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Come ogni volta, tutto quello che leggerete è scritto con il massimo
rispetto per Orlando Bloom, e tutti gli altri personaggi
Come ogni volta, tutto quello che leggerete è
scritto con il massimo rispetto per Orlando Bloom, e tutti gli altri personaggi
esistenti citati, il loro lavoro e la loro vita privata. Questa è un opera di
pura fantasia, che serve solo per avvicinare ognuna di noi all'oggetto dei
nostri sogni. Chiedo scusa a tutti coloro che non la pensassero così.
Un grazie particolare a Gene Roddenberry, per aver
creato Star Trek, perché è una parte importante della mia vita e mi ha
insegnato tanto (so che sembra una cavolata, ma chi conosce la serie sa di cosa
parlo). Lasciate che la fantasia sia la nostra "ultima frontiera", è
l'unica cosa che ci può salvare dal grigiore dei giorni.
Grazie in anticipo a chiunque vorrà commentare.
Lunga vita e prosperità
Sara
~ Capitolo 1 ~
Orlando si precipitò nell'ufficio della sua agente
trenta secondi dopo che la segretaria lo aveva annunciato; era cupo e agitato,
marciò verso la scrivania, sotto lo sguardo allibito della donna, e sbatté sul
piano una copia dell'Herald. Lei guardò il giornale, poi alzò gli occhi
sull'attore, che si scostò nervosamente i capelli dalla fronte.
"Che succede?" Domandò timorosa la donna.
"Hai letto la critica della McArthur?" Le
domandò con sguardo omicida.
"Non... non ancora..." Fece lei
preoccupata.
"Questa roba è... è..." Balbettò il ragazzo
in preda alla rabbia. "...al limite della querela!" Gridò infine.
"Io la denuncio quella donna, la porto in tribunale!"
"Orlando, calmati..." Intervenne l'agente,
alzando una mano. "Ragiona, la McArthur è un critico molto importante, una
giornalista di livello, si è laureata ad Harvard..."
"Per me può essersi laureata perfino
all'università di Stronzopoli!" Sbottò indignato l'attore. "Io mi
ritengo profondamente offeso." Proclamò indicando il giornale sul tavolo.
"Vuoi che ti legga qualche estratto da questo meraviglioso articolo?"
E senza aspettare risposta, si sedette afferrando il quotidiano; la donna lo
osservava interdetta.
"Siamo sicuri che il talento del signor Bloom
non fosse un sufflé montato ad arte da Peter Jackson, che si è miseramente
sgonfiato quando gli autori di Troy lo hanno tolto dal forno?" Lesse con
malcelato fastidio; la sua agente fece una smorfia preoccupata. "E
ancora... Ci viene da pensare che Orlando Bloom riesca dare il meglio di se,
solo quando ha davanti un regista che lo tiene per le palle... No, ti rendi
conto?!" L'interrogò Orlando con gli occhi di fuori, rileggere quegli
estratti gli faceva salire il sangue alla testa. "Infine, conclude
sostenendo che dovrei cercarmi dei copioni migliori, invece di fare la bella
fica su internet, ammiccando ad orde di ragazzine arrapate!"
"Non saranno state proprio le sue precise
parole..."
"Certo che no!" Esclamò lui, sbattendo il
giornale di nuovo sul tavolo. "Era per riassumere il concetto!"
Aggiunse gesticolando.
"Insomma, Orlando, che cosa vuoi che faccia, che
chiami l'avvocato?" Gli domandò la donna, guardandolo; lui era palesemente
indeciso. "Lo sai che c'è il Primo Emendamento, i giornalisti possono
scrivere quello che vogliono, lei ha solo espresso il suo giudizio sulla tua
interpretazione." Aggiunse allargando le mani.
"Non solo sulla mia..." Mormorò mesto il
ragazzo. "...ha lanciato strali su tutto il cast, la sceneggiatura, la
regia, i costumi, tutto, non le andato bene nulla, nemmeno il culo di Brad
Pitt, ecchecavolo!"
"Io capisco che ti puoi sentire ferito, ma cerca
di capire, sono critici, fanno solo il loro mestiere." Gli disse materna
la donna. "Cerca di smentire le sue parole con la prossima
interpretazione." Gli suggerì. "Da quello che ho visto del girato,
Kingdom of Heaven dovrebbe essere un bel film, e con un grande regista..."
"Quello che mi rompe di più, è che..."
Batté l'indice sul quotidiano. "...ha messo in dubbio il mio
talento." Disse, con voce piagnucolosa.
"Ma stai tranquillo!" Lo rassicurò la
donna, con gentili colpetti sulla mano. "Con le tue prossime
interpretazioni la farai ricredere, credimi!"
"Hm, se lo dici tu..." Replicò scettico
Orlando, guardando il vuoto.
"Ma sì!" Lo incitò. "Adesso te ne vai
a casa, fai l'amore con la tua ragazza..."
"Kate
è a New York." Lei rifletté per un attimo.
"Allora, ti mangi qualcosa di dolce, poi guardi
un bel film..." L'attore fece una smorfia sarcastica. "...e te ne vai
a letto, ci dormi sopra, e domani non ci pensi più." Concluse con un tono
da fata turchina, francamente poco appropriato; Orlando si fece convincere,
comunque, e pochi attimi dopo lasciò l'ufficio, accompagnato dal sospiro di
sollievo dell'agente.
Il giorno dopo, ad Orlando non gli era ancora
passata; dopo aver parlato al telefono con Kate, cercando di mascherare
l'incazzatura, era uscito per il solito brunch della domenica mattina. Aveva
appuntamento, in uno dei locali più in del momento, con Dom, Deb e suo marito
Scott; quest'ultimi lavoravano alla produzione della Paramount, lui e Kate li
avevano conosciuti ad un party, erano simpatici e si era creato subito un bel
feeling.
Arrivò al ristorante già scazzato, non aveva nemmeno
usato particolare cura nel prepararsi; quando i tre amici lo videro arrivare,
capirono subito la malaparata.
"Oh, andiamo pisellone, ti fai sempre
aspettare!" Lo accolse Dominic, sperando che qualche battuta servisse a
schiarire l'umore dell'amico, chiaramente nero.
"Vaffanculo, Dom." Fu la sola risposta del
ragazzo, mentre si sedeva accanto a Scott; gli altri tre si scambiarono
occhiate eloquenti.
"Qualcosa che non va?" Gli domandò
dolcemente Deb, che era seduta accanto a Dom e davanti al marito.
"No!" Sbottò Orlando; sguardi scettici.
"Oh, vabbene!" Esclamò allora. "Che uno non si può essere alzato
col culo storto?!" Chiese scocciato, incrociando le braccia.
"Nottataccia?" Azzardò Deb; lui roteò gli
occhi.
"No, no." Fece Scott, negando col capo.
"Io lo so cosa gli succede!" Aggiunse con aria furba.
"Mancanza di fica?" Canticchiò Dom;
l'occhiata omicida che gli lanciò Orlando lo fece desistere, l'ultima volta che
lo aveva guardato così erano finiti a prendersi a schiaffi.
"No, Dom!" Riprese Scott con un gesto,
sempre guardando l'altro amico. "E' per la recensione della
McArthur..." Orlando sbuffò, guardando altrove. "Ti ho visto che
faccia hai fatto ieri, quando l'hai letta, e poi sei andato via di corsa!"
"Mi ha fatto incazzare, e allora?!" Esclamò
Orlando, girandosi verso Scott. "Era molto offensivo quell'articolo,
sai."
"Ma Orlando..." Intervenne Deb. "...tutti
gli attori sanno che la McArthur li crocifigge, è un critico spietato."
Spiegò allargando le mani.
"Beh, ma scusa, a voi non da fastidio, quando
criticano negativamente qualcosa che avete prodotto?" Domandò ai due
ragazzi.
"Scherzi? Noi lavoriamo a Star Trek."
Rispose Scott, come se spiegasse tutto.
"E allora?" Fece Orlando perplesso.
"Tutto quello che esce dai nostri studi passa al
setaccio dei fan." Intervenne Deb, attirando la sua attenzione.
"Che sono preparatissimi, ipercritici e
ultraesigenti." Rincarò Scott. "Notano ogni benché minimo particolare
e analizzano ogni scelta."
"Hanno fatto un'autopsia a Nemesi, dopo
l'uscita, che non la vedi nemmeno in un episodio di C.S.I.." Continuò la
ragazza. "Non avevo mai visto Rick Berman coi capelli così dritti!"
"Perciò cosa vuoi che ci facciano, le recensioni
della McArthur?" Disse il marito, poggiandosi contro lo schienale.
"E poi che te ne frega, di che dice
quella." Proclamò Dominic. "Sarà un'ultracinquantenne con la
menopausa, che non vede un cazzo da vent'anni!" Disse poi, strappando un
sorriso all'amico. "A qualcuno il film è piaciuto, è un campione
d'incassi, no?"
"Certo, Dom." Confermò Deb. "Ma gli
eye-candy movies attirano sempre folle nei cinema." Aggiunse maliziosa.
"Caramelle per gli occhi?" Fece sorpreso il
ragazzo, osservando la sua vicina di posto.
"Hmhm." Annuì lei. "Quei film dove ci
sono tanti bei ragazzoni muscolosi in abiti succinti..."
"Deb..." Mormorò fintamente scandalizzato
Dom. "...sei una donna sposata."
"Ah, puoi dire quello che vuoi, caro mio."
Ribatté la ragazza, con fare professionale. "Se facessero un muto, con
dentro solo il culo di Brad Pitt, gli addominali di Orlando e i pettorali di
Hugh Jackman, io ci andrei eccome a vederlo!"
"Ma guarda che donna sono andato a
sposare!" Si lamentò divertito Scott, scuotendo il capo; si misero a
ridere.
"Vabbene, mi avete rotto il cazzo." Affermò
all'improvviso Orlando. "Vado a prendere qualcosa da mangiare." E
sospirando si alzò dal tavolo.
"Glielo dobbiamo dire, che quella donna ha sparato
a zero anche su Colin Farrel e Ben Affleck? Forse gli farebbe bene."
Suggerì Scott; gli altri due annuirono.
Passò una settimana, e Orlando riprese la solita
vita, dividendosi tra studio del nuovo copione, feste e party in piscina,
apparizioni pubbliche, interviste e servizi fotografici; il ragazzo si sentiva
comunque un po' depresso, era inutile negare che quella crudele recensione gli
aveva fatto venire un'enorme quantità di dubbi, e poi gli mancava Kate, le
coccole telefoniche non erano proprio come averla lì, e sarebbe stata via per
almeno un mesetto.
Era una serata moscia, Dom era uscito con una tipa
nuova, perciò la solita bevuta tappabuchi era andata a puttane; Orlando si
apprestava a cenare da solo e poi mettersi a studiare, quando suonò il campanello.
"Ciao Deb!" Esclamò, sorpreso e contento,
quando aprì la porta e si trovò davanti l'amica.
"Ciao tesoro!" Lo salutò lei, con un bacio
sulla guancia. "Sei solo?"
"Hm, sì..." Rispose Orlando. "E
tu?"
"Anche." Fece la ragazza. "Scott è
impegnato in una riunione che si tira per le lunghe, li ho lasciati un'ora fa e
non erano ancora arrivati al punto."
"Ceni con me?" Le domandò, quasi
supplicante.
"Ho portato il gelato." Ribatté Deb,
alzando un barattolino nocciola-cacao.
La cuoca di Orlando aveva cucinato per cinque, quella
sera, si vede che era in vena; loro, ad ogni modo, fecero onore alla sua
cucina. I due ragazzi mangiarono parlando del più e del meno; Deb s'informò su
Kate, e vide che Orlando era un po' intristito, senza la sua ragazza. Lei sapeva
che il ragazzo era un tipo che aveva bisogno di coccolare e di essere
coccolato, per stare bene, e la mancanza di Kate lo metteva un po' in crisi.
Stavano gustandosi il gelato, che Deb aveva comprato
in un'originale gelateria artigianale italiana, con un religioso silenzio.
Orlando si disse che con Deb e Scott si stava proprio bene, erano sempre
disponibili, simpatici, non davano mai troppo peso alle cose, ma sapevano
risolvere i problemi; era contento di averli conosciuti.
"Vieni sabato, al party di Marla Goodwin?"
Domandò la ragazza all'amico, quando ebbero finito il dessert; lui stava
mettendo le ciotole nel lavello.
"Hm..." Fece scettico. "Che palle, non
so mica se ne ho voglia." Aggiunse, rimettendosi seduto al banco della
cucina dove avevano mangiato.
"Beh, Marla se ne dispiacerà." Affermò Deb.
"Senti, ma cosa vuoi che gliene freghi, a una
che vende mutande da donna, di avermi al suo party?" Chiese sarcastico,
poggiando il mento su una mano sollevata.
"Ma perché sminuisci sempre?" Replicò
divertita lei. "Il suo è il più importante atelier di lingerie femminile
in Rodeo Drive, e poi... suo marito è un boss della Fox."
"E' solo che tutte queste feste in piscina mi
sono venute un po' sui coglioni." Dichiarò Orlando. "Sono tutte
uguali, sempre la stessa gente..."
"Ma ci saremo anche noi, e Dom." Cercò di
convincerlo la ragazza.
"Seh, figurati se Dom si perde un party!"
Sbottò l'attore, girandosi annoiato.
"Mh... sai, ci sono voci che sarà presente anche
Josephine McArthur..." Buttò lì Deb, distrattamente; Orlando si voltò
lentamente verso di lei.
"Magari, un salto ce lo faccio..." Disse
poi, con noncuranza; la ragazza sorrise scuotendo il capo.
Orlando non era sicuro di che cosa avrebbe fatto e
detto, quando se la sarebbe trovata davanti, ma di una cosa era sicuro: si
sarebbe presentato al massimo del suo splendore!
Passò quel pomeriggio in opere di restauro:
aggiustatina al taglio dei capelli, manicure, pulizia del viso, sbiancatura dei
denti...
La sera indossò un elegante completo blu, camicia
bianca, scarpe scure, niente cravatta; appena un tocco di gel nei capelli,
giusto per tenerli apposto e via! Provò il suo sorriso più smagliante e
seduttivo allo specchio ed uscì.
Quella notte non ce n'era per nessuno, la vecchia
avrebbe capitolato davanti al suo irresistibile fascino, ammettendo che lui era
un OTTIMO attore; era deciso a rompere la corazza acida dello spietato critico.
Arrivò davanti alla villa che la festa era già
cominciata, ma si sa che le dive si fanno sempre attendere; lasciò la macchina
lungo il viale, appena trovò un posto, vicino a dove chiacchieravano gli
autisti delle limousine. Entrò nell'ingresso, facendosi riconoscere dal
servizio di sicurezza; in pochi minuti raggiunse il giardino posteriore, dove,
intorno alla piscina, già il party era entrato nel vivo. Si avvicinò alla
padrona di casa.
"Marla, tesoro!" La salutò affabile; la
prosperosa donna bionda, gli sorrise con le sue labbra gonfie come gommoni.
"Orlando, dolcezza! Allora ce l'hai fatta!"
Rispose poi, andandogli incontro a braccia aperte.
"Potevo mancare?" Replicò lui, con un
sorriso assai convincente; ormai la falsità di quelle feste la recitava a
braccio.
"E la tua piccola Kate dove l'hai messa?"
Domandò la donna, con aria rammaricata, che fece contrarre in modo strano il
suo viso sospettosamente liscio.
"Oh, è fuori città per un film, ma appena torna
la porto subito da te." Rispose l'attore.
"Ahh..." Fece lei, avvicinandosi con fare
confidenziale. "...da me trova tante belle cosine, che possono fare
contento anche un ragazzo esigente come te..."
Orlando, dopo aver lasciato la padrona di casa, si
avvicinò al bar, prendendo qualcosa da bere; in quel momento si avvicinò
Dominic.
"Heylà, ciccio bello!" Gli disse, e si
salutarono. "Vista Marla? Se si fa un'altra iniezione di Botox le scoppia
la faccia." Gli sussurrò; Orlando fece solo una smorfia. "Già, lo so
che a te non dispiacciono le donne rifatte..."
"Oh, ma a prenderlo nel culo ti ci ha mai
mandato nessuno?" Ribatté offeso l'amico.
"Tu, e più di una volta!" Rispose
entusiasta Dom.
"E si vede che ti piace." Sbottò Orlando,
girandosi, mentre si guardava intorno.
"L'hai già individuata?" Chiese allora
l'altro ragazzo, che ben sapeva il motivo per cui lui era andato alla festa.
"Hm..." Fece Orlando con una smorfia.
"...è che non ho proprio idea di come sia..."
"Beh, facciamo delle ipotesi, allora."
Suggerì Dom, mentre entrambi si appoggiavano ad un muretto divisorio. "Per
esempio, potrebbe essere quella laggiù, col vestito stampato a rose."
Indicò poi, con un gesto del bicchiere che aveva in mano; Orlando guardò.
"Quel vestito sta per esplodere, santo
cielo." Commentò disinteressato, con tono da perfetto inglese snob, poi
bevve un sorso. "Che ne dici di quella là? Col vestito verde."
"Parli di quella con la cotonatura tipo fungo
atomico?" L'amico annuì. "No, quella la conosco, lavora alla
Fox." Spiegò negando. "Potrebbe essere quella là in fondo, con
un'impalcatura di frutta e fiori tropicali sulla testa." Ipotizzò allora
Dom.
"Hm, no." Fece Orlando scuotendo la testa.
"Sai che ti dico? Secondo me un critico dovrebbe essere più sobrio."
"Puoi avere ragione." Confermò Dominic.
"Guardiamo meglio... Eccola!" Esclamò improvviso, afferrando il
braccio dell'amico, che alzò subito gli occhi.
"Ma dici la racchia che sta arrivando, con gli
occhiali a culo di bottiglia?" Dom annuì entusiasta.
"Guardala, abitino a sottoveste che le cade da
tutte le parti, capelli color marroncino topo, acconcianti da far pietà,
trovami un motivo per invitarla ad una festa..." Affermò spietato e
divertito il ragazzo. "...a parte il fatto che sia un critico
cinematografico di rilievo."
"Potresti aver visto giusto..." Mormorò
Orlando. "Io mi avvicino." Dichiarò poi, bevendo l'ultimo sorso del
suo champagne; accompagnato dall'amico, marciò verso la donna.
"Voi siete proprio due deficenti." Li
rimproverò Deb, mentre li guardava seduti mestamente ad un tavolo.
"Ma che cazzo ne potevamo sapere noi, che quella
talpa era la figlia dell'avvocato di Goodwin?" Replicò scocciato Orlando,
mangiando nervosamente delle noccioline.
"Ci sembrava perfetta, come critico."
Intervenne Dom.
"Sì, come no, intanto ci avete fatto la vostra
bella figura di letame." Affermò la ragazza, sistemando la spallina del
suo abito turchese, che faceva risaltare i suoi occhi azzurri ed il caschetto
corvino. "Lo potevate chiedere a me, chi è la McArthur, me l'hanno
presentata dieci minuti fa."
"Scusa, e noi come cavolo facevamo a
saperlo?!" Sbottò Dominic.
"Allora, qual'è?" Domandò Orlando,
sporgendosi verso l'amica; lei fece una smorfia arresa.
"Vedi laggiù, al bordo della piscina?"
Gl'indicò; anche Dom si girò in quella direzione. "La ragazza alta col
vestito nero? E' lei."
Orlando guardò; vicino al bordo della piscina c'erano
tre persone, un uomo in smoking, una donna vestita di rosso, e quella indicata
come Josephine McArthur. Era una ragazza alta ed elegante, indossava un abito
lungo completamente nero, semplice, con scollo quadrato e spalline sottili; i
capelli scuri erano raccolti in maniera sobria, l'unico vezzo era un grosso
braccialetto in stile berbero, di metallo lucido e con ciondoli che
tintinnavano quando lo muoveva. La donna non poteva avere più di trent'anni,
aveva un viso severo e nobile, bellissime labbra, chiaramente naturali, e due
vellutati occhi grigi, truccati appena.
"Nah!" Fece Orlando incredulo, girandosi di
scatto verso Deb.
"Madonna, che stocco di topa!" Commentò
invece Dom. "Oh, te fai pure quello che ti pare..." Disse poi ad
Orlando. "...ma io con quella ci provo."
"Non può essere lei!" Esclamò l'attore,
continuando a guardare l'amica; in quel momento li raggiunse Scott.
"La tua bibita, tesoro." Disse, porgendo da
bere alla moglie.
"Grazie amore." Rispose lei, poi tornò a
parlare con Orlando. "Ti dico di sì! Non è vero, Scotty, che prima ci
hanno presentato la McArthur?" Domandò allora al marito.
"Sì." Annuì lui. "Una gran bella
ragazza." Aggiunse sedendosi.
"E lo puoi dire forte!" Soggiunse
allegramente Dom, che era già partito per la tangente.
"Presentami." Chiese all'improvviso Orlando
a Deb.
"Sei sicuro che non ti sia bastata, una figura
di merda, per stasera?" Replicò scettica la ragazza; lui fece una risatina
acida.
Ad ogni modo, con metodi di persuasione degni di un
dittatore sudamericano, Orlando convinse Deb a presentarlo al critico; con un
po' di preoccupazione, la ragazza si avviò, seguita dall'amico.
"Signorina McArthur?" La chiamò timidamente
la ragazza.
"Sì?" Fece lei girandosi, il suo
braccialetto tintinnò; Orlando dovette ammettere che da vicino era pure meglio,
pelle perfetta, seno giusto e sodo e una vita sottile che pareva disegnata.
"Si ricorda... poco fa..." Le rammentò Deb.
"Oh, sì." Annuì la donna. "Deborah
Cooper, vero?"
"Sì, sì, sono io." Rispose la ragazza.
"Ecco, le volevo presentare un mio amico..." E si scostò un po', per
far avanzare lui. "...Orlando
Bloom."
"Oh,
signor Bloom..." Disse senza sorpresa e squadrandolo per un attimo.
"...che piacere conoscerla di persona." Aggiunse, porgendogli la
curatissima mano; l'attore la strinse.
"Il piacere è mio, signorina McArthur."
Salutò poi, freddo; lei manteneva un lieve sorriso sardonico.
I sospetti di Deb furono confermati in pieno, come il
motivo per cui non voleva presentare il critico ad Orlando; quella non era una
donna del tipo che il ragazzo era uso frequentare, in quegl'occhi d'acciaio
brillava un lampo d'intelligenza limpida e carattere da vendere.
"Allora, signor Bloom." Riprese Josephine;
aveva una bella voce bassa e matura. "Ormai manca poco all'uscita del suo
nuovo film, che ci dice?" Gli chiese; lui la fissava negl'occhi.
"Solo che spero lo apprezzerà più
dell'ultimo." Rispose gelido. "Visto che non si è risparmiata un
giudizio a dir poco impietoso." Aggiunse; lei sorrise, sorseggiando il suo
drink, mentre continuava a tenere gli occhi fissi in quelli di Orlando.
"Non capisco perché si sia offeso tanto..."
L'attore s'incupì, credeva di essere stato calmo, invece lo aveva capito.
"...nell'articolo ho espresso solo la mia opinione, il film non mi è
piaciuto, tanto meno la sua interpretazione, e l'ho scritto." In
sottofondo andava una musica tribale africana, molto ritmata. "Non sono
stata cattiva, solo onesta."
"C'è tanto bisogno di persone oneste, al
mondo." Ribatté solo Orlando, con uno sguardo glaciale; Josephine sollevò
la coppa, in un immaginario brindisi.
Quando tornarono al tavolo, Orlando era stranamente
silenzioso e meditabondo; Deb e Scott si scambiarono un'occhiata perplessa,
mentre Dom osservava i movimenti della McArthur. All'improvviso, quest'ultimo
si alzò, bevendo tutto d'un sorso il suo liquore e s'incamminò.
"Dom, potresti avere un rimbalzo pericoloso,
attento!" Lo avvertì Deb.
"Tranquilli." Li rassicurò il ragazzo,
esibendo un sorriso seducente e sicuro; si rassettò la camicia e prese ad
avvicinarsi a Josephine, che era rimasta sola.
"Ciao!" Fece alla ragazza, non appena le
arrivò accanto; lei gli diede un'occhiata supponente, poi si girò. "Ti
posso offrire un altro drink?" Tentò di nuovo, tornandole davanti;
Josephine lo guardò come se fosse veramente idiota.
"Le bibite sono servite gratuitamente." Gli
disse, come se parlasse ad uno che non è mai stato ad un party come quello; lui
rimase interdetto per un attimo.
"Ehh, sì lo so..." Biascicò Dominic,
cercando di darsi un contegno. "...intendevo, se posso portartene un
altro, vedo che lo hai quasi fin..."
"No, grazie." Lo interruppe la ragazza,
dandogli di nuovo le spalle; l'attore fu costretto ad aggirarla di nuovo, per
vederla in faccia.
"Io sono Dominic." Si presentò infine;
Josephine sospirò, poi, con un sorriso scocciato, lo guardò negl'occhi.
"So perfettamente chi è lei, signor
Monaghan." Gli disse, e lui parve compiaciuto. "A proposito, quando
si decide a fare un altro film e smettere di campare sugli allori facendo la
bella statuina di un hobbit?" Aggiunse con tono calmissimo.
Lo videro tornare al loro tavolo con la faccia che
cambiava continuamente colore, e si trattennero dal ridere; Dom, incazzato come
un babbuino, si fermò davanti agli amici, sbattendo le mani sul tavolo.
"Quella donna è una tarantola!" Sbottò.
"Ma che cazzo vuole?!"
"Noi te lo avevamo detto, bietolone da
concorso." Affermò Orlando, allargando le mani rassegnato, per tornare al
suo stato riflessivo.
"Questa è una festa di merda." Dichiarò
allora Dom, mesto, sedendosi a braccia conserte; Deb e Scott ridacchiarono.
Il resto della serata, nonostante i cattivi auspici,
per Dominic non fu così terribile; circa una mezz'ora dopo il tamponamento con
Josephine, il ragazzo attaccò bottone con una bionda svampita, con cui si
eclissò prima dell'una. Deb e Scott, invece, si divertirono abbastanza,
mangiucchiando e bevendo a piacere, e passando da un capannello all'altro, in
vari argomenti di conversazione; quello che li divertiva di più, era che in
ogni gruppetto di malignava di quello precedente, e via così, con pettegolezzi
sempre più divertenti.
Orlando fu l'unico che si spallò a morte; vagava ai
margini della festa come un'anima in pena, con le mani in tasca o con qualche
bicchiere. Si sentiva solo e si annoiava, senza contare che le parole della
McArthur gli avevano fatto tornare prepotenti tutti i suoi dubbi; ora passava
il tempo a farsi seghe mentali di dimensioni mitologiche, con il timore di non
essere stato abbastanza bravo nei suoi film nuovi, di non aver dato il meglio
di se, addirittura di aver rovinato, con la sua pessima prestazione, un
progetto valido come Troy... (*) In quel momento avrebbe proprio avuto bisogno
di qualcuno che lo rassicurasse, e invece era solo.
Verso l'una e mezza, si avvicinò a Deb, che stava
parlando con un paio di ragazze che lavoravano come modelle, mentre Scott era
andato in bagno.
"Deb, io vado a casa." Le disse, lei annuì.
"Mi sono rotto il cazzo e ho sonno." Spiegò.
"Tranquillo, vai pure." Gli disse l'amica.
"Ci vediamo domani?" Stavolta fu lui a confermare con la testa; le
baciò la guancia e andò via.
Orlando stava scendendo verso la sua macchina, lungo
il viale alberato, e aveva già le chiavi in mano, quando vide una figura
familiare in piedi davanti ad un'auto; un sorrisetto diabolico gli si formò
sulle labbra. Allora c'è una giustizia a questo mondo, si disse.
"Cazzo!" Imprecò a bassa voce la donna,
dando un piccolo calcio nella portiera.
"Qualche problema?" Le chiese il ragazzo
sorridendo, con una soddisfazione nella voce che sarebbe stato impossibile
mascherare; lei sussultò lievemente, prima di girarsi.
"La macchina non parte." Rispose Josephine,
aggiustandosi una ciocca di capelli sfuggita alla sua pettinatura; non lo
guardava, evidentemente lo aveva riconosciuto dalla voce.
"Bisogno di aiuto?" Domandò allora Orlando,
fermandosi accanto a lei.
"No, grazie!" Rispose immediata la ragazza.
"Adesso chiamo il mio fidanzato." Aggiunse, prendendo il cellulare.
"Beh, allora, buonanotte." Salutò
sbrigativo l'attore, allontanandosi; ma che schiattasse, lui era stato educato,
ora si poteva arrangiare.
Orlando aveva percorso pochi metri, quando la sentì
girarsi sulla ghiaia del vialetto; in un certo senso ci sperava, forse per uno
strano senso di rivalsa, ma provava soddisfazione nel sapere che lei, in
qualche modo, dipendeva dalle sue decisioni.
"Bloom?" Chiamò timidamente; stavolta il
sorriso soddisfatto lo fece prima di girarsi.
"Sì?" Rispose poi, voltandosi.
"Ecco..." Esordì titubante Josephine.
"...il mio fidanzato ha il cellulare spento, a casa non risponde, forse
dorme... mi chiedevo se..."
"Vuole un passaggio?" Le domandò retorico,
inclinando un po' la testa di lato, mentre giocherellava con le chiavi.
"Se lei fosse così gentile da... darmelo."
Rispose la ragazza.
E te lo darei io, come no... pensò Orlando,
fissandola per un lungo momento; lei pensò che non l'avrebbe mai aiutata, visto
i precedenti rapporti tra di loro.
"Lo faccio solo perché non è mio costume,
abbandonare un donna da sola, di notte e a piedi." Replicò infine.
"Sono una persona educata, io." Precisò poi.
Arrivati alla macchina di Orlando, lui le aprì la
portiera, aiutandola a salire; il fuoristrada era piuttosto alto, e Josie
portava un abito lungo, però non fu comunque impacciata. Sembrava che quella
donna non perdesse mai la sua aura di algida eleganza, che la faceva sembrare
più matura di quello che diceva il suo viso. Orlando salì dalla parte del
guidatore, lanciandole un'altra occhiata; si accorse dei suoi piedi: se
esisteva la perfezione di quella parte del corpo, allora lei l'aveva raggiunta.
Il ragazzo inserì l'indirizzo che la donna gli aveva dato nel navigatore, poi mise
in moto e partì.
"Domattina dovrò avvertire Marla, fino a lunedì
non verrà il carroattrezzi." Disse Josephine, riponendo il telefono in
borsa.
"Cosa pensa che sia successo?" Le domandò
Orlando, guardando davanti a se; lei lo guardò, con un sorrisetto felino.
"So che lei avrebbe di gran lunga preferito che
scegliessi come professione il meccanico, invece che il critico..." Il
ragazzo fece una risatina poco divertita. "...ma purtroppo, sono quel che
sono, perciò non ho idea di cosa abbia la mia macchina." Concluse
stringendosi nelle spalle, che ora erano coperte da un leggero foulard lilla.
"Volevo solo rompere il ghiaccio." Affermò
Orlando, guidando sicuro. "Ma si sa, con le banchise polari è dura."
Aggiunse ironico; Josie sorrise divertita.
La ragazza si mise ad osservarlo; le piaceva il
contrasto tra la forza della sua presa sul volante, o sul cambio, e la vaga
fragilità del suo viso. Che era bello non lo scopriva certo lei, ma era strano
essere seduta accanto a lui, a giudicare silenziosamente il suo aspetto;
conoscendo gli uomini lo aveva fatto di sicuro anche lui, vuoi che non le
avesse preso le misure? Lo facevano sempre, ma non le dispiaceva, questa volta.
"Ma veramente, si è offeso, per la mia
recensione?" A quella domanda, lui si girò di scatto.
"Cazzo, sì!" Rispose; Josephine alzò le
sopracciglia. "E non mi dica che le dispiace, perché tanto non ci
credo." Aggiunse con un gesto, tornando a guardare la strada.
"Ah, ma io non glielo dirò!" Ribatté lei;
Orlando la guardò allibito. "Non mi pento mai di quello che scrivo, ne
tornò sui miei passi, rispetto al giudizio su un film." Spiegò.
"Le ho fatto proprio così schifo?" Si
decise a chiedere il ragazzo, che cercava di concentrarsi sulla strada, ma
sentiva il nervoso salire pericolosamente.
"Onestamente, Bloom..." Esordì Josie, con
tono saccente. "...perfino il cavallo di legno era più espressivo di
lei." Dichiarò; Orlando girò il capo verso di lei, offeso e stupito.
"E vogliamo parlare della scena in cui Priamo consegna la spada a Paride?"
Lui cercava di guardarla, per quanto gli permetteva il fatto di guidare e di
stare per incazzarsi sul serio. "Io vorrei sapere lei dove stava
guardando."
Orlando era talmente incredulo che non sapeva come
reagire, calò il silenzio; lui tornò a concentrarsi sul percorso, lei incrociò
le braccia, mettendosi a guardare fuori dal finestrino. Solo la voce incolore
del navigatore riempiva l'abitacolo.
"Ora svolta a destra..." Disse
l'apparecchio, e Orlando lo fece con una certa energia, tanto che Josie dovette
reggersi. "...sei arrivato... sei arrivato..."
L'attore frenò bruscamente, davanti al numero civico
indicato dalla ragazza; la casa non si vedeva, era nascosta da una specie di
boschetto, se ne intuiva solo la strana forma nel buio.
"Mi perdona se non le apro la portiera,
vero?" Domandò senza guardarla, anche se quello che desiderava veramente
era buttarla giù dall'auto in corsa; lei fece un sorriso, scuotendo il capo.
"Ma si figuri." Rispose poi.
"Buonanotte e grazie di tutto." Gli disse scendendo dall'auto.
"Di nulla." Fece lui, acido come un limone;
con un ultimo sorrisetto, Josie chiuse lo sportello, appena si fu scostata, il
ragazzo ripartì.
Josephine entrò in casa solo qualche minuto dopo,
tutto era buio; posò le chiavi, la borsetta ed il foulard sul tavolinetto dell'ingresso
e si diresse in soggiorno.
"Cary." Chiamò, mentre restando in piedi si
toglieva i sottili sandaletti neri con tacco a spillo; non le arrivò alcuna
risposta.
La ragazza, allora, andò in cucina, bevve in sorso
d'acqua, poi, mentre si apriva la lampo del vestito, salì le scale; arrivata in
cima alla rampa, reinserì l'allarme, dal pannello che c'era lì, e si diresse in
camera da letto.
"Cary." Chiamò di nuovo, ma nuovamente
nessuno rispose; entrò nella stanza, il letto era vuoto e ancora rifatto, segno
che il suo fidanzato non era rientrato. "Fottuto bastardo." Imprecò a
bassa voce, prima di entrare nel bagno.
*(non temere, Orli
tesoruccio, te sei solo una molto decorativa, ma insipida ciliegina su una
cattiva torta... n.d.Sara)
Un limpido martedì mattina, dopo la loro lezione di
ginnastica, Josie e la sua migliore amica, Franny, sedevano in un locale
all'aperto, facendo colazione e chiacchierando.
Franny e Josie si conoscevano da quando, sei anni
prima, quest'ultima si era trasferita a Los Angeles per lavorare all'Herald, e
avevano legato subito; forse per la famosa norma per cui gli opposti si
attraggono, erano diventate inseparabili, o quasi. Frances Olson, questo era il
suo nome completo, era un'affermata arredatrice d'interni, che aveva dato il
suo tocco anche alla casa di Josie; aveva già un divorzio alle spalle (errore
di gioventù lo chiamava lei), ma questo non la scoraggiava di certo. Era una
ragazza carina, certo non una gran bellezza, ma aveva tutte le cose a posto:
altezza giusta, magra, seno proporzionato, begl'occhi azzurri e capelli... beh,
i capelli erano un po' la caratteristica di Franny, e rispecchiavano il suo
carattere solare e creativo; infatti, cambiava colore spesso, osando tinte a
dir poco ardite, come quella che sfoggiava quel giorno.
"Non credi di aver un po' esagerato, con la
tinta, stavolta?" Le domandò Josie, la quale non si era mai fatta nemmeno
un colpo di sole.
"Perché, che ha?" Domandò l'amica,
osservandosi una ciocca.
"E' fucsia, Fran..." Rispose perplessa
l'altra.
"Senti..." Riprese lei, sporgendosi verso
Josie. "...era Bordeaux Invecchiato... non è mica colpa mia, se dopo due
lavaggi è diventato così!"
"Ammettilo, ogni tanto vai fuori dal
seminato." Affermò Josie, sorseggiando il suo succo di pompelmo; l'amica
fece una smorfia, posando il frullato che stava bevendo.
"Tesorina, non sono io che vado di fuori, sei tu
che stai troppo dentro!" Ribatté poi, sorridendo. "A proposito di
gente fuori, com'è andato il party della Goodwin?"
"Mh..." Fece distrattamente Josie,
sistemandosi una ciocca di capelli. "...noioso... mi si è fermata di nuovo
la macchina..."
"Oh, Joss, ma come te lo devo dire, butta via
quel catorcio!" L'interruppe Franny.
"Orlando Bloom mi ha dato un passaggio a
casa..." Continuò lei, come se non l'avesse sentita.
"Tu NON devi ASSOLUTAMENTE buttare via quel
catorcio!" Josie la guardò stupita e divertita, sapeva della passione
dell'amica per il divo inglese.
"Ma Fran... come cambi idea velocemente..."
Le fece, con un mezzo sorrisino malizioso.
"Ciccia..." Le disse, mettendole una mano
sulla spalla. "...se quel macinino ti serve a rimorchiare ragazzi come
lui, lo devi tenere per forza."
"Non l'ho rimorchiato! Ma cosa dici!"
Esclamò Josie con un sorriso fintamente scandalizzato. "Mi ha solo dato un
passaggio, figurati che era già incazzato con me prima di conoscermi!"
Aggiunse con un gesto.
"E ci credo!" Sbottò Fran. "Con tutto
quello che hai scritto di lui, nell'articolo su Troy!"
"Il film non mi è piaciuto per nulla, non vedo perché
avrei dovuto fargli le lodi sperticate, come tutti quei critici lecchini."
Dichiarò combattiva Josie.
"Beh, però vorrai ammettere che Orlando era
davvero bellissimo." Replicò l'amica, giungendo le mani. "Io me lo
sarei mangiato a morsi!" Proclamò poi, sbatacchiando le ciglia.
"Non dubito, ma mia cara, una carriera non si
costruisce solo su qualcosa che non dura come la bellezza." Ribatté subito
l'altra ragazza. "E, comunque, quelle mollettine..."
"Ma chi le vedeva le mollettine!" Esclamò
estasiata Franny. "Ma senti un po'..." Disse subito dopo,
avvicinandosi all'amica con aria cospirativa. "...dopo, che avete
fatto?"
"Dopo? Non c'è stato un dopo." Rispose
Josie, negando col capo. "Mi ha bruscamente fatta scendere davanti al
cancello, poi se n'è andato sgommandomi la ghiaia addosso." Spiegò
allargando le mani.
"Che gli hai detto?" Domandò improvvisa
Franny, mentre la guardava seria.
"Cosa vuoi che gli abbia detto?!" Ribatté
l'amica, guardandola sorpresa.
"Ah, io ti conosco!" Esclamò l'altra.
"Per esprimere i tuoi giudizi iconoclasti, hai mandato alle ortiche una
ripassatina da Orlando Bloom!" Si lamentò melodrammatica.
"Franny, io sto con Cary!" Sbottò la
ragazza mora.
"Cary?! Ma lui si preoccupa mai di te, quando fa
le scappatelle ad Aspen?" Le domandò retorica Fran.
"Cerca di farti meno i cazzi nostri, per
piacere." La pregò Josie, guardando avanti.
"No, tesoro." Si rifiutò l'amica. "Sei
tu che devi cominciare a farti i cazzi... degl'altri." Aggiunse con tono
saggio; Josie si girò con gli occhi di fuori. "E lascia perdere quello di
Cary, che secondo me non ne vale neanche tanto la pena, e te l'ho sempre
detto." Concluse saccente, annuendo.
"Tu sei veramente..." Mormorò l'altra,
cominciando a ridere. "...fuori di testa!" Anche Fran rise di cuore.
"E' per questo che mi vuoi bene, no?" Le
chiese circondandole le spalle. "E fammi un favore..." Le sussurrò
poi. "...la prossima volta che vedi Orlando Bloom, sii più
accondiscendente..." Josie fece una smorfia scettica, poi si rimisero a
ridere.
Era l'ora di pranzo, Scott e Orlando si erano presi
un hot-dog al banchetto fuori dagli uffici della Paramount; ora mangiavano
seduti su una panchina, sorseggiando birra.
"Hm, continuo a preferire i fish&chips
inglesi..." Commentò distrattamente Orlando, scrutando il suo panino.
"Insomma..." Fece Scott, dopo aver mandato
giù un boccone. "...devi finire di raccontarmi dell'altra sera." Lo
spronò.
"Che altro ti devo dire?" Esordì l'amico,
stringendosi nelle spalle. "Mi ha fatto incazzare come una scimmia, tanto
che mentre andavo a casa, c'è mancato poco che imboccassi il Sunset Boulevard
contromano!" Scott ridacchiò; l'attore lo guardò male.
"Ma dove cavolo avevi la testa? L'hai fatta
cento volte, quella strada!" Affermò l'amico.
"E che ti devo dire? Ero soprappensiero... e a
casa mia si guida dall'altra parte, cazzo!" Sbottò Orlando, che solo al
pensiero dava di matto.
"Certo che quella donna ti ha fatto proprio un
brutto effetto, eh?" Gli chiese Scott, prima d'ingurgitare l'ultimo pezzo
di panino.
"Stronza." Commentò solo il ragazzo.
"Se almeno fosse stata una cinquantenne coi capelli tinti, ma cazzo quella
è proprio una bella fica!" Aggiunse scoraggiato.
"Gliela hai data una bell’occhiata, allora, eh
morsacchiotto?!" Gli fece l'amico, dandogli una gomitata allusiva.
"Che palle..." Mormorò Orlando chinando il
capo. "E poi mi scassa il cazzo, questo soprannome idiota che mi ha dato
tua moglie!"
"Cos'ha che non va Morsacchiotto?" Gli
domandò divertito Scott.
"Ma andatevene affanculo tutti e due!"
Esclamò l'attore. "Voi vi siete proprio trovati, te lo dico io!"
Aggiunse addentando il suo hot-dog; l'amico rideva.
"Io, comunque." Riprese Scott, quando smise
di ridere. "Volevo solo sapere se eri stato a casa sua."
"No." Rispose Orlando scuotendo la testa.
"Credo che viva con il suo fidanzato, e poi, ad ogni modo, io l'ho solo
scaricata davanti al cancello."
"Hm, e scommetto che non le hai nemmeno aperto
la portiera." Ipotizzò l'amico.
"Col cazzo!" Ribatté l'attore. "Non
l'avrei fatto neanche quando è salita, se avessi saputo che ritiene il cavallo
di Troia più espressivo di me!" Scott, a quelle parole, spalancò gli
occhi.
"Ti ha veramente detto così?" Orlando
annuì. "Ma allora è proprio stronza." L'altro sospirò rassegnato.
"Oh, ma non ti preoccupare, non ha mica purgato solo te." Orlando
rialzò il capo guardando l'amico.
"Tu sai mica dove potrei trovare i suoi
articoli?" Gli domandò abbastanza all'improvviso; lui lo guardò stupito,
poi fece una smorfia riflessiva.
"Mah, penso in qualsiasi biblioteca dove tengono
le copie dell'Herald, so che lavora in quel giornale dal 98." Gli rispose
infine. "Perché?"
"Beh, sai, mi piacerebbe sapere se con qualcuno
è riuscita ad essere più stronza che con me." Spiegò il ragazzo, staccando
un altro morso dal suo panino.
Circa una settimana dopo, Orlando ebbe una cattiva
notizia: Kate, a causa di riprese aggiuntive necessarie nel film, sarebbe stava
via tre settimane in più del preventivato. La faccenda mise il ragazzo in
agitazione, lei gli mancava davvero, perché le voleva bene, ma c'era anche un'altra
cosa; quando era vicino a Kate, completamente monopolizzato dalla sua presenza
costante, era più sicuro di non fare cazzate. Ora, però, la lontananza forzata
lo costringeva ad essere solo coi suoi pensieri, che non erano dei migliori, al
momento.
Un paio di giorni dopo, fortunatamente, gli fecero
una proposta che sembrava pensata per distrarlo dalla sua situazione infelice:
partecipare, come membro della giuria, ad una rassegna cinematografica che si
sarebbe svolta qualche giorno dopo a Palm Springs.
Orlando accettò con entusiasmo, desiderava cambiare
un po' aria e la nota cittadina turistica, oasi nel deserto, sembrava il posto
più adatto. Alla fine della settimana, dopo aver salutato gli amici con una
bella cena, mise un po' di roba in valigia e partì.
L'organizzazione della rassegna gli aveva prenotato
una suite in uno dei migliori hotel di Palm Springs; lui ed il suo assistente
stavano firmando il registro, quando Orlando la riconobbe: Josephine McArthur
stava parlando con un gruppo di persone, proprio nella hall dello stesso
albergo.
La donna aveva i capelli raccolti in uno chignon un
po' scomposto, con alcuni ciuffi che le cadevano ai lati del viso, sorrideva,
ascoltando i suoi interlocutori; portava dei pantaloni eleganti color sabbia,
leggermente a campana, dal cui orlo s'intravedeva solo la punta di una sabot
dello stesso colore, e una camicetta semitrasparente sui toni del rame. Un paio
di sobri cerchi dorati le pendevano dai lobi; come sempre elegantissima. Si
fissò a guardarla.
"Orlando, io salgo a portare le mie cose, vuoi
che prenda anche la tua valigia?" Gli domandò l'assistente, distraendolo;
si girò verso di lui.
"No, grazie, ci pensa il facchino." Rispose
poi. "Tanto salgo anch'io, devo farmi una doccia." Aggiunse
tranquillo.
"Ok." Fece l'altro, quindi si allontanò;
Orlando si voltò di nuovo verso Josephine, scoprendo che anche lei lo aveva
individuato.
La ragazza lo salutò con un sorriso e un cenno del
capo, lui le fece un'ironica riverenza con la mano all'altezza della fronte,
mentre arrivava il facchino per prendergli i bagagli.
Fu solo nel corso del pomeriggio, durante la prima
riunione della giuria, che Orlando scoprì di essere un collega della McArthur;
anche lei, infatti, sarebbe stata tra i giurati.
I primi due giorni passarono veloci, tra visioni dei
film in concorso, pranzi e cene, e riunioni della giuria in cui Orlando e
Josephine si erano trovati puntualmente in disaccordo; il fatto di avere, quasi
sempre, pareri diametralmente opposti sembrava divertire molto la ragazza.
Orlando, invece, la viveva come una sfida personale, ed aveva ingaggiato una
battaglia per convincere gli altri giurati a scegliere i film che preferiva
lui; nonostante questo, lei era molto più persuasiva, nel perorare la propria
causa, e l'attore usciva immancabilmente sconfitto. Maledetta dialettica
harvardiana!
La terza sera li avevano lasciati liberi, per
riordinare le idee in previsione della decisione finale. Orlando, dopo cena,
era salito in camera sua, ma gli era presa una vera e propria crisi di smania; aveva
provato a leggere, ma gli era venuto subito a noia, allora aveva acceso la tv,
dopo una decina di minuti l'avrebbe buttata dalla finestra. Decise infine di
farsi una doccia, ma, dopo essersi lavato e asciugato, si accorse che comunque
non sapeva che fare. A quel punto si vestì e scese nella hall.
Non c'era un gran movimento, non molti dei
protagonisti della rassegna erano scesi in quell'albergo; dopo aver salutato
con un cenno quelli della sicurezza, si diresse verso le salette riservate alla
giuria, sperando d'incontrarci qualcuno per scambiare quattro chiacchiere,
oppure per condividere dei pareri sui giudizi. Nella prima saletta non c'era
nessuno, ma nella seconda la luce era accesa; il ragazzo entrò, ma non fu
particolarmente entusiasta di chi trovò...
Josephine alzò gli occhi dal portatile, distratta dal
rumore di chi entrava; i suoi lunghi capelli, castani e lisci, erano sciolti
sulla schiena e trattenuti solo da una fascia verde e azzurra. Portava gli
occhiali, di quelli senza bordo intorno alle lenti, ma solo con le stanghette,
un tipo molto fine; se li tolse, posandoli sul tavolo.
"Buonasera." Gli disse con un sorriso.
"Buonasera..." Rispose Orlando, con lieve
imbarazzo; in effetti, stava pensando se andarsene.
"Che fa da queste parti?" Gli domandò la
ragazza, scostandosi un po' dal tavolo e accavallando le gambe; portava jeans
chiari e una maglietta verde semplice, era scalza, ma non fu difficile
intravedere un paio di sabot sportive abbandonate sotto il tavolo.
"Beh... mi annoiavo..." Ammise il ragazzo
massaggiandosi la nuca; quella sera lei sembrava decisamente più giovane.
"E lei?"
"Io stavo riguardando i miei giudizi, e..."
Indicò lo schermo. "...finivo un articolo."
"Ah..." Fece solo Orlando, poi si avvicinò,
andando a sedersi accanto alla ragazza. "A proposito..." Riprese.
"...ero curioso, e sono andato a leggermi qualcuno dei suoi
articoli." Josephine sembrò sorpresa, per un attimo.
"Mi fa piacere." Reagì infine, giungendo le
mani sul piano del tavolo; lo sguardo dell'attore vagava un po' in giro, e si
accorse che sulle lenti degli occhiali della ragazza c'era un piccolo cuoricino
luccicante, dove si congiungeva la stanghetta. "Che mi dice?"
L'interrogò lei; Orlando alzò gli occhi e incrociò quelli grigi della donna.
"Ecco..." Esordì. "...da una parte
sono contento, perché ho capito che il suo giudizio su di me non è una
questione personale, visto come ha infierito sul altri stimati
colleghi..." Josephine fece un piccolo sorriso sarcastico. "...ma ho
anche scoperto una cosa..." Continuò con sguardo indagatore.
"E cioè?" L'incitò la ragazza, sistemandosi
i capelli dietro la schiena; lui sorrise.
"Che lei è veramente stronza." Affermò
sicuro; Josephine rise, reclinando indietro la testa e scoprendo un collo che
pareva opera di uno scultore in stato di grazia.
"Dovevo esserlo." Spiegò divertita.
"Altrimenti non mi avrebbero presa, per un incarico così
prestigioso."
"Hm..." Commentò Orlando scettico. "Ad
ogni modo..." Riprese continuando a guardarla, e a lei non dispiaceva
quello sguardo vellutato su di se. "...ho letto anche la sua rubrica sui
classici." Josephine sorrise. "Sembra che lei abbia una vera e
propria passione per Charlie Chaplin." Dichiarò, appoggiando la guancia su
una mano sollevata, come per osservarla meglio.
"Lo adoro, semplicemente!" Proclamò Josie,
enfatizzando la dichiarazione con un gesto. "Il suo spirito iconoclasta,
la sua incredibile fisicità, la sua poesia..." Orlando la scrutava rapito,
aveva una luce davvero affascinante negl'occhi, mentre parlava di quelle cose.
"E i vecchi noir?" Le domandò a bruciapelo;
lei si girò con un sorriso soddisfatto.
"E' un'altra mia passione, ma credo che lo abbia
letto negli articoli." L'attore annuì, reggendosi il viso, mentre era
mezzo sprofondato sulla poltroncina. "I miei preferiti sono Il Grande
Sonno e La Fiamma del Peccato."
"Piacciono molto anche a me." Dichiarò
Orlando. "Non mi meraviglio, che una con questi gusti non abbia amato
Troy."
"Non mi fraintenda..." Disse Josephine,
sistemandosi meglio sulla sedia. "Posso parlarti con sincerità e dandoti
del tu?" Gli chiese poi, posando un braccio sul suo; quel contatto provoco
in Orlando una specie di brivido, annuì. "Io non dico che Troy non sia un
buon pop-corn movie, o che non si merita di essere campione d'incassi..."
Continuava a tenergli la mano sul braccio. "...soltanto che, con in mano
un testo del genere, e io l'ho letta diverse volte l'Iliade, si poteva tirare
fuori un capolavoro, e invece è un peplum qualsiasi." Orlando l'ascoltava
affascinato. "E non sono stata crudele nella recensione per partito preso,
è solo che ero un po' arrabbiata, e specialmente con te."
"Con me? E perché?" Intervenne il ragazzo
stupito; Josie tolse la mano e sospirò.
"Vedi..." Disse poi, senza guardarlo.
"...il fatto è che, la tua prestazione mediocre, mi ha delusa."
Confessò; lui spalancò gli occhi allibito, sembrava davvero rammaricata.
"Mi aspettavo molto di più da te, soprattutto alla luce delle
interpretazioni precedenti, e ci sono rimasta male, è stato come vederti buttar
via il tuo talento."
"Io... io non capisco..." Balbettò il
ragazzo incredulo.
"No, tranquillo." Fece Josie, stavolta
posando la mano su quella di lui e stringendo con fare rassicurante. "Mi
rendo conto di non avere alcun diritto di riporre delle aspettative in te, ma è
stato, in un certo qual senso, inevitabile..."
"Io credevo che mi odiassi!" Esclamò
Orlando, ancora un po' sconvolto.
"Non l'ho mai detto questo." Affermò lei,
divertita.
"Oddio..." Mormorò l'attore, appoggiandosi
di nuovo allo schienale. "...ora mi sento in colpa per tutte le cose
orrende che ho pensato su di te..." Josie rise, la guardò male.
"Lascia stare." Gli consigliò la ragazza
tranquilla. "Io ho scritto cose brutte su di te, tu ne hai pensate di
peggio su di me, siamo pari, ricominciamo da capo." Aggiunse poi; Orlando
la guardò, storcendo la bocca. "Piacere, sono Josephine McArthur, ma puoi
chiamarmi Josie." Si presentò infine, porgendogli la mano con un sorriso;
dopo un attimo di riflessione, il ragazzo la prese e la strinse.
"Io sono Orlando Bloom, non chiamarmi Orlie."
Rispose accennando a sua volta un sorriso.
Dopo quella ripresentazione, le cose cominciarono ad
andare meglio, entrambi si erano resi conto di essere partiti col piede
sbagliato all'inizio; Josie pensò che era meglio scendere per un po' dal suo
piedistallo di algido sarcasmo, che poi era una vera e propria protezione,
mentre Orlando cominciava a smantellare un muro di sfiducia che lui per primo
non aveva troppa voglia di tenere ancora su. Fu con queste premesse che
riuscirono perfino a trovare un accordo sul film da premiare.
La sera del gala finale, Josie era splendida: aveva
indossato un abito lungo color pesca, molto chiaro, con corpetto rigido, senza
spalline, che si apriva in una gonna a veli; questi si aprivano, per mostrare
altri veli di tonalità via via più scure. I capelli erano acconciati in
un'elaborata pettinatura, e sulle spalle portava una stola dello stesso colore
del vestito.
Orlando rimase molto colpito da quella mise,
soprattutto dallo stile con cui lei la portava; dopo averla salutata le porse
il braccio, che la ragazza accettò sorridendo, e insieme entrarono nel salone
dovei si sarebbe svolta la cerimonia.
Fu una bella serata, i premiati fecero dei discorsi
di ringraziamento, e parlò anche il presidente di giuria; Orlando premiò la migliore
attrice.
Quando il clamore della festa si era quasi attenuato,
verso l'una di notte, Orlando decise di andare a prendere una boccata d'aria;
arrivato alla vetrata si sfilò la cravatta, mettendola in tasca, e si slacciò i
primi due bottoni della camicia. Uscendo si trovò davanti l'area della piscina,
che era illuminata solo dalle luci subacquee e da quelle che venivano dal
salone; non fu comunque difficile individuare Josie, seduta su una delle sdraio
sistemate lungo il bordo.
"Ciao." La salutò, avvicinandosi; lei alzò
gli occhi sorpresa.
"Ciao." Gli rispose, mentre lui si sedeva
sul lettino a fianco.
"Prendi un po' d'aria fresca?" Le chiese;
la ragazza ci pensò un attimo, alzando gli occhi.
"C'è un buon profumo." Rispose infine;
lesse una vaga perplessità nello sguardo dell'attore, così sorrise, poco dopo
lo fece anche lui.
"Devo farti i complimenti per il vestito."
Josie si guardò, sistemando lo scollo. "E' davvero bello." Aggiunse
il ragazzo.
"Grazie." Replicò lei, tornando ad alzare
il viso su di lui. "Anche tu stai bene."
"Hm..." Si aggiustò la giacca grigio scuro,
leggermente traslucida. "Non mi piace indossare lo smoking, mi sembra
troppo istituzionale." Spiegò.
"No, è meglio così, e poi non ti vedo col
farfallino." Ribatté la ragazza. "Ti preferisco con la
cravatta..." Ma poi si accorse di quanto era sexy quella camicia
slacciata. "...anzi, senza." Orlando sorrise compiaciuto.
Josie si rimise a guardare l'orizzonte, e Orlando si
rassegnò a fare lo stesso, ma, in quanto maschio, il suo sguardo tendeva a
tornare spesso sull'elegante figura femminile seduta accanto a lui; forse la
ragazza si era accorta di qualcosa, o soltanto non era abituata a quel tipo di
abito, però continuava a sistemarsi la scollatura, cercando di tirare su il
profondo balconcino. Infine, quasi fosse arresa, sospirò, mentre aggiustava la
stola sulle spalle.
"Domani devo fare le valige, sarà meglio che
vada a letto." Affermò, alzandosi, senza guardare l'attore.
"Buonanot..." Gli stava rispondendo lui, ma
la ragazza, fatto un passo, inciampò nell'orlo del vestito, ricadendo seduta;
solo che ora si era spostata, perciò si ritrovò praticamente sulle ginocchia di
Orlando.
Si guardarono negl'occhi per un lungo momento; il
riverbero azzurro dell'acqua della piscina si rifletteva su di loro, i rumori
della festa erano lontani. Cazzo, ma che profumo ha? Mi sta entrando nella
testa... o forse sarà lo champagne che ho bevuto... pensò il ragazzo.
Josie, invece, si era accorta solo da un secondo che,
per sostenerla, lui le aveva passato una braccio intorno alla vita, e a quel
punto sarebbe stato un attimo, dare retta a Franny... Ma che sto pensando?!
Sono uscita di testa, e poi... Oddio, con la gamba gli sto sfiorando il... Oh
Dio! Pensare questo e scattare in piedi fu quasi tutt'uno.
"Scu... scusa..." Balbettò la ragazza,
sistemando la gonna un po' arruffata.
"No, non è niente, non ti preoccupare..."
Rispose imbarazzato Orlando, alzandosi a sua volta.
"Beh, ora vado davvero." Dichiarò decisa
lei. "Buonanotte." Gli disse e si allontanò frettolosamente verso
l'albergo.
"Buona..." La vide già entrare nel salone.
"...notte..." Deluso sospirò, tornando a sedersi.
Il giorno dopo, sull'aereo che lo riportava a Los
Angeles, Orlando rivide Josie; era seduta anche lei in prima classe, circa a
metà strada tra il suo posto ed il corridoio del bagno. Il ragazzo, di ritorno
dalla toilette, si sedette nel posto libero accanto a lei. Il critico lo guardò
stupita, lui le sorrise soddisfatto.
"Questo posto è occupato." Gli disse Josie.
"Sì, adesso è occupato da me!" Rispose
allegramente Orlando; lei storse la bocca. "Begli orecchini." Affermò
però lui, sfiorandole i pendenti di opale in stile etnico.
"Grazie." Replicò, aggiustandosi i capelli
sciolti dietro l'orecchio. "Sono solo un omaggio alle mie origini."
Spiegò poi; il ragazzo fece un'espressione interrogativa. "Nella famiglia
di mio padre c'è sangue cherokee."
"Ahh..." Fece lui, annuendo. "Ora si
spiegano gli zigomi alti ed i capelli lisci e folti." Poi la osservò
attentamente per qualche secondo. "Comunque, si vede che hai qualcosa
d'indiano..."
"Nativo." Lo interruppe Josie.
"Preferisco chiamarli come meritano, anzi ci tengo."
"Sei Liberal?" Le domandò allora Orlando,
incuriosito.
"Beh, sai..." Esordì Josie, stringendosi
nelle spalle. "...quando sei cresciuto con certi ideali e idee, tendi a
portarteli dietro tutta la vita."
"I tuoi erano hippy?" Chiese il ragazzo,
sempre osservandola; lei sorrise, posando il mento sulla mano sollevata, ora lo
guardava negl'occhi.
"Mio padre era molte cose, un giornalista, militante
pacifista, un nomade, che faceva della tolleranza la sua bandiera."
Raccontò. "Mia madre, invece, è una divulgatrice, scrive libri di cucina e
vive in Provenza." Orlando rise, aveva proprio una bella risata.
"Hai una famiglia particolare!" Esclamò
divertito. "Perché tua madre vive in Provenza?" Lei alzò le
sopracciglia, prima di rispondere.
"Perché c'è nata, mia mamma è francese."
Rispose semplicemente.
"Hum... un bel mix, un critico cinematografico
liberal, con sangue cherokee e una madre francese..." Commentò il ragazzo,
con scherzosa riflessività; lei sorrise, era buffo.
"Mi scusi." Fece una voce, attirando
l'attenzione di Orlando con un lieve tocco sulla spalla. "Questo sarebbe
il mio posto." Gli disse un uomo corpulento, con aria infastidita.
"Guardi..." Rispose l'attore, sporgendosi
sul bracciolo. "...le ho lasciato un posto un po' più avanti, vede quel
ragazzo coi capelli biondi?" Aggiunse, con una faccia di bronzo che faceva
innamorare; il tizio diede uno sguardo, poi tornò a dedicarsi a lui.
"Il mio posto è questo." Insisté.
"Capisco che lei preferisca stare seduto accanto
ad una bella ragazza come questa..." Indicò Josie. "...ma le assicuro
che il mio assistente è un tipo simpatico, suvvia, è sempre un posto di prima
classe!" Replicò Orlando con tono ruffiano e accondiscendente.
"Smettila!" Sbottò la ragazza, senza
nascondere il divertimento.
Insomma, il ragazzo tanto fece e tanto pregò che,
infine, convinse il tizio robusto a spostarsi al suo posto; fu così che rimase
per il resto del viaggio, per altro piuttosto breve, seduto a fianco di
Josephine. Continuarono a parlare e a ridere per tutto il tempo. Josie scoprì
che, dietro all'apparenza del divo del cinema, c'era un ragazzo simpatico,
spontaneo, un po' pazzerello, e a tratti leggermente infantile; Orlando si rese
conto che lei era una donna veramente notevole, acuta e intelligente, con un
sacco di cose da dire, ma soprattutto dotata di un fascino quasi magnetico,
probabilmente dovuto allo strano miscuglio di razze da cui originava.
Arrivati all'aeroporto, Orlando fu preso da un
attacco di malinconia all'idea di dover salutare Josie; si era trovato così
bene, parlando con lei, durante quel breve volo, che gli sembrava di conoscerla
da sempre. Certo, c'è una bella differenza tra conoscere, veramente, una
persona da tempo, ed il farlo in realtà da meno di una settimana, ma lui non si
poneva il problema.
Recuperate le valige, arrivò veramente il momento dei
saluti; la ragazza aveva posato la sua valigia su un carrello e, con in mano
solo la borsetta di paglia intrecciata turchese, aspettava che fosse lui a fare
il primo passo. Ma Orlando taceva.
"Beh... allora arrivederci." Salutò infine
Josie, sorridendogli. "E non mi deludere, col prossimo film." Gli
disse imperiosa; lui sorrise.
"Non ho intenzione di farlo." Replicò poi,
deciso; lei gli fece un ultimo sorriso, quindi si girò.
Fatto un passo verso il carrello, si sentì afferrare
una mano; Josie si voltò, trovando Orlando con un'espressione indecifrabile. Lo
guardò, con espressione interrogativa.
"Ecco... ci vediamo, eh?" Le disse, con
tono quasi supplichevole; lei era un po' sorpresa.
"Sì..." Rispose titubante.
"...certo..." Aggiunse annuendo, sentiva di doverlo in un certo senso
rassicurare. "Ciao." Lo salutò infine, quindi si allontanò, ma quella
scena non la convinse e le rimase impressa.
"E così ti ha preso la mano?" Fece Franny,
mentre si gustava la sua porzione di gelato nel salottino-serra di Josie, due
pareti a vetrate e piante ovunque.
"Eh, sì." Rispose l'amica annuendo, mentre
spruzzava col nebulizzatore la sua orchidea messicana dai fiori viola.
"Che vuol dire, secondo te?"
"Che vuol dire?! Te lo dico io!" Esclamò
l'altra. "Dagli spago..." Josie si girò incuriosita. "...è un
po' di banana inglese non te la leva nessuno, dolcezza!" La ragazza mora
fece una faccia scandalizzata, poi le spruzzò il viso. "Oh, ma che cazzo
c'è lì dentro!" Protestò Fran.
"Acqua." Rispose Josie con noncuranza.
"Anzi, mi conservi qualche mozzicone di sigaretta..." L'amica fece
una smorfia, odiava che lei criticasse il suo vizio. "...che fatti macerare
in acqua, e poi spruzzati, tengono lontani gli acari delle piante."
"Vedi che anche il fumo serve a qualcosa?" Buttò
lì Franny, cui scocciava parecchio non poter fumare a casa dell'amica.
"Non ai tuoi polmoni, tesoro." Replicò Josie,
sedendosi; Fran fece una smorfia.
"Piuttosto, parliamo di quell'inglesino..."
Riprese poi, provocatoria, con fare cospirativo, come se dovesse scoprire
chissà quali segreti.
"Ma che vuoi che ti dica!" Sbottò Josie,
fingendosi offesa, ma il sorrisetto la tradiva. "Se abbiamo parlato per
dieci minuti!"
"Sì." Annuì l'altra, scuotendo i suoi capelli
ora viola. "Dieci minuti nella saletta, dieci al bordo della piscina,
dieci sull'aereo... e fanno già mezz'ora, mia cara!"
"Dai, ma cosa vuoi che sia mezz'ora!" Ribatté
Josie ridendo. "Non è certo sufficiente a conoscere una persona."
Aggiunse sventolando elegantemente una mano.
"No, certo, ma conoscendoti, un'idea te la sei fatta
di sicuro." Ipotizzò Fran, che sapeva bene quanto fosse sviluppata
nell'amica la capacità di giudicare le persone alla prima occhiata, raramente
sbagliandosi.
"Beh..." Fece vaga lei. "...è simpatico,
molto carino, ma ho paura che sia anche abbastanza infantile, del resto è anche
il suo tipo di vita che..."
"Questo mi sembra sufficiente, per un'appassionata
avventura erotica." Dichiarò Franny, interrompendo la disamina; Josie la
guardò allibita. "L'attrezzatura com'è?"
"Per favore!" Esclamò l'altra. "Cosa vuoi
che ne sappia io?!"
"Vuoi sostenere che non gli hai dato nemmeno
un'occhiatina al pacco?!" Replicò incredula l'amica.
"Fran!" Fece Josie ridendo.
"Su, ti conosco, ci hai guardato, lo so."
Affermò seria l'amica, ammiccando; l'altra si mise a guardare altrove, evitando
gli occhi di Franny.
"Ecco, diciamo..." Ammise infine. "...che,
così ad occhio... sembra messo piuttosto bene..."
"Ahahhh, lo sapevo!" Proclamò entusiasta la
ragazza dai capelli viola. "Allora, ce lo fai un pensierino?" Le
chiese quindi.
"Non così, mi abbasso al livello di Cary in questo
modo." Affermò seria. "Prima lo dovrei mollare..." Aggiunse
pensierosa.
"E che cosa aspetti?" Domandò tranquillamente
Franny; se lo chiedeva anche lei, forse era arrivato il momento.
Orlando e Dominic erano impegnati in un’agonizzante
partita di squash; chiusi nel quadrato del campo, sudati come cavalli,
inseguivano la pallina a perdifiato. La sfera di gomma rimbalzò di nuovo contro
il muro, violenta, e si diresse implacabile verso Dom, che non riuscì a
respingerla con la racchetta, così fu colpito al fianco.
"Cazzo, ora basta!" Imprecò secco l'attore, dirigendosi
minaccioso verso il compagno. "Smetti di prendermi a pallate, sennò ti
spacco la racchetta sulla testa!"
"Oh, ma quali pallate?!" Replicò Orlando
piccato. "Sei te che non sai giocare!"
"Io so giocare perfettamente." Dichiarò compito
Dom. "Se qui c'è qualcuno con la testa tra le nuvole, quello sei tu!"
"No, caro, io sono presentissimo, ma non avendo un
avversario all'altezza tendo a non impegnarmi più di tanto..." Ribatté
l'altro con una smorfia.
"Oh, mister Wimbledon, non te la devi rifare mica con
me, se sono mesi che non trombi!" Sbottò Dom sarcastico. "Fatti una
sega e calmati."
"Mi sa, che di seghe, te ne sei fatte un po' troppe
te." Ipotizzò ironico Orlando. "Dato che non vedi le palline
arrivarti addosso..."
"Ah ah ah." Rise acido l'amico. "Sempre
meglio il vecchio solido fai da te, che trombare un'attrice intrappolata nel
corpo di un tronco!"
"Non
offendere Kate!" Esclamò subito Orlando.
"Vedi che hai capito subito a che tronco mi
riferivo..." L'amico stava per ribattere nuovamente, quando lui
l'interruppe. "Allora, mi vuoi dire che c'è?"
Orlando sbuffò, ravviandosi i capelli madidi, che teneva
su con una fascetta da tennista messa a mò di passata, poi si diresse verso il
fondo della stanza e si sedette sugli scalini; Dom lo seguì, imitandolo.
Bevvero quasi tutte le bottiglie che si erano portati.
"Ecco..." Esordì infine Orlando. "...c'è
questa ragazza, che non è esattamente il mio ideale di donna, fisicamente,
anche se è una bella fica..."
"Che vuol dire, che non è il tuo ideale di donna? Una
bella fica è sempre l'ideale di un uomo! O non mi vorrai dire che se ti
piacciono le bionde, e arriva una come Monica Bellucci tu dici: no, che
cesso?!" Commentò sorpreso l'amico.
"Non volevo dire questo..." Tentò d'intervenire
Orlando, alzando un dito.
"Io me la tromberei la Bellucci." Dichiarò serio
Dom, poi bevve l'ennesimo sorso.
"Sai che rivelazione!" Sbottò l'amico. "Ti
tromberesti perfino un tubo di gomma!"
"Non mi sembra un paragone calzante." Fece lui
indispettito.
"Ma parlavamo di me." Ricordò Orlando.
"Già!" Esclamò l'amico. "Ti piace questa
tipa, dicevi."
"Beh..." Mormorò l'altro dubbioso. "...mi
piace... non saprei dire..." Continuò titubante. "E' che non mi era
mai successo, di trovare una donna sexy per quello che dice, e non per come si
mostra..." Ammise guardando avanti. "Certo è bella, non dico che non
lo sia, affascinante, sofisticata..."
"Oh, oh, aspetta un attimo!" Lo bloccò Dominic.
"Non mi verrai a dire che ti arrapano i suoi discorsi?!" Gli chiese
allarmato.
"No, la fai troppo semplice." Replicò l'amico.
"Sono anche le parole, il linguaggio, ma soprattutto è come parla, la sua
voce, il modo in cui muove le mani..." Spiegò gesticolando.
"Dimmi che le hai guardato le tette!" Lo
interruppe l'altro, prendendogli un braccio. "Dimmelo!" Orlando lo
guardò aggrottando la fronte.
"L'ho fatto sì!" Rispose poi, annuendo.
"Vedessi che roba, ha un corpo da manuale!"
"Oddio, grazie!" Esclamò Dom, levando gli occhi
al soffitto e sventolandosi con la mano. "Orlando, amico mio."
Riprese poco dopo, tornando a guardare lui. "Dammi retta, non t'innamorare
di una donna più intelligente di te."
"Perché mai?" Domandò incuriosito l'amico.
"Perché quella ti si rigira come un calzino."
Sentenziò l'altro ragazzo, serio. "Sono meglio quelle gestibili."
"Ma guarda, non ti preoccupare." Lo rassicurò
Orlando. "Questo problema non lo considero proprio, io ho Kate."
Aggiunse sicuro.
"Sei rincoglionito, o che?" Fece Dom,
fissandolo; lui lo guardo sorpreso. "Fino a cinque minuti fa mi parlavi,
con occhi luccicanti, di un'altra." Non se n'era assolutamente accorto,
però aveva ragione il suo amico, lo aveva fatto davvero...
Josie uscì dalla serra, senz'altro la sua stanza preferita
della casa, dopo il bagno del piano superiore; camminò lentamente fino al
tavolo e ci posò sopra lo spruzzatore, rumorosamente. Il suo fidanzato, appena
rientrato, sobbalzò voltandosi, mentre si dirigeva nello studio.
"Oh, tesoro!" Esclamò con un sorriso. "Mi
hai fatto paura." Si vede che non hai la coscienza pulita, ciccio bello...
pensò lei.
"Dobbiamo parlare, Cary." Gli disse la ragazza.
"Ma vedi, amore, sono abbastanza in ritardo, ho una
cena che..."
"Hm, fai come vuoi." Ribatté Josie, stringendosi
nelle spalle. "Possiamo parlare ora, oppure, quando torni troverai la
serratura e il codice dell'allarme cambiati." Aggiunse con calma; lui fece
una faccia preoccupata.
"Parliamo, in fondo cosa vuoi che sia qualche
minuto..." Mormorò poi.
Si misero seduti al grande tavolo da pranzo di mogano,
l'uno davanti all'altra. Cary era un quarantenne in forma, capelli chiari,
occhi azzurri, da più giovane doveva essere stato un perfetto esemplare del
California Boy; sapeva di essere un bell'uomo, e ci marciava.
"Il fatto è che..." Esordì Josie.
"...questa situazione mi pesa." Lui l'ascoltava attento, con la fronte
aggrottata. "La nostra storia si sta sgretolando, è diventata povera, noi
due, Cary, non abbiamo più nulla da darci." Spiegò la ragazza.
"Non capisco che cosa intendi, tesoro." Le disse
l'uomo.
"Prima di tutto, che mi danno fastidio questi
nomignoli, come tesoro, cara e amore." Replicò Josie glaciale.
"Specie se detti da un uomo che non si sogna di fare l'amore con me da un
bel pezzo." Cary spalancò la bocca, quasi offeso.
"Ma come, sarà stato la settimana scorsa!"
Esclamò poi, contrito.
"Guarda, non con me..." Negò lei, con un sorriso
sarcastico. "...io ero a Palm Springs."
"Oh, beh, mi sarò sbagliato..." Tentò di
rimediare lui, già più agitato. "...sarà stata la settimana prima..."
"No, Cary." Affermò tranquillamente la ragazza.
"Sono più di due mesi che non mi tocchi." L'espressione dell'uomo
mostrava sincera meraviglia, ma lei non si faceva incantare. "Lo vedi che
ormai siamo agli sgoccioli, io ho vissuto un periodo bellissimo con te, e non
potrò mai ringraziati per quello che hai fatto per me..." Continuò seria,
si era studiata la parte. "...ma prima che finiamo per odiarci, è giusto
chiudere."
Cary sospirò, chinando gli occhi sulle mani giunte che
teneva sul piano scuro del tavolo. Ora fa l'uscita teatrale, sei prevedibile
come la merda, Cary... L'uomo rialzò lo sguardo.
"Hai ragione Josie." Mormorò mestamente.
"E' inutile tirare ancora una corda ormai logorata, farci del
male..." Proclamò scuotendo rammaricato il capo. "...forzare un
rapporto che è arrivato al capolinea." Perfetto, lo aveva portato proprio
dove voleva, e il bello era che lui pensava di avere in mano la faccenda; la
guardò negl'occhi. "Vuoi che mi trasferisca nella camera
degl'ospiti?" Le chiese.
"A dire il vero..." Rispose la ragazza.
"...preferirei che te ne andassi da casa, del tutto." Cary sgranò gli
occhi stupito. "So che hai un altro appartamento, i conti te li potevi
anche far mandare in ufficio." Aggiunse implacabile; quando lui accettò di
andarsene, la ragazza trattenne a stento le esultanze, mentre faceva le valige.
Adesso era sola, nella grande casa piena di vetrate,
costruita dal suo ex (lo pensò con una certa soddisfazione) fidanzato, e
regalata a lei dallo stesso all'inizio della loro relazione; Josie si guardò
intorno soddisfatta, amava quella casa, era stato proprio il suo entusiasmo a
convincere Cary ad intestargliela. Guardò verso la porta dello studio: cosa
avrebbe potuto farne di quella stanza? Un'altra serra, così da poter finalmente
coltivare sul serio le sue amate orchidee? Perché no! Oppure una sauna, ci
avrebbe pensato meglio in seguito.
Intanto, quella sera era la terza che passava a casa da
sola, dopo la rottura; i primi due giorni erano passati abbastanza bene. La
prima sera era venuta Franny, che aveva voluto festeggiare la riconquistata
libertà dell'amica con torta gelato e un film porno, avevano riso fino alle
lacrime; la seconda aveva avuto una cena di lavoro, ed erarientrata tardi. Quella era effettivamente
la sua prima notte da sola; da quando era arrivata a Los Angeles non era mai
stata veramente sola, prima aveva vissuto con Franny e poi con Cary. Le prese
una strana botta di malinconia, e non lo voleva di certo.
"Ma sì!" Si disse, alzandosi dal divano; aveva
appena preso una decisione.
Salì in camera e si mise un vestito abbastanza sexy, a
sottoveste, nero con inserti geometrici rosa e arancio, scollato e corto; ai
piedi mise un paio di sandali alla schiava, neri, allacciati in basso alle
caviglie. Tirò su i capelli in uno chignon arruffato e si truccò un po'; scese
di nuovo, prese la borsetta ed uscì.
Orlando si stava annoiando a morte; scansando le persone
che ballavano ai lati della pista, lasciò la zona discoteca del locale, non si
respirava e c'erano sempre le solite facce. Decise di andare al bar a bere
qualcosa; Dom lo aveva perso da almeno un'ora, ma non si meravigliava, vista
l'attrezzatura della rossa con cui si era presentato quella sera.
L'attenzione del ragazzo, però, arrivato vicino al
bancone, fu attirata da qualcosa di meglio: un paio di gambe A.M.M.A. (Aprite
Mi Manca l’Aria- N.d.Dom) svettavano da uno degli sgabelli; la ragazza mora cui
appartenevano era seduta di spalle. Ora ci attacco bottone, speriamo che non
sia un rospo di faccia... pensò Orlando avvicinandosi.
"Ciao!" La salutò, sfoggiando il suo migliore
sorriso; lei si girò incuriosita, ma quando lui la riconobbe, gli venne da
sotterrarsi. "Josephine?" Fece sorpreso.
"Ciao Orlando." Rispose la ragazza. "Che
fai qui?" Gli chiese poi; il ragazzo era un attimo disorientato: era
sempre elegante, ma quella sera era anche spaventosamente sexy.
"Hem..." Biascicò, cercando di ricordarsi cosa
gli aveva chiesto. "Io? Vengo spesso in questo locale... E tu, cosa
fai?" Riuscì infine a reagire.
"Io festeggio." Rispose lei, alzando il suo
bicchiere quasi vuoto.
"E che cosa festeggi?" Continuò Orlando, recuperando
la sicurezza con un sorriso e sedendosi con nonchalance sullo sgabello a
fianco, libero per miracolo; Josie rifletté per un attimo, osservando il
cocktail.
"Celebro la rottura con Cary." Disse infine,
bevendo quello che rimaneva del liquore.
"Ah." Fece Orlando interessato, avvicinando un
po' il suo sgabello, cosa di cui lei non si accorse. "E festeggi bevendo
margarita?" Le chiese, indicando il bicchiere.
"Perché?" Replicò sorpresa Josie, alzando il
calice. "A me piace il margarita."
"Beh, ma è universalmente riconosciuto come il
cocktail delle donne depresse!" Esclamò divertito l'attore. "Tu non
sei depressa, vero?" La ragazza negò col capo.
"Cosa dovrei bere, allora?" Gli domandò; lui le
fece un sorriso furbo e seducente, poi si girò verso il bancone.
"Barman, champagne!" Ordinò allegramente.
"No, dai!" Esclamò lei, ridendo. "Ho già
bevuto due margarita, mi vuoi far andare gambe all'aria?!" Orlando tornò a
guardarla, piegando un po' la testa sulla spalla, con il solito sorriso sexy;
la sua camicia si aprì un po' di più, mostrando molto del suo petto.
"Non è mica una cattiva idea..." Mormorò
malizioso, guardandola negl'occhi.
Tre ore, e molto champagne e tequila, dopo, i due
lasciarono il locale; avevano bevuto, parlato e riso molto, era stata decisamente
una bella serata. Usciti all'aperto, si resero conto, nonostante i fumi
dell'alcool, che gli sarebbe piaciuto stare ancora insieme.
"Uh, oddio!" Fece Josie ridendo e passandosi una
mano sulla fronte. "Temo di essermi presa una bella ciucca!" Però sembrava
ancora sufficientemente lucida, a parte il fatto che rideva per nulla.
"Però reggi bene." Commentò Orlando, che invece
sembrava quasi sobrio e le stava davanti, ammirando quel vestito che certo non
lasciava molto spazio alla fantasia.
"Sì, credo..." E rise, mentre tentava di
mettersi il giacchino nero. "Era dai tempi di Harvard che non bevevo
così!" Raccontò.
"Ad Harvard si fanno queste cose?!" Chiese
stupito lui, aiutandola; la ragazza lo lasciò fare.
"Tu non hai idea di cosa si fa in quei dormitori..."
Rispose maliziosa; nel frattempo Orlando si era spostato davanti a lei, e le
sorrise con complicità.
Rimasero a guardarsi negl'occhi per qualche istante; lui
indugiava con quel sorriso, un po' dolce e un po' birichino, che gli faceva
brillare gli occhi. Lei ricambiava, e Orlando non sapeva se la luce, in quelle
iridi d'acciaio, fosse dovuto alla sbronza o a qualcos'altro.
"Sei in macchina?" Le domandò infine il ragazzo.
"No." Rispose Josie, spostando gli occhi e
aggiustandosi i capelli; Orlando aveva già capito che lo faceva quando era
nervosa. "Avevo messo in conto di bere un po' di più, così sono venuta in
taxi, adesso ne chiamo..."
"Non importa." L'interruppe l'attore. "Ti
accompagno io." Aggiunse dolcemente; lei si fece pensosa, con espressione
scettica.
"Mi fiderò." Disse poi. "Non sembri brillo
come me."
"Scherzi?" Replicò Orlando, avviandosi verso il
parcheggio. "Io sono inglese, la prima birra l'ho bevuta a otto
anni!"
In macchina continuarono a dire scemenze e a ridere; non
che fossero propriamente ubriachi, specie Orlando, ma l'alcool li aveva messi
di buonumore. E aveva sciolto la lingua a Josie. La ragazza gli raccontò tutta
la sua storia con Cary, che, condita dal suo sarcasmo, diventò la sceneggiatura
di un'acida commedia politicamente scorretta; l'attore si meravigliò di quando
sottile potesse essere l'umorismo del critico, nonostante non fosse del tutto
sobria.
"Questa non è la strada per casa mia." Affermò
ad un certo punto Josie, guardando fuori dal finestrino. "Stai sbagliando,
accendi il navigatore." Gli consigliò.
"No!" La bloccò lui, vedendo che stava per
accendere l'apparecchio. "Scusa... cioè, non è la strada giusta,
ma..." Continuò imbarazzato. "...pensavo che magari potevamo farci il
bicchierino della staffa..." Le propose.
E adesso cosa ha in mente questo? Si disse Josie,
osservandolo insospettita; beh qualunque cosa avesse in mente, era molto
piacevole stare con lui, anche forse era una sensazione dovuto agli alcolici
che aveva mandato giù.
"Hm..." Fece allora. "...non è una cattiva
idea, anche se avrei più bisogno di un bel caffè." Orlando le sorrise
contento e ingranò una marcia superiore.
Il ragazzo parcheggiò la macchina lungo il vialetto di una
casa, poi aiutò Josie a scendere; le girava un po' la testa ed i suoi tacchi
alti non l'aiutavo di certo. La donna si guardò intorno, mentre si sistemava
una spallina del vestito.
"Non vieni?" Le chiese Orlando, che si dirigeva
verso la porta della villetta.
"Sembra Malibù." Affermò la ragazza, girandosi
verso di lui con aria confusa; lui rise appena.
"Forse perché lo è." Ribatté tranquillo, poi
aprì; Josie lo seguì dentro.
Il grande salone principale era illuminato solo da luci
basse e calde e dal riflesso della luna sul mare, che filtrava dalle vetrate in
fondo. Josie si tolse il giacchino e lo posò, insieme alla borsetta su una
delle poltrone davanti al caminetto; Orlando, nel frattempo, si era avvicinato
al mobile bar, piegandosi per prendere i bicchieri.
"Che cosa vuoi ber..." Fece, girandosi mentre si
alzava; se la ritrovò a pochi centimetri, che sorrideva, rimase imbambolato.
"Fai un po' tu." Gli rispose. "Dov'è il
bagno?" Gli chiese poi; ondeggiava lievemente.
"Hm... in fondo a destra..." Josie rise,
coprendosi la bocca con le dita.
"Chissà perché il bagno è sempre in fondo a destra?!"
Disse ridendo. "Oddio, come sto!" Affermò poi, portandosi le dita
alla fronte; Orlando corrucciò la fronte.
"Devi vomitare?" Le domandò un po' preoccupato;
lei scosse il capo.
"No." Rispose. "Devo fare pipì." E si
allontanò verso il corridoio, però, fatti alcuni passi, si girò di nuovo verso
di lui, oscillando sui tacchi. "Comunque non è bello, domandare a qualcuno
se deve vomitare." Aggiunse con l'indice alzato, poi riprese a camminare.
Durante in minuti che Josie passò in bagno, Orlando
rifletté sui suoi prossimi passi; forse non era stata esattamente una grande
mossa, portarla lì, ma aveva agito in modo abbastanza irrazionale, come gli
capitava spesso nei confronti di quella donna. Sarà stato l'alcool, che anche
lui aveva in circolo, sarà stata l'incoscienza o l'attrazione che provava per
lei, ma decise cosa fare. La ragazza, nel frattempo, nel grande bagno, davanti
allo specchio con le mani posate sul bordo del lavandino, rifletteva sul fatto
di essere abbastanza alticcia, ma non tanto da fare quello che non voleva; il
problema era che lei sapeva cosa voleva, lei desiderava quel ragazzo
terribilmente sexy che c'era di là, e se lui ci provava, lei non avrebbe detto
di no. Ragionava anche sul fatto che, da sobria, si sarebbe saputa dominare, ma
tanto sobria non era, perciò, fottiti coscienza. Uscì dal bagno e tornò in
salotto.
Trovò Orlando ad aspettarla con in mano due piccoli
bicchieri contenenti un liquido trasparente; le sorrise e gliene porse uno. Si
era tolto la giacca e, Dio, la camicia bianca di lino che indossava era così
leggera che s'intravedeva perfettamente la sua pelle sotto la stoffa; lui,
invece, continuava ad osservare quel vestito corto e fine, che le disegnava
perfettamente la linea del seno e dei fianchi. Si sorrisero.
"Non voglio sapere che cos'è." Dichiarò Josie,
spostando gli occhi sul bicchiere e poi tornando a guardare l'attore.
"Tanto io non te lo dirò." Replicò lui, con uno
sguardo languido; bevvero tutto in un sorso, allo stesso tempo.
"Ahh..." Fece la ragazza, spalancando gli occhi
per la forza del liquore. "E così ci siamo fatti il bicchiere della
staffa." Aggiunse, ma prima che potesse dire altro, si trovò le mani di
lui sul viso e le sue labbra sulla bocca.
Josie, dopo un primo attimo di resistenza, si lasciò
andare, rilasciando il braccio e facendo cadere in terra il bicchiere, che non
si ruppe contro il parquet, ma rotolò a qualche passo da loro; Orlando
esplorava la sua bocca voluttuoso e intraprendente, lei lo lasciava fare,
assecondandolo. Si lasciarono sono quando ad entrambi mancò il fiato; la
ragazza si mise a ridere, scostandosi un po'.
"Baci bene... per essere un sufflé!" Proclamò
ridendo; a quel riferimento, lui non poté che fare un'espressione offesa e
divertita, spostando poi lo sguardo di nuovo su di lei.
La vide osservarlo, con un sorriso sicuro e seducente, da
decisione presa; Josie fece un passo verso il ragazzo, passandogli un braccio
intorno alla vita e uno al collo, quindi fu lei a baciarlo.
I segnali erano chiari, Orlando li conosceva bene; sentiva
chiaramente come Josie si strusciava contro di lui, come muoveva la lingua
nella sua bocca, come cercava di mettere le mani sotto la sua camicia. E allora
le lasciò le labbra, cominciando a baciarle il collo, poi tolse le mani dalla
vita della ragazza e cominciò a carezzarle le spalle e il seno, finché,
assecondato da Josie, non le sfilò il vestito. Salirono le scale continuando a
baciarsi.
La luce cominciava a farsi più chiara, si sentiva
chiaramente il rumore della risacca sulla spiaggia e il verso dei gabbiani;
sarebbe stato anche bello, il risveglio sul mare, se non avesse avuto
quell'orribile sapore in bocca. Josie si girò di lato, sentendo il peso del
braccio di Orlando sull'addome; la cosa più orrenda che ti può capitare, dopo
una notte come quella, è senz'altro di trovarti davanti una foto dove lui (sì,
quel tizio nudo e ancora languido che hai accanto, e che ti ha fatta arrivare
ad un livello dimenticato) sta baciando la sua fidanzata, che non sei tu. La
ragazza sbatté giù la fotografia di Orlando e Kate, sperando di non svegliarlo;
abbastanza infastidita, scostò delicatamente il braccio dell'attore e si alzò
dal letto. Lo guardò, dormiva beato, mostrando la sua bella schiena abbronzata;
era bello, coi capelli sparsi sul cuscino. Josie sospirò, poi si mise a cercare
le sue mutandine; le raccolse e se l'infilò velocemente, mentre raccoglieva
anche il suo reggiseno a balconcino senza spalline.
Scese al piano di sotto silenziosa e solo lì usò il bagno,
lavandosi la faccia e sistemandosi i capelli; tornata nel salone si decise a
guardare l'orologio: erano le sette passate. Raccolse il suo vestito, che era
ancora abbandonato a terra vicino al bar, lo indossò, si rimise i sandali,
prese borsa e giacca, e, cercando di non fare alcun rumore, uscì dalla casa.
Eccoci qua, davanti al nuovo capitolo della mia ennesima, pallosa,
ficcina
Eccoci qua, davanti al nuovo capitolo della mia
ennesima, pallosa, ficcina.^______^
Siccome questo sarà probabilmente l'ultimo capitolo che pubblicherò prima delle
vacanze, volevo approfittarne per ringraziare coloro che hanno commentato,
siete davvero stupende e sono contenta che la storia vi piaccia. Questo
capitolo sarà interlocutorio, ma spero comunque che sia di vostro gradimento,
perciò divertitevi! Ci sentiamo presto, un bacione! Sara
~ Capitolo 4 ~
La famosa entrata degli studi Paramount se l'era ormai
lasciata alle spalle ed ora stava entrando nella palazzina direttiva; si fermò
davanti alla reception.
"Buongiorno, signorina." Disse all'impiegata
carina con gli occhiali; lei rispose al saluto. "Scott Cooper mi sta
aspettando." Le annunciò poi; la ragazza controllò una lista.
"Sì, signor Bloom, lo vedo qui." Rispose.
"Firmi il registro, io le preparo il passy." Così dicendo gli porse
un grosso libro e si alzò dalla sedia; poco dopo tornò con un cartellino
plastificato.
"Dove trovo il mio amico?" Le chiese,
restituendole il registro.
"Al teatro di posa 47." Rispose la ragazza.
"Esce dalla palazzina direzionale e prende a destra, arrivato in fondo, al
numero 40 gira a sinistra." Orlando la ringraziò e fece per uscire.
"Ah, non s’impressioni, se vede gente dipinta di blu o con le
antenne." Aggiunse l'impiegata.
In effetti, di tipi strani ne vide, ma non più di quanti
ne avesse visti sul set del Signore degli Anelli; una ragazza, dal corpo
notevole, con una parrucca platinata e la pelle blu, gli sorrise languida, un
tizio pieno di protuberanze sulla testa lo guardò male, una donna faceva
passeggiare un paio di piccoli beagle nel giardino, quasi normale attività da
set.
Entrò nel teatro numero 47 senza fare rumore, gli sarebbe
dispiaciuto disturbare una registrazione, ma la troppa cautela non fu
necessaria: più che un set, quel grande capannone era un cantiere, pieno di
operai al lavoro su strane consolle dall'aria aliena, tubi penzolanti, pannelli
di compensato dipinto, cartongesso e plastica. Comparse infilate in tute tipo
meccanico si muovevano affrettate da una parte all'altra del complesso;
riconobbe Scott Bakula e altri attori della serie, impegnati in conversazione
con un tizio con cappellino, forse un regista. Lo Scott amico suo, invece,
stava controllando qualcosa su una cartellina, vicino a dei cartonati dei
protagonisti di Enterprise.
"Heylà!" Lo chiamò Orlando; lui si girò e gli
sorrise.
"Sei arrivato." Gli disse, lui annuì. "Mi
dai solo cinque minuti? Finisco una cosa..."
"Fai pure." L'incitò l'amico, infilando le mani
in tasca; Scott tornò a girarsi.
"Jolene, scusa." Chiamò una ragazza bionda, che
lo raggiunse; era proprio una gran bella figliola, fisico atletico, forme
prosperose, ed un bellissimo viso esotico.
"Dimmi, stavo andando al trucco." Rispose lei.
Passarono soltanto pochi minuti, e Scott tornò da Orlando;
gli diede una pacca sulle spalle, incitandolo a seguirlo fuori del capannone.
"Io l'ho capito perché te lavori a Star Trek..."
Affermò complice Orlando, quando furono fuori; Scott lo guardò con un sorriso
compiaciuto, annuendo.
"Ehhh." Sospirò poi. "Proprio una gran
ricchezza di contenuti qui."
"Contenuti da ben poco." Intervenne l'amico.
"Vista la mancanza di reggiseno..." Alluse, mentre continuavano a
camminare.
"Jolene è fantastica, ma il mio grande amore rimane
Jeri Ryan." Dichiarò sicuro Scott.
"L'ho conosciuta la Ryan, è una fica della
madonna!" Esclamò Orlando.
"Lo so, lo so." Confermò l'altro con sguardo
sognante.
"Ma Deb che dice?" Gli domandò l'amico,
osservandolo; Scott fece una smorfia divertita.
"Cosa vuoi che dica, quello che dico io quando guarda
il culo di Connor Trinneer!" Ed entrambi scoppiarono a ridere.
Raggiunsero una panchina all'ombra e lì si misero seduti;
Orlando teneva i gomiti sulle ginocchia e il capo basso, mentre Scott si adagiò
contro la spalliera.
"Allora, cos'era tutta questa urgenza di
vedermi?" Domandò Scott all'amico; lui sospirò, rialzando un po' la testa.
"Ho fatto una cazzata." Confessò Orlando.
"Ma piuttosto grossa." L'altro sgranò gli occhi, cominciando a
preoccuparsi, poi si sporse verso l'attore.
"Ma grossa quanto, in una scala da uno a dieci?"
Gli chiese poi.
"Mh..." Orlando ci rifletté qualche secondo.
"Otto, direi." Disse, con un’inconscia tendenza a sminuire la colpa.
"Ah, allora... mi aspettavo un dieci!" Sbottò
rassicurato Scott; l'amico si girò.
"Guarda che è gravissima comunque, ho anche
l'aggravante della premeditazione!" Replicò.
"E che cazzo! Ma cosa hai combinato?"
"Scott..." Orlando lo prese per le spalle.
"...sono stato a letto con Josephine McArthur." Confessò
melodrammatico; l'altro ragazzo lo fissò per un istante, ma poi gli venne da
ridere. "Oh, è una cosa seria, che cazzo ti ridi?!"
"No, scusa... è che..." Balbettò Scott, cercando
di smettere. "Ero preoccupato, credevo che avessi messo sotto qualcuno, o
che ti avessero beccato con una canna, e allora..."
"Ma vaffanculo!" Sbottò Orlando, lasciandolo e
alzandosi.
"No, dai!" Esclamò Scott. "Vabbene, su,
dimmi un po' com'è andata, e cosa c'entra la premeditazione." Gli disse
ricomponendosi.
"Ecco, l'ho incontrata per caso, in un locale."
Raccontò Orlando, mentre camminava su e giù; Scott lo ascoltava attento.
"Lei stava festeggiando la rottura col suo fidanzato, da sola." E
sottolineò la cosa lanciando un'occhiata all'amico. "E' qui che mi è
venuta l'ispirazione!"
"Evviva gli artisti e i loro colpi di genio!"
Commentò sarcastico Scott.
"Senti!" Proclamò Orlando, brandendo l'indice.
"Avrei voluto vedere te, aveva un vestito che... e le gambe erano... i
capelli..." Descrisse vago. "Insomma, cazzo, era messa in un modo che
l'avrebbe fatto venire duro anche ad un morto!"
"Questa non mi sembra una difesa ottimale, comunque
vai avanti." Orlando lo guardò malissimo, poi sbuffò e riprese a parlare.
"Ad ogni modo, ci siamo messi a bere insieme."
Continuò. "Sì, è vero, lei era un po' alticcia, ma io flirtavo e dava
l'impressione di starci, e poi..." S'infilò la mani in tasca e sbuffò.
"Dopo il bicchiere della staffa, io ci ho provato sul serio, e Josie c'è
stata sul serio, fine."
"Dov'è successo, il fattaccio?" Domandò Scott;
Orlando si fece serio, raddrizzandosi.
"A casa mia."
"Uhuu..." Fece l'amico, sollevando il capo e
roteando gli occhi.
"Eh, lo so." Disse l'altro. "Sono un uomo
di merda, traditore e pure un po' stronzo, soprattutto per la lucidità con cui
ho portato avanti il mio piano." Enfatizzò con un gesto.
"Però potevi fare a meno di portarla nello stesso
letto dove dormi con Kate..." Commentò Scott serio. "Potevi andare da
lei." Aggiunse pratico, dopo un attimo di silenzio.
"Non ci ho pensato." Affermò Orlando,
stringendosi nelle spalle, mentre si sedeva di nuovo.
"Che vi siete detti, il giorno dopo?" Domandò
l'amico.
"Niente." Rispose l'attore. "Quando mi sono
svegliato se n'era già andata." Spiegò allargando le mani. "Dici che
la dovrei cercare?" Chiese poi, girandosi verso Scott.
"Secondo me no, almeno finché non ti sei chiarito le
idee, perché mi sembri un attimino confuso." Ribatté lui con aria saggia;
Orlando rimase pensoso per qualche secondo.
"Io voglio bene a Kate, e credo che il nostro
rapporto funzioni ancora..." Scott fece una smorfia dubbiosa. "...ma
Josie mi fa andare a puttane tutti i buoni propositi..." Aggiunse
rammaricato.
"Vedi che sei confuso?" Gli disse l'amico,
posandogli una mano sulla spalla. "Dammi retta, affrontala solo quando sei
sicuro dei tuoi sentimenti." Orlando poté solo annuire.
Franny era stata via alcuni giorni, era stata a visitare
un ranch che avrebbe dovuto arredare nel Nevada, per cui non aveva ancora
parlato con Josie, dopo la sua uscita solitaria; quel giovedì sera le due
ragazze si erano trovate a cena a casa di Fran. L'arredatrice possedeva un
grande terrazzo e amava cucinare (anche se era un po' sperimentatrice), così,
capitava spesso che si trovassero da lei, per una cenetta e chiacchiere.
Quella sera Fran si era data al tropicale; Josie osservava
lievemente scoraggiata il suo branzino al mango in salsa di cocco, domandandosi
PERCHE' si dovesse sprecare a quel modo un bel pesce. Si decise a prenderne un
po', è il sapore la stupì, per fortuna in modo positivo; era un po' la
caratteristica della Franny cuoca: mettere insieme gli ingredienti più
improbabili e tirarne fuori comunque qualcosa di buono. Josie sapeva cucinare
abbastanza bene, soprattutto grazie agl'insegnamenti della madre, ma le piaceva
la roba tradizionale.
"Allora, com'è?" Le domandò l'amica, sedendosi
di fronte a lei; una piacevole brezza di mare rinfrescava la sera californiana.
"Hm, credevo peggio." Rispose Josie; Fran le
fece una smorfia. "Com'era il Nevada?" Chiese allora, prendendo un'altra
forchettata di pesce.
"Come sempre, brullo e afoso." Affermò l'amica,
mettendosi anche lei a mangiare. "Oh, mi sa che ci voleva più pepe
verde!" Esclamò però, dopo il primo boccone; poi si girò verso l'altra
ragazza. "Tu che mi racconti? Quattro giorni di lontananza sono
tanti."
"Mah, che ti devo dire..." Esordì vaga Josie,
sventolando la forchetta. "...il lavoro va bene, la macchina non si è più
fermata... ho fatto l'amore con Orlando Bloom..." Franny si girò di scatto
verso di lei con gli occhi spalancati.
"Ripeti un po' l'ultima cosa che hai detto." Le
disse allibita; l'amica abbassò lo sguardo imbarazzata, ma un lieve sorrisino
le comparve sulle labbra.
"Sono stata a letto con Orlando." Ripeté
tornando a guardarla.
"Oh mio Dio!" Esclamò Fran battendo le mani.
"Io lo sapevo che succedeva, me lo sentivo!" Continuò entusiasta.
"Ma la vuoi smettere!" L'implorò divertita
Josie; l'altra si bloccò, afferrandole un braccio e fissandola seriamente.
"Raccontami tutto, voglio sapere i particolari."
Le ordinò imperiosa; l'amica sospirò arresa, poi si mise a riferirle ogni cosa,
tanto sapeva che non l'avrebbe lasciata in pace altrimenti.
"E così, eri ubriaca..." Commentò Franny alla
fine, leggermente delusa.
"Solo un pochino, ma ero lucida." Spiegò Josie,
sorseggiando vino bianco; l'amica si voltò speranzosa.
"Allora ti ricordi?!" Le fece; lei annuì.
"Certo che mi ricordo." Rispose, mentre si
accomodava sulla sedia.
"Buono!" Esclamò Fran. "Dimmi allora, com'è
lui a letto?" L'incitò; Josie fece una faccia infastidita. "Oh, dai,
non puoi deludermi così! Sono la tua migliore amica!"
Josie si aggiustò i capelli; ricordava benissimo tutto
quello che era successo a casa di Orlando: di come lui l'avesse spogliata
delicatamente, esplorando con le mani e la bocca ogni centimetro del suo corpo,
e altrettanto aveva fatto lei, di come fosse stata frettolosa la prima, e quanto
più sensuale la seconda, di come lui l'avesse baciata e lei lo avesse
toccato...
"Beh..." Si decise infine. "...lui è...
molto appassionato, e tenero, parla poco, ma quanto a fatti..." Confessò
sotto lo sguardo soddisfatto di Franny. "Sei contenta ora?"
"Cosa ti ha detto il mattino dopo?" Le domandò
ancora l'amica.
"Niente, sono sgattaiolata via prima che si
svegliasse." Affermò Josie stringendosi nelle spalle. "Non volevo
dargli il tempo per rendersi conto di aver fatto sesso con me, nello stesso
letto dove lo fa con la sua fidanzata." Fran emise un mugolio
d'approvazione.
"Lo vuoi rivedere?" Josie scosse il capo.
"Se fosse possibile no." Disse poi. "Credo
che sia meglio chiuderla qui, è stata una notte fantastica, ma lui è un uomo
impegnato, e io non sono il tipo da certe cose." Aggiunse con tono deciso.
"Non è questa la vera ragione." Intervenne
Franny scuotendo il capo; Josie la guardò con espressione interrogativa.
"Ah, no?" Gli fece; lei continuò a negare con la
testa.
"Il fatto è che Orlando ti piace..."
"Certo che mi piace!" L'interruppe l'amica.
"Non ci sarei andata a letto, altrimenti!"
"Mi fai parlare!" La rimproverò con un gesto
l'arredatrice; l'altra alzò le mani in segno di resa. "Ti piace molto, e
hai paura d'innamorarti di un tipo come lui." Sentenziò infine Fran.
"Di uno come lui?" Buttò lì Josie; lei annuì.
"Di un ragazzo puerile ed incosciente, che non ci pensa un attimo a
tradire la sua fidanzata che proclama di amare alla follia?"
L'affermazione fu seguita da uno sguardo scettico.
"Ti rendi conto di aver appena descritto Cary, un
uomo con cui hai convissuto per quattro anni?" Le disse Fran.
"Orlando non è per niente come Cary!" Sbottò
Josie.
"Vedi? Già lo difendi." Affermò Franny; l'amica
sbuffò e la guardò storto. "Io ti conosco, sei troppo vaga, non dici
tutto, non lo ammetteresti mai, ma quella scopata ti ha lasciato
qualcosa..." Ipotizzò allora, scrutandola, mentre si stiracchiava le
braccia; Josie guardava altrove. "Secondo me, non è finita questa
storia."
La ragazza si domandò come faceva Franny a conoscerla così
bene, quasi meglio di come lei conosceva se stessa; la sua amica aveva
perfettamente ragione. La sua parte razionale le diceva di dimenticare e
tornare alla vita di sempre, quella incontrollata la spingeva a cercarlo subito,
a volerlo ancora; per fortuna la prima era quella dominante, per il momento. Le
venne in mente il verso di una canzone di Springsteen: "But I can't
lose your memory / And the sweet smell of your skin". Si diede della
cretina.
Ma Orlando era un tipo impulsivo, i consigli di Scott se
li era già dimenticati il giorno dopo, preso dalla misteriosa necessità di
vedere Josie; nemmeno per un attimo collegò questo desiderio con una deriva dei
suoi sentimenti, il suo cervello l'archiviò come necessità di spiegazioni.
Adesso era davanti alla porta a vetri del palazzo dell'Herald, dove lei aveva
il suo ufficio; non sapeva nemmeno se la donna era in redazione, ma tanto
valeva provare.
Disse al portiere di avere un appuntamento ed il tizio,
che lo riconobbe, non ebbe il benché minimo dubbio, indicandogli subito il
piano; Orlando prese l'ascensore e, quando le porte si chiusero, fece un lungo
sospiro.
Arrivato al piano giusto, si diresse con nonchalance dove
gli aveva indicato il portiere; fare l'attore gli aveva insegnato qualcosa,
come il fatto che ostentare sicurezza in un luogo sconosciuto serviva a non
farsi notare. Il ragazzo si fermò davanti ad una scrivania; la segretaria che
vi era seduta alzò il capo, togliendosi gli occhiali, leggermente sorpresa.
"La signorina McArthur è in ufficio?" Domandò
Orlando.
"Hm... sì... signor Bloom..." Rispose titubante
la donna. "...è..." Si guardò un attimo intorno, come cercando
qualcosa, poi fermò gli occhi sul telefono. "E' al telefono, desidera
vederla?"
"Sì, se fosse possibile." Dichiarò calmo lui.
"L'annuncio subito." Ribatté lei cordialmente,
mentre si alzava, dirigendosi alla porta del critico; oltre la parete a vetri
s'intravedeva un piccolo e ordinato ufficio, e una donna in piedi dietro la
scrivania che si passava una mano sulla nuca. "Josephine, c'è qualcuno per
te." Annunciò la segretaria, socchiudendo la porta; il critico si girò
verso di lei.
"Sì, fallo entrar..." E in quel momento vide
Orlando che le sorrideva alle spalle della sua assistente; lui la salutò con la
mano, e lei ebbe un attimo di rincoglionimento.
Non credeva che rivederlo le avrebbe fatto quell'effetto,
era davvero strano; la ragazza si riprese solo quando sentì la voce dall'altra
parte della cornetta chiamarla.
"Sì, mi scusi!" Esclamò, mentre tornava a dedicarsi
alla telefonata, voltandosi verso la vetrata. "La posso richiamare nel
pomeriggio, adesso ho da fare una cosa..." E lanciò uno sguardo velenoso
all'attore, che nel frattempo era entrato nell'ufficio. "La ringrazio, a
dopo." Aggiunse, poi fece per riappendere la cornetta, ma lui le sorrise e
lei s'imparpagliò; il filo a spirale s'intrecciò al suo braccio e la cornetta
le cadde di mano. Orlando rise.
"Vi lascio." Disse l'assistente uscendo e
chiudendosi la porta alle spalle.
Josie fissò Orlando per un lungo attimo, con un lieve
rimprovero negl'occhi; lui continuava a sorridere. Maglietta nera con
ideogrammi cinesi grigi, jeans scuri, occhiali a goccia ambrati e capelli un
po' sconvolti, completamente sbarbato, sembrava un adolescente upper class un po'
paraculo; specialmente per via di quel sorrisino furbo che aveva in faccia.
Josie sospirò, sedendosi; si era accorta che anche lui
l'osservava molto bene, da dietro le lenti, e allora ci marciò. Sapeva che,
allargando le braccia sui braccioli della sedia, la sua camicetta azzurra
aderente avrebbe tirato sul seno, mostrando il suo bel decolté.
E Orlando ammirò, compiaciuto, anche la sua coscia
vellutata, quando lei accavallò le gambe e si aprì lo spacco della gonna nera
al ginocchio; Josie dondolava il suo piede di fata, fasciato da una di quelle
scarpe col tacco molto basso, ma con delle punte assurde.
"Cosa sei venuto a fare qui, Orlando?" Si decise
a domandargli; molto dopo che, entrambi, si erano accorti che la tensione
sessuale tra di loro era addirittura aumentata, dopo il primo incontro. Il
ragazzo si sporse sul tavolo, posandoci i gomiti, poi si tolse gli occhiali.
"Ecco, mi chiedevo se era andato tutto bene l'altra
mattina, come sei tornata a casa..." Le disse; lei lo guardò negl'occhi,
che, come sempre, erano molto luminosi.
"Ho chiamato un taxi." Affermò poi, lui si
raddrizzò con espressione allarmata. "Ma non ti preoccupare, prima ho
camminato fino alla provinciale, non volevo che qualche tassista troppo solerte
andasse a raccontare in giro di aver caricato una ragazza in abito da sera, di
mattina, davanti alla casa di Orlando Bloom." Specificò poi,
rassicurandolo.
"Grazie della delicatezza." Replicò l'attore.
"Prego." Fece Josie, poi chinò il capo cercando
tra le carte sulla scrivania; dopo qualche secondo rialzò gli occhi. "Devi
dirmi qualche altra cosa?" Domandò ad Orlando, che non si era mosso.
"Beh..." Esordì il ragazzo, grattandosi un
orecchio. "...di solito, le ragazze, mi..." Passò a strusciarsi la
nuca. "...insomma, non ti sei fatta risentire, e..." Josie gli fece
un breve e mesto sorriso; le faceva una gran tenerezza vederlo così titubante,
e questo era un'altro motivo per mettere le cose in chiaro.
"Anche volendo..." Gli disse. "...come
avrei fatto? Non ho il tuo numero, e non credo sia sull'elenco." Lui alzò
gli occhi un po' sorpreso.
"Effettivamente... non c'è..." Mormorò
grattandosi un sopracciglio.
"Vedi?" Fece lei, allargando le mani; Orlando
stava per intervenire, ma Josie si alzò.
Era vitale, per la ragazza, mettere la mani avanti, che
lui non si facesse troppi romanzi su di loro, ed era meglio farlo da una
posizione dominante; per questo si era messa in piedi e spostata davanti a lui.
"Ascolta, Orlando." Cominciò con tono
comprensivo; aveva una penna tra le mani, le serviva per darsi un tono.
"Io ammetto di essere attratta da te..." Sorriso compiaciuto
dell'attore. "...altrimenti non sarebbe successo, e giuro, l'altra sera è
stato bello, tu sei stato meraviglioso..." Il tono non lo convinceva, dove
voleva arrivare? "...ne avevo anche bisogno, ma..." Eccoci! "Se
fossimo liberi entrambi sarebbe una questione, ma così... Sono certa che tu
vuoi bene a Kate..."
"Certo che gliene voglio!" Esclamò Orlando, che,
non capiva perché, ma si stava incazzando.
"E allora!" Ribatté Josie allargando le braccia.
"Perché continui a perdere tempo qui?"
"Io... non..." Sembrava piuttosto smarrito,
poggiava le mani sui braccioli come se stesse per alzarsi, ma non lo faceva;
era così carino che, invece di scaricarlo, le stava venendo voglia di fargli le
coccole. Josie recuperò la freddezza con un lungo respiro.
"Parliamoci chiaro." Riprese quindi.
"L'altra notte è stata lo sfogo ad un'attrazione fisica che non potevamo
più ignorare, ora ci siamo sfogati, andiamo avanti." E accompagnò la fine
della frase con un eloquente gesto della mano.
Orlando la guardava muovesi davanti a lui senza
rivolgergli gli occhi, e si sentiva come a scuola; certo a quei tempi avrebbe
pagato per una maestrina sexy come Josie, ma adesso gli dava solo fastidio che
lei non lo volesse più. Insomma, che aveva fatto di male?
"Onestamente." L'interruppe il ragazzo; lei si
fermò, girandosi nella sua direzione. "Mi sembra tu sia eccessivamente
logica."
"Eccessivamente logica?" Replicò Josie, mettendo
le mani sui fianchi. "Sei tu ad essere troppo irrazionale, secondo
me."
"Ma che vuol dire?!" Sbottò l'attore.
"Vuol dire che non voglio essere il tuo passatempo,
mentre la fidanzata non c'è." Gli spiegò la ragazza. "Io non sono
disposta ad abbassarmi a questo, e se lo pensi, mi hai giudicata male." Aggiunse
seria.
Orlando se la prese, era stata lei a giudicarlo male,
perché, nemmeno per un minuto, lui aveva pensato di considerarla un trastullo;
lui ricordava perfettamente come era stato emozionante baciarla la prima volta,
guardarla negl'occhi mentre le sfiorava la pelle, sentire le sue mani su di
se... Non era stato un gioco! Ma capiva che Josie lo poteva pensare; nonostante
questo, si offese.
"Ho capito." Affermò gelido, alzandosi. "Ci
vediamo in giro." Mormorò poi, dirigendosi a capo basso verso la porta; si
era rimesso gli occhiali.
Perché non riusciva ad accettare che lei non lo volesse
più? E perché la desiderava ancora?
Josie lo guardò andare via, poi si sedette alla scrivania,
sospirando. Le dispiaceva essere stata fredda con lui, non se lo meritava
proprio, era stato così tenero e gentile quando avevano fatto l'amore; non
c'era altro modo, comunque, quella storia non poteva continuare. La cosa che la
rendeva perplessa, però, era che Orlando sembrava poco intenzionato a fare lo
stesso; si domandò come si sarebbe comportata, nel caso lui fosse tornato
all'attacco...
"Josie." Alzò il capo a quel richiamo, sulla
porta c'era la sua segretaria. "C'è qualche problema?" Le chiese
preoccupata.
"Perché?" Ribatté sorpresa lei; la donna fece un
gesto con la testa, indicando la direzione presa dall'attore.
"Beh, pensavo che fosse arrabbiato per
l'articolo." Le disse poi. "Se n'è andato con un muso lungo..."
"No!" Rispose Josie con un sorriso. "E' una
storia risolta..." Sì, almeno quella l'abbiamo risolta, è il resto che
mi preoccupa... Pensò poi, storcendo la bocca.
Il pomeriggio di quello stesso giorno tornò Kate dalle
Barbados, location finale del suo ultimo film; Orlando era contento che
tornasse, sperava che la presenza della ragazza rimettesse tutto a posto, la
vita avrebbe ricominciato a scorrere per il giusto verso, con le sue certezze,
i suoi punti fermi. Il terremoto portato da Josie sarebbe scomparso da se.
Non aveva considerato, però, quello che gli successe
all'aeroporto. Kate uscì dal gate degli arrivi, correndogli incontro allegra e
sempre più magra, e lui avvertì come una forza che lo risucchiava fuori dal suo
corpo; da quel momento in poi, fu come se guardasse la sua vita su uno schermo
di cinema.
La stranissima sensazione durò per tutto il resto della
giornata; salutò Kate, la baciò, lei parlò a lungo, entusiasta, lui annuiva,
rispondeva a monosillabi. Andarono a casa, e ancora Orlando era fuori; fecero
l'amore, e non gli lasciò nulla.
A tarda sera, mentre stava seduto in terrazza, con addosso
solo un paio di boxer a fiori tropicali (regalo di Kate), Orlando osservava
l'orizzonte, il mare; era rientrato in se, ma sentiva come un vuoto, come se
gli mancasse qualcosa. Un tempo non chiedeva di meglio che avere la sua ragazza
sempre accanto, fare l'amore con lei, e tutto era apposto; ora non era più
così, adesso Kate non aveva più tutto quello che lui desiderava, ma cosa voleva
veramente? Con questi dubbi e inquietudini se ne tornò a letto.
- La canzone citata è
"Dry lightning" di Bruce Springsteen, dall'album "The ghost of
Tom Joad"
A sorpresa vi pubblico anche il capitolo 5! Visto che l’ho
finito, non vedo perché tenerlo a candire, perciò godetevelo! Ci rivediamo a
fine mese! Un bacione grandissimo a tutti, specie e chi mi ha commentata!
~ Capitolo 5 ~
Era passata una settimana dall'incontro tra Orlando e
Josie nell'ufficio di lei; entrambi avevano cercato di non pensare più a quella
faccenda, ma le seghe mentali si susseguivano a ritmo vertiginoso, specie per
il ragazzo. Ad ogni modo, la vita di ogni giorno riprese il sopravvento;
Orlando aveva il nuovo film a cui pensare, Josie il suo lavoro.
Un pomeriggio, Josie e Franny, stavano facendo shopping in
un grande negozio vintage che era molto in voga tra i vip californiani; in quel
posto si trovavano oggetti e abiti molto particolari, ognuno era libero di
scatenare la propria creatività in fatto di stile, e le due amiche amavano
molto comprare lì. Franny sceglieva i vestiti e gli accessori più strani,
componendo il suo stile casuale, nel vero senso del termine; Josie, invece, con
un fiuto invidiabile, riusciva a mettere le mani su pezzi di rara eleganza e
creare così accostamenti estremamente felici.
Franny rovistava tra le camicette indiane, mentre Josie
stava provando una gonna a balze di pizzo; la ragazza non riusciva a trovare
qualcosa che andasse bene con i pantaloni color arancio brillante che aveva
appena scelto, quando la sua attenzione fu attirata da una coppia. Si mise ad
osservarli; lui, alto, con l'aria distratta, occhiali da sole e mani in tasca,
lei, piccola e bionda, secca, che continuava a mostrargli roba, mentre il
ragazzo annuiva disinteressato. Erano Orlando e Kate; la ragazza mostrò
all'attore un'altra maglietta, lui confermò col capo, allora lei lo abbracciò
baciandogli il collo.
Franny decise subito che non era cosa, Josie non doveva
vederli; conosceva troppo bene la sua amica, quando era così vaga nelle sue
storie c'era sotto qualcosa di serio, e lei non voleva assolutamente che
soffrisse. La ragazza ricordava fin troppo bene, quanto l'amica era stata male
nello scoprire i tradimenti di Cary, ma conosceva altrettanto bene il suo
carattere: Josie era capace di tenersi tutto dentro, se non le strappavi a
forza quel che provava, e soffrire ancora di più.
L'arredatrice corse verso le cabine di prova e s'infilò in
quella dove stava Josie; la ragazza la guardò con gli occhi spalancati,
girandosi di scatto.
"Cosa c'è?!" Chiese allarmata.
"Niente." Fece l'altra poco convinta. "Mi
domandavo... perché non andiamo?" Aggiunse; era palesemente tesa, Josie
aggrottò la fronte.
"Adesso." Rispose. "Appena ho provato la
camicetta ed il vestito." Continuò, indicando i capi appesi alle sue
spalle.
"Ma possiamo tornare domani, non c'è problema!"
Replicò Fran irrequieta; ogni tanto lanciava un'occhiata alle sue spalle, verso
lo spiraglio della tenda.
"Certo che c'è!" Sbottò Josie. "Domani
potrei non ritrovarli, e mi piacciono!"
"Oh, allora fai come ti pare!" Esclamò l'amica
ed uscì dalla cabina; Josie osservò allibita la tenda che tornava a posto, poi
fece una smorfia dubbiosa e continuò nella sua prova.
Qualche minuto dopo la raggiunse; Franny era appoggiata ad
una colonna a specchi, con le braccia incrociate sul petto. La guardò male, lei
non capì e alzò le sopracciglia.
"Li ho presi, allora." Le disse Josie,
mostrandole i vestiti che teneva in braccio. "Ora possiamo anche
andare..." Mentre diceva questo, alzò gli occhi e vide Orlando che
scambiava con Kate un tenero e breve bacio. "Andiamo?" Fece
all'amica, come se nulla fosse.
Erano alla cassa, poco dopo, e Josie stava pagando con la
carta di credito; mentre firmava la ricevuta, si decise a dire qualcosa alla
sua accompagnatrice.
"Veramente, Fran..." La ragazza la guardò
incuriosita. "...non ce n'era bisogno." Affermò, riferendosi alla
premura che l'amica aveva avuto, da lei pienamente capita.
"Lo dici te!" Esclamò l'altra indignata.
"Ti ho visto che faccia hai fatto!" Avevano finito di pagare, ed ora
si dirigevano all'uscita.
"Ma credi che non avessi messo in conto di poterlo
vedere con lei?" Domandò retorica Josie. "Ci siamo chiariti, non c'è
nessun problema."
"Tanto non ci credo." Insisté Franny.
"Lascia che te lo dica, Fran." Replicò Josie,
guardandola negl'occhi. "Tu, a volte, hai un comportamento
masturbatorio..." L'amica aggrottò la fronte. "...insisti, insisti,
insisti, finché non raggiungi il tuo obiettivo." E tornò a girarsi verso
la porta. "E' fastidioso."
Stava per afferrare la maniglia, ma una mano maschile lo
fece prima di lei; alzò gli occhi e si trovò davanti Orlando, che teneva Kate
per mano. Josie fu urtata da un'onda d'insostenibile melensità che la disturbò
parecchio, cosa di cui Fran si accorse subito, non senza una certa
soddisfazione.
"Grazie." Disse soltanto al ragazzo, che aveva
aperto la porta, prima di chinare di nuovo il capo ed uscire seguita
dall'amica.
L'attore la seguì con lo sguardo, cercando di spiegarsi il
tuffo al cuore che aveva avuto vedendola; quando l'aveva riconosciuta vicino
alla porta, si era spostato velocemente, in pratica trascinando Kate che gli
stava appesa alla mano.
"Amore?" Il richiamo della ragazza lo fece
girare. "Le conosci?" Gli chiese; lui rifletté su come era meglio
rispondere.
"Hm..." Fece grattandosi un orecchio.
"...una specie." Kate si accontentò della vaga risposta.
Orlando e Kate, quella sera, erano invitati a cena da
Scott e Deb; i due vivevano al piano terra di un complesso residenziale
piuttosto carino, il loro appartamento non era molto grande, nonostante i due
piani, ma avevano un bel giardino.
I saluti, le chiacchiere e le risate iniziali si erano
ormai affievoliti, ed i quattro ragazzi si stavano servendo l'aperitivo sulla
veranda, in un rilassato tramonto.
"Bene." Fece, ad un certo punto, Scott, posando
il bicchiere. "Io comincio col barbecue!" Annunciò, dirigendosi verso
il fornello.
"Io, se non vi dispiace, andrei un attimo in
bagno." Intervenne Kate, rientrando in casa.
"Oh, Kate." La chiamò Deb, lei si girò.
"Usa quello del piano di sopra..." La ragazza bionda annuì; Deb tornò
a girarsi verso Orlando. "...abbiamo un problema con lo scarico, lunedì
viene l'idraulico..." Spiegò la padrona di casa, rassegnata.
"Oh, ma dove sono finiti quei bei gabinetti fotonici
di Star Trek?!" Commentò divertito l'attore; scoppiarono a ridere, anche
Kate sulle scale.
"Hai appena detto una cazzata... fotonica!"
Intervenne Scott, girando appena la testa.
"Se ti sentissero i fan della saga, saresti
incaprettato, come minimo!" Affermò Deb convinta; e risero di nuovo.
Orlando certo rideva, ma non lo faceva con la solita
convinzione; l'amica lo aveva visto strano fin da quando erano arrivati,
sembrava perso dietro il filo dei suoi pensieri e spesso diventava estraneo, al
punto di doverne richiamare l'attenzione.
"Te hai qualcosa." Ipotizzò Deb, osservandolo;
lui la guardò stupito.
"Io? Ma scherzi?" Replicò poi, indicandosi.
"Hai qualcosa per la testa." Continuò
imperterrita la ragazza.
"Guarda, ti sbagli, forse sono solo un po'
preoccupato per le nuove riprese..." Rispose infine il ragazzo.
"...sai, voglio dare il meglio."
"Questo lo posso capire..." Fece lei, ma non
sembrava convinta. "Ma c'è qualcosa che non va con Kate?" Gli domandò
allora; Orlando, allarmato, lanciò un'occhiata alle sue spalle, come se temesse
il ritorno della fidanzata, poi tornò a guardare l'amica.
"No." Negò stringendosi nelle spalle. "Se
siamo d'amore e d'accordo, cosa vuoi?"
"Hm, se è così, allora..." Mormorò Deb, sempre
scettica; poi prese il vassoio dell'aperitivo e lo portò in cucina.
Fu allora che Scott si avvicinò all'amico; con la scusa di
prendere il forchettone dimenticato sul tavolo, gli andò vicino, in modo da
poter parlare a bassa voce.
"L'hai rivista, vero?" Gli chiese retorico;
Orlando annuì.
"Ma non è successo nulla, Scotty." Si preoccupò
di specificare. "Ero con Kate..."
"Forse non sarete finiti di nuovo a letto, ma qualcosa
è successo." Dichiarò l'altro serio; quindi prese il forchettone e tornò
al barbecue. In quel momento arrivavano le ragazze.
Orlando aveva appena terminato le riprese per quel giorno;
per non avere problemi di luce il lavoro era finito un paio d'ore prima del
solito, ma l'attore non aveva voglia di tornare a casa. Non faceva troppo
caldo, stranamente per la stagione, e c'era un bel cielo limpido; il ragazzo
decise di andare a mangiarsi un gelato da Calogero's, la migliore gelateria dei
dintorni, paradiso delle celebrità accaldate.
Camminava congetturando sulla prossima occasione in cui
avrebbe incontrato Josie, dopo quel fortuito incrocio nel negozio di qualche
giorno prima, quando quell'occasione gli fu servita su un piatto d'argento.
La ragazza era seduta fuori dal locale, su una panchina
all'ombra, con accanto un voluminoso sacchetto di carta e in mano un
bicchierino di gelato; se lo gustava tranquillamente, mentre osservava la gente
intorno a se da dietro gli occhiali da sole. Orlando si avvicinò con cautela,
arrivandole alle spalle; lei se ne accorse solo quando le sedette accanto.
Si guardarono per un lungo momento, finché il ragazzo non
si sfilò gli occhiali, che a sua volta indossava, e le sorrise; Josie, per un
attimo, fu incerta se rispondergli, ma infine decise che non c'era nulla di
male.
"Cioccolato e..." Chiese Orlando indicando il
gelato; la ragazza guardò il bicchierino, poi lui.
"Cioccolato e menta." Rispose quindi.
"Menta?" Fece l'attore perplesso. "Ma siamo
sicuri che ci sta bene?" Josie sorrise ironica, poi si alzò gli occhiali
sulla testa, mentre accavallava le gambe.
"C'è una scuola di pensiero che dice sia la sua
morte." Spiegò. "In senso positivo." Aggiunse.
Era molto bella quel giorno, e Orlando se n'era accorto
subito, anche se non era truccata e portava una semplice maglietta color panna,
con una gonna di jeans; il giudizio, ad ogni modo, era reciproco, anche lei lo
trovava molto carino, con quella magliettina rossa e i pantaloni troppo larghi,
verde scuro, pieni di tasche.
"Allora, in onore della degna morte del
cioccolato..." Proclamò impostato. "...mi prenderò gli stessi
gusti!" E si alzò, dirigendosi al bancone; Josie rise piano.
Più tardi camminavano appaiati lungo il marciapiede,
diretti nel punto dove Josie aveva parcheggiato; lui, dopo infinite insistenze,
aveva ottenuto di portale la busta della spesa.
"Avevi ragione, sai?" Le disse. "Quella
combinazione di gelato era ottima."
"Beh, non mi meraviglio, io ho ragione spesso."
Dichiarò la ragazza; Orlando le rivolse un'occhiata e un sorrisino acido, lei
rise.
"Vedrai." La minacciò. "Io smentirò il tuo
giudizio su di me come attore." Promise sicuro.
"Questo lo spero proprio." Affermò Josie con un
sorriso dolce. "Siamo arrivati." Annunciò poi, indicando la sua
macchina.
La ragazza aprì la portiera, poi mise dentro la spesa;
Orlando seguiva i suoi movimenti quasi concentrato, cercando di cogliere ogni
volta che i suoi occhi si posavano su di lui, e rispondere al conseguente
sorriso. Arrivò quindi il momento dei saluti; Josie sospirò.
"Bene..." Fece l'attore, quando lei ormai era
pronta a salire in auto. "...sembra che siamo destinati ad incontrarci
sempre per caso..."
"Direi di sì." Rispose Josie, appoggiando un
braccio sullo sportello aperto.
"Allora, al prossimo incontro fortuito."
"Lo aspetterò con ansia." Dichiarò dolcemente la
ragazza; lui le fece un bel sorriso, anche se un po' imbarazzato, mentre si
passava una mano sulla nuca. "Ciao." Aggiunse lei.
"Ciao." Replicò Orlando.
Josie salì in macchina e lo guardò allontanarsi attraverso
il parabrezza, teneva le mani in tasca ed il capo basso; la ragazza sorrise e
girò la chiave. Il rumore che scaturì la convinse subito che la sua auto
l'aveva di nuovo abbandonata; alzò gli occhi e vide che Orlando non era ancora
troppo lontano. Era indecisa, ma non c'era altro da fare; scese di corsa.
"Orlando!" Lo chiamò; lui si girò di scatto e
Josie pensò che fino ad un attimo prima lui avesse pregato per non far partire
la macchina. "Non parte..." Il ragazzo sorrise.
"Un passaggio?" Le domandò, piegando il capo di
lato.
"Tu sei il mio angelo salvatore!" Esclamò
riconoscente, correndo verso l'auto per prendere il sacchetto della spesa.
"Hai qualche impegno?" Si preoccupò di chiedere
Orlando, mentre lei chiudeva lo sportello.
"No, ho il pomeriggio libero, ma è scocciante
rimanere a piedi." Rispose Josie, poi gli sorrise e si avviarono verso la
macchina dell'attore.
Erano partiti da qualche minuto, quando Josie sospirò,
sistemandosi meglio sul sedile; Orlando le lanciò un'occhiata sorridente.
"Grazie ancora." Gli disse la ragazza. "Sei
davvero un tesoro." Aggiunse.
"Di niente, ma..." Rispose lui, mentre guidava
rilassato. "...non ti sembra il caso di cambiarla, la macchina?"
"Eh, lo so." Annuì Josie. "Ma non è così
facile, c'è una ragione affettiva." Spiegò guardandolo. "Era l'auto
di mio padre."
"Capisco." Mormorò Orlando, poi si girò per un
secondo verso di lei, sorridendole.
"Però, potrei sempre passarla come auto storica,
metterla in garage e comprarne una nuova." Ipotizzò Josie, scrutando fuori
dal finestrino con aria riflessiva.
"Questa è una buona idea!" Commentò Orlando.
"Ti ricordi dove abito, vero?" Gli domandò
improvvisa la ragazza.
"Sì." Rispose l'attore annuendo. "La
collina è il mio obiettivo!" Dichiarò poi, con quel sorriso che gli faceva
venire una faccetta da topolino furbo.
Arrivarono davanti la cancello della casa di Josie una
ventina di minuti dopo; Orlando fermò la macchina, si guardarono. La ragazza
estrasse il telecomando dell'entrata, ma non sembrava molto convinta; lui
l'osservava come in attesa.
"Senti, ti va di entrare un attimo?" Gli chiese
infine.
"Hm..." Fece il ragazzo. "...perché
no." Josie puntò il telecomando e aprì il cancello.
Josie attraversò la porta ed Orlando la seguì dentro; la
ragazza posò le chiavi su un tavolino e si diresse con sicurezza sulla destra.
"Attento alla colonna." Disse all'attore, che
effettivamente, per guardare lei, si ritrovò faccia a faccia con un pilone di
legno pieno.
"Che caspita ci fa una colonna davanti
all'entrata!" Esclamò Orlando, posandoci sopra una mano, mentre si girava
verso Josie; lei l'osservava divertita, con ancora la spesa in mano.
"Serve a reggere il ponte, insieme ai cavi
d'acciaio." Spiegò la ragazza, indicando l'alto. "Io vado un attimo
in cucina." Aggiunse, sparendo in una stanza sulla destra.
"Quale pont..." Fece Orlando, alzando gli occhi.
"Oh, cazzo..." Mormorò stupito.
Sospeso sopra la sua testa c'era veramente una specie di
ponteggio di legno chiaro con balaustra, che attraversava per tutta la
lunghezza il soffitto del salone dove lui si trovava; guardandosi intorno vide
anche la scala che conduceva sulla struttura sovrastante. Il salone era
piuttosto grande e aveva l'altezza di due piani; le pareti erano a vetrate, sia
sopra che sotto.Orlando alzò le
sopracciglia, incredulo, poi raggiunse la ragazza in cucina.
Anche quella stanza era grande, arredata in modo molto
moderno; in fondo c'era un'altra scala, di servizio, per il piano di sopra.
Josie era vicino al frigo, riponeva la spesa.
"Non c'è che dire." Affermò entrando, lei si
girò. "Piuttosto originale." La ragazza si raddrizzò.
"Ehh, Cary sarà un incapace traditore con le donne,
ma il suo lavoro lo sa fare." Commentò poi, mentre prendeva un altro pacco
da sistemare; l'attenzione di Orlando, però, era già stata catturata da altro.
"Hm, che buon profumo..." Disse. "Che
cos'è?" Josie si girò di nuovo, perplessa.
"Ah, ho preparato una torta prima." Gli rispose,
dopo un attimo; il ragazzo si guardò intorno, finché non vide il dolce sul
piano vicino al lavello.
"Perché?" Le chiese, mentre si avvicinava al
mobile.
"Ne avevo voglia." Replicò lei stringendosi
nelle spalle, poi piegò il sacchetto di carta e lo mise in un cassetto; si
avvicinò all'attore. "Vuoi assaggiarlo?" Il ragazzo annuì, prese il
vassoio e lo mise sul tavolo; lei gli porse un coltello, mentre lui si sedeva
sul piano. "Prendo da bere." Annunciò infine la ragazza.
La faccenda si concluse che ne mangiarono metà, molta
della quale finì nello stomaco di Orlando, che gradì molto l'abbinamento
cacao-cocco di quella specie di cheesecake. Finito di mangiare la torta si
diressero nel salone, con in mano i bicchieri di soda che Josie aveva servito
ad entrambi; come al solito conversavano con scioltezza.
"Allora." Fece lui, sedendosi sul bracciolo del
grande divano viola, mentre lei si era messa sul divano più piccolo, quello di
pelle bianca, quasi di fronte. "Dimmi un po' di questa casa."
Aggiunse guardandosi intorno, col bicchiere tra le mani.
"Beh..."
Esordì Josie. "...le strutture portanti sono quelle laterali, dove
ci sono le stanze, il ponte collega le stanze del piano di sopra." Spiegò.
"Hm, interessante..." Commentò Orlando, bevendo
un sorso; lei sorrise e continuò.
"Lì, in fondo a sinistra, dopo gli archi, c'è il
bagno, l'altra stanza era lo studio di Cary..." L'attore la guardò
divertito dal suo tono. "...ancora non so cosa ci farò... Invece, sulla
destra..." E indicò la parte opposta. "...la cucina che hai già
visto, e, più in là, la mia serra."
"Serra?" Fece il ragazzo sorpreso; lei annuì.
"Posso vederla?" Chiese alzandosi; Josie l'incitò con un gesto.
Orlando passò sotto il ponte, dirigendosi verso l'elegante
porta a vetri in fondo alla stanza; prima di entrare le lanciò un'ultima
occhiata furba, lei gli sorrise. Tornò qualche istante dopo, con un'espressione
piuttosto soddisfatta.
"Accidenti, hai proprio un sacco di piante."
Affermò, mentre si sedeva nello stesso posto di prima; Josie sorrise
allegramente.
"Mi piacciono molto." Gli disse. "E' una
delle mie passioni, ne ho tante, sono una donna molto passionale..." E
detto questo, bevve un sorso, senza togliere gli occhi da quelli di Orlando.
Era un illuso lui, a vederci un segnale chiaro?
Il ragazzo si sporse in avanti, avvicinandosi a Josie, poi
posò i gomiti sulle ginocchia, continuando a fissarla negl'occhi.
"E... di sopra, cosa c'è?" Le chiese, con voce
calda e sensuale; Josie si accorse subito che il suo corpo stava reagendo al
mutato atteggiamento del ragazzo, ma tentò la resistenza.
"Sulla destra..." Indicò la zona, ma continuando
a guardare lui. "...c'è una camera per gli ospiti, con bagno, e il mio
studio..." Orlando sorrise. "...dall'altra parte c'è la mia camera,
ed un bagno... molto grande..." Si rendeva perfettamente conto che, quel
banale argomento di conversazione, era assai distante da quello che si stavano
dicendo i loro occhi.
Calò, abbastanza improvviso, il silenzio; condizione
perfetta per far accorgere Josie del suo respiro sempre più pesante. Orlando
posò il bicchiere sul tavolino, poi si sporse ancora di più, sfiorandole le
labbra con un lieve bacio; lei rimase immobile. Il ragazzo tentò di nuovo,
stavolta trattenendosi più a lungo; niente, lei non reagiva. Orlando si
raddrizzò.
"Non capisco." Mormorò guardandola. "Il tuo
atteggiamento è contraddittorio, non mi respingi, ma non m'incoraggi nemmeno,
che devo pensare?"
"E che devi pensare!" Sbottò Josie spingendosi
contro la spalliera del divano. "Che non mi sembra il caso di
continuare!"
"E allora respingimi!" Ribatté Orlando
allargando le braccia; la donna alzò gli occhi sospirando. "Joss..." Riprese
il ragazzo, scivolando in ginocchio davanti a lei. "...è solo un
bacio..."
"Il problema è che ho paura..." Mormorò
titubante Josie, mentre guardava il suo sorriso sicuro avvicinarsi.
"...non sia solo questo..." Fece in tempo ad aggiungere, prima che le
labbra di lui fossero di nuovo sulle sue, ed il corpo di Orlando adagiato
contro il proprio.
La scena era questa: Josie mezza sdraiata sul divano, la
gonna ormai salita fino all'inguine, le mani tra i capelli di Orlando; lui, in
ginocchio, ma col busto su di lei e le mani sotto la sua maglietta, che la
baciava languidamente.
"No, fermo..." Sussurrò la ragazza, quando lui
riuscì a slacciarle il reggiseno ed a mettere le mani sul suo seno; il ragazzo
si scostò un po' con la testa, rimanendo però ben aderente col corpo, aveva
un'espressione come un bambino cui hanno tolto il gioco preferito.
"Vuoi che smetta?" Le domandò, la scrutava
respirando affannosamente; volendo avrebbe anche potuto fermarlo davvero, ma
sarebbe stato un bel problema sistemare l'eccitazione che sentiva anche lei, e
quella che le premeva sulla gamba anche in quel momento...
Josie gli prese il viso tra le mani, era bellissimo, con
il desiderio che gli accendeva gli occhi; come faceva a dirgli di no? Orlando
continuava tenacemente a tenere la mano su un suo seno, le dita sfioravano il
capezzolo, già anche troppo reattivo.
"Andiamo... di sopra..." Mormorò Josie; il
ragazzo sorrise, alzandosi, poi tirò in piedi anche lei e, di corsa e ridendo,
salirono le scale.
La luce del pomeriggio inoltrato entrava nella stanza
filtrata dalle foglie degli alberi che circondavano la casa; i due amanti erano
abbracciati vicino al bordo del letto.
Josie pensò che era bello stare in quel modo, e sentire
tutte le curve del suo corpo sotto il proprio, carezzare la sua pelle e sentire
lui che fa altrettanto... Improvvisamente, però, la ragazza sentì un moto di
fastidio, si scostò bruscamente da Orlando, mettendosi supina accanto a lui.
"Che c'è?" Domandò preoccupato l'attore, alzando
un po' il capo.
"Sei stronzo." Sentenziò Josie; lui si alzò sui
gomiti, per guardarla meglio.
"Ti sembra una cosa da dire, ad uno con cui hai
appena fatto l'amore?" Le chiese aggrottando la fronte; lei sbuffò.
"Fino a poco fa non ti sembravo così stronzo, mi pare." Continuò
leggermente offeso. "E poi, si può sapere che vuol dire?" Josie si
girò sul fianco.
"Vuol dire che non mi piace come ti comporti con
Kate." Rispose poi. "E, soprattutto, non mi piace essere il motivo
per cui ti comporti così con lei." Continuò severa. "Io sono più
stronza di te." Concluse rimettendosi supina; anche Orlando si distese.
"Guarda che dispiace anche a me." Dichiarò
l'attore, dopo qualche attimo di silenzio. "Ho una coscienza anch'io, che
ti credi..." Josie fece una smorfia scettica, lo sapeva com'era la
coscienza dei maschi. "Io ci ho provato, a non pensare a te, Dio mi è
testimone..."
"Per favore!" L'interruppe la ragazza alzando
una mano. "Non fare proclami, gli uomini li conosco meglio di quanto
credi." Aggiunse calma. "E' solo... mi è venuto da pensare che la
solidarietà femminile è un'utopia, che va alle ortiche davanti all'attrazione
sensuale." Spiegò.
"Questi panegirici, per piacere, risparmiateli per i
tuoi articoli." Commentò Orlando; poi fissò serio il soffitto. "Lo so
io, cosa vuol dire avere a che fare con Kate..."
Lo osservò per un attimo, il suo viso si era leggermente
contratto ed era diventato serio; si pentì subito di avergli detto quelle cose,
non riusciva a vederlo triste.
"Vieni qui." Gli disse, prendendogli la mano;
lui si girò e l'abbracciò. "Adesso voglio farti una cosa che sogno dal
giorno in cui ho visto una tua foto per la prima volta..." Orlando alzò
gli occhi incuriosito, lei sorrideva maliziosa.
"Cosa, cosa?" Domandò il ragazzo con urgenza.
"Ehhh, sapessi..." Rispose Josie vaga,
alzandogli le braccia e portandosele al collo. "Io sognavo di..." E
fece scorrere lentamente le dita lungo il petto di Orlando. "...dare dei
pizzicotti in questa bella ciccetta che hai sulla schiena!" Esclamò
infine, mentre già lo faceva; lui scattò ridendo, poi si rotolò sul materasso,
ma la ragazza non mollò.
"Ahi, mi fai male!" Protestava l'attore, senza
riuscire a smettere di ridere, anche perché il punto scelto da Josie era vicino
alle ascelle. "Ma cos'hai al posto delle mani? Due tenaglie?!" E
ridevano, rotolandosi e lottando, finché i pizzicotti diventarono carezze e le
proteste, baci, e finirono per fare l'amore di nuovo.
"Oh, ma dove sei finito tutto il pomeriggio?!"
Chiese con impeto Scott ad Orlando, quando, in una dorata sera californiana, se
lo trovò di fronte all'entrata di casa; l'amico fece una smorfia, mentre apriva
il cancello che conduceva alla villetta dal garage.
"Scusa, mi sono dimenticato del nostro
appuntamento." Mormorò imbarazzato l'attore.
"Cazzo, Orlando, ma non rispondevi al cellulare, mi
stavo preoccupando!" Lo rimproverò Scott, seguendolo dentro.
"Davvero, perdonami, l'avevo dimenticato in
macchina..." Riprese rammaricato Orlando. "Ho avuto un
contrattempo." Aggiunse senza guardare l'amico.
"Un contrattempo di mezza giornata!" Esclamò
l'altro. "E di che tipo? Lavorativo?" Orlando non sapeva dove
guardare, si diresse in cucina a capo basso, ma Scott lo seguì.
"Orlando?"
"Ecco..." Fece lui, alzando gli occhi.
"...diciamo... sessuale..."
"Come?!" Chiese incredulo l'amico, posandosi le
mani sui fianchi. "Non me lo dire, non me lo dire, non me lo..."
"E non te lo dico!" Sbottò l'attore allargando
le mani.
"Ci sei ricascato!" Ribatté serio l'amico.
"Ancora lei?" Domandò poi; Orlando annuì. "Ma allora la faccenda
è seria." L'inglese scosse la testa arreso, mentre si gettava su una
poltrona.
"E il bello è che non so come mi sento." Scott
lo guardò perplesso. "Da una parte sto bene, è stato un magnifico
pomeriggio, e dall'altra mi vomiterei addosso!"
"Ti rendi conto che ti stai comportando veramente
male, con entrambe?" Gli disse l'amico, con tono di rimprovero.
"Senti, non c'è bisogno che infierisci." Ribatté
Orlando, indicandolo. "Ti ho già detto che mi autocoprirei di
letame!"
"Te sei di fuori, ma proprio al largo, te sei in
acque internazionali, Orlando." Sentenziò Scott serio. "E stai
rischiando, lascia che te lo dica."
"Lo so questo." Affermò l'attore, adagiandosi
contro la spalliera pensieroso.
"Metti chiarezza nei tuoi sentimenti, il prima
possibile, o le perdi tutte e due." Gli consigliò l'uomo. "Perché è
così che vanno a finire, queste storie."
"Non c'è bisogno che me lo ricordi, ne sono
consapevole." Replicò mesto Orlando. "E' solo che non è così facile,
la conosci anche tu la situazione..."
"Sì." Intervenne Scott, sedendosi sul bracciolo
della stessa poltrona. "Ma l'hai creata tu, non dovevi lasciare che Kate
diventasse così dipendente da te, e tu da lei, non fa bene a nessuno dei due,
una relazione del genere." Orlando sospirò, posando il mento sulle mani.
"Se fossi certo che sta bene, la mia decisione
l'avrei già presa." Dichiarò poi. "Il fatto è che non ne sono affatto
sicuro." Aggiunse tristemente; Scott gli posò una mano sulla schiena.
Eccomi qua, le vacanze son finite, non così le ff,
per cui vi beccate un nuovo capitolo. Qui ne succederanno di cosette, ma ancora
ce ne sono in ponte, perciò mi dovrete sopportare! A presto, un bacione grande
a tuttissimi! Sara
~ Capitolo 6 ~
Josie usciva dall'ufficio alla fine di una mattinata di
lavoro; portava la sua cartella a tracolla e, sull'altra spalla, la borsetta,
mentre in mano aveva un paio di cartelline. Avrebbe dovuto chiamare un taxi,
siccome la sua auto era ancora dal meccanico, ma quando stava per estrarre il
cellulare davanti a lei, lungo il marciapiede, si fermò una fiammante Mercedes
cabrio. La ragazza riconobbe subito il tizio seduto alla guida.
"Ciao, Josie." La salutò lui.
"Ciao Cary." Rispose con poco entusiasmo.
"Bella macchina... ti sei forse fatto un regalo per la fine della nostra
storia?" Gli chiese serafica; lui fece un sorrisino compiaciuto: come al
solito non capiva il suo umorismo.
"Eh, era un pezzo che mi volevo togliere lo
sfizio..." Dichiarò soddisfatto l'architetto, carezzando il sedile del
passeggero. "Ma ho sentito che anche tu hai folleggiato."
"Che vuol dire?!" Reagì subito la ragazza
allarmata; che qualcuno del locale l'avesse vista uscire con Orlando e avesse
tratto delle conclusioni?
"Niente." Fece lui scuotendo il capo.
"Solo ho sentito dire che sei stata a festeggiare." Josie alzò le
sopracciglia, rassicurata, se Cary avesse saputo di più non sarebbe certo stato
zitto.
"Nulla di rilevante." Gli disse allora,
sistemando le cartelline che teneva in braccio. "Solo un paio di drink, me
li meritavo in fondo." Spiegò poi.
"Senti..." Riprese Cary qualche istante
dopo. "...so che sei a piedi..." La ragazza fece una smorfia
risentita. "...se mi permetti di darti un passaggio, dovrei parlarti di una
cosa." E detto questo si sporse e le aprì lo sportello; Josie rifletté per
un attimo, poi salì.
"E così avresti bisogno di casa mia."
Affermò la donna, quando Cary ebbe finito di illustrarle a grandi linee le sue
necessità; ormai erano a pochi minuti dall'arrivo. "Per farti fotografare
da People." L'uomo annuì.
"Vogliono fare un servizio su di me, e non posso
usare il mio appartamento di Downtown, non sarebbe appropriato." Spiegò
poi supplicante. "Capisci?"
"Io capisco tutto." Rispose Josie,
stringendosi nelle spalle. "E non ci sono problemi, dimmi quando..."
"No, aspetta." La bloccò lui, alzando una
mano. "Ora sono veramente di fretta, devo prendere un aereo per Sacramento
tra un'ora."Aggiunse. "Però, sempre se ti va, possiamo discutere i
dettagli domani sera a cena." La ragazza si fece pensierosa, non si
sentiva molto in vena di accettare un invito da parte del suo ex, non sembrava
nemmeno tanto appropriato; in fondo era solo una cena, ad ogni modo, e se lui
avesse cercato altro, lei sapeva come sistemarlo. Lo guardò, seria, e
chiaramente non entusiasta.
"Va bene, non ho impegni." Gli disse
infine; lui sorrise, il suo classico California Smile.
"Che ne dici andare al Palladium?" Le
chiese ancora sorridendo; non lo sopportava quel suo sorriso da campagna elettorale,
avrebbe desiderato fargli un buco nei denti come nei cartoni.
"Lo sai quanto mi piace la cucina greca."
Era proprio durante una cena in quel ristorante che lui le aveva chiesto di
convivere, era un bel ricordo, ma ora quasi l'infastidiva.
"Vengo a prenderti alle otto." Le annunciò,
mentre si fermava davanti al cancello; Josie annuì, poi scese e lo salutò.
Quella successiva sarebbe stata una lunga serata...
Orlando era fermo da qualche minuto davanti allo
specchio del bagno; odiava i momenti in cui non si doveva piacere per forza,
perché si rendeva conto che c'erano volte in cui non si piaceva per niente. I
vestiti, i capelli, la faccia... Ultimamente aveva troppe imperfezioni sulla
pelle del viso, sua madre gli aveva detto che era perché mangiava male, che
doveva farsi una cura di vitamine. Lei, nel frattempo, faceva la cura del
viaggio: appena tornata dalla Polinesia era ripartita per la Patagonia; si vede
che andava di moda la P.
Sbuffò, abbassando il capo, con le mani posate sul
bordo del lavandino; non aveva proprio voglia di andare fuori a fare lo
splendido quella sera, era il motivo per cui aveva accettato una semplice cena
intima con Kate. E ora gli scassava pure quello.
"Amore, sei pronto?" Gli domandò la voce
della ragazza, arrivandogli alle spalle.
"Sì." Rispose lui mesto.
"Ti sei cambiato la camicia?" Chiese ancora
Kate, con voce dolce e comprensiva; Orlando si girò di scatto, allibito.
"Certo che sì!" Esclamò; lei fece una
smorfia.
"E' che mi sembrava la stessa di ieri..."
Replicò lei con noncuranza, mentre lo scansava dallo specchio e finiva di
truccarsi.
"Ma ora, ti pare che vado a cena fuori con la
stessa camicia del giorno prima?!" Ribatté incazzato lui; lei si strinse
nelle spalle. "Vuoi controllare anche le mutande e i calzini?! Eh?! E poi,
se non ci credi, puoi sempre guardare nel cesto!" Kate si spostò di un
passo. "Cosa fai?! Guardi nel cesto?!"
"Oh, ma come sei agitato stasera!" Fece la
ragazza, rialzandosi. "Non ti vedo mica bene..." E dicendo questo si
girò verso il mobiletto, poi gli porse un tubetto. "...prenditi
qualcosa..."
"Non voglio nulla!" Gridò Orlando uscendo
dalla stanza.
"Mamma mia, quanto è paranoico..." Mormorò
Kate rimasta sola. "Quando ha queste serate non lo reggo..." Si voltò
verso la porta, voleva sempre l'ultima parola, era più forte di lei. "Sei
proprio pesante Orlando, ma davvero molto."
"Vaffanculo." Si sentì rispondere. "Ti
aspetto giù." Aggiunse il ragazzo, e se n’andò sbattendo la porta; lei
fece una smorfia, tornando a truccarsi.
La statua, a grandezza umana, di Pallade Athena era
la prima cosa che ti trovavi di fronte, entrando al Palladium, noto ristorante
greco che andava per la maggiore tra le celebrità più acculturate; Orlando si
domandava cosa caspita ci stesse a fare lui, in un posto dove la gente faceva
discussioni che lui faticava a seguire. La prima volta c'erano stati con Viggo,
e a Kate era molto piaciuto, nonostante la discussione conviviale tra il loro
accompagnatore ed il colto proprietario fosse caduta sulle metamorfosi di
Apuleio...
I due ragazzi furono accompagnati in sala; per volere
del creatore, quel locale, non aveva salette private, si doveva creare
l'atmosfera dei simposi greci, quelli in cui filosofi, matematici, poeti, si
riunivano per ampliare i loro confini. Il clima accogliente dei mobili in
legno, la luce soffusa e calda, il profumo delle vivande facevano il resto.
Orlando e Kate ottennero un tavolo in posizione
ottima e la ragazza si sedette soddisfatta, cominciando subito a leggere la
lista dei vini; lui, invece, annoiato e distratto, cominciò a guardarsi
intorno, giocherellando con la cordicella del menu.
Fu così che la vide. Josie era seduta ad un paio di
tavoli di distanza, portava un sexy abito turchese allacciato al collo,
aderente al busto e svasato sulla gonna; i capelli erano pettinati in un
ordinato chignon e aveva alle orecchie gli orecchini di opale.
"Orlando?" Lo chiamò Kate, lui si girò
sorpreso, con sguardo interrogativo; la ragazza gl'indicò il maitre che stava
aspettando a lato del tavolo. "Vogliamo ordinare?"
"Oh, sì scusa!" Esclamò lui con un sorriso
imbarazzato.
Il ragazzo, però, da quel momento cominciò a girarsi
continuamente nella direzione di Josie, cercando però di non farsi notare da
Kate, cosa che gli costò quasi l'uso a vita di un collare ortopedico; ad ogni
modo non voleva farsi sfuggire un gesto dell'altra ragazza, o dell'uomo
insipido che stava con lei. Grazie a questo, si accorse che lei era abbastanza
a disagio: si toccava continuamente i capelli e gli orecchini, ogni volta che
lui allungava una mano sul tavolo lei ritirava la sua e non lo guardava mai in
faccia; quando alzava gli occhi, lo faceva con un'espressione come se lo stesse
prendendo per il culo in silenzio. Orlando era soddisfatto della piega di
quella faccenda, ma in ogni caso gli rodeva che Josie stesse lì con quel tizio
rileccato ed espressivo come... come un guard-rail!
Ad un certo punto, con aria annoiata, la ragazza posò
il mento su una mano alzata, girandosi proprio nella direzione di Orlando; come
attratti da una misteriosa forza magnetica, i loro sguardi si trovarono subito.
Rimasero a fissarsi per un lungo momento, entrambi seri, pensosi; ma Orlando fu
richiamato all'attenzione da Kate, e furono costretti a smettere.
Cary, che aveva notato lo sguardo di Josie, si girò
nella stessa direzione; si accorse subito di Orlando e Kate seduti dall'altra
parte della sala.
"Hai visto? C'è Orlando Bloom con la sua
ragazza." Disse a Josie; lei annuì, guardando dall'altra parte. "Sta
guardando verso di noi!" Continuò l'uomo, poi alzò una mano e salutò
l'attore; la ragazza sarebbe sprofondata sotto metri di terra.
Orlando, che effettivamente si era di nuovo voltato
verso il loro tavolo, osservò con espressione perplessa il tizio sorridente che
lo salutava; sorrise a sua volta, poi alzò con nonchalance il dito medio. Cary
fece una faccia contrariata e ridicola, Josie dovette trattenersi per non
scoppiargli a ridere in faccia, mentre Kate rimproverava l'attore per il
gestaccio.
Cary, dopo la faccenda del saluto, era partito in uno
sproloquio sulla maleducazione delle star del cinema, che perché erano famosi
si potevano permettere di tutto, di essere incivili, eccetera, senza
considerare, nemmeno per un minuto, il fatto che la sua fama derivava proprio
dall'aver lavorato alle case di molti di loro. Josie si stava rompendo alla
grande.
"Scusa." Fece all'improvviso la ragazza,
scostando la sedia. "Vado un attimo in bagno." Gli disse e, senza
dargli il tempo di reagire, si allontanò.
Orlando si accorse subito di tutta la manovra e,
quando la vide dirigersi verso la toilette, si alzò di scatto; Kate lo guardò
allarmata.
"Che c'è?!" Gli domandò con gli occhi di
fuori.
"Hem... devo andare in bagno." Spiegò vago.
"Torno subito." E lasciò il tavolo.
Josie, sbuffando, guardava la sua faccia scocciata
nello specchio; come preventivato, quella serata con Cary si era rivelata in
tutta la sua noia, l'uomo aveva mostrato una volta di più i suoi difetti, senza
contare che si era pure messo a farle il filo come all'inizio della loro
storia, cosa che l'infastidiva in modo mostruoso. In più, chi si era trovata
nello stesso ristorante? Orlando. Più cercava di stargli lontano, più lui le
appariva davanti nei posti e nei momenti meno probabili; per esempio, non era
la sua, la faccia contrariata che vedeva ora riflessa nello specchio accanto
alla propria?
La ragazza si girò di scatto, con gli occhi sbarrati,
fissando l'attore, che le stava davanti con una mano appoggiata sullo specchio
e aria inquisitoria.
"Tu sei uscito di cervello!" Esclamò
allibita.
"Che ci fai qui con quel tipo?!" Le domandò
lui, indicando la sala; Josie lo guardava, incredula, sembrava decisamente
geloso.
"Io non devo..." Ma il rumore della porta
la interruppe; afferrò Orlando per un braccio e lo fece entrare in una delle
toilette, chiudendosi la porta alle spalle. "Ma si può sapere che cosa
vuoi?" Chiese al ragazzo a bassa voce.
"Voglio sapere cosa ci fai qui con quello."
Replicò Orlando, continuando col broncio.
"Con QUELLO ci ho convissuto per quattro anni, e
siamo a cena per i cazzi nostri, che, per inciso, non ti riguardano
assolutamente!" Ribatté lei, che si stava seriamente incazzando.
"Ahh, allora forse lo vuoi riconquistare, visto
come ti sei vestita..." Affermò provocatorio l'attore, indicando il suo
abito.
"Senti!" Reagì subito Josie, alzando l'indice,
ma poi ci ripensò; alzò gli occhi con espressione incredula, sospirando e
portandosi le mani ai capelli. "Io non ci credo... è una delle cose più
assurde che mi siano capitate..." Lui l'ascoltava aggrottando la fronte.
"Sono nel cesso di un ristorante, a farmi fare una scenata di gelosia, da
un tizio che sta a cena con la sua fidanzata, che non sono io!"
Orlando sospirò, appoggiandosi contro la parete;
capiva di essersi comportato come un deficiente, ma non poteva negare che gli
aveva fatto male vederla con un uomo, e sapere che era pure stato il suo
compagno lo faceva sentire anche peggio. La ragione non stava certo dalla sua,
era lui quello impegnato; Josie era stata chiara fin dall'inizio, ma lui non
poteva fare a meno di provare una certa possessività nei suoi confronti.
"Siamo qui a cena..." Riprese la ragazza,
dopo un lungo attimo di silenzio. "...perché People farà un articolo su di
lui, e vuole usare la mia casa per il servizio fotografico, doveva spiegarmi i
termini della faccenda." Spiegò; Orlando alzò gli occhi su di lei,
sorpreso.
"Per questo?" Fece; lei annuì.
"Soltanto per questo." Confermò poi.
"Non voglio aver più nulla a che fare con Cary, a livello sentimentale, ma
non gli potevo dire di no."
"Scusa." Mormorò il ragazzo, mentre chinava
il capo. "Sono un idiota."
"Sì, abbastanza." Replicò Josie, con un
sorrisetto; lui alzò gli occhi e la guardò.
"Sei stronza!" Esclamò, mentre il sorriso
gli si apriva sulle labbra.
"Lo sai!" Ribatté divertita la ragazza.
"Non capisco perché ti meravigli tanto..." Lui, nel frattempo, si era
avvicinato e le aveva posato le mani sui fianchi. "Che fai?" Domandò
dolcemente Josie. "E' un'eternità che stiamo qui dentro, dobbiamo tornare
in sala..." Ma Orlando aveva cominciato a baciarle il collo.
Il contatto con il corpo del ragazzo, come sempre, la
mandava di fuori; lui le carezzava con delicatezza la vita e le gambe, i
glutei, mentre la baciava con passione, e lei rispondeva voluttuosa... in quel
momento bussarono.
"Occupato..." Rispose la voce mezza
soffocata di Josie.
"Molto occupato..." Sussurrò divertito
Orlando sulla sua pelle.
"Fermati." Gli ordinò subito dopo la
ragazza, a bassa voce, scostandolo. "Dobbiamo tornare." Aggiunse
imperiosa.
"Vabbene." Acconsentì Orlando, sistemandosi
la giacca; anche se era un po' deluso, capiva che non era proprio il momento.
"Vai prima tu, io mi devo dare una
sistemata." L'attore fece un sorriso malizioso, Josie una smorfia.
"Controlla che non ci sia nessuno." Lui ubbidì, aprendo uno spiraglio
di porta, il bagno era vuoto.
"Vado." Le disse poi; la ragazza gli
sorrise, quindi gli diede un ultimo veloce bacio e gli carezzò la guancia col
dorso della mano. Orlando rispose al sorriso ed uscì.
Quando Josie tornò al tavolo, a Cary non sfuggì la
sua espressione piuttosto soddisfatta; la scrutò per qualche secondo, poi si
decise a parlare.
"E' stata una cosa lunga." Le disse; lei
gli sorrise, con aria vagamente furba.
"Era occupato." Rispose infine, poi si
voltò verso il tavolo di Orlando e lo trovò che guardava nella sua direzione;
si scambiarono un'occhiata complice.
Cary accompagnò Josie fino alla porta di casa; con la
sua solita sensibilità non aveva minimamente notato il fastidio che provava la
ragazza. Sotto il portico, mentre lei infilava le chiavi nella serratura,
sperando che se ne andasse, lui le prese la mano; Josie si girò preoccupata,
guardandolo interrogativa.
"Non m'inviti ad entrare?" Le chiese
l'uomo; lei alzò le sopracciglia stupita.
"No." Rispose poi, secca, con un sorrisino
falso, scuotendo il capo; Cary, però, non lasciava la presa.
"Joss..." Riprese, sfoderando uno sguardo
che avrebbe dovuto essere seducente. "...io sono ancora molto attratto da
te..." A quelle parole la ragazza rabbrividì, erano mesi che non provava
più nulla per lui, ed ora, la sola idea di essere toccata da uno che non fosse
Orlando, le dava estremamente fastidio; questo le chiarì molte cose del suo
animo, si rasserenò.
"Io no." Disse a Cary, e aprì la porta.
"Josie." La chiamò ancora lui; scocciata,
roteò gli occhi e si girò verso l'uomo.
"Cary, è finita." Affermò ineluttabile.
"Grazie per la cena, ci vediamo, eh!" E detto questo, entrò in casa e
si chiuse la porta alle spalle; pochi istanti dopo lo sentì ripartire con
l'auto.
Rassicurata, Josie posò lo scialle e le chiavi sul
mobiletto vicino alla porta, poi si avviò per il piano di sopra; mentre saliva
le scale squillò il cellulare. Lo prese, preoccupata: chi mai le poteva
telefonare a quell'ora di notte? Il numero era sconosciuto, così pensò ad uno
sbaglio.
"Pronto?" Rispose timorosa.
"Ciao." Fece una voce maschile, vagamente
familiare.
"Orlando, ma sei tu?" Chiese la ragazza
aggrottando la fronte.
"Sì."
"Ma che ti salta in testa! Si telefona alla
gente a quest'ora di notte, mi stava venendo un colpo!" Protestò Josie
che, nel frattempo, era arrivata in camera.
"Stavi già dormendo?" Le domandò; se
l'immaginò con una faccina rammaricata e le sopracciglia aggrottate, le scappò
un sorriso.
"No, sono appena rientrata, ma..." Poi le
venne in mente una cosa. "Come hai avuto questo numero?" Gli chiese
insospettita; lui ridacchiò.
"Basta sapere a chi chiedere, e il mio
assistente è un mago di queste cose!" Rispose poi, allegramente.
"Senti... sei sola?" Stavolta fu lei a ridere.
"Cary ci ha provato..." Confessò divertita.
"...e io l'ho mandato in bianco!"
"Grande!" Esclamò Orlando entusiasta;
risero per qualche istante.
"E Kate, dove l'hai messa?" L'interrogò
lei, poco dopo.
"E' a letto." Rispose l'attore. "Io
sono in spiaggia." Aggiunse.
"Hm, ti dedichi ad un nuovo sport?" Fece la
ragazza, provocatoria. "Seghe mentali al chiaro di luna?" Orlando
scoppiò a ridere di nuovo.
"Ma tu non ti smentisci mai, sei proprio
bastarda dentro!"
"Che ci vuoi fare, ad ognuno la sua croce."
Ribatté lei, stringendosi nelle spalle. "Perché mi hai chiamato,
Orlando?" Alla domanda seguì una pausa di riflessione del ragazzo.
"Chiamami stupido e infantile..." Mormorò
infine. "...ma volevo sentire la tua voce prima di dormire..." Josie
ebbe un tuffo al cuore, dopo quella dichiarazione tenera e un po' ingenua; non
sapeva cosa dire. "La spiaggia è così bella e, a parte gli scherzi, anche
la luna è stupenda..."
"Hm, c'è umidità a quest'ora, e una costante
puzza di pesce." Lo interruppe serafica la ragazza; come sempre si era
rifugiata nel sarcasmo.
Lui, che era chiaramente rimasto interdetto, tentò
ancora. "Beh, ma la notte è azzurra e la sabbia calda, e ci sono tante
stelle..." Ci stava provando gusto a fare il romantico.
"Seh, così non si vede un cavolo, e poi la
sabbia si appiccica dappertutto." Replicò Josie.
"Ma allora vuoi proprio che ti mandi
affanculo!" Il tono di Orlando, però, non era infastidito, anzi, sembrava
più quello di uno che si trattiene dal ridere.
"Scusa." Disse allora lei. "Sono
davvero pessima, a volte." Dichiarò quindi.
"Spesso." Precisò il ragazzo.
"Ok, spesso!" Accettò Josie ridendo.
Orlando avrebbe voluto averla lì in quel momento,
vederla ridere, e baciarla, poi passeggiare insieme lungo il bagnasciuga,
guardando la luna; si sentiva un ragazzino cretino.
"Quando ci vediamo?" Le domandò improvviso
e urgente; lei si rabbuiò subito.
"Orlando, credo che sia meglio evitare..."
Rispose sconsolata la ragazza.
"Domani?!" Fece lui, ignorando la sua
risposta; Josie era incredula, ma che razza di testa dura aveva, quel ragazzo?
"Ti ho detto che..."
"Dimmi di sì." La supplicò l'attore.
"Anche volendo..." Ribatté arresa la
ragazza. "...domani è impossibile, al mattino sono impegnata in ufficio,
poi ho un pranzo di lavoro e, nel pomeriggio, devo partecipare alla proiezione
per la stampa del nuovo film di Spielberg."
"Ma..." Tentò di replicare lui.
"Orlando, vai a dormire." Gli consigliò
Josie. "Preferisco confidare nella fortuna, per incontrarti di
nuovo." Affermò poi.
"Io, invece, non ne ho alcuna intenzione."
Protestò il ragazzo.
"Stiamo perdendo il controllo, ti prego, non
insistere." Mormorò lei mesta. "Buonanotte."
"Aspetta..." Fece in tempo a rispondere
Orlando, prima che Josie chiudesse la chiamata, provò a richiamare, ma il
telefono era stato spento.
Josie, ancora col telefono in mano, si gettò sul
letto sospirando; si grattò preoccupata la fronte. Era in un precario
equilibrio, adesso, stava in bilico su quella linea sottilissima che separa
infatuazione e amore, e lei non era mai stata una grande trapezista; la ragazza
navigava a vista tra i suoi sentimenti, perché, se da un lato si stava
certamente innamorando di Orlando, dall'altro era quasi sicura che standogli
lontano poteva farcela a dimenticarlo. Il modo in cui si comportava lui,
purtroppo, le dava una speranza che non riusciva ad ignorare. Sconsolata, si
alzò, mise la camicia da notte e decise di dormire.
La mattina dopo, alle sett'albe, l'assistente di
Orlando si sentì suonare alla porta; ancora assonnato e un po' sbattuto, il
ragazzo andò ad aprire, solo dopo qualche minuto di insistente suono. Spalancò
gli occhi, quando si trovò di fronte il suo capo.
"Orlando, ma che fai?!" Esclamò incredulo.
"Ma che mi hai dormito sul pianerottolo?" L'attore lo spinse in casa,
chiudendo poi la porta.
"Ascoltami e non fare domande." Affermò
imperioso Orlando; lui lo guardava ancora con gli occhi di fuori, però annuì.
"Tu devi trovarmi un invito per la proiezione stampa del nuovo film di
Spielberg." Disse l'attore; l'altro divenne ancora più allibito.
"Ma... ma Orlando..." Balbettò. "...ci
vuole un accredito da giornalista, per avere quegli inviti..." Tentò di
spiegargli.
"Beh, che problema c'è, trovalo." Replicò
l'inglese allargando le mani; l'assistente lo fissò per un attimo, poi sospirò
arreso.
"Va bene." Acconsentì alla fine, chinando
il capo e dirigendosi verso la cucina. "Ma perché lo vuoi, sempre se vuoi
dirmelo."
"Te non ti preoccupare, ci devo andare in tutti
i modi!" Dichiarò Orlando seguendolo. "Ti do fino alle tre di
oggi."
"Ok." Annuì il ragazzo, versandosi una
tazza di caffè.
"Oh, ma mettiti al lavoro subito, eh!" Gli
ordinò l'attore; lui lo guardò basito.
"Cazzo, Orlando, abbi pietà!" Sbottò poi.
"Sono le sei del mattino, fammi fare almeno colazione!" L'attore,
improvvisamente, si rese conto di aver esagerato.
"Sì, scusa!" Proclamò subito, alzando le
mani. "Sono un rompipalle, lo so."
"Beh, almeno lo ammetti..." Constatò
divertito l'assistente.
"Scusa ancora." Fece Orlando, dandogli una
pacchetta sulla spalla. "Tu vali tanto oro quanto pesi!" Aggiunse;
l'altro storse la bocca. "Io ora vado al lavoro, ma aspetto tue notizie..."
Riprese poi Orlando, dirigendosi alla porta. "...so che non mi
deluderai!" E dicendo questo, uscì dall'appartamento.
"E così mi ripaga, 'sto rotto in culo."
Commentò l'assistente sorridendo, una volta rimasto solo.
Orlando, per l'occasione, si era così bardato: polo
rosa, che non sapeva nemmeno di possedere, giacca grigia, jeans chiari, scarpa
di cuoio, che fa più professionista, cappello tipo pescatore di jeans, ben
calcato sulla testa, occhiali da sole. Si sentiva come un inviato della BBC, decise
di calarsi nella parte, per facilitarsi il compito.
Arrivato agli studi dove si sarebbe tenuta la
proiezione, si tenne sapientemente in disparte, con tutti quei giornalisti
cinematografici era meglio non farsi notare troppo; seguì, però, Josie con lo
sguardo. Quando li fecero accomodare in sala, per Orlando non fu difficile
guadagnare il posto vicino a lei; Josie non si era accorta di nulla, visto che
era girata dall'altra parte. Il ragazzo attirò la sua attenzione toccandole
appena un braccio; si girò subito e sgranò gli occhi. Lo vedeva bene, non
avevano ancora spento le luci.
"Ma tu stai veramente male!" Esclamò
inviperita; Orlando sorrideva, per nulla scoraggiato.
"Non sei contenta di vedermi?" Le chiese
raggiante.
"Come cavolo hai fatto ad entrare?! Bisogna
possedere un accredito stampa per avere l'invito!" Replicò la ragazza,
ancora esterrefatta.
"Tranquilla." Rispose lui, posandole una
mano sul braccio. "Sono del tutto in regola."
"Quello che non è in regola è il tuo
cervello!" Sbottò Josie; in quel momento si abbassarono le lucie scese il silenzio in sala. "E poi,
come ti sei conciato, sembri un personaggio di Paura e Delirio a Las
Vegas!"
"Io credevo che mi donasse, questo
colore..." Disse Orlando, afferrando un lembo della sua maglietta; Josie
sbuffò contrariata.
"Volete stare zitti, siamo qui per
lavorare." Li rimproverò una voce acida alle loro spalle; la ragazza lo
guardò molto male.
"Vedi di non disturbarmi mentre lavoro." Lo
minacciò a voce bassa, brandendo l'indice.
"Non ti preoccupare..." Rispose Orlando
alzando le mani. "...me ne starò qui, buono buono, a vedere il film, non
mi sentirai." E si lasciò scivolare, mettendosi mezzo sdraiato sulla
poltroncina; Josie si accomodò a scatti, sistemando il suo taccuino sul bracciolo.
Quando il film finì, lentamente, il pubblico di
critici e giornalisti si allontanò dalla sala. Josie era arrabbiata: per tutto
il tempo Orlando aveva cercato di prenderle la mano, carezzarle il ginocchio,
passarle un braccio intorno al collo; nemmeno una gomitata nello stomaco lo
aveva fatto desistere, pareva si divertisse parecchio, ma lei era incazzata sul
serio.
L'attore la precedeva, mentre uscivano dalla
proiezione; con sguardo truce, Josie lo prese poco delicatamente per un braccio
e lo portò tra le tende del ridotto.
"Si può sapere che cazzo ti è saltato in
mente?!" Gli chiese brusca, ma tenendo la voce bassa; lui sorrideva
gongolando.
"Ti è piaciuto il film?" Le domandò
tranquillo.
"Ma vaffanculo!" Replicò la ragazza.
"A me è abbastanza piaciuto." Affermò lui,
continuando col suo atteggiamento rilassato.
"Lo saprai leggendo l'Herald, il mio
giudizio." Sibilò Josie. "Certo non ero nello stato d'animo per farmi
piacere qualcosa!"
"Joss, rilassati!" Esclamò Orlando alzando
le mani.
"Mi vuoi spiegare come faccio a rilassarmi,
quando ci sei tu che continui a toccarmi, mentre sto cercando di
lavorare?!" Ribatté lei con le mani sui fianchi. "Il mio lavoro è una
cosa seria, per me, perdio!"
"Capisco benissimo, anche il mio per me lo
è." Rispose lui annuendo.
"E allora?!" Sbottò la ragazza; lui la
guardò in silenzio per un lungo momento.
"Io non posso starti lontano." Dichiarò
serio, ma sempre con un lieve sorriso. "E, nonostante lo neghi, so che è
lo stesso per te." Aggiunse, posandole le mani sulle spalle; la ragazza lo
scrutò insospettita.
"Credevo avessimo concordato di non
vederci..." Orlando fece un'espressione meravigliata, lasciandola, mentre
allargava le braccia.
"Hai fatto tutto da sola!" Protestò
ridendo. "E poi, prendila così, ho solo dato una mano alla fortuna."
Josie scosse il capo, ridendo allibita.
"Tu..." E lo indicò. "...come minimo
hai smosso mare e terra, per avere l'invito, perciò fammi il favore!"
"Vabbene." Ammise Orlando. "Forse l'ho
fatto, ma io dovevo vederti." La ragazza sospirò, quindi chinò il capo
scoraggiata.
"Orlando..." Mormorò, continuando a tenere
gli occhi bassi. "...per quanto tu m'interessi..." E rialzò lo
sguardo in quello di lui. "...io non posso essere la seconda, non voglio
esserlo." Il ragazzo si avvicinò, arrivando a sfiorarla col proprio corpo,
le portò le mani alle spalle quasi con una carezza, poi la guardò negl'occhi.
"E se io ti assicurassi che non lo sei?" Le
disse dolcemente; lei lo fissò a lungo, il suo sguardo era chiaramente sincero,
serio, preoccupato, le sfiorava il collo con le dita.
"Posso non esserlo nel tuo cuore." Affermò
lei, carezzandogli il viso, perché nonostante tutto le faceva un'enorme
tenerezza. "Ma la realtà è un'altra cosa." Aggiunse rammaricata.
"E che cosa posso fare io, adesso?" Domandò
allora Orlando, con un'espressione da bambino triste; lei gli carezzò le guance
e i capelli con entrambe le mani.
"Perdonami." Mormorò poi. "Io non
voglio essere un ulteriore problema per te, Orlando, voglio essere una
soluzione." Dichiarò con dolcezza; lui fece un breve sorriso.
"Posso baciarti?" Chiese, quasi
timidamente, aspettando timoroso la risposta; Josie però annuì.
La spinse contro il muro e si ritrovarono immersi
nelle pesanti tende di velluto verde; la ragazza avvertiva chiaramente il
calore e la consistenza delle sue mani sulla pelle, attraverso la stoffa
sottile della camicetta. Il bacio, come sempre tra loro, fu molto appassionato,
e capirono subito di aver voglia di fare l'amore; infatti, le loro mani, si
muovevano già in un certo, ed inequivocabile, modo. Si scostarono un po', per
riprendere fiato.
"Dimmi che hai il cellulare, in tasca..."
Sussurrò Josie sul suo collo; lui rise piano, poi la guardò negl'occhi.
"No..." Rispose malizioso. "...ho solo
un portachiavi molto grosso..."
"Mi piace il tuo portachiavi..." Dichiarò
la ragazza, sfiorando i jeans all'altezza dell'inguine.
"Andiamo." Affermò sbrigativo Orlando,
prendendola per mano e trascinandola fuori.
Erano finiti nel primo motel disponibile; Josie aveva
effettuato le pratiche per la camera, mentre Orlando verificava di non essere
seguito da paparazzi. Non che lo credesse, poiché si vedevano di rado quando
era solo, pareva fossero estremamente attratti dalla sua coppia con Kate, tanto
che, in una fase particolarmente depressiva, era arrivato a pensare che li
chiamasse lei...
Si erano fiondati nella stanza e, appena chiusa la
porta, spogliati di corsa; avevano consumato un rapporto piuttosto veloce, ma
anche soddisfacente. Ora, lui la teneva schiacciata contro il materasso con il
peso del proprio corpo, posando il capo sul suo seno, mentre lei gli carezzava
i capelli.
"Devo andare Orlando, ho un impegno per
cena." Gli disse la ragazza; l'attore alzò appena il capo, per guardarla.
"Ti ho beccato proprio in una
giornataccia." Ribatté con un sorriso.
"Hm, te lo avevo detto." Fece lei
scostandosi.
"Ma nemmeno cinque minutini di coccole?"
Tentò il ragazzo con una faccina supplicante.
"Sono già in ritardo, non avrò neanche il tempo
di lavarmi i denti." Si lamentò Josie, uscendo dal letto; Orlando si mise
su un fianco, per guardarla mentre si rivestiva.
"Dovrei avere delle gomme, da qualche parte, in
tasca." Le disse, mentre osservava compiaciuto la bella curva che faceva
il suo sedere sul bordo del letto.
"Eheheh." Rise lei, alzandosi e sistemando
le mutandine. "Tanto è inutile che ti porti sempre dietro gomme e
caramelle di menta!" Aggiunse sarcastica.
"Oh, aspetta." Fece lui raddrizzandosi.
"Non capisco cosa vuoi dire..."
"Dai!" Sbottò lei, girandosi mentre si
allacciava il reggiseno. "Riconosco il sapore e l'odore di un fumatore
lontano un chilometro!" Proclamò sorridendo. "Ho smesso di fumare
all'ultimo anno di università, e per i dodici mesi successivi avrei baciato in
bocca ogni fumatore che incontravo per strada, solo per aspirargli il fumo dai
polmoni, perciò non raccontare storie a me!" Concluse con le mani sui
fianchi; lui si gettò supino, con una mano sul viso.
"Sei tremenda..." Mormorò arreso.
"Arrenditi comunque, non si può mascherare,
potresti pure farti la doccia nel profumo, non servirebbe a nulla."
Riprese la ragazza. "Fossi in te, sceglierei il male minore: smetti
subito." Gli consigliò. "Prima di arrivare a farti schifo, come è
successo a me, smetti." Orlando la fissò per un attimo, aggrottando la
fronte.
"Ma tu cosa sei? Una con cui vado a letto, o il
mio grillo parlante?" Le chiese serio; Josie replicò con uno sguardo
serafico e malizioso.
"Io sono un grillo parlante travestito da
miglior sesso della tua vita." Affermò sicura; lui si trattenne per un
secondo, poi scoppiò a ridere.
Orlando smise di ridere solo dopo qualche attimo, ma
continuava a sorridere ed aveva gli occhi lucidi; il verso di canzone che le
venne in mente fu spontaneo: "Did I see a tear fall from your eyes / Or
did you laugh so hard that you cried". Si sedette di nuovo sul letto e
lo baciò, era così bello che non aveva potuto resistere; lui rise di nuovo,
piano, dolcemente. Josie, però si fece più seria, si guardò intorno, poi tornò
a fissare lui con una smorfia.
"Ti rendi conto delle vette di squallore che
abbiamo raggiunto oggi?" Gli chiese. "Abbiamo fatto sesso in un
motel." Aggiunse, quasi incredula; e l'attore rise di nuovo.
"Fa molto telefilm di serie B, eh?!" Fece
poi, divertito.
"Mamma mia!" Sbottò lei alzandosi, dopo
aver recuperato la camicetta. "Non è proprio da me..." Aggiunse
scuotendo il capo, mentre si abbottonava.
"Beh, che problema c'è?" Intervenne
Orlando, ancora tranquillamente spaparanzato a letto e poco coperto dalle
lenzuola. "Non ti piace il motel? Andiamo da te!" Propose pratico.
Josie, che si stava infilando la gonna, si girò
stupita, rimettendosi dritta; lo guardò allibita. "Lo sai cosa sei
tu?" Gli domandò poi, lui scosse il capo. "Tu sei un grandissimo
paraculo!"
"Non sei la prima che me lo dice, sai?"
Rispose Orlando ridendo.
"Hm..." Fece lei, fingendosi seria, mentre
si aggiustava i capelli. "...io ci rifletterei su questa cosa..." Ma
l'irresistibile risata del ragazzo la coinvolse dopo pochi momenti.
- La canzone citata è "Every word was a piece of my heart" di
Jon Bon Jovi, dall'album "Destination anywhere"
Le due ragazze stavano facendo la spesa nel loro abituale
supermercato e, mentre Franny si tratteneva al bancone della verdura biologica,
Josie camminava distrattamente tra gli scaffali, sgranocchiando le patatine che
aveva nel carrello; quest'ultima, poco dopo, si fermò davanti allo stand di
giornali e riviste, ne prese una e si mise a sfogliarla.
Fran la raggiunse qualche minuto dopo, aveva finito di
fare la spesa e voleva andare alla cassa; vide l'amica osservare la rivista con
sguardo vago e perso, così si avvicinò incuriosita.
"Cosa succede?" Le domandò; Josie sussultò
lievemente, poi si girò verso di lei.
"Niente..." Rispose stringendosi distrattamente
nelle spalle.
"Joss..." Replicò scoraggiata l'amica.
"...hai la faccia come il culo di un gatto, perciò parla." L'altra
ragazza sospirò, poi le porse la rivista, guardando però verso il soffitto.
Franny la sfogliò, assumendo via via una faccia più
consapevole; sulle pagine che stava guardando c'era un lungo servizio
fotografico di Orlando e Kate, l'inquadrava per strada, che si tenevano per
mano, si scambiavano smancerie e, infine, si abbracciavano appassionatamente.
La ragazza si morse il labbro inferiore, restituendo il rotocalco all'amica.
"Capisco..." Commentò amara. "I piccioncini
tubano, e le palle girano..." Aggiunse osservando preoccupata l'altra
ragazza.
"Proprio una bella coppiettina, eh?" Fece Josie,
con un mezzo sorriso acido.
"Scusa, Joss..." Riprese Franny. "...ma
l'ultima volta che n’abbiamo parlato, non mi avevi detto che era tutto
risolto?" Le chiese insospettita; lei sbuffò.
"Ho imparato che, purtroppo, con Orlando non si
risolve mai nulla definitivamente." Rispose, rimettendo a posto la rivista
e allontanandosi col carrello, seguita dall'amica.
"Temo che mi manchi qualche scena... per vedere il
quadro completo." Affermò Fran, mentre si avvicinavano alle casse; Joss si
fermò e guardò negl'occhi l'altra ragazza.
"Da circa un mese, io e lui ci vediamo ogni
mercoledì, a casa mia." Confessò secca, e si voltò di nuovo; dopo trenta
secondi si rifermò e si girò di nuovo. "Alle quattro." Riprese a
camminare; Fran la osservava sbalordita.
All'altezza dei pelati, Josie si fermò ancora una volta e
sospirò arresa; Franny le fu subito accanto, incuriosita e preoccupata. La
ragazza prese una bottiglia di passata, la mise nel carrello e guardò l'amica.
"E' diventata una roba tipo appuntamento
dall'analista..." Mormorò sconsolata; Fran l'osservò aggrottando le
sopracciglia.
"Però..." Disse poi. "...non credo che
passiate questi pomeriggi a sviscerare le teorie del dottor Freud, o mi
sbaglio?"
"E questa situazione ti dispiace molto?" Domandò
Franny, seria, osservando ogni reazione dell'amica; lei sospirò ancora, prima
di rispondere.
"Beh, non mi dispiacerebbe, se lui non avesse
ufficialmente un'altra, e io non fossi diventata il sesso dopopranzo del
mercoledì pomeriggio!" Sbottò Josie.
Dieci minuti dopo erano in macchina; guidava Fran, mentre
l'altra osservava davanti a se senza espressione. Quelle foto non le erano
decisamente andate giù.
"Dai, non sembravano poi così felici, in quel
servizio!" Esclamò allegramente Franny, cercando di tirarla su. "Se
ci pensi bene, ad un certo punto sembrava quasi che lui stesse cercando di
soffocarla!" Aggiunse ridendo; anche Josie fece un breve sorriso.
"Il fatto è che..." Esordì l'amica incrociando
le braccia. "...questa situazione è troppo comoda, per lui." Affermò
con rabbia. "Non affronterà mai Kate, finché dall'altra parte ci sono io
che, nonostante tutto, non so dirgli di no!"
"Ti sei innamorata, Joss." Dichiarò sconsolata
Fran.
"Lo so." Replicò lei.
"E ti sei infilata in un ginepraio." Aggiunse
preoccupata l'altra.
"Grazie al cavolo! Lo so, perfettamente!"
"Senti..." Fece l'amica, dopo qualche attimo di
silenzio. "...ma tu gli hai mai chiesto di mettere le cose in chiaro con
Kate?" Le chiese; Josie storse la bocca.
"No." Rispose infine. "Ma come faccio? Non
è così semplice." Aggiunse scoraggiata. "Io mi sento tremendamente in
colpa, verso di lei..." Mormorò poi, chinando il capo. "E poi... ha
anche dei problemi di salute che..."
"In che senso?" L'interruppe Franny; Josie la
guardò.
"Ha un qualche disturbo alimentare, e non vuole
rivolgersi ad uno specialista." Spiegò. "Così lui ha paura che, se la
lascia adesso, combina qualcosa." Allargò le mani, storcendo il naso.
"Allora, ne avete parlato?" Fece Fran, mentre
cambiava per svoltare a destra.
"Certo." Annuì Josie. "Per quello che può
servire."
"Ad ogni modo, sarebbe un passo avanti se tu sapessi
cosa prova lui per te." Affermò l'amica.
"Mh..." L'altra fece una smorfia. "Orlando
è l'essere più indecifrabile del pianeta, al limite del maniaco
depressivo." Dichiarò poi. "Passa da momenti di euforica deficienza,
a fasi di serietà contemplativa, nel complesso è un tipo piuttosto fragile, ha
bisogno di continue conferme, e di certezze." Spiegò. "Non gli ho mai
chiesto se mi ama, ma, del resto, dubito che ne sia consapevole."
"E fagliela venire, la consapevolezza!" Esclamò
drastica Fran; Josie la guardò sorpresa.
"Spiegami un po' cosa intendi." Le disse poi.
"Mia cara, io sono sempre per la vecchia norma
secondo la quale in amore vince chi fugge." Dichiarò sicura, gesticolando
con una mano e guidando con l'altra. "Perciò, siccome questa faccenda ti
pesa, sparisci per un po'." Le consigliò, strizzandole l'occhio.
"Ma Fran, io non posso andarmene così!" Protestò
la passeggera. "Ho il mio lavoro, le mie piante, e... e..."
"Smettila Joss, sei sempre la solita!" Replicò
l'amica, fermandosi alla prima area lungo la strada, poi si girò verso di lei.
"Alle piante ci penso io ed hai un sacco di ferie non godute, perciò
fottiti di tutto e parti, vai alle Hawaii, in Polinesia, dove ti pare e falla
finita!"
"Non posso andare così lontano!" Continuò Josie.
"Fra tre settimane ho un importantissimo convegno a San Francisco, e devo
andarci assolutamente!"
"Niente scuse! Vuoi che lui si renda conto di amarti,
o no?" Ribatté decisa Fran; Josie titubava. "E poi, che problema c'è?
Puoi andare più vicino." Aggiunse allargando le mani. "Cosa c'è di
meglio della baia di Acapulco, con la sua lussureggiante vegetazione ed il suo
mare cristallino?" Proclamò con tono pubblicitario; l'altra ragazza dava
l'impressione di riflettere, finché non alzò gli occhi in quelli dell'amica.
"Acapulco?" Franny annuì. "Potrei anche
farci un pensierino... ma dici che funzionerà?" Chiese dubbiosa;
l'arredatrice si girò e la prese per le spalle.
"Tranquilla!" Esclamò entusiasta. "Metodo
garantito!" Josie alzò uno scettico sopracciglio, ed entrambe scoppiarono
a ridere.
Orlando partecipava ad una cena in un esclusivo club sulla
spiaggia di Santa Monica; gli ospiti erano stati fatti accomodare su comodi
day-bed, mentre i camerieri servivano indaffarati le vivande. La moda dei letti
da spiaggia era nata in Florida, e si era rapidamente diffusa in tutte le
spiagge più esclusive del pianeta; in questa occasione di trattava di strutture
dalla forma di grandi letti a due piazze, sormontate da una struttura di legno
scuro, con tende fini decorate in stile orientale. Gli invitati stavano semi
distesi sui materassi candidi, adagiati contro cuscini di seta, divisi in
gruppetti, cinque o sei per letto, godendosi la cena; la spiaggia era
illuminata da torce e, da alcuni bruciatori appositi, emanavano fragranze
rilassanti e avvolgenti. Ma, ad Orlando, non importava nulla di tutto questo.
Era disteso sul bordo del suo letto, mentre alle sue
spalle Kate, Scott e Deb, ed altri, chiacchieravano animatamente; lui si era
acceso una sigaretta ed osservava il nero del mare e del cielo confondersi
all’orizzonte, si distinguevano solo perché sulle onde appena increspate si
rifletteva una pallida luna.
Il giorno prima aveva visto Josie, ma non avevano fatto
l’amore; fin da subito era stato chiaro che nessuno dei due ne aveva voglia. In
camera c’erano arrivati, qualche bacio e niente di più, c’era un’atmosfera
strana quel giorno. Erano finiti sul letto, abbracciati; il silenzio iniziale
era durato una buona mezz’ora, finché, chissà per quale motivo, Orlando le
aveva chiesto di suo padre. Forse era stata una foto che quel giorno, per la
prima volta, il ragazzo aveva notato sul comodino, o forse solo perché la
vedeva malinconica, ma lo aveva fatto. E allora Josie aveva parlato,
raccontandogli del suo rapporto col genitore, di quanto il suo modo di vivere,
la sua personalità, il suo carisma, l'avessero influenzata, di come la sua vita
fosse il risultato della forte presenza di quel padre filosofo e
anticonformista, giramondo, che parlava l'arabo e il giapponese, e che l'amava sopra
ogni cosa. Orlando l'aveva ascoltata in silenzio, commuovendosi del suo dolore
per la perdita; infine, dopo un'altra pausa di silenzio, fu lui a parlare.
Anche il ragazzo parlò del padre, o meglio, della mancanza di un padre, della
situazione confusa della sua infanzia e del fatto che, dopo anni di
autoanalisi, aveva raggiunto la consapevolezza che da quello dipendevano molte
delle sue insicurezze.
Orlando gettò il mozzicone consumato nella sabbia, poi
lanciò un'occhiata distratta alle persone dietro di lui; in quel momento Kate
si avvicinò a lui con un piatto.
"Prendi un altro bocconcino di sushi, amore."
Gli disse, porgendogli la portata; il ragazzo si mise seduto e la guardò male.
"Ti ci vuole forse un corso apposito, per capire che
il pesce crudo mi fa schifo?" Le chiese con arroganza; lei spalancò gli
occhi e la bocca.
"Ma... lo hai sempre mangiato..." Mormorò
stupita, fissandolo.
"Non significa che mi piaccia!" Sbottò Orlando,
poi scese dal letto, incamminandosi sulla spiaggia; presto scomparve oltre la
luce delle torce.
Scott e Deb si scambiarono un'occhiata preoccupata.
"Ma che gli succede ultimamente?" Domandò la ragazza al marito.
"Deb, non lo so..." Rispose sconsolato lui,
osservando la fiammella di un accendino nel buio. "...ma spero che gli
passi..."
Orlando, nel frattempo, camminava nervosamente sulla
sabbia, dopo aver sputato la sigaretta che si era appena acceso; in quel
momento gli dava fastidio tutto. La mente, inevitabilmente, gli ritornò al
giorno prima; non si era mai aperto così con nessuno, ma gli era venuto
naturale con Josie. Sarà stato per il suo calore, per la sua tenera
comprensione, ma ad Orlando sembrava sano e giusto, mettere il proprio cuore
nelle mani di quella donna, lo sentiva sicuro e protetto. Quando Josie non
c'era, gli mancava in maniera insopportabile; gli mancavano le sue braccia che
lo facevano sentire sicuro, il modo in cui gli carezzava il viso e i capelli,
questi gesti lo facevano tornare all'infanzia, quando la vita era facile...
Ormai, nella sua mente, Josie era associata ad un'immagine di sicurezza, di
dolce stabilità, di cui lui sentiva un enorme bisogno in quel momento della sua
vita.
In quel momento il suo cellulare gli comunicò l'arrivo di
un messaggio; un po' scocciato, Orlando tirò fuori dalla tasca l'apparecchio. I
suoi occhi, però, s'illuminarono, quando vide il mittente: Joe, pseudonimo
sotto il quale aveva nascosto il numero di Josephine. Guardò subito il
contenuto, ma presto s'incupì; il messaggio diceva: Sto partendo, non
cercarmi per un po'. Joss.
Orlando sentì un'ondata di pura disperazione
attraversargli il corpo, gli tremavano le gambe e si ritrovò con gli occhi
lucidi; non riusciva a crederci, era impossibile! Rilesse incredulo il
messaggio, incapace di reagire, era come se gli avessero tolto all'improvviso
il pilone di sostegno. Riuscì, bene o male, a riprendersi leggermente e
ricompose il numero; l'implacabile voce registrata gli comunicò che il telefono
chiamato era spento.
"Cazzo!" Imprecò ad alta voce. "Non puoi
farmi questo, Josie..." Aggiunse scoraggiato; rimise in tasca il telefono
e si diresse velocemente verso la festa.
Arrivato al letto dov'erano i suoi amici gli comunicò che
se n'andava a casa, poi, senza badare alle proteste di Kate, s'incamminò verso
il parcheggio; era sicurissimo che la sua ragazza non gliel'avrebbe fatta
passare liscia, ma in quel momento non gliene poteva fregare di meno. Continuò
a chiamare il numero di Josie, ma il cellulare risultava sempre spento, finché,
verso l'una di notte, diventò irraggiungibile, e lo restò per i due giorni
successivi.
Fran, come ogni sera, stava facendo il suo dovere
prendendosi cura delle piante di Josie; la serra aveva un suo sistema
automatico d'irrigazione, ma in casa c'erano molte altre piante. Il sole,
ormai, era tramontato, e la collina era illuminata da una luce aranciata sempre
più pallida.
Per la seconda volta, Fran ebbe l'impressione che qualcuno
si aggirasse nel giardino; mentre dava un po' d'acqua anche alla grande palma
al centro del salone, vide chiaramente un'ombra davanti alla casa. Preoccupata,
ma decisa, la ragazza si avvicinò al portone e afferrò un vaso d'ottone che
stava sul tavolino del telefono; l'oggetto aveva il collo stretto, ma era
bombato sul fondo, ideale per spaccare la testa ad un malintenzionato. Spalancò
la porta brandendo il vaso.
"Ahhhhhhhhh!" Gridò Fran, facendo per colpire;
il tipo fece un passo indietro, scoprendosi il capo, e alzò minaccioso una
mano.
"Colpiscimi e ti manderò contro una schiera di
avvocati da far impallidire Perry Mason!" Sbottò lui; fu allora che la
ragazza lo guardò meglio: quegli occhioni nocciola, tra le folte ciglia scure,
erano inconfondibili.
"Umpf, sei tu!" Sbuffò Fran, chinando il capo,
ma tornò subito a guardarlo. "Comunque è colpa tua, passero, non ci si
aggira incappucciati tra le ombre del crepuscolo!" Gli rimproverò,
indicandolo.
"Cercavo Josie." Mormorò Orlando, ancora fermo
sulla porta.
"Non c'è." Rispose la donna. "E' andata in
vacanza." Aggiunse continuando a tenere la mano sulla pesante maniglia.
"E... dove?" Chiese timidamente l'attore.
"Non lo so." Fece vaga Fran, agitando una mano
nell'aria. "Ma, anche se lo sapessi, forse non te lo direi." Lui la
guardò strano, poco convinto.
"Posso entrare?" Domandò Orlando aggrottando la
fronte; lei diede l'impressione di pensarci un attimo, poi si scostò dalla
porta.
"Accomodati." Gli disse. "Tanto so che
conosci il posto..." Alluse acidamente; il ragazzo la seguì dentro,
chiudendosi il portoncino alle spalle.
"Tu, veramente non hai idea di dove sia?" Franny
stava recuperando l'annaffiatoio, e lui la seguiva con l'aria depressa di
un'anima in pena. "Perché io..." La seguì fin nello stanzino, dove
era andata a riporre l'attrezzo. "...avrei davvero bisogno di
parlarle..."
"Ascoltami, gioia." Replicò la ragazza,
voltandosi verso di lui. "Joss doveva prendersi questa vacanza, una pausa
da tutto, e specialmente da te."
"Tu... tu non capisci... io... noi due..." Tentò
di protestare Orlando; lei gli posò una mano sul petto con sguardo retorico.
"Io capisco tutto perché SO tutto." L'interruppe.
"Ad ogni modo, tu dovresti parlare di «noi tre», visti i risvolti di
questa storia." Aggiunse, muovendogli davanti alla faccia tre dita della
mano; l'attore, arreso, alzò gli occhi al cielo.
"Io, veramente, non so che cosa fare..." Ammise
sconsolato, mentre raggiungeva Fran che era andata in salotto; lei si girò.
"E te lo devo dire io?" Ribatté indicandosi.
"Sei il solo responsabile delle tue azioni." Continuò sedendosi sul
divano; Orlando si spostò davanti a lei. "Guarda, io da una parte la
capisco Josie..." E lo osservò attentamente. "...dal vivo sei perfino
più sdraiabile che in fotografia, ed hai proprio un gran..." Lo sguardo,
che si era abbassato per un secondo, si rialzò negl'occhi dell'attore.
"...una gran presenza, ma lei è una ragazza seria e pretende
impegno." Orlando era serio e con la mascella tirata. "Se non glielo
puoi dare, allora rassegnati a perderla."
Vinto, nella battaglia con i suoi mille pensieri, il
ragazzo cadde seduto sullo stesso divano di pelle che molte volte aveva visto
scambi di tenerezze tra lui e Josie; si sentiva stanco e incapace, come prima
di conoscerla. Perché tutto sembrava giusto e fluido quando c'era Josie e,
invece, quando mancava, gli sembrava di sopravvivere annaspando in una palude?
Un cosa era certa, lui di Josie aveva bisogno, in un modo o nell'altro.
Alzò gli occhi su Franny, erano lievemente lucidi e lei si
sentì un po' imbarazzata, così si passò le dita sulla nuca.
"Come ti chiami?" Le chiese.
"Frances Olson." Rispose, dopo un breve attimo
di smarrimento.
"Ascolta Frances..."
"Franny, ti prego!" L'interruppe lei. "Solo
mia madre mi chiama Frances."
"Ok." Acconsentì lui annuendo. "Franny, io
sono sicuro che tu sei molto amica di Josie..." La ragazza intervenne di
nuovo, stoppandolo con la mano alzata.
"La sua migliore amica, praticamente una madre
putativa." Ci tenne a precisare, e Orlando annuì nuovamente.
"Dunque, Franny, io ammetto tutte le mie colpe."
Esordì il ragazzo, dopo aver posto i gomiti sulle ginocchia. "Ho rimandato
cose che dovevo affrontare, e non ho fatto capire a Josie quanto sia importante
per me, quanto io abbia bisogno di lei, perciò ho necessità di un'altra
occasione." Continuò accorato, mentre gli occhi gli si facevano sempre più
lucidi. "Tu devi aiutarmi." E le prese le mani. "Dammi questa
possibilità, devo incontrarla, parlarle." Il tono era appassionato e Fran
si stava commuovendo.
"Tu sei..." E alzò su di lui una faccina
speranzosa. "...innamorato?" Orlando sospirò, chinando il capo, poi
la guardò.
"Sì."
"E mi prometti che, questa volta, glielo farai capire
chiaramente, e senza ombra di dubbio, che sei innamorato?" Continuò
decisa.
"Te lo giuro." Proclamò il ragazzo, che fremeva
in attesa che lei si decidesse a parlare.
"Oh, vabbene!" Si arrese infine Fran, con un
sospiro. "E' ad Acapulco, Bay Queen Hotel, fatti perdonare!" Orlando
saltò in piedi sorridendo come un cretino.
"Tu sei veramente un'amica, Franny!" Esclamò
contento, abbracciandola e baciandole una guancia; lei sorrideva compiaciuta.
"Grazie, grazie..." Continuava a dire lui, quando si decise a
raggiungere la porta. "Grazie e... mi piacciono i tuoi capelli!"
Dichiarò infine, indicando la chioma color fiamma sfoggiata dalla ragazza; lei
si toccò soddisfatta l'acconciatura.
"Sei il mio attore preferito, Orlando!" Replicò
allegramente; lui le regalò un ultimo splendente sorriso ed uscì. Franny tenne
quel colore per un periodo più lungo del solito.
Orlando, una volta arrivato all'albergo, aveva scelto
l'impiegato più anziano della reception per chiedere informazioni; l'uomo,
ovviamente, non lo riconobbe, ma fino all'ultimo l'attore era rimasto in
tensione. Ad ogni modo, era riuscito a sapere che Josie era in spiaggia;
sollevato dal fatto di non doverla aspettare nell'affollata hall, s'incamminò
verso il mare.
Una scala stretta di pietra scendeva incassata nella
scogliera scura coperta di piante lussureggianti e fiori; in fondo, dove lo
stretto passaggio si allargava, s'intravedeva uno spicchio di mare cristallino
ed una piccola spiaggia bianca. Ogni tanto, sulle curve della tortuosa scalinata,
c'erano delle nicchie, da cui spesso si godeva di una vista splendida. I fiori
d'ibisco sfioravano il capo dei passanti, mentre il sottofondo della risacca
accompagnava i passi. Josie si era rifugiata proprio in una specie di paradiso.
Il ragazzo era arrivato circa a metà della discesa, quando
si accorse di qualcuno che saliva; s'infilò nella prima nicchia a disposizione,
la cui entrata era coperta dai rami di un grosso albero. Gli passò davanti un
gruppetto di allegri turisti, corredati di pargole adolescenti, alle quali
Orlando ringraziò di essere sfuggito; ma non era finita, qualcun altro saliva,
lui rimase fermo.
Era una ragazza bruna, con un costume intero rosso e un
pareo bianco e rosa; aveva i capelli ancora bagnati da un recente bagno e portava
una borsa di paglia. Era Josie. Il cuore di Orlando di fermò per un secondo,
mentre la guardava salire lentamente le scale; era elegante, abbronzata e
bellissima, ma sembrava vagamente triste, anche se i suoi occhi erano nascosti
da grandi occhiali da sole. Ecco, gli stava passando davanti e lui, a causa
dell'emozione, stava per farsela sfuggire; infine, con un filo di voce,
mormorò: "Josie..."
La ragazza si girò di scatto, Orlando non credeva che lo
avesse sentito; quando lei vide, nel rientro del sentiero, quel tipo
stropicciato con cappellino e occhiali scuri, le partì uno sciame di farfalle
nello stomaco. Se lo aspettava, come negarlo, ma adesso era arrivato davvero.
Gli andò incontro senza sapere che dire; tornarono dentro la nicchia.
Il piccolo spiazzo era circondato dalla vegetazione, ma su
un lato si apriva una specie di finestra; il panorama includeva un pezzo di
cielo dall'impressionante colore turchese ed un frastagliato costone roccioso,
che si tuffava nella cristallina trasparenza del Mar dei Caraibi.
Josie e Orlando si guardavano negl'occhi senza dire una
parola; entrambi si erano tolti gli occhiali. Pozze di sole attraversavano i
rami e le foglie, colpendo i loro piedi. I loro cuori battevano forte,
rimbalzando nel petto; erano tutti e due piuttosto emozionati.
"Sono qui." Affermò infine il ragazzo.
"Lo vedo." Ribatté lei, continuando a fissarlo.
"Perché sei venuto?" Quella domanda non aveva nulla di arrogante, lei
voleva solo sapere.
Orlando era molto teso, si torceva le mani, poi passava a
torturarsi la nuca, ma sapeva che era il momento di parlare; si giocava tutto,
e questa partita non la voleva perdere.
"Dovevo chiederti perdono." Rispose finalmente.
"Perdono per non aver affrontato Kate, per non averle detto che è
finita..." Riprese fiato. "...per non averti fatto capire che...
io... non posso vivere senza di te, passare le giornate a pensare come fare per
vederti!" Orlando era accorato, gli occhi lucidi; Josie stringeva le
labbra, era presa da un'emozione talmente forte che non sarebbe riuscita a dire
nulla in quel momento. "E volevo dirti..." Lui chinò il capo, poi
tornò a fissarla. "...che ora sono pronto, non rimanderò più, io non
voglio perderti... e io..." Un lacrima gli scese sulla guancia, Josie
sussultò coprendosi la bocca con la punta delle dita; anche lei aveva gli occhi
lucidi. "Io ti amo... non mandarmi via..."
Scese un silenzio irreale intorno a loro, attraversato
solo dalle onde che s'infrangevano leggere contro la scogliera e dal verso
lontano dei gabbiani. La ragazza, infine, si avvicinò a lui, sorridendo tra le
lacrime; gli prese il viso tra le mani, carezzandolo dolcemente, poi gli passò
le braccia intorno al collo e lo abbracciò.
"Ma come faccio a mandarti
via, se me lo dici così, eh brutto scemo?" Gli sussurrò nell'orecchio
sorridendo. "Anch'io ti amo, e non ho intenzione di lasciarti
andare..." Orlando la strinse a se con forza, nascondendo il viso contro
il suo collo.
Capitolo interlocutorio, perché ogni tanto ce n'è bisogno
Capitolo interlocutorio, perché ogni tanto ce n'è bisogno. Vi voglio
dire solo una cosa: fate attenzione alle scene che leggerete, perché alcune
torneranno sotto altra forma nel capitolo successivo... ^__- E ora immergetevi
nella romantica atmosfera della baia di Acapulco (immaginatevi il tono da
televendita... ^o^)
~ Capitolo 8 ~
La stanza di Josie era formata da
un salottino, arredato con un grande divano bianco ad angolo, mobile bar e un
tavolo con poltroncine rosse; da un arco con colonne si entrava in camera, dove
c'era un grande letto a due piazze, cassettiera ed un divanetto rosso.
L'armadio a muro era vicino alla porta del bagno; nello spazio tra le due ali
c'era un grande terrazzo con sedie a sdraio e tavolo con ombrellone. Erano
saliti subito dopo aver recuperato il minimale bagaglio di Orlando, che si
sarebbe fermato solo un paio di giorni.
"Dov'è il bagno?"
Domandò il ragazzo appena entrati, mentre lei si dirigeva in camera per riporre
la sua roba.
"Di qua." Gli rispose,
e lui passò nell'altra stanza; Josie gl'indicò la porta.
L'attore entrò nel bagno e
spalancò gli occhi esterrefatto. "Oh, mio Dio!" Esclamò; la ragazza,
nell'altra stanza, sorrise.
"Bello, eh?" Fece
divertita, poi lo raggiunse.
Lo trovò che fissava basito
l'arredamento; tutta la stanza, compreso il sostegno del lavandino, era coperta
di piastrelle color arcobaleno, ma con una spiccata preponderanza del rosso, e
questo dava la sensazione di trovarsi in un assurdo trip carnevalesco. Il
gabinetto e il lavabo erano di ceramica rossa, mentre la vasca con doccia era
anch'essa piastrellata; due lampade a vetri colorati stavano ai lati del grande
specchio. Si salvava solo un mobiletto di legno, piccolo, in un angolo.
"Appena accennato, non
trovi?" Intervenne Joss, Orlando la guardò con gli occhi di fuori.
"Questo è il vero
kitchorama!" Esclamò cominciando a ridere.
"E non è finita..."
Continuò Josie, indicandogli un punto in alto, alle loro spalle; lui si girò e
guardò sopra la porta, poi, sempre più divertitamente incredulo, tornò a fissarla.
"Dimmi che non c'è un
crocefisso che ti fissa mentre stai sul gabinetto!"
"C'è, c'è." Rispose la
ragazza annuendo. "Ma tu hai un vantaggio, essendo maschio almeno quando
fai pipì gli dai le spalle!" E dicendo questo gli diede una pacca sul
petto e lo lasciò solo, a riflettere di fronte allo splendore della vera
piastrella messicana.
Qualche attimo dopo, quando
Orlando uscì dal bagno, trovò Josie che aveva già messo il suo asciugamano
bagnato su una sdraio al sole ed ora girava per la stanza con addosso solo il
costume; lui l'osservò per un po', finché lei non se ne accorse e si fermò
sorridendogli. La trovò stupenda, con i capelli tirati su a caso in una specie
di crocchia moscia.
"Che facciamo adesso?"
Le chiese con dolcezza; lei gli sorrise, poi fece un passo e lo abbracciò.
Orlando rispose soddisfatto,
socchiudendo gli occhi e percorrendole il collo, fino a baciarla dietro
l'orecchio. "Profumi di mare..." Mormorò.
"Shhh..." Fece lei,
passandogli le dita tra i capelli. "...zitto, abbracciami e fammi godere
il mio momento di felicità perfetta..." Il ragazzo sorrise.
Rimasero delicatamente
abbracciati per qualche minuto, col sole che andava abbassandosi verso il
tramonto, con quella luce tutta particolare del tardo pomeriggio; infine, Josie
si scostò, non prima di aver baciato la guancia di Orlando.
"Fatto?" Domandò lui;
lei sorrise annuendo.
"Sì." Rispose
soddisfatta.
"Bene..." Disse allora
il ragazzo battendo le mani. "...ora possiamo anche abbandonarci ai
piaceri della carne." Josie lo guardò male, poi gli diede una botta sul
braccio.
"Sei sempre il solito!"
Sbottò divertita. "Adesso, io, andrò a farmi una doccia, e tu..." Lo
sguardo di Orlando si fece maliziosamente furbo. "...e tu non mi guarderai
così..." Continuò scuotendo il capo.
"Perché?" Fece lui con
un'aria innocente, che contrastava con quel sorrisino seducente e
malintenzionato; la ragazza si posò le mani sui fianchi.
"Perché quello sguardo
lì..." Tentò di replicare, ma lui l'interruppe.
"Anch'io avrei bisogno di
fare una doccia..." Annunciò tranquillamente, ma in modo sensuale, poi si
passò la lingua sulle labbra, e lei sospirò.
"Non puoi usare questo tono,
infame..." Mormorò Josie a denti stretti; avvertiva un inequivocabile
formicolio, mentre lui si avvicinava.
"Ma c'è, qualcosa che posso
fare?" Domandò Orlando, con un'intonazione che diventava sempre più
eccitante ad ogni passo.
"La tua presenza fisica mi
turba." Dichiarò la ragazza a bassa voce, poi si morse il labbro
inferiore, cosa che provocò un lampo negl'occhi di lui.
"Ah, sì?" Replicò
retorico Orlando, e si avvicinò fino a sfiorarla, quindi si tolse la maglietta.
"E' mia seria intenzione turbarti assai profondamente stasera..." Josie spalancò la bocca, fingendosi
stupita, poi si decise a mettergli le mani addosso, lui sorrise.
"Sei sicuro di volerlo fare
in quella stanza?" Gli chiese, indicando con gli occhi la porta del bagno;
Orlando rise divertito, ma tornò subito a guardarla con occhio lupigno.
"Ti assicuro che non avrai
tempo per ammirare le piastrelle." Josie rise, poi lo baciò, mentre lui la
spingeva verso la porta. Quella sera non cenarono.
Orlando si stiracchiò
sbadigliando, poi aprì gli occhi; Josie era seduta sul bordo del letto e gli
sorrideva. "Buongiorno." Gli disse, baciandogli uno zigomo, poi si
alzò.
"Buongiorno..." Il ragazzo
la guardò meglio e spalancò gli occhi, sollevandosi un po'. "Tu non puoi
svegliarmi e presentarti così!" Lei si diede un'occhiata, poi lo guardò
stupita.
"Perché?" Chiese
allargando le mani.
"Beh, già uno la mattina...
insomma, hai capito..." Josie fece un sorrisino scuotendo il capo.
"...poi tu mi arrivi con un'abbronzatura atomica e un bikini così..."
Osservò compiaciuto il bel corpo dalla pelle dorata coperto da ben poco,
sospirò. "...così bikini bianco!" E qui mimò un finto svenimento,
rilasciandosi sul letto con una mano sulla fronte; Josie rise e si sedette di
nuovo.
"Andiamo, artista!" Gli
disse scherzosa, dandogli una piccola spinta, lui rideva coprendosi il viso col
braccio. "C'è una bella colazione che ti aspetta di là, e poi..."
Orlando si scoprì un occhio. "...ho prenotato una barca, così possiamo
andare al largo, dove nessuno ci vedrà..." Il braccio del ragazzo scivolò
via dalla faccia e la guardò languido.
"Tu sei un angelo... farai
il bagno, vero?!" Disse speranzoso, con gli occhietti lucidi; Josie fece
un sorriso retorico.
"E' foderato, ciccio, mi
dispiace." Rispose poi e, allargando rammaricata le mani, si alzò.
"Ah!" Si lamentò
Orlando reggendosi il petto, e ricadde sui cuscini; la sentì ridere.
Pochi minuti dopo l'attore la
raggiunse nel salottino; Josie stava spiluccando una brioche davanti allo
schermo del portatile, Orlando le sedette accanto e si versò una tazza di the.
Lei l'osservò per qualche secondo, mentre decideva cosa mangiare; le piaceva il
fatto che lui scegliesse raramente un modo convenzionale per sedersi, stava
sempre un po' storto, appollaiato, in bilico. Quel modo di fare era sicuramente
una protezione, stare raccolto gli dava sicurezza, ma lei adorava questa
cavolata perché era così tipica sua.
"Che fai?" Le chiese indicando
con la testa il computer, mentre incastrava il piede sinistro sotto la gamba
destra piegata; era stupendo, con i capelli sconvolti e addosso solo i boxer a
quadretti blu e bianchi. Josie gli sorrise.
"Sto finendo la mia
relazione per il convegno di San Francisco." Rispose poi con una smorfia;
lui piegò un po' il capo, incuriosito.
"Quand'è?" Fece,
sventolando la brioche che aveva preso dal vassoio; lei sbuffò.
"Il prossimo fine
settimana."
"E dunque, quando torni a
Los Angeles?"
"Venerdì mattina..."
Dichiarò la ragazza. "...ed il pomeriggio parto per San Francisco."
Aggiunse rammaricata.
"Oh..." Ribatté
Orlando. "Io sarò al lavoro..." Si lamentò poi, ma diede l'aria di
mettersi a riflettere. "Potrei prendermi un paio d'ore per accompagnarti
all'aeroporto."
"Non importa, dai."
Replicò Josie, prendendogli la mano. "Davvero."
"Voglio farlo."
Proclamò deciso.
"Non ti convincerò,
vero?" Domandò lei, sporgendosi verso il ragazzo; Orlando scosse il capo.
"Sei un testone." E gli diede un lieve bacio sulle labbra.
La barca prenotata da Josie era
un piccolo yacht da diporto, con solo due, discrete, persone di equipaggio; lo
avrebbero usato nella giornata di sabato e la mattina di domenica, perché poi
Orlando doveva ripartire. L'idea sembrava proprio essere stata buona,
all'apparenza nessuno li aveva notati, anche se non si poteva mai dire.
La giornata passata in barca, ad
ogni modo, fu splendida: presero il sole, mangiarono crostacei, fecero un paio
di lunghi bagni. Per la gioia di Orlando il costume bianco di Josie non era poi
così foderato.
Nel pomeriggio, mentre erano
distesi sotto il sole a prua, i due si lasciarono andare ad appassionate
tenerezze; stavano baciandosi con un discreto impegno, quando sopra di loro
passò un elicottero. Distratti dal rumore, alzarono gli occhi; il mezzo era
decisamente della guardia costiera, ma, come se quel passaggio lo avesse messo
in allarme, Orlando cominciò a guardarsi intorno sospettoso. C'era un altro
paio di barche nei dintorni, ma entrambe piuttosto lontane da loro.
"Credi che possano esserci
dei... paparazzi?" Domandò Josie aggrottando la fronte; lui la guardò
storcendo la bocca.
"Mah, non credo." Disse
poi. "Certo non si sa mai, ma come farebbero a sapere che sono qui? Sono
sgattaiolato da Los Angeles come un agente segreto!" Aggiunse.
"Se ci fossero, mi pare che
non facciamo nulla per scoraggiarli, visto che stiamo spudoratamente pomiciando
alla luce del giorno." Affermò ironica la ragazza; lui fece uno dei suoi
sorrisini sornioni.
"A proposito..."
Mormorò poi, sporgendosi verso di lei. "...perché non ti togli il
reggiseno?" Josie spalancò gli occhi, scandalizzata.
"Ma manco per niente!"
Rispose mettendosi seduta e serrando le braccia intorno al seno.
"Oh, dai!" Sbottò
Orlando, strofinando la schiena contro il materasso tipo gatto. "Perché
non vuoi togliertelo?! Non ti vergognerai mica?" E la guardava di sotto in
su, con un'espressione che era proprio un attentato alla buona volontà.
"Sì..." Annuì piano
lei, con un piccolo broncio; il ragazzo fece una faccina delusa, ma poi
sorrise.
"Ma, di me?" Fece poi,
indicandosi.
"Oh, non è questo! E'
che..." Replicò Josie, guardando altrove. "Non è come essere in
camera da letto! Qui è... fuori." E indicò lo spazio intorno a se.
Orlando rise, poi strisciò verso
di lei; la ragazza continuava a tenere le braccia conserte e ad evitare di
guardarlo. L'attore le arrivò vicino e abbracciò le sue gambe, poi le baciò la
vita vicino all'ombelico; lei sussultò piano, per via del leggero solletico, e
sorrise. Lo guardò.
"Facciamo così." Suggerì
fissandola. "Tu ti appiccichi a me, così non ti vede nessuno..." E
allungò un braccio sulla sua schiena sganciandole il reggiseno.
Josie lo guardò male, ma, di
fronte al suo invitante sorriso, sospirò arresa; reggendosi il davanti, si
sfilò le spalline del costume. Orlando gongolava soddisfatto. Lei si abbassò e
si abbracciarono; a quel punto, con un ultimo gesto, l'attore sfilò il piccolo
pezzo di stoffa.
"Sei contento ora? Sono
finiti i capricci?" Domandò Josie sarcastica, stando distesa sopra di lui in
modo che il suo seno nudo fosse coperto dal torace di lui; Orlando sorrise,
facendo scivolare le mani sulla schiena della ragazza.
"Mi fai impazzire." Le
mormorò sulle labbra; stavolta sorrise lei.
"Adesso mi hai provocata e
mi sfogherò su di te." Dichiarò Josie, prendendogli il viso tra le mani.
"Ora ti mangiucchierò finché non mi è passata la fame." Annunciò,
quindi si accomodò meglio in mezzo alle gambe di Orlando, sistemazione che lui
gradì molto.
"Ahhhh, sono la tua
vittima!" Esclamò il ragazzo allargando le braccia. "Mangiucchiami
tutto!" Aggiunse, mentre lei abbassava il viso sul suo collo ridendo.
La sera, rientrati in albergo,
cenarono sul terrazzo della camera, soli, a lume di candela; poi, visto che
c'era una luna splendida, decisero di scendere in spiaggia. A quell'ora non
c'era nessuno, così camminarono lungo la battigia tenendosi per mano e
ballarono a piedi nudi sulla sabbia, anche se non c'era musica. Tornati in
camera fecero l'amore, dolcemente, con attenzione e tranquillità; avevano deciso
che, per quei due giorni, non avrebbero pensato a nulla, comportandosi come una
vera coppia, perché Orlando era determinato ad affrontare la cosa appena
tornato e Josie si fidava, aveva capito che stavolta lo avrebbe fatto.
Il mattino dopo Josie, come al
solito, si alzò prima di Orlando; quando lui si decise a spuntare sul terrazzo,
con gli occhi ancora semichiusi ed i capelli spaventosamente arruffati, la
ragazza, che lo aspettava seduta sul muretto, rise.
"Nhhh, non prendermi in
giro!" La rimproverò l'attore con voce lamentosa. "La mattina mi ci
vogliono tipo quaranta minuti prima di carburare..." Aggiunse sconsolato,
grattandosi la testa.
"Ohh, povero cucciolo!"
Fece lei, allargando le braccia. "Vieni qua, che ti do il bacio del
buongiorno." Orlando fece una smorfia di finta ritrosia, poi s'incamminò.
"Brrr, sei cattiva..."
Mormorò, con tono da bambino, quando la raggiunse; Josie gli prese il viso tra
le mani.
"Dai, lo sai che non è
vero..." Replicò dolcemente Josie, mentre gli sistemava con delicatezza i
capelli. "Sono una fatina travestita da strega." Sussurrò sulle sue
labbra.
"Mi piacciono le
streghe..." Disse lui, carezzando la coscia che la ragazza teneva sul
muretto. "...sono sexy..." Lei sorrise e lo baciò; fu un bacio
piuttosto lungo e sensuale.
"Questo era per
ringraziarti." Affermò Josie quando si lasciarono, lui la guardò
interrogativo. "So che questo giudizio ti sminuisce, ma sei stato
magnifico stanotte..." Orlando le sorrise con dolcezza, sfiorandole lo
zigomo e il mento col dorso della mano.
"Ti amo." Le disse,
dopo aver piegato un po' la testa di lato; l'espressione della ragazza era
l'emblema della felicità.
"Era l'ora che te ne
accorgessi, caro il mio omino." Affermò lei, spingendolo via con un
sorriso. "Andiamo a mangiare." Aggiunse poi, incamminandosi verso il
tavolo, ma dopo pochi passi si girò e lo guardò negl'occhi. "Ti amo
anch'io."
Passarono sulla barca solo poche
ore, il tempo di fare un bagno e pranzare, si erano alzati tardi e nel
pomeriggio Orlando doveva prendere l'aereo per la California.
Il ragazzo, appena rientrati
dall'escursione in mare, si mise subito a radunare le sue poche cose, osservato
da Josie, che stava seduta sul letto con le gambe incrociate. Quando Orlando
ebbe recuperato tutto, sospirò e si sedette sul letto; lui e la ragazza si
guardarono negl'occhi.
"E così, ci si sveglia dal
sogno." Affermò Josie, posando le mani in grembo; l'attore fece un'alzata
di sopracciglia.
"Sapevamo che non sarebbe
stato sempre un sogno, Joss." Replicò poi, mesto.
"Certo." Annuì lei.
"Ma il segreto per far funzionare un rapporto, per me, potrebbe essere il
riuscire a far convivere i sogni e la realtà." Continuò calma. "Se ci
limitiamo a vedere solo fiori e cuoricini rosa, il primo problema ci
distruggerà."
"Per questo sono deciso a mettere
le cose in chiaro, una volta per tutte." Ribatté il ragazzo. "Tu sei
con me?" Le chiese quindi.
"Certo che lo sono, di
qualunque cosa tu abbia bisogno, io ci sarò." E gli prese la mano,
fissandolo per un lungo istante. "Ma non voglio entrarci, dovete risolvere
la cosa tra voi, Orlando." Lui prese un intenso respiro, guardando oltre
la spalla della ragazza.
"Capisco." Annuì
infine, tornando con gli occhi nei suoi. "Non sarà facile, ad ogni
modo."
"Lo so." Fece Josie con
una smorfia amara, mentre gli lasciava la mano. "Non dovevamo arrivare a
questo punto." Orlando abbassò il capo.
"E' stata colpa mia."
Mormorò rammaricato; la ragazza si avvicinò a lui e gli passò una mano sulla
nuca, carezzandogli il collo.
"E' perfettamente inutile
piangersi addosso." Gli disse con energia. "Possiamo solo cercare di
fare la cosa giusta da qui in avanti." Il ragazzo rialzò il capo.
"L'importante è che siamo insieme." Affermò, e gli sorrise.
"Come ci riesci?"
Domandò lui; Josie alzò interrogativamente un sopracciglio. "Come fai a
rassicurarmi sempre? Hai sconvolto la mia vita, e questo dovrebbe preoccuparmi,
e invece mi sento assurdamente sicuro..." Anche Orlando sembrava
perplesso, pur sorridendo.
"Beh..." Fece lei
abbracciandolo. "...forse avevi bisogno di una donna come me..."
L'attore rispose alla stretta con espressione serena; caddero distesi sul
letto.
"Quanto tempo abbiamo?"
Domandò Orlando, senza togliere il viso dal collo di lei; Josie controllò con
difficoltà l'orologio.
"Mh... un'oretta..."
Mormorò la ragazza che, nel frattempo, aveva già infilato l'altra mano sotto la
maglietta di lui.
"Più che
sufficiente..." Rispose l'attore slacciandole il pareo.
Ecco qua un nuovo capitoletto; questo racconta un episodio abbastanza
importante, ai fini della storia
Ecco qua un nuovo capitoletto; questo racconta un episodio abbastanza
importante, ai fini della storia. Devo confessarvi che, mentre lo scrivevo, mi
sono trovata ad appoggiare la posizione di Kate, perché come donna, in una
situazione simile, la capisco.
Voglio solo precisare che non mi fa particolarmente piacere infierire
su due persone (Orlando e Kate) che, all'apparenza, si vogliono molto bene;
anch'io non li vedo benissimo insieme, ma ciò non toglie che al momento
appaiono felici. Del resto, non sarebbero la prima coppia che sembra male
assortita, e poi invece dura; glielo auguro di cuore
Nella mia ff non è così, perciò mi dispiace, ma cara Kate è giunto il
momento di uscire di scena! ^____-
Dedico il capitolo alle donne tradite e incazzate... e a quelle che
hanno causato le corna, non tutte lo fanno con malignità (non certo la mia
Josie!). Ciao a tutti!
Sara
~ Capitolo 9 ~
"Orlando è tornato dal
Messico?" Domandò Cinthya a Kate, posando la tazza sul tavolo; l'amica si
girò con aria annoiata, reggendo la sigaretta con noncuranza.
"Sì, domenica, è rimasto
solo un paio di giorni." Rispose, mentre buttava la cenere.
"E... che cosa ti ha
raccontato?" Fece l'altra ragazza; Kate storse la bocca.
"Fa il misterioso, dice che
non può ancora rivelare nulla." Dichiarò poi, spengendo il mozzicone.
"A volte è di un palloso siderale." Aggiunse alzando gli occhi al
cielo.
"Sei sicura che si tratti di
un nuovo film?" Buttò lì Cinthya; l'amica si girò di scatto verso di lei,
rimanendo a mezz’aria con l'accendino.
"Che cosa vuoi dire,
scusa?!" Esclamò Kate, togliendosi la nuova sigaretta dalle labbra.
"Beh..." Esordì
l'altra. "...mi spiace essere io a dirtelo, che ti sono amica, ma..."
E tirò fuori una rivista. "...stamattina mi è capitata tra le mani
questa..." Kate gliela strappò e si mise a sfogliarla frettolosamente.
La ragazza spalancava sempre di
più gli occhi, mentre sul viso le si formava un'espressione furibonda; infine,
chiuse con violenza il rotocalco e alzò gli occhi su Cinthya.
"Mi dispiace tantissimo,
Kate." Affermò l'amica, con un tono anche troppo chiaramente falso, era,
infatti, risaputa la sua invidia del fatto che Kate avesse accalappiato uno
degli scapoli più desiderati del mondo.
"Posso tenerlo?"
Domandò la ragazza, arrotolando il giornale e stringendolo tra le mani quasi
volesse stritolarlo; Cinthya annuì. "Ciao." Kate la salutò
sbrigativamente e se n’andò.
Arrivata al parcheggio provò
subito a chiamare Orlando, ma il suo telefono era spento, allora chiamò Mark,
l'assistente del ragazzo, lui era irraggiungibile; con un’incazzatura che
avrebbe scuoiato il primo passante, Kate chiamò l'agente dell'attore. Robin le
poté solo dire che Orlando non aveva impegni programmati per quel pomeriggio, e
di chiamare Mark per sapere più precisamente, lei sbuffò arresa. La ragazza,
quindi, salì in macchina ringhiando; a metà strada si dovette fermare per
riprendere il controllo, ma le venne la cattiva idea di riguardare quelle foto.
Chi poteva saperne qualcosa? Si mise a riflettere, c'erano solo tre persone a
Los Angeles con cui Orlando si poteva confidare: Scott, Deb e Dominic Monaghan;
Kate afferrò di nuovo il telefono.
"Questa è la segreteria telefonica di Scott e Deb Cooper, non
siamo in casa..." "Pronto?" La voce di Deb rispose affannata
prima che finisse il messaggio.
"Sono Kate, siete in
casa?" Domandò con urgenza la ragazza.
"Sì..." Fece perplessa
l'altra. "Siamo appena rientrati dal lavoro, ma..."
"Tra mezz'ora sono lì,
fatevi trovare." Ordinò perentoria Kate e riattaccò; Deb rimase con la
cornetta in mano, sbalordita.
La telefonata successiva beccò
Dominic mentre scherzava con alcuni amici sulla spiaggia; vedendo sul display
chi lo chiamava si stupì, si scostò dai compagni e rispose.
"Kate?" Fece sorpreso.
"Ascoltami bene, Monaghan, e
niente cazzeggi." Proclamò la ragazza decisa. "Tra mezz'ora ti voglio
trovare a casa di Scott e Deb, vedi di esserci." Gli ordinò poi.
"Hey, aspetta un a...
Pronto?" Ma Kate aveva già interrotto la comunicazione. "Mah..."
"Tutto a posto, Dom?"
Gli domandò uno dei suoi amici; lui si girò con un sorriso.
"Sì, tranquilli!" Li
rassicurò. "Devo solo andare in un posto, ma ci vediamo stasera!" Gli
disse salutandoli, poi si diresse alla macchina, richiamando il numero di
Orlando. "Dove cazzo sei..." Mormorò, quando il cellulare dell'amico
risultò spento.
Orlando, nel frattempo, era
all'aeroporto con Josie; erano riusciti ad incontrarsi solo un'oretta prima,
davanti a casa di lei, giusto in tempo per salire in macchina e correre a
prendere l'aereo. Adesso si aggiravano nel terminal tenendosi per mano,
confondendosi tra le persone in attesa; certo lui era praticamente mimetizzato,
con quel cappello e gli occhiali scuri.
"Stanno chiamando il mio
chek-in." Annunciò ad un certo punto la ragazza; Orlando alzò gli occhi
sul pannello, per verificare la notizia, poi la guardò negl'occhi.
"Siamo stati lontani cinque
giorni, ed ora ho avuto solo mezz'ora per salutarti." Si lamentò.
"Anche tu mi manchi."
Replicò lei; l'attore sorrise.
"Beh, ci scambiamo un bacio
appassionato?" Fece allora il ragazzo; Josie rise appena.
"Non credo sia il
caso." Rispose poi. "Anzi, credo che dovrei fare anche a meno di
abbracciarti..." Aggiunse con finta serietà.
"Ah, e perché?" Ribatté
Orlando, mettendo le mani sui fianchi.
"Ecco... il fatto è che,
metterti le mani addosso, sentire il tuo corpo sotto quella maglietta
leggera..." E lo accarezzò con un'occhiata. "...inspirare il tuo
profumo, mi mette in testa fantasie erotiche che francamente ritengo poco
adatte ad un aeroporto..." Spiegò in tono seducente.
"Ahahh..." Annuì lui
divertito e lusingato. "...non sei la brava ragazza che vuoi far
credere!"
"Forse no." Ammise
maliziosa Josie; Orlando si mise a fissarla con dolcezza.
"Mi mancherai."
Mormorò; lei gli sfiorò il viso con una carezza delicata, chissà se aveva
capito che il ragazzo adorava quel suo tipico gesto.
"Non esagerare." Gli
disse quindi. "Torno domenica sera." Orlando fece un breve sorriso e
le posò le mani sulle spalle.
"Mi chiami, quando
arrivi?" Le chiese, lei annuì, poi si baciarono a fior di labbra,
dopodiché la ragazza si diresse al chek-in salutandolo con la mano.
Dominic era arrivato a casa di
Scott e Deb circa un quarto d'ora dopo; venendo da una spiaggia vicina ci aveva
messo meno di Kate, che scendeva da Beverly Hills. I minuti di attesa, i tre
amici, li avevano passati a cercare di capire il perché di quella
"simpatica" convocazione, e tentando di rintracciare Orlando, il cui
telefono restava impietosamente spento. Poi suonò il campanello; fu Dom ad
aprire, Kate marciò dentro l'appartamento senza degnarlo di uno sguardo.
Scott e Deb osservarono
preoccupati la scena, in piedi dietro al tavolo rotondo al centro del
soggiorno; lei si fermò davanti a loro.
"Beh, che c'è?" Fece
Dominic, seguendola; la ragazza si girò con aria minacciosa.
"Tu stai zitto." Gli
ordinò indicandolo, poi si mise a frugare in borsa.
"Ohhh, biondina!"
Replicò risentito lui, ma fu ignorato.
"Lo sapete dov'è
Orlando?" Domandò tranquilla Kate, senza guardare i suoi interlocutori e
posando la borsa su una delle sedie e il cellulare sul tavolo; i tre si
scambiarono sguardi perplessi, se non lo sapeva lei...
"Sarà... al lavoro..."
Rispose timorosa Deb, lanciando un'occhiata all'orologio. "...a
quest'ora..."
"No, ha preso due ore di
permesso." L'interruppe bruscamente l'altra ragazza, mentre metteva le
mani sulla spalliera della sedia. "E, lo sapete dov'è andato lo scorso
fine settimana?" Sguardi sempre più interrogativi corsero tra i presenti.
"Non è andato in
Messico?" Replicò Deb, poi si girò verso il marito. "Ti ha detto
così, vero Scott?" Lui si passò una mano sulla nuca.
"Sì, beh, ha detto che
andava a vedere le location per un nuovo film." Affermò poi.
"Io l'ho sentito solo per
telefono, ma mi ha detto la stessa cosa." Intervenne Dominic; Kate li
guardò tutti, con espressione schifata; il suo atteggiamento li confondeva.
"Adesso ve le do io, le
risposte giuste a queste domande." Dichiarò acidamente. "Lui in
Messico c’è andato, sì, ma per fare questo!" E sbatté sul tavolo con
violenza una rivista. "E adesso è con questa troia!" Aggiunse indicando
la ragazza nelle foto; poi si raddrizzò sospirando e si mise le mani sui
fianchi.
Deb prese con timore il rotocalco
e lo guardò; Scott e Dom le si misero ai fianchi e fecero la stessa cosa. Sulle
pagine c'erano due serie di tre foto; nelle prime tre c'era, in alto, un
ragazzo riconoscibilissimo come Orlando, anche per come sfoggiava il suo
pancino tatuato, in piedi sullo scalino a mare di una barca, poi, al centro,
sempre lui seduto sullo stesso scalino che parlava con una ragazza dai capelli
castani immersa nell'acqua. Nella terza c'erano i due, lei ancora di spalle,
che si schizzavano con la doccia, e Orlando rideva allegramente.
"Ohh..." Fece Deb,
accusando dei sudori freddi da imbarazzo crescente.
"Ah." Disse soltanto
Dom, ma in realtà gli scappava da ridere.
Scott non pronunciò parola, ma
sentì un brivido gelido scorrergli lungo la schiena, come la realizzazione di
un presentimento, e pensò: maledetto
segaiolo, non me lo potevi dire?!
Imbarazzatissima, Deb guardò
anche le altre foto; queste erano più simili tra se, c'erano, in tutte, Orlando
e la ragazza mora, inquadrati sui materassini di prua, sotto il sole, in varie
"pose"... Deb si portò una mano al petto e deglutì.
"Avete visto?" Fece
Kate retorica, indicando la rivista. "Avete visto cosa faceva
quell'infame, mentre io ero qui ad aspettarlo, annoiandomi e portando a spasso
quel disgustoso bioccolo che chiama cane?!" Continuò alzando la voce.
"Mentre mi chiedevo perché non chiamasse, lui mi stava beatamente
CORNIFICANDO sotto il sole dei Carabi!" Sbottò rabbiosa.
Scott guardò altrove, passandosi
le dita sulla fronte; Dom continuava a guardare le foto, cercando di
trattenersi dal ridere.
"Kate, ma... insomma,
potresti stare esagerando..." Tentò Deb, cercando di ricucire la
situazione. "...cioè, in fondo, stanno solo sulla stessa barca, a prendere
il sole..." L'altra ragazza la guardò malissimo, aprendo stupita le
labbra.
"Deb..." La chiamò
Dominic. "...guarda meglio." Le suggerì; lei ed il marito tornarono
ad osservare le fotografie.
"Ma che cosa sta
facendo?" Domandò Scott, accorgendosi di strani movimenti nella seconda
foto; Deb, nel frattempo, si sentiva morire per Orlando, in previsione di cosa
lo aspettava.
Alla fine, arresa, la ragazza
rispose al marito. "Le sta togliendo... il reggiseno." E, rassegnata
chinò il capo con un sospiro.
"E, ad ogni modo, Deb."
Riprese Kate, facendole rialzare lo sguardo. "Non stai avvinghiato come un
pitone, ad una che conosci in modo... superficiale." Continuò, mimando le
virgolette con le mani. "Poi, gira pagina, che non è finita."
Aggiunse sarcastica.
Intimorita dal tono dell'amica,
Deb sfogliò la rivista, trovandosi davanti un'altra serie di tre fotografie; un
sempre più riconoscibile Orlando stava flirtando su un balcone, con la solita
mora di prima. Lei era seduta sul muretto bianco del terrazzo e lui le
palpeggiava spudoratamente il sedere, finché, nell'ultima foto, non si
baciavano.
"Si stanno...
baciando..." Deb pronunciò l'ultima parola in un soffio, sempre più
allarmata dalla delicatezza della situazione.
"Non è solo questo,
Deb." Intervenne Kate, calcando in modo fastidioso sul nome della ragazza.
"Io sono abbastanza esperta, sul modo di baciare di Orlando, e posso
senz'altro affermare che, in tale occasione, ci ha messo un bel po' di lingua."
Spiegò poi, scientifica.
"Lingua? Io piuttosto la
chiamerei endoscopio..." Non si trattenne dall'affermare ironicamente Dom;
Kate lo guardò in cagnesco, poi prese un respiro profondo, tipo toro che
carica, e gli mollò un feroce e dolorosissimo scappellotto sotto l'orecchio
destro.
"Ahia!" Esclamò
sbalordito il ragazzo, portandosi le mani alla parte lesa. "Ma che cazzo
fai? Mi metti le mani addosso?!" Gridò, rivolgendole un'occhiata omicida.
"Faccio quello che mi pare,
hai capito, grandissimo paraculo?!" Replicò arrogante la ragazza, puntando
l'indice. "Quelli come te andrebbero castrati alla nascita, per evitare
che si riproducano!"
"Ah, sì?!" Sbottò
Dominic, altrettanto deciso. "A quelle come te, invece, ogni tanto gli
andrebbe tirato un bel calcio nel culo, tanto lo sanno loro il perché!"
"Ragazzi, per favore!"
Gridò Deb, mettendosi in mezzo; poi si rivolse alla ragazza. "Kate,
comunque, noi non ne sapevamo nulla, vero?" E guardò Dom che, pur adirato,
non poté fare altro che annuire. "Non è vero, Scott?" Si rivolse al
marito che, però, con fare indifferente, guardava altrove; Deb fu colta da
terribile sospetto. "Tu non ne sapevi niente, vero, Scott?!" Domandò preoccupata.
"Beh, io, veramente..."
Fece vago l'uomo, che stava sudando freddo, visto lo sguardo inceneritore di
Kate. "...io... un cicinino... ma proprio qualcosina..."
"Tu sai chi è questa
troia?!" Esclamò Kate indicando la rivista. "TU LO SAI?!?!"
Gridò; lui sobbalzò e guardò la moglie.
"Scott Cooper, se tu sai chi
è quella donna, è il momento di dirlo." Gli consigliò severa Deb.
"Ora." Aggiunse imperiosa.
L'uomo alzò gli occhi su Dominic
che, al contrario delle due donne, lo sconsigliava, negando vigorosamente col
capo; ma, ormai, era inutile giraci intorno, lui l'aveva riconosciuta, e poi
poteva essere solo lei. O lo diceva, o rischiava di essere scuoiato.
Il momento di silenzio che seguì,
parve a tutti anche troppo lungo; alla fine Kate posò le mani sul tavolo,
sporgendosi verso l'uomo.
"Scott?" Fece
minacciosa, lui sospirò arreso.
"Non mi sembra molto giusto
nei confronti di Orlando, ma posso anche capire come ti senti tu..."
Esordì infine, abbassando gli occhi.
"Parla!" Lo incitò la
moglie.
"Si tratta di..." Tutti
col fiato sospeso. "...di Josephine McArthur." Confessò balbettando.
"Chi?!" Sbottò incredula
Deb, fissandolo negl'occhi.
"'orca troia!" Scappò a
Dominic. "La tarantola... Orlando si tromba la tarantola..." Aggiunse
a bassa voce.
"Il critico
cinematografico?!" Chiese esterrefatta Kate; Scott annuì. "No, ti
rendi conto!" Esclamò allora la ragazza, roteando gli occhi. "Guarda,
io posso anche accettare di avere le corna, con un uomo come Orlando può
capitare, ma cazzo, essere tradita con una vecchia!" Continuò
scandalizzata e sempre più incazzata.
"Non esagerare, Kate!"
Intervenne Scott. "La McArthur non è vecchia, avrà la mia età!"
"Scott." Ribatté torva
lei. "Tu hai dieci anni più di me!"
"Ascolta Kate." La
chiamò Deb. "Io credo che adesso dovresti cercare di calmarti, prima di
parlare con Orlando..."
"Io non voglio consigli da
voi." Dichiarò la ragazza, con troppa calma. "Voi tre siete troppo
amici di Orlando, gli volete troppo bene, consapevoli o no, gli avete coperto
il culo per chissà quanto tempo, perciò: non - voglio - consigli - da -
voi." Scandì, accentuando le parole con gesti delle mani, poi riprese la
sua borsa e il telefono.
"Ah, guarda, tanto io non
avevo proprio intenzione di dartene!" Affermò Dom, alzando le mani e
facendo una smorfia.
"Sì, sì..." Annuì
retorica la ragazza. "...tanto lo so che non mi hai mai potuto vedere,
Monaghan." Incrociò le braccia, fissandolo.
"Bah, visto che mi sono reso
conto stasera che la cosa è reciproca, sono molto felice di porre fine alla
nostra idilliaca conoscenza." Replicò sarcastico lui.
"Vai all'inferno, tu,
Orlando, e tutta la vostra amata Compagnia." Gli augurò infine Kate.
"Almeno, con loro mi
divertirò." Ribatté alzando le sopracciglia; lei gli mostrò il medio e lui
fece una risatina poco divertita.
Kate si diresse verso la porta,
sotto lo sguardo inquieto di Deb e Scott, ma dopo pochi passi si girò.
"Sappiate, che a Orlando non gliela faccio passare liscia." Minacciò
cupa, poi gli diede le spalle e uscì.
Dominic, appena la ragazza fu
uscita, si sgonfiò subito dell'atteggiamento borioso che aveva tenuto fin lì, e
si girò con uno sguardo preoccupatissimo verso gli amici.
"Dobbiamo avvertirlo!"
Proclamò con urgenza.
"Riprova a chiamarlo!"
Gli suggerì Deb; lui lo fece, ma bastarono pochi secondi perché tornasse a
fissarla preoccupato.
"E' spento!" Esclamò
disperato. "Questo grandissimo testa di minchia... Ma non lo sa che sotto
il sole non si fa? Paparazzi merdosi..." Imprecò a bassa voce. "Voi
non sapete dove potrebbe essere?" E tornò a guardare Scott e Deb; lei
negò.
"Io non so dov'è, ma so dove
abita lei." Disse l'uomo; Dom lo incitò a parlare con gesti affrettati. "Bel Air, 1540 Crest Hill
Grove."
"Ok." Fece Dom
annuendo, mentre cercava di recuperare la calma. "Voi riprovate a
chiamarlo, io vado lì a vedere se lo trovo." Affermò di fretta, poi andò
verso la porta; prima di uscire si girò di nuovo. "1540 Crest Hill Grove?" L'amico
annuì confermando.
Orlando tornò a Malibu verso le
sei e mezza del pomeriggio; solo quando scese dalla macchina, lasciata nel
vialetto, dato che quella di Kate ostruiva l'entrata del garage, si ricordò di
non aver riacceso il cellulare. Lo rimise in funzione mentre entrava in casa;
ci trovò sopra un'infinità di chiamate perse, un paio erano di Kate e tutte le
altre erano quasi equamente divise tra Deb e Dom. "Mah..." Fece
perplesso l'attore, avvicinandosi al tavolino del salotto; solo la luce del
tardo pomeriggio illuminava la stanza, entrando dalle grandi vetrate.
La sua attenzione fu catturata da
una rivista abbandonata sul tavolino di cristallo; era strano, perché Kate
teneva i suoi rotocalchi vicino all'altro divano. La prese, la guardò e il
sangue gli gelò nelle vene, mentre una voragine si apriva nel suo stomaco; in
quel momento gli squillò il telefono. Rispose senza guardare, tipo trance.
"Pronto..."
"Sono Dom." Fece una
voce urgente, che lui stentò a riconoscere. "Ti devo avvertire di una
cosa, Orlando..."
"Non importa."
L'interruppe l'amico, che improvvisamente aveva collegato le telefonate.
"Lo so già." La sua voce era atona, guardava fisso le pagine, senza
vederle.
"Ah..." Mormorò
Dominic. "Tutto a posto?" Chiese allora, un po' preoccupato.
"Per ora." Rispose
Orlando. "Ti chiamo dopo."
"Ok..." Acconsentì
l'amico, e così si lasciarono, senza le solite smorfie telefoniche.
Kate, nel frattempo, era uscita
dalla cucina e lo fissava; lui aveva rilasciato le braccia lungo i fianchi,
nella mano sinistra stringeva ancora la famosa rivista.
"Non dici nulla?" Gli
domandò la ragazza; l'attore non si girò, ma chinò il capo.
"Penso che un oh, merda sarebbe un po' troppo banale,
non credi?" Replicò mesto.
"Oh, sì che lo credo."
Annuì lei; solo allora lui le lanciò un veloce sguardo. "Mi meritavo tutto
questo, Orlando?" Aggiunse avvicinandosi; il ragazzo negò col capo.
"Certo che no."
"Vorrei solo sapere da
quanto va avanti." Chiese allora la ragazza. "Così, per una mia
curiosità personale." Lui sospirò.
"La conosco da... tre
mesi." Ammise poi, continuando a guardare in basso. "Ma... non è
cominciato subito..."
"Come se questo mi facesse
sentire meglio." Dichiarò cupa Kate, fermandosi davanti all'attore;
Orlando era meravigliato che i toni fossero così bassi. "Non vuoi proprio
dire nulla?" L'incitò ancora lei.
"So che non c'è niente che
io possa dire... per giustificarmi." Esordì il ragazzo, mantenendo la voce
bassa e il tono mesto. "Avrei solo voluto avere il coraggio di farla
finita prima." Kate fece un altro passo verso di lui.
"Se è così..." Affermò,
con intonazione accondiscendente. "...se mi giuri che non la vedrai mai
più, io potrei anche decidere di perdonarti..." Continuò toccandogli una
mano.
"Di finirla con te..."
Sussurrò Orlando, con voce flebile.
"Come hai detto?" Gli
chiese la ragazza, piegando il capo per guardarlo in faccia.
"Avrei dovuto lasciarti
quando mi sono accorto che i miei sentimenti erano cambiati." Precisò
Orlando, alzando gli occhi in quelli di lei.
"Come hai detto,
scusa?!" Ripeté la ragazza, ignorando le sue parole.
"Kate, per favore."
Affermò lui alzando le mani. "E' già abbastanza squallido così..."
"Sì, hai detto la parola
giusta, è squallido!" Sbottò lei scostandosi. "Mi hai tradita, senza
pensare nemmeno per un minuto a quello che avrei potuto provare!"
"Questo non è vero!"
Protestò Orlando. "Non volevo farti soffrire." Le assicurò accorato.
"Questo non toglie che lo
hai fatto!" Gridò Kate. "Io ti ho dedicato tre, dico tre, anni della
mia vita, della mia carriera!" Continuò indicandosi.
"La tua carriera?!"
Replicò stupito Orlando. "Io, sono la tua carriera! O ti devo ricordare
che quando mi hai conosciuto eri un'attricetta che poteva sperare solo in una
parte nell'ennesima soap opera?" Lei spalancò la bocca scandalizzata.
"Con che coraggio mi
rinfacci certe cose?!" Sbottò adirata. "Io ti ho seguito in culo al
mondo, in mezzo al deserto, in condizioni precarie..."
"Ma a chi la vuoi
raccontare?" Ribatté Orlando allibito. "Dove abbiamo girato, in
Marocco, c'era perfino l'aeroporto, e stavi in un hotel cinque stelle!"
Ecco, i toni si erano inevitabilmente alzati.
"Guarda che il torto ce lo
hai tu, caro mio." Affermò allora la ragazza, posando le mani sui fianchi.
"Sei tu che mi hai tradita con questa puttana!" Aggiunse indicando la
rivista; Orlando, prima guardò allibito il rotocalco, poi lo lanciò sul
tavolino.
"Come l'hai chiamata?!"
Fece poi.
"Col suo nome." Rispose
Kate. "Una che va a letto con un uomo impegnato può essere solo una troia,
le do soltanto quel che merita." Orlando si sentì profondamente offeso.
"Tu non la conosci, non hai
la minima idea di che persona sia, perciò non hai il diritto di
giudicare!" Replicò con rabbia.
"La difendi! Non ci posso
credere..." Disse la ragazza, voltandosi. "Io vorrei soltanto
sapere..." E si girò di nuovo verso di lui. "...perché."
Orlando era sinceramente
rammaricato, quando si era immaginato quel dialogo con Kate non aveva certo
previsto quelle odiose foto, o che lei avesse scoperto il tradimento; tutto si
era complicato, e non facilitava le cose il fatto che lui fosse oppresso da
tremendi sensi di colpa.
"Kate..." Tentò il
ragazzo, ma lei lo interruppe con un gesto della mano.
"Perché mi hai tradita?
Credevo che le cose andassero bene tra di noi." Gli chiese con atteggiamento
melodrammatico.
"Kate, io... non lo
so..." Rispose triste Orlando. "Mi mancava qualcosa, una sicurezza
che tu non mi davi, io ti voglio bene, ma..."
"Mi vuoi bene?!"
Esclamò inferocita la ragazza. "Bel modo di dimostrarlo, non c'è che
dire..." Aggiunse sarcastica. "Davvero, io, non capisco."
"Mi sono innamorato di lei,
Kate!" Proclamò arreso il ragazzo, poi chinò il capo. "La amo più di
quanto... abbia mai amato te..." Aggiunse a bassa voce.
Kate cominciò a tremare ed a
respirare sempre più intensamente, una rabbia cieca si stava impadronendo di
lei, sentiva di stare perdendo in modo irrimediabile tutto quello che aveva
conquistato; se fosse stata solo una scappatella, una scopata, era un conto, ma
così... Se era innamorato non c'era niente da fare, era finita, lo conosceva
troppo bene, ma non era disposta ad accettare la situazione senza fare nulla,
doveva pagarla...
Stava per scoppiare, doveva
esternare la sua frustrazione; fece un passo indietro, alzando le mani e urlò.
"Ahhhhhhh!!!" Orlando si allarmò, sobbalzando lievemente.
"Kate..." Fece
avvicinandosi a lei. "Kate... ti prego, non fare così..." E allungò
una mano.
"STAMMI LONTANO! NON MI
TOCCARE!!" Gli gridò contro, indietreggiando ancora con i pugni alzati.
"Ti odio!"
"Non puoi prenderla così, ti
prego!" L'implorò Orlando, tentando ancora di avvicinarsi. "Non avrei
mai voluto ferirti, credimi! Tutto quello che ci siamo dati in questi anni, non
lo possiamo buttare via così!"
Lei alzò uno sguardo furibondo,
gli occhi pieni solo di rabbia. "Sei tu che lo stai facendo, Orlando, mi
hai usata e buttata nel cesso, ora puoi anche tirare la catena!" Detto
questo Kate si coprì il viso con le mani, cominciando a singhiozzare; lui
sospirò amareggiato.
"Puoi anche non credermi, ma
io ti ho voluto, e ti voglio, bene." Mormorò infine. "Non avrei
voluto mai, mai, mai, farti del male, ma io la amo e non posso farne a
meno..."
La ragazza emise una specie di
sibilo a denti stretti, poi tirò su col naso e ringhiò, o forse fece un ghigno,
chissà, poi gridò: "Stronzo bastardo!" E caricò un destro che colpì
Orlando in piena faccia.
Stavolta non vide luci bianche, o
stelline, o uccellini tipo cartoon, sentì solo una specie di schiocco e un
forte dolore; fece un passo indietro, sorpreso dal gesto, inciampò in qualcosa,
si sentì cadere, poi una botta dolorosa alla testa e, infine, solo buio...
Un grazie particolare a Elisa, per i complimenti che non merito ^__-; un
baciotto a Moon, in attesa dei suoi prossimi lavori e
Un grazie particolare ad Elisa, per i complimenti che non merito ^__-;
un baciotto a Moon, in attesa dei suoi prossimi lavori e per la sempre attenta
lettura dei miei deliri. ^x^ Grazie anche a tutti quelli che leggono.
Divertitevi!
~ Capitolo 10 ~
Dominic entrò nella stanza
silenziosamente, le tapparelle erano semi abbassate; Orlando guardava fuori,
solo una tenue luce verdolina illuminava il letto. Il ragazzo si avvicinò, poi
prese una sedia e si mise cavalcioni, in attesa che l'amico si accorgesse di lui.
"Come la va?" Domandò
ad Orlando, quando lui si girò.
"E' maiala, Dom."(*)
Rispose mesto.
"Io ci ho provato ad
avvertirti, ma avevi sempre il telefono spento." Affermò Dom allargando le
mani; Orlando fece una smorfia.
"Ti ringrazio lo
stesso." Gli disse poi.
"Purtroppo lo hanno già
saputo i giornalisti." Dichiarò amaro l'amico. "Sono assiepati qui
fuori, quelle iene." L'altro ragazzo roteò gli occhi.
"Lo so, ma Robin mi ha
assicurato che ci pensa lei." Rispose. "Era qui dieci minuti fa, mi
ha fatto un cazziatone atomico, se mi faceva male la testa, ora mi sento il
cranio come un pallone aerostatico." Aggiunse stancamente.
Dom si sporse per guardargli
meglio il livido; l'occhio sinistro era circondato da una tumefazione piccola e
irregolare, di colore violetto tendente al carminio. L'espressione di Orlando
era mesta e rassegnata.
"Certo che ti ha preso
pieno." Commentò l'amico. "Però non capisco perché non ti dimettono,
in fondo è solo un occhio nero."
"E' per via della commozione
cerebrale, mi tengono in osservazione dodici ore." Spiegò Orlando, mentre
si sistemava meglio sui cuscini.
"La commozione
cerebrale?!" Esclamò stupito Dom. "Ma cazzo, non vorrai dirmi che ti
ha preso pure a mazzate in testa!"
"Ma no." Negò moscio
l'altro. "Solo che non mi aspettavo il pugno, così sono indietreggiato, ho
urtato il tavolino del salotto e sono caduto, sbattendo a testa contro il
pavimento." Raccontò quindi.
"No, dai! Non ci
credo!" Sbottò divertito Dom. "Sei veramente il peggio!" E
scoppiò a ridere senza ritegno.
"Ma vaffanculo!"
Replicò Orlando, portandosi una mano alla fronte e scostandosi i capelli.
"Testa di cazzo, smettila di ridere, io sto male!"
"Vabbene, vabbene!"
Fece il ragazzo, alzando le mani in segno di resa; dopo qualche risatina di
assestamento, tornò normale, sempre che si potesse dire di lui. "Allora,
di Kate che n’è stato?" Domandò a Orlando, qualche minuto dopo.
"Credo... non so di
preciso..." Rispose vago lui. "Robin mi ha detto che è andata dalla
sua amica Cinthya, poi non so." Aggiunse stringendosi nelle spalle.
"Senti, ma devo avvertire
qualcuno, tua madre?" Gli chiese allora l'amico; Orlando si rianimò,
negando vigorosamente con la mano.
"No, per l'amor di Dio, ci
manca solo lei..." Affermò. "Si preoccuperebbe a morte,
precipitandosi qui, e aggiungendo al mio mal di testa due coglioni
difficilmente contenibili..."
"Non vuoi neanche che
chiami... la..." Orlando osservava la strana espressione di Dom
incuriosito, aggrottando la fronte. "...la tarantola..."
"Chi?" Fece l'amico
ridacchiando. "Non starai parlando di Josie?!" L'altro non sapeva più
dove guardare, ma, alla fine, annuì imbarazzato; Orlando rise. "Guarda che
Josie non è poi così acida." Gli disse.
"Beh, devo crederci, o non
la tromberesti." Ribatté l'amico, incrociando le braccia; risero entrambi.
"E' a San Francisco per un
convegno, tornerà domenica sera, non voglio farla preoccupare." Spiegò
infine Orlando. "La chiamerò io."
"Ok." Acconsentì Dom.
"Dunque, che facciamo?"
"Resti un po' a farmi
compagnia?" Gli chiese il ragazzo ricoverato.
"Hm, perché no."
Accettò l'altro, appoggiando il mento sulle braccia incrociate. "Tanto non
ho un cazzo da fare."
Si raccontarono un po' di
stronzate, scherzarono sul didietro dell'infermiera che venne a controllare
Orlando, poi, inevitabile, venne un momento di stanca, era quasi l'una di
notte.
"Oh, sai che faccio?"
Annunciò entusiasta Dom, dopo un attimo di silenzio. "Io chiamo Lij e
Billy!"
"Ma no, dai!" Sbottò
Orlando, che cominciava ad accusare una certa stanchezza. "Non rompergli i
coglioni, cazzone, a New York sono le quattro del mattino!"
Ma Dom alzò l'indice, fermando le
sue proteste. "Primo, io non rompo i coglioni, semmai ne comporto
l'incontrollato rigonfiamento." Proclamò sicuro. "Secondo, è venerdì
sera, vuoi che Elwood non sia in giro?"
"No, Dom, è sabato mattina e
sono le quattro lì!" Tentò ancora Orlando.
"Userò il mio accento
islandese, non mi riconoscerà mai!" Esclamò allegramente imperterrito
l'amico, mentre prendeva il telefono e impostava il sistema per nascondere il
numero.
"Mi spiace dirtelo, Dom, sei
un pessimo imitatore..." Gli confessò l'altro scuotendo il capo; nulla da
fare, lui aveva già richiamato il numero e messo in viva voce.
Attese alcuni squilli, finche non
si aprì la comunicazione. "Biondo? Ghi è ki tu balla?" Interrogò, con
voce nasale ed un accento spudoratamente inventato lì per lì.
"Qui di biondo non ci sono
nemmeno i peli del tuo culo, Monaghan." Rispose una voce pacata. "Ma
non ti stanchi mai di 'ste menate?"
"Oh, cazzo, ma come hai
fatto a riconoscermi, Elwood?" Replicò Dom, fingendosi stupito; Orlando,
nel frattempo, rideva come un cretino.
"Per forza, uno scherzo
imbecille come questo, alle quattro del mattino, lo puoi fare solo te,
disgraziato!" Rispose Lij ridendo. "E guarda che ho riconosciuto
anche quell'altro deficiente che sta ridendo!"
"Scusa Lij, ci ho provato a
convincerlo, ma lo sai com'è fatto!" Intervenne Orlando; l'amico
dall'altra parte del telefono sbuffò. "Dove sei?"
"Bah, un po' in giro,
sapete, questa è la città che non dorme mai, ma stavo pensando di andarmene a
letto." Rispose allegro. "Voi?"
"Siamo in ospedale!"
Gli disse Dom ridendo; ci fu un attimo di silenzio.
"Come in ospedale?"
Fece poi Elijah, con tono preoccupato. "Mi prendi per il culo Dom, siete
sbronzi?" Era diventato serio.
"Macché sbronzi, siamo
lucidissimi!" Replicò divertito l'amico. "Cioè, Orlando non tanto,
perché è lui che sta ricoverato!"
"Dom, smettila di fare il
cazzone!" Gli ordinò Lij, che non stava più scherzando. "Che cosa è
successo, avete avuto un incidente, hai bevuto?"
"E dai con questo
bere!" Sbottò Dom. "Ti ho detto che siamo sobri, ora ti dico cosa è
successo..." Orlando, però, smanettava dicendo, solo con le labbra: No, dai!
Non servì a nulla, Dominic
raccontò tutta la vicenda di Orlando, e la faccenda fu parecchio divertente;
dieci minuti dopo stavano ridendo tutti e tre a crepapelle, Dom e Orlando stesi
insieme sul letto e Lij dall'altra parte dell'apparecchio. Si salutarono solo
quando un'infermiera gli ricordò che stavano in un ospedale ed era notte fonda.
Orlando riuscì, infine, a far desistere Dominic dal telefonare anche a Billy, e
così il ragazzo se ne andò a casa; poco dopo all'attore arrivò un messaggio di
Josie.
Buonanotte tergiversatore. Ti amo. Diceva; quell'allusione alla sua
indecisione lo fece sorridere, lei non mancava mai di punzecchiarlo, se avesse
saputo... Ti amo anch'io, stronza.
Buonanotte. Le rispose, poi spense il telefono e decise di dormire.
Il sabato e la domenica furono
due giornate piuttosto uggiose; il primo passò tra le pratiche per uscire
dall'ospedale e la fuga infinita dai giornalisti, alla sera Orlando si barricò
in casa e non ne uscì fino al giorno dopo. La mattina di domenica si consumò
stancamente tra casa e spiaggia, l'attore si sentiva ancora parecchio
rincoglionito; all'ora di pranzo arrivarono Scott, Deb e Dominic, accompagnati
da un delizioso pranzetto. Il pomeriggio fu decisamente più divertente. In
serata, la coppia di amici dovette andare via, avevano un impegno a cena, così
rimasero solo Dom e Orlando.
"Puttana di quella troia!"
Imprecò Dom, che si era messo a giocare con la Play Station, mentre l'amico
cercava di riposare un po'. "Questa pompinara si è fatta ammazzare di
nuovo!"
"Dom, lascia stare!"
Gli consigliò Orlando, alzando appena una mano. "Tomb Rider non fa per
te." L'altro lo guardò con espressione riflessiva.
"Sai che hai ragione?"
Replicò infine. "Lara è troppo squadrata per me, e poi, credo che abbia le
tette rifatte..." Lo disse con un tono serissimo, che fece ridere
entrambi; in quel momento suonò il campanello. "Vado io." Fece Dom,
evitando che Orlando si alzasse.
Rispose al videocitofono, gli
apparì davanti una ragazza bruna che non riconobbe; lei, vedendo che non le
aprivano, fissò la telecamera sospettosa. "Sono Josie." Disse.
"Ah..." Fece Dominic.
"Vieni." Invitò allora, spingendo l'apertura del cancello.
Pochi istanti dopo le aprì la
porta di casa; ad ogni modo, se la ricordava un po' diversa da questa bella
ragazza coi capelli sciolti, jeans scoloriti e una semplice maglietta bianca a
maniche lunghe. Josie aveva un'espressione ansiosa e interrogò Dom con gli
occhi; lui, che era rimasto un attimino imbambolato, esitò per un secondo.
"Ah! Orlando!" Esclamò
quindi. "E' sul divano." E le indicò la sua destra; lei lo superò
entrando in casa e dirigendosi verso le poltrone davanti al televisore.
Josie si diresse decisa in quella
direzione, aggirò le poltrone e si mise davanti all'attore; aveva ancora in
mano le chiavi della macchina. Lui era semi disteso, col busto nell'angolo del
divano; il cane gli si era accoccolato in mezzo alle gambe, con il muso
appoggiato su una coscia, osservava la nuova arrivata da sotto in su. Avevano
la stessa espressione scazzata; visti in quel modo erano la rappresentazione
della mestizia.
La ragazza si sedette sul
tavolino davanti a lui, scansando un Joypad, e si piegò appoggiando i gomiti
sulle ginocchia. "Che cavolo mi combini?" Gli disse, fissandolo
negl'occhi.
"Qualcosa non è andato come
doveva, Joss." Le rispose Orlando; lei sospirò raddrizzandosi. Dom, nel
frattempo, era tornato a sedersi accanto all'amico.
"Ma come ha fatto a
scoprirlo? Non siamo stati abbastanza attenti?" Continuò Josie.
"Temo di no." Fece il
ragazzo, scuotendo il capo. "Ti ricordi quel giorno in barca, quando tu mi
chiedesti se pensavo ci fossero dei paparazzi..." Lei scattò in piedi,
interrompendolo.
"C'erano!" Esclamò;
Orlando non poté che annuire. "Oh, cazzo!" Dominic, osservando il
comportamento di Josie, cominciava a trovarla decisamente simpatica.
"Puoi trovare ancora qualche
pezzettino della rivista tra le braci del camino." Le disse; lei lo
guardò, poi sbuffò scocciata, passandosi una mano tra i capelli.
La ragazza si risedette e guardò
di nuovo Orlando. "Quante volte ti ho detto di parlarci? Ti ho implorato
di fare chiarezza? Eh?" Gli chiese con espressione quasi delusa.
"Dico, c'era bisogno di arrivare a questo merdoso punto? Di farsi mandare
all'ospedale?" Gli rimproverò poi, gesticolando.
"Sono un cretino, e non c'è
bisogno che me lo dici tu, lo so perfettamente." Si difese lui. "Ma
non è mica colpa mia, se ci hanno beccato!" Aggiunse.
"Oddio! Uomini!" Sbottò
Josie, alzando gli occhi al cielo, poi si alzò di nuovo. "Che cosa abbiamo
fatto di male per meritarvi? Pavidi, egoisti e insicuri!" Proclamò, mentre
faceva qualche passo nel piccolo spazio. "E si lavano anche poco!"
Dom spalancò la bocca sorpreso, a
quell'affermazione. "Oh, se ti facciamo così schifo, diventa
lesbica!" Affermò; lei e Orlando lo guardarono con disapprovazione.
Il ragazzo si raddrizzò sulla
poltrona. "Vai, Dominic, porta Sidi a fare una passeggiata, vai." Gli
consigliò, facendo scendere l'animale dalle sue gambe. "Noi è meglio se
parliamo un po' da soli."
L'amico, anche se con una
discreta riluttanza, ubbidì; prese per il collare l'ancor più riluttante cane e
si diresse verso la portafinestra che conduceva sul lato della spiaggia. Josie
sospirò e si mise accanto ad Orlando; entrambi guardavano avanti.
"Insomma, Josie..."
Esordì l'attore. "...non stiamo un po' insieme da almeno una settimana, e
la prima cosa che fai è un pippone di cui, anche sforzandomi, non vedo la
necessità." Lei girò il capo, trovandolo che la fissava.
"E' che sono arrabbiata con
te." Spiegò la ragazza, e tornò a guardare avanti. "Mi hai raccontato
tutta questa storia al telefono e mi sono preoccupata da morire." Continuò
accorata, si capiva che era stata veramente in pensiero. "E poi... Oh,
cavolo, in fondo io Kate posso anche giustificarla! Ha ragione!"
"Che cosa?!" Sbottò
Orlando spalancando gli occhi. "Mi ha colpito!"
"E' che tu non
capisci!" Ribatté Josie. "Io lo so cosa vuol dire avere le
corna." Affermò, posandosi una mano sul petto. "Indipendentemente
dall'affetto che ti lega ad una persona, essere traditi è molto umiliante, lo
dico per esperienza personale."
"Oh, vabbene! Io non capirò
un cazzo, ma ho comunque un occhio nero!" Replicò offeso il ragazzo,
incrociando le braccia; lei si girò anche col busto e lo guardò in faccia.
"Parliamoci chiaro,
Orlando." Disse seria. "Vuoi forse negare di nutrire dei profondi
sensi di colpa, per la situazione che abbiamo creato?" Gli chiese poi; lui
la fissò per un attimo negl'occhi, poi sospirò e chinò il capo.
"Tremendi sensi di
colpa." Ammise sconsolato. "Non avrei mai voluto che finisse così, io
sono stato bene con Kate, sono stato felice." Aggiunse mesto. "Lei mi
ha dato così tanto, e io sento di non averla mai ripagata a sufficienza, ed ora
è andata in questo modo..."
"Vedi." Fece Josie
allargando le mani. "Non volevo davvero renderti triste, era solo per
farti capire. Ad ogni modo, non credo che avremo mai la possibilità di
spiegarci con lei, e poi cosa c'è da spiegare, noi siamo in colpa e non c'è
nulla da fare."
"Io vorrei davvero avere la
possibilità di spiegarmi, ma non credo di poter aggiungere qualcosa alla
discussione dell'altra sera, e le conseguenze sono palesi." Affermò
l'attore. "Però, cazzo, Josie, tu sei veramente spietata!"
"Che ci posso fare."
Dichiarò la ragazza stringendosi nelle spalle. "Dobbiamo convivere con i
nostri errori, siamo esseri umani, Orlando."
Seguì un lungo momento di
silenzio; i due sedevano accanto, guardando avanti, le loro spalle si
sfioravano, in lontananza si sentiva la risacca della spiaggia, il sole
rosseggiava oltre le vetrate.
"E' la nostra prima
discussione." Affermò, ad un certo punto, Orlando.
"A parte quelle al premio
cinematografico..." Ricordò Josie, con un mezzo sorriso; lui rise
sommessamente, a capo chino.
"Certo che tu sei proprio un
coglione!" Esclamò quindi la ragazza, girandosi di scatto verso di lui,
però sembrava meno seria. "Farti mandare all'ospedale, dico io!"
"Per favore!" Replicò
l'attore con un sorriso. "Ci ha già pensato Dom, a sfottermi!"
"E ha fatto bene!"
Rincarò Josie.
"Dai!" Protestò
Orlando. "Non puoi difendere uno che ti ha consigliato di diventare
lesbica!"
La ragazza non ce la faceva più,
stava per scoppiare a ridere; si lasciò andare ad una risata bassa, cui
l'attore rispose allo stesso modo. Ora si appoggiavano l'uno all'altra, ridendo
piano, ma con intensità; lentamente, il ragazzo, appoggiò la fronte a quella di
lei, che non lo respinse. Si guardarono, infine, negl'occhi, entrambi li
avevano lucidi. Josie gli carezzò il collo, Orlando le passò un braccio intorno
alla vita, e si baciarono dolcemente.
Dominic si trattenne a cena.
L'atmosfera si era decisamente rasserenata; a tavola risero e scherzarono. Dom
dovette ricredersi della sua opinione su Josie, certo il suo umorismo era un
po' sofisticato, ma era spiritosa e, soprattutto, molto lontana dall'algida
donna in nero che lo aveva rimbalzato a quella famosa festa. I ragazzi si
salutarono passata la mezzanotte.
Josie si mise a rassettare la
cucina; Orlando riscontrò in lei una specie di lieve fissazione per l'ordine e
la pulizia. L'attore, invece, dopo un po', preferì andare a letto.
Più tardi, quando la ragazza salì
di sopra, trovò Orlando che dormiva su un fianco, col cane accucciato in fondo
al letto e la testa sopra una gamba del padrone. Josie si spogliò, andò in
bagno, con calma; quindi, frugò in un paio di cassetti, fino a trovare una
delle magliette di Orlando, e se l'infilò. Lo raggiunse a letto, cercando di
avvicinarsi il più possibile a lui, senza dare fastidio al cane; lo abbracciò
alla vita e gli diede un lieve bacio sul collo.
"Questo non è un
cane..." Mormorò una voce assonnata.
"Oh, ti ho svegliato?"
Si rammaricò lei, sollevandosi un po'; lui scosse il capo, poi si girò verso la
ragazza; lei gli carezzò i capelli.
"No, ti aspettavo
sonnecchiando." Rispose sorridendo; cercarono di abbracciarsi, ma Josie
non riusciva ad avvicinarsi che fino ad un certo punto. "Ma che fai?"
Protestò Orlando.
"E' il cane." Dichiarò
lei, abbassando gli occhi sulla massa di pelo scuro ai loro piedi.
"Dagli una spinta col piede,
vedrai che lo muove quel culone." Le suggerì il ragazzo.
"No, dai!" Esclamò
Josie. "Poverino, non possiamo convincerlo con le buone?"
"Scherzi? Da quell'orecchio
proprio non ci sente." Ribatté Orlando, e diede a Sidi una piccola spinta,
tipo carezza col piede; l'animale biascicò un po', poi si sollevò mollemente,
spostandosi dietro a Josie, qui si lasciò cadere attaccato alla schiena della ragazza
e schiacciandola contro il padrone.
"Oh!" Si lamentò lei.
"Questo sarebbe il tuo metodo per farti abbracciare dalle ragazze?"
"Originale, eh?"
Rispose divertito il ragazzo; risero.
"Ti ci vorrà un letto a tre
piazze!" Scherzò la ragazza. "A proposito." Gli disse, tornando
ad un tono normale. "Ti volevo chiedere una cosa."
"Dimmi." Fece Orlando,
mentre faceva scorrere una mano sulla coscia vellutata di Josie.
"Tu, qui sei in
affitto?" Gli domandò; lui fu un po' stupito dalla richiesta, ma rispose.
"Sì." Annuì. "Sono
miei solo i divani di pelle, il televisore e l'attrezzatura del pc nello
studio, perché?" Aggiunse incuriosito.
"Beh, mi chiedevo
se..." Riprese la ragazza, distrattamente. "...magari potresti...
venire a stare da me..." Orlando spalancò gli occhi, sorpreso.
"Io, Josie, non vorrei
offenderti, ma..." Rispose infine, preoccupato. "...ho appena rotto
con Kate, non oso pensare a che ricami ci farebbero sopra i giornalisti, già
quelle foto sono state un bel problema, e..."
"Ma io non dico subito."
L'interruppe lei. "Può essere tra un mese, fra tre, l'anno prossimo,
insomma, non voglio metterti fretta, solo mi farebbe piacere."
"Credimi, sono lusingato
dalla tua proposta, ma preferisco aspettare, spero di non ferirti..."
"Ma no! Sono
d'accordo." Affermò Josie con un gesto rafforzativo. "E' che ho
pensato, tu non passi tutto l'anno a Los Angeles, sei una persona molto
impegnata, e mi sembrava inutile passare il poco tempo nella stessa città in
due case diverse." Spiegò tranquilla.
"Hai perfettamente
ragione." Commentò Orlando. "E ti giuro, appena le acque si sono
calmate, ed avrò un momento di respiro, mi trasferirò subito da te." Josie
gli sorrise.
"Non devi farlo per farmi
contenta." Gli disse però.
"Lo faccio solo per me
stesso." Ribatté lui con dolcezza, stringendola a se. "Perché quando
sono con te, sto bene." La ragazza gli sorrise di nuovo, poi si accoccolò
tra le sue braccia e, poco dopo, si addormentarono.
La settimana successiva Orlando
terminò le riprese in interni del suo film, cosa che preparava la partenza
verso le location degli esterni. Lui e Josie, dopo l'incidente, si erano visti
abbastanza regolarmente, anche se non avevano frequentato posti pubblici; per
lo più, si erano visti a casa dell'uno o dell'altra, ma non gli pesava, poiché
stavano attraversando una fase piuttosto passionale del loro rapporto...
Orlando, infine, partì, e questo,
in un certo senso, fu un evento positivo: per almeno due mesi l'attenzione dei
media si sarebbe spostata su personaggi più accessibili, visto che il set era
off limits per qualsiasi giornalista.
Josie lo sentiva solo per
telefono, ma era bello; si punzecchiavano, ridevano, parlavano di tutto e,
inevitabilmente, finivano per fare i cinici romantici, come piaceva a loro.
Ogni quindici giorni, più o meno, a Orlando prendeva la malinconia e la
supplicava di raggiungerlo lì; lei, con pazienza, gli ricordava la faccenda
delle foto e riusciva a dissuaderlo. Josie non voleva, nel modo più assoluto,
creare problemi con la sua presenza; comunque, un piccolo momento d'imbarazzo
ci fu, anche se la ragazza non fu coinvolta direttamente.
Una sera Orlando usciva da un
locale, dove aveva cenato con la troupe; un giornalista, lì appostato con
altri, gli chiese se il suo ricovero in ospedale fosse dovuto, come si diceva,
ad una lite con Kate, causata dalla sua scappatella ai Caraibi. L'attore ribadì
la versione ufficiale, e cioè che si trattava di un banale incidente domestico,
e aggiunse che la sua vita privata riguardava solo e soltanto lui.
A Los Angeles, nel frattempo,
Josie si divideva tra lavoro, uscite con Franny e cura della casa; infatti, i
mobili di Cary erano finiti al mercato dell'usato e lei aveva sgombrato lo
studio. In previsione che, in un prossimo futuro (molto prossimo, sperava la
ragazza), Orlando ne volesse fare la sua stanza privata...
(*) Espressione
tipicamente toscana che sta per "le cose vanno piuttosto male".
Eccoci qua! Devo dire un paio di cosine,
su questo capitolo; dunque, nel testo ho citato due canzoni di quell'uomo da
monumento che è Bruce Springsteen (anzi tre, c'è anche The River, ma senza
testo), sono "Born to run" e "Hungry heart", naturalmente
vi consiglio di metterle in sottofondo, leggendo le scene in cui sono presenti!
^__^ Tutti i diritti ovviamente appartengono al legittimo autore, le ho usate
per amore e senza intenzione di nuocere a nessuno. Poi, perdonatemi il pippone
su Star Trek, ma ogni tanto mi faccio prendere la mano dalla passione! ^__- Ah,
credo che le frasi in francese siano corrette, ma se c'è qualche errore e ve
n’accorgete, vi prego, fatemelo presente.
Infine... Scrivendo questo capitolo mi è
successa una cosa, del tutto involontariamente: ho dato un nome ad un
personaggio femminile, così, il primo che mi è venuto in testa, ma essendo
questo personaggio associato a Dom Monaghan, quel nome è stato Mandy (chissà
perché... ^o^ spero che tu non ti offenda!); me ne sono accorta solo dopo, ma
ho deciso di lasciarlo, soprattutto come omaggio ad una scrittrice che apprezzo
molto! Mi auguro che le faccia piacere (se non è così, me lo faccia sapere), e
che magari gradisca questa cosa come succede a me con le sue ff! Un baciottone!
Come al solito vi auguro buon
divertimento, e fatemi sapere cosa ne pensate!
~ Capitolo 11 ~
Erano passati quasi quattro mesi,
dalla rottura tra Orlando e Kate; ormai era autunno, ed ora i giornali
scandalistici si dividevano tra le nuove nozze di Jennifer Lopez, il presunto
aborto di Britney Spears e il libro choc che avrebbe rivelato, per l'ennesima
volta, tutti i segreti sulla morte di Lady Diana. Insomma, l'attore inglese era
l'ultimo dei loro pensieri.
Fu in questo clima relativamente
favorevole, che maturò la decisione di Orlando a proposito di trasferirsi a
casa di Josie; lei non gli aveva fatto alcuna pressione, ne tirato più in ballo
l'argomento, perciò era rimasta quasi sorpresa, quando era stato il ragazzo e
riparlarne. Allo stupore iniziale, si sostituì ben presto una grande gioia,
perché le intenzioni erano serie.
Ci vollero un paio di settimane,
per organizzare tutto; i movimenti del trasloco di Orlando non passarono
inosservati, purtroppo, ma, sia lui che gli amici corsi in aiuto, decisero di
ignorare la piccola folla di fotoreporter che circolava in quel di Malibu
durante la faccenda.
La prima sera che Orlando rientrò
dal lavoro nella casa di Bel Air, invece che in quella di Malibu, era
particolare. Josie aveva conosciuto Deb e Scott in occasione del trasloco, ma
non avevano mai potuto parlare un po', così la ragazza gli aveva proposto di
andare a cena da lei, non appena si fosse concluso lo spostamento di Orlando.
Quella era la sera. Dominic non sarebbe mancato, e nemmeno Franny.
L'attore entrò in casa allegro.
"Sono arrivato, tes..." Fece per annunciare, ma s'interruppe sentendo
la musica; tra l'altro gli sembrava una canzone conosciuta.
Entrò in cucina, da dove veniva
anche un ottimo odorino, e vide Josie impegnata a cucinare e... a cantare,
sulla scia dello stereo. La canzone era appena cominciata.
"In the day we
sweat it out in the streets of a runaway American dream..." Dichiarava
il Boss, e Josie lo seguiva contenta; lui aveva riconosciuto la canzone, era Born to run.
La ragazza si muoveva con grazia
tra i mobili della cucina, continuando il suo lavoro non distratta dalla
musica; prese un vassoio e lo ficcò nel forno, a tempo, poi chiuse lo sportello
e si girò verso Orlando, proprio mentre c'era il verso: "...I want to guard your dreams and visions, just wrap your legs
'round these velvet rims and strap your hands across my engines..."
"Io te le metto volentieri
le mani sul motore, se vuoi." Propose Orlando sorridendo birichino; lei
rispose al sorriso e continuò a cantare avvicinandosi.
"Will you walk
with me out on the wire 'cause baby I'm just a scared and lonely rider..."
E così cantando gli arruffò i capelli.
"Ti piace Springsteen?"
Le domandò Orlando; Josie annuì, scostandosi un po' da lui per abbassare il
volume della radio.
"E' il mio... autore
preferito." Aveva esitato un attimo nel rispondere, solo perché le
sembrava riduttivo chiamarlo cantante. "Amo il rock in generale."
Spiegò poi. "E poi i suoi testi sono splendidi, credo che sia una persona
dalla rara profondità."
"Hai capito..." Commentò
il ragazzo.
"E' sua anche la mia canzone
preferita in assoluto." Proclamò poi, tornando ad occuparsi di uno
sformato. "The River, la adoro."
Orlando la osservava aggrottando
la fronte, pensieroso. "Mi rendo conto che so veramente poco di te."
Affermò quindi; lei si girò a guardarlo. "Devo fare delle indagini."
Josie alzò stupita le sopracciglia, mentre lui usciva dalla cucina.
Il ragazzo tornò poco dopo, con
in mano qualcosa; si sedette al banco della cucina e aprì l'oggetto. "Il
mio portafogli?!" Esclamò sorpresa la donna.
"Che non lo sai?" Fece
Orlando, alzando gli occhi. "Si scopre tutto di una persona, dal
portafogli." E tirò fuori qualcosa.
"Ti dispiace se mentre
indaghi, Monsier Maigret..." Gli disse, con perfetto accento francese.
"...io continuo con la cena?" Lui le fece un gesto per incitarla ad
andare avanti.
"Mh, vediamo un po'... una
patente di guida dello stato del New Jersey..." Josie gli lanciò
un'occhiata divertita. "Vivevi nel Jersey?" Detto col suo accento
inglese dava l'idea di verdi prati e pecore al pascolo, non di oceano e
ciminiere.
"Sì." Annuì la ragazza,
senza distrarsi dal suo lavoro. "Fino a dodici anni, poi di nuovo dai
quattordici ai diciotto, quando sono andata a Boston."
"Mh." Commentò Orlando,
e si rimise a guardare il documento. "Nata il 30 agosto 1973..."
Lesse, e la guardò. "Hai quasi quattro anni più di me."
"Pare." Disse soltanto
lei, senza girarsi.
"Nata a... Okinawa?!"
Si fermò sbalordito, fissando la patente. "Sei veramente nata ad
Okinawa?" Le chiese incredulo; Josie si girò e sorrise.
"Mio padre lavorava lì, non
voleva perdersi il lieto evento, così... Okinawa." Rispose allargando le
mani.
"Sei strana, Joss."
Quindi Orlando riprese la sua indagine, e Josie la preparazione della cena.
"Tessera del partito democratico."
"Lo so, fanno cagare, ma gli
altri sono peggio, perciò voto loro."
"Concetto politico limpido,
non c'è che dire." E avanti. "Tessera del sindacato dei giornalisti,
una Master card oro, un santino di San Giuseppe... Ecco, questo me lo devi
spiegare, sei forse cattolica?" Domandò incuriosito il ragazzo.
"Non sono cattolica, diciamo
che credo nei concetti positivi di ogni religione, però..." Rispose lei,
pulendosi le mani. "...mia madre è molto religiosa, devota del santo, per
questo mi chiamo Josephine, se giri la figuretta..." Lui lo fece.
"...vedrai che c'è una frase in francese, è sua, per averla sempre vicino,
dice." Spiegò con dolcezza.
"E' bello questo."
Commentò Orlando, riponendo delicatamente il santino. "Vi sentite
spesso?"
"Bah, una volta la settimana,
più o meno." Rispose la ragazza. "Se uno di questi giorni mi senti
parlare al telefono in francese, saprai chi è." Aggiunse incrociando le
braccia, appoggiata al lavandino.
"Mhhh, il francese... è
sexy..." Fece Orlando, con uno sguardo malandrino; Josie replicò allo
stesso modo, poi si avvicinò, togliendosi il grembiule.
"Est que je peux faire quelque chose pour vous, Monsieur?" Gli
disse, posandogli le mani sulle spalle. "Mon cher, petit, Monsieur Bloom?" Aggiunse
abbracciandogli la testa e sedendosi sulle sue ginocchia; lui sorrideva
divertito.
"Io credo di conoscere solo
una frase in francese." Affermò, tenendola per i fianchi.
"Aspetta che indovino!"
Esclamò Josie, scostandosi un po'. "Voulez
vous coucher avec moi?"
"Ce soir." Precisò
Orlando ridendo.
"Eccerto!" Confermò la
ragazza, poi rise anche lei. "Stupido!" Lo rimproverò bonariamente.
Era chiaro, però, che lui voleva
di più; poche, chiare, carezze e si stavano già baciando. Se non avesse suonato
il campanello, chissà dove sarebbero andati a finire, ma successe; Josie scattò
in piedi, lasciando Orlando a braccia spalancate e bocca aperta.
"Sono già qui!"
Annunciò allarmata, poi si guardò intorno. "Bene, con la cena sono pronta,
ora vado a cambiarmi, mentre tu fai gli onori di casa, ci vediamo tra..."
Lanciò un'occhiata all'orologio, dirigendosi verso le scale. "...sette
minuti." E cominciò a salire.
"Caspita, sei organizzata
come il corpo dei Marines!" Commentò l'attore, seguendola con gli occhi;
lei si girò verso di lui. "Molto corpo e poco Marines, comunque..."
Josie fece una smorfia
sarcastica. "Vai ad aprire, vai." Gli consigliò salendo; lui rise,
ubbidendo.
Fu a cena, che Orlando scoprì
altre cose di Josie, particolari che non avrebbe mai nemmeno sospettato; questa
cosa lo affascinava, aveva come l'impressione che una persona complessa, e dai
molteplici interessi, come quella donna, non avrebbe mai finito di conoscerla.
Erano alla fine della deliziosa
cena, si erano divertiti molto ed avevano mangiato bene; le ragazze, in quel
momento, erano andate in cucina a preparare il dessert, per cui i maschietti
erano rimasti soli.
"Allora,
Morsacchiotto." Esordì Scott, finendo quel che rimaneva nel suo bicchiere.
"Come ti trovi?" Gli chiese.
"Beh..." Rispose
Orlando. "...molto bene direi, è una donna stupenda e non mi ero mai
sentito così sereno."
"Sono molto contento per
te." Replicò l'amico.
"Anch'io, davvero."
Rincarò Dominic.
"Grazie." Fece lui.
"C'è solo una cosa..." Aggiunse storcendo la bocca.
"Cosa?" L'incitò Dom.
"Ecco, se c'è una cosa che
le mie fan non hanno mai perdonato a Kate è stata la sua presunta altezzosità,
il fatto che dava l'impressione di tirarsela." Spiegò. "Ho paura che
questa cosa non cambierà."
"Perché?" Intervenne
Scott. "Josie se la tira?"
"Ma no!" Negò subito
l'attore. "Non c'è niente di più lontano da lei, solo, Joss ha quest'aria
da gran signora, raffinata, sai com'è." Precisò. "Poi non è
assolutamente così, lei è un tipo piuttosto semplice, solo che la giudicheranno
da qualche foto che ci faranno insieme, e allora..."
"Sarà, ma ho come
l'impressione che Josie sentirà la pressione meno di Kate." Affermò Scott.
"Non voglio offendere gli assenti, ma ho sempre avuto l'impressione che la
tua ex fosse un tantino fragile, da questo punto di vista."
"Non hai idea di quanto,
poverina." Ricordò Orlando serio. "Ma hai ragione, Josie non ha certo
paura di affrontare giornalisti o chicchessia."
"Ad ogni modo."
Intervenne Dom. "Questa ragazza ha molti..." Fece un gesto di
arrotondamento davanti al petto. "...argomenti più di Kate." Gli altri
due lo guardarono male. "E poi si sa vestire!" Aggiunse allegramente.
"Certo..." Disse
Orlando. "...detto da uno che ha una scimmia urlatrice sulla
maglietta..."
L'amico gli diede un'occhiata
retorica. "Stai zitto te, castorino!" Replicò, minacciandolo con
l'indice.
"Io, a volte, non so come
facciate ad essere amici." Commentò Scott, scuotendo il capo.
"Sai come si dice."
Intervenne Josie, tornando con le altre dalla cucina. "Infinite diversità,
in infinite combinazioni..."
Deb, che era dietro di lei, avvertì
proprio materialmente il rumore delle antenne di Scott che scattavano; fece un
breve sorriso consapevole.
"Tu." Fece l'uomo,
guardando Josie. "Mi stai citando il principio base della filosofia
vulcaniana." La ragazza posò il vassoio con i dolci sul tavolo e si
sedette al suo posto.
"Ti piace per caso Star
Trek?" Domandò all'amico incuriosita. "Io sono un'appassionata fin
dall'infanzia." Orlando si girò, fissandola con gli occhi di fuori.
"Il mio personaggio preferito è McCoy, poi il Capitano Picard e, questa
non è molto tipica, io adoro Damar di Deep Space Nine." A Scott
sbrilluccivano gli occhi, guardò la moglie.
"Sì, lo so che sei
felice." Gli disse lei, carezzandogli il viso. "Ti senti a casa tua,
vero amore?"
Lui si voltò di nuovo verso
Josie. "Io ci lavoro a Star Trek!"
"No! Davvero?!" Replicò
entusiasta lei; Orlando e Dominic si scambiavano occhiate incredule.
"Sì." Fu Deb a
rispondere. "E anch'io, ci siamo conosciuti lì, ora stiamo alla produzione
di Enterprise." Raccontò.
"Ma è bellissimo!" Dichiarò
felice Josie, poi si girò verso Orlando. "Com'è piccolo il mondo,
eh?" Fece, ma aggrottò la fronte quando vide l'espressione del ragazzo.
"Che c'è?"
"Ti piace Star Trek?"
Le domandò; lei annuì. "Tu?!"
"Sì." Ribadì la
ragazza.
"Cioè... tu?!" Insisté
l'attore. "Un persona... insomma, una come te, con la tua...
cultura..." Balbettò sbigottito.
"Orlando, io ritengo che la
cultura sia uno dei requisiti fondamentali, per amare Star Trek."Affermò Josie tranquilla; Scott, nel frattempo, annuiva con vigore.
"Ma... ma... è Star
Trek!" Sbottò lui. "A Scott non ci faccio più caso, lui ci mangia con
Star Trek, ma tu!" Continuò. "E' un telefilm di fantascienza,
insomma, pistole laser..."
"Phaser." Precisò Deb;
l'attore la guardò male.
"Quello che sono!"
Ribatté scocciato. "E teletrasporto, scenografie kitch e orridi
pigiamini!"
"Ma no, Orlando, non ti
fermare alla prima impressione!" Lo fermò Josie. "Come faccio a
spiegartelo..." Aggiunse, levando gli occhi al soffitto.
"Uh, preparatevi al pippone
trekker!" Esclamò Fran, accomodandosi i capelli color platino.
"Orlando avrei dovuto avvertirti di non toccare l'argomento..." Lui
la guardò allarmato; lei gli fece solo una strana smorfia, come se gli consigliasse
accondiscendenza.
"Dunque..." Riprese
infine Josie. "...quello che devi capire è che Star Trek non è solo
fantascienza, è fantascienza umanista, e questo significa che il suo fascino
non sta tanto nelle storie avventurose ambientate nello spazio, quanto
nell'esplorazione di temi universali e senza tempo, come i diritti della
persona, il libero arbitrio, la pena di morte, l'etica in medicina, la
tolleranza o la dominazione della tecnologia." Spiegava con gesti
enfatici, e Orlando era involontariamente rimasto rapito, come sempre gli
capitava quando lei parlava di cose che amava. "Il fatto che si svolga in
un ipotetico futuro, a bordo di navi stellari, è solo un veicolo, perché il
vero viaggio è quello dell'uomo alla scoperta di se stesso, in un continuo
confronto con i suoi limiti e dubbi." Concluse sicura. "E' per tutto
questo che io amo Star Trek." Scott applaudì, ma Josie si girò verso
Orlando, che la fissava sporgendosi sul bracciolo della sedia col mento sulla
mano.
"Sono affascinato."
Mormorò il ragazzo; lei gli sorrise e gli carezzò una guancia.
"Stupendo!" Esclamò
invece Scott. "Posso adottarti?" La ragazza rise, appoggiandosi alla
spalla di Orlando.
"E' davvero bello, ascoltare
una persona che ha così chiaro il perché ama Star Trek, e anche raro."
Commentò Deb con un sorriso. "Io stessa non ne sono sicura."
"Cavolo, questa donna sa
quel che dice." Affermava, nel frattempo, Dominic; Franny lo guardò
storto.
"Certo, tesoro, ne
dubitavi?" Gli disse.
Il resto della serata, Scott e
Josie lo passarono immersi in una discussione semi incomprensibile, citando
luoghi e persone per loro familiari, ma totalmente "alieni" almeno a
tre degli altri presenti; Deb cercò di sostenere la discussione con Orlando,
Dom e Fran.
Verso mezzanotte venne fuori una
proposta di uscita per il sabato successivo; Deb si era ricordata dell'Open
Range, un locale western dove lei e Scott erano stati con degli amici,
divertendosi molto. Josie accettò con entusiasmo, rivelando una vera passione
per la musica folk-country; Orlando rimase ancora più scioccato, quando la
ragazza confessò allegramente di possedere dei texani con le punte d'acciaio e
di saper ballare perfettamente il footloose.
Dominic, allo stesso modo, fu
subito coinvolto dalla proposta e, visto che anche gli altri erano d'accordo,
decisero di andare la settimana successiva.
Quel sabato sera, Dom si presentò
a casa di Josie e Orlando con straordinaria puntualità; gli aprì il collega,
che era già vestito di tutto punto, con i suoi stivali nuovi di zecca.
"Ma dove vai?" Gli
domandò Orlando, quando entrò sotto la luce dell'ingresso.
"Perché?!" Ribatté
stupito Dom.
"Andiamo in un locale,
non... alla vecchia fattoria!" Replicò l'amico. "Che cazzo è sta
maglietta coi tre porcellini?!" Aggiunse, indicando la t-shirt verde di Dominic.
"Oh, leggi bene!"
Protestò offeso l'altro. "Loro sono..." E seguì la scritta sol dito.
"...i tre porcellini..." E mostrò il disegno dei maialini.
"Io..." A quel puntò si girò di spalle. "...sono il lupo!"
Sul resto della maglia l'immagine tipo cartoon di un lupo con espressione
arrapata e bava colante dalle fauci.
"Ah, beh, immagino che con
questa t-shirt si acchiappi a palla!" Commentò scettico Orlando,
incrociando le braccia.
"Per tua informazione, sì,
s'imbrocca alla grande." Affermò serio Dom, voltandosi. "E tu,
comunque, è meglio se stai zitto, che con questa camicina a quadri sembri Bo e
Luke!" Aggiunse, facendo cenno alla camicia blu a quadretti dell'amico.
"Tutti e due?" Chiese
ironico l'altro.
"Hm, sì." Rispose Dom.
"Perché sei una via di mezzo..."
"Andiamo maschioni, mettete
in moto il Generale Lee, che adesso scendo." Li interruppe sarcastica
Josie, dall'alto del ponte; loro si guardarono.
"Che donna, eh?" Fece
Orlando.
"Ha questa ironia, come
dire, pungente, ma..." Ribatté Dom. "Ad ogni modo, per concludere la
discussione, ti volevo dire..." Abbassò gli occhi. "...tu che hai
fatto?" Domandò, facendo cenni con gli occhi verso il basso.
"Cosa?!" Replicò
stupito Orlando.
"Dai..." L'incitò
l'amico.
"Ma, che?!" Insisté
lui, fingendo di non capire.
"Insomma, ma che ci hai
messo un calzino, lì dentro?" Si decise a chiedere, indicando
spudoratamente l'inguine del collega; Orlando si guardò.
"Hey, bello, è tutta roba
mia, questa!" Protestò poi, tornando a fissarlo negl'occhi.
"Ma allora, potevi fare a
meno di appoggiarci sopra il fibbione da vaccaro!" Replicò Dom.
"Io..." Orlando abbassò
la voce, avvicinandosi all'amico. "...non volevo metterlo, ma lei ha
insistito, e capisci, non si può mica dire di no, quando te lo chiedono in una
certa maniera..." Spiegò, usando un tono complice.
"Ahh, ho capito..."
Mormorò l'altro. "Te lo ha sistemato lei..."
"Sono pronta." Annunciò
la ragazza, raggiungendoli; loro si voltarono di scatto, ricomponendosi.
"Sei stupenda, Josie!"
Le disse Dominic, con un po' troppa enfasi.
"Sei un delizioso bugiardo,
tesoro." Replicò lei, dandogli un bacio sulla guancia.
Josie indossava una camicetta
rosa antico, annodata in vita, ed una gonna a fiori, ampia, a balze, con
inserti di pizzo; ai piedi i suoi texani originali, con le punte di metallo
lucido.
"Come sei cattiva, non dice
mica per dire!" Protestò Orlando. "Sei splendida davvero." La
ragazza gli fece un sorriso dolce.
"Ok, siete carini, perciò vi
meritate una bella ruota!" Dichiarò Josie, poi si allontanò di un passo e
cominciò a ruotare su se stessa; la gonna si alzò fin quasi alla vita.
"Ti si vedono le
mutande!" Gridò scandalizzato Orlando, con gli occhi di fuori.
"Ti si vedono le
mutande!!" Esclamò eccitato Dominic, abbassandosi un po' per vedere
meglio; l'amico lo fulminò con lo sguardo.
"Certo!" Rispose Josie,
quando si fermò. "Ho messo apposta quelle più grandi!"
Scott e Deb l'incontrarono
davanti al locale; Orlando aveva ancora il muso lungo. Si salutarono e fecero
per entrare, ma la ragazza era curiosa di sapere perché l'amico era nero.
"Che cos'hai,
Morsacchiotto?" Gli domandò, con un ironico tono infantile; lui sbuffò,
mentre Josie si girava.
"Glielo hai dato tu, questo
nomignolo?" Chiese a Deb; lei annuì sorridendo. "Ahahah, è
perfetto!" Proclamò ridendo, poi riprese a camminare.
"No, aspetta un
minuto." Orlando la prese per un braccio, facendola girare. "Vuoi
dirmi che tu hai capito perché mi chiama così?" Le domandò aggrottando la
fronte.
"Orlando, la maggior parte
della popolazione femminile tra gli 8 e gli 80 anni lo avrebbe capito!"
Rispose divertita lei.
"Beh, spiegamelo, perché io
non rientro nel campione." Dichiarò l'attore, piantandosi davanti a lei
con le braccia conserte; Josie si arrese.
"Dunque, tesoro, devi sapere
che la tua pelle, la ciccetta, chiamiamola così, ispira il morso." Affermò
la ragazza, con sguardo languido posato sull'apertura della sua camicia.
"Fai venire voglia di morderti, di mangiucchiarti, di..." Spiegò. con
voce sempre più calda. "Basta così!" Concluse, prima di saltargli
addosso.
"Hai capito, ora?" Gli
disse Deb; lui sospirò, forse era una risposta affermativa. "Adesso voglio
capire io, perché stai scazzato?"
"Uffa, è che..." E
indicò Josie, che gli camminava davanti a fianco di Scott. "...quando fa
la ruota le si vedono le mutande!" L'amica lo guardò stupita.
"Sì, sì!" confermò
entusiasta Dominic, che li seguiva.
"Solo per questo?" Fece
invece Deb. "Non ti credevo così geloso!" Aggiunse ridendo; in quel
momento, Josie rallentò, fino a trovarsi accanto ad Orlando. Gli prese la mano.
"Adesso ti spiego io, perché
non devi essere geloso." Disse poi; lui la guardò piegando un po' il capo
di lato. "Ecco, stasera anche a te si vede bene qualcosa..." E lanciò
una veloce occhiata in basso. "...ma io non mi preoccupo, perché, se è
vero che tutte lo possono vedere, solo io posso..." Lo guardava negl'occhi
languida. "...hai capito, no?"
"E ho capito sì..."
Mormorò Orlando con un filo di voce.
"Bene." Annuì la
ragazza, scostandosi. "Pensa la stessa cosa delle mie mutande, saremo
apposto." Gli consigliò tranquilla. "Che, poi a casa, ti faccio
vedere cosa ci puoi fare..."
Entrarono nel locale; l'ambiente
era arredato in perfetto stile vecchio west, intorno alla grande pista da ballo
c'erano i tavoli, disposti in un piano leggermente rialzato, si dovevano salire
tre scalini per arrivarci. Il loro tavolo dava proprio sulla pista, dove
suonava una piccola band dal vivo; alcuni avventori stavano già ballando.
"Dai, dai, andiamo!"
Implorò Josie, dopo che fu arrivato il primo giro di birra, tirando il braccio
di Orlando.
"No, senti, adesso voglio
bere, poi..." Protestò lui, scocciato.
"La verità è che ti
vergogni." Replicò lei, mani sui fianchi; l'attore la guardò da sotto in
su aggrottando la fronte, poi si alzò, ficcando i pollici nelle strette tasche
dei jeans.
"Come?" Fece,
atteggiandosi a duro. "Bella, partiamo dal principio che quando decido di
fare una cosa, la faccio meglio degl'altri..."
"Uhhh, oh oh!" Commentò Scott ridendo; lui lo guardò male,
poi tornò a Josie.
"Perciò adesso, tu
m'insegnerai i passi principali, poi ci penso io." Dichiarò sicuro; la
ragazza ebbe l'impressione che si fosse calato un po' troppo nella parte.
"Andiamo allora, rude cowboy
della prateria." Gli disse divertita. "Fammi vedere come tieni a bada
la mandria." Aggiunse, prendendolo sottobraccio e conducendolo in pista.
"Andiamo anche noi?"
Propose Deb al marito, lui annuì e si alzarono; fu così, che Dom rimase solo al
tavolo con cinque pinte di birra e non uno straccio di ragazza.
Qualche minuto dopo, mentre
distrattamente sorseggiava la sua bevanda, l'attore si girò verso destra; ad un
tavolo vicino, vide una ragazza stretta in dei jeans da blocco circolatorio e
un top parecchio ridotto, certo non pensato per la sua misura di seno. Dom fece
un sorrisino, pulendosi il labbro superiore, e decise di avvicinarsi.
Raggiunse il tavolo con
atteggiamento disinvolto ed un sorriso sicuro sulle labbra; la ragazza, una
rossa dal naso appuntito, lo guardò, e anche la sua amica, seduta di fronte.
"Ciao." Fece Dominic,
ostentando spavalderia. "Ti va di ballare?" Chiese alla rossa.
"Ma levati dai piedi."
Rispose sgarbatamente la ragazza, voltandosi dall'altra parte; Dom rimase un
attimo interdetto, certo non era da lui mollare subito, ma non era sicuro
nemmeno d'insistere, non gli era piaciuta la sua voce troppo roca.
"Ok, ma non sai che ti
perdi." Replicò infine, poi girò i tacchi e tornò verso il suo tavolo;
dopo pochi passi si sentì chiamare, voltandosi trovò l'amica della rossa.
"Hem, ultimamente prendo dei
gran rimbalzi." Confessò l'attore, grattandosi la nuca, era un pochino
imbarazzato; lei gli sorrise.
"Bah, non dare retta alla
mia amica, lei non capisce niente di uomini." Ribatté la ragazza, con una
voce dolce e molto femminile.
Dom le diede, allora, un'occhiata
più approfondita. Non era altissima, ma si poteva dire che avesse ogni cosa al
proprio posto, bel seno, belle gambe; indossava una di quelle camicette corte,
tutte sbuffi, a fiori, minigonna di jeans e un paio di texani rossi. I capelli
castani chiari, che dovevano essere molto ricci, erano acconciati in due
simpatiche trecce; e poi aveva dei bellissimi occhi nocciola. Davvero, molto,
ma molto carina.
"E tu, invece?" Le
chiese quindi.
"Io..." Mormorò,
osservandolo con occhi dolci e languidi. "...trovo che le orecchie
sporgenti siano estremamente sexy..." Ecco come una donna doveva dire le
cose!
"Ahh..." Fece
soddisfatto il ragazzo. "Io sono Dominic!" Si presentò con
entusiasmo.
"Io Mandy." Rispose
lei; si strinsero la mano.
"A te va di ballare,
Mandy?"
"Come no."
La serata continuò senza
particolari scossoni; mangiarono bistecche, bevvero birra e ballarono fino a
non poterne più. Se Josie dimostrò una discreta abilità, e conoscenza dei balli
folk, Orlando si dovette arrendere alla scarsa pratica in quei complessi
movimenti di piedi e mani; soltanto nei balli di gruppo, che avevano una certa
somiglianza con quelli scozzesi e irlandesi, il ragazzo poté stare quasi
all'altezza della sua donna. Lei, ad ogni modo, fu una maestra paziente, anche
se molto scettica e sarcastica. In poche parole, si divertirono come matti,
godendosi in modo particolare i lenti accompagnati dagli eccessivamente
struggenti blues della band; su quest'ultima cosa, Orlando e Josie ebbero modo
di scherzare acidamente e a lungo, mentre ballavano.
Al momento di lasciare il locale,
Dominic si ripresentò agli amici e gli fece conoscere Mandy; lei salutò tutti,
poi, dopo un'eloquente occhiata a Dom, si allontanò di qualche passo.
"Beh, ragazzi..."
Riprese allora l'attore, sfregandosi le mani. "...mi spiace piantarvi
così, ma Mandy ha la sua macchina, è insiste per accompagnarmi personalmente..."
"Tranquillo Dom." Gli
disse Josie con una pacca sulla spalla. "Capiamo perfettamente la
situazione, riusciremo a sopravvivere anche senza di te." Aggiunse con un
sorriso retorico.
"Oh, ma che donna deliziosa,
sei Josie!" Esclamò il ragazzo. "Fossi in te la sposerei, Orlando,
non vorrai mica perderti il suo sublime sense of humor?" Disse poi,
rivolto all'amico.
"Vai, che ti aspetta!"
Glissò l'altro, stringendo per la vita Josie. "E non fare tanto il
pagliaccio, sennò ti perdi anche questa!" Lui fece un sorriso a
trecentosessanta denti, salutandoli con la mano, poi, con qualche saltello,
raggiunse Mandy.
I quattro amici rimasti
scoppiarono a ridere, mentre lo guardavano allontanarsi; Dom doveva fare
battute continue, perché la ragazza che era con lui non faceva che ridere.
Scott e Deb si congedarono
all'altezza della loro auto, parcheggiata lungo la strada; quella di Orlando
era poco più avanti.
"Ve ne andate così
presto?" Domandò deluso l'attore; i due sposi si scambiarono un'occhiata.
"Vedi..." Rispose
titubante Deb. "...stiamo cercando di avere un bambino..." Orlando li
guardò strano.
"Beh, che c'entra?"
Fece poi; Josie si girò verso di lui stupita, incontrando i suoi occhi.
"Orlando, ma tu lo sai come
si fanno i bambini?" Gli chiese seria.
"Che cazzo di domande mi
fai?!" Replicò il ragazzo.
"E allora lasciali
andare!" Ribatté Josie con un sorriso; lui ci pensò un momento, guardò la
ragazza, poi i due amici.
"Ahhhh..." Annuì
infine. "Scusate... buonanotte!" Li salutò, dando un bacio sulla
guancia di Deb, lei rispose allo stesso modo.
"Buonanotte Orlando!"
Rispose Scott, salendo in macchina. "Ciao Josie!"
Quando Orlando la raggiunse
nell'auto, Josie stava ancora ridendo, mentre salutava gli amici dal
finestrino. "Cazzo, ma che caspita di figura di merda mi ha fatto
fare?!" Sbottò lui, dopo aver chiuso la portiera.
"Ahahahah, scusa!
Ahahahaha!" Rispose lei, senza riuscire a fermarsi. "Eri troppo...
divertente! Ahahahaha!"
"Ma tu lo sai come si fanno
i bambin... chchchchch..." L'attore imitò la ragazza con tono di voce
stizzita e agitando le mani; Josie non riusciva a smettere di ridere.
"Smettila, sei... controproducente..." Ma chiaramente stava per
ridere anche lui.
Si lasciarono andare ad una
liberatori risata, finché non ebbero entrambi le lacrime agl'occhi, poi si
guardarono e si strinsero la mano. "Che si fa, adesso?" Chiese
Orlando, scostandole una ciocca di capelli dal viso.
"Boh." Rispose Josie,
stringendosi nelle spalle. "Facciamo un giro." Suggerì poi.
"Ma sì, facciamo un
giro!" Accettò lui; mise in moto, ingranò la marcia e partirono.
Vagarono senza meta per un po',
fino a ritrovarsi al molo dei traghetti; da lì partivano le grandi navi da
crociera, ma anche i normali traghetti per le traversate e le gite lungo la
costa. Uscirono dalla macchina per prendere un po' d'aria, ma Orlando si
sedette quasi subito su uno di quei bassi piloni a forma di fungo che servono
per gli ormeggi; gli stivali stile John Wayne stavano cominciando a fargli un
male assurdo.
L'attore alzò gli occhi
all'orizzonte: un cielo blu cupo coperto di stelle si confondeva col mare
calmo; in fondo s'intravedevano delle luci lontane, alcune lampeggianti, come
se ci fosse una città in mezzo al mare.
"E' Catalina, quella
laggiù?" Domandò, ben sapendo che dietro di lui c'era Josie; la ragazza si
avvicinò e si appoggiò alla sua schiena, col mento sulla spalla.
"Sì." Gli rispose, dopo
aver guardato.
"Non ci sono mai
stato." Affermò Orlando, continuando a fissare l'orizzonte.
"Davvero?" Fece la
ragazza, lui la guardò annuendo. "Ti ci devo portare, allora, non ci si
può perdere il divertimentificio della costa occidentale!" Dichiarò
sorridendo. "Così mi vinci un bell'orsacchiotto gigante."
"Dai, hai già me, che te ne
fai di un'altro orsacchiotto!" Proclamò ironico il ragazzo.
"Oh, il mio Mmmmm..."
Disse lei, e gli fece un pernacchia con le labbra sul collo.
"...orsacchiotto!" Orlando rise piano, mentre con la mano le
carezzava il viso.
"Andiamo a casa, mi fanno
male i piedi." Mormorò lamentoso l'attore; stavolta fu la ragazza a ridere
sommessamente. "Guida tu."
"Vabbene." Acconsentì
Josie alzandosi. "Ma tu non toglierti gli stivali in macchina, sai,
l'abitacolo è piccolo..." Ironizzò poi, guardandolo divertita.
"Ma lo sai che ha ragione
Dom?" Ribatté Orlando, mentre faceva pressione sulle ginocchia per
mettersi in piedi. "Come si fa a non amare una donna con un umorismo così
sottile..." Risero entrambi, salendo in macchina.
Rientrando a casa non parlarono,
c'era una di quelle strane atmosfere che non è bene turbare con le parole; la
radio contribuiva, passando una di quelle canzoni panacea, che, per quei tre
quattro minuti di durata, facevano sembrare tutto migliore: era Hungry Heart. Il volume era basso, Josie
canticchiava sommessamente il ritornello, mentre guidava piano, sicura; ogni
tanto posava una mano sul ginocchio di Orlando, e si scambiavano un sorriso. La
notte era limpida, una brezza tiepida e profumata entrava dal finestrino
abbassato, carezzando il viso del ragazzo. Orlando si rilassò, si sentiva
sereno e sicuro; ascoltando Josie che cantava a bassa voce, sprofondò in un
dolce sonno...
Everybody needs a
place to rest / Everybody wants to have a home / Don't make no difference what
nobody says / Ain't nobody like to be alone / Everybody's got a hungry heart...
CONTINUA...
P.S. per Mandy (se ha letto): spero di
non averti fatto in qualche modo uno sgarbo, perché non era nelle mie
intenzioni, ad ogni modo ti autorizzo ad utilizzare il mio nome nei modi più
turpi suggeriti dalla tua fantasia...
Capitoletto un po’ malinconico
e romantico, ma che mi piace molto. Ringrazio tutti coloro che leggono la mia
ff e in particolare coloro che commentano. Un bacione alla Moon, che mi ulula
nella tempestosa notte fiorentina a causa di noiosi ma inevitabili doveri ^__-
Ciao a tutti!
~ Capitolo 12 ~
Josie tornò in camera
attraversando il guardaroba e si fermò appoggiata allo stipite della porta;
Orlando, bocconi sul letto, leggeva un libro. La ragazza sorrise, mentre si
strofinava le mani per far assorbire la crema idratante. Erano poco più di tre
settimane che convivevano, ma le cose andavano alla grande, e lei ne era
felice.
Il mese di novembre si era
presentato decisamente piovoso e fresco, per il clima della Californi del sud,
ma non era male passare le serate di pioggia in casa.
"Beh?" Fece la ragazza,
attirando l'attenzione del compagno; lui la guardò. "Non mi hai ancora
detto come ti trovi qui." Orlando sorrise.
"Bene." Rispose poi.
"Mi piace questa casa, tu sei una brava cuoca..." Lei fece una
smorfia, cui rispose con uno dei suoi sorrisini da topolino furbo. "Non
sai fare solo quello..." Josie gli lanciò un'occhiata di divertito
rimprovero, lui rise. "E poi." Aggiunse infine. "Apprezzo molto
questo letto."
"Perché?" Domandò
sorpresa Josie, facendo qualche passo verso di lui.
"Ecco..." Indicò la
zona ai suoi piedi. "...ha il bordo inferiore rialzato." Spiegò.
"No, questa non la
capisco..." Affermò interrogativa lei, incrociando le braccia, mentre si
fermava contro il bordo del letto.
"Vedi..." Esordì
Orlando. "...non vorrei metterti in imbarazzo, ma... noi uomini, a volte,
abbiamo bisogno di un appoggio..." La ragazza lo osservava sempre più
insospettita.
"Per fare che cosa?"
Chiese incuriosita; Orlando non rispose a voce, ma appoggiò saldamente i piedi
al bordo del letto e si diede un paio d’inequivocabili spinte verso l'alto.
"Ohhh..." Fece Josie realizzando, poi rise. "Avevo il sospetto
che il tuo vigore non fosse tutto dovuto agli addominali!"
"Perché? Che cosa hanno i
miei addominali?" Domandò lui sospettoso.
"Ma niente!" Replicò
divertita lei, salendo sul letto in ginocchio. "Solo che non sembrano
tonici come qualche tempo addietro..."
"Hm... è solo perché sono
dovuto ingrassare per il film..." Ribatté Orlando, mentre Josie si sedeva
sulle sue gambe e cominciava a massaggiargli la schiena.
"Non fraintendere."
Disse dolcemente la ragazza. "A me piaci da morire, cicciosino così."
Continuò facendogli dei piccoli pizzicotti sui fianchi; lui rideva piano,
soddisfatto. "E poi, hai tante altre caratteristiche positive, per esempio
questa perfetta, bellissima e sensuale schiena..." E mentre con voce calda
lo diceva, esplorava ogni piega, massaggiando languidamente; inutile dire che
tutto questo ad Orlando faceva moooolto piacere.
"Ma dai, non è poi così
bella." Affermò però, pur con un filo di voce. "C'è quella orrenda
cicatrice in mezzo."
"Ma cosa dici!" Lo
interruppe Josie, che nel frattempo si era tolta la vestaglia. "Fa così
tanto arrapante guerriero segnato dalla battaglia!" Proclamò maliziosa,
mentre passava la punta dei pollici lungo la sua spina dorsale, cosa che diede
al ragazzo uno stimolo non indifferente. "Ti ho mai detto che la schiena è
un punto che ho sempre ritenuto molto, molto eccitante?" Continuò la
ragazza, abbassandosi e cominciando a baciargli le spalle.
"Ehhhh..." Riuscì solo
a mormorare Orlando, rilasciandosi contro il materasso; quando, però, sentì il
seno, chiaramente nudo, di Josie contro la schiena, sussultò leggermente.
"Che cosa hai intenzione di fare?" Riuscì a domandarle, con voce
spezzata dall'eccitazione; gli rispose solo una breve risatina, perché Josie
era impegnatissima a mordicchiargli la regione tra le scapole, usando spesso e
volentieri anche la lingua. "Joss, abbi pietà, fammi girare..."
Implorò il ragazzo.
Lei, finalmente si spostò dalle
sue gambe, facendolo girare su un fianco; la prima cosa che vide, furono i suoi
lunghi capelli scuri che coprivano con leggerezza il seno nudo. Deglutì.
"Sei pronto ad usare un po'
quel famoso appoggio?" Gli chiese Josie, indicando con un cenno il bordo
del letto; si scambiarono un'occhiata eloquente e complice, poi Orlando fece
una specie di ruggito e l'acchiappò per i fianchi. La ragazza scoppiò a ridere,
mentre i boxer di lui volavano sul pavimento.
Il mattino dopo Orlando,
maglietta, boxer e il solito capello da uragano, scese direttamente in cucina,
a piedi scalzi; a metà scala si mise ad osservare la scena; Josie era in piedi
davanti al tavolo, già splendida, con un maglioncino di cachemire beige e gonna
nera, ai suoi piedi, seduto tipo statua di gesso, c'era il cane che la
osservava. Lei ci stava parlando.
La ragazza prese un sorso dalla
tazza. "Bleah!" Esclamò, storcendo la bocca, poi abbassò gli occhi
sul cane. "Sai, stamattina ho deciso una cosa, il caffè non mi piace, però
lo bevo lo stesso." Sidi la osservava perplesso, piegando il capo di lato.
"Parli col mio cane?"
Domandò Orlando, avvicinandosi; l'animale gli andò subito incontro
scodinzolando.
"Sì." Rispose
tranquilla lei, sorridendo.
"E... ti risponde?"
Continuò il ragazzo, mentre faceva le feste al cane.
"Mh, ci stiamo
lavorando." Affermò Josie, incrociando le braccia e appoggiandosi al bordo
del tavolo. "Buongiorno."
"Giorno..." Le augurò a
sua volta; il cane, nel frattempo, si era alzato sulle zampe posteriori,
montandogli addosso, e Orlando fu costretto a piegarsi. "Ohh, ah... giù,
giù..." Gli ordinò, dopo un lamento.
"Che c'è?" Chiese
subito Josie, scostandosi dal tavolo; si era preoccupata immediatamente, vista
l'espressione sofferente del ragazzo.
"No, nulla." Ribatté
lui, alzando una mano, mentre si sedeva su uno sgabello. "Mi fa solo un
po' male la schiena, forse mi fa notare adesso che le ho fatto cambiare
letto..."
"Sei sicuro che stati
bene?" Intervenne Josie; lui annuì. "Hai preso qualcosa?"
Aggiunse, carezzandogli i capelli.
"No, non mi va, finirà che
mi rovino il fegato, con tutte quelle medicine!" Sbottò Orlando scocciato,
ma il suo viso era ancora contratto.
"Almeno, testone, promettimi
che se hai cinque minuti di tempo, oggi chiami il chiropratico." Insisté
la ragazza, posandogli un bacio sulla fronte.
"Vabbene." Acconsentì
l'attore annuendo.
"Ora devo scappare in
ufficio." Annunciò quindi, scostandosi da lui; dopo aver recuperato la
borsa e la sua cartella di cuoio, si diresse in salone. Orlando la seguì.
"Joss..." La chiamò.
"Dimmi." Rispose lei
girandosi.
"Mi spieghi di nuovo come si
fa ad aprire le finestre?" Chiese timidamente, grattandosi imbarazzato la
nuca; Josie reclinò il capo su un lato, rassegnata e incredula.
"Te l'ho detto anche ieri
sera!" Esclamò; lui fece una faccina supplicante; la ragazza sbuffò, poi
lo prese per mano. "E vada, ma è l'ultima volta." E lo trascinò
vicino al pannello. "Allora, puoi usare il pannello o il
telecomando." E glielo indicò. "Schiacci il bottone, quello in alto
per le finestre, quello in basso per le tende, poi selezioni Tutte, oppure il
numero che vuoi aprire..." Lui la fissava scettico. "Le finestre, e
così le tende, sono numerate in senso orario a partire da questo punto."
Gli spiegò un po' scocciata, era per lo meno la terza volta. "Ce la farai da
solo, amore?" Gli chiese infine, con un sorrisino sarcastico; Orlando fece
una breve risatina acida.
"Stronza." Le disse
poi, fingendosi risentito.
"Oh, questo non è il
sistema!" Protestò Josie, brandendo divertita l'indice. "Com'è che le
altre sono chiamate Pallina, Gattina, Puccipucci, dai loro uomini, e tu mi
chiami Stronza?!"
"Tesoro, se tu fossi una
gattina puccipucci ti chiamerei così, ma sei la mia piccola dolce Stronzettina,
perciò rassegnati!" Replicò lui sorridendo e allargando le mani.
Josie, con le mani sui fianchi,
sorrise dolcemente, poi si avvicinò e gli fece un pizzico sulla guancia.
"Ci vediamo stasera, Morsacchiotto." Gli disse quindi, dandogli un
lieve bacio sulle labbra; Orlando rispose al bacio e la salutò.
Fino al dopopranzo la giornata di
Josie trascorse tranquilla; durate la pausa Orlando le augurò buon appetito con
un messaggio, gli rispose con gioia. Lei e Fran mangiarono al solito posto,
l'amica aveva da raccontare del suo nuovo boyfriend. Rientrata in ufficio, la
ragazza diede alcune disposizioni alla sua segretaria, Nancy.
"...vedi se riesci a
prendermi un appuntamento con Forrest, del World Magazine, la sua ultima
recensione era palesemente scopiazzata dalla mia, poi manda un telegramma di
congratulazioni a Claire dell'amministrazione, si sposa..."
"Oh, non sapevo!"
L'interruppe la donna; lei gli sorrise. "Mi posso mettere anch'io, nella
firma?"
"Ma certo, poi magari le
mandiamo anche dei fiori." Accettò tranquilla Josie. "La conferma per
stasera l'avevamo già data, vero?" Nancy annuì. "Beh, allora ho
finito, ma non passarmi telefonate per un'oretta, che devo finire assolutamente
l'articolo."
"Va bene." Rispose
l'altra. "Vuoi che ti porti del caffè?" Chiese, prima di andarsene;
Josie negò con la mano.
"Se mi fai avere una bottiglietta
d'acqua, per favore." Nancy annuì di nuovo, poi uscì.
Circa un quarto d'ora dopo,
saranno state più o meno le tre del pomeriggio, il telefono sulla scrivania di
Josie squillò; scocciata, la ragazza si spinse via dal tavolo, poi, arresa
all'insistente rumore, rispose.
"Nancy, ti avevo
detto..." Furono le sue prime parole.
"Sì, Josie, lo so."
L'interruppe la segretaria. "Ma è Orlando, dice ti vuole parlare in tutti
i modi." Nancy era l'unica in ufficio cui avesse parlato della sua
relazione con l'attore, data la sua posizione, ed il fatto che prendeva tutte
le sue telefonate sarebbe stato impossibile il contrario; e poi, la donna era
anche un'amica, prima che una collaboratrice.
"Orlando?" Domandò
stupita Josie; la segretaria confermò. "Passamelo." Ordinò allora la
ragazza, ma era perplessa, mai era capitato che la chiamasse a metà giornata di
lavoro.
"Pronto, Orlando?"
Disse, non appena le ebbero passato la linea; sentiva già una certa
inquietudine, anche ripensando a come lo aveva lasciato la mattina.
"Ciao, Joss." Salutò
lui, con una voce un po' strana, quasi triste; Josie s'insospettì ancora.
"Che succede?" Gli
domandò preoccupata.
"Ma niente." Rispose il
ragazzo. "Volevo solo sentirti, ero in pausa." Spiegò.
"Ti è peggiorato il mal di
schiena?" Ipotizzò allora Josie; seguì un lungo attimo di silenzio.
"Sì." Ammise infine
Orlando.
"Hai preso niente?"
S'informò la ragazza.
"No."
"Orlando..."
"Non rimproverarmi! Non è
così grave, sto bene!" Sbottò lui. "Volevo solo sapere se dopo puoi
venire a prendermi." Aggiunse, tornando al tono di voce mesto dell'inizio.
Josie era sempre più attonita, si
massaggiava la fronte aggrottata, cercando di capire; lo sentiva strano e non
riusciva a togliersi di dosso la sensazione. "Ma perché? Ti si è forse
fermata la macchina?" Gli chiese quindi.
"No..." Un'altra pausa.
"Voglio solo vederti prima, stare un po' con te." Sembrava quasi una
supplica, come se averla accanto potesse migliorare magicamente le cose.
"Vabbene." Accettò lei
senza tentennamenti; era preoccupata, e solo vederlo la poteva rassicurare.
"Vengo con un taxi, poi torniamo con la tua macchina, ti va bene verso le
cinque e mezza?"
"Sì..." Cavolo, ma che
aveva quell'uomo? La vocina da oltretomba che aveva usato nella telefonata non
era certo adatta a lui; sarebbero state due lunghe ore.
"Nancy, puoi comunicare
all'associazione giornalisti che stasera non potrò essere alla loro cena?"
Comunicò poco dopo alla segretaria.
Orlando, in quel periodo, era
impegnato in studio nelle prove di un nuovo copione, il film vero e proprio
sarebbe partito qualche settimana dopo. Josie si fece lasciare davanti
all'entrata dello stabilimento cinematografico e fece subito uno squillo al
ragazzo; pochi minuti dopo arrivò Mark, l'assistente di Orlando, che, dopo
averla salutata, l'accompagnò al parcheggio interno. L'attore li raggiunse lì.
Quando Josie lo vide si preoccupò
ancora di più: era tutto vestito di scuro, pantaloni grigi e camicia nera, con
un giaccone che gli andava decisamente troppo largo; era pallido come un
lenzuolo e con i capelli un po' sconvolti. Mark la guardò.
"Vedi se lo puoi convincere
tu, a prendere qualcosa per la schiena." Le chiese; lei rispose solo con
un'occhiata scettica.
Orlando, nel frattempo, si era
avvicinato, fermandosi accanto a Josie; si fissarono per qualche secondo.
"Guidi tu?" Chiese infine lui; la ragazza allungò una mano, dove
l'attore posò le chiavi della macchina.
"Ci vediamo Mark."
Josie salutò l'assistente; lui rispose con la mano.
Salì sull'auto e vide che Orlando
si era già rannicchiato sul sedile del passeggero, voltato verso il finestrino;
si reggeva il mento con la mano e non sembrava in vena di conversazione.
Assecondando quel desiderio inespresso, Josie mise in moto senza dire una
parola.
In seguito, quando ripensarono a
quello strano pomeriggio, la cosa che ricordarono meglio fu proprio il
silenzio, ma non uno di quei silenzi di quando non hai più nulla da dire e ogni
parola fa solo male, ma qualcosa di diverso: una mancanza di parole riempita
dai fatti, da un'affettuosa comprensione che non per forza deve essere fatta di
discorsi, dove un gesto, anche piccolo, può diventare una parola d'amore.
Orlando non voleva parlare, perché stava male o forse solo perché gli girava
storta, ma quando, e se, avesse voluto farlo, Josie ci sarebbe stata; nel
frattempo, lo avrebbe lasciato in pace. Ad ogni modo, se avesse voluto stare
solo non l'avrebbe chiamata, e lei era felice che, in un momento cupo, l'avesse
cercata.
Ogni tanto, per quanto le
permetteva la strada, l'osservava; lui continuava a guardare fuori con
espressione triste e pensierosa; fu in uno di questi momenti che la ragazza
maturò l'idea che non si trattasse solo di un forte mal di schiena, c'era
qualcos'altro. Il cielo sopra di loro, prometteva di nuovo pioggia.
Arrivati a casa, la prima cosa
che fece Josie fu portare ad Orlando la medicina per la schiena; lui tentennò
per un po', ma alla fine, rassegnato, la prese. Si scambiarono solo poche
frasi; il ragazzo dichiarò che preferiva non cenare, ma farsi una doccia e
andare subito a letto, mentre lei doveva finire di lavorare e pensava di
mangiare qualcosa.
Josie cenò da sola, o meglio, con
il cane, seduta al tavolo della cucina, rimuginando sul comportamento di
Orlando; quando ebbe finito, salì nello studio, sempre seguita da Sidi. Lei si
mise alla scrivania, mentre il cane si accoccolò sul divano, che ormai era
diventato di sua proprietà; la ragazza lavorò a lungo, visto che nel
pomeriggio, alla fine, non era riuscita a combinare nulla, data l'apprensione
per Orlando.
La pioggia scendeva grigia e
fitta, fuori dalle vetrate, formando una specie di muro tra loro e il mondo; la
casa era immersa nel silenzio, se non per il ticchettare di Josie sulla
tastiera. Le dava uno strano senso di pace, vedere il cane che la osservava con
i suoi occhioni tondi e, soprattutto, pensare a Orlando di là che dormiva.
La ragazza lavorò fin verso le
dieci, poi mandò una mail alla madre e quindi staccò tutto; Sidi la guardò
uscire dallo studio, ma non si mosse dal suo amato divano.
Josie si diresse verso l'altra ala
della casa e diede un'occhiata in camera: Orlando era messo su un fianco e
sembrava profondamente addormentato; lei andò in bagno passando dalla porta sul
corridoio. Si fece una doccia con calma, e cercando di non fare rumore, poi
s'infilò la camicia da notte, che teneva nel guardaroba, e rientrò in camera.
Fu molto stupita di trovare
Orlando seduto sul bordo del letto, non credeva di aver fatto tanto rumore da
svegliarlo, ma, dall'espressione che aveva, la stava decisamente aspettando.
Josie lo osservò per un lungo momento, finché non vide una specie di supplica
nel suo sguardo, allora si avvicinò e gli prese il viso tra le mani. Cominciò a
baciargli la fronte, gli zigomi e le labbra; lui socchiudeva gli occhi quando
lo faceva, percorrendole delicatamente il corpo con le mani. Quando le carezze
si fecero più esigenti, Josie si scostò un po' e lo guardò negl'occhi,
rivolgendogli una muta domanda; Orlando annuì. La ragazza si sfilò le spalline
della camicia da notte di seta, che scivolò a terra con un impercettibile
fruscio; lui, prima le carezzò il seno e la pancia, le baciò l'ombelico, poi la
prese per i fianchi, portandola con se mentre si sdraiava sul letto.
Fecero l'amore con una dolcezza
finora sconosciuta ad entrambi; Orlando fu così appassionato e tenero che Josie
pensò che, se anche era arrabbiato o triste, certo non era per colpa sua. Il
dubbio, in effetti, le era venuto, ma i fatti la stavano smentendo.
Qualche ora dopo, il debole sonno
di Josie fu turbato, non solo dalle crescenti domande che le frullavano in
testa, ma anche dal continuo rigirarsi di Orlando. La ragazza si girò e lo
abbracciò con forza; lui la strinse e nascose il viso contro il suo collo.
"Ho freddo." Mormorò;
Josie aggrottò le sopracciglia, poi gli toccò il viso, era freddo come un
ghiacciolo.
"E' meglio se vado a
prepararti qualcosa di caldo." Affermò poi lei; quindi si scostò e scese
dal letto. "Tu, intanto, copriti." Aggiunse, mentre s'infilava la
camicia da notte; il ragazzo annuì, rannicchiandosi.
Josie sospirò e, prima di andarsene,
tirò sul lenzuolo la trapunta che era stata spinta in fondo al letto; uscita
nel corridoio, si fermò vicino al pannello per aggiustare il climatizzatore,
effettivamente quella notte era abbastanza freschina, per essere in California.
In cucina, mentre aspettava che
l'acqua bollisse, si mise a pensare al proprio atteggiamento; con Cary non era
mai stata così premurosa, nemmeno quando lo avevano operato di calcoli, ma
sentiva come una specie di vocazione ad occuparsi di Orlando. L'attore, certo,
la ripagava nel più bello dei modi, ma per lei, comportarsi così, non era uno
sforzo; l'importante era non rinunciare comunque a se stessi, continuare a
coltivarsi, ad arricchirsi, e non dedicare la vita completamente ad un'altra
persona, altrimenti diventava un sacrificio. Sorrise tra se; chissà se ora quel
testone avrebbe avuto voglia di parlare.
Gli portò il the, lui ne
sorseggiò un po', ma poi preferì incartarsi nella trapunta, rannicchiato contro
Josie, che si arrese e lo coccolò un po'. Si era messo maglietta e mutande.
"Adesso mi vuoi dire cosa
c'è?" Gli chiese, mentre Orlando posava il capo sul suo addome,
abbracciandola alla vita. "Perché non credo che un mal di schiena, valga
tutta questa sceneggiata." Aggiunse; lui si mosse appena e sospirò.
"E' vero..." Esordì
infine. "...oggi sono stato male, ma il dolore fisico era solo una parte
del problema, ci hai indovinato." Ripiombò nel silenzio, ma Josie gli
voleva dare tutto il tempo di cui aveva bisogno; continuò a carezzargli i
capelli. "Ho saputo una cosa..."
"Cosa?" L'incitò
dolcemente lei.
"Un ragazza che lavora alla
produzione del film conosce Kate, e mi ha riferito che si è ricoverata in una
clinica..." La ragazza s'irrigidì per un attimo, immagini veramente brutte
le passarono nella mente. "Io... io... credo che sia colpa mia..."
Ecco, se c'era un momento, nella vita di Josie, in cui si era sentita una
merda, era questo.
"Pe... perché dici
così?" Balbettò rammaricata.
"Joss, io non sono uno
stupido." Rispose Orlando, alzando gli occhi su di lei. "Ho riflettuto
in questi mesi, Kate non era così, quando l'ho conosciuta io, certo è sempre
stata magra, ha sempre mangiato pochissimo, ma... Allora non fumava così tanto,
non prendeva i lassativi..." Contrasse con rabbia la mascella. "Le ho
fatto del male." Dichiarò serio, mettendosi seduto. "Senza
accorgermene, beninteso, ma l'ho fatto. Ho sempre pensato troppo a me stesso,
alla MIA carriera, al MIO modo di vedere la vita..." Diceva indicandosi.
"...io schioccavo le dita e lei c'era, mi bastava averla accanto, sapere
che era lì adorante e andavo dritto come un treno, senza mai pensare, nemmeno
per un minuto, al fatto che per lei potesse non essere tutto perfetto, e non è
così che doveva andare." Concluse, con un gesto brusco, poi tirò le
ginocchia al petto e ci nascose il viso.
Per Josie non era facile dire
qualcosa, anche lei si sentiva molto in colpa, nei confronti della giovane
attrice, ma non poteva nemmeno stare zitta; sospirò profondamente, prima di
rispondere. "Orlando..." Mormorò quindi, avvicinandosi a lui.
"...non siamo tutti uguali." Continuò, posandogli una mano sulla
spalla. "Ci sono persone che si attaccano agli altri nel modo sbagliato,
che anche con tutto l'amore del mondo riescono a rovinarsi la vita lo
stesso." Affermò seria. "Questo non è per giustificarci, non conosco
Kate abbastanza da dire se lei è così, ma forse tu eri in un momento della
vita, in cui non eri pronto per un rapporto con una persona fragile."
"Non lo so." Disse lui,
scuotendo il capo. "E' soltanto che mi sento come se l'avessi amata a
metà..." Aggiunse in un sussurro.
"Questo, davvero non lo
credo." Replicò dolcemente Josie, circondandogli le spalle col braccio e
carezzandogli la tempia con la mano libera. "O non soffriresti così,
adesso."
"Non voglio che succeda
anche a te." Mormorò Orlando, continuando a tenere il capo chino.
"Scusa?" Fece Josie,
facendogli alzare gli occhi. "Mi spiace, ma non credo sia ancora nato
l'uomo che mi manderà in clinica!" Esclamò poi, sorridendo. "Scordati
che per elemosinare un po' della tua attenzione mi arrabatti in giro per il
mondo, facendo la bella statuina alle premiere, fingendomi invisibile quando
devi abbracciare e baciare le tue fan o fare lo scemo con i colleghi, perché io
ho la mia vita, il mio lavoro, le cose che amo e non ci rinuncerò."
Dichiarò sicura e allegra. "Ovunque tu vada, prima o poi dovrai tornare,
non escludo di poterti seguire qualche volta, ma l'importante è che tu sappia
che sarò qui, quando vorrai fermarti." Orlando la osservava sorpreso e
divertito, per quanto possibile nel suo stato emotivo; doveva immaginarsi che
era impossibile condizionare una donna come Josie.
"Ti amo, Joss." Le
disse con tenerezza. "E avevi ragione, ho bisogno di una donna come
te." La ragazza sorrise e lo abbracciò.
"Non avere paura, amore
mio." Gli disse stringendolo a se. "Io sono sicura che ne uscirà...
In fondo ha avuto il coraggio di fare un occhio nero ad uno degli uomini più
belli del mondo!"
Orlando prese un profondo
respiro, poi si scostò un po' da lei e la guardò con un sorriso triste.
"Posso, ad ogni modo, stare abbattuto per un altro paio di giorni?"
Le chiese infine.
"Sì." Rispose Josie con
un cenno del capo. "Se lo merita, ti è stata accanto per tanto
tempo."
"Sei una bella persona,
Joss." Affermò Orlando, abbracciandola di nuovo.
Il giorno dopo, in ufficio, Josie
era più tranquilla; quella mattina aveva fatto colazione con Orlando e lui
sembrava molto più sereno, anche se sempre un po' giù di tono, ma l'aveva
rassicurata. Oltre tutto, le aveva anche dimostrato di saper finalmente aprire
tende e finestre, evento festeggiato con cappuccino doppia schiuma.
La ragazza sorrise tra se, mentre
finiva di preparare la scrivania e accendeva il computer; in quel momento, dopo
aver bussato, entrò la segretaria.
"Buongiorno Nancy."
Salutò la giornalista.
"Buongiorno Josie, e scusa
per il ritardo." Replicò la donna.
"No, non preoccuparti, sono
io che, per una volta tanto, sono in anticipo." Rispose allegra Josie.
"Senti, chiameresti per favore la concessionaria, vorrei sapere se la
macchina è arrivata..." Continuò, controllando le operazioni del pc.
"Josie, scusa."
L'interruppe Nancy. "Ma ci sono dei fiori per te." La ragazza alzò
gli occhi.
"Davvero?" Fece,
stupita; la segretaria annuì sorridendo. "Portameli." Incitò con un
gesto; l'altra uscì e tornò pochi secondi dopo.
Josie, nel frattempo, rifletteva
su chi, e perché, le avesse mandato dei fiori, visto che non c'erano occasioni
particolari; le vennero le peggiori idee. Nancy, però, interruppe i suoi
pensieri, portandole un magnifico mazzo di margherite, in tre colori, bianco,
giallo e rosso, circondate da quei fiorellini bianchi che formano una specie di
nebbiolina, e da foglie verdi brillanti; erano belli e freschi, molto semplici,
come piacevano a lei.
"Qualcuno sa che trovi le
rose troppo sofisticate." Affermò la segretaria.
"Qualcuno mi conosce meglio
di quanto pensassi..." Mormorò invece Josie, con lo sguardo fisso sui
fiori. "Sono bellissimi."
"Leggi il biglietto."
Gli consigliò Nancy, indicando il cartoncino.
Josie prese la bustina e ne estrasse
un piccolo bigliettino rettangolare; su un lato c'era una specie di ricamo
dorato e dall'altro, virata da una calligrafia un po' nervosa, c'era una
scritta. Alla ragazza non sarebbe stato necessario leggere quelle parole,
ormai, per capire chi le aveva mandato i fiori, ma la emozionarono molto.
Dicevano:
Grazie per le parole
... e per i silenzi
Ti amo
Orlando
Strinse il biglietto nella mano e
se lo portò al cuore, sorridendo; adesso sapeva di aver fatto la cosa giusta, e
che questo le aveva garantito il posto nel cuore dell'uomo che amava.
Un grazie particolare alla Moon, che non manca mai di commentarmi ^x^,
poi voglio ringraziare anche tutti quelli che continuan
Un grazie particolare alla Moon, che non manca mai di commentarmi ^x^,
poi voglio ringraziare anche tutti quelli che continuano a leggere questa
storia, lo so che è un pochino noiosa, ma spero di rifarmi con altre ff future!
Tenete duro, non manca tanto alla fine! ^___-
Bacioni Sara
~ Capitolo 13 ~
Il telefono squillò, e Josie
spalancò gli occhi sussultando; non se lo aspettava. Ripresasi dallo spavento,
allungò la mano verso il comodino, afferrando la cornetta.
"Pronto." Disse,
passandosi una mano sulla faccia; il cane dormiva ai suoi piedi.
"Dormivi?" Le domandò
la voce di Orlando.
"No..." Fece titubante
lei. "...beh... mi ero assopita davanti alla tv..." Ammise infine,
lui ridacchiò. "Ma aspettavo che chiamassi, dove sei?" Gli chiese
poi.
"Sono a Londra."
Rispose il ragazzo; aveva un tono dolce e tranquillo, le piaceva sentirlo così,
significava che le cose andavano bene.
"Ma sarà l'alba, lì!"
Esclamò Josie.
"Credo di sì, s'intravede un
vago rosseggiare, oltre la nebbia..." Ironizzò Orlando.
"Poeta." Scherzò la
ragazza. "Che tempo fa?"
"Mh, stranamente non piove,
ma fa un freddo cane!" Affermò lui; Josie rise.
"Io e Fran, ieri, siamo
andate in spiaggia..." Buttò lì.
"Dovrei essere a Los Angeles
lunedì sera." Rispose calmo, seguì un momento di silenzio.
"Mi manchi." Mormorò
Josie.
"Ah, davvero?" Replicò
Orlando con uno strano tono; lei aggrottò le sopracciglia. "Dunque, siamo
di fronte alla fiera e indipendente critica, che ammette la mancanza del suo
attorucolo pavido e insicuro..." Aggiunse sarcastico.
"Oh, smettila!" Lo
rimproverò divertita la ragazza. "Io sono innamorata, di
quell'attorucolo!"
"Allora pensi che lo
sia!" Ribatté allegro il ragazzo.
"Io non detto nulla, ma se
lo fai tu..." Rispose prontamente lei.
"Sei sempre la solita
stronza." Ricominciarono a ridere. "Ma dimmi un po'." Fece
Orlando poco dopo. "Cosa ti manca di più di me?" La voce si era fatta
più bassa e calda, e Josie capì che ci si era spostati su altro terreno.
"Decisamente... il tuo
collo." Gli disse; lui fece una risata breve e dolce. "Magnifico,
conturbante e irrinunciabile oggetto di sublimazione erotica..." Proclamò
sensualmente; il ragazzo rise di nuovo. "E a te?" Chiese allora lei.
"Uh, faccio prima a dirti
cosa non mi manca!" Sbottò allegramente, ma, subito dopo, si fece più
complice e carezzevole. "Mi mancano i tuoi occhi, le tue labbra, quel neo
che hai sulla scollatura, il tuo ombelico..." Josie rise. "Non scherzare,
è una cosa seria!" La rimproverò lui.
"Oh, mi scusi,
professore!" Ribatté la ragazza.
"Brava, scusati, guarda che
il tuo ombelico è la cosa che più si avvicina al mio concetto di perfezione,
dopo i tuoi piedi." Affermò serio Orlando. "Dopo averli visti, sono
diventato quasi un feticista." Stavolta lei non poté controllarsi,
lasciandosi andare ad una risata bassa.
"Sei veramente scemo!"
Dichiarò, con le lacrime agl'occhi.
"E io ribadisco il concetto:
tu sei proprio diplomata alla scuola dei bastardi!" Replicò il ragazzo, ma
era chiaro che anche lui si tratteneva dal ridere. "E io che volevo fare
il seduttore!"
"Mi sa che hai bisogno di
una ripassatina alla scuola di recitazione, allora." Gli disse Josie
sarcastica.
"Ahhh, quest'ultima
insinuazione non l'accetto!" Proclamò solenne Orlando. "Cambia le
lenzuola e prenditi un giorno libero, martedì ti sequestro, ho idea che il mio
castigo sarà lungo ed elaborato..." Aggiunse allusivo.
"Mhhh, non vedo l'ora... lo
sai che ho un lieve sottotesto masochista..." Fece lei, torbida.
"Oh, donna, non usare questo
tono, o vuoi che mi metta ad ululare nella cucina di mia madre alle sette del
mattino?!" Finì che si rimisero a ridere, ed era bello così.
Orlando camminava lungo il
corridoio degli arrivi, ascoltando i ragguagli di Mark; erano appena arrivati a
Los Angeles. "Ci sono diversi fotografi, perché su un altro gate sta
arrivando anche Sharon Stone, poi ci sono un paio di gruppetti di fan, te li
gestisci benissimo..." L'attore annuiva. "E' venuta Josie?" Gli
chiese poi.
"Sì." Rispose Orlando.
"Ci pensi tu ai bagagli?"
"Tranquillo." Confermò
l'assistente. "Tu fai lo spettacolino, poi sgamatevela, il resto lo
gestisco io." Dichiarò facendogli l'occhiolino; l'attore lo ringraziò con
un sorriso e una stretta sulla spalla.
Uscirono nel terminal accolti
dagli scatti dei fotografi e dalle urla delle fan; Orlando si stampò un faccia
un sorriso smagliante, tirando gli occhiali sul capo, poi cominciò a salutare,
firmare autografi e stringere mani, c’entrò anche qualche bacetto. Mentre era
occupato a soddisfare il suo pubblico, il ragazzo si guardava intorno; non gli
ci volle molto, ad avvistare una ragazza alta, ferma in disparte.
Sorriso ironico, jeans, texani,
una giacca di camoscio chiara, trecce e occhiali scuri, un po' etnica,
stupenda, inconfondibile; Josie gli sorrise, fissandolo con le braccia
conserte, lui rispose allo stesso modo. Adorava il modo sobrio di porsi che
aveva lei.
Orlando, quando riuscì a
svincolarsi dalla folla di ragazzine e reporter, s'incamminò a lunghi passi
verso la ragazza; Josie capì che la situazione richiedeva una certa discrezione
e velocità, perciò s'incamminò verso l'uscita. Si stava girando e l'attore la
raggiunse, passandole un braccio intorno al collo; lei gli circondò la schiena
senza smettere di camminare.
"Eccoli." Sussurrò
Orlando al suo orecchio; Josie fece solo in tempo a vedere, con la coda
dell'occhio, i fotografi che li stavano già prendendo di mira, che il ragazzo
la spinse avanti, accelerando il passo. "Come stai messa a scatto?"
Le domandò sorridendo.
"Sono praticamente la
sorella di Carl Lewis!" Rispose vispa la ragazza.
"E allora vai!" Incitò
Orlando; si presero per mano e corsero via, i reporter più pronti li seguirono.
Li seminarono dalle parti del
duty free, camminando dietro ad un carrello carico di bagagli e poi a dei
cartelloni pubblicitari, tra cui quello del nuovo film di Orlando; quando
arrivarono al parcheggio ridevano come matti e avevano il fiatone.
"Uh, mamma, un lavoraccio
sfuggire a questi tipi!" Commentò Josie, mentre apriva le portiere;
Orlando ridacchiò, poi guardò l'auto.
"Ah, la macchina
nuova!" Esclamò, quando si accorse della novità. "Finalmente!"
Aggiunse salendo al posto del passeggero.
"Eh, sì, alla fine è
arrivata!" Replicò allegramente la ragazza; lui si stava guardando un po'
intorno, annuendo soddisfatto.
"Vetri fumé..." Indicò,
ammiccando a Josie; lei sorrise.
"Solo per te, tesoro
mio." Si sorrisero facendo un po' di facce sceme, poi si baciarono.
Il bacio, nelle intenzioni,
avrebbe dovuto essere veloce, ma una volta che le loro labbra si trovarono fu
impossibile staccarle, almeno per un po'; mani avide percorrevano corpi
impazienti imprigionati nei vestiti. Si lasciarono solo quando furono senza
fiato.
"E' meglio andare a
casa." Suggerì saggiamente Josie.
"Vola." Ordinò imperioso
Orlando; lei sorrise e mise in moto, dirigendosi velocemente verso qualcosa che
mancava molto ad entrambi.
Era quasi ora di pranzo; Josie
guardò l'orologio, mentre correggeva la bozza del suo nuovo articolo. Stava
aspettando Orlando, quel giorno dovevano mangiare insieme.
Poco dopo bussarono alla porta;
lei alzò gli occhi e vide proprio l'attore. Lui sorrise ed entrò, porgendole un
tulipano rosso infiocchettato con la mano sinistra; avvicinandosi alla
scrivania, allungò la destra aprendo il palmo e mostrandole due caramelle di
menta fondente. Josie sorrise felice.
"Io ti amo!" Esclamò
allegra; Orlando gongolò soddisfatto, andando a sedersi.
La ragazza prese il fiore ed una
caramella dalle sue mani e, dopo aver mangiato il dolce, si mise a rimirare il
tulipano.
"Un tulipano rosso..."
Affermò assorta. "Lei conosce il linguaggio dei fiori, Signor Bloom?"
Gli domandò poi ironica, alzando gli occhi nei suoi; lui sorrise, allargando le
mani che teneva sotto il mento. "Beh, pare che questo fiore rappresenti
una palese dichiarazione d'amore..." Spiegò, continuando a girarsi tra le
dita il gambo; infine lo guardò di nuovo, dolcemente maliziosa. "Lei è
forse innamorato di me, Signor Bloom?" Gli chiese.
L'attore sospirò, poggiandosi
contro la spalliera della sedia. "Proprio innamorato non saprei..."
Rispose divertito. "...diciamo che, al momento, provo una selvaggia
attrazione sessuale nei suoi confronti, Signorina McArthur..."
Entrambi scoppiarono a ridere, e
andarono avanti per qualche momento, mentre anche Orlando mangiava la
caramella; quando smisero, Josie si allungò sulla scrivania e gli carezzò il
viso.
"Sei bellissimo, amore
mio." Gli mormorò dolcemente.
"Anche tu." Ribatté lui
sorridendo.
"Dammi un bacio." Gli
ordinò alzandosi; tutti e due si sporsero sul tavolo, scambiandosi un tenero
bacio a fior di labbra.
Dopo aver salutato Nancy, che
stava a sua volta uscendo per il pranzo, se n’andarono in un ristorantino
italiano; era un posto pacifico e ben frequentato. Da un po' di tempo a quella
parte facevano anche meno caso ai paparazzi che, comunque, li seguivano;
qualcuno continuava a rivangare sulla rottura con Kate, e i susseguenti
cambiamenti, ma, per lo più, pubblicavano le loro foto insieme con qualche
piccolo commento, niente di più.
Perciò, ora, sedevano tranquilli
a tavola, incuranti che dall'altra parte della strada ci fosse un mega
teleobiettivo puntato su di loro; avevano appena finito di ordinare.
"Dicevi seriamente, ieri
notte?" Domandò Orlando, guardando Josie che spegneva il cellulare; lei
alzò gli occhi.
"Ho detto molte cose ieri
notte." Replicò poi.
"Tra cui anche parecchie
porcate, ma lasciamo stare..." Ribatté allusivo il ragazzo.
"Ah, stupido!" Esclamò
con tono offeso, ma divertito, mollandogli una pedata sotto il tavolo.
"Oh, ma la vuoi smettere di
portare scarpe con queste punte assurde!" Fece Orlando sobbalzando, ma
rideva; poi si massaggiò il polpaccio, mentre tornava a guardarla.
"Comunque, io alludevo al discorso sulla Provenza." Le disse
rimettendosi dritto.
"Ah..." Commentò sorpresa
Josie. "Certo che dicevo sul serio, credo che ti farebbe bene un periodo
di vacanza, staccare da tutto." Aggiunse tranquilla.
"Beh, stamattina ho dato
un'occhiata alla mia agiuenda e ho
visto che sono intasato fino alla cerimonia degli Academy." Affermò,
facendo un po' lo scemo. "Se non mi fanno altre proposte nel
frattempo." Precisò.
"Orlando, scusami se te lo
dico." Riprese la ragazza, posando il mento sulle mani e fissandolo
negl'occhi. "Ma io credo che tu sia in un punto della carriera, in cui ti
puoi permettere di dire anche di no a qualche progetto."
"Certo che posso!"
Sbottò lui. "E' soltanto che, se mi arrivano copioni validi o idee in cui
credo, non vedo perché dovrei rifiutare!"
"Non ho detto questo."
Replicò calma la ragazza, scuotendo il capo con un lieve sorriso; Orlando tornò
a guardarla negl'occhi.
"Lo so, Joss, so che non mi
limiteresti mai." Annuì infine, prendendole la mano. "Ad ogni modo, a
primavera quel viaggio si può fare, era questo che ti volevo dire."
Aggiunse dolcemente; Josie gli sorrise.
"Vabbene, ne sono felice, e
lo sarà anche mia madre." Rispose poi, stringendogli le dita nelle sue.
"Io sarei anche contenta di passare per l'Inghilterra..." Buttò lì.
"Stai cercando di dirmi
qualcosa?" Replicò Orlando facendo lo gnorri.
"Mah, fai un po'
tu..."E risero, proprio mentre gli veniva portato il pranzo.
Qualche minuto dopo, mentre
stavano mangiando, Orlando alzò gli occhi su Josie, che sembrava intenta sul
suo filetto, e si mise ad osservarla; gli piaceva il fare professionale con cui
scansava i grani di pepe verde, o l'eleganza nel lasciare le posate per
prendere un sorso di vino. Aveva una cosa da dirle, e si decise quando lei si
accorse di essere osservata.
"Sai, c'è una cosa che
vorrei tu facessi con me." Le disse. "La vigilia del
Ringraziamento."
"Di che si tratta?"
S'informò la ragazza incuriosita.
"Ecco, non vorrei dirti più
di tanto... ma sarà una serata importante per me." Rispose vago l'attore;
Josie, forse, cominciava a capire di che parlava.
"E... ci vorrà un abito da
sera?" Gli chiese, cercando di sembrare più curiosa di quanto fosse.
"Eh, sì." Annuì
Orlando.
"Sarò lieta di accompagnarti
ovunque vorrai." Onestamente, quando le faceva quella faccina dolce dolce,
con gli occhioni sorridenti, lo avrebbe seguito anche in culo al mondo.
Alcuni giorni dopo Josie,
assistita come sempre da Franny, stava scegliendo un abito adatto all'occasione
nel solito negozio vintage-chic dove erano solite servirsi.
"Allora, ti ha poi detto di
che si tratta?" Domandò Fran all'amica, mentre lei stava controllando gli
abiti appesi ad uno stand.
"No, ma l'ho capito da
sola." Rispose allegra Josie.
"E dillo anche a me, che
voglio saperlo!" Esclamò Franny incuriosita; l'altra ragazza si girò.
"Vedi..." Esordì.
"...il giorno del Ringraziamento uscirà, in contemporanea mondiale, e in
tempo perfetto per i regali di Natale, la versione estesa del Ritorno del
Re." Spiegò con gesti lenti. "Per la sera prima, qui a Los Angeles, è
stato organizzato un gala di presentazione."
"Ahahhh..." Fece Fran,
incrociando le braccia; si scambiarono un'occhiata d'intesa.
"Si riunirà praticamente
tutto il cast, e so che Orlando ci tiene tantissimo." Affermò quindi
Josie. "Ad ogni modo lo sa tutto il mondo, figurati se io, che lavoro pure
nel settore, non ne ero a conoscenza." Aggiunse, tornando a rovistare tra
i vestiti.
"Ma dai, non può essere così
ingenuo da pensare che non lo sapessi..." Dichiarò titubante Franny.
"Certo che no." Rispose
Josie socchiudendo gli occhi e annuendo. "Orlando sa che lo so, ma io so
che lui sa che lo so, così..." Concluse allargando le mani.
"Contenti voi."
Commentò perplessa Fran. "A volte mi sembrate di fuori come cassette della
posta..." Josie rise. "Trovato nulla?"
"Mah..." Rispose
l'altra. "...dai un'occhiata anche tu..."
Si misero a cercare entrambe,
passando da uno stand all'altro; Josie provò un paio di cose, ma non trovava
niente che le sembrasse adatto: voleva essere sexy, ma anche elegante, farsi
notare, ma con classe, e soprattutto sentirsi a suo agio.
"Che ne dici di
questo?" Le fece Franny, circa un quarto d'ora dopo, mostrandole un
vestito; Josie storse la bocca. "Che cosa ha che non va?"
"Che cosa ha che non
va?!" Ribatté allibita la ragazza. "A parte il colore arancio
psichedelico e quei rouches dorati, che mi farebbero sembrare la nipote
strafatta di Carmen Miranda?!" (*) Aggiunse, mentre si voltava scuotendo
il capo.
"Bah, a me piaceva tanto il
look di Carmen Miranda..." Mormorò tra se Fran, delusa, riponendo l'abito.
"Di questi due, quale ti
piace?" Domandò nel frattempo Josie, mostrandole due abiti, uno nero e uno
argento.
"Mh..." Si lamentò
Franny. "Sono allegri come una cena a casa Addams..." L'amica gli
fece una smorfia. "...ma so che a te piacciono per questo, perciò."
Aggiunse, prima di qualsiasi commento.
"Grazie, ti voglio
bene!" Le disse, prendendola in giro; lei gli fece la linguaccia.
"Sai cosa? Li prendo tutti e due, tanto le occasioni non mi mancano e il
prezzo è accessibile, per un Valentino e un Versace." Dichiarò con
un'alzata di sopracciglia.
"Ma guarda che roba." Commentò
Fran, che si era avvicinata. "Hanno ancora il cartellino, ma come si deve
veder buttare via i soldi."
"E a noi che ce ne
frega?" Replicò Josie, facendo spallucce. "Li paghiamo un terzo e
sono nuovi!" Aggiunse allegra; ridendo si avviarono alla cassa.
"Ah, comunque..."
Intervenne Franny, mentre Josie stava pagando; lei la guardò. "...se devi
decidere quale metterti, quello argento tutta la vita." Proclamò sicura;
dato il tono, risero ancora, uscendo.
Quello stesso pomeriggio Josie e
Orlando andarono all'aeroporto a ricevere una persona; già dal parcheggio il
ragazzo non stava nei panni, continuava ad incitare la compagna di fare presto,
controllando continuamente l'orologio.
"Orlando, e che cazzo, la
vuoi smettere di agitarti!" Lo rimproverò infine lei, mentre chiudeva la
macchina. "Mi stati facendo venire l'ansia, ti muovi di continuo, ho il
maldimare!"
"Ma l'aereo atterrerà tra
meno di dieci minuti, e noi siamo ancora al parcheggio!" Ribatté offeso
l'attore.
"Dobbiamo solo entrare allo
scalo nazionale, sta lì!" Sbottò Josie, indicando l'edificio.
"Sì, ma dobbiamo raggiungere
il gate, e se mi ferma qualcuno? Se ci sono delle fan che mi riconoscono? Eh,
eh?!"
"Come no!" Fece
scettica la ragazza, incamminandosi. "E se cade un meteorite
sull'aeroporto, e se un squadriglia di terroristi prende in ostaggio tutto il
terminal? Ma fammi il favore!" Lo liquidò con un eloquente gesto della
mano. "Datti una calmata."
"E' che non lo vedo da un
sacco di tempo." Affermò più mesto il ragazzo, che ora le camminava accanto;
lei lo guardò.
"Io capisco
benissimo..." Gli disse prendendogli la mano. "...ma tu sei un po'
troppo emotivo, in queste occasioni."
"Scusa..." Mormorò
Orlando; Josie si fermò e gli diede un bacio sulla guancia, lui sorrise.
"Andiamo." L'incitò
quindi, e riprese subito a camminare.
Arrivati al gate, si dovettero
arrendere al fatto che l'aereo aveva un po' di ritardo; li fecero accomodare in
una saletta laterale, le cui pareti a vetri proteggevano l'uscita dei vip.
Orlando si sedette su una delle poltroncine, mentre Josie si guardava intorno.
"Scusa se sono stato
leggermente insopportabile, prima." Le disse il ragazzo; lei si girò,
alzando le sopracciglia sorpresa.
"Ma no, non ti
preoccupare." Fece un sorrisino furbo. "Per il tuo grande amore,
questo e altro..." Alluse.
"No, aspetta un minuto, cosa
vuoi dire?" Replicò Orlando raddrizzandosi sulla sedia. "Non ti
riferirai a quelle voci che girano in rete?" Aggiunse, con le mani
piantante sulle ginocchia.
"Beh... si leggono tante
cose..." Rispose vaga Josie. "E, comunque, dicono di avere le prove
che vi amate."
"Che dire, le vorrei vedere
'ste prove." Commentò lui, allargando le mani. "Quello che ti posso
dire io è che, sì, io non posso negare di amarlo, ma non nel senso che dicono
loro." Spiegò poi; lei lo osservava, con un lieve e sereno sorriso,
appoggiata alla parete con le braccia conserte, il suo silenzio lo incitò a
continuare. "La verità è che..." Si stiracchiò le braccia
sbadigliando. "...io ero un giovane attore pieno di sogni e ambizioni, ma
con poca esperienza, che ha avuto la possibilità della vita e l'ha colta al
volo." Raccontò quindi. "Sono finito dall'altra parte del mondo, per
tanto tempo, lontano dagli affetti e dalle sicurezze, e Viggo mi è stato
vicino, anche nei momenti difficili, e ce ne sono stati, perciò merita la mia
stima e il mio affetto incondizionato."
"Non devi spiegarmi niente,
Orlando." Dichiarò tranquilla Josie; lui la guardò strano.
"Niente?" Lei negò col
capo. "E perché?" Chiese quindi, con un sorrisino.
"Semplicemente perché io ho
le prove." Rispose sicura e rilassata.
"Di che cosa?!" Ribatté
Orlando sorridendo apertamente; la ragazza non rispose a parole, ma con uno
sguardo pieno di dolcezza, comprensione e complicità.
E Orlando capì che lei era
talmente sicura del suo amore, da non temere nulla, tanto meno una persona che
era tanto importante per lui; era bello sapere che credeva in lui e non c'era
bisogno di tante spiegazioni per avere la sua fiducia. Josie era la sua
sicurezza.
"Stanno uscendo." Gli
annunciò la ragazza, che aveva visto le prime persone arrivare; Orlando le fece
un ultimo sorriso e si alzò.
Poco dopo Viggo spuntò dal
corridoio degli arrivi; Orlando gli corse incontro, si salutarono e si
abbracciarono, poi lui guidò l'amico verso Josie.
"Viggo, ti devo presentare
una persona." Disse, quando la raggiunsero. "Lei è Josephine."
Affermò indicandogliela. "Joss, lui è Viggo."
"Molto piacere." Fece
la ragazza, porgendogli la mano con un sorriso.
"Il piacere è mio."
Rispose lui. "Finalmente hai un volto, perché mi ero un po' stufato di
sentir parlare di te sempre al telefono." E le strinse la mano.
Josie si girò verso Orlando.
"Ah, così parli di me al telefono..." Il ragazzo si strinse nelle
spalle; lei guardò Viggo e si sorrisero. "Ti dobbiamo accompagnare in
albergo?" Gli chiese poi.
"No, ho un appartamento qui
a Los Angeles." Replicò tranquillamente l'uomo.
"Sì." Intervenne
Orlando annuendo. "Ha una specie di loft giù a Venice Beach." Josie
chiese a Viggo conferma e lui annuì. "Non intendo ragioni..." Riprese
Orlando. "...stasera sei a cena da noi, dobbiamo recuperare il tempo
perso!" L'amico non poté che accettare.
"Allora, che ne dici di
Viggo?" Domandò Orlando a Josie; lei era in bagno a truccarsi, lui in
camera a dare gli ultimi accorgimenti al vestito. Era giunta la famosa sera del
gala.
"Beh, è una brava
persona..." Rispose la voce lontana della ragazza, dall'altra parte del
guardaroba, che faceva da comunicazione col bagno. "...e parlando, ho
scoperto che abbiamo un'idea di te molto simile." Aggiunse, spuntando in
camera; lui si girò sorpreso.
"Così avete parlato di
me..." Soggiunse con un sorrisetto.
"Sei un argomento
interessante." Replicò Josie avvicinandosi e aggiustandogli la giacca.
"Come sto?" Le chiese
il ragazzo, accorgendosi che lo osservava con aria critica.
"Mh..." Fece lei
dubbiosa. "...questo no." Dichiarò poi, decisa, e gl'infilò le mani
sotto la giacca per togliergli la fascia in vita.
"Ma lo smoking senza
questa..." Intervenne Orlando perplesso.
"E anche senza questo."
Lo interruppe Josie, slacciandogli il cravattino, poi gli aprì i primi due
bottoni della camicia. "Ora va bene..." Mormorò quindi, baciandogli
l'incavo alla base del collo. "...non mi piaci troppo perfettino."
Aggiunse sensualmente.
"Se lo dici così, allora hai
ragione di sicuro..." Ribatté lui allo stesso modo; la ragazza ridacchiò.
"Fammi un po' vedere come stai tu, invece." Aggiunse poi, prendendole
le mani e facendola scostare di un paio di passi. "Cosa hai sotto questo
accappatoio?" Domandò con sguardo birichino.
Josie ammiccò con un sorriso
malizioso, alzando un sopracciglio, poi si slacciò lentamente la cintura,
mimando una specie di ironico spogliarello; infine fece scendere l'accappatoio
lungo le braccia, scoprendo il suo vestito. Orlando si fece improvvisamente
serio, rimanendo a bocca aperta.
L'abito era molto scollato, si
allacciava al collo, lasciando scoperte le spalle fin quasi a metà schiena; era
color grigio perlato, ricoperto da ricami sottilissimi d'argento e da piccoli
cristalli azzurri. Lungo fino a metà polpaccio, era aderente e si allargava
solo un poco verso le ginocchia; il tessuto elasticizzato lo rendeva, però,
piuttosto comodo... ed estremamente sexy. Se poi si teneva in considerazione
che Josie lo portava con un paio di sandaletti sottilissimi e con il tacco a
spillo trasparente, si poteva avere un'idea dell'insieme.
"Sei... sei..." Orlando
non aveva parole, era imbambolato. "Sei... F A V O L O S A!" La
ragazza rise contenta.
"Tu sei pronto?"
Domandò poi. "Io devo solo darmi il rossetto..." Aggiunse, mentre
l'attore si avvicinava con sguardo deciso.
"Prima dammi un bacio, che
sto per scoppiare..." Le ordinò con tono languido; lo abbracciò
sorridendo, e si baciarono con tenerezza.
Meno di una mezz'ora dopo erano
in macchina; stavolta avevano preso una limousine con l'autista, per
l'occasione era il minimo. Josie aveva indossato, sopra al vestito, uno
spolverino bianco traslucido, perfettamente intonato al resto; Orlando le
teneva la mano, perdendosi nei suoi occhi d'acciaio, che ricambiavano
dolcemente.
"Sei perfetta." Le
disse, sfiorandole uno zigomo col dorso della mano. "Solo una
cosa..." Aggiunse, togliendole il fermaglio dai capelli.
"...sciolti." Josie, dapprima, non era molto convinta, ma poi lo
guardò negl'occhi e capì che era giusto così.
"Vabbene." Acconsentì
annuendo.
"Ho una cosa per te."
Le annunciò poco dopo Orlando, stupendola; si girò verso di lui spalancando gli
occhi.
"Mi hai fatto un
regalo?" Chiese perplessa; lui annuì. "Perché?"
"Beh..." Esordì il
ragazzo, lievemente imbarazzato. "...sai che la settimana prossima parto
e, se tutto va bene, per Natale non sarò qui." Spiegò. "E' un regalo
d'anticipo, chiamiamolo così." Concluse, con un sorrisino, tirando fuori
il pacchetto.
"Non dovevi..." Ribatté
timidamente Josie, prendendolo; in cuor suo, però, era già curiosa di sapere
cos'era.
"Su, non fare storie!"
Sbottò l'attore sorridendo. "Già ho saltato il tuo compleanno, perché non
sapevo quand'era!" Protestò; lei lo guardava scettica. "Avanti,
aprilo!" L'incitò infine.
La ragazza, arresa ma contenta,
tolse delicatamente la carta che avvolgeva il pacchetto; non poteva negare di
essere abbastanza emozionata, quello era il primo regalo che Orlando le faceva,
le tremavano un po' le mani. La scatola era abbastanza grande, di forma
leggermente rettangolare; lei l'aprì, poi scostò la velina che copriva il
regalo, lo guardò e scoppiò a ridere felice.
"Non ci posso credere!"
Esclamò con le lacrime agl'occhi. "Tu sei veramente rincoglionito!"
Anche Orlando rideva della grossa. "Ma dove li hai trovati?!"
"Ho girato qualche negozio
specializzato..." Raccontò tra le risate. "...finché non mi hanno
indicato un artigiano che li fabbrica, in Nuovo Messico."
"Sono bellissimi!"
Proclamò contenta Josie, tirando fuori uno dei due luccicanti speroni contenuti
nella scatola.
"Sono d'argento."
Affermò Orlando, soddisfatto che il suo regalo fosse piaciuto.
"Davvero?!" Fece lei,
girandosi verso il ragazzo; il suo viso entusiasta stava rendendo Orlando
molto, molto felice. Annuì.
"Sapevo che ti sarebbero
piaciuti." Le disse, mentre Josie tornava ad esaminare il regalo. "Ci
ho fatto incidere una cosa, leggi sul lato interno." Aggiunse, indicandole
il punto.
Josie avvicinò al viso uno degli
speroni, poi l'altro, mentre sul viso le si ingrandiva il sorriso; sul destro
c'era scritto To my Little Bitch, e
sul sinistro With love. O. La ragazza
si girò lentamente verso Orlando, emozionata e felice.
"Brutto bastardo!"
Gridò ridendo e gettandogli le braccia al collo.
"Tiamotiamotiamotiamo!" Continuò, baciandogli ripetutamente il collo;
nessuno le aveva mai fatto un regalo così azzeccato e in sintonia coi suoi
gusti.
"Smettila, mi sporcherai la
camicia!" Protestò divertito il ragazzo, mentre, però, la stringeva a se
compiaciuto; qualche istante dopo, Josie si scostò e lo guardò negl'occhi.
"Non ho idea di che
accidenti farmene, ma li adoro." Dichiarò contenta. "Grazie."
"Prego." Rispose con
dolcezza Orlando, carezzandole i capelli. "Ma devi promettermi che almeno
una volta l'indosserai." La ragazza annuì.
"Giuro." Proclamò,
stringendo ancora tra le mani il regalo. "Però..." Aggiunse subito,
chinando il capo. "...adesso non saprò che regalo fare a te..."
"C'è tempo, troverai
qualcosa di originale, non preoccuparti." Fece lui. "Adesso
preparati, che siamo arrivati." Le annunciò poi; Josie guardò fuori dal
finestrino, accorgendosi che c'era veramente tanta gente assiepata davanti al
teatro.
I due si scambiarono uno sguardo
divertito, poi lei si tolse il soprabito; Orlando fu il primo a scendere dalla
macchina, dopo che l'addetto ebbe aperto la portiera. Quando videro che
l'attore si fermava per porgere la mano a qualcuno, i fotografi strinsero i
loro cannoni, pronti a riprendere la nuova fiamma del divo. Josie fece la sua
comparsa raggiante e splendida, i flash facevano luccicare ancora di più il suo
vestito; Orlando la condusse per mano lungo il tappeto rosso, lasciandola solo
per fare un po' di scene con i suoi amici, come era d'obbligo in quel tipo di
riunione. La ragazza rimase ad osservarli sorridendo, pur presa di mira dai
teleobiettivi dei paparazzi; da domani tutti avrebbe saputo chi era, ma non la
disturbava.
Un cosa sola era certa: non si
era mai visto un Orlando così sereno e bello come quella notte.
(*)
Carmen Miranda: nota soubrette che spopolava negli anni 40-50 a Hollywood, la
quale usava abbigliarsi con vestiti e acconciature da far impallidire i
ballerini del carnevale di Rio.
Eccoci qua! Scusatemi per il ritardo, ma ho avuto una
specie di crisi creativa, cavolo questa ff è più lunga del previsto! Un bacione
alla Moon, che spero apprezzerà il cap. nuovo, e un grosso grazie a tutti
quelli che leggono. Alla prossima, see you!
Sara
~ Capitolo 14 ~
Il tempo non era propriamente un
granché: ammassi scomposti di nuvole grigie solcavano il cielo, scrosci di
pioggia si alternavano a timidi raggi di sole, in tipiche giornate di primavera
inglese; alla fine, non era poi uno svantaggio, poiché non giravano molti
turisti e Orlando poteva andare in giro meno mimetizzato, ma c'era anche la
scocciatura di doversi portare sempre appresso l'ombrello.
L'attore e la sua compagna,
finalmente, erano partiti per la famosa vacanza, dopo che lui aveva presenziato
ai vari eventi dell'inverno, premiazioni di ogni tipo, golden globe e oscar. La
ragazza non gli aveva fatto richieste particolari, ma Orlando aveva capito che
le sarebbe piaciuto conoscere la sua famiglia, così la loro prima tappa era
stata la "ridente" Inghilterra.
La madre di Orlando li aveva
accolti con calore, nella grande ed elegante casa compratale dal figlio, ma
Josie fu in ogni caso presa da una strana sensazione stringendole la mano;
probabilmente fu per quello che, la stessa notte del loro arrivo, sognò la
signora Bloom che, nel giorno di un suo immaginario matrimonio con Orlando,
all'uscita della chiesa, le lanciava il riso in faccia con un po' troppa
veemenza... Il giorno dopo, ogni volta che guardava Sonia, le scappava da
ridere, ma la sensazione di disagio non se n’andò.
Un pomeriggio piovigginoso Josie
e Orlando passeggiavano lungo il fiume, stretti l'una all'altro, riparandosi
con un grande ombrello; faceva anche abbastanza freddo ed era quasi l'ora di
rientrare per il the.
"Hai più sognato mia
madre?" Le domandò il ragazzo girandosi verso di lei; Josie fece una
risatina.
Naturalmente aveva parlato ad
Orlando del suo sogno, perché si era svegliata ridendo e lui aveva chiesto
spiegazioni; era finita che ci avevano riso su insieme, fino a ritrovarsi con
le lacrime agl'occhi. L'attore era rimasto molto incuriosito dalla faccenda.
"No." Rispose infine la
ragazza, ancora sorridendo. "Ad ogni modo, credo di non piacerle."
"Essai che novità."
Ribatté tranquillo lui. "Nessuna delle mie ragazze le è mai piaciuta,
nonostante faccia sempre la gentile e disponibile."
"E' portata per la
recitazione." Commentò Josie, stringendosi un po' di più ad Orlando.
"Da qualcuno dovrò aver
preso..." Replicò ironico lui.
"Sai, poi mi ha
parlato." Continuò la ragazza; l'attore la guardò stupito. "L'altra
sera, mentre preparavamo la cena."
"Davvero?" Fece
sbalordito. "E cosa ti ha detto?"
"Questa è veramente il
massimo, rido ancora se ci penso." Lui la guardava con gli occhi di fuori,
Josie annuì. "Eravamo in cucina e tua madre comincia un discorso strano,
insomma alla fine, mi dice che tu sei come un sole..." E qui a Orlando
venne da ridere. "...e noi dovremmo girarti intorno come una piccola
galassia, senza disturbare il tuo splendore e vivendo della tua luce." Josie
ridacchiò, davanti all'espressione allibita di Orlando.
"Sono basito..."
Affermò scuotendo il capo. "E tu che cosa le hai risposto?" Riuscì a
domandare alla fine.
"Eh, beh... ho replicato
che, personalmente, preferisco vivere della mia personale luce, seppur fioca,
che sfruttare l'energia di una persona che amo."
"Le hai detto veramente
così?!" Quando Josie annuì, lui rise. "E come ha ribattuto?"
"Veramente..." Rispose
la ragazza, alzando le sopracciglia. "...non ha detto niente..."
"E ci credo! L'hai spiazzata!"
Esclamò lui, ancora ridendo. "Ora, non per sminuire le altre ragazze che
ho avuto, ma tu sei la prima laureata ad Harvard."
"Bah..." Fece Josie,
stringendosi ad Orlando. "...non credo si tratti di una questione di
lauree, piuttosto di buon senso, e..." Lo guardò intensamente negl'occhi.
"...del fatto che ti amo, non ti metterei mai i bastoni tra le ruote, ma
nemmeno posso vivere in funzione di te, non ti potrei stare continuamente
addosso, è contrario al mio carattere e... avrei paura di perderti." Lui
le sorrise, poi le carezzò il viso con la mano umida per via della pioggia.
"Per me è importante sapere
che vivi la tua vita, ma che, nonostante i tuoi impegni, le tue passioni e
gl'interessi, quando io ho bisogno di te, tu ci sei." Le disse dolcemente.
"Voglio soltanto farti sapere che, quando mi cercherai, anch'io ci sarò
per te, sempre." Aggiunse fissandola negl'occhi con tenerezza; Josie gli
sorrise e si scambiarono un breve bacio.
"E' l'ora del the."
Mormorò la ragazza la suo orecchio, quando si lasciarono; Orlando la scostò da
se e sorrise. "Dobbiamo tornare." Il ragazzo annuì e s'incamminarono
verso casa.
Un paio d'ore più tardi, mentre
il sole tramontava, Josie, Orlando e sua sorella Samantha erano nel salotto di
casa Bloom e si erano messi a spulciare tra i vecchi dischi dei due fratelli;
si stavano divertendo molto, anche perché Josie e Sam avevano in pratica la
stessa età e dunque molti ricordi in comune. Un paio di volte si erano pure
messe a cantare vecchi successi, tipo Wild Boys dei Duran o Gold degli Spandau
Ballet, suscitando la sguaiata ilarità dell'attore.
"E questo cos'è?"
Chiese ad un certo punto Orlando, mostrando la copertina di un disco; le due
ragazze l'osservarono.
"Oh, Wind of Change!" Esclamò
sorpresa e felice Sam. "Quando sarà stato?" Fece poi, rivolta a
Josie. "Il 1989?"
"Sì." Annuì l'altra
ragazza. "88, 89, giù di lì, vicino alla caduta del Muro di
Berlino..."
"Ahhh, che bei
ricordi!" Sospirò Sam, interrompendola e giungendo le mani. "Il mio
primo bacio..." Aggiunse con sguardo sognante.
Orlando si alzò dal tappeto su
cui erano seduti. "Eh sì, e la prima volta che hai preso in mano
un..." La sua frase fu interrotta da un cuscino che gli arrivò in testa;
lui si girò scocciato verso al sorella, facendole una smorfia, lei rispose con
una linguaccia.
"Ma la vuoi chiudere quella
boccaccia!" Sbottò Sam, incrociando le braccia.
"Sì, sì, fai l'offesa!"
Replicò Orlando indicandola, mentre si sedeva sul divano. "Oh, guarda che
ti ho vista, nel furgoncino di Timmy Simms, e non gli stavi raccontando una
barzelletta..." Affermò con uno sguardo malizioso.
Sam strinse gli occhi a due
fessure. "Eri un'insopportabile piattola allora, e lo sei anche
adesso..." Sibilò; Orlando, per tutta risposta, si mise a ridere.
"Ragazzi, su..."
Intervenne Josie, che però si tratteneva dal ridere.
"Una piattola grassottella,
aggiungerei..." Mormorò maligna Sam; il fratello le fece un po' di smorfie
e versi strani.
"Oh, dai, Sam!" Esclamò
Josie fintamente scandalizzata. "Non è giusto far notare ad Orlando di
essere un falso magro..."
Il ragazzo spalancò la bocca.
"Siete due stronze!" Proclamò poi, indicandole.
"Via, via, basta!" Lo
bloccò Josie ridendo, quindi lo raggiunse sul divano; lui le passò una braccio
intorno alle spalle, stringendola a se.
"E' che stasera mi sento in
vena di rivelazioni." Dichiarò l'attore con sguardo birichino,
massaggiando il braccio della compagna.
"E non ha neanche
bevuto." Commentò Josie, scambiando un'occhiata eloquente con Sam.
"Ah, ah, ah,
divertente." Sbottò acido Orlando; Joss gli sorrise sorniona.
"Allora, Sam..." Continuò poi, rivolgendosi alla sorella.
"...vuoi sapere a chi l'ho dato io, il primo bacio?"
La ragazza si raddrizzò,
incuriosita, poggiando la schiena contro una poltrona. "Sentiamo."
Soggiunse, mettendosi comoda.
"Beh, è successo più o meno
in quel periodo..." Esordì tranquillo il ragazzo, sotto lo sguardo
divertito di Josie. "...fu un bacio vero, e me lo diede... Anita
Chagra." Confessò infine, allegramente; Sam spalancò la bocca, allibita.
"Ma... ma... la mia compagna
di classe?! Quella col padre Punjabi?!" L'attore annuiva. "Ma
Orlando, aveva almeno sedici anni e... e tu... quanti, dodici?!" Aggiunse
con gli occhi di fuori.
"E allora? Diceva che le
facevo tanta tenerezza, le piacevano le mie guanciotte!" Dichiarò
divertito lui, sorridendo; Josie gli stava adagiata contro, felice di sapere
quei piccoli particolari, quei ricordi dolci e belli, dell'uomo che amava.
"Piacciono anche a me."
Mormorò con dolcezza, facendogli un piccolo pizzicotto; Orlando le rispose con
un breve bacio sul naso.
"Orlando, tu portavi
l'apparecchio per i denti!" Esclamò indignata Sam, proprio mentre entrava
la madre.
"Che c'entra, quello si
toglieva, mica era fisso!" Ribatté noncurante il fratello.
"Eh, e infatti mi meraviglio
che questo ragazzo abbia i denti dritti, lo aveva sempre in tasca
quell'aggeggio!" Commentò Sonia, mettendo le mani sui fianchi.
"Sai com'è, mamma..."
Intervenne Sam, sarcastica. "...gli dava un po' fastidio
nell'apprendimento delle lingue..."
Orlando le fece una boccaccia,
mentre Josie rideva, nascosta contro la sua spalla. "E che ci posso fare
io, se l'ispirazione mi si è risvegliata presto?" Affermò ironico; la
ragazza alzò il viso e lo scrutò languida.
"Io posso dire che..."
Mormorò, carezzandogli l'interno della coscia. "...mi sembri molto portato
per quel tipo di apprendimento..."
Lui la guardava negl'occhi.
"M'insegni un po' di
francese?" Le domandò con complicità, spostando il braccio dalle spalle
alla schiena; lei annuì, senza togliere gli occhi dai suoi, e si baciarono.
Sonia roteò gli occhi, davanti a
quella scena, ma prima che potesse dire qualcosa, Sam la spinse fuori dal
salotto. "Andiamo, mamma, li chiamiamo quando è pronta la cena."
L'ultima sera prima della
partenza per la Francia, Josie, Orlando e Sam uscirono con i vecchi amici dei
due fratelli; si divertirono e risero molto, accompagnati da tanta birra e da
spassosi aneddoti riguardanti le uscite dell'attore. Josie adorò quella serata,
aveva scoperto molte cose su Orlando: la sua follia, ma anche la timidezza che
cercava di nascondere, le sue storie con le ragazze. Lui, invece, a volte era
partecipe e, anzi, incitava i racconti degl'altri, altre s'imbarazzava,
chinando il capo per nascondere di essere arrossito; in quei momenti la ragazza
lo trovava adorabile e non poteva fare a meno di un contatto fisico, così gli
carezzava i capelli, gli toccava una spalla o solo gli sorrideva.
Tornati a casa, diedero la
buonanotte a Sam sul pianerottolo, rifugiandosi poi in camera di Orlando;
l'ultima cosa che la ragazza sentì, fu la chiave girare nella toppa. "I
piccioncini hanno cattive intenzioni, stanotte..." Si disse a bassa voce,
con un sorrisino malizioso.
Orlando, in effetti, era proprio
malintenzionato quella sera; Josie si era vestita in modo piuttosto semplice,
jeans ed una maglietta nera scollata a V, ma lui non era riuscito a toglierle
gli occhi di dosso per tutto il tempo e, all'improvviso, aveva capito perché.
Erano in Europa da quattro giorni e, a causa del fuso orario, della stanchezza,
dei giri turistici, era finita che non avevano mai fatto l'amore; bisognava
assolutamente rimediare.
La ragazza, che stava togliendosi
gli orecchini vicino alla cassettiera, non si era accorta che lui aveva chiuso
la porta a chiave; quando, però, sentì la sue mani sui fianchi, sorrise e si
girò. Orlando la stava osservando quasi estasiato, perdendosi nella piega
perfetta delle sue sopracciglia.
"Cosa c'è?" Gli chiese
dolcemente Josie.
"Sei bellissima..."
Mormorò Orlando, sfiorandole una tempia e poi scendendo con le dita lungo i
suoi corposi capelli scuri; lei sorrise.
"Avevo notato che mi guardi
strano da tutta la sera..." Ribatté poi, con voce bassa e sensuale.
"Beh, sai..." Fece lui,
continuando a carezzarle delicatamente il collo. "...all'improvviso mi
sono ricordato che... non facciamo l'amore da una settimana..."
"Ohh..." Annuì
divertita e maliziosa Josie. "...è davvero tanto, tanto tempo..."
Stavolta ad annuire fu Orlando, con una faccina rammaricata. "E allora,
sai che facciamo, Morsacchiotto mio?"
"Eh?" Intervenne lui,
con espressione retorica, mentre riportava le mani sul bordo della maglietta di
Josie.
"Rimediamo." Rispose la
ragazza, slacciandogli i bottoni della camicia. "Che ne dici?" Le
rispose solo un sorriso sornione, e le mani di Orlando che sollevavano la sua
maglietta.
La ragazza alzò le braccia,
permettendogli di sfilarle l'indumento; rimasta solo col reggiseno di pizzo
nero, invece di togliere la camicia a lui, lo guardò negl'occhi.
"Ho voglia di toccarti un
po'." Gli disse. "Posso?" Aggiunse, con un'espressione che era
tutto un programma; anche stavolta Orlando non parlò, ma allargò le braccia e,
sorridendo, reclinò il capo all'indietro.
La ragazza, baciandogli il collo,
lo spinse verso il letto, lui ci cadde sopra a braccia spalancate,
ridacchiando; la camicia era aperta e mezza sfilata dalle spalle, i pantaloni
calati sui fianchi e i capelli spettinati (Arf!). Il fatto che le sorridesse
con aria compiaciuta e languida non fece che peggiorare le già pessime idee che
frullavano nella mente di Josie.
Prima di continuare lei tolse i
jeans, poi si mise cavalcioni sulle gambe di Orlando, cominciando a carezzargli
il petto e l'addome con massaggi piuttosto intensi; lui la osservava con sulle
labbra un sorriso di sorniona e maliziosa soddisfazione... E poi, adorava che
lei mettesse sempre la biancheria spaiata, come adesso, che portava semplici
mutandine bianche ed un sofisticato reggiseno di pizzo nero.
Orlando sollevò un braccio, per
accarezzarla, ma Josie lo fermò. "Giù le mani." Gli mormorò, alzando
un sopracciglio.
"Credevo ti piacesse avere
le mie mani addosso..." Replicò lui; lei sorrise, poi si passò la lingua
sulle labbra, cosa che fece emettere un breve lamento all'attore.
"Oh, sì." Rispose
quindi, annuendo. "Ma mai quanto piaceranno a te le mie, dopo
stanotte..."
Il ragazzo reclinò il capo,
socchiudendo gli occhi, quando Josie prese a carezzargli delicatamente i
capezzoli e poi a massaggiarli con i palmi delle mani, mentre gli baciava il
centro del petto; pochi istanti dopo, Orlando si accorse che lei, mentre
scendeva verso il basso percorrendogli con la lingua la linea degli addominali,
gli aveva slacciato i pantaloni e glieli stava togliendo. I movimenti, sempre
più intensi ed esigenti, delle mani di Josie sul suo corpo gli strapparono un
gemito abbastanza acuto; la ragazza sollevò subito il capo, guardandolo
negl'occhi, poi risalì su di lui, andando a tappargli la bocca con la mano.
"Ma che cosa fai?!" Gli
chiese con occhi brillanti di divertimento. "Ci possono sentire!"
Orlando le tolse la mano dal
proprio viso e fece una smorfia di rimprovero. "Cosa fai tu! Mi fai
ululare, ecchecazzo!" Si scambiarono uno sguardo, poi scoppiarono a ridere
sommessamente.
Poco dopo, lui si tirò su e tolse
definitivamente la camicia, gettandola sulla poltrona; a quel punto guardò
Josie negl'occhi con intensità, e lei capì cosa voleva. La ragazza si alzò,
rimanendo però tra le gambe di Orlando, quindi tolse il reggiseno, mentre lui
le sfilava le mutandine; l'attore si mise, allora, ad osservarle con sguardo
carezzevole il seno e Josie si accorse di cosa gli passava per la mente.
L'occhiata d'intesa che si scambiarono un istante dopo, le confermò i sospetti;
sorrise languida.
"Perché non lo fai?"
Gli consigliò con voce sensuale; il ragazzo fece un sorriso assassino, poi la
prese con forza per i fianchi, obbligandola a sedersi di nuovo su di lui, e
affondò il viso nel suo seno, cominciando a baciarne languidamente la rotondità
e il capezzolo, mentre muoveva il bacino in modo inequivocabile. "Ohh, mio
Dio, sì..." Affermò Josie, gettando indietro i capelli; troppo tardi si
accorse di averlo fatto a voce un po' troppo alta.
Entrambi si fermarono e lei
spalancò gli occhi mettendosi una mano sulla bocca; Orlando la guardava molto
divertito. La ragazza arrossì, lui scosse il capo.
"No..." Le fece.
"...non preoccuparti, dormono..." E, stringendola tra le braccia, si
girò sul letto, mettendola sotto di se.
"Lo spero..." Mormorò
Josie, che era ancora un po' imbarazzata; lui la baciò.
"Tanto, ormai..."
Riprese Orlando, tra un bacio e l'altro. "...io non mi posso fermare
più..."
"Mhh..." Replicò lei
con un sospiro. "...lo sento..." E serrò le gambe contro i suoi
fianchi, mentre il ragazzo le rideva sulla pelle.
Arrivarono all'aeroporto di
Marsiglia nel primo pomeriggio del giorno dopo, quindi si sciropparono
centociquanta chilometri di strada in macchina, perché Orlando si rifiutò
categoricamente di prendere il treno, adducendo ragioni di privacy. Josie si
arrabbiò, poiché riteneva la scelta del treno di gran lunga più pratica;
indignata, pretese che guidasse sempre lui che, incaponito, accettò di buon
grado. Si tennero il muso tutto il tempo.
Quando, a tarda sera, imboccarono
la strada sterrata che, attraversando una vigna, conduceva alla casa della
mamma di Josie, Orlando fermò la macchina; la ragazza lo guardò sorpresa.
"Che cosa c'è?" Gli
chiese; lui continuò a guardare avanti, finché, dopo un sospiro si girò verso
di lei.
"Non voglio arrivare da tua
madre così." Le disse.
"Come?" Replicò Josie.
"Litigati!" Sbottò
Orlando allargando le mani.
"Ah, io non ritengo di aver
contribuito a creare questa situazione..." Ribatté noncurante la ragazza,
stringendosi nelle spalle, senza guardarlo.
"Cazzo, Joss!" Esclamò
l'attore, sbattendo le mani sul volante. "Non voglio sentirmi colpevole
per aver preferito guidare, al passare il viaggio chiuso nel gabinetto di un
treno!" Lei lo guardò spalancando gli occhi.
"Sei sempre esagerato."
Sentenziò poi.
"Non sto affatto esagerando,
se avessero cominciato a riconoscermi sarebbe diventato un viaggio d'inferno,
te lo dico per esperienza!" Si difese Orlando.
"Sì, ma non c'era comunque
bisogno di farne una questione di principio!" Spiegò lei infastidita, con
un gesto.
"E' che tu non ascolti mai
le mie ragioni, parti prevenuta..." Affermò lui, tornando a guardarla.
"Oh, stai tranquillo, hai
avuto modo di ribadirle più di una volta, le tue ragioni..." Fece la
ragazza, interrompendolo con una mano alzata; lui la guardò male.
"Che vuol dire?!"
L'interrogò torvo; lei si girò sul sedile, verso il ragazzo.
"Che sei insistente, e
polemico." Rispose quindi. "E la maggior parte delle volte anche
indisponente." Aggiunse.
Orlando spalancò la bocca,
indignato e stupito. "Ah, è questo che pensi di me?!" Le chiese.
"Sì." Annuì Josie,
sporgendosi verso di lui. "E penso anche che, quando t'incaponisci, non
c'è verso di farti cambiare idea, è come sbattere la testa contro un muro di
cemento armato!"
L'attore continuava a fissarla,
ma aveva stretto gli occhi e serrato le labbra in un'espressione adirata.
"Guarda, carina, che qui non sono l'unico ad avere dei difetti!"
Sbottò infine; lei sollevò le sopracciglia stupita. "Per prima cosa non
hai sempre ragione, come ti credi." Aggiunse serio, puntando l'indice
verso di lei.
"Questo è tutto da
dimostrare." Replicò Josie, incrociando le braccia e guardando fuori.
"Vedi come fai?!"
Esclamò Orlando indignato; la ragazza lo guardò. "Ti barrichi dietro a
quell'aria da saccente maestrina con tutte le risposte!"
"Io non ho tutte le
risposte!" Ribatté lei inviperita, dando una manata al cruscotto.
"No, ma dai l'impressione di
averle, il che è praticamente la stessa cosa!" Proclamò Orlando annuendo.
"E poi non ne fai passare una, sembri un tenente della Gestapo!"
"Oh!" Esclamò Josie,
allibita. "Ma per favore!" Continuò. "Tu non puoi, però, credere
che basti fare gli occhioni dolci, per passarle tutte lisce, vorrei farti
capire questo!"
"Tranquilla!" Affermò
Orlando, tornando a mettersi dritto sul sedile. "Con te si capisce
benissimo..."
Calò il silenzio; entrambi si
misero a guardare fuori, ognuno dalla sua parte, lei con le braccia conserte,
lui con le mani sul volante; qualche minuto dopo, all'improvviso, Josie aprì lo
sportello e scese dalla macchina.
La ragazza aveva attraversato la
strada e ora camminava lungo un filare di viti; c'era la luna piena e si vedeva
abbastanza bene anche lontano dai fari della macchina.
"Lo vedi?" Fece lui,
fermandosi con le mani sui fianchi. "Vuoi sempre l'ultima parola!"
Aggiunse a voce alta; Josie si girò, fissandolo incredula.
"Io non ho detto
niente!" Protestò poi, allargando le braccia.
"Ma il gesto è
equivalente!" Dichiarò l'attore, brandendo l'indice.
Josie roteò esasperata gli occhi,
sospirando. "Sei paranoico, Orlando!" Gli disse poi, tornando a
guardarlo negl'occhi.
"No, no e no!" Replicò
lui, scuotendo il capo. "Non smetterò di romperti i coglioni, finché non
ammetterai che stavolta ho ragione io!"
"Manco morta!" Rispose
stizzita la ragazza, incamminandosi di nuovo lungo il filare.
"E allora vattene!" Le
gridò dietro. "Vai, puoi anche perderti per le vigne per quanto mi
riguarda, io non verrò a cercarti, sappilo!"
"Sai quanto me ne
frega!" Ribatté lei, sventolando un braccio in modo eloquente. "Io la
strada per casa mia la so, non posso dire altrettanto di te!" Gli fece
quindi presente.
Orlando rimase un attimo
interdetto, osservandola allontanarsi nell'ombra. "Me... me ne sbatto il
cazzo!" Balbettò, ostentando sicurezza, ma sentiva uno strano disagio,
mentre lo distanziava. "Sai che faccio?! Ora mi svuoto la vescica, poi
giro la macchina e torno a Marsiglia, domani sarò spaparanzato su una spiaggia
californiana, alla faccia tua!"
Josie, nonostante tutto, si
sentiva abbastanza stupida, quella era una discussione inutile e priva di
senso, senza contare che cominciava a pensare di rivedere la sua posizione,
ripensandoci; infatti, il viaggio in macchina era stato sicuramente più veloce,
e su questo era innegabile che Orlando avesse ragione. Solo che non sopportava
la testardaggine di quel ragazzo! O forse... era troppo testarda lei, per
ammettere che qualcun altro lo fosse di più...
La ragazza si fermò, incrociando
le braccia; era abbastanza lontana perché lui non la vedesse, ma in realtà solo
a pochi metri dalla strada. Era buio, la grande luna piena illuminava
placidamente i dolci declivi coperti di filari di viti; Josie respirò a fondo,
c'era odore di casa nella campagna, questo la rilassò. Si mise ad ascoltare il
silenzio, ma un rumore turbò la pace; alzò una mano per coprirsi la bocca, ma
non riuscì ad impedirsi di ridere.
"Che cazzo ti ridi?!"
Sbottò la voce indignata, ma attutita dalla distanza, di Orlando.
"Si sente il rumore della
tua pipì!" Gli rispose, alzando la voce.
"Ti da fastidio anche
questo?" Replicò lui, sistemandosi i pantaloni e tornando verso la
macchina.
"Solo quando non riabbassi
la tavoletta." Affermò la ragazza, voltando solo la testa.
"Qui non c'è pericolo!"
Esclamò sarcastico l'attore.
Il silenzio s'impadronì
nuovamente della notte, si sentiva solo l'abbaiare lontano di un cane. Orlando
guardava la sagoma scura, di spalle, nella vigna, ragionando sul fatto che
separarsi per una stronzata simile era proprio da imbecilli; storse la bocca e,
facendo una pressione dolorosa sul suo orgoglio, mise piede tra i filari.
"Josie..." Chiamò
piano.
"Sì?" Fece lei
girandosi, non si aspettava di trovarselo davanti; spalancò gli occhi sorpresa.
"Ascolta..." Riprese a
capo chino il ragazzo, tormentandosi la zip della felpa. "...se ti giuro
di essere meno..." Alzò gli occhi nei suoi. "...indisponente, tu mi
prometti di essere meno maestrina?" Le chiese.
"Potrei anche farlo..."
Rispose lei, guardandosi le scarpe, dopo aver incrociato le mani dietro la
schiena. "...tanto più che, in effetti, il viaggio è stato più veloce, in
macchina..." Continuò, ammettendo il torto.
"Scusami." Disse
Orlando all'improvviso; lei lo guardò. "Ho detto un sacco di brutte
cose..."
Josie scosse il capo. "E
cosa dovrei fare io? Ne ho dette di orrende..." Ribatté. "Siamo stati
tutti e due un po' integralisti." Aggiunse abbassando gli occhi.
Orlando fece un altro passo verso
di lei e la prese delicatamente per le spalle; il calore dei suoi palmi
attraversava la sottile stoffa della maglietta di Josie, trasmettendole una
sensazione di sicurezza. La ragazza rialzò lo sguardo, trovandosi a fissare il
viso calmo dell'attore, gli fece un timido sorriso.
"Abbiamo sbagliato entrambi,
a dirci quelle cose, e io non voglio essere perdonato solo per i miei occhi
dolci..." Josie ridacchiò. "...per cui, veniamoci incontro, magari."
Mormorò dolcemente.
"Io non voglio cambiarti,
Orlando." Affermò lei, posando le mani sui suoi avambracci. "Ti amo
così, ma temo che questo comporti qualche scontro, ogni tanto."
"Ok, vabbene." Accettò
lui, annuendo. "Penso che metta pepe alla faccenda, non credi?"
Aggiunse, strizzandole l'occhio con un sorrisino furbo; Josie sorrise.
"Facciamo la pace? Che ne
dici?" Gli chiese poi la ragazza.
"Direi di sì." Confermò
tranquillo; lei gli passò le braccia intorno al collo, ma prima di baciarlo si
scostò un po' e lo guardò negl'occhi.
"Fino a casa guido io, così
tu ti riposi." Annunciò decisa, poi, prima che lui potesse replicare, posò
le labbra sulle sue.
La casa di Valerie, la madre di
Josie, non era molto lontana, ci arrivarono in circa dieci minuti; era una
costruzione in pietra dalla forma quasi quadrata, massiccia, con un piccolo
porticato sul davanti. La ragazza, però, girò dietro l'edificio, dove, in un
grande spiazzo non illuminato e delimitato da alberi, c'era un gazebo in legno;
diede due colpi di clacson e parcheggiò vicino ad un vecchio fuoristrada.
La donna corse ad accoglierli
uscendo dalla casa, e lo fece con calore; Valerie si complimentò soprattutto
per la decisione di essere venuti in macchina, cosa che aveva accorciato il
viaggio di diverse ore. Josie s'imbarazzò un po', a quei discorsi, ma Orlando
la rassicurò stringendola per le spalle, mentre entravano in casa.
Il ragazzo poi rimase
impressionato in modo molto favorevole dalla madre di Josie; a parte che adorò
subito il suo accento francese e il modo in cui pronunciava il suo nome, ma
Valerie era anche un tipo espansivo e disponibile. La donna aveva lunghi
capelli castani, leggermente più chiari di quelli della figlia, legati un po' a
caso, occhi scuri e un bel sorriso somigliante a quello di Josie; portava una
camicia indiana bianca, con ricami viola e gialli, ed aveva un'aria abbastanza
alternativa. Era un tipo pratico, e in questo somigliava alla ragazza; in pochi
minuti, infatti, mise insieme la cena, ma non c'era da stupirsi visto che
possedeva un ristorante nella zona.
Orlando, mentre le due donne
preparavano la cena, si spostò nel salotto e si mise a guardare un po' in giro;
osservò i quadri e le fotografie, poi si avvicinò al pianoforte che era
appoggiato alla parete. Sopra lo strumento c'erano altre foto, una catturò la
sua attenzione: un uomo, che sembrava la sputata copia al maschile di Josie,
usciva da una chiesa portando in braccio una ragazza vestita di una semplice
tunica bianca, coi piedi scalzi e una coroncina di fiori. Doveva essere il
matrimonio di Valerie e John, il padre di Josie; l'attore sorrise.
In cucina, nel frattempo, Josie e
la madre parlottavano in francese, continuando ad occuparsi della cena.
"Allora, che ne pensi?"
Domandò la ragazza, indicando con gli occhi Orlando che s'intravedeva nel vano
della porta.
"E' molto carino..."
Rispose Valerie con un sorrisino furbo. "E sembra molto...
innamorato."
Stavolta fu Josie a sorridere,
con dolcezza. "Lo spero, perché io decisamente lo sono."
La madre le passò un braccio
intorno al collo e le baciò una guancia. "Sono molto felice per te,
cherie." Le disse poi. "E spero che sia la volta buona."
"Me lo auguro con tutto il
cuore." Affermò la ragazza chinando il capo. "Non sarà facile, perché
lui ha una vita complicata, ma gli voglio troppo bene per non provare."
Aggiunse, rialzando gli occhi in quelli della madre.
"Dimmi." Le disse
Valerie. "Che differenza c'è, rispetto a quando proclamavi il tuo affetto
per Cary?" Era una domanda provocatoria, ma fatta con sincera preoccupazione.
Josie rifletté per qualche
secondo, prima di rispondere. "La differenza è che i suoi pregi mi
commuovono ed i suoi difetti mi fanno sorridere." Disse infine; la donna
sorrise, tranquillizzata, e l'abbracciò di nuovo.
"Ma tu lo sai suonare il
pianoforte, Joss?" Domandò Orlando dal salotto, interrompendole; la
ragazza si scostò dalla madre, dopo averle sorriso, e lo raggiunse.
"Oui!" Rispose,
entrando nella stanza. "Ops... Sì, volevo dire!" Si corresse, mentre
gli andava vicino. "E tu, mon
amour?"
"Hm..." Fece lui poco
convinto. "...temo di essermi fermato a Frà Martino campanaro..."
"E' già qualcosa,
cherie." Replicò dolcemente lei, baciandogli la guancia. "Dopo
t'insegno, adesso andiamo che è pronta la cena." Orlando le sorrise e
insieme andarono in cucina.
La cena fu squisita, e dopo, come
preventivato, i due ragazzi si misero davanti al pianoforte; Josie tentò di
insegnare qualcosa ad Orlando, ma era più che altro una scusa per perdersi nei
loro soliti battibecchi e ridere l'uno dell'altra. Valerie li osservava, le
facevano una grande tenerezza, ma soprattutto era felice di vedere finalmente
la figlia serena dopo tanti anni travagliati; quel ragazzo poi le piaceva, non
solo era proprio educato e carino, ma sembrava attaccato a Josephine in modo sincero.
La donna li lasciò soli,
impegnati ancora a punzecchiarsi, quando era passata da poco la mezzanotte;
Orlando e Josie rimasero soli, nella casa silenziosa, con soltanto il
televisore acceso, e ben presto i finti screzi diventarono qualcosa di diverso.
"Vogliamo andare di
sopra?" Domandò la ragazza col fiato corto, circa una mezz'ora dopo,
quando lui aveva infilato le mani ovunque fosse possibile restando sul divano.
"Sì." Rispose l'attore
annuendo.
Si alzarono, scambiandosi
complici sorrisi, e lei lo condusse fuori dal salotto e poi su per le scale;
Josie, però, si fermò a metà della prima rampa e lo guardò con una faccina
triste.
"Mi vuoi anche se sono stata
cattiva con te?" Gli domandò, facendo un po' la bambina; lui alzò le
sopracciglia sorpreso.
"Joss, parliamoci chiaro, se
non ci sbrighiamo il mio amico, qui..." Indicò il basso. "...si mette
sull'attenti e comincia a cantare la Marsigliese, ti basta?"
La ragazza non riuscì a
trattenersi e scoppiò a ridere, seguita a ruota da lui; dopo qualche secondo di
risate, si guardarono negl'occhi e Josie gli prese la mano.
"Facciamo piano..."
Mormorò, mentre un sorriso seducente le disegnava le labbra. "...e in
silenzio..." Aggiunse seducente.
"Tutto quello che vuoi,
gioia..." Ribatté Orlando, ormai completamente perso.
"Vieni." L'incitò
dunque Josie, tirandolo per le scale.
Arrivati in cima, la ragazza lo
portò verso destra e si fermò davanti ad una porta bianca, con la mano sulla
maniglia.
"Questa è la camera della
mia infanzia." Gli rivelò Josie, lui sorrise compiaciuto. "Cerca di
entrarci con un certo rispetto."
Orlando aggrottò la fronte.
"Sei sicura di volermi portare lì dentro?" Le chiese quindi.
"Non vorrei turbare le mura che hanno visto i tuoi sogni
infantili..." Aggiunse malizioso.
Josie ridacchiò. "Non
temere... E poi, cosa ne sai se il principe azzurro che sognavo magari non
somigliava a te." Dichiarò poi. "Sei il mio principe azzurro?"
Gli domandò allora, facendo la bocca a cuore.
"Sììììì, come no!"
Annuì con forza Orlando, mentre Josie apriva la porta e lo portava dentro la
camera. "Sono qui per risvegliarti, ma penso che non basterà un
bacio..." La ragazza ridacchiava, negando col capo.
Dopo che furono entrati, la
ragazza si richiuse la porta dietro le spalle, senza girare la chiave; Orlando,
che si era già sfilato la maglietta, la guardò perplesso.
"Non chiudi?" Chiese,
indicando la serratura con un cenno del capo.
"Non ce n'è bisogno."
Rispose tranquilla Josie, abbracciandolo e baciandogli il petto. "La mamma
sa bene cosa succede in queste favole..." Aggiunse, mentre passava al
collo.
"Ahhh..." Fece Orlando,
reclinando il capo. "...mi piacciono da morire le fiabe..."
"Andiamo..." Sussurrò
la ragazza al suo orecchio, dopo averne succhiato il lobo. "...mostrami
quanto sei principe..."
La ragazza entrò nella stanza,
richiudendosi delicatamente la porta alle spalle; la camera era in penombra e
Orlando dormiva beatamente, con una mano sotto il cuscino. Josie si sedette sul
bordo del letto e gli diede un morsetto sulla spalla nuda, lui mugolò e poi si stiracchiò,
aprendo lentamente gli occhi; lei si sdraiò e gli carezzò il viso.
"Buongiorno, Principe
Azzurro." Gli disse dolcemente.
"Buongiorno a te,
Principessa." Rispose il ragazzo, abbracciandola. "Vedo che ti sei
svegliata bene, stamattina..." Mormorò poi, seducente.
"Certo, dopo il trattamento
di stanotte..." Replicò soddisfatta Josie; a quel punto si baciarono
languidamente. "E' una giornata favolosa!" Annunciò quindi la
ragazza, quando si rimise in piedi dopo il bacio.
Si avvicinò alla finestra davanti
al letto e socchiuse un po' i vetri e le persiane; una bella luce calda penetrò
nella stanza con un fascio che arrivò ai piedi di Orlando. Josie si girò e gli
sorrise; portava una lunga camicia da notte a maniche corte color lilla e
sembrava il ritratto della serenità. Anche l'attore le sorrise.
"Sei bellissima." Le
disse con dolcezza, senza riuscire a toglierle gli occhi di dosso.
"Anche tu." Rispose
Josie allo stesso modo.
La ragazza, dopo quelle poche
battute, tornò a girarsi verso la finestra e l'aprì un po' di più, mentre
Orlando, ancora sotto le coperte, si stiracchiò ben bene le braccia e sbadigliò
rumorosamente.
"C'è una cosa che devo
chiederti." Affermò il ragazzo.
"Hm?" L'incitò lei,
voltandosi verso il letto.
"E' da ieri sera, anche
mentre litigavamo, che sento un forte profumo di lavanda." Josie alzò le
sopracciglia. "Cioè non sei tu, tu hai sempre lo stesso profumo che adoro,
ma... è come se fosse tutto d'intorno..." Continuò lui, gesticolando.
"Non è nemmeno la biancheria..." E annusò il lenzuolo. "Insomma,
qui c'è un gran odore di lavanda, mi circonda, e non so da dove viene."
Concluse arreso, appoggiandosi alla spalliera del letto.
Josie fece un sorrisino furbo.
"Vuoi vedere la lavanda?" Gli chiese quindi; lui la guardò un po'
sospettoso. "Vieni qui."
Orlando, ancora poco convinto,
uscì dalle coperte e fece un passo verso di lei, ma la ragazza lo bloccò con la
mano, spalancando gli occhi.
"Almeno mettiti le
mutande!" Esclamò Josie, indicando la sua nudità; lui guardò in basso, poi
si gratto perplesso un sopracciglio.
"Dai!" Sbottò poi,
mettendosi a frugare nel letto. "E non fare tanto la santa!"
Aggiunse, lanciandole un'occhiata maliziosa. "Anche se hai addosso la
camicia da notte di Nonna Papera, lo so perfettamente che non le porti nemmeno tu..."
Dichiarò sicuro e allusivo.
"E chi te lo dice questo,
caro?" Replicò lei, con un sorriso provocatorio; Orlando non rispose a
parole, ma tirò fuori dal letto un paio di mutandine di pizzo rosa,
sventolandole con un sorrisetto compiaciuto. "Potrei averne messo un altro
paio." Affermò la ragazza a braccia conserte.
"Basta!" Proclamò
l'attore, alzando le mani. "Usciamo da questo ginepraio!" Aggiunse,
infilandosi i boxer appena ritrovati, poi raggiunse Josie vicino alla finestra.
La ragazza aprì del tutto le
persiane, il profumo e la luce di uno splendente mattino di primavera li colpì
in pieno; quando Orlando riuscì a mettere a fuoco, si trovò davanti una
vegetazione di bassi arbusti di un verde brunito, alcuni avevano già piccoli
fiori viola. Le piante coprivano per intero un dolce declivio, sparendo oltre
la curva della collina.
"Wow..." Fece il
ragazzo incredulo. "E' tutta... lavanda?" Domandò poi, guardando
Josie.
Lei annuì. "Sì, ce ne sono
intere piantagioni in questa regione, la usano per i profumi, prodotti da
bagno, e roba così." Spiegò.
"Non credevo ne coltivassero
così tanta." Commentò l'attore, poi si mise a scrutare l'orizzonte e ad
annusare il profumo.
Josie, dal canto suo, avrebbe
avuto a sua volta qualcosa da dirgli, anche se non sapeva se il momento e la
condizione erano giusti; lui guardava fuori estasiato, coi capelli
spettinatissimi ed un sorriso felice sulle labbra, era di una bellezza
accecante. La ragazza decise che non c'era nulla di male, a ricordargli quella
cosa, erano sereni, si volevano bene...
"Oggi è un anno che ci
conosciamo." Affermò a bassa voce; Orlando si girò subito, sorpreso.
"Veramente?" Fece
spalancando gli occhi.
Lei annuì. "E' il quattro
aprile e, per l'appunto, la festa dei Goodwin si è tenuta in questa data."
Precisò poi.
"Santo cielo." Mormorò
il ragazzo, tornando a guardare il paesaggio. "Il tempo vola davvero,
sembra ieri..." Aggiunse assorto.
Josie lo osservò per un lungo
momento, era diventato pensieroso, assente. "Ti sei, in qualche modo,
pentito?" Gli domandò improvvisa, sull'onda dell'emotività.
Orlando si voltò di scatto, con
uno splendente sorriso sulle labbra. "Di nulla." Le assicurò
prendendola per le spalle. "Non mi pento di niente che abbia fatto per te,
tu mi fai sentire migliore, anche se devo combattere." Spiegò
tranquillamente. "Io ti amo."
"Grazie." Mormorò la
ragazza abbracciandolo.
"E di che?" Ribatté
Orlando, carezzandole la schiena.
"Di amarmi anche se ti
faccio perdere la pazienza." Rispose Josie, con la testa posata sulla sua
spalla.
"Uh, dai!" Sbottò
divertito l'attore. "E' troppo facile farmi perdere la pazienza, e poi...
tu mi ami anche se ti faccio incazzare, no?" Aggiunse ironico, ma con una
velata punta di preoccupazione; la ragazza, però, sorrise annuendo.
"E' così." Confermò
poi, stringendolo ancora di più alla vita.
"Perciò amiamoci, e lasciamo
che il tempo passi come gli pare." Dichiarò, sorridendo sicuro.
"Ma come siamo diventati
filosofi..."
"Filosofi una sega!"
Proclamò lui, interrompendola. "Vieni qua bella topolona..." E
dicendo questo la prese di peso e la portò sul letto. "...fammi vedere se
hai le mutande!" Ridevano entrambi come pazzi.
Come sempre scusatemi per il
clamoroso ritardo nella pubblicazione, ma ho avuto una sorta di blocco, spero comunque
che gradirete questo capitolo! Aspetto i vostri commenti!
Un bacione
Sara
~ Capitolo 15 ~
Orlando stava da circa un quarto
d'ora, con le mani in tasca e un'aria sofferta, davanti alla luccicante vetrina
del negozio Tiffany di Los Angeles, proprio al centro di Rodeo Drive; l'attore
pensava e ripensava alla decisione che credeva di aver preso, quella mattina ne
era certo, ora però, davanti a quel negozio, gli stavano tornando tutti i
dubbi. Cercò di ripensare ai motivi che si era dato per convincersi che era la
cosa giusta.
Lui e Josie stavano insieme da
quasi tre anni, se considerava anche i mesi prima dell'ufficializzazione, e
ogni giorno di più si convinceva che senza di lei la sua vita non aveva senso,
specialmente dopo quel che era successo l'anno passato; si era sentito per un
attimo in trappola, ed aveva fatto una cazzata grossa, ma grossa grossa, per la
quale aveva rischiato seriamente di perdere Josie e si era reso conto che le
vere catene non sono quelle che ti mettono gli altri, ma quelle che ti
costruisci da solo (anche se questa frase l'aveva usata lei...).
Perciò, adesso, riteneva che un
gesto di quel tipo fosse in un certo senso dovuto. No, non che lo facesse per
dovere! Lui amava Josie, l'aveva amata ogni istante della sua esistenza negli
ultime tre anni. Semplicemente voleva che questo amore assumesse una valenza fisica,
materiale, e quello era l'unico modo.
Lo stava facendo di sua spontanea
iniziativa, non aveva informato nessuno, a parte Mark, ma sarebbe stato
impossibile nasconderglielo; sapeva che questo avrebbe causato problemi, ma non
aveva voglia di discutere con Robin e qualche avvocato a proposito di una
decisione che riteneva strettamente privata.
Via, era deciso, ora entrava... E
se Josie avesse pensato che lo faceva solo perché sapeva che le avrebbe fatto
piacere? Scrollò il capo sbuffando e riaffondò le mani nelle ampie tasche dei
pantaloni.
"Orlando?" L'attore si
girò verso la macchina parcheggiata, Mark gl'indico l'orologio. "Ti vuoi
dare una mossa, tra un'ora hai un impegno."
"Oh, sì, scusa!"
Rispose imbarazzato lui, grattandosi la nuca, poi tornò a guardare la porta,
fece un passo ed entrò.
"Benedetti inglesi!"
Proclamò Mark, rilasciandosi contro il sedile.
Era dentro, ormai doveva farlo.
Oddio, poteva sempre... No, no e no! Non avrebbe più cambiato idea; si guardò
intorno, c'erano un paio di clienti, qualche commessa elegante e un'infinità di
vetrine piene di gioielli illuminati in modo da luccicare intensamente.
"Posso fare qualcosa per
lei?" Gli domandò improvvisa una voce; lui sussultò, girandosi.
Si trovò davanti un uomo vestito
di grigio, elegante, stempiato e dal sorriso cordiale, che gli porgeva la mano.
"Sì, grazie." Rispose
Orlando, tranquillizzandosi, poi gli strinse la mano.
"Io sono il direttore del
negozio, può chiamarmi Brown."
"Piacere Signor Brown, io
sono Orlando Bloom..." Si presentò l'attore.
"Sì, l'avevo
riconosciuta." L'interruppe garbatamente, indirizzandolo verso uno dei
banchi. "In che cosa posso esserle utile, Signor Bloom?"
L'attore gli spiegò a grandi
linee, e restando piuttosto sul vago, cosa lo interessava; l'uomo, con uno sguardo
complice ed una certa accondiscendenza, lo accompagnò in una delle salette
private. Erano stanze preparate apposta per i clienti di riguardo che
desideravano una trattativa privata; Orlando se ne rallegrò.
La stanza era piccola e
rettangolare, illuminata solo da una lampada sul tavolo e dalle luci di due
vetrine in fondo; l'attore si sedette su una poltroncina di velluto blu,
davanti alla piccola scrivania. A dire il vero tutta la stanza pareva
moquettata di blu. Pochi attimi dopo la porta si riaprì ed entrò una splendida
commessa dai capelli biondi, che portava alcune scatole rettangolari di velluto
nero; la ragazza, con un sorriso gentile, si accomodò davanti a lui,
porgendogli la mano.
"Io sono Angela, e
l'assisterò nel suo acquisto." Gli disse. "E' un piacere Signor
Bloom."
"Il piacere è mio,
Angela." Si strinsero la mano.
La ragazza, quindi, cominciò ad
esporre all'attore la merce che aveva portato; dopo qualche minuto Orlando si
sentiva piuttosto disorientato e confuso.
"Questi sono i pezzi che vanno
per la maggiore nell'ultimo periodo." Gl'illustrò Angela; lui osservava
quella sfilata di diamanti, oro e platino, con perplessità, grattandosi la
fronte. "Non mi sembra molto convinto..." Ipotizzò la commessa,
accorgendosene.
"Il fatto è che..." Il ragazzo
tossicchiò raddrizzandosi sulla sedia. "Sono tutti bellissimi, per carità,
ma lei, la persona in questione dico, ho paura che non apprezzerebbe uno stile
così... moderno." Spiegò poi; in verità gli sembravano tutti dei gran
patacconi, assolutamente inadatti ad una donna con la classe di Josie.
"Eppure, sono piaciuti a
tanti personaggi famosi..." Fece stupita la donna.
"Vede..." Riprese
Orlando. "...alla persona in questione..." Continuava a chiamarla
così, come se ragazza fosse un termine riduttivo, e fidanzata un'esagerazione.
"...piacciono i gioieli antichi, ha una specie di collezione, spille,
braccialetti, orecchini... di solito non porta anelli, ma..."
"Capisco." L'interruppe
Angela. "Credo d’avere qualcosa che fa per lei." Aggiunse quindi.
"Abbiamo alcuni pezzi d'antiquariato che avremmo dovuto mettere in asta il
mese prossimo, ma se è interessato posso farglieli vedere."
"Sarebbe veramente così
gentile?!" Soggiunse l'attore con rinnovato entusiasmo.
"Vado a prenderli."
Rispose Angela sorridendo e alzandosi.
La ragazza tornò pochi attimi
dopo, stavolta portava una specie di vassoio con sopra quattro o cinque
scatoline singole; lo posò sul tavolo, poi passò ad aprire uno ad uno i
contenitori e li voltò verso Orlando. Oh, finalmente quello che voleva lui!
Erano tutti bellissimi, si vedeva
che non erano cose fabbricate di recente, ma erano conservati benissimo,
splendenti; Orlando s'innamoro subito di uno in particolare.
"Questo sarebbe
perfetto..." Mormorò, osservando attentamente il gioiello.
"Lei ha veramente gusto,
quello è un pezzo unico." Affermò gentile Angela. "E' degli anni
trenta, ovviamente accompagnato da certificato d’autenticità, come tutti i
nostri pezzi."
Il ragazzo alzò gli occhi sul suo
sorriso. "Non ne dubitavo." Disse, e tornò a guardare l'anello.
"C'è solo un problema."
Riprese la ragazza, più mesta, lui la guardò allarmato. "La sua misura è
piuttosto piccola." Spiegò la commessa. "Sarebbe preferibile avere la
certezza che vada bene alla signorina prima di fare l'acquisto, considerato
anche il valore dell'oggetto."
"Credo di capire..."
Fece l'attore. "Però non posso farglielo provare, volevo che fosse una
sorpresa..." Aggiunse, con fare meditabondo; si mise a pensare,
grattandosi il mento. "Senta." Affermò infine. "Se io riuscissi a
mandarla qui a provarsi un qualsiasi anello, solo per la misura sa, crede che
vada bene lo stesso?" Le chiese.
"Beh, se crede di poterci
riuscire, per noi non c'è problema, abbiamo dei misuratori già
predisposti." Rispose la donna, allargando le mani.
"Credo d’avere qualcuno che
può aiutarmi!" Dichiarò allegro Orlando, cui era già partito il treno.
"Se, per intanto, me lo può mettere via... Le devo lasciare un
acconto?"
"Ma Signor Bloom, non è
assolutamente necessario..." Replicò lei, riponendo il gioello.
Il campanello si alternava con
urgenti e potenti bussate sulla porta; Franny roteò per l'ennesima volta gli
occhi, mentre scendeva dal piano di sopra.
"Arrivo, arrivo! E che è, la
porta del pronto soccorso?!" Esclamò scocciatissima, avvicinandosi alla
porta; quando aprì, sbuffò pesantemente. "E chi volevi che fosse, a
sfondarmi la porta a pugni..." Fece, dandogli le spalle, mentre lui
entrava. "...Furia cavallo del west..."
"Sì, ti piacerebbe un bel
cavallo così!" Sbottò divertito Orlando, chiudendosi la porta alle spalle;
lei lo guardò malissimo, incrociando le braccia.
"Gioia, non ti preoccupare,
che io i miei bei cavalli me li lavoro tranquillamente..." Gli disse
serafica, roteando una mano; lui fece una risatina.
"Dì la verità, quella con
Steve è una storia di puro sesso." Ipotizzò malizioso Orlando.
"E buttala via!"
Esclamò Franny, sventolando un braccio, mentre si dirigeva in cucina; lui la
seguì. "Che cosa vuoi, bell'omino?" Gli domandò la donna,
accendendosi una sigaretta.
"Fran, tu mi devi aiutare."
Rispose secco l'attore.
"Ah, no!" Proclamò lei
con un gesto. "L'ultima volta che mi hai detto così, Joss ti aveva
lasciato."
"Non si tratta di una cosa
del genere." Si affrettò a precisare Orlando, alzando le mani.
"Beh, lo spero!" Ribatté
Franny con un gesto. "Una cazzata colossale come quella si fa solo una
volta!"
"Ero in un periodo d’estrema
fragilità e incertezza, avevo problemi col lavoro, ed è stato abbastanza
umiliante e drammatico, che lei abbia preferito andare in Afghanistan che
ascoltare me." Replicò mestamente il ragazzo.
"E ci credo che se n'è
andata!" Intervenne la donna. "L'hai tradita!"
"Io non l'ho tradita!"
Saltò su Orlando, indignato.
"Oh, andiamo, passero!"
Replicò lei, mettendo le mani sui fianchi. "Non l'avrai tradita, ma c'è
mancato tanto così!" Aggiunse, mostrandogli un piccolo spazio tra pollice
e indice. "Avevi i pantaloni calati."
"Non avevo assolutamente i
pantaloni calati!" Protestò piccato il ragazzo, alzando l'indice.
"Ma un alzabandiera degno
del quattro luglio, però sì!" Lui stava per ribattere, ma lo fermò con una
mano levata. "E non raccontarmi stronzate, io c'ero." Disse seria.
Orlando sbuffò, poi mise le mani
sui fianchi. "Ad ogni modo, è una cosa completamente superata, e io sono
qui per tutt'altro!"
"Parla." L'incito
Franny con noncuranza, fumando la sua sigaretta, come se quello che avevano
detto prima non esistesse.
L'attore si mise a sedere su uno
degli sgabelli della cucina, proprio davanti all'amica; si grattò imbarazzato
la testa, voleva prenderla larga, temeva la reazione di Franny.
"Devo... devo fare un regalo
a Josie..." Esordì incerto. "Però, non conosco la misura..."
"Porta la taglia 44..."
L'interruppe lei decisa. "...e la terza sia di reggiseno sia di
mutandine."Orlando la guardò male
e Fran fece un'espressione interrogativa.
"Non è il tipo di misura di
cui avevo bisogno." Le disse serio.
"E allora? Scarpe?"
Fece la donna perplessa.
"Ma no!" Sbottò
l'attore. "Ecco, le voglio... prendere un anello..." Confessò con un
filo di voce, evitando di guardare l'amica.
"Un anello?" Lui si
girò appena e annuì. "Un anello?!" Ripeté a voce più alta Franny.
"Ti ho detto di sì!"
Esclamò Orlando seccato.
"Ma... ma
quell'ANELLO?!" Continuò lei, sempre più entusiasta; il ragazzo
s'imbarazzò, prima guardò altrove, poi si grattò un orecchio, tossicchiò,
quindi annuì. "Ahhhhhh, ma sei adorabileeee!!" Proclamò Fran,
gettandogli le braccia al collo. "Ti posso dare un bacio?" Gli chiese
quindi, ma prima che potesse rispondere gli stampò sulla guancia un bacio con
lo schiocco. "E a quando il grande passo? Dove? Ti metterai il tight?
Chissà se Joss si vorrà vestire di bianco..."
"Fran, Fran, Fran!" La
bloccò Orlando, tentando di arginare quel fiume di domande, assolutamente
precipitose per altro.
"Oh, sì, scusa..."
Mormorò la donna, lasciandolo e tornando a sedersi. "In che modo posso
aiutarti?" Gli chiese infine.
"Quello che voglio tu faccia
per me è..." E cominciò a spiegarle tutta la sua idea.
Le due ragazze camminavano lungo
Rodeo Drive portando le buste dei pochi acquisti che avevano fatto. Franny
rimuginava sul dafarsi, quando Josie si fermò davanti ad una caffetteria;
l'amica non se ne accorse subito, così fece alcuni passi, prima di girarsi e
guardarla con espressione interrogativa.
"Arriviamo fino al negozio
di Armani o ci prendiamo un caffè?" Le domandò Josephine.
"Hem..." Fece lei,
perplessa. "...possiamo anche prendere qualcosa..." Acconsentì infine
e seguì l'amica dentro il locale.
Franny, da una parte, non poteva
farsi vedere troppo ansiosa, o Josie avrebbe mangiato la foglia, però quella
passeggiata nella via più commerciale e modaiola di Los Angeles aveva uno scopo
preciso, ed era compito suo fare in modo che andasse a buon fine, questo la
rendeva impaziente. La donna, ad ogni modo, si rassegnò a sedersi e bere un
cappuccino in compagnia dell'amica; ne approfittò, comunque, per gettare l'amo.
"Che ne dici se dopo
facciamo un salto da Tiffany? E' tanto che non metto gli occhi su quelle
luccicanti vetrine!" Propose allegramente Franny; Josie alzò gli occhi dal
suo cappuccino annuendo.
"Perché no." Rispose
poi. "Così sento quando c'è la nuova asta dei gioielli antichi."
Era stato fin troppo facile
convincerla, ora si trattava di attuare la seconda fase del piano di Orlando, e
già qui si presentavano più problemi...
Arrivate davanti al negozio
rimasero per un po' ad osservare le vetrine esterne, quindi si decisero ad
entrare; come sempre, quando stavano in quell'elegante atelier, furono rapite
dallo splendore dei gioielli: guardavano dentro le vetrine, commentavano i vari
pezzi, giudicavano i modelli o scherzavano su chi poteva andare in giro con
certi ingombranti gioielli, ridendo allegramente.
Ad un certo punto rimasero
incantate davanti alla vetrina che conteneva una splendida parure di platino e
diamanti; la fissarono estasiate per circa cinque minuti, abbacinate dalla luce
chiara che filtrava attraverso le trasparenti pietre sapientemente lavorate.
Josie, infine, sospirò, subito imitata dall'amica.
"Il tizio che ha affermato
che i diamanti sono i migliori amici delle donne, aveva capito tutto della
vita, te lo dico io." Affermò la ragazza dai capelli castani, continuando
a fissare la vetrina.
"Ma, sì!" Confermò
Franny, annuendo. "Agli uomini lasciamogli i cani!" Aggiunse, anche
lei con gli occhi incollati al gioiello.
"Vuoi mettere un
diamante..." Rincarò Josie, ma l'amica l'interruppe.
"Proviamoci un anello!"
Suggerì, infatti; l'altra la guardò spalancando gli occhi.
"Che?!" Fece stupita.
"Sì, un bell'anello di
fidanzamento!" Confermò Fran, sempre più entusiasta della sua idea.
"Scusa, ma perché?"
L'interrogò Josie.
"Beh..." Rispose
l'amica, stringendosi nelle spalle. "...se oggi o domani trovo il mio
principe azzurro, voglio essere sicura di ciò che gli devo chiedere!"
"Senti, io non ti
capisco..." Tentò di replicare Josie, ma Franny si stava già dirigendo
verso una delle commesse.
"Ma di cosa ti preoccupi? Tu
il principe azzurro lo hai già acchiappato, non vuoi farti trovare
pronta?" Le chiese tranquilla, avvicinandosi al bancone.
"Guarda..." Ribatté
l'altra, scrollando il capo. "...che Orlando non ha intenzione di
sposarmi, stiamo benissimo così..."
Franny si girò verso di lei,
scrutandola con aria poco convinta. "Non si sa mai..." Ipotizzò
quindi, allargando le mani, poi si voltò di nuovo verso il bancone.
"Buonasera." Disse alla commessa, con un grosso sorriso.
"Salve." Rispose la
ragazza bionda. "Sono Angela, posso esservi utile?"
In realtà erano già d'accordo,
Orlando aveva provveduto a presentarle qualche giorno prima, ma fortunatamente
Josie non si accorse dello sguardo complice che le due si scambiarono.
"Vorremmo provarci un
anello, sa, di quelli da fidanzamento." Spiegò Franny.
"Oh, e lo fate senza i
vostri fidanzati?" Chiese la commessa; Josie le lanciò un'occhiata
distratta, poi tornò ad osservare i gioielli sotto al vetro del banco.
"Ehhh, ma per ora ci stiamo
solo informando..." Rispose vaga Fran; Angela sorrise e si piegò per
prendere gli anelli.
"Quando ci sarà la prossima
asta dei gioielli antichi?" Le domandò Josie, mentre si alzava con le
cassette.
"Il diciannove
ottobre." Rispose la commessa.
"Grazie." Le disse,
mentre Franny aveva già cominciato a provarsi vari anelli.
"Dai, provatene uno anche
tu!" L'incitò, con una piccola botta sul braccio; Josie sbuffò levando gli
occhi al soffitto, ma si avvicinò.
"Sono tutti di misure troppo
grandi per me." Commentò poco dopo, sfilandosi l'ennesimo gioiello.
"Per forza!" Intervenne
Franny, che al contrario era entusiasta di fare quella cosa, s'era fatta
prendere la mano da tutti quei diamanti. "Mi fai quasi invidia, hai delle
manine così affusolate ed eleganti!"
"Si provi questi, servono
per la misura." Le suggerì invece Angela, passandole un raccoglitore dove
stavano degli anelli tutti diversi, appositamente fabbricati per misurare la
circonferenza delle dita.
Josephine se ne provò un paio,
trovando quasi subito quello giusto. "E' questo." Dichiarò,
restituendolo alla commessa. "Ma non c'è da provarsi qualcosa di più
classico?" Aggiunse poi, osservando con sguardo scettico gli anelli che
c'erano sul tavolo.
Le sfuggì l'occhiata fulminea che
passò tra Angela e Fran. "Solitari?" Fece la commessa con un sorriso,
lei annuì; l'altra ragazza gongolava.
Orlando quella sera doveva
partire, sarebbe stato via qualche mese per girare un nuovo film, e stava
entrando in paranoia; aveva l'anello da una settimana, ma quello che gli era
mancato era il coraggio di darlo a Josie e farle la proposta. Sapeva che era un
pensiero irrazionale, ma se la faceva addosso dalla paura che lei potesse
rifiutare.
Come da tradizione, quando Orlando
doveva partire, stavano cenando a casa; la ragazza si muoveva tranquilla per la
cucina, lui si agitava seduto a tavola, tormentandosi su come trovare un modo
per dirglielo.
Josie gli mise davanti il piatto,
poi gli versò il vino e si sedette di fronte a lui, sorridendo; Orlando rispose
con un sorrisetto stentato, mettendosi poi a mangiare, ma aveva lo stomaco
chiuso. Voleva farlo assolutamente quel giorno, sennò avrebbe passato tre mesi
a farsi seghe mentali sul ritorno.
"Sai..." Esordì Josie,
facendogli alzare la testa dal piatto. "...ho praticamente finito la prima
stesura del libro."
"Ah... veramente? Sei stata
veloce..." Replicò incerto il ragazzo; sapeva perfettamente quanto lei
teneva a quel progetto, un libro sulla sua esperienza in Medioriente, ma non
riusciva a non pensare al proprio problema.
"Beh, sai, ho scritto
sull'onda dell'emozione, spero di averci messo tutto..." Riprese Josie
tranquilla, scuotendo il capo. "...ma non mi preoccupo, lo devo
sicuramente rivedere, ma sono contenta."
Orlando non poté fare a meno di
sorridere con sincerità, vederla così appassionata lo rendeva orgoglioso,
sapeva che Josie era brava nel suo lavoro e sperava con tutto il cuore che
anche come scrittrice avrebbe sfondato.
"Spero davvero che tu riesca
a pubblicarlo." Affermò con dolcezza; lei alzò gli occhi nei suoi e gli
sorrise, prendendogli la mano sul tavolo.
"Ci riuscirò, dovessi
dormire sul pianerottolo dell'editore!" Dichiarò poi, decisa; risero
appena. "Sei un tesoro." Gli disse poi, continuando a fissarlo.
"Ti piacciono le patate?"
L'attore, sorpreso, guardò il
piatto e si accorse di averne già mangiate metà; rialzò il capo e si grattò
imbarazzato un orecchio. "Sono buonissime, cos'è che hai messo dentro,
prosciutto affumicato?"
"No, speck." Rispose la
ragazza, rimettendosi a mangiare.
Dio, glielo doveva dire o sarebbe
esploso, aveva una voragine nello stomaco che tutto il purè di patate del mondo
non avrebbe potuto riempire.
"Buone, hm, davvero... mi
vuoi sposare?" Propose all'improvviso, come se continuasse a parlare del
cibo.
Josie si bloccò, quindi alzò
piano piano la testa, guardandolo basita; Orlando stava mangiando, anzi stava
ingozzandosi, aveva perfino del purè all'angolo della bocca, non la guardava,
ma sembrava completamente assorbito dalla cena.
"Come hai detto?" Fece
la ragazza, aggrottando la fronte.
"Che le patate sono
buone." Rispose lui, continuando a non guardarla, anzi bevendo un lungo
sorso di vino.
"No, dopo." Replicò lei
secca.
"Ah." Disse solo
l'attore. "Ehhh..." Ora non sapeva più cosa fare, ma indietro non
sarebbe tornato. "...ecco, mi chiedevo se... magari se ti avanza un po' di
tempo..." Il coraggio di guardarla negl'occhi però non lo trovava.
"...se.... ecco, se volevi sposarmi." Riuscì infine a chiedere.
Josie posò la forchetta a lato
del piatto, incredula, poi si portò una mano alla bocca coprendola e scansò un
po' lo sgabello dal tavolo; non sapeva proprio come reagire, glielo stava
chiedendo davvero, sentiva che si stavano bagnando gli occhi.
"Ma ti sembra il modo di
chiederlo questo?!" Sbottò infine; Orlando spalancò gli occhi stupito.
"Dove sono finiti i fiori, le candele, lo... lo champagne?!"
"Cre... credevo che non ti
piacessero queste cose..." Balbettò preoccupato il ragazzo.
"E infatti no!" Esclamò
lei.
"E allora che cosa
vuoi?" Fece l'attore spiazzato, allargando le braccia.
"Non lo so!" Ribatté
Josie facendo altrettanto. "Mi hai colto completamente impreparata, non so
come mi devo comportare!" Aggiunse confusa.
"Lo so io." Replicò
calmo lui, stupendola una volta per tutte; quindi aggirò il tavolo e
s'inginocchiò davanti alla ragazza.
Orlando finalmente era deciso,
nonostante il tumulto che aveva dentro di se, l'amore per lei era più forte di
ogni insicurezza, ed ora lo sapeva; in quel momento, tutto ciò che desiderava
era averla accanto per tutta la vita. La guardò negl'occhi, intensamente, poi
tirò fuori la custodia dell'anello e le prese la mano.
"Josephine, mi vuoi
sposare?" Le chiese dolcemente.
La ragazza sentì un tonfo sordo
nel petto e si accorse di non poter più trattenere le lacrime, ma volle fargli
un'ultima domanda razionale, prima di abbandonarsi all'istinto. "Sei
sicuro di volerlo fare?" Gli chiese seria.
"Il futuro è un'incognita,
lo so, ma voglio sperare che la nostra storia durerà per sempre." Rispose
altrettanto serio. "E' una scommessa, ma mi auguro che vorrai giocarla con
me." Aggiunse, aprendo la scatola dell'anello.
Josie non lo guardò neanche,
troppo occupata a perdersi nei dolcissimi occhi nocciola di Orlando; sentiva di
stare sicuramente piangendo. "Ti amo... certo che ti voglio sposare."
Affermò commossa, gettandogli le braccia al collo; si ritrovarono seduti per
terra.
"Non lo vuoi l'anello?"
Le chiese, quando smisero di baciarsi, mostrandole la scatolina; lei lo guardò
per la prima volta. "Originale anni trenta, come piace a te..."
Josie l'osservò attentamente: era
in oro giallo, al centro c'era un diamante piuttosto grande, di taglio
classico, circondato da altri diamanti più piccoli, rotondi, messi a corona, e
poi da altri tagliati tipo piccoli petali, in modo da formare una specie di
fiore; non era piccolo, ma nemmeno enorme, e soprattutto era un oggetto
finissimo, proprio come la ragazza lo aveva sempre desiderato.
"Oh, Orlando, è
bellissimo!" Proclamò Josie entusiasta. "Ma dove lo hai
trovato?" Gli domandò tornando a guardare lui.
"Da Tiffany." Ammise
tranquillo il ragazzo.
Lei, prima spalancò la bocca, poi
assunse un'espressione sospettosa e, infine, sbottò. "Fran!"
Orlando le posò un dito sulle
labbra imbronciate, sorridendo. "Shh, è stato solo un piccolo escamotage,
che spero ci perdonerai."
La ragazza stava per ribattere,
ma lui prese l'anello e glielo mise all'anulare, poi le baciò la mano, e Josie
non pensò più a nulla, se non al fatto lo amava da morire. Ricominciarono a
baciarsi, finendo stesi sul pavimento.
Orlando, ben presto, si accorse
delle mani di Josie che gli slacciavano la camicia. "Jo... Joss... ho
soltanto mezz'ora..." Tentò di far presente, pur col fiato corto, mentre
lei gli baciava languidamente il collo.
"E' più che sufficiente..."
Replicò tranquilla Josie, infilandogli una mano nei pantaloni. "...per
dimostrarti che fai un buon affare a sposarmi..." Allora lui reclinò il
capo contro le piastrelle.
La data delle nozze, ad ogni
modo, dovette essere rimandata di circa sette mesi; infatti, Orlando aveva un
paio di film in ponte ed una campagna promozionale, mentre Josie era ancora
impegnata con la stesura del libro e con il suo lavoro, siccome era autunno e
c'erano un sacco di film in uscita. Entrambi tenevano molto ai propri progetti
e, soprattutto, desideravano dedicarsi completamente al matrimonio, senza
distrazioni.
Per Josie, quei sette mesi, non
furono esattamente un idillio; dovette, infatti, subire assalti di giornalisti
e paparazzi fuori dall'ufficio, la palestra, perfino il supermercato, fu
costretta a fare la bella statuina porta-anello alla conferenza stampa di
Orlando sul fidanzamento e, gioia delle gioie, fu obbligata ad andare con lui
in televisione, dopo le infinite raccomandazioni della manager dell'attore a proposito
del non parlare di sesso, guerra, omosessualità, handicappati e politica in
generale. E, soprattutto, di non dire niente che potesse farla sembrare una
comunista-terrorista-pacifista-antisemita-atea-noglobal-a favore dell'aborto e
contro la pena di morte e detenzione di armi a scopo di difesa, pena il crollo
d'immagine del suo amato. Josie aveva tentato di far presente che non si
trattava di farlo eleggere alla Casa Bianca, ma Robin aveva replicato che era
l'opinione pubblica a fare il buono e il cattivo tempo, e soprattutto a pagare
per vedere la bella faccia di culo di Orlando.
L'unica cosa positiva fu una
breve vacanza in Europa, sotto le feste; Londra e Parigi, in quel particolare
periodo dell'anno, erano due città stupende, a parte il freddo. Quando erano in
Inghilterra, il ragazzo la portò a vedere il posto dove gli sarebbe piaciuto
celebrare la cerimonia.
Era una chiesetta, confinante con
un piccolo cimitero, dispersa nella campagna inglese; Josie se ne innamorò
subito. Ci andarono in un giorno di pioggia, ma la ragazza adorò il contrasto
tra il verde brillante dell'erba e la pietra scura della costruzione, il
vecchio crocefisso di ferro e l'aria decadente del minuscolo cimitero; tutto
l'ambiente era molto romantico e per niente banale, cosa da non sottovalutare.
Orlando, però, aveva riservato a Josie un'altra sorpresa per quel giorno,
rivelandole di aver acquistato una piccola proprietà nella zona, dove avrebbe
potuto svolgersi il ricevimento. Andarono a vedere la casa e rimasero a dormire
lì.
Finalmente, dopo tutti i classici
problemi relativi ad un matrimonio, dagli inviti ai fiori, dal vestito ai posti
a tavola, fino alle damigelle, che Josie non volle, la data fu stabilita per la
fine di maggio; inutile dire che entrambi non aspettavano altro.
Il grande giorno era infine
arrivato. Questo si diceva Orlando, fermo davanti alla facciata coperta d'edera
della casa padronale, mentre i suoi amici si davano reciprocamente la
buonanotte, dirigendosi nei vari cottage dove alloggiavano gli ospiti.
"Oh, ma non ci vai a letto?
Guarda che sono quasi le due!" Gli disse qualcuno che doveva essere
accanto a lui: l'attore si girò e vide Dominic, gli sorrise.
"Adesso vado." Rispose.
"E' solo che sono un po'... teso, cazzo, domani mi sposo!" Aggiunse
grattandosi la nuca.
"Eh, già... oggi..."
Confermò lui, scrollando il capo con un sorrisetto nervoso.
Dominic sorrise e gli strinse la
spalla. "Buonanotte, eh." Gli disse, quindi se n'andò, lasciandolo
solo davanti alla porta.
Il ragazzo, infine, si decise ad
entrare; la grande casa era silenziosa, ma era logico che a quell'ora, e visto
l'impegno del giorno dopo, dormissero già tutti. Lasciò la giacca sul divanetto
dell'atrio e salì le scale.
Si stava dirigendo verso la sua
stanza, attraversando il lungo corridoio, ma si fermò circa a metà del percorso
e tornò indietro, oltrepassando le scale; prese un lungo respiro ed entrò nella
camera che aveva di fronte. La luce proveniente da fuori fu sufficiente a
fargli vedere dove metteva i piedi, visto che nella stanza c'era una discreta
confusione: scatole per terra, fogli di carta velina in giro, fiori, pacchi, un
paio di scarpe bianche sul tappeto... Chissà che sofferenza per la povera Josie
dormire in mezzo a quel disordine, lei che era una precisina da manuale!
Sorridendo, Orlando si avvicinò
al letto e sedette sul bordo; la ragazza dormiva profondamente, supina e coi
capelli sparsi sul cuscino. Non voleva disturbarla, poiché sapeva che la
successiva sarebbe stata una giornata intensa per lei, ma la verità era che
desiderava solo infilarsi in quel letto e fare l'amore con lei; alla fine,
però, le diede un leggero bacio su una spalla e, seppure deluso, se ne andò. Le
lanciò un ultimo sguardo, prima di chiudersi la porta alle spalle con un
sorriso.
La notte precedente Orlando se
n'era andato a letto col sorriso sulle labbra, pieno di speranza e aspettativa
per il giorno dopo, ma quel mattino si svegliò con una notevole dose d'ansia;
gli occhi gli si spalancarono quasi all'improvviso, impossibile richiuderli e
dormire un altro po', guardò la sveglia, erano appena le sette, ancora tre ore
alla cerimonia.
Il ragazzo, preso da smania e
agitazione, si alzò e cominciò a girellare per la stanza, dando una veloce
occhiata dalla finestra, poi andò in bagno, fece pipì, si lavò i denti e tornò
in camera; si mise a controllare meticolosamente il vestito, le scarpe, i
gemelli per la camicia, quindi si sedette sul letto, arruffandosi i capelli con
entrambe le mani. Le cose da fare erano limitate e di scendere in mezzo al
casino dei preparativi gli scocciava parecchio. Tornò in bagno, si guardò allo
specchio trovando di somigliare a Woodstock, l'uccellino di Snoopy, dato lo
stato dei suoi capelli; mentre stava per rilavarsi i denti, si rese conto che
se non parlava con Josie sarebbe sicuramente esploso. Buttò lo spazzolino nel
lavandino ed uscì di corsa, così come stava: boxer a quadrettoni azzurri tipo
pranzo è servito, maglietta bianca stropicciata e capigliatura crespa e dritta.
La ragazza era davanti allo
specchio e si stava sistemando i capelli, quando bussarono con urgenza alla
porta; incitò ad entrare, mentre li tirava su con una pinzetta rosa. Orlando
entrò silenzioso, socchiudendo la porta dietro di se, poi si mise ad
osservarla: era stupenda, con addosso solo la biancheria ed una sottoveste di
seta avorio, i capelli scuri e lucidi sollevati un po' a caso, distratta,
scalza sul tappeto.
"Il ricevimento è stato
noioso..." Quella voce la fece girare subito. "...ma la sposa era
bellissima..." Mormorò Orlando; lei gli sorrise.
"Quando sei arrivato?"
Gli chiese contenta, andandogli incontro.
"Ieri notte." Rispose
lui, senza aggiungere altro, troppo estasiato dalle forme perfette che s'intravedevano
attraverso la sensuale e lucida stoffa.
"E perché non sei venuto da
me?" Gli domandò Josie, prendendogli le mani.
"Sono venuto." Affermò
il ragazzo, tornando a guardarla negl'occhi. "Ma dormivi, non ho voluto
disturbarti."
"Oh..." Fece però lei,
passandogli le braccia intorno al collo. "...che bravo ragazzo!"
"Baciami..." Le
sussurrò lui all'orecchio.
Quando il bacio terminò, senza
interrompere il contatto tra i loro corpi, si guardarono negl'occhi,
sorridendo.
"Lo sai che porta sfortuna
vedere la sposa prima delle nozze?" Gli chiese la ragazza.
"Mh..." Fece lui,
stringendosi nelle spalle. "...tanto non ci credo a queste cose."
Josie rise e si lasciarono, Orlando si spinse qualche passo dentro la stanza.
"E poi..." Disse, girandosi verso di lei. "...qui non vedo abiti
da sposa."
"Certo, lo tengo di
là!" Ribatté allegra Josie, indicando il guardaroba; Orlando sorrise con
aria furba, e lei si accorse che il cuore le batteva molto forte da quando era
entrato e anche che il suo corpo aveva prontamente reagito al contatto.
"Ad ogni modo, lo so che non
sei superstiziosa, perciò." Replicò il ragazzo, con tono provocante e
malizioso, mentre la guardava negl'occhi.
Rimasero a fissarsi per un lungo
momento, Orlando avvertiva chiaramente la tensione nell'aria, cosa che gli
provocò un involontaria contrazione al basso ventre; quello che vedeva
negl'occhi di Josie era chiaro, ma non voleva sperare che fosse vero.
"No, non lo sono..."
Mormorò finalmente la ragazza, spingendo coi fianchi la porta per chiuderla; il
rumore scatenò un'ondata di eccitazione lungo la schiena di Orlando.
"...affatto..." Aggiunse sensuale Josie, girando la chiave.
Il ragazzo alzò un sopracciglio,
sorridendo di sghembo, abbastanza incredulo, ma dovette ricredersi, quando la
vide sfilarsi le mutandine senza alzare il sottabito e continuando a fissarlo
negl'occhi; spalancò la bocca, guardandola avvicinarsi decisa.
Josie lo raggiunse e lo afferrò
per i fianchi, baciandolo con ardore; Orlando le mise le mani sul viso e poi le
sciolse i capelli. La ragazza si accorse che era eccitato almeno quanto lei e
prese a sfilargli i boxer; nel frattempo smise di baciargli il collo e lo
guardò in faccia.
"Tra... venti minuti...
arriva la parrucchiera..." Gli disse, tra un sospiro e un bacio.
"Tanto... ci vorrà molto
meno..." Mano sulla spallina, giù la spallina. "...se continui
così..."
Josie rise appena, sulle sue
labbra, spingendolo sul divanetto stile impero che stava tra le due finestre,
poi gli tolse la maglietta, mentre lui si sfilava le mutande dai piedi.
"E' permesso?" Domandò Franny
entrando; erano ormai le nove passate, quindi mancava poco più di mezz'ora alla
cerimonia. "Sei pronta?" Aggiunse la ragazza, raggiungendo Josie
vicino alla specchiera.
"Praticamente sì."
Rispose l'amica, che aveva già indossato il suo semplice, ma splendido, abito
da sposa. "La truccatrice è appena andata via."
"Ohhh, sei bellissima!"
Esclamò Franny abbracciandola.
"Dai! Mi sciupi!"
Scherzò l'altra, rispondendo però al delicato abbraccio con un sorriso.
"Non ci posso credere che ti
sposi!" Dichiarò sognante Franny, giungendo le mani. "Sono agitata da
morire, non so come fai tu ad essere così calma!"
Josie sorrise, sistemando gli
ultimi dettagli davanti allo specchio. "Beh, un po' di emozione c'è, non
lo nego." Ammise tranquilla. "Però, sai, stamattina presto è venuto
Orlando..." L'amica alzò stupita le sopracciglia. "...e mi ha fatto
molto bene vederlo..."
"Ah, e di che cosa avete
parlato?" Le domandò incuriosita Franny, mentre disponeva ordinatamente
sul letto lo scialle di pizzo che l'amica avrebbe usato come velo.
"Beh... non è che abbiamo
proprio parlato..." Rispose vaga Josie, guardando altrove.
L'attenzione dell'altra ragazza
fu risvegliata del tutto; si girò aggrottando la fronte. "E che cosa avete
fatto?" Chiese sospettosa.
Josie, facendo finta di nulla,
continuava a guardare il soffitto, sistemando le cose sul mobile. "Abbiamo
fatto... un'altra cosa..."
"Uh!" Fece Franny, con
un'espressione sorpresa e divertita; finalmente Josie si girò verso di lei e si
scambiarono un sorriso malizioso. "Oh, brutta... Togliti subito questo
vestito bianco!" Esclamò Fran ridendo. "Non si fanno queste cosacce
il giorno delle nozze!"
"Eccome se si fanno!"
Replicò l'amica, senza frenare le risate. "Mi sono fatta lo sposo, mica il
testimone!"
"Guarda, se anche il testimone
volesse farsi un giro, io sono più che disponibile!" Proclamò Franny,
fingendosi seria; ricominciarono a ridere più di prima.
Ridevano e scherzavano ancora,
quando, dopo una lieve bussata alla porta, entrò una sorridente Sam, che le
trovò a spintonarsi allegramente.
"Sei pronta, Josie?"
Domandò alla sposa, che annuì ricomponendosi i capelli.
"Non hai idea di quanto è
pronta..." Intervenne maliziosa Fran.
"Smettila!" La redarguì
una divertita Josie.
Sam le osservò perplessa per un
attimo, poi sorrise. "Bene." Le disse. "Hai tutte le cinque cose
che portano fortuna ad una sposa?" Chiese poi.
Josie spalancò gli occhi
luccicanti, annuendo con un sorriso. "Sì, certo, ho un cosa vecchia, la
parure della nonna..." Rispose poi, indicando gli orecchini e la collana
che portava. "...poi, una cosa nuova, questi!" E si alzò la gonna
mostrando un paio di texani di pelle bianca intarsiata a rose; Sam strabuzzò
gli occhi allibita. "E qualcosa di regalato, gli speroni di Orlando!"
Aggiunse, facendo notare i luccicanti accessori da rodeo.
"Ma voi siete scemi tutti e
due! Quando si dice Dio li fa poi li accoppia!" Commentò incredula Sam.
"Quel deficiente di mio fratello si è messo i calzini gialli e rifiuta la
cravatta, tu hai gli speroni sotto all'abito da sposa! Ma dico io!"
"Guarda che i pedalini
gialli sono il suo portafortuna!" Replicò tranquilla Josie. "Mentre
per la cravatta abbiamo fatto un patto, lui non l'avrebbe indossata se io mi
mettevo gli speroni, e così è." Aggiunse, con tono che non ammetteva
repliche; Sam si zittì.
"Vediamo l'ultimo
pezzo!" Incitò Franny, Josie le strizzò l'occhio.
"Ecco qua!" Esclamò poi
divertita, scoprendosi la gamba destra fino alla coscia. "Abbiamo risolto
in un colpo solo, una cosa prestata e una cosa blu: il reggicalze prestato da
Fran! Solo lei poteva avere un reggicalze blu indaco!" E giù a ridere, Sam
si grattò la fronte.
"Ma petite, è l'ora." Annunciò poco dopo la madre di Josie,
affacciandosi nella stanza.
"Oui, j'arrive." Rispose la figlia andandole incontro.
"Sei sicura di volerlo fare tu?" Le chiese quindi, prendendole le
mani.
"Certo, tuo padre ne sarebbe
felice." Disse la donna annuendo.
"Je t'aime, maman, merci."
La ringraziò Josie commossa, poi l'abbracciò.
"Si va?" Fece Fran,
prendendo il velo, le altre annuirono e così s'incamminarono, dopo aver
sistemato lo scialle sul capo della sposa.
In un'altra stanza, nel
frattempo, anche lo sposo stava sistemando gli ultimi particolari; entrarono
Dominic e Viggo, che lo raggiunsero vicino al comò, dandogli subito delle
pacche sulle spalle.
"Chi l'avrebbe mai detto che
dopo Billy ci saresti stato tu!" Affermò allegramente Dom, reggendo per il
collo.
"Io no di certo."
Ammise Orlando scrollando il capo; anche Viggo gli strinse una spalla.
"Come stai, ciccio?"
Gli domandò guardandolo negl'occhi.
"Sono tranquillo e
rilassato." Annunciò lui.
I due amici si scostarono con
espressioni sorprese, conoscendo Orlando tutto si sarebbero aspettati meno che
quella risposta, data con serenità.
"Che ti sei fatto il seghino
preparatorio?" Gli domandò ironico Dominic.
"Nooo!" Replicò
Orlando, poi lo guardò con aria furbetta. "Diciamo, piuttosto, la sveltina
preparatoria..."
"Ah!" Esclamò incredulo
Viggo, spalancando gli occhi.
"Ma... ma... con chi?"
Balbettò preoccupato Dom, fissandolo costernato.
"Che ti vai a pensare,
Dom!" Sbottò divertito Orlando. "Ma con la sposa, santo cielo!"
"Ohhh, ma scusa, lo hai
detto in un modo!" Protestò l'amico.
"Hai capito..." Faceva,
nel frattempo, Viggo. "...passionali, però..." Aggiunse scuotendo il
capo, poi scambiò un sorriso complice con Orlando.
"Tesoro." La madre
dello sposo si affacciò alla porta. "E' ora, devi scendere." Gli
ricordò.
"Arrivo, mamma." Le
disse lui sorridendo.
"Ma... la cravatta non te la
vuoi proprio mettere?" Gli domandò la donna, sporgendosi dallo stipite.
"Mamma!" Esclamò
scocciato Orlando; lei si strinse nelle spalle e sparì.
"Bene, anche noi ti
aspettiamo di sotto, allora." Dichiarò Dominic, dirigendosi verso la
porta; lo sposo annuì, poi sorrise a Viggo che seguiva l'amico.
L'altro attore, però, tornò
indietro sorridendo sornione e lo abbrancò al collo, stampandogli un bel bacio
sulle labbra, poi lo lasciò salutando con la mano.
"Ma cazzo!" Protestò
Orlando. "Una volta potresti fare a meno di baciarmi in bocca!"
Aggiunse con tono fintamente offeso.
"Scordatelo!" Ribatté
divertito Viggo, che stava ormai sulla porta.
"Oh, con la sposa, tenere la
lingua a freno, eh!" Lo minacciò l'inglese, puntandogli l'indice.
"Non te lo posso
garantire..." Rispose l'amico, con sguardo malizioso; Orlando sbuffò,
mentre lui se n'andava ridacchiando.
Era un giorno di sole. I raggi
ancora pallidi del mattino facevano brillare l'erba umida e verde, il cielo era
azzurro, cosparso qua e là di nuvolette bianche e grigie.
Josie fu accompagnata all'altare
dalla madre; sotto lo scialle di pizzo che le faceva da velo, si vedeva solo la
gonna ampia e liscia del suo vestito da sposa. I capelli erano sciolti e
trattenuti solo da uno splendido giglio bianco. L'abito aveva un corpetto
ricamato, con scollo a drappeggio, davanti e dietro, soltanto che sulla schiena
la scollatura era più profonda.
Orlando l'aspettava fremente,
tormentandosi le mani; al suo fianco Viggo, il testimone. Lo sposo indossava un
elegantissimo completo scuro e camicia bianca coi primi due bottoni slacciati,
per la gioia della sposa.
La chiesa era piccola ed avevano
potuto assistere alla cerimonia solo i parenti più stretti, gli amici più cari.
Tutto il rito fu molto emozionante, compreso lo scambio degli anelli (due
semplici vere di platino, percorse da un inserto di diamanti) e le promesse.
Quando il sacerdote disse ad
Orlando che poteva baciare la sposa, lui sorrise, poi fece una piccola risata,
sotto lo sguardo commosso di Josie, quindi le prese il viso tra le mani e la
baciò con trasporto.
Infine, tra gli applausi dei
presenti, gli sposi uscirono, accolti da lanci di riso e petali di rose,
scoprendo che fuori dall'isolata chiesetta si era, comunque, assiepata una
piccola folla di curiosi; una Rolls-Royce bianca, però, li fece salire,
trasportandoli verso la festa.
La prima parte del ricevimento fu
abbastanza noiosa, tra salutare tutti gli invitati e l'inevitabile obbligo del
pranzo, ma poi cominciarono le chiacchiere libere, i canti e i balli, resi
ancora più allegri dal vino bevuto a tavola.
Orlando aveva ingaggiato una vera
orchestra e fatto costruire in padiglione apposta per ballare, e gli ospiti,
famosi o meno, ne furono compiaciuti. Gli sposi aprirono le danze, seguiti
subito dopo da molte altre coppie
Josie e Orlando, mentre
ballavano, si guardavano negl'occhi, entusiasti di vedere vicendevolmente
riflessa l'enorme gioia di quel giorno e l'amore reciproco; non sapevano cosa
sarebbe stato di loro nel futuro, l'importante era il presente, e ciò che
provavano in quel momento era solo felicità.
Qualche ora dopo la sposa si
stava riposando, seduta insieme a Fran, Deb ed il figlioletto di quest'ultima,
Kirk; chiacchieravano tranquillamente, quando arrivò Dominic, che si sedette
proprio accanto a Josie.
"E allora, ragazze!"
Esordì l'attore con complicità. "Com'è andato l'addio al nubilato? Avete
fatto le porcelline, eh?" Gli domandò allusivo.
"Ma che cavolo dici,
Dom!" Gli rispose Josie ridendo. "C'era solo uno
spogliarellista."
"E non era questo
granché." Rincarò Deb. "Troppo muscoloso, tutto unto... bleah!"
Aggiunse schifata.
"E poi, dai..." Sbottò
Fran, gingillando un coppa di champagne. "...aveva un pisello
minuscolo..."
"Ma come?" L'interruppe
il ragazzo. "Si è spogliato nudo?" Chiese sorpreso.
"Macché!" Esclamò
ancora Franny. "Nemmeno." Fece delusa, scrollando il capo, era
chiaramente alticcia.
"Portava un microscopico
perizoma." Spiegò Deb, mentre puliva la faccia al suo bambino, che per
avere meno di due anni era una vera peste.
"Più che sufficiente, però,
a coprire le sue vergogne." Precisò quindi Josie con noncuranza; tutti
scoppiarono a ridere.
"Giusto vergogne le può
chiamare!" Soggiunse Fran.
"Certo che tu, Josie, sei
abituata male." Affermò Dom, lei lo guardò con espressione interrogativa.
"Orlando è magro, ma... è un bel serpentino!" E ancora risate.
"A proposito di
Orlando..." Fece ad un certo punto Deb, guardandosi intorno. "...ma
dove è finito?"
In quel momento l'orchestra era
un pausa, ma dal fondo del padiglione partì una musica; anche questa era
d'orchestra, però registrata, e Josie la riconobbe subito, così si alzò in
piedi. Quando Tina Turner cominciò a cantare, lei sapeva già di che canzone si
trattava ed il cuore aveva cominciato a batterle fortissimo.
When
I was a little girl
I had
a rag doll
Only
doll I've ever owned
Now I
love you just the way I loved that rag doll
But
only now my love has grown
Appena finita la prima strofa,
Orlando spuntò da dietro il palco dell'orchestra, guardando Josie e sorridendo;
quella canzone rappresentava molto per loro, entrambi lo sapevano. L'uomo si
diresse verso sua moglie, cantando la strofa successiva.
And
it gets stronger, in every way
And
it gets deeper, let me say
And
it gets higher, day by day
Josie era commossa, non credeva
che Orlando ricordasse quella cosa: quando si erano ritrovati, dopo il suo viaggio
in Medioriente, lei gli aveva detto che quella canzone l'aveva fatta pensare a
lui, mentre erano lontani. E ora lui gliela cantava... sì, per modo dire,
perché muoveva le labbra, ma lasciava gorgheggiare Tina.
And
do I love you my oh my
Yeh
river deep mountain high
If I
lost you would I cry
Oh
how I love you baby, baby, baby, baby
La ragazza si scostò dal tavolo e
gli andò incontro; lui continuava a camminare, tra due ali d'invitati. Josie
cominciò a canticchiare a sua volta il testo, mentre lui apriva le braccia.
When
you were a young boy
Did
you have a puppy
That
always followed you around
Well
I'm gonna be as faithful as that puppy
No
I'll never let you down
Non se l'aspettava proprio, ed
era la più bella sorpresa che lui le potesse fare: la loro canzone, e anche se
non la cantava davvero, era come se lo facesse, perché come lei sentiva quelle
parole vicine a quello che provavano.
Cause
it grows stronger, like a river flows
And
it gets bigger baby, and heaven knows
And
it gets sweeter baby, as it grows
Si guardavano negl'occhi,
camminando uno verso l'altra, poi, finalmente s'incontrarono al centro della
sala e si abbracciarono, mettendosi quindi a ballare con in sottofondo il
crescendo della canzone.
And
do I love you my oh my
Yeh
river deep, mountain high
If I
lost you would I cry
Oh
how I love you baby, baby, baby, baby
Josie lo guardò, con gli occhi
lucidi, poi rise felice e gli strinse le braccia intorno al collo; lui
l'avvolse in un tenero abbraccio, poi la sollevò e la fece girare. E risero
insieme.
I
love you baby like a flower loves the spring
And I
love you baby just like Tina loves to sing
And I
love you baby like a school boy loves his pet
...
Orlando la teneva ancora stretta
a se, mentre la canzone stava per finire; le depositò un lieve bacio sul collo
e poi le sussurrò all'orecchio "...and I love you baby, river deep
mountain high..." Josie rise e gli disse "Anch'io..."
Arrivarono in camera non si sa
come, lei con in mano il velo, lui la giacca, e caddero ridendo sul letto; Orlando
riuscì ad alzarsi e chiudere la porta, poi, sotto supplica di Josie, le tolse
gli stivali, che gettò in un angolo insieme alle sue scarpe.
La ragazza, nel frattempo,
cercava di slacciare i ganci del suo vestito, per poterselo togliere, ma
dovette chiedere di nuovo aiuto al marito, che però fece altrettanto con lei, a
causa dei suoi pantaloni dalla complicata chiusura.
Mezzi spogliati si ributtarono
sul letto, tra le risate, con le lacrime agl'occhi. Orlando stava cercando di
levarsi i suoi calzini gialli, quando gli arrivò in faccia il fiore che Josie
aveva tra i capelli; lei rise vedendo la sua espressione, lui, allora, le coprì
la testa con lo scialle di pizzo. Tutto questo li fece ridere ancora di più.
"Hm..." Fece ad un
certo punto Josie, tentando di ricomporsi. "...siamo ubriachi... mpf,
ahahahahaha!"
"Eh, sì..." Rispose
Orlando con un sorriso, ma poi il suo viso si fece più dolce e le carezzò i
capelli. "Lo eravamo anche la prima volta che abbiamo fatto
l'amore..."
"Non ero così di
fuori!" Ribatté divertita la ragazza.
"Altrimenti non lo avresti
fatto?" Le domandò allora lui, con aria furba.
"No." Rispose Josie,
andandogli addosso e costringendolo a stendersi. "Lo avrei fatto lo
stesso, magari fingendo di essere ubriaca..." Aggiunse maliziosa.
"Oh, non ci posso fare
niente se sei così sexy!" Replicò lei, dandogli una piccola spinta.
Rimasero, quindi, fermi per
qualche momento, guardandosi negl'occhi; Josie aveva il trucco sfatto, ma era
bellissima lo stesso, lui era tutto spettinato e con gli occhi gonfi, ma
adorabile.
"Tu come ti senti?"
Domandò Orlando, sembrava un bambino tanto era tenero.
"Sono stanca morta."
Gli rispose Josie, adagiando il capo sul suo petto. "Sto in piedi dalle
cinque di stamattina."
"Anch'io sono cotto."
Affermò lui, carezzandole i capelli. "Dormiamo?" Le chiese,
abbassando il mento per vederla; lei alzò gli occhi e storse la bocca.
"Ma sì." Fece poi.
"Facciamo l'amore domani mattina."
"Sì." Concordò lui.
"La mattina è sempre meglio, poi." Josie annuì.
Si alzarono dal letto e tolsero
quel che avevano ancora addosso, poi, con solo la biancheria, infilarono sotto
le coperte e, abbracciati, si addormentarono dopo pochi minuti.
Josie si sedette sbuffando davanti a Franny; il locale era il solito
dove pranzavano quasi ogni giorno
Grazie a Dio sono riuscita a finirla! Ora, voi siete
autorizzati a lanciarmi contro ortaggi putrescenti, uova marce, parti di
cadaveri in decomposizione e roba simile. Ne avete tutto il diritto. Quando si
entra in crisi è bruttissimo, io sono stata davvero male perché non riuscivo a
finire questa storia e mi rendo conto di aver, probabilmente, perso i lettori
per strada. Non vi chiedo perdono perché, come dice il Boss, i miei peccati
sono tutto quel che ho; vi chiedo solo d’essere clementi, di leggere e, se
possibile, commentare questo ultimo capitolo.
Grazie di cuore, un bacio
Sara
~ Capitolo 16 ~
Josie si sedette sbuffando davanti a Franny; il locale era
il solito dove pranzavano quasi ogni giorno, ma stavolta l’arredatrice quasi
non riconosceva la sua amica. Si disse che probabilmente era per la mancanza di
Orlando, visto che era assente ormai da quasi tre mesi.
Franny osservò meglio l’amica,
nella luce chiara proveniente dalle vetrate del ristorante: era pallida, poco
truccata e aveva l’aria stanca.
“Che ti succede, passerotta?” Le
chiese con premura; Josie roteò gli occhi e sbuffò di nuovo, poi prese il
bicchiere e bevve un sorso d’acqua.
“Per fortuna qui c’è l’aria
condizionata, non lo sopporto questo caldo!” Sbottò l’altra, tirandosi su i
capelli con un fermaglio cinese.
“Dai, sei sbattuta così per via
del caldo?” Replicò stupita l’amica. “Vivi in California da quasi dieci anni!”
Aggiunse, prendendo il menu.
“Ma non è per quello!” Protestò
infastidita lei. “E’ soltanto che non mi sento bene, è da ieri pomeriggio che
ho la nausea.”
Franny alzò gli occhi e la scrutò
per un attimo, ma il cameriere l’interruppe prima che potesse chiederle
qualsiasi cosa. “Che cosa vi porto?” Domandò il ragazzo.
“Per me un’insalata di gamberi in
salsa rosa, pane francese, una fetta di torta di ciliegie con gelato, caffè e
un succo di pompelmo rosa.” Elencò Franny distrattamente, continuando ad
osservare l’amica.
“Lei?” Fece il ragazzo,
rivolgendosi a Josie.
“Per me solo un sandwich al
prosciutto, senza maionese, e un’acqua tonica.” Rispose mogia.
“Veramente, ma che cosa hai?” Le
chiese Fran, quando il cameriere se ne fu andato, posando il mento su una mano
sollevata.
“Avrò mangiato qualcosa che mi ha
fatto male.” Rispose noncurante Josie. “Domenica, con Scott e Deb, siamo andati
al tailandese…”
“Joss, oggi è mercoledì, se ti
avesse fatto male qualcosa saresti già ricoverata!” Sbottò l’amica.
“Forse hai ragione…” Mormorò lei
perplessa, scrutando fuori della vetrata.
“Hey, non sarai mica incinta?!”
Ipotizzò la donna, spalancando gli occhi; l’amica alzò le sopracciglia,
girandosi sorpresa, decisamente non ci aveva pensato. “Non ho mica detto chissà
che, può succedere.” Aggiunse Fran, stringendosi nelle spalle; Josie non diceva
niente, ma aveva un’espressione pensosa. “Fossi in te, farei un test.” Concluse
l’altra, quando le posarono davanti la sua ordinazione; Josie annuì aggrottando
la fronte.
Orlando tornò in California
all’inizio della seconda settimana di settembre; le foto di lui e Josie
all’aeroporto finirono presto sui giornali, confutando le solite voci di una
crisi del loro matrimonio.
A casa li aspettava una bella
festa di benvenuto, con cibo in abbondanza, musica e palloncini, con tutti gli
amici di sempre, compresi Scott, Deb e Fran; praticamente mancava solo Dominic,
ma era giustificato, giacché le riprese del suo ultimo film lo avevano portato
addirittura in Africa. Nell’occasione festeggiarono anche il compleanno di
Josie, anche se era stato una decina di giorni prima; Orlando le aveva portato
un bel braccialetto di smeraldi, comprato in Europa.
Il clamore cessò solo a tarda
sera, era quasi l’una quando Orlando salutò Scott e Deb, gli ultimi ad
andarsene. L’attore chiuse la porta, inserì l’allarme, quindi si girò verso
l’interno; nessuna traccia della moglie. La cercò in cucina, ma non c’era,
guardò in bagno e nella serra, non era nemmeno lì; evidentemente era salita di
sopra. Salì le scale lentamente, dopo aver spento le luci del piano terra.
“Amore?” Chiamò quando fu sulla
passerella.
“Sono in bagno.” Gli rispose la
voce, stranamente atona, di Josie.
Orlando alzò le sopracciglia
perplesso e so diresse verso sinistra, direttamente alla porta del bagno,
invece di passare dalla stanza da letto; rimase sorpreso nel trovare le luci
spente. Le veneziane erano abbassate, ma la luce della luna che filtrava era
sufficiente per distinguere perfettamente la sagoma della grande vasca da bagno
blu.
“Josie.” Chiamò piano.
“Sono qui.” Rispose lei, da un
punto alla sua destra; Orlando si voltò e vide la donna seduta per terra, vicino
al mobile del lavandino. Aggrottò la fronte incredulo.
“Cosa fai lì?” Le chiese.
“Ti devo dire una cosa, siediti.”
Rispose Josie, indicandogli il water.
“Là?!” Replicò stupito lui.
“Sì, perché?” Ribatté tranquilla
lei.
“Ma… ma non c’è lo sgabello, la sedia…”
Fece Orlando, guardandosi intorno.
“Lascia stare, è una faccenda
veloce.” Tagliò corto la donna. “Siediti e falla finita!” Sbottò poi.
Orlando, rassegnato, chiuse il
coperchio del water e si mise a sedere. “Dimmi.” Fece, allargando le mani.
Josie teneva gli occhi bassi e le
braccia intorno alle ginocchia; lui continuava a fissarla incuriosito, ma lei
non parlava; all’attore venne un orribile sospetto e la guardò preoccupato.
“Non stai per lasciarmi di nuovo,
vero?” Le chiese all’improvviso.
Josie alzò la testa di scatto,
allarmata. “No!” Esclamò. “No, no, per l’amor di Dio!”
“E allora?!” Replicò Orlando
preoccupato.
La donna fece un lungo sospiro.
“Per prima cosa, voglio che tu sappia che questa cosa non era programmata.”
Dichiarò; Orlando si fece ancora più dubbioso. “In fondo, dopo il matrimonio,
non è che eravamo stati più molto attenti…”
“Aspetta un attimo.” L’interruppe
Orlando, alzando una mano; lei lo guardò. “Stai cercando di dirmi che aspetti
un bambino?!” Si era sporto, posando le mani ai lati della tavoletta,
fissandola intensamente; Josie annuì. “Da quanto lo sai?” Le chiese quindi.
“Da circa un mese, sono
all’undicesima settimana.” Rispose lei stringendo poi le labbra.
“Perché non me lo hai detto?”
Riprese l’attore, dopo un attimo di silenzio.
Josie fece una smorfia. “Tanto
non potevi tornare…” Rispose poi, quindi alzò gli occhi su di lui. “Ti
dispiace?”
Orlando si alzò per andare ad
inginocchiarsi davanti alla donna e le prese le mani. “Se mi dispiace?” Fece
serio, poi il suo viso s’illuminò in un grande sorriso. “E’ perfetto!” Solo
allora anche Josie perse l’espressione preoccupata e sorrise, abbracciandolo.
“E’ semplicemente perfetto.” Ripeté lui, stringendola a se.
Si alzarono tenendosi per mano e
si scambiarono un breve bacio, mentre Josie apriva la porta scorrevole che
conduceva in camera.
Prima di entrare nel guardaroba,
però, tornò indietro. “Ti amo.” Disse ad Orlando, avvolgendogli un braccio
intorno al collo.
“Ti amo anch’io.” Rispose allegro
lui. “Però non ti vedo da tanto, bisognerebbe che tu me lo dimostrassi…”
Aggiunse malizioso, sfiorandole il profilo del fianco.
“Dici in maniera… un po’ più
fisica?” Ribatté sensualmente lei al suo orecchio; Orlando annuì con sguardo
furbo. “Allora andiamo di là, lupacchiotto…”
La settimana successiva Josie e
Orlando andarono insieme al controllo periodico; il medico della donna sembrava
il classico padre di una sit-com televisiva, di quelle dove il massimo problema
di una famiglia è scoprire il segreto della salsa da barbecue, però era competente
e gentile.
Guardarono l’ecografia tenendosi
per mano, commossi e orgogliosi del loro bambino, anche se era poco più di un
simpatico sgorbietto che dava ostinato le spalle alla macchina; quando il
dottore gli fece sentire i battiti del cuoricino, Orlando partì per il pianeta
del giubilo, decidendo all’istante di comprarsi uno stetoscopio.
Dopo la visita, al momento di
sedersi per sentire le ultime raccomandazioni, l’uomo era ancora euforico,
teneva la mano della moglie, sorridendo tutto eccitato.
“Allora…” Esordì il medico.
“…abbiamo avuto anche i risultati delle analisi…”
Orlando si rabbuiò, spostando lo
sguardo da Josie al dottore. “Quali analisi?” Fece preoccupato.
“Niente di grave.” Lo rassicurò
Josie.
“La signora soffre di pressione
un po’ alta, perciò abbiamo dovuto fare degli accertamenti.” Precisò il
dottore; l’attore, poco convinto, aggrottò la fronte.
“Mi dica.” Incitò invece Josie,
con un cenno del capo.
“Beh, niente di terribile.”
Affermò il dottore, rivolgendosi a lei. “Solo le consiglio di consultare un
dietologo, per una dieta iposodica adatta ad una donna in gravidanza.”
“Certo.” Annuì lei. “Lo farò
subito.”
“Non dovrà prendere delle
medicine?” Intervenne Orlando, sporgendosi verso la scrivania.
“No!” Rispose sorridendo il
dottore. “Se la signora saprà seguire le indicazioni non ce ne dovrebbe essere
bisogno.” Aggiunse; Josie sorrise al marito, che però restò teso.
“Ha qualche altro consiglio?”
Domandò poi la donna la medico.
“Niente di particolare, per
essere una primipara tardiva lei, Josie, sta anche troppo bene.” Le disse
l’uomo, sotto lo sguardo perplesso di Orlando. “Le rinnovo soltanto le cose che
le ho già detto nelle altre visite: tanto riposo, evitare lo stress e mangiare
bene, per il resto se la cava benissimo.”
“Grazie dottore.” Fece la donna,
alzandosi.
“Grazie.” Rincarò Orlando facendo
altrettanto.
“Ah, un’ultima cosa.” Riprese il
medico, prima che se ne andassero. “Io suggerirei, diciamo dalla diciottesima,
ventesima, settimana, di evitare i contatti intimi.”
Orlando si girò verso di lui con
espressione stupita. “Come?”
“Sì.” Annuì tranquillamente il
medico. “Sarebbe consigliabile, data la situazione, astenersi dall’avere
rapporti.” L’attore lo fissava abbastanza attonito.
“Grazie ancora.” Intervenne
Josie, stringendo la mano al medico, che si era alzato. “Arrivederci.” Lo
salutò, poi prese il marito per un braccio e lo portò via.
Nell’ascensore rimasero in
silenzio per alcuni piani; Josie sapeva che Orlando c’era rimasto male, per
quella storia del sesso, già si vedevano così poco, però era anche sicura che
capiva. Sarebbe stata dura per lui, ma era giusto che anche il padre facesse
dei sacrifici.
“Dici che abbiamo fatto qualcosa
di male, in questi giorni?” Esordì ad un certo punto Orlando, senza guardarla.
“Eh?” Fece Josie, girandosi verso
di lui; il marito alzò gli occhi nei suoi.
“Dico a fare l’amore, nei giorni
scorsi.” Spiegò; ecco, cominciava a farsi le seghe mentali…
Josie sospirò allarmata.
“Orlando, ha detto dalla diciottesima settimana.” Gli ricordò.
“Sì, ma…” Replicò lui, tornando a
guardare la pulsantiera dell’ascensore. “…forse, se cominciamo prima è meglio…”
“Scusa, ma non ho intenzione di
cominciare prima.” Proclamò la donna; scese di nuovo il silenzio, stavano per
arrivare al piano del parcheggio.
“Che cos’è una primipara
tardiva?” Domandò Orlando, poco prima che si aprisse la porta, con lo stesso
tono di un bambino che chiede alla maestra cos’è un ornitorinco.
“Sono io.” Rispose la moglie, lui
la guardò. “Sono le donne che hanno il primo figlio tardi, come me, che ho
trentacinque anni.” Gli spiegò.
“Ah…” Fece solo lui, e la sua
espressione disse a Josie che il tormento era appena cominciato; infatti…
“Oh, ma che fai, guidi?!” Esclamò
Orlando, quando al parcheggio vide Josie salire in macchina al posto di guida;
accorgendosi che lei non rispondeva salì di corsa dal lato passeggero. “Joss!”
Sbottò quindi, esortandola a rispondere; lei sbuffò.
“Certo che guido, è la mia
macchina.” Rispose poi con tono infastidito; lui si era messo a fare le
paranoie, se lo aspettava, ma restava comunque un suo atteggiamento che non
sopportava.
“Io non credo che dovresti.”
Replicò Orlando serio, restando mezzo voltato verso di lei. “E’ stressante e le
cinture di sicurezza possono essere pericolose per chi è nel tuo stato.” Spiegò
poi.
“Sì, possono essere molto più
pericolose non mettendosele proprio!” Ribatté scocciata Josie. “E poi, quante
storie, per neanche mezz’ora di strada!”
“Sì, ma c’è da fare la Highway.”
Precisò lui con un gesto.
“Santo cielo, Orlando, la faccio
tutti i giorni!” Protestò scocciata la donna, mentre si metteva le cinture.
“Ora è diverso.” Affermò
l’attore, continuando a stare girato verso la moglie. “Hai sentito il dottore,
devi evitare lo stress e la fatica.” Continuò solenne.
Josie spalancò gli occhi
allibita. “Sono incinta, non handicappata!” Esclamò quindi, poi mise in moto.
“Io sto benissimo, mi è passata anche la nausea.” Aggiunse, mentre ingranava la
marcia e partiva. “E mettiti la cintura, che poi fanno la multa a me!”
Orlando, grugnendo di
disapprovazione, si accomodò sul sedile e allacciò la cintura di sicurezza.
“Come al solito sei sempre tu che vuoi avere ragione, ma al nostro bambino non
ci pensi? È per la sua salute che devi stare riposata, e anche per la tua.”
Dichiarò poi.
Josie sospirò, mantenendo gli occhi
sulla strada. “Vuoi che non ci pensi? Certo che lo faccio! Ma non credo che
mezz’ora di strada possa creare catastrofi irrimediabili.” Rispose.
“E come fai a saperlo?” Replicò
immediatamente il marito, girandosi verso di lei. “Guarda che può bastare un
piccolo incidente, un tamponamento, un ingorgo sotto il sole, o roba così.”
“Oh, benedetto te!” Esclamò
esasperata la donna. “E’ inutile che fai liste di tragedie…” Proseguì
gesticolando con una mano. “…perché se è per quello sono sufficienti le scale
di casa!”
“Ecco!” Intervenne lui, alzando
l’indice e interrompendola. “A questo proposito, secondo me, sarebbe meglio
creare una camera al piano di sotto…”
La donna si girò a guardarlo con
gli occhi di fuori. “Fai questa cosa, Orlando, e io scappo di nuovo.” Lo
minacciò.
“Ma non puoi fare sempre così, e
che cazzo!” Esclamò l’attore, allargando indignato le mani.
Josie accostò, parcheggiando nel
primo posto disponibile lungo una strada affollata. “Senti, io non ho
intenzione di rinunciare al mio letto, al mio bagno, al mio guardaroba…”
“Sarà solo per un periodo.”
L’interruppe lui. “Ci compriamo uno di quei bei letti anatomico-ortopedici, che
si muovono col telecomando, il maxi schermo c’è già, e costruiamo un guardaroba
nel fondo del corridoio, tanto c’è spazio…” Spiegava tutto con l’aria più
tranquilla del mondo, come se lo vedesse già davanti a se, mentre lei lo
fissava attonita.
“Ti rendi conto, vero, di aver
pianificato i prossimi sei mesi?” Gli domandò incredula.
Orlando la fissò seriamente. “Sì.” Annuì poi. “Ma l’ho
fatto per te, amore mio, questo sarà il periodo più delicato e bello della tua,
della nostra, vita e voglio che lo passi con serenità.”
“E’ molto bello da parte tua,
considerando che hai fatto tutto in meno di dieci minuti...” Commentò sarcastica
Josie, poi la sua espressione s’indurì. “Possibile che, da quando ti conosco,
ogni volta che vorrei prendere qualcosa con calma, tu mi trascini nei vortici
del tuo «entusiasmo»?”
“E’ perché mi ami, Josie.” Proclamò lui, con un’espressione tra il serio
e il divertito.
“Ma vaffanculo!” Sbottò lei, dandogli una spinta, proprio in quel momento
un flash da fuori il parabrezza accecò entrambi.
Quando i loro occhi tornarono a
vedere, e furono scomparsi i cerchi bianchi e viola, si materializzò l’autore
del gesto: un fotografo piuttosto soddisfatto che si allontanava tranquillo.
“Che faccio, esco e gli spacco la
macchina fotografica sulla testa?” Chiese Orlando poco convinto, ma Josie non
gli rispose perché si era messa a ridere, immaginando i titoli dei giornali.
“Ma lascialo stare, dovrà pur
campare!” Gli disse ridendo; lui fece una smorfia sofferta, poi sbuffò,
appoggiandosi allo schienale.
“Certo che dici a me, ma pure tu,
sei matta come un cavallo…” Affermò piano, cercando di non ridere a sua volta.
“Riusciremo mai a concludere una
discussione arrivando a qualcosa?” Fece però Josie, smettendo; Orlando si girò,
trovando i suoi occhi grigi che lo fissavano.
“Temo di no.” Rispose, con un
mezzo sorriso. “Ma tu prometti che ci penserai?” Le chiese poi.
“Vabbene.” Annuì lei, mentre
rimetteva in moto; il tono, però, era quello di uno che ti da ragione tanto per
fare.
Una settimana dopo Josie partì
per la Francia, voleva andare a trovare la madre fin tanto che le era permesso
prendere l’aereo; tornò più o meno dieci giorni dopo: i lavori in casa erano
conclusi, dovevano solo consegnare il letto nuovo. La donna si trasferì a casa
di Franny.
Ad Orlando ci vollero tre giorni,
ed una grossa dose di pazienza, per riportarla a casa, ma riuscì a strapparle
un compromesso: sarebbe salita, lentamente, al piano superiore della loro casa
una volta al giorno, avrebbe fatto tutto il necessario, poi sarebbe di nuovo
scesa dabbasso. E la disputa si appianò.
Così, tra partenze e ritorni,
prime mondiali, passerelle e interviste, le settimane passarono piuttosto
velocemente. Josie frequentò un gruppo per il sostegno della gravidanza (niente
di che, solo riunioni in cui le donne incinte si scambiavano pareri e
consigli), che le fu molto utile; la donna fece anche un corso di preparazione
al parto, quando c’era andava con lei Orlando, altrimenti era degnamente
sostituito da Fran.
Non mancarono le varie paturnie
di ogni gestante: oltre a dover gestire la sua pressione alta, le presero
stranissime voglie, tipo per misteriosi quanto introvabili formaggi francesi, o
gelati dai gusti più fantasiosi, senza contare che si mise ad ascoltare, a
ripetizione, tutti i dischi di Johnny Cash (*).
Orlando, ad un certo punto, preso
dalla disperazione, la supplicò di mettere su qualcosa di diverso, fossero stati
perfino i Village People.
Josie, ad ogni modo, non si fece
mai prendere da eccessive paranoie: faceva i suoi controlli regolari, stava
attenta alla dieta, riposava molto, ma del resto, quando Orlando era in casa,
non le permetteva di muovere letteralmente foglia, infatti, era lui ad
occuparsi anche delle piante.
Era una tiepida sera d’inizio
dicembre, quando Orlando, dopo aver chiuso le tende del lato posteriore della
casa, andò a sedersi sul divano accanto alla moglie; le passò un braccio
intorno alle spalle e lei si appoggiò contro la sua spalla, continuando a
spippolare col telecomando.
“Che si fa?” Domandò l’attore;
non che ci fossero molte possibilità, visto che Josie doveva riposare non
facevano da tempo vita mondana.
Josie non lo guardò, continuando
a cambiare canale. “Non lo so… stasera danno in replica l’episodio del Tenente
Colombo con Johnny Cash…” Suggerì, restando in attesa dell’inevitabile reazione
del marito.
Orlando si scostò di scatto,
spalancando gli occhi, con un’impagabile espressione inorridita, che faceva
assumere una smorfia buffa ai suoi lineamenti. “No, ti prego, ti prego, no,
basta Johnny Cash, ti prego!” Esclamò.
La donna ridacchiò. “Stavo
scherzando!” Replicò, dandogli una piccola spinta; Orlando sospirò di sollievo,
allargando le braccia e rilasciando il capo sulla spalliera del divano. “Che
scemo sei!” Gli fece lei.
L’uomo alzò subito la testa.
“Scemo? No, non sono scemo, sono terrorizzato, questa fissa per il re del
Country mi ucciderà!” Protestò gesticolando. “Qualche suggerimento
alternativo?” Domandò quindi, fissando al moglie.
“Beh…” Rispose lei, guardando
altrove. “…tu potresti permettermi di salire su e farmi un bell’idromassaggio
nella mia vasca…”
“Joss…” Ribatté subito lui,
sedendosi dritto. “…abbiamo l’idromassaggio anche nella doccia, qui sotto, non
vedo perché, l’ultima volta il dottor Merrit…”
“Ohhh, dai!” L’interruppe Josie.
“Non è la stessa cosa, e poi farò piano piano, verrai con me, dai… ci facciamo
un bel bagno insieme, è tanto tempo che…”
“No, ferma.” Le ordinò lui,
sollevando una mano. “Non puoi chiedermelo così! Sono mesi che non… insomma,
cazzo, così me lo ricordi, io sto cercando di essere virtuoso e non pensarci,
ma, porca miseria, tu mi fai questa vocina erotica!” Esclamò agitato, lei lo
fissava sorpresa e divertita, dalla sua espressione soprattutto.
“Scusa…” Azzardò Josie, finito lo
sfogo. “Forse, in questo periodo, potresti arrangiarti in maniera autogestita…”
Suggerì quindi.
Orlando la fissò con gli occhi di
fuori. “Ah, sì?” Le fece, lei annuì. “Come cazzo credi cha abbia fatto finora?”
Josie lo fissò per un attimo, attonita, poi scoppiò a ridere.
“Noo, dai… giura…” Mormorò
incredula.
Lui, un po’ imbarazzato, si
grattò la nuca, guardandosi intorno. “Beh, ma… sempre pensando a te…”
“Vorrei ben vedere!” Intervenne
lei, poi lo prese per il collo e lo trasse a se, per baciarlo sulla guancia.
“Sei un tesorino dolce, ma adesso vieni con me, sei stato troppo da solo,
ultimamente…” Gli sussurrò all’orecchio, e così lo convinse definitivamente.
Più tardi erano immersi nella
grande vasca blu, l’acqua gorgogliava intorno a loro con un dolce profumo di
arancia e cannella; Orlando si appoggiò sospirando al bordo e Josie gli fu
subito accanto, adagiandosi contro il suo torace, lui le massaggiò piano il
collo e poi la baciò sulla nuca.
“Perché non ci abbiamo pensato
prima?” Le sussurrò all’orecchio.
“Non lo so…” Rispose dolcemente
lei. “Saresti stato certamente più tranquillo…” Aggiunse maliziosa; entrambi
risero piano.
Orlando la strinse a se, facendo
scorrere le mani sulle sue braccia, fino a raggiungere il pancione, che
affiorava dall’acqua; Josie gli permise di toccarlo, quindi lui prese ad
accarezzarlo dolcemente, mentre la moglie metteva le proprie mani sulle sue. Si
rilassarono, e lei socchiuse gli occhi, reclinando il capo sulla spalla del
marito.
“Quando arriva tua madre?” Le
chiese Orlando poco dopo.
“Dopo le feste, l’otto o il nove
di gennaio.” Rispose Josie; nel frattempo non si fermava la carezza sulla
pancia.
“Bene, preferisco che ci sia
anche lei, gli ultimi tempi.” Affermò lui, annuendo.
“Sono felice che tu abbia
accettato di farla venire.” Gli disse la moglie.
“Ma scherzi? Adoro tua madre, e
tu ne hai bisogno.” Ribatté tranquillo l’uomo.
“Sei un angelo…” Soggiunse lei,
voltando il viso e dandogli un bacio sulla guancia. “Senti…” Riprese poi. “…io
vorrei venire alla cerimonia dei Golden Globes.”
Orlando la scostò un po’ da se,
per guardarla negl’occhi. “Ma dai, non vedo perché, sarai quasi di nove mesi,
non capisco perché farti una faticata simile.” Ribatté quindi.
“Ma quale faticata?!” Sbottò la
donna. “Dovrò solo mettermi un vestito elegante, salire su una limousine,
precorrere un breve tappeto rosso e sedermi su una bella poltrona!” Lui la
fissava contrariato. “Avanti! Se vinci voglio esserci!”
“Potrei anche accettare, ma…”
Replicò infine lui, serio. “…promettimi che se vinco non me lo scodelli lì a
causa dell’emozione.”
Josie sorrise divertita, poi gli
carezzò il viso. “Tranquillo, non ne ho l’intenzione…” Gli disse quindi, con
dolcezza; Orlando annuì compito.
“Bene, quindi, niente scherzi…”
Mentre pronunciava queste parole, però, sentì una specie di colpetto sotto la
mano, ancora posata sul ventre della moglie; spalancò gli occhi. “Che cos’è?!”
Esclamò sorpreso.
La donna rise. “Orlando, è il
bambino! Non è mica la prima volta che lo senti!”
Lui si scostò con espressione
indignata. “Certo.” Ammise. “Ma c’erano sempre i vestiti, è molto diverso!”
Aggiunse, poi rimise le mani dove prima e si rivolse direttamente al pancione.
“Dai, fallo ancora!” Incitò.
“Ma Orlando!” Intervenne Josie,
che rideva ancora. “Non funziona mica così, a comando!”
“Io sono suo padre, deve darmi
retta!” Ribatté deciso l’uomo. “Forza!” Questo comando sembrò sortire un
qualche effetto, infatti, il bambino si mosse di nuovo. “Evvai!” Esultò
Orlando; sua moglie continuava a ridere.
La notte del 14 gennaio si teneva
la cerimonia dei Golden Globes, cui Orlando era candidato; il tappeto rosso era
pronto, le telecamere ed i teleobiettivi erano posizionati, le limousines si
succedevano davanti all’entrata. In una di queste c’erano anche Orlando e
Josie; lui osservava compiaciuto la sua splendida compagna, perfetta nel suo
elegante vestito giallo pallido, confezionato apposta per lei da un famoso
stilista, dopo che l’aveva conosciuta per caso ed eletta, parole sue, “la più
bella donna incita che abbia mai visto”.
Non erano in silenzio,
ovviamente, ma stavano discutendo del nome per il loro pargolo in arrivo, come
erano soliti fare quando la conversazione languiva.
“A me piacerebbe James.” Affermò
Orlando.
“James?!” Replicò lei. “James
Bloom, dai, fa tanto piccolo lord…” Aggiunse con disappunto.
“Ma si può sapere cosa vuoi? Non
te ne piace uno, di quelli che propongo io!” Sbottò l’attore.
“Per forza.” Riprese Josie. “Tu
sei così inglese.”
“E cosa c’è di male, scusa?”
Ribatté il marito, con un’espressione vagamente offesa. “Proponi qualcosa tu,
allora.”
Lei lo guardò tranquilla,
girandosi leggermente sul grande sedile. “Se è una femmina, mi piacerebbe
Clementine.” Dichiarò, calcando sulla pronuncia francese del nome.
Orlando spalancò gli occhi
incredulo. “Che cavolo di nome sarebbe Clementine?!” Esclamò.
“Che cavolo di nome sarebbe
Orlando?” Ribatté la moglie.
“Senti.” Fece lui, alzando una
mano. “Per lo meno il mio ha un’origine letteraria…” Aggiunse offeso, prima di
darle le spalle torcendo il busto sul sedile della macchina; Josie trattenne
una risatina, non sarebbe cambiato mai.
“Siamo arrivati.” Gli comunicò
poco dopo, provocando la trasformazione di Orlando, che indossò il suo più
smagliante sorriso, appena prima che un addetto gli aprisse la portiera.
Fu lo stesso attore ad aiutare la
moglie a scendere, sotto i flash dei fotografi e le urla dei fan; quindi
l’ammirata coppia percorse il tappeto rosso. Josie concesse ad Orlando il
giusto tempo per i suoi ammiratori, mentre lei salutava i pochi conoscenti,
precedendolo verso l’entrata.
“Orlando, dicci, sei felice di
essere qui stasera?” Gli chiese una giornalista della tv.
“Oh, sì!” Rispose lui. “Sono
candidato a questo prestigioso premio, e per me è già una vittoria…” Aggiunse,
rispolverando un vecchio luogo comune. “…ieri era il mio compleanno e sto per
diventare padre, cosa posso chiedere di meglio?!”
“Credi di vincere?” Continuò
l’intervistatrice.
“Sento che questa sarà una notte
speciale, per me.” Affermò l’attore.
“Grazie, e salutaci la tua
splendida moglie, cui facciamo i complimenti per il bellissimo abito!”
“Non mancherò, ne sarà felice!”
Quando finalmente Orlando riuscì
ad entrare, si accorse subito di qualcosa che non andava; c’era un capannello
di persone in un angolo, sulla destra, e, contrariamente a quanto concordato,
non vedeva Josie ad aspettarlo. Allarmato si diresse subito verso il gruppetto
e, quando vide prima Dom con espressione preoccupata e poi un lembo di stoffa
giallina comparire tra le gambe dei presenti, capì subito cosa stava
succedendo.
“Josie?!” Chiamò, facendosi largo
tra le persone.
La donna era seduta e c’era
Monaghan che le teneva la mano sinistra, mentre con la destra si reggeva la
pancia; alzò subito lo sguardo sofferente sul marito.
“Orlando… credo di dover chiamare
mia madre…” Mormorò, prima dell’ennesima contrazione.
“Ma non pensare a tua madre,
perdio!” Esclamò lui, prendendole la mano che gli porgeva. “Pensiamo ad
un’ambulanza piuttosto!” Aggiunse con urgenza, e gli uscì fuori un accento che
più inglese non si può.
Una volta guadagnato il mezzo
medico, i due sposi, invece di preoccuparsi delle contrazioni sempre più
frequenti, diedero atto ad una discussione sull’opportunità di far tagliare via
al paramedico il vestito di dosso a Josie con le forbici; la donna si oppose
fermamente e, nonostante i dolori del travaglio e le proteste di Orlando, li
convinse a toglierselo in maniera tradizionale.
All’ospedale le cose si fecero
più semplici: il dottor Merrit, prontamente avvertito, era già lì, Josie si era
un po’ calmata, mentre Orlando, naturalmente, no. Fecero, comunque, sistemare
la donna in una camera singola e quando, dopo i vari controlli preliminari, fu
accertato che non si trattava di un falso allarme, la condussero in sala parto.
Nonostante lei lo sconsigliasse, Orlando volle essere presente, quindi lo
fornirono di camice, cuffietta e copri scarpe perché potesse farlo.
“Dottore… dottore… Ah!” Diceva
Josie, mentre intorno a lei si muovevano infermiere e ostetriche, nel classico
caos di una sala parto. “Dottore, lo faccia andare via… uhuh! …La prego…”
“Ma vuoi smetterla!” Protestò il
marito tenendole la mano. “Io sto benissimo e voglio restare!”
Lei, sudata e affannata, non lo
degnò di attenzione. “Dottore, mi dia retta… ah! Oh, mio Dio!! …Si sentirà
male, è troppo emotivo… Oddio!”
“Signora Bloom, la prego.”
Intervenne calmo Merrit, dalla sua postazione tra le gambe di Josie. “Cerchi di
concentrarsi sul respiro, e spinga quando glielo dico io.”
“Ecco, dai retta al dottore!”
Esclamò subito Orlando; per tutta risposta Josie strappò la mano dalla sua e
brandì un minaccioso pugno, gonfiando le gote.
“Tu non hai idea di che cosa sto
passando!” Gli gridò contro. “Ci manchi solo tu che svieni in sala parto,
maledetta la miseria! …ahhhhhhhhh!!!” L’urlo finale la fece tornare a dedicarsi
al parto.
Ma Orlando non si fece cogliere
in fallo e reagì. “Porca puttana, Joss, ma per chi cazzo mi hai preso, eh? Non
farmi incazzare ora...”
“Spinga, spinga!” L’interruppe
l’incitamento del dottore. “Forza ora, che si vede la testa!”
Orlando si girò nella direzione
del medico, la sua espressione accigliata di poco prima si trasformò in
entusiasta; riprese la mano della moglie con occhi sparluccicanti.
“Hai sentito?! Si vede la testa!”
Le disse preso dalla gioia, poi la lasciò e si diresse a lunghi passi verso
Merrit, mentre lei scuoteva il capo preoccupata. “Si vede la testa!” Proclamò
ancora una volta, raggiungendo l’uomo. “Si vede la…” Fece, mentre spostava lo
sguardo.
Josie, impegnata coi lancinanti
dolori e le spinte, lo vide solo sbiancare di colpo e riuscì, prima
dell’ennesima e più forte contrazione, a chiedere ad un’infermiera di porgergli
uno sgabello.
I successivi, e decisivi, minuti,
l’attore li passò tenendole la mano a capo basso, seduto mestamente su uno
sgabellino regolabile, il volto cereo.
Quando, però, Merrit, con voce
entusiasta, annunciò: “E’ femmina!” Orlando balzò in piedi, ancora stringendo
la mano della moglie; i neogenitori si scambiarono, quindi, uno sguardo commosso,
mentre i primi vagiti della neonata si spandevano nella stanza.
“Vuole tagliare il cordone,
Signor Bloom?” Gli domandò timidamente un’infermiera; lui annuì.
Josie attirò la sua attenzione
stringendogli la mano. “Te la senti davvero?” Gli chiese preoccupata.
“Sì, voglio farlo.” Rispose
sicuro Orlando annuendo, quindi la lasciò e si avvicinò all’infermiera che gli
consegnò l’apposito attrezzo.
L’uomo si avvicinò con mano
tremante al cordone tenuto dal dottore e si soffermò un attimo a guardare la
bambina; la sua pelle era ancora sporca e si dimenava come arrabbiata, coi
pugni stretti ed il viso contratto in una smorfia buffa. Gli occhi erano
chiusi, ma dimostrava già carattere… e aveva un bel cesto di capelli! “Qui.”
Gli disse Merrit indicando il punto dove tagliare e lui lo fece.
L’emozione, poi, arrivò
all’improvviso. Guardò Josie e non riuscì più a fermare le lacrime.
Josie si svegliò che albeggiava.
Non era mai stata una dormigliona, ma dopo il parto lo era ancora meno; forse
il suo organismo si stava già adattando la ritmo che avrebbe dovuto avere nei
mesi prossimi con la bambina a casa, con brevi sonni alternati a sveglie
ripetute e improvvise.
La donna si girò verso la grande
finestra. Orlando era lì, in piedi, che guardava fuori, con tra le braccia una
fagottino rosa che lui cullava senza sosta. Josie sorrise, finalmente la
potevano tenere in braccio; dopo la nascita, infatti, la bambina era stata
messa per precauzione in incubatrice, visto che comunque, se pur di poco, era
prematura. Ma visto che ora era in camera sua, il dottore doveva aver
autorizzato lo spostamento. Significava che sua figlia stava bene, ora poteva
rilassarsi davvero.
“Santo cielo, la vizierai.”
Affermò ironica la donna.
Il marito si girò verso di lei
aggrottando la fronte. “Ci puoi giurare!” Proclamò serio, poi, però, le sorrise
con dolcezza. “Buongiorno amore.” Le disse e si avvicinò al letto.
“Buongiorno a voi.” Replicò
Josie, allungando subito le braccia per prendere la bambina. “Quando l’hanno
portata?” Domandò ad Orlando, quando l’ebbe tra le braccia e dopo averle fatto
un po’ di smorfiette; lei sembrava un po’ insonnolita.
“Poco fa, non ho voluto
svegliarti.” Rispose lui.
“Di’ la verità… volevi godertela
in tutta tranquillità…” Fece Josie provocatoria.
“Beccato!” Ammise subito Orlando;
entrambi guardavano con adorazione la bambina. “Ma non ci posso fare nulla, mi
ha incantato! Ha un così buon odore e… guarda, ha tantissimi capelli!”
Josie ridacchiò, carezzando la
testolina capelluta della figlia; era vero, aveva folti capelli scuri, ma
sarebbe stato strano il contrario, visti i genitori.
“L’ho detto a tutti che ha tanti
capelli, e che è bellissima.” Raccontò orgoglioso Orlando. “Mi madre continuava
a chiedermi come stavate e io a ripeterle che era bellissima!”
Era così tenero e entusiasta che
Josie non poté trattenersi dal fare una carezza anche a lui; per tutta risposta
Orlando le baciò la mano.
“A proposito.” Chiese quindi la
donna. “Quando arriva tua madre?”
“Sarà qui giovedì.”
“Bene.” Annuì la moglie. “E la
mia?”
“Torna nel pomeriggio.”
“Ma che perfetto organizzatore!”
Commentò Josie scherzosa; lui rise e, stavolta, si baciarono sulle labbra.
“Ho parlato anche con Robin,
sai.” Affermò l’uomo, non senza titubanza, sapeva perfettamente che sua moglie
e la manager non andavano proprio d’accordo.
“Ah.” Fece soltanto lei.
“Sostiene che dovremmo vendere le
prime foto della bambina al miglior offerente, ha già avuto alcune richieste,
e…”
Josie alzò gli occhi con uno
sguardo che avrebbe fatto impallidire l’esorcista; Orlando ritirò la testa
allarmato, anche se sospettava una reazione del genere.
“Orlando.” Esordì quindi la
donna. “Se osi fare una cosa del genere…” Lo minacciò. “Cristo santo, è nata da
neanche due giorni e già me la volete sbattere in copertina!” Continuò feroce,
ma senza alzare la voce per non disturbare la bambina. “Tu lo sai che sono
contraria alla mercificazione degli esseri umani… anche a quella degli animali,
quindi, figuriamoci di mia figlia…”
“Ho rifiutato.” L’interruppe lui,
mentre la guardava con tenerezza.
Josie spalancò gli occhi
sorpresa. “Ah, sì?” Lui annuì. “Oh, io ti amo!” Proclamò allora lei, che gli
avrebbe buttato le braccia al collo, se solo non avesse avuto la bambina.
“Lo so.” Gongolò l’attore, poi
tornò a coccolare la figlia. “Ma guarda che carina, abbiamo fatto proprio un
bel lavoro… uh, sì! Sei una chicchetta! Ha il mio naso, non trovi?”
“Omioddio, no!” Esclamò Josie,
scoppiando poi a ridere.
“Oh, ma che cazzo ridi?!” Sbottò
lui, finto offeso. “Avevo un naso bellissimo, prima di romperlo!” Ma presto
rise anche lui. “Sei sempre la solita stronza!”
Quando riuscirono a smettere di
ridere, si ritrovarono a guardarsi negl’occhi, mentre alle loro spalle
cominciava a splendere una limpida mattina californiana.
“Come la chiamiamo, allora?”
Domandò Orlando; Josie sospirò, poi baciò il capo della bambina.
“Ieri sono andata a vederla
nell’incubatrice, sono rimasta lì per un po’ e poi, quando sono tornata in
camera, mi sono messa a riflettere.” Lui l’osservava incuriosito. “Senti…”
Josie alzò i suoi occhi grigi in quelli nocciola del marito. “…che ne pensi di
Mercy?”
“Hmm, Mercy… non è che lo hai
scelto perché ti ricorda le canzoni del Boss?” Ipotizzò malignamente Orlando;
lei guardò altrove, grattandosi imbarazzata un sopracciglio. “Mi piace, sì.”
“Ti piace?!” Esclamò subito la
moglie girandosi verso di lui; l’attore confermò annuendo. Si abbracciarono
delicatamente, tenendo tra loro la bambina, e si baciarono.
In quel momento bussarono alla
porta e si fece avanti una rubiconda e sorridente infermiera. “Buongiorno,
signori.” Li salutò la donna. “E’ l’ora della prima poppata.”
Mercy Elizabeth Bloom fu
battezzata nel mese di marzo, alla presenza di una ristrettissima cerchia di
parenti e amici, i padrini furono Fran e Scott e la festa si svolse nella
tenuta in Provenza.
Le foto esclusive dell’evento
furono pubblicate solo sul sito ufficiale dell’attore, pronte per essere
liberamente scaricate di chi lo avesse voluto, come da volontà di Josie. La
famiglia felice continuò a vivere nella casa di Bel Air.
EPILOGO
New York – meno di due anni dopo.
Molti assicuravano che l’autunno
era la stagione perfetta per una città come la Grande Mela; potevi camminare
senza fretta tra le foglie dorate di Central Park, con in mano una cialda belga
bollente ricoperta di panna, oppure passeggiare lungo la Quinta, sbirciando le
vetrine e quelli che si potevano permettere di fare compere in quella patria
del lusso.
Era appunto davanti alla libreria
più esclusiva della Quinta Strada che una ragazza bionda in cappottino giallo
stava fumando nervosamente. Fece l'ultimo tiro, poi gettò la cicca e la spense,
schiacciandola con i suoi sandali gialli coordinati. Questa cosa la doveva
proprio fare.
Entrò. La calca ormai si era
diradata, si avvicinava l’ora della chiusura ed il clamore per quella
presentazione era finito. La ragazza prese una copia del libro e si mise
diligentemente in fila, dietro alle ultime quattro o cinque persone che
volevano la dedica dell’autrice.
Lei sedeva dietro ad una elegante
scrivania antica, con accanto una tipa scialba, forse la sua assistente.
Portava un maglioncino rosa a collo alto, i capelli scuri tagliati corti e
quell’aria sofisticata e gentile che aveva sempre, che fosse ad un barbecue o
ad una prima internazionale.
“Salve.” Fece la ragazza bionda,
quando venne il suo turno.
Josie, dopo aver porto la copia
del suo libro a quello che la precedeva, alzò gli occhi su di lei, sorridendo,
ma si fece subito seria. “Kate…” Mormorò stupita. “Cosa ci fai qui?” Le chiese
poi.
“Beh…” Rispose l’altra, con
noncuranza. “Ho letto su Vanity Fair che presentavi il tuo nuovo libro, così…
non ti avevo mai vista così da vicino.”
Josie si alzò. “Capisco.” Le
disse; in realtà si sentiva molto imbarazzata, erano passati quasi cinque anni
dalle vicende che le avevano coinvolte, ma lei si sentiva ancora vagamente in
colpa.
“Ho letto il tuo libro…
quell’altro, sul Medioriente, e devo dire che sei brava, non credevo.” Affermò
Kate, girandosi tra le mani il nuovo volume; il suo tono, però, non era quello
di un complimento.
“Grazie.” Replicò comunque Josie;
questo aveva tutta l’aria di essere quel confronto mancato anni prima.
“Mi è anche capitato di leggere
alcune cose di te.” Continuò vaga la bionda, come se le fosse successo davvero
per caso. “Sembra che le cose ti vadano piuttosto bene, critico affermato,
scrittrice in ascesa, mammina perfetta…” Stava diventando lievemente più acida.
“…compagna discreta…”
“Sì, la mia vita è bella.”
Ribatté Josie, che stava ancora studiando l’avversaria, perché tanto era di
questo che si trattava.
“So anche che ultimamente vivete
qui, a New York.” Riprese Kate, aggiustandosi un boccolo ribelle.
“Orlando è impegnato a Broadway,
recita nell’adattamento teatrale di Viale del tramonto.” Affermò la bruna,
impedendo all’altra di continuare.
“Sì, lo so.” Fece bruscamente
Kate, lanciandole un’occhiata tagliente. “È anche candidato al Tony, se non mi
sbaglio…” Certo che non si sbagliava, perché a questo punto era chiaro, seguiva
le loro vite attraverso i tabloid. “Ma dimmi, come fai?!” Domandò
all’improvviso la bionda, con falso entusiasmo.
“A fare che cosa?” Replicò
interdetta Josie; ma dove voleva andare a parare quella?
“Ma a fare tutte queste cose, a
lavorare, a scrivere, a fare la mamma, è impegnativo, no?” Ribatté l’altra,
sbatacchiando le lunghe ciglia.
“Beh, certo che lo è.” Rispose
Josie seria. “Devo fare dei sacrifici, ma sono tutte cose cui non saprei
rinunciare.” Spiegò quindi; Kate le sorrise mielosa.
“Fai benissimo!” Esclamò quindi, portandosi una mano al
cuore e con l’altra toccando Josie. “Anch’io ho fatto dei sacrifici, sai? Ho
voluto finire gli studi e mi sono laureata, nonostante una carriera, e lo
saprai, che non mi ha dato respiro, ma orami sento così realizzata!” Raccontò
entusiasta. “Ho recitato in campioni d’incassi, il mio fidanzato, come saprai,
è un importante produttore e siamo molto felici, pensiamo di sposarci presto e,
non dovrei dirlo, ma le proposte di lavoro fioccano!”
La buona educazione imponeva a
Josie di complimentarsi di tutte quelle meravigliose esperienze, nonostante una
sua vocina interiore le dicesse che erano parecchio gonfiate, ma c’era una
parte di se stessa che avrebbe voluto colpirla con una calcio volante degno di
un cartone giapponese e spedirla a fare la nanna tra inutilissimi volumi di
cucina e viaggi.
“Guarda, Kate…” La interruppe
mentre stava magnificando il suo adorabile fidanzato. “Sono davvero molto,
molto, contenta per te, ma si sta facendo tardi, vuoi venire al punto?” Sapeva
che doveva esserci un punto.
Kate alzò gli occhi in quelli di
lei, che era notevolmente più alta, e sorrise di sbieco. “Tutto questo era per
dimostrarti che, nonostante quello che hai fatto, io non mi sono arresa, la mia
vita non è stata certo rovinata da te e da quell’altro.” Affermò acida. “Io adesso
ho tutto quello che volevo, e tu, in fondo, che cosa hai ottenuto?”
Josie era perplessa. “Io non ho
mai avuto niente di personale contro di te, Kate.” Le disse tranquillamente.
“Mi sono solo innamorata di Orlando e lui di me.” Aggiunse. “Non so cosa
pensavi che cercassi di ottenere, ma adesso ho una bellissima bambina… ha gli
occhi di Orlando.” Kate sembrava diventata di ghiaccio, probabilmente non
sapeva cosa rispondere. “Ti augurò tutta la felicità di questo mondo.” Le disse
con sincerità. “Io ce l’ho già.” Concluse, senza rancore.
Si fissarono negl’occhi per un
lungo istante “Addio.” Rispose quindi Kate, fredda, poi girò i tacchi e
s’incamminò verso l’uscita.
Orlando stava arrivando in quel
momento dall’entrata posteriore, con Mercy in braccio ed il cane al guinzaglio;
vide la ragazza che andava via e la riconobbe subito. Seguì i suoi passi con la
fronte aggrottata, finché lei non uscì dal negozio, poi si avvicinò alla
moglie.
“Ma quella non era…” Fece,
cercando di indicare l’uscita con un dito libero.
“Sì, era lei.” Rispose Josie
abbracciando lui e la bambina.
“Che cosa ti ha detto?” Domandò
preoccupato Orlando, ricordando con orrore il suo ultimo incontro con Kate
finito K.O..
“E’ molto felice.” Affermò la
donna.
“E tu?” Ribatté lui.
“Oh, lo sono anch’io!” Proclamò lei dandogli un bacio, poi
gli prese la figlia dalle braccia. “Andiamo a casa, ora.” Suggerì poi; Orlando
annuì sorridendo, quindi le passò un braccio intorno alle spalle e
s’incamminarono insieme.
I got somethin’ in my heart, I been waitin’ to
give
I got a life a wanna start, one I been waitin’
to live
No more waitin’...
(Leah – Bruce Springsteen)
~ FINE ~
Questo è il meglio che sono
riuscita a fare. Il mio ringraziamento più sincero va a tutti coloro che hanno
commentato (e commenteranno) questa storia. Una menzione meritano anche coloro
che l’hanno solo letta. Una nota particolare per Moon che, a seguito di minacce
di morte, mi ha spronata a finire la ff, grazie cara!
E ringrazio Bruce Springsteen
di esistere e di scrivere le sue meravigliose canzoni. Che dio ti benedica, Zio
Bruce!