Piccolo uomo di crissi (/viewuser.php?uid=98307)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Piccolo uomo - 1781 ***
Capitolo 2: *** Piccolo uomo - 1783 ***
Capitolo 3: *** Piccolo uomo - 1789 ***
Capitolo 1 *** Piccolo uomo - 1781 ***
PICCOLO UOMO
*** Tranquille ... non sarà lunghissimo! Resto tipo da
"one shot" ... Al principio era lungo quanto "Il freddo", poi l'ho
"esploso". Però, spero di non averlo ... sbrodolato! Se dovesse
piacervi, potrei provare ad "esplodere" anche "Il freddo", come
suggerito da Heart of Rose nella sua recensione.
E' solo un fra le righe di come vidi l'anime, più un "personaggio" inanimato.
Per il primo pezzo, mi sono "ispirata", ma proprio alla lontana, giuro!
ad una scena del film (anche se è difficile pensare a quel film
ed abbinarlo al termine ispirazione!).
PICCOLO UOMO
1781 - 22 ottobre
Sono qui, china a fissarlo in silenzio, mentre dorme beato nella sua culla tutta pizzi e merletti.
Pure io ho probabilmente un’aria beata da come lo guardo.
Almeno, è così che mi sento.
Ha solo poche ore di vita ed un aspetto tutto grinze.
Ma è così … carino?…
- Ciao, piccolo uomo! – mormoro.
… Ci sono tante aspettative per te, piccolo Principe…
Ecco! La mia educazione maschile è saltata fuori!
Ho un attimo di orrore per me stessa!
Cielo! Mi sembro mio padre!
Avrei pensato la stessa cosa per una principessina?
No, non l’ho fatto allora per la piccola Maria Teresa.
Ma d’altronde è vero: era tanto atteso l’erede al trono!
In Francia la linea ereditaria è solo maschile.
E un erede significa futuro, continuazione, stabilità.
E la mia Regina è finalmente benvoluta perché ha dato un Delfino alla Francia.
Non rischia più il ripudio, l’esilio, il convento. Tutte
quelle soluzioni che, da secoli, uomini vili ed insoddisfatti, possono
usare senza rimorso alcuno nei confronti delle consorti, ree di non
mettere al mondo progenie maschile.
Mio padre trovò un modo diverso, originale anche, per risolvere il problema 26 anni fa.
Un imbroglio. Niente altro che un espediente di facciata: quello di trasformare in maschio la sua ultima figlia.
Un imbroglio che ha fatto di me non un uomo, non una donna.
Un imbroglio, tutto sommato, venuto bene, che non mi ha mai pesato.
Tranne, forse, in momenti come questo.
- Non avete mai desiderato averne uno, Colonnello?
Mi volto a guardare la madre, ancora coi segni della stanchezza
addosso, ma con lo sguardo raggiante che solo chi ha messo al mondo una
vita può avere.
Arrossisco un po’ e non trovo qualcosa di sensato da dire.
- Oh, beh … - alzo le spalle.
- Oh… andiamo, Oscar! – mi incalza Maria Antonietta con
sorriso birichino – Una cosetta paffuta? Tutta rosa? …
Urlante?
- Ma no, Maestà! – mi ribello – Il principino è un angelo!
La Regina ride con l’aria di chi è ben consapevole di cosa dice.
- Credetemi … La maternità non è tutto rose e
fiori! Vedrete quando avrà fame, se non ho ragione! – dice
sistemandosi meglio, con un filo di dolore, sui cuscini.
Maria Antonietta torna a scrutarmi, curiosa.
- Allora? … non mi avete risposto…
Capisco che non posso rifiutare una replica alla mia Regina, ma per me è tutto molto imbarazzante.
- Ecco, … io … Io sono un militare, Maestà. Non ho mai contemplato questa eventualità.
…Bugiarda!
Maria Antonietta annuisce con l’aria di chi la sa lunga.
- Già … E poi vi manca qualcosa di essenziale, no?
Faccio la tarda.
- Vi manca un uomo, no? … o, devo sospettare che non mi diciate qualcosa, Oscar?
… Uno ci sarebbe… penso io.
Ma mai e poi mai potrei confidarlo proprio a voi!
- Proprio come immaginavo! – esclama la Regina che,
evidentemente, è riuscita ad interpretare la mia espressione
– Allora, qualcuno C’E’! su, avanti lo conosco?
… Oh, cielo! Signore, ti prego … guarda giù!
In quel mentre…
- Allora allora allora! …. Come sta il prossimo Re di Francia?
Esclama il sovrano irrompendo nella stanza.
… Grazie, dio!
Mi inchino e colgo l’occasione per fuggire.
- Se le Vostre Maestà non hanno più bisogno di me… -
- Andate pure, Colonnello – mi congeda il Re, con uno sventolio
del fazzoletto di pizzo che ha in una mano, mentre si china sulla culla
a far versetti al piccolo.
Non alzo neanche lo sguardo per paura di incrociare ancora quello della
mia Regina e, sempre china, arretro il più velocemente possibile
fin fuori della porta.
Mi raddrizzo. Sospiro vistosamente per averla scampata, ma sento quegli occhi puntati su di me.
Il mio vice mi sta fissando stranamente… Sorpreso, direi… e, con un istante di ritardo, scatta sull’attenti.
- Colonnello …
- Riposo, Girodelle, riposo.
D’altronde, mi sento strana …Devo avere le guance in fiamme.
- Continuate voi Girodelle. Io per oggi, torno a casa.
- Sissignore.
Mi allontano ancora scombussolata. Ma mi riprendo abbastanza per
rifilare al mio vice la solita e, per un uomo attento come lui, inutile
raccomandazione.
- E, Girodelle … Occhi aperti!
***
- Nanny! Nanny – chiamo da sopra le scale.
Nessuna risposta. Va bene, scendo.
- Nanny? – chiamo entrando in cucina. Niente ancora. Non è neanche qui!
Resto un po’ perplessa perché è da una vita che
vedo perennemente Nanny affaccendata in quella stanza e non riesco
neanche a pensare dove possa essere di diverso.
Vado alla porta che da sul cortile laterale, quello della
servitù, e la vedo là in mezzo, circondata dalle
cameriere.
E’ tutta intenta a dar lezione di “come tirare il collo al pollo”.
La vedo con un gesto secco porre fine alla vita del povero animale e non posso non strizzare gli occhi, rabbrividendo.
Va bene, sono un soldato e non ho paura quasi di niente, ma questo lato
sanguinario di Nanny l’ho sempre trovato un po’
terrificante.
Mi affaccio e le faccio cenno con la mano, da lontano, mentre le
cameriere tornano alle loro mansioni che contemplano anche la
spennatura del volatile.
- Oh, cara bambina! Mi cercavi?
… Resterò bambina per sempre?
- Si, volevo chiederti se sai che fine hanno fatto i miei giocattoli di quand’ero piccola. Sai se sono stati buttati?
- Oh, cara, se fosse per tuo padre, sarebbero spariti da un pezzo! Ma
mi sono rifiutata! Sapevo che un giorno me li avresti chiesti! Di
solito, si riesumano per darli ai propri figli e … – si
volta di scatto con uno sguardo terrorizzato fisso nei miei occhi.
Dopo un attimo di perplessità, capisco a cosa sta pensando.
- Cosa? Ma no! Non pensarci nemmeno! – ribatto indignata.
Sospira mettendosi una mano sul cuore.
- Dio ti ringrazio! Non che mi dispiacerebbe, siamo intesi …
- Nanny!!!
-… ma il Generale mi avrebbe ammazzata! Comunque ho tenuto anche
quelli di André per quando mi darà dei nipotini.
Nipotini da André. Non ci avevo mai pensato.
E’ l’unico figlio della sua unica figlia. Ovvio che desideri dei nipoti da lui.
E André? Che penserà lui dei bambini? Non gliel’ho mai chiesto.
- Oscar!
- Sì? –
Mi sono distratta all’immagine di André e dei suoi probabili bambini.
Chissà se avrebbero gli occhi del padre…
- La soffitta, cara. Ho fatto portare tutto lassopra. Ultimo piano, cara.
Alzo un dito al cielo.
Nanny annuisce.
- Oh …
Sorride.
- Non mi dire che hai ancora paura del fantasma?
- Chi? io? No – rispondo con tono secco, ma molto poco convinto.
- Vuoi che mandi qualcuno a cercare qualcosa in particolare?
- Ma no, che dici! Vado su io! – rispondo stizzita.
E mi allontano, mentre lei continua a sorridere.
Così mi faccio forza.
In fin dei conti si tratta solo di superare uno dei tanti stupidi scherzi che Andrè mi faceva da piccoli.
Che ci vuole?
Lui ed i suoi stupidi stupidi stupidi scherzi!
Già … Posso ripetere stupidi all’infinito, ma il ricordo dello spavento rimane.
Salgo dalle scale di servizio.
Sono di pietra, con una ringhiera di ferro battuto piuttosto semplice.
Niente a che vedere con l’ala padronale del palazzo.
Niente affreschi, niente vetrate colorate, niente quadri.
Tutto … pulito. Privo di quei fronzoli destinati ad impressionare.
Penso alle infinite volte che ho percorso queste scale con Andrè.
Su e giù, dalla cucina alla torretta.
A chi arriva primo. Correndo, saltando, spintonandoci … Cadendo!
Su e giù. A dar fastidio, con scherzi idioti, ai domestici che riposavano nelle loro stanze.
Su e giù. A nasconderci nei corridoi dell’ultimo piano.
Su e giù. A rifugiarci nella torretta.
… A rifugiarmi dalle ire di mio padre, quando commettevo, secondo lui, qualche imperdonabile errore.
Solo lì potevo piangere.
“I soldatini non piangono mai!” , diceva il Generale.
Mah!… forse non avevano un padre come lui.
E solo Andrè mi ritrovava lì.
Eccomi, sono arrivata!
Ultimo piano: le stanze della servitù.
E lì, quasi nascosta, ancora più stretta, la scaletta che porta alla soffitta.
Ancora una decina di gradini e c’è il piccolo pianerottolo.
… Strano … lo ricordavo più grande, però.
Sorrido.
E’ qui che siamo venuti quella volta, quando ho rubato la pipa a mio padre. (1)
La prima volta che abbiamo fumato.
La prima e l’ultima.
Io vomitai. Andrè fece lo stesso. Per simpatia, disse. Almeno, così volle farmi credere.
… Ha sempre fatto tante stupidaggini per … simpatia, lui.
Di certo, stare così male, ci fece passare la voglia di prendere il vizio.
Mio padre non lo seppe mai.
…Cielo! Quante cose non sa il Generale di noi! …
Su una mensola sono posati un acciarino ed una lampada a petrolio.
La accendo e poso una mano sulla maniglia. Dovrò chinarmi un
po’ per entrare: questa porta non era così bassa!
… Sciocca…sei tu che sei cresciuta! …
…Che buio! Penso.
Eppure ci sono finestre! Graziose finestre tonde. Ma la luce fatica a penetrare.
Alzo la lampada davanti a me e cerco di capire come muovermi in mezzo ad anni ed anni di polvere e ragnatele.
Storco il naso, ma comincio ad avanzare. Con la mano, levo una spessa
tela davanti a me ed inizio a scorgere mucchi di cose abbandonate.
Tutto quel genere di oggetti che le famiglie ammucchiano perché
un domani, forse, non si sa …
Nel caso della mia famiglia, si trattava di secoli di cose ammucchiate.
Sollevo vecchie pesanti coperte damascate e trovo dei bauli.
Ognuno ha dei nomi scritti sopra col gesso.
Per primi, sbircio i bauli semivuoti delle mie sorelle. Si sono prese quel che volevano quando se ne sono andate.
Hanno abbandonato solo qualche straccetto d’abito e qualche bambola malconcia.
E Nanny ha tenuto tutto comunque.
I miei bauli sono tanti e straripanti; quantificano quanto sono stata viziata. Il figlio maschio!…
Apro il primo.
Poi vedo il tuo. Uno solo. Non dovrei, ma lo apro comunque.
Volevo cercare i miei giochi. Invece mi perdo nella tua vita prima che diventasse la nostra.
Copertine, lenzuolini, cuffiette … Che completini ridicoli!…
I tuoi semplici, i miei sfarzosi.
Bavaglini ricamati da sarte di Parigi, i miei.
I tuoi, cuciti da tua madre con avanzi di tessuto.
Il tuo nome in azzurro.
Carezzo il ricamo con due dita.
Andrè
Chissà cosa ricordi di questa tua vita. Non ne parli mai.
Sento un velo di tristezza posarsi su di me.
Tuo padre è morto che eri troppo piccolo, non puoi ricordartelo. Ma lei?
Cosa ti è rimasto dell’amore di tua madre?
La pensi ancora durante quei tuoi insondabili silenzi?
La tua dolcezza è merito suo?
Avrei voluto conoscerla la tua mamma. E ringraziarla.
Se la mia infanzia non è stata un incubo, lo devo solo a questo bambino nato con tanto amore.
Tu non sei venuto al mondo per tramandare un casato.
Non sei l’ultimo, stanco, tentativo di conservare un nome.
Tu sei il gioiello di due persone che si volevano bene.
E penso ancora al principino.
Alle cose che abbiamo in comune.
Agli obblighi. Ai doveri. Al peso che già grava sulle sue piccole spalle.
Molto più grave di quello che gravò sulle mie, ma ugualmente triste.
Rimetto il bavaglino al suo posto, riponendolo con cura nella carta velina che lo avvolgeva.
Richiudo il tuo passato e torno a cercare i miei giochi negli altri bauli.
Quante cose!
Armi di legno di tutti i tipi, soldatini, perfino la mia prima sella da pony!… oh! Eccolo! Proprio come lo ricordavo!
... Beh… quasi…
In effetti, stando ai miei ricordi, avrebbe dovuto essere più
lucente, con lo sguardo più vivo e senza tutti questi graffi
…
Lo prendo per il manico e lo fisso dritto negli occhi: il mio primo destriero!
Una testa di cavallo su un manico di scopa. La criniera e la coda sono di vero trine. Ora è un po’ spelacchiato.
A quell’epoca giocavo ancora da sola.
… Non posso dar la colpa ad Andrè se è cosi malconcio! …Penso da cattivella…
Lo mostrerò al nostro falegname, magari riuscirà a rimetterlo in sesto.
Certo, sarebbe più sbrigativo comprarne uno nuovo. Ma non so
perché, sento davvero un legame particolare col piccolo principe
e vorrei donargli qualcosa di personale.
Bene! Ho trovato quel per cui ero venuta quassù. Posso anche andare, mi dico.
Alzo lo sguardo ad una delle finestre e vedo che il sole è
calato. Non me ne sono resa conto, ma devo essere restata qui un bel
po’.
Richiudo il baule e mi pare di scorgere un movimento nel buio.
Trattengo il respiro.
… Tutte idee … Mi dico.
Un rumore.
Prendo la lampada e cerco di far più luce.
… Ti stai immaginando tutto…
Qualcosa scricchiola ….
… Accidenti!...
Mi alzo in piedi.
- Chi c’è lì?
Domando e non so se ho paura di sentire una risposta.
Niente.
… Mi sto lasciando suggestionare!
Meglio uscire di qui prima che mi succeda … ancora.
Prendo il cavallino di legno e mi dirigo alla porta, scostando le
ragnatele che col buio non solo sembrano più fitte, ma anche
più … vive.
Mi sto chinando per uscire dalla porta, sul pianerottolo in penombra, quando sento qualcosa sfiorarmi una spalla e …
Urlo!
Istintivamente faccio roteare il cavallino attorno a me, per difesa da non so cosa e sfioro il nemico.
…Che comincia a ridere a crepapelle!
- Non ci posso credere! – ridacchia lui – Ci sei cascata ancora!
- Non-sei-divertente! – esclamo scandendo bene ogni singola parola.
Ma Andrè continua a ridere.
- Non ci posso credere! – continua a ripetere con le lacrime agli occhi.
… Lui ed i suoi maledetti racconti gotici! Quegli orrori che mi
raccontava nelle nostre notti insonni dedicate alle favole paurose!
Usciamo tutti e due, ma tu proprio non vuoi piantarla.
Così ti spingo con una mano, mentre con l’altra reggo la lampada.
E ridi.
Ti spingo ancora più forte, mentre cominciamo a scendere e ti faccio finire di schiena contro il muro del corridoio.
Smetti di sghignazzare, ma mi guardi con aria birichina.
E comincio a ridere pure io, mentre ci lanciamo insieme giù per le scale, improvvisamente di nuovo bambini.
Correndo, saltando, spintonandoci … Cadendo!
***
Quando Nanny mi ha vista si è fatta scura in volto.
Andrè si è premurato subito di alzare le mani ed
esclamare “io non c’entro”, prima di dileguarsi
velocemente.
… Vigliacco!
Senza una parola, lei mi ha condotta davanti al grosso specchio dell’ingresso.
Sì, effettivamente la definizione “un po’ sporca” non rendeva l’idea del mio aspetto.
Mi indica in silenzio le scale in direzione della mia camera, come
faceva quando ero piccola. Il che significava: bagno caldo o niente
cena!
Quel che Nanny forse non sa è che non ho più l’avversione per l’acqua come l’avevo da bambina.
Entro nel mio appartamento ed appoggio il giocattolo sul tavolino.
Sento che nella stanza da bagno, le cameriere sono già
all’opera con brocche di acqua calda. Nanny tiene sempre grosse
pentole piene d’acqua sul fuoco in cucina proprio per emergenze
come questa.
Emergenze che da piccoli erano ordinarie.
Solo che allora la mia balia era meno pignola: ci prendeva furiosa e ci
ficcava entrambi nella stessa tinozza giù nelle cucine, meglio
se vestiti, così risolveva anche il problema del bucato. Ci
spazzolava energicamente dappertutto con una montagna di sapone,
infischiandosene di essere troppo brutale. E, come gran finale, in
piedi in cortile a risciacquarci con belle secchiate di acqua di pozzo,
ovviamente gelida.
Naturalmente, il generale apprezzava moltissimo questo trattamento da
“reclute” e, appena poteva, non perdeva occasione di
assistere ad una di queste esibizioni, con me ed Andrè che ci
prendevamo quelle cascate gelide in testa, con la bocca spalancata come
trote e pelle da cappone.
Poi Nanny ci spogliava, ci avvolgeva in coperte calde e ci piazzava
davanti al gigantesco caminetto della cucina: tazze di cioccolata
fumante e biscotti come risarcimento.
Vado alla specchiera e mi metto a testa in giù per scuotere un
po’ di luridume dai capelli esageratamente voluminosi per via
della polvere. Prendo una spazzola e provo a riordinarli, ma capisco
che dovrò lavarli per forza… se non voglio restare calva
nel tentativo di spazzolarli.
Prendo la vestaglia di velluto operato turchese che sta dentro la
cassapanca e comincio a spogliarmi. La indosso giusto in tempo: una
cameriera mi avvisa che la vasca è pronta.
Sono state
velocissime, le ragazze. La mia governante sa come renderle …
scattanti!
Più o meno con lo stesso metodo dittatoriale che usa per me ed Andrè.
Mi reco scalza nella stanza da bagno: un lusso tutto mio, in questa casa.
Hanno steso dei teli di lino sul pavimento, altri sono posati a bordo vasca, per potermi poi asciugare.
Lascio scivolare la vestaglia su una poltroncina e mi immergo piano nella vasca di marmo.
Qualche secondo di rilassamento e poi comincio a lavorar di sapone.
So che Nanny non mi concederà molto tempo.
Infatti sento bussare.
- E’ aperto! – grido e so che sei tu.
- Nonna mi manda a dirti che tra una ora serve la cena! Che tu ci sia o no!
Mi vien da ridere perché, servitù a parte, ci son solo io
in casa e a chi dovrebbe servire la cena se non a me? Ma le regole le
detta lei.
- Sei annegata?
… Spiritoso…
- No, mi sto godendo il bagno.
So che sei lì appena fuori della porta, appoggiato alla parete,
e so che Nanny non ha mandato te ad avvisarmi riguardo la cena, ma una
delle cameriere.
Come sempre tu l’hai intercettata,
appropriandoti di mansioni non tue.
Mi domando se davvero tua nonna non è a conoscenza di questa tua possessività nei miei confronti.
- E così, è per lui che hai affrontato il fantasma?
Affaccia il cavallino alla porta e mi fa ridere.
- Già, voglio rimetterlo in sesto e farne dono al delfino.
Ritiri il cavallino. Probabilmente gli stai facendo le boccacce per imitarne l’espressione … Ormai ti conosco!
- Com’è che non dici niente?
- Mah, è che regalare un gioco usato ad un futuro re, non mi sembra … adatto.
… Sì, hai ragione. Ma è una cosa che voglio fare comunque.
Mi immergo per bagnare i capelli e resto lì un attimo, nel silenzio dell’acqua
- Sei annegata?
Chiedi ancora dopo qualche istante di silenzio.
Riemergo e rido per la tua insistenza.
- Fattene una ragione, Andrè: stasera non dovrai venirmi a salvare!
Ti sento sospirare.
- Stando così le cose … me ne vado! E … meno di un’ora, Oscar!
Ti raccomandi chiudendo la porta dell’appartamento.
***
Ed eccoci qua! Noi tre sulla strada per Versailles.
Io, Cesar e … Cavallino!
E’ stato riparato, stuccato, lucidato; gli hanno sostituito coda e criniera ed illuminato lo sguardo con vernice fresca.
Come nuovo!
L’ho personalmente avvolto in un mare di tulle bianco e guarnito con questo enorme fiocco rosso.
Andrè naturalmente ha criticato il pacco definendolo “un
grosso baco informe con attaccata una enorme, tozza fragola”.
Lo so, lui è quello bravo coi pacchetti! La mia
capacità manuale in queste cose estetiche lascia piuttosto a
desiderare, ma so anche che non mi è venuto così male
come vuole farmi credere!
Oggi ho udienza privata con la Regina nei suoi appartamenti al piccolo Trianon.
E’ l’occasione giusta per darglielo.
I regali ufficiali della famiglia Jarjaies sono già stati
consegnati ed il messaggio di ringraziamento ci è già
stato tornato.
Questo è un pensierino solo mio.
Certo, ci vorranno due, tre anni almeno perché il Delfino possa apprezzarlo.
Ma non voglio aspettare. Voglio che Cavallino sia subito suo.
Non so perché ho quest’ansia … Come se il Delfino abbia bisogno di una protezione speciale.
Da piccola, Cavallino ha vegliato su di me. Ora può vegliare su un altro bimbo.
Io, non ne ho più bisogno.
... Io ho Andrè…
***
Vengo annunciata e senza indugio fatta accomodare.
Sua Maestà sta cullando fra le braccia il piccolo Joseph e mi rivolge un sorriso caloroso.
- Non dovevate disturbarvi, Oscar. – dice indicando il vistoso pacchetto. - I doni che ci avete mandato sono incantevoli!
Mi inchino leggermente.
- Troppo gentile, Maestà. E comunque, questo è solo un piccolo pensiero per il Principe.
Si avvicina e mi allunga l’infante.
- Come? No, Maestà, non credo… io …
- Oh, andiamo, Oscar! – esclama divertita la Regina –
Domate cavalli, addestrate soldati; sfidate lame, proiettili e pugni e
avete paura di un neonato!
... Beh … messa così … Mi arrendo.
Poso il cavallino ed allungo le mani. Prendo il piccolo, esitante e maldestra.
- Sì, bene … Così!… Tenetegli la testa
… Perfetto! – esclama la sovrana, correggendo la posizione
innaturale in cui tenevo il bimbo.
- Bravissima! – esclama prendendo cavallino e cominciando a sciogliere il fiocco.
Io sono rigida e concentrata sul Delfino, ma piano piano comincio a sciogliermi e mi trovo a dondolarmi sul posto.
- Ma è delizioso!
Commenta Maria Antonietta quando Cavallino si mostra in tutto il suo splendore.
- Era … mio. – mormoro.
La mia Regina mi guarda intenerita e coglie in quelle due parole tutto il significato di quel pezzo di legno intagliato.
- Non potevate fargli un regalo più adatto, madamigella Oscar.
Farò in modo che stia sempre accanto a lui. Così come Voi
siete sempre accanto a me.
Sorrido e torno a guardare Joseph che dorme tranquillo tra le mie braccia.
- Sapete, io attendo ancora una vostra risposta, madamigella… - dice maliziosa Maria Antonietta.
... Che memoria!
Un bravo soldato deve capire quando è il momento di arrendersi.
- Tempo fa c’è stato un uomo per il quale ho creduto di poter cambiare vita …-
- E …? – mi incalza lei.
- Niente. Non sapeva neanche che esistevo. – dico glissando su tante cose.
- Allora non era quello giusto! Non vale nemmeno la pena perderci chiacchere! –
Taglia corto lei, con aria comprensiva.
E ne sono grata.
Arriva una balia per allattare Joseph e me lo prende delicatamente dalle braccia.
- Venite, usciamo! Fuori c’è Maria Teresa che gioca. Sarà contenta di vedervi!
E’ novembre e ha già fatto il gelo. Ma oggi il sole
è caldo nel cielo, il vento tace, l’aria è
piacevolmente tiepida.
L’estate di San Martino ci sta facendo
regalo di una tregua, prima del lungo inverno.
Stendo una coperta sull’erba e ci sediamo.
Lei indossa un mantello caldo sopra un abito di raso leggero, giallo
chiaro. Da quando vive qui, ha inaugurato una moda molto più
libera ed informale, priva di quegli eccessi che l’avevano resa
famosa tempi addietro.
Scherziamo e giochiamo con la piccola peste che si è messa in
testa di adornarmi i capelli con ghirlande di foglie dai colori
autunnali.
Ridiamo, scherziamo come due amiche.
Due amiche molto diverse tra loro, ma con lo stesso uomo nel cuore.
Versailles è lontana. Anche i pensieri cupi sono lontani in questo strano pomeriggio.
Ben presto arriva per me l’ora di accomiatarmi. Lascio la Regina
a farsi amorevolmente torturare dalla figlia e mi dirigo a prendere
Cesar.
Lungo il tragitto vedo Girodelle, che con tono professionale, severo, composto, sta riprendendo una delle guardie.
Poiché io sono di riposo, il compito di vegliare sulla Regina tocca a lui.
Si accorge di me, che mi sto avvicinando.
E lo vedo sorridermi da lontano, indicarsi i capelli e poi indicare me.
Alzo una mano sui miei ricci ribelli: foglie secche!
Le tolgo, con un lieve accenno di imbarazzo.
- Tutto bene, Girodelle?
- Tutto tranquillo, Comandante!
E poi, quando sto per fargli la consueta raccomandazione, lui mi precede.
- … Occhi aperti! Sissignore!
***
(1) Qui ho la sensazione, non la certezza, di aver letto qualcosa di
simile in un'altra ff, che però non sono riuscita a ritrovare
... Poichè non è mia intenzione rubacchiare, fatemi
sapere se riconoscete la farina del vostro sacco!
Ho parlato di fumo, solo perchè tutti i ragazzini prima o poi,
arrivano a fumare di nascosto ed avendo il Generale sempre la pipa in
bocca, mi sembrava naturale che Oscar cercasse di imitarlo.
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Capitolo 2 *** Piccolo uomo - 1783 ***
PICCOLO UOMO - 1783
*** Mi sono impasticciata coi caratteri troppo piccoli! ho ancora
problemi ad impaginare l'HTML ...boh! Scusate, non riesco ad
ingrandirli senza fare disastri!
***Prima di tutto! grazie per le belle recensioni e grazie mille a Ninfea Blu e a Beatrix1291 per avermi messa
tra gli autori preferiti! non so se son mai stata la preferita di
qualcuno in qualcosa! grazie!!!
Ho visto che avete sollevato dei dubbi davvero legittimi e
probabilmente Beatrix e Pry, non siete le uniche. In effetti sì,
è OOC e anche "Missing moments", però, come la vedo io
neanche poi tanto. Provo a spiegarmi così poi mi direte se sono
fuori rotta!
x BEATRIX: Hai ragione! E'
OOC, almeno per quel che ci hanno fatto vedere, perchè secondo
me l'anime ha tante sfumature: sorrisi che sfuggono, occhi tremanti,
palpebre calate, che dicono più di quel che si vede. Ma vado per
ordine!
Andrè bimbo d'amore e Oscar no.
Beh, dopo 5 femmine, la delusione del Generale a parer mio era davvero
troppo evidente; indicava che era stata solo l'ultimo tentativo di
avere un maschio e, se non l'avesse trasformata nel suo erede, sarebbe
stata poco più di un numero per lui.
Dona il suo giocattolo.E'
vero, è strano e lo dice anche Andrè. Ma ho pensato
all'affinità che Oscar sente con questo bambino in particolare
(altrimenti non si sarebbero reciprocamente affezionati tanto come
nell'anime): la pesante
responsabilità ed un futuro già deciso.Oscar ha sempre
avuto molti doveri (tu rappresenti i Jarjaies!), come li avrà il
principino (lui rappresenta il futuro della Francia), doveri che
rendono soli in mezzo alla gente (almeno Oscar aveva Andrè!). Ad
esempio, M.
Antonietta, quando perse la figlia piccola si disperò anche
perchè "lei sarebbe stata mia amica", mentre i figli
maschi "appartenevano alla Francia", non a lei.
Confidenza con la Regina.
Ho
sempre visto la Regina molto curiosa nei confronti di Oscar, come lo
erano tutte le dame (esempio: "danzerà con una dama o un
gentiluomo?")
e, passando le giornate insieme per 20 anni, l'avrà certamente
"torturata di domande" in maniera diretta, mettendola sotto torchio.
Anche se poi Oscar cerca sempre di defilarsi senza rispondere o tanto
meno, confidarsi. Anche perchè altrimenti sarebbe una conoscenza
più che una amicizia vera e propria. Insomma, io vedo la Regina
parlare ed Oscar ... ascoltare e basta, ma solo finchè
può. Ricordo anche che Jeanne Valois al processo
insinuerà che "Oscar e la Polignac fanno fare alla Regina quello
che vogliono" fino ad esporre il dubbio di un rapporto lesbico tra loro
(la versione in italiano del processo è stata "addolcita"); la
gente credette a Jeanne, quindi il rapporto tra Oscar e la sua Regina
doveva almeno qualche volta essere sembrato un po' più
confidenziale del poco che abbiamo visto.
La paura. Sì,
è un po' tanto forzato, il fantasma! Avevo bisogno di una scusa
per farli bisticciare! Ma credo anche che il coraggio non sia non avere
mai paura, ma affrontare e superare. Poichè gli spaventi presi
da bambini sono i più radicati, ho pensato di appiopparle una
paura su qualcosa di non tangibile. Insomma, Oscar è bravissima
ad affrontare tutto ciò che è concreto, lo fa al limite
dell'incoscienza, ma sappiamo anche
che con altre cose come rapporti interpersonali e quel suo "maledetto"
cuore di
donna, fa un po' disastri, no? Quindi, volendo farla sembrare un po'
meno ... "banzai!!!" su tutto, un irragionevole spavento preso da bimba
mi è sembrato quello meno lesivo della sua immagine eroica.
Anche perchè sono convinta che gli scherzi di Andrè
fossero belli pesanti!
x PRY: L'aria beata ti
è sembrata troppo sdolcinata per lei? Prova a leggere la seconda riga, ma con
"orgoglio maschile"!
Oscar, sotto sotto, è un po' maschilista, oltre che maschio... E
l'erede maschio
... è MASCHIO! Quello non è un bambino, ma IL bambino! Ed
è questo che la commuove. Anche il generale avrebbe avuto l'aria
beata, se
avesse ottenuto l'atteso erede. Il maschilismo di Oscar, lo si può
notare, ad esempio, nell'episodio
della "guerra tra donne", M.Antonietta Vs. Du Barry, quando lei le
definisce sciocche, come se lei non rientrasse nella categoria; ed
anche il fatto che non volle sposare Girodelle, perchè, tra
altre cose, lei non ha rispetto di un uomo che le ha
obbedito per 20 anni, cioè che le è stato "sottomesso".
Mentre Andrè, pur essendo un servo, mai è stato
sottomesso a lei come uomo; lui le ha sempre tenuto testa!
(A proposito, se non lo avete visto, ho inserito una sviolinata
pro-Girodelle alla fine di "Notti fredde e solitarie", tanto per
definire come ho visto io il tipo!)
Torturare i capelli:
non importa se non vuoi ... Loro ci riescono comunque (sembra una frase
da film horror ...). E Oscar non può dire di no ad una baby
reale.
E adesso che ho più o meno spiegato l'occhio con cui ho guardato, ... Pry, prepara
il digestivo, che questo capitolo sarà anche più ... pesante!
E, notare bene, qui Oscar è anche già nel
mezzo delle "vampate ormonali" per Fersen, quindi ... siete avvisate
per quando penserà cose strane!
PS: ma perchè dovrei offendermi? Il bello è proprio confrontare i nostri angoli di veduta! : )
***
1783
- Che succede?
Uno dei miei sottoufficiali si affaccia al mio
ufficio.
- Ci sono problemi, Comandante!
Strano… Qui a Versailles non succede mai niente.
Sento un gran vociare arrivare dalla sala delle
udienze.
Mi alzo e m' incammino verso la fonte del disturbo.
- E’ inammissibile! – sta gridando un uomo ad uno
dei segretari.
- E’ inconcepibile!!
Deduco che la mia Regina abbia appena fatto rendere
noto dal suo portavoce, che l’udienza odierna viene annullata.
Non ne sono stupita. Succede sempre più di
frequente.
- Posso sapere che sta accadendo?
Mi intrometto, togliendo la patata bollente dalle
mani del povero segretario.
- Accade, Signore, che ho affrontato un viaggio di
due settimane per incontrare Sua Maestà e
mi sento dire che l’udienza è rinviata a data da destinarsi. Perché?
Perché sua Maestà si sta dilettando con la musica! Beh … non è un buon motivo!
Mi strilla l’uomo furibondo, avvicinandosi al mio
viso.
Frappongo, cauta, una mano tra noi, per mantenere
le distanze.
- Vi invito a moderare i toni, Signore. Voglio
ricordarvi che siamo a Versailles! – lo richiamo con estrema calma.
- Ahh! – esclama quello con un gesto di
insofferenza – Questa non è più una Reggia dal momento che manca la Regina!
Capisco che la situazione non può migliorare.
- Sono il Comandante della Guardia Reale … -
esordisco.
- Lo so chi siete!
- … e vi invito a lasciare immediatamente il
Palazzo, Signore.
Le mie guardie scattano afferrando l’uomo per le
braccia, poiché sanno che il mio “invito” è in realtà un esplicito,
incontestabile, inappellabile ordine.
- Lasciatemi! – si divincola l’uomo – Posso
andarmene da solo, non ho bisogno di essere … “accompagnato”! – esclama in tono
ironico.
- Lasciatelo! – ordino pacata.
- Ma permettete che vi dica una cosa, comandante …
- aggiunge incamminandosi - In momenti
come questi, Sovrani e nobili dovrebbero restare uniti. Se sua Maestà
continuerà a comportarsi in questo modo nei nostri riguardi, ci farà trarre le
debite conclusioni!
Le parole si perdono nel salone come un presagio.
- Lo spettacolo è finito. Tornate a casa! – ordino
agli astanti.
Mi volto a guardarti: so che sei lì.
Basta uno sguardo per capirci. Sei preoccupato.
Forse più di me.
Le cose non vanno bene, no, niente affatto bene …
***
Le mie dita carezzano veloci i tasti del piano.
Tu stai parlando. Il quotidiano aggiornamento sugli
scandali e le dicerie di corte.
… Quanto sai essere pettegolo a volte! …
Faccio come al solito finta di non stare a
sentirti.
E come al solito, tu fingi di credermi.
- Non è piacevole viaggiare per giorni e poi
neanche essere ricevuti!
Ti stai riferendo all’incidente di stamane.
- Il numero dei nobili che si lamenta per
l’impossibilità di essere ricevuti da Sua Maestà, sta aumentando in maniera vertiginosa! Temo che se la
nostra Regina continuerà a negarsi ai suoi sudditi, si creerà una voragine incolmabile.
Continuo a suonare ed a fingere di non ascoltarti.
Così cambi argomento.
- Ho saputo che i nostri volontari stanno tornando
dall’America … - butti lì.
Le mie palpebre si spalancano in maniera appena
percettibile, ma non sfuggono alla tua attenzione.
Non mi concedo nessun altro tipo di reazione.
- … Niente … Credevo tu lo volessi sapere … -
aggiungi chinando il capo e voltandoti per uscire, col pizzico di amarezza che
hai sempre nella voce quando mi sforzo di ignorarti.
Smetto di colpo di suonare.
- Andrè …
Ti fermi e mi guardi con quell’aria da cucciolo
triste che esibivi già da bambino quando ti trattavo male.
(1)
Mi metto cavalcioni della panca e, carezzandone
distrattamente il morbido velluto, cerco in me le parole adatte. Ti guardo
dritto negli occhi.
- Domani andrò al Trianon e chiederò alla Regina di
riprendere le udienze. –
Mi sorridi annuendo appena. Sei chiaramente
insoddisfatto.
Ti ho tranquillizzato su un punto.
Per quanto riguarda l’altra notizia … E’ inutile,
Andrè … non parlerò mai di lui con te.
Già fatico ad ammettere con me stessa che lo penso.
Sei il mio migliore amico, sei un fratello … ma, …
no …
E tu capisci.
- Buonanotte, Oscar.
- Buonanotte, Andrè.
****
Eccomi qui che vado a Versailles in udienza privata
dalla mia Regina al Piccolo Trianon.
(2)
Purtroppo dovrò parlarle di queste benedette
udienze pubbliche. Del suo ruolo di Sovrana. Dei suoi doveri.
Anche se è un po’ ridicolo
che, con stuoli di consiglieri, sia proprio io ad avvertire la necessità di
farglielo notare.
Non è più possibile continuare a questo modo.
Sebbene riesca a capirla, Andrè ha ragione.
… Come
sempre.
Questo isolamento sta completamente allontanando la
famiglia reale dalla realtà.
Varco i cancelli ricambiando il saluto delle mie
guardie.
Lascio le redini ad un valletto e mi avvio verso
l’interno del piccolo palazzo.
Una volta superata la sorveglianza, non ci sono
obblighi di etichetta qui.
Attraverso il salone d’ingresso verso il retro. Le
porte-finestra sono tutte spalancate in questo caldo giorno di piena estate e
dal giardino a nord arrivano grida festose di bambini.
Mi fermo sulla cima dei gradini e la guardo.
Sta giocando coi figli ad acchiapparsi.
Per un attimo la rivedo bambina.
Perché era una bambina quando arrivò in Francia,
una bimba ancora spensierata.
Una bimba come me. Ma io ero rinchiusa in questa
armatura già da qualche mese.
Avevo scelto il male minore.
Avevo scelto la libertà di cui avevo goduto fino ad
allora; anche se si trattava di una libertà condizionata a non essere né uomo,
né donna.
Mi vede e fa cenno di raggiungerla.
La saluto con un inchino, saluto anche la
principessina e mi rivolgo a Joseph che seduto in mezzo ai fiori di campo,
stringe il mio Cavallino.
- Vedo che qualcuno vuole dedicarsi
all’equitazione!
- Siete capitata al momento giusto, madamigella. Il
principe Joseph proprio stamane ha scelto il vostro dono in mezzo a tutti gli
altri e sembra non avere intenzione di staccarsene. Segno del destino: dovete insegnargli
i rudimenti dell’equitazione, oggi pomeriggio!
- Che ne dite Joseph? Impariamo a cavalcare?
- Siiiiiiiii – esclama il bimbo, appena consapevole
della proposta.
Così mi applico all’insegnamento.
E mi torna alla mente la canzoncina che cantavo io.
“… col mio
cavallino di legno di faggio che è davvero bello ma che è anche matto.”
(3)
Joseph la impara subito e la canticchia in modo
ossessivo e traballante, quanto traballante corre con Cavallino tra le gambe.
Ogni tanto rotola nell’erba e con l’agilità tipica
dell’età si rialza, ma senza piangere mai.
Comincio a correre anch’io con loro, con Joseph e
Maria Teresa.
E penso alla mia infanzia con Andrè.
… Però io non mi ci vedo con le gonne…
Sorrido maligna… Andrè invece sì, lui sarebbe stato
una bella bambina.
Lui era più gentile
Più educato
Più sensibile.
Caspita! Comincio a sentire davvero caldo.
La regina mi invita a togliere la pesante giacca.
Niente formalità, qui, mi ricorda.
Ho un attimo di esitazione, … ma uno solo.
Così poi mi scateno.
… girotondo, acchiapparella, mosca cieca …
(4)
Sono tutta sudata! non immaginavo che i bambini
potessero stancare tanto!
Comincio a comprendere Nanny.
… povera Nanny!….
Finalmente, dopo un paio d’ore, i pargoli crollano.
La mia Regina ed io possiamo rilassarci.
Ci incamminiamo tra i vialetti del giardino
all’inglese: una esplosione di fiori di campo, solo apparentemente cresciuti
per caso.
Attraversiamo il piccolo villaggio di contadini che
Sua Maestà ha fatto realizzare: un piccolo paradiso, falsamente ispirato alla
realtà.
Chiassosi animali da cortile vaganti liberi e
contadini, sani e felici, intenti a lavorare, ma quasi per svago.
Camminiamo lungo il laghetto artificiale e, quando
lei esprime il desiderio di fare un giro in barca, non esito ad esaudirla.
Il sole risplende sullo specchio tranquillo ed io,
che ho smesso di remare, immergo una mano nell’acqua, pigramente, rilassata,
quasi serena … mentre cerco nella mia mente un appiglio per poterle parlare delle
udienze.
Maria Antonietta mi sta parlando del suo teatro,
delle rappresentazioni che ha in programma.
Mi chiede se andrò a vedere il suo debutto.
- … sì, mi piacerebbe molto,
Maestà …
Improvvisamente, lei si incupisce.
- Pensate che tornerà?
Chiede all’improvviso.
Non c’è bisogno di specificare chi.
- Non lo so, Maestà. – rispondo sincera.
- I nostri volontari stanno cominciando a tornare,
vero?
Annuisco.
- Pensate che verrà a … salutarmi? Sapete … Dopo tutti questi anni riesco a pensare a lui
in maniera diversa.
… Io no. Lo penso soltanto di più. Lo penso davvero
tanto ….
***
- Allora? Come è andata? L’hai convinta?
Andrè è una raffica di domande.
E’ venuto a prendermi.
… come se avessi bisogno della scorta! Questa poi…
Sono esausta.
E depressa.
- No, Andrè, non gliene ho parlato. – rispondo con
aria stanca.
Ti blocchi dietro di me. Non ti sto guardando, ma
posso immaginare la tua espressione indignata.
… Sei
d’umore storto Andrè?
- Gliene parlerò la prossima volta.
… prometto…
Ti sento sospirare. Ti ho deluso. Lo so.
... Non tenermi il broncio!
- Sai, è veramente meravigliosa come madre.
Dovrebbero vederla giocare con i suoi figli, vederla sorridere come non ha mai
fatto prima… Credo stia attraversando il momento più bello della sua vita, sai,
Andrè …
Mi volto a guardarti.
… Mi sorridi con un lampo di tenerezza negli occhi.
A che pensi?
Una voce sconosciuta mi impedisce di indagare oltre
i tuoi pensieri.
E quel che vedo, è come una doccia gelata di cruda
realtà.
Sto facendo la figura dell’aristocratico che non si
degna di rispondere, ma è che la vista di quest’uomo, …di questo … avanzo
d’uomo che ho davanti, mi ha paralizzata e … non ci riesco.
- Chevreux? Si, so dov’è. Non è lontano da qui.
Ti sento rispondergli.
- Perdonate, ma voi ... tornate dall’America? - gli domandi con tutto il tatto di cui sei capace.
Il soldato in uniforme china lo sguardo dall’occhio
non bendato.
- Sì, signore. Devo andare a Chevreux a consegnare
alla famiglia alcune cose di un mio compagno caduto.
E così dicendo, poggia la mano su una bisaccia che tiene al collo, come
se vi fosse custodito il tesoro più caro.
Il mio pensiero corre a lui. A Fersen.
Con paura, come se
quella sacca racchiudesse tutto ciò che di lui può essere rimasto a
questo mondo.
Sento il terrore assalirmi per una possibilità come
questa.
- Non vi preoccupate, brav’uomo. – dici tu –
Chevreux è molto vicina. Vi ci porto io.
E col tuo immancabile buon cuore, scendi da cavallo
e lo inviti a prendere il tuo posto in sella.
L’uomo esausto, neanche prova a rifiutare.
Il paese è davvero molto vicino e troviamo subito
la famiglia del caduto.
Lo strazio è immenso, ma composto.
Il soldato ci ringrazia.
Un inchino, dovuto, a me, l’aristocratico.
Un inchino, dovuto, ad Andrè, per la sua gentilezza
innata.
Ci rimettiamo in cammino.
Con noi, solo il rumore degli zoccoli e del vento
serale che si è alzato.
Ed allora pronuncio la richiesta che ha il solo
scopo di mettere a tacere l’urlo disperato nel mio cervello.
- Portami a Parigi, Andrè … Ho voglia di bere.
In realtà, ho una gran fretta di sbronzarmi.
Sarebbe più semplice arrivare a palazzo Jarjaies,
le cui cantine abbondano di ogni genere di alcolico pregiato.
Ma non voglio impregnare casa mia di questa
sofferenza che sento.
Della paura per lui, per pensarlo forse morto.
Della vergogna di me, … perché penso a lui.
***
- …Bere fa dimenticare le preoccupazioni … – dici
tu con un sorriso amaro alzando il boccale e cercando di reggere il mio ritmo.
Lo dici come se tu sapessi di cosa stai parlando,
come se tu sapessi cosa sto cercando di annegare nella birra.
Mi guardi mentre cerco di soffocarmi nell’alcool.
Sorridi appena.
… Ti diverto?
E tu? Cos’hai da dover dimenticare, Andrè?
Siamo venuti dritti in questo posto.
Ti senti a tuo agio, qui. Sei un cliente abituale?
Cosa cerchi in postacci come questo, Andrè?
… Cosa ti manca nella vita?
- … Non ti preoccupare. – mormori - Tornerà
sicuramente. Ho controllato ed il suo nome non è ne nell’elenco dei morti e
nemmeno in quello dei dispersi.
Verso ancora birra.
... Maledizione! Perché riesci sempre a vedermi dentro!
... Perché ti impicci di queste cose!
…. Non deve riguardarti Andrè!
- Non ne voglio parlare! – esclamo con uno scatto
d’ira.
E giù ancora birra nello stomaco.
- … guarda guarda. .. – biascica un tizio al
bancone.
- Mandi giù quella roba come acqua, ragazzino! Ho
deciso, ti offro da bere!
- No, grazie – biascico anch’io all’ubriaco,
cercando di mantenere le distanze.
- Come sarebbe “no, grazie”
Il tizio sembra essersi offeso, si drizza e
barcollando raggiunge il nostro tavolo, urtando Andrè e facendogli rovesciare
il suo boccale, che solo per fortuna non cade di mano.
- … ragazzo, non si rifiuta un bicchiere quando ti
viene offerto.
- Ho detto “no grazie” !– ed il mio tono aumenta di
volume, più di quanto vorrei.
Andrè si alza ed abbraccia l’ubriaco.
- Ehi, offri da bere a me! – cerca di distrarlo.
L’uomo lo allontana violentemente.
- Non voglio offrire da bere a te! – grida. –
... voglio bere col biondino qui!
Io non alzo lo sguardo ma sento che l’uomo mi sta
fissando.
E non mi va proprio stasera di dover subire una
delle solite ispezioni; quelle inquisizioni di uomini dubbiosi, che scrutano la mia
figura, notando curve che non dovrebbero esistere e volumi che sembrano
mancare.
- … certo che sei proprio giovane, ragazzo. Non hai
nemmeno ancora la barba.
Improvvisamente,
mi afferra il ciuffo di capelli e tira.
- Alza la testa! – grida, - Voglio vederti in
faccia!
Andrè abbandona la cautela e gli afferra con forza
l’avambraccio.
- Lascialo stare! - gli ordina sibilando, con tono tanto deciso che non pare neanche il solito Andrè.
Non sono proprio in vena di sopportare ubriachi!
Fatico già a sopportare me stessa, stasera … e così perdo la poca pazienza di
cui dio mi ha dotata.
Scatto in piedi ed allungo un destro in pieno volto
al manesco tizio.
Aiutata dall’alcool in me, aiutata dall’alcool in
lui…
L’ubriaco perde l’equilibrio e va a schiantarsi sui
tavoli vicini, perdendo conoscenza.
Tutto sotto lo sguardo stupefatto di Andrè.
- …e se continui a darmi fastidio, non finisco qui!
– lo minaccio – ma vado avanti fino a cambiarti i connotati!
- … Guarda guarda …Com’è violenta stasera la
Guardia di Sua Maestà! – esclama, nell’improvviso silenzio che è calato nella
sala, una voce conosciuta.
Una calda e
determinata voce che ho già udito tempo fa e che, chissà perché, non riesco a
dimenticare.
Mi volto verso l’angolo da cui proviene.
Il suo sguardo è ancor più magnetico di come lo
ricordavo.
E, questa volta, ricordo anche il nome …
- Maximilien Robespierre
… - mormoro.
- Già, colonello Jarjaies … Ne è passato di tempo
dall’ultima volta che ci siamo visti ..
- … ad Arras … - termino io.
Annuisce.
- Ora lavoro a Parigi … - aggiunge - E non difendo
aristocratici.
Ci scrutiamo in silenzio.
Nonostante una specie di … attrazione reciproca ( 5), so
che quest’uomo mi vede solo come un nemico, senza possibilità d’appello.
Io dovrei fare lo stesso, perché avverto che potrà
essere per il mio mondo e per me, molto
pericoloso quest’uomo.
Ma dentro di me, esito.
- Una Guardia del Re? Allora è un nobile!
Esclama uno degli avventori.
- Già … E che ci fanno qui? Non ne vogliamo di
aristocratici, qui!
Istintivamente, Andrè ed io ci ritroviamo schiena a
schiena, mentre alcuni energumeni si avvicinano e ci circondano.
E siamo coscienti che avremo la peggio.
***
Silenzio. Che notte silenziosa, questa.
Deve essere molto tardi.
Non ricordo come sono finita in questo vicolo, ma
so di non esserci arrivata con le mie gambe.
(6)
Un cane passa e mi annusa. Fa pipì contro il muro e
se ne va.
So di essere viva, ma solo perché ho dolore
dovunque e .. perché nemmeno l’inferno potrebbe puzzare come questo
acciottolato sul quale sto sbavando!
Ti sento gemere e muovere.
- Oscar!… - mi chiami.
Mi scuoti.
Vorrei risponderti, ma riesco solo ad emettere un
lamento.
Credo di avere un labbro gonfio. E sento del sangue
in bocca.
- Dai, tirati su!
Mi dici tirandomi per un braccio.
… Accidenti, Andrè! Lasciami stare! Se riuscissi ad
alzarmi, lo avrei già fatto, no!
Ti sento muovere qualche passo, incespicare,
cadere.
… Neanche tu sei messo bene,
amico mio …
Rumore di zoccoli.
… Beh … almeno non ci hanno
rubato i cavalli!
Torni alla carica e cerchi di nuovo di farmi
alzare.
Mi giri sulla schiena.
Mi tiri su prendendomi sotto le ascelle.
- … Ahia!
- … Eddai … cerca di darmi una mano! – esclami a
bassa voce.
- Non hai neanche l’idea di quanto pesi, stasera!
Ti sento ridere.
- Sarà tutta la birra che hai buttato giù ... Ubriacona incallita!
Sono in piedi.
… Più o
meno …
Mi giri e casco addosso a Cesar con la bocca aperta.
Pelo in bocca!
... Stupendo … adesso vomito!
No … Credo
d’averlo già fatto, a dire il vero!
Stai cercando di issarmi, ma non collaboro proprio.
(7)
- … ossignore … - ti sento
sospirare contro la mia
nuca; con il tuo viso affondato nei miei capelli, il tuo alito
caldo che scende fin sul mio collo, mentre le tue mani scivolano lente
lungo i miei fianchi e ci si attardano.
- Così non funziona, Oscar … Va beh,… ce la fai a
camminare?
Grugnisco in assenso.
Passi il tuo
braccio attorno alla mia vita ed il mio sulle tue spalle.
- … Dai … facciamo quattro passi. Magari l’aria fresca ti aiuterà un po’ e
riusciremo a salire in sella … Prima di farcela tutta a piedi fino a casa!
Mi sostieni.
Sento la tua mano reggermi, appena sotto il seno
sinistro.
Sento il tuo corpo aderente al mio.
L’altra tua mano, che stringe le briglia, mi tiene
per il braccio che ho attorno al tuo collo, perché continuo a scivolare verso
terra, molle come fossi una gelatina.
Hai bevuto quanto me e le hai prese quanto me.
Ma io sono distrutta. Non mi reggo in piedi.
E non capisco il motivo.
Ha forse un nome, la causa di tanta debolezza?
Un nome … svedese?
… Che dio mi perdoni, Andrè!
Tu sei tanto caro con me, sei il migliore amico che
si possa desiderare.
Perdonami se sono così ingrata! ma riesco solo a
pensare che vorrei lui accanto a me, così vicino come sei tu ora.
Lo senti anche tu questo rumore assordante?
È il maledetto, inutile, ingombrante,
insopportabile cuore di donna che batte dentro questa uniforme maschile.
Batte così forte da farmi scoppiare la testa.
... Come si può spegnere il cuore?
Tu lo sai, Andrè?
***
continua ...
***
(1) episodio "L'incidente": stesso musetto triste!
(2) episodio "Lo scandalo della collana": ho allargato la giornata,
quando la Regina la invita a mettersi comoda ed a restare tutto il
tempo che vuole.
(3) Questa canzoncina è, come me la ricordo, in un
bellissimo sceneggiato di allora, "Poldark", che purtroppo è
sparito dalla circolazione e si trova solo in inglese. Neanche i libri
da cui è tratto si riescono a trovare. Mi era talmente entrata
in testa, che non ne è più uscita!
Per chi non sa di cosa parlo (perchè bisogna essere una "mummia" come me, per ricordarselo!):
http://www.youtube.com/watch?v=cQL_WAyDbmc&feature=related
Ambientato in Inghilterra, ma nello stesso periodo della Lady. Il
capitano Ross, tornato dalla guerra in America, trova tutte le sue
proprietà in rovina e deve ricominciare da zero. E, la pestifera
mogliettina, quando la conobbe ... vestiva da uomo.
Un
aristocratico, ma con Andrè sarebbe andato molto molto
d'accordo. Anche con Alain ... stessa faccia da schiaffi! :)
(4) Quel bambino l'adorava, quindi Oscar avrà pur fatto qualcosa per legarlo a sè, no?
(5) Ad Arras, la definì "una bella donna tra le guardie del Re".
(6) Anche qui, ho attinto al "memorabile" film, ma solo per il fatto che si svegliano in un vicolo.
(7) Ricordiamoci che sono ciuchi come due pere sotto grappa!
|
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Capitolo 3 *** Piccolo uomo - 1789 ***
PICCOLO UOMO - 1789
Innanzitutto, per Beatrix1291: dopo lenta riflessione, sono arrivata a
capire quel che volevi farmi capire riguardo l'OOC. Cioè, per
quanto da un atteggiamento si possa dedurne un altro (le sfumature a
cui mi riferivo), proprio perchè la deduzione è
personale, il tutto rimane una interpretazione personale. Quindi,
quando ho torto... ho torto! Ci arrivo piano, ma prima o poi ci arrivo!
: )
x Kira91: secondo me, sì, Oscar se ne era accorta.
Per il carattere HTML ... forse ci son riuscita! Spero che ora non sia troppo grande.
Come annunciato, non sarebbe stata lunga e qui finisce; per la
tranquillità di Audreyny e Fighterdory, niente "pini svedesi",
ma purtroppo, neanche risate.
In compenso, Oscar "sbarella" solo per Andrè.
Pry ... scusa, tu starai molto male di stomaco per le affinità
che Oscar sente di avere col principino e ... per i pensieri
sdolcinati. : I
... Vabbè ... sperò piacerà! Grazie a tutte!
*****
1789
Sto galoppando sfrenatamente per la campagna parigina, che lentamente si è risvegliata dopo il torpore invernale.
Il cavallo corre come il vento per i sentieri polverosi ed i prati
già verdi, saltando siepi e fossati, tutto per seguire i comandi
di questa sua padrona nervosa ed ansiosa a causa del messaggio recapitatole
questa mattina, poco dopo l’alba e che sta cercando di
abbreviare la via in ogni possibile modo.
Finalmente, dopo un bosco di castagni, mi appare davanti il castello
scelto come residenza di campagna dei reali, dove il principino Joseph
è stato trasferito nel tentativo di migliorare le sue condizioni
di salute.
Cèsar pare non volersi fermare neppure davanti ai due profondi
fossati che affiancano i cancelli chiusi del maniero; s’impenna
più volte nitrendo, quando gli tiro con decisione le briglie.
- Sono il colonnello Oscar Francois de Jarjaies – grido verso le
due guardiole. – Sono stata convocata d’urgenza da Sua
Maestà, la Regina! –
Le guardie, evidentemente al corrente di questa visita, non fanno
difficoltà e, dopo pochi minuti, sto già camminando con
passo deciso attraverso un lungo salone dalle luminose vetrate.
Un rumore di passettini veloci riecheggia contrastando quello di andatura militare.
Maria Antonietta compare in fondo al colonnato, arrivata da un corridoio laterale.
Vedendomi, tira un sospiro di sollievo. Alza l’abito da terra,
tenendolo sul davanti con entrambe le mani e, senza preoccuparsi
dell’etichetta, corre verso di me.
Anch’ io affretto il passo, lasciando il mantello agitarsi nell’aria.
Ci incontriamo a metà strada, senza convenevoli, né
saluti. La regina lascia ricadere le vesti e congiunge le mani sul
petto.
- Madamigella Oscar, grazie al cielo siete qui! – esclama
apprensiva. Ha il viso teso e gli occhi arrossati per la veglia e per
il pianto.
- Ho fatto più presto che ho potuto, Maestà – dico
a mo’ di scusa – Sono partita appena ho ricevuto la Vostra
lettera: Vi prego, ditemi che è accaduto –
La donna china il capo e si tortura le mani in silenzio per
qualche istante, incerta, come se dirlo
rendesse il tutto più concreto, irrimediabile.
- Si tratta di Joseph. Stanotte ha avuto un altro attacco, molto
violento; e, nel delirio, non ha fatto che ripetere il vostro nome. Lo
sapete, Oscar, vi vuole molto bene e si è dispiaciuto quando
avete lasciato la Guardia Reale. I medici che mio marito ha convocato
da tutta Europa, sono purtroppo unanimi nella loro diagnosi: non ci
sono più speranze, gli rimangono solo pochi mesi di vita.
… E pensare che ha solo sette anni! –
Si copre gli occhi con le mani nel tentativo di trattenere le lacrime che sembrano inesauribili.
Nonostante la malattia, Louis Joseph riusciva a dare seri grattacapi alla governante che sudava sangue per tenerlo a letto.
- No, non voglio dormire! Sono stanco di dormire! Voglio uscire!
– grida il bambino col poco fiato che gli resta dopo
l’ennesima terribile notte.
La balia cerca di tenerlo coperto, ma il piccolo difende
tenacemente il suo desiderio di libertà con una serie di
schiaffi, calci e morsi.
- Principino, sapete che non è possibile nelle vostre condizioni!- cerca di tranquillizzarlo la donna.
- Perché non mi permettete niente? Fra poco, io sarò re e non potete ordinarmi di stare a letto, capito! –
- Ma che sta accadendo qui? – chiede la regina, correndo dal figlio. Joseph le getta le braccia al collo.
- Madre, mandatela via! – piagnucola, prendendosela con la povera
governante. – Mi tiene sempre chiuso qui dentro: è cattiva!
–
Maria Antonietta gli carezza con dolcezza la bionda chioma: come fargli
capire le buone intenzioni di tutti?…Per tranquillizzarlo,
invita servi e dottori ad uscire dalla stanza; poi, senza
difficoltà, lo rimette a letto e gli rimbocca le coperte.
- C’è una sorpresa per te, Joseph... – gli dice sorridendo e tenendolo per mano.
Il bimbo s’incuriosisce subito e guarda verso la porta;
così esco dalla penombra, e, rispettosamente, m’inchino.
- Madamigella Oscar, siete venuta a trovarmi, finalmente! – grida
radioso, per quanto consentitogli dalla poca voce rimasta.
- Mi scuso per non averlo fatto prima, altezza. Sono sempre molto impegnata. – rispondo.
- Voi lavorate troppo! Se non aveste lasciato la Guardia Reale, avremmo
certamente potuto trascorrere molto più tempo insieme e non vi
stanchereste così tanto!
- Mi addolora avervi arrecato dispiacere. Credetemi, non era mia intenzione.
- No, non dispiacetevi: la Guardia Francese aveva bisogno di un buon comandante!
Ringrazio sincera per quel complimento così adulto fatto da un bimbo.
- Vorrei chiedervi un favore, madamigella Oscar ...– mormora Joseph
con due occhioni imploranti che con la balia non avrebbero funzionato, ma con me sì.
– Mi portereste a cavallo con voi?
La richiesta mi sorprende, viste le sue condizioni di salute.
- Madamigella, non preoccupatevi … Non gli accadrà nulla
di male in vostra compagnia. – Interviene la madre, intuendo i
miei timori e cercando di nascondere le lacrime.
– Vi prego,
esaudite questo suo desiderio … –
Non c’è bisogno d’aggiungere “potrebbe essere l’ultima volta che ve lo chiede”.
E’ bello vederlo così felice. E lo sono anch’io.
Rido con lui, mentre galoppiamo con il vento tra i capelli.
Joseph sta davanti a me, si tiene con una mano alla criniera, mentre
sbatte l’altra in ogni direzione per esprimere la sua gioia.
- Corri, Cavallino, corri più forte! - grida al mio vecchio e stanco César.
- Siete davvero bravo, Altezza!
- Lo so!
- Siete un cavallerizzo provetto!
- Lo so!
Ci siamo allontanati considerevolmente dal castello e, per il piccolo,
l’emozione di trovarsi finalmente libero da quattro mura, si
rivela troppo forte.
Lo sento accasciarsi tra le mie braccia, svenuto.
Fermo il cavallo vicino ad un ruscello.
Facendo attenzione, smonto col bimbo tra le braccia e lo sdraiò sull’erba, all’ombra di un albero.
Mi chino ad ascoltargli il respiro. E’ regolare. Però ha la fronte calda.
Apro la mia giubba, sfilo la sottile sciarpa dal mio collo e vado ad immergerla nell’acqua fresca; mi inginocchio accanto a lui e gliela poso sulla fronte più volte finchè, finalmente, Joseph riapre gli occhi.
Gli sorrido.
- Dobbiamo tornare al castello ora … - dico sistemandogli i ricci bagnati.
Lui mi guarda sognante.
- Come siete bella! – mormora.
Il complimento mi lascia a bocca aperta, completamente spiazzata.
- Siete la donna più bella di Francia! – aggiunge categorico - …Anche più bella di mia madre …
Incasso gli apprezzamenti senza trovare da ribattere, imbarazzata e divertita.
- Sapete, - esordisce con aria spaventosamente seria - … tra
qualche anno sarò il nuovo re di Francia, il re di questo grande
Paese … Allora sarò un uomo, non più un bambino
debole e malaticcio…-
Parla a fatica, il principino, con gli occhi lucidi, il respiro spezzato.
- Sì, altezza, voi diventerete Luigi XVII… - confermo, neanche immaginando dove voglia arrivare col suo discorso.
- Crescerò, Oscar …. Diventerò un uomo forte e coraggioso … e vi sposerò! –
Resto ancor più sorpresa, senza parole. Anche commossa.
Mi rendo conto che sto ricevendo una proposta di matrimonio da un bambino.
E non posso non sorridere.
Joseph si tira sù, in ginocchio, come me davanti a lui; mi
guarda negli occhi e, timidamente, allunga il braccio per accarezzarmi
i capelli con la manina.
- Voi mi piacete, Oscar! Mi piacete davvero tanto: siete bella, coraggiosa … Solo voi potete diventare regina …Io
cercherò di non stare più male, così vi
potrò sposare… Ma voi dovete promettermi che mi
aspetterete.
Nella mia mente sto cercando qualcosa di gentile da rispondere,
qualcosa che non lo offenda, ma è una cosa tremendamente
… strana, per me.
Queste … cose ... Non me la cavo in queste cose!
Ho maltrattato Andrè … Ho maltrattato Girodelle … Non posso maltrattare un bambino!
Improvvisamente, mi getta le braccine al collo e mi bacia su una guancia; poi si stringe forte a me.
Sta piangendo ….
- Ti voglio bene, Oscar, … – sussurra – però
ti ho detto una bugia: non è vero che diventerò un uomo
forte. Loro non mi dicono niente, ma io so che sto per morire…
Ho sentito i medici che lo dicevano al re e mia madre piangeva.
Trovo la forza di un gesto affettuoso, così insolito per me,
mentre le lacrime si fanno strada e solo grazie alla forza del mio carattere, le trattengo; gli
carezzo la testina bionda, gli bacio i capelli, addolorata come mai
avrei pensato di poter essere.
Joseph è davvero un caro bambino! Sincero, innocente…
Vorrei tranquillizzarlo, dirgli che non è vero, che lui
vivrà a lungo, che davvero mi sposerà e che la sua vita
sarà lunga e felice. Ma il piccolo delfino è anche un
bimbo davvero intelligente e non crederebbe mai a simili parole.
- Caro Joseph, - mormoro allora – ti assicuro che sei già
tanto uomo, bambino mio. Piccolo uomo, piccolo amore mio … -
E con gli occhi lucidi nonostante la mia volontà, me lo stringo al petto.
Il principino mi stringe più forte e perde di nuovo i sensi.
Comincio a dondolarmi con questa creatura inerme tra le braccia.
Con questo bambino così simile a me, che potrebbe essere mio.
Che una parte di me, un po’ vorrebbe mio.
Lo cullo qui, seduta in mezzo a questo prato fiorito, ricco di vita e,
mentre lo stringo, sento la sua magrezza impressionante, la pelle
trasparente ed opaca, la fronte troppo calda.
Sento al tatto la morte e non so ancora che è la stessa morte che abbraccerà me tra qualche mese.
E piango per l’ingiustizia delle nostre vite. Per noi che abbiamo tutto, eppure niente.
***
Oggi è una giornata storica!
Oggi, dopo 175 anni dall’ultima volta, si aprono gli Stati Generali.
I rappresentanti dei Tre Ordini si chiuderanno nella stanza
dell’assemblea e, quando ne usciranno, la Francia non sarà
più la stessa.
Questa Nazione, esaurita materialmente e moralmente, troverà la forza di risollevarsi e di cambiare.
Con l’aiuto di tutti i suoi figli, nessuno escluso.
Il baco tesserà un bozzolo di riforme, di idee, di novità
e alla fine, ne uscirà una farfalla bellissima, pronta a
spiccare il volo.
Sono … raggiante!
Oggi, sì, sono felice! Sono euforica, anche se la mia educazione ed il mio ruolo mi impongono di non darlo a vedere.
Il mondo sta per cambiare e sono certa che sarà migliore.
Siamo tutti qui. Tanti battaglioni diversi per garantire un adeguato servizio d’ordine.
I miei uomini hanno preso l’incarico molto sul serio.
Tutti avvertono l’importanza di questo avvenimento.
L’eccitazione è fortissima.
Ti guardo, lì, sull’attenti, di fianco ad Alain, che si
è ripulito e messo in ordine per l’occasione, senza che
glielo dovessi ordinare.
… Ma che, purtroppo, continua a chiacchierare al vento, invece di starsene immobile e zitto!
Tu, invece, sei diventato un soldato di prim’ordine.
Hai l’uniforme sempre pulita; le borchie sono splendenti; il fucile oliato e pronto.
Tu sei un soldato perfetto, Andrè!
Sospiro.
… no … Tu sei un UOMO perfetto, Andrè! …
Lo sei sempre stato.
… il mio Andrè …
Stai ridendo. Quel pagliaccione gigante del tuo amico è riuscito a smuovere la tua perfezione.
Dovrei venire lì e farvi una bella ramanzina!
Ma … oh, Signore! …
… Anche il tuo sorriso è perfetto! …
Come faccio a riprenderti?
… Dovresti sempre sorridere …
Sospiro ancora.
Già … Resto a guardarti e sospiro. Mi succede sempre più spesso, Andrè!
Ma tu, non te ne accorgi.
Sto cambiando, Andrè …
Sono cambiata! …
Sorrido di nuovo.
… Sono un bruco nel bozzolo e sto cambiando …
… Sento che sono ali quelle che crescono in me! …
La Francia sta per avere una nuova vita.
… E noi?
Levo con dispiacere lo sguardo da te e mi do’ un occhiata in giro.
Mi viene spontaneo guardare verso gli appartamenti reali.
So che Joseph è rientrato da Meudon.
Magari, troverò un attimo di tempo per fargli visita.
Continua a non stare bene, povero piccolo!
Devo assolutamente andare a trovarlo.
… in fondo, è giusto … tra fidanzati ..
- Tutti gli uomini schierati, comandante .
esclami alle mie spalle scattando sull’attenti.
- Sai , Andrè… - esordisco, con un tono birichino, senza
voltarmi a guardarti – Un giorno potrei diventare Regina.
Non vedo la tua espressione, ma so che sei lì con la bocca da trota, mio caro !…
Sì, ancora un po' di concorrenza sleale... Un altro pretendente blasonato, proprio quello che ti ci vuole, vero?
Così, tanto per farti dormire meno tranquillo...
... Scusa … Mi diverto un po’ a prenderti in giro, Andrè!
Sono solo la solita Oscar cattivella che ogni tanto fa capolino...
Ma se tutto andrà per il verso giusto in questi Stati Generali …
Non so, … mi sento … ottimista, Andrè …
Magari, un giorno …
Sì, magari "noi" ... Dire "noi" potrebbe diventare un tuo diritto, Andrè.
***
Mi affaccio. La governante mi vede, mi sorride sollevata, lasciando intendere che ero attesa con ansia, e si rivolge a lui.
- E' arrivata, Altezza!
- Venite avanti, colonnello! non fatevi suppplicare! - lo sento esclamare con voce leggermente rauca.
Obbedisco e mi inchino.
- Vi trovo bene, oggi, principe Joseph!
Il piccolo mi guarda sbieco e divertito.
- Siete davvero una pessima bugiarda, madamigella Oscar! Dovete
esercitarvi un po' nell'arte della frottola: avete tante
qualità, ma questa è una dote che davvero vi manca. E a
Versailles è qualcosa di vitale, saper mentire.
- Perdonate, ma sapete che non frequento molto la Reggia ultimamente ...
- Lo so, lo so ... Siete sempre lì fuori con i vostri soldati.
Vi vorrei tanto qui con me, Oscar! Nessuno mi racconta niente di quel
che succede. Ditemi, stanno ancora discutendo animatamente là
dentro?
Annuisco.
- Non capisco .... Perchè non trovano un accordo? In fondo, sono tutti francesi!
Improvvisamente, un attacco di tosse violento.
Faccio per avvicinarmi, per aiutarlo, ma Joseph mi ferma con la mano. Ormai, ci è abituato.
Pochi istanti, poi riprende a respirare regolarmente. Certo, sempre a fatica, ma anche stavolta è passata.
Mi fa segno di sedermi sul letto e lo accontento.
E' vero! Sono una bugiarda incapace.
Il suo aspetto dice tutto. Dice che il conto alla rovescia è cominciato.
Gli occhi infossati, cerchiati di nero ... e quelle iridi azzurre incredibilmente vivaci...
Mi prende la mano nella sua, piccola e fredda.
- Avanti, ditemi tutto ...
Così comincio a raccontargli gli Stati Generali: la gente, le
idee, i problemi.
Lui ascolta, domanda, commenta tutto; intelligente ed
acuto, concentrato, serio, realmente interessato.
E, alla fine,
mi meraviglia
l'infantile semplicità con cui risolverebbe tutto: " sono
tutti Francesi", mi ripete ancora con voce flebile.
Il principe Joseph mi ha congedata: era visibilmente troppo stanco.
Così, me ne sto andando.
Ritorno ai miei doveri. Ai miei soldati. ... Ritorno alla mia vita.
Percorro ancora una volta la Galleria Degli Specchi invasa dal sole.
Per l'ennesima volta nella mia esistenza, percorro questa
fiabesca sala, insolitamente deserta, ma è passato tanto tempo
dall'ultima volta.
Vedo riflessa me stessa nei tanti specchi: me a 14 anni, a 17, a 20 ..., 30 ...
Questi specchi hanno catturato un po' della mia anima, nel tempo.
E anche un
po' di Versailles, della sua bellezza così fuori della
realtà, resterà sempre dentro di me.
Guardo fuori, l'arancio del sole che si propaga sulla superficie dei parterres d'acqua e del grande canale.
Mi par d'udire ancora le voci, le risate; di vedere le dame ed i
gentiluomini di allora, quando ero giovane e questo posto era ... il
centro del mondo, la Corte d'Europa.
Quando Versailles era vivace e non alla fine del suo splendore.
Tossisco.
Mi volto verso gli specchi ed alzo ancora gli occhi sul mio riflesso di oggi, prima di uscire da qui.
Vedo il mio pallore esagerato contrastare con la luminosità
proveniente dalle mie spalle e le mie iridi azzurre, incredibilmente
vivaci a causa della febbre.
Non ne ho la certezza, ma temo che il conto alla rovescia stia cominciando anche per me.
***
Fa un caldo davvero pazzesco!
Probabilmente stasera scoppierà un temporale. E’ troppo afoso!
Ricordo, come se fossero secoli fa, il primo giorno di questi Stati Generali.
Ricordo il mio entusiasmo e mi domando dove sia finito.
E’ passato un mese e sembra trascorsa una vita.
Un mese di caldo e piogge furiose.
E dentro cavillano ancora!
Sono nervosa.
I miei uomini sono nervosi.
E poi c’è questa tosse che non vuole proprio passarmi.
Mi tocco la fronte: credo d'avere ancora un po' di febbre.
… Maledizione!
Di notte non riesco a dormire.
Di giorno non riesco a mangiare.
Comincio a non poterne più di questa situazione di stallo!
Siamo qui tutti i giorni.
In piedi, da bravi soldatini, con qualunque tempo.
E là dentro si perdono in chiacchere sterili!
Passo in rassegna davanti alla scalinata e mi infurio.
- Andrè! – esclamo irosa, come raramente mi capita.
Vi vedo tutti irrigidirvi.
… Davvero faccio così paura?
Mi corri vicino e scatti sull’attenti.
- Sissignore?
Mi chino a raccogliere una bottiglia vuota dal cortile e te la sventolo sotto il naso.
- Non ti avevo detto di controllare che fosse tutto in ordine?
Mi sorridi. A te non faccio paura.
- Mi dispiace, comandante, non l’avevo vista.
Noto che hai un’aria stanca, ma che l’uniforme è in ordine e le borchie luccicano.
… Oh, Andre Andrè … Con te non riesco ad arrabbiarmi sul serio!
Faccio qualche passo, allontanandomi da te, guardando in giro se c’è qualcos’altro per cui posso riprenderti.
- Va bene … - mormoro. – Fai ancora un controllo per
vedere che non ci sia altra immondizia e … - faccio cenno di
lanciarti la bottiglia - … vai a buttare questa!
- Sissignore!
Tu ti sporgi per acchiapparla mentre sta già volando nella tua direzione.
Ma …
Rumore di vetri infranti sull’acciottolato!
Sono paralizzata dalla sorpresa.
Tu pure.
Te ne stai lì, immobile, il braccio ancora teso.
- Non guardarti la mano! … la bottiglia lì non c’è! -
ti prende in giro Alain, arrivato di corsa, mentre ti da una
manata distruttiva sulla spalla e comincia a raccogliere vetri al tuo
posto.
Ma tu non ridi.
Io neppure.
- Andrè, ma tu ci vedi davvero bene? - chiedo preoccupata.
Ti vedo esitare. E non mi guardi.
- Ma sì! – interviene ancora in tuo soccorso Alain. -
E’ che a stare in piedi tante ore, abbiamo gli arti intorpiditi!
Non è vero Andrè!
Ti ha strizzato l’occhio. L’ho visto!
- Già … è così! – gli dai corda. Ma la tua voce trema.
- Andrè, non nascondermi la verità … - aggiungo con tono di una evidente ansia.
- Ma no, non nascondo niente. .. Sono solo stanco, Oscar, credimi.
... Oh, Andrè, io voglio crederti! Non sai quanto!
Alle mie spalle, un nitrito di cavalli agitati, lanciati veloci, mi distrae.
E’ la carrozza reale.
- E’ la Regina … Sta correndo dal figlio. Lo hanno riportato a Meudon, ma non è servito.
Mormoro preoccupata anche per lui.
- Non è la prima volta che il Delfino supera una crisi …
Cerchi di tranquillizzarmi.
... Lo so ... Ma sta andando tutto male, Andrè …
Ho una brutta sensazione …
***
Dopo tanto tempo sono sola con te, nel nostro salone.
... Curioso … Ultimamente ho cominciato a pensare al plurale.
Ti ho dato il permesso di fermarti a casa, senza rientrare in caserma con gli altri.
Un permesso che cerco di farti ottenere spesso, ultimamente.
Siamo in abiti civili. In abiti informali.
Dopo tanto tempo, niente uniformi. Niente comandante e soldato. Solo noi.
Abiti leggeri, intriganti, sensuali. Almeno, così li vedo su di te…
Diventi sempre più bello. O sono io a guardarti diversamente?
Sembra così lontana quella, per me, drammatica sera, in cui ho pensato di poterti odiare.
La tua risata risuona ancora tra queste mura.
Mi sei mancato.
…Il mio Andrè mi è mancato...
Mi sembra un brutto sogno, questo esserci smarriti.
Come ho potuto anche solo pensare di fare a meno di te?
Sorseggi piano la tua cioccolata e guardi il buio del parco; guardi la strana pioggia incessante in questa sera di giugno.
Ti rifletti nel vetro della finestra come in uno specchio e mi par di cogliere un’ombra insana dentro di te.
Una preoccupazione opprimente.
- Andrè ...
- Dimmi ...
- Davvero ci vedi bene?
Ridi. Prendi in giro le mie paure.
- Giura!
- Se è uno scherzo, posso anche ridere!
E lo fai di nuovo, più forte.
Ti guardo gettare la testa all’indietro e ridere di gusto.
Sì, mi stai prendendo in giro... O no, sei sincero?
Sembri pronto a canzonarmi all’infinito, come da ragazzini.
La piccola vecchia Oscar ti avrebbe già minacciato di chiuderti la bocca a forza.
Ti avrebbe spintonato fino a farti cadere.
Ti sarebbe saltata cavalcioni sui fianchi ed avrebbe cominciato a picchiarti come un materasso.
Questa nuova Oscar, nella quale sto mutando, resta immobile, senza
parole, e non riesce a togliere lo sguardo dalle tue labbra morbide.
Questa Oscar vorrebbe infilarti le dita tra i capelli ed arricciarti una ciocca all’infinito.
La nuova Oscar vorrebbe fare tante cose con te, cose che prima non ho mai osato immaginare e ancor meno dire.
Prima.
Prima di quella notte a Saint Antoine. Quando il terrore di perderti mi ha fatto spalancare occhi e cuore.
Prima.
Quando ancora mi illudevo a pensare che tutto potesse tornare come prima di quella altra notte nella mia stanza.
Tornare alla tranquilla finzione, al quotidiano, alle certezze.
A noi amici.
A noi bambini.
Ora non vi è più nulla di certo nella mia vita. Se non questo desiderio per te.
Siamo vicini. Ti vorrei più vicino ma …
E’ allora che le sento.
- Cosa? – mi chiedi preoccupato.
Le campane di Notre dame.
***
Nella camera buia, solo le sommesse parole dei dottori; solo i
singhiozzi trattenuti e le lacrime silenziose della mamma e del
papà.
Joseph guarda Cavallino sul cuscino accanto a lui.
Lo guarda negli occhi di vernice, teneramente. E gli pare di sentirlo chiamare lui …
Gli sta presentando un invito.
Un invito a giocare per l’eternità.
Joseph gli annuisce sorridendo. Un sorriso triste e rassegnato.
Suo padre gli sta promettendo ciò che neanche un Re può promettere: che verrà riportato a Versailles,
appena migliorerà.
Là potrà vedere Oscar tutti i
giorni.
- Ho saputo che chiedi sempre di lei …
Tira le piccole labbra in un sorriso consapevole, di colui che ha capito tutto, di chi vede già oltre la fine.
- … La mia Oscar … galoppa sul suo cavallo bianco e corre sfidando il vento, … la mia Oscar…
***
La pioggia si abbatte sui vetri come colpi di frusta e le gocce vi
scendono veloci, si allargano come una rete. Una rete intorno al cuore,
che stringe, che soffoca.
Un tuono, alto e sordo come il lamento; un lampo, breve come la vita.
Poi il diluvio. Lacrime e disperazione.
Eccole!
Le campane di Notre Dame piangono rintocchi che annunciano dolore.
Penetranti. Sinistre.
I colpi lunghi, lenti, vincono lo scrosciare della pioggia a fatica ed il suono giunge alle orecchie.
Ma le avevo già sentite, lì, nella parte più preziosa del mio cuore.
Quella parte che ora non prova più nulla.
Il freddo, la tensione, l’angoscia che mi possedevano, scompaiono improvvisamente.
Com'è dolorosa questa sensazione di vuoto.
Non capisco.
In realtà, non voglio capire, perchè so che farebbe ancora più male.
Mi allontano dalla finestra, ma i miei occhi continuano a vedere solo una notte buia.
Distrattamente, raccolgo la giacca dalla sedia sulla quale
l’avevo lasciata e la indosso.
Prendo il mantello, lo accavallo
al braccio e comincio a scendere.
Mi muovo, cammino, ma la sola realtà che percepisco è questo vuoto: nella mente, nel cuore, nell’anima.
Scendo le scale, piano, piano ed è come se sprofondassi ad ogni passo.
Spalanco la porta ed il fragore dell'acquazzone mi investe.
E' già giugno.
Fra poco sarà estate.
Ma questa sera è perfetta così. Questa brutta sera.
E dovrebbe essere sempre così, ormai.
Non dovrebbe più tornare il sole.
Mai più.
Mi passo il mantello cerato sulle spalle.
Attraverso il cortile fino alle scuderie. Da sola mi sello il cavallo ed esco sotto la pioggia.
Passando davanti all’entrata del palazzo, ti vedo lì, immobile sulla porta spalancata.
Incontro il tuo sguardo addolorato e mi rendo però conto che,
forse per la prima volta, la pena che proviamo non è la stessa.
Questa volta non puoi realmente capire il mio dolore, non con la stessa intensità.
Tutto sommato, questa tragedia ti riguarda molto da lontano.
Tu non ne fai parte.
Tu sei triste, ma per me.
Non hai cercato di aiutarmi con Cèsar ed io non te l’ho chiesto.
... Non sei più un servo in questa casa.
Non ti sei proposto di accompagnarmi.
...Sai che voglio restare sola.
Ti parlo.
... Mi stupisco di esserne ancora capace.
- Vado ad esprimere le mie condoglianze, Andrè.
Salgo in groppa ed improvvisamente mi desto a questo pensiero, insopportabile al mio cuore, ma tragicamente reale.
Mentre le parole escono dal mio cervello ed entrano
nell'anima, mi rendo conto dell'accaduto e di ciò che
dovrò fare.
…OH, DIO! IL MIO BAMBINO...
Il colonnello Oscar François De Jarjayes, comandante della
Guardia Francese deve portare ai sovrani, a due genitori afflitti, la
partecipazione di tutta la famiglia al loro dolore.
... BAMBINO MIO!...
Come tutti presenterò il mio dispiacere, in modo formale, lo farò...
... PICCOLO AMORE ...
sforzandomi di essere forte,
... TESORO CARO ...
ed a consolare, a confortare.
Ma, per la strada,
nessuno mi vedrà, nessuno conforterà me.
Ed io potrò piangere
e disperarmi per il mio bambino,
il mio piccolo uomo,
il mio tenero amore....
...MORTO ...
***
... fine fine, più finita di così ...
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