Il gioco delle coppie

di lucan94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo Sole ***
Capitolo 2: *** Secondo sole ***
Capitolo 3: *** Terzo Sole ***



Capitolo 1
*** Primo Sole ***


Selene. Questo è il mio nome, lo stesso dell’antica dea della luna. Sono nata in un piccolo villaggio nei pressi della città sacra di Amphir, in mezzo a persone povere che vivevano in case fatte di mattoni crudi, il tetto di paglia. Difficile immaginare che avrei passato il resto della mia vita in palazzi di marmo, vestita di seta e servita da molti schiavi. Il mio villaggio si chiamava Graman, ed era in collina, circondato da campi di grano, che d’estate prendevano quel fantastico colore dorato, che anche dopo molti anni riesco a ricordare alla perfezione. Avevo una sorella, Andromeda, ed eravamo entrambi speciali, anche se in modo diverso. Fin da piccole io e Andromeda eravamo il sogno di ogni madre: buone, intelligenti, belle, ma purtroppo, gemelle. Nella mia terra i gemelli sono rari e speciali, si pensa che dentro i loro cuori ci sia una scintilla dell’antica energia della creazione, per questo solo loro possono diventare sacerdoti di Theyn e Akhbaar, i due dei maggiori. Ogni anno dalla città sacra quattro sacerdoti partono con una missione speciale: setacciare tutta la regione, trovare figli gemelli e condurli al tempio di Theyn e Akhbaar. Non importa se i genitori decidono di opporsi, i loro figli dal momento della nascita sono già stati scelti, appartengono agli Dei e non possono avere altro destino. Io ancora non sapevo tutto questo, ero solo una bambina all’epoca. Avevo sei anni quando a Graman arrivarono dodici uomini a cavallo, e passarono a setaccio l’intero villaggio. Ricordo quel giorno come se fosse ieri. Era un caldo pomeriggio di metà estate e stavo giocando con mia sorella e mia madre all’ombra di un albero. L’aria era afosa, e i vestiti si appiccicavano al corpo. Il sole splendeva con vigore, e in cielo non c’era nemmeno una nuvola. All’inizio vidi solo una nuvola di polvere in lontananza che avanzava tra il grano, e la indicai a mia madre. Quando lei la vide, il suo viso si riempì in un attimo del più assoluto terrore. Prese per mano me e Andromeda e ci disse che avremmo giocato a nascondino, che avremmo dovuto nasconderci il più lontano possibile e non uscire finché lei non ci avesse trovate. Noi ubbidimmo, ansiose di spezzare la noia di quel pomeriggio con un nuovo gioco. Così ci guardammo negli occhi, e partimmo di corsa attraverso i campi di grano, dirette verso un posto che solo noi conoscevamo, una piccola radura nascosta dietro una collina. Arrivate lì, facemmo il bagno in una piccola fontana che si trovava li vicino, sicure che la mamma ci avrebbe messo molto a trovarci. Passò tutto il pomeriggio. Il tramonto colorò di rosso il cielo. A sera ormai ci eravamo stancate di quel gioco, e così decidemmo di tornare verso casa. Appena arrivate, vedemmo la mamma strattonata in modo brusco da alcuni uomini, che la buttarono a terra, mentre piangeva. Ci nascondemmo dietro un albero. Io tremavo di paura, mentre mia sorella era furiosa. Uscì dal nostro nascondiglio e corse incontro agli uomini, che appena la videro lasciarono subito nostra madre. Raggiunsero Andromeda in un battito di ciglia, e la catturarono. Io scappai immediatamente, ma loro furono più svelti, e mi presero. L’ultima cosa che mi ricordo di quel giorno, è il volto rigato di lacrime di nostra madre, che ci salutava singhiozzando dalla soglia di casa. Anche questa immagine non abbandonerà mai la mia memoria, e sarà sempre nella mia mente l’immagine della disperazione. Il giorno dopo iniziò il nostro addestramento.

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Capitolo 2
*** Secondo sole ***


L’addestramento dei sacerdoti di Theyn e Akhbaar dura dieci anni, e si svolge interamente all’interno della città sacra. Lì i bambini imparano a leggere, scrivere, fare di conto. Studiano la storia, la geografia, l’astrologia. Ricevono lezioni sulle parole da pronunciare durante i riti sacri, talmente segrete e importanti che non possono essere scritte sui libri, ma solo tramandate a voce dai sacerdoti più anziani. Così io e Andromeda imparammo ogni cosa, i lunghi canti e le lunghe preghiere che non possono essere scritte, ci insegnarono quali sono gli oggetti e gli elementi e gli animali sacri agli dei, e a dodici anni ricevemmo l’abito delle novizie. Da quel momento iniziò la fase più dura dell’addestramento. Ci istruirono sull’arte della guerra, sulle armi, sulla strategia e sui modi di combattere. Ogni giorno ci allenavamo con un maestro di spada, di lancia, di arco. Non c’era alcuna differenza tra l’addestramento di uomini e donne, entrambi dovevano dopo due anni, essere in grado di uccidere un orso gigante, armati solo di spada e lancia corta. Era una prova estremamente dura, solo due ragazzi su tre sopravvivevano. Era però necessario, perchè i sacerdoti diventavano poi la milizia scelta della terra di Eis, compivano le missioni più difficili e importanti. Superata la prova dell’orso, gli uomini venivano istruiti su come si cavalcano i draghi, le donne sulle arti della magia. Dopo altri due anni di esercizi estenuanti, finalmente i sopravvissuti ricevevano le tuniche di sacerdoti.

Io e mia sorella superammo non senza difficoltà tutte queste prove, e alla nostra cerimonia di Investitura portavamo con noi i segni di quegli ultimi dieci anni. Cicatrici, ossa rotte, denti mancanti, bruciature. Ma soprattutto un fisico pronto a tutto e una mente forte, temprata da tutte quelle fatiche e quelle sofferenze. Il giorno dell’Investitura iniziava ufficialmente la nostra nuova vita. Una vita di agi e di lussi, coccolate da schiere di servi, gustavamo i cibi migliori e indossavamo vestiti preziosi, vivevamo in meravigliosi palazzi. Passavamo la maggior parte della giornata nei templi minori in città, aiutando i deboli e curando i malati, celebrando matrimoni e funerali. Una vita impegnata, che però ci piaceva molto, e ricordavamo le sofferenze che avevamo patito, ed eravamo grate per quello che avevamo ottenuto. Andromeda ringraziava gli dei, che nella loro infinita bontà ci avevano permesso di sopravvivere, io ringraziavo lei, che mi era stata vicina per tutto quel tempo, permettendomi di non crollare. E tutto andò avanti così, giorno dopo giorno per un anno, finché improvvisamente tutto non cambiò.

La somma sacerdotessa morì. Non sapemmo mai come, ma non era importante. Era arrivato il momento dell’Esame. I due Gran Sacerdoti degli dei esaminavano tutte le sacerdotesse, dalla più giovane alla più vecchia, e tra loro sceglievano la più potente, che sarebbe diventata la nuova Somma Sacerdotessa. Per nove giorni l’Esame continuò, il tempo sembrava non passare mai, tutte eravamo ansiose oltre ogni dire. Il decimo giorno i Sacerdoti emersero dalla sala delle consultazioni e annunciarono: “Dopo aver esaminato tutte le sacerdotesse abbiamo scelto. Andromeda della chiesa di Santa Thoolan, tu sei la prescelta.”

In quel momento un moto di delusione pervase tutte, tranne me, che ero felice di non dover di colpo affrontare mille responsabilità, mille nuovi impegni. Subito questa felicità si trasformò in tristezza, perché non avrei più potuto vedere mia sorella se non durante le cerimonie ufficiali, ma non importava, ero disposta a qualunque sacrificio per la sua felicità. Sul suo viso però non si vedevano gioia o trionfo, solo calma rassegnazione. I due Sacerdoti continuarono: “Andromeda di Santa Thoolan, sei attesa domani mattina davanti all’altare maggiore per pronunciare il tuo giuramento. Lunga vita alla Somma Sacerdotessa“. E mia sorella, si avviò a testa bassa verso la sua camera.

Poco dopo la raggiunsi, e la trovai in lacrime. Era distesa a letto e scossa da singhiozzi.

-Sorella, cosa ti succede? Sei appena stata scelta tra centinaia di donne per essere la più potente, la più ammirata e temuta di tutta la terra. Cosa sono queste lacrime?-  le chiesi.

-A cosa mi serve tutto quel potere, tutta quella ricchezza? Non mi importa ricevere l’adorazione di  migliaia di persone. Per me la gioia di essere sacerdotessa era vedere il sorriso di un bambino che avevo curato, il passo di un vecchio che avevo allontanato di un poco dalla tomba, gli occhi pieni di felicità di una madre a cui avevo tirato fuori il figlio dal ventre. Queste per me sono le cose davvero importanti.-

-Andromeda, so che il tuo animo è buono, che sei una fantastica sacerdotessa. È per questo che ti hanno scelta. Tu sei stata chiamata per essere la più importante tra tutti noi. Ringrazia gli dei a cui tanto tieni, per cui tanto hai pregato. Potrei dire che loro hanno visto la tua fede sconfinata e ti hanno aiutata, ma non è così. Tu devi tutto a te sorella, tu sei speciale.-

-Io non sono speciale, io non voglio essere speciale. Per questo domani non mi presenterò al giuramento-

-E dove andrai? Verranno a prenderti, ti troveranno. Sono potenti, sorella, con i loro draghi e le loro magie possono arrivare fino agli estremi confini della terra. Ti troveranno, ti prenderanno e ti uccideranno per il tuo tradimento.-

-Vorrà dire che scapperò ancora più lontano. So difendermi benissimo, meglio di quanto credi. Aiutami a preparare la sacca, domani all’alba sarò in viaggio.-

-Non farlo, pensa a me! Senza di te morirò! Sei stata la mia forza, la mia roccia, mia madre, mia figlia, la mia migliore amica. Guardami Andromeda, noi siamo uguali. Non rinunciare così a tutto quello che hai costruito in questi lunghi anni.-

-Hai ragione sorella, siamo uguali. Ma io rinuncerò comunque a questa vita che non voglio. Selene, sarai tu la prossima Somma Sacerdotessa al mio posto? Farai questo per me sorella?-

In quel momento il silenzio in quella camera divenne pesante, assordante, e sembrò durare un’eternità. Mi concessi tempo per riflettere poi, consapevole che stavo cambiando per sempre la mia vita, risposi.

 

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Capitolo 3
*** Terzo Sole ***


Tutto avvenne secondo il programma. Il giorno seguente pronunciai il giuramento all’altare maggiore, in presenza di tutti i sacerdoti e le sacerdotesse. Uno per uno vennero a congratularsi con me e a concedermi la loro benedizione, io rimanevo immobile, lo sguardo assente, mentre la mia mente era altrove. Quando arrivò il turno di mia sorella nemmeno me ne accorsi, tanto ero distante con i miei pensieri. Il giorno dopo giurai di nuovo sulla pietra sacra, nella piazza centrale e alla presenza dell’intero popolo di Graman. Giurai che avrei sempre onorato Theyn e Akhbaar, li avrei serviti con tutte le mie forze. Giurai che avrei difeso il regno degli uomini in caso di bisogno e che avrei avuto sempre un comportamento fedele ai principi del Culto. Dopo aver pronunciato queste vuote parole, i Gran Sacerdoti mi aiutarono ad indossare la sacra veste da cerimonia, uno splendore di seta dorata, velluti e piume. Più della metà delle donne presenti tra la folla avrebbero venduto i propri figli per quel vestito, ma io lo avrei volentieri stracciato, buttato nel fango. Poi, sempre secondo la cerimonia, mia sorella mi aiutò a indossare la collana tortile d’oro massiccio, che era appartenuta a ogni Somma Sacerdotessa da quando era stata fondata la città santa. Nei suoi occhi leggevo una gratitudine infinita e un amore incondizionato, io ricambiai il suo sguardo con freddezza e rassegnazione. Finalmente i Gran Sacerdoti annunciarono: “Fino a ieri eri una comune donna, ora sei diventata la figlia prediletta di Theyn e Akhbaar. Diffondi con la tua vita la loro parola. Lunga vita alla somma sacerdotessa, lunga vita a Andromeda!”. In quel momento sentii lacrime di rabbia premere con urgenza dagli occhi, ma riuscii a trattenermi. Dal pubblico, mia sorella mi fece l’occhiolino.

Il primo mese passò come in un sogno. Ero occupata mente e corpo nei riti, nelle cerimonie, nelle riunioni con gli altri Sacerdoti Maggiori. Non vidi mia sorella per lungo tempo, durante il giorno  avevo troppi impegni, e alla sera, quando lei veniva puntualmente a farmi visita, dicevo ai miei servi di mandarla via, dicendo che ero stanca. Lei se ne andava senza dire nulla, e ritornava la sera successiva, solo per essere di nuovo mandata via. Io mi sentivo male, obbligata dall’amore che provavo per mia sorella ad essere la Somma Sacerdotessa di due dei in cui nemmeno credevo. Non potevo più aiutare la gente, come tanto mi piaceva fare nel primo periodo di sacerdozio. Mi sembrava inutile tutto quello che facevo, ogni rito mi sembrava vuoto e privo di significato. Mi mancava parlare con Andromeda, lei riusciva sempre a chiarire i miei dubbi e a darmi sicurezza. Avrei voluto parlarle, ma allo stesso tempo non volevo, ero furiosa con lei per quello a cui mi aveva spinto. Sapevo che lei capiva il mio stato d’animo e che avrebbe aspettato il mio perdono tutta la vita, se necessario. Mi sentivo indifesa, vulnerabile, ma allo stesso tempo volevo qualcosa che spezzasse la monotonia di quella nuova vita.

Gli dei esaudirono il mio desiderio. Passati due mesi da quando ero Somma Sacerdotessa, arrivò un giorno al palazzo degli dei gemelli un corteo di uomini a cavallo. Erano un gruppo di venti uomini circa, cavalcavano strane bestie striate di bianco e di nero, come non ne avevo mai viste, avevano strani stemmi, a me sconosciuti. Poiché il re era impegnato nell’assedio di una città ribelle, toccava a me svolgere i compiti di accoglienza degli ospiti stranieri. Notai che la maggior parte di loro erano feriti, e così mandai immediatamente un gruppo di guaritori a prendersi cura di loro. Interrogai il soldato che mi sembrava in condizioni migliori, e scoprii che uno di quegli uomini era niente meno che il figlio del re del Miandar, regione ai confini con quella di Eis, e sua storica alleata. Mi rimproverai per non aver riconosciuto gli stemmi, e dissi a una guardia di riferire al principe che era atteso nelle mie stanze, non appena si fosse ripreso. Passarono due giorni. La sera del terzo il principe raggiunse la mia sala da pranzo privata.

Rimasi subito affascinata dal suo aspetto. Aveva capelli lunghi fino alle spalle, color grano, i suoi occhi erano di un normale castano, striato di verde intorno alle pupille. Viso magro dai lineamenti affilati e bocca sottile, che accennava spesso un mezzo sorriso.

-Somma Sacerdotessa, le porgo gli omaggi del re del Miandar, e dell’intera regione dell’ovest-  disse inginocchiandosi. La mia analisi del nuovo arrivato avrebbe dovuto aspettare, dovevo procedere secondo l’etichetta.

-E io ricambio con l’omaggio della terra di Eis e della regione dell’est. Ogni volta che avrete bisogno, i nostri uomini saranno al vostro comando, e potrete avere il nostro pane e il nostro sale se sarete affamati, i nostri focolari se infreddoliti.-

-E così sarà sempre, siano lodati gli dei.-

-Sempre siano lodati.- risposi senza intonazione.

-Bene, ora possiamo abbandonare queste noiose regole di etichetta.- esordì lui. – il mio nome è Yerac, e sono onorato di fare la vostra conoscenza. Avevo sentito voci sulla vostra grande bellezza, ma non immaginavo fossero false. Siete ancora più bella di come vi descrivono, mia signora.-

-Grazie, Yerac, la mia bellezza mi è stata donata dagli dei come dono per la mia fede- risposi, sentendomi un’’ipocrita nel pronunciare quelle parole – il mio nome è Andromeda. Ora raccontatemi, cos’è successo durante il vostro viaggio?-

-Avevo una scorta di più di cinquanta uomini alla mia partenza dal Miandar, e dovevo compiere una missione diplomatica. Avrei dovuto parlare con il re delle terre dell’est a proposito dei nostri contratti commerciali. Durante il tragitto siamo però stati attaccati da una banda di predoni, ci hanno teso un’imboscata mentre attraversavamo una gola. Più della metà dei miei uomini sono caduti sotto le loro frecce, ma grazie agli dei io sono riuscito a mettermi in salvo.-

-Se lo desiderate, metterò a vostra disposizione un battaglione di cento uomini per scovare ed uccidere i briganti.-

-Non è necessario, mia signora. Per il momento mi accontenterò di aspettare qui in città il vostro nobile sovrano, mentre mi riprendo dalle ferite.-

-Sta bene. Ora se volete seguirmi, possiamo iniziare la cena.-

Durante la cena successe una cosa incredibile. Smisi poco a poco di pensare ai problemi, agli impegni che avrei dovuto affrontare il giorno seguente, sentivo la testa leggera, non so se per merito del vino o delle parole di quell’uomo. Parlammo fino a notte fonda. Lui mi parlò di com’era la sua vita a palazzo, e poi mi raccontò tutte le leggende dell’ovest che conosceva. Io gli descrissi tutta la mia frenetica quotidianità, e mentre gliene parlavo, tutte quelle azioni sembravano ancora più prive di senso. La mia cameriera dovette venire a chiamarmi, e mi avvertì che domani all’alba avrei dovuto celebrare un rito importante. A malincuore lo salutai, facendomi però promettere che sarebbe tornato la sera seguente. Era stata una serata fantastica, mi sentivo davvero felice, e spensierata, come non mi capitava più da molti  anni. Mi avviai verso la camera da letto.

Mentre mi cambiavo urtai contro un’ampolla. Annebbiata dall’alcol, la rovesciai, e mi accorsi solo dopo, che si trattava della pozione di Mund, che tutti i sacerdoti devono bere ogni giorno per allontanare dalla loro mente i desideri della carne. Grazie a questa pozione gli uomini e le donne non dovevano vivere in zone separate dei templi, perché non si desideravano a vicenda. Mi addormentai pensando a Yerac. Il giorno dopo, mi svegliai con un forte mal di testa e notai che ero in ritardo per la funzione. Mi vestii in fretta e corsi verso il tempio. Dimenticai di bere la pozione.

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