Diario di una ragazza sfortunata

di clacli87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio del dramma ***
Capitolo 2: *** Lo sfogo ***
Capitolo 3: *** La crisi ***
Capitolo 4: *** Fiamme sul volto ***
Capitolo 5: *** Il pranzo ***
Capitolo 6: *** La scoperta ***
Capitolo 7: *** L'indagine ***
Capitolo 8: *** L'incontro ***
Capitolo 9: *** Premonizioni ***
Capitolo 10: *** La scomparsa ***
Capitolo 11: *** Il capobranco ***
Capitolo 12: *** Il ritorno del diario ***
Capitolo 13: *** Calma piatta ***
Capitolo 14: *** New life ***
Capitolo 15: *** L'incontro ***
Capitolo 16: *** Il primo Tour ( BUON NATALE A TUTTI) ***



Capitolo 1
*** L'inizio del dramma ***


Caro diario,
Oggi ho deciso di cominciare a scriverti, non ho resistito quando ti ho visto tutto impolverato sugli scaffali di camera mia, è la prima volta che ti apro da quando mia madre ti comprò, io avevo sei anni, forse non ti ho mai utilizzato perché la mia vita semplice scorreva troppo bene, era perfetta, come fosse quasi un’illusione e sinceramente comincio a credere che lo fosse davvero.
Prima di confidarmi dovrei parlarti un po’ di chi sono giusto?
Beh, non c’è molto da dire, sono una ragazza di nome Leah, vivo nella riserva Queliute a Forks, una piccola cittadina della contea di Callam nello stato di Washington, assieme con mia madre Sue, mio padre Herry e il mio fratellino rompiscatole Seth. Ho passato la mia infanzia in maniera del tutto anonima, la maggior parte del tempo aiutavo mia madre a casa, andavo a scuola o facevo dei piccoli dispetti a Seth. Credo di dire con assoluta certezza che la mia vera storia è iniziata dal momento in cui mi sono innamorata , già… è toccato anche a me purtroppo, l’amore è stato l’inizio e anche la fine.
Lui si chiama Sam, vive nella mia stessa riserva, lo conoscevo da quando ero piccola, ma non avevo mai badato a lui, almeno non in quel modo, ma sai come succedono certe cose, qualcuno te lo presenta, cominci a scoprire qualcosa in più sul suo conto e parlando del più e del meno scopri che non è quella persona che hai sempre pensato fosse, ma che è speciale, che per te è speciale, poi basta fare due più due per scoprire che sei irrimediabilmente cotta di lui ed allora cominciano i casini.
Da quel momento iniziano a venirti mille dubbi e ti chiedi in ogni momento “che cosa penserà lui di me”, cerchi di decifrare i suoi gesti e le sue parole e ti inventi mezzucci subdoli per stare più vicino a lui, insomma sostanzialmente vai fuori di testa. Ma ripensandoci ora forse quelli sono stati i momenti più belli, dove ogni singola sua parola per me era una speranza in più e ogni singolo gesto ci avvicinava l’un l’altro.
Ebbene ti chiederai se alla fine ce l’ho fatta o meno a conquistarlo e ti posso dare una risposta affermativa, ma sinceramente forse sarebbe stato meglio rinunciare sin dall’inizio.
Tutto il periodo che siamo stati insieme lui mi ha sempre trattato come fossi la cosa più preziosa per lui, ero davvero felice, mi faceva sempre qualche sorpresa e non smetteva di ricordarmi mai quanto mi amasse, anche se a volte gli piaceva scherzare un po’ troppo, ma infondo non mi lamentavo, io ero felice di stare con lui, mi piaceva la sua personalità, il suo carattere e sentivo che era l’uomo della mia vita.
Invece mi sbagliavo, tutte le promesse che ci eravamo fatti non importarono più nulla dopo quel giorno, il giorno in cui di me tutto morì, il giorno in cui si innamorò di mia cugina Emily e mi lasciò per lei.
E quindi eccomi qui, a scriverti, a sfogarmi con te a cercare un appiglio, qualcosa che mi faccia andare avanti, sono felice di averti trovato mio caro compagno di disgrazie, sono sicura che mi sarai utile.
Mi sento già un po’ meglio, ora che ti stringo tra le mie mani, e che ho scritto un po’.
Alla prossima, grazie per avermi ascoltato perché per me è questo quello che fai.

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Capitolo 2
*** Lo sfogo ***


Caro diario,
Sono sotto le coperte, mi circonda il soffice abbraccio delle lenzuola di cotone che ha fatto mia madre, finalmente posso smettere di fingere di stare bene e versare un po’ di quelle lacrime amare che mi inondano gli occhi e sfogarmi un po’.
È finita un’altra giornata, ormai è passata una settimana da quel maledetto giorno, il tempo trascorre inesorabile e io quasi non me ne accorgo, la mia mente rimane fissa a quel giorno, sono come bloccata in un universo parallelo in cui sono costretta a rivivere all’infinito quella scena. Gli è bastato uno solo sguardo per cambiare tutto tra di noi, una frazione di secondo, e puf! Io non esistevo più! La mia vita ormai non ha più un senso, sento di non aver più un cuore, è andato in frantumi quando l’ha guardata.
Contavo così poco per lui da innamorarsi follemente di mia cugina??
Non avevo mai creduto prima di allora nell’esistenza di quello che chiamano “colpo di fulmine” ma cos’altro potrebbe essere stato ad unirli così intensamente? Così come non è mai stato con me e in un attimo fugace, come se fosse la prima volta che la vedesse veramente, forse si è trattato di un’epifania, un momento di chiarezza mentale che ai suoi occhi mi ha reso più insignificante di un granello di sabbia.
Potrei gridargli tutte le brutte parole che mi vengono in mente quando penso o sento il suo nome…
Ma a cosa servirebbe? Le cose tra di noi non potrebbero che rimanere quelle che sono, so di non contare più nulla per lui e questa consapevolezza mi sta distruggendo. E’ come se mi si aprisse una voragine nel petto, vorrei sprofondare in uno stato di apatia, non sentire più alcun dolore, ah… se potessi… se esistesse un modo, di tutto pur di smettere di amarlo.
Mi confido con te diario, perché non lo direi a nessun altro al mondo, la verità è che anche dopo tutto quello che mi ha fatto io non lo odio ma lo amo ancora, che sciocca che sono eh…. ed è l’amore che mi fa essere scontrosa, è l’amore che mi fa allontanare da tutti e da tutto, è quello l’unico sentimento che mi divora e mi lacera come se fossi squartata da lame taglienti.
Non faccio altro che chiedermi in cosa io abbia sbagliato, che cosa ho mai potuto fargli per meritarmi un trattamento come quello che mi ha riservato. Noi dovevamo sposarci, avere dei figli essere felici e invece il fato mi ha costretto ad una vita di infelicità, se questa può essere chiamata vita.
Ciò che mi fa più male è vedere negli occhi di Emily la felicità che poteva essere la mia, sono invidiosa, gelosa e non posso nemmeno darlo a vedere, lei è sempre stata come una sorella per me. Mi odio per i pensieri che a volte mi vengono nei suoi confronti, arrivo anche a pensare a come sarebbe bella la mia vita se lei non fosse mai esistita, sono un mostro di cugina, lo so, ma cosa posso farci, lei mi ha portato via tutto ciò che per me era importante.
A volte vorrei fuggire dalla realtà che mi circonda, sparire semplicemente, ma sono sempre la solita, mi faccio troppi problemi e non ce la farei ad abbandonare i miei genitori e i miei fratelli, le uniche persone da cui ricevo un po’ di affetto.
Ma perché è successo a me?? Sul serio è questo il mio destino? Non posso ancora credere a quello che sta succedendo, poco tempo fa Sam mi chiamava “amore” e ora le stesse parole sono dirette solo ad Emily ed esiste solo lei, nient’altro che lei, si vede dal suo sguardo, dal luccichio che ha negli occhi non appena la vede e da quel sorriso che fa capolino nel suo volto appena riesce a sfiorarla, mentre nel mio viso a quelle stesse scene prorompe una smorfia di disgusto e un conato di vomito mi assale assieme al più profondo sconforto.
Non è giusto! penso, ma in fin dei conti non posso farci niente, è questa la realtà che mi tocca vivere, devo sopportarlo, devo farmi forza, devo far vedere al mondo che lo odio, solo con te posso sfogarmi e disperarmi, mio unico amico.
Scrivere sulle tue linde pagine, rivelarti i miei più oscuri pensieri è l’unica cosa che mi fa andare avanti, tu solo conosci la verità dei miei tormenti e i miei segreti resteranno celati dentro di te.
Ora si è fatto tardi, credo che cercherò di dormire un po’, anche se immagino di non riuscirci affatto, domani mi aspetterà un dura giornata...
Il fatidico pranzo a casa di Emily, credo che avrò bisogno di te più che mai.
Alla prossima mio fedele compagno di disgrazie!

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Capitolo 3
*** La crisi ***


Caro diario,
Sono le quattro di pomeriggio, sono appena tornata da casa di Emily, ebbene sì, la mattinata è finalmente giunta al termine, alla fine sono trascorse anche quelle ore interminabili.
So che mi attendevi con ansia, adesso dovrei stare meglio, dovrei ripetermi che è tutto passato, che ora sono al sicuro, ma niente funziona, nulla potrà farmi dimenticare mai ciò che è successo oggi.
Se sono costretta a ricordarlo per sempre tanto vale scriverlo sulle tue pagine, magari in un futuro prossimo rileggendo queste mie stesse parole avrò modo di alimentare quell’odio che vorrei tanto provare, ci sei tu a ricordarmi in quanti modi e con quanti mezzi Sam mi ha fatto del male.
Ti chiedo scusa per la mia calligrafia a zampe di gallina, ma sai, mi tremano le mani, non è il freddo come forse crederai, sono nervosa e il mio respiro si fa sempre più affannato, forse perché ho corso per lasciarmelo alle spalle o forse per via delle lacrime che si espandono come un torrente irrefrenabile sul mio viso ormai pallido come non mai, mi fa un certo effetto pensare a lui, stargli vicino e queste sono le conseguenze, credo che quindi dovrai abituarti.
Ora sono in camera mia, nel mio angolo preferito, quello più confortevole di casa, sono seduta sulla poltroncina in vimini che mi ha fatto mio padre qualche anno fa, la mia copertina di pail, quella che io chiamo di “linus” mi avvolge le gambe trasmettendomi l’unico calore che io possa ormai ricevere.
L’ampia finestra che ho di fronte affaccia sui boschi che circondano la riserva, quei boschi cupi e bruni che il sole non tocca quasi mai.
Mi ricordano me stessa, la mia vita, per questo li amo, la loro bellezza è sempre nascosta nell’ombra, è l’ombra che dona loro una vena malinconica e triste per chi li scruta in lontananza, mentre chi li guarda da vicino è assalito dalla paura, è la loro complessità che emana terrore.
E’ tutta apparenza, io lo so, so quanto sono belli, anche loro celano dei segreti, anche loro sono scontrosi con quelli che li attraversano, ma aspettano soltanto che qualcuno si avvicini, che vada oltre l’apparenza, infondo anche loro hanno bisogno di amore ed è per questo che per me sono unici.
E’ con lo sguardo verso i miei amati boschi che voglio raccontarti, loro mi danno la forza per farlo, ora sono pronta.
Bene, allora da dove iniziamo? Credo che ci sia bisogno di un flashback per spiegarti al meglio cosa è successo oggi, ritorniamo al giorno in cui Sam mi ha lasciato, ad una settimana fa, al momento in cui lui ha guardato Emily.
Lei l’aveva come ipnotizzato, provavo a chiamarlo, ma niente, non mi degnò di un solo sguardo o di una risposta in quegli interminabili cinque minuti, io mi stavo preoccupando da morire, credevo che stesse avendo un malore, il suo sguardo era un misto tra gioia e dolore, non so spiegarti.
Appena rinvenne dal suo stato catatonico finalmente mi guardò e l’unica cosa che riuscì a dire fu “Non posso.”
Allibita non capivo cosa stesse succedendo, così gli chiesi che cosa volesse dire e fu in quello stesso momento che mi resi conto, prima ancora che lui dicesse “Io e te, noi, non posso più farlo Leah, io non vado più bene per te” a quanto pare non fui abbastanza forte da lasciare che il mio cuore si spezzasse senza che null’altro accadesse e quindi svenni sotto gli occhi increduli di mia cugina che non aveva ancora capito nulla. Quando ripresi conoscenza mi trovavo nel mio letto, mia madre era seduta sulla poltrona, il capo chino e le mani poggiate sulla fronte in segno di disperazione, e sulla soglia della porta c’erano Seth e mio padre, sembravano molto preoccupati anche loro.
Al mio risveglio l’attimo che avevo vissuto poco prima mi sembrava come un incubo dai contorni sbiaditi e non potei controllare la mia reazione, inconsciamente chiesi a mia madre dove fosse Sam e quindi l’ingrato compito toccò a lei.
Mio padre e mio fratello vedendo che ero sveglia mi lasciarono sola con lei, mia madre allora mi prese una mano e nella maniera più dolce che potesse fare mi disse: “Tesoro, non ricordi? Sei svenuta, non so come dirtelo amore ma vi siete lasciati, Sam ci ha detto solo che non potevate stare più insieme, non ci ha dato altre spiegazioni, ho provato a chiedergli qualcosa in più ma si è come volatilizzato.”
Poi mi vide piangere davanti ai suoi occhi impotenti, per la prima volta dopo anni, sai non mi piace farmi vedere vulnerabile, e continuò a parlarmi “Tesoro, non piangere, non sprecare le tue lacrime per Sam, ricordati che è lui che perde qualcosa di importante e non tu! Il mare è pieno di pesci, forse lui non era il pesce giusto per te, ma vedrai piccola mia, un giorno troverai quello che fa per te e allora non ci sarà nulla che potrà dividervi! Leah cara fatti forza sai che noi ti vogliamo bene.”
Detto ciò mi lasciò sola, tra i miei pensieri.
Non riuscii a risponderle anche se avevo ascoltato attentamente le sue sagge parole, ma ti dirò, non fecero altro che peggiorare il mio stato d’animo, il pesce giusto per me era lui, come poteva non esserlo? Mi sembrava di essere creata per stare con lui, forse però come tutte le cose avevo qualche tipo di difetto, qualche mal funzionamento, forse ero io che non andavo bene per lui.
Forse eravamo come due pezzi di un puzzle che non combaciavano alla perfezione perché uno era difettoso.
La triste consapevolezza di essere sbagliata per lui mi accompagnò per tutto il tempo in cui rimasi sveglia, poi finalmente piombai in un sonno purificatore, non sognai né ebbi incubi, almeno per quella notte. Il mattino seguente fui svegliata da delle voci “Allora come sta?” disse la prima “Non credo molto bene, ma perlomeno mi è sembrato che questa notte non l’abbia turbata più di tanto” rispose la seconda.
Aprii finalmente gli occhi e le vidi, erano mia madre ed Emily, forse l’aveva chiamata mia madre nella speranza che vedendola stessi un po’ meglio, ma lei non poteva sapere, e d’altronde neanche io.
Ci lasciò subito sole con la scusa di andare a preparare qualcosa per la colazione e subito io piombai su mia cugina abbracciandola, piangevo, ero una cascata continua, volevo che lei mi ascoltasse, che mi consolasse in qualche modo, ma per il tempo che le rimasi avvinghiata non disse una parola, poi d’un tratto mi allontanò, aveva uno sguardo strano, sapevo che c’era qualcosa che non andava ma non potevo neanche solamente immaginare cosa c’era che la turbava.
Le chiesi cosa avesse, cosa c’era che non andava e lei dopo un attimo mi spiegò tutto: “Ieri dopo che sei svenuta Sam è venuto a parlare con me, mi ha detto che si è innamorato di me, che non è stata una cosa prevista ma che è successo, che io sono fatta per stare con lui, io credo che abbia ragione, credo di amarlo. Sai che non vorrei ferirti, che tengo moltissimo a te, ma non è una cosa che posso controllare, ti giuro che non c’è stato mai nulla prima d’ora tra me e lui ma ora so che siamo fatti per stare insieme.
Leah non sapevo se dirtelo o meno, ma come potrei tenertelo nascosto, sei come una sorella per me, non volevo lo scoprissi da qualcun altro, so che mi odierai per questo, so che non mi perdonerai mai, ma te lo dovevo dire, ti dovevo dire che ci siamo messi insieme. Spero che un giorno potrai capire e giudicare tu stessa che non avevo scelta, per favore perdonami se puoi, non posso perderti, sai quanto ti voglio bene.”
Rimasi di stucco, quello fu il momento più brutto della mia vita, perdere Sam era già tanto ma sapere che lo stesso giorno in cui mi aveva lasciato si era già fidanzato e per giunta con mia cugina, no questo non potevo sopportarlo.
Mi sentii furiosa come non mai, i miei occhi si gonfiarono ancora di più e le lacrime continuarono a scendere sul mio volto ma in maniera molto più accelerata, per la prima volta urlai contro mia cugina, la intimai di andarsene e di non mettere più piede in casa mia, lei non se lo fece ripetere due volte, non so cosa pensasse in quel momento, sapevo solo cosa pensavo e provavo io.
La odiavo, non potevo che odiarla, più i giorni passavano più la odiavo, pensavo a come aveva potuto farmi una cosa del genere, esaminavo nella mia mente i pochi momenti in cui io e Sam avevamo passato le giornate con Emily e non trovavo nessun cenno di interessamento né da una parte né dall’altra, non capivo e sprofondavo nello sconforto più totale. Avevo perso l’amore di Sam e l’amore di una “sorella”,di un’amica, cosa contava più ormai? ero sola al mondo, non trovavo più niente che potesse rendermi felice, non avevo più speranza e non pensavo ad altro che a loro due ed a come si erano presi gioco di me.
Ero sul punto di avere una crisi emotiva, ma poi accadde una cosa…
Diario, scusami, credo che dovremmo continuare un altro giorno sono tornati e non posso farmi scoprire. Arrivederci mio caro compagno di disgrazie.

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Capitolo 4
*** Fiamme sul volto ***


Eccomi Diario, sono tornata da te!
Scusami se ti ho abbandonato e rinchiuso nel mio posticino segreto, ma nessuno deve sapere della tua esistenza, o meglio nessuno deve sapere che mi sto confidando con te; credo che Seth non farebbe che prendermi in giro se sapesse che non posso fare a meno di scriverti e mia madre sarebbe troppo curiosa e ci impiegherebbe un nonnulla per aprirti e varcare la soglia dei miei tormenti.
Come puoi ben vedere non potevo aspettare domani, sento il bisogno di parlarti come lo si farebbe ad un amico, se mai ne avessi uno. Allora… dov’ero rimasta?
Ah si… ebbene ti dicevo di quanto odiassi mia cugina e Sam naturalmente, di come non potevo far altro che pensare male di loro e augurargli cento, mille volte il dispiacere che avevano causato a me, e nei miei pensieri i loro volti erano associati sempre a brutte parole che prima di allora non avevo mai neanche osato pensare. Avevo perso la ragione e come ti dicevo rischiavo di avere una crisi emotiva tanto era il dolore.
Venerdì scorso però accadde una cosa che mi fece riflettere e determinò i sentimenti che ora provo e la mutazione del mio comportamento verso di loro.
Ero sveglia da poco, mi roteavo tra le coperte in maniera caotica e i miei occhi impastati, per causa delle lacrime, non decidevano ad aprirsi.
Una fioca luce si posava delicata sulla mia pelle e irraggiava il calore tipico del primo mattino, credo che fossero circa le sei, qualche minuto prima ed avrei visto sorgere il sole.
Non era una novità svegliarmi così presto, ormai dal fatidico giorno non riuscivo più a dormire, ma di alzarmi dal letto non se ne parlava, non dovevo destare alcun sospetto, non dovevo dare ai miei genitori un ulteriore preoccupazione, perciò rimasi fino a tardi sotto le coperte tra pensieri e lacrime ad assaporare il tepore del mattino.
Passarono all’incirca due ore mentre ero rifugiata in quello stato di semi-coscienza che mi impediva di annegare nel dolore, mi avvolgeva una sorta di apatia e non desideravo altro che sentirmi così per il tempo che mi rimaneva.
Qualcosa però catturò la mia attenzione, sentii una voce in lontananza, era una voce familiare, cercavo di associarla ad un volto, ma non riuscivo a farlo, ero come imprigionata in quello stato e mi era quasi impossibile fuggire.
Il suono soave di quelle parole sempre più vicine a me pian piano mi riportarono alla coscienza e riuscii finalmente ad schiudere gli occhi, fu così che, tirandomi su con le braccia e accendendo la luce della mia abat-jour lo vidi.
Era Sam ed era in piedi accanto a me, mi parlava, diceva qualcosa, ma le mie orecchie si rifiutavano di ascoltare, riuscii solo a guardarlo in maniera perplessa mentre il mio cuore prese a battere all’impazzata e la mia mente si perse nei come e nei perché di quel momento.
Come diavolo ha fatto a venire nella mia camera? Perché è venuto? Perché a quest’ora poi? Vuole parlarmi, forse si è pentito? O vuole semplicemente infastidirmi ancora di più?? Questo era ciò che pensavo.
Tutte le domande che la mia mente era capace di generare in quel momento alla fine si tramutavano in una semplice ed unica affermazione di ira convulsa: Come osava venire da me dopo tutto quello che mi aveva fatto!
Quelle furono le sole parole che il mio corpo non si rifiutò di dire, le mie labbra si aprirono faticosamente in quelle frazioni di secondo che mi sembrarono un’eternità e poi dissi:
“Tu.. come osi! Piombare qui a casa mia, in camera mia, come se non fosse successo nulla e parlarmi per giunta! Non sono stata chiara con Emily? Non hai capito che l’invito a lasciarmi in pace era riferito anche a te? Vattene prima che ti uccida con le mie mani, vattene via subito! E non tornare mai più” per un momento fui assolutamente fiera di ciò che gli dissi, avevo liberato un po’ di quella furia che mi stava divorando, ma tutto si dileguò nel nulla come una piccola nuvola di fumo quando mi toccò ascoltare ciò che aveva da dirmi.
“Leah, non posso andarmene, devi venire con me! Si tratta di Emily, ha avuto un incidente, devi aiutarmi, ti supplico, sei l’unica che può farlo, non c’è tempo! Ha perso molto sangue, lei potrebbe… se non lo fai lei…. Io non ce la faccio da solo! Ti prego aiutami, aiuta lei, so che infondo le vuoi bene! “ Mi accorsi solo allora dello sguardo che emanavano i suoi occhi, mi bastò un solo istante e non furono le parole a convincermi, ma solo il suo sguardo.
Era lo stesso che avevo avuto io nel momento in cui l’avevo perso per sempre, il suo cuore si stava spezzando, potevo sentirlo, le mie preghiere erano state esaudire, ma allora perché non mi sentivo meglio?
Fu a quel punto che fui assalita dalla consapevolezza, anche se volevo odiarlo, anche se volevo che soffrisse io non ne ero capace, non ero capace di voltargli le spalle e non ero capace di voltare le spalle nemmeno ad Emily!
Era debolezza? No, quella era la mia forza, l’unica cosa che mi distingueva dagli altri, era parte della mia essenza e tradire loro sarebbe stato tradire me stessa, io ero diversa, ero migliore di loro e glielo avrei dimostrato!
Gli dissi di aspettarmi sotto casa e che avrei fatto in un secondo, mi infilai il primo paio di jeans e una maglietta che trovai, mi allacciai le scarpe e scesi di corsa al piano di sotto ero davanti alla porta d’ingresso quando il viso di mia madre fece capolino dalla cucina e mi chiese: “Leah, dove vai così presto? Che succede?” non era il momento di risponderle dovevo fare in fretta se volevo salvare la vita di Emily, così le dissi solamente: “Mamma devo andare, poi ti spiego” uscii in fretta di casa e sotto consiglio di Sam presi la macchina di mio padre e mi avvicinai più possibile verso il bosco.
Ci addentrammo nei miei amati boschi, la vegetazione era molto fitta, i sentieri contorti ed impervi eppure Sam li percorreva come se fossero per lui delle vie ortogonali di una città, era veloce e sicuro di sé mentre io facevo fatica a stargli dietro.
Arrivammo in un luogo dove c’erano meno alberi, come fosse una radura, riconobbi il posto, era uno dei preferiti di Sam, mi ci aveva portata molte volte, ma il mio orientamento non era poi così tanto buono da sapere come ci si arrivasse, un tronco spezzato era stato un tempo la nostra panchina ed ora su quello stesso tronco c’era mia cugina, distesa e in fin di vita.
La scena che si presentò davanti ai miei occhi è indescrivibile e credimi diario, vorrei cancellarla totalmente dalla mia mente, riconobbi che era mia cugina solo perché la conoscevo bene, per un semplice conoscente sarebbe stato impossibile, il volto era squarciato vi pendevano dei brandelli di pelle, uno strato di sangue grondava dal viso verso il resto del corpo impregnando i suoi vestiti.
Non ero mai stata così tanto vicina alla morte , mi avvicinai piangendo a lei, le presi il polso, i suoi battiti erano irregolari e lievi, chiesi a Sam cosa l’aveva ridotta in quel modo e lui mi rispose che probabilmente era stato un animale.
Sam era impietrito, le stava lontano, non l’avevo mai visto così, era impaurito e scioccato, il suo dolore era in mostra davanti a me e tuttavia non mi dava nessuna gioia, chiamai l’ambulanza dicendogli dove eravamo e cosa fosse successo e nelle ore successive da quando arrivarono i soccorsi, fino al dopo operazione iniziai a pensare e a ripensare a tutte le cattiverie che le avevo detto (anche se solo nella mia testa) a tutto il male che le avevo augurato e mi convinsi che era colpa mia se aveva rischiato di morire.
Se mai ci fosse stato un Dio vendicatore ed avesse ascoltato le mie preghiere le avrebbe accolte e la situazione che mi si presentava davanti ne era il risultato! Anche quando fu finalmente fuori pericolo continuavo a sentirmi in colpa per tutto quello che le era accaduto e il suo volto ormai sfigurato era come un segno indelebile del male che le avevo fatto, me lo avrebbe ricordato per sempre.
Da quel giorno mi è impossibile odiarla come mi è impossibile odiare Sam, provo solo tanta tristezza e disperazione, li amo entrambi purtroppo per me e l’amore non è un sentimento che si può cancellare.
E’ anche per questo che ho dovuto accettare di andare da lei oggi, cerco di espiare il male che le ho fatto tentando di limitare i miei sentimenti, soffocandoli e annegandoli nell’apatia interiore anche se questo significa essere dura con il resto del mondo.
Bene diario, per oggi credo che sia tutto, troppe emozioni alla volta mi fanno male, domani ti parlerò del pranzo a casa di Emily.
Buonanotte mio caro compagno di disgrazie.

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Capitolo 5
*** Il pranzo ***


Caro diario,
è di nuovo sera, il mio mondo come sai si è ridotto a questi piccoli momenti, qui con te posso essere me stessa, la piccola e fragile Leah di un tempo e non quella scontrosa ragazza che ormai da un po’ nessuno sopporta più.
Oggi ti racconterò perché sono fuggita via da casa di Emily, forse così capirai cosa ho visto oggi, a chi altro potrei dirlo se non a te? Nessuno potrebbe accettare mai gli eventi che si sono compiuti se non tu, che ascolti passivamente e non giudichi.
Le tue candide pagine si limitano ad assorbire i miei pensieri che altrimenti, affollati nella mente mi condurrebbero a produrre incubi mostruosi, ma tu puoi alleviare i miei dolori e le mie pene e soprattutto puoi convincermi che non sto impazzendo.
Andiamo con ordine quindi, ti racconterò quello che è accaduto ieri.
8.30 am, DRIIIN DRIIN, fui svegliata dal quel suono acuto che mi perforava i timpani, in quel momento avrei spaccato la sveglia a metà, era possibile che non c’era un po’ di pace per me? Finalmente ero riuscita a prendere sonno e invece quella stupida sveglia cercava di riportarmi alla realtà, non volevo svegliarmi ma ormai non potevo tirarmi indietro. Avevo promesso ad Emily che sarei andata ad aiutarla a preparare il pranzo, ah… io e le mie promesse… non posso mai stare zitta! Tutto perché mi sentivo in colpa… E’ bello autopunirsi sai, immagino che tu abbia capito chi era l’ospite d’onore… già Sam.
Ero la persona meno indicata per stare a guardare Emily che presentava ai suoi Sam ma per lei ero una sorella, mi voleva al suoi fianco ed io lo sapevo.
Mi alzai dal letto e mi catapultai in bagno, una doccia bollente e rigenerante era il minimo per affrontare la mattinata, sentivo le gocce cadere una ad una sulla mia pelle, lo scroscio dell’acqua e le particelle di vapore caldo salire verso l’alto… Sarei rimasta lì dentro tutto il giorno, tanto mi piaceva essere coccolata dal calore, ma purtroppo non potevo.
Asciugai con il phon i miei capelli ribelli e crespi e dal mio armadio presi il mio paio di jeans preferiti ed una felpa, mi vestii e misi gli stivali, sembravo pronta per andare in guerra! Naturalmente al piano di sotto mia madre aveva preparato un’abbondante colazione, cosa che era solita fare da quando io e Sam ci eravamo lasciati, forse sperava che vedendo tutto quel ben di dio mi tornasse di colpo l’appetito, ma non era così, non riuscivo proprio a mangiare, il mio stomaco era in sciopero.
Uscii di casa e i passi che mi portarono verso la macchina di papà furono i più lunghi della mia vita, come se una parte di me mi trascinasse nel senso opposto, era chiaramente il mio inconscio che si ribellava alla mia stupidità!
Non sarebbe stata una grande giornata per me, di questo ero proprio consapevole.
Arrivata da Emily lei mi accolse con grande fervore, mi abbracciò e mi baciò come se non mi vedesse da anni e credo di aver visto scendere qualche lacrima sul suo volto, o meglio da ciò che ne rimaneva, l’incidente le aveva lasciato delle lesioni molto ben in vista, era difficile non guardare, l’occhio cadeva sulle ferite cucite dal dottor Cullen, aveva fatto tutto il possibile a dispetto delle voci che giravano nella riserva su di lui, nessuno si fidava ma sono sicura che Emily gli sarebbe stato riconoscente a vita. Dopo gli abbracci della fase iniziale ci mettemmo all’opera! Emily voleva impressionare Sam con il suo talento culinario, non esitava ad ordinarmi di fare quello o questo...
ricordandomi solo che sarebbe stato bello rimanere a casa mia. Il menu non era poi complicato, avevamo preparato una zuppa di verdure tipica delle nostre parti, e delle bistecche grigliate con patatine fritte per contorno, e per dolce dei muffin che Emily si era divertita a decorare, non so perché ma lei mi costrinse a preparare tutto in quantità industriale, eppure eravamo solo in cinque a mangiare!
Il tempo passò abbastanza in fretta, fino a che non arrivò Sam, sentimmo suonare alla porta ed Emily esultante andò ad aprire, stavo per vomitare, non sopportavo di vederli insieme lasciai la cucina per andare in bagno senza dire nulla agli altri, per fortuna la nausea passò dopo poco, mi guardai allo specchio e mi ordinai di tornare in sala, di essere forte, feci un respiro profondo e aprii la porta così me lo trovai di fronte.
Perché mi toccava vederlo sempre così, di sorpresa e impreparata? Sembrava lo facesse a posta.
“Ciao Leah” mi disse io risposi con uno dei miei falsi sorrisi, il migliore che in quel momento riuscivo a fare, mi faceva sempre uno strano effetto, sentivo il pavimento sprofondare sotto i miei piedi ed essere inghiottita da una voragine.
Mi guardava incuriosito, non so cosa avesse sperato di ottenere guardandomi così, anche se dovevo essere forte ero ancora arrabbiata, lui mi aveva tradita, poi continuò a parlare
“Volevo dirti grazie, mi hai aiutata quando io non potevo farcela, è grazie a te se Emily è qui oggi!”
Pensava che l’avessi fatto per lui, ma si sbagliava, io l’avevo fatto perché mi sentivo in colpa e così gli dissi con tono acido
“Non l’ho fatto per te e non l’ho fatto per Emily, quindi piantala di ringraziarmi e vai dalla tua nuova fidanzata!” tirava fuori sempre il peggio di me, ma non aveva finito, perciò quando mi incamminai verso la cucina mi prese per il braccio e disse
“Leah, mi dispiace, ti chiedo scusa, tu non ti meritavi quello che ti ho fatto. Credimi io ti ho amata molto...mah--”
Non terminò la frase ma era una di quelle poche volte che rivelava i suoi sentimenti e quelle parole facevano più male di ogni altra cosa, se mi aveva amata cosa aveva fatto Emily per far si che si dimenticasse di me?Cosa era cambiato?
“Evidentemente non abbastanza” queste furono le ultime parole che dissi, ormai ero sul corridoio, vicino la sala da pranzo con gli occhi lucidi pronti a scoppiare da un momento a l’altro e poi non so come me lo ritrovai di fronte, mi prese i polsi e li strinse forte, mi guardò negli occhi e poi mi baciò.
Volevo trovare davvero la forza per divincolarmi da lui, ma mi teneva troppo forte, come se avesse la forza di due uomini, non ci riuscivo e piangevo per il dolore di quel momento, la mia coscienza ormai ridotta a brandelli cercava di scacciare l’amore e la speranza che cercava di risalire in me e anche se fu un attimo, fu il bacio più lungo che gli avessi mai dato.
Si staccò da me pian piano con lo sguardo malinconico e triste, poteva vedere quelle lacrime amare bagnarmi il viso e inzuppare il colletto della felpa, non riuscivo a dire nulla, ogni mio pensiero non aveva più un senso logico, poi la mia mano si mosse da sola, come se fosse un arto con volontà propria e colpì con tutta la forza che avevo in corpo la sua guancia destra.
Non potevo restare lì, cosa avrebbe pensato Emily se ci avesse visti, come avrei potuto far finta di nulla e pranzare con loro tranquillamente? Sam mi aveva baciata e avevo ancora il suo sapore sulle labbra, era uno strazio.
Così spingendo Sam mi misi a correre, Emily e sua madre mi chiamavano, ma per me erano come un rumore di fondo a cui non badare, uscii di lì più in fretta che potessi e poi venni da te per trovare un po’ di conforto caro amico.
Se capisci come mi sento allora capirai anche perché ho fatto ciò che ti racconterò più tardi.
Sento che mi chiamano, credo sia pronta la cena, A dopo mio fedele compagno di disgrazie.

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Capitolo 6
*** La scoperta ***



Sono di nuovo da te Diario,
la cena come al solito non è stata un granché, Seth e papà che si abbuffano come se non mangiassero da giorni, io che rigiro la forchetta nel piatto cercando di non dare a vedere che non ho fame, mia madre che ci guarda sconfortata!
Già… è così che ceniamo da un po’ di tempo, i minuti sembrano ore aspettando di alzarmi da quella tavola imbandita, mi estranio dagli altri, immersa come sono tra i miei pensieri non mi accorgo nemmeno di quelle poche volte che mi rivolgono parola.
Ah… se loro sapessero… se potessero capire… non mi biasimerebbero, non si arrabbierebbero, ma non sanno e di certo non sarò io a rivelare questo atroce segreto.
Ma tu caro diario, tu sei destinato a sapere, tu puoi ascoltare e capire e consolare e infuriare ed è per questo che ti racconterò di oggi.
I miei pensieri si poseranno su di te, lasceranno grandi solchi a causa del peso opprimente che mi porto dietro, le tue pieghe saranno la mia ancora di salvezza nel mare di tristezza e paura che mi avvolge.
Io ho visto diario, ho visto l’inspiegabile, l’incomprensibile e l’indecifrabile e tu sei l’unico con il quale posso parlarne e questo mistero dovrà celarsi dentro di te, ti nasconderò diario, meglio di come facevo già, sei mio e sarai sempre al mio fianco, solo così non ti troverà nessuno.
Bene… allora iniziamo.
Prima ti ho raccontato ciò che è successo a casa di Emily, puoi immaginare allora i miei tormenti, lo scontro tra ragione e sentimento, Jane Austen sapeva bene cosa significa!
Sam mi aveva baciata, ma perché? Voleva aumentare la mia sofferenza? Voleva avere sia me che Emily?
Voleva mettersi alla prova? Voleva far arrabbiare qualcuno? Voleva tornare con me?
Si capisce la mia confusione vero? Già…
Se la mia testa mi diceva che era impossibile che lui mi volesse ancora, che forse l’aveva fatto per puro egoismo, il mio cuore andava nel verso opposto, i suoi battiti irregolari sottolineavano l’amore che nonostante tutto provavo per lui e non c’era orrore, ma solo speranza, la speranza che lui potesse ancora amarmi.
La ragione si dibatteva in me per assumere una posizione dominante, generando mal di testa inimmaginabili, la pressione era tale che il mio cranio potesse implodere da un momento all’altro, dovevo pensare ad Emily, alla mia cara e dolce sorella, potevo mai ferirla come lei aveva fatto con me?
Non potevo darle questo dispiacere, non lo auguravo nemmeno al mio peggior nemico, ma allora cosa dovevo fare? Anche se lo amavo dovevo lasciar perdere tutto e non battermi per lui?
Poi in un momento di assoluta chiarezza, nel bel mezzo di pensieri assurdamente contorti in me balenò un’idea, come il sole che spunta nel cielo dopo la tempesta, dovevo parlare a Sam.
Dovevo capire cosa gli era passato per la testa, dovevo sapere la verità, perché ormai la verità era meglio dell’illusione e delle false speranze, non importava quanto ci sarei stata male, quel bacio era un’occasione o per amarlo o per odiarlo più di prima, avrei sfruttato in ogni caso la situazione a mio vantaggio…
Amore o odio, cosa contava ormai se era l’una o l’atra cosa che ero destinata a provare… tutto meglio di una vita nel dubbio.
Mi decisi che sarei andata da lui e dopo essermi ripresa, o quasi, dallo scioccante avvenimento capitato a pranzo, proprio mentre ti confidavo i miei pensieri, diario, decisi che l’avrei fatto oggi, nel pomeriggio.
Ed eccoci quindi al giorno di oggi, avevo deciso di andare da lui verso le quattro, i preparativi erano cominciati all’incirca un’ora prima, mi dovevo fare bella, per quanto si potesse fare, il mio stile non era granché, non mi truccavo né mi vestivo elegante, ma potevo rendere i miei capelli meno ribelli, raccolsi i capelli in una lunga treccia, lasciando quindi ben visibile il mio volto espressivo.
I vestiti che avevo scelto per l’occasione erano un paio di pantaloni marroni che Sam adorava e un lupetto color panna ricamato da mia madre, la maggior parte del tempo l’avevo sprecata per decidere cosa mettere e quando vidi l’orologio mi accorsi che era già ora di andare.
Presi il mio giubbino di pelle e mi diressi fuori casa, casa mia e casa di Sam non erano molto distanti l’una dall’altra, ci separava solo una fascia più fitta di sempreverdi, così invece di andare in macchina decisi di fare una passeggiata, almeno avevo il tempo necessario per pensare, per vedere cosa dirgli, per immaginarmi la scena.
Iniziai a fantasticare, non sapendo bene se sperare di doverlo odiare o di poterlo amare ancora, e poi ad un tratto qualcosa nascosto tra gli alberi destò la mia attenzione. Vedevo due figure in lontananza, che stavano discutendo animosamente, erano due figure maschili, che mi erano familiari, mi avvicinai a loro, ben coperta dalla folta vegetazione e con mia sorpresa mi accorsi che erano Sam e Paul, non li avevo mai visti così arrabbiati tutti e due e non capivo cosa stesse succedendo.
Dalla mia postazione sentivo Sam che diceva: “Paul non devi fare così, è successo anche a me, devi calmarti o presto farai del male a qualcuno!”
Cosa era successo anche a Sam? Paul avrebbe fatto del male a qualcuno?? Che era irascibile si sapeva, ma fino al punto di picchiare qualcuno, non potevo credere a ciò che ascoltavo e più cercavo di capire e più le loro parole mi suonavano strane e mi confondevano sempre di più.
“Non ci riesco, è più forte di me, non riesco a controllare la rabbia, non so come tu abbia fatto!” ripeteva Paul con cadenza quasi regolare, sembrava sconvolto, mentre Sam non lo era, era evidente che nascondessero qualcosa, che Sam sapeva cosa stava accadendo.
“Paul, sai che ora devi unirti a me, dobbiamo proteggere gli abitanti della riserva, non abbiamo tempo per cercare di controllare la rabbia, quindi pensa a qualcosa di bello e non perdere le staffe!”
Non avevo mai sentito Sam ordinare qualcosa a qualcuno, da quando era diventato un dittatore? e poi chi doveva proteggere chi?? La storia si faceva sempre più contorta e feci in tempo solo a sentire la risposta di Paul prima di rimanere folgorata dallo spettacolo che mi si presentava davanti.
“Ma perché è successo a me! Perché! Perché!” Le parole gli uscivano di bocca come grida nel vuoto e nel mentre vidi il suo corpo contrarsi con spasmi irregolari, pian piano il corpo si gonfiava come irrorato di una rabbia incontrollabile, i jeans ormai erano brandelli e così anche il maglioncino che indossava, ormai era rimasto nudo i peli che avvolgevano il corpo stavano mutando, diventavano sempre più lunghi fino a diventare un tutt’uno con i capelli, ormai era cosparso da una folta peluria anche sul volto e mi accorsi che anche quello stava cambiando, non era più umano.
Il tutto durò solo un secondo ma i miei occhi videro quella scena come al rallentatore, ormai davanti a Sam non c’era più Paul, ma un enorme lupo.
Ciò che avevo visto era impossibile e assolutamente incredibile, il mio primo istinto fu quello di correre da Sam per metterlo in salvo, ma poi mi vidi il suo sguardo: non era spaventato era come se sapesse cosa e perché era successo. Ero terrorizzata, cominciai a correre verso casa più in fretta che potessi ripensando alla scena che avevo visto a Paul, a Sam, tutto mi pareva impossibile, ero andata da lui per togliermi dei dubbi ed ero tornata con delle sconfortanti verità!

Cosa diamine era successo?
Ecco diario, questo è ciò che ho visto, non so spiegarmi cosa è accaduto o perché ma se prima avevo paura adesso ho capito una cosa, devo saperne di più! Devo indagare, se questo ha a che fare con Sam io scoprirò cosa sta accadendo nella nostra riserva e tu sarai il primo e anche il solo a saperlo.
Ti ringrazio come al solito mio caro compagno di disgrazie, spero di poterti aggiornare sulla vicenda domani, qualcuno mi deve delle spiegazioni.

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Capitolo 7
*** L'indagine ***



Diario,
che fine ha fatto la vita che conoscevo?
Sta andando tutto a rotoli, vedo i bambini giocare spensierati, coppiette scambiarsi dolci baci in segno del loro amore, i miei cari ridere di felicità, loro non sanno, guardano il mondo ma non comprendono ciò che vedono e sono felici così, nella più totale ignoranza, ma il mio destino non è mai stato quello di essere felice ed è toccato a me vedere l’incomprensibile, a me è toccata la sofferenza del conoscere.
Mi sembra di essere diventata la protagonista di uno di quei film horror dove la realtà è una macchina infernale e ogni giorno viene fuori qualche sconcertante verità che non deve essere scoperta.
Diamine, tutta colpa del mio carattere, la mia curiosità è la mia stessa condanna, se non fossi andata da Sam ieri se non gli avessi parlato oggi, non mi troverei a voler affrontare una verità più grande di me, non mi troverei a far finta che vada tutto bene e ad odiare la felicità celata nell’ignoranza.
Ma perché non mi faccio mai i fatti miei? dovevo allontanarmi da Sam, tagliare i rapporti con tutti, magari anche andarmene via da qualche parte e invece ora lui è diventato l’unico con cui posso parlare, come se non bastasse tutto ciò che mi ha fatto, ora devo anche tenere il segreto di Paul perché me lo ha chiesto lui.
Non puoi sapere diario quanto mi piacerebbe raccontarlo a tutto il mondo solo per farlo arrabbiare, per fargli provare un decimo del dolore che provo dopo tutto quello che mi tocca sopportare, ma non posso perché ci andrebbe di mezzo Paul e lui non mi ha fatto nulla! Stupido stupido Sam è tutta colpa tua!
Immagino che dopo questo sfogo ti piacerebbe capire di che sto parlando vero diario? Lo so… mi sono fatta prendere un po’ la mano, ma sai com’è quel ragazzo, se si può ancora definirlo tale, mi suscita sempre pensieri non molto felici per così dire.
Non preoccuparti, ora ti spiegherò tutto, almeno con te non ci sono segreti e il tuo silenzio è meglio di mille parole. Come ti avevo accennato ieri volevo indagare, scoprire quello che stava succedendo, cosa abbastanza comprensibile dopo aver visto Paul diventare un lupo, ebbene diario, sono andata da Sam oggi, l’unico che potesse darmi delle spiegazioni plausibili e lui non si è tirato indietro. Alle cinque del pomeriggio mi sono incamminata verso casa di Sam, stesso tragitto di ieri, ma per fortuna nel bosco non c’era nessuno, questa volta ho preso la macchina, non sapevo cosa mi attendesse e anche se correvo abbastanza veloce una macchina faceva sempre comodo. La porta di casa sua era lì davanti a me, l’avevo varcata non so quante volte prima di allora, eppure era come se fosse la prima, avevo i brividi , sentivo la peluria del mio corpo prendere vita e ondeggiare, la spina dorsale inarcarsi ero come paralizzata e a stento riuscivo a muovere le gambe per avvicinarmi all’ingresso. Non ci fu bisogno di avvicinarmi oltre perché Sam non era in casa, ma era alle mie spalle, a petto nudo e con i pantaloni a brandelli. Me ne accorsi quando lo sentii pronunciare queste parole: “Leah, cosa ci fai qui?” era davvero sorpreso, forse allora non si era accorto che lo avevo visto il giorno prima. “Dobbiamo parlare Sam” il mio tono era deciso, o meglio quella voce stridula che mi uscì di bocca era il massimo che riuscissi a fare in quella situazione, spalancò la porta di casa facendo un segno di consenso e poi mi invitò a sedermi vicino a lui sulla poltrona.
Ma chi voleva starci vicino a lui? Presi una sedia e mi misi a sedere,il mio orgoglio doveva farsi vedere in qualche modo no?
“Allora da dove cominciamo?” chiese lui sbuffando.
“Da dove dovrei cominciare secondo te? Dal fatto che mi hai baciato mentre eri a casa di Emily per conoscere la tua -nuova famiglia- oppure dal fatto che ti ho visto con Paul quando è magicamente diventato un lupo?”
Con quella frase aveva tirato fuori tutta l’acidità che avevo accumulato dentro… mi aveva proprio fatto arrabbiare!
Ma chi si credeva di essere? Usare con me quell’atteggiamento.. come se fossi solo una seccatura!
Mi guardava allibito... la mia reazione fu una somma risata… evidentemente non si aspettava davvero che io, Leah, potessi aver scoperto il loro strambo segreto e forse nemmeno che glielo avrei rivelato in questo modo, ben gli stava!!!
Per un attimo non disse nulla e più lo scrutavo e vedevo i suoi occhi persi nel nulla, come se mille pensieri lo stessero sconvolgendo, più mi sentivo meglio, magari questa volta ero stata io a ferirlo, anche se ancora non mi era chiaro perché.
“Sam, allora? Non mi va proprio di farti da infermiera. Ti decidi a tornare in te?” gli tirai uno schiaffo per riportarlo nel mondo reale, ci avevo messo tutta la forza che avevo in corpo eppure sembrava fatto di roccia, il mio schiaffo non sortì alcun effetto sulla sua liscia e bronzea pelle.
Almeno riuscii a fargli sbattere le palpebre e a fargli capire che ero lì davanti a lui e che avevo bisogno di qualche risposta.
“Bentornata alla realtà, Alice nel paese delle meraviglie!!allora me le dai o no queste benedette risposte?” stavo proprio dando il meglio di me, avevo tirato fuori tutto il mio repertorio preferito di frasi acide.
“Leah, noi, cioè, t t t u, hai visto noi? F f f fino dove hai visto?” non ci potevo credere… Sam che balbettava e parlava quasi a vanvera? Ma che gli era successo? In che diamine di orrore mi ero imbattuta?
“Secondo te fino a che punto ho visto? Sono scappata a gambe levate appena Paul si è trasformato.”
Tutto ad un tratto sembrava quasi sollevato, era tornato semi-normale mah.. vacci a capire qualcosa con lui, per me rimarrà sempre un mistero.
“Ok, ti spiego, Paul non è un licantropo, come forse hai immaginato, pensala come una mutazione genetica, capita che qualcuno abbia un gene e in un particolare momento della sua vita il gene esca fuori. Tutto qui, per il resto è tutto come prima, solo mangia un po’ di più e ha una temperatura corporea un po’ più alta delle persone normali.” Si era deciso a parlare finalmente, ora quella allibita ero io.
“Ma quindi come funziona? Succede solo a quelli della riserva? Solo agli uomini?” ero piena di domande… e purtroppo lui era l’unico a potermi rispondere.
“Si solo a noi della riserva, ma sta tranquilla Leah, accade solo agli uomini. Non è nulla di che, solo un cambiamento di abitudini!” stava cercando di farmi perdere interesse o sbaglio? Ma chi voleva prendere in giro!
“Tu che ne sai? Ti ho sentito sai dire a Paul che era successo anche a te! E non provare a cambiare discorso, non ci casco.” Come vedi diario sono proprio testarda quando mi ci metto.
“Mi riferivo ad essere arrabbiato a morte con qualcuno, lui si stava confidando con me, sai non è appropriato ascoltare le conversazioni altrui Leah, non è da persone educate!
Anche io sono rimasta scioccato quando si è trasformato in lupo, poi ho ricollegato il tutto ad una vecchia storia che mi raccontava sempre mio nonno e mi sono tranquillizzato. Tutto qui. Solo fai finta di niente, Paul se la prenderebbe con me se sapesse che lo sai e non provare a dirlo a nessuno, se vuoi parlare vieni da me. Ora puoi anche andare a casa, è quasi ora di cena.”
Tutto qui? Dovevo veramente credere a quello che Sam aveva detto? La storia era convincente, ma allora perché i conti non tornavano? E poi c’era anche altro da risolvere… il bacio
“Ehi, aspetta un momento, ti ricordo che abbiamo un’altra questione in sospeso. Che diavolo ti è passato per la testa? Tu mi hai baciata, questa proprio non lo dovevi fare! dopo tutto quello che mi hai fatto passare ora sono immersa nel dubbio, quindi abbi la decenza di dirmelo e basta, dimmi perché!”
Non poteva sfuggirmi, lo avrei costretto ad ogni costo a dirmi il motivo.
“Era solo un esperimento Leah, ti ho amata davvero e volevo vedere se una parte di me provava ancora quei sentimenti ed è chiaro che non è più così.
Spero che tu sia contenta ora che sai la verità. Non accadrà più posso giurartelo se vuoi.
Ora torna a casa, davvero, tra poco arriverà Emily e non è il caso farti trovare qui.”
Ebbene… c’era riuscito ancora, mi aveva fatta piangere, ma invece di mostrarlo presi con calma il mio cappotto poggiato sulla sedia, mi alzai e mi diressi verso la macchina come se fossi sola e Sam non fosse altro che un’ombra opaca dietro di me. Guidavo più in fretta che potevo per lasciarmi alle spalle il pomeriggio appena trascorso e tornare da te diario, mentre le lacrime mi offuscavano la vista.
Ora , seduta accanto a te amico i miei pensieri si mescolano confusi e una sola frase riecheggia distinta nella mia mente “Paul, sai che ora devi unirti a me, dobbiamo proteggere gli abitanti della riserva, non abbiamo tempo per cercare di controllare la rabbia, quindi pensa a qualcosa di bello e non perdere le staffe!” l’aveva detta Sam ieri nel bosco.
E solo ora capisco che torna tutto, Sam mi aveva detto una bugia, lui aveva a che fare con i lupi, e noi della riserva dobbiamo essere protetti da lui e Paul, devo sapere a tutti i costi cosa mi nasconde, chi vuole farci del male e perché, ma soprattutto il ruolo di Sam in tutto ciò.
Lui non vuole farmi sapere la verità? Al diavolo quello che vuole, io la scoprirò diario e l’odio che sono destinata ormai a provare nei suoi confronti alimenterà la mia sete di conoscenza.
Ora ti auguro buonanotte, alla prossima mio caro compagno di disgrazie.

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Capitolo 8
*** L'incontro ***


Scusami diario,
è un bel po’ di tempo che non ti scrivo, lo so ti ho abbandonato, sono proprio imperdonabile, ma credimi ho avuto le mie buone ragioni per non farmi sentire.
Vorrei parlarti di ciò che è successo, preparati diario perché le novità non sono finite, sono appena cominciate.
E’ iniziato tutto una domenica di circa tre settimane fa, sai diario dopo quella sera, dopo il discorso a casa di Sam, dopo che mi aveva ferita fino nel profondo avevo fatto una promessa a me stessa: io non avrei mai più pianto per lui, le mie lacrime non dovevano appartenergli più, ed un unico sentimento mi ero concessa di provare nei suoi confronti, offuscando tutti gli altri: il puro odio.
Come ti ho già detto le parole di Sam sulla storia di Paul non mi avevano convinto del tutto ed ero decisa ad indagare, io dovevo conoscere la verità, ma era solo un capriccio, un modo per fargli del male, una rivincita personale, comunque io dovevo sapere, ormai c’ero dentro e non potevo tirarmi indietro, potevo solo andare avanti come simbolo dell’odio che provavo verso di lui.
Avevo elaborato un piano, sarei diventata investigatrice per un giorno per scoprire più cose possibili, la mia mente contorta aveva stabilito di fare un appostamento sotto casa di Sam e seguirlo nel corso dell’intera giornata, so che probabilmente dopo quello che mi aveva detto avrei dovuto stargli lontano, ma io ero stata il suo esperimento e così lui era diventato il mio, lo stavo usando per puro egoismo e mi stava bene così.
Mi ero svegliata all’alba quel giorno, non sapevo bene a che ora Sam iniziasse con i suoi affaracci loschi, mi sembrava di essere quasi felice, ero elettrizzata, forse a causa dell’adrenalina che avevo in corpo, infondo poteva essere una missione pericolosa. A casa mia dormivano tutti quando dopo mezz’ora ero pronta per uscire, feci più piano possibile per non svegliare nessuno, poi scrissi un bigliettino a mia madre per non farla preoccupare, le dicevo che sarei andata con Rachel Black a fare una specie di gita per i boschi,la mia scusa doveva sembrare abbastanza plausibile dato che Rachel era appena tornata dall’università e le serviva un po’ di aria pulita.
La gelida e pungente brezza del mattino mi sfiorava la pelle, le mie mani e le guance si erano colorate di un leggero rosso carminio mentre il sole faceva capolino generando meravigliosi e malinconici fasci di luce era uno spettacolo davvero emozionante che riusciva a farmi sognare mondi e tempi diversi dal presente. Percorrevo la strada che mi divideva da casa di Sam, la sagoma di casa sua si intravedeva sempre più man mano che continuavo a camminare, gli alberi e il sole sull’abitazione le donavano una prospettiva quasi mistica e la rendevano più confortevole di quello che era in realtà. Sembrava che non fossi io a muovermi ma la casa ad avvicinarsi a me e più la vedevo vicina più l’adrenalina si liberava in me come una scossa, iniziai a frugare nello zaino che avevo portato dove c’era tutto l’occorrente necessario per la mia missione, o almeno quello che secondo i film che avevo visto ci serviva in questi casi: un binocolo, una fotocamera, delle provviste e un coltellino, altro che John Rambo, io ero Leah Clearwater! Mi ero appostata tra gli alberi, potevo scorgere bene la finestra della camera di Sam, mi bastò aspettare un’ora per vedere la luce accendersi, ero abbastanza vicina da poter sentire lo scricchiolio delle scale, era sceso al piano inferiore, forse per fare colazione, mi avvicinai furtivamente alla finestra della cucina, senza ovviamente farmi vedere o sentire, avevo ragione, stava facendo colazione, ma cosa molto strana aveva cambiato totalmente gusti da quando io e lui non stavamo più insieme e cosa ancor più singolare.. mangiava come un bufalo e con una voracità incredibile!
Sembrava che nulla potesse sfamarlo, c’erano circa dodici muffin sul tavolo e in meno di dieci secondi li aveva già finiti tutti, finiti quelli si diresse verso il frigo prese una bottiglia di latte, bevve tutto il contenuto in un solo sorso, poi passò alla frutta, una mela e una banana, per poi mangiare gli avanzi che aveva nel frigo.
Rimasi sconvolta e allibita dallo spettacolo che mi si offriva, non potevo che chiedermi che fine avesse fatto il ragazzo di cui ero innamorata, quello che una volta mi rendeva felice, eppure il suo comportamento mi ricordava qualcosa, la macchina sofisticata che è la mia mente cominciò ad emettere impulsi, ad intrecciare ricordi per poi sfornare ciò che mi serviva.
Bastava fare due più due, quant’ero sciocca per non averlo ancora capito: Emily che mi aveva costretto a cucinare per un esercito quando ero andata ad aiutarla, Sam che mi aveva detto che Paul mangiava un po’ di più del solito, la frase che Sam aveva detto a Paul nel bosco. Sam aveva il gene del lupo, ora ne ero sicura, ma a che scopo mentirmi? Quando era diventato così quando stavamo insieme? Dopo avermi lasciato? Era tutto così assurdo e confuso, avevo scoperto il suo segreto era per metà animale e per metà uomo, e non potevo che chiedermi quale fosse la parte prevalente, non mi sarei stupita se fosse stata quella del lupo, non aveva avuto alcun tatto con me, infondo era più facile credere che fosse così, perché i lupi non hanno sentimenti, mentre gli esseri umani si. Se era l’uomo che prevaleva sulla bestia sarebbe stato ben più grave, sarebbe stato un uomo senza alcun sentimento, un uomo di ghiaccio, il che mi faceva chiedere che razza di uomo fosse.
Ragionamenti contorti vero diario?
Comunque tornando a noi, immersa in così contorti pensieri non mi ero accorta minimamente che stesse arrivando qualcuno, fu il rumore della macchina a destarmi dallo stato di trance, mi nascosi meglio dietro un albero, la visuale della cucina era comunque ottima e potevo anche sentire i rumori che ne provenivano.
L’auto era vicina, appena la vidi bene capii, era quella di mia cugina, ebbene mi toccava spiare Sam ed Emily che si scambiavano smancerie? Un brivido di orrore mi percosse la schiena, avrei nettamente preferito vedere Sam trasformarsi sotto i miei occhi piuttosto che vederli baciarsi.
Emily scese dalla macchina e si avvicinò alla porta, Sam l’anticipò aprendola e l’accolse con un solido abbraccio facendola roteare in aria, i suoi occhi erano di nuovo scintillanti mentre la guardava- pausa conato di vomito, scusa diario ma certe scene il mio stomaco proprio non le sopporto- andarono in cucina dove la visuale purtroppo per me era ottima.
Lui la baciò appassionatamente, poi cominciò a sfiorarle il volto ripassando il contorno della cicatrice che le sfregiava il viso una volta dolce e delicato, il suo sguardo era cambiato, gli occhi non scintillavano più, sembravano piuttosto lucidi e tristi, mi chiedevo a cosa stesse pensando.
Poi d’un tratto parlò
“Ti fa male?”
“Non più tesoro, non più.” Disse Emily afferrandogli la mano per toglierla dalla cicatrice
“Mi sento in colpa Emily, non avrei mai dovuto starti così vicino, potevo ucciderti lo sai? Se potessi me ne andrei io stesso, ma non riesco a starti lontana nemmeno un secondo è più forte di ogni altra cosa.
So di essere pericoloso i segni che hai sul volto te li ho fatti io con le mie mani, come fai a non aver paura di me? Perché rimani ancora con me, perché vuoi stare con un mostro simile?”
Ebbene diario dopo aver ascoltato quest’ultima frase ero piombata in uno stato di shock misto di rabbia e di sconforto . Sam aveva quasi ammazzato Emily, era lui l’animale che le aveva fatto del male, ebbi l’istinto di entrare di corsa in casa sua, lo volevo picchiare, come aveva osato fare del male a mia sorella?
Ormai non mi importava più nulla di quello che provavo per lui ero furiosa, percossa da una rabbia incontrollabile, non mi importava se gli avessi fatto del male, se lo meritava, e come faceva Emily a stare ancora con il suo aggressore? L’avrei portata al sicuro, li avrei allontanati.
Ero diretta come una furia verso la porta d’ingresso quando mi fermai, tre lupi giganti erano ad un passo da me e non avevano per nulla una faccia amichevole.
Per oggi termino qui il mio racconto, ma appena posso diario ti dirò cosa è successo dopo.
Immagino la tua curiosità.
A presto mio caro compagno di disgrazie.

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Capitolo 9
*** Premonizioni ***


Eccomi pronta per un’altra pagina di diario! Dov’ero rimasta? Ah si… alla povera cappuccetto rosso circondata dai lupi cattivi!
Rido per non piangere mio caro diario perché la mia situazione è tutt’altro che allegra, ma a questo ci arriveremo.
Come ti dicevo vidi sbucare davanti a me i tre lupi giganti con le fauci aperte e ringhianti e il mio primo pensiero fu – diamine! Ci mancava solo questa- me ne poteva mai andare una per il verso giusto? No, mai.
Incominciai ad indietreggiare e più andavo indietro più loro venivano verso di me, i miei passi si trasformarono in una corsa piuttosto frenetica verso il bosco, avevo il cuore che stava per scoppiare nel mio petto dolorante.
L’adrenalina irrorava le mie vene ed anche se ero terrorizzata mi sentivo viva, questo credo sia il termine più appropriato, i rami che mi sfioravano la pelle, le foglie che cadevano dagli alberi, il fetido fiato delle belve che mi inseguivano non facevano che aumentare la sensazione di benessere in me, mi sembrava di volare.
Purtroppo per me però non volavo davvero e me ne accorsi solo quando inciampai in un sasso e caddi per terra, i lupi mi avevano circondato, ero in trappola, erano ad un passo da me e mi fissavano, potevo riconoscere occhi umani in quelle enormi pupille brillanti.
Ero sicura che stessero per attaccarmi quando li vidi girarsi in contemporanea lungo la direzione opposta alla mia, riuscii a scorgere da uno spiraglio apertosi tra loro due figure umane venire verso di me, erano Sam e Jacob Black, appena le belve li videro si allontanarono da me in un lampo, quasi non mi ero accorta di quanto corressero veloci, come avevo fatto a non farmi raggiungere prima?
Era questo che mi chiedevo mentre Sam e Jacob si avvicinavano, ero ancora seduta per terra, cercai di alzarmi ma mi faceva male una caviglia, Sam mi porse la sua mano destra dicendo:
“Tutto ok Leah?”
“Sto Bene” dissi scansando la mano di Sam, mi feci forza con le braccia e riuscii finalmente ad alzarmi con le mie stesse forze.
“Non credo che tu stia bene, vieni in casa, c’è Emily, ti medicherà la ferita.” Disse Sam guardandomi la caviglia, poi diede un cenno a Jacob, sembrava pronto ad obbedire ad ogni suo ordine, come fosse un burattino nelle mani di Sam, lui si diresse verso di me a grandi passi, mi mise una mano dietro la schiena, abbracciandomi in una morsa infernale e poi mi sollevò da terra ponendo l’altro braccio al di sotto delle mie cosce. I movimenti furono così repentini che riuscii a dire solo:
“Ma che diamine… Ehi Jacob mettimi giù.!”
“Buongiorno anche a te Leah.” Mi prendeva pure in giro? Ma che moccioso insolente…
“Jacob non potete trattarmi così devi lasciarmi andare, non sono mica prigioniera?” mi stava alterando tutta quella situazione..
“Dipende da te Leah, se ti dicessi che potrei dire in qualsiasi momento ai tuoi che non sei in gita con mia sorella ti considereresti una prigioniera o un’ospite?”
Pronunciò questa frase con un sorriso ebete sul volto, ma dico io… Mi dovevo pure subire la soddisfazione di Jacob Black nel ricattarmi?
“Jacob sappi che questa me la pagherai e anche tu Sam, so benissimo che puoi sentirmi da laggiù e so anche che la mente sei tu e non lui.” Sam era arrivato quasi davanti l’ingresso di casa sua, si era allontanato da noi ma non vedevo l’ora di dirgliene quattro, non mi ero mica dimenticata di quello che aveva fatto ad Emily!
Lui non disse una parola, entrò in casa come se niente fosse, come se non mi avesse sentito, ma io sapevo che i suoi super poteri gli avevano sviluppato i sensi, o perlomeno me lo immaginavo, ormai era inutile fingere con me!
Appena varcammo la soglia di casa Emily lei fu sorpresa di vedermi:
“Leah, o mio Dio ma che ti è successo? Stai bene cara?”
“Si, non preoccuparti sono caduta qui fuori, mi hanno aiutata Sam e Jacob a rialzarmi.” Avevo detto la prima cosa che mi era venuta in mente, mica potevo dirle che stavo spiando il suo amato Sam e che per questo i suoi amici lupi mi erano saltati addosso!
“Jacob, falla sedere sul divano, intanto Leah ti vado a preparare una tazza di Thé” Emily andò in cucina ed io rimasi da sola con Sam e Jacob, forse era il momento giusto per parlare con Sam, tanto ero sicura che Jacob facesse parte del suo stupido club del gene.
Avevo appena schiuso la bocca, pronta per dirgliene quattro quando prese parola lui E disse:
“Allora, che ci facevi davanti casa mia?” Non avevo considerato per nulla il fatto che dovessi dargli delle spiegazioni sul perché ero lì, ma a quanto pare…. dovevo dargliele!
“Ehm.. stavo passeggiando è proibito passeggiare nei dintorni di casa tua?”
“No, ma so che mi stavi spiando Leah, cosa ti è venuto in mente?” E così si era arrabbiato perché io stavo spiando lui? Che dovevo fare se mi raccontava sempre più bugie su bugie, era lui che mi aveva costretto a spiarlo. Mi ero arrabbiata. C’era riuscito di nuovo. Ultimamente mi capitava troppo spesso.
“Non dare la colpa a me, mi hai costretto tu a spiarti, tu sei il bugiardo della situazione. Credi forse che non abbia capito che anche tu hai il gene, che sei come Paul, che sei come i lupi che stavano per uccidermi?”
“Leah, se ti ho mentito è stato solo per proteggerti ma ora non ha più importanza!” Come non aveva più importanza?
“Non ha più importanza? Già perché adesso ho visto l’allegra famiglia dei lupacchiotti tutta al completo, posso sapere tutto no? Ma quello che hai fatto ad Emily… Quello si che ha importanza… non lo sapevi? Ho scoperto anche quello!Come hai osato farle del male?”
“Adesso non puoi sapere come mi sento per averle fatto del male, non è stata una cosa voluta e mi odio per quello che le ho fatto, ma ti prometto che presto potrai sentire tu stessa quello che provo se è questo che desideri.” Non stavo capendo cosa voleva dire.
“E questo ora che significa?”
“Leah hai il gene, diventerai una di noi, ti ho osservato ed hai i sintomi, direi ad uno stadio iniziale, ma ormai riesco a intuire quando sta per accadere. Devi restare con noi per un po’, fino a quando accadrà.”
Che cosa? Cosa avevo? Che dovevo fare? Restare con lui?
Manco morta!
“Ma che stai dicendo Sam, sono una donna, lo hai detto tu, non posso diventare uno di voi.”
“Credo di essermi sbagliato, non immaginavo, ma ti prego Leah resta, ci sono molte cose che devi imparare non puoi andartene in giro in questo momento, saresti pericolosa!” Stava cercando di convincermi a restare con lui... se sperava di riuscirci aveva fatto male i conti io Leah la testarda me ne sarei andata all’istante da casa sua e non ci avrei messo più piede, era questa diario, la decisione presa in quell’attimo di chiarezza mentale.
“Tu sei pazzo Sam, io me ne vado di qui, non so di quale strana confraternita fate parte ma io non voglio entrarci e sai una cosa? Non mi trasformerò perché io sono UNA DONNA! Non sarò mai una di voi.”
La rabbia che avevo dentro mi aveva aiutata ad alzarmi e con insolita velocità mi diressi verso l’uscita, Jacob si alzò dal divano come per venire verso di me ma Sam lo bloccò e gli disse che quando sarei stata pronta ad affrontare la cosa sarei tornata da sola.
Così zoppicando mi diressi verso casa, ogni giorno per me c’era una scoperta nuova da affrontare e metabolizzare.
Per l’ennesima volta percorrendo quel tragitto l’infinità di quel momento fece riemergere riflessioni passate e presenti, il caos era l’unico principio regolatore dei miei pensieri, eppure come succede spesso in questo pazzo mondo, è nel mezzo della confusione che si crea l’ordine.
Fu così che una sola domanda si fece chiara nella mia mente: “ E se Sam avesse avuto ragione?”
Ma di questo ne parlerò la prossima volta mio caro compagno di disgrazie.

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Capitolo 10
*** La scomparsa ***



Caro diario,
non è stato facile descrivere ciò che ho passato negli ultimi mesi, è stato davvero duro, ma posso assicurarti che per quanto abbia sofferto in vita mia nulla può essere paragonato al dolore che si prova perdendo un padre. Si diario, mio padre è morto, è questo uno dei motivi per cui non ho avuto l’occasione di scriverti.
E’ difficile parlarne ma tu sei l’unico con cui posso farlo, sai come sono fatta, cerco di non farmi mai vedere triste e sconsolata, devo essere forte, per mia madre, per mio fratello.
Soprattutto per Seth, lui era molto legato a papà e ieri, a distanza di una settimana dalla sua morte, il dolore l’ha spinto a diventare come Sam e la sua banda, o come la chiamo io.
Ti racconterò tutto diario, ma andiamo con ordine.
Se non sbaglio avevo lasciato il racconto fermo al mio quasi rapimento, i giorni seguenti non uscii di casa nemmeno per un secondo, non volevo rivedere nessuno né Sam né Emily né Jacob, mi avevano sconvolto e sebbene cercassi con tutta me stessa di non pensare a ciò che mi aveva rivelato Sam una parte di me non poteva smettere di pensarci.
Era totalmente assurdo che io potessi diventare una donna lupo, neanche nei miei incubi peggiori la mia fantasia era andata così lontano e poi perché dovevo essere io? Non ero mica l’unica ragazza della riserva.
No, Leah, non preoccuparti, Sam non ci sta con la testa, fai un bel respiro profondo e passa tutto, mi ripetevo tra me e me, ma la rabbia non passava, sentivo i miei organi bruciare a contatto con il fuoco, quel fuoco che pian piano si faceva strada nel mio corpo per fuoriuscire.
Ma io lo trattenevo, non potevo permettermi di esplodere, dovevo mantenere la calma, fare finta che fossi al meglio, la mia vita ormai non era altro che finzione.
Quella sera di una settimana fa avevamo ospiti, era venuto a casa nostra Charlie Swan, lo sceriffo di Forks, era un amico di famiglia veniva a cena da noi spesso, da poco sua figlia Bella era tornata a vivere con lui, l’avevo vista si e no quattro volte da quando era qui, quando faceva visita a Jacob Black e io mi trovavo da quelle parti per Rachel, ma c’è qualcosa in lei che non mi ispira molta simpatia forse perché è troppo schiva, non so.
Comunque ti dicevo, Ci trovavamo a tavola come ogni sera quando Charlie bussò alla porta, mia madre lo fece accomodare sul divano e gli chiese se voleva unirsi a noi per la cena, ma lui aveva già mangiato, era sempre molto cordiale, ma non era lì per una visita di piacere, chiedeva l’aiuto di mio padre e di alcuni della riserva, diceva che erano stati ritrovati dei corpi umani nel bosco lacerati da degli animali.
Secondo vari avvistamenti gli animali erano dei lupi più grandi del normale e voleva organizzare una spedizione di caccia per eliminare la minaccia.
Appena pronunciò quelle parole io rimasi allibita, si stava riferendo proprio alla banda di Sam, non c’era dubbio, ma non poteva essere, loro non uccidevano le persone… come era possibile? Certo Sam aveva attentato alla vita di Emily, i tre lupi avevano cercato di assalirmi, ma c’era qualcosa in me che mi diceva che non erano malvagi, forse il discorso che Sam aveva fatto a Paul dove diceva che loro dovevano proteggere la riserva, oppure il fatto che avevo visto mangiare Sam in quantità industriali ma come ogni altro essere umano, non ci stavo capendo nulla.
Fatto sta che immersa come al solito in contorti pensieri non mi accorsi di quello che stava succedendo, mi girai verso mio padre solo quando sentii gridare mia madre:
“Oh mio Dio Harry che ti succede? Stai bene?”
Lei si precipitò verso di lui e solo allora lo vidi, mio padre era impallidito e sul suo volto erano visibili piccole goccioline di sudore, cercava con fatica di aggrapparsi al tavolo che gli era davanti, ma non ci riusciva, come se le sue braccia fossero pesanti come sassi, io e Seth ci avvicinammo a lui più in fretta che potessimo, avevo gli occhi bagnati di lacrime.
Era come se già sapessi quale fosse il triste epilogo della situazione, Charlie si era affrettato a chiamare un’ambulanza per poi dirigersi verso di noi, mio padre gemeva, ma non era un suono acuto di dolore, era un suono spento, come se quelli che stessimo ascoltando fossero i suoi ultimi respiri.
Si facevano sempre più deboli, volevo dirgli che gli volevo bene, volevo rassicurarlo che sarebbero arrivati presto i soccorsi, ma non ricordo bene cosa gli dissi in quel momento, non sono descrivibili a parole i sentimenti provati in quel momento, mi sembrava di impazzire.
Poi mio padre non gemette più e fu Charlie che sentendogli il polso ci disse che Harry Clearwater, mio padre era appena morto. Fu mia madre ad urlare da quel momento in avanti, lei lo abbracciava, gridava cose alla rinfusa, ed io piangevo come non avevo mai fatto prima d’allora, e nel frattempo abbracciavo Seth, volevo consolarlo da brava sorella maggiore ma la verità era che non riuscivo a consolare neanche me stessa.
Ciò che avvenne dopo è molto confuso, non mi ricordo quasi nulla, tanto ero conciata male, so che vista la situazione fu Charlie ad occuparsi di tutto, anche dell’organizzazione del funerale, non scorderò mai quello che ha fatto per la nostra famiglia.
Il funerale si tenne il giorno dopo in una piccola radura nel bosco, come volevano le nostre usanze, il corpo di mio padre doveva essere purificato dai peccati con il fuoco, fu fatto un enorme focolare, lui fu steso vicino al fuoco assieme al suo fucile preferito ed alcuni oggetti a noi cari, il calore rendeva quasi normale il colore della sua pelle, lo faceva sembrare addormentato, ma non si sarebbe mai svegliato e non l’avrei mai più rivisto.
Gli anziani si strinsero in un cerchio attorno a lui e tutti noi presenti eravamo alle loro spalle, pronunciarono le parole in lingua antica, dicevano che era tempo di ridare alla terra ciò che questa aveva generato e che mio padre sarebbe stato un tutt’uno con la natura, invocarono lo spirito purificatore del fuoco e poi si rivolsero a noi famigliari, nominarono mia madre membro del consiglio degli anziani, al posto di mio padre e ci dissero di non essere tristi per lui perché sarebbe stato sempre con noi, in tutto ciò che ci circondava.
Quelle parole mi tranquillizzarono sul momento ma capii all’istante che per Seth non ebbero lo stesso effetto, lo vidi stringere i pugni, credo fosse terribilmente arrabbiato ed ebbi come la sensazione che stesse per rispondere al consiglio con qualche frase poco felice, ma non lo fece, si limitò a correre verso il bosco, dove la vegetazione era più fitta, cercai di andargli incontro ma Jacob che era dietro di me mi fermò e mi disse di lasciarlo andare.
Dopo aver riposto nella terra il corpo di mio padre io e mia madre ce ne tornammo a casa immaginando che Seth fosse già lì, ma lui non c’era e non tornò né quella sera, né i tre giorni seguenti.
Non solo avevamo avuto la tragedia della morte di papà, ora nessuno sapeva dove fosse Seth, non ebbi neanche il tempo di piangere la scomparsa di mio padre come si deve, mia madre non era in grado di gestire la situazione e toccò a me il compito di ritrovarlo. Chiesi ad i suoi amici più cari, ma nulla, nessuno sapeva dove fosse finito, mi recai nei suoi soliti luoghi ma niente, ma sapevo che non poteva essersi dileguato nel nulla… e poi, al sesto giorno dalla sua scomparsa mi venne l’idea di chiedere a Jacob, qualcosa mi diceva che forse lui sapeva dove fosse.
Quando andai a casa sua scoprii di aver ragione, lui sapeva e quando mi vide così preoccupata non ci mise molto a dirmi che Seth era a casa di Sam, che stava bene, ma stava affrontando un brutto momento e dovevo lasciarlo sfogare un po’, poi aggiunse che se ne sarebbero presi cura loro.
Mi presi la sera per pensare a ciò che mi aveva detto Jacob, sapevo che Seth aveva bisogno di stare solo ma io ero sua sorella, ero l’unica che potesse aiutarlo. Così mi decisi che lo avrei riportato a casa, anche per tranquillizzare mia madre, noi tre insieme ce l’avremmo fatta a superare la cosa…
Oggi quindi mi recai da Sam, tra tutti i posti proprio a casa sua si doveva rifugiare Seth… questo fu il mio primo pensiero quando intravidi da lontano la figura della sua abitazione, ma non era l’unica cosa che intravedevo, c’era qualcuno fuori, erano in due e più mi avvicinavo più cercavo di mettere a fuoco.
Lo feci fino a che non riuscii a distinguere le due sagome una era quella di Sam e l’altra quella di un lupo.
Mi avvicinai furtivamente verso Sam, noncurante dell’enorme lupo che mi ritrovavo alle spalle e con rabbia gli dissi:
“Dov’è Seth, so che è qui, me lo ha detto jacob”
Lui non mi rispose, si limitò semplicemente a ruotare la testa verso il lupo che mi stava fissando e lo indicò.
Nooo , non è possibile, non ci posso credere –urlavano i miei pensieri- e invece era proprio quello che sembrava Seth era diventato un lupo, come Sam, come il suo stupido branco e accettai la realtà che avevo davanti solo quando quel grosso lupo si tramutò di colpo in mio fratello.
E ancora una volta quando pensavo di aver toccato il fondo, che non ci fosse niente altro che potesse accadermi mi trovai a ricredermi, perché la vita caro diario a quanto pare non è pro Leah. Capitano tutte a me e alla mia famiglia le disgrazie.
Detto ciò ci sentiamo domani mio caro compagno di disgrazie.

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Capitolo 11
*** Il capobranco ***


Salve diario,
e salve a te che stai leggendo, si dico proprio a te Leah, so che probabilmente avrai riconosciuto la mia scrittura, ma non vorrei che te la prendessi con qualcun altro, perciò a scanso di equivoci ti rivelo che sono io a scriverti, Sam Uley.
Come potevo non sfruttare l’occasione che mi si è presentata? quando ieri ti sei trasformata davanti a noi tra i brandelli dei di vestiti ho trovato il tuo diario, all’inizio mi sembrava uno di quei libri tascabili, ma una volta aperto ho riconosciuto la tua scrittura, così ho letto ogni singola riga di ogni singola pagina.
Immagino che ora sarai furiosa perché ho invaso la tua privacy ma devi sapere che l’ho fatto solo per capire quanta sofferenza ti ho causato, per capire come posso smettere di farti male, ma anche per farti conoscere il nuovo Sam e aiutarti a superare questa fase incontrollabile della tua vita.
Sai sono l’unico che può aiutarti, anche se non riesco a dirtelo quando sei davanti a me, io ho dovuto affrontare tutto da solo, non potevo rivelarti nemmeno quello che mi era capitato e stavo impazzendo, conoscendoti so che faresti l’errore di rinchiuderti in te stessa, non voglio che tu soffra ancora Leah, anche se ti è difficile credermi.
Spero che dandoti una visione dal mio punto di vista di come sono andate le cose fino ad ora capirai che non potevo fare altrimenti e spero che comincerai a perdonarmi per tutto.
Penso che avrai intuito quand’è che mi sono trasformato, è accaduto tutto in una settimana di qualche mese fa, quando restai a casa per causa di quell’improvvisa febbre che non riuscivi a spiegarti.
Sono stato il primo e non è stato facile affrontare la cosa, i miei genitori come sai non ci sono più e nessuno si era reso conto che il mio corpo era in mutazione, nella nostra riserva era da molto tempo che non accadeva più nulla del genere e mi ritrovai a scoprire da solo che le leggende sulle nostre origini erano ricordi di qualcuno tramandati di generazione in generazione e che sul mio corpo queste leggende stavano diventando realtà.
All’inizio non riuscivo a controllare la rabbia, non sapevo perché era successo e perché era accaduto a me, fu straziante, non riuscivo a smettere di trasformarmi e così ad intervalli irregolari, quando meno me lo aspettavo diventavo un lupo, per poi tornare nella forma umana non senza dolore, la mutazione come hai sperimentato tu stessa è tutt’altro che piacevole e l’unica cosa che posso dirti è che con il tempo il dolore sarà meno intenso, comunque non potevo stare vicino a nessuno, il mondo non deve conoscere certe cose.
E’ da quel momento in poi che ho cominciato ad allontanarti e non l’ho fatto perché non provavo più nulla per te, io ti amavo davvero Leah, ho letto le tue domande e le tue ipotesi, lo so che ti sei chiesta e richiesta il perché delle mie azioni.
La verità è che dopo la mia trasformazione non potevo starti vicina, non potevo metterti in pericolo, se ti fosse accaduto qualcosa non me lo sarei mai potuto perdonare, quindi la mia decisione è stata quella di non vederti per un po’, ero diventato un mostro e non volevo che mi vedessi sotto quell’aspetto.
Passai i giorni a cercare di controllarmi, per poterti stare di nuovo accanto ed era solo quello che volevo, ma ormai ero finito su un’altra strada.
Ad una settimana dalla trasformazione finalmente ero riuscito a gestire la cosa, o perlomeno riuscivo a contenermi, fu così che decisi di vederti, sto parlando del giorno in cui incontrammo Emily.
Quando l’ho vista... non so come spiegarti, non è facile… vedi non fu un vero e proprio colpo di fulmine come l’hai definito tu, ma hai intuito bene, qualcosa è successo, ho sentito di avere un legame intenso con Emily, era come se la vedessi veramente per la prima volta, sentivo che il mio cuore era destinato a lei.
Appena dopo l’accaduto andai dagli anziani e mi diedero alcune delucidazioni, mi spiegarono quello che mi era capitato con tua cugina, lo definirono imprinting, ecco io ed Emily siamo anime gemelle, lei è la mia metà ed è destinata a stare con me come io sono destinato a stare con lei, non potevo ignorarlo anche perché lei era l’unica a cui potevo rivelare il mio segreto ma sapevo che ti avrebbe fatto soffrire, riesci ad immaginare il mio tormento?
Ammetto di essermi comportato male con te, ma non sapevo cosa fare, come fare per non ferirti, non potevo rivelarti nulla e scelsi impulsivamente di dare un taglio netto, di allontanarmi da te, ho cercato di non farti soffrire e solo adesso, leggendo quello che hai scritto, ho capito di aver sbagliato tutto con te.
Tutto quello che ho fatto è stato per proteggerti dalla verità, volevo che avessi una vita diversa Leah, ma il destino che ci ha divisi ti ha giocato un altro brutto tiro, ora sei diventata una del branco, una di noi.
Se non sbaglio in una pagina di diario ti chiedevi perché ti avessi baciata a casa di Emily, ecco quello è stato uno degli innumerevoli errori che ho fatto, ma cerca di capirmi non mi sei indifferente, per me è una cosa totalmente nuova e assurda provare quello che provo per Emily e sapere tuttavia che ti amo.
Si Leah io ti amo ancora, sei stata la persona più importante della mia vita e non l’ho dimenticato, come potrei?
Quel bacio era una dimostrazione dell’amore che provo per te, ma è con quel bacio che ho capito di amarti come si ama una sorella o un’amica, forse sono stato egoista, non ho pensato a ciò che potesse significare per te, non posso andare contro il mio destino e anche tu non puoi.
Siamo per metà lupo e metà uomini, o nel tuo caso donne, ho capito che eri una di noi quando ti trovavi a casa mia ed eri rincorsa da Embry, Jared e Paul eri quasi più veloce di loro e immagino che ti fossi accorta di avere i sensi più sviluppati del solito, vedi c’è un motivo per cui siamo diventati così, abbiamo un compito e devi andarne fiera, con tutti i dispiacere che comporta, noi esistiamo per proteggere il nostro popolo, siamo nati per lottare contro la morte in terra, so che ti sembrerà assurdo ma il nostro compito è quello di uccidere i vampiri.
Si hai capito bene Leah, i vampiri esistono e sono a Forks, presto organizzeremo per te e tuo fratello un falò e vi racconteremo alcune leggende, ma non è l’unica cosa che devi sapere su di noi, ci sono alcune cose che ho bisogno di dirti, prima che tu le possa scoprire a modo tuo, come fai di solito.
Non ci girerò molto intorno Leah, io sono il capo branco perchè ho legami di sangue con gli antenati e tutti voi dovrete seguire i miei ordini, già so che non ti piacerà, ma c’è anche di peggio: noi e dico tutti noi non cresciamo, è come se fossimo bloccati in un momento preciso, fino a quando non riusciremo a gestire la rabbia non potremo tornare ad invecchiare.
Ma la cosa peggiore, quella che credo che ti farà andare su tutte le furie è che noi del branco in forma animale possiamo sentirci, possiamo sentire tutti i pensieri di tutti, dovrai ascoltare anche i miei pensieri ed è principalmente per questo che oggi sono qui a scriverti, volevo dirti tutto, non volevo che fossi imbarazzata più di quello che dovrai essere.
Non ti dirò bugie, non sarà facile per te affrontare tutto quello che accadrà, ma sei forgiata sul dolore tu riesci a sopportare il dolore meglio di chiunque altro, meglio anche di me, non so se è un bene o un male ma non puoi tornare indietro Leah, questo è quello che sei, devi farti coraggio e adattarti alla situazione, ricordati che sopporti tutto per proteggere le persone che ami.
Mi dispiace per tutto, anche più di quanto tu possa immaginare, scusami per aver infranto le promesse che ti ho fatto, sappi che comunque ti voglio bene e che capisco se in cuor tuo continuerai ad odiarmi!
Bene ora ti saluto ma so che ci vedremo presto!

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Capitolo 12
*** Il ritorno del diario ***




Finalmente sei di nuovo tra le mie braccia Diario, Bentornato!

E’ stato un trauma scoprire di non averti più con me, cercare di capire tra le mani di chi saresti finito, chi avrebbe infuriato sulle mie paure e sui miei perché, chi ne avrebbe riso, chi avrebbe stracciato e mutilato le pagine che con dolore sofferto le mie mani tremolanti avevano riversato al tuo interno.
E poi eccoti lì, sul mio letto, poggiato con cura maniacale, come se non ti avessi perso, come se fossi stata io a riporti e nel vederti si è levato in me un respiro di sollievo, l’unico tra tutte queste atrocità, una gioia fugace, troppo breve prima di scoprire di nuovo l’orrore:
Sam Uley.
Lo odio diario! Come ha osato leggerti? Come può averlo fatto? Evidentemente il suo lato animalesco ha influenzato anche il suo cervello! Ci vuole tanto a lasciarmi in pace?
Ora conosce tutte le cose che ho detto su di lui, su di Emily, ha violato la nostra privacy amico mio!
E poi scrivere su di te… come se fossi nulla, un pezzo di carta, avrà anche letto tutto quello che ho scritto ma non ha capito nulla evidentemente, non ha capito che tu sei il mio solo amico, eri l’unica cosa che mi apparteneva veramente, l’unico con cui avessi avuto il coraggio di sfogarmi e dovevi rimanere mio e soltanto mio, ma lui come sempre ha dovuto rovinare tutto.
Adesso sfoglio le tue pagine e mi assale un conato di vomito, è il disgusto che fuoriesce dalla mia anima; mi ritrovo la sua scrittura, il suo sfogo, se si può chiamare così, il modo per farmi “capire” o, come credo che sia, il modo per sentirsi a posto con la coscienza.
Si è questo che ha fatto dal mio punto di vista, a lui non interessa sapere davvero come sto, gli importa solo di se stesso ed è palese.
“Io Leah di qua”, “Io Leah di là” io.. io.. io.. sempre e solo io.
Avviso urgente per Sam: Non sei il sole, non ruota tutto attorno a te stesso!
Cosa pensava? Che chiedermi scusa avesse risolto qualcosa? Che dato che mi ama come una sorella sarei andata a fargli compagnia ogni giorno a casa sua? Che ora che mi ha spiegato che cosa ha dovuto passare lui sarò più comprensiva? A volte vorrei proprio sapere che gli passa per la testa…
Ma tanto non c’è problema perché me lo ha detto molto chiaramente che non dovrò aspettare molto per vedere o meglio sentire ciò che pensa.
E ancora una volta complimentiamoci con Leah che ha vinto un viaggio di sola andata per la mente di Sam l’uomo che odia di più al mondo e che vorrebbe veder sparire dalla faccia della terra ma a cui sarà destinata ad obbedire quando le comanderà ed al cui matrimonio imminente non potrà mancare dato che la futura sposa è sua cugina!
BUONA FORTUNA A ME STESSA (come se la fortuna fosse dalla mia parte…)
Immagino quanto potrà essere entusiasmante per me eseguire i suoi ordini, sicuramente discutibili, per l’eternità cioè dico io non poteva essere Seth il capo branco? o Jared, o addirittura Jacob, avrei sopportato chiunque ma non Sam!
Lassù ci deve essere qualcuno a cui non vado proprio a genio diario, più passa il tempo e più mi accorgo di avere una sfortuna quasi surreale e ti giuro darei qualsiasi cosa per poter fuggire, nascondermi da ciò che mi attende dietro l’angolo, ma non posso.
La cosa bella è che mia madre, ora che è diventata membro del consiglio, è fiera dei sui piccoli due lupi, dice che papà sarebbe fiero di noi, che siamo una benedizione per la riserva, mentre per me è come essere rinchiusa in un inferno tutto mio fatto di gironi personalizzati formato Leah.
Tutti sembrano entusiasti di ciò che è accaduto, quasi non riconosco più nemmeno Seth, non fa altro che seguire Jacob con un’aria fiera ma fiera, fiera di che cosa poi? Cacciare? Uccidere i vampiri? Non invecchiare mai? Cosa, cosa, cosa?
Sembra che l’unica sana di mente qui sono io, oppure sono io quella malata, in effetti i maschi del branco che problemi hanno? Nulla! Hanno tutto di guadagnato da un giorno all’altro si ritrovano più alti, più muscolosi e più affamati e io invece? Chi la vuole una donna muscolosa? Chi la vuole una donna che non crescerà mai, che non potrà mai dare alla luce un figlio, che si trasforma in un lupo quando si arrabbia? Sono diventata un rifiuto della natura, un mostro, un fenomeno da baraccone, tutto per colpa di Sam e tutto per colpa di quei maledetti vampiri.
Ecco Sam è un vampiro per quel che mi riguarda, odio entrambi nella stessa maniera, se non mi avesse fatto arrabbiare, se non mi avesse spinto a raggiungere l’odio che ora sono incapace di provare nei suoi confronti forse non mi sarei trasformata e avrei potuto continuare a vivere la mia vita che per quanto infelice potesse essere era pur sempre una vita.
Forse ti starai chiedendo cosa c’entra Sam nella mia trasformazione, lui naturalmente non ha menzionato nulla, non avrà neanche pensato che il suo atteggiamento mi avesse potuto dare fastidio… ma figuriamoci!
Comunque ti dicevo sono passati tre giorni da quando mi sono trasformata, appena scoperto che mio fratello era diventato uno del branco non sapevo che fare, non mi aspettavo proprio una cosa del genere, ora era uno di loro e per me questo era inaccettabile!
Tornai a casa sconvolta, senza Seth e con una rabbia dentro non indifferente, iniziai a scriverti e come al solito, nel mentre mille idee cominciarono a mescolarsi nella mia mente.
E se Sam avesse mentito su come si diventava lupi? Se la storia della genetica fosse stata una delle tante bugie che mi aveva raccontato? Se fosse stato lui la causa?
Insomma incominciai ad incolpare lui per quello che era successo a Seth, stiamo parlando di un ragazzino, rovinargli la vita così… non era giusto.
Decisi ancora una volta di recarmi da Sam e trascinare Seth a casa, con ogni mezzo possibile e ad ogni costo, era strano tornare di nuovo a casa sua, da quando ci eravamo lasciati lo vedevo addirittura di più di prima.
Quando tornai da loro erano tutti in casa, forse si aspettavano che arrivassi o forse avevano sentito i miei passi da lontano, comunque non erano sorpresi di vedermi, quella sorpresa fui io quando mi accorsi che Seth non era con loro.
“Sam, dov’è?” dissi irritata
“Dov’è chi Leah?” non voleva rispondermi e cominciava ad infastidirmi
“Mi prendi in giro Sam? Sto parlando di mio fratello e di chi sennò? Del tuo gatto inesistente?” avevo cominciato a stringere i pugni e stavo letteralmente facendo a brandelli pezzi di carne con le unghie, ma stranamente non provavo dolore fisico.
“Seth non c’è qui e non vuole vederti, quindi puoi tornare a casa tua.” La mia rabbia era ormai alle stelle, potevo sentire un fuoco che si sviluppava e mi avvolgeva alimentando i miei gesti e le mie parole “Lo so che è qui sei un bugiardo buono a nulla!” Stavo quasi gridando quando mi diressi fuori in preda a dolori muscolari e spasmi, tremavo come una foglia nel mentre che con lo sguardo cercavo mio fratello e poi Sam mi prese una mano e mi disse:
“Leah trasformati subito, ci serve anche il tuo aiuto” Mentre ascoltavo le sue parole avevo già elaborato un pensiero e fu proprio quello che mi indusse alla trasformazione: io sapevo che Sam mi stava trattando in quel modo per farmi arrabbiare e di conseguenza trasformare, lui voleva che io gli appartenessi come gli altri del branco.
E nel momento io cui realizzai di non voler appartenere a nessuno tranne che a me stessa, il mio corpo non obbedì più alla mente, si stirava e si contorceva, una morbida peluria su estendeva velocemente fino a ricoprirmi il volto, mentre le mie mani, o meglio le mie zampe, sfioravano il viso cercando tratti somatici un tempo appartenuti a me.
Sentii il rumore dei miei vestiti che diventavano brandelli, il suono più vicino degli uccelli tra le fronde, le voci che provenivano dalla sala della casa ed un ululato sordo nel bosco, era Seth e mi chiamava a se, era come se me lo stesse dicendo, mi diceva di andare da lui e io istintivamente mi diressi verso la sua direzione, non avevo mai corso a carponi, era strano ma non avevo paura, il vento sfiorava dolcemente la mia pelle e ad i miei occhi vigili non sfuggiva nulla.
Confusa nella natura selvaggia ebbi per la prima volta una parvenza di libertà, mi sentivo in grado di affrontare tutto e allo stesso tempo di non pensare a nulla per me esisteva solo il terreno, il sole, il fruscio del vento e la voce che mi invocava.
Ero andata lì per aiutare Seth a tornare a casa, ma alla fine fu lui ad aiutare me, a farmi accettare il compito che avevamo e a cercare di mitigare i pregi ed i difetti della situazione.
Ti dirò diario se non fosse che mi tocca sentire i pensieri di Sam starei meglio in forma animale che in quella umana, ma non posso scegliere cosa sono, mi tocca convivere con entrambe le mie parti per tutta l’eternità e la cosa più sconvolgente è che la parte che odia di più Sam è quella umana, sarà per questo che si dice che l’uomo è l’animale più pericoloso.
Ti aggiornerò prossimamente diario, prometto di non perderti mai più,
notte mio caro compagno di disgrazie.

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Capitolo 13
*** Calma piatta ***



Caro diario,

sarà passato un secolo dall’ultima volta che ti ho scritto, colpa degli avvenimenti sconvolgenti che inevitabilmente mi hanno assalito nel corso di questi mesi, avrei voluto assistervi come spettatore passivo, ma non sempre si può fare ciò che si desidera.
Come succede in questi casi credo che ti ci voglia un resoconto della pseudo vita di Leah Clearwater!
Vediamo… da dove comincio?
A cosa servono i fratelli se non per parlare di loro?
Seth sta bene, forse anche troppo, ogni tanto mi concentro per leggere i suoi pensieri, (è pur sempre il mio fratellino devo sapere se c’è qualcosa che non va) ma la sua mente è come un distillato di energia, è sempre allegro e gli piace essere diventato un licantropo.
Per lui è come essere il protagonista di uno di quei film che fanno sempre in tv, è lui il “rambo” muscoloso padrone della situazione ed è per questo che quando c’è qualche pericolo imminente la paura non lo sfiora minimamente, al contrario è invaso dall’adrenalina e da quella che chiamo “febbre dello scontro”, non ridere diario, è una malattia seria che affligge tutti i licantropi di sesso maschile, li rende incapaci di resistere ad un combattimento, non possono farne a meno, si drogano di adrenalina e della paura degli avversari, sensazione che chissà perché io non provo (sarà una delle tante stranezze dell’essere l’unica donna).
Sue, come la chiamo da quando è diventata un membro del consiglio, sta bene anche lei, dopo la morte di papà ha pensato solo all’importante compito che le avevano affidato, cercando di proteggere i cittadini di Forks da vari pericoli, ma il suo lavoro a tempo pieno era quello di depistare Charlie Swan dalle tracce di noi lupi, è così che loro due sono finiti per diventare più che amici, non so se rendo l’idea…
Ti dirò diario, non mi dà fastidio che lei stia assieme a lui, vederla felice per me è una delle poche gioie di questo momento buio e triste poi ora che lui è al corrente di cosa siamo lei non deve più nascondergli nulla e possono finalmente avere un rapporto più normale possibile, l’unica cosa che mi dà davvero ma davvero fastidio è che questa storia tra loro mi rende la sorellastra di Bella Swan (si vede che non la sopporto vero?) già colei attorno cui gira tutto, ma del mio odio per lei avremo modo di parlare più tardi.
Veniamo a me… Sai è la prima volta dopo mesi che riesco a pormi la domanda “Come stai Leah?”, l’ho evitata per paura della risposta, ma credo che sia bene fare il punto della situazione in questo piccolo momento di stasi… perciò ti dico che la verità è che non so come sto, sicuramente la rabbia è diminuita da quando sto nel piccolo branco di Jacob.
Si diario hai capito bene, Jacob ha un branco tutto suo, vedi lui per discendenza era destinato a diventare un maschio alfa, ovvero il capobranco, ma Sam essendosi trasformato per prima aveva preso il suo posto, dopo varie incomprensioni Jacob ha deciso di ribellarsi al regime dittatoriale di Sam ed io Seth ed altri licantropi lo abbiamo seguito.
Di questo non potrei che essere felice, lui mi ha permesso di non ascoltare più i pensieri di Sam e di non far ascoltare i miei e poi Jacob non è tanto male infondo, ci lascia sempre una scelta, non ci impone mai nulla con la forza, credo sia nato per essere un Leader!
Mi ha addirittura resa suo vice… sono una lupa in carriera, anche perché diciamo che da quando è nata la mezza succhiasangue sono io che mi occupo di tutto, quando si tratta di lei lui corre e non sente nessuno. Prima che nascesse avevamo anche incominciato a parlare un po’, era diventato per me quasi un amico con cui potermi sfogare, infondo eravamo quasi nella stessa situazione: due persone che odiano l’amore e che nonostante questo non potevano fare a meno di provarlo, ma poi è nata lei, Renesmee e lui ha perso completamente la testa, tutta colpa di Bella, del suo caro adorato succhiasague e dell’imprinting.
Ci risiamo con il tremore che mi provoca il solo pronunciare il suo nome… Bella, ma Bella cosa poi?? Il suo nome è Isabella, che di bello non ha proprio nulla, da quando è tornata a Forks non ha portato altro che guai, tutto quello che è successo nelle vicinanze della riserva negli ultimi mesi è stato per colpa sua.
Si innamora di un succhiasangue e se lo sposa trattando nel frattempo Jacob da zerbino, facendogli credere chissà che, facendolo innamorare e lasciandolo ai suoi pensieri, che poi sono i miei, perché me lo devo sorbire io.
Ma tutto ciò non basta! Si fa quasi ammazzare da un esercito di succhiasangue capitanati da una rossa, e chi la deve salvare?? Noi, che combattiamo fianco a fianco con i Cullen, i succhiasangue buoni… e si.. perché loro sono i buoni e gli altri sono i cattivi, già.
E poi? Il destino vuole che lei diventi vampiro procreando con un innoquo Cullen e a generare un mezzo ibrido di figlia, di nome Renesmee che guarda caso ha l’imprinting con l’unico amico che ho al mondo, lei figlia di sua madre non poteva star fuori dai guai e perciò un’antica famiglia di Succhiasangue italiani si è catapultata qui per distruggerla e chi ha dovuto impedire tutto?? L’allegra combriccola dei vampiri buoni e dei teneri lupacchiotti!
Questo in breve spiega perché odio Bella Swan la mia nuova sorellastra! (pausa conato di Vomito)
Questo diciamo che è un momento di stasi… è passata solo una settimana da quando abbiamo vinto contro i Volturi, la spietata famiglia italiana, ma Bella e l’allegra famiglia sono ancora qui.. e qualcosa mi dice che con lei attorno nessuno è al sicuro, rendono il nostro compito più difficile di quello che è!
I miei sentimenti per ciò sono stati offuscati da questa frenesia che c’è stata nell’aria in questo periodo ma so che è ora di fare il punto della situazione diario, per questo ti ho ripreso in mano, devo scavare dentro di me, vedere cosa è rimasto della ragazza che un tempo piangeva rinchiusa in camera ed era incapace di odiare.
Se non posso crescere fisicamente devo farlo spiritualmente almeno… devo lasciarmi tutto alle spalle, devo diventare una Leah nuova, magari un po’ più fortunata e forse un giorno sarò pronta per una vita normale, forse potrò tornare a crescere e realizzare i miei sogni, ma solo se non riuscirò più ad odiare Sam e Bella, la vedo dura diario, comunque ce la metterò tutta.
Bene diario, riuscirò a scriverti di più da oggi in poi… ho parecchio tempo libero.
Notte mio caro compagno di disgrazie.

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Capitolo 14
*** New life ***



Caro diario,

“it’s a new day, it’s a new life”, come diceva una canzone famosa di non mi ricordo chi.
Credevi che scherzassi quando dicevo di volermi prendere un periodo di vacanza a tempo indeterminato?
Beh, l’ho fatto davvero, infondo anche una donna lupo ha bisogno di riposarsi un po’, di starsene per conto proprio, non so se capisci cosa intendo… comunque sembrano essere tutti favorevoli a non vedermi per un qualche tempo e se mai il branco avesse bisogno di me sanno dove trovarmi.
Perciò sorridi diario, siamo a Los Angeles, la città dove accadono i miracoli, forse qui riuscirò davvero a ritrovare me stessa.
Il sole splende alto nel cielo, non c’è nebbia o pioggia e a dirtela tutta fa proprio caldo, soprattutto per una che ha una temperatura corporea al di sopra della norma, ma mi ci abituerò, ho affrontato per mesi vampiri e ancora vampiri, vuoi che non riesca a sopportare un po’ di caldo? Sono una Tosta io!
Forse ti chiederai cosa ci fa un tipo come me in una città come questa, beh a dirti la verità la scelta è stata ispirata dal mio simpatico e “adorabile” fratellino, erano giorni che Charlie mi ospitava a casa sua per cercare una meta adatta sul computer della mia sorellastra (chiamare Bella in questo modo mi dà ancora i brividi, forse perché lei è un vampiro ed io un lupo, boh!) ed ecco Seth uscirsene con una frase del tipo:
“Sai Leah, fossi in te me ne andrei a Los Angeles, con tutti questi angeli, magari qualcuno riesce a farti un esorcismo come si deve!”
Naturalmente le sue parole hanno scatenato un ruggito per così dire non molto fine, ma nonostante ciò Seth non ha potuto non ridere della sua battuta e purtroppo per me anche mia madre e Charlie si sono uniti alla sua risata.
Trascurando le prese in giro e i commenti successivi Seth non aveva tutti i torti, mi serviva proprio una “botta di vita”e Los Angeles faceva proprio al caso mio, una grande città i cui problemi principali sono eliminare la malavita organizzata e gestire il traffico e non cacciare i vampiri dalla metropoli.
Perciò eccomi qui diario, seduta su una panchina dell’ Echo Park , con un enorme cono gelato nella mano sinistra, te sulle gambe e la penna nell’altra mano e mi sento bene, non esistono vampiri, non esistono lupi, non esiste Sam, ci siamo solo io, tu e il sole.
Ma le novità non sono finite, dato che non potevo permettermi di restare in albergo per sempre, ho dovuto cercare un lavoro e penso di essere stata abbastanza fortunata, dopo vari colloqui che mi hanno impegnato per alcuni giorni, ho ottenuto un lavoro in prova al “Southwest museum of the American indian”, a volte avere del sangue indiano ti facilita la vita, altre volte invece come ben sai scopri che le leggende del tuo popolo sono la realtà e allora si complica tutto.
Ma tornando a noi, ti dicevo che domani comincerò a lavorare come guida e sono davvero emozionata, ho sempre amato la storia, è una cosa che è parte di me e poter raccontare ciò che so ai visitatori mi rende davvero felice ed entusiasta.
L’unico problema sarà tenere a bado i miei geni dell’acidità, dato che sono in prova mi conviene essere gentile e cordiale con tutti e calarmi nella parte della ragazza di paese, cosa non da poco, anche perché nel caso mi arrabbiassi rischierei di trasformarmi e così addio segreto e addio Leah, quindi speriamo bene!
E’ passata solo una settimana da quando sono arrivata in città e la sento già come una seconda casa, ma devo ancora ambientarmi per bene, sono sola qui, non conosco nessuno… pensa che in questi giorni sono uscita dall’albergo solo sabato sera.
A dirtela tutta l’uscita di sabato è stata abbastanza singolare… non ho mai fatto molta vita mondana e per il primo weekend di libertà mi sembrava il caso di festeggiare, fare qualche cosa di diverso, perciò ho preso l’elenco telefonico e scorrendo con il dito avanti e indietro sui nomi di bar e pub ho scelto quello che mi piaceva di più “Molly Malone’s pub”.
Già il nome faceva pensare ad uno di quei vecchi pub in legno in stile western, ma all’interno era ancora meglio delle aspettative…
Al centro della sala c’era un grande tavolo da biliardo dove dei ragazzi per niente raccomandabili stavano giocando, tutt’intorno alle pareti vi erano i tavoli e le panche al di sopra delle quali erano affissi dei manifesti d’epoca, sul lato destro c’era una porta che conduceva al bagno e un’altra che portava alle slot machines e nelle vicinanze c’era il lungo bancone dietro cui erano esposte diverse bottiglie di liquori.
Il posto metteva i brividi, sembrava uno di quei locali della mafia su cui ogni tanto usciva un film, ma non era abbastanza terrificante da spaventare me, che avevo provato cos’era il vero pericolo.
Mi recai verso il bancone e chiesi al barman un boccale di birra scura e sorseggiando quella specie di intruglio cominciai a giocare a freccette, ero situata alla massima distanza e una per una tutte le freccette che lanciavo si scagliavano precisamente al centro del quadro.
Sentivo gli occhi attorno a me fissarmi curiosi, allibiti, scioccati,, forse era troppo per una donna qualunque, ma loro non sapevano che io ero Leah Clearwater.
Immersa nel gioco e compiaciuta dagli sguardi dei presenti non mi accorsi subito che al piano inferiore stava accadendo qualcosa, me ne resi conto solo da un rumore di vetri rotti, ero convinta che fosse abbastanza forte da essere udibile anche per gli umani nel pub, eppure non si scomposero di una virgola, sembrava che la loro curiosità d’un tratto fosse scomparsa, mentre la mia al contrario si era accentuata.
Decisi che dovevo scoprire cosa stava accadendo, feci finta di entrare in bagno, ma sicura che nessuno notasse la mia velocità varcai la porta adiacente, quella da cui sembrava che provenissero i rumori, subito a destra c’era la sala per le slot machines, proseguendo in avanti invece delle scale conducevano al piano inferiore.
Lo scantinato sembrava uno di quelli che si vedono nei film degli orrori, con macchie di umidità dappertutto e ganci pendenti dal soffitto, percorrendo il lungo corridoio i rumori si facevano sempre più vicini ed assordanti, mi ritrovai infine davanti ad una porta socchiusa, dietro la quale una luce si accendeva in alternanza, accompagnando le grida acute di dolore.
Non ci pensai due volte, fu come se il mio braccio avesse volontà propria, si poggiò sul legno umido della porta e la spalancò completamente, rendendomi visibile.
C’erano due uomini in canottiera robusti e massicci, che stavano massacrando con calci e pugni un ragazzo che era a terra, ripiegato su se stesso, c’era sangue dappertutto, sia fresco che non e l’odore era marcio, l’aria viziata ti entrava dentro i polmoni e ti impediva di respirare.
Riuscii a vedere il volto del ragazzo, in una frazione di secondo prima che i due energumeni vedessero me, era davvero particolare, la pelle era mulatta, simile alla mia, aveva gli occhi leggermente a mandorla e i lineamenti delicati, nonostante le protuberanze causate dai colpi.
La mia nuova vista ultra perfetta mi stava facendo perdere nei dettagli di quel volto così singolare senza mettere a fuoco i due tizi che ormai si erano accorti di me.
“E tu chi diavolo sei?” disse il primo uomo, mentre con passo fiero mi avvicinavo verso il ragazzo “Non penserai mica di poterci fermare” disse l’altro facendo risuonare una somma risata, non sapeva in che guaio si stesse cacciando, ma presto se ne sarebbe accorto.
“Non vi sto chiedendo il permesso, lui ora verrà con me e voi non gli darete mai più fastidio”
Avevo deciso che avrei portato al sicuro il ragazzo e nessuno avrebbe potuto impedirmelo, vennero verso di me con una spranga di metallo in mano, agitandola a destra e a sinistra sorridenti ed orgogliosi di ciò che stavano per farmi.
Li lasciai avvicinare il più possibile e aspettai che uno di loro si scagliasse per primo contro di me, a quel punto sfruttai la mia velocità per piombargli alle spalle e cercando di non trasformarmi presi le armi che avevano in mano e le scaraventai a terra, poi con una mano afferrai il collo di uno e lo sollevai da terra, mentre con l’altro braccio immobilizzavo l’altro energumeno e dissi “Non vi conviene mettervi contro di me, ed i miei amici e lui è un mio amico, ora lo sapete, quindi signori addio.”
Li lasciai cadere a terra, erano più che scioccati non si spiegavano come avesse potuto una donna per di più neanche tanto muscolosa fare una cosa del genere, sfruttai la loro confusione per prendere il ragazzo e fuggire dall’entrata secondaria.
Non era ben cosciente quando lo portai in macchina, sbatteva le palpebre ma non parlava e poi una volta sulla vettura aprì gli occhi a quel punto gli dissi:
“Bentornato tra noi! Non serve che mi ringrazi, ho fatto quello che ho potuto!” mi aspettavo un qualche segno di gratitudine, dopotutto gli avevo appena salvato la vita. “Ma.. ma che cosa hai fatto? Ferma la macchina!” all’inizio non capivo cosa dicesse, di cosa stesse parlando, comunque accostai la vettura al marciapiede mentre lui continuava a parlare.
“Io non dovrei essere qui, non dovrei... mi hai rovinato l’esistenza. E’ colpa tua se sono qui!” fu con queste parole che mi resi conto che avrebbe preferito morire e non riuscivo davvero a capire perché, ma allo stesso tempo nella sua voce sentivo l’eco della disperazione.
Scese dalla macchina barcollando e quando mi offrii di aiutarlo mi gridò contro dicendo: “No! Lasciami andare!” Ed io non sapendo che fare lo lasciai andare.
Ero uscita per prendere una birra e sperimentare nuove cose e mi ero ritrovata a fare i conti con un matto che voleva morire, a volte la vita è proprio strana diario…
Io ora ti saluto, domani c’è il primo giorno di lavoro e non vorrei arrivare tardi perciò...
Notte mio caro compagno di avventure!

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Capitolo 15
*** L'incontro ***


Rieccomi Diario!

Lo so... sono proprio un'amica imperdonabile, d'altronde non sono affatto come le ragazze della mia età, anche se cerco di fare di tutto per tornare alla normalità la mia vita è leggermente complicata!

Comunque mi sembra passata un'eternità da quando ti ho scritto per l'ultima volta.

Ti ricordi? Avevo delle cose importanti da fare, come ad esempio presentarmi al mio primo giorno di lavoro.

So che sarai sicuramente curioso, vorrai sapere cosa mi è accaduto dato che non ti ho assillato per un bel po' con i miei problemi e allora saltiamo i soliti convenevoli... sono pronta a dirti tutto!

 

Ero nel letto, nella mia nuova stanza, non più tra le montagne sperdute di Forks, ma in una metropoli, ero avvolta da un senso di pace, tipico di un sogno gentile e tenero, che ti apre la mente e ti purifica al tempo stesso.

Da quanto tempo i miei sogni non erano altro che incubi? Non lo sapevo più ormai e nella semi-coscienza di quel sonno non potevo che gioire di aver trovato una equilibrio che mi faceva sentire quasi normale.

Probabilmente se ci fosse stato qualcuno con me in quell'istante, mi avrebbe visto sorridere, niente e nessuno poteva rovinare quel momento perfetto di pura epifania ed estasi e poi, invece:

 

Tic Tac, Tic Tac: Wake up Lady!” Ebbene si... il suono della maledetta sveglia che giaceva sul comodino, la stessa che il mio caro e simpatico Seth mi aveva regalato prima che partissi.

L'aveva incartata da solo, lo si capiva vedendo il pacchetto, me la porse con la sua solita risatina e mentre cercavo faticosamente di arrivare al “tesoro nascosto” mi disse: “ Questo è per non dimenticarti di me, credo che mi rappresenti piuttosto bene”.

Era una sveglia a forma di lupo, quale oggetto poteva rappresentare meglio il mio fratellino rompiscatole?

Allungai il braccio nella penombra e tastai gli oggetti sul comodino, dopo vari tentativi ce l'avevo fatta, quel maledetto aggeggio infernale era fuori uso.

Avevo a disposizione ancora due ore, a dire il vero ero piuttosto agitata, non avevo mai lavorato in quel modo, se si trattava di aiutare in casa o lavorare il legno potevo anche cavarmela, ma parlare davanti a tutti quegli sconosciuti? Un brivido raggelò la mia calda pelle. E se mi avessero licenziato?

 

-Momento di panico-

 

No... ce la dovevo fare a tutti i costi, dovevo superare le mie sciocche paure da essere umano!

Mi gettai sotto la doccia, cercando di rilassarmi inalando il vapore che mi circondava.

Anche se sono un forno vivente non sono riuscita a togliermi il vizio di farmi una doccia calda quando sono nervosa, lo scroscio dell'acqua, la nebbiolina leggera che sfida la forza di gravità, mi danno un senso di pace, mi fanno dimenticare l'ansia e l'angoscia.

Una volta uscita dalla doccia mi aspettava la prova costume, si, questa forse era la parte peggiore del mio piano per guadagnare soldi, dovevo vestirmi come una vera indiana e questo significava

comporre due trecce laterali con i miei capelli ribelli, mettere delle piume, qualche gioiello antico

ed il vestito.

Mi guardai allo specchio atterrita, a che serviva travestirmi da una mia antenata? Immaginai le risate che sarebbero uscite dalla bocca degli altri del branco se mi avessero vista conciata così, per fortuna che non erano in grado di leggere i miei pensieri, erano troppo distanti da me.

Ripiegai i vestiti e tolsi i gioielli e le piume, per riporli nella borsa, mi misi un paio di jeans ed una canottiera e guardai l'orologio, era ora di andare, non dovevo arrivare tardi proprio il primo giorno di lavoro.

Presi un Taxi, in direzione “Southwest museum of the American indian”, l'ansia stava tornando, mi rimbombavano i battiti del cuore in gola, era peggio che affrontare un clan di vampiri per me, in questi casi ritornavo ad essere la Leah insicura e senza coraggio, quella che ero prima di trasformarmi.

Ormai ero arrivata, entrai nell'imponente edificio bianco, che dall'esterno ricordava l'aspetto di alcuni edifici europei che avevo visto in foto, i gradini sembravano non finire più, mi recai alla reception salutando cortesemente gli uomini della sicurezza, c'erano due ragazze, spiegai loro che era il mio primo giorno di lavoro e chiesi informazioni su dove fossero gli spogliatoi per il personale.

Mi indicarono un lungo corridoio che portava ad un'ala privata del museo, quella che sarebbe diventata la mia seconda nuova casa, mi mossi in quella direzione, le pareti erano di un rosso color terra ed erano costellate di fotografie di eventi svolti nel museo e di teche contenenti oggetti preziosi.

Più avanti c'era una porta sulla destra che conduceva alla stanza del direttore, non lo avevo conosciuto quando ero stata lì la prima volta, mi chiedevo che tipo di persona fosse, ero abbastanza curiosa.

Continuando più avanti c'era una sala relax per il personale e alla fine del corridoio due ingressi portavano agli spogliatoi femminili e quelli maschili.

C'erano della panche in legno e degli armadietti, nei quali potevo depositare i miei effetti personali, mi feci un giro per il locale, il bagno era abbastanza grande e pulito ed era corredato di docce.

Soddisfatta di non aver nulla da ridire sull'ambiente impeccabile, mi diressi verso una panca su cui avevo posato la borsa, non c'era nessun altro in quel momento, vi guardai all'interno, poi dissi tra me e me: “ beh, in bocca al lupo Leah” e mi misi a ridere come una bambina!

Ormai le prove erano finite, dovevo lavorare, indossai tutto il necessario e mi diressi verso la Hall, dove in meno di 7 minuti sarebbe arrivato il mio primo gruppo, camminavo e cercavo di guardarmi in torno il più possibile, volevo cogliere ogni aspetto di quel luogo.

Ero quasi alla fine del corridoio quando persa a guardare le foto sulla parete mi scontrai con qualcosa di duro.

Guardai dalla parte opposta, con aria preoccupata, sperando di non aver urtato un qualche tipo di oggetto prezioso e invece mi accorsi che non era una cosa, ma era una persona.

Alzai gli occhi e con tono dispiaciuto cominciai a dire “Mi scusi signor” e poi mi dovetti fermare, quel viso non mi era affatto nuovo ed evidentemente il mio non lo era per lui, perchè mentre ero paralizzata per lo shock fu lui a parlare e con sguardo stupito mi disse:

E tu... tu cosa diavolo ci fai qui?”

 

Scusami diario, ora devo scappare altrimenti mi va a fuoco la cena, ci sentiamo appena posso, tornerò presto a saziare la tua sete di conoscenza! Promesso!

A presto mio caro amico!

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Capitolo 16
*** Il primo Tour ( BUON NATALE A TUTTI) ***


Era incredibile Diario,

tra tutte le persone che avrei potuto incontrare quel giorno era l'ultima che avrei mai immaginato.

Forse hai già capito di chi si trattava: era il tizio del bar, quello che avevo avuto l'ostinazione d i salvare da dei delinquenti da quattro soldi, era lì davanti e mi scrutava con occhi allibiti.

Fui io a rompere il ghiaccio, ma devo ammettere che a causa dell'inaspettata sorpresa quello che uscì fuori dalla mia bocca fu solo un mucchio di parole farfugliate:

 

Ma, come.... è impossibile, cioè io.... tu, tu lavori qui?”

 

No, non lavoro qui, se è questo che vuoi sapere” stavo già tirando un respiro di sollievo, ma lui non aveva finito di parlare ed infatti continuò, con un lieve sorriso sulle labbra mi disse:

 

Sono il proprietario di questo posto” credo che a quel punto i miei occhi tentarono di uscire fuori dalle orbite, poteva mai andarmi peggio di così il primo giorno di lavoro?

 

Non era un semplice passante o un collega qualsiasi, era il mio capo, il proprietario del museo, ti rendi conto in cosa sono incappata? Colui il quale avrebbe deciso per una mia assunzione definitiva era lo stesso che si era rifiutato di farsi salvare la vita da me.

Ero ancora in stato di pseudo psicosi, quando lo vidi allungare una mano verso il mio petto, lo guardai accigliata, non avevo capito che cosa volesse fare e poi prese con due dita il cartellino che avevo impresso sul vestito:

 

Leah Clearwater, è così che ti chiami quindi, benvenuta nel museo, spero che ti troverai bene nel lavorare qui!”

Ma chi era quest'uomo? Il giorno prima mi aveva trattato come un'infame, per avergli salvato la pelle ed ora era tutto pacato e gentile, come se mi avesse incontrato per la prima volta.

Cosa dovevo fare? Dovevo comportarmi in maniera innaturale? fare la gentile e la cordiale, quando invece avrei voluto sbranarlo?

Alla fine strinsi i denti e i pugni, per trattenermi e abbozzando un sorriso forzato dissi:

 

Ah, ecco, grazie del benvenuto, meglio che mi sbrighi a timbrare il cartellino allora, non vorrei fare una brutta figura” cercai un modo per liberarmi da quell'incontro imbarazzante con la prima patetica scusa che mi venne in mente e feci per andarmene, ma lui mi tirò per il braccio e mi parlò:

 

Leah, riguardo all'altra sera, forse sono stato un tantino scortese, non era mia intenzione risponderti male,

ma le giornate -no- capitano a tutti giusto? Dato che ora lavori qui spero che tu capisca che sia meglio non divulgare come ci siamo conosciuti”

Deglutii e feci un cenno di assenso:

 

Ora però devo andare, tra poco arrivano i clienti”, mi diressi verso il foyer del museo, riflettendo su ciò che mi aveva appena detto capii di essere stata minacciata, era chiaro, se avessi detto a qualcuno del nostro incontro sarei stata licenziata su due piedi.

Che rabbia, non era affatto salutare nasconderla, prima o poi sarebbe esplosa ed io con lei!

I pensieri mi stavano distraendo, ma una voce mi riportò alla realtà, mi girai di scatto e focalizzai l'attenzione sulle parole:

 

Ah, Leah dimenticavo, stai proprio bene vestita così!”

 

Era ancora lui, il mio capo -che strano chiamarlo così-, mi feci subito rossa in viso ed il mio corpo divampò fintanto che mi sembrava aver sfiorato i 50 °C.

Si metteva a fare anche lo spiritoso? Ovviamente ero furibonda, era incredibile con quanta noncuranza mi dicesse quelle parole, sembrava che fosse addirittura uno del branco, aveva lo stesso atteggiamento di Jacob!

Scrollai le spalle e ripresi il cammino verso la Hall, guardai l'orologio nel corridoio, mancavano dieci minuti

e avrei debuttato come guida! Fantastico!

Dovevo calmarmi, salutai cordialmente una collega e mi avvicinai all'ampia porta finestra che dava sul giardino, dove avrei iniziato il percorso.

I vigilanti stavano aprendo le porte e riuscivo a vedere l'inizio di una lunga fila, il week-end non era finito e si notava, c'erano molti genitori con i figli, ma anche adulti, venuti da chissà dove.

Vidi Susan, colei che mi aveva assunto, venire verso di me con un foglio, mi aveva anche munito di un libro da studiare, che avevo divorato con entusiasmo, ma che non trattava di cose molto diverse dalle storie che mio padre mi raccontava sempre.

Il povero Harry... quanto mi manca, ma basta essere melodrammatici, torniamo al racconto.

Tieni Leah, questo è un elenco dei componenti del tuo primo gruppo, dovrai chiamarli all'appello uno per uno e segnare i presenti e gli assenti, alla fine del giro didattico dovrai consegnarlo all'ufficio logistica.

Tutto chiaro? Per qualsiasi problema puoi chiedere a me!”

Mi disse Lei, con tono cordiale, le risposi con un sorriso gentile, che non era da me, ma dovevo abituarmi all'idea di essere un tantino più malleabile, quindi... alla cortesia dovevo rispondere in maniera adeguata.

Presi il foglio in mano e cominciai e leggere i primi nomi sul registro, passai il mio dito indice sulla carta, ma dovetti bloccarmi all'istante quando arrivai al numero 16 della lista.

Non poteva essere... il nome che avevo appena letto era chiaramente Jacob Black e non solo, le persone che lo seguivano erano Seth, Jared, Paul , Quil ed Embry.

Rilessi i loro nomi per circa cinque volte, pensai che magari fosse uno scherzo, ma dovetti ricrdermi quando sentii un ragazzotto schiarirsi la voce e dire, con tono divertito e palesemente euforico:

 

Buongiorno signora guida”

 

Era Jacob, incredibile, ma vero e attorno a lui c'erano gli altri, tutti meno che Sam naturalmente.

Ero sconvolta, ci mancava anche questa pseudo sorpresa per finire di rovinarmi la giornata.

 

-Cosa diavolo ci fate qui? Come avete fatto a sapere...- pensai per fargli capire quanto fossero graditi in quel momento.

 

-Sono stato io sorellina, pensavi che mamma non mi avesse detto nulla? Non potevo di certo perdermi un simile spettacolo!” Ovviamente c'era Seth dietro tutto questo, se fossimo stati da soli glie l'avrei fatta pagare per bene!

Stavano tutti sogghignando, quanto li odiavo, erano venuti per tormentarmi!

-Leah, vedi che ti hanno conciato per le feste, ma Halloween è lontano!- farabutto di un Jacob, come si permetteva di prendermi in giro, stavo lavorando io, non me ne andavo in giro a godermi la bella vita, passeggiando con la sua mini-Cullen.

Lanciai un ringhio con i miei pensieri e gli ordinai di stare buoni, non avevo intenzione di fare brutta figura, ne andava della mia assunzione.

Cominciai quindi a chiamare le persone sulla lista, come mi aveva spiegato Susan, e iniziai a parlare di alcune leggende sul mio popolo, mentre si passava dal giardino, in cui c'era la ricostruzione di una tenda, alle altre sale piene di reperti quali armi, gioielli ed indumenti.

La situazione era sotto il mio controllo, non dovevo agitarmi o era la fine, spiegai i nomi degli indumenti che indossavo, spiegandone la consistenza e l'utilità che se ne ricavava.

Alla infine del percorso portai i bambini a farli travestire con dei costumi per fare delle foto con me, lanciando però sempre un pensiero minaccioso ai miei fratelli, dovevano stare attenti a non fare qualche casino o ne avrebbero pagato le conseguenze.

Avvicinandomi verso gli spogliatoi non potei fare a meno di voltarmi verso la porta d'ingresso della direzione, chissà se il proprietario, di cui non sapevo ancora il nome, sarebbe stato soddisfatto della mia performance.

I bambini indossarono i costumi e proseguimmo con le foto in giardino.

Appena finito il mio tour salutai calorosamente tutti e tirai un sospiro di sollievo, era tutto finito avevo fatto il mio primo ed ultimo giro turistico della giornata, me ne spettava uno solo essendo in prova, ma ero ugualmente soddisfatta, con tutto quello che mi era capitato avevo impedito che le cose andassero per il peggio.

Dissi a Seth e gli altri di aspettarmi fuori dal museo, andai a cambiarmi per ritornare la Leah acqua e sapone di sempre e mi diressi verso l'ala direzionale dell'edificio, dove avrei riconsegnato la lista compilata da me.

Varcando la soglia mi ritrovai di fronte il capo, di nuovo.

 

Leah, complimenti sei stata davvero brava oggi, ho seguito da lontano il tuo excursus storico senza intralciare, ma sono stato piacevolmente sorpreso.”

 

Caspita, avevo fatto una bella impressione allora... Ben gli stava, gli avevo dimostrato che non era facile trovare una scusa per licenziarmi!

 

Beh, la ringrazio signor?” a quel punto forse sarebbe stato il caso conoscere il suo nome

 

Che sciocco che sono, non mi sono nemmeno presentato, mi chiamo Derek Nylon, ma non mi dare del lei, qui nessuno lo fa, è categoricamente proibito.”

 

Ed io invece pensavo che sarei stata messa in cattiva luce non avendogli rivolto del lei davanti agli impiegati, vallo a capire questo Derek...

 

Leah, parlando della tua assunzione, sono deciso ad accordarla, ma dovremmo parlarne questa sera a cena, ora non ne ho il tempo. Se vuoi il posto è tuo, basta presentarti al Luxury Hotel per le 21, io sarò lì e ne discuteremo con calma.”

Non era possibile che mi stesse proponendo una cosa del genere, davanti a tutti, sbaglio o ci stava provando? Ma che maledizione è la mia? E' mai possibile che mi debba andare tutto per il verso sbagliato??

Se non ci fossi andata mi avrebbe licenziata, se ci fossi andata chissà cosa avrebbe detto o fatto, non è una cosa normale andare a cena con una dipendente giusto?

Non sapevo cosa fare o dire e alla fine risposi in maniera vaga dicendo solamente:

Ci penserò” per poi dirigermi verso l'uscita dove avrei raggiunto i guastafeste della riserva.

Insomma diario capitano proprio tutte a me, più tardi ti racconterò come andò il resto della giornata.

A presto mio caro compagno di avventure.

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