Apples and bloody delights di Mokuren (/viewuser.php?uid=13807)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The broken king ***
Capitolo 2: *** Death Row ***
Capitolo 1 *** The broken king ***
vamp2newnew
Disclaimer: i
personaggi di Vampirus
appartengono a Scott Westerfeld. Questa storia è stata
scritta senza alcuno scopo di lucro.
Apples and bloody delights
I. The broken
King
"Indigo Ash : un altro
concerto annullato. Fan sul piede di guerra".
Doveva per forza trattarsi di uno scherzo. Doveva. Da quanto
tempo stava aspettando e fantasticando su quel concerto? Come
minimo da tre mesi, all’incirca da quando aveva letto su
“Rolling
Stones” della tappa a New York degli Indigo.
Cal sgranò ulteriormente gli occhi di fronte allo schermo
luminoso
del suo computer, scorrendo velocemente i dettagli della notizia bomba
del giorno. Adam Saint Clair, “l’eccesso fatta
persona”, stavolta aveva
davvero esagerato: esibizione naturista a Central Park con tanto di
resistenza all’arresto. Cosa aveva dichiarato di preciso in
proposito?
Ah, sì: “Volevo solo entrare in contatto con Madre
Natura…”.
Be’,
grazie all'uscita di quel pazzo scriteriato, il biglietto che da
settimane campeggiava sulla scrivania di Cal adesso era poco
più che
carta straccia. Magari
qualcosa da appallottolare e con cui far giocare Cornelius…
A
proposito di Cornelius: il grosso felino stava beatamente assaggiando
un liquido scuro in rapida espansione sul parquet e pericolosamente
diretto verso le Nike blu del suo padrone. Nulla di misterioso in
realtà: solo il caffè abbondantemente zuccherato
che il giovane texano
credeva di stare sorseggiando in solitudine come ogni mattina. Dopo un
paio di tentativi, il gatto decise di tornare ai suoi variopinti
croccantini privi di caffeina, lasciando Cal imbambolato a fissare per
qualche secondo la tazza, crepata e intenta a gocciolare senza
pietà,
che teneva in mano. Si riprese subito pulendo quel piccolo disastro,
limitandosi a scoccare un’occhiata depressa alla sagoma ormai
rovinata
di Elvis, “Il Re”, impressa nella ceramica.
Peccato,
rimuginò sopprimendo un sospiro amaro, era un regalo di Sarah. Oggi non
è proprio giornata.
Pensò
anche che quella era solo l’ultima di una serie di stoviglie
rotte in
circostanze misteriose quella settimana. Già, nel conteggio
dovevano
essere calcolati anche quel paio di bicchieri che gli si erano
praticamente frantumati in mano in sala mensa. Forse in quel
periodo,
tra esami e fidanzate scomparse, era un po’ troppo sotto
pressione,
ecco tutto. Una vocina dentro di lui, forse la voce del buon senso,
invece sembrava sussurrargli qualcosa come: come no, Cal. Svegliati prima
che sia troppo tardi.
Oh,
sì. Era in ritardo mostruoso per il compito di fisiologia
sui moscerini
della frutta. Si preparò a correre come lo sfortunato
protagonista di
quel film sugli zombi visto la settimana prima, pur di arrivare in
tempo.
Questo e altro per i
moscerini della frutta, pensò sbattendo la
porta di casa dietro di sé con più energia del
solito.
*****
Era
certo di aver eseguito il test quasi alla perfezione, a parte qualche
piccola sbavatura qua e là dovuta alle pagine
disgraziatamente
mangiucchiate dal gatto proprio la sera del ripasso finale.
In un
primo momento la tentazione di dare fuoco a tutta
la collezione di
gomitoli del suo "coinquilino" era stata forte, ma poi la bestiola si
era messa a fare fusa a non finire, strusciandosi sul fondo dei suoi
jeans come se fosse disposta a perdere persino parte della sua preziosa
pelliccia pur di farsi perdonare. Cal in due nanosecondi aveva
archiviato l'incidente, cercando comunque di salvare il salvabile
tramite un po' di scotch di fortuna. Apparentemente c'era
riuscito,
visto che la sua preparazione non si era rivelata poi così
terribile
come aveva pensato inizialmente.
Ora, fuori dall'aula e libero come
l'aria per il resto della giornata, si trovava a dover affrontare
questioni di fondamentale importanza, del tipo: andare in mensa e
divorare il maxi menu del giorno o fiondarsi direttamente nella
rosticceria vicino all'università, quella con gli interni
giallo limone
famosa per la sua deliziosa salsa barbecue? Si decise per la seconda
opzione dirigendosi verso il portone principale per uscire, ma fu
fermato dalla visione di qualcosa che poteva essere quasi
più letale
della folla esagitata ad un concerto death metal e di un tornado
messicano messi insieme, ovvero: il
volantinaggio selvaggio del venerdì...
Non fece neppure in tempo a formulare il piano di alzare i tacchi e
rifugiarsi in biblioteca, in attesa che si calmassero le acque, che una
ragazza dall'aria gotica e vagamente truce gli si parò
davanti. La
osservò di sottecchi, cercando di non fissarla troppo
sfacciatamente.
Quando sbatté le ciglia ricoperte da un fitto strato di
mascara
rivelando due occhi azzurri stratosferici, pensò che non
l’avrebbe di
certo morso e, in fondo, essere gentile con lei non avrebbe fatto altro
che giovare al suo karma.
Ad un esame più attento non aveva affatto
un’aria truce. Già, forse il suo look era un
po’ eccessivo e non
avrebbe di certo sfigurato come comparsa in qualche remake del
“Corvo”
ma, tutto sommato, era davvero graziosa.
Proprio come Morgan.
Il
pensiero gli attraversò il cervello
all’improvviso, lasciando
un’indecifrabile scia d’ansia dietro di
sé. Si tranquillizzò comunque
quasi subito, notando che, a parte una morbosa predilezione per il
nero, le somiglianze tra le due finivano lì.
«Ehi… Tutto ok?» gli
chiese agitando la mano e provocando l’irruzione di uno
sfarfallio di
pelle candida e argento tintinnante nella sua visuale.
«Sembra che tu
abbia appena visto un fantasma».
«Mh? Certo, alla grande», le rispose abbozzando
quello che
riteneva essere il più convincente dei suoi sorrisi.
«Di' un po’... ti
interesserebbe?».
Cal si ritrovò a stringere qualcosa
tra le mani… Qualcosa di rettangolare e con delle scritte
invitanti e
colorate. La scritta più grande, rosso cupo e con una grafia decisamente pomposa, recitava: “Il Death
Row attende a braccia aperte le vostre anime”.
Cal
fissò perplesso il volantino per un paio di secondi, alzando
infine lo
sguardo e, di pari passo, il suo sopracciglio sinistro.
«Senza offesa ma… che roba
è?».
«Uh… si tratta solo di un nuovo, fantastico
locale sulla settima strada e, indovina un po’?
L’inaugurazione sarà
proprio stasera, con ingresso e beveraggi gratuiti compresi
naturalmente».
Lo sguardo del ragazzo, dopo quella rivelazione, iniziò a
oscillare tra il perplesso e l’incuriosito. Certo, pur di
fronte
alla prospettiva di musica e cocktail gratuiti, la parte relativa alle anime non smetteva
di essere vagamente inquietante.
«Ah,
so cosa stai pensando» esclamò la ragazza con tono
divertito. «Hai presente il boom vampiresco del momento?
Intendo film,
libri e compagnia bella… ». Cal fecce cenno di
sì con la testa,
accompagnando il gesto con una smorfia sarcastica e vagamente
esasperata.
«Be', il proprietario dell’immobile ha deciso di
sfruttare
un po’ l’onda del momento per creare un locale dai
toni un po' "tenebrosi", tutto qui».
Allargò le mani adorne di braccialetti scintillanti a
mo’ di
spiegazione.
Viva la
sincerità,
pensò Cal accarezzando per un momento l’idea di
liberarsi di quel
volantino nel prossimo cestino dell’immondizia a portata di
mano.
«Potresti
venirci con me. Dimenticavo… », mormorò
afferrandogli una mano e
stringendola con una presa decisa ma al tempo stesso delicata.
«Piacere, Liz».
Quel contatto improvviso lo prese completamente alla
sprovvista, lasciandolo con una bocca inspiegabilmente arida. Sciolse
il contatto lentamente, indugiando qualche secondo più del
dovuto sul
calore delle dita strette attorno alle sue. Si schiarì la
gola,
passandosi distrattamente una mano tra i capelli chiari, quasi indeciso
sulle parole giuste da pronunciare.
«Cal», sussurrò semplicemente il suo
nome, cercando
di riflettere sul mezzo invito che gli era stato appena rivolto.
«Se ti può tranquillizzare il tasso di
sdolcinatezza musicale di stasera sarà pari a
zero».
«Be’, visto che il concerto di stasera è
andato a monte…».
La
ragazza di fronte a lui spalancò gli occhi
all’improvviso, come se fosse
in preda ad una rivelazione di portata cosmica. «Non
è possibile! Gli Indigo…
anche tu!».
«Oh», fu il suo semplice commento. «Anche
io… già», concluse in tono complice
con una rassegnata alzata di spalle.
«Quel
grandissimo… ». Liz iniziò a formulare
quello che aveva tutta l’aria di
essere un insulto nei confronti del leader della
sua band preferita, ma si fermò giusto in tempo con un
leggero colpo di
tosse. «Allora per stasera siamo
d’accordo?», gli chiese piegando
leggermente la testa di lato, giocherellando nervosamente con la
collana di plastica iridescente che portava al collo in attesa della
sua risposta.
Cal la fissò per qualche secondo, pronunciando alla fine un
incerto ma sentito: «Direi di sì».
*Continua*
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Note dell'autrice
Ho iniziato a scrivere questa storia, secoli e secoli fa, dopo aver risposto alla richiesta di amimy
nella sezione "fanfiction on demand" del forum di EFP. Anche se
con un ritardo a dir poco mostruoso, alla fine sono riuscita
a pubblicare questa... cosa.
Un grazie anticipato a tutti quelli che passeranno da queste parti :)!
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Capitolo 2 *** Death Row ***
II. D.R. final
II.
Death Row
I found the sinner of
fruit is late,
It is the center of
truth today,
Cut the apple in two,
Oh, I pray it isn't true
Il proprietario del locale non si era ancora avvicinato per
“strappargli” l’anima dal petto, questo
era vero, ma
la serata stava comunque prendendo una piega piuttosto singolare.
Insolito, tanto per fare un esempio, era il modo disinvolto con cui
stava ballando con la ragazza dei volantini, ma la cosa più
strana non era certamente quella.
Già, da quando in qua lui ballava?
Che si trattasse di un effetto secondario di quell’intruglio
dal
colore sgargiante che aveva sorseggiato solo pochi minuti fa?
Improbabile. Al bancone del bar, salvo fantascientifiche
novità
dell'ultimo minuto, non servivano ancora analcolici fluo
“cambia personalità”.
E se, a far scattare “l’interruttore
ballo”, fosse
stata quella canzone riguardante mele tagliate a metà e un
cibo
tassativamente proibito? Cibo.
Avere ancora fame dopo due bistecche enormi non era
affatto normale, come non lo era mangiare quotidianamente per tre e non
mettere su neppure un etto di peso. Be’, sempre a proposito
di
“normalità”, anche la sua prima sbronza
newyorkese
con contorno di banane assiderate e ombrellini di carta annegati nel
rum non si era di certo evoluta secondo i suoi schemi
abituali. Era andata decisamente, e oltre ogni ragionevole
dubbio, oltre.
Si concesse un sospiro leggero, impossibile da captare in mezzo a tutto
quel frastuono, dando mentalmente la colpa di ogni cosa a "sua
luminescenza la Grande Mela in persona" – sì,
proprio la
città delle famigerate magliette con il logo a
cuore – che lo faceva sentire, praticamente
ventiquattro ore su ventiquattro, come un sassolino ferroso alle prese
con un’enorme e scintillante calamita in perenne movimento.
Un “sassolino” con tante domande e, fino a quel
momento, neppure l’ombra di una risposta.
Di colpo, tutti quei se e quei forse evaporarono come
brina
al sole, come se avessero perso improvvisamente la loro importanza. Il
piccolo neo sullo zigomo sinistro della ragazza a pochi centimetri da
lui gli sembrò inspiegabilmente molto più
interessante.
Da quel piccolo dettaglio, un semplice accumulo di melanociti
esteticamente piuttosto gradevole, allargò la visuale alla
curva
della sua guancia, al suo viso dai tratti delicati.
Ne aveva visti parecchi di volti in quell’ultimo periodo di
notti sempre più insonni. Già, la sua vita di
matricola
sembrava essere diventata un effimero circo di facce nuove e alcuni,
probabilmente molti, avrebbero
anche potuto trovare la sua condizione un vero e proprio paradiso, un
inno alla libertà più totale, ma dietro tutta
quella
patina luccicante si celava ben altro. Qualcosa che a volte avrebbe
preferito non ricordare affatto.
Sarah. I
suoi pensieri
indugiarono su di lei, semplicemente non poteva farne a meno.
Si
immerse nel suo ricordo senza opporre resistenza, richiamando alla
mente le sembianze di quella dolce fanatica di Elvis scomparsa nel
nulla senza lasciare tracce. No, qualche traccia, o forse sarebbe
stato opportuno definirla scia,
l’aveva lasciata eccome: un inquietante tripudio di specchi
rotti, superfici riflettenti distrutte chiaramente a mani nude. Che
cosa poteva aver visto di tanto orribile in quegli specchi? Per non
parlare di tutti quegli irregolari coriandoli di carta lasciati sul
pavimento: in realtà, libri e album di fotografie che
sembravano
essere passati sotto le grinfie di un trita-documenti impazzito.
Che cosa poteva averla spinta a ridurre la sua stanza a quel modo?
Rabbrividì al ricordo di quell’incomprensibile
devastazione, di quelle quattro pareti che non avrebbero affatto
sfigurato come ambientazione per un film dell’orrore di
dubbio
gusto.
La mano della ragazza di fronte a lui, posata sulla sua t-shirt grigio
fumo, fece sbiadire il ricordo di tutti quegli specchi e delle
innumerevoli diatribe filosofiche finite tra baci, carezze languide e
le pieghe di un'avvolgente coperta blu dal motivo scozzese.
Non avrebbe mai immaginato che un muscolo umano potesse fare tutto quel
rumore, eppure riusciva quasi a contare i battiti del suo cuore, come
se stesse isolando il suono della batteria della sua canzone preferita
dei Kill Fee. Si stava per chiedere il “come” e il
“perché” di quell'insolita
capacità di
ascolto, quando il profumo della sua pelle, una fragranza deliziosa
appena velata da qualcosa di costoso e artificiale, lo avvolse
completamente, dandogli un leggero capogiro.
Si concentrò sull’incavo del suo collo,
sfiorandolo
appena. La sentì tremare, qualcosa che avrebbe dovuto essere
solo vagamente percettibile, eppure gli sembrò di essere
riuscito a sentirla sobbalzare, di essere in grado di seguire i
percorsi di quegli invisibili percorsi elettrici sotto la sua pelle.
Il passaggio dal centro della pista a quei divanetti rosso cupo immersi
nella penombra non gli fu del tutto chiaro, ma lamentarsi per una cosa
del genere era davvero l'ultimo dei suoi pensieri. I suoi occhi lucidi,
le sue labbra lievemente dischiuse in un invito
silenzioso…
Mentre stava formulando il pensiero che avrebbe quasi voluto mangiare quelle
labbra, gli sembrò di sentire qualcosa accendersi
nella sua scatola cranica, divampare lungo la sua corteccia vertebrale
fino a quelle mani, le sue, che la stavano tenendo stretta come per non
farla scappare. Dopo, solo buio e puro istinto. Non aprì
neppure
gli occhi per guardarla, gli bastò assaggiare quelle labbra,
esplorarle fino quasi ad assimilarle, ancora e ancora.
Una mano si appoggiò all’improvviso sulla sua
spalla e
l’incanto si spezzò, esplose come una bolla di
sapone
rimasta troppo a lungo a contatto con l’aria. Cal si
sollevò, girando leggermente la testa per incontrare il
proprietario di quella mano: una ragazza con un viso affilato, corti
capelli ramati e lentiggini ovunque.
«Mi dispiace interrompervi, ma Liz… il nostro
dormitorio
chiuderà i battenti tra mezz’ora. Che intenzioni
hai?».
La voce squillante della nuova arrivata gli giunse inaspettatamente
nitida nonostante il caos sonoro che li circondava, ma il mezzo
pensiero che aveva formulato al riguardo si disperse come cenere al
vento, togliendo velocemente il disturbo dalla sua testa.
«Che cosa?» La ragazza sotto di lui si
sollevò a sua
volta, appoggiando ancora una volta una delle sue adorabili mani sul
suo torace.
Liz. Probabilmente un
diminutivo per Elizabeth o Lisa… Forse.
«Il dormitorio!», urlò, questa volta
facendo
arrivare il messaggio forte e chiaro anche alla diretta interessata.
«Certo, certo il dormitorio… »,
mormorò
stizzita tra sé e sé, frugando nella sua borsa
alla
disperata ricerca di qualcosa. Un lucido cellulare nero adorno di un
improbabile ciondolo dark di “Hello Kitty”, per
l'esattezza. «Cal, ti lascio il mio numero. Potremmo uscire
una
di queste sere. Solo noi due magari… », gli
sussurrò nell’orecchio, prendendogli il volto tra
le mani.
Gli stampò un bacio a fior di labbra, mordendogli poi,
decisamente con troppo vigore, il labbro inferiore.
Cal, sovrappensiero e decisamente ancora su di giri, seguì
con
scarsa attenzione quello scambio di squilli digitali che si stava
svolgendo sotto i suoi occhi. La osservò allontanarsi,
sempre
più indistinta, mentre veniva come assorbita dalla
brulicante
massa di corpi umani di fronte a lui.
Braccia, gambe e cuori in movimento catturati dalla frenesia della
musica.
Impossibile…
ancora il martellio ipnotico di quella canzone.
Tentò di razionalizzare, oscillando mentalmente tra il
pensiero
di un dj fissato e un innocuo problema tecnico di origine sconosciuta.
Confidò ardentemente nell’ultima opzione,
augurandosi che si risolvesse presto.
Quella litania velenosa gli ricordava troppo il piacevole battito
impazzito che aveva sentito solo qualche istante prima.
Mentre sprofondava di nuovo in uno dei divanetti color sangue rappreso
del Death Row, si rese conto per l'ennesima volta di avere la
bocca asciutta.
Si inumidì le labbra, percependo un vago aroma metallico e
salato: un ottimo sapore che si riverberò per un istante
troppo
breve sulla sua lingua.
Al tempo stesso socchiuse gli occhi, cercando disperatamente di
scrollarsi di dosso una sensazione ben precisa.
La sgradevolissima sensazione di essere stato appena usato da qualcosa.
I drained my heart and
burn my soul,
I trained the core to
stop my growth,
I've got something you
can never eat,
I've got something you
can never eat
Fin
____________________________________________________________________________________________________________
E fu così che
una nuova vittima si aggiunse alla lista della pip-generazione
di Cal...
@amimy:
Figurati, sapessi le
mail che mi perdo io! Sono contenta che la prima parte ti sia piaciuta
(a proposito: grazie mille per i complimenti, troppo buona *__*!).
Spero che anche l'epilogo sia stato di tuo gradimento... Che
dire? È stato un piacere scrivere su uno dei miei
scrittori
preferiti - qualche tempo fa ho letto e apprezzato molto
anche il
primo romanzo della serie Uglies,
non so se la conosci - e un grazie speciale va anche a te per aver
messo l'annuncio sul forum... A volte basta un piccolo imput per
mettersi davanti alla tastiera!
Credits:
la canzone che
sta “tormentando” Cal, con la relativa citazione in
inglese, è la versione live di Apple of Sodom (Marylin
Manson & Rasputina).
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