Il mare della Normandia

di kikkisan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Vivere o morire ***
Capitolo 3: *** Un urlo nella notte ***
Capitolo 4: *** Calma apparente ***
Capitolo 5: *** Un attimo ancora ***
Capitolo 6: *** La colpa di un padre ***
Capitolo 7: *** Prima di morire ***
Capitolo 8: *** Illusione o verità ***
Capitolo 9: *** Luce e ombra ***
Capitolo 10: *** L'ultima promessa (Epilogo) ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


E’ una calda mattina d’estate.
Salgo sulla nostra collina preferita, dove da piccoli amavamo giocare a rincorrerci.
Ricordo le nostre gare a chi arrivava primo.
Lo so, non ti lasciavo vincere mai.
Ricordo i nostri bagni fatti in pieno maggio, quando l’acqua è ancora cosi fredda da scoraggiare anche il più indomito dei soldati.
Ricordo i raffreddori presi e le corse a gambe levate per evitare le sculacciate.
Ricordo la nostra adolescenza su questa spiaggia che ci ha visto protagonisti d’infinite sfide con la spada.
Ricordo le nostre cavalcate lungo questa costa mentre il mare continuava lentamente il suo viaggio.
Ricordi.
Troppi.
Fanno quasi male al cuore.
Intravedo due bambini giocare sulla sabbia.
Una testolina bionda e una mora.
Rivedo noi due.
Quando abbiamo scritto per la prima volta i nostri nomi sulla riva, mentre le onde continuavano a cancellarli.
Tu il mio.
Io il tuo.
“Oscar e Andrè”
Ho sempre adorato questo posto.
E anche tu.
Mi siedo, la terra è già asciutta, anche se il sole si è svegliato da poco.
Mi siedo davanti al mare della Normandia sotto questo grande albero, l’aria qui è più fresca, la brezza marina allieta la mia pelle accaldata.
Tra le mie mani una promessa.
Tra le mie mani un impegno.
Tra le mie mani quel diario che mi hai regalato tanto tempo fa, perché tanto tempo fa mi hai fatto promettere di scrivere una storia.
Una storia che svela sogni segreti.
Una storia che scopre pensieri nascosti.
Una storia che rievoca memorie perdute.
Una storia che il tempo ha custodito indelebile nella mia mente.
Una storia, la nostra.
Ora più che mai, dopo tutti questi anni, sento il bisogno di farlo.
Ora più che mai devo poterlo fare.
E poi, te l’ho promesso.
Non voglio piangere.
Non devo piangere.
La mia mano trema.
Sul foglio bianco inizio a scrivere:
“Arras 27 giugno 1809…(1)





(1) Lo so che Arras non è sul mare ma lasciatemela passare.

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Capitolo 2
*** Vivere o morire ***


Camminava per la stanza in preda ad un’ansia terribile.
Il messaggere tardava ad arrivare.
Aveva parlato con il Re.
Avevano deciso di perdonare il comportamento di Oscar; non si sarebbe preso nessun provvedimento nei confronti della famiglia Jarjayes, si auspicavano solo una maggiore lealtà nei riguardi della corona.
Ma aveva anche ascoltato cosa il generale Jarjayes aveva detto.
 “Punirò questa figlia ribelle con le mie stesse mani”.
Aveva visto scintillare la follia nei suoi occhi feriti.
Aveva visto la sua mano stringersi fino quasi a sanguinare per quell’atto folle.
Non avrebbe mai perdonato quel tradimento.
Mai.
E sapeva cosa avrebbe fatto.
Ad Oscar.
Alla sua amica Oscar.
L’onore della famiglia poteva essere salvato nell’unico modo che esisteva.
Con la morte.
Col sangue.
No.
Non poteva accettarlo, doveva impedirlo. 

Un tocco alla porta sorprese i suoi pensieri.
Il messaggere era finalmente arrivato.
Si inchinò.
“Vi prego di perdonare il mio ritardo Maestà, ma a causa di quello che è successo all’Assemblea Generale, ho dovuto portare per conto del Re, una missiva al Conte Girodelle”.
Annuì.
Certo, anche il conte Girodelle sarebbe stato punito, ma le parole rivolte alla sua famiglia erano state più lievi e sopportabili, sarebbero stati più clementi con lui.
Ma non con Oscar.
Ecco perché aveva implorato il re di perdonarla.
Supplicato.
Porse il messaggio da recapitare.
“Tenete portate questo a palazzo Jarjayes e sbrigatevi”.
Un altro inchino.
La regina guardò il ragazzo correre via per sparire tra le stanze di quel grande palazzo.
Fa presto ti prego.
Presto.
Mentre fuori il rombo di un tuono scosse il buio di quella notte che non preannunciava nulla di buono.
 
***
 
Un lampo.
Il buio della stanza.
Una spada.
Il luccichio del fendente.
Una mano sul mio petto nell’atto di protezione più estremo.
Quasi a trascinarmi via.
Un passo indietro.
Un altro lampo.
Un rumore sordo.
Un gemito.
Il bagliore che rischiara la stanza.
La lama.
Il sangue.
La sua voce.
A terra.
Le mani sul cuore mentre il mio va in frantumi.
No.
No.
No.
“Chiamate un dottore presto, un dottore….vi prego… … ti prego”.
Cado in ginocchio, metto le mani sul suo petto.
Stringo.
Comprimo.
Forte.
Più forte.
 “Guardami…. Dio santo guardami… parlami… maledizione …. parlami ti prego parlami… fate presto”.
Guardo intorno a me, è buio, solo i lampi illuminano la stanza.
Nessuno osa muoversi.
Nessuno osa parlare.
Sento solo il rumore della pioggia, una lenta cantilena che stordisce i miei sensi.
Sento solo il rumore della pioggia, una dolorosa nenia che confonde i miei pensieri.
Le mie mani insanguinate tentano di bloccare la ferita, cercano di fermare il sangue.
Provano.
Tentano.
Cercano.
Inutilmente.
Le sue mani sono sulle mie.
Le stringono debolmente.
Tremano.
Forte.
Sento le sue dita intrecciarsi con le mie.
Sento le unghie conficcarsi nella mia pelle.
Sembrano gridarmi  Non lasciarmi andare.
No, non ti lascio andare.
No, non ti abbandono.
Ma tu non lasciare me.
Ti prego.
Una smorfia di dolore contrae i suoi lineamenti.
Grido ancora più forte.
“Vi prego, vi prego qualcuno chiami un dottore maledizione” – mi volto – “ e tu non provare a morire, non farmi questo hai capito?”
Sento chiaramente il suo respiro farsi più debole.
Flebile.
Sottile.
Sta tentando di dirmi qualcosa, ma non riesco a capire.
Maledizione.
Solleva la sua mano verso il mio viso, tentando di accarezzarlo.
Qualcuno chiami un dottore.
Per favore.
Le lacrime offuscano tutto.
Per favore.
Le lacrime annebbiano la mia mente
Per favore.
Le lacrime mi confondono l’anima.
Mi avvicino di più al suo volto, sento l’odore acre del sangue chiudo gli occhi per respingere il dolore che si sempre più prepotente s’incunea nelle mie viscere.
Per favore.
Avvicino l’orecchio alla sua bocca.
Mi sussurra.
 “Il mio Andrè... ”
La vedo sorridere mentre la sua mano scivola via dal mio viso.

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Capitolo 3
*** Un urlo nella notte ***


Una piccola premessa mi pare doverosa:
devo dire che ho creato un po’ di confusione, anche se quello che cercavo era più una sorta di suspense; chi sta scrivendo? Chi è che è stato ferito?
Tutte cose che col passare della lettura vengono alla luce.
Inoltre, non potevo scriverlo nella premessa altrimenti addio sorpresa, ma ho sempre odiato quel “Andrè io..” di Oscar nel momento in cui lui decide di morire per primo, è una cosa che non ho mai sopportato e quindi ecco a voi una nuova versione di quella notte. :-)
Spero che il resto della storia sia di vostro gradimento e grazie veramente a tutte coloro che hanno recensito o anche solo letto.
E come sempre Carpe Diem.


 
***

Un urlo provenente da fuori scuote tutti.
“Aprite sono un messaggero di sua Maestà. Aprite. Vengo da Versailles e ho un messaggio per Oscar Françoise de Jarjayes”.
Finalmente riescono a muoversi.
Il rumore pesante della spada gettata a terra riscuote anche me, mentre il generale esce dalla stanza come impazzito incrocio gli occhi di mia nonna.
Lo so nonna, avrei dovuto esserci io.
Lo so nonna, non sono stato capace di proteggerla.
Lo so, ma ti prego guardarmi cosi.
Non guardarmi come l’ultimo degli uomini.
Non guardarmi come se fossi stato io.
Ti prego.
Abbasso lo sguardo e sento solo il ticchettio delle sue scarpe scendere frettolosamente le scale.
Passano solo pochi attimi e il cavallo riprende la sua corsa.
Va corri.
A chiamare aiuto.
A chiamare un dottore.
A chiamare Dio se necessario.
Ma sbrigati.
Per favore.
Non oso muovermi, le mie mani sono ormai impregnate del suo sangue.
Ho paura.
Paura di non riuscire a salvarla.
Paura di farla morire.
Continuo a guardarla.
Continuo a piangere.
Continuo a implorare.
 “Oscar ti prego …. rimani con me, non mi lasciare…. ti prego Oscar guardami apri gli occhi .. ma perché? Ero io che dovevo morire… io dovevo salvare te. Ma perché Oscar? Perché ti sei messa in mezzo?”.
Continuo a farle la stessa domanda, per dieci, cento, mille volte, ma non ottengo nessuna risposta.
Sento il suo cuore battere, lo sento ancora sotto le mie mani, ma i suoi occhi sono chiusi, il suo respiro è rarefatto.
Una mano è inerme tra le mie, mentre l’altra è scivolata a terra.
Il suo viso è pallido ed esangue.
Le labbra livide.
Oscar.
Oscar.
La mia Oscar.
Non so quanto tempo è passato, un minuto, un’ora, una vita o un’eternità forse, ma finalmente vedo entrare il dottore.
Lo guardo con disperazione, non oso spostarmi.
Che devo fare.
Qualcuno mi aiuti.
Vi prego.
Lo vedo leggere nei miei occhi lo sconforto e mettere le sue mani sulle mie.
Lo sento stringere.
“Lascia Andrè, lasciala a me, ora ci penso io” – mi dice debolmente.
Resto immobile.
Senza parlare.
No.
Non tolgo le mani dal suo petto.
No.
Non lascio il suo cuore.
No.
Non voglio che muoia.
“Andrè ti prego, se non togli le mani io non posso curarla, morirà!”.
Un colpo di pistola.
Le sue parole sono come un colpo di pistola sparato alla schiena.
Un fremito percorrere le mie membra.
Mi sento morire.
Scosto lentamente le mani mentre le sue occupano il mio posto.
Tampona.
Più forte.
Tampona.
Più forte ti prego.
Tampona.
Si gira verso le persone venute con lui, non so neanche chi siano - “Dobbiamo portarla nella sua stanza, inoltre ho bisogno di acqua calda e di teli puliti.”
Tutti annuiscono.
Tutti si muovono tranne io.
Sono ancora in ginocchio accanto a lei.
Non riesco a emettere un suono.
Non riesco a staccare gli occhi dal suo viso.
Non riesco a lasciare la sua mano.
La stringo forte.
Sento qualcuno scansarmi bruscamente, qualcun altro spostarmi per farsi spazio, cosi da portarla via.
Mi accorgo di essere solo d’ingombro.
Ma non riesco a muovermi.
E’ tutto ovattato nella mia mente.
E’ tutto confuso dentro di me.
Riesco solo a percepire la pioggia che incessantemente continua la sua irrimediabile caduta.
Riesco solo ad avvertire il rombo dei tuoni che sconquassano questa notte infernale.
La sua mano scivola velocemente dalla mia, senza che possa far nulla per trattenerla.
La vedo dondolare morente.
Vi prego, rimettetela sulla lettiga.
Vi prego, è ancora viva, maledizione.
Vi prego, un po’ di pietà per me.
Vi prego.
La vedo portare via, velocemente, mentre mia nonna corre a preparare ciò che il medico le ha chiesto.
Sento ancora i suoi singhiozzi riecheggiare per le scale.
Nonna.
Si salverà
Te lo prometto.
Si salverà.
Dolore.
Lo sento nelle mani.
Lo sento nelle braccia.
Lo sento nella testa.
Mi alzo lentamente, trascinandomi verso la sua stanza.
Sento scendere dalle mie dita il suo sangue.
Goccia dopo goccia.
Le sento scivolare via come fuoco sulla mia pelle.
Le sento cadere come macigni nella mia testa.
Le sento conflagrare come esplosivi nel mio corpo.
Appoggio le mani alla sua porta.
Stringo i pugni.
Non morire Oscar.
Non morire.
Voglio vedere ancora il tuo sorriso Oscar.
Voglio vedere ancora i tuoi occhi azzurri illuminarsi Oscar.
Ancora una volta.
Ti prego.
Lascio scivolare le mani, e mi volto.
Sento l’aria tendersi e un colpo arrivarmi in pieno viso.
Il sapore dolciastro del sangue è nella mia bocca.
Lo asciugo con una mano e osservo chi mi è di fronte.
E la vedo io quasi cieco, ora riesco chiaramente a vedere.
La sua disperazione.
La sua angoscia.
La sua sofferenza.
Urla.
Lo so Generale, avreste voluto vedere me al suo posto.
Inveisce.
Avanti Generale, sfogate la vostra rabbia su di me.
Maledice.
Lo so Generale, sarò maledetto fino all’ultimo dei miei giorni.
Lo so, vi sento, non c’è bisogno che lo urliate.
Io vi sento benissimo.
Ma ora, sono io che vi domando Generale, avreste pianto anche per me?
Avreste ucciso lo stesso Oscar, dopo aver ucciso me?
O l’avreste risparmiata?
E cosa volete fare ora?
Volete uccidermi?
E allora fatelo.
Fatelo maledizione.
Fatelo dannazione.
FATELO!
Così non sentirò più questo dolore che mi trafigge il petto.
Cosi non sentirò più la disperazione consumarmi il cuore.
Cosi potrò accoglierla tra le mie braccia quando esalerà l’ultimo respiro.
Lo faccia.
Mi elimini.
Mi annienti.
Mi uccida.
Ma lo faccia ora.
ORA.
Ora che non sento più niente.
Ora che sono niente.
Vi prego generale, vi prego uccidetemi.
Perche se non lo fate voi, lo farò io.

Il rumore della porta interrompe i miei pensieri.
Vedo uscire il dottore e aggiustarsi i piccoli occhiali.
Lo vedo pulirsi le mani in un fazzoletto di seta.
E’ stanco.
Sembra sconfitto.
No.
Alza lo sguardo.
Vi prego.
E’ serio.
Ci dice che ha perso molto sangue.
Vi prego.
Ci dice che la lama è stata fermata da una costola, poco sopra il cuore.
Vi prego.
Ci dice che ora dipende tutto da lei.
Vi prego.
E ci dice che è viva.
Signore grazie.
Ma.
Ci dice che è malata.
No.
Ci dice che ha la tubercolosi.
No.
Ci dice che solo un miracolo la può salvare.
No.
Signore ti prego no.
Ti prego Signore prendi me.
Ti prego Signore non portarmela via.
Ti prego Signore non rubarmi l’unica luce della mia vita.
Vedere.
Sentire.
Vivere.
Amare.
Morire.
Non conta più niente.
Non esiste più niente.
Ora, avverto solo l’urlo incessante del mio cuore che sovrasta anche il fragore del vento.
Ora, avverto solo il suo sangue sulle mani, pronte a combattere in questa oscura notte, pronte a strappare, se necessario, le ali all’angelo della morte.

 
 
Appunti di viaggio
Sono molto critica con me stessa in fatto di date, tempi ecc ecc, sto sempre molto attenta che tutto torni, o almeno ci provo, quindi le critiche me le faccio anche da sola.
1° impasse: l’arrivo del dottore. Lo so all’epoca non c’erano macchine e immagino che una carrozza poteva metterci anche un’ora ad arrivare, soprattutto con quel tempaccio, quindi so che il lasso di tempo tra la partenza del messaggere e il suo arrivo non è credibile. Me ne scuso. 

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Capitolo 4
*** Calma apparente ***


Premessa: Chiedo veramente scusa a tutte per il tremendo ritardo, sono imperdonabile lo so, ma la vecchietta qui presente se n’è andata a festeggiare la sua tarda età all’estero. 
Volevo aggiornare prima di partire ma non ce l’ho fatta proprio, inoltre questo è stato un capitolo piuttosto ostico e difficile per me(nelle note a fine capitolo capirete il perché).
In compenso devo dire che la vacanza è stata prolifica, poiché insieme ai miei inseparabili amici di viaggio, una penna e un blocco notes, non mi sono fermata.
Cercherò di aggiornare più velocemente, anche se tra un po’ me ne andrò in vacanza, in caso contrario perdonatemi fin da ora.
Grazie veramente di cuore a tutte coloro che hanno recensito ed a chi ha solo letto.
A presto e come sempre Carpe Diem
 
***
 
Apro gli occhi.
Il mare della Normandia.
Pace.
Il mare della Normandia.
Calma.
Il mare della Normandia.
Tranquillità.
Respiro a pieni polmoni.
Mentre continuo a fissare il calmo defluire del mare.
Respiro, aria sempre più leggera.
Mentre continuo ad ascoltare la sua dolce melodia.
Respiro, attimi di vita.
Chiudo gli occhi.
Per imprimermi nella mente tutte queste sensazioni, per troppo tempo imprigionate dalla mia coscienza.
Per ascoltare il silenzio del mio spirito, per troppo tempo ignorato dal mio giudizio.
Per non lasciar fuggire via dal mio cuore questa calma, per troppo tempo intrappolata dalla mia mente.
Respiro.
Una brezza leggera muove distrattamente i miei capelli.
Una brezza leggera accarezza sbadatamente il mio corpo.
Ho sempre amato questo posto e il suo lento trascorrere del tempo.
Ho sempre adorato questo mare e il suo lento viaggiare di gabbiani verso mete sconosciute.
Respiro.
Ma.
Non ricordo perché sono qui.
Non ricordo di essere venuta qui.
Non ricordo da quanto tempo sono qui.
Non ricordo.
Il rumore delle onde che s’infrangono sulla sabbia desta i miei pensieri.
Allungo le braccia sopra la testa per stirarmi.
Lascio che il sole solletichi il mio viso con tutto il suo calore.
Lascio che il mare lambisca i miei piedi nudi, con la sua leggerezza.
Mi guardo intorno e comprendo di non essere sola.
Vedo una figura a me familiare.
Vedo un uomo a me caro.
A pochi passi da dove sono io, seduto sulla sabbia di fronte al mare.
Il suo sguardo è fisso a terra.
Le mani stringono dolorosamente i capelli.
Sembra affranto.
Lo vedo scuotere la testa.
Sembra rassegnato.
Sussultano le sue spalle.
Sembra sfinito.
Gocce.
Le vedo scendere veloci dal suo viso.
Gocce.
Le vedo atterrare violente sulla sabbia.
Gocce.
Lacrime.
Ma non capisco.
Mi avvicino a lui.
Lentamente.
Inclino la testa per scorgere il suo viso.
Lo chiamo.
Sembra non sentirmi.
Provo di nuovo.
Le sue braccia scivolano sulle ginocchia.
Lo vedo alzare la testa guardando davanti a se.
Finalmente riesco a distinguere il suo viso.
E.
Andrè!
Perché vedo disperazione?
Perché vedo dolore?
Perché vedo terrore?
Nei tuoi splendidi occhi verdi.
Non capisco Andrè.
Sussurri il mio nome, come se mi cercassi in un tempo lontano.
Preghi Dio affinché io rimanga con te, come se mi avessero strappato a forza dalle tue mani. 
Che succede Andrè?
Il tuo mormorio sommesso diventa un urlo agghiacciante.
Urli al vento il tuo fallimento vomitando parole piene di disprezzo che annichiliscono la tua anima.
Chiedi al mare il mio perdono, serrando dietro le tue iridi attimi di pura follia.
Le tue mani tremano.
Ti prego spiegami Andrè, perché io non capisco.
Ti alzi e lentamente ti volti verso di me.
Finalmente i tuoi occhi incrociano i miei.
Il tuo corpo è sempre più vicino al mio.
Riesco a sentire il tuo profumo.
Riesco a sentire il tuo respiro.
Riesco a sentire il calore della tua pelle.
Ti sorrido e allargo le braccia.
Abbracciami Andrè, cosi da sciogliere ogni tua paura.
Stringimi Andrè, cosi da liberare ogni tuo dubbio. 
Abbracciami.
Forte.
Ma.
I tuoi occhi guardano oltre.
Il tuo corpo non si ferma davanti a me.
Andrè, io…
Il tuo corpo esplode dentro di me.
Assaporo la tua essenza, nutrimento di ogni attimo della mia vita. 
La mia schiena s’inarca mentre le mie gambe si flettono.
Godo della tua energia, indispensabile per me come la luce del sole.
La mia testa si piega all’indietro mentre i miei occhi si chiudono. 
Tremo.
E’ una scarica di emozioni.
Sussulto.
E’ un agglomerato di sentimenti.
Vibro.
E’ una catapulta di ricordi.
E’ Andrè.
E sento.
Le tue emozioni, penetrami l’anima.
Vive, come l’urlo di un neonato che apre gli occhi alla vita.
Il tuo amore, attraversami il cuore.
Intenso, come il profumo delle rose appena sbocciate.
I tuoi ricordi, oltrepassarmi la mente.
Lontani, come sogni appesi al filo della vita.
Tutto questo sei tu.
Sei Andrè.
E vai oltre.
Mi volto, sconvolta.
Mentre ti allontani da me.
Ti volti, distrutto.
Mentre mi avvicino a te.
E non capisco.
La mia pace diventa disperazione.
Sto impazzendo.
La mia tranquillità diventa angoscia.
Sto delirando.
La mia calma diventa tormento.
Aiutami Andrè.
Ti prego.
Guardi lontano e sussurri.
Mi chiedi se ricordo quando eravamo bambini.
Certo Andrè, ricordo.
Mi chiedi se ricordo il primo bagno nel nostro mare, a maggio.
Come potrei mai dimenticare.
Come potrei Andrè.
Chiudi gli occhi.
E poi.
Risate di bambini.
Le grida di una donna.
Sussulto.
Le nostre risate.
Le urla di Nanny.
Apri gli occhi e osservi.
Oltre me.
Oltre il mio corpo, ormai riflesso dei tuoi pensieri. 
Oltre i miei occhi, ormai cristalli delle tue emozioni.
Mi volto e ciò che vedo mi paralizza. 
Noi.
Tu ed io.
Rivedo il nostro primo bagno in questo mare.
Il mare della Normandia.
Riaffiorano i ricordi, incancellabili nella mia testa.
Ritornano prepotenti a confondermi la ragione.
E rivedo.
Una testolina mora, una testolina bionda.
Scanzonati e allegri.
Felici e liberi.
Tu ridi, mentre coraggiosamente inizi a bagnarti.
Io rido, ma tentenno ancora.
"Andrè...è fredda.."
"Dai Oscar sei una fifona...buttati..."
Ti tuffi.
"Dai fifona...buttati.."
Continui a incitarmi.
Continui a prendermi in giro.
Mi tuffo.
Sento sulla pelle il freddo dell’acqua gelida.
Brividi.
Sento sulla pelle il tiepido vento di quella splendida giornata di maggio.
Fremiti.
Sento sulla pelle.
Ora.
"Voi due uscite dall’acqua è fredda vi prenderete un bel malanno".
Nonna.
Ma non l’ascoltiamo.
Esultiamo allegri.
Ci sentiamo invincibili.
Siamo invincibili.
Ricordo.
La bellezza di quel giorno, Andrè.
Ricordo.
La leggerezza del nostro essere bambini, perduta lungo il cammino della nostra vita.
Ricordo.
La spensieratezza della nostra amicizia, smarrita nella solitudine delle nostre anime.
Ricordo. 
Come se fosse oggi.
Ma non è oggi e non sarà mai più quel tempo.
Mai più.
Torno a guardarti.
Mi fissi. 
Ma non è me che guardi.
Non sono io il riflesso nei tuoi occhi.
Non sono io la luce in quel mare verde.
I tuoi occhi sono piccole gemme di smeraldo, appoggiate lungo i confini del mondo.
Le tue lacrime sono schegge di ghiaccio che graffiano il mio cuore, trafiggendolo con senza pietà.
E’ tutto cosi irreale.
E’ tutto cosi assurdo.
E’ tutto cosi …
Un incubo, ecco cos’è.
Si.
Un tremendo incubo da cui presto mi risveglierò.
Andrè.
Parlami.
Guardami Andrè.
Dimmelo.
Maledizione, Andrè ti ordino di guardarmi.
Guardami.
Ti prego.
Dimmelo.
Dimmi che è un sogno.
Dimmi che tra un po’ mi sveglierò nel mio letto.
Dimmi che tra un po’ sentirò il tuo allegro fischiettare nelle cucine.
Ti prego Andrè dimmelo.
Dimmi che non sto impazzendo.
Dimmi che è solo una delirante notte di follia.
DIMMELO.
Svegliami Andrè.
Svegliami.
Scuotimi Andrè.
Picchiami, ma ti prego fa finire questo insopportabile strazio.
Prendimi a pugni, ma ti prego cancella dai miei occhi questo supplizio.
Uccidimi, perché se questa è la realtà, io non la voglio vivere.
Ti prego.
E’ solo un incubo.
Un incubo.
Ti muovi verso di me.
Andrè ti scongiuro guardami.
Guarda me.
Non l’oblio riflesso nei miei occhi.
Me.
Non il vuoto intorno alle nostre vite.
Me.
Solo me.
Ti fermi a pochi centimetri dal mio viso.
Vedo il tuo torace sussultare irregolarmente.
Sento il tuo cuore battere freneticamente.
La tua mano si posa sul mio petto.
Sento il tuo calore invadermi il corpo.
Sento la tua energia pervadere i miei sensi.
E sento … dolore.
La tua mano si stacca da me.
E quello che vedo è…
Sangue.
Lo vedo fluire lungo le tue braccia, inerpicandosi come un’edera velenosa lungo tutto il tuo corpo.
Lo vedo colare dalle tue mani, come acqua di una sorgente di vita.
La mia.
Ripeti il mio nome in una dolorosa nenia che trafigge i sensi. 
Abbasso il viso.
Una macchia di rosso carminio invade la mia camicia bianca.
Vedo il mio sangue espandersi velocemente su tutto il mio corpo.
Lo sento arrivare fino al collo, stringendolo.
Lo sento annodarsi sulla mia gola, soffocandomi.
Lo sento bloccare le mie gambe, schiacciandole.
No.
Andrè.
Tendo le mani per raggiungerlo.
Tu.
Un passo indietro.
No.
Confondo il tuo viso nel rosso vivo delle mie mani insanguinate.
Tu.
Un altro passo indietro.
Andrè, no.
Confondo le tue lacrime nel pianto scarlatto che scaturisce dai miei occhi. 
Andrè, no.
Non te ne andare, non lasciarmi.
Andrè ti prego.
No.
“Perdonami Oscar”
NO!
Andrè NO!
NO!
Poi.
E’ un attimo.
Sento il buio avvolgermi con i suoi freddi artigli.
No, non adesso.
Mi sento trascinare indietro.
No, non ora.
Le mie mani si tendono in avanti, cercando disperatamente un appiglio.
Inutilmente.
Vedo Andrè, allontanarsi sempre di più.
Le risate diventano pianti.
I ricordi diventano amnesie.
Il mare diventa ghiaccio.
La spiaggia diventa roccia
I gabbiani fermano il loro volo.
Il cielo diventa un grigio dipinto sbiadito.
Tutto sta per sparire.
Il mare, la spiaggia.
I gabbiani, il cielo.
Noi bambini, Nanny.
Il mio Andrè.
Il freddo occupa il posto al calore.
Le tenebre oscurano il sole.
Che succede?
Dove sono?
Tutto intorno a me gira.
Andrè.
Non vedo più.
Andrè.
Un vortice di ricordi rievoca sensazioni dolorose.
Un vortice di immagini rievoca emozioni che la mia mente nega.
Ora è tutto fermo intorno a me.
Riconosco questo posto.
So dove sono.
E’ buio.
Un lampo.
Una spada.
Vedo.
E ricordo.
Ora, finalmente, ricordo tutto. 


 
Appunti di viaggio
Non mi chiedete perché ma questo capitolo non mi convince per niente. 
C’è sempre stato dalla nascita della storia ed è basilare per il suo continuo, ma c’è qualcosa che stona, l’avrò riletto e modificato duemila volte e non sono riuscita a capire cos’è, quindi massacrate tranquillamente.
Spero comunque di non avervi deluso e di nuovo un grazie immenso a tutte.

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Capitolo 5
*** Un attimo ancora ***


Premessa: Innanzitutto PERDONO.
Poi, questa storia non è facile, lo capisco, ma ormai non si torna indietro e spero continuerete a seguirmi.
Per togliervi ogni dubbio, Oscar non è sveglia, Oscar è ancora nel suo limbo tra la vita e la morte e in questo capitolo si ricorderà sensazioni, sentimenti e gesti che finalmente la porteranno a capire quello che è successo.
Buona lettura a tutte.


Apro gli occhi.
Buio.
Un lampo.
Luce nella stanza.
Poi.
Di nuovo buio.
Di nuovo luce.
Ora ricordo.
Ricordo tutto.
Alzo lo sguardo.
Riesco a vedere chiaramente le due persone davanti a me.
Sento le sue parole.
Quelle di mio padre che urla il nostro tradimento.
Che urla la nostra infedeltà alla corona.
No, non ci perdonerà.
Sento da lontano gli incessanti singhiozzi di tua nonna.
Sento lo spavento scorrerle lungo il viso.
Mi dispiace, nonna, mi dispiace tanto.
E poi vedo te.
In ginocchio davanti me.
Vedo la pistola poggiarsi delicatamente a terra.
Vedo i pugni serrarsi sulle ginocchia.
Ti sento sospirare. 
Ma non c’è paura nel tuo corpo.
Né terrore nella tua voce.
Non voglio pensare a cosa succederà.
Ascolto le tue parole come provenienti da uno spazio infinito.
Ascolto impaziente quello che prevedo sarà un sacrificio vano.
Morire.
Implori mio padre di ucciderti per primo.
Supplichi di non dover assistere all’orrore della mia morte.
Morire prima della donna che ami.
Prima di me.
E io?
Non riesco a pensare.
Non riesco a ragionare.
Riesco solo a dire “Andrè io... ” 
Stupide parole inutili.
Vorrei tanto gridarti di non farlo.
Vorrei tanto chiudere gli occhi e aspettare la morte insieme a te.
Ma so che questo non avverrà.
E lo sai anche tu.
Sì, tu lo sai.
Sai che dopo non mi ucciderà.
Sai che dopo quel coraggio non ce l’avrà.
E che questa follia svanirà così velocemente com’è arrivata.
Ma vuoi morire lo stesso.
Vuoi salvarmi lo stesso.
Sei coraggioso Andrè.
Lo sei sempre stato.
Molto più di me.
E ora sei qui.
Pronto a morire.
Pronto a dare la tua vita per la mia.
Pronto ad assolvere il compito di tutta una vita.
Ma non è per dovere che lo fai.
Non è per rispetto, né per devozione.
E’ solo per amore.
Quell’amore di cui il tuo cuore si è saziato fino quasi ad esplodere.
Quell’amore ormai spettatore involontario del tuo dolore. 
Quell’amore che io ho sempre rifiutato.
Fino ad oggi.
Perché ora mi sto prendendo il tuo amore Andrè.
E la tua vita.
Sei una vigliacca Oscar, solo una vigliacca. 

Ti alzi lentamente.
Vedo il tuo corpo proteggere il mio.
Non ricordavo una sensazione di protezione cosi intensa prima d’ora.
Non ricordavo quanto fossi alto Andrè.
E quanto fossero larghe e forti le tue spalle.
Non ricordavo nulla di te.
Ma dove sono stata fino ad ora?
In quali profondità di questo mondo erano sepolti i miei occhi, così ciechi da non accorgersi chi faceva scudo alla mia anima?
In quale di queste uniformi era celato il mio cuore, così incapace di comprendere chi lo salvava dal tormento della sua solitudine?
Dove eri Oscar, dove ti sei nascosta tutto questo tempo?
Dove?
Un altro lampo.
Mi acceca.
Poggio le mie mani sulla tua schiena.
Ti sento sospirare.
Ti posso vedere Andrè.
Posso vedere il tuo sorriso illuminato dall’assenso di mio padre. 
Posso vedere i tuoi occhi ormai sereni per la mia salvezza.
Come posso farti questo amore mio. 
Come posso impedire questa pazzia.
Sento le lacrime scorrere lungo il mio viso.
Sento la mia esistenza scivolare nell’abisso della viltà.
E davanti a me passano le immagini della nostra vita insieme.
I bagni nel mare della Normandia con mio fratello.
Le infinite sfide, l’incrociarsi delle spade nel grande giardino con il mio compagno di duelli.
Le interminabili cavalcate nelle sconfinate vallate di Arras con il mio amico.
La lunga battaglia contro il mio cuore per comprendere che tu, mio fratello, mio compagno, mio amico, sei ora anche il mio uomo.
E lo sei sempre stato.
Ma una nuova immagine spazza via tutte queste fragili emozioni.
La mia vita senza di te.
Io senza te.
Luce senza ombra.
Ombra senza luce.
Ma chi è l’ombra?
Chi la luce?
Io non lo so.
So solo che l’una non vive senza l’altra.
So solo che l’ombra si nutre della sua luce 
E la luce muore nella sua ombra.
Sono così, indissolubili, indivisibili.
E niente potrà mai separarli.
Neanche la morte.
Perché se muore l’ombra, muore anche la luce.
E se tu muori Andrè morirò anche io.
Per mano di mio padre o per mano mia, non mi interessa, ma io non lascerò la luce senza la sua ombra.
Io non ti lascerò morire da solo Andrè.
Ma.
E’ ora.
Vedo lo scintillio di follia negli occhi di mio padre (1)
E’ pronto.
Lo vedo sistemarsi la spada nella mano.
E’ deciso.
La spada luccica al bagliore di un altro lampo.
Andrè io…
E.
Non penso.
Non respiro.
Il mio corpo si muove senza che io possa fermarlo.
Un passo avanti.
Il mio corpo è davanti al tuo.
Una mano sul tuo petto.
Ti spingo indietro per proteggerti da questa follia.
Per un attimo i nostri occhi s’incontrano sfuggendosi.
Disperati i tuoi.
Finalmente liberi i miei.
Un altro lampo.
E poi succede.
Inesorabilmente succede.
Un rumore sordo. 
E’ dentro di me.
Un dolore lancinante percorre tutto il mio corpo.
Fa male Andrè.
La sento penetrare nel mio petto.
Fa male padre.
La sento entrare nella mia carne.
Fa male.
La sento come una folgore vibrare sopra il mio cuore.
La sento.
Sento. 
Ti sento.
Le tue grida di disperazione entrarmi prepotentemente nella testa.
Le tue grida di dolore stordirmi le membra.
Li vedo.
Gli occhi di mio padre passare dalla follia alla disperazione.
Gli occhi di mio padre, straziati, attendono solo che la pazzia li spenga per sempre.
Mi aggrappo alla sua lama, come fosse l’ultimo barlume di speranza.
Come se fosse l’ultimo baluardo prima della resa.
Le mie dita l’avvolgono, la stringono in una morsa letale.
La tiro via violentemente, mentre è ancora tra le sue mani.
Avverto il mio sangue colare dentro l’uniforme, scivolare viscido come un serpente in attesa della sua preda.
Sento il suo odore asprigno pervadere la mia gola, seccandola.
Assaporo l’amaro gusto della fine, implorando la salvezza. 
Mi porto le mani sul petto mentre incrocio di nuovo i suoi occhi.
Padre.
Siete infuriato?
Perdonatemi, ma non potevo lasciarvelo fare. 
Siete amareggiato?
Perdonatemi, ma ora finalmente sono libera.
Siete deluso?
Perdonatemi, ma io lo amo.
E ora?
Ora.
Non sento più la terra sotto i piedi.
Non sento più la tua voce, Andrè.
Non sento più nulla.
Respiro.
Un attimo Andrè.
Solo un attimo e sarò di nuovo con te.
Solo un attimo, vedrai.
Chiudo gli occhi.

***

Apro gli occhi.
Sono a terra.
Un lampo.
Il grande lampadario ormai spento si staglia sopra di me.
Cerco il tuo viso nei pochi sprazzi di luce che illuminano la stanza.
Dove sei Andrè?
Ti prego Dio, fa che mio padre non lo abbia ucciso.
Ti prego Dio, fa che sia ancora vivo.
Ti prego Dio, se è morto uccidimi e portami da lui.
Ma sento la tua voce gridare qualcosa che non riesco a comprendere.
Sento le tue mani sul mio cuore.
Ti vedo Andrè, ti vedo.
E sei vivo.
Piango e sorrido.
Ora finalmente sorrido.
Allaccio le mie dita tra le tue.
Le stringo forte.
Ho paura Andrè.
Ti prego non mi lasciare.
Non lasciarmi andare via.
Tienimi con te, ora e per sempre.
Ti prego.
Respiro.
Lentamente.
Ti sento urlare.
Mi chiedi perché l’ho fatto.
Mi domandi perché mi sono messa in mezzo.
Domande.
Quante.
Troppe.
Troppi perché Andrè.
Io, tutte le risposte non le conosco, non ora.
Solo una parola urla nel silenzio della mia mente.
Amore.
E’ l’unica ragione Andrè.
E’ l’unica risposta a tutte le tue domande.
Io ti amo.
E questo amore è riuscito finalmente a strappare le catene della mia fedeltà.
Questo amore è stato più potente di un legame di sangue.
Questo amore è la mia vita ormai.
Respiro.
Sempre più lentamente.
Non sento più l’aria entrare nei miei polmoni.
Non sento più il cuore battere regolarmente.
Sento solo dolore.
Tanto dolore.
Tremo.
Fa freddo Andrè.
Tanto freddo.
Le tue mani sono totalmente impregnate del mio sangue.
Le tue lacrime bagnano il mio viso confondendosi con le mie.
Mi supplichi di non morire.
Mi scongiuri di non lasciarti.
Mi implori di non arrendermi.
Lo vorrei tanto Andrè.
Vorrei tanto costringere la morte a deviare il suo corso.
Vorrei tanto continuare a combattere per te, con te.
Vorrei ancora cavalcare lungo le coste del nostro mare, il mare della Normandia.
E voglio amare, amarti.
Voglio viverti Andrè.
Voglio vivere.
Vivere.
Ma sento solo i freddi brividi provenienti da un’imminente oscurità.
Percorrono la mia schiena, 
Attraversano la mia testa.
Scuotono le mie mani.
E ti sento sempre più lontano Andrè.
Non capisco quello che dici.
Le mie dita cercano il tuo viso.
Voglio accarezzarti.
Toccarti.
Voglio ricordare il tuo volto. 
Ricordare i tuoi occhi, per portarli con me quando i miei si spegneranno per sempre. 
Ricordare la tua bocca, per imprimerla sulla mia quando esalerà l’ultimo respiro.
Ricordare il tuo cuore, unico rifugio della mia follia quando l’ultimo battito tuonerà violento in questa disperata notte.
Ma ora.
Ho bisogno di parlarti Andrè.
Per dirti cosa provo per te.
Per dirti che ti amo.
Prima che sia troppo tardi.
Prima che il mio cuore venga strappato violentemente dal mio corpo.
Prima che il freddo mi trascini via da questa vita lasciando solo i segni del mio rimpianto.
Prima.
Perché forse Andrè, un dopo non ci sarà.
Ti avvicini al mio viso.
Ma non riesco a parlare.
Non riesco a dire nulla.
Non riesco a dire ciò che provo.
Sussurro solo poche parole che non spiegano ciò che al mio cuore è cosi chiaro.
E poi.
Arriva.
Il silenzio.
Il buio.
Più profondo.
Le tenebre allungano velatamente i loro artigli attorno al mio cuore.
No.
L’oscurità si riprende furiosamente la rivincita sulla mia anima.
Non ora.
Le ombre riemergono dal buio a riscuotere la mia condanna.
Vi prego no.
Andrè.
Non vedo più nulla.
Ti prego.
Non sento più nulla.
Ti prego.
Le tue grida sono lontane.
Vi prego.
Non sento più le tue mani su di me.
Andrè.
Sto scivolando via dalle tue dita.
Sto scivolando via dalla tua vita.
Andrè.
Io ti amo.
Ti amo.
E tu, non lo saprai mai.
Perdonami se non sono riuscita a dirtelo.
Perdonami se mi sono lasciata strascinare nel silenzio dell’oblio.
Perdonami se mi sono arresa.
Perdonami se sto per morire Andrè.
Perdonami.
No.
No.
NO.
IO NON VOGLIO MORIRE.
Ti prego Dio non portarmi via ora.
Ti prego Dio non sottrarmi ad una felicità che devo ancora conquistare.
Ti prego Dio dammi un’altra possibilità.
Lasciami vivere.
Ancora per un attimo.
Per danzare tra le sue braccia.
Per brillare nei suoi occhi.
E per rivivere nel suo cuore.
Ti prego, dammi solo un attimo.
Un attimo ancora.

 
Appunti di viaggio 
2° impasse : (1) So che Oscar ha davanti Andrè e non potrebbe vedere il padre, ma diciamo che lui non oscura completamente la sua vista.
Ringrazio di cuore Lady in blue, Pry, Tetide, Leila345, Beatrix, Ninfea Blu, Kira91, Fighterdory, Mina72, Crissi, Safelia22 e Sarangel11 che hanno recensito quella “legnata” che è stato il capitolo precedente ,nel bene e nel male, sperando che non lo sia stato anche questo e grazie anche a tutte coloro che sono solo passate a dare una lettura veloce.
Grazie.
Carpe Diem ragazze.

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Capitolo 6
*** La colpa di un padre ***


Eccomi, imperdonabile come sempre, ma sono di nuovo tra voi dopo un periodo arido di voglia e d’idee e con la tecnologia che a casa mi ha completamente abbandonato.
Tranquille siamo quasi giunti al termine; mancano solo pochi capitoli e mettero la parola fine a questa 'folle' storia:)
Questo capitolo è dedicato a Livia, Lady in Blue, Tetide e Pry per il sostegno, l’amicizia, l’allegria delle mail, senza di loro forse questo capitolo non avrebbe ancora visto la luce.


 

Calore.
Mi solletica il viso.
Luce.
Mi accarezza gli occhi.
E sento la paura crescere dentro di me.
Quella che ogni mattina mi invade prima di scoprire che le tenebre non hanno ancora vinto.
Quella che ogni sera mi costringe a combattere contro le ombre celate dietro quest’ occhio.
Si, io ho paura.
Paura di aprirli e trovarmi davanti ad un muro di difficoltà.
Paura di aprirli e non vedere più te.
Non riuscirò mai ad abituarmi a quest’oscurità che man mano mi risucchia nel buio della vita.
Mai.
Metto una mano davanti alla luce e apro l’unico occhio che ancora mi tiene sospeso, tra luce e ombra.
Vedo.
Ancora.
Sospiro e guardo il soffitto.
La notte è passata e la mia mano stringe ancora la tua.
E’ calda.
Mi alzo dalla poltrona.
Mi fa male la schiena.
Sorrido.
Sto invecchiando.
Ti guardo.
Vorrei tanto invecchiare insieme a te Oscar.
Vorrei tanto vedere le prime rughe marcare il tuo viso.
Sarai bellissima, lo sarai sempre.
Mi siedo sul letto.
Ti sono accanto Oscar.
Puoi sentirmi?
Ti sto tenendo la mano.
Riesci ad avvertire il mio tocco?
Intreccio le mie dita alle tue.
Dove sei Oscar?
Dov’è imprigionata la tua mente?
Dov’è rinchiusa la tua anima?
Ma ovunque tu sia ti prego, ascolta il tuo cuore.
Torna da me.
Continuo a stringerti la mano.
Forte.
Cosi forte da sentire le tue ossa urlarmi il loro dolore.
Cosi forte da sentire le mie ossa appoggiarsi alle tue.
Grida Oscar.
Urlami che ti sto facendo male.
Inveisci contro di me.
Contro questo corpo che per un istante è affogato nel mare dell’indifferenza.
Contro questi occhi che per un attimo si sono persi nel loro buio.
Urla Oscar.
Urla.
Ma.
Non vi è alcuna reazione.
Non c’è risposta alla mia supplica.
Né replica alla mia preghiera.
Sospiro.
E mi chiedo ancora.
Perché?
Perché tu?
Tu, al posto mio.
Mi spiegherai un giorno Oscar?
Spiegherai alla mia mente che l’apparenza è solo il rifugio per i deboli?
Spiegherai al mio cuore che l’illusione è solo l’ultima preghiera dei condannati a morte?
Aiutami a capire Oscar.
A capirti.
Aiutami a cogliere quell’essenza di amore che ho visto nei tuoi occhi.
Aiutami a comprendere il brivido che ha scosso il tuo corpo.
Aiutami Oscar, altrimenti impazzirò.
E lascerò che la pazzia consumi la mia anima.
Morendo insieme a te.
Ti guardo ancora.
Il tuo viso è ancora pallido ed inespressivo.
Metto la mano sulla fronte.
La febbre sembra passata.
La mano scivola lungo il tuo viso accarezzandolo.
Perdonami, se puoi.
Per aver permesso al mio corpo di indietreggiare.
Perdonami.
Per aver permesso alle mie mani di arrendersi.
Perdonami.
Perché ho permesso all’oscurità di portarti via da me.
Io, non sono un eroe Oscar.
Io non so cosa, io non so chi sono.
Senza di te.
Ti supplico Oscar, non farmelo scoprire.
Mai.

Sento la porta aprirsi.
Vedo mia nonna e il dottore avvicinarsi.
Mi scosto dal letto.
Le sente il polso.
Le sente la fronte.
Apre uno alla volta i suoi occhi.
Mette giù la mano.
Sospira.
Il mio cuore si ferma.
Si volta verso di me, il suo sguardo è stanco.
Scuote la testa.
La situazione non è buona.
Fa cenno a mia nonna che deve medicare la ferita.
Capisco e mi avvicino alla porta.
Mi volto ancora una volta.
Ti prego Oscar, resisti.
Ti prego resta con me.
Ti prego.

Esco e la accosto lentamente.
Sento i suoi passi.
Vi riconosco generale.
Risento la sua voce alle mie spalle.
Sembra più calmo.
Sembra non avercela più con me.
Mi giro verso di lui.
E’ pallido, sembra non aver dormito stanotte.
Nessuno di noi l’ha fatto.
Nessuno di noi è riuscito a chiudere occhio.
Continuo a guardarlo.
Sembra volermi dire qualcosa.
Sembra volersi tirare indietro.
Ora rivedo il padre.
Ora rivedo il genitore.
Ditemi Generale, vi ascolto.
Lacrime.
Lo so Generale, non è stata colpa mia.
Piange.
Lo so Generale, è stato un attimo di follia.
Lo so, e vi capisco.
Ma.
Oscar sta rischiando la sua vita e per cosa?
Per un titolo nobiliare?
Per le vostre ricchezze?
E’ sempre vostra figlia maledizione, Generale.
Vostra figlia Oscar.
La stessa che quando era piccola anelava duellare con voi.
La stessa che vi sedeva accanto, davanti al fuoco, in attesa di nuove storie.
La stessa che cavalcava con voi sulle rive della Normandia.
La stessa che vi ha reso orgoglioso.
Tante volte.
No Generale, Oscar non è cambiata.
No Generale, Oscar è rimasta sempre la stessa.
E’ il mondo che sta cambiando.
E la Francia lo sta seguendo.
Ora, scusatemi ma devo andare.
Devo salvare i miei compagni.
Devo mantenere una promessa
E trovare Bernard.

 

***

Corri cavallo corri.
Portami a palazzo Jarjayes.
Voglio tornare da lei.
Voglio tornare dal mio amore.
Corri cavallo corri.
Un piccolo ramo mi ferisce il viso.
Non importa.
L’acqua del fiume mi inzuppa gli stivali
Non importa.
Corri cavallo corri.
Portami da lei.
E ti prego fa che sia ancora con me.

Accosto la grande vetrata.
Sento i passi veloci di mia nonna dirigersi verso le cucine.
I nostri occhi s’incrociano, per un istante.
I miei aspettano il miracolo, i suoi mi rimandano solo il suo tormento.
No, la situazione non è cambiata.
Respiro e mi avvio verso la tua stanza.
Quando.
Le mie orecchie si tendono.
I miei sensi s’irrigidiscono.
Un rumore strano.
Un rumore particolare.
Avverto una sensazione di paura.
Conosco quel rumore.
So da cosa proviene.
Appoggio la mano al freddo marmo delle scale e corro.
Ascolto e corro.
Apro lentamente la porta del grande salone e lo vedo.
A terra.
Di spalle.
Inginocchiato.
Le spalle ricurve, di chi porta, ormai da troppo tempo, il peso delle proprie colpe.
La testa alta di chi vuol morire con dignità.
La fredda canna della mia pistola dritta alla tempia.
Ha già caricato.
Conosco quel rumore.
So da cosa proviene.
No Generale non lo fate.
Piange.
No Generale sarebbe un sacrificio inutile.
Si dispera.
No Generale, lei non ve lo perdonerebbe mai.
Il dito sul grilletto accenna tragicamente a un movimento.
No.
GENERALE.
No.
Fermatevi.
Corri Andrè corri.
Impedisci a un padre di espiare le proprie colpe con un freddo proiettile.
Corri Andrè corri.
Impedisci a uomo di cancellare la sua vita con un colpo di fuoco.
Corri Andrè corri.
Impedisci al Generale di far soffrire Oscar, di nuovo.
La mia mano afferra violentemente sulla sua.
Alzo la canna verso la grande vetrata.
Spara.
Il colpo s’infrange sui vetri.
Li sento schizzare via come schegge di ghiaccio.
Puzza di polvere.
La sento entrare nelle narici, consumandole.
La sento entrare nel mio corpo e bruciarlo.
Gliela strappo dalla mano, ferocemente.
Quasi a fargli male.
Urla.
No Generale non vi lascio.
Inveisce.
No Generale non vi permetterò di morire.
Maledice.
No Generale, che senso avrebbe.
Continua a piangere.
Continua a condannarsi.
Mi grida che Oscar è grave.
L’aria si ferma in gola.
Mi urla che morirà, che non c’è più nulla da fare.
Il mio cuore perde un battito.
E che nessuno riuscirà a salvarla.
La vista mi si appanna.
Nessuno più, ormai.
No.
Lascio la sua mano.
No.
Lascio cadere la pistola.
Oscar no.
Cado in ginocchio davanti a lui.
Lui in ginocchio davanti a me.
Le mani sul freddo marmo.
Si dispera.
Mi dispero.
Le lacrime scendono violente sulle mani.
Alza lo sguardo verso di me.
"Io l’ho uccisa Andrè. Ho ucciso mia figlia".
No.
Non è ancora morta.
Dannazione.
E’ ancora in quella stanza.
Il suo respiro è ancora caldo.
Il suo cuore continua la sua incessante lotta.
E’ viva.
Viva.
E voi non potete uccidervi.
Non si muore per una colpa.
Vi prego ascoltatemi.
Sospira.
L’aiuto a rialzarsi.
Sembra essersi calmato.
Raccolgo la pistola e mi avvio alla porta.
Torno a sperare in quel miracolo.
Ma.
Lo stridio di una lama mi fa girare violentemente.
La sua spada era rimasta li, in un angolo buio.
E ora è tra le sue mani, puntata sul suo cuore.
Vi prego generale.
Vi prego fermatevi.
Non è necessario.
Ora sono io che imploro voi.
Fermatevi.
Ma nel suo sguardo leggo solo la rassegnazione di un padre che ha solo errori da dimenticare.
I suoi occhi guardano i miei, fuggendo la vergogna.
I suoi occhi parlano ai miei, supplicando il perdono.
Mentre la follia corre veloce lungo la lama della sua spada.
E poi.
Secco.
No.
Deciso.
No.
Dritto al cuore.
No.
Senza via di scampo.
No, vi prego, no.
Mi lancio verso di lui.
Vedo la lama trapassargli il cuore.
Il suo sangue si mescola con quello della figlia.
Intrecciando dolore e sofferenza.
Bruciando ricordi e memorie.
Il cuore di un padre nel sangue di una figlia.
Le mie mani si tendono verso di lui.
Prendono l’elsa, tirandola via.
Un rumore secco spezza il mio urlo.
Le sue mani toccano le mie.
Le sue gambe non reggono più il suo peso.
Cerco sostegno nelle poche forze che mi rimangono, portandolo a terra con me.
Delicatamente.
Tra le mie braccia.
Tengo stretta la mano sul suo cuore.
Un brivido percorre tutto il mio corpo.
La memoria mi catapulta a ieri notte.
E sangue.
Sangue.
Sangue.
Sulle mie mani.
Sgorga attraverso le mie dita, disegnando scie di morte.
Fluisce lungo il mio braccio, graffiando le mie vene.
Esplode a terra, annullando la sua vita.
Cerco di girarmi per gridare.
Per chiedere aiuto.
Ma.
La sua mano afferra il mio braccio.
Lo stringe con le ultime forze che gli restano.
Generale.
Scosta la mia mano che tiene ancora la ferita.
Mi fa cenno di no con la testa.
Vi prego.
Mi fa capire che non vuole essere salvato.
No.
Mi sorride.
No.
E piange.
Piange il Generale.
Piange il padre.
Lacrime che sanno solo di un vuoto mai riempito.
Lacrime che assaporano il gusto della fine.
Lacrime che si mescolano al sangue.
Sangue che lascia questa vita.
Questa vita che dice addio.
Questa vita che non avrà un’altra possibilità.
Perché è troppo tardi, ormai.
E lui lo sa.
Lo sa il Generale
E lo so anch’io.
Le sue ultime parole annegano nel mio silenzio.
"Va, ha bisogno di te. Salvala tu, figlio mio".
Un ultimo respiro.
E infine.
La sua bocca si piega in un sorriso.
I suoi occhi si chiudono.
Il suo viso si inclina appoggiandosi al mio petto.
La sua mano lascia la mia.
E muore.
Cosi.
Senza perdono.
Senza clemenza.
Senza addii.
Cosi muore François Augustin Reynier de Jarjayes.
Cosi muore un padre.
Cosi muore una colpa.
Non vedo più nulla.
Ora sono le lacrime a offuscare la luce.
Ora è il mio pianto a trascinarmi nell’oscurità.
Il mio corpo sussulta.
Singhiozza.
Geme.
E infine.
Urlo.
No.
Piango.
No.
Maledico.
No.
Lo scuoto.
No.
Non mi rassegno.
Generale, vi prego.
Ma non vi è più vita in questo corpo.
Non c’è più respiro in quelle labbra socchiuse.
Né luce in quegli occhi chiusi.
Lo appoggio delicatamente sul freddo marmo.
Mi alzo tremante.
Mi avvicino alla finestra.
Il sole sta morendo nelle profondità del mondo, lasciando dietro di se sfumature di un altro giorno che se ne va.
Portando con sé gli errori di un uomo.
Trascinando via la colpa di un padre.
Sferro un pugno alla finestra che si frantuma.
Frammenti di vetro s’incastrano nella mia pelle, tagliando le mie dita.
Frammenti di vita sono scivolati via dalle mie mani, lacerando il mio cuore.
E giuro.
Non lascerò che la morte prenda anche lei.
Non lascerò che posi le sue vesta soffocando la sua anima.
Io vi giuro Generale.
Oscar non morirà.
A costo di strapparla io stesso, dalle mani di Dio

 

Ringraziamenti

Un grazie di cuore a Mina72, Kira91, Ninfea Blu, Baby Elisa, Beatrix_, Crissi, Sarangel11, Leila345, Cantarella e REMY, per le bellissime recensioni a “Un attimo ancora” e per il sostegno datomi in ogni parola, e grazie a tutte coloro che leggono solamente.
Vorrei inoltre scusarmi con Baby80, Crissi, Cicina, Kir91, Leila345 per il ritardo nel recensire le vostre storie, ma appena la tecnologia (leggasi Pc andato a farsi benedire) tornerà in casa mia, sarò sicuramente più veloce nel commentare. Abbiate un po’ di pazienza.
Penso di aver detto tutto.
Mi congedo da voi ringraziandovi ancora e come sempre Carpe Diem.

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Capitolo 7
*** Prima di morire ***


Eccomi di nuovo tra voi. In questi ultimi mesi sono stata lontana da EPF per motivi che non hanno nulla a che vedere con le fanfic.
E’ stato un periodo duro, pesante e doloroso che ha provato le mie tempra e il mio fisico, la mia mente e il mio cuore.
Un momento dove la vita mi ha messo di fronte difficoltà che sono sembrate muri insormontabili.
Ma ora.
Sembra passato, speriamo. 
E. 
Voglio, devo farlo ringraziare Voi amiche, quelle che non vedo, quelle che non mi sono fisicamente vicine,  ma che in ogni istante di questi mesi sono state con me.
Con una mail, una telefonata o con un semplice augurio.
Non faccio nomi ragazze. 
Voi sapete.
GRAZIE , perché con persone come Voi accanto non esistono muri insormontabili.
GRAZIE, perché con Amiche cosi non esistono tunnel senza luce.
GRAZIE con tutto il cuore. 
Buona lettura.

 


Apro gli occhi.
Il mare della Normandia.
Pace.
Il mare della Normandia.
Calma.
Il mare della Normandia.
Tranquillità.
Respiro a pieni polmoni.
Ora ricordo.
Ora so.
Dove sono.
Ora ricordo.
Perché sono qui.
E.
Non è un sogno.
Non è la realtà.
Io ... 
Io sono morta.
E’ questo il paradiso?
E’ questo il dopo?
E’ cosi che si vive ?
Mi guardo intorno.
Ascolto.
Respiro 
E non penso.
C’è pace.
Per la prima volta.
Nel mio cuore.
C’è calma.
Per la prima volta.
Sulla mia anima.
C’è.
Ma, non lui.
Lo aspetterò qui?
Aspetterò il suo cuore.
Cercherò la sua anima.
Ma.
Se non giungesse mai?
No.
Se la mia insensibilità lo avesse allontanato per sempre?
No.
Se non volesse stare più con me?
Vivere l’eternità senza Andrè.
Ti prego, no.
Un dolore violento s’impadronisce delle mie viscere.
Colpisce la mia anima annegandola nella sua stessa linfa.
Pugnala il mio cuore succhiandone l’energia.
E’ come se tutta la pace che sento si dissolvesse dentro il ventre della terra.
E’ come se tutta la mia vita finisse in questo momento.
E’ come morire.
Di nuovo.
Scuoto la testa.
Caccio via questo pensiero con la mano.
E osservo.
Sulla sabbia.
Ci sono scritti i nostri nomi.
Il mare prova, e riprova, ma non riesce a cancellarli.
Oscar e Andrè.
Uno accanto all’altro.
Com’è sempre stato per tutta la vita.
Come volevo fosse il nostro futuro.
Come non sarà più.
Mai più, ormai.
Mi sento soffocare.
Le lacrime scivolano lungo il viso, congelandolo.
L’aria entra nella mia gola, fredda e gelida come il ghiaccio.
Aria che sa di morte.
Respiro.
Respiro ancora.
E mi riscopro da sola.
Disperatamente.
Inconsolabilmente.
Miseramente.
Sola.
Con me c’è solo lui.
Solo il mio mare.
Calmo.
Quasi pacifico
I piedi seguono le scie delle onde.
Giocano con quello che porta.
E anche lui è solo.
Proprio come me.
Lui mi può capire.
Solo lui.
Sento un brivido percorrermi la schiena.
Lo sento salire come una lama.
Mentre il fantasma della solitudine domina la mia ombra.
Mentre il sole continua a confondersi con il mare.
Mentre la notte cala nel mio cuore.
Chiudo gli occhi.
Perdonami Andrè.
Per aver lasciato che le ombre oscurassero il nostro amore.
Per aver permesso alle tenebre di inebriarmi con le loro false promesse.
Inizia a far buio intorno a me.
Andrè.
Non puoi più aiutarmi.
Non puoi più salvarmi.
Non più, ormai.
E’ finita.
Ma.
Sento.
Percepisco.
Qualcuno.
Si avvicina a me.
Forse.
Il suo respiro.
Il suo profumo.
“Oscar…”
No.
Non è possibile.
Mi volto.
E.
PADRE!
Non è possibile.
Perché voi?
Perché qui?
Vi vedo avanzare con passo lento e ordinato.
Vi fermate, mettendovi al mio fianco.
Vi guardo.
Mi guardate.
I vostri capelli sono sciolti, solcano le larghe spalle.
Il vostro sguardo è serafico, pieno di qualcosa che non riesco a scorgere.
Le vostre mani chiuse dietro la schiena.
Portate la camicia lavanda(1), quella che mettete nelle giornate di riposo.
Credo di non avermi mai visto cosi sereno.
Mai.
Ma.
Leggo una velata tristezza nei vostri occhi.
Padre.
Le vostre lacrime mi congelano il respiro.
Padre.
Il vostro sorriso malinconico mi offusca la vista.
Padre.
Mi prendete la mano.
Non lo avete mai fatto.
Padre.
La stringete forte.
Cosi forte da farmi male.
Come se questo fosse l’ultimo tocco.
E voi sapete che lo sarà.
Mi parlate.
Mi chiedete perdono.
M’implorate un’assoluzione che vi ho già concesso.
E.
Mi pregate di vivere.
Non capisco.
M’implorate di continuare a lottare.
Ma.
Per cosa padre?
Io non sono più viva.
Ho perso la mia guerra contro la morte.
Non sono riuscita a strappare le sue vesta.
E lei mi ha soffocato col suo freddo abbraccio.
Non mi è stata concessa un’altra possibilità.
Ho lasciato voi.
Ho lasciato mia madre.
Ho lasciato l’uomo che amo.
Padre.
Io, non posso più tornare a vivere.
I nostri occhi non incroceranno più le stesse albe.
Padre.
Le nostre spade non scintilleranno più nella stessa aria.
Padre.
I nostri piedi non correranno più nella stessa acqua.
E questo sarà l’ultimo tramonto che vivremo insieme.
Ora, vi prego andate.
Io invece.
Aspetterò.
Che lui mi raggiunga.
Pregherò.
Di incrociare di nuovo i suoi occhi.
Implorerò.
L’eternità con lui.
Supplicherò.
Dio.
Stringete, ancora più forte la mano.
E.
Mi ordinate di tacere.
Vi ascolto padre.
Vi ho sempre ascoltato.
Parole di dolore.
Affluiscono alle mie orecchie.
Parole di amarezza.
Penetrano nella mia testa.
Sento il rimorso per una scelta sbagliata.
Ascolto il rimpianto per una libertà mai concessa.
Bruciando  il vostro orgoglio nella vanità di un titolo nobiliare.
Annegando  la vostra dignità nel sangue di una figlia.
Poi.
I nostri occhi s’incontrano di nuovo.
E.
 “Ma ora sei libera Oscar… libera…” 
Parole che arrivano allo stomaco.
Pugnalandolo.
Trafiggendolo.
Chiudo gli occhi per permettere alla rabbia di retrocedere.
Stringo i pugni per respingere la frustrazione che prepotente m’imprigiona la mente.
Le mie labbra si piegano in un sorriso.
Amaro.
Libera.
Torno a guardarvi.
Cos’è la libertà padre?
Che significato ha per me questa parola?
Ho sempre saputo cosa fare solo perché c’era qualcuno che mi diceva come farlo.
Io, non sono mai stata libera.
Sono sempre stata costretta a fare ciò che il mio rango imponeva e non quello che desideravo.
Io, non sono mai stata libera.
Ho sempre fatto ciò che voi mi dicevate perché pensavo che fosse la cosa giusta da fare.
Io, non sono mai stata libera.
Mai.
E ora mi dite di scegliere?
Di decidere della mia vita?
Non lo so fare.
Non ne sono capace.
Mi dite di scegliere la mia strada.
Ma.
Qual è la mia strada?
Io non lo so.
Non l’ho mai saputo.
Solo un uomo conosceva il mio cuore.
Solo un uomo sapeva rendermi libera.
Ma ora è lontano.
Ora, è troppo tardi.
Vi prego padre.
Lasciatemi in pace.
Lasciatemi vivere la mia morte.
Lasciatemi assaporare questa di libertà.
Lasciatemi.
Vi guardo di nuovo.

Sorridete.
Mi sorprendete.
Mi stupisco di tanta tranquillità.
Di tanta leggerezza nel cuore.
Ma.
Non è a me che sorridete.
Non sono i miei occhi che cercate.
Il vostro sguardo vede lontano. 
Sospirate.
Come se aveste capito qualcosa che a me è ancora oscuro.
Come se voleste farmelo comprendere, ma non sapete come.
Mi guardate di nuovo.
Stringete le vostre mani intorno alle mie braccia.
Stringete.
Ancora di più.
Un lungo respiro.
“E’ ora Oscar… “
Padre?
E poi.
Sento un vento caldo abbracciarmi intensamente.
Sento il rumore dell’acqua sotto gli zoccoli di un cavallo.
Sento profumo di casa.
Sento.
Mi volto.
Lentamente.
Cesar.
Corre verso di me.
Scorgo una figura sopra di lui.
Si avvicina.
Sempre di più.
E.
Finalmente lo vedo.
Il mio corpo sussulta.
Il mio cuore esplode.
Andrè.
Ti fermi davanti a noi, in acqua.
Andrè.
Il mio Andrè.
Non è ferito il mio Andrè.
Vede dal suo occhio il mio Andrè.
Il mio Andrè.
I vostri sguardi s’incontrano.
Un cenno di assenso da parte di mio padre.
Un cenno di assenso da parte tua.
Tornate a guardarmi.
Dritto negli occhi.
Padre.
“Si,
Sei libera Oscar, 
libera.
Lo sei sempre stata.
Lo sarai sempre.
Nella testa.
Ma,
soprattutto nel cuore.
Vivi Oscar,
vivi come il tuo cuore ti dice.
Costruisci il tuo destino.
Costruisci la tua vita.
E ama figlia mia.
Ama.”
Un ultimo abbraccio.
Forte.
Come deve essere quello di un padre.
E.
Sento le vostre lacrime graffiarmi la pelle. 
Sento il vostro dolore esplodere nel mio cuore.
Sento la vostra sofferenza incatenare la mia anima.
Padre.
Io vi somiglio più di quanto voi crediate.
Mi avete insegnato a vivere con onore.
Mi avete insegnato cos’è il coraggio.
Mi avete insegnato cos’è la lealtà.
Avete rischiato il vostro onore educandomi come un uomo.
E quello che sono lo devo solo a voi.
Io, sono come voi.
Voi, mio padre.
Le vostre labbra sfiorano la mia fronte.
Posate la mia mano in quella di Andrè.
E.
Percepisco calore.
Assaporo energia.
Godo della sua forza.
In un attimo sono dietro di te.
Sono in sella al mio cavallo.
“Andate figli miei. Ora!”
Allungo di nuovo la mia mano verso di voi.
Mentre voi allungate la vostra verso di me.
Le mani si cercano.
Si toccano.
Si stringono.
Si lasciano.
“Padre … io…”
“Addio Oscar … Addio figlia mia.”
Padre.
No.
Padre.
La mia mano scivola dolcemente via dalla vostra.
No.
Le dita si sfiorano delicatamente, scemando nell’ultimo contatto.
L’ultimo tocco.
L’ultimo.
Tendo le dita.
Di più.
Padre.
Vi allontanate.
Padre.
Sorridete.
PADRE!
Ma.
E’ ora.
Il mare s’increspa.
Gli zoccoli di Cesar scalpitano.
Le redini vengono lasciate sciolte.
E’ ora di andare.
E’ ora di lasciarvi.
Per sempre.
Ti cingo la vita con le braccia.
E stringo.
Forte.
Più forte.
Fino a sentire ogni tua singola costola unirsi alle mie.
Fino a sentire il tuo corpo fondersi col mio.
Fino a diventare una cosa sola.
La tua mano è sulla mia.
Sento calore.
Sento bruciare il mio corpo.
Sento la vita.
Mi volto per l’ultima volta.
Vi vedo padre.
Vedo il vostro sorriso perdonare la mia scelta.
Vedo i vostri occhi rivivere nei miei.
E infine la vedo.
La vostra anima finalmente libera.
E.
Pian piano sparite.
Tra le onde del mare della Normandia.
E capisco
Ora capisco.
Le vostre parole.
I vostri sguardi.
Le vostre lacrime.
E comprendo.
Che.
Prima di morire avete voluto regalarmi un miracolo.
La mia vita.
E scopro.
Che.
Non sono io la nuova anima di questo Paradiso.
Ma voi.
"Addio padre…" 
Ora è tutto chiaro.
Non ci sono più nubi all’orizzonte, né ombre nel mio cuore.(2)
L’oscurità si è dissolta e non ho più paura.
Di vivere.
Con te.
Respiro.
Aria.
Ma ora non sa più di morte.
Ora assaporo la vita.
Una nuova vita.
Vai Andrè, corri.
Riportami a casa.
Chiudo gli occhi. 

***
Apro gli occhi.
Profumo di casa.
Profumo di te.
 “Andrè…”



 
Appunti di viaggio 
(1)  io la mia promessa l'ho mantenuta, ora tocca a te. Un abbraccio.
(2) presa dalla mia "Tormenti"

Ringraziamenti:
 Grazie di cuore a  Lady in Blue, Macchia Argentata, Kira91, Tetide, Livia, Ninfea Blu, Baby80, Pry, Patrizialasorella, Crissi, Remy, HopelessGirl, Safelia22, LadyOscar13, Leila345, Lavanda76 eArte, per le bellissime recensioni a “La colpa di un padre” e grazie a tutte coloro che leggono solamente.
Penso di dovervi ringraziare soprattutto per il sostegno e per la passione che avete nel leggere questa che io stesso reputo una storia di non facile lettura, sia per lo stile particolare che per quello che racchiude in sé.
Non pensavo proprio che potesse emozionarvi cosi tanto.
Ma.
Un grazie con tutto il cuore va a Livia che non ha fatto altro che spronarmi a non mollare e spingermi a continuare scrivere.
E’ grazie a lei che ho tramutato il mio dolore in parole, in versi, grazie a lei ho trasformato le mie lacrime in inchiostro e questo capitolo ne è il risultato. 
Un altro grazie un pò particolare va ad Arte: ho accolto la tua preghiera, tu sei stata la mia goccia, quella ha fatto traboccare il vaso, che mi ha dato il ‘la’ che poi è diventata questa semplice e modesta melodia.
Ora, ti prego, tu accogli la mia.
Lavanda76 tu sai, nessun grazie sarà mai abbastanza. Non devo dirti altro.
Penso di avervi detto tutto.
Mi congedo ringraziandovi ancora e augurando a voi  e alle vostre famiglie  un sereno Natale.
E come sempre Carpe Diem.

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Capitolo 8
*** Illusione o verità ***


8. illusioneoverita

Sento stringere la mia mano.
Sento le tue dita unirsi alle mie.
Sento.
Apro gli occhi.
E.
Finalmente il mio miracolo.
Finalmente la mia luce.
Finalmente.
Le tue palpebre sbattono incessantemente.
E sono aria.
Sono vita.
La mia.
I tuoi occhi sono aperti.
Inconsapevoli di tutto quello che è successo.
Inconsapevoli del dolore che li marchierà per sempre.
Due oceani azzurri ignari della tempesta che sta per abbattersi.
Ma.
Vedo che...
Non sorridono.
Non gioiscono.
Piangono.
Ed io non capisco.
Le tue dita stringono le mie.
Più forte.
Ancora più forte.
“Oscar”
I tuoi occhi inquieti incontrano i miei.
Le parole che pronunci mi uccidono.
“E’ morto Andrè … mio padre è morto”
Richiudi gli occhi, mentre le lacrime solcano il tuo viso.
Scivolano via, rigando il cuscino.
Lasciando una scia che sa di morte.
Mentre sfuggono all’ombra del destino.
Il tuo Oscar.
Io, non so come lo sai.
Non so come l’hai capito.
Ma è cosi.
Questa è la verità.
Sai ciò che è avvenuto.
Ti guardo ansioso.
Mi guardi sicura.
Come se già sapessi tutto.
Come se sentissi il profumo della mia colpa.
Ti parlo.
Ti spiego.
Ti chiedo perdono.
Non so neanche io perché.
Per non essere riuscito a salvarlo?
Forse.
Per averti lasciato salvare me?
Forse.
Non lo so.
Io, non so più nulla.
Ora non capisco più nulla.
Ora ci sei tu.
Tu.
E solo tu.
E poi.
Mi siedo accanto a te.
Vorrei abbracciarti.
Stringerti.
Capire che non sto sognando.
Comprendere che sei reale.
Sei viva.
Oh Oscar.
Tu non sai come mi sento.
Oscar.
Non sai che miracolo sei.
Oscar.
Io, sono rinato.
Un’altra volta.
Grazie a te.
La tua mano si posa sul mio cuore.
Sospiri.
Mi fai cenno di avvicinarmi.
Mi accosto alle tue labbra.
Un soffio.
Flebile.
“Grazie per avermi riportato a casa…”
I nostri occhi s’incrociano.
Perplessi i miei.
Consci i tuoi.
E sorridi.
Non mi hai mai sorriso cosi.
Uno di quei sorrisi per cui vale la pena di morire.
Il mio viso rimane immobile accanto al tuo.
Le nostre labbra sono vicine.
Si rasentano.
Si sfiorano.
Sento i tuoi occhi dentro i miei.
Mi avvicino.
Sempre di più.
E tu mi lasci fare.
I nostri respiri si uniscono.
E tu mi lasci fare.
Pongo fine a quest’inutile aria che ancora ci divide.
Bacio le tue labbra
Prima delicatamente.
Poi.
Poi.
Oh.
La mia passione sopita per anni prende il sopravvento.
Le mie labbra sono sempre più impetuose sulle tue.
Torturo la tua bocca come tu hai torturato per anni il mio cuore.
Ma.
La paura corre veloce fino alla mia anima.
Un antico terrore s’impadronisce del mio cuore.
E quella violenza riemerge ai miei occhi annientandomi.
Ma tu.
Non accenni a ritrarti.
Non sento il tuo corpo respingermi.
Non sento la tua rabbia avvolgermi.
Sento.
Solo le tue labbra che cercano le mie.
Solo la tua mano persa nei miei capelli.
Solo il tuo cuore battere insieme con il mio.
Forte.
Fortissimo.
Oscar.
Io…
Oscar.
E poi.
Un rumore assordante di porcellana.
Un grido violento.
Mi tiro via.
Quasi scottato.
Tu continui a guardarmi.
Sicura.
Io.
Indietreggio esitante.
Io.
Mi appoggio al letto.
Io.
Insicuro.
Indietreggio ancora.
E ancora.
Le gambe sembrano non reggermi più.
Le lacrime continuano a scendere.
Tu.
Oscar.
Sei viva.
Viva.
Ora capisco.
Ora mi rendo conto.
“Andrè!”
Sento la nonna gridarmi qualcosa.
Non ascolto.
Sento la sua mano spingermi via.
Non comprendo.
Annego ancora nei tuoi occhi.
Oscar.
Vibro ancora sulle tue labbra.
Oscar.
Mi porto una mano alla bocca.
Oscar.
Ma, allora anche tu...
Tu.
Oscar.
Io.
Guardami.
Dio Oscar.
Non voltare il viso.
No, Oscar.
Non chiudere gli occhi.
No, Oscar.
Non farmi questo ti prego.
OSCAR.
Ma.
La porta mi viene chiusa in faccia.
Ci appoggio la fronte.
I pugni battono senza quasi far rumore.
Le lacrime scendono ormai incontrollate.
Respiro.
Forte.
Di nuovo, forte.
Devo andare.
Devo.
Corro.
Via.
Scendo le scale.
Velocemente.
Non conto neanche più.
Corro.
Non so dove.
Corro.
Arrivo alle scuderie.
Salgo sul mio cavallo.
Lascio le redini.
Corri cavallo corri.
Non so dove.
Corri cavallo corri.
Non so per quanto.
Corri cavallo corri.
Ora portami via.
Via.
Via.
Lontano da qui.
Lontano da lei.
Lontano dal mio cuore.
VIA!
Frustate di rami cedono il passo al mio dolore.
Foglie secche seguono dolenti il mio cammino.
Alla fine sono arrivato.
Dove volevo.
Dove tutto è iniziato.
Dove tutto poteva cambiare.
Dove tu hai scelto la tua vita
Qui.
Al nostro lago.
Dove da piccoli stavamo per annegare.
Dove anni fa ce ne siamo date di santa ragione.
Dove ho provato a farti cambiare idea.
Dove ho provato a farti diventare una donna.
Il mio primo fallimento.
Chiudo gli occhi.
Mi bagno i piedi.
Ed entro.
Fino alle ginocchia.
Fino alla vita.
Un lungo respiro.
E.
Infilo la testa dentro l’acqua.
Rimango qui.
E aspetto.
Non so neanche io cosa.
Aspetto.
Che l’acqua porti via il tuo profumo dalla mia pelle.
Aspetto.
Che l’acqua anneghi per sempre la mia illusione.
Trattengo il respiro.
Fino quasi a morire.
Fino a che il mio cuore resiste.
Ma.
Di scatto riemergo.
L’acqua è spruzzata in aria dai capelli.
Le gocce ricadono sul mio viso confondendosi con le lacrime.
Il sole mi acceca.
Ed io voglio accecarmi.
Urlo.
OSCAR.
Voglio confondermi ancora tra i tuoi capelli.
Grido.
OSCAR.
Voglio bruciare di nuovo tra le tue mani.
Imploro.
Oscar.
Voglio ingannarmi col tuo amore.
Oscar.
Sento la pesantezza dell’acqua scavarmi l’anima, seppellendola.
Sento il calore del sole infiammarmi il cuore, incenerendolo.
Mi trascino fuori.
M’inginocchio.
Le mie mani toccano l’erba secca.
Sento le forze venire meno.
Cado a terra.
Stringo un pugno d’erba.
Lo strappo via con violenza, battendo più e più volte.
Fino a sentire le ossa pregarmi di smettere.
Fino a sentire l’odore del sangue bruciare nelle mie narici.
Oscar.
Io, ricordo.
Come se fosse ieri.
Ma, sono passati vent’anni.
Vent’anni Oscar.
E dopo vent’anni qualcosa è cambiato.
Nei tuoi occhi.
Nelle tue labbra.
Nelle tue mani.
Io lo so.
Io l’ho sentito.
Erano me che cercavano.
Erano per me che bruciavano.
Erano me che accarezzavano.
Non un altro Oscar.
Non Fersen.
Non Girodelle.
Ma me.
Me.
Io.
Oscar.
Se quello che ho visto nei tuoi occhi è solo illusione di un folle, allora dov’è la verità?
Dove?
Se quello che ho sentito nel tuo cuore è solo l’inganno per un servo, allora dov’è la realtà?
Dove Oscar?
Dove?
Ti prego Signore.
Strappami il cuore.
Ti prego.
Uccidimi.
Ti prego
Aprimi le porte dell’inferno.
Ma.
Non farmi vivere nell’illusione.
Non farmi vivere in un bacio rubato.
Non distruggermi di nuovo.
Ti prego.
Chiudo gli occhi.

***

E’ ormai sera.
Solo il silenzio mi fa compagnia in questo grande palazzo.
Sono stanco.
Tanto stanco.
Salgo lentamente i gradini di quest’ampia scala.
Ora conto.
Come sempre.
Mia nonna mi ha messo in mano un grande vassoio.
Dice che devi mangiare.
Ha borbottato ancora qualcosa.
E mi ha guardato storto.
Lo so nonna.
So che dovrei stare lontano da lei.
Lo so.
Sospiro.
A passi lenti continuo ad avvicinarmi a te.
Cammino piano per far sì che la distanza rallenti il forte battito del mio cuore.
Cammino piano nella speranza che tu dorma cosi da non dover assistere alla distruzione delle mie illusioni.
Cammino piano.
Piano.
Ma.
Vedo luce uscire dalla tua stanza.
Sei ancora sveglia.
Sospiro.
Non sono pronto a rispondere alle tue domande Oscar.
Non sono pronto a cercare le risposte che il mio cuore incessantemente pretende.
Non sono disposto a essere trascinato di nuovo ai margini della tua vita.
Non ora.
Non adesso.
E forse mai più.
Ma.
Sento parlare.
Sommessamente.
Sottovoce.
Appoggio la mano alla porta.
La scosto lentamente.
Senza far rumore.
E.
Lo vedo.
Nella penombra di una candela.
Nell’oscurità della mia anima.
La sua mano sulla tua.
Lo sento.
Ti parla.
Lui.
No.
Non è possibile.
Non lui.
Non qui.
Non con te.
Non ora.
No.
Fersen!

Appunti di viaggio:

E’ stato un capitolo difficile, molto difficile e non so se sono riuscita nell’intento che volevo.
Quello di far trasparire le sensazioni e sentimenti contrastanti di Andrè che non vuole illudersi, ma solo sperare che quel bacio sia frutto di un’emozione e non del momento.
Siamo, giunte quasi alla fine ragazze mie, solo altri due capitoli e “Il mare della Normandia” prenderà la strada del tramonto.

Come sempre voglio ringraziare Tetide, Arte, Cosmopolitangirl, Livia, angel88cz, Kira91, NinfeaBlu, Min72, MacchiaArgentata, Crissi, Leila345, xladyOscar e Lavanda76, per le recensioni a “Prima di morire” e grazie a tutte coloro che leggono solamente.
Ora potrò dedicarmi un po’ alla lettura di storie a cui tengo molto e delle quali sono estremamente indietro.
Mi congedo da voi ringraziandovi per il sostegno e per la passione che avete nel leggere questa storia, e come sempre Carpe Diem.

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Capitolo 9
*** Luce e ombra ***


9 luce e ombra

Mi appoggio al muro.
Respiro.
Lentamente.
Sempre più lentamente.
Scivolo lungo la parete.
Fino a sedermi a terra.
Fino a sentire tra le mani il freddo del marmo.
Fino a sentire il gelo salire a bloccarmi il cuore.
Fin dentro l’anima.
Distruggendola.
E mi sento morire.
Vi sento parlare.
Ancora.
La tua voce è calma.
Cristallina.
Soave.
Sei con l’uomo che ami.
Lui ti parla.
Ti rasserena.
Chiudo gli occhi.
So che dovrei andare via.
So che non dovrei ascoltare.
So che non dovrei vedere.
Ma.
Non riesco a muovere un passo lontano da qui.
Non riesco a non udire le vostre parole.
Non riesco a staccare gli occhi dalla sua mano.
Sopra la tua.
L’accarezza.
Intreccia le sue dita con le tue.
Mentre nel mio cuore s’intrecciano rovi di spine.
E.
Non riesco a staccare gli occhi dalla sua mano.
Sopra la tua fronte.
Accarezza i tuoi biondi capelli.
Mentre la mia anima viene trascinata all’inferno.
So.
Che non dovrei.
Ma non riesco a muovermi.
Respiro.
Corto.
Respiro per sopire la sensazione di rabbia che mi assale.
Respiro per respingere un antico dolore.
Un’antica gelosia.
Un antico tormento.
Un amore impossibile.
Il mio.
Respiro.
E ascolto.
Fersen domandare.
Chiedere.
Domande che arrivano sbiadite alle mie orecchie.
Domande percepite solo dalla distrazione della mia follia.
Domande.
Quelle che io non sono riuscito a farti.
Quelle che non avrò mai il coraggio di farti,
Lui è stato sempre più coraggioso di me.
Chiede.
Perché io?
Perché non hai lasciato che tuo padre mi colpisse?
Perché?
Ascolto avido di sapere.
Ascolto voglioso di risposte.
Ma.
Le mie orecchie si tendono su qualcosa che non comprendono.
Non capiscono cosa centra Saint Antoine.
Non capiscono perché dite che lo avete fatto solo per lei.
Per quelle sue parole che vi hanno scosso.
Nel profondo.
Sono state schiaffi senza pietà.
Sono state fendenti senza compassione.
E ancora.
Io.
Non capisco.
Sopisco l’irritazione della sua voce.
Attenuo il rumore del mio respiro.
E poi.
Silenzio.
Un silenzio che riempie i miei polmoni di disperazione.
Un silenzio che sfugge alla mia comprensione.
Silenzio.
E.
Sento i suoi occhi parlarvi.
Mentre i miei scavano nel dolore.
Sento le sue mani trasmettervi emozioni.
Mentre le mie percuotono la mia testa.
La vedo Fersen.
La sento.
E.
Vi posso vedere conte.
Posso vedere la vostra espressione stupita.
Posso vedere i vostri occhi in attesa di quelle risposte che non arrivano.
E forse non arriveranno mai.
Io so come ci si sente conte.
Lo so.
E poi.
Invece.
Parole.
Chiare.
Rifiutano il vostro aiuto.
Parole.
Limpide.
Rifiutano la vostra protezione
Parole.
Semplici.
Rifiutano la vostra amicizia.
Oscar.
Perché…
E infine.
Arrivano.
Quelle parole.
Le mie.
“Io lo amo … io ti amo Andrè”

Io.
Tu.
Amo.
Amore.
Passione.
Sentimento.

Andrè.
Io.
Servo.
Io.
Fratello.
Io.
Amico.
Io.
Uomo.
Io.
Andrè.
Stai parlando a me.
Stai parlando con me.
Hai sempre parlato con me.
E’ fuoco.
Parole che esplodono nella mia testa.
E’ tempesta.
Parole che trafiggono il mio cuore.
E’ vita.
Parole che tuonano in questa notte di attimi ed eternità.
“Io ti amo Andrè…”
Ripeti.
E di nuovo.
Verso di me.
Solo per me.
Respiro e mi alzo.
La mia mano apre la porta.
Un passo.
Nella penombra di una candela.
Un passo.
Nelle sfumature di questa stanza.
Un passo.
Dall’oscurità della mia vita.
Io.
Ora.
Esco dall’ombra Oscar.
E sono luce.
Accanto a te.
E siamo luce.
Io e te.
Eccomi.
Non stacchi gli occhi da me.
Mi sorridi.
Come stamattina.
La guardate.
Poi me.
Di nuovo lei.
Infine, abbassate lo sguardo.
Come se aveste capito.
Come se ai vostri occhi fosse tutto cosi chiaro.
Vorrei che parlassero al mio cuore.
Per convincerlo che questa è la realtà, non un’illusione.
Per trascinarlo fuori dall’oblio in cui si è rifugiato.
Per strapparlo via al dolore di questa vita.
Vorrei.
Sospirate.
Le stringete ancora una volta la mano.
E senza dire altro vi alzate.
Mi passate accanto.
Mi poggiate una mano sulla spalla.
E mi sorridete.
Chiudete gli occhi.
Vi sento sospirate, di nuovo.
Un passo.
E uscite.
Dalla stanza.
Dalla villa.
E dalla nostra vita.
Per sempre.
Ma.
Non lo guardo più ormai.
I miei occhi sono rapiti dai tuoi.
Fissi su di me.
Fissi dentro i miei.
Mi avvicino.
Gli stessi passi che stamattina mi hanno portato via da te.
Gli stessi passi che ora infrangono quell’illusione.
Gli stessi passi che ora riportano la luce nella mia esistenza.
Mi prendi la mano.
La stringi forte.
Forte.
Mi siedo sul letto di fronte a te.
Mi guardi.
Come non hai mai fatto.
Ti guardo.
Come ho sempre fatto.
La tua mano si avvicina al mio viso.
Delicatamente sposta una ciocca di capelli.
Delicatamente si posa sul mio occhio.
Quello che non riesce più a vederti.
Quello che non potrà più godere della tua bellezza.
Quello che non vedrà la nostra vita.
Insieme.
Lo accarezzi.
“Dove ero io, tu vedevi… tu mi vedevi…”
Prendo la tua mano tra la mia.
Ti bacio il palmo.
Io ti vedo Oscar.
Ti ho sempre visto anche senza sapere dov’eri.
Io, so chi sei Oscar.
Da sempre.
E non mi è mai servito vedere per saperlo.
Poggio la tua mano sul mio cuore.
“Io ti vedo Oscar… ti vedo(1)
Infili l’altra nei miei capelli.
Accarezzi il mio collo, mentre ti asciugo una lacrima.
Accarezzo il tuo viso, mentre giochi con i miei capelli.
Ripeti il mio nome all’ infinito.
Ripeto il tuo nome all’eternità.
Le nostre labbra si fondono.
I nostri occhi liberano lacrime di felicità.
Le nostre mani si cercano.
Si desiderano.
Si trovano.
Si intrecciano.
Come le nostre anime
Come i nostri cuori.
Mi stendo accanto a te.
Intreccio le mie dita con le tue.
Appoggi la tua testa sul mio petto.
Ora, finalmente.
Sei mia.
Ora, finalmente.
Sono tuo.
Ora.
Finalmente.
Siamo sereni.
Siamo innamorati.
E questo basta.
Questo mi basta.
Ed è tutto.

***

E’ l’alba di un nuovo giorno.
Sono su questa collina.
Sono rimasto indietro.
So che vuoi stare da sola.
So che gli vuoi parlare senza che nessuno ti ascolti.
La tua mano è poggiata sopra la lastra bianca.
Nell’altra tieni stretta una rosa.
Vedo il tuo corpo sussultare.
Vedo la tua mano stringersi.
Sangue.
Nelle tue mani.
Spine di quella vita spezzata senza perdono.
Aculei di un’esistenza trascinata nell’abisso della colpa.
Lasci la rosa sulla lapide.
E.
Ti volti.
La tua testa è ancora bassa.
Le lacrime bagnano ancora il tuo volto.
Ti vedo scendere con passo deciso.
I tuoi occhi incrociano i miei.
Gli hai detto addio.
Appoggi la fronte al mio petto.
Mi sussurri di andare.
Mi dici che questa vita è finita.
E.
Un’altra vita ci aspetta.
Insieme.
Ma.
Prima.
Combattiamo.
Per te.
Per me.
Per noi.
Per la libertà.
Per la Francia.
E poi.
Viviamo.
Solo di te.
Solo di me.
Solo di noi.
Prendi la mia mano.
La stringi forte.
Si, Oscar andiamo.
E’ tempo di iniziare a vivere.
E’ l’alba di un nuovo giorno.
E’ l’alba del 13 luglio 1789(2)


(1) – da “Avatar”
(2) – Con i tempi non ci siamo, spero vogliate scusarmi.

Appunti di viaggio

Questo capitolo lo dedico in modo particolare a Ninfea, Kira e Crissi.
A Ninfea e Kira, perché so quanto vi è costato non mandarmi i vampiri a casa alla fine del capitolo scorso:D
A Crissi perchè spero continui a volermi bene!!:D

Bene ragazze, ci siamo.
Un solo capitolo e tutto il mistero del prologo verrà a galla e scoprirete chi si cela dietro quel pennino, dietro quel dolore.
Non sarà facile dire addio al Mare della Normandia, già lo so che mettere ‘conclusa’ questa storia sarà un duro colpo al cuore.
Forse perché è stata la mia prima storia a capitoli, forse perché ci sono particolarmente legata, e mi dispiacerà moltissimo non ve lo nego.

Come sempre voglio ringraziare Frakkis, Cosmopolitangirl , Tetide, ainosenosurac, Kira91 , Livia, Mina72, Arte, NinfeaBlu ,angel88cz, Crissi , Remy , MacchiaArgentata e Lavanda76, per le recensioni a “Verità o illusione” e grazie a tutte coloro che leggono solamente.
Mi congedo da voi ringraziandovi per il sostegno e per la passione che avete nel leggere questa storia, e come sempre Carpe Diem.

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Capitolo 10
*** L'ultima promessa (Epilogo) ***


10capitolo 2

 (fan art di MacchiaArgentata)

Ci siamo ragazze.
Grazie per tutto.
Grazie di tutto.
Non vi dico altro
Buona lettura.

 
***

 

Arras 25 dicembre 1809,
Mi chiamo Andrè Grandier e oggi ho finito di raccontare una storia.
Quella di un uomo innamorato salvato dalla sua donna che in quell’istante ha salvato anche se stessa.
Quella di una donna innamorata che ha salvato se stessa e il suo uomo.
Da un passato che sempre più velocemente scoloriva dalla sua mente.
Da un presente che non riconosceva i propri ideali.
Da un futuro che non era disposta ad accettare.
Sono passati venti anni da quella notte.
Venti anni insieme a te.
Venti anni del tuo amore.
Venti anni del tuo essere donna.
E’ stato come rinascere.
Rinascere dai propri errori.
Sei stata la mia verità.
Rinascere dalle proprie ceneri.
Sei stata la mia fenice.
Tu, la sfumatura migliore della mia vita.
Tu, l’esplosione di emozioni nel mio cuore.
Tu, la bruciante passione dentro il mio corpo.
Tu.
Sempre e solo tu.
Ma.
Non è stato tutto rose e fiori, abbiamo dovuto superare molti dolori e altrettante difficoltà.
Noi due.

Non abbiamo avuto figli e forse quello è l’unico rammarico che ci porteremo sempre dentro, ma la tua lunga malattia ci ha privato di questa enorme gioia.
Ma tu, mia moglie hai vissuto ogni giorno da quel giorno.
Tu.
Mia moglie hai vissuto.
Tu.
Mia moglie.
Queste due semplici parole ancora mi commuovono.
Sei diventata Oscar Grandier nella piccola chiesa di Arras.
Sei diventata Oscar Grandier tenendomi per mano.
Sei diventata Oscar Grandier guardandomi negli occhi.
Mia moglie nel cuore.
Mia moglie nel dolore.
Mia moglie nella gioia.
Tu.
Mia moglie.
L’emozione più intensa.
E quell’emozione io, l’ho vissuta tutti i giorni.
Nelle passeggiate che calmavano le nostre anime.
Nelle cavalcate che rievocavano la nostra gioventù.
Nelle tue risate che mi riempivano la vita.
Nei miei silenzi pieni di parole segrete.
Nelle prime rughe che ti marcavano il viso.
Nei miei capelli che con gli anni iniziavano a ingrigirsi. (1)
Nella nostra felicità.
Si.
Sono stato felice.
Ho vissuto anni intensi.
Anni di amore travolgente.
Anni che non pensavo mai di vivere.
Con l’unica donna che ho mai amato.
Con l’unica donna che ho sempre voluto.
Si.
Immensamente felice.
E ti ho resa felice
Immensamente felice.
Questo è quello che mi dicevi tutte le mattine da quando siamo diventati marito e moglie.
Questo è quello che mi dicevi tutte le sere prima che sorridente ti addormentavi tra le mie braccia.
Questo è quello che mi hai detto l’ultima volta.
Prima di salutarmi.
Prima di lasciarmi.
E andare via.
Si.
Alla fine, purtroppo, la malattia ha dominato il tuo fisico ormai stanco.
Ma a dispetto di tutto, tu amore mio, il tuo male lo avevi già sconfitto.
Tanto tempo fa.
Decidendo della tua vita
Decidendo del tuo futuro.
Decidendo di amare.
L’hai sconfitto nel cuore
L’hai annientato nell’anima.
Hai spezzato le catene che t’imprigionavano.
Hai strappato il veleno dalle mani della morte.
Hai bruciato le sue fredde vesti.
E hai vissuto.
Nonostante tutto.
Nonostante tutti.
E.
Te ne sei andata felice.
In una splendida giornata di giugno.
Proprio qui.
Tra le mie braccia.
Come avevi sempre desiderato
Davanti al tuo mare.
Al mare della Normandia.
Sei stata con me fino all’ultimo istante.
Sei stata tra le mie braccia fino all’ultimo respiro.
Con me.
Dentro di me.
Nei miei occhi.
Nelle mie mani.
Nel mio corpo.
Abbiamo visto il sole tramontare.
L’abbiamo visto scendere lentamente nell’oscurità.
E insieme a lui è tramontata la tua vita.
E insieme a te è finita la mia.
Mi hai stretto forte la mano.
Ho stretto forte la tua.
Ma.
Non mi hai detto addio.
Mi hai sorriso.
E dolcemente mi hai sussurrato “E’ ora Andrè, è tempo di lasciarmi andare”.
Avrei voluto dirti che non era ancora tempo.
Ma lo sapevi.
Avrei voluto strapparti alla morte come feci venti anni fa.
Ma.
Non mi è stato concesso.
No.
Non ho avuto un’altra possibilità.
Ti ho lasciato andare.
Ho dovuto.
E ho vissuto.
Uno di quei momenti che speravo di  non vivere mai.
Io l’ho vissuto.
Io, ti ho vista morire Oscar.
Ma, soprattutto amore mio.
Io.
Ti ho vista vivere.
Intensamente.
Immensamente.
E abbiamo vissuto.
Intensamente.
Immensamente.
Io e te.
E ora.
Ho mantenuto la mia promessa amore mio.
Scrivo l’ultima pagina di questo diario.
L’ultima pagina della nostra storia.
L’ultima pagina del nostro amore.
Tutto quello che mi hai raccontato nel tuo viaggio ai confini dell’universo, è qui.
Tutte le sensazioni provate in quei giorni invisibili al mondo, sono su queste pagine.
Quella vita ormai lontana da noi.
Quella vita che abbiamo ricostruito giorno dopo giorno.
Solo per noi.
Solo di noi
Amore mio.
Ricordati sempre quanto, ti ho amato.
Amore mio.
Ricordati sempre quanto, ti amo.
E ricordati che per sempre
vivrai nel mio cuore insieme a quelle gocce di te che hanno illuminato la mia vita.
Eternamente tuo
Eternamente mia
Eternamente nostri (2) 

Il tuo Andrè

Finisco di scrivere.
Il pennino si alza per l’ultima volta dal foglio non più bianco.
Ho finito.
Finalmente ho finito.
Chiudo lentamente il diario.
Il fruscio delle pagine rievoca tutto il dolore provato senza di te.
Il fruscio delle pagine rievoca tutta la sofferenza per la tua scomparsa.
Il fruscio delle pagine rievoca quella solitudine ormai troppo straziante.
E non c’è rimedio per questo dolore.
Non c’è rifugio per questo tormento.
Non c’è difesa per questa tortura.
Se non la morte.
Alzo gli occhi.
Il sole sta tramontando.
Sono stato qui tutto il giorno.
Sono stato qui tutti i giorni da ormai sei mesi.
Da quando mi hai lasciato.
Ogni giorno.
Ogni secondo.
Ogni attimo.
L’ho passato qui.
Con te.
Appoggiato a questa lastra di marmo bianca intento a scrivere la storia di un amore.
Di un grande amore.
Del nostro amore.
Ma sono stanco ormai.
Tanto stanco.
Mi alzo.
Il mio povero corpo è ormai esausto.
Troppo dolore.
Troppa sofferenza.
Troppa disperazione.
Senza di te.
Alla fine mi hai fatto scoprire cosa sono senza di te(3)
Un ricordo sbiadito trascinato dal lento scandire del tempo.
Un’ombra intrappolata nel muro del silenzio.
Un passo e sono di nuovo nelle tenebre.
Io, ora sono il buio.
Di nuovo.
Poggio il diario sulla fredda terra.
Il mio regalo per il tuo compleanno.
Ma.
Prima di andar via rileggo, come tutti i giorni, l’epigrafe che hai voluto scrivere insieme a me.
Una frase che come mi dicesti tanto tempo, ti salvò.
E ti riportò da me.

 “Oscar Grandier 25 dicembre 1755 – 23  giugno 1809
Nata per combattere e lottare ma vissuta da persona libera.
Libera nella testa, ma soprattutto nel cuore.
Libera di costruire il suo destino.
Libera di vivere la sua vita
E libera di amare.”

Tocco leggermente quelle lettere incise sul marmo.
Per imprimermi nella mente e nel cuore la tua essenza.
Per non dimenticare.
Per non dimenticarti.
Per non dimenticarmi.
Fa freddo.
Mi costringo dentro il mantello.
Un ultimo sguardo.
Un ultimo bacio.
“Buon compleanno amore mio…”
Mi volto e mestamente vado via.
Scendo dalla nostra collina preferita, dove da piccoli amavamo giocare a rincorrerci.
Rievoco memorie ormai lontane.
Ricordi Oscar, quante corse per arrivare primi.
Ricordi amore mio, non ti lasciavo vincere mai.
Tu, non avresti mai voluto.
Alzo lo sguardo.
Davanti a me il mare della Normandia.
Rievoco pensieri sopiti.
Ricordi Oscar, quanti bagni fatto in questo mare.
Ricordi amore mio quante corse per non farci prendere dalla nonna.
Rievoco ricordi perduti.
Ricordi Oscar, quante cavalcate lungo questa spiaggia.
Ricordi amore mio quante corse per dimenticare un dolore.
Quante corse per abbandonarsi all’oblio.
Davanti a questo mare.
Davanti al tuo mare.
Al mare che tu adoravi tanto.
Al mare che ci ha visto crescere.
Al mare che ci ha visto innamorati.
Al mare che ti ha vista morire.
Lo sguardo si posa sul mio anulare sinistro, dove c’è ancora il segno della piccola fede che mi ha infilato il giorno in cui sei diventata Oscar Grandier.
Ricordo il momento in cui l’ho tolta per infilarla al tuo dito ponendola accanto alla tua.
Ricordo di averti stretto le mani, forte sul mio cuore.
Ricordo le mie lacrime.
Ricordo il tuo sorriso.
Ricordo le mie parole “Custodiscila tu per me, prometto di venire a prenderla molto presto”.
Ricordo le tue ultime parole “Il mio Andrè “.
Ricordo le tue dita cancellare la sofferenza dal mio viso.
Ricordo le mie dita sfiorare delicatamente il tuo sorriso.
Ricordo.
Ricordo la tua mano scivolare via.
Ricordo la mia stringerti ancora più forte.
Ricordo i tuoi bellissimi occhi azzurri chiudersi per sempre.
Ricordo di aver chiuso anche i miei.
Ricordo.
Ricordo di averti stretto forte a me.
Ricordo le mie urla sovrastare il fragore del vento.
Ricordo le mie lacrime naufragare nel lento avanzare del mare.
Ricordo il rumore sordo del mio cuore ormai spezzato.
Ricordo.
E ricordo ancora.
E mai dimenticherò.
Mai.
Respiro per non soffocare.
Respiro per reprimere il dolore.
Respiro per lenire una sofferenza diventata ormai insopportabile.
Respiro.
Mi volto per l’ultima volta.
Per l’ultimo saluto.
Per l’ultimo addio.
Sorrido.
Oscar, ho vissuto respirando col tuo cuore.
Amore mio, morirò aspettando il tuo respiro.
E.
E’ ora Andrè.
E’ tempo di andare.
E’ tempo di riprendere la mia fede.
E’ tempo di mantenere l’ultima promessa.
 

- Fine -

 

(1)    per gentile concessione di Livia dalla sua “dietro la collina”
(2)     dalla - Lettera all'Immortale Amata - di Ludwig Van Beethoven
(3)     in risposta al capitolo “La colpa di un padre”

 

***

Appunti di viaggio

 
Eccoci qua.
Siamo giunte veramente alla fine, finalmente o purtroppo ancora non lo so, perché sono stata molto legata a questa storia.
Perché è stata scritta inseguendo una speranza.
Perché è stata scritta aspettando un miracolo.
Che come succede nella vita reale non è mai arrivato.
E’ nata ed è stata messa in un ‘cassetto’ quasi subito, troppo dolorosa, troppi ricordi.
Troppo intensi.
Poi.
La ritrovo in alcune vecchie scartoffie virtuali, gli anni sono passati e pensavo anche il dolore.
Ma.
Il dolore non passa mai.
Si assottiglia, si trasforma, ma non passa mai.
Ma.
Non l’ho voluta interrompere di nuovo, troppe persone ci si stavano legando, troppe persone si sono innamorate dei miei Oscar e Andrè.
E nessun dolore è più grande di vedere qualcosa che ami, svanire.
Di nuovo.
Quindi è rinata e ora che è finita e che anche voi l’avete letta sento che un pezzo della mia vita è impressa in queste
E alla fine il mio miracolo è arrivato anche se solo nella mia fantasia e in queste parole
Ma di una cosa sono felice è di aver affrontato questo viaggio con tutte voi accanto, e spero che questa storia vi sia arrivata al cuore come ha fatto con me.
Perché.
Il mare della Normandia rimarrà sempre per me, come un folle universo di emozioni, sentimenti e incanto, nato da un dolore e trasformatosi in qualcosa in cui credere sempre.
Il mare della Normandia sarà sempre un pugnale nel cuore e la libertà dell’anima.
Il mare della Normandia sarà sempre e comunque un sogno indelebile.
Sarà sempre il mio mare della Normandia. 

Un grazie particolare va a MacchiaArgentata che ha realizzato la fanart all’inizio della storia e mi ha dato il permesso di pubblicarla. Grazie ancora
Come sempre voglio ringraziare Livia,
ainosenosurac , NinfeaBlu ,angel88cz, , Tetide, , Medusa, Kira91 , MacchiaArgentata, Crissi,  Arte, Lisanechan  e Lavanda76, per le recensioni a “Luce e Ombra”  e grazie a tutte coloro che leggono solamente.
Un grazie da profondo del cuore  va a : angel88cz, armony_93, crissi, Doux_nge, Kira91, MacchiaArgentanta e Osito che hanno avuto il coraggio di aver messo il mare della Normandia tra le preferite e a chi lo farà in seguito.
A : Arte, Ninfea blu  e Lisanechan per averla messa tra quelle da ricordare
E grazie a tutte coloro che l’hanno seguita.

Ora è tempo che la mia penna segua altre strade, altri progetti, ma spero di tornare presto con un’altra storia oscariana, l’idea è quella di una AU  ambienta nel 1989, poi vedremo.
Mi congedo da voi, ringraziandovi ancora per l’affetto, l’amicizia e la passione che avete avuto per me e per questa storia.
Carpe Diem ragazze mie.
Non dimenticatelo mai.

Con affetto
Kikkisan

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