettavi? E’ pur sempre una capitale!”,
“Lo è anche Vienna, ma non è così caotica…”.
Adesso il brivido stava esagerando: la voce di Andreas si era trasformata in una calda carezza che dall’orecchio le scendeva lungo la guancia; ringraziò mentalmente il Cielo che l’oscurità fosse tale da non permettere di guardarsi in faccia.
“Non temere, ti… ti ci abituerai!”,
“Su questo non ho dubbi! Se vuoi qualcosa, niente è insopportabile! Non è forse così anche per te?”,
“Infatti…”,
“Scusa se te lo chiedo, Magda, ma… non hai un ragazzo, vero?”.
Magda sussultò.
“P-perché?”,
“Beh, sei qui tutta sola… un uomo che si rispetti non lascerebbe andare la propria compagna da sola in un luogo pericoloso come questo…”,
“Trovi che la montagna sia pericolosa?”,
“In questo modo “avventuroso”, sì!,
“Sì, hai indovinato. Non ho un ragazzo” sospirò la donna, e lui poté udire nelle parole di lei una nota di indelebile tristezza”,
“Scusami, non volevo… rattristarti. Se ho detto qualcosa di sbagliato…”,
“No, non preoccuparti. Non hai detto nulla di sbagliato. E’ solo che ricordare non è il mio… passatempo preferito, ecco”.
Andreas tacque, aumentando al contempo la stretta alla mano di lei: quella stretta era forte e calda, rassicurante ma non invadente. Per certi aspetti, le ricordava quella di Ted.
“Sai una cosa?” fece lui per cambiare argomento “Credo sia ora di tornare dagli altri, prima che facciano fuori tutti i viveri!”.
Si alzarono. Attorno a loro, ormai, era completamente buio.
“Coraggio, andiamo. Ti guido io lungo la strada, se non ci vedi”.
Magda lasciò che la mano di Andreas scivolasse lungo il suo fianco, fino a cingerlo del tutto, e ad attirarla al suo petto, che era caldo quanto la sua mano.
Stavano per incamminarsi nel boschetto per raggiungere il campo base, ma ancora esitavano; qualcosa li tratteneva in quel luogo, così appartato da tutto, quasi abbracciati, in silenzio.
“Magda? Andiamo, su!”, la esortò leggermente lui.
Lei tacque ancora.
“Lui se ne è… andato” aggiunse poi, a voce quasi impercettibile,
“Come?” fece eco Andreas,
“Il mio uomo. E’ andato via”.
Magda non poteva vederlo, ma l’uomo aveva scosso leggermente la testa. “Se ti fa male parlarne, non voglio saperlo”.
Si mosse anche lei, e si incamminarono nella boscaglia, raggiungendo il campo poco dopo, dove trovarono l’allegria degli altri intenti a cucinare il cibo.
Ingrid stava facendo gli occhi dolci a Theo, mentre gli mostrava una mela, mentre Verena discorreva con un’altra ragazza; si sedettero accanto a loro, beandosi del tepore del fuoco in quella frizzante aria di montagna della sera.
“Ecco a voi!” fece un ragazzo, porgendo loro un paio di spiedini di carne; li presero con riconoscenza.
“Magda…”, la voce di Andreas le era giunta sottotono, quasi un sussurro,
“Cosa?”,
“Se avrai bisogno di me… io ci sarò… per qualunque cosa!”,
“Grazie” annuì lei.

                                                              **********

Nei giorni successivi, Magda e Andreas continuarono a comportarsi come se nulla fosse accaduto, fra loro; e, a ben vedere, nulla era accaduto; o per lo meno, nulla di importante; ma nessuno dei due avrebbe potuto negare l’impercettibile ma vivissima gioiosa inquietudine che percorreva il corpo di entrambi, quando si trovavano l’uno vicino all’altra.

“Okay, adesso facciamo una prova un po’ più difficile!” chi aveva parlato era Theo, con la sua solita grinta “dividetevi in gruppi di due, e portate qui funghi e radici commestibili in base alle indicazioni che vi ho date iersera; avete un’ora di tempo!”.
Per loro, fu naturale fare coppia. Fu quasi automatico. Fisiologico.
“Per di qua!” Andreas fece strada a Magda lungo una sorta di pendio scosceso, sorreggendola al tempo stesso per evitarle di cadere.
“Perché di qua? E’ talmente ripido! Non potevamo prendere dalla salita, come Rolf e Astrid?”,
“Sì, che potevamo. Ma stanno andando tutti per di là, e con la ressa che ci sarà da quelle parti non avremmo trovato nemmeno una bacca!”,
“Uhm… a questo non avevo pensato! Hai ragione!”.
Percorsero un paio di metri ancora più in giù, allontanandosi dal resto del gruppo; ad un tratto, Magda perse l’equilibrio e cadde, strisciando un polso nella ghiaia con violenza.
“Ahi!” gridò. Immediatamente, Andreas le fu sopra.
“Che hai fatto?”, chiese prendendole il polso,
“Non è nulla… solo un graffio”.
L’uomo aggrottò le sopracciglia “Sarà anche un graffio, ma quanto sanguina! E’ meglio se te lo fascio”. Così dicendo, si tolse dalle spalle la sacca appoggiandola a terra, ed iniziò a frugarvi dentro, in cerca dell’occorrente per il pronto soccorso.
“Ecco” estrasse una boccetta contenente del liquido “dammi il polso, Magda”.
Glielo prese fra le sue mani, iniziando subito la medicazione; Magda sentiva dentro un mare in tempesta di sentimenti e sensazioni contrastanti.

“Ma non è possibile! Ti sei tagliata un’altra volta! Credo che, quando vivremo assieme, dovrò fare un corso accelerato di pronto soccorso, se voglio starti dietro!”.
Magda sorrise. Era incredibile l’abilità di Ted nel riuscire sempre a sdrammatizzare tutto, senza mai cadere nel superficiale: come faceva? Soltanto lui ci riusciva, a quel modo!
“E dài, è soltanto un taglio! Non mi sembra affatto il caso di farla così lunga! O no?”,
“… “Soltanto un taglio”, dice lei! Ma non vedi quanto sangue stai perdendo? Quello è un moncone di vetro, potevi farti male seriamente!”, indicò un bicchiere finito in frantumi sul pavimento,
“Il mio Ted, già premuroso come un maritino!” rise Magda.
Nell’altra stanza, il salotto, Beate e Kurt stavano sistemando gli ultimi pacchi sotto l’albero di Natale, mentre Karl provava le luci e deponeva ramoscelli di abete un po’ dappertutto: diffondevano il profumo del Natale, diceva lui.
E quello sarebbe stato il loro Natale più bello.
Ma nessuno immaginava che sarebbe anche stato l’ultimo, per Magda e Ted.
“Ecco!” Ted aveva finito il suo lavoro da infermiere improvvisato “Adesso, ti siedi laggiù, e finisci di sbattere la maionese al posto mio; mi occupo io delle stoviglie. O.K.?”.
La voce di Ted, di solito così dolce, esprimeva di rado quel timbro tanto deciso, ma quando ciò avveniva, c’era sempre un buon motivo.
“Come vuoi” sbuffò Magda “annoiamoci pure a muovere le uova!” aggiunse.
“Et voilà!” la voce di Karl giunse chiara e forte dal salotto fino in cucina, adorna di una sfumatura di trionfo “Il mio capolavoro è finito! Chi vuole vederlo?”.
Immediatamente, Magda e Ted si alzarono e raggiunsero gli altri.
“Karl, sono senza parole! E’… bellissimo!” Magda girava gli occhi in aria.
Dappertutto, appese alle pareti, all’albero e persino al lampadario, decorazioni dorate e rosse, di ogni foggia e colore, sembravano comporre la scenografia di una rappresentazione Natalizia, tanto erano disposte bene.
“Qui ci vuole un brindisi!” Kurt aveva preso la bottiglia dello spumante, aprendola,
“Sì, mio fratello ha ragione!” Beate lo aveva seguito a ruota, prendendo i bicchieri dalla credenza.
In pochi istanti, il frizzante liquido dorato riempì i calici.
“A noi cinque!” fece Beate ad alta voce “Alla nostra squadra invincibile, sempre insieme!”.
Cinque calici tintinnarono nell’aria.

Una lacrima traditrice corse giù dagli occhi di Magda.
… Sempre insieme…
“Ehi, Magda, ti sto facendo troppo male?”,
“Cosa? N-no, Andreas”.
Lui le lasciò andare il polso per prenderle il viso tra le mani.
“Cosa c’è, allora? Pensi ancora a lui, vero?”.
Magda annuì.
“Possibile che continui a pensarci? Anche dopo che ti ha lasciata?”,
“Non puoi capire, Andreas…”,
“Io capisco solo che ti stai consumando il tempo e la salute appresso ad un tizio che non ti merita”,
“Non è come credi…”,
“E com’è, allora? Spiegamelo!”.
Magda tacque. La verità era così semplice, eppure così difficile da dire! Quella parola, che le faceva tanto male ad uscirle di bocca…
“Ted non era… la persona che pensi”,
“Magda...”,
“Ted è morto!”,
“Cos…”.
Silenzio. Le mani dell’uomo erano ricadute lungo i suoi fianchi.
“Non lo sapevo. Perdonami, Magda”.
La donna non si mosse.
“Però…” Andreas le posò ora le mani sulle spalle “… questo non significa che tu non debba vivere, Magda! La vita è fatta di attimi preziosi, che non vanno mai sprecati; ed il tuo… Ted, vero?... da lassù non sarà affatto contento di vederti così!”,
“Così come?”,
“Arresa. Sconfitta. Come se dalla vita non avessi più nulla di buono da aspettarti”.
Era stupefatta: in pochi giorni, Andreas era riuscito a leggere dentro di lei quello che anche agli amici più cari aveva richiesto mesi per venire alla luce! C’era in lui un qualcosa di… familiare, lo aveva già detto; ma non si trattava di un qualcosa di superficiale, o di detto tanto per dire: era qualcosa di più, che descriveva la vera essenza del loro rapporto nascente: l’essersi già conosciuti, in un tempo ed in un luogo sconosciuti.
Era questo di lui, che la faceva sentire a casa.
Solo da pochissimo tempo, Magda stava tornando ad accettare la vita; ed anche questo era successo quando era apparso lui. No, non era un caso, non poteva esserlo.
“Quello che dici è vero” Magda si stupì per come la voce le uscì così rotta e ferma al tempo stesso “Io non vivevo. Da anni, ormai. Da quando lui se ne era andato. Però, in questi giorni  sta avvenendo un cambiamento in me… è come se un altissimo, impenetrabile muro stesse all’improvviso sgretolandosi… non saprei dire perché, ma da quando sei qui con me, io… non sono più la stessa! Sento che la frattura in me si sta lentamente colmando, che il dolore si allontana… E ci sei… tu!”.
Andreas l’aveva ascoltata con la bocca semiaperta “Anche per me è così…”.
Lui fece qualche passo in direzione di lei; poi le prese il viso tra le mani; c’era, tra loro, una tensione forte come una corrente elettrica ad alta tensione, che non poteva passare inosservata a nessuno dei due: i loro sguardi si attrassero immediatamente come la calamita ed il metallo… un’attrazione impalpabile, ma irresistibile, irrefrenabile; si avvicinarono fino a far coincidere i loro respiri, il soffio delle loro anime, rimanendo poi a contemplarsi l’un l’altra per alcuni, eterni istanti… entrambi desideravano bere l’uno il soffio dell’altra, assaporarsi con il respiro, prima ancora che con le labbra…
Si avvicinarono lentamente, quasi senza accorgersene. E vi fu un leggero sfioramento di labbra, una pressione appena, che diveniva ogni istante più decisa, più intensa, fino a sfociare in una fusione di labbra umida e totale, le punte delle lingue che ora continuavano l’opera di esplorazione già iniziata dai fiati… Ed il bacio continuò, lungo e languido, mentre tutto il resto, attorno a loro, lentamente scompariva.

                                                            **********

Magda non aveva davvero  mai creduto seriamente di poter tornare a vivere; e non così presto, poi.
Aveva creduto a quello strano sogno, è vero, ma non era mai riuscita a convincersene fino in fondo, razionalmente almeno; una parte di sé, non ne era convinta del tutto: la sua era più che altro una speranza, la ricerca della luce dopo anni di buio.
Ma adesso, la realtà smentiva il suo scetticismo, meravigliosamente.
E le stava riportando la vita.
E questa volta, lei non l’avrebbe lasciata fuggire via.

Sorrise ad Andreas, che con la scusa di aiutarla a tagliare il pane le stava accarezzando leggermente il dorso della mano. Gli occhi di lui, i suoi bellissimi occhi azzurri, racchiudevano una nota di dolce protezione, quasi come a dire, in silenzio, “di me ti puoi fidare”.
E lei si fidava. Ogni volta che si sentiva accarezzare da quello sguardo, da quel sorriso, le sue paure residue si scioglievano come neve al sole, e lei si sentiva al sicuro. A casa.
“Ecco a voi!”. Magda osservò le mani di Andreas distribuire il pane ed il salame alle persone sedute in cerchio con loro attorno al fuoco: mani forti, curate, che trasmettevano un senso di sicurezza… ma sapeva che quelle stesse mani erano capaci di accarezzare, vezzeggiare, coccolare… un brivido le attraversò il cuore. Un brivido dolce come la lieve scarica elettrica che pervade il cuore di chi si innamora: misto di gioia e timore per ciò che non si conosce, e si tema che possa farci soffrire. Dolcezza e trepidante, impercettibile ansia.
Prese la sua porzione, senza smettere di guardarlo negli occhi, sorridendogli.
E lui ricambiò il suo sorriso, complice.

Quella notte, una tenda rimase vuota. Quella di Magda.
La giovane donna, finalmente, stava riassaporando il calore del contatto con il corpo di un uomo; e questa volta, ne era consapevole, diversamente di come era stato con il povero Kurt, annebbiata com’era dai fumi dell’alcol e dei ricordi.
Adesso, in questa lunga notte, tra le braccia calde di Andreas, stretta al suo petto nudo, assaporava appieno quel senso di protezione, di casa, che di lui l’aveva colpita sin dal primo istante; osservava l’uomo addormentato, ricordando come, fino a poco prima, l’aveva amata con passione, coprendola di attenzioni e carezze; ancora le sembrava di avvertire il fuoco delle labbra di lui scenderle dal collo alla schiena, una lunga scia di dolce lava incandescente che le strappava gemiti e sospiri nascosti, mentre le mani di lui si facevano strada in luoghi di lei inesplorati…
E sorrise.
Quasi l’avesse vista, lui allungò una mano, facendola risalire dalla schiena fino ai capelli di lei, affondandovi dolcemente; e Magda si beò di quel contatto, socchiudendo gli occhi e scivolando in un tranquillo sonno.
Il domani, per loro, era pieno di promesse.

Questo è il penultimo capitolo di questa storia;sono riuscita a pubblicarlo abbastanza presto, e spero di avervi fatto un regalo prima delle ferie; a tutti quelli che vorranno leggere e lasciare un commento, GRAZIE in anticipo.
Dedico questo capitolo a Ninfea Blu.
Ninfea Blu: come vedi ce l'ho fatta a pubblicare prima della tua partenza...! Se volessi dare una letturina, prima di partire... P.S.: per quelle cose di cui ti ho parlato, scrivimi pure via mail e sarò felice di risponderti. Buone vacanze e fammi sapere!
Kikkisan: il "ritorno alla vita" di Magda, come vedi, prosegue; anzi, si definisce ancor meglio in questo capitolo... e su Andreas avevi visto giusto!! ;-)
Livia: probabilmente sei già in ferie, ma se passassi di qua, sai che commenti e suggerimenti sono sempre ben accetti... in ogni caso, BUONE VACANZE!!
Un salutone a tutti e buone vacanze. Tetide.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7 CAPITOLO 7

E la vita per Magda ricominciava.
Ancora una volta.
La vita: un susseguirsi infinito di speranze, gioie, trepidazioni, attese, notti di Natale vicino al fuoco, compleanni, risvegli all’alba d’inverno, incontri furtivi per pranzare prima di rientrare al lavoro, sere passate abbracciati sul divano, conti di fine mese, le cose più normali insomma, che adesso rientravano nella sua vita con la potenza benefica e devastante di una inattesa bella notizia.
Ricominciare daccapo ad amarsi, ad aver fiducia l’una nell’altro, riabituarsi a vedere un volto familiare ed amato ad ogni risveglio accanto a sé… riprovare ancora una volta a lasciarsi andare all’amore.

Magda sorrise, incurante della fatica che l’inerpicarsi per quel pendìo le stava portando; guardò Andreas, che stava anche lui sorridendole, e di nuovo si sentì tranquilla, appagata. Completa.
Aveva ritrovato l’amore.
Un altro Ted.

Un altro te, dove lo trovo io?

Chissà se c’è
un altro te!
Con gli stessi tuoi discorsi, quelle tue espressioni che in un altro viso cogliere non so

Un altro come te
ma nemmeno se lo invento c’è!!(1)

Se qualcuno, anni prima, le avesse detto una cosa simile, non ci avrebbe mai creduto. Le sembrava semplicemente impossibile.
E ora, invece… era vero!
Nonostante le mancasse sempre Ted, aveva ritrovato l’amore.

…E mi mancano i miei occhi, che sono rimasti lì dove io li avevo appoggiati
quindi su di te…
…Ed è sempre più preoccupante…(1)

“Colonna, ALT!” Theo si era fermato.
Tutti lo imitarono.
“Possiamo fare campo qui per un paio d’ore”.
Tutti sospirarono di sollievo, iniziando a liberarsi degli zaini.
“Sei stanca?” chiese sottovoce Andreas a Magda,
“Un po’… e tu?”,
“Anche io”.
Si sorrisero ancora.
Magda osservò le mani forti e curate del suo uomo che iniziavano a montare la tenda dove lui avrebbe dormito quella notte; provò un brivido al ricordo delle meravigliose ed intensissime sensazioni che quelle stesse mani le avevano donato, soltanto poche ore prima: anche la notte precedente, infatti, l’aveva trascorsa con Andreas. Ma era evidente che non avrebbe potuto essere così ogni notte, ragion per cui, la notte seguente avrebbero dormito separati, ognuno nella propria tenda.
E, una volta tornati a Berlino insieme, avrebbero avuto davanti tutti i giorni e tutte le notti di tutta una vita, per restare vicini.
Abbassò gli occhi e sorrise al pensiero di quando lo avrebbe raccontato a Beate e Karl, ma un attimo dopo una fitta di dolore le attraversò il petto, al ricordo di quanto era accaduto con Kurt: come avrebbe fatto a dirlo a lui?
In fondo al suo cuore, sperò che quel caro e premuroso ragazzo avesse conosciuto un’altra donna.
“Allora, avete finito o no?” Theo interrompeva sempre le sue riflessioni con la sua solita delicatezza.
“Dài qua, ti aiuto!” Andreas le prese la fune dalle mani, completando il fissaggio della tenda.
“Grazie” sussurrò lei.
Si scambiarono un furtivo bacio.

In men che non si dica, il campo era montato, e tutta la comitiva si sedette in cerchio per consumare un rapido pasto.
Andreas tirò fuori dallo zaino una confezione di dolcetti alla marmellata di albicocca, l’aprì, e ne porse un paio a Magda.
“Immaginavo che ti sarebbero piaciuti!”, rideva Andreas osservando Magda che ingoiava voracemente i dolci,
“Scusa, ma… come facevi a saperlo?” chiese lei, la bocca ancora piena;
Andreas le si avvicinò e le passò un braccio dietro la schiena per attirarla a sé “Diciamo che in questi giorni ho potuto osservare più di una volta quanto apprezzi… le coccole!”,
“E questo cosa c’entra con i dolci?” fece lei,
“Beh, da qualche parte ho letto che chi ama le coccole ama anche… la marmellata, di solito!!”,
“Ma… non sempre!”,
“Però con te ci ho preso, giusto?”,
“Come sei stato dolce! Ma non dirmi che hai chiesto i dolci a Theo od a qualcun altro del gruppo per darmeli!!”,
“Tranquilla, li avevo nello zaino! Sai, piacciono anche a me!”.
… E un altro punto a favore per noi!, pensò Magda.
“Bene, ora state a sentire tutti quanti!” Theo si alzò in piedi “Questa notte tentiamo l’impossibile: dormiremo solo un paio d’ore, come vi ho preannunciato, quindi leveremo le tende e ci rimetteremo in marcia verso la vetta della montagna!”,
“Di notte?” chiese qualcuno.
Il corruccio “da duro” di Theo aumentò: “Ascoltatemi bene, signorine: qui siete venuti per faticare! Se volevate una vacanza tutta ozi e lazzi, potevate anche restarvene sulla spiaggia! Ma visto che siete qui, dovete muovere le chiappe, sono stato chiaro? Non tollero fannulloni nel mio gruppo!”,
“Okay, okay, era solo una domanda!” replicò l’interessato levando le mani in segno di resa.
Theo annuì soddisfatto.

E difatti, un paio d’ore di sonno dopo, tutto il gruppo era di nuovo in marcia, nella notte.
Andreas e Magda camminavano in fondo alla fila, vicini come era ormai divenuto loro abituale.
D’un tratto, Magda inciampò su di un sasso, perdendo l’equilibrio; cadde a terra.
“Tutto bene?” Andreas l’aiutò a rialzarsi,
“Credo di sì… ma ho perso la mia lampadina tascabile… l’avevo qui, in mano…”,
“Non c’è problema” prontamente, l’uomo si chinò a terra “te la cerco io”.
Infilò una mano in mezzo ad un gruppo di rovi, toccando di qua e di là, ma senza riuscire a trovare nulla.
“Andreas, lascia perdere. Chiederò a Theo di darmene un’altra”,
“No, vedrai che la trovo…”.
Improvvisamente, un alto grido attraversò  l’aria. L’intera colonna si fermò, atterrita.
“Andreas, che è successo? Perché hai gridato?” Magda gli si era precipitata addosso.
“Non so… la mano… qualcosa mi ha punto la mano…”,
“Ehi, dà qua! Fa vedere!” Theo li aveva prontamente raggiunti, e adesso stava esaminando la mano di Andreas; Magda lo vide aggrottare la fronte.
“Questi sembrano i due forellini caratteristici del morso di un serpente!”, disse poi.
Accese la sua torcia ed iniziò a guardare tra i rovi con prudenza; si accorse di un movimento furtivo, e puntò la luce in quella direzione, in tempo per vedere una coda grigia a squame marroni sparire nell’oscurità.
“Una vipera!” gridò; poi aggiunse “Quella bastarda ti ha morso la mano! Cosa senti, Andreas?”,
“Non… non mi sento più la mano… sto perdendo la sensibilità…”,
“Sì, è naturale; è l’effetto del veleno. Dobbiamo tornare immediatamente a valle, o almeno al campo base, e chiamare i soccorsi!”.
Andreas lo guardò “Sono… molto grave, vero?”,
“Se non interveniamo immediatamente, sì, amico!”.
Magda osservava la scena con le mani giunte, il terrore negli occhi raggelati.

                                                            **********

In breve tempo, avevano raggiunto il campo base, un po’ più in giù; Andreas era stato posto su di una specie di barella improvvisata costruita con rami e lenzuola, ed ora giaceva febbricitante e semincosciente in un angolo della tenda, assistito da un’angosciata Magda.
Sebbene fosse estate, le montagne della Stiria erano sbattute da un vento fastidioso e abbastanza freddo, che annunciava già, in quelle regioni, l’arrivo dell’autunno; le cime più alte erano già imbiancate dalle prime nevi.
Andreas delirava, immerso nelle febbri causate dal veleno del serpente; con amore e cura infinite, Magda bagnava e strizzava un panno in una bacinella colma d’acqua, per poi porglielo sulla fronte, allo scopo di abbassare la febbre.
Dio, no, ti prego!! Ti sei già preso Ted, ma ti prego, non portarmi via anche Andreas!
Per la seconda volta nella sua vita, Magda avvertiva tutta la fragilità del suo affetto più caro; e per la seconda volta, sentiva tutta la potenza minacciosa delle montagne che la sovrastavano.

“In albergo non hanno ancora trovato il dottore, accidenti!” sibilava Theo, manovrando la radio,
“Ma come? Vuoi dire che non ce n’è uno di turno al pronto soccorso?”, gli si rivolgeva Ingrid,
“Certo che c’è; ma al momento pare sia dovuto andare a Graz, presso un suo vecchio paziente!”,
“E non possono rintracciarlo?”,
“Ci stanno provando, infatti; ma il suo cellulare risulta staccato, al momento”.
Dal suo angolo di angoscia, Magda non disse nulla; si limitò ad ascoltare con occhi tristi, per poi tornare ad occuparsi di Andreas.
E’ tutta colpa mia! E’ solo colpa mia!! Quel dannato serpente… Quella stupida torcetta…
Perché, perché tutti gli uomini che amava dovevano andarsene? Non aveva già sofferto abbastanza? Quale oscura maledizione gravava su di lei, costringendola alla solitudine?
No, non questa volta. Non Andreas. Aveva già dato tanto, troppo al destino. Non avrebbe permesso che si portasse via anche Andreas, il nuovo amore che il Cielo aveva voluto donarle in un momento inaspettato, nella buia luce di un’estate di desolazione. Avrebbe fatta la qualunque cosa, pur di tenerlo legato a sé.
Per ricominciare a vivere, assieme. Per riprovarci.
Ancora una volta.
L’uomo aprì gli occhi, uno sguardo debole e vacuo, ma che sapeva riversare su di lei una carica d’infinita dolcezza.
“Sto… sto molto male, vero?”. Lei annuì.
“Sì, amore. Ma non temere: ti salveremo! Il veleno non vincerà. Il male non vincerà! Theo sta rintracciando il dottore, vedrai che presto sarà qui”.
Quasi evocato dalle sue parole, ecco che Theo comparve vicino alla spalla di lei.”L’abbiamo trovato! Dall’albergo hanno trovato il dottore: gli hanno riferito ogni cosa, sta venendo qui. Presto sarà tutto finito!”.
Magda sospirò, abbassando leggermente il capo, in segno di trepidante speranza.


“Il siero è abbastanza forte, non c’è bisogno di una dose maggiore”, il medico stava aspirando un liquido opaco in una lunga siringa, il cappuccio destinato a coprire l’ago tra i denti, “una volta entrato in circolo, farà effetto in un paio d’ore al massimo; tenetelo al caldo, e tranquillo”,
“Sì, dottore, grazie” Magda annuì leggermente, gli occhi socchiusi,
“Non so come ringraziarla, davvero, dottore!” Theo allungò la mano al medico; quello gliela strinse, sorridendo “Non c’è di che! Però, è necessario che sia assistito continuamente: la febbre potrebbe avere picchi improvvisi, e potrebbe esservi necessità di abbassarla con degli impacchi di ghiaccio”,
“Ci penserò io, dottore” intervenne Magda,
“Ah! Lei è la fidanzata?”,
“Sì”,
“Molto bene: allora, le dico che, anche se il peggio è passato, il signore non è del tutto fuori pericolo: il veleno, purtroppo, era già in circolo da un po’, ed in parte aveva già agito sui centri nervosi; ragion per cui, molto dipenderà dall’organismo del paziente, e dalla sua reazione fisica”,
“Capisco, dottore”.
“Se non avete più bisogno di me, io andrei” si congedò il medico,
“Grazie ancora, dottore. Venga, l’accompagno all’elicottero” gli fece strada Theo.
Magda rimase da sola accanto ad Andreas, semisvenuto.
Resisti, amore!! Non mi lasciare sola, adesso che ti ho ritrovato!! Perché lo so che sei ritornato, Ted! Ho riconosciuto i tuoi occhi, la tua dolcezza, le tue premure: non puoi non essere tu! E, questa volta, non permetterò alla montagna, né a chiunque altro, di portarti via da me!

Scese la notte.
Magda proseguiva nella sua assistenza infermieristica improvvisata; gli altri componenti del gruppo sonnecchiavano ai quattro angoli della grande tenda da campo, mentre Theo passeggiava su e giù con passo che voleva esser fermo, celando la sua agitazione.
Quanto sei pallido, amore mio! Resisti, ti prego: devi farcela! Per te, per me, per noi due! Non possiamo dividerci di nuovo, ora che la vita ci ha fatti ritrovare, Ted!!
Ti resterò accanto, questa notte e sempre. Per tutte le notti del tempo e del mondo. Voglio essere la tua donna. Non voglio più allontanarmi da te. Ma torna, ti prego, resisti, non mi lasciare!!
L’uomo aveva un sonno agitato e irregolare, con brevi quanto repentini risvegli, seguiti da deliri sempre più violenti; Magda cambiava e ricambiava le pezze bagnate, non distraendosi nemmeno per un attimo.
Lei gli prese la mano, stringendola forte, quasi avesse voluto, con quella stretta, comunicargli tutto il proprio calore, per richiamarlo alla vita.
E a poco a poco, il sonno si impadronì di entrambi.

Di nuovo la vallata. Di nuovo le alte montagne. Ma stavolta, accanto a lei c’era una figura ben nota. Ted.
“Perché siamo qui?” fece lei,
“Non lo indovini, Magda?”,
“Sai che non sono mai stata brava con gli indovinelli…”,
“Ho qualcosa da dirti”.
Magda tacque.
Ted riprese a parlare.
“Cessa di disperarti. Da quest’oggi e per sempre”.
Lei rialzò la testa.
“Apri il tuo cuore all’amore. Ancora una volta”.
Gli occhi di Magda brillavano.
“Vuoi dire che…”,
Devi ritornare a vivere, amore. Non puoi piangere in eterno. E’ per questo che l’ho mandato a te: affinché tu fossi felice.”.
Gli occhi viola della donna si riempirono di grosse lacrime “Ma anche lui sta per… sta per…”,
“No, Magda” Ted le aveva afferrato un polso “Non lui.  Non qui. Non ora. Lui è qui per te. Nessuno te lo porterà via! Sarà lui ad accompagnarti da ora in avanti, a riaccendere il sorriso sul tuo viso. Ed io andrò in pace”.
Magda non disse nulla; lasciò che le lacrime le rigassero il viso, libere, poi aprì la bocca in un sorriso radioso rivolto al suo ex-uomo.
“Grazie!”.
Ted sorrise, mentre la sua immagine si faceva sempre più evanescente, fino a scomparire.
Magda fu sola, d’improvviso.
La valle scomparve. Le montagne scomparvero.

Lentamente, riaprì gli occhi, accorgendosi di trovarsi appoggiata allo stesso cuscino di Andreas; quello stesso cuscino da dove, adesso, lui le stava sorridendo, i suoi bellissimi occhi azzurri spalancati in un sorriso luminoso.
“Buongiorno, amore!” le disse.
Magda scosse la testa, per scacciare via gli ultimi scampoli del sonno; dapprincipio, non credette ai suoi occhi: Andreas stava bene!
“Andreas… come stai?”, chiese con voce roca,
“Molto meglio!” si sentì rispondere da una voce alle sue spalle, quella di Theo “La febbre è scesa del tutto: l’effetto del veleno è stato superato!”.
Magda si volse nella direzione del capogruppo “Theo… ma… da quanto…”,
“… E’ sveglio? Da circa mezz’ora, e la prima cosa che ha detto è stata di sentirsi benissimo e di aver fame”,
“Ma… perché non… mi avete chiamata?”,
“Noooo! E perché mai? Sarebbe stato un vero peccato, dormivi come un angioletto!”.
Andreas rise forte alla battuta dell’amico; con mano tremante più per l’emozione che per la stanchezza, Magda gli accarezzò i capelli.
“Andreas… ce l’hai fatta… io ho creduto che…”.
Due lacrime le solcarono le guance.
Ma lui non la lasciò finire, posandole delicatamente un dito sulle labbra.
“Ora non ha più importanza. Nessuna. Tutto quello che dobbiamo fare, da adesso in avanti, è pensare a noi due”.
Si baciarono.
Grazie, Ted!!

                                                                  **********

Notte di Natale.
Sei persone si affaccendavano attorno ad una tavola imbandita.
Tre coppie.
Con la sua abituale allegria, Karl stava addobbando il lampadario, fischiettando.
“Finito!!”, gridò con aria trionfante,
“Un capolavoro, davvero!” lo prese in giro Beate.
Dall’altro angolo della stanza, Kurt e Verena osservavano la scena, divertiti.
Sin da quando si erano conosciuti, si erano trovati immediatamente in sintonia, soprattutto ora che Kurt aveva avuto modo di “disintossicarsi” dal dolore per il distacco da Magda, e riusciva finalmente a vederla solo come una buona amica; Verena, da parte sua, aveva perso letteralmente la testa per quel ragazzo tanto bello e spontaneo, che non le lasciava mai un momento per rattristarsi.
“Eccoci qua!!” esclamarono all’unisono Magda ed Andreas entrando nella stanza; nelle mani, recavano una enorme torta.
“Questo è il dolce: ricetta nostra!!” fece Magda,
“Guardate che è Natale, non San Valentino!!” Karl non perdeva occasione per mettere in mostra il suo miglior spirito.
“Fila, spiritosone!!”, Magda si finse arrabbiata con lui, inseguendolo con un mestolo di legno, tra le risate degli altri.
“Allora, cominciamo a mangiare o volete arrivare alla funzione di mezzanotte con lo stomaco pesante come un macigno?”, la saggia come sempre Beate.
I due ragazzini improvvisati si ricomposero, sedendosi.
Nell’angolo più lontano della stanza, brillavano le mille luci di un abete decorato a festa, nei toni del rosso e del verde: osservandolo, a Magda tornò in mente un altro Natale, ormai lontano, non soltanto nel tempo, ma anche da quella che era la sua vita attuale.
Sarai sempre nel mio cuore, Ted: nessuno usurperà mai l’angolo del mio cuore che ho consacrato a te! Ma sei stato tu stesso a dirmi di continuare a vivere, a gioire, a respirare; e mi hai mandato lui, per questo. Tu eri il mio passato. Lui è il mio futuro. Il passato non può esser toccato. Ma il futuro è da costruire. E tutto ciò che io voglio, adesso, è ricostruire il mio domani. So che tu mi benedirai. E quando guarderò le stelle, lassù nel cielo, penserò ai tuoi occhi che erano grandi e luminosi come loro; e penserò a vivere il mio presente, con tutto il suo carico di impegni, preoccupazioni, gioie, spensieratezze e momenti da vivere intensamente o da dimenticare: perché la vita va vissuta, con coraggio e senza mai tirarsi indietro dalle proprie scelte; e spero che, quando ci rincontreremo, sarò un po’ più in pace con me stessa di quando mi hai lasciata.
“Iniziamo, coraggio!” Kurt si stava già versando del vino nel bicchiere.
Magda guardò Andreas, in silenzio.
Ricominciamo, coraggio! Ancora una volta!.


 

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(1)Eros Ramazzotti, Un’altra te, qui adattata ad un uomo, dato il contesto!


Innanzitutto, buon Ferragosto a tutti!! Spero che stiate passando una buona estate, dato che questa è una stagione splendida, e vale la pena!!!
Con questo capitolo, concludo questa mia storia, sperando che vi sia piaciuta e di ricevere i vostri commenti (che sono sempre graditi).
E' stata dura scriverla, dato che la parte finale mi è stata ispirata da un sogno, ma per tutto il resto ed i particolari ho dovutolavorarci sopra, per di più, lottando contro un calo d'ispirazione (che credo sia evidente dal racconto...). Ad ogni modo, attendo i vostri commenti.
Ninfea Blu: ciaoooo carissima!!! Sei già tornata? Se sì, con questo capitolo voglio farti un regalo di "bentornata a casa"! Così, ti piace il personaggio di Andreas? Ti capisco... ;-) Qui, i toni si sono fatti un tantino più drammatici, come hai visto... però spero ti sia piaciuto lo stesso! Attendo il tuo commento, e poi ci sentiamo via mail: devi dirmi tutto... sai di cosa!!! XD Un bacio!
Livia e Kikkisan: buone vacanze anche a voi! Se ci siete, battete un colpo!! Smack!!

Un bacio a tutti, alla prossima!! Tetide.

 

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