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“Vai come il vento, spadaccino del destino. Sei una
luce nell’oscurità.”
Questo è ciò che recita
l’ultima strofa di “Savior in the Dark”,
la magnifica sigla d’apertura creata dagli Jam
Project, per questo altrettanto magnifico capolavoro chiamato “Garo”.
La prima serie di Garo… ve la ricordate?
E’ passato più di un anno da quando è stata trasmessa qui in Italia.
Ed Amemiya,
il grande KeitaAmemiya,
quel buffo uomo che indossa sempre il cappellino e gli occhialetti tondi, (per
certi versi mi ricorda un pochino Gonza), non si decide
a concepirne il seguito…!
Come me, ci sono centinaia
di fan che scalpitano con trepidazione, ed attendono
la lieta notizia, ma… per ora tutto tace.
Che
strazio…
Mi piacerebbe sapere cos’è che frulla nella mente superba del maestro…
Ci regalerà sì o no una
seconda serie di Garo? Purtroppo, non ho il potere di
leggere nelle teste altrui, tuttavia… so di preciso che cosa frulla nella mia,
di mente malata!
E quindi… Dopo una lunga attesa durata mesi, eccola
qui! La mia seconda serie!
Trattasi di fanfic incentrata sulle avventure del lupo dorato dell’Est,
che di preciso si colloca dopo la fine di “Gioco di spade” (altra mia fic), e dopo lo special “Beast of the White Night”.
Preciso che non ho ancora
visto gli ultimi episodi del telefilm (mi manca proprio l’ultimo dvd), e quindi, per non rovinarmi la sorpresa, non ho
neppure visto lo special, ma anche se avessi quelle
puntate a disposizione, non credo che me le guarderei subito... L’idea di
vedere il finale, mi farebbe piangere come una fontana… E’ assodato!
Per ciò che riguarda il numero degli episodi, nella prima serie di Garo, che viene ufficialmente denominata “Chapter of the Black Wolf” (e
quindi ciò mi fa seriamente sperare ad una reale seconda serie), se ne
contavano ben 25, più un gaiden. Nella mia,
viceversa, che ho denominato “Chapter of the double Golden Wolf” (e poi
capirete il perché!), il numero degli episodi/capitoli, sarà un’incognita sia
per voi che per me stessa.
Attualmente non ho ancora stabilito quanti capitoli scrivere,
anche se ho già tutta o gran parte della trama fissa nella mente. Ad ogni modo,
non penso di emulare la serie originale e quindi raggiungere le 25 puntate… Però
mi piacerebbe superare almeno i 15/20 capitoli, anche
perché se non lo facessi, rischierei di rovinare la storia e comprometterne la
trama che difficilmente si potrebbe sviluppare con poco meno di 15 paragrafi…
Per il resto, analizziamo
insieme i seguenti punti!
Parlando di GaroSecondSeason…
Vi annuncio che ci saranno
delle new entry tra cui:
Il famigerato “nemico di
turno”
Un rivale che importunerà Kaoru e susciterà le gelosie del Cavaliere dal cappotto
bianco
E forse (patos!) anche una donna che si legherà in maniera
alquanto “pericolosa” a Kouga!
Detto questo, non aggiungo
altro!
Parlando del cattivo principale di GaroSecondSeason…
Per il cattivone,
mi sono ispirata al “Zoroastrismo”, la religione
fondata nell’antica Persia dal profeta Zoroastro.
Secondo la tradizione,
all'età di trent'anni e dopo un lungo periodo di
meditazione, Zoroastro ebbe una visione: il dio AhuraMazda,
onnipotente creatore di ogni cosa, nonché principio
del bene, gli ordinò di predicare la vera religione e combattere la menzogna,
alleata del malvagio AngraMainyu.
Tutto ciò che è buono è
emanazione di AhuraMazda, ovvero il “Signore della Saggezza”.Lo sono anche Spenta Mainyu
(il "Sacro Spirito", lo Spirito benefico, forza creativa) e le entità
che lo assistono.
Tutto il male invece è
causato dal "gemello" di Spenta Mainyu, ovveroAngraMainyu
(lo "Spirito malvagio" e distruttore, in persiano detto Ahriman) e dai suoi aiutanti. AngraMainyu è malvagio per scelta, in quanto alleato della
Menzogna, mentre Spenta Mainyu ha scelto la Verità, come possono
scegliere gli uomini. Dopo la morte
l'anima di ciascuno sarà giudicata al “Ponte del Giudizio”. Il seguace
della Verità lo attraverserà e sarà condotto in paradiso, mentre gli amici
della Menzogna precipiteranno nell'inferno. Ed il male, infine, sarà eliminato
dal mondo grazie a una sorta di prova del fuoco.
Come potete vedere, in
questo pezzo sono spesso riportate le parole “Verità” e “Menzogna”, che
contraddistinguono i due gemelli, ovvero Spenta Mainyu (la
Verità, e quindi il bene) ed AngraMainyu (la
Menzogna, vale a dire il male).
La mia fic
ruota pressappoco su questo concetto e su alcuni punti fondamentali dello Zoroastrismo. Ovviamente, in questo caso, per fare in modo
che la storia combaciasse meglio con l’universo di Garo,
l’inferno del nostro mondo è stato sostituito con il mondo
del Makai del telefilm.
Parlando della suddivisione dei
capitoli diGaroSecond Season…
Per prima cosa, a differenza
delle altre mie opere dedicate a Garo, questa qui è
stata suddivisa in capitoli e racchiusa in un solo blocco, per il semplice
fatto che trattandosi di una storia frazionata con episodi contigui che necessitano di un senso di lettura cronologico, usare una
serie di singole oneshot, avrebbe senz’altro
contribuito ad ingarbugliare le cose, con il rischio per voi di dare prima la
precedenza e quindi di leggere un episodio a piacere, anziché l’altro.
Spero tanto che non me ne vogliano i sostenitori delle oneshot…
Ma diversamente non si poteva proprio fare…
Parlando di KeitaAmemiya…
Ogni capitolo che si
aggiungerà alla storia, si presenterà come un episodio completo che, con
l’avanzare della trama, andrà a formare una vera e propria seconda serie.
Ci tengo a precisare che il
maestro Amemiya, per me, è un elemento
insostituibile, nonché la colonna portante di Garo.
Ahimé, io non mi ritengo
assolutamente all’altezza di quell’uomo, e, in fin
dei conti, la mia seconda serie non si potrà mai e poi mai paragonare ad
un’eventuale ed altrettanta seconda serie del maestro… Tuttavia, l’amore, le
sensazioni, le emozioni vere che Garo mi ha saputo donare, per me sono state una fonte preziosissima
ed inestinguibile di idee, concetti e voglia di fare, che mi ha spinto a
prendere tale iniziativa.
Ma da qui a rimpiazzare quel
demonio di Amemiya, ne
passa! Quel genio è insostituibile!
Parlando del “sorella” di Rei…
Ooh…! ^o^ Questo è un punto
molto interessante!
Le persone
che hanno avuto la possibilità di godersi il telefilm anche con l’audio
giapponese, sapranno certamente di cosa sto parlando…
Per tutti gli altri, invece,
faccio un breve riassuntino.
Nella lingua originale, Rei ha la simpatica abitudine di chiamare tutte le donne che
incontra con l’appellativo di “oneesan”, ovvero
“sorella”. E’ un’espressione prettamente provocatoria, tipica della Zanna
d’Argento, che però nel doppiaggio italiano non è
stata presa minimamente in considerazione. Davvero un gran peccato, perché in
questo modo il personaggio anziché guadagnarci, ha perso quel pizzico di
fascino che lo rendeva veramente singolare.
Da parte mia, ho pensato di
mantenere la versione originale che ritengo sia la
migliore in assoluto, sotto tutti i punti di vista. Una sfumatura
immancabile!
Spero che la mia scelta piaccia
anche a voi!
Parlando di RyouseiKonishi…
Lo so,
questo pezzo non centra granché con la mia fanfiction…
Tuttavia, volevo solo
spendere due paroline per questo tipetto di nome Ryousei.
Voi lo avete mai visto
piangere? Piangere con i vestiti di Kouga indosso,
quindi quelli del set, ma fuori dalle scene?
Io l’ho visto nel secondo
disco che c’è all’interno del box dvd del Beast of the White Night che ho comprato qualche mese fa, in cui ci sono extra di ogni
tipo più una lunga sezione dedicata al backstage e ai dietro le quinte.
Tutte le volte che rivedo
quel toccante frammento, immancabilmente mi si riempiono gli occhi di lacrime…!
Un po’ perché vedere Kouga che piange, o più
precisamente, vedere l’attore che lo interpreta, è un po’ come vedere un
termosifone che vola, e un po’ perché lì, in quel preciso attimo, ho avuto la
stupenda possibilità di vedere il Ryousei “vero”, un
essere umano come noi, una persona che non è solo speciale perché ha
interpretato il ruolo di un personaggio che poi l’ha reso estremamente
popolare e ricercato. In giro si vedono molti attori che non riescono a
mostrarsi al pubblico per quello che sono in realtà, e
che spesso ci offrono delle interviste un po’ “montate”, tristemente recitate.
Al contrario degli altri, RyouseiKonishi per me non è solo
una stellina del cinema.
Quel ragazzo ha nel viso davvero
qualcosa di speciale. Di molto speciale. Oltre a fare
semplicemente tenerezza (per me è simile ad un bambino), è una fonte
inestinguibile di sincerità. Quella sincerità che
purtroppo sta abbandonando l’animo di noi esseri umani.
Penso che se la caratterizzazione di KougaSaejima sia venuta su così bene, il merito va attribuito in
gran parte a quella qualità che il dolce Ryousei ha
dentro il cuore! ^___^
Per concludere…
Mi auguro con tutta l’anima
che questa storia vi piaccia davvero, e dentro di me
spero vivamente di non deludere le aspettative di nessuno.
Mi piacerebbe che almeno uno
di voi, leggendo questa fanfiction, provasse almeno
una goccia di quelle emozioni che ha provato guardando la serie di Garo.
Per me sarebbe seriamente il
massimo!
Io personalmente devo molto
a questo telefilm. Gli devo concretamente molto. Garo
è stato, è, e rimarrà per sempre dentro di me.
Perché?
Quanti di voi, almeno una
volta hanno provato sulla propria pelle la brutta esperienza di rimanere al
buio?
Quando il black out arriva e ci agguanta, noi ci sentiamo
persi.
Tuttavia, una luce che ci fa compagnia, c’è sempre.
Per darvi l’aggio di
iniziare a leggere la storia, io concluderei proprio
come ho iniziato…
“Vai come il vento, spadaccino del destino. Sei una
luce nell’oscurità.”
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
E’ trascorso più di un
anno, dalla mia disavventura.
Ma dentro di me, quei ricordi sono freschi
come la pittura di un quadro che non si è ancora asciugato.
Ne ho passate tante,
ne ho vissute tante sulla mia pelle, di esperienze da
brivido. Avevo perso ogni speranza. Avevo perso la mia luce. E
la paura di non poterla più riavere indietro, mi paralizzava. Buttava giù tutti
i miei sogni, tutte le mie aspettative.
Ma poi, come un lampo imprevedibile, quella
luce si è riaccesa nella mia vita. Ed io finalmente ho
ripreso a sognare, ed a sperare in n futuro migliore.
Come passa veloce il
tempo.
E pensare che fino a
qualche settimana fa, non vedevo l’ora che passasse il
più in fretta possibile.
L’idea di ritornare
nella mia piccola patria, la voglia di preparare i bagagli, di prendere il
primo volo disponibile e partire… Tutto ciò mi rendeva impaziente.
Ed ora… Ora che
finalmente sono qui, vorrei tanto che questo tempo
rallentasse un pochino per potermi godere appieno questi attimi pieni di
felicità che hanno inaspettatamente riempito la mia esistenza.
Ora che tutto si è
incanalato nella giusta direzione, ora che tutto è ripreso a scorrere con più vigore e più forza di questo stesso tempo che passa,
io mi sento piena d’energie, e pronta ad affrontare questa mia nuova vita, con
una luce interiore ancora più bella, per la felicità mia, e per quella del mio
portare di luce!
- Signorina, è sicura di ciò che sta facendo?- le domandò premuroso Gonza, accingendosi a riporre a terra, sul
pavimento di un piccolo monolocale situato in uno dei quartieri meno affollati
della città, e soprattutto meno costosi, uno scatolone mezzo traboccante di colori
e pennelli d’ogni misura.
Il buon GonzaKurahashi,
un uomo mite, dalle maniere educate e l’abito sempre in ordine, restò fermo
sull’uscio della stanza ad attendere una risposta. Quel responso
giunse celere, un po’ sofferto, e, ahimé, del tutto scontato. La speranza che quel pulcino spennacchiato, proprio come lo aveva
definito Zarba tempo addietro, raccogliesse tutto e
ritornasse sui propri e piccoli passi, si affievolì in un secondo.
KaoruMistuki,
il pulcino spennacchiato, assentì con decisione alla domanda del buon uomo.
- Sicurissima! E poi, come ti ho
già spiegato, non è consono che due fidanzati dividano lo stesso tetto… Io per
prima mi sentirei a disagio. – confessò con una smorfia leggermente imbarazzata,
sbocciatale all’improvviso su quel volto giovane e fresco.
Gonza sospirò amareggiato, affranto da quella decisione.
Kaoru era stata cresciuta conforme
ai principi di ciò che era buono e giusto, e quel disagio che lei stessa si
sentiva nascere dentro, era del tutto giustificato.
La schiena del maggiordomo si curvò permettendo così alle
braccia di adagiare quella scatola verso terra.
- Come volete voi. – proferì infine, facendosi
però vedere insofferente – Non penso che ci sia bisogno di farvi sapere
che il signorino Kouga non ha accolto di buon grado
questa vostra decisione. – le ribadì, per l’ennesima
volta, giusto pochi istanti prima che, in quella stessa stanza, e da quello
stesso uscio, spuntasse la sagoma di qualcuno.
- Non serve che tu le dica altro,
Gonza. Con lei è fiato sprecato. – asserì proprio quel qualcuno, con parole fredde
ed un timbro tutt’altro insofferente.
KougaSaejima,
il detentore del rinomato titolo di Garo, era lì,
pronto a portare a terra uno scatolone sigillato in mal modo con del nastro
adesivo tutto stropicciato. Il “signorino”, come soprannominato dal suo fido
maggiordomo, aveva prestato attenzione alla conversazione dei due, durante la
sua breve assenza.
- Sono grande, adulta e vaccinata! – replicò Kaoru, indispettita da quell’affermazione, mettendo il broncio
e le mani sui fianchi. Proprio come una giovane bambina.
Kouga la scrutò velocemente in
viso, con rassegnazione. Con lei, per l’appunto, era inutile sprecare fiato. Nonostante
tutto, però, quella giovane fanciulla dai grandi
occhi, era diventata la sua forte ed indelebile luce. Un sole che aveva preso a
splendere soltanto per lui, una fiamma purissima che gli dava la carica, lo
rafforzava sempre di più, lo faceva sentire vivo. Finalmente vivo.
Quella forza lo aveva
incredibilmente cambiato. Lo aveva spronato a farsi avanti, e a non avere paura
di esternare parte di quei sentimenti tanto taciuti e destinati ad appassire in
un soffio, perdendosi nel buio più tetro e sempre più solitario di quel suo freddo cuore.
Tutto ciò che serviva ad un umile Cavaliere del Makai per essere felice, era avere una vita felice!
E per avere una vita felice, a quel
giovane ometto coraggioso gli bastava semplicemente avere lei. La sua KaoruMitsuki.
In un pomeriggio come tanti, i tre si accinsero a scaricare
dall’autovettura di Gonza, tutti gli effetti personali
della pittrice, e, alla meglio, a sistemarli nella sua nuova e minuta dimora.
Tra una scatola e l’altra, qualcuno inaspettatamente fece sentire
forte e chiaro la sua voce.
- Kouga! A non molte miglia da qui
è comparso un Orrore!
Il ragazzo sollevò la mano sinistra, mosso dall’istinto. L’anello
magico aveva parlato, e… quando quella piccola testa di metallo captava qualcosa,
un Cavaliere Mistico non poteva avere scampo: doveva
correre via, ed intervenire al più presto.
Raccogliendo svelto il cappotto bianco dalla spalliera di
una sedia, il coraggioso Saejima lasciò la stanza
dirigendo i suoi lunghi passi verso l’esterno, nel bel mezzo della via.
La risposta di Kaoru alle
improvvise movenze di Kouga, arrivò in un lampo. La mora gli corse incontro, mollando lì per lì una scatola
verso terra. Il suono prodotto da quel chiassoso tonfo, fece sobbalzare Gonza
che, colto dallo spavento, si lasciò cadere dalle mani il suo inseparabile
pennacchio per la polvere.
Oltrepassando la soglia d’ingresso del suo piccolo
monolocale, la ragazza osservò il giovane Cavaliere immettersi in strada, e si
accigliò.
- Ricordati che stasera dobbiamo cenare insieme! Non fare
tardi! – gli urlò svelta, a squarciagola, nella speranza che lui non facesse semplicemente
“finta di non capire”. – Chissà se ha capito… – sbottò poco dopo, mettendo nuovamente
il broncio, mentre lo vedeva correre via, in prossimità dell’orizzonte, per
sparire infine dalla sua visuale.
Per la precisione, Kaoru era
tornata definitivamente in Giappone da appena una settimana.
Smettendo di svolgere lavoretti part-time,
la ragazza era stata assunta presso uno studio artistico per lavorare a giorni
alterni come illustratrice di libri fiabeschi.
La sera, per affinare le sue tecniche, frequentava un corso accademico
di pittura, come una qualsiasi ragazza della sua età. Come una ragazza normale.
Dal giorno in cui era entrata in contatto con il sangue di
quell’Orrore, il tempo non aveva mai smesso di correre.
In quel brutto periodo, Kaoru
aveva perso la voglia di lottare per vivere e continuare a sognare, ma… grazie
alla spada di un Cavaliere un po’ burbero e ostinato a volerle restituire tutti
i suoi sogni, il desiderio di sopravvivere unicamente per essere felice, ebbe la meglio.
Dopo la fine di quella brutta avventura, come ogni favola
che si rispetti, tra il Cavaliere e la sua dolce protetta
fiorì un forte sentimento che, tenuto nascosto dai loro timidi animi, spiccò
finalmente il volo solo molto tempo dopo, per rompere le grosse catene che lo
tenevano prigioniero, e liberarsi in aria a gran voce.
E, come ogni fiaba che si rispetti, da quel giorno Kouga e Kaorunon
furono più in grado di dirsi addio.
***
Un vicolo completamente deserto, lontano da gente ed
abitazioni, era il nascondiglio che l’Orrore, per sfuggire al suo irriducibile
antagonista, si era trovato da poco.
Kouga giunse in quella viuzza, con
una spada splendidamente sguainata e l’occhio attento sulla via.
- E’ qui. – gli confermò svelto Zarba,
la sua infallibile guida. – Preferisce nascondersi, anziché affrontarti. Che disonorevole creatura!
- Come tutti i suoi simili, d’altronde. – scherzò
fiacco il Cavaliere, avanzando coraggiosamente nella tana dell’essere. La
mano che teneva l’ansa rossa della spada, era sicura oltremodo. Sicuri,
inoltre, lo erano anche i suoi passi che, lenti ma inesorabili, si accostarono
sempre più al bersaglio.
Un bersaglio dalla pelle scura, verdastra, viscida e
maleodorante. Proprio grazie a quella pestilenziale esalazione, Kouga riuscì a stanare alla svelta quella spregevole
creatura delle tenebre, facendole così vedere la luce del sole.
Non tutti gli Orrori impazzivano per quei caldi e luminosi
raggi.
L’essere mostrò i denti con rabbia, spalancando le sue
incredibili fauci ma regredendo come un vile codardo.
Il corpo piuttosto rinsecchito, e la voglia così evidente di
non fronteggiare l’avversario dal cappotto bianco, lo rese ancora più misero di
quanto non lo fosse in realtà.
Volteggiò e luccicò, la spada di Kouga,
sopra la sua testa. In un secondo tempo, fu anche il vicolo a sfavillare. Un
fascio mirabolante di luce, un barlume dorato, caldo e rasserenante. Tutto ciò, rivestiva l’armatura di un guerriero solitario dell’Est,
il cui nome faceva intirizzire anche il più ostile di tutti gli Orrori: Garo.
Avanzando a passo lento, in direzione del mostro, l’eroico
paladino del Makai si preparò ad attaccare.
Il mostro sguainò gli artigli, costretto alla controffensiva,
ma la spada forgiata con l’Animetallo del valoroso
lupo azzannato, fu più veloce. Un rapido fendente, e via! Il ventre della
bestia si squarciò senza intoppi. Un fascio di sangue violaceo macchiò parti
del rivestimento di quell’armatura dorata, con diversi ma brevi schizzi.
Quel flusso poi iniziò a farsi sempre più debole, ad
appassire così come il mostro che cominciò pian pianino a sgretolarsi. Qualcosa, però, su quella faccia da perfetto figlio delle tenebre,
scosse Garo. L’Orrore, nonostante la sua
disonorevole fine, gli stava sorridendo. Un sadico ghigno, fastidioso come un
sassolino nella scarpa, ma allarmante come la più
pericolosa delle frane.
Infine, a fortificare quel timore, il
ghigno si dischiuse all'improvviso, per dare l’opportunità a quella creatura di
pronunciare qualcosa poco prima di spirare.
- Goditi
pure questo piccolo attimo di gloria, Cavaliere d’Oro, perché per te, arriverà
presto il momento di cedere il posto a qualcun altro che ti strapperà via tutto
ciò che hai di più prezioso al mondo, e porrà fine al tuo inaffondabile mito!
Una frase, una forse rivelazione di un futuro chissà quanto
prossimo, fece sussultare incredibilmente Garo che,
non appena l’Orrore si dissolse del tutto, riacquistò le fattezze da semplice
Cavaliere.
Kouga quindi abbandonò all’istante
l’armatura con un’espressione sul viso che non presumeva nulla di buono.
Le parole di un Orrore, seppur a volte meschine ed bugiarde, non lo avevano mai turbato. Tuttavia, in quell’istante ci fu una rara eccezione.
- Dietro di te, Kouga! – esclamò d’un botto l’anello parlante, facendo sobbalzare il suo
proprietario.
Il giovane si girò di scatto, rapido ma inquieto. Davanti a
sé, davanti agli imperturbabili occhi di un Cavaliere dell’Est, l’inquietudine
sparì in un soffio per fare spazio alla confusione dei suoi pensieri.
Svelto, il figlio di Taiga sollevò la mano sinistra di
fronte al proprio viso, increspando furiosamente la fronte: - Mi prendi in giro?! – esclamò stizzito, ammonendo così la sua guida gotica. In
quella viuzzola, infatti, non c’era nessuno.
Zarba non fu particolarmente entusiasta
di quelle parole.
- Affatto. – replicò seccato, con un tono più che inacidito
– Ho davvero percepito qualcuno alle tue spalle. La
presenza è sparita poco prima che tu ti girassi.
- Un altro Orrore? – la domanda del proprietario taciturno,
giunse rapida, almeno quanto la risposta del Madougu:
-Vorrei tranquillizzarti e replicare con un sì, ma…
purtroppo la mia sentenza è tutt’altro che positiva.
Le palpebre di Kouga si sgranarono
di colpo.
- Non era un Orrore?! – rinviò per
l’ennesima volta, davvero sconcertato, e sempre più angustiato da quella
situazione.
- Non chiedermi chi o che cosa fosse! Non l’ho capito
neppure io. L’odore sembrava quello di un umano, ma l’aura… beh, quella non direi proprio che fosse conforme alla natura umana. – gli
anticipò netto Zarba –Tuttavia, la sua energia mi ha
fatto davvero paura. Brutta situazione, Kouga! – concluse alla fine, mostrandosi anch’egli turbato.
L’erede di Taiga, giunti a quel punto, desiderava
intensamente avere delle risposte.
Pochi metri ancora e, passo svelto dopo passo, Kouga parò una mano di fronte a sé.
Dal quel vuoto, iniziò a sbocciare un foro grande quanto un
puntino che, come un imboccatura automatica, si
spalancò all’istante.
Quel portale, senza perdere attimi preziosi, venne attraversato dall’eroico giovine che ne fu così inghiottito.
Giunto dal capo opposto, un lungo corridoio fiancheggiato da
bianche colonne aspettava solo di essere percorso. Con molta fretta, e tenendo
lo sguardo stabile sulla fine di quel lungo andito, Kouga
giunse presto a destinazione e si fermò d’innanzi ad
una figura vestita di bianco.
Il suo viso imperturbabile, la sua fronte annottata, ed i
tratti di un volto fermamente duro, incuriosirono ma
al tempo stesso allarmarono il Cane da Guardia del Nord, che non poté far a
meno di chiedere le dovute spiegazioni.
- Che cosa è successo? – domandò con
voce gentile la mistica figura, immobile al centro di un piedistallo rettangolare
illuminato di luce.
Kouga non sprecò un solo attimo.
Riportò a quel sacerdote del Nord le parole dell’Orrore affrontato poc’anzi e quella presenza avvertita dal suo fidato Madougu dalla bocca loquace. Poco dopo l’esposizione dei
fatti, il Guardiano vestito di bianco sospirò appena, per poi fornire una
risposta:
- Sono diversi giorni che un umano, senza la nostra
autorizzazione, s’introduce nel Makai.
- Che cosa?! – tuonò all’istante il
giovine, trasalendo perchè spiazzato dalle parole di
quella figura millenaria – E’ opera di un Cavaliere Mistico?
- Sai meglio di me, che un Cavaliere ha il diritto di aprire
e varcare il portale solo con il lasciapassare di noi Sentinelle. Ciò nonostante…
- il Cane da Guardia ricercò il viso dello spadaccino dell’Est per offrirgli
uno sguardo profondo – di Cavalieri Mistici che infrangono le regole e seguono
la via delle tenebre, ne nascono di continuo.
Le parole sottintese e sibilline del sommo sacerdote del
Nord, illustrarono una cruda quanto dura realtà, già affrontata in passato
dall’impavido Kouga. L’essere dalle fattezze umane,
con una tunica bianca portata decorosamente indosso, si stava riferendo a Barago, colui che aveva venduto la
sua anima a Kiba, Cavaliere Mistico delle tenebre, e
infranto più di una regola.
Che fosse nato, nell’ordine dei
Cavalieri del Makai, un emulatore di Barago?
Kouga, deciso a farsi avanti con
l’ardire di porre tale quesito, fu preceduto limpido dal guardiano del Nord: -
Non si tratta di un Cavaliere. L’energia che sento, è ben diversa da voi
guerrieri del Makai.
- E chi, allora? Chi è?- ribatté alla svelta quel flemmatico umano, ansioso di
conoscere una risposta che gli avrebbe certamente ammansito tutti i suoi dubbi.
- Ogni responso trova presto il suo tempo. – gli comunicò
il sacerdote, mantenendo una quiete ammirevole – E quel tempo, non è
ora.
- Mi state dicendo che neppure voi,
i responsabili dei quattro punti cardinali, sapete darmi una risposta? – Dopo quella
domanda che purtroppo non trovò taluna sentenza, Kouga
fu costretto a porre il proprio animo in pace.
Il Cane da Guardia, avvertendo inquietudine nell’animo di
quel giovane Cavaliere Mistico, lo confortò con uno dei
suoi saggi consigli: - Resta in guardia, come hai sempre fatto, ma non tormentarti
prima che arrivi quel tempo.
- Segui il consiglio del Guardiano, e non tormentarti! E’
molto semplice, no?- gli esclamò Zarba, una volta fuori dal palazzo antico, sperando in quel modo di
rassicurare il suo proprietario.
- Tu che cosa ne pensi? – gli domandò presto lui, camminando
a passo moderato lungo i bordi di una stradina tutt’altro
che affollata.
Il Madougu non si decise a replicare
subito. Aspettò ancora un po’ prima di fornire il suo parere personale.
- Penso che se non ti sbrighi, farai tardi alla cenetta
romantica con la tua bella! – scherzò da buon anello sparlante, facendo d’un botto azzittire Kouga. – Come
recita il galateo, un uomo non dovrebbe mai fare
aspettare la propria donna! Soprattutto se si tratta di un tipetto
suscettibile come Kaoru…
***
Erano le 20 e 35 esatte.
Kaoru osservò il tondo orologio
che sovrastava l’aula di pittura dove si era da poco conclusa la lezione, e si
preparò a rimettere gomme e colori nella sua capiente sacca marrone.
La fretta di arrivare a casa, in quel monolocale piccolo ma
accogliente, e preparare una dignitosa cena, fece sì che quel voluminoso
borsone le precipitasse a terra. L’impatto con il suolo balzò via il contenuto
che, senza tante pretese, si riversò lungo tutto il pavimento.
- Accidenti! – sbottò all’istante, precipitandosi in un
lampo a raccogliere i suoi preziosi strumenti.
Dopo aver recuperare un tubetto di vernice e delle matite
colorate, Kaoru si adoperò ad
afferrare un foglio di carta adagiato a terra proprio d’innanzi a lei, ma, in
un battibaleno, un’altra mano arrivò prima della sua, lì su quel pezzo
di carta. La giovane alzò gli occhi per fissare il volto di qualcuno che, con
maniere garbate gli tese poi l’oggetto.
- Tieni! – esclamò quell’individuo, facendo un amabile sorriso.
Un ragazzo con la voce gentile tanto quanto i modi, intimidì la mora al punto
tale da farle ghermire il foglio con mano tremante.
- Grazie! – riuscì a stento a dire, riproponendo
per educazione anch’ella un sorriso. – La fretta non porta mai a nulla di buono…!
– ammise in seguito, volgendo gli occhi a terra con una punta di insicurezza goffa.
- Ti aiuto io, dai! – si offrì celere
lo sconosciuto, allungandosi più in là per agguantare il materiale a terra. –
C’è qualche film in tv o al cinema che devi vedere?
- Niente di tutto ciò! – replicò lei, scuotendo energica il
capo- Devo preparare la cena! – dichiarò apertamente,
ancora china sul pavimento, mentre gli gettava curiosa
un’occhiata.
Spalle larghe, fisico slanciato, capelli
castani raccolti appena da un piccolo codino dietro la nuca.
In tutto, erano diciannove le persone che frequentavano quel
corso. Tre ore, divise per due lezioni a settimana, non erano sufficienti a
farle memorizzare, o perlomeno, a stabilire un’amicizia con tutti quei
partecipanti.
- Sono seduto nella fila dietro la tua. – le svelò quel
giovane, accorgendosi al volo della bella Mitsuki che
lo scrutava confusa. – Per chi la prepari la cena? – domandò poi, forse troppo indiscreto,
nel momento in cui le ginocchia gli si fletterono a terra per raccogliere un
foglio tinto da matite e colori. Il taglio di quegli occhi sottili ed aguzzi,
si assottigliò ancor di più non appena le pupille, scure ma
vivaci, squadrarono il ritratto impresso su quel pezzo di carta. – E’ forse per
lui che cucini? – si sentì presto chiedere, vedendosi poi arrivare un ritratto
di Kouga, fatto la sera prima, proprio sotto il naso.
– E’ il tuo ragazzo, giusto?
L’artista si stupì senza indugio: - Come fai a saperlo?
L’altro invece sorrise disinvolto.
- Tutte le pittrici, prima o poi,
ritraggono il loro consorte! Non è scientificamente provato, però io dico che è così! – scherzò alla fine, lasciando Kaoru libera di riprendere il disegno per rimetterlo a
posto, con cura, insieme agli altri. – Mi permetti di
accompagnarti a casa? – La proposta dell’altro artista, le fece ciondolare immediatamente
il capo.
Kaoru negò, in
risposta a quell’offerta, sempre più tesa ed imbarazzata: - Oh, no, no, davvero!
Non serve! E poi, la mia casa è a non molti metri da
qui. Mi bastano dieci minuti per arrivarci! – si affannò svelta a decantare,
inforcando la tracolla sulle spalle e sollevandosi dal suolo in tutta fretta.
Lo studente di pittura la seguì a ruota, smorzando sul
nascere un flebile sorriso di rassegnazione.
- Come l’invidio il tuo ragazzo! – esclamò poi, sfoggiando
una voce all’apparenza gioconda, e porgendole educato una mano- Io sonoIkuoShiota!
- KaoruMitsuki!
– si presentò l’altra, ridente, stringendo lieta la mano del suo nuovo amico.
Ikuo le sorrise con cortesia, da
persona di belle maniere. In seguito, poco prima di vederla andar via, diede lo
sfoggio di un ennesimo atto d’educazione:
– Allora, ti auguro una buona cena, Kaoru!
L’artista assentì felice, regalandogli ancora un sorriso, ed
infine corse via, a più non posso, tenendosi la
tracolla della borsa ben ferma con una mano.
Il suo orologio da polso segnava appena le nove, e nessuna
pentola bolliva sul fornello di casa Mitsuki.
Kaoruaccelerò
il passo, mentre in lontananza, la sagoma di qualcuno fermo nei pressi della
porta sbarrata del suo monolocale, attirò la sua attenzione.
Un cappotto bianco ed uno sguardo accigliato. Questo fu ciò
che servì alla pittrice per riconoscere Kouga senza nessun’esitazione.
Ancora con il fiatone, lei lo raggiunse andandogli incontro
con un semplice sorriso, compiaciuta nel vederlo lì, davanti all’uscio di casa
propria, e con la speranza di fargli dimenticare lo scortese ritardo. Quel
sorriso però non le servì a molto.
Il volto immutato ed impassibile, e la smorfia accigliata
del giovane, confermarono prontamente i suoi timori.
- Questa volta il ritardatario non sono
io. – sbottò presto, con un accento seccato, forse stufo di aspettare immobile
come una statua di marmo bianco, l’arrivo della sua ragazzina.
Kaoru calò il capo, con movenze
mortificate.
- Scusami. – pigolò mogia,
intonando una voce davvero dolente.
Tuttavia, il sospiro di un Kouga rassegnato, le fece tornare il suo solito sorriso.
Come se quello stesso sospiro le avesse detto
“ok, pazienza! Sei perdonata”.Parole che Kouga,
per l’appunto, non le avrebbe mai spontaneamente detto.
Tutto ciò, però, non aveva molto valore per lei. A Kaoru bastava veramente poco per capire ed elaborare un
gesto emesso senza importanza da quel taciturno e giovane uomo.
A Kaoru, quello che le bastava
veramente, era restare al suo fianco.
La chiave dell’appartamento intanto era già nella serratura.
Qualche scatto, e l’uscio finalmente si spalancò.
La mano della mora si sposò sull’interruttore della luce e,
dal soffitto bianco, una flebile lampadina non molto grande, diffuse e diede splendore
alla sala del monolocale.
Kouga si osservò in giro, mettendo
in mostra un’espressione poco raggiante e spaesata.
C’erano scatole a destra e a manca, da svuotare ed ordinare
a dovere. La confusione regnava un po’ ovunque, in quella minuta casupola che
lui non sembrava per nulla gradire.
- Non capisco perché dobbiamo cenare qui, con tutta questa
confusione in mezzo. – si lamentò in fretta, annottando la faccia con una
smorfia scocciata.
- Perché è di buon auspicio
mangiare il primo giorno di trasloco in una casa nuova! – gli replicò istintiva
Kaoru, apprestandosi poi a raggiungere uno degli
scatoloni più ingombranti, accantonato nei paraggi di un angolo dell’ambiente.
– E poi, c’è tutto quello che ci serve, qui! Questo,
per esempio, è il tavolo! – espose con fantasia, cercando di spostare quella
scatola di cartone verso il centro della stanza, per farle assumere il ruolo
appena citato.
Tirò diversi sospiri, l’introverso Cavaliere del Makai, nel scrutarla con atteggiamento accidioso e del
tutto rassegnato, poco prima di andarle incontro senza proferire parola, piegarsi
anch’egli sulla pesante scatola, ed agguantare il lato opposto, con l’intento
di darle una mano.
Lei alzò meravigliata il viso, sorpresa da quel gesto così premuroso
che le fece ricambiare la gentilezza con un dolce sorriso.
Kouga tirò verso di sé il pacco
quadrato, marciando all’indietro con passi piccoli. Dal capo opposto, contrario
al suo, la dolce ritrattista si muoveva in avanti, puntellando con i piedi il
pavimento, e facendovi leva per far scivolare di
fronte a sé l’oggetto di cartone.
Poco alla volta, quel fasullo tavolinetto
si portò finalmente al centro della stanza, soddisfando
così le aspettative della mora.
- Ecco fatto! – esclamò quest’ultima,
strusciandosi l’ampia fronte con il dorso della mano, e rivolgendo infine uno
sguardo al signorino Saejima, silenzioso come sempre,
fermo proprio di fronte a lei.
Quegli occhi da Cavaliere, incredibilmente scuri e profondi,
s’incontrarono d’impatto con quelli grandi e pieni di splendore della bella
pittrice.
La fioca luce dell’ambiente, la quiete fra quelle quattro
mura, ed un’atmosfera dolce e soffusa, fece sì che ambedue i ragazzi, con le
mani ancora appoggiate sul bordo della scatola e i dorsi curvi, finissero per attrarsi. Quei due volti, con le movenze timide
ma desiderose di congiungersi con un bacio appena sussurrato, si avvicinarono
lenti. Come due timorosi magneti.
Kouga e Kaoru
sembrarono quasi arrossire. Le loro guance s’intinsero amabilmente di rosso. I
loro sguardi poi si abbassarono con vergogna, ma subito dopo, come d’incanto e senza
pensarci, ripreso a fissarsi.
Le palpebre si socchiusero con movenze calme.
I nasi si sfiorarono appena.
Le labbra si aprirono teneramente, si avvicinarono lente, si
accostarono fino a fronteggiarsi l’un con l’altra, con i
respiri che, abbracciandosi, si unirono divenendo un armonico tutt’uno.
Kouga stava quasi per toccare
dolcemente la guancia di Kaoru, stava quasi per
carezzarle con gentilezza quella pelle liscia e bianca e, più di ogni altra cosa, stava quasi per sfiorarle quella
deliziosa boccuccia rosa fragola ma, d’improvviso, egli diventò una statua.
La causa? Un gracchiante rumore.
E fu proprio quello, che costrinse
entrambi i ragazzi a sussultare prima ancora che arrivasse il fatidico e tanto
desiderato bacio.
- Cos’è stato? – esclamò Kaoru, sobbalzando e volgendo lo sguardo alla sua destra,
con fare tremolante.
Kouga la seguì a ruota, con un
rapido guizzo. I loro occhi poi s’incontrarono per l’ennesima volta. Quelli
della giovane sapevano di ansia. Per fugare ogni
dubbio, senza indossare nemmeno il soprabito, lo spadaccino si recò di corsa
all’esterno.
Con gli occhi attenti, rivolse in fretta lo sguardo nei
paraggi. Lì fuori, però, tutto era immerso nella quieta più surreale.
Le strade erano deserte, i lampioni le illuminavano, e non
c’era neppure uno spiffero di vento a far ondulare le fronde di un alberello lì
vicino.
Il Cavaliere dell’Est si avviò verso il retro della casupola
per controllare, ma tutto continuava a tacere anche lì dietro.
Che fosse stato un gatto?
Oppure…
Kougasollevò la
mano sinistra per interpellare il suo anello guida, però le grida di
qualcuno, ahimé, non gli diedero il tempo necessario.
La voce di quel qualcuno, oltretutto, era
diKaoru.
La giovane se ne stava tutta tremante con le spalle
accostate alla facciata anteriore del piccolo stabile. Nei suoi occhi, c’era un
mare oscuro di paura.
Una mano le agguantò con violenza la gola, spingendola senza
nessun riguardo verso quel freddo muro di pietra. Poteva, tutto
sommato, un Orrore, avere riguardi verso un essere umano incapace di
difendersi?
Kouga si precipitò di corsa sul
frontale dell’abitazione, con una mano già sull’ansa della spada.
- KAORU!!! – urlò a squarciagola,
aprendo di botto le palpebre. In quel preciso istante, nulla gli avrebbe impedito
di andare incontro alla sua bella.
Neppure un minimo d’esitazione, si manifestò in quelle
gambe. La corsa fu rapida, turbolenta. Riuscì per un soffio a raggiungerla, ma
qualcosa però andò storto. Una barriera invalicabile di energia,
lo respinse tassativamente all’indietro, facendolo sbattere con violenza sulla
strada dura e lastricata alle sue spalle.
Kouga tossicchiò per il colpo e si
scosse a malapena. Aveva un taglio sulla guancia che si colorò presto di rosso,
sporcandogli così quel lato del viso. Con una rabbia impressionante, respirando
affannosamente, si tirò su, affaticato ma ostinato a soccorrere quella ragazza.
La sua ragazza.
Accadde qualcosa, però, in quel preciso attimo.
La scena si svolse in un flebile soffio.
Ancor prima che il giovane Cavaliere potesse tornare
all’attacco, l’Orrore azzannò al collo Kaoru proprio
sotto lo sguardo sconcertato di un Kouga che,
istintivamente sentì il bisogno di urlare a tutta voce il nome della giovane
donna.
Fu per lui, come se qualcuno gli avesse strappato con forza
l’anima.
Si sentì psicologicamente crollare, Kouga.
Si sentì sfinire, cadere in un profondo abisso lontano dalla luce e dal calore
del sole. Si sentì morire.
Le gambe, per rabbia, una rabbia
incontrollabile, iniziarono a muoversi con impulso, per dirigersi scattanti
verso la barriera, con l’intenzione di attraversarla ad ogni costo. A qualsiasi
costo.
- Fermati, Kouga! O ti farai male sul serio! – tuonò immediatamente Zarba, sconvolto in pieno dalle intenzioni del suo
proprietario.
Un Cavaliere dell’Est infuriato, non avrebbe mai sentito ragioni.
Come nulla fosse, Kouga oltrepassò
la barriera e, in quel preciso attimo, sia essa che il
vile Orrore, svanirono misteriosamente, sciogliendosi come neve di primavera.
Confuso ma preoccupato, il ragazzo si apprestò a soccorrere
quel delicato pulcino spennacchiato ormai esanime al suolo. Con evidenti
tremori negli occhi, nelle braccia, e nella voce, lui la tirò su, raccogliendola
prudente tra le braccia, con il cuore invischiato in un folle battito.
- Kaoru! – Kouga
chiamò il suo nome con un tono teso, ansioso, sempre più oscillante.
Con la mano, poi, gli scostò delicatamente un ciuffo di
capelli dal collo. Il cuore di quel giovane ormai correva all’impazzata. Ebbe
paura, Kouga. Tanta paura.
Quelle ciocche sfilarono via, scoprendo di botto una pelle completamente
intatta, senza lacerazioni, priva di morsi.
Il figlio di Taiga si rianimò di corsa corrugando la fronte
con una smorfia arruffata.
Dal medio della mano sinistra, Zarba
sospirò sapendo già cosa dire:
- Un’eccellente Chimera Mistica, non c’è che dire!
Una Chimera Mistica, nel mondo del Makai,
appariva come una sorta di illusione che, per esito e consistenza,
diveniva così reale da ingannare la propria vittima facendole vedere, a seconda
dei casi, il lato oscuro della più tetra delle sue paura.
Le Chimere Mistiche, inoltre, erano un tipo di incantesimo usufruibile solo da abili preti del Makai.
Il proprietario del gotico anello, non ebbe neanche il tempo
di concedersi una replica.
Un fruscio misterioso punse il suo sottile udito.
La testa gli si sollevò di getto, attirata da un aguzzo e
lancinante bagliore che gli giunse contro a tutta forza. Parando una mano
all’altezza del volto, essa afferrò pronta qualcosa.
Una, due, tre gocce di sangue
precipitarono sul terreno avvizzito, e lo macchiarono inevitabilmente.
Kouga socchiuse gli occhi e si
accigliò accusando un dolore pungente alla mano. Aprì lento
le dita, mentre quel pizzico, nell’attuare il semplice movimento, si tramutò
in bruciore.
Ben 8 punte sottili ed acuminate, due delle quali conficcate
nella carne del suo palmo, davano la forma ad uno shuriken.
Viste le fattezze, era ovvio che si trattasse di un’arma
appartenente al Makai. La lamina scura ed opaca che
lo rivestiva, e dei caratteri incisi su tutti e otto gli aculei, lo dimostrarono
all’istante.
Occorreva una mano preparata e decisa, per poter maneggiare
tale arma. Una mano di un Cavaliere Mistico, per
esempio.
L’oggetto di ferro si rianimò all’improvviso, senza dare
l’aggio al Cavaliere di squadrarlo con cautela. Era come se qualcuno lo stesse
richiamando magicamente a sé. Inutile, per Kouga, impedire che quell’arma prendesse il volo.
L’oggetto sfrecciò via, infilandosi tra le fronde di un albero, e sparì nell’orizzonte
di una notte buia.
Nello stesso momento, Kaoru riaprì
gli occhi. Confusa, e con un pesante senso di spossatezza, si guardò intorno
accusando un lieve capogiro.
- Cos’è successo? – domandò poi, concentrando
uno sguardo sul viso teso di un Kouga che la fissava
spaurito. Il taglio che aveva sulla guancia, attirò l’attenzione dell’artista,
e quest’ultima, sentì l’istinto di sfiorargli
premurosamente quel lato.
Da un ciuffetto di capelli sbarazzino, che gli celava di
poco lo sguardo, il guerriero solitario dell’Est si rasserenò appena. Sembrò
quasi tirare un lungo sospiro di sollievo.
- Come ti senti?
- Ho un po’ mal di testa...– gli rispose lei, sempre più confusa, e subito
dopo rinviò- Che ci faccio qui a terra? Che cosa mi è
successo?
Kougaaiutò quella
ragazza a sollevarsi dal suolo, dopodichè, guardandosi attorno con movenze
circoscritte, il suo sguardo divenne nuovamente teso.
- Telefona Gonza, e digli di venire qua al più presto. C’è
un trasloco da fare. – disse soltanto, senza spiegazioni accurate.
- Quale trasloco? – gli domandò repentina lei, aggrottando
le sopracciglia, desiderosa di avere una risposta.
Il signorino le rivolse le spalle, e si avviò in casa. Quella
risposta giunse a metà tra la soglia di casa e l’esterno circostante: – Il tuo.
– sentenziò secco, con sentenza certa ed inamovibile.
Descrivere la reazione di Kaoru,
che però arrivò celere, era pressoché insignificante.
- Come sarebbe a dire?!- rinviò subito,
totalmente agitata - Kouga! – lo richiamò altisonante,
per poi corrergli dietro sbottando.
La luce debole del monolocale si accese.
La luna brillava in cielo, semi coperta
da un folto strato di nuvole.
In quel quartiere tutto taceva. Tutto,
eccetto il chiacchiericcio di un’artista che si affannava a far cambiare idea
ad un inamovibile Cavaliere del Makai.
Qualcuno, in lontananza, nascosto dal
folto fogliame che ricopriva le aiuole di un incolto giardino, tese l’udito ed
osservò in silenzio quel monolocale striminzito per, infine, dileguarsi nel
nulla.
Misteriose presenze stavano per minare la stabilità del
genere umano.
Misteriosi quesiti bramavano nell’ombra, ansiosi di essere
risolti.
E questo, era solo l’inizio di una nuova
avventura che avrebbe aspettato imminente dietro l’angolo, il ruggito di un
impavido paladino dell’Est come Garo.
La confusione e lo scompiglio creano sempre un gran trambusto
Gemelli
#02
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
La confusione crea
sempre un gran disordine.
E quello che confonde me, riguarda ciò che mi
è successo l’altro giorno. Sono svenuta così, da un istante all’altro, senza un
perché. Forse… sarà stato lo stress? Tuttavia, dentro di me i ricordi di quella
sera non sono chiari.
Ed io che pensavo di aver finalmente rimesso
ogni cosa al suo posto!
Mi sono illusa di
poter spiccar il volo, avere un piccolo appartamento per conto mio, e vivere
come una ragazza che lavora e si gestisce al meglio la propria vita.
Tuttavia, più si va avanti, e più non smetto mai
d’imparare. Ho capito che c’è sempre una virgola che si può infrangere al di
fuori dei soliti schemi, e che ti riordina di nuovo le cose, costringendoti poi
a fare tutto daccapo.
Da parte mia, posso
solo portare pazienza, e cercare di rimettere ordine.
Però, se al mio fianco c’è un intrepido e
coraggioso Cavaliere, tutto ciò che mi circonda e che non riesce a trovare un proprio
ordine, ritorna magicamente al suo posto!
KaoruMistuki
cercava. Cercava con affanno e sveltezza, frugando in ogni dove.
Sotto il letto.
Nei cassetti di un comò.
In un vaso senza fiori.
In una scatola piena di colori.
Controllando spigolo spigolo,
angolo dopo angolo, senza trovare ciò che pareva aver smarrito.
In quella camera, la sua vecchia camera racchiusa nella grande villa dei Saejima, le
scatole spacchettate solo a metà del fallito trasloco di alcuni giorni prima,
si rianimavano, si scuotevano vivacemente. Kaoru
frugò al loro interno, rovistando qua e là, una ad una, più
incalzante che mai. Era come se avesse l’acqua alla gola, perché consapevole
che avrebbe fatto tardi al lavoro.
Fermandosi un secondo al centro della
stanza, il pensiero di chiamare Gonza, nella vaga speranza che potesse darle un
aiuto, le prese a gironzolare nella mente.
Senza scoraggiarsi, la ragazza si accinse a lasciare la
camera con fare svelto. Il pomello girò, l’anta si spalancò in una frazione di
secondo, e lei in un battibaleno si ritrovò già sul pianerottolo del piano
sovrastante.
Che cosa stava cercando quella
giovane ragazzina dai grandi occhi? Quello che avrebbe
cercato anche un artista distratto: la propria matita. La sua
prediletta.
Il maggiordomo esattamente era alla sua
destra, qualche metro più in là, infondo al corridoio. Sparì in quel
preciso istante infilandosi svelto in una stanza e richiudendosi, quasi subito,
la porta alle spalle.
Kaoru lo scorse appena in tempo.
Facendo una rapida corsetta, percorse la fine dell’andito e spalancò incurante l’uscio
di quella camera.
- Gonza…- pronunciò altisonante, rapida. “Hai visto la mia
matita?” avrebbe voluto dire, ma le parole le restarono
lì dentro, in gola, smorzate da chissà quale imprevedibile fatto.
Di chi era quella camera?
Avendo appena finito di fare una doccia, Kouga
stava annodandosi in vita un asciugamano bianco, sotto l’attenzione di un
fedele maggiordomo che gli aveva appena porto il telo pulito, e sotto un viso di
colpo imbiancato della ragazza pittrice.
Un pallore, il suo, destinato a cambiare
con un’immediatezza pressoché istantanea, in un rosso profondo e del tutto
scontato.
Gli occhi poi si nascosero tra due mani tremanti poco dopo
un “dietro-front” scattante. Il rumore di una porta che sbatté ed echeggiò
altisonante nell’atrio della villa, fu l’unica reazione di quel timido pulcino
spennacchiato, che celere come non mai nei passi, raggiunse la propria camera
in un lampo per richiudersi all’istante l’anta alle spalle.
- Comincio a rimpiangere il mio piccolo monolocale! – esclamò
crucciata, toccandosi le guance ormai divenute caldissime.
Facendosi con le mani aria su quella faccia accaldata, e gettando un occhio
alla sveglietta posta sul comò, Kaoru
sospirò sconsolata: raccolse una manciata di coraggio,
agguantò la tracolla della capiente sacca con una mano nervosa, e si lanciò
risoluta all’esterno, percorrendo la gradinata del palazzo senza mai volgere lo
sguardo all’indietro.
La paura di incrociare quel taciturno signorino, le avrebbe creato senza dubbio imbarazzo. Tanto imbarazzo.
Raggiunta la cucina, un bicchiere di latte fresco, bevuto
giù con un sol colpo un po’ per fretta e un po’ per rabbia, fu la sua magra
colazione.
Kaoru poggiò il bicchiere di vetro
sul tavolo posto al centro della sala, e poi si voltò.
Alle sue spalle c’erano una serie di finestre che si
susseguivano in quell’ambiente arioso e pieno di luce.
Luce che, filtrando da quelle lastre trasparenti e pulite, la
fece subito sentire a disagio. In un momento come quello, in cui lei sarebbe
voluta sprofondare del tutto nel buio, non c’era posto peggiore!
-“Davvero un pessimo modo per iniziare la giornata!” –
sbottò tra sé, volgendo un secondo lo sguardo in aria. Ma
poi, la paura di vedere arrivare Kouga, da un momento
all’altro, la convinse a scattare via di corsa.
Quella paura, tuttavia, si consolidò presto.
Nel momento in cui stava per lasciare il luminoso salone, appena
svoltato l’angolo, dal lato opposto al suo, Kouga le piombò
d’innanzi e la travolse in pieno. Kaoru
sbatté forte sul suo torace vestito di nero e guarnito da effigi preziose, e
rimbalzò meccanicamente all’indietro. L’intervento tempestivo
dell’altro, però, la riprese al volo.
- Sta più attenta. – le sbottò quest’ultimo,
tenendole i polsi con modi non proprio regali.
- Sta più attento tu, piuttosto! – controbatté lei, con una
reazione eccessiva, che la spinse a chinare gli occhi verso terra soltanto dopo
averlo fissato brevemente in volto. La risposta di Kaoru,
inoltre, aveva un che di sottinteso.
Quel significato, Kouga lo afferrò
al volo, ma anziché tacere, il giovane paladino trovò lo spunto per replicare: -
Prima di infiltrarti come una furia nelle camere altrui, dovresti bussare. – le
rammentò arrogante, ma piuttosto tranquillo. I modi e la voce lo erano.
Il contrario di lei che, da persona
offesa, non riuscì a starsene zitta: - Altro che Cavaliere! Sei un perfetto
maleducato! – gli appuntò stizzita, sfoggiando un broncio davvero grigio, quasi
certamente indignato. Andò via sbuffando, mentre Kouga
si limitò a seguirla con uno sguardo accidioso. Nello stesso istante, la voce
di Gonza, giunta proprio alle sue spalle, lo fece di
nuovo voltare.
- Ho avvisato il maestro, signorino. Mi ha riferito di farvi
sapere che vi sta aspettando.
- Bene. – disse lui, soddisfatto, ed assentendo con il capo.
– Ci vado subito.
***
- Hai detto otto, vero? – domandò
un anziano uomo al giovane Kouga, gettando
un’occhiata ad uno scaffale pieno di libri vecchi ed impolverati, situato lì
vicino.
Nella cupa cantina di un seminterrato malconcio, saturo di
muffa e ragnatele, il flemmatico spadaccino assentì a quella misteriosa figura
che gli stava di fronte, per seguire poi lo spostarsi di quel tizio con lo
sguardo.
- La pregherei di accettare ancora le mie scuse… Ho chiesto
un appuntamento con troppo poco preavviso, ma né io né Gonza siamo
riusciti a trovare quell’arma. – confessò amareggiato.
- C’è solo un registro araldico del Makai,
che riporta quell’oggetto. – confermò il vecchio che,
per fattezze, assomigliava proprio ad uno di quei classici anziani eremiti protagonisti
di fiabe dalle storie antiche ed affascinanti. Prendendo in seguito uno dei
tanti tomi tra le mani, il signor Denemon, persona
ultra settantenne vestita in maniera bislacca con tanto di tunica rosso scuro,
dalle ampie maniche, e baffetti lunghi e grigiastri,
soffiò sulla copertina del libro per allontanare un promiscuo strato di polvere,
infine lo aprì – Caro ragazzo, - premise, emettendo un lieve sospiro- quella
che hai visto la scorsa sera, non è una semplice arma.
– confermò alla fine, consegnando quel libro, con le pagine ben aperte, tra le
mani di Kouga.
- E’ questa. Ne sono sicuro! – affermò chiaro e deciso, con
lo sguardo attento più del solito, esaminando un ritratto dell’arma impresso sulla
facciata ingiallita di quel foglio.
- “L’Ottava Stella del Makai”. E’
così che la chiamano. Può inseguire il bersaglio predestinato, ovunque esso si
trovi. Si tratta di una potente arma molto antica, che tuttavia non viene utilizzata ormai da tempo immemore, perché nessuno ha
l’ardire di farlo.
- Come mai? – domandò lo spadaccino, affascinato dalle
parole di quel saggio vecchio.
La risposta di quell’uomo non
tardò ad arrivare:
- Per forgiarla, è necessario invocare lo “Spirito
Malvagio”, colui che tutti chiamano “il distruttore”.
- Ahriman?! Non è possibile! –
esclamò agitato Zarba, dimostrando di conoscere quel
cosiddetto “distruttore” in maniera alquanto impeccabile. Kouga
gli gettò uno sguardo deciso.
Denemon al contrario sogghignò
compiaciuto, mentre si dilettava a squadrare le fattezze di quel gotico anello
un po’ troppo ciarliero.
- A quanto pare, hai un’ottima
guida mistica, ragazzo! Dopotutto, quell’anello è una
delle più importanti opere che quel bontempone di mio fratello
abbia mai creato. – commentò, lasciandosi per un attimo trasportare dai ricordi.
Dunque, il vecchietto che assomigliava ad un eremita
fiabesco, altri non era che il fratello del gran maestro Amon.
Il geniale Prete del Makai, grande
amico di Taiga, ucciso da Kiba più di un fa.
Kouga si osservò ancora la mano, e
Zarbagli sorrise appena con
una smorfia audace, piena di sé. Si sentì in quell’attimo
piuttosto importante.
Lo spadaccino riprese in seguito l’argomento interrotto
dall’anziano saggio, sempre più incuriosito da quella storia:
- Che cosa succede una volta
invocato questo spirito?
Denemon osservò il Cavaliere dal retro
di un paio di lenti sottili che gli stavano sul naso. Si carezzò lentamente il
mento, fino a toccare quel po’ di barbetta che gli pendeva giù come erba secca
attaccata al dirupo. – Le teorie legate alZoroastrismo, dicevano che dopo la morte, l’anima di
ciascuno di noi sarà giudicata al Ponte del Giudizio; il seguace della Verità
lo attraverserà e sarà condotto in paradiso, mentre il servitore della
Menzogna, precipiterà all’inferno. Se si stabilisce un
patto con Ahriman, si rinuncia in questo modo ad
attraversare l’empireo, e a finire per tutta l’eternità nelle più aride e
profonde gole del Makai. Ecco
perché quell’arma, tanto preziosa quanto funesta, è
stata bandita dal regolamento dei Cavalieri Magici. Nemmeno un prete del
Makai può ottenere il consenso per forgiarla. Sai che
cosa c’è scritto su quelle otto punte?
Lo spadaccino scosse il capo: - Purtroppo… - premise
amareggiato- non ho fatto in tempo a decifrare quei caratteri. – ammise, con la
delusione che gli si poteva leggere chiaramente in volto.
- Non hai fatto in tempo? Meglio per te, ragazzino! – rise
di gusto il vecchio. Kouga al contrario non sembrò affatto gradire e, capire, il perché di quel
gesto così poco simpatico. L’anziano poi riprese il discorso- “Colui che vorrà servirsi dei prodigi della Stella, dovrà
scandire a gran voce la frase rituale incisasi grazie alla preghiera del suo abile
artigiano, e suggellare il Mistico Patto”. Questo è ciò che recita una parte dell’introduzione
riportata nel registro del Makai che hai tra le mani.
Kouga assottigliò lo sguardo su
quel vecchio tomo, poi osservò l’anziano: - Che cosa dice il resto
dell’introduzione?
Il saggio eremita fissò intensamente il giovane spadaccino.
– Vuoi davvero saperlo? – chiese in un primo momento. Il Cavaliere del Makai annuì senza taluna esitazione. Un tipo come Kouga non ne avrebbe mai avuta.– Ebbene…- scandì l’anziano Denemon,
preparandosi a rivelare la misteriosa frase – “ Punta dopo punta, dall’uno fino
all’otto, le profane parole egli dovrà pronunciare e il Patto Mistico sancire. Quando
la nenia infausta proferita sarà, l’arrivo della Menzogna sul suo cremisi
destriero, ad egli il Paradiso dal destino strapperà.”In altre parole, se tu avessi pronunciato
quei profani lemmi a voce alta, ti saresti presto
trovato faccia a faccia con Ahriman in persona,
salutando per sempre la possibilità di accedere al paradiso. Però,
tu non hai fatto in tempo…! Hai proprio una fortuna sfacciata, ragazzino! –
dichiarò l’uomo, facendosi ben volentieri un’altra sana risata.
Kouga chinò gli occhi, preso
dall’imbarazzo, mentre in sottofondo si sentì Zarba
ridacchiare allegramente. La questione, tuttavia, assunse presto
una piega ben diversa, anche perchè qualcosa non parve, di primo
acchito, ritornare chiaramente nei pensieri sempre più confusi dello spadaccino
del Makai.
- Ha detto… - premise, mentre sembrava rammentare una cosa
proprio in quell’attimo- ha detto
che ha il potere di non mancare mai la meta, è così? Però…
quell’arma non mi ha colpito in un punto vitale. – Il
Cavaliere lanciò un’occhiata alla lieve ferita, ormai modicamente visibile, sul
palmo della mano. Una fenditura breve, quasi del tutto cicatrizzata dagli
effetti altamente curativi del balsamo di Rivatra. Niente di così grave, in fin dei conti. Almeno non
per lui.
- Non è detto che debba uccidere per forza. – concluse secco
quello strano tizio, mentre si riprese l’antico libro e lo ripose al proprio
posto, lì, in una fila molto più sporca ed impolverata
delle altre. Probabilmente perché quell’angolo
non era mai stato sfiorato da nessuno, prima di quell’attimo.
– Chi te l’ha
lanciata, forse mirava ad ottenere dell’altro, chissà! – sibilò infine,
carezzandosi i lunghi baffi bianchi con il pollice e l’indice. – Ad ogni modo,
il figlio del grande TaigaSaejima
saprà senza dubbio ottenere la risposta ai quesiti che lo affliggono. – disse,
avviandosi alla conclusione di quel colloquio. Poi però sogghignò, stavolta con
una sottigliezza maggiore, quasi mistica - Non è forse
così, ragazzino?
***
L’Ottava Stella del Makai.
Il Ponte del Giudizio.
Ahriman.
Kouga era più tacito e pensieroso
del solito, in quella tarda mattinata.
Procedeva per i boschi, in direzione della sua bella villa,
riflettendo a fondo nella speranza di ricollegare i pezzi di un puzzle che sembravano essersi disseminati lungo un irto e scivoloso
cammino.
Sulle scalinate della sua abitazione, un
ReiSuzumura completamente adagiato là in
mezzo, adocchiò il collega vestito di bianco e gli fece presto un sorriso.
Svogliato, accidioso, il guerriero dell’Ovest si alzò e
discese il gradino che lo separava dal suolo, lambendo la gradinata con l’orlo
del suo soprabito nero.
I due si raggiunsero reciprocamente, ma
per Rei, il ragazzaccio dal ciuffo un po’ più sbarazzino, l’idea di accogliere
il collega con un gesto cortese, non gli sfiorò neppure la mente.
Kouga vide l’amico farsi avanti con
un pugno. La prontezza del Cavaliere d’Oro, tuttavia, fu superiore. Lo
spadaccino bloccò ed annientò quel destro, fermandolo con il palmo della mano.
- Che diavolo stai facendo?! – gli sbraitò
arrabbiato il detentore del titolo di Garo,
continuando a respingere la mano chiusa dell’altro.
Nello sguardo di Rei, c’era rabbia. Tanta rabbia.
In lontananza, la sagoma di Kaoru che
faceva presto ritorno a casa, avendo finito le sue tre ore di lavoro mattutino,
fece capolino nel piazzale della villa.
Vedendo quei due testardi Cavalieri discutere, le sue gambe iniziarono
meccanicamente a correre.
Svelta, senza perdersi d’animo, e con coraggio, l’artista si
pose in mezzo ai due per dividerli immediatamente.
In replica alla domanda fattagli da Kouga
alcuni istanti prima, Rei afferrò con prontezza il braccio dell’artista e la
tirò di peso a sé, schioccandole con prepotenza un bacio sulla guancia.
Lo spadaccino del Makai lo ferì
all’istante con un’occhiata torva. Ebbe come un sussulto, dentro di sé. Un
fastidioso e lacerante malessere, sgradevole come uno sciame di zanzare.
- Ti dà fastidio che qualcun altro tocchi la tua donna, eh?! – controbatté Rei, ostentando uno sfacciato sorrisino. Smorfia
destinata a cancellarsi non appena uno schiaffo istintivo sferrato lì per lì da
Kaoru, gli centrò in pieno il viso.
In un attimo, Kouga afferrò l’arto
della pittrice approfittando dell’occasione, e la spinse dietro di sé.
- Picchia forte la tua dolce metà! – fece subito sapere il
moro, con una voce fastidiosa ed inappropriata, dall’accento vivace.
La fronte del giovane Saejima si
corrucciò in modo intimidatorio: - Fallo ancora, e lo rimpiangerai amaramente!
Minacciosa, in quell’istante, fu anche l’obiezione
dell’altro: - Mi sono infastidito almeno quanto te, ieri notte! Perché hai
permesso a quell’Orrore di fuggire?! – disse con
rabbia, accigliandosi furente.
- Cosa?! – ribatté sul momento lo
spadaccino dell’Est, mettendo in mostra un’aria confusa.
- Vuoi forse che ti faccia tornare la memoria? – Toccando le
anse delle sue corte ma affilate lame, senza inutili convenevoli il Cavaliere
dell’Ovest si apprestò a sguainarle con un’abile mossa.
- Basta così, Rei! – lo ammonì burbera Silva, non più appesa
al collo del suo proprietario sotto forma di collana, ma incastonata sulla
superficie nera e di pelle di un mezzo guanto, per indurlo a calmarsi. In
seguito, con parole chiare e precise, fu lei a spiegare la
situazione- Ieri sera, durante un pattugliamento notturno, hai colpito
Rei allo stomaco e permesso ad un Orrore di scappare.
Quelle parole annichilirono Kouga
in un battito d’ali.
- Impossibile! Non ero io! – controbatté prontamente.
- Ed io non ero ubriaco, Kouga! – asserì subito il paladino dell’Ovest, sempre più
deciso a sguainare le armi.
Kaoru, seguito attentamente il
dibattito, non poté impedirsi di confermare: - Kouga
ieri sera era con me! Te lo assicuro! – si affannò a dire, con lo scopo di difenderlo,
facendosi avanti caparbia.
- Cos’è, mi prendi anche tu in giro,
sorella? – le replicò Rei, sforzandosi di emettere un sorriso tirato. – Vuoi
che stavolta ti sfiori le labbra? – il Cavaliere d’Argento si animò con l’intento
di raggiungere la ragazza, ma questa volta Kouga fu più lesto di lui. L’Animetallo
della spada luccicò alla luce del sole, per posarsi minaccioso sotto il mento
dello sfrontato ragazzino. – Ma che bello! Come ai
vecchi tempi, eh? – lo sfotté quest’ultimo, ferendolo
con un’occhiata minacciosa.
Le armi di due Cavalieri Mistici, non avrebbero
mai dovuto incrociarsi. Era il regolamento. Tuttavia, due perfetti violatori di
legge come loro, quel regolamento non avevano nessuna voglia
di rispettarlo.
Kaoru si scosse,
si agitò. Anche lei non voleva che loro litigassero.
Quei due testardi, prima di essere Cavalieri Mistici, erano
soprattutto amici.
Un passo in avanti, fu tutto ciò che la giovane riuscì a
fare, poco prima di avvertire un pericoloso capogiro.
- Ragazzi… - pronunciò a stento, stordita da quell’indisposizione
improvvisa, e tenendosi la fronte con una mano. Kouga
e Rei le lanciarono diretti uno sguardo. Il primo dei due lo fece con più
attenzione. – Non credo di sentirmi tanto bene…- dichiarò infine, serrando di
colpo le palpebre e crollando esanime verso terra.
- Kaoru! – esclamò Kouga, gettandosi verso di lei per sostenerla tra le
braccia. L’afferrò quasi per un soffio.
- E’ svenuta. I battiti del suo cuore sono alquanto deboli.
– gli annotò Zarba, costatandolo grazie all’anello di
fidanzamento che la ragazza portava al dito, creato per l’occasione dal Madougu gotico e regalatole da Kouga
il giorno in cui la pittrice partì per l’Italia con l’intento di recuperare le
cose che aveva lasciato in quel piccolo ma accogliente paese, e trasferirsi
definitivamente in Giappone.
Quell’anello, più del precedente,
aveva il magico potere di comunicare a Zarba
l’ubicazione pressoché esatta del suo possessore, compreso lo stato di salute.
Tutto merito dell’Animetallo, il cosiddetto “metallo
dell’anima”, usato per forgiare le armi e le armature dei Cavalieri Magici, che
agiva proprio sull’anima del suo proprietario,
divenendone un tutt’uno. Ed era proprio l’Animetallo del gioiello che, stando a
contatto con il dito della pittrice, permetteva a Zarba
di stabilire un quadro clinico attraverso i soli battiti del cuore.
- Non starà per caso aspettando un bambino, eh Kouga? – scherzò il solito Rei,
meritandosi pienamente un’ammonizione “visiva”, cioè fatta solo con uno
sgarbato sguardo, da parte del collega. Quel ragazzo sospirò. D'altronde, la
sua voleva sembrare solamente un’innocua battuta – Portiamola
dentro, dai! – propose in seguito, mettendo da parte i dissapori.
***
Distesa sul divano in una sala della villa, Kaoru pian pianino dischiuse gli occhi e cercò istintivamente
di alzarsi. Un capogiro però la costrinse a cedere senza indugio, e a
sprofondare nuovamente su quel morbido sofà.
- Sta giù! – le ordinò con fermezza Kouga,
tuttavia, premuroso sia nei gesti delle mani, che la costrinsero a distendersi
con dolcezza, e sia nella voce. Anche se quest’ultima, aveva un accento un po’ burbero.
- Sto bene. – pronunciò lei, cercando di rassicurarlo,
mentre si guardava intorno confusa. Gonza
e Rei erano lì accanto. Anch’essi la fissavano
con apprensione. - Mi sento solo un po’ debole. – ammise poi, sforzandosi di emettere
un sorriso.
- La mattina non ti alimenti come si deve e sei sempre di
corsa. E’ per questo che sei debole…! – replicò alla
svelta lo spadaccino, con parole oggettive e assai dure. I due giovani si
fissarono reciprocamente negli occhi. Quelli di Kaoruavevano il sapore della colpevolezza, mentre per Kouga, il suo sguardo dichiarava a gran voce il
desiderio di urlare qualcosa. Era come se volesse dirle “non voglio
perderti”, “mi preoccupa il pensiero di vederti soffrire”. Però,
quel ragazzo non era ancora pronto per esternare alla sua bella delle simili
parole. Rialzandosi dalla posizione supina, il signorino osservò Gonza in viso – Occupati di lei e falla riposare. – gli chiese
infine, gettando poco dopo un’occhiata verso Rei. Il moretto dalla risposta
sempre pronta afferrò al volo quel sottile segnale, e seguì Kouga
verso l’esterno dell’abitazione, attraversando un lungo tratto di terra, per
poi scomparire nella boscaglia più fitta di quel
territorio.
Un luogo calmo, privo di rumori,
accarezzato da una timida luce che s’infrangeva sopra agli alberi e ne proiettava
le ombre sul terreno. Un posto magnifico per discutere con tranquillità.
- Presumo che tu mi abbia portato qui per chiarire. - intuì
Rei, da bravo ragazzo sveglio – Ebbene… non mi piace ripetere le cose, ma per
te farò un’eccezione! – il moro prese fiato, e poi con
un fare incurante, si infilò le mani nelle tasche dei
pantaloni e prese ad osservare il cielo- Ieri sera, grazie al geniale intervento
di un lupo solitario dell’Est, non ho potuto fare il mio dovere.
La replica di Kouga, subito dopo
la fine di quella frase, tuonò improvvisa: - Ti ho già detto
che non ero io! – Gli occhi del figlio di Taiga, di primo acchito non parevano
menzogneri. Il giovane Suzumura lo osservò bene in
viso. Avrebbe mai potuto, Kouga, mentire così bene?
Zarba, appurata la situazione,
decise di farsi avanti: - Sta dicendo la verità, Rei. Sono
pronto a giurartelo. Non puoi non fidarti della parola di un Madougu.
- E perché non dovrebbe? Anch’io ho visto Garo! – si
affannò ad affermare Silva, più che decisa con quelle parole. - Sempre che il
tuo proprietario non abbia un gemello che svolga il suo stesso operato,
s’intende!- commentò maliziosa.
- Per la miseria…! – sbottò scocciato l’anello-
Sta un po’ zitta, ex-collana!
– evidenziò infine, con una voce stanca e scortese.
Le parole di quel gotico testone pettegolo, ferirono Silva
seduta stante, e quest’ultima, senza perdere tempo, si
adoperò a rimbeccare adirata: - Sei uno zotico!
- E tu una ciarliera!
- Tra noi due il ciarliero sei tu, rozzo di un anello!
- Smettetela voi due! – Rei fermò i
due gioielli attaccabrighe con il solo tono della voce, per porre così fine a quell’ inopportuno battibecco.
Lo sguardo e il volto del paladino dell’Ovest si fecero pensierosi
almeno quanto quelli del collega dal soprabito bianco. – Lo sai che un
diligente Cavaliere Mistico, ha l’obbligo di riferire
ai piani alti del Makai le violazioni di un altro
Cavaliere? – gli annotò la Zanna d’Argento, guardandolo dritto in faccia.
Ma quest’ultimo,
quasi con certezza gli rispose secco: - Però tu non lo hai fatto.
Il giovane Suzumura sospirò: - Infondo,
speravo proprio che non fossi tu, quel Cavaliere. – ammise, sfoggiando mezzo
sorrisino – Prima di passare ai fatti, volevo vedere la tua reazione… Tuttavia,
se io non mi fossi convinto che tu dicevi il vero, a quest’ora
ti saresti già ritrovato a terra da un pezzo! – Il
baldanzoso Suzumura era più che sicuro delle sue
capacità da bravo combattente. Così sicuro da sogghignare con noncuranza nei
confronti dell’altro Cavaliere.
- Io dico che sarebbe stato il
contrario. – lo azzittì in fretta Kouga, con una
degna risposta.
Un sorriso come replica, e poi, quasi subito il Cavaliere
dell’Ovest s’incrociò le braccia al petto:
- Secondo te, chi può essere quel Cavaliere d’Oro che assomiglia
tanto al tuo Garo?
- Speravo che me lo dicessi tu. – appuntò l’altro, deluso
dalla domanda del collega, in quanto sperava che fosse egli, quello a dare informazioni.
- Prima l’Ottava Stella del Makai,
e poi uno che si fa passare per te... Sono alquanto
inquieto. – Zarba fu categorico. Tuttavia, quella sua
risposta portò Rei a divenire curioso. Molto curioso.
- “L’Ottava Stella del Makai”? –
replicò proprio lui, aggrottando la fronte che gli si riempì di tante grosse
increspature.
Silva diede subito sfoggio di tutto il suo sapere, senza
lasciarsi sfuggire quella preziosa opportunità: - Si tratta di uno shuriken a 8 punte molto antico, che un tempo veniva creato dai preti del Makai per
semplificare il lavoro dei Cavalieri Magici. Nel forgiarlo, però, il suo
fabbricatore doveva rinunciare al paradiso. Per questo motivo quell’oggetto lo si doveva
utilizzare solo per risolvere casi estremamente complicati e pericolosi.
- Per essere un ninnolo giovane senza catena, sei ben
informata! – controbatté subito l’anello chiacchierone, senza farsi vedere
stupito, ma, al contrario, seccato. Un Madougu
femmina che ne sapeva molto più di lui? Inammissibile!
- Non sono certo un’ignorante come te! – reagì pronta la
collega, fiera di sé e della sua cultura che sovrastava perfino quella di Zarba. O forse, questo era ciò che
pensava lei!
- L’anziano Denemon mi ha assicurato
che la stella è stata bandita dall’ordine dei Cavalieri Mistici, e che da oltre
trent’anni nessuno ne ha più vista una in
circolazione.
- Denemon? Il saggio eremita che
ha studiato e conosce ogni arma del Makai? Il
fratello del maestro Amon? Perbacco! – si sbalordì prontamente Rei, facendo una smorfia stupita - Sei
andato fin lassù, per chiedergli una cosa simile? Non potevi rivolgerti al Cane
da Guardia del tuo settore?
- Non mi è stato di grande aiuto. Però… -Kouga
sospirò e prese fiato- Mi ha detto che qualcuno varca
il portale del Makai senza autorizzazione.
- Che cosa?!
- Inoltre, ha aggiunto che non appartiene all’ordine dei Cavaliere Mistici. – confermò in seguito,
e Rei, in uno schiocco di dita, curvò le sopracciglia all’insù:
- Scorazza a piede libero nel Makai,
senza il famoso lasciapassare di quelle puntigliose sentinelle? Per la miseria!
Deve avere fegato…! Ma… - si trattenne dall’emettere
una risatina- Se non è uno di noi, allora chi è? E
soprattutto… quello che ho visto ieri, chi diavolo…
- Non ne ho idea. – lo anticipò secco Kouga-
E questo mi preoccupa. – Dopo quell’affermazione,
lo spadaccino dell’Est si fece di colpo silenzioso. La faccenda, proprio come aveva
confermato anche Zarba, lo doveva turbava parecchio.
Rei scrutò di sottecchi il figlio
di Taiga. KougaSaejima
difficilmente si lasciava inquietare da qualcosa.
Fu con una rapida risposta, che la Zanna d’Argento si
apprestò a rimettere ogni cosa al suo posto.
- Beh, se non altro, la tua fortuna è che hai conosciuto me!
Ed io non sono un tipo che nega la mano a qualcuno che ne ha estremamente
bisogno. Soprattutto quando c’è di mezzo un Cavaliere di poche parole e dal
cappotto bianco…! – il giovane Suzumura, con una
pacca sulla spalla, cercò di rassicurare il collega. Rei, per l’appunto, senz’altro
avrebbe aiutato Kouga a districare quel complicato
rompicapo venuto su improvvisamente e dal nulla, suggellando in quel modo un’amicizia,
che legava due paladini del bene, destinata certamente a durare nel tempo.
Di rompicapi, molto più tardi, al povero
Gonza di certo non ne mancavano!
- Ma signorina, ragionate! Oltretutto,
il signor Kouga mi ha dato
l’ordine di…
- Il “signor” Kouga – sottolineòKaoru, mentre prese
fiato con slancio, come se fosse un po’ arrabbiata- è sparito nel nulla da ben
due ore, senza nemmeno preoccuparsi di passare da me, prima di sbattere la
porta e correre via! Fammi indovinare… Un altro Orrore? E
poi ora mi sento meglio! – asserì, mettendo la tracolla sulle spalle ed
incamminandosi verso l’uscita dell’abitazione, incurante delle continue esortazioni
di quel maggiordomo preoccupato che, poverino, fu costretto ad inseguirla
correndo a piccoli passi con tanto di fastidiosa lombaggine al seguito. – Quando torno, con lui ci parlo io. Così non se la prenderà con lei, Gonza!- enfatizzò come nulla fosse, sfoderando
un ammaliante sorriso e salutando l’uomo con mano sventolante e spensierata.
Poco prima di richiudersi il portone alle spalle e sgattaiolare via, Kaoru si fermò un attimino per
rivolgersi al paziente maggiordomo: - Quasi dimenticavo…! Ha trovato per caso
una matita, qui in giro?
Gonza ci pensò su, poi scosse il
capo tutto desolato. L’artista corrucciò brevemente la fronte, ma poi quasi
subito si riprese: tirò a sé il pesante portone di villa Saejima,
e lasciò finalmente quel luogo.
“Davvero una bella gatta da pelare” pensò quel povero
maggiordomo, prima di crollare sconsolato sulla sedia accanto all’ingresso
della villa, e reclinare il capo sulla spalla.
Infine, volgendo gli occhi al soffitto, esclamò disperato: -
Povero me!
***
- Sicuro che è qui?
- Sicurissimo! Non ti fidi più delle mie percezioni
mistiche? – rimandò Zarba, scambiando una chiacchiera
con il suo proprietario intento a stanare un Orrore.
Il figlio di Taiga sospirò, avanzando silenzioso nei pressi
di un deposito di vecchie auto ormai abbandonato.
- E’ da un po’ di tempo che non mi dai le giuste
indicazioni. – si lamentò svelto, restando vigile sull’ambiente che lo
circondava.
- Ma tu sentilo! Perfino il
fratello di Amon mi ha
elogiato dignitosamente! – sbottò l’anello, visibilmente
sdegnato- Per una Chimera Mistica da me non percepita, non c’è da fare i
perfettini, ragazzo! Se fosse
vivo tuo padre, a quest’ora ti avrebbe già
rimproverato per la mancanza di fiducia nei riguardi di un nobile anello
mistico come me!
Se Taiga fosse stato ancora in
vita, forse sarebbe anche stato in grado di aiutare il suo amato figliolo,
molto più di chiunque altro.
Era questo, ciò che carezzava i mille pensieri di Kouga, racchiuso in un luogo tutt’altro
che illuminato e muto proprio come il suo animo.
Poi, uno scricchiolio inaspettato lo sollecitò a mettersi in
allarme.
Il soprabito si mosse, si spostò
rapidamente. Con una capriola il ragazzo si lanciò a terra, evitando così di
essere colpito in pieno dalla portiera di un’auto vagante.
L’Orrore era finalmente uscito allo scoperto.
Kougaestrasse
la spada, gli corse incontro, tra una macchina e l’altra, supino il più
possibile per nascondersi ed arrivare al bersaglio senza essere visto.
La poca luce che illuminava l’ambiente, gli facilitò il
compito.
L’essere mostruoso, dal corpo rozzo di un rosso violaceo,
fece mutare il suo braccio in una lunga e pericolosa asta acuminata.
Una, due autovetture volarono via,
spazzate in pieno dalla furia di quella robusta mazza ferrata.
Kouga si fermò. Attese che quelle
carcasse si andassero a frantumare contro la parete posta
alle sue spalle, e subito dopo uscì di colpo allo scoperto.
L’Orrore lo intravide, si scagliò furioso, pronto
all’attacco, ma il colpo d’asta centrò il vuoto.
Il Cavaliere era stato più veloce di lui. Salito prontamente
sulla cappotta di un’auto, Kouga ruotò su di sé la
spada, e in un baleno si trasformò in Garo.
Il lupo dorato saltò come un enorme felino per sfuggire alla
lancia dell’Orrore che, infuriato, tentò di ritrarre l’arma e lanciarsi a mani
nude sul bersaglio. Il tutto per acquisire maggior rapidità.
La spada di Garo, anche stavolta,
fu più dinamica di quelle mani. Un fendente preciso
recise il braccio dell’essere che si piegò su se stesso dal dolore.
Il sangue cadde a terra. Le grida del mostro si levarono in
aria, e l’arma di Garo si apprestò a condurre a
termine lo scontro.
Prima le gambe, e poi il capo. L’Orrore finì in pezzi,
tramutandosi in un cumulo di sporche ceneri. Il lupo azzannato dell’Est poté finalmente riporre la spada, perché per lui, quella battaglia
era trionfalmente conclusa.
***
La porta di casa Saejima si aprì
spalancandosi inaspettatamente.
Tra un passo e l’altro, Kouga
rientrò sorpreso nel vedere Gonza, immobile e teso al
centro della hall, che lo fissava con occhi intimoriti. Il ragazzo superò il
maggiordomo per poi incamminarsi verso la stanza dove avrebbe dovuto riposare Kaoru, ma
Gonza, mettendo in moto le gambe, e raccogliendo una punta di coraggio, lo
raggiunse alla svelta e si parò d’innanzi a quella porta.
- Che cosa c’è? – lo interrogò
svelto il suo signorino, fiutando subito puzza di bruciato.
Gonza tribolò, si scosse ed infine fu costretto a rivelargli
l’accaduto: - La signorina… è voluta andare a quel corso. – disse a fatica,
sforzandosi anche di emettere un sorrisino forzato.
Date le circostanze, il viso di Kouga, proprio come previsto, s’annottò di colpo.
***
- Tutto ok? – si sentì rivolgere Kaoru che, per colpa di un fastidioso giramento di testa,
se ne stava appoggiata sullo stipite di una porta, con un visino più bianco del
solito. La porta, per l’esattezza, era quella che dava accesso alla struttura
dell’istituto d’arte frequentato dalla giovane.
La mora, con un’espressione angustiata, si voltò a fatica.
Era stato Ikuo a parlare.
- Ho avuto solo un capogiro, nulla più! – gli disse,
cercando di essere credibile.
- Mi hai detto di esserti nuovamente trasferita, vero? – Ikuo gettò uno sguardo al suo orologio da polso, e poi si
mise pensieroso- E’ tardi, e in queste condizioni non
credo che riuscirai a tornare a casa… – annotò con saggezza.
Pochi attimi e, le mani di quel giovane così gentile,
l’aiutarono a reggersi in piedi, per sostenerla premurosamente. L’artista
sobbalzò sorpresa da quel gesto, e si guardò attorno spaesata.
Lì vicino c’era una bici.
- Ikuo… - lo chiamò lei, avendo
già intuito le intenzioni del compagno di corso.
- Mi restituirai il favore la prossima volta che sarò io ad
aver bisogno del tuo aiuto! – esclamò il ragazzo, facendola prima accostare e
poi sedere sul piano posteriore di quella bici.
Vista la situazione, Kaoru non
poté fare a meno di arrendersi alle gentilezze dello studente.
***
- Come mai frequenti il corso, se sei già così brava a
disegnare? – domandò lui, dopo svariati minuti, tra una pedalata e l’altra,
intento a riportarla a casa.
- Per imparare nuove cose, e per poter, un giorno, essere
autonoma e in grado di aprirmi uno studio tutto mio!
- Uno studio artistico?
- Esatto! – gli assentì Kaoru,
sognando quasi ad occhi aperti – Attualmente lavoro
presso una casa editrice che produce fiabe per bambini. Io ho il compito di
illustrare le scene di quei libri, seguendo uno schema ed una storia concepita
da altri. Però… il mio sogno sarebbe quello di produrre qualcosa di mio, senza
persone che ti dicano come, cosa e soprattutto chi
raffigurare.
- E tu, hai già ideato il
protagonista della tua storia?
L’artista abbozzò un piccolo sorrisino.
- Veramente… sì!
- Scommetto che si tratta di uno di quegli animaletti carini
e con il muso simpatico, ho indovinato?
- Beh… in effetti, ciò che ho in mente è completamente
diverso! – gli confessò ad Ikuo, rivolgendo un
pensiero a quel personaggio, vivo proprio nella sua testa, che le fece spuntare un dolce riso sulle labbra. - Si tratta di un
cavaliere. Un intrepido cavaliere rivestito da una corazza d’oro,
che sconfigge le tenebre e salva le persone in difficoltà.
- Però..! – s’incantò all’istante Ikuo, immaginandosi quasi la figura di quell’eroe dorato - Sembrerebbe interessante…! Se fossi
un bambino, acquisterei subito i tuoi libri!
- Per il momento è solo un sogno, ma io spero che si possa
trasformare molto presto in realtà! – I ricordi di Kaoru
volarono indietro, nel tempo in cui lei era soltanto una bambina che sfogliava
estasiata le pagine di quel libro illustrato fatto dal padre.
Sarebbe stato bello se, in una società sempre più povera di
valori, le avventure di un Cavaliere Dorato avessero
portato una ventata di speranza verso quei piccoli piccini, destinati un giorno
a diventare gli eredi di un futuro non tanto lontano.
- A proposito… come mai hai cambiato casa così rapidamente?
La domanda di Ikuo
era giunta alla sprovvista.
Kaoru sospirò sconsolata, poi rispose
titubante: - Beh- premise, con la voce che sapeva di confusione, quasi non
sapesse cosa dire- Di preciso, non lo so neppure io… Però
il mio ragazzo pensa che per me sia più sicuro restare a casa sua.
- Al sicuro? – replicò Ikuo, più
intontito che mai- E da chi? Spero che tu non abbia un serial
killer alle calcagna!
- Oh, no! Sta tranquillo! – disse la ragazza, sforzandosi
anche di sorridere. Come poteva, KaoruMitsuki, rivelare a quel giovane sconosciuto che KougaSaejima, Cavaliere
dell’Est, era un cacciatore di Orrori? – Sai, sono una ragazza molto pasticciona e…
- Ahh! Ho capito! – esclamò
l’altro, mettendola a tacere- Lui ti protegge da te stessa, è
così? Teme che tu possa cacciarti nei guai, e quindi preferisci tenerti
d’occhio!
La mora ascoltò attentamente le parole dell’amico. In fin
dei conti, forse Ikuo poteva avere ragione. Kouga stava cercando di tenerla lontana da quelle
pericolose e tetre creature. E non c’era modo migliore,
per lui, che tenerla con sé, in quella villa sontuosa, grande ed accogliente.
“Dimmi perché? Perché
mi hai costretto a traslocare in fretta e furia?”aveva
chiesto l’artista, la stessa sera della dislocazione, ad un Kouga muto ed impassibile che le stava d’innanzi.
“Combineresti solo
guai se resti da sola.”rispose
lui, frettolosamente. Non poteva rivelarle la verità. Non voleva raccontare a Kaoru né delle Chimere Mistiche, né della faccenda di quell’arma ad otto punte, scagliata con violenza contro di
lui da chissà quale creatura, e né delle truci parole di quell’Orrore
affrontato nell’angusto vicolo.
- Forse… hai proprio ragione.- pigolò
a voce bassa, continuando a rammentare quell’attimo.
Le ruote della bici di IkuoShiota, ad un tratto si
fermarono. Il rumore dei freni fece destare Kaoru che
ritornò bruscamente alla realtà.
Il ragazzo richiamò a sé il ritratto di Kouga,
visto per caso alcune sere prima, e lo contrappose ad
una figura che stava in quel preciso attimo conquistando terreno in lontananza.
Aveva esattamente le stesse fattezze del dipinto, appuntò
subito.
- Mi sembra che quello lì, assomigli al tuo ragazzo. – gli fece
presto notare, indicando lo sconosciuto con l’indice.
Un cappotto bianco, un’andatura inconfondibile, e lo sguardo
accigliato.
L’artista riconobbe Kouga
all’istante.
Il solitario spadaccino notò la bici ferma sul ciglio della
strada, e, successivamente vide Kaoru
che se ne stava seduta lì dietro ad osservarlo attonita.
Una corsa breve lungo la pista, lo avvicinò lì per lì ai due.
- Kouga…! – esclamò la dolce
bruna, scorgendogli in viso un’espressione inquieta.
- Che cosa ti è successo?! – le
chiese in fretta il Cavaliere, con una cadenza di voce
allarmata.
Prima di rispondergli, Kaoru cercò
di alzarsi dal sellino posteriore di quel mezzo, ma barcollando, ciondolò in
avanti.
Il Cavaliere del Makai l’afferrò
prontamente, riuscendo a tenerla su, mentre lei, con fare fiacco si lasciò
quasi cadere tra le sue braccia.
- Sto bene, sto bene! – si affannò presto
a decantare, solo per tranquillizzarlo.
- Ti avevo detto di restare a riposo! – Il rimprovero di Kouga giunse senza indugi. La sua espressione, oltretutto, non
era certo delle più rosee.
Kaoru chinò lo sguardo nella
stessa maniera in cui avrebbe fatto una persona che, per via di uno sbaglio, si
sentiva colpevole.
- Ci tenevo a non perdermi la lezione. – pigolò
mogia, facendo quasi tenerezza.
Ancora una volta, il Cavaliere del Makai
nei confronti di quell’ennesima idea balorda, sospirò
piano. Poi, con modi calmi e dolcemente premurosi, la spinse
ancor di più a sé, per sostenerla con più forza.
Ikuo, l’artista con il codino
sulla nuca, nonché compagno di corso della bella Mistuki, osservò il duo di sottecchi, ed esalò anch’egli un
sospiro. Ciò che sentì in quell’attimo, fu solo invidia. Forse, anche lui avrebbe
voluto una persona da amare. Una moretta come la sua compagna di corso, per
esempio.
- Allora, la lascio a te! – esclamò il giovane a Kouga, inforcando i pedali della bici, e guardando per la
prima volta lo spadaccino dritto negli occhi. I due si osservarono a lungo, in
silenzio. Nessuno si sforzò né di fare particolarmente il buono, e né di essere scostante. Fu un’occhiata tra due sconosciuti
coetanei che avevano in comune solo il privilegio di conoscere Kaoru. Nulla di più formale.
Il cigolio delle ruote iniziò a far rumore, a divorare il
suolo, e a prendere il largo. La bici ripartì sotto lo sguardo perplesso di Kouga, che poi si accinse curioso a chiedere informazioni
alla sua bella.
- Quello… Chi era?- disse a malapena,
pervaso da un imbarazzo che per lui era davvero anormale.
La domanda pose Kaoru a picchiarsi
la fronte con una mano: - Accidenti! Ho dimenticato di presentarvi! – esclamò tutta dispiaciuta - Lui frequenta il mio stesso
corso. E’ una persona assai gentile e simpatica! Non appena mi ha visto in
difficoltà, si è subito offerto di accompagnarmi a casa. – La ragazza sembrò
descrivere quello sconosciuto con evidente entusiasmo. Kouga,
dal suo canto, non ebbe modo di sfoggiare lo stesso trasporto. La mora gli
osservò il viso lievemente incupito, poi, senza badare alla strana movenza, qualcosa
sembrò non tornarle: - Ma tu… che ci fai qui?
Lo spadaccino del mondo del Makai
non aveva la benché minima intenzione di replicare. Nessun problema! Ci pensò Zarba l’anello, ad aprire le zanne al posto suo: - E’ corso
qua per venirti a prendere. Lo hai fatto molto preoccupare, sai?
Un sorrisino affiorò lieve sulle labbra di Kaoru. Un sorrisino che sapeva di
felicità.
- Allora – premise arrossandosi in volto,
e con una vocina deliziosa simile a quella di una timida bambina – Sei
davvero un Cavaliere!
La reazione del signorino taciturno, fu rapida ma scontata.
I suoi occhi si spostarono verso il ciglio della strada per reprimere un
disagio impertinente che lo aveva colpito all’improvviso. L’animo forte e mai
incerto dello spadaccino tremò, scosso dal suono delle parole della sua amata,
e quel cuore impavido da assoluto cacciatore di Orrori,
sussultò, rapito ed emozionato da quella serie di lettere che, messe insieme,
facevano tanta armonia.
Teso, con una reazione pressoché spontanea, Kouga spintonò a sé il braccio di Kaoru
per aiutarla a camminare, e quest’ultima lo seguì
tenendosi a lui barcollante.
Passo dopo passo, il viso, le gambe, il respiro, tutto il
corpo mostrò poi la stanchezza di quella giovane artista.
Le palpebre che si socchiudevano, uno sbadiglio di sonno che
nasceva e sgorgava da quella bocca rosa e delicata, sottolinearono
presto ogni cosa.
Sul bordo della via, dopo averle lanciato un’occhiata
sommessa, lo spadaccino si fermò e fletté un po’ le ginocchia. La schiena s’incurvò
e il soprabito bianco lambì per un breve attimo il sentiero. Con un gesto
svelto, quasi doveroso in una simile situazione, il Cavaliere fece scivolare Kaoru sulle sue ampie spalle, e la tirò su.
La boccuccia della ragazza emise un altro sbadiglio. Le
palpebre si abbassarono poco alla volta, sempre più stanche. Fu il capo, però,
a cedere per primo. Con la guancia posata sul dorso di Kouga,
lei poco prima di appisolarsi trovò la forza per replicare con un mugolio
flebile: - Grazie!- disse stanca ma, felice.
- E’ proprio un tenero pulcino spennacchiato! – scherzò prontamente
Zarba, arrivando perfino a far abbozzare un mezzo sorriso
al suo proprietario, per lui fin troppo serio.
La verità era soltanto una: da quando Kaoru
era entrata nella sua vita, aveva insegnato all’erede di Taiga e a quel suo muso
quasi sempre chiuso ed annottato, a tirarsi e a
sorridere più spesso.
Stava cambiando, Kouga. A piccoli
passi, stava cambiando in meglio.
Anche se, orgoglioso com’era e con
un’ostinata inflessibilità, non riusciva ancora del tutto ad accettare una tanto
vergognosa quanto inammissibile verità.
Sarebbe sembrata una sera destinata a
finire proprio con quel bel sorriso, ma… Un avvenimento inaspettato, cambiò
senza avvertimento le sorti di quella giornata.
Dei passi imponenti e chiari attirarono Kouga
che, invitato da essi, alzò di scatto il capo e… si sbigottì.
Gli si contrasse il viso.
Gli appassì il sorriso.
Gli si scatenò il cuore.
Un evento imprevedibile, poteva fare questo ed altro.
L’incredulità e lo stupore presero spudoratamente il
sopravvento.
Il giovane sgranò i suoi occhi scuri e profondi.
D’innanzi a lui c’era una figura dalla stazza tuonante.
Zanne affilate.
Sguardo imperturbabile.
Riflessi sfolgoranti.
Riflessi che appartenevano all’armatura scintillante di un particolare
tipo di Cavaliere Mistico.
Di quelCavaliere Mistico.
Di Garo.
La Zanna Dorata
dell’Est scrutò Kouga con insistenza.
Ma se Kouga
era Garo, quanto poteva essere fattibile tutto ciò?
Era un paradosso.
Due facce della stessa medaglia, poste su di un unico piano?
Due facce di una medaglia, non si potevano tangibilmente
incontrare.
Il ragazzo degluttì
con una fatica ed un tremore quasi imperdonabili per un tipo forte come lui.
Rei Suzumura, quindi, non era ubriaco.
C’era per davvero un gemello dell’originale lupo dell’Est.
Adesso lui ne era più che convinto.
Come nulla fosse, quell’autorevole e rigida figura così dannatamente simile
al vero Garo, volgendo la schiena si allontanò.
Il rumore di quei passi che picchiavano il suolo con l’Animetallo pesante e schioccante dell’armatura, echeggiò
lassù, fin in cielo, e lui, con il nero mantello al vento, con l’andatura
temeraria, con la struttura ardimentosa, divenne solo un puntino d’oro
all’orizzonte.
Il figlio di Taiga restò lì, pietrificato e con gli occhi
sgranati, ad osservare in silenzio. Solo il cuore, che gli
batteva forte in petto come non mai, faceva fracasso.
Era una visione onirica?
Era una subdola allucinazione?
O un’altra Chimera Mistica?
Se non fosse stato per quel
tremolio vigliacco che lo faceva sentire un debole, Kouga
non avrebbe esitato un solo attimo a scuotere il capo e a non farsi ingannare da
quella vile e fastidiosa magia.
Sempre che, di magia si fosse trattato.
Fine episodio
I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE
DI BOTAN:
F-I-N-A-L-M-E-N-T-E!!!!! Dopo un lungo ed interminabile periodo
di totale e completa assenza, ritorno alla luce, proprio come un antichissimo
reperto archeologico dell’era giurassica, e mi decido
una –strabenedettissima- volta per tutte, a pubblicare il secondo capitolo della GSS (GaroSecond Season)!!! Evviva!!! *Botan
salta come un macaco per tutta la stanza, finché non prende in pieno l’angolo
terribilmente appuntito della sua scrivania, si allontana di corsa da casa,
raggiunge il cucuzzolo di una montagna sperduta, situata in un angolo (che, per
carità! Non sia quello di una scrivania) altrettanto sperduto del Makai, e, come la degna erede di quel bontempone di Fantozzi, esterna tutta la sua sofferenza fisica
strepitando come un notissimo esemplare di “bavosa del Makai”, mentre un gruppo di
Orrori che giocano a briscola proprio sotto il cucuzzolo della montagna, apprendono
per la prima volta che, nel mondo, c’è qualcuno che fa molto più orrore di loro
poveri disgraziati.*
Riprendo per
un attimo il possesso dell’altra parte di me stessa (come la chiamo io), e mi quieto!
Dunque… Mi rendo conto che spiegare un simile
ritardo, non è cosa semplice… (sto sudando come una nota specie di “bavosa
sudorifera” detta anche “sudosa” …)
A parte i
soliti impegni, soprattutto quelli che riguardano le altre mie fanfic che mi supplicano in ginocchio di trovare una fine,
o, perlomeno, un inizio, Botan ha iniziato,
spudoratamente per gioco, un cammino fatto di Ufo Plush, o Ufo Doll, o ancora Plush e basta, che le porta via un bel po’ di tempo,
costringendola a mettere da parte le sue amate fanfic
per occuparsi dei suoi altrettanto amati pupazzi…!
Parlando
seriamente, ho iniziato questa nuova attività che, con franchezza, è cominciata
davvero per gioco, e adesso è diventato un lavoro! O
per meglio dire, un lavoretto che mi consente di guadagnarmi qualcosina da spendere secondo le necessità del momento (AF
di Garo, manga, cd musicali, dvd,
videogames, magnumsmith e wesson, trick track e bombe a mano, beni di sostentamento, ecc…), e
quindi, come detto, ho davvero poco tempo per scrivere e per disegnare…! :(Realizzo questi
peluche su commissione, e spesso alcuni personaggi non sono proprio una
passeggiata… A volte impiego anche più di una settimana solo per farne uno,
perché magari non riesco a trovare il materiale adatto per creare un accessorio
particolare… E quindi, il tempo vola!
Ultimamente,
però, mi son presa una pausa, e così, eccomi qua, con
il secondo chap!
Prima di concludere, ci terrei molto a RINGRAZIARE DI CUORE TUTTE
QUELLE PERSONE CHE HANNO CREDUTO NELLA MIA FANFIC, E CHE HANNO PERFINO LASCIATO
UNA RECENSIONE! GRAZIE INFINITE, RAGAZZI! Grazie a tutti voi, nessuno escluso!
Ah! Continuate a recensire, mi raccomando!
Per il
momento, ho già scritto i primi 4 capitoli della storia, e sto progettando il
quinto, che butterò giù (non dal cucuzzolo della montagna) a breve.
Qualora
vogliate continuare a seguire la GSS, sappiate che la sottoscritta vi attenderà a braccia aperte!
Nikoniko,
Botan
To
Mitra: Thank you sooo much!!! ^___^ Your comment
has been much appreciated! Thanks a lot, my dear sweet friend! Now I feel sooo strong and happy! THANK YOU!
P.S. Restando
in tema “Garo”, sapete qual è stato il primo peluche che ho realizzato? Vi do un aiutino: ha un cappotto bianco e porta sempre con sé un
anello chiacchierone e saccente! Avete indovinato? No? Ok,
ecco la soluzione: KOUGA SAEJIMA! ^_^
Nel portagioie ragalatomi dalla mamma, ho trovato una vecchia foto che
ci ritrae pochi mesi dopo la mia nascita
Madre
#03
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
Nel portagioie regalatomi
dalla mamma, ho trovato una vecchia foto che ci ritrae pochi mesi dopo la mia
nascita.
Ero molto piccola, ma
con una montagna di capelli scuri in testa. Lei mi teneva tra le braccia. Il suo
sguardo aveva un’espressione molto dolce. Mi stava osservando.
Fu papà a scattarci
quella foto. L’immagine raffigura quell’attimo con
una spontaneità così limpida da farmi quasi venire le lacrime agli occhi.
In quel ritratto si
può vedere chiaramente quello speciale sentimento d’amore
che prova una madre verso la sua piccola creatura. Un sentimento d’amore che
non potrà mai avere eguali.
Un sentimento d’amore
proprio come quello che provo verso colui che ha
combattuto fino allo stremo per cancellare tutti i miei incubi, e farmi
ritornare a sognare!
Il campanello di casa Saejima suonò
inaspettatamente.
Prima una, e poi due volte di fila.
Era come se il misterioso visitatore avesse una gran fretta di entrare.
KaoruMistuki,
nei pressi dell’entrata, si accinse a raggiungere la porta.
- Vado io, Gonza! – informò al maggiordomo che, in quel
momento, era impegnato a rassettare la biblioteca della villa con il suo
portentoso piumino leva polvere.
Con la mano sopra il pomello, la bell’artista
lo fece ruotare di appena mezzo giro e lo tirò a sé liberamente, per spalancare
infine l’uscio.
L’anta si aprì, e… La scena si svolse con una rapidità tale
da farle intravedere il nulla.
Qualcuno, per la precisione, le aveva appena
messo una cosa tra le braccia.
- Questo è il biberon, questo è il succhiotto, e questo è il
suo necessaire da viaggio! Se hai problemi, il mio numero di telefono lo conosci a memoria! Torno a riprendermelo domani! – si accinse
ad esclamare in tutta fretta AsamiShinohara, la migliore amica di Kaoru,
salutandola poi con un cenno svelto di mano, ed infilandosi di corsa in
un’autovettura dal motore accesso guidata da un giovane uomo. Probabilmente il suo
fidanzato.
Il rombo del motore tuonò con un gracchiare assordante. Le
ruote del veicolo fiammeggiante girarono, e la macchina sparì dal piazzale
della villa in una lesta manciata di secondi.
Kaoru rimase allibita, immobile ad
osservare la vettura rosso fuoco dileguarsi nel nulla. Asami
non le aveva concesso neppure il tempo di replicare.
Il suo, aveva tutta l’intenzione di essere un discorso studiato con un certo
proposito. Quello di evitare per l’appunto repliche.
Gonza, orecchiato il trambusto, si avvicinò svelto all’uscio
per sincerarsi della situazione.
- Chi era? – chiese alla signorina, e quest’ultima,
girandosi lentamente verso il buon uomo, si sforzò a malapena di sorridere. –
Santo cielo! – esclamò giustamente lui, con la faccia sbalordita e gli occhi
sgranati. Si sistemò meglio i tondi occhialini sul naso, poi continuò – E questo
fagottino, da dove salta fuori?
- E’ diAsami,
ma non chiedermi niente! Quella sciagurata è scappata subito via… – sbottò a stento, nell’attimo in cui Gonza si accinse a richiudere
l’uscio del portone.
Quel qualcosa che le era stato messo tra le braccia, era un
qualcosa di caldo, morbido, e soprattutto tanto delicato.
Una zazzera di capelli mezza spennacchiata,
due guanciotte carnose, e degli occhietti vispi.
Molto vispi.
Undici, dodici mesi? Un anno? Chissà!
La cosa certa, in quel momento, era solamente una: In casa Saejima, era da poco arrivato un bambino.
Kaoru osservò quel bimbo in viso,
e la sua espressione diventò di colpo perplessa.
- Scommetto che si tratta del suo nipotino. Non voglio
neppure pensare che sia suo figlio…! – sbottò adirata e confusa al tempo stesso
- Ha detto che verrà a riprenderselo domani… Secondo
lei, Gonza, a Kouga darà fastidio se lo teniamo qui
per un giorno?
Il maggiordomo sospirò con malinconia. Gli occhi di quell’uomo sembrarono inumidirsi appena.
- Sono anni che in questa casa non si sentono più le urla
gioiose di un neonato. – disse, con una cadenza di voce nostalgica- Da quando è morta la madre del signorino, tra queste mura
nessuno ha riso più come prima. – rivelò affranto, ricordando affettuosamente
la coraggiosa e splendida Rin, moglie di Taiga nonché madre affettuosa di Kouga.
- Com’era la mamma di Kouga? – gli
domandò Kaoru, lì per lì, istintivamente, con il forte
desiderio di conoscere qualche particolare in più su quella donna. La ragazza
non avrebbe mai avuto il coraggio di chiederlo a quel signorino così silenzioso
ed assai introverso, che quasi certamente non le avrebbe raccontato
granché.
Gonza sospirò ancora, con gli occhi sempre più umidi e le
labbra tirate in un dolce ma al tempo stesso malinconico sorriso:
- Un tipo deciso, a volte ostinato, ma immensamente gentile!
Un po’ come voi, signorina! – l’affermazione del buon maggiordomo fece cadere Kaoru in imbarazzo. L’artista reclinò lo sguardo e sorrise
un pochino– Ad ogni modo, al signorino non darà nessun fastidio questo piccolo pargoletto!
C’era lo spazio e c’era una casa grande, e poi, davanti ad
un paio di tenere guanciotte carnose, perfino il più intrattabile Cavaliere del
Makai si sarebbe sciolto.
Oltretutto, nello stesso momento, proprio quell’intrattabile
Cavaliere aveva ben altro a cui pensare…
La spada che stringeva tra le mani compì una piroetta,
seguita da una serie di colpi decisi. Cinque fendenti in avanti, e tre
indietro. Fendenti
rivolti a colpire con rabbia il vuoto, nello stanzone semi oscurato dove si
tenevano i suoi allenamenti quotidiani.
- Kouga… con calma. E’ la terza
volta che te lo dico. Non mi piace
quando la lama geme in quel modo. – la voce di Zarba,
dal tono più che paziente, costrinse il suo proprietario a fare un breve intervallo.
L’anello sospirò. Sapeva bene il perché di tutta quella foga – Lo sai anche tu che in questo modo non risolverai niente.
- Nessuno può permettersi di calzare l’armatura di Garo che un tempo era l’orgoglio di mio padre! – replicò il
giovane, tutto d’un fiato, accigliandosi sempre di più
ed alzando minacciosamente il tono della voce.
- Anche a me dà noia, ma… - Zarba aveva tutta l’intenzione di finire la frase, ciò
nonostante, la voglia di controbattere da parte dell’altro, lo costrinse a tacere.
- Perché aspettare? Quest’attesa mi snerva! Tutto ciò che voglio, è risolvere
la questione al più presto possibile! – sentenziò netto, senza lasciare nessuna
via di fuga.
- E come pensi di riuscirci? Perfino
i Cani da Guardia non hanno risposte. Li hai sentiti anche tu, no? Quel
Cavaliere d’Oro sembra irrintracciabile. Nessuno è in grado di percepire la sua
energia mistica, e nessuno può prevedere dove e quando riapparirà di nuovo. Quindi, devi avere pazienza. – gli disse per l’ennesima
volta la guida mistica- Anche per me non è facile
starti dietro, sai? Ho promesso a tuo padre che…
- Non c’è bisogno che tu me lo ripeta
ogni volta che se ne presenta l’occasione! – gli replicò il ragazzo
all’improvviso, riprendendo di scatto a muoversi, e falciando ancora una volta
il vuoto d’innanzi a sé con un forte fendente.
Zarba si lasciò sfuggire, sconsolato
ed arrabbiato più che mai, un’esclamazione nervosa:
- Sei davvero un ragazzino cocciuto! – gli dichiarò asprigno,
per poi tacere con dispetto.
Kouga non sbatté ciglio. Ciò che lo
faceva preoccupare, e che lo rendeva inquieto, era quel Cavaliere d’Oro così
simile al solo ed unico Garo che gli aveva lasciato
in eredità l’amato padre.
Il Cane da Guardia del Nord, per l’ennesima volta, e dopo l’ennesima visita del giovane al palazzo, era stato
categorico: “Ogni risposta trova presto il suo tempo”. Sembrava che non sapesse dire altro.
Un Cavaliere coscienzioso, avrebbe dovuto aspettare che
quell’oscuro mistero sarebbe uscito da solo allo scoperto, e poi muovere cauto il
primo passo.
La città, tutto sommato, non era
minacciata da presenze pericolose. Per cui, i Cani da Guardia
dei quattro punti cardinali, non si lasciavano coinvolgere da quelle che loro
reputavano solo “insipide faccende”.
Quel Cavaliere simile a Garo, altri
non era che un grosso punto interrogativo, un inspiegabile mistero
all’apparenza irrisolvibile solo perché nessuno ne conosceva l’origine. Nessuno,
comprese le Sentinelle ne era al corrente. Nessuno, eccetto
Rei che ne aveva saggiato le capacità qualche sera
prima, e lo stesso Kouga,che lo aveva, con forte
sgomento, incontrato di persona.
Era ovvio, ormai, che si trattasse di un antagonista che
anziché annientare gli Orrori, cercava di proteggerli, ma… non essendoci informazioni,
c’era ben poco da fare.
E, per l’appunto, come insegnava il
codice dei Cavalieri Mistici, non si poteva combattere e pretendere di
annientare il nulla.
Anche se, il figlio di Taiga non la
pensava esattamente così.
***
Un pianto fragoroso fece sobbalzare Kaoru
che, nel frattempo, con l’aiuto di un Gonza con tanto
di borsone blu dell’infante sulle spalle, si stava dirigendo su per le scale.
- E adesso perché piange? – disse
la ragazza in preda allo sconforto, storcendo assai le labbra. Le sopracciglia le si piegarono all’ingiù.
Il maggiordomo si fermò tra uno scalino e l’altro, colpito
dall’ugola d’oro del piccolo esserino.
- Ha proprio una bella voce, questo bambino! La vostra amica
non vi ha detto come si chiama?
- Asami è stata una vera e propria
furia… Si è dileguata in un attimo…! – Kaoru si
stizzì subito nel ripensare al comportamento poco educato dell’amica, ma cercò tuttavia
di calmare il piccolino cullandolo alla meglio, nella flebile speranza di
ammansirlo. Con i bambini, lei non ci sapeva proprio fare!
- Cos’è questo baccano? – chiese una voce, inaspettatamente,
e giunta con sorpresa alle spalle della giovane.
Quest’ultima esitò un istante prima di per voltarsi. Al contrario, Gonza si
girò in un lampo, mettendo in bella vista un viso a dir poco eccitato: - Oh,
signorino! Venga a vedere! – disse, incitando Kouga che
in quell’attimo era giunto ai piedi della scalinata
perché attirato immancabilmente da quel pianto misterioso. Lo spadaccino salì i
gradini, mentre il maggiordomo sorrise beato nel momento in cui Kaoru si girò appena, il bimbo fece capolino e si scontrò
con i profondi occhi del ragazzo – Non è delizioso?
Non appena intravide quel piccolo fagottino tra le sue braccia,
Kouga non riuscì ad evitare di contrarre la fronte.
- Dove lo hai trovato? – le chiese, notevolmente
stupito, fissando con attenzione, forse curiosità, il piccolo neonato. Chissà perché, ma vedere quella piccola creatura tra le braccia
della sua altrettanto piccola donna, lo aveva scosso.
- Me lo ha portato Asami. – si
affannò a spiegargli, con parole tremolanti e parecchio sbrigative. – Lei vuole…-
pronunciò in un primo momento, tentennante- Vuole che badi a lui fino a domani…
- riuscì a dire a stento, perché in cuor suo aveva il timore di ricevere un
rifiuto da parte del ragazzo- Anche se non ho la più
pallida idea di come si cresca un bambino…!
Gonza s’intromise seduta stante:
- Per quello, non dovete preoccuparvi! Quando
il signor Kouga era piccolo, mi occupavo spesso di
lui. Gli facevo il bagnetto, gli preparavo il latte, gli cambiavo perfino il
pannolino! E lui, non ha mai pianto una volta! –
asserì, sfoderando un gaio sorriso.
- Di sicuro era un bambino adorabile, allora! – esclamò la
ragazza, lasciandosi affascinare dalle parole del maggiordomo, e cercando di visualizzare
nella propria mente il ritratto di un Kouga bambino. E lo stesso Kouga, da bravo
Cavaliere solitario, s’irrigidì all’istante. Le guance gli si colorarono di un rosso timido, e lo sguardo gli vacillò per
un breve attimo nel vuoto, probabilmente con l’intenzione di voler reprimere
altrove quel pungente imbarazzo.
- Invece che parlare di me, cercate di capire perché piange.
– sbottò secco, animato da una meccanica reazione.
- Non sappiamo neanche se sia maschio o femmina…- Kaoru era più confusa del solito. Mettendo un po’ il
broncio, cercò subito appoggio nel viso di un Gonza
completamente rassicurante che, da esperto conoscitore di neonati, avvicinandosi
con decisione al bambino, in un solo istante capì già tutto.
- Lo scopriremo tra non molto! – affermò presto, tendendo le
braccia verso il bimbo affinché la giovane ed inesperta donna lo affidasse alle
sue sapienti cure.
- Che cosa vuole fare? – gli
domandò la pittrice, senza comprendere le intenzioni di quell’uomo gentile.
Gonza sorrise amabile.
- Gli cambio il pannolino! – dichiarò sicuro, avviandosi su
per le scale con tanto di bebé al seguito.
Quando il maggiordomo sparì lungo
la gradinata che conduceva ai piani alti, a Kouga
nacque spontaneo un sospiro. Non era venuto lì solo perché attirato da quel
pianto. In realtà, dovendo lasciare la villa, voleva che Gonza gli portasse di
corsa il suo immancabile soprabito.
- Ho capito… - borbottò tra sé - Faccio
da solo. – disse, avviandosi poi a prendere il cappotto bianco, riposto con
cura in un armadio, appoggiato in uno degli angoli del foyer
della villa.
- Non ti dispiace, vero? Mi riferisco a quel bambino… -
precisò Kaoru in un secondo attimo, seguendo Kouga lungo tutta la hall. – Per
te va bene se resta qui fino a domani?
Il ragazzo come di consueto non fu di
larghe parole: - Va bene. – disse soltanto, agguantando il bianco
indumento.
- Ti ringrazio! – Kaoru si fece
presto raggiante. La paura che a Kouga quel piccolo
batuffolo di bambino gli avesse potuto in qualche modo dare noia, si era ormai dissipata
proprio come il lampo di un fulmine. – Aspetta…! Ti aiuto! – enunciò in seguito,
proponendosi con un atteggiamento gentile e assai premuroso, di fargli calzare
il soprabito. Con quelle mani gentili, l’artista si apprestò a sistemargli il
rigido colletto, appena sgualcito, con amorevole cura. Poi con gli occhi
osservò Kouga in faccia, e le labbra le si piegarono in un timido sorriso. Lo spadaccino sentì il
suo cuore fremere irrimediabilmente.
Per molti anni era sempre stato Gonza
ad occuparsi di lui, e a fargli indossare il soprabito. Ormai il rito di
infilarsi quel lungo indumento elegante, era diventata una semplice routine.
Ma vedere Kaoru
interessarsi a lui con dolci premure, gli aveva fatto sciogliere per davvero il
cuore.
- Va bene così. – le rispose, mentre cercava in tutti i modi
di mantenere il controllo, di essere a tutti i costi il
solito impassibile di sempre. In cuor suo, però, quel gesto lo aveva
straordinariamente emozionato.
***
In una fresca domenica del mese, sotto i raggi di un sole di
primissimo pomeriggio, il Cavaliere dal cappotto bianco percorreva la via di un
sentiero tortuoso, per scomparire infine nell’ingresso del palazzo del Cane da
Guardia delNord.
Era una Lettera di Missione, ciò che gli fu presto consegnata
da quel sommo guardiano.
Estraendo così il proprio accendino mistico, lo schermitore
si adoperò a far divampare il Fuoco Guida sulla sottile carta di quella busta.
L’involucro rosso s’infiammò, avvolto da una vampa verde, che, una volta
estintasi, mise in risalto degli antichi ed indecifrabili caratteri.
- Per cibarsi egli vive
avido. Per cibarsi vive colui che segue il sentiero
della voglia incontenibile, ed è animato dalla più oscura e penosa ingordigia.– scandì Kouga
a voce alta, traducendo quella scrittura così strana ed incomprensibile per qualsiasi
essere umano, e cercando di decifrare anche il suo sibillino significato.
Quel genere di missive era sempre e così terribilmente poco chiaro.
Serviva una certa preparazione ed uno spiccato senso dell’intuito, per
risolvere l’enigma da esse celato.
Kouga memorizzò nella propria mente quella frase, e quasi subito, senza avere neppure la
premura di rivolgere uno sguardo al guardiano vestito di bianco che gli stava
d’innanzi, si voltò per andarsene.
Il saggio millenario lo scrutò attentamente dal suo altarino
sacro.
- Aspettare, per te, è così doloroso? – gli chiese, tutt’altro che sorpreso dall’atteggiamento di quel soldato
silenzioso.
Senza avere il benché minimo rispetto nei riguardi del Cane
del Nord, e quindi di evitare di dargli le spalle, Kouga
fermò le gambe al centro del lungo corridoio, giusto il tempo per emettere una
replica:
- Preferisco di gran lunga
affrontare Meshia. – rispose secco, riprendendo a
muoversi quasi subito e con fare sbrigativo, per lasciarsi alle spalle sia il
palazzo, sia l’inquieta sentinella del Nord.
***
Anche di domenica, così come ordinava
il regolamento dei Cavalieri Mistici, un servitore che vestiva l’armatura del Makai, non poteva concedersi riposo.
Seduto al tavolo, nella biblioteca dell’abitazione immersa
nei boschi, Kouga stava consultando uno di quei tanti
libri presenti tra le fila di quegli scaffali.
- Per me si tratta di Vergan.
- Cosa te lo fa pensare?
- Beh… - si accinse a spiegargli Zarba,
collocato come sempre al dito – Quell’essere
è piuttosto avido.
- Come tutti gli Orrori, del resto. – annotò presto il
proprietario, volgendo accidioso uno sguardo alle pagine del libro, dedicate a
quel mostro.
- La maggior parte degli Orrori, però, si accontenta di divorare
una, due, o al massimo tre vittime al giorno.
- Significa che questo qui è in grado di mangiarne di più?
Zarba annuì con un mugugno supponibile
al “sì”.
- Come prima cosa, s’impossessa di un corpo piuttosto
corpulento che soddisfi i suoi requisiti, e poi, una
volta radunate un folto numero di persone, spalanca le fauci e le divora tutte,
in una manciata di secondi, solo per paura che qualcuno gliele porti via. Di
solito predilige i luoghi molto affollati, in particolare le scuole o gli
autobus, per esempio. I posti dove c’è una maggiore concentrazione di umani, in pratica. Ne divorerebbe all’infinito, se solo ne avesse l’opportunità. Un ingordo nato, direi!
Kouga si alzò, ripose il libro sul
ripiano di uno scaffale ed uscì dalla stanza.
- Le scuole la domenica sono chiuse. – disse soltanto,
mentre Zarba aveva già intuito le sue intenzioni -Rimangono i mezzi pubblici. – costatò perplesso, intento a
riordinarsi le idee.
- Vagabondare a vuoto per l’intera città, non ti servirebbe
a molto. In giro ci sono migliaia e migliaia di automezzi.
Bisogna attendere che sia lui a fare la prima mossa. Anche se a te non piace aspettare, è così? – Con quest’ultima frase, l’anello magico non si lasciò sfuggire la possibilità di provocare il suo proprietario, anzi!
Kouga, quindi, anche questa volta
doveva avere pazienza.
Attendere che l’Orrore si sarebbe fatto in
qualche modo intercettare, e poi passare al contrattacco. Questo, era
avere pazienza.
E, anche in quel caso, vista l’espressione accidiosa del volto,
lui non ne era incredibilmente entusiasta.
Il riso gioioso di qualcuno, ad un tratto, prima lo attirò,
e poi quasi subito lo portò ad avvicinarsi all’uscio di una porta semi schiusa
che stava proprio in quelle vicinanze.
Si trattava del riso di quel pargoletto, che fu presto raggiunto
da quello di Kaoru.
La ragazza e il bimbo erano seduti a terra, sulla grande superficie di un tappeto che rivestiva gran parte del
salone, entrambi intenti a giocare con una pallina di spugna tutta colorata di
giallo.
Kouga restò per qualche istante ad
osservarli, muto come sempre, ma stavolta molto più del solito, accostato
silenziosamente all’anta semi chiusa. Era un silenzio dolce, il suo.
Non aveva una voglia matta di farsi scoprire. Però, dovette presto ricredersi.
Il bimbo ad un tratto rivolse gli occhietti vispi in
direzione della porta, come incuriosito da qualcosa. Kaoru
lo seguì a ruota, con un gesto meccanico del capo, e si rianimò in un lampo. Le
pupille sembrarono quasi brillarle dall’emozione.
- Kouga! – esclamò con intensità,
allegria, sollevandosi da terra e andandogli incontro – Dai,
vieni anche tu!
- A fare cosa? – chiese repentino lui, titubante più che
mai, perché inquietato dal responso dell’altra.
Responso che arrivò istantaneo. - A
giocare! Gli ho insegnato a tirare la palla! - L’allegria di quell’artista era incredibilmente contagiosa. Per un
Cavaliere solitario ed impacciato, era pericolosamente contagiosa.
- Non ho tempo, adesso. – si apprestò a replicare, cercando
di andarsene con un mezzo dietro-front. Tuttavia, una mano che gli afferrò gentile
la sua, e che poi lo trascinò giù, a suon di spinte,
su quel gran tappeto rosso, prevaricò sopra ogni cosa. Perfino sulla ferrea
volontà di uno spadaccino del Makai.
La richiesta di un pittore caparbio, non si poteva certo
rifiutare!
A gambe incrociate, in mezzo a un
bambino delicato e a una donna forse più bambina di quel piccolo ospite, Kouga non si sentiva propriamente a suo agio.
L’ultima volta che si era divertito giocando, fu all’età di otto anni, in compagnia di Jabi,
l’unica amica che aveva a quel tempo.
Il lungo periodo trascorso ad allenarsi, però, gli aveva fatto
dimenticare molte cose.
Kouga non lo ricordava neppure
più, come si faceva a giocare!
Poi, così, inaspettatamente, quel piccolo essere dalla zazzera
spennacchiata gli lanciò in petto la pallina di spugna che, rimbalzando lì sopra
piacevolmente, gli precipitò tra le mani.
- Avanti, tiragliela! – lo incitò Kaoru,
con l’intenzione di animarlo un po’ da quel suo stato di indifferenza
non proprio forzata.
- Non sono tagliato per questo genere di cose. – Lo
spadaccino fu chiaro ed inamovibile.
Tirare una palla? La situazione gli creava imbarazzo. Tutto
ciò che sapeva fare, era tirare, sì, ma di spada!
- Io da bambina lo facevo spesso, con mia madre. Il
pomeriggio ci divertivamo un mondo! – raccontò la giovane, ricordando con
piacere quei magici momenti di un passato molto lontano. Lo sguardo di Kaoru, tra un secondo e l’altro, sembrò spegnersi un pochino.
– Quando lei è andata via, nessuno ha più giocato con
me. Almeno non in quel modo. Non era divertente farlo da sola, eppure… la mamma
diceva spesso una cosa che a quei tempi mi ha aiutato molto, e che in questo
momento spero aiuti anche te - La voglia di fare e di
sorridere, sempre coinvolgendo il prossimo, era una delle virtù di quell’artista che, con semplicità, ripeté a Kouga ciò che la sua adorata mamma le aveva sempre
ricordato: - La vita è un gioco. Apri la porta al bambino interiore, e gioca
con lui, Kouga! –Era come se sua madre fosse stata lì
con lei, a pronunciare quelle parole. Infatti avvertì
un brivido di emozione. Ma non fu l’unica.
Quella frase spontanea, detta allegramente, ma con un tono
pieno di sincerità, che sapeva di vero, magicamente spinse lo spadaccino ad osservare
la pallina di spugna con un curioso interesse, e, in un secondo momento, dopo
un istante di esitazione, cercando prima una sorta di
incoraggiamento negli occhi di Kaoru, a lanciarla con
modi delicati e un po’ timidi all’infante piccino.
Piccino perché, come confermato da Gonza, il piccolo ospite era
un maschietto!
L’oggetto sferico rimbalzò a terra, ruotò, camminò e camminò, fino a fermarsi tra le manine deliziose del pargolo
che, quasi a sorpresa, nel raccogliere la sfera, rise. Una smorfia buffa, coinvolgente,
rasserenante. Era un piacevole risolino che distendeva i nervi e cacciava via i
problemi.
Kaoru in quell’attimo si sentì
orgogliosa del suo temerario Cavaliere. Sapeva che in quel corpo da adulto,
egli riusciva sì ad essere un uomo, pur mantenendo però un animo puro come
quello di un bambino.
E lui, ancora titubante, guardando
la faccia di quel pargolo che si accingeva a stringere la palla tra le minute
dita, avrebbe voluto gioire, ma… su quel volto all’apparenza stabile, gli
comparve chiaro e tondo un guizzo d’inquietudine.
- Kouga… - si sentì ad un tratto chiamare.
La voce era diKaoru. Con lo
sguardo pieno di apprensione, non riuscì a starsene
zitta. – C’è qualcosa che non va? – gli domandò, e sul viso le capitombolò una
smorfia d’apprensione. Lei, in realtà, aveva già capito tutto, o quasi.
L’artista aveva percepito che in Kouga c’era qualcosa di strano. Lei lo riusciva a sentire. Kaoru sentiva il tormento dell’animo di quello spadaccino,
e desiderava in tutti i modi poterlo rincuorare.
Il Cavaliere del Makai le rivolse frettoloso
l’attenzione. Non voleva che lei capisse. Gli occhi gli vacillarono, ma lui,
nonostante tutto, tentò di essere forte. Poi, quello stesso
spadaccino si alzò improvvisamente e si voltò, solo per evitare che Kaoru scorgesse il tremolio del suo sguardo.
Ma la sua bella, beh, non avrebbe
esitato un solo istante ad andargli vicino. E infatti
fu così.
- E’ forse un Orrore, che ti impensierisce?-
antepose, provando ad ipotizzare qualcosa. - E’ da ieri sera che sei strano. Io
ricordo solo di essermi addormentata mentre mi
riportavi a casa, poi…
- Sto bene. – si limitò a rispondere, togliendole la parola,
e, ahimé, mentendole spudoratamente. Fu una bugia, quella, detta a fin di bene.
Kouga non avrebbe mai voluto turbare Kaoru con la faccenda di quel Garo
così simile al suo ma con un animo sicuramente oscuro.
La giovane, tuttavia, non si mostrò convinta da quella
risposta, e quindi scosse il capo: - Anche se tenti di nascondermi i tuoi
occhi, la tua voce ti tradisce. Io lo sento, sai? – fece, e l’animo di Kouga, in quell’istante, vibrò.
Il ragazzo si volse a malapena. La osservò con uno sguardo
leggermente velato di malinconia, insofferente, quasi spento. -Kaoru…- pigolò il nome della
propria ragazza quasi con garbo, nella speranza di essere il più dolce possibile
– Tu sei felice?- La cadenza di quella voce voleva sì essere dolce, ma un
flebile accento di marcato timore, la sporcò con grettezza.
La giovane rimase colpita da quel quesito, per lei, così
incredibilmente inaspettato. Si sentì fremere dentro. - Pensi che non lo sia?
Kouga si trattenne un istante,
prima di rispondere.
Quel ragazzo era preoccupato per i suoi affetti.
Quel ragazzo era preoccupato perché qualcuno lo aveva
costretto a preoccuparsi.
C’erano troppe cose che lui avrebbe desiderato capire, e troppi
enigmi da sciogliere. Ma… bisognava, purtroppo per
lui, attendere in silenzio, e dimostrare una gran calma.
Quella che il figlio di Taiga, non riusciva proprio a mostrare.
La risposta che Kaoru stava con
impazienza aspettando, non arrivò. Sarebbe stato consono da parte di Kouga, mentirle? Lo aveva già fatto una volta, in passato,
nascondendole di avere solo cento giorni da vivere.
Kaoru tutto ciò se lo ricordava
benissimo. Però, Kouga adesso
era il suo Kouga. Un Kouga
che non le avrebbe mai raccontato bugie se non a fin di bene, per proteggerla
da questioni che in fin dei conti, non le avrebbero dovuto
interessare.
Il ragazzo era convinto di una cosa: Era lui il Cavaliere del
Makai. Il mondo parallelo a quello degli umani, doveva
interessare solo lui. Quindi, perché impensierire la
sua bella pittrice, con problemi che riguardavano unicamente il suo lavoro?
Nonostante tutto, l’artista ruppe
il silenzio con delle parole. Un’esclamazione semplice, eppure piena di sincerità:
- Io sono felice perché ho te. Sei tu la mia felicità, Kouga!
Nel sentirsi dire “Sei tu, la mia felicità”, le pupille di
quel tacito servitore del Makai luccicarono in maniera
intensa, con vigore. L’espressione del volto si trasformò,
l’animo sembrò distendersi, i sensi riaccendersi.
Alla bocca, quella triste bocca, sarebbe
venuto perfino da sorridere.
E infatti, lo fece per prima Kaoru, prontamente. Un sorriso questa volta che sapeva di
dolcezza. Poi, come se nulla fosse, la ragazza ebbe un’idea
improvvisa.
Si voltò alle sue spalle, raccolse il bambino tra le mani, e
poi, avanzando verso Kouga che la osservava intanto
confuso, lo protese ad egli che, con una reazione
scontata, si accigliò esitante.
- Che significa? – domandò, con lo
sguardo malfermo.
- Prendilo in braccio! Vedrai che ti farà sentire più
tranquillo!
Aveva mai tenuto, Kouga, un
bambino tra le braccia? La risposta era “no”. Non si ricordava neppure quando sua madre lo stringeva a sé per cullarlo
dolcemente. Lui era troppo piccolo anche solo per richiamare alla mente il bel
sorriso di Rin, e le movenze affettuose che quella
donna aveva avuto nei riguardi del suo unico figlio. Aveva solo due anni, Kouga, quando lei si ammalò e poi morì.
Lo spadaccino impacciato scosse la testa. Anche
la replica alla proposta di Kaoru fu un “no”.
- Avanti! Non morde mica…! – tentò invano di scherzare
l’artista, senza però smuovere quel signorino talmente inamovibile che le stava
di fronte. – Guarda che se non lo prendi subito, lo lascio cadere a terra!
La dichiarazione della ragazza, seppur fasulla, lo spinse
miracolosamente a farsi subito avanti e a ghermire quel piccino tra le mani.
Era caldo. Tanto caldo. Questa fu la prima cosa che lo colpì.
Un calore che, proprio come asserito dalla sua compagna,
metteva tranquillità. Capì che l’artista aveva solamente bleffato quando
la vide ridacchiare, ma… il dado, ormai era tratto!
Quel piccino lo stava reggendo proprio lui! Poteva percepire
la sua delicatezza, la fragilità immensa di quel piccolo corpicino
che pulsava di vita. Il ragazzo aveva perfino paura di fargli del male, di
stringerlo troppo tra quelle mani capaci solo di tenere stretta l’ansa della
propria spada.
Chiese quindi conferma a Kaoru,
nella speranza di ottenere consiglio.
- Vado bene così?
Lei fu categorica: - Benissimo! – esclamò in un primo
momento, e poi, quasi senza riflettere, con una punta d’incaglio ma tanta
dolcezza nella voce, gli asserì convinta - Saresti un
padre perfetto…!
Quelle parole trascinarono Kouga
in un baratro chiamato “vergogna”. Il giovane portò lo sguardo altrove, lontano
dagli occhi di Kaoru, ed avvertì una vampa di calore asserragliarli
il viso.
Quella frase avrebbe fatto arrossire chiunque. Ma fu solo in quell’attimo, che Kaoru si rese conto di ciò che aveva appena detto.
L’artista diventò incredibilmente rossa. Reclinò il capo un pochino verso
terra, e prese ad osservarsi le scarpe. In quel sottile ed imbarazzante attimo,
però, al Cavaliere del Makai nacque spontaneo un
sorriso. Lei sollevò gli occhi, lo scorse e poco dopo rise anch’ella, ma solo appena, perché ancora in preda alla vergogna.
Scese il silenzio. L’attimo, per Kaoru, sembrò durare
un’eternità. I suoi occhi, grandi e pieni di energia,
s’incontrarono un'altra volta con quelli del ragazzo, accidentalmente. Anche se all’apparenza i due sembrarono cercarsi di proposito.
Non furono solamente gli sguardi ad incrociarsi in quel percettibile attimo
pieno di romantiche sfumature.
Con dei piccoli passi, inconsapevolmente, le due figure cominciarono
ad avvicinarsi.
Poco per volta, pian pianino si ritrovarono
l’uno d’innanzi all’altra. Si guardarono. Il capo di Kouga
si piegò un po’ per chinarsi verso il viso bianco della ragazza.
Lei si lasciò attrarre da quel movimento che la rapì
completamente, e si accoccolò con tenerezza accanto a lui. Quest’ultimo
le sfiorò la guancia con la mano, abbassò ancora il
capo, come a volerlo ricongiungere all’altro. Ci riuscì. Le strusciò appena la guancia
con l’estremità del naso, quasi timidamente. Kaoru si
sollevò in punta di piedi per accogliere quelle labbra che le stavano giungendo
incontro. Lo spessore di un pollice le
separava dall’unirsi, dal toccarsi gentilmente.
Sorrise con delicatezza, lui ricambiò il gesto con altrettanta
premura ma un po’ rigido, come sempre. E poi, finalmente,
lentamente dischiuse la bocca.
Il bimbo, nel frattempo, con una manina poggiata sopra quella grande di Kouga, era
intento a schiacciare il testone di ferro del gotico e millenario Zarba che, giunto al culmine della sopportazione, strepitando
a gran voce rovinò il romantico attimo: - Spiegate a questo piccolo umano che
non sono un giocattolo!
Entrambi i giovani si bloccarono. Kaoru
sbatté le ciglia un paio di volte, spalancò la bocca come se volesse dire
qualcosa, ed arrossì. Kouga fece istintivamente un
passo indietro, vacillò con gli occhi, si quasi
paralizzò.
I due umani poi chinarono lo sguardo sull’anello.
In effetti, la situazione di Zarba non era certo delle migliori!
All’artista scappò una smorfia di sorriso.
- Sarà divertente per te, ragazzina, ma io non sono per niente contento! – replicò stizzito il Madougu, tirando un sospiro di sollievo
non appena gli fu tolta la mano del pargolo dal suo bel testone.
Il bimbo non fu particolarmente entusiasta di quel gesto. Si
accoccolò mogio sul torace del ragazzo, per toccare le preziose effigi
applicate su quella maglia di pelle nera, nella vana speranza di staccarne qualcuna.
- Forse… è meglio se lo prendi tu. – disse Kouga, sentendosi sempre più a disagio, e porgendole con
difficoltà l’infante.
- Perché invece non lo date un po’
a me? Adoro i mocciosi! – esclamò ad un tratto la voce di un ospite inatteso, proprio
alle loro spalle. Presi in contropiede, i ragazzi si voltarono. Rei Suzumura, l’inatteso ospite, in un attimo si avvicinò ad
entrambi ed esibì un sorriso compiaciuto. – Avete fatto in fretta, eh?
Dopotutto, l’arrivo di un piccolo lattante unifica sempre il rapporto, no? –li prese
alla svelta in giro, senza lasciarsi sfuggire quella magnifica opportunità.
Kouga e Kaoru
si lanciarono brevemente un’occhiata. Poco dopo, le loro guance avevano già
assunto il colore di quel tappeto rosso che ricopriva la sala.
- Non è nostro! – esclamarono in coro, per poi stupirsi
subito dopo di averlo fatto all’unisono, e cadere ancora una volta nella
vergogna.
- Posso? – il Cavaliere Mistico
dell’Ovest allungò le mani in direzione del piccolo, con la chiara voglia di
prenderlo a sé.
Kouga si fece vedere titubante.
Tuttavia, lo diede in consegna al collega per, in seguito, ammonirlo
all’istante. - Fa attenzione! – gli disse rapido, premuroso,
irrequieto nel vedere quel ragazzaccio che stava facendo dondolare il piccolo
poco sopra la sua testa.
- Calma, paparino! Con me non c’è pericolo. – lo beffò
l’altro, con una secca affermazione, ammirando il bimbo ridere a fior di labbra.
– Vedi? Anche lui è d’accordo con me!
- Come mai sei qui? – La domanda di Kouga
arrivò celere. Il Cavaliere d’Argento diede un’ultima occhiata al simpatico pargolo,
e poi lo consegnò a Kaoru.
- Hai qualche minuto? Devo parlarti. – dichiarò quasi subito,
investendo con un’occhiata accennata il collega.
Lasciando la ragazza nel salone di quella stanza, Kouga condusse Rei nel luogo poco illuminato e ben chiuso
dov’era solito allenarsi quando non si recava in
giardino.
Una volta lì, il lupo d’argento si fece avanti senza
indugiare:
- I Cavalieri dell’Ovest volevano farti la pelle, sai?
- I Cavalieri dell’Ovest?
- A quanto pare, anche loro hanno avuto a che fare con il
tuo doppio.
- E’ comparso anche lì?!- lo
interrogò alla svelta Kouga, desideroso di conoscere la
risposta.
- Pare che li abbia aggrediti durante la solita caccia
all’Orrore. Proprio com’è capitato a me… – ghignò il giovanissimo, ricordando l’accaduto
poco piacevole- Tu, piuttosto, hai scoperto qualcosa?
- L’ho visto.
- Eh? L’hai visto?
- Quel Cavaliere d’Oro. – specificò Kouga, e Rei, del tutto plausibile, aprì all’istante
la bocca:
- Quando?!
- Ieri sera.
- Vi siete affrontati?!
- No. Non mi ha dato nessun motivo per attaccarlo.
Lo spadaccino dalla doppia arma scosse il capo. Quasi stentò
a credere alle parole di Kouga.
- Attacca tutti i Cavalieri dell’ordine del Makai, tranne te?
- Forse non gli interessa.
- O forse, sta solo aspettando il
momento giusto. – profetizzò Zarba, rettificando
l’opinione di Silva.
Rei osservò l’anello parlante, poi
i suoi occhi si spostarono sul detentore di quello stesso Madougu
mistico.
- D’ora in poi, tieni gli occhi ben aperti. – gli disse, con
un’occhiata che sapeva di attenzione estrema.
- Non devo difendere solo me stesso. – Le parole di Kouga, seppur palesemente sibilline, attirarono di corsa il
giovane Suzumura.
- E’ lei, vero? – gli chiese quest’ultimo,
afferrando lampante il significato di quella frase. – Sei eccessivamente
preoccupato per quella ragazza. Te lo si legge in
faccia, ormai.
Come poteva Kouga, non fare a meno
di pensare alla sua Kaoru?
Il giovane si girò di schiena.
- “Arriverà presto il
momento di cedere il posto a qualcun altro che ti strapperà via tutto ciò che
hai di più prezioso al mondo”.
- Sono le parole di un Orrore. – precisò Zarba,
accodandosi alla frase del suo proprietario silenzioso, nei riguardi di un Rei estremamente perplesso.
- E tu, il famoso Cavaliere dell’Est
che ha tenuto testa a Meshia in persona, crede alle
parole di una misera creatura? Mi prendi in giro? – Rei s’incrociò
con dubbio le braccia al petto. Le parole di un Orrore, specie se dette in
punto di morte, non avrebbero dovuto di certo intimorire il coraggioso
guerriero del Makai. Lo sguardo scosso di Kouga, l’espressione tesa di quei tratti somatici più che seriosi,
lo convinse però seduta stante del contrario: - A
quanto pare…Non mi stai prendendo in giro. – analizzò.
- A questo punto, è tutto chiaro: la
faccenda di quel doppio Cavaliere d’Oro e le parole dell’Orrore, sono entrambe
collegate. – dichiarò Silva, per poi asserire ansiosa
– I problemi raddoppiano.
Rei sollevò la mano fasciata dal
guanto, quella dove risiedeva la guida.
- Senza tralasciare quel qualcuno che si diletta a
scorrazzare nel Makai senza permesso, diciamo che triplicano!
- Quadruplicano. – appuntò celere Zarba, ficcandosi tra i due – Dimenticate forse “l’Ottava
Stella del Makai”?
Quella lista di coincidenze, sembrava non avere mai fine. Che fossero tutte collegate o no, Kouga restava
più teso che mai.
La causa principale dei suoi timori era palesemente
ed evidentemente una.
Rei lo capì al volo, senza inutili pause.
Un ragazzo vigile come lui, non avrebbe mai dovuto averne.
– Non le hai confidato niente, dico
bene? - Il combattente dell’Est aveva già capito il significato di quella
domanda, ma rimase ugualmente muto. - Quando imparerai, Kouga?
- Sono problemi che riguardano solo me. E’ una faccenda che
devo risolvere da solo. – sentenziò acido lo spadaccino, voltandosi di scatto
verso l’amico.
- Ma adesso, tu non sei più solo.
Al tuo fianco c’è lei. Una lei che farebbe di tutto per
vederti sorridere. – Lo sguardo di Rei si dipinse di malinconia. Gli
occhi gli sussultarono brevemente, un finto riso gli servì a nascondere un
dolore più che lancinante che gli era comparso dentro all’improvviso. Poi,
quella sua bocca si aprì – “Porta avanti
l’onore della casata dei Cavalieridell’Ovest, e
concepisci un figlio maschio sano e forte”. Mio padre adottivo voleva così.
Tuttavia, l’unica donna che io abbia mai amato veramente, non mi è più accanto.
E senza di lei, non potrò mai esaudire il desiderio
dell’uomo che mi ha cresciuto. Che triste destino il
mio, eh? – scherzò infine, abbozzando un malinconico sorriso.
Il discorso del giovane Suzumura
costrinse Kouga a riflettere, a pensare, a capire. O se non altro, a sforzarsi di fare almeno con impegno una di
quelle tre cose.
Entrambi i ragazzi non avevano i genitori. Entrambi i ragazzi
erano Cavalieri del Makai. Entrambi i ragazzi salvavano
la vita agli umani in pericolo, maKouga
aveva una marcia in più, rispetto all’altro. Al suo fianco c’era Kaoru.
Il Cavaliere d’Argento dell’Ovest, questa fortuna l’aveva
persa un bel po’ di tempo fa.
Tuttavia, lo spadaccino non riusciva a darsi pace.
Era giusto, da parte sua, confidare a Kaoru
quei problemi che lo tormentavano così terribilmente?
Salutando l’artista e il piccolo pargolo con un pizzicotto
sopra la guancia di quest’ultimo,
Rei lasciò il palazzo e si incamminò verso il suo territorio, con una briciola
di amaro in bocca.
L’amaro gli era comparso quando
nella sua mente si era manifestato il ricordo di quella donna. Un pessimo sapore, acre, che pungeva tanto. Ripensare al
volto di Shizuka, anziché recargli conforto, per lui fu
estremamente doloroso.
Rei era giovanissimo. Avrebbe avuto
senz’altro occasione di conoscere una dolce egraziosa ragazza, al pari della sua amata che non c’era
più, eppure, con quell’amaro in bocca permanente, sapeva
bene che non sarebbe stato così. Se non fosse stata Shizuka la madre del suo erede, non lo sarebbe stata
nessun’altra.
Amare incondizionatamente una persona, era amare sempre e soltanto quella persona.
Questo, era il credo del Cavaliere d’Argento dell’Ovest.
***
Stavano calando le prime luci della sera.
Il sole ormai non c’era più. Aveva lasciato il compito ad
una mezza luna biancastra, di brillare lassù in cielo.
Il tempo si scandiva attraverso le lancette di un orologio a
pendolo, le ore passavano, e qualcuno, stremato dalla vivace giornata, si era
ormai lasciato andare lungo la seduta di un divano, e cadere in sonno. Quel
qualcuno era Kaoru.
Gonza era da poco entrato in camera per farle sapere che il
bimbo si era finalmente addormentato, ma non appena si avvicinò a quel
divanetto posto in salone, l’uomo con i baffi sorrise e andò
via, lasciando quell’ambiente con modi silenziosi.
- Si sono addormentati entrambi! – disse quel simpatico
maggiordomo a Kouga, incrociandolo proprio al di fuori
della stanza.
L’erede di Taiga si accostò a quell’uscio, e restò lì ad
osservare il suo piccolo scricciolo moro che riposava beato. Stremata ma
felice, con un viso disteso e tranquillo.
Era così, che la bella gli apparve.
Ed era così, che lui l’avrebbe continuamente
voluta vedere. Sempre felice.
SeKouga si
affannava a voler risolvere i suoi problemi, lo faceva anche per quella
ragazza. Per non vederla mai inquieta. Non voleva che qualcuno soffrisse per
lui, proprio come lui aveva sofferto in passato nel vedere i propri cari
consumati dal dolore.
Anche se l’ora non era propriamente consona, Zarba aveva da poco captato qualcosa di infimo
e pericoloso, nel pieno centro della città.
Aiutato da Gonza, il ragazzo infilò alla svelta il soprabito
e si preparò a lanciarsi in aiuto dei più deboli.
Fermo al semaforo di un crocevia in pieno centro urbano, un
autobus pieno di persone di ogni stazza ed età, stava
aspettando di ripartire allo scattare del verde.
Il mezzo tuttavia lo fece all’improvviso, senza ossequiare
le regole del codice stradale, e qualcuno lì dentro urlò a squarciagola.
Zigzagando da una parte all’altra della via, sfrecciando
impazzito tra le arterie di un centro illuminato dai fari notturni dei lampioni,
la vettura imboccò un sentiero plumbeo che sfociava dritto in uno sconfinato
parcheggio. Nel bel mezzo di un campo lastricato ma deserto.
Le ruote del bus si fermarono con una frenata non proprio
dolce.
Uno, e poi più passeggeri si alzarono
dai posti per accalcarsi alle porte con la flebile speranza di uscire indenni
da quel catorcio di lamiere impazzito, ma le via di fuga non si aprirono.
Con il fiato corto, Kougagiunse lì, e, senza neanche riprendere un soffio di respiro,
raggiunse il bus di corsa.
- Maledizione! Le ha bloccate! – sbottò con rabbia, tentando
in tutti modi di aprire almeno un’anta di quel grosso mezzo di ferro.
- Usa il Fuoco Guida! La fiamma dovrebbe riuscire a bruciare
questa carrozzeria e a crearti un varco. – Il consiglio di Zarba
si rivelò un preziosissimo aiuto.
Kouga estrasse scattante
l’accendino. Il cappuccio di ferro si tirò su, e la fiamma verde prese ad
ardere in un secondo. Un soffio su di essa bastò a far
ribaltare le sorti di quella difficile situazione. Il Fuoco del Makai colpì una parte della carrozza, e la sciolse in breve
tempo. Quel metallo liquefatto sembrava cera.
Il Cavaliere ripose l’accendino, ma presto sguainò la spada.
Intanto, tutti i superstiti si erano rannicchiati sul fondo
del bus. Un uomo era a pochi metri da loro. Si trattava del conducente. Persona
corpulenta, alta. All’apparenza sembrava un normalissimo
essere umano, ma le sue intenzioni, rivelarono ben presto il suo lato
demoniaco.
- L’Orrore si è impossessato di lui! – lo informò Zarba, captando forte e chiaro la presenza di quello
spirito del Makai, rinchiuso nel corpo del tizio.
Kougaposizionò
la spada davanti al testone del gioiello che, da brava guida mistica, ne
addentò la lama.
Uno stridio, uno scintillio creato da quel lungo pezzo di Animetallo che strisciò e
grattò l’interno delle sue piccoli fauci, generò una portentosa onda d’urto che
si diresse ad oscurare la vista dei sopravvissuti.
Quegli umani caddero a terra come una manciata
di birilli, perdendo così i sensi.
Al guidatore, l’interevento così categorico di quell’intruso
dal cappotto bianco, non gli era affatto piaciuto.
L’uomo del bus si voltò, s’accigliò,
ma poi sorrise misteriosamente.
Di sorpresa, alle spalle del Cavaliere, qualcuno gli gettò due
mani al collo nel tentativo di soffocarlo. Il ragazzo reagì celere nei riguardi
di quell’inatteso attacco, e tirò una gomitata nello
stomaco dell’aggressore che, per il colpo subito, mollò all’istante la presa e
finì tramortito al suolo.
Per l’esattezza, ciò che aveva aggredito Kouga,
era un Orrore. L’ennesimo.
- Sono due?! – sbottò sorpreso,
massaggiandosi il collo, arrossato, con una mano.
- Non farti ingannare, Kouga! Quella
è una Chimera Mistica! – gli rettificò Zarba, prendendolo alla sprovvista.
Una Chimera Mistica non poteva uccidere di proprio pugno il
bersaglio prescelto, ma poteva però illuderlo a tal punto da fargli commettere
un suicidio involontario. E se il Cavaliere del Makai non lo avesse colpito allo stomaco, molto
probabilmente quell’illusione lo avrebbe portato a
soffocare se stesso con le proprie mani. Un particolare inganno in grado di dare
davvero molto fastidio.
I due assalitori cominciarono ad avanzare verso lo spadaccino,
togliendogli così la possibilità di fuggire.
Kouga si trovò ben presto braccato
da entrambi i lati. Lo stretto corridoio del mezzo, oltretutto, non gli semplificava affatto le cose.
Anche questa volta, però,
l’intervento del Fuoco Guida facilitò l’attimo. La fiamma divampò e bruciò la
facciata del bus che stava d’innanzi a lui, creando così un ennesimo varco per
fuggire all’esterno.
Uno scatto in avanti, oltre quel foro, e
poi finalmente fuori, sotto il cielo notturno della sera.
Lo spadaccino si voltò di scatto verso il bus e sollevò il
capo. L’autista posseduto dall’Orrore aveva cambiato aspetto.
Una creatura rivestita da una pelle
giallastra e striata di rosso, dischiuse adirata le fauci. La pelle
della bocca, elastica, si tese al massimo per emettere un ruggito.
Il ragazzo fece un salto indietro,
pose la sua spada sopra il capo, e solo dopo ebbe inizio il vero scontro.
Rivestito dalla sua armatura dorata, Garo
sfoderò la spada e si lanciò contro Vergan. O perlomeno, era quella la sua intenzione.
Un intoppo, difatti, lo fece desistere.
Si trattava di quella Chimera Mistica, che,
avvinghiatasi alle gambe con movenze prepotenti, lo aveva immobilizzato
del tutto. Il lupo dell’Est impuntò i piedi a terra per non finire al suolo. Ci
riuscì, ma in quel preciso momento Vergan ruggì ancora,
famelico, e sfoderò la sua lunghissima lingua, che successivamente
fece roteare furiosa sul capo, con l’incontenibile voglia di fare a pezzi il
Cavaliere.
- Due contro uno, è sleale! – annotò all’istante Zarba, rendendosi pienamente conto della sgradevole
minoranza.
Garo, se avesse voluto, si sarebbe
potuto avvalere di un aiuto più che prezioso, in quell’istante.
Ben presto si rese conto che non
c’era altra soluzione: Il Cavaliere d’Oro dell’Est chiamò a sé Goten, l’imponente destriero dalla criniera rossa e
l’armatura lucente. La creatura fece la sua maestosa entrata generando un fascio
di luce sfolgorante. Nitrendo con fragore, Goten caricò
quella fastidiosa Chimera e la investì alla svelta con una corsa impetuosa che
non le lasciò scampo. L’essere si dileguò come nebbia, sotto gli zoccoli
dell’animale mistico, e Garo fu quindi libero dal suo
assalitore.
Con uno scatto salì in groppa al suo cavallo dorato, deciso
a capovolgere le sorti della battaglia.
La Garoken si tramutò presto nella massiccia
Garozanba. Il paladino della luce strinse forte
l’ansa di quell’imponente spadone, e partì all’attacco.
La velocità di Goten non aveva
eguali. Vergan tentò di far cadere Garo dalla sella, con un colpo secco di lingua, non appena
il destriero gli si avvicinò per corrergli attorno in cerchio. L’ organo del
gusto schioccò abbattendosi sul terreno e mancando il bersaglio, poi, senza
concedere un minuto di tregua, tornò alla carica.
Fu con una mano, che il lupo rivestito di oro
agguantò quella viscida lingua e non si lasciò sfuggire l’Orrore.
Il destriero impuntò gli zoccoli al suolo, oppose resistenza
e tenne a bada i violenti strattoni di Vergan che,
nella speranza di liberarsi da quella cattura, si affannò a tirare i due dalla
sua parte.
Come un gioco, sembrava proprio un tiro alla fune.
Quella lingua, però, era talmente viscida… Lo era così tanto, che iniziò a sfilare con lentezza tra la mano
chiusa di Garo, che faticava a tenerla stretta nel
suo pugno.
- Goten! – esclamò
a gran voce il lupo dell’Est, e il destriero impetuoso, nitrendo vivido,
s’impennò per colpire con forza il suolo. Gli zoccoli delle gambe
anteriori dell’animale batterono e percossero il terreno, facendo così
traballare l’Orrore. Garo mollò istantaneamente la presa,
e Vergan finì a terra.
Un pugno stretto di secondi e… Al galoppo verso l’essere, la Garozanba
lo falciò in due metà esattamente uguali. Metà che si separarono
e, nel cadere a terra, si sbriciolarono volando nell’aria, come un mucchietto
di semplice terra.
La gente all’interno del bus si svegliò poco dopo. Tutti si guardarono attorno, si rialzarono barcollanti. Un uomo cercò
di sporgersi dal buco creato dal Cavaliere Mistico, e quindi
guardò fuori.
Con stupore, però, notò che con c’era nessuno in quel luogo
sperduto e desolato. Tutto taceva, lì nei dintorni. Ogni cosa sembrava essere a
posto. Ogni cosa eccetto loro che, confusi e barcollanti, non ricordavano
assolutamente nulla dell’accaduto.
Kouga, nel frattempo era già sul
sentiero di casa. Tagliò per i boschi, con estremo silenzio, mentre si faceva
sempre più buio.
Una Chimera Mistica poteva essere invocata sul posto, solo da
un abile prete del Makai.
Quindi, c’era qualcun altro lì,
nascosto chissà dove, durante il combattimento?
Inaspettatamente per Zarba, il
tacito ragazzo si fermò sul ciglio del sentiero ad osservare il cielo cupo, tra
le fronde della natura selvaggia, mentre si accinse a domandare: - Secondo te, come
avrebbe reagito mio padre se fosse stato al posto mio?
L’anello trasse un sospiro. Un lungo e malinconico sospiro.
- La notte in cui Taiga decise di fermare Barago, non ci fu verso di fargli cambiare idea. Persino
Gonza lo supplicò in ginocchio di non andare. Tu in questo sei uguale a lui e…-trattenne brevemente il fiato, donando un velo di mistero a
quell’attimo, e poi, ancora sospirando, finì la
frase: Sì, sei anche il ritratto di Rin.
La mamma. RinSaejima.
Sentendo quel nome, Kouga ebbe un
sussulto immediato. Erano poche le volte in cui si parlava di lei. Una donna
così, avrebbe meritato di essere ricordata più spesso. Eppure il Cavaliere Mistico dal bianco soprabito, preferiva non farlo.
Sua madre era lì, nel suo cuore forte e coraggioso. Un’immagine indelebile, che non sarebbe mai volata via. E a Kouga bastava solo questo.
- Tu la ricordi bene? – domandò, spontaneo. Sempre duro, sì,
ma in quell’attimo ingentilito dal ricordo della sua
cara mamma affiorato in lui solo per cullargli l’inquieto animo.
- Una gran bella donna, direi! – scherzò dapprima Zarba, per poi proseguire serio- Ma soprattutto, una gran
donna. Era un tipo determinato e sicuro, scrupoloso nello svolgere il ruolo da sacerdotessa
del Makai, ed amorevole con il suo prezioso pargolo.
– Le parole dell’arguto anello suscitarono in Kouga
uno spruzzo di nostalgia che sì, gli andò pure a punzecchiare con tristezza il
cuore, ma che, nello stesso tempo, nel pensare alla sua famiglia, gli fece
nascere un sorriso.
- Dici che loro farebbero le mie
stesse scelte? – domandò al suo fidato accompagnatore di ferro, volgendo gli
occhi al cielo, come se lì, in quella vasta distesa tinta di blu, ci fosse
stato il ritratto dei suoi amati genitori.
Zarba sospirò ancora. Ci pensò un
po’ su, prima di dare la sua sincera risposta.
-Dico semplicemente che…- enunciò dapprima, e dopo una
trepidante pausa, finì placido- Taiga e Rin non potevano mettere al mondo erede migliore a cui
affidare il titolo di Garo.
***
Il sole stava sorgendo, e con esso si
levava nell’aria anche un nuovo giorno che stava arrivando più luminoso del
predecessore.
La giornata iniziò in un baleno, ma anche il campanello di
casa Saejima suonò in un baleno. Asami
era lì per riprendersi il suo nipotino, per scusarsi del disturbo, e per
spiegare i motivi che l’avevano costretta ad un simile gesto. Il piccolo era il
figlio di sua sorella maggiore.
La ragazza lo teneva con sé ogni giorno,
perché la madre a causa del suo lavoro da fotografa, viaggiava moto
spesso. Il direttore del ufficio in cui lavorava Asami, le aveva ordinato in via del tutto eccezionale di esercitare
anche la domenica, per via di un programma che la giovane dipendente doveva
consegnare la mattina del giorno dopo.
Gonza salutò il piccolo, in seguito consegnò la borsa con
tutte le sue cose alla giovane donna dal ciuffo rossiccio che se la infilò a
tracollo.
Tra le braccia di Kaoru, quel
pargolo cominciò lievemente a lamentarsi. Forse aveva capito di doversene
andare. L’artista gli carezzò il capo, sfiorandolo delicatamente con le dita.
Gli schioccò un bacino sulla fronte, e infine lo consegnò all’amica.
L’auto partì, Kaoru restò lì
davanti all’uscio, con gli occhi malinconici che poi le si
fecero sempre più offuscati. Era come se le avessero portato
via qualcosa dal proprio corpo.
La ragazza rabbrividì perché sfiorata da quel velo di
tristezza, e poi, sempre più mogia chiuse la porta e si voltò.
Kouga era lì, davanti a lei. Il
giovane le squadrò il viso attentamente.
- Che cosa è successo? – chiese
ansioso, vedendola piuttosto giù.
- Quel bambino è andato appena via. – rispose abbattuta, con
fiacchezza – Come finta madre non sono un granché, ma gli volevo lo stesso bene!
– affermò, con voce sincera.
- Già, non sei un granché. – dichiarò lo spadaccino, prendendola
improvvisamente alla sprovvista, e perché no, facendole imbrunire ancor di più
quel suo faccino abbattuto. La rettifica a quell’affermazione, tuttavia, giunse
quasi all’istante – Ma solo come cuoca.
L’artista sorrise, luminosa più di
quella stessa alba. Sorrise, inoltre, perché fu Kouga a farlo per primo. Un Kouga
che forse, almeno in quell’attimo si sentiva più
tranquillo. Aveva perfino la voglia di scherzare. Posandole una mano sul capo, le
scarmigliò i capelli con un’energica ma allo stesso
tempo dolce carezza.
Una carezza dolce, che sapeva d’amore.
Una madre per il
proprio bambino farebbe qualsiasi cosa.
Lei è una figura
speciale.
E le cose speciali, ci
vengono concesse con parsimonia. Sono uniche.
Nel momento in cui le
perdiamo, non possiamo più riaverle indietro.
La mamma non può
essere rimpiazzata, perché lei può sostituire
chiunque, ma non può essere sostituita da nessuno.
La mia, per esempio,
mi ha fatto diventare ciò che sono adesso. Mi ha fatto crescere nella più
luminosa delle luci, e, anche se lei non è stata per molto tempo al mio fianco,
l’amore che unisce indissolubilmente il figlio a colei che lo ha generato,
supera sfrontatamente ogni confine, per giungere anche fin lassù, verso il più
lontano dei mondi. Là dove una mamma, anche se tanto
distante, sentirebbe ovunque la tua voce.
Fine episodio
I VANEGGIAMENTI E LE
RISPOSTE DI BOTAN:
CI SONO RIUSCITA!!!!! L’HO FATTO DAVVERO E ANCORA NON CI CREDO…!!!
Dopo un tira e molla di forse 1 anno, ho visto l’ultima puntata di
GARO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Che qualcuno
mi tiri un ceffone o mi prenda a sprangate, vi
supplico!!! TTvTT
Perché l’ho
fatto?!Perche?! Perchèèèèèèèèèèèèèèè!!!!!!!!!!!
Garo
è come il vino: se non ti scoli subito la bottiglia, e la stappi dopo decenni
finché forse non sarà ormai ricoperta di ragnatele e polvere, avrà un sapore DIVINO!!! (Ma se
proprio ti va male, e ti accorgi che forse le ragnatele e la polvere sono più
del dovuto, al limite ci condisci l’insalata…)
Una parte di
me mi urlava: GUARDALOOOOO!!!!! Altrimenti con
l’avanzare dell’età, potrai restarci secca!
L’altra parte
invece gridava: PER CARITA’! Non farlo!!! Sennò poi ti
toccherà trovare un senso alla tua vita- anche se un senso non ce l’ha- perché
ormai avrai esaurito tutte le puntate e non saprai più cosa fare per andare
avanti!!!
Alla fine, tutto
considerato, ho capito che era arrivato il momento giusto, e quindi, dopo aver
inserito il dvd nel lettore, ho fato il grande passo!
Che dire? L’ultimo episodio mi ha lasciato
un po’ così, con l’amaro in bocca… (in realtà era il vino che sapeva d’aceto
con l’aiuto dell’insalata che, al contrario, sapeva di cianuro…
Ma questi sono dettagli!)
Ho quasi
pianto nella parte in cui Zarba si frantuma… Mi sono veramente
affezionata a questo anello, e si può dire che di
tutta la serie è uno dei personaggi che stimo di più. E’ molto triste quella
scena… ;___; E poi, naturalmente quando Kouga piange… beh, non riesco a trovare parole più adatte
per descrivere quel momento. In parte lo sapevo già perché gironzolando nei
vari forum e in rete, molte persone ne hanno parlato, però non l’avevo mai
vissuta in prima persona, quindi è stata una novità.
Domanda: Secondo
voi, che cavolo c’è sopra l’ultima pagina del tomo illustrato??
In uno dei
libri che ho di Garo, ci sono le immagini delle
pagine che noi tutti conosciamo, ma a mancare all’appello è proprio l’ultima… KeitaAmemiya l’ha voluta nascondere
per dare l’aggio a tutte le persone che hanno guardato la serie, di immaginarla
loro stesse,ma
se ci fate caso, forse un modo per scoprirlo, c’è… Io ho rivisto al ralenti la
puntata in cui Kaoru decide di creare quella pagina, ed
ho stoppato con un ferma immagine: Si è visto appena una scena simile a quella
dell’episodio 21, quando Kouga porta l’artista nel
luogo che assomiglia al paesaggio del quadro del primo episodio, e si
intravedono appena delle figure umane. Forse, centra con quello? Però in effetti non ne ho la certezza… :(
Tralasciando
questa cosa, ho visto anche il famosissimo gaiden!
L’episodio extra chiamato “sorriso”… parlo in
particolare per seasons_girl,
che voleva vederlo!
Ebbene…
Non ha niente
a che vedere con la trama della storia, e non è un finale alternativo. E’ solo il
sogno di una Kaoru con un taglio di capelli diverso
da quello che abbiamo visto nella serie. Di fatto, lei stessa alla fine dice: “ho fatto questo strano sogno quando ancora abitavo con Kouga”.
Se non siete proprio dei fan accaniti, non
è di vitale importanza vederlo, ma… una cosa la devo proprio dire: fa troppo
ridere! Ci sono i 3 Cani da Guardia in versione ragazzine “lolita” con tanto di
kimono indosso, che dicono di essere delle fans di Kouga, e poi Kodama, l’attore che
lo interpreta è americano, e qui finalmente parla, ma lo fa in inglese dicendo che adesso ha la possibilità di esprimersi, dato che
il regista gli aveva dato un ruolo privo di dialoghi… E’ molto buffo!
Ma la scena più ridicola e davvero terrificante,
è Kouga versione “innamorato pazzo”!
Ragazzi,
quella la dovete assolutamente vedere! In breve, è
così:
C’è un volto
alle spalle di Kaoru: è un ritratto che raffigura un
viso di Kouga assai sorridente e un po’ fuori dal normale. Per magia questo disegno prende vita, e
compare uno di quegli uomini con la tutina nera che al posto del viso ha per l’appunto questo grosso ritratto.
Il presunto Kouga comincia a fare il filo a Kaoru,
con maniere davvero esagerate. Lei ad un tratto per difendersi da una delle sue
amorevoli prese, lo punzecchia alla gamba con una matita, e a quel punto lui
che fa? Prima si lagna un pochetto, e poi con la coscia in bella mostra le dice di
rifarlo ancora perché gli è piaciuto! Lì sono rimasta di sasso…!
Inoltre, gli dice che brucia d’amore per lei!!! TTVTT
In poche
parole, il gaiden è esilarante! Anche
se alcuni pezzi sono molto toccanti…
Tornando all’ultimo
episodio, non potevo fare a meno di guardare anche lo Special.
Ebbene sì! Ho visto pure quello! Ricordo di
averlo comprato a luglio dello scorso anno, quindi fate un po’ voi i conti… é_è Mi faccio proprio schifo…
Ma come si dice in questi casi… Fatto 30,
si fa anche 31!
Passo subito
al nocciolo della questione…
L’ultima scena
del GaroSpecial:
Kaoru:
“Okaeri…” (Bentornato)
Kouga:
“Sorewakocchinoseruza” (Quello, lo dovrei dire io)
Kaoru:
-ride, poi si corregge per dare l’aggio a Kouga di
poterla salutare- “Tada ima” (Eccomi! Sono tornata!)
Kouga:
“Aa…! – un po’ come se volesse dire “ Ma va’? Sei
tornata?”- “Okaeri!” (Ah…si! Bentornata!)
Questo è
esattamente il dialogo che si scambiano durante le
ultime scene dello Special. Ho messo sia la parte in lingua giapponese, sia la
traduzione in italiano, così rende meglio l’idea.
La questione
adesso è:
Kaoru
non appena rivede Kouga, essendo lei già a casa, gli
dice “bentornato”. E qui, tutto fila liscio. In fondo,
quando qualcuno rientra a casa, magari dopo una giornata di duro lavoro, di
solito lo si accoglie con qualcosa di simile.
Ma è a quel punto che Kouga
la guarda, e poi dice “Quello, lo dovrei dire io”, oppure, anche se più
astratta come traduzione “Veramente spetterebbe a me dire “bentornata”, visto
che non ti vedo da un pezzo“.
Tutto ciò,
quindi, fa pensare che Kaoru sia tornata da lui dopo
un lungo periodo di assenza.
E l’asino, giustamente, è qui che casca!
Tutti quelli che hanno visto lo Special, affermano che Kaoru
e Kouga stavano insieme già da un po’, da prima che
il Cavaliere dell’Est partisse per il Kantai, ma allora
perché mai Kougaavrebbe dovuto dirle “bentornata”?
Le opzioni sono due:
1
Kaoru, che nell’episodio 25 aveva detto di andare in Italia, è rientrata.
Quindi i due, in teoria, non si vedevano dal giorno
del loro ultimo saluto. (vale a dire quello dell’ep 25)
2 Kaoru, ritornata dall’Italia, e nel frattempo fidanzatasi
con Kouga, si era nuovamente allontanata da lui poco
prima dell’inizio dello Special.
La seconda
teoria, collegata all’ultima scena del GaroSpecial, ci può anche stare, ma è la prima a non farmi
tornare i conti! Perché? Perché
sembra l’ipotesi più corretta!
La teoria numero 1, anche se non concorda con il finale del Beast of the White Night,
potrebbe essere quella esatta. L’ipotesi 2, in cui Kaoru
parte, poi ritorna, e poi riparte ancora per ritornare
di nuovo, fa troppo casino!
E allora? Direte voi, il punto qual è??
Soltanto uno:
Nello Special
si capisce quasi chiaramente che i due alla fine si sono fidanzati, sì, ma
quando?!?!?
Kouga
le dice che il bentornato sarebbe spettato a lui, e in
qualche modo mi fa pensare a quando la ragazza, poco prima di salutarlo, gli
disse che non si sarebbero rivisti per un po’ perché lei andava in Italia a
studiare. Quindi lui si riferisce chiaramente a quella
scena. E’ palese.
Ma allora
quand’è che questi due si sarebbero messi insieme?
Nell’attimo in cui Kouga la vede dipingere in
giardino, e poi la prende per mano “trascinandola” in
tutti i sensi e con ardore con sé? Perché è chiaro: lui la trascina con
slancio, e lei praticamente si lascia “catturare” e
portare via!
Le immagini ti
fanno provare l’ illusione, che i due sono diventati
finalmente una coppia, ma…
La teoria vera,
forse sapete qual è?
Quando Kouga corre, raggiunge il giardino, e finalmente la rivede,
nell’istante in cui i due si scambiano uno sguardo, e poi si prendono
per mano, è proprio in quell’attimo che inizia tutto:
Perché il coraggioso Cavaliere del Makai e la bella
artista, anche se tanto lontani, sapevano già che quando si sarebbero
rincontrati niente e nessuno gli avrebbe mai impedito di esternare i propri sentimenti
e restare insieme per sempre.
P.S. Ancora
una cosa… Qualcuno di voi ha visto il GaroSpecial? Perché ho scoperto una
chicca fichissima! Nella versione Limited
(quella con il box, i 2 libri e il disco con i vari contenuti speciali) ci sono delle scene inedite create apposta per l’occasione! Mi è capitato di vedere anche quella divisa in
due episodi da 50 minuti ciascuno, ed ho notato che mancano proprio un bel po’
di scene, alcune estremamente importanti (una riguarda proprio quella
dell’ultimo pezzo, dove ci sono Kaoru e Kouga). Sul box che contiene dvd
e libri, c’è scritto che ci sono delle parti aggiuntive e che si tratta di una trasposizione
intera, o comunque riadattata proprio per l’occasione…
Per cui il finale è stato “leggermente” cambiato.
Nella prima
versione, quella spezzettata che non fa parte della limited,
quando Kouga torna a casa e vede il quadro restaurato
sopra al camino, si gira verso il tavolo ed immagina l’ipotetica scena in cui Kaoru lo rimette a nuovo. Poi l’inquadratura ritrae lei che
dipinge in giardino, e lui che la osserva.
Nella limited, invece, Kouga, dopo aver
visto il quadro restaurato, corre come un matto nel corridoio della sua villa
per raggiungere il giardino. Lì c’è Gonza che si prepara a servire del tè, e
quando lo vede vorrebbe dirgli che Kaoru
è lì, ma poi sorride perché capisce che il signorino l’ha già intravista. (Inoltre, nel corridoio si può vedere una di quelle armature
medievali dalla stazza piuttosto imponente, molto molto
bella! Se la trovate nella mia fanfic,
non vi spaventate! Perché esiste davvero!)
Personalmente,
come finale preferisco proprio questo qui! Mi piace
troppo la parte in cui Kouga corre come un matto per
raggiungere il giardino, con la fretta di vedere Kaoru.
E anche se non ne ha proprio la certezza che lei sia lì in
quel momento, fila via lo stesso, con il cuore carico di speranza.
La scena è altamente emozionante, credetemi!
Ancora una
volta, il maestro Amemiya ha fatto proprio centro!
Bene…
Rispondo
adesso a voi lettori!
Per seasons_girl:
Eeh… dovrai leggere, per scoprire l’arcano
mistero legato ai malesseri di Kaoru! Comunque no, a parte gli scherzi, in quella scena a dire il
vero mi hai fatto venire il dubbio… Perché l’avevo concepita in modo che Kaoru, avendo saltato la colazione, si sentisse male dopo,
facendo coincidere lo svenimento con la lite tra Kouga
e Rei. Alla fine il malore era dovuto ad un calo di
energie, tutto qui. Però mi sa che non si è capito,
dico bene? La prossima volta cercherò di stare più attenta, e rileggerò il
capitolo più di una volta!
Per _Elentari_: Hai ragionissima,
Ele! ;__; Vi faccio aspettare davvero troppo con i chap… Ma
le cose da fare sono tante, e spesso io vorrei effettuare almeno un
aggiornamento al mese, però non ci riesco… Ti chiedo davvero scusa!
To Mitra: Ooh, dear! ;___;
Your commentmake me cry!!! Especially
when you say “your character are ALIVE!”… This is very important for me,
really. Then… about “the madou ring”, it’s a present
for Kaoru when she goes to Italy.
You can read that scene into my fanfic called “Giocodi Spade”. However, I’llspeakaboutitinto
the future chapter!
Per Shannara_810:Benvenuta! ^__^ E grazie infinite per la recensione! Già,
chiunque pagherebbe chissà cosa per fare la guardona! ^///^ Povera Kaoru, però… Trovarsi tutto quel ben di Dio in una sola
volta, non è cosa da poco… Riguardo alla faccenda della “combustione spontanea”
(ho riso parecchio quando l’ho letto! ^-^), io non
voglio anticiparti o rovinarti la sorpresa, ma… Più in là, nella storia accadrà
qualcosa di pressoché simile a ciò che hai scritto… Però
non dico altro! Ti piace Rei, eh? Allora ti anticipò già che il capitolo 6 sarà interamente dedicato a lui!
Per stelly89_s: A quanto pare, la scena
dell’asciugamano è piaciuta davvero a parecchi... Ti giuro che non me lo sarei
mai aspettato perché la reputavo una parte priva di originalità…
anche se tutto ciò che indossa Ryousei-san, non è mai
banale! Soprattutto se l’abbigliamento è molto ridotto…! ^_^ Seguiranno altre
cose di questo genere, tranquilla! Grazie del commento!
Per il momento
è tutto! Ringrazio sempre tutte le persone che continuano assiduamente a
recensire, e anche tutte quelle che aggiungono la mia storia ai preferiti!
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
- Pronto, Asami? Sono io, Kaoru! – esclamò la ragazza, attaccata alla cornetta del
suo cellulare, mentre sostava ai piedi della lunga scalinata che conduceva ai
piani superiori della bella villa Saejima. – Per caso
ti andrebbe adesso di accompagnarmi all’acquario di Port
City…? Lo studio dove lavoro mi ha commissionato una storia ambientata sul
fondo del mare. Non sono molto brava con i soggetti marini,
ma visto che l’acquario è pieno di pesci colorati, forse lì potrei
imparare molto! - dal capo opposto, tra una parola e l’altra dell’amica
pittrice, Asami sospirò con voce amareggiata.
- Mi dispiace, non posso proprio!
In questo momento sono in un ufficio… ho troppo lavoro da sbrigare… – dichiarò la giovane, sbuffando e guardandosi attorno, con la
scrivania sovraccarica di lunghe ed interminabili pile di fogli che purtroppo
non le consentivano di concedersi una fetta di tempo libero.
Kaoru scosse il capo:
- Non preoccuparti, non fa niente! – disse, sforzandosi di
emettere una voce allegra. L’espressione del viso, però, sapeva assai di
delusione. Andare lì, da sola, non le piaceva granché come prospettiva. La
bocca si piegò un pochino, e il viso si spense. Stava quasi per sospirare,
quando la sagoma di Kouga, appena rientrato dal giardino di casa propria, ed
intento a raggiungere la biblioteca della villa, non la rianimò in un baleno - Sarà per la prossima volta, allora! Ti auguro una buona
giornata! – esclamò in tutta fretta, riattaccando quasi subito per poter così raggiungere
il giovane. Asamirestò interdetta,
si guardò intorno, sull’orlo della disperazione. – Certo, come no,
passerò senz’altro una bella giornata…! – sbuffò alla fine, fulminando i fogli
con un’occhiata.
- Kouga! – lo chiamò Kaoru, molto
svelta, e il Cavaliere Mistico, fermando brevemente le
gambe, si voltò appena, giusto per rivolgerle l’attenzione.
- Che c’è? – le disse, con lo
sguardo fermo, stabile sul viso della sua bella.
La mora prese fiato, e con un pizzico di esitazione
tentò di articolare qualcosa:
- Mi chiedevo se… - disse dapprima, un po’ titubante – se mi
potresti… - ancor prima di portare a termine quella richiesta, la replica
dell’altro fu più rapida e, soprattutto, più perentoria:
- Ho da fare. – le sentenziò, adoperando modi sbrigativi, e
tagliando corto. Oltretutto, Zarba proprio in
quell’istante aveva iniziato a parlare di Orrori e
cose affini. Esattamente come Gonza il maggiordomo che, con un libro aperto tra
le mani ed un’espressione eclatante, gridava con voce moderata e a più riprese
“L’ho trovato! L’ho trovato!”.
KaoruMitsuki
chinò leggermente il capo, ed abbassò quindi il viso con una mossa pressoché
meccanica. Un viso senz’altro molto rattristato. Avrebbe
voluto mettere il broncio, ma quel giovane con l’abito di pelle color nero, non
era di certo un giovane come tutti gli altri.
Kouga faceva parte dell’ordine dei Cavaliere
Magici. E quell’ordine così tassativamente rigido, lo
vincolava a svolgere il suo mestiere anche a costo di rinunciare alle normali
esigenze di un comune essere umano. Le esigenze di un ragazzo come lui,
insomma.
***
Camminava soprappensiero, Kaoru. Tra
le strade della città accarezzata dai raggi di un sole fortissimo, la sua mente
non poteva fare a meno di pensare, di rimuginare.
Col passare del tempo, anch’ella avrebbe
dovuto imparare ad accettare le leggi assai rigide dei Cavalieri del Makai. Forse il futuro un po’ la intimoriva,
ma in fin dei conti, lei quel tacito signorino lo amava per davvero.
Con la mente persa in chissà quanti ragionamenti o anche
semplici pensieri, con la sua ormai inseparabile sacca marrone a tracollo, e
con gli occhi non proprio attenti sul selciato di
città, improvvisamente andò a sbattere contro qualcosa. Una persona, per
l’esattezza.
Presa alla sprovvista alzò di scatto il capo: - Mi scusi! –
disse prontamente, nel momento in cui i suoi occhi s’incontrarono con quelli di IkuoShiota,
il travolto malcapitato.
- Ma allora è vero che gli artisti
sono sempre distratti, eh? – Il giovane sfoderò una voce tutt’altro
che arrabbiata, mentre le mani, aggrappatesi alle spalle di Kaoru
durante l’impatto, gli si abbassarono di scatto per liberare l’amica dalla
presa.
- Già…! - asserì lei, arrossendo un po’ per vergogna, ma
mostrando d’istinto un sorriso.
Ikuogettò uno
sguardo al suo orologio da polso, dopodichè storse un po’ il labbro:
- Non è un po’ tardi per andare a lavoro? E’
per questo che eri così pensierosa? – le domandò squadrandole minuziosamente
il viso. – Stavi pensando ad una scusa per placare l’ira funesta del tuo
datore, eh?
L’artista scosse il capo: - Stamattina niente lavoro! O quasi… - pronunciò dopo-
Sto andando all’acquario. Devo studiare un po’ l’ambiente marino per poterlo
ricreare sulle tavole da disegno che mi hanno commissionato allo studio
artistico. – gli rivelò in seguito, spiegando in breve tempo la situazione.
- L’acquario?! – esclamò con enfasi
Ikuo, in estasi proprio come un bambino. – Davvero in
questa città c’è un acquario?
- Non lo sapevi? – gli domandò Kaoru,
divenendo perplessa dalla rivelazione dell’amico.
- Mi sono trasferito qui da poco tempo, e non so quasi
niente della città. Le uniche vie che conosco, sono quella di casa mia, e quella
dell’istituto dove si svolge il corso. Anche se spesso
tendo ancora a dimenticarle…! – pronunciò lievemente imbarazzato, grattandosi
la nuca con la mano, e cacciando un po’ la punta della lingua.
Kaoru rise di gusto, divertita da
quelle parole.
- Dopotutto, anche tu sei un artista distratto, no? –
asserì, per poi essere sopraffatta da una richiesta inaspettata da parte del
giovane.
- Posso venire anch’io? Mi piacerebbe tanto vederlo! – dichiarò,
con gli occhi scintillanti, con la voce estasiata, e con il viso sognante. Ikuo, per certi versi, assomigliava proprio ad un bambino.
Spiazzata da quella richiesta, Kaoru
spontaneamente annuì. Il viso le si riaccese, e il
pensiero di andare da sola in quel luogo, si dissipò in un lampo. Essere in
compagnia di qualcuno, era molto meglio che essere completamenti soli.
Oltretutto, Ikuo ci teneva così tanto a visitare l’acquario, che la ragazza non avrebbe
mai potuto rifiutare alla richiesta.
Un mondo marino, completamente colorato, dalle tinte
sfavillanti riflesse dalle squame di una miriade di animali
acquatici che nuotavano come danzando, in quelle vasche che costeggiavano da
entrambi i lati i molteplici corridoi e le sale di quel posto. Ikuo non poté trattenersi dallo sgranare le palpebre.
- Stupendo! – esclamò completamente rapito da quei colori
che, un po’ qui e un po’ là, lo accerchiavano piacevolmente.
Kaoru era già stata lì, qualche
anno fa, in compagnia di Asami,
quindi sapeva bene il posto, ciò nonostante, ritornare all’acquario dopo tutto
quel tempo, non le fece smettere di osservarsi intorno, anch’ella rapita da
quel magico mondo sommerso.
Alzò il capo puntando gli occhi al soffitto, e si allibì
ancor di più.
- Guarda! – fece segno ad Ikuo di
osservare su, sopra la testa. Perfino la volta lì, era stata trasformata in una
vasca trasparente, ricca di esseri acquatici. – Deve
trattarsi di una novità, questa del soffitto! L’ultima volta che sono stata qui
non c’era.
- E’ ovvio! Lo hanno messo lì apposta per me! – scherzò il
ragazzo, perdendosi in quella grande vasca.
Svoltato appena l’angolo, i due si fermarono nei pressi di
una panca di legno senza schienale, collocata esattamente di fronte ad un lungo
acquario dalle dimensioni gigantesche, pieno zeppo di pesci.
Ogni vasca ricreava un ambiente naturale marino o d'acqua
dolce, ricco di varietà animali e vegetali presenti nei laghi, nei fiumi e nei
mari di tutto il mondo. Tra le circa 200 specie animali ospitate,
vi erano numerosi invertebrati, come meduse, coralli e crostacei, e grandi
mammiferi marini, come le otarie, i delfini e le foche.
- Qui è perfetto per mettersi a disegnare! Ci sono un sacco
di specie marine! – esclamò Kaoru, entusiasta più che
mai e desiderosa di mettersi all’opera, di ritrarre tutto ciò che in
quell’attimo la stava completamente attorniando. Così, poggiando la sacca
marrone sull’asse della panca, afferrò un album da disegno ed una matita, ed
iniziò il lavoro.
Ikuo, seduto lì proprio accanto a
lei, di tanto in tanto, distraendo l’attenzione dalla vasca che gli stava
d’innanzi, le mandava di sottecchi un’occhiata.
Tra un colpo di matita, e, qualche volta, anche uno di gomma
sulle linee che spesso non le venivano assai diritte, Kaorucercò di ritrarre quella moltitudine di piccoli esseri
tutti diversi tra loro, che nuotavano liberamente nell’acqua. Quegli esserini, avvolti piacevolmente dal gradevole liquido
trasparente, in un certo senso era come se volassero.
Ce n’era uno lì in mezzo, che catturò maggiormente
l’attenzione dell’artista.
Non più grande di 5 centimetri,
aveva un colore rossiccio molto vivo, e delle pinne lunghissime che si
muovevano come un elegante strascico molto simile a quello di un abito da sposa
fatto di seta.
Era proprio il movimento di quelle pinne, ad affascinarla e
ad ispirarla così tanto.
Ikuo si accorse quasi all’istante
dell’interesse che la ragazza nutriva nei confronti di quell’animale.
- Quello è un pesce combattente. – le affermò,
mentre Kaoru, meravigliata, si voltò a
guardarlo.
- Lo conosci? – gli chiese stupita.
Alzandosi dalla panca, lui prese la ragazza per mano e la
condusse ai piedi della vasca, proprio davanti all’animale marino tinto di
rosso.
- Osserva bene il movimento delle sue
pinne – le disse, puntando l’indice a pochi centimetri dalla lastra di
vetro. Kaoru non si fece ripetere una seconda volta
quella richiesta – Non ti ricorda il movimento di un
drappo di seta rossa che ti accarezza le mani?
La giovane, con lo sguardo fisso sull’elegante movenza di
quei lunghi organi natatori, assentì senza esitazione: - E’ vero! Più la
guardo, e più mi sembra quasi di poterne sentire la consistenza, qui tra le mie
dita! – esclamò guardandosi stupita le mani. Di cui la destra, ancora racchiusa
in quella del ragazzo. I due si osservarono brevemente in
volto, poi il giovane ritirò a sé l’arto per liberarle il palmo. – Come
fai a conoscere così tante cose sui pesci? Sei molto preparato! – gli domandò in
seguito lei, con il desiderio di sapere la risposta.
- Ma no! – rispose istantaneamente
lui, accompagnando quell’esclamazione con lo sventolio della mano sinistra – Da
bambino ne avevo uno anch’io. Non sono di certo un
genio…! – affermò affranto, ma con un tono beffante. Poi, incuriosito, lanciò
un’occhiata al blocco che Kaoru reggeva tra le mani,
e che raffigurava per l’appunto proprio quel pesce dallo splendido strascico. –
Se fossi in te, le pinne le farei un po’ più flaccide.
Giusto per fargli acquisire movimento. Altrimenti sarebbe
troppo statico. – consigliò all’amica che, osservando anch’ella
il ritratto dell’animale marino, lo comparò subito al vero pesce combattente
che le nuotava davanti al naso.
Storse le labbra in una smorfia di traballante indecisione,
ma poi il suo verdetto arrivò in un lampo:
- Mi sa che hai ragione tu! Così è troppo statico. – Cercò
quindi di correggere l’errore, seduta stante, esattamente lì, in piedi di
fronte alla lastra. La matita, tenuta molle con l’indice e il pollice della
destra, tracciò linee sinuose, morbide e delicate, donando un movimento
incredibilmente realistico, quasi vivo, a quel ritratto. Paragonando ancora una
volta lo schizzo alla sagoma vera dell’animale, Kaoru
ne sembrò abbastanza soddisfatta. E, vista l’espressione attonita di Ikuo, anche lui non fu da meno.
- E’ uguale a quello vero! – si complimentò l’amico,
incapace di trovare parole più adatte. – Ho fatto proprio bene ad
accompagnarti!
Kaoru emise un sorriso, ma poi d’un tratto si sentì punzecchiare da un soffio di
malinconia. Se ci fosse stato Kouga lì, al posto di Ikuo, quell’attimo sarebbe stato più che perfetto. Sarebbe
stato indimenticabile. Ma Kouga, in quanto Cavaliere,
aveva delle priorità da rispettare.
- Ti ringrazio per avermi fatto compagnia. – disse Kaoru al compagno di corso, per poi
confidargli sincera – Non mi andava proprio di venire qua da sola.
- Hai un ragazzo, no? Non potevi chiederlo a lui? – le
domandò subito l’altro, cogliendo al volo una preziosa opportunità. Ad Ikuo, a quanto pare, piaceva
interessarsi un po’ degli affari altrui. In particolar modo di quelli di Kaoru.
- Lui… non poteva. – La bella Mitsuki
chinò quasi con vergogna il capo, per nascondere forse quel velo di tristezza che
le aveva incominciato ad appannargli la vista.
- Impegni di lavoro? – rinviò il moro, chiedendo con
curiosità.
L’artista sospirò e sorrise a malapena: - Più
o meno…!
Ikuo si strinse nelle spalle: -
Beh, mi auguro che il tuo ragazzo venga sommerso dal
lavoro un po’ più spesso, così troverò la scusa per accompagnarti un’altra
volta all’acquario!
La giovane arrossì di colpo, infine, sentendosi in
imbarazzo, riprese a disegnare.
Di lavoro, in quel periodo, Kouga ne aveva
davvero tanto da sbrigare.
Quasi tutti i giorni, la sentinella a capo del settore Nord,
gli faceva recapitare la solita lettera di missione, racchiusa nella busta
rosso sangue e sigillata con tanto di cera lacca al seguito, che lo obbligava a
cercare e ad eliminare Orrori sempre più crudeli ed ingegnosi.
Oltretutto, da un po’ di tempo a questa parte, le
rocambolesche battaglie che il ragazzo era costretto ad ingaggiare, non
finivano mai in meno di cinque minuti.
In quello stesso attimo, varcata la soglia proprio del Port City Acquarium, lo
spadaccino stava camminando lungo l’andito per cercare e braccare una creatura
ben più diversa da quelle specie marine.
Ben più diversa e… tutt’altro che
innocua.
Mentre si accingeva a percorrere la lunga serie di androni saturi di gente ferma ad ammirare le enormi
vasche ricche di fauna, lo spadaccino sentì l’inspiegabile impulso di volgere
il capo alla sua destra, verso un punto ben preciso.
Ciò che vide con i suoi occhi, in lontananza, lo fece bloccare
a metà tra un passo e l’altro.
Si nascose con uno scatto furtivo alle spalle di una colonna
di marmo bianco, ed osservò attentamente il fondo del largo andito. Kaoru era lì, seduta sulla panca di legno a disegnare, ma
la ragazza non era da sola. L’attenzione di Kouga finì immancabilmente sulla
figura che le stava seduta di fianco: quello laggiù era proprio Ikuo.
Il compagno di corso della giovane Mitsuki,
sorrideva serenamente, prendendosi lì per lì, proprio in quell’istante, la
libertà di farla ridere con qualche esilarante battuta.
Kouga corrucciò la fronte. Avrebbe voluto di certo andare
incontro a quei due, prendere la sua bella per mano, e portarsela via. O perlomeno, gli sarebbe bastato anche intimorire quello
sconosciuto solo con una sua tanto improvvisa quanto pericolosa apparizione.
Stava perfino per emergere dalla colonna e muovere il primo passo,
ma… Zarba, la sua guida mistica, lo richiamò
seduta stante:
- Non provarci nemmeno! –ammonì decisivo, cogliendo al volo le
intenzioni del suo proprietario e tarpandogli subito le ali – L’Orrore non
aspetta!
Con un sospiro più che sommesso, il figlio di Taiga fermò le
proprie gambe, ma prima di allontanarsi alla svelta da quel posto, si attardò, intenzionalmente,
qualche istante in più per osservare Kaoru.
Lasciare quella ragazza in compagnia di Ikuo? Giammai! Eppure… l’Orrore in
quel momento era molto più importante di lei. O
perlomeno, lo era per Zarba.
Una ragazza stava sorseggiando dell’acqua dal getto costante
di una fontanella messa lì, lungo i bordi di un andito della struttura. Dopo
aver bevuto, però, qualcosa all’interno del suo organismo sembrò divamparle nell'animo,
incontrollatamente e senza motivo. La giovane si sentì male, cadde a terra e un
uomo cercò di sollevarla, di prestarle soccorso, ma, purtroppo per lei, fu
tutto inutile. Quella ragazza si rialzò di corsa dal suolo colpendo e
scaraventando a terra il suo soccorritore, ed infine scappò via, divorando terreno
come un treno impazzito. Un paio di persone furono
travolte dalla sua folle corsa.
Il rumoroso trambusto fece sì che Kouga avvistasse con
estrema facilità il bersaglio. Il Cavaliere dell’Est corse dietro al nemico con
la sua stessa foga, cercando di non perderlo mai di vista.
La gente che gremiva quel luogo, tuttavia, non gli facilitò
il compito. Infatti, la giovane scomparve dalla sua
traiettoria, dissipandosi tra un banco di folla. Il Cavaliere dal bianco
soprabito si fermò un istante per guadarsi attorno. Assunse presto un’aria
spaesata. A Kouga non piaceva giocare a nascondino, tanto meno con un
pericoloso Orrore! L’intervento di Zarba, anche
quella volta fu provvidenziale:
- Si è diretto all'esterno!
Senza perdere istanti preziosi, Kouga seguì le indicazioni
dell’anello gotico, e si affaccendò a raggiungere l’uscita.
Una volta lì, alla luce del sole, lo spadaccino vide il suo
bersaglio filare via, e poi fermarsi ai piedi di una griglia di scarico
piazzata sul selciato.
Mettersi a correre per cercare di raggiungerla, non sarebbe
servito a nulla.
Il corpo della donna si tramutò in acqua e finì in quello
scarico.
Agguantarla, a quel punto, sarebbe stato impossibile.
L’acqua era un elemento fluido, essa scorreva dappertutto, viaggiando
di continuo, senza che nessuno potesse agguantarla tra le dita. E questo, per un Cavaliere del Makai,
era davvero un bel problema!
- Ovviamente – sottolineòZarba, con un accento abbastanza seccato – ne ho perso le
tracce. – appuntò acidulo. Poi, con estrema schiettezza aggiunse – Se tu non ti
fossi fermato a spiare quel ragazzo che faceva il
cicisbeo con la tua bella… - accennò appena, senza avere l’aggio di concludere
la frase, perchè Kouga lo fulminò con un’occhiata
sprezzante.
Tra le vie di una stradina secondaria, ormai distante
dall’acquario, Kouga camminava soprappensiero con la testa intinta chissà in
quale universo misterioso. Mai così poco attento sulla strada, incappò in un
qualcosa che, come una furia, gli andò a sbattere contro.
- Ahi! – piagnucolò quel qualcosa, che in realtà era un qualcuno,
nel momento in cui sollevando il capo ebbe un sussulto – Ma
tu sei il ragazzo di Kaoru!?
Kouga, dal lato opposto, riconobbe anch’egli quella persona
senza esitare.
Per uno strano caso del destino, si trattava proprio di Ikuo, colui che lo aveva in qualche
modo “turbato”.
- Scusami! Andavo un po’ di fretta, e non ti ho visto. –
disse lo sconosciuto, pensando bene di fare l’educato. Fu proprio l’esatto contrario
di Kouga che, quasi inerte, non si avvalse di nessuna risposta.
In un momento caratteristico come quello, non ne aveva particolarmente voglia.
All’occhio attento del giovane col mezzo codino bello sistemato sulla nuca, non scappò di certo la strana
reazione dell’altro: - Non ti sono molto simpatico, eh? – gli disse con
semplicità, con un modo diretto di dire le cose.
La dichiarazione fu seguita ancora una volta dal silenzio di
Kouga. Quest’ultimo, con una fermezza impassibile, si
scostò da Ikuo per spostarsi e lasciarselo alle
spalle. O perlomeno, era questa la sua intenzione. Lo
sconosciuto, quasi inaspettatamente, lo turbò per l’ennesima volta con una
semplice affermazione: - Guarda che se non le rivolgi le attenzioni che merita,
prima o poi la perderai. – pronunciò così, come se
nulla fosse, mentre lo spadaccino del Makai,
costretto a fermarsi da quell’affermazione, senza voltarsi di schiena non riuscì
a trovare le forze necessarie per emettere replica.
Ikuo andò via salutandolo con un
“ciao” pronunciato allegramente, forse troppo inappropriato per quell’attimo. Ma, quell’eclatante saluto, quasi certamente voleva sembrare una
provocazione.
Zarba, poi, con quelle sue zanne
affilate, non riuscì a tenere a freno la lingua: - Il cicisbeo è davvero simpatico,
vero Kouga? – pronunciò scherzoso. Anche troppo.
Il ragazzo sollevò la mano sinistra dove si trovava l’anello
chiacchierone, ed infine emise solo un sospiro.
Proprio così. Non fu in grado, per l’ennesima volta, di
partorire una replica.
Forse perché, IkuoShiota, in fin dei conti, aveva ragione?
***
Kaoru era nella sua camera. Stava
colorando e preparando le tavole con i pesci visti in
mattinata nel Port City Acquarium.
Tra un tocco di pennello e l’altro, il legno che rivestiva
la porta della sua stanza, suonò improvvisamente.
Qualcuno stava bussando a quella porta.
Sicura che sarebbe stato Gonza, la
moretta pronunciò un “avanti” a voce alta, per farsi sentire ma, quando l’anta
di legno si aprì scricchiolando lievemente, sul viso le comparve un’attonita smorfia.
- Ko-Kouga..!? – disse appena,
piena di meraviglia. Mai e poi mai si sarebbe aspettata di vedere il ragazzo
entrare in quell’attimo in camera sua. Entrambi si squadrarono
in viso con esitazione. Il Cavaliere dell’Est si fece avanti sfoggiando palese un
timido atteggiamento. Sembrava quasi che avesse timore. Forse perché le parole di Ikuo lo avevano in qualche modo
turbato.
- Che cosa volevi chiedermi
stamattina? – le domandò, pentito di non averla voluta e potuta ascoltare
durante la caotica mattinata.
Kaoru rimase brevemente interdetta
dal suono di quella domanda. Per un istante il suo cuore sussultò stranamente.
Quel quesito, detto da lui, suonava un po’ strano. Poi però, spontaneamente, gli
andò incontro e lo prese per mano.
Entrambi raggiunsero il cavalletto.
L’artista gli mostrò il dipinto che lei stessa in quell’istante stava
accingendosi a portare a termine.
- Questo è uno dei tanti disegni che ho fatto stamattina
all’acquario. – le annotò, perdendosi in quel dipinto tinto di blu e pieno di
creature marine dalle mille sfumature – Mi sarebbe piaciuto
che ci fossi stato anche tu, lì, insieme a me. Però… non preoccuparti! –
premise d’un botto, scuotendo energicamente la testa- Tu sei un Cavaliere Mistico, e non puoi trascurare i tuoi doveri. La
gente ha bisogno del tuo aiuto! – “E anche io ho
bisogno di te”, gli avrebbe tanto voluto dire quella dolce moretta. Tuttavia, l’espressione
le rimase in gola ed appassì in un lampo senza trovare la forza necessaria per
sbocciare armoniosamente proprio come avrebbe voluto.
Stupito dal suono di quelle parole, ma, come volevasi
dimostrare, amareggiato al tempo stesso di non averle potuto dedicare le giuste
attenzioni, il flemmatico spadaccino le volse di nuovo lo sguardo: - Se vuoi… -
prepose inizialmente, con modi più impacciati che timidi –
questa sera sono libero. – disse infine, facendo di colpo impressionare
la ragazza.
Kouga, anche se visibilmente soffocato dal suo stesso
atteggiamento che di sicuro non gli calzava esattamente a pennello, le aveva fatto capire di volerle dedicare quella serata.
Per lei, una ragazza di 23 anni con la testa sempre tra le
nuvole, quelle parole le sembrarono un miraggio. Un tipo così poco incline al
dialogo, di punto in bianco avrebbe mai potuto dire una cosa simile?
Rapita da quell’attimo così
strano, si svegliò grazie alla rettifica di Zarba, che,
come una fastidiosa zanzara, giunse in un lampo:
- Orrori permettendo! – specificò di corsa, da brava guida
mistica. I due umani lo fissarono brevemente. Poi entrambi, scambiandosi
un’occhiata complice, scoppiarono a ridere.
L’artista promettente si mise pensierosa. In un secondo
istante, però, annuì con decisione a quella proposta.
- C’è ancora una cosa che devo studiare in un determinato
posto… - disse con parole sibilline, senza svelargli alcunché.
Dopo quella frase, l’animo certamente amaro di Kouga, divenne
dolce dolce, come un piccolo
cucchiaino di miele.
Finalmente avrebbe potuto regalare a Kaoru
le giuste attenzioni che meritava di tutto rispetto un tipo solare come lei.
Orrori permettendo, però!
***
L’uno al fianco dell’altra, sotto il cielo della sera, si erano
fermati lì, su una fattispecie di molo, e ne avevano
raggiunto l’estremità più lontana, quella che affacciava direttamente
sull’oceano.
- Nel racconto che mi hanno commissionato, c’è una scena che
illustra un paesaggio marino notturno. – disse Kaoru al
suo Kouga, mentre si adoperava ad imbracciare il blocco da disegno, e ad
osservare le acque e l’orizzonte di quel posto. – E’ perfetto! – esclamò
estasiata, rapita da quell’atmosfera, ma soprattutto affascinata dalla luce
della luna che, brillando lassù nel cielo, si rifletteva sulla superficie
piatta di quel calmo mare.
Bianco proprio come il suo faccino, quella luna e quel paesaggio piacquero anche al figlio di Taiga.
Il giovane spadaccino la guardava silenziosamente tracciare
delle linee lungo quel foglio vuoto che a poco a poco si stava riempiendo di
belle figure proprio sotto il suo occhio attento ed affascinato.
La superficie dell’acqua che Kaoru
aveva ricreato sopra quel foglio, era quasi paragonabile a quella
vera, a quella che si estendeva davanti ai due umani, e che, con una calma
piacevole, rendeva quell’attimo altrettanto piacevole e sereno.
La mora fermò per un attimo la mano, e la matita che teneva
in quelle dita si sollevò dal foglio. Storcendo deliziosamente la boccuccia,
comparò il ritratto al paesaggio che le stava d’innanzi.
A giudicare dalle sopracciglia aggrottate, e da quella
stessa boccuccia, il risultato non doveva soddisfarla granché. Così, voltandosi
in direzione di Kouga, gli tese quel blocco poco sotto
il mento:
- Che dici? –
chiese, nella speranza di ricevere un commento o, perché no, una dritta.
Era certa che anche Kouga avrebbe storto un pochino il muso.
- E’ molto realistico. – dichiarò invece il ragazzo,
osservando estasiato quello schizzo che, seppur stilizzato e ancora incompleto,
gli suscitò in un istante una miriade di emozioni.
- Sul serio?! – esclamò stupita
l’artista, gettando un occhio alla sua opera. Non era
pressoché convinta dello schizzo, ma la dichiarazione così sincera di Kouga,
l’aveva quasi persuasa dall’accartocciare e gettare via il foglio. –
Grazie! – disse soltanto, con un timido sorriso, ed abbracciando a sé quel
blocco pieno di fogli tutti da riempire.
Kouga la osservò di sottecchi, coinvolto da quella magica
atmosfera e dal rumore dolce del mare calmo. Il vento che soffiava piano piano, la pallida luna in cielo,
l’atmosfera sempre più romantica… C’erano molte cose che in quel momento lo
facevano sentire bene. Ma, ovviamente, per lui la più
importante era la presenza della sua Kaoru. Una
ragazza che affrontava la vita con uno scintillante sorriso sulle labbra, una
persona che in molti consideravano essere speciale.
Speciale soprattutto per lui.
Continuava a guardarla di sottecchi, probabilmente si
sentiva in imbarazzo, ma lui non poteva fare a meno di osservare
quell’espressione assorta sopra quel foglio, che pareva
immersa in un mondo tutto suo, fatto di sogni e passioni. Le avrebbe quasi voluto chiedere di quello sconosciuto, Ikuo, ma per non rovinare quell’attimo, pensò bene di
tacere.
Colui, o per meglio dire, colei che non volle tacere, fu
l’acqua. Improvvisamente la superficie aveva cominciato a borbottare, a
ribollire. Ma più che altro, era come se là sotto ci
fosse qualcosa di enormemente minaccioso. Da un istante all’altro, la minaccia
prese forma e si materializzò in un baleno di fronte ai due. L’acqua prese
vita, e si plasmò fino a comporre una sagoma sinuosa, longilinea, femminile.
- Kouga! – tuonò con fervore la voce di Zarba,
giusto in tempo per metterlo in guardia. Il ragazzo si parò con prontezza
davanti a Kaoru, ed un violento getto d’acqua lo investì
in pieno. Il fluido trasparente gli scivolò indosso, lungo
tutto l’impermeabile, infine si riversò sul terreno ai suoi piedi.
- Corri! – ordinò lo spadaccino a Kaoru,
per indurla a mettersi al riparo. E in quel preciso
istante, muovendo il braccio con rapidità, sguainò la spada.
Gurami, l’Orrore in grado di
tramutarsi in acqua, aveva finalmente assunto un aspetto solido.
La pelle del corpo era chiara, azzurra come il cielo, gli
occhi completamente bianchi, né iride nè pupilla. La
ricopriva un abito di seta lattea, leggero e sinuoso come le pinne del pesce
combattente.
Kaoru la osservò per un attimo,
poco prima di correre via. Quell’essere
sembrava proprio una creatura marina. In seguito, l’artista si allontanò dal
luogo della battaglia che ci sarebbe stata da lì a poco, e scappò via proprio
come le aveva tassativamente ordinato il suo Kouga.
Quest’ultimo, una
volta fatto mettere la ragazza al riparo, non perse tempo e si lanciò
immediatamente all’attacco. Con il pugno ben serrato sull’ansa rossa dell’arma,
tirò un fendente in avanti, verso il ventre del mostro che, non appena la lama
della spada gli sfiorò la pelle del corpo, si tramutò in acqua, rendendo vano
il colpo del Cavaliere.
- Non è possibile! – sbottò Kouga all’istante, vedendo
l’acqua strisciare sul pavimento, e poi solidificarsi alle sue spalle. Si girò
di botto, e con molta più rapidità di prima, affondò una seconda volta l’animetallo della spada nell’avambraccio che Gurami aveva utilizzato per pararsi il volto. Quell’arto divenne acqua sotto lo sguardo sempre più nervoso
del ragazzo.
- Perché ce l’hai tanto con le
donne? Dovresti essere più gentile con me! – scherzò l’Orrore, emettendo un
ghigno borioso con le sue sottili e fredde labbra. Subito dopo, alzando una
mano, Gurami sollevò dall’oceano una sfera di acqua che successivamente scagliò con potenza e
precisione sul suo avversario. Kouga schivò l’attacco, ma fu investito in pieno
da un altro potente globo, simile al primo, che però lo gettò a terra.
- Era meglio se lo avessi catturato questa mattina,
quand’era ancora nella sua forma innocua. – si lamentò Zarba,
costatando la difficoltà della situazione. – Ora dovrai faticare il doppio.
- Cerca piuttosto di scovare il suo punto debole, mentre io
lo tengo impegnato. – replicò acido il Cavaliere, rialzandosi di scatto dal
suolo, grondante d’acqua.
- Ammesso che ne abbia uno. –
parlottò subito l’anello, con una voce alquanto inquieta.
Il Cavaliere Mistico si proiettò
nuovamente all’attacco, deciso più che mai a trovare un modo per annientare
definitivamente quel perfido essere.
Però, tutte le volte che la spada toccava
una parte del corpo di Gurami, la creatura diveniva
acqua, rendendo così vani i suoi sforzi.
Mentre Kouga cercava di guadagnare
istanti preziosi, Zarba osservava attentamente i
movimenti del nemico.
Quasi allo stremo, il figlio di Taiga, con le ginocchia al
suolo e il fiato corto, cercò di sorreggersi puntellando la spada sul selciato,
come se fosse un valido appoggio, e si sforzò di rialzarsi.
Recuperato uno spiraglio di energia,
il giovane si preparò a lanciarsi per l’ennesima volta contro il mostro.
Stava per impugnare saldamente il manico rosso della spada,
quando in quell’attimo la voce di Zarba
lo frenò appena in tempo:
- Usa il Rekka-Ensou, Kouga!
- Che cosa?! Il fuoco non può
vincere l’acqua! – ribatté all’istante il Cavaliere
Mistico, stupito dal consiglio così insolito del suo anello guida. Zarba era forse uscito di senno?
- Fidati! – tuonò senza indugio il gotico gioiello,
convincendo e, forse di più, costringendo il suo proprietario a darsi da fare.
Senza sprecare ulteriori attimi, e
con la rotazione del polso proprio sopra la testa, Kouga si trasformò in Garo.
Il lupo dorato portò la propria spada all’altezza del busto,
nel momento in cui l’altra mano si adoperò a stringere il Madoubi,
l’accendino magico. Una volta sollevato il coperchio
di quel piccolo oggetto, la fiamma prese a divampare e a scorrere lungo tutto
il tagliente filo dell’arma. Partendo dalla base dell’ansa, fino a raggiungere
l’appuntito capo, la lama s’infiammò come una fiaccola. Quel fuoco, verde
brillante, illuminò gran parte del pontile di pietra, riflettendosi anche sulla
piatta superficie del mare.
Con la spada ben ritta d’innanzi al suo imperturbabile e
fiero volto, il lupo dell’Est falciò il vuoto davanti a sé con due fendenti
incrociati che si stamparono e fermarono esattamente a mezz’aria.
- Io sono fatta di acqua, l’hai
dimenticato? Quella specie di fuoco non ti servirà a niente! – esclamò Gurami, sicura più che mai delle sue capacità che secondo
la logica l’avrebbero certamente portata alla
vittoria.
Garo non sprecò altro tempo, e con
uno scatto del braccio che reggeva la spada, scagliò quel fascio di fiamme
incrociate verso il bersaglio.
Gurami non si preoccupò neppure di
evitare il colpo. Era certa che il tentativo di eliminarla, sarebbe andato a
vuoto.
Il fuoco la investì in pieno, la trapassò del tutto come un
doppio boomerang tagliente che ritornò poi alla base per investire questa volta
il suo artefice.
La corazza d’oro di Garo prese a brillare
di verde. Brillò di fuoco. Il fuoco del Makai.
Con le fiamme alte che gli ardevano su più punti
dell’armatura, il paladino dell’Est falciò il suolo con un fendente dell’arma
intrisa dalle fiamme danzanti.
Il fuoco raggiunse il terreno, generando una lunga fenditura
rovente, sottile e precisa, che trapassò in due l’Orrore.
Nonostante il Rekka-Ensou
appena scagliato, Gurami non aveva perso la sua troppo
baldanzosa sicurezza. Il corpo, come da copione, si era liquefatto al momento
del colpo, per poi ricomporsi praticamente
all’istante.
- Non puoi annientarmi, Cavaliere d’Oro! Perché
non ti rassegni e mi dai la tua anima? – disse la creatura, accompagnando le
parole con una risata sottile e perfida.
- La tua sicurezza è stata la causa della tua sconfitta. –
dichiarò solenne la voce di Garo, riponendo
dignitosamente la spada all’interno del massiccio fodero d’oro. Finalmente quel
lupo aveva capito l’utilità del Rekka-Ensou.
Gurami non ebbe neanche il tempo
necessario per capire il significato di quella frase.
Il suo corpo, poco per volta iniziò ad evaporare. Prima le
braccia, poi le gambe, e perfino quel suo sottile e delicato abito di seta
bianca ebbe la stessa sorte.
Le alte temperature raggiunte dal fuoco del Makai, avevano portato alla vaporizzazione dei tessuti
liquidi che componevano la struttura dell’Orrore fatto di acqua.
E l’acqua, una volta ridotta in vapore, e mescolatasi
con l’aria, non poteva più ricomporsi. La fiamma ne aveva
ormai distrutto le molecole.
Il merito di quella intuizione
geniale, andava riconosciuto interamente a Zarba.
- Hai visto? Avevo ragione! – affermò l’anello, sfoggiando un
timbro logicamente altezzoso.
L’armatura di Garo si dissipò completamente.
Con tutta probabilità, Kouga avrebbe voluto replicare, ma in
quello stesso attimo, le urla di Kaoru lo frenarono.
Il ragazzo si voltò immediatamente verso il fondo del molo, e
la fronte gli si corrucciò in un baleno. Un Orrore stava avanzando verso
l’artista che, impaurita da quell’essere viscido e scuro, non poté fare a meno
di indietreggiare.
Alle sue spalle, a pochi centimetri, c’era l’orlo del
pontile di pietra.
- E’ una Chimera Mistica! – gli confermò svelto Zarba, tranquillizzando in parte l’animo irrequieto del suo
proprietario.
Il giovane iniziò improvvisamente a correre lungo tutta la
passerella di pietra, per cercare di raggiungereKaoru prima che quest’ultima, per
sfuggire all’essere, cadesse di sotto.
- E’ un’illusione! Non è reale! – gli urlò con quanto più fiato avesse in gola, nella speranza che la mora sentisse le
sue parole ma… Fu tutto inutile.
Il frastuono di un cuore terrorizzato, e la paura che
l’aveva completamente annichilita, costrinse Kaoru a
fare un altro passo all’indietro. Nell’istante in cui la suola della scarpa
sfiorò il pavimento reso pericolosamente scivoloso da una chiazza di acqua, l’artista cascò all’indietro, con il blocco di
disegni ben stretto sul petto, e finì in mare.
La
Chimera Mistica svanì seduta stante, cancellandosi nel nulla,
come da copione.
Kouga raggiunse di corsa il posto dov’era da poco
precipitata Kaoru. Si affacciò più che agitato da
quel lato del pontile, ma l’artista era già stata inghiottita dalle scure
acque.
Senza perdere tempo, e togliendosi l’impermeabile bianco per
poi gettarlo a terra, lo spadaccino si buttò in mare. Gli spruzzi causati dal
tuffo si levarono in aria per ripiombare giù a picco e divenire un tutt’uno con l’oceano.
Sparì anch’egli sotto la superficie dell’acqua, e poi calò di
botto il silenzio.
Per una lunga ed interminabile scia di secondi, il solo ed
unico rumore che si udì, fu il leggero fragore delle onde. Nulla più.
Poi, accadde all’improvviso: annaspando
qua e là, le braccia della ragazza riemersero dall’acqua. Kaoru riaffiorò, tenuta saldamente in vita da Kouga. Quelle
braccia la stringeva con forza, senza avere nessuna intenzione
di lasciarla. Lui non lo avrebbe mai fatto. Piuttosto, sarebbe sprofondato
insieme a lei, pur di non lasciarla sola. Il Cavaliere Magico la sollevò appena per farle raggiungere il
bordo del muretto. L’artista cercò di tirarsi su seguita ed aiutata dallo stesso Kouga, e, una volta toccato finalmente il suolo,
si mise a tossicchiare forte per espellere qualche goccio di quell’acqua salata
che aveva ancora in bocca.
Completamente bagnata e tremolante più per la paura che per
il freddo, la ragazza si chiuse a riccio per riscaldarsi. Kouga tirò immediatamente
a sé il suo impermeabile, e la coprì con delicate premure, avvolgendola in quel
manto pesante e bianco.
- Come ti senti? – le chiese quasi subito
e ancora col fiatone, fissandola incessantemente negli occhi. Aveva il volto
bagnato e l’espressione tesa, nervosa.
Lei assentì appena, lasciandosi rassicurare dal tepore di
quel caldo soprabito bianco che la fasciava gradevolmente.
- Mi dispiace – disse in un primo
momento, con la voce un po’ timida e lo sguardo visibilmente spossato – io non
so nuotare, e tu… ti sei bagnato per colpa mia.
Kouga scosse la testa. Non aveva nessun interesse, per lui,
essere zuppo.
- L’importante è che non ti sia successo niente. – le disse
convinto, fissandola incessantemente negli occhi, con trasporto. Poi, in un
secondo momento, lo sguardo gli cadde sul blocco di fogli che la giovane aveva
ancora tra le mani. – Sono io quello che deve scusarsi. – disse, e quello
stesso sguardo divenne improvvisamente triste – I tuoi disegni…
Questa volta fu Kaoru a scuotere
la testa. La scosse così tanto che delle goccioline d’acqua
le si scrollarono da alcune ciocche di capelli per volare via.
- Per me è stato molto più importante condividere questa
serata con te! – dichiarò d’un botto, con la felicità
in viso di chi aveva trascorso dei momenti veramente speciali in compagnia di
una persona altrettanto speciale.
Smisuratamente speciale.
Quella, fu la frase che spinse Kouga a compiere,
volontariamente, un passo largo oltremisura per un tipo chiuso come lui. Quella,
fu la frase che lo spinse volontariamente a tirare il suo inzuppato pulcino
spennacchiato verso di sé, su quel torace rivestito di nero, tra quelle braccia che non vedevano l’ora di stringere la cosa
più preziosa della propria vita. La sua Kaoru.
L’artista si sentì cingere la schiena con energia, emozione,
trasporto. Si sentì stringere con sentimento. Fu circondata da un manto di
tenerezza che immancabilmente le fasciò anche il cuore.
Gli occhi le si inumidirono, sì, ma
la gioia di quel gesto li asciugò in un baleno.
Kouga finalmente era riuscito a lasciarsi andare, a non
essere quel rigido e freddo Cavaliere di sempre.
Kouga, grazie a lei aveva quindi imparato a sorridere e,
viste le circostanze, anche ad abbracciare di sua volontà qualcuno, con meno
rigidità del solito. A piccoli passi, proprio come un bambino, lui stava
crescendo per divenire uomo.
La paura di quel brutto momento, si era completamente dileguata.
Di quell’attimo rimase solo l’acqua dei loro indumenti
bagnati e, naturalmente, l’emozione di quella stretta che li teneva uniti. Era
una suggestione romantica che li attorniava, li circonda,
li abbracciava. Si trattava di una scena che sprizzava tenerezza a priori. Era
come guardare un bel dipinto pieno di calore e sentimento.
Il magico attimo sarebbe potuto
durare sicuramente di più, se il suono di uno starnuto improvviso non lo avesse
interrotto.
I due si staccarono appena dalla stretta perché attirati da
quel rumore.
Quel tonante “ettchììì” faceva
parte di Zarba.
- Di questo passo, finirò per arrugginirmi! – si lamentò alla
svelta. Era bagnato almeno quanto i due umani, solo che lui l’acqua non la
poteva assolutamente sopportare!
Kaoru stupita inarcò le
sopracciglia: - Non sapevo che gli anelli potessero starnutire!
- Prima di essere un anello, io sono una creatura vivente a
tutti gli effetti! – gli rettificò istantaneamente l’oggetto. La voce era un
po’ acidula.
Kouga lo sfilò dal medio della sua mano, per strofinarlo con
un lembo del soprabito. Sembrava che stesse asciugando un gattino inzuppato.
- Ora sei asciutto. – gli disse semplicemente, senza
mostrare ulteriore interesse. Zarba
per lui era un po’ troppo lamentoso.
L’intenzione del Madougu era
quella di sbottare, di protestare ancora una volta, tuttavia fu bloccato da un
secondo starnuto. Stavolta più forte e buffo del primo.
I due umani si fissarono reciprocamente in viso per poi
sorridere di gusto al bislacco rumore. E quell’ essere
fatto di Animetallo, stizzitosi abbastanza, volse rassegnato
lo sguardo al cielo:
- “Portare pazienza”. D’ora in poi sarà questo il mio motto!
L’abbraccio che mi hai
dato, per me ha significato tanto.
Giorno dopo giorno, mi
accorgo sempre più di quanto tu stia cambiando. Piano piano ti apri come le giovani
foglie di una vigorosa pianta, per permettere ai raggi del sole di scaldarti.
C’è ancora tanta
strada da fare, ma la faremo insieme io e te, con la consapevolezza nel cuore
che un viaggio di mille miglia deve cominciare sempre e comunque
con un solo passo.
E tu, giovane ed intrepido guerriero
dell’Est, quel passo lo hai appena fatto!
Fine episodio
I VANEGGIAMENTI E LE
RISPOSTE DI BOTAN:
Finalmente
sono riuscita a pubblicare il quarto episodio! Era da un po’ che volevo farlo,
tuttavia è da qualche mese che ho abbandonato
momentaneamente la scrittura per dedicarmi solo al disegno. Scusate quindi il
ritardo!
Allora…
ritorno con 2 importanti novità!
PER TUTTI VOI!!!IMPORTANTE!!!LEGGETE, VI PREGO!
Mentre
disegnavo, ho pensato bene di illustrare alcune scene che riguardano proprio la GSS, per cui
ho deciso di accompagnare i capitoli della fanfiction
con dei disegni che andranno a rappresentare una scena precisa dell’episodio in
questione. Tuttavia, un po’ per mancanza di tempo, e un po’
perché l’ispirazione manca, non tutti i capitoli avranno la cosiddetta scena
illustrata. Vi avviserò utilizzando questo solito spazietto
ogni volta che ci sarà un disegno. Quest’ultimo, lo
potrete vedere mediante un link che troverete sempre
qui. Mi auguro che questa “novità” vi possa piacere, ovviamente nessuno di voi
è obbligato a vedere per forza la tavola illustrata! ^_^ Per
cui state tranquilli! Se avete tempo, e se,
soprattutto, vi fa piacere, lo fate, altrimenti non succede nulla di grave!
Personalmente,
ho pensato a questa cosa delle scene illustrate quando
ho finito di scrivere il capitolo numero 9 e 12. Nel primo, c’è una scena in
particolare che io personalmente ho sentito proprio tanto, mentre nell’altro,
mi serviva un disegno per raffigurare un vestito, così
mi sono messa all’opera ed è nato tutta da lì!
Per il momento
ho fatto 4 disegni, ma tutti rappresentano episodi che leggerete più in là. Ad
ogni modo, vi avviserò dell’illustrazione quando ci
sarà!
La seconda
novità è legata ad un personaggio in particolare… più precisamente, alla sorte
di questo personaggio. Sto attualmente vagliando la
possibilità di farlo uscire di scena, ma non è affatto facile! Però ho paura che potrebbe essere necessario proprio per la
storia stessa, altrimenti dovrò faticare un bel po’ per trovare un’altra
soluzione… é_è vi assicuro che sono combattutissima su questa cosa!
Detto questo,
passiamo alle risposte!
Per akiko: BENVENUTISSIMA!!!
^___^ Sono davvero felice di fare la tua conoscenza! Poi, mi hai fatto
arrossire tantissimo, sai? Quando
ho letto che sei una mia ammiratrice, non volevo crederci! E’
davvero troppo per me, credimi! Se ti piace Rei, allora ti annuncio che
tra esattamente 2 capitoli te lo ritroverai
dappertutto! Grazie ancora per la recensione! E
continua a seguirmi!
Per Shannara_810: Capitolo capitato a fagiolo, direi! E anche se in ritardo, ti faccio gli auguri di buon
onomastico! *^_^* E poi, come l’hai ribattezzato tu il chap
n.3, mi piace tantissimo! E’ azzeccato! Guarda, hai
ragione su due cose: Rei nella serie era veramente attratto da Kaoru. Più volte l’ho pensato, e più volte
ho provato pena per lui. Mannaggia a Barago! Perché uccidere Shizuka in quel modo? Bruttissimo quel pezzo…
Poi, sulla
scena del clone di Kaoru… E’ vero anche lì!
Ho pensato
inoltre ad un’altra cosa… Ti ricordi quandoZarba si frantuma nell’ultimo episodio? Ecco, dopo ciò la scena ci mostra la partenza di Kouga,
però prima di quel momento, si può sapere che diavolo è successo tra il
Cavaliere e l’artista??? Sicuramente non credo che sia trascorso 1 giorno da
quando Garo ha sconfitto Kiba…
Per cui, nel frattempo i due innamorati che cavolo hanno fatto?! Secondo me dovevano farla vedere quella parte…! I
Guarda, se
abitavamo vicine, ti invitavo subito a casa mia per
vedere lo special! Ti immagini trascorrere una
giornata dedicata solo a Garo? Prima ci guardavamo
gli episodi, poi tutte le interviste agli attori, ed infine vai
con special e contro special! A volte desidererei tanto avervi tutti vicini,
sai? Sarebbe una cosa indescrivibile!
Per seasons_girl: Grazie mille per il commento, e
soprattutto grazie per aver riletto il chap
precedente! Le tue recensioni e l’attenzione che dedichi alla storia sono
esemplari!
To Mitra: Mitra!!
Thanks a lot for your comment! Well, “Madre” is a little tribute to my mom and Kouga and Kaoru’s mom! Rin and
Karin were very strong women. Thank you again to you, dear Mitra!
Your comments are very important for me, and you too!
Per _Elentari_:
Finalmente ho letto
anche la tua recensione! Ti assicuro che l’ho aspettata fino all’ultimo, e mi
sono pure un po’ preoccupata… Di solito i tuoi commenti sono sempre puntuali,
ma per fortuna è tutto ok! ^_^ Grazie poi per averlo
riletto 3 volte! Sei sempre gentile e deliziosa!
Ok,
per ora è tutto!
Alla
prossima, ragazzi!
Botan
P.S. Se
riesco, il chap. 5 lo inserisco
tra 1/2 settimane… Speriamo bene!
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
Era molto tardi. Le lancette dell’orologio da polso di un anziano
signore che si aggirava nelle vie buie della città, segnavano le 22 esatte.
L’uomo, una settantina d’anni, imboccò una stradina
secondaria priva di abitazioni e caseggiati. Ogni dieci metri, la luce fioca di
un lampione rischiarava quel lungo pezzo lastricato che sembrava proseguire
all’infinito per sparire in lontananza.
Il vecchietto accompagnava i movimenti di un corpo ormai
stanco e segnato dal tempo, con un sottile bastone di legno che aveva
l’impugnatura di forma ellittica fatta di metallo. Si fermò per alcuni secondi,
sul ciglio della strada, per riprendere fiato e massaggiarsi il dorso curvo e
sfiancato da un malessere improvviso.
- Ohi ohi! La mia povera schiena! – mugugnò con sofferenza- La
vecchiaia è una gran brutta cosa. – pronunciò, parlando solamente a se stesso,
in quella strada deserta e vuota.
Tra uno sfregamento e l’altro, l’anziano si decise a riprendere
il tragitto, con la consapevolezza che, una volta giunto a casa, un buon riposo
gli avrebbe senza dubbio dato sollievo.
Stava per riprendere il passo con l’ausilio del suo bastone,
quando ad un tratto, colto alla sprovvista si sentì bloccare da una voce dal
tono aggressivo, che gli intimò di non muoversi. L’uomo rimase interdetto,
cercò di girarsi, ma si sentì puntare alla schiena qualcosa di solido e gelido.
- Nel caso in cui non lo avessi ancora capito, questa è una
rapina, nonnetto! – sottolineò la voce misteriosa e giovane, proprio alle
spalle dell’uomo. – E questa-riprese subito dopo, premendogli sempre di più
l’oggetto contro la schiena- è una pistola! Una di quelle vere, che fanno bang!
– lo schernì alla fine, urlandogli all’orecchio di proposito.
L’anziano dapprima tremò lievemente a causa dello schiamazzo
subito, e poi sospirò. Lo fece con calma, pazienza.
- Mio caro ragazzo, esistono due motivi per cui non si
dovrebbe mai urlare nelle orecchie di una persona matura come me. – il vecchio fece
una pausa, cercò di rilassarsi- Primo, perché potrei anche perdere l’udito per
via del rumore eccessivamente forte, e secondo… - si fermò, facendo una sosta
voluta.
- Su, vecchio signore, continua! Così poi potrò ripulirti
come si deve! Dopotutto, bisogna sempre ascoltare ciò che una persona anziana
ha da dire! – l’acerbo rapinatore ridacchiò con disprezzo e gusto,
avvicinandosi l’ennesima volta all’orecchio dell’uomo. Lo fece senza dubbio di
proposito, per molestarlo, magari nella speranza di fargli perdere l’udito per
davvero.
Il vecchietto si portò una mano sopra l’orecchio per
tapparlo: - Io ti avevo avvertito. Pazienza, vorrà dire che questa sera mi
toccherà fare indigestione, dato che ho già consumato da poco la mia cena.
- Ma che stai blaterando?! – sbraitò il ladruncolo, perdendo
la pazienza. Stanco ormai di aspettare, afferrò il vecchio alle spalle con
l’intenzione di gettarlo per terra e sottoporlo a perquisizione, ma quello a
finire atterrato fu proprio lui. – C-che vuoi fare?! Sei impazzito?! – strepitò
il ladruncolo, con entrambe le mani del vecchio, strette intorno al collo. –
S-soffoco!!! – tentò invano di opporre resistenza, cercando di divincolarsi da
quella morsa che a breve gli sarebbe stata letale, però la potenza dell’altro
sembrava essere mille volte superiore alla sua. Un ragazzo di appena venti
anni, come poteva farsi assoggettare da un flaccido e mezzo sdentato nonnino?
- Prima di morire, voglio farti un ultimo regalo. – disse
l’anziano, flettendo la schiena, già arcuata di suo, per accostare la bocca
all’orecchio del giovane- Il secondo motivo per il quale non dovresti mai
alzare la voce ed urlare nelle orecchie, è dovuta al fatto che, anche se
anziana, la reazione che potrebbe avere quella persona, non la potresti mai
prevedere. Sarebbe anche capace di mettere fine ad un’inutile esistenza come la
tua! Soprattutto perché… - l’uomo si bloccò, si bagnò le labbra strusciando la
punta della lingua sopra di esse, e sorrise- Da cacciatore, potresti divenire
preda!
Il giovane ladruncolo, con il viso sempre più rosso,
divenuto quasi viola per via della respirazione difficoltosa o addirittura resa
impossibile dalle mani del suo assalitore che sembravano due possenti morse,
trasalì quando vide gli occhi del vecchio scintillare di verde come quelli di
un orribile mostro.
- M-ma tu… Che diavolo sei?! – replicò a stento, le parole
spezzate, soffocate. Mancava poco, ormai. Ancora pochi secondi, e sarebbe morto
per asfissia.
L’altro trasformò il sorriso in un ghigno malefico: - Colui
che si nutrirà delle tue putride membra! – La situazione ormai era più che
chiara: quel vecchio, altri non era che un Orrore.
Spalancò la bocca, pronto ad aspirare per prima l’anima
della sua giovane vittima. Stava quasi per assaporarne il sapore, fresco ma
ancora acerbo, quando l’arrivo inatteso di qualcuno interruppe l’atto. L’Orrore
sollevò il capo come una furia, i suoi occhi avevano un sapore amaro.
- Lascialo andare! – gli ordinò Kouga Saejima, giunto appena
in tempo sul posto, aizzandogli contro la punta della sua spada.
Il vecchio allentò la presa trovandosi alle strette: sapeva
che quel Cavaliere lo avrebbe braccato di sicuro. La cosa giusta da fare, in
quel momento, era quella di rinunciare al proprio pasto, per avere libere le mani
e potersi difendere. Lasciò andare la presa, il ragazzo riprese finalmente a
respirare, ed il colore del viso da violaceo passò lentamente a rosa.
Tossicchiò una e più volta, portandosi in posizione supina,
ma quasi a stento. Poi vide il suo aggressore arretrare di soli due passi,
tenuto sotto stretta sorveglianza da Kouga.
- Allontanati! – gli ordinò quest’ultimo, facendo una voce
grossa. Il ladruncolo non si lasciò certamente ripetere per due volte l’ordine!
Si alzò in fretta, e al primo tentativo di rimettersi in piedi cadde
rovinosamente a terra, ma poi, nulla gli impedì di darsela a gambe, lontano da
lì, e correre a perdifiato verso il centro della città.
Adesso che quel civile era in salvo, Kouga aveva il campo
completamente libero. Lo sfruttò per stringere saldamente l’ansa rossa della
spada, e mettersi in guarda. Sapeva che l’Orrore lo avrebbe attaccato da lì a
breve, senza inutili convenevoli. Avanzò verso la creatura che ancora aveva
sembianze umane, finché la punta della spada non sfiorò quel mento flaccido e
raggrinzito.
- Cosa vuoi fare, giovane Cavaliere? – chiese l’essere,
senza mostrare astio, ma, al contrario, pacatezza. – Potrei essere tuo nonno…
Perché, dunque, non riponi la tua spada e ne parliamo? Le persone anziane sanno
sempre ascoltare il prossimo, e trovare una soluzione a qualsiasi problema.
Kouga assottigliò lo sguardo e strinse sempre più il manico
dell’arma: - Le creature come te non dovrebbero neppure aprire la bocca! –
sentenziò aspro, dopodichè, facendo roteare la spada sopra il capo, si
trasformò in Garo.
- Te ne pentirai amaramente, Cavaliere d’Oro! – ringhiò
l’uomo, assumendo finalmente le sue vere sembianze.
- Ehi, Kouga! – irruppe Zarba – Stai attento alle sue mani!
Se ti afferra, sarà difficile fargli mollare la presa.
L’Orrore, come anticipato dall’anello, aveva degli organi
prensili estremamente grandi, in contrasto con tutto il resto del corpo che
vantava una struttura pressoché normale. Potevano stritolare un pilastro spesso
di cemento armato in pochi secondi.
Poco dopo l’avvertimento di Zarba, Uca, l’Orrore dalle mani
gigantesche, si lanciò all’attacco, cercando di schiacciare Garo con uno dei
suoi palmi. Il Cavaliere del Makai evitò il colpo facendo un balzo
all’indietro. La parte della scarpa dorata dell’armatura, a contatto con il
suolo fece scintille. Ficcò la punta della spada nel terreno usandola per
frenare la scivolata, e con un rapido balzo in avanti passò al contrattacco.
La Garoken
si abbatté sul nemico che cercò di parare quel fendente con l’ausilio
dell’avambraccio. Ci riuscì, ma Garo tornò alla carica quasi subito, e lo ferì
pericolosamente ad una gamba.
Il paladino dell’Est approfittò del momento favorevole, e si
preparò a richiamare il suo scintillante Madouba, Gouten, affinché lo aiutasse
ad eliminare l’Orrore.
Uca, però, fiutando puzza di guai, e con la gamba del tutto
inutilizzabile, si decise a giocare la sua ultima carta.
- Aspetta! – gli esclamò, con voce tremante- Non ti conviene
uccidermi! Io posso darti le informazioni che cerchi su quel Cavaliere d’Oro
che ti assomiglia!
Garo si bloccò d’istinto, divenne una statua.
- Stai mentendo! – tuonò all’Orrore, più che deciso. Il tono
di quella voce, però, un po’ lo tradiva.
Uca fiutò l’incertezza del suo cacciatore, e rincarò la dose:
- Se mi uccidi, non saprai mai se ho detto la verità! Mettimi alla prova,
Cavaliere! Non vuoi conoscere chi si nasconde dietro quell’armatura dorata che
tu stai cercando tanto di scovare?
Come faceva, Uca, a sapere del Cavaliere d’Oro simile al vero
Garo?
E soprattutto, come faceva quell’essere disgustoso, a
conoscere i desideri di Kouga? Il figlio di Taiga ne aveva parlato solo con Rei
Suzumura. E, naturalmente, lo sapevano anche i Cani da Guardia. Poteva, quella
notizia, essersi espansa così tanto da arrivare agli Orrori? Oppure c’era
qualcuno che li teneva abilmente informati?
Ad ogni modo, Uca senza dubbio ne doveva sapere un bel po’.
Poteva Kouga lasciarsi scappare l’opportunità di conoscere
maggiori dettagli? Forse no, la tentazione era tanta. Ma benché la voglia fosse
grande, il figlio di Taiga sapeva che di una creatura malvagia come l’Orrore lì
presente, non ci si poteva e, soprattutto, doveva fidare.
Mai.
Lo aveva imparato a sue spese, da bambino, quando uno di
loro aveva tentato di usarlo come scudo per evitare che Taiga lo uccidesse. E
quella lezione gli era servita veramente molto.
Nel ripensare all’accaduto, il Cavaliere dell’Est ebbe un
istante di esitazione. Tentennare, avere esitazione davanti ad una creatura del
Makai, non era mai una buona idea.
Uca si servì della distrazione di Garo per sferrare un
pericoloso contrattacco.
Alzatosi in piedi, facendo un salto in avanti agguantò il
suo peggior nemico con la mano destra.
Lo spadaccino dell’Est si ritrovò presto cinto in quel grosso
palmo.
- E adesso ti stritolerò come un insetto, distruggendo una
volta per tutte questa tua maledetta corazza d’oro!
Garo tentò di costringere l’essere ad allentare la morsa,
cercando di muoversi come poteva, ma dalla presa di Uca, che non aveva eguali,
sfuggire non vi era possibile.
- Che ti serva di lezione per la prossima volta, ragazzino!
– sbraitò Zarba, rimproverandogli la scarsa attenzione.
Il mostro scoppiò a ridere.
- Non ci sarà una prossima volta, Cavaliere! Per te è giunta
l’ora di esalare l'ultimo respiro! – L’Orrore si accinse ad aumentare la
stretta. Di più, sempre di più, Garo si sentì mancare il respiro.
- AAAH!!! – gridò, giunto quasi al limite della
sopportazione. Non ce la faceva proprio più, Kouga, ad opporre resistenza. Stava
letteralmente collassando. E questo non gli faceva per niente piacere.
Accadde in quello stesso attimo una cosa inaspettata: un
boomerang grosso ed affilato centrò in pieno l’arto di Uca che, a causa del
dolore acuto, fu costretto a spalancare la mano permettendo così allo
spadaccino di liberarsi. L’Orrore non ebbe neppure la possibilità di
riprendersi, piegato in due dalla sofferenza, che si vide colpire mortalmente
al petto.
Lo scontrò terminò all’istante, sotto lo sguardo di un Garo
finito a terra e sorpreso, che si rivolse ad osservare colui che lo aveva
appena salvato.
Si trattava di un altro Cavaliere del Makai, dalla corazza
d’argento. Un Cavaliere dell’Ovest, che però non aveva le fattezze di Zero. La
misteriosa figura falciò con la sua arma affilata il vuoto d’innanzi a sé, e lo
raggiunse. Quest’ultimo fece per alzarsi da terra, ma ben presto vide la punta
tagliente del boomerang che aveva tra le mani il nuovo arrivato, finirgli
dritta al collo.
- Alzati e combatti! – pronunciò il Cavaliere dell’Ovest,
assumendo un tono minaccioso e perentorio.
I 99 secondi messi a disposizione per calzare l’armatura da
Cavaliere del Makai, per Garo stavano ormai giungendo al termine.
- Kouga! Esci dall’armatura! – lo avvertì prontamente Zarba.
Lo spadaccino si vide costretto ad abbandonare quella veste
dorata, restando così privo di difese.
L’altro combattente lo fissò negli occhi, intensamente.
Kouga respirava ancora a fatica. Non si era del tutto ripreso dallo scontro con
l’Orrore. Questo, il Cavaliere d’Argento lo aveva capito.
In segno di lealtà, abbandonò anch’egli la sua tenuta da
combattimento, rivelando in questo modo il proprio aspetto. Si trattava di un
ragazzo, forse aveva qualche anno in più di Kouga, con i capelli neri, molto
corti sulla nuca e spettinati. Sopra la guancia destra aveva una lunga
cicatrice che percorreva fin giù tutto quel lato, e poi si fermava alla fine
del collo, scomparendo così tra il colletto dell’abito.
Kouga non lo aveva mai visto. Non poteva di certo conoscere
tutti i guerrieri appartenenti all’ordine dei Cavalieri Mistici.
- Chi sei? – domandò, mentre il respiro gli si era
finalmente stabilizzato.
- Alzati! Ti sto dando la possibilità di combattere alla
pari! – replicò l’altro, ignorando completamente la domanda.
Kouga lo guardò bene in volto: - Tu non vuoi uccidermi,
vero? – disse – Altrimenti lo avresti già fatto, senza concedermi neppure la
possibilità di rialzarmi. – gli fece notare. Ma lo sconosciuto, dopo un primo
attimo di esitazione, fece in modo che la sua arma replicasse per lui. La
spinse ancor di più, accostandola al collo dello spadaccino che sentì il freddo
Animetallo sulla propria gola.
Si trovò così costretto ad agire. Raccolse la spada, distesa
a terra accanto a lui.
Zarba si precipitò a parlare: - Ricordati del regolamento!
Vuoi che vengano tolti altri anni alla tua vita?
Il figlio di Taiga replicò con sicurezza: - Se qualcuno mi
punta contro il petto la sua arma, io non posso ignorarla. – affermò, e detto
questo si rimise in piedi. Scacciò via con una scoccata l’oggetto acuminato
dell’altro, dando così inizio al duello. - Chi ti ha mandato?! Che vuoi da me?!
– lo interpellò, tra un colpo parato e l’altro assestato, durante lo scontro.
- Perché?! Dimmi perché ti interessi così tanto al territorio
di caccia dei Cavalieri dell’Ovest?! – replicò burbero l’altro, affrettandosi a
concludere- Sono qui per farti capire che quella zona non ti compete! Tu non
hai il diritto di ficcare il naso nelle nostre cacce!
Kouga afferrò al volo il senso di quella frase. E così,
parando per l’ennesima volta un pericoloso fendente e respingendo sia esso che
il suo artefice qualche passo più indietro, calò la sua spada, riponendola.
Il suo avversario si bloccò un istante, stupito dal gesto.
- Perché rinfoderi l’arma?! Riprendi a combattere!
- Non c’è un motivo valido per combattere. Questa battaglia
è durata anche troppo. – sentenziò, facendosi silenzioso.
- Vorrà dire che questa volta assaggerai la lama della mia
arma sulla tua pelle! – esclamò lo straniero, aizzandosi contro di lui.
- Basta così, Jin! E’ ora di finirla. – pronunciò una voce.
Il ragazzo si bloccò seduta stante, poi sollevò il polso della mano sinistra.
- Spiegami il perché, Danda! Quel tipo… sai benissimo che cosa
ha fatto…!- si affannò a reagire, replicando al bracciale che gli adornava il
polso. Era senza dubbio un altro Madougu proprio come Zarba e Silva.
- Guardalo bene… Ti sembra il tipo da fare irruzione nel
nostro territorio, e mandare all’aria le nostre cacce? – gli fece notare il
bracciale mistico, alla fine aggiunse- A me no! Perlomeno, ho l’impressione che
sia un bravo ragazzo.
- Sicuro! Diglielo anche tu! – rettificò subito Zarba,
facendo sentire anche la sua, di voce.
- Ehi, collega! Buona sera! – esclamò Danda con un’esclamazione
allegra e squillante.
- Buona sera anche a te…- rispose l’anello, dopo un attimo
di esitazione. – Più che collega, il mio nome è… - stava per finire la frase,
quando la voce di Kouga irruppe tra i due:
- Torniamocene a casa, Zarba.
- Za-Zarba?! – Il bracciale ebbe un sussulto inatteso- Jin!
Quell’anello è colui che ha visto la luce grazie al sommo Amon!
- “Quell’anello”? Ci conosciamo appena, e si prende già
tutta questa confidenza?- sbottò il gotico gioiello, a voce non troppo alta,
che neppure lo stesso Danda riuscì a sentire. Eccetto Kouga, ovviamente. Poi
l’anello proseguì– Mi ricorda tanto una guida mistica che ho conosciuto molti
anni fa… – mormorò tra sé, alquanto irritato da un flashbackche gli era comparso in quel momento.
- Se quello è Zarba… allora… - Jin fece una pausa, poi fissò
improvvisamente Kouga che nel frattempo si stava per allontanare- Aspetta un
momento! – gli ordinò. Al signorino Saejima non piaceva che qualcuno gli
imponesse di fare qualcosa. Soprattutto con un tono tutt’altro che gentile. -
Tu sei il figlio di Taiga Saejima?
Il suono di quella domanda fece tuttavia fermare lo
spadaccino. Kouga non rispose. Restò muto e fermo, lì in mezzo alla strada,
senza neppure voltarsi a guardare il suo interlocutore.
- Rispondimi! Sei il figlio di Taiga Saejima? – insisté Jin,
nuovamente.
Il cavaliere dell’Est finalmente si decise a controbattere:
- Sì. – disse soltanto.
- Tuo padre e il mio una volta hanno combattuto insieme. – Dopo
una simile dichiarazione, Kouga non poté fare a meno di voltarsi. La frase di Jin
lo aveva in qualche modo attratto. – Per essere più chiari, Taiga Saejima salvò
la vita di mio padre e lo aiutò a finire una di quelle creature che, senza il
suo intervento, lo avrebbe di sicuro divorato.
- Io me lo ricordo benissimo, quell’episodio, ma il piccolo
Jin no, perché non era ancora nato. – specificò Danda, sotto lo sguardo attento
di un Zarba che non riusciva a capire chi fosse– Possibile che non ti ricordi
di me, collega? Danda! Sono Danda l’irrequieto! Colui che ti consigliò
caldamente di farti lucidare il testone con il grasso dei maiali! – concluse
infine, e stavolta, Zarba, riacquistata la memoria, ebbe un pesante mancamento.
- Kouga! – tuonò all’istante, rivolto al proprietario-
Torniamocene subito a casa!
- E’ davvero irrequieto come dice di essere? – lo sfotté il
ragazzo, stuzzicandolo appena appena.
L’anello emise un profondo ed intenso sospiro. – Tu non
immagini quanto, ragazzino! E ti pentirai amaramente per non avermi dato ascolto
se adesso non fai dietrofront e ce ne torniamo a casa! Subito! – Il Madougu era
in preda all’esasperazione.
Kouga si lasciò sfuggire un mezzo sorriso, poi tornò serio.
- Tuo padre è stato salvato dal mio, e tu hai salvato me.
Siamo pari. – annotò, facendogli capire di voler andar via.
Jin lo trattenne ancora, con un altro dei suoi quesiti: - Se
tu sei il figlio di colui che un tempo salvò mio padre da morte certa, allora
perché fai del tutto per impedirci di eliminare gli Orrori? – lo fissò
intensamente negli occhi. Cercava e voleva una risposta: - Qual è il motivo,
Kouga Saejima?
***
- Un Cavaliere d’Oro simile al tuo? – domandò Jin, seduto su
una delle poltrone poste nella sala a pian terreno di villa Saejima. Kouga
annuì, in seguito il Cavaliere Mistico dell’Ovest aggiunse- Ma che razza di
magia è mai questa?! Lo sanno tutti che ogni Cavaliere del Makai si distingue
dall’altro grazie ad una propria morfologia che non lo fa assomigliare a nessuno.
Deve trattarsi di un’illusione… - rifletté inoltre, ponendosi una mano sopra il
mento, e spostando lo sguardo verso il basso, come per pensare. – Parlami di
quell’arma… Sapresti descrivermela? – lo esortò. L’argomento sembrava
interessargli.
Kouga si sollevò dalla poltrona, ed invitò il ragazzo a
seguirlo. Raggiunsero entrambi la biblioteca della villa. L’unica stanza ricca
di scaffalature piene di libri molto antichi. Alcuni di essi oltre ad essere
vecchi, erano anche assai preziosi. Un buon collezionista sarebbe stato perfino
capace di sborsare una vera fortuna, pur di averli.
Jin fece una panoramica della stanza, guardandosi attonito
intorno. Nemmeno lui possedeva tutti quei tomi. Tuttavia, Kouga in quel
frangente non mirava a prenderne uno di loro.
Si accostò in prossimità di uno scaffale, lì c’era una
graziosa scatolina di porcellana purissima e dipinta a mano con estrema
eleganza. Il tema principale di quelle raffigurazioni erano delle splendide
peonie. Aprì il coperchio del raffinato oggetto, e ne tirò fuori una chiave.
Inserì quest’ultima nella serratura di un cassetto posto
sotto la scrivania sistemata al centro della stanza, e lo tirò a sé.
Jin si fece curioso, e lanciò un’occhiata al contenuto. Tra
i tanti fogli e documenti, ne spiccò uno in particolare, arrotolato come una
pergamena, chiuso da un nastrino rosso.
Lo spadaccino sfilò via quella striscia di tessuto, e
distese il foglio sulla superficie del tavolo.
- E’ questa. – enunciò, mentre Jin fletté di poco il collo
verso il basso per osservare meglio il ritratto della stella.
- Dove hai preso questa foto? – gli domandò il guardiano
dell’Ovest.
- Denemon. Me l’ha data lui.
- Denemon era… - Jin si concesse una pausa, ci pensò su,
pensò a quel nome, e poi riprese- il fratello del sommo maestro Amon?
Kouga gli annuì.
Danda si fece pensieroso.
- Quell’arma… - anticipò, tacendo per diversi istanti.
Sembrava che stesse per dire qualcosa di veramente eclatante, ed infatti fu
così – Quell’arma, Jin, tuo padre Makoto l’ha vista di persona! – La
rivelazione del gioiello mistico sbalordì entrambi gli umani.
- Dove?!- chiese Kouga, travolto in pieno dalla scia di un’agitazione
impudente.
- Mmh… fammici pensare un attimino…- Danda si zittì
nuovamente. Il silenzio durò a lungo. Kouga aveva il cuore che sembrava
galoppare all’impazzata, durante l’attesa. Osservò con un nodo in gola il gioiello
millenario, finché arrivò il responso – Molti anni fa, quando ormai era stata
già bandita da un pezzo, lui mi raccontò di un Prete, molto probabilmente un
novizio, che ne plasmò una durante la
Notte della Supplica.
Lo spadaccino si stupì ancor di più.
- La Notte…
della Supplica?
L’oggetto mistico gli spiegò il significato di quel termine.
- La cosiddetta “Notte della Supplica”, era la sera in cui ad
ogni Monaco Mistico veniva concessa la possibilità di invocare lo spirito di
Ahriman, per usufruire dei suoi servigi tramite il Mistico Patto.
- Quali sono i poteri che questo essere ti permettere di
ottenere?- domandò la Zanna d’Oro dell’Est, sempre più attento al discorso.
- Il “distruttore”, oltre ad infondere potere all’Ottava
Stella del Makai, promette a colui che lo invoca la possibilità di ottenere una
speciale autorizzazione che permetta di interagire con gli Orrori. Talvolta il
Monaco, se abile, ne riesce a diventare perfino l’ammaestratore.
Kouga e Jin si guardarono reciprocamente in volto. Ma fu
quest’ultimo a parlare:
- Vuoi dire che…- fece una pausa, ancora incredulo- un Prete,
uno qualsiasi di quei Preti del Makai, può assoggettare il volere di quelle
creature e fargli compiere qualsiasi cosa?!
- Diciamo di sì, piccolo Jin! Però…
-Però…?- proseguì alla svelta Kouga, con un interesse incalcolabile.
Il Madougu sospirò: - Lo sapete entrambi che, sancendo il
Mistico Patto, il Prete perde per sempre la possibilità di andare in Paradiso,
giusto? Quindi, ognuno di quei sacerdoti, prima di effettuare l’invocazione, e
prima ancora di creare la stella, è tenuto a pensarci attentamente, senza
essere superficiale. Una volta stabilita la propria decisione, il Prete,
accettando l’aiuto di Ahriman, ha di sicuro aiutato uno dei Cavalieri Magici a
risolvere un caso estremamente pericoloso, ma nello stesso tempo, negato a sé
stesso la beatitudine eterna.
- Dove vuoi arrivare, Danda? – si spazientì Jin, desideroso
di sapere il fulcro di quel concetto. Il ragazzo non amava particolarmente i
giri di parole.
- Un Prete sacrifica se stesso solo per permettere al bene
di avere la meglio. Tuttavia… quella notte di venti anni fa, accadde il
contrario, e quel novizio Monaco del Makai vendette per sempre la sua anima ad
Ahriman il distruttore, per ottenere vendetta.
Kouga si sentì raggelare.
- Come si chiamava quel Prete? – irruppe alla svelta. Gli
occhi scuri vacillavano, il cuore non aveva rallentato per un solo attimo la
sua imperturbabile corsa, e la mente… La sua mente non aveva mai smesso di
pensare ai misteri irrisolti che lo legavano sia alla Stella, sia a quel
Cavaliere d’Oro fin troppo simile all’unico Garo.
- Eeeh…! – Danda trasse un lungo sospiro – Bisognerebbe
chiederlo a Makoto, lui non me lo ha mai detto.
Il cuore di Kouga sembrò fermarsi di botto. Era come se un cavallo
imbizzarrito avesse trovato un enorme ostacolo d’innanzi a sé, che gli bloccava
la strada. Indirizzò i suoi occhi verso Jin: - Ti prego! – disse d’acchito, con
lo sguardo vacillante – Portami da lui! Ho bisogno di sapere quel nome!
Il viso di Jin divenne inspiegabilmente triste. Il Cavaliere
d’Argento chinò il capo, gli occhi si mossero verso destra, si stabilirono su
quel lato, ma parevano non fissare un punto preciso.
- Mio padre… Lui non c’è più. E’ morto cinque anni fa, a
causa di una malattia contratta in battaglia.
Kouga si zittì ed ebbe un flashback: l’attimo in cui Barago
ferì mortalmente il suo, di padre. Taiga aveva tentato di salvare suo figlio, e
sì, ci era riuscito, ma… sacrificando una vita per salvarne un’altra.
Sacrificando la propria, di vita.
Il Kouga bambino di quel tempo, era ai piedi del padre,
ormai esanime, disteso su quel selciato di terra, tra l’erba e i sassi, con gli
alberi che rendevano quel buio ancora più penetrante, e che tenevano la luce
della luna assai lontana. Quel bimbo scuoteva il suo amato genitore, lo
scuoteva a più non posso, con il desiderio di vederlo rinvenire, con la
speranza di poterlo ancora chiamare “papà” e ricevere poi un sorriso.
Il giovane Saejima ritornò in se, smise di ricordare quel
momento, e lo allontanò via.
Tra i due discese il silenzio. Era più che prevedibile.
Entrambi i Cavalieri avevano perso il padre, ed entrambi ne
sentivano comprensibilmente la mancanza.
Poi Jin all’improvviso ruppe quel silenzio: - Forse… posso
darti quel nome! – esclamò, quasi con certezza. Lo sguardo di Kouga prese a
brillare forte. Jin seguitò subito – Mio padre teneva un diario, una sorta di
registro in cui appuntava le caratteristiche degli Orrori che affrontava in
battaglia, dove descriveva le missioni che gli venivano affidate. Inoltre, in
quelle pagine riportava i fatti più interessanti e gli avvenimenti più
importanti che potevano in qualche modo servirgli in futuro.
- “Un Vademecum del cacciatore. Un giorno mio figlio
potrebbe averne bisogno.” Fu così che mi disse Makoto.- proseguì Danda,
ricordando una scena di molti anni addietro.
- Prima di morire, mio padre mi consegnò quel taccuino,
dicendomi che forse avrebbe potuto aiutarmi, o perlomeno, rispondere a domande
all’apparenza prive di risposta. – riprese Jin.
- Dici che…
Il figlio di Makoto assentì, capendo al volo cosa Kouga
volesse dirgli. Poi approfondì.
- Potrebbe darsi che il nome di quel Prete, sia racchiuso in
quelle pagine. Però… - si mise pensieroso- Io non ho mai aperto il Vademecum di
mio padre, e quindi… - il giovane fece capire al quasi coetaneo che le
possibilità di trovare quel nominativo lì dentro, non erano certe.
Kouga assentì ugualmente. Se c’era anche solo una remota
probabilità di ottenere l’informazione che stava cercando, lui non poteva
tirarsi indietro: ci doveva provare!
- Non importa. Voglio tentare! Io… devo farlo. - dichiarò lo
spadaccino dell’Est, guardando attentamente l’altro. Kouga doveva provarci,
Kouga aveva assoluto bisogno di sapere la verità e risolvere quel mistero.
Doveva farlo per Taiga stesso, per sua madre, Rin, e soprattutto per la
felicità di una persona in particolare. Una ragazza a cui lui teneva
tantissimo, più della sua stessa vita. Doveva farlo per Kaoru.
- Domani verrai a casa mia, e ti farò vedere il diario. –
disse il paladino dell’Ovest, arrivato nel frattempo nella hall insieme al
collega, e deciso a lasciare la villa. Gonza era lì accanto, pronto a consegnarli
il soprabito che aveva un colore molto scuro, sui toni del grigio.
All’apparenza poteva sembrare nero, però osservandolo con attenzione e sotto
una buona luce, si scopriva presto il contrario.
Proprio in quell’istante, si sentirono dei passi discendere
le scale.
Kouga sollevò la testa, poi piegò le sopracciglia non appena
vide la sagoma di Kaoru venire giù dalla lunga gradinata.
- Oh… scusate! – disse la ragazza in un primo momento, con
modi un po’ timidi, osservando l’ospite inatteso- Non volevo disturbare!
- E’ tardi. Credevo che dormissi. – fece il signorino,
vedendola raggiungere il foyer.
- In realtà stavo finendo di disegnare. Poi sono scena per
prendere un po’ d’acqua… - scrutò timidamente l’ospite inatteso, che tra
l’altro non aveva mai visto prima. Capì subito, però che si trattava di un
“collega” di Kouga. Molto probabilmente, fu l’abito a rivelargli ciò.
- Lui è Jin. Un Cavaliere dell’Ovest. – Io spadaccino
presentò il ragazzo all’artista.
- Molto piacere! Mi chiamo Kaoru! – esclamò, porgendogli con
esitazione la mano. In realtà non sapeva come ci si doveva comportare nei
riguardi di un altro Cavaliere Mistico. Jin non ricambiò il gesto, e tenne le
mani abbassate. La pittrice ritirò a poco a poco la sua, poi cercò lo sguardo
di Gonza per essere rassicurata. Il maggiordomo lo fece senza esitare.
- Non sapevo che avessi una sorella. – chiese poi lo stesso Jin
nei riguardi di Kouga, squadrando bene la ragazza.
Il signorino Saejima e la bella Mitsuki si sentirono
leggermente impacciati.
La verità era che entrambi non sapevano come comportarsi e
cosa dire in quel momento.
Gonza afferrò la situazione al volo, e trasse entrambi dal
pesante impaccio spiegando al giovane il “legame” di parentela che c’era tra i
due.
- La signorina Kaoru è… - fece per concludere la frase,
quando Zarba gli rubò la parola:
- La fidanzata di Kouga!
Quest’ultimo ferì l’anello chiacchierone con un’occhiata
acidula.
Jin fissò ambedue gli umani, ma fu per poco, poi prese il
soprabito senza commentare.
- E’ ora di andare. – disse soltanto. La notizia lo aveva
forse turbato?
Kaoru portò lo sguardo sull’orologio appeso alla parete che
le stava davanti. Le lancette segnavano la mezzanotte. Oltretutto, fuori aveva
iniziato a diluviare. Lo scrosciare pesante dell’acqua si poteva sentire
dall’interno della villa, tant’è che era forte. Kouga l’aveva osservata. Infine si scambiarono
uno sguardo, e lui sembrò intuire all’istante i pensieri della sua bella.
- Meglio se resti a dormire qui, stanotte. – gli disse,
rivolgendosi a Jin.
L’altro si sentì in imbarazzo.
- Non posso accettare la tua ospitalità.
- Dovresti. – rispose Kouga – Mi hai salvato la vita. –
ammise in seguito.
Kaoru si scosse nel sentire quelle parole: - Perché? Che
cosa ti è successo? – chiese ansiosa, preoccupata.
- Niente di particolare. – sentenziò il giovane Cavaliere,
con l’intenzione di non farla impensierire. La mora non si fidò della replica.
Lei sapeva benissimo che quella non era la verità.
Spalancò le labbra: - Ma… - riuscì soltanto a dire.
- Gonza! – il suono della voce di Kouga sommerse quello
della ragazza, che fu costretta ad arrendersi, quindi sospirando tacque. Il
maggiordomo si mise sull’attenti, aspettando ordini- Preparagli una camera.
- Subito signorino! – assentì, e si avviò su per le scale.
- Potevo benissimo tornarmene a casa. – sbottò Jin,
sembrando quasi seccato. In realtà, quel gesto gli era piaciuto.
- Andiamo, piccolo Jin! L’idea di dormire in un palazzo
sontuoso come questo, non ti alletta nemmeno un pochino? – proferì Danda, con
la sua solita voce squillante.
Tutto ciò che il suo proprietario riuscì a dire, fu solo: -
Smettila di chiamarmi in quel modo! Sono stufo di ripetertelo sempre.
- Su, andiamo sopra! – propose Kaoru, avviandosi su per le
scale. I due maschi la seguirono poco dopo, ma prima di permettere a Jin di
poggiare il piede sul primo gradino di quella lunga scalinata, Kouga gli posò
una mano sulla spalla per bloccarlo affinché si voltasse verso di lui.
- Non parlare di ciò che ti ho detto quando c’è lei. – gli
disse, alludendo alla questione affrontata nella biblioteca.
Jin riprese a camminare, strattonandosi da quella presa, ma
si fermò dopo aver percorso il primo gradino: - Un Cavaliere Magico non
dovrebbe scegliere come propria compagna una persona qualunque, che non potrà
mai difendersi dall’attacco di un Orrore in quanto priva di potere Mistico. –
espresse, poi finì la frase- Ma questi sono problemi tuoi, per cui eviterò di parlare.
– gli assicurò con una certezza matematica.
Giunti in cima, Kaoru si dispose davanti alla porta della
propria stanza, che esattamente si trovava di fronte alla gradinata, ed era l’ultima
alla fine della prima corsia di quel ripiano.
- Questa è la mia camera! Mentre se giri quell’angolo laggiù
- puntò un dito verso il fondo del corridoio, per indicare il cosiddetto angolo
– troverai quella di Kouga! – esclamò,
con un sorriso cordiale.
Danda scattò seduta stante: - Cosa?! – tuonò, sfoggiando una
voce piena di stupore. Perfino il volto, di Animetallo, assunse una aria
attonita- Voi due dormite in camere separate?!
L’affermazione del Madougu fu per Kouga e Kaoru un vero e
proprio fulmine a ciel sereno. Si guardarono istintivamente negli occhi, ma in
realtà quel gesto fu spudoratamente accidentale. Infatti, mai e poi mai
avrebbero desiderato rivolgersi l’attenzione in un momento tanto imbarazzante
quanto gravoso come quello.
Danda notò subito l’impaccio dei due.
- A giudicare dalle vostre facce terribilmente scarlatte,
scommetto che non avete mai affrontato l’argomento, dico bene?
- Danda! Falla finita! – lo ammonì prontamente Jin, cercando
di zittire la sua guida che, questa volta, aveva davvero superato il limite.
- Guarda che non ho detto niente di male! E poi, ti sembra
normale che quei due non dormano insieme? Prima o poi è un test che dovranno
affrontare entrambi. – proseguì il bracciale, facendo scivolare sempre di più i
protagonisti della conversazione nella più arroventata delle fornaci. Era un
po’ come stare al mare, in pieno Agosto, sotto il sole cocente, senza creme
solari od ombrelloni per ripararsi dal caldo. Si sentivano proprio come se il
fuoco stesse divampando dentro di loro. – Volete che vi dia dei ragguagli a riguardo?
Allora… - prese fiato, con l’intenzione di raccontare ogni cosa, di far
conoscere a tutti il suo grado di preparazione. Sì, perché il gioiello
pettegolo era un assiduo spettatore di romanzi televisivi a sfondo romantico. Quale
occasione migliore per mettere alla prova le sue capacità di consulente
matrimoniale?! – Di solito è il ragazzo che dovrebbe prendere l’iniziativa,
anche se devo ammettere che in questi casi serve una buona dose di coraggio,
per cui io direi di iniziare con un…– infilò una parola dietro l’altra, e stava
per davvero costruendo un intricato ragionamento, quando il buon vecchio Gonza,
compresa la complessità della cosa, si diede da fare:
- Ehm… Venite, signorino Jin! Vi mostro la vostra stanza! –
propose, emettendo un sorrisino teso, e facendosi vedere impacciato. Jin fletté
la schiena un po’ in avanti per congedarsi e salutare i due facendo mezzo
inchino. Poi seguì il maggiordomo.
Kaoru e Kouga li accompagnarono con lo sguardo, mentre in
sottofondo si poteva udire ancora Danda blaterare qualcosa. Quando li videro
sparire dietro l’angolo, i loro volti si girarono di slancio finendo ancora una
volta per incontrarsi.
Nessuno dei due riuscì a trovare il coraggio di parlare per
primo. Che fossero imbarazzati, era più che scontato. Praticamente garantito.
Semplicemente inequivocabile!
Zarba trasse un sospiro, poi senza remore, e quasi per
dispetto esclamò a Kouga: - Io ti avevo avvertito! – puntualizzò, piuttosto
seccato ma raggiante allo stesso tempo solo perché sapeva di avere ragione –
Non hai voluto darmi ascolto? Peggio per te, ragazzino! Questa è la giusta
punizione. Te la sei meritata. – Era pressoché… inutile! Zarba continuava a
rincarare la dose, con una parola dopo l’altra, finché Kouga non si decise a
farlo smettere. Coprì l’anello con l’altra mano, ma, senza la voce di quel
testone loquace, inevitabilmente ripiombò tra i due umani il silenzio.
- Io… - stavolta fu Kaoru a rompere il ghiaccio- Ecco, tu…
io…- disse tartagliando, forse perché
non sapeva in realtà cosa di preciso dire. Non riusciva a mettere insieme le
giuste parole, ecco! Poi prese fiato, e disse di botto una cosa che poco dopo
le fece venire la voglia di scomparire all’istante- Io vado a dormire, tu non
vieni? – Evidentemente Kaoru voleva dire ben altro, ma presa da un momento di
confusione, senza pensare bene a cosa pronunciare, le uscì fuori quella frase.
– Vai! – disse urlando di botto, in agitazione. Kouga la guardò sempre più incerto.
– Volevo dire… “vai”. Cioè, tu non vai a dormire? – rettificò subito, per
levarsi di dosso quell’indigesto incaglio.
- Sì, tra un po’. – rispose, cercando di mantenere una voce
stabile e delle movenze pressoché normali.
Kaoru fece mezzo giro. Posò la mano sull’anta della porta
perché pensava fosse chiusa, ma questa scivolò in avanti dato che il battente
era stato solo accostato. La brunetta precipitò, rischiando di finire in terra,
ma Kouga si mosse alla svelta per recuperarla.
Ci riuscì, il salvataggio andò a buon fine, ma il violento
gesto la fece finire tra le sue braccia.
Sollevò gli occhi, l’artista, e gli rivolse con timidezza lo
sguardo.
- Grazie… – pronunciò appena, non sapendo cosa dire, e provò
un pizzico di disagio – Sono la solita distratta…!
Kouga non disse nulla. Restò muto ed immobile a fissarla inconsapevolmente,
senza rendersi conto di niente, senza pensare ai loro visi troppi vicini,
pericolosamente vicini.
Restarono in quella posa a lungo, l’uno a guardare rapito gli
occhi dell’altra, stretti in un goffo ma romantico abbraccio, finché la
presenza di Gonza non li fece rinvenire.
- Ooh, scusatemi! Tolgo subito il disturbo. – fece il
maggiordomo, imbarazzato almeno quanto loro, e con un mezzo inchino si preparò
a scomparire.
- Aspetta, Gonza! – tuonarono in coro i giovani, guardandosi
reciprocamente, ancora una volta. Infine, sciolsero l’abbraccio e si staccarono
a vicenda.
- Io vado a dormire! Buonanotte… a tutti e due! – pronunciò
Kaoru, tremante più che mai, entrando in camera e chiudendo la porta in un
battibaleno.
- Vado anche io. – replicò Kouga, quasi immediatamente, avviandosi
verso la propria stanza.
L’uomo con i tondi occhiali, trovandosi solo nel
pianerottolo di quel piano, emise un sorriso benevolo. Era la purezza di quei
due ragazzi, a renderlo così felice. Una purezza che, rendeva il signorino Kouga
e la signorina Kaoru veramente speciali.
***
Era sorto un nuovo giorno, dopo diverse ore di cammino, i
Cavalieri Mistici dell’Est e dell’Ovest arrivarono a destinazione: la dimora di
Jin.
- Non troverai un ambiente pulito e ordinato come quello di
casa tua… - ammise, piuttosto imbarazzato – Io non posso permettermi un
maggiordomo, e quindi… - Jin lasciò intendere che da solo, senza una persona
come Gonza, capace di mantenere l’ordine in qualsiasi angolo della casa, non
riusciva ad occuparsi di tutte le mansioni domestiche. Kouga non batté ciglio.
A lui non gliene importava niente, in quel momento. Pensava solo a recuperare
il diario di Makoto.
Il figlio di quest’ultimo avvicinò la mano al pomello
dell’enorme portone, quando Zarba e Danda, le Guide Mistiche dei Cavalieri,
esclamarono in coro:
- Kouga!
- Jin!
Gli umani sollevarono rispettivamente il dito e il polso
delle mani sinistre.
- C’è un Orrore! – pronunciarono i gioielli, ancora una
volta con un’espressione collettiva.
Il figlio di Taiga e il figlio di Makoto si scambiarono uno
sguardo d’intesa.
- Sei pronto? – pronunciò Jin a Kouga, e lui, già con la
mano sull’ impugnatura della spada, annuì alla svelta.
Il combattente dell’Ovest spalancò di getto la porta,
colpendo l’anta massiccia di legno con un calcio violento. Kouga scattò in
avanti con la spada sguainata, deciso all’attacco. Davanti a lui, tuttavia, il
ragazzo trovò il vuoto.
Proprio così, la hall dell’abitazione era deserta, sembrava
perfino tranquilla. Tutto in quell’istante lo era.
Entrarono con cautela e movenze circoscritte. Schiena contro
schiena premerono a guardarsi intorno.
- Zarba – lo chiamò Kouga, per avere il suo aiuto.
L’anello si concentrò con l’ambiente circostante, tese
l’udito, poi vibrò: - Lo sento vicino, ma non riesco ad individuarlo.
- Vorrai forse dire li
sento vicini.- lo corresse Danda, immediatamente.
Jin sollevò il braccio, portando il polso all’altezza del
mento.
- Quanti sono, Danda?! – domandò allarmato.
Il Madougu diede subito un responso : - Due, e molto
cattivi. – precisò.
- Confermo, Kouga! – proseguì Zarba, e in fretta continuò-
Hanno cominciato a muoversi! Sono quassù! – L’anello puntò il soffitto,
indicandolo con gli occhi. Kouga e Jin lo seguirono.
- Seguimi! – urlò il Cavaliere dell’Ovest, avviandosi verso
la gradinata che finiva dritta al piano elevato. La percorsero con sveltezza,
giunti quasi in cima i due giovani avvistarono le pericolose creature. Il viso
di Jin sbiancò di colpo: - Hanno preso il diario! – strepitò, notando che tra
le mani affilate di una delle due bestie, c’era il preziosissimo vademecum di
Makoto. I ragazzi non fecero in tempo a raggiungere la cima delle scale: uno
degli Orrori si lanciò verso Jin, come un treno fuori controllo, e lo travolse.
L’umano e la bestia ruzzolarono all'indietro, verso il fondo delle scale. Kouga
si voltò con fare allarmato, nella speranza di scorgere il collega. Lui,
sovrastato dall’Orrore che lo teneva bloccato sul pavimento, cercò di
contrastarlo.
- Kouga! – gridò, nel momento in cui tentava di respingere
ed allontanare dal suo viso le fauci sbarrate dell’essere- Prendi il diario!
Sbrigati!
Il Cavaliere dell’Est annuì, deciso più che mai a riavere
quel libro.
L’Orrore si sentì in pericolo. Scappò via, raggiunse un’enorme
finestra verso la fine del corridoio, e si ci buttò dentro, mandandola in mille
pezzi. Le schegge di vetro schizzarono ovunque. Kouga creò uno scudo coprendosi
il volto con un lembo del suo soprabito, infine si lanciò anch’egli verso ciò
che restava del finestrone.
Lo inseguì per parecchi metri, correndo a più non posso, con
la spada sguainata.
Non doveva fare piacere, per una creatura del Makai, essere
inseguita da un Cavaliere ostinato.
Così, individuò un edificio enorme, si nascose lì dentro.
Kouga varcò poco dopo la soglia d’entrata di quel casolare.
Si trattava di una vecchia fabbrica, ancora in uso, con poche attrezzature ed
una serie di finestroni a costeggiare tutto intorno il perimetro di
quell’interno.
- Fai attenzione… Questo posto è grande e molto pericoloso.
– disse Zarba.
- Riesci ad individuarlo? – Kouga sollevò il braccio, lo
portò davanti a se, l’anello chiuse gli occhi e li riaprì dopo una dozzina di
secondi.
- Sento una forte energia maligna provenire da lì.
Lo spadaccino osservò il punto segnalato da Zarba. Era un
angolo buio: tra i quattro, il più buio.
C’erano due pile di lamiere accatastate, l’una al fianco
dell’altra, più un barile di ferro arrugginito. Ai piedi di quest’ultimo, una
chiazza giallastra lo attorniava. Probabilmente quel barile doveva avere una
perdita.
Kouga si avvicinò con molta attenzione, ma tra lui e
quell’angolo mantenne una certa distanza.
- Quella è benzina… - analizzò Zarba, riferendosi al liquido
che bagnava il pavimento, intorno alla tanica circolare. - Con l’aiuto del
Fuoco Guida, potresti carbonizzare quell’essere in un attimo.
- Non posso. – sentenziò secco Kouga- Così facendo,
brucerebbe anche il diario.
- E questo l’Orrore lo sa benissimo. Ecco perché non ti ha
ancora attaccato. Sa di poterti ricattare.
- Già.- il ragazzo annuì alle parole dell’anello. La
situazione diventò presto snervante. Poi il Cavaliere prese una decisione. Si
piegò verso il suolo, e lasciò lì la sua spada.
- Kouga, non farlo. – Zarba aveva già capito tutto. – Non
ripetere lo stesso errore di ieri. Ricordi? Ti sei quasi fatto abbindolare
dalle parole di Uca, e stavi per rimetterci la pelle.
- Quel diario mi serve. E poi… - si prese una pausa, il suo sguardo
sembrò farsi deciso, sicuro più che mai – Non farò lo stesso errore.
- Speriamo bene…- appuntò il Madougu, emettendo un sospiro.
- Sono disarmato. La mia spada è a terra. – Kouga sollevò il
tono della voce, affinché l’Orrore potesse afferrare al meglio quelle parole.
Dalla pila di lamiere l’essere uscì con cautela allo scoperto, per appurare la
veridicità di quell’affermazione.
- Senza la tua arma, sei come un umano qualunque! Inutile e
debole. – proferì la creatura, sibilando come un velenoso serpente, consapevole
di avere più che mai il coltello dalla parte del manico. Sbatacchiò il diario
che stringeva in una mano, e sorrise – Cosa mi dai in cambio di questo inutile
oggetto?
Kouga replicò all’istante, con il responso pronto: - La
libertà!
- La libertà?! – tuonò con sarcasmo l’essere del Makai,
scoppiando a ridere – E tu, lasceresti una creatura come me davvero libera di
andar via? Sono solo parole, le tue!
-Quando un Cavaliere promette qualcosa, quella promessa
diventerà certezza.
L’Orrore ci pensò su, si trattava per lui di un’offerta
estremamente allettante. La libertà, in cambio di un misero diario.
- E va bene, Cavaliere! Però, prima getta fin quaggiù la tua
arma.
Kouga diede un calcio alla spada, e questa slittò
percorrendo il suolo e fermandosi ai piedi del mostro.
Rapido, l’Orrore gettò il libro in aria, verso lo spadaccino
che lo prese al volo tra le mani, e rimase fermo al centro del casolare.
- E adesso che la tua preziosissima arma è qui, inerte ai
miei piedi, prima di andare, assicurerò a me stesso che tu mantenga davvero la
promessa, semplicemente togliendoti la vita! – La creatura sguainò gli artigli,
con l’intento di affettare letteralmente Kouga.
Il ragazzo era praticamente disarmato. Senza la sua spada,
l’Orrore non gli avrebbe dato neppure l’aggio di scappare.
- E adesso, cosa conti di fare? – gli fece subito notare
Zarba, cercando di dare un tono sarcastico alla frase, vista la gravità della
faccenda.
Il ragazzino fece mezzo sorriso. - Sta a vedere. – disse semplicemente.
Sembrava avere la situazione sotto controllo. O perlomeno, Zarba in quel
momento lo sperò fortemente.
In effetti, il figlio di Taiga non era del tutto disarmato.
Un Cavaliere Magico, oltre all’appoggio della propria arma, ne aveva una altrettanto
pericolosa e potente.
L’asso nella manica di Kouga, era il suo accendino. Svelto,
lo estrasse dalla tasca interna del soprabito e, nel momento in cui l’Orrore si
stava preparando a saltare in avanti, lo spadaccino aprì il coperchio
dell’affare mistico e lo scagliò in direzione del barile. Il Madoubi sbatté
contro la tanica e finì a terra, esattamente nella pozza del propellente.
Quando la creatura del Makai si gettò all’attacco, il Fuoco
Mistico aveva già raggiunto il bidone. Esso scoppiò all’istante, producendo un
boato incredibile. Un vaporoso fascio di fuoco raggiunse e travolse l’Orrore,
annientandolo in un lampo.
Il Fuoco Guida scoppiettò per un’ultima volta, infine
scomparve nell’aria.
Zarba finalmente aveva smesso di pregare in silenzio. La
difficile manovra aveva dato i suoi frutti, e del mostro ormai non rimaneva
nessuna traccia.
- Beh, che posso aggiungere? Hai rischiato grosso, ma hai
fatto anche un buon lavoro! – si complimentò l’anello, fiero di assistere un
Cavaliere del Makai come lui.
Kouga abbozzò un sorriso, poi la sua attenzione cadde
inevitabilmente su quel diario che teneva nella mano. Alla fine ci era
riuscito. Lo aveva recuperato, e per di più, integro.
- Cosa stai aspettando? Guarda che sono curioso anche io di
sapere quel nome! – gli confidò Zarba, e l’altro, senza farselo ripetere,
decise di sfogliare il vademecum di Makoto.
Sfiorò la copertina, di un verde smeraldo e piena di grinze,
ma gli fu concesso di effettuare solo quel gesto.
Il preziosissimo oggetto si incendiò tra le sue mani come un
cumulo di ramoscelli messi in un camino.
Ci fu una breve ma intensa vampa, e poco dopo, il nulla.
Kouga si guardò le mani: erano, fortuna per lui, leggermente
ustionate ma piene di sangue. Il bruciore era più che fastidioso, ma quella
sofferenza non era minimamente paragonabile a ciò che aveva appena perduto.
Non avrebbe mai scoperto quel nome. La risposta alle sue
domande, non l’avrebbe mai avuta.
Quel diario orma non esisteva più.
Nonostante la scottatura, serrò forte le mani, le chiuse a
pugno, più che poteva, e si guardò attorno. Sperava di scoprire il colpevole di
quel gesto. Perché lui ne era più che certo. A bruciare quel diario, con chissà
quale magia, era stato qualcuno.
Zarba gli rivelò prontamente una cosa: - Ho percepito la
stessa presenza che captai in quel vicolo, ricordi?
Kouga lo guardò con attenzione, quasi allibito: - Ne sei
sicuro?!
- Mi ci gioco l’anello! – confermò deciso il Madougu.
A chi è che appartenesse l’aura percepita da Zarba, Kouga
non sapeva proprio conoscerlo.
Non poteva essere quella di un Orrore, perché era stato lo
stesso Zarba, quella sera nel vicolo, ad escluderlo. Poco dopo, aveva pure
azzardato che quella, era un tipo di aura umana.
Ne aveva sentito l’odore, gli specificò.
L’odore di un umano.
***
Jin, il Cavaliere dell’Ovest, non riusciva a spiegarselo.
Stava accanto a Kouga, entrambi nella hall della propria
casa semi distrutta dallo scontro con l’essere.
- Il mio palazzo era protetto da una serie di potenti
talismani mistici. Un Orrore non avrebbe mai potuto spezzare la forza di quei
sigilli. – confermò, guardandosi attorno e vedendo disordine in ogni angolo.
Alcuni scaffali a terra, delle tende lacerate, un vaso di porcellana rotto.
Afferrò proprio uno di quei cocci, lo fissò. – No, un Orrore non avrebbe mai
potuto spezzare quei sigilli. – affermò per l’ennesima volta.
Kouga emise un lungo e sconsolato sospiro.
- Sono la stessa persona.
- La stessa persona? – replicò Jin, senza capire.
- Colui che ha annientato il potere dei tuoi amuleti, e
colui che ha bruciato il diario che io avevo tra le mani… Sono la stessa
persona.
- Ma… come faceva a sapere di quel diario? E perché mai lo
ha distrutto? – Jin scosse la testa, erano davvero troppe le sue domande. Era
pieno di perplessità, confusione.
- Adesso lo so- premise Kouga, con lo sguardo traballante e
il cuore pieno di rabbia- Nelle pagine di quel vademecum, c’era il nome che
stavo cercando. – Poi i suoi occhi divennero malinconici.
Jin lo guardò in silenzio. Anche il suo viso si trasformò, si
fece amareggiato.
Poteva sentire la sofferenza dell’altro sulla propria pelle.
Poteva percepire la sua rabbia, il suo sconforto. Jin si avvicinò, gli posò una
mano sopra la spalla.
- D’ora in avanti, sappi che potrai contare anche su di me.
– esclamò il Cavaliere Mistico dell’Ovest, accogliendolo per la prima volta con
un sorriso amico. Poi gli porse una mano, per suggellare ulteriormente quelle
parole. Kouga dapprima si trattenne, infine, con estrema gratitudine, ricambiò
la stretta e suggellò così un giuramento fatto di speranza, coraggio, ma
soprattutto amicizia.
Fine episodio
I VANEGGIAMENTI E LE
RISPOSTE DI BOTAN:
Chiedo
infinitamente perdono a tutti voi per l’incommensurabile ritardo…!!! Vi prego,
accettate le mie scuse, ve ne supplico! ;___;
Purtroppo da
quando ho iniziato il lavoro di plush maker, ho veramente pochissimo tempo da
dedicare alla scrittura e a tutte le mie passioni generali.
E quando la
sera finisco di lavorare, sono così stanca che alla fine mi vado a buttare
subito sul divano…
Rimedierò
sicuramente pubblicando il prossimo capitolo molto presto, così non vi
stancherete di aspettare!
Spero
vivamente di ricevere qualche recensione, anche dopo così tanto tempo, ma
soprattutto spero che qualcuno di voi sia ancora interessato a leggere la
fanfiction stessa.
Adesso devo
scappare, risponderò ai vostri commenti nel prossimo aggiornamento!
Un grande
abbraccio a tutti voi!^___^
Ah, che
sbadata…! L’episodio numero 6 sarà INTERAMENTE dedicato a Rei Suzumura!
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
Non ce la faceva proprio più. Guardò in alto, la luna era
piena, la notte fonda da sembrare infinita, ma di certo non lo era la sua
pazienza.
- Ehi, Silva… E’ più di mezz’ora che stiamo aspettando… – sbraitò al magico Madougu, poi
corrugò fronte e sopracciglia con fare nervoso - Cinque minuti! Gli do ancora
cinque minuti, e se non salta allo scoperto, lo farò uscire a modo mio!
L’oggetto mistico emise un sottile sospiro.
- Abbi pazienza, Rei. Vedrai che
tra non molto arriverà qualcuno che attirerà l’interesse di quell’Orrore.
- Nessuno percorrerà una via piena di fossi
e desolata come questa! - Il giovane incrociò le braccia al petto, reclinò un
po’ il capo e sollevò il sopracciglio: - Secondo te, esiste qualcuno di così
avventato da fare una simile cosa?
Silva rise a fior di labbra: - A quanto
pare- fece in un primo momento-sembra
proprio di sì!
Il Cavaliere dell’Ovest sollevò di scatto la testa. Una
volta messa a fuoco l’immagine, la sensazione di stupore si tramutò in
inquietudine.
- E’ una ragazza! – appuntò sconsolato.
Silva non capì il perché di tutta quella delusione.
- E’ un’esca perfetta! Perché ti
lamenti?
- Perchéquell’esca,
come la definisci tu, fa parte del gentil sesso.
- Adesso non metterti a fare lo schizzinoso… Preferivi forse
passere un’intera notte ad aspettare qui?
Rei sbuffò alzando gli occhi in aria – E va bene! – disse
fiacco, con un’esclamazione scocciata, infine sciolse le braccia dall’incrocio
– Vorrà dire che cercherò di ridurle lo stress e
soprattutto…- l’espressione del suo volto si fece più seria- la paura. – Toccò
i manici delle sue piccole armi, e si preparò ad entrare in scena.
Nel frattempo, in lontananza, quella giovane donna stava
correndo tutta affaccendata, mentre guardava il suo orologio da polso con
un’espressione a dir poco nervosa.
Rallentò il passo perché uno dei lacci delle sue scarpe si
era sciolto. Si fletté verso terra, agguantò entrambe le estremità di quei
cordoni, e rifece il nodo.
Si sollevò con l’intento di rimettersi a correre, ma
qualcuno la colse di sorpresa e gli impedì i movimenti tenendola ferma per il
collo.
La ragazza si accorse che in quella stretta c’era qualcosa
di strano. La mano dell’aggressore era molto fredda, viscida e rugosa. Sembrava
perfino inumana. Poi lo strano tizio emise un ruggito famelico: stava per
divorarla.
- Ehi! – irruppe una voce. Era quella di Zero, la Zanna
d’Argento dell’Ovest. L’Orrore sussultò, colto alla sprovvista. – Sei troppo brutto e maleducato per chiederle un appuntamento!
– lo schernì, e subito dopo passo al contrattacco. La creatura lasciò la sua
preda per pararsi dall’imminente attacco del Cavaliere, usò le braccia, ma Zero gli affondò una delle armi nel costato. Prima
di sfilare la lama, il Lupo dell’Ovest, con quegli occhi gialli, fissò rapidamente l’umana- Mettiti in salvo! - disse, e quest’ultima, con le gambe
tremanti si allontanò di corsa.
Fu in quell’istante, che esso estrasse
con ferocia la lama dal costato dell’Orrore, e lo mandò al suolo.
La creatura del Makai esalò il suo
ultimo respiro. – Lui… mi vendicherà…! – sibilò, e con le ultime forze rimaste, cercò di agguantare
la caviglia del suo avversario, strascicandosi verso di lui lungo il terreno.
- Stai strisciando esattamente come un verme. Infondo, è
questo ciò che sei!- esclamò Zero, trapassando il
cranio dell’Orrore con una pedata, e ponendo fine alla sua inutile esistenza.
- Ottimo lavoro, Zero! – si complimentò Silva, come al solito.
- E’ anche merito tuo, amica mia! – replicò il Lupo
d’Argento, poco prima di riprendere le sue vere sembianze.
Rei si stiracchiò in mezzo a quello
che prima era stato un campo di battaglia.
- Direi che adesso possiamo anche
tornarcene a casa. – attuò il dietrofront che gli avrebbe permesso di allontanarsi
da quel posto, ma una voce lo fece fermare:
- Aspetta! – disse quest’ultima.
Il moro si voltò, poi storse le labbra. Rimase
sorpreso nel vedere la ragazza, quella che inconsapevolmente gli aveva fatto da
esca, essere ancora lì.
- Sbaglio, o ti avevo detto di andartene, sorella?
Lei abbassò gli occhi, poi gli si avvicinò.
- Volevo solo ringraziarti.- rispose, timidamente- Tu mi hai
salvato da quella… cosa. – Non sapeva bene come chiamarla.
- In realtà, sarebbe molto più corretto chiamarlo “Orrore”,
anziché “cosa”.
- Orrore? – replicò la giovane, increspando la fronte. –
Cos’è un… Orrore? – chiese in seguito, incuriosita dal termine.
Essendo un essere umano qualunque, non lo poteva di certo
sapere, per cui il ragazzo si preparò a darle una
spiegazione semplice ma concisa – Un Orrore è una creatura che si nutre di noi
persone, e che non bada di certo alla linea! – commentò scherzando, per
addolcire una spiegazione già amara di suo.
La ragazza sorrise. Quella battuta aveva in un certo senso
sminuito il tutto. Dopotutto, non era il caso di darle un’interpretazione cruda
e spietata, per quanto in realtà lo fosse per davvero.
Rei si preparò a salutarla con un
cenno della mano, tuttavia la sconosciuta lo trattenne per l’ennesima volta,
con una proposta: - Vorrei offrirti la cena! – esclamò, di punto in bianco,
sotto lo sguardo sbalordito di Silva. – Non fraintendermi! – spiegò
subito al ragazzo- E’ per sdebitarmi.
Il moretto scosse il capo: - Non occorre! Salvare gli essere umani da quelle creature, per me è un dovere.
- Ma io voglio farlo! Ti prego,
accetta!
Come poteva, Rei Suzumura,
rifiutare un così allettante invito?
- Beh- premise- Una fetta di torta andrà
più che bene! – dichiarando ciò, fece un bel sorriso.
Stava già pensando al sapore di quella torta, quando la sua collana lo riprese acida:
- Rifiuta subito, Rei! Non è corretto approfittare della
gentilezza di una persona che hai appena salvato.
Il ragazzino sogghignò. Sapeva benissimo che il motivo di
tanta acidità era un altro.
- Hai smesso con Kaoru, e adesso vorresti cominciare con lei? La tua gelosia non conosce
ostacoli!
- Kaoru adesso è la ragazza di Kouga! Non è più necessario che io
mi preoccupi di lei. – commentò sempre più acidula.
- Dunque, è così!
- Così? – ribatté Silva, senza capire.
- Con la tua risposta, hai appena ammesso di
essere gelosa! – La collana trattenne il fiato, pareva quasi avere
assunto un colore rosso, anche se tutto ciò poteva essere solo frutto
dell’immagine, visto che l’Animetallo non poteva di
certo arrossire!
- Sei davvero crudele! – gli rispose il Madougu,
e per dispetto decise di non parlare più.
***
- Dunque, tu fai parte dei
Cavalieri Mistici d’Oro? – chiese la ragazza, e Rei, alle prese con una bella
fetta di torta completamente piena di panna, seduto al tavolino di un locale
pubblico, scosse il capo e ridacchiò.
- Oh, no, no! Sono un Cavaliere d’Argento! Un Cavaliere
d’Oro non avrebbe mai accettato il tuo invito, credimi!
– commentò, rivolgendo chissà perché, un simpatico pensiero a Kouga.
- Da quanto tempo fai questo lavoro?
- Mmh…- il moro si mise
pensieroso- Da prima che tu nascessi! – disse così, per scherzare. L’altra
assunse presto un’espressione attonita. – Scherzavo! Mi fai così vecchio?
La ragazza scosse il capo. –No, scusami! E’ solo che, tutte
queste cose che mi stai raccontando, mi sembrano così…
- Assurde, dico bene?
Dalla parte opposta, la giovane fu costretta ad annuire. In
effetti, tutto ciò per lei era fin troppo assurdo.
Quegli esseri, gli Orrori, che si
nutrivano di loro umani, e poi i Cavalieri Mistici come Rei, che invece combattevano
per proteggerli ed annientare il male. Tutto ciò era davvero
incredibile. Quasi non riusciva a crederci, però nello stesso momento, doveva
farlo. Perché nella trappola di quelle pericolose
creature, era caduta anche lei.
Il moro finì di mandar giù l’ultimo
boccone della torta, poi appoggiò il piattino sul tavolo del bar.
- Io sono cresciuto con gli Orrori. All’età di 5 anni, scoprii
che l’umanità doveva guardarsi bene le spalle da quegli esseri. Però la faccenda non mi sembrò così assurda. Forse perché ero solo un bambino. E
i bambini, con la fantasia ci lavorano molto. Però ti
capisco! Sei confusa, e questo è normale. L’unica cosa che mi preoccupa è… -
Rei si fermò un attimino, fissò quella giovane diritta
negli occhi. – Riuscirai, adesso che conosci la verità, a spegnere la luce e a
restare da sola nel buio, come facevi prima che ti accadesse tutto ciò?
La sua domanda poteva avere molti significati.
Azioni come aprire l’armadio,
guardare sotto al letto, camminare da sola per strada, restare senza luce anche
per pochi secondi, chiudere gli occhi e dormire serenamente, forse non sarebbero
state più possibili.
- Io…- premise la giovane, scuotendo il capo dopo un primo
attimo di esitazione- Ci proverò! – disse infine, sforzandosi
di sorridere.
Rei in quell’istante non ebbe scampo: il suo cuore cominciò stranamente a battere
forte.
La semplicità di quell’esclamazione,
il sorriso all’apparenza timido eppure così pieno di volontà, tutto ciò gli
fece uno strano effetto. Un bell’effetto.
Silva spezzò l’attimo intromettendosi nel discorso: - Ti
consiglio di adoperarmi alla svelta per cancellarle una parte di quei ricordi
legati a tutta questa storia.
Il Cavaliere avrebbe potuto farlo senza chiedere alla
ragazza il consenso, malgrado tutto, preferì che fosse
lei a decidere.
- Hai sentito, no? Posso renderti la vita molto
più facile, se lo desideri. Vuoi che lo faccia?
Ci pensò su, ma in realtà la risposta la
sapeva già da un pezzo:
- Se perdo quei ricordi, allora
perderò anche te. Ed io non voglio dimenticare una
persona che lotta coraggiosamente per salvare l’umanità dalle tenebre che ci
minacciano!
Rei arrossì, pesantemente, quella
frase fu davvero imbarazzante. Ma per spezzare quello
stesso imbarazzo, fece un colpetto di tosse.
Si sentì, inoltre, Silva borbottare qualcosa. Ahimé, il
significato di quelle parole non fu udibile da ambedue i ragazzi. Anche perché lo blaterò nell’antica lingua del Makai.
- Che sciocca! – esclamò di botto
la giovane donna- Non ci siamo nemmeno presentati… Io
sono Yuka! Piacere di conoscerti, Cavaliere d’Argento
dell’Ovest! – disse, e gli tese con gentilezza una mano.
- Rei, mi chiamo Rei! E’ più corto
e, molto più facile da ricordare! – scherzò dapprima, poi ricambiò la stretta-
Il piacere è tutto mio, sorella!
Tra una chiacchiera e l’altra, si era fatto notevolmente
tardi.
Lo sguardo di Yuka finì accidentalmente
sul suo orologio da polso. La ragazza sbiancò.
- Accidenti! E’ tardissimo!
- Cos’è? I tuoi ti hanno imposto di rispettare il
coprifuoco?
- No, non è questo, oltretutto, vivo da sola…- si affaccendò
a spiegargli – Ho perso l’ultima corsa del pullman, mi toccherà farmi un’oretta
di cammino, prima di ritornare a casa…
Rei si incrociò le braccia al petto
ed accavallò le gambe con fare sbarazzino: - Facciamo 15 minuti, ed in sella ad
una moto!
***
Sulla moto di Rei, Yuka si teneva
stretta a lui, cingendogli la vita con le braccia. Il veicolo sfrecciava a gran
velocità per le vie illuminate e piene di luci della metropoli.
Imboccò una stradina laterale, tutt’altro
che trafficata, e in seguito, in fondo ad essa, le
ruote del possente bolide rallentarono per fermarsi poi sul ciglio della via.
Poco distante, si trovava l’abitazione di Yuka. Una casa a due piani, non molto grande, a due passi dalla
carreggiata.
Ancora con il motore acceso, Yuka
scese dalla moto e si preparò a salutare Rei.
- Mi toccherà sdebitarmi un’altra volta! – gli disse, poi arrossendo si portò una ciocca di capelli dietro
l’orecchio.
Rei sventolò la mano: - Figurati!
La fetta torta è stata più che sufficiente! Beh- premise,
aprendo il gas- E’stato un piacere!
Lo sguardo di Yuka si rattristò.
- Ci rivedremo?
Rei alzò le spalle, poi le sorrise:
- Chissà! La vita è tutta un caso! – in seguito, togliendo il piede dal suolo,
sfrecciò via come un fulmine, mentre il soprabito nero volteggiava nell’aria,
agitato qua e la dal vento.
***
Erano le cinque del pomeriggio. Il Cavaliere dell’Ovest si
era da poco svegliato dal solito riposino pomeridiano, stavolta durato più a
lungo del consueto.
- Credevo che non ti saresti più svegliato…- borbottò Silva,
adagiata sul comodino di fianco al letto.
Rei si scarmigliò un po’ i capelli,
poi fece un grosso sbadiglio stiracchiandosi lungo tutta la branda. Agguantò la
sveglia, vicino Silva, e sbadigliò ancora.
- Non è poi così tardi. – appuntò, con la voce ancora
impastata dal sonno.
- Hai dormito un’ora più del solito. Tutto questo perché
ieri hai fatto le ore piccole.- sottolineò la collana,
esibendo un tono stizzito.
- Ancora gelosa?- la canzonò il ragazzino, mettendosi a
sedere.
- Guarda che ho capito, sai? Quella
ragazza ti piace!
- Quale ragazza? Quella del negozio di dolci, o la fioraia?
Silva sbuffò, più rabbiosa che mai.
- Non prendermi in giro! Lo sai bene a quale ragazza mi sto
riferendo… - il Madougu fece una pausa, sperava che
Rei avesse fatto quel nome prima di lei, ma alla fine
cedette al silenzio del suo proprietario, e fu costretta a rivelare–
Sto parlando di Yuka!
Il ragazzo sospirò per gioco, poi si alzò
dal letto per dirigersi verso l’armadio della camera.
- Sei logorroica! E poi, non hai nulla da temere: non credo che la rivedremo
più. – Afferrò il soprabito nero di pelle, e lo indossò. Nell’armadio,
attaccata all’anta, c’era una foto grande quanto una cartolina. Rei la osservò a lungo con quegli occhi scuri e vispi che in quel
momento avevano iniziato ad oscillare. Su quella foto c’era il viso dolce e
sorridente di Shizuka. La sua splendida e meravigliosa
Shizuka.
Preso da quell’attimo, toccò quella foto con le dita, per carezzarne la superficie. In
realtà, lui avrebbe voluto accarezzare la sua amata, e non un gelido pezzo di
carta.
Tolse le dita da quel luminoso sorriso, abbassò lentamente il
braccio, ma la rabbia che sentiva dentro gli fece
chiudere a pugno la mano.
-Rei, dobbiamo andare.- lo richiamò
Silva.
Lui richiuse l’armadio, si voltò, raccolse il mezzo guanto
con la collana, ed uscì.
Raggiunto il Palazzo del Cane da Guardia dell’Ovest, ritirò
la sua Lettera di Missione e si servì del Fuoco Mistico scaturito dall’accendino,
per bruciare l’involucro e leggere il messaggio.
- Voglia colui a cui
la vita hai salvato, divenire una preda del male che
finirà il lavoro intrapreso dal fratello perduto. – Letta la missiva, ci
pensò su, infine si congedò dalla Sentinella dell’Ovest vestita di bianco e
ritornò in città.
Camminava e nello stesso tempo rifletteva.
Il significato di quella frase sembrava quasi saperlo. Eppure, non riusciva proprio a capire.
- Voglia colui a cui la vita hai
salvato… . ripeté, ragionando a voce alta- E’
evidente, si riferisce senz’altro a qualcuno che ho salvato in passato.
- Già, ma tu hai difeso centinaia di esseri
umani dagli Orrori… Come farai ad individuare la persona giusta? – commentò
Silva. Le sue parole suonavano quasi come una sentenza. Rei non aveva tutto quel tempo per rintracciare una ad una le
persone che aveva aiutato: erano troppe, e c’era troppo poco tempo per agire.
Poi, accadde tutto all’improvviso. Il Cavaliere dell’Ovest
ebbe un’intuizione. Svelto, salì sulla sua moto, e spalancò il gas in un
attimo.
- Rei! Rallenta! – gridò Silva, con il vento che le veniva
in faccia.
- Non posso! Non c’è tempo! –replicò il moro, con gli occhi
attenti sulla via.
- Ma si può sapere dove stiamo
andando?
Serio come non mai, l’altro ribatté seduta stante: - A casa
di Yuka!
***
La ragazza stava per lasciare la propria abitazione. Si
accinse a chiudere a chiave la porta dell’appartamento, ma in quell’istante si voltò e trasalì.
- Rei! – disse, trovandosi faccia a faccia
con il giovane, stupita ma felice allo stesso tempo di rivederlo. Il moro afferrò
con rapidità la sua mano e la trascinò via di corsa. – Che succede?! – pronunciò a stento, sentendosi strattonare con
violenza.
- Hai visto o sentito qualcosa di strano?
- No, nulla di tutto ciò… Ma perché mi fai questa domanda?
- Rei! E’ qui vicino! – tuonò improvvisamente Silva, e il
giovane frenò quella corsa quasi subito.
Il Cavaliere si guardò attorno.
- Maledizione! Non qui! C’è troppa gente…-
appuntò, poi si girò in direzione dell’appartamento di Yuka. – Ho dei Talismani Mistici… Dici
che potrebbe funzionare? – domandò a Silva, sollevando la mano fasciata dal
mezzo guanto.
Lei intuì al volo le intenzioni dell’altro, quindi annuì.
- Ok, allora torniamo indietro! –
mano nella mano, sempre di corsa, lui e Yuka fecero
dietrofront e raggiunsero l’abitazione della ragazza. – Svelta! Apri!
La donna estrasse la chiave, le mani le tremavano un po’, ma
riuscì ugualmente ad aprire la porta.
- E adesso? – chiese, disorientata,
fissando Rei con incertezza. Quest’ultimo attaccò due
Talismani Mistici ad ambedue i lati dell’entrata.
Poi sorrise a Yuka, come per
tranquillizzarla.
- E adesso entriamo!
Una volta dentro, il ragazzo chiuse immediatamente il
portone, e solo dopo poté finalmente trarre un profondo respiro.
- Adesso mi dici che sta
succedendo? – gli chiese Yuka, con le mani chiuse
intrecciate in petto, e l’espressione sconvolta.
- Ascoltami bene- premise, mettendole le mani sulle spalle,
e fissandola con certezza in viso- Là fuori c’è un Orrore, ti sta cercando, ma
ho sigillato questo posto, per cui non potrà entrare
qui dentro. Almeno non per ora.
Yuka scosse la testa, era molto
turbata: - Non capisco… Non lo avevi eliminato per sempre?
- Si tratta di suo fratello.
- Suo fratello?! – esclamarono siaYuka che Silva, facendo un
coro.
Rei annuì.
- L’orrore che avevo ucciso l’altra
sera, prima di morire disse che presto qualcuno sarebbe venuto a vendicare la
sua morte. Le parole di quella Lettera di Missione alla fine dicevano
che il male avrebbe finito il lavoro cominciato dal fratello, quindi ho subito
collegato le due cose.
- Ottimo lavoro, Rei! – enunciò Silva, poi proseguì – Ma
adesso cosa pensi di fare?
- Fuori è ancora giorno, e ci sono troppe persone in strada.
Qualcuno potrebbe farsi male… Aspetteremo che il
flusso di gente diminuisca, e poi mi occuperò di lui.
Yuka guardò il suo orologio da
polso: - Conosco bene questo quartiere… Tra un paio di ore
si svuoterà completamente. Nel frattempo, andiamo a sederci in salotto. –
Ambedue si avviarono in quell’ambiente e si sedettero
sulla morbida seduta di un divano.
La curiosità di Rei era tanta, così prese a guardarsi
intorno, attratto da quel posto.
- Però! – fece,
stupito- Hai davvero un sacco di foto! Quello, è il tuo ragazzo? –
domandò, indicando con il dito un ritratto appeso al muro. Il più grosso di
tutti.
Lei scosse il capo, e nello stesso momento il suo viso
sembrò rabbuiarsi.
- Era mio fratello. – disse, e quell’espressione
fece intuire allo stesso Rei che il tizio nel ritratto,
purtroppo, non c’era più.
- Quando è successo?
- Due anni fa, fu investito da una macchina
mentre andava in bicicletta. – reclinò il capo, voleva
nascondere gli occhi lucidi e il viso triste.
Rei si lasciò scivolare con la schiena
all’indietro, verso la spalliera del divano. Sollevò il capo e gli occhi in
aria.
- Anche io ho perso qualcuno,
diversi anni fa. – disse. Yuka gli rivolse con
curiosità l’attenzione. – Lei, è morta tra le mie braccia, regalandomi per
l’ultima volta uno dei suoi sorrisi. – La Zanna d’Argento ripensò alla sua Shizuka, e all’attimo in cui la raccolse da quel gelido
pavimento, ormai esanime. – Yuka… - il ragazzo calò
gli occhi su di lei. – Non te l’ho detto, ma gli Orrori possono manifestarsi in
questo mondo usando come porta un individuo dall’anima oscura. Quindi, questo significa che quella creatura ti ha scelto
perché…
- Ho capito. – lo interruppe la giovane, poi prese a fissare
il pavimento. – Io… sono una persona cattiva… - fece in un primo momento, e poi
insisté di colpo- Molto cattiva. Mio fratello… l’ho
ucciso io! –Lo
sguardo di Rei si fece di colpo attonito.
Una persona così dolce, dal sorriso mite e i modi garbati,
non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Non si sarebbe mai
potuta macchiare di un crimine così crudele, lei. No, Yuka non lo avrebbe mai fatto, eppure, scoppiò in lacrime,
si nascose il viso tra le mani, singhiozzò a più non
posso, in quello che voleva sembrare un pianto liberatorio.
- Tu non hai fatto del male a tuo fratello. Io lo so, Yuka. Lo sento. – gli disse Rei, cercando di consolarla.
Con il viso rigato dal pianto, la giovane gli gettò uno sguardo torvo.
- Come fai a dire una cosa simile?!
Tu non mi conosci nemmeno!
Rei scosse il capo. Le prese il viso tra le mani, ricambiò
lo sguardo, poi la fissò attentamente:
- I tuoi occhi raccontano la verità al posto tuo. – le
sussurrò.- Vedi, sono loro a dirmi che non è così. –
gli abbozzò un piccolo sorriso, con la speranza di rincuorarla, e grazie a quei
suoi modi di fare talvolta veramente speciali, fu così. Yuka
pian piano smise di singhiozzare, si tranquillizzò, ed infine schiuse le labbra.
- Quel pomeriggio dissi a mio fratello se poteva venirmi a
prendere al lavoro. Lo aspettai per più di un’ora, ma senza sapere che non
sarebbe venuto mai più. – guardò il Cavaliere Mistico
di scatto – Se quella sera non glielo avessi chiesto, lui a quest’ora
sarebbe ancora qui con me!
Rei alzò le spalle con uno scattino:
- Non puoi averne la certezza, e non puoi nemmeno accollarti la colpa di un
crimine che non hai commesso! Tuo fratello non lo vorrebbe. – Ciò gli fece ripensare
nuovamente alla morte di Shizuka. Lui non era riuscito a salvarle la vita, non aveva fatto in tempo a
raggiungerla. Per molto tempo, troppo, si era comportato esattamente come Yuka, condividendo la sua vita con il peso del rimorso. Eppure, tutte le volte in cui, lì su quelle foto, rivedeva
lo sfavillante sorriso della sua amata, il suo animo si faceva più sereno. Shizuka, così come il fratello di Yuka,
non avrebbe mai voluto vederlo soffrire. Mai. Doveva essere felice, anche senza
di lei, proprio per il bene di quella ragazza che ormai non c’era più.
Quant’era strano il destino, pensò
in quel momento. Shizuka in un certo senso era sua
sorella acquisita. E tra il caso suo e quello di Yuka, c’erano diverse analogie.
- Sai una cosa? – gli confidò il Cavaliere
Magico, amichevolmente- La sera in cui persi per sempre quella persona, qualche
ora prima lei era entrata in camera mia per regalarmi un acchiappasogni.
- Un acchiappasogni?
- Mi disse che serviva a scacciare
via tutti gli incubi, e a fare dei bei sogni. Non ho mai avuto modo di provarlo,
perché deposi quell’oggetto sulla sua tomba, affinché
non le facesse mai avere incubi, ma penso che se qualcuno ti dona un simile
oggetto, e lo fa soprattutto con il cuore, allora sicuramente funzionerà!
Yuka sorrise con tenerezza. – Le
volevi veramente bene, vero?
- Quando qualcuno rende la nostra
vita speciale, è inevitabile che quella persona lo sia altrettanto per noi! Non
lo credi anche tu? – Rei la guardò, e quest’ultima,
ancora con gli occhi lievemente umidi annuì.
Calò un manto di silenzio. I due si fissarono
a lungo, ma ad un tratto, forse per un qualche riflesso influenzato certamente
dall’atmosfera, la ragazza sembrò quasi accostare il proprio viso a
quello di Rei. Facendo ciò, i loro occhi si fecero vicini, le loro bocche
adiacenti l’una all’altra. Forse l’intenzione di dare, o perlomeno di ricevere
un bacio, era ciò che sperava la ragazza.
E quello di sfiorare le labbra di Yuka,
fu un pensiero che per un attimo toccò fuggevolmente anche lo
stesso Rei. Tuttavia, non accadde.
Durò, per l’appunto, proprio un attimo quel pensiero. E ciò che fece, fu continuare a fissarla, soltanto questo.
In quello stesso istante, Silva gli fece notare che ormai
era scesa la sera. Il ragazzo lanciò un’occhiata alla finestra, e tra le strade
di quel quartiere non c’era più nessuno.
Si sollevò dal divano, e mise mano alle armi: Finalmente,
era giunta l’ora di combattere.
- Tu resta qui dentro, e non uscire! In casa tua sei al
sicuro. – gli ordinò il Cavaliere.
Yuka annuì, e in apprensione gli
disse: - Ti prego…! Stai attento!
- Io sono la Zanna d’Argento dell’Ovest! Per me sarà una
passeggiata annientare quella bestia demoniaca! – detto questo, con un’uscita
teatrale, Rei si lanciò all’esterno, ordinando alla sua protetta di richiudere
all’istante la porta di casa.
Con le armi sguainate, si mise al centro della via, poi alzò
la mano sinistra: - Riesci a sentirlo, Silva?
- Verso Nord! A pochi metri da qui! – gli comunicò il Madougu. – Di sicuro ti starà aspettando.
Rei si voltò di scatto. Secondo le indicazioni della sua
Guida Mistica, l’Orrore si trovava alle spalle dell’appartamento di Yuka. Dietro quel fabbricato c’era una sorta di giardino con
delle erbacce alte quasi mezzo metro. Quando il piede
di Rei toccò il terreno erboso, la creatura, nascostasi tra i fili di quel
prato incolto, gli tese un agguato. Gli sbucò proprio davanti, e si lanciò come
una belva pulciosa verso di lui.
- Tu hai ucciso mio fratello! – gli ringhiò dritto in
faccia, ostentando una dentatura incredibilmente affilata. Le sue zanne
somigliavano a quelle di una tigre molto, ma molto grossa.
- Non preoccuparti! – ribatté Rei, cercando di contrastare e
respingere l’Orrore, evitando così che lo buttasse a terra- Tra non molto lo raggiungerai anche tu!
- Devo finire il compito che lui ha iniziato! E non sarai tu ad impedirmelo! – agguantò le spalle del
ragazzo con una potenza inaudita, e lo sollevò da terra. – Quella
umana è mia! Levati di mezzo! – strepitò, infine lo
scaraventò via.
L’impatto non fu dei più dolci. Accasciato
al suolo digrignò i denti dal dolore e cercò perlomeno di rimettersi in piedi.
- Il perimetro della casa è sigillato dai talismani! Non
riuscirai ad entrare! – gli disse presto all’Orrore. Tuttavia, l’essere sfoderò
gli artigli e cominciò a scavare.
- Ha intenzione di entrare dal suolo! – esclamò Silva, alquanto
nervosa – L’effetto dei Talismani Mistici copre solo i lati esterni della casa,
ma il potere non riesce a penetrare nel
sottosuolo!
- Maledizione! – imprecò il ragazzo, rimettendosi di corsa
in piedi. Si portò le armi sopra la testa, e, correndo verso
il mostro escavatore, le ruotò per trasformarsi nella Zanna d’Argento
dell’Ovest: Zero.
L’Orrore continuava imperterrito a scavare. La terra asportata
terminava a casaccio in ogni dove, come una pioggia fangosa.
Dal terreno l’unica parte di quel corpo che si poteva vedere
da lontano, era la coda. Lunga, agile e piena di scaglie.
Zero riuscì ad agguantarla, per estrarre quel mostro dal
suolo. Oppose resistenza, si ancorò con i lunghi artigli nel terreno, ma il
Cavaliere aumentò la potenza di quella presa, e con uno scatto finale riuscì a
portarlo allo scoperto, estirpandolo da quella terra proprio come una vecchia
radice putrefatta. L’impatto provocato da quella mossa fece
schizzare l’Orrore a terra e, senza dargli neppure l’aggio di riprendersi dalla
percossa, Zero si preparò ad infliggergli il colpo mortale.
Le due sciabole squarciarono l’Orrore in tre parti, e la
belva cessò di esistere.
Alla fine il bene era riuscito a trionfare.
Il lupo solitario dell’Ovest sollevò il capo in direzione di
una finestra.
Yuka era stata lì, ad osservarlo e
a pregare per lui affinché riuscisse a farcela. La giovane, con le mani
appoggiate al vetro di quelle limpide lastre, guardandolo con gli occhi pieni
di commozione, lo accolse con un sorriso radioso, uno dei più belli che Rei avesse mai visto.
Al pari di quello della sua amata Shizuka.
***
Il giorno dopo, avvolti dalle prime luci di un tramonto
spettacolare, pieno di colori caldi e sfumature intense, Rei e Yuka si rividero ancora. La ragazza aveva qualcosa tra le
mani che doveva assolutamente dargli.
- Non ci rivedremo più, vero? – gli disse, ma il suo cuore
però non era triste. Lui aveva amato una sola donna nella propria vita, e
questo Yuka lo sapeva. Anche
se infondo al suo animo, provava per quel moretto dagli occhi vispi un forte
sentimento. - E’ per te! – esclamò, porgendogli un sacchetto blu tra le mani. –
Per dirti semplicemente grazie! Con il tuo aiuto, ho smesso finalmente di
addossarmi una colpa che non mi apparteneva, e adesso mi sento finalmente
libera di guardare la foto di mio fratello con più serenità!
Il giovane Suzumura si grattò la nuca, era chiaramente a disagio. Raccolse ed
accettò quel regalo, ma lo aprì solo dopo che lui e quella ragazza si furono
salutati. Lo scartocciò quando ormai il tramonto era
quasi sparito, e Silva curiosa cercò di sbirciare, con l’orgoglio che le
impediva di fare domande. Tuttavia, il desiderio di conoscere prevalse sopra
ogni sentimento:
- Che cosa ti ha regalato?
Con la felicità nel cuore e nell’anima, pensando a Shizuka, Rei sorridendo le rispose:
- Un acchiappasogni.
Fine episodio
I VANEGGIAMENTI E LE
RISPOSTE DI BOTAN:
Prima del
previsto, finalmente sono riuscita ad aggiornare!
Speravo
però di farlo
ancora più prima, tuttavia il lavoro in questo periodo non mi permette neppure
di dedicarmi alle fanfic, e spesso mi ritrovo la sera
stanca a scrivere piccoli pezzi, giusto per mantenere la mano allenata e, cosa
più importante, per passare un’oretta felice in assoluta santa pace!
Scrivere mi
piace, ma amo ancor di più scrivere questa storia perché ciò mi permette di far
rivivere personaggi come Kouga e Kaoru,
a cui voglio un bene sconfinato, anche al di fuori del video. Credetemi, per me non c’è nulla di più soddisfacente!
Per quanto
riguarda questo episodio… beh, che dire? Dedicato
interamente a Rei, per la gioia di tutte le sue innumerevoli fans!
Per Seasons_girl: Ma non scusarti nemmeno per il
ritardo! Quando hai voglia e tempo, lasci un commento!
Poi, sono io che ringrazio te tutte le volte che ricevo un complimento, mi
rendi molto felice! Inoltre, sei l’unica che non giudica male ciò che vi scrivo
quasi sempre a fine capitolo. I cosiddetti
“vaneggiamenti”, diciamo! A volte li butto giù di getto, altre invece me li studio a puntino basandomi su particolari sensazioni, ma
spesso mi sembra di scrivere solo sciocchezze, ecco perché li chiamo così. Sono
un po’ una valvola di sfogo, ecco! ^^,
Infine, mi
dispiace e non sai quanto che tu stia attraversando un brutto periodo… Lo dico
sul serio, parlando veramente con il cuore, e questo perché anche io non me la
passo per niente bene, tuttavia, se hai bisogno di parlare con qualcuno sappi
che io sono qui, che ci sono e ci sarò sempre, sulle
mie mani tu puoi contare, farò quanto in mio potere per darti un appoggio. E anche
se non siamo vicine, nulla può impedirmi di abbracciarti forte
forte almeno con l’uso delle parole!
Un bacio!
Per Stelly89_s: Sì, in effetti
d’acchito può sembrare il rigido Tsubasa, e pensa che
all’inizio Jin doveva avere un carattere più sciolto,
come quello del suo Madougu Danda, però la cosa non
mi filava per il verso giusto, quindi per svariate esigenze ho cambiato.
Continua a seguire che in futuro ne vedrai delle belle!
Per akiko:Eeh!
Succederà, succederà, abbi fede! Non ora, ma prima o poi accadrà qualcosa tra i due! Ho già pianificato
il tutto! Adesso però divento muta come un pesce… Mi son
lasciata scappare già troppo! ^.^
Per _Elentari: Grazie, grazie grazie! Il tuo affetto, il fatto che segui la storia
con così tanta passione, mi emoziona sul serio. Mi piace sapere che ci sono
persone come te che si affezionino così tanto ad una fanfic. E’ veramente ammirevole. Grazie ancora!
Infine…
Ci tengo a
ringraziare tutte ma proprio tutte le persone che
hanno inserito questa storia tra i preferiti e seguiti!
Quando e se vi va, lasciate pure una
recensione! Può farmi solo piacere leggerle, perché così alimentate in me la
voglia di scrivere, e questo vi assicuro che per me
significa tanto!
“L’oscurità
inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla
nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna
la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”
Suonò
per ben 3 volte, il campanello dell’enorme villa Saejima,
prima che Gonza spalancasse l’imponente portone.
- E’
qui che abita SaejimaKouga?
– gli domandò una ragazza dall’aspetto fine ed accurato.
Gonza,
prima di rispondere la squadrò attentamente e con un certo interesse. Era alta,
la pelle del viso bianca quasi quanto quella di Kaoru,
ed i capelli scuri, di un liscio che sembrava essere seta, incredibilmente
lucenti e lunghi. Legati da una coda di cavallo che lasciava libere solo due
ciocche ai lati del viso, le sfioravano le spalle. Mentre gli occhi,
probabilmente la parte più sorprendente di quella
sconosciuta, si facevano notare perché, anche se dal taglio tipicamente
orientale, erano meravigliosamente tinti d’un azzurro puro come il ghiaccio. Ma la cosa più incredibile, però, senza dubbio riguardava il
suo modo di vestire. Indossava un kimono, bianco come la neve,
legato in vita da un obi dello stesso colore. Quel particolare indumento aveva
le maniche assai lunghe, che le sfioravano di poco le ginocchia, in più,
anziché terminare a tubino, la gonna della veste era
svasata, simile ad una campanula bianca che guardava verso terra.
- S-sì! – rispose Gonza, finalmente, e poi accadde
all’improvviso: il maggiordomo riconobbe i lineamenti di quel viso snello ed
aggraziato, di quel colore freddo d’un paio d’occhi meticolosi e ben attenti, e
si stupì all’istante: - Voi siete…!?
***
Kouga, lasciato il palazzo del Cane da Guardia, era quasi
arrivato a casa. Il sole, alto nel cielo risplendeva come non mai in quella
calda mattinata.
Aprì
la porta, Gonza lo accolse con un “bentornato, signorino”, e poi gli comunicò
che aveva visite.
- Vi
sta aspettando in giardino. – disse, accompagnandolo lungo il percorso.
- Di
chi si tratta? – domandò il Cavaliere Mistico, ancor
prima di varcare la soglia del terreno verdeggiante, ma la risposta del
maggiordomo fu interrotta dal suono di una voce femminile.
- KougaSaejima! – si sentì
chiamare, e una volta raggiunto l’esterno vide la
sagoma di una donna con indosso un kimono bianco. Ella
attendeva di spalle, senza mostrare il proprio viso.
- Chi
sei? – chiese all’istante il
ragazzo, mentre accigliato continuava a squadrarla.
La
presentazione di quell’ospite fu davvero singolare. Kouga di certo non se lo sarebbe mai aspettato, tuttavia riuscì a reagire in tempo.
Si
udì un rumore simile a quello di due oggetti metallici che subiscono
tra loro un forte contatto.
Quello,
era il suono di un duello.
- Bravo, ottima parata! – si complimentò la ragazza,
incrociando la propria lama con quella del suo presunto avversario.
- Chi
sei!? – tuonò quest’ultimo,
senza ostentare taluna forma di gentilezza. La fissò bruscamente negli occhi
che, per via di quel colore così caratteristico, per un istante lo fecero
raggelare.
Lei
sospirò, amareggiata, sperava un pochino che Kouga avrebbe
ricordato perlomeno il suo nome, ma forse era passato troppo tempo, dall’ultima
volta che si erano rivisti.
- Tu
avevi solamente otto anni, ed io cinque. - rispose, e con la mente parve
tornare indietro nel tempo. – Tuttavia, il tuo sguardo è rimasto sempre lo
stesso. Sei cambiato moltissimo e, a quanto vedo, in meglio.
– commentò la giovane combattente, senza farsi sottomettere dalla spada di Kouga. – Sono Souka, SoukaSaejima!
Kouga si fece sconcertato, e confuso ribatté: - Souka…?
- Lo
sapevo – disse, con un tono praticamente scontato.
Sbuffò un pochino, senza perdere contegno, ma solo per gioco. – Sono la figlia
di Sanae.
Lo
spadaccino alla fine ricordò. - Zia Sanae…- disse, articolando
quel nome a voce bassa.
-
Esatto. La sorella di tuo padre. – Souka emise un
sorriso. Kouga non poteva di certo dimenticarsi di
sua zia, l’unica sorella di Taiga Saejima.
Il
giovane ridusse pian pianino la pressione della spada,
ma la donna in kimono non fu per niente contenta. Passò al
contrattacco scagliandogli la lama addosso, l'altro la respinse appena
in tempo per poi vedersi arrivare la mano di Souka
allo stomaco. Parò anche quella, servendosi dell’arto libero, ma lo scontro non
volse al termine.
-
Smettila! – ordinò furente lui, perché costretto a difendersi controvoglia
dagli attacchi dell’abile spadaccina.
-
Mostrami la tua forza, cugino! – sorrise sprezzantemente, con fare dispotico,
senza fermarsi.
Esattamente
in quell’attimo, Kaoru era
da poco rientrata a casa. Asciugandosi la fronte sudaticcia con il braccio,
aveva chiamato Gonza il maggiordomo, ma invano.
-
Sarà forse in giardino? – si guardò attorno, nella speranza di intravedere il
buon uomo, poi si accinse a raggiungere la parte opposta della
hall, per apparire in quel luogo circondato dal verde.
- Oh,
signorina Kaoru! – esclamò Gonza, vedendola
sopraggiungere di sorpresa alle sue spalle. Non sapeva esattamente cosa dire.
Kouga e Souka stavano duellando, Kaoru li guardava con la bocca semiaperta, in preda allo
stupore.
- Che
sta succedendo?! – chiese impensierita, mentre assisteva
con i suoi occhi al frenetico combattimento.
Gonza
la rassicurò istantaneamente:
- E’ tutto apposto, state pure tranquilla! Ecco – premise con
garbo, com’era suo solito fare- quella ragazza è la figlia della sorella di
Taiga, per cui cugina del signorino. Il suo nome è Souka.
Kaoru scosse un pochino il capo in preda allo stupore.
- Il
padre di Kouga aveva una sorella? Non me ne ha mai
parlato…
Il
maggiordomo annuì: - Dopo la morte del padre, il signorino preferì separarsi
dal resto della famiglia. Temeva che loro non gli avrebbero permesso di
diventare un Cavaliere Mistico, e poter un giorno
vendicare Taiga.
- Non
deve essere stata una decisione tanto facile. – comprese la
giovane Mitsuki, poi ripensò all’infanzia di Kouga, senza dubbio tutta in salita. Gonza era stato
l'unico a prendersi cura di lui, a dargli quell'affetto
che gli era mancato fin da piccolo.
No,
di sicuro non doveva essere stata una decisone facile.
Il
duello tra i due improvvisamente cessò. Le spade avevano smesso di roteare.
Era
stata Souka a fermarsi per prima. In quel preciso
istante, Kaoru notò che l’ospite la stava squadrando.
E fu grazie a questo gesto, che la pittrice si accorse
di quel colore azzurro ghiaccio che riempiva le iridi della donna. Non aveva
mai visto prima d’ora un orientale avere occhi simili a quelli. Decisamente una rarità, pensò. Si sentì un pochino in
imbarazzo, così prese a strofinarsi le mani con fare nervoso, e a fissare il
suolo.
L’ospite
rimise in un fodero nero la propria arma, successivamente
si avvicinò all’artista.
- Ti
sei preso una nuova domestica dopo Gonza? – disse rivolta al cugino, con una
cadenza vocale a prima vista educata.
Kaoru divenne subito rossa, oltretutto si sentì a disagio
nel ritrovarsi di fronte una figura femminile così raffinata e bella come lei.
Vedendola poi da più vicino, pensò che ella aveva
l’eleganza della seta. Già, era veramente incantevole, soprattutto
quando combatteva. Il kimono le volteggiava nell’aria con delicatezza,
accompagnando i movimenti del corpo in quella che sembrava quasi essere una
danza, e non uno spietato duello.
All’artista
la scena del combattimento tra Kouga e la cugina, gli
rimase particolarmente impressa. Entrambi vestiti di bianco, avevano duellato
con maestria ed estrema classe.
Sembravano
quasi una coppia di provetti ballerini, e per altro molto affiatati.
Tornando
alle parole di Souka, al figlio di Taiga diedero
molto fastidio, tant’è che assunse automaticamente
un’espressione non proprio luminosa.
Gonza
agguantò la situazione al volo, per spiegare la realtà dei fatti.
-
Vedete, signorina Souka, questa ragazza è… - si
trattenne solo qualche istante, e poi affermò di botto: - La fidanzata del
signorino!
L’ospite
si svoltò di scatto verso il cugino. Compiaciuta, gli sorrise:
- Mi chiedo come tu abbia fatto, con il carattere che hai, a trovare una
ragazza… - trasse un sospiro - Ma d'altronde, un tipo come te non passa di
certo inosservato. - commentò, poi si girò ancora verso Kaoru,
e le accennò un inchino in segno di saluto: - Mi chiamo SoukaSaejima, molto piacere.
Kaoru provò ancora quella sensazione di disagio che aveva
avvertito pochi minuti prima. Si fece
coraggio e quindi dichiarò: - Il piacere è tutto mio! – Parve chiaramente
timida ed impacciata. La presenza di quella ragazza le metteva
soggezione, inoltre imbambolata da ciò, si era dimenticata perfino di
enunciare il suo nome. Dopo un attimo di smarrimento, rimediò
a quella mancanza – SonoKaoruMitsuki! – disse infine, e sorrise. Ma
nervosamente.
***
Erano
seduti tutti a tavola. Stavano pranzando. Tra di loro c’era anche la bella Souka. La ragazza nel frattempo si era cambiata. Adesso
indossava una canotta bianca con spalline molto
sottili, ed una gonna color miele svasata alla fine,
che non raggiungeva neppure il ginocchio. Anche senza
kimono, lei continuava ad esibire un portamento fine ed armonioso, liscio come
la seta.
- Quindi, ti fermerai qui per un po’? – le chiese Kaoru, per rompere il ghiaccio.
-
Beh, era questa la mia intenzione, solo che… - Souka
si trattene un secondo, poi riprese- non vorrei che la mia presenza qui, possa
in qualche modo arrecarvi disturbo. – finì, con un tono che aveva un qualcosa
di malizioso. Anche se nessuno sembrò accorgersene.
- Ma no, non pensarci nemmeno! La casa è fin
troppo grande, ci fa più che piacere averti qui con noi! – esclamò la
figlia di Yuuji, con sincerità. Perchè felice di averla tra loro.
Era
convinta che prima o poi, anche se molto distanti, lei
e Souka sarebbero diventate ottime amiche. Certo, per
Kaoru la cugina di Kouga
non poteva di certo competere con lei: la spadaccina aveva molta più classe e
fascino, constatò.
- Ti
ringrazio, ma… Non pensi che dovrebbe deciderlo Kouga?
Dopotutto, è lui il proprietario di questa maestosa villa. –le rispose ben presto, e con un gesto
impeccabile si tamponò appena la bocca con un lembo del tovagliolo. Ancora una
volta, l’affermazione di Souka sapeva di malizia, o
addirittura malevolenza. Stavolta Kaoru se ne accorse, tuttavia sperò di essersi sbagliata. La cugina
del suo ragazzo all’apparenza poteva sembrare un pochino
altezzosa, ma forse era solo un fattore transitorio.
Lo
sguardo delle due si spostò su Kouga che,
naturalmente, si sentì osservato.
- Per
me puoi restare. Basta che non intralci il mio lavoro. – dichiarò infine, senza
tirare per le lunghe.
KougaSaejima, con gli Orrori
aveva il suo bel da fare. E poi, non c’erano solo
quelle perfide creature a dargli dei grattacapi.
Il
suo gemello, l'altro Garo, gli stava arrecando un bel
po’ di problemi. Oramai la notizia era divenuta ufficiale: i settori dell’Est,
dell’Ovest e del Sud, avevano informato i rispettivi Cavalieri Magici della sua
presenza.
Kouga quindi non doveva più fare i conti con colleghi che
volevano dargli una lezione, come Jin, ormai divenuto
suo amico. Ma per lui, ovviamente questo non bastava.
Tuttavia, stando agli ordini del Cane da Guardia del Nord, il giovane
combattente si doveva dedicare solo al proprio operato:
trovare e sconfiggere gli Orrori.
Solo
e soltanto Orrori. Nulla più doveva tormentarlo.
Inoltre,
per quelle Sentinelle da Guardia, il gemello indemoniato, a parte arrecare
fastidi di poco conto, non era una minaccia.
Almeno
non per ora.
***
Kouga se ne stava seduto nel suo studio, con i gomiti
appoggiati sulla scrivania.
-
Potrebbe essere questo, signorino. – espresse Gonza,
mostrandogli il ritratto di un Orrore impresso sulle pagine di un vecchio libro
del Makai.
- In
effetti- premise lo spadaccino, osservando attentamente la
foto- ha tre ali.
- Potrebbero elaborarle un po’ più chiare, le Lettere di Missione,
non troviKouga? – commentò Zarba, e il proprietario con un sospiro assentì.
Qualcuno
in quell’attimo varcò la soglia dello studio. I due
uomini si girarono, e videro la cugina del signorino, SoukaSaejima, raggiungere con scioltezza la scrivania.
- Quanti libri...- commentò, osservando il tavolo pieno di tomi e…
confusione - Qual è l’Orrore che stai cercando?- disse dopo, dimostrando di
conoscere abbastanza bene la materia.
- Non
lo so ancora… Non è facile. – replicò l'altro, senza
dilungarsi troppo.
Souka si accostò a lui, poi gli raccolse il libro dalle
mani, e si mise ad osservare la foto dell’Orrore alato.
- E’
proprio sgraziato… - commentò, facendo una faccia disgustata. Il cugino gli
strappò letteralmente quel libro dalle mani senza tanti preamboli.
- Sto
lavorando! – disse burbero, facendosi vedere infastidito.
Souka, con una sfacciata indifferenza, si riprese per
l’ennesima volta l’oggetto.
- Zarba, potresti dirmi che cosa
diceva il messaggio della Lettera di Missione?
L’anello
ripeté per filo e per segno le stesse parole di quella frase: - Non una non
due ma tre. Sono un ornamento, e nel cielo non volano. Il centro è la debolezza, ma loro lo proteggono divenendone barriera.
La
giovane ci pensò su. Le bastò giusto un attimo per decifrare il significato
sibillino di quella missiva. Sfogliò alla svelta quel
grosso libro, cercò di essere rapida, poi guardò Gonza il maggiordomo:
-
Posso avere il Registro del Makai che riguarda le
creature alate? – chiese, formulando la richiesta con maniere gentili. L’uomo
assentì, e le porse quasi subito l’oggetto.
Kaoru si stava avvicinando allo studio. Doveva uscire. Aveva
la lezione di quel corso d’arte.
Per
educazione, prima di lasciare la dimora voleva salutarli, tuttavia si affacciò
appena, e, vedendoli indaffarati, rinunciò per non disturbare. Non sarebbe stato corretto, soprattutto nei riguardi di Souka, pensò lei. Si allontanò in punta di piedi per
non essere scoperta, e quindi andò via. Ci rimase lì per lì un po’ male, ma poi
passò subito. Salutare Kouga, prima di uscire, per Kaoru era quasi un rito. A lei faceva
piacere, e, tutto sommato, quel gesto così affettuoso rendeva anche lui
felice.
Souka in quel frangente aveva trovato l’Orrore.
-
Eccolo. E’ lui quello a cui dovrai dare la caccia. Si
chiama Sanbasa, ed ha tre ali.
Kouga si riprese un’altra volta il libro, stavolta fece in
modo che Souka non glielo portasse nuovamente via, e
quindi si alzò dalla sedia.
- Ha
le stesse caratteristiche dell’altro. – appuntò, quasi seccato.
Lei
scosse il capo: - Ti sbagli, cugino. Sanbasa ha tre
ali, come diceva la frase di quella missiva, però la centrale, più piccola
delle altre due, è il suo punto debole. Il centro è la debolezza,
ma loro lo proteggono divenendo barriera. Sembra combaciare, no?– s’incrociò
le braccia al petto, poi alzò mezzo sopracciglio- Sono
o non sono una brava Spalla Mistica? – concluse, con un sorrisino fiero e
baldanzoso.
Eh,
doveva ammetterlo Kouga: sua cugina era davvero un
tipo in gamba. Tuttavia, si limitò solo a pensarlo.
Parlando
di Souka, invece, le sue abilità derivavano dal fatto
che ella era una cosiddetta “Spalla Mistica”.
Questa
tipologia di persone, ha il compito di assistere in tutto e per tutto, nella
lotta contro gli Orrori, i Cavalieri Mistici. A differenza del gioiello Madougu, ovvero chiamato “Guida
Mistica”, le Spalle assistono il Cavaliere soprattutto nei combattimenti,
fornendogli spesso un valido aiuto a livello fisico. Fin da bambini, vengono addestrati nel combattimento corpo a corpo nonché
con le armi, inoltre devono imparare a conoscere le numerose tipologie di
Orrori, compresi punti di forza e debolezza. Abilissimi quindi nel decifrare le
Lettere di Missione, le Spalle Mistiche velocizzano il compito dei propri
assistiti, trasformando ogni incarico in un successo.
Tuttavia,
i Cavalieri del Makai possono scegliere se avvalersi o
no di questi preziosi alleati: non tutti, infatti, amano il lavoro di squadra.
La maggior parte di loro preferisce un cammino solitario, in compagnia del
proprio Madougu.
Kouga stava per infilarsi il soprabito bianco e partire.
Gonza glielo sistemò per bene e con molta premura, da bravo maggiordomo, mentre
Souka se ne stava in silenzio ad osservare la scena.
Aveva le spalle appoggiate allo stipite della porta dello studio, e pareva soprattutto
guardare con attenzione il cugino.
- Perché non mi lasci venire con te? Potrei offrirti un valido
aiuto. – gli disse, proponendosi di accompagnarlo, anche se lei lo sapeva
benissimo che quel ragazzino con lo sguardo sempre torvo non avrebbe mai accettato
la proposta.
- Non
voglio ulteriori problemi. – commentò lui, senza rivolgerle
neppure uno straccio di sguardo. Infine andò via, lasciandola lì da sola come
un oggetto inutile ed ingombrante.
La ragazza si strinse nelle spalle. “Peggio
per te”, sembrò dire quel gesto.
***
Al
corso, KaoruMitsuki pareva
avere la cosiddetta “testa tra le nuvole”, un po’ come tutti gli artisti simili
a lei.
Il
giovane Ikuo, il suo nuovo amico, seduto esattamente
dietro di lei si accorse che la ragazza se ne stava in un mondo tutto suo,
senza seguire con interesse la lezione.
Il
docente di pittura aveva da poco finito di scrivere sulla lavagna il tema che
gli studenti dovevano rappresentare sui loro fogli.
Per
una qualche ragione sconosciuta, Kaoru portò lo
sguardo su quei caratteri bianchi scritti col gesso, e qualcosa sembrò
incredibilmente rianimarla.
“Imprimere
su carta il concetto di eleganza”. Era questa
la lezione di oggi.
Raccolse
i capelli in una coda di cavallo, prese la matita e cominciò magicamente a
creare una figura.
Si
affacciò con segretezza, Ikuo, e diede una
sbirciatina. Kaoru era estremamente
concentrata: in quel momento c’era lei e il ritratto, tant’è
che non smetteva di levare quegli occhi grandi e luminosi che aveva dal foglio.
Il ragazzo ne rimase folgorato. Non l’aveva mai vista così attenta e,
soprattutto, contornata da una luce a dir poco sfavillante.
-
Wow! – le esclamò, durante la lezione, e finalmente la figlia di Yuuji sembrò accorgersi di lui.
Si
voltò appena, poi sorrise.
- Ah,
sei tu Ikuo!– disse, come
per fargli un saluto. – Scusami, non mi ero accorta
che c’eri anche tu.
- Lo credo bene... Poco fa sembravi addirittura orbitare su un
altro pianeta! – le fece notare l’amico, poi lanciò un
occhio al disegno- Non c’è che dire! Il tuo concetto di “eleganza” è davvero
impressionante! - Kaoru arrossì e ringraziò subito.
Quel soggetto impresso su carta, sprizzava raffinatezza da ogni tratto. Come le
era venuta, alla signorina Mitsuki, una simile idea? Ikuo proprio non riusciva a spiegarselo, per
cui constatò che per avere la risposta giusta, bisognava farle quella
domanda –Dimmi una cosa… Per te il
concetto di eleganza assomiglia ad una donna fasciata da un sinuoso kimono
bianco? - L’artista osservò il suo ritratto, poi assentì
timidamente. – E il viso di quella donna… Sembra molto
accurato. Ti sei ispirata a qualcuno?
-
Lei- premise la bella mora- è la cugina del mio
ragazzo. L’ho conosciuta questa mattina, e resterà con noi per un po’ di tempo.
– Ecco, per Kaoru il concetto era questo: Eleganza -uguale-Souka.
- Aaah… Adesso è tutto chiaro! – disse all’improvviso e con
enfasi il ragazzo- Stavi pensando a lei, ed ecco
perché eri soprappensiero! Ti capisco… avere un’altra donna
in casa per te non deve essere facile. Soprattutto con un tipo attraente
come il tuo ragazzo…- annotò, facendo di sì più volte con la testa. E poi, egli sputò fuori una di quelle sentenze che
colpiscono come un fulmine a ciel sereno lasciando il
diretto interessato di stucco- Fa attenzione: potrebbe fregarti il fidanzato.
Un paio di occhi azzurro cielo come quelli, farebbero
perdere la testa a chiunque.
Kaoru sussultò all’istante, e si sentì attanagliare da una
gran brutta sensazione. Un colpo di sudore freddo la investì, e per di più le
venne un lungo e pungente tremito addosso. Nonostante
tutto, tentò di riprendersi esclamando verso la fine la più banale delle frasi:
– Ma no! Loro due sono cugini. – disse, quasi come se nulla fosse, con
tranquillità. Perché quel legame la faceva sentire al sicuro.
Souka oltretutto sembrava un tipo così preciso e
corretto… Non avrebbe mai importunato gli uomini delle
ragazze altrui. Oltretutto, c’era anche un grado di parentela che frenava
simili pensieri.
Fu in
quell’istante che Ikuo si
rese finalmente conto della sua ingenuità.
- Se fossi in te, non dormirei sugli allori! Ti do un
consiglio…- premise, e parve diventare serio, o comunque
finse di esserlo- Spesso bisogna temere di più le persone che fanno parte della
nostra famiglia, anziché gli estranei, in quanto i primi hanno molte più
possibilità di intrufolarsi nelle relazioni altrui, e portare scompiglio.
Potevano
per davvero le parole di Ikuo,
trovare una loro verità talmente forte, da riuscire a concretizzarsi?
Kaoru non poteva, e soprattutto non voleva crederci. Primo perché Kouga non avrebbe mai fatto
una simile cosa, anche se non vedeva la cugina da anni. Forse poteva
reputarla un tipino mostruosamente attraente, fatto
su misura per lui, ma nulla più. Secondo perché Souka
era una ragazza seria, di buona famiglia, che non si sarebbe di certo andata ad
innamorare proprio di suo cugino! O almeno, queste
erano le presunte apparenze.
***
Kouga, riuscito finalmente a stanare Sanbasa
l’Orrore, lo stava inseguendo a grande velocità tra i
sentieri tortuosi di una boscaglia incustodita.
L’essere
con le tre ali, di cui una piccola posta in mezzo alle altre due che dovevano
proteggerla, incapace di spiccare il volo, ma abile nell’arrampicarsi
su qualsiasi superficie, aveva preferito nascondersi tra le fronde di un grosso
albero secolare.
Lo
spadaccino si fermò, non aveva ancora sguainato la
spada, e prese a guardarsi intorno.
Sanbasa, inoltre, aveva un’abilità particolarmente e
pericolosamente rara: poteva indebolire se non annientare del tutto la propria
energia Mistica, in modo da impedire ai Madougu di
percepirne l’ubicazione. Quindi l’aiuto di Zarba, in quel caso, non sarebbe stato possibile.
Il
Cavaliere doveva basarsi solo ed unicamente sul suo intuito. Ma quel bosco era
così sconfinato e pieno d’alberi, che stanare l’Orrore non sarebbe
stato per nulla semplice.
Era
come giocare a moscacieca sull'autostrada. Un passo
falso, e per lui non ci sarebbe stata più salvezza.
- Non
va bene…- si lamentò il Madougu, molto turbato - Mi
sento praticamente inutile!
Il
Cavaliere si avviò verso est a passo lento. Non sapeva quale strategia mettere
in atto per beccare Sanbasa. Tutto
sommato, era più che preparato ad un eventuale attacco da parte sua, quindi
tentò di tenere sotto stretta sorveglianza l'intero luogo.
-
Alla tua destra, nascosto tra le fronde di quell’albero
secolare! – irruppe una voce, senza dare preavviso. Kouga
si voltò e vide Souka, in abito da battagliata,
indicargli il nascondiglio dell’Orrore.
Era
sorpreso di vederla lì, nonostante avesse detto di non volerla tra i piedi.
Tuttavia, non c’era tempo per mettersi a discutere: doveva occuparsi della
bestia.
Souka lanciò un pugnale di Haja,
che aveva tirato fuori dalla lunga manica del kimono,
in direzione dell’albero. La piccola arma colpì l’Orrore, che a quel punto si
sentì costretto ad abbandonare il rifugio. Il Cavaliere del Makai
finalmente lo vide, e arrivò il momento di sguainare la spada.
-
Ricorda il suo punto debole! – gli ribadìla Spalla Mistica, gridando
affinché sentisse la sua voce.
- Lo
so! – reagì il cugino, e lo fece in modo seccato, infastidito probabilmente dal
suo intervento.
Cercò
in tutti i modi di recidere l’ala centrale, ma i primi tentativi andarono a
vuoto.
Le
ali laterali impedivano alla spada di fare il proprio dovere, perché si trasformavano
in una sorta di scudo molto simile alle estremità di una conchiglia che si
abbassa di colpo per proteggere la perla che custodisce al suo interno.
Kouga non sprecò altro tempo, e si trasformò in Garo. Il Lupo Dorato dell’Est si avvicinò più di una volta
al mostro, ma riuscì a ferirgli solo una gamba. Ferita che, grazie ai poteri
della terza ala, si rimarginò in un lampo. Garo si
lanciò ancora all’attacco, ma le ferite inferte all’Orrore guarivano
costantemente, rendendo così i suoi sforzi completamente vani.
- Ci
vuole un piano... O così ti stancherai presto. – appuntò Zarba.
E aveva ragione.
Il Cavaliere D'Oro del Makai pensò ad
un modo per sorprendere l’Orrore, mentre il tempo messogli a disposizione per
indossare l’armatura, stava velocemente finendo.
Con
la spada sguainata, Souka si decise ad intervenire:
lanciò quell’arma con una precisione impressionante,
mirando all’ala destra dell’Orrore. Quest’ultimo si
piegò a terra, strepitando, e grazie a ciò, Garo
approfittò dell’attimo per agire.
Priva di difese, la piccola ala centrale si sentì sguarnita.
Il Cavaliere d’Oro la acchiappò con una mano, ed infine,
stringendola forte, la recise con l’ausilio della spada.
Sanbasa, con le mani strette ai lati del suo testone, e le
ginocchia a terra, iniziò a sgretolarsi.
La
polvere del suo misero corpo fluttuò nell’aria, e poi sparì magicamente.
Il
Lupo Dorato dell’Est rinfoderò la
Garoken, l’armatura svanì e… per Souka non ci fu nessun perdono.
- Ti
avevo detto di restarne fuori!
La
giovane reagì con un sorriso sdegnoso: - Ti ho aiutato a sconfiggere quell’Orrore, di cosa ti lamenti? Senza di me, dubito che avresti fatto così in fretta. – sottolineò,
quasi a farlo di proposito. E in effetti, non aveva
tutti i torti.
Davanti
a lei, Kouga non si trattenne di certo: - Che cosa
sei venuta a fare qui, dopo tutti questi anni?!
- Il Cavaliere Mistico che assistevo, è morto. – disse Souka, liberamente, come se niente fosse - Non sono più la Spalla di nessuno.
- Stai perdendo tempo, con me. Non sottoscriverò nessun
contratto. – la replica di Kouga tuonò categorica e,
soprattutto, irremovibile.
Souka si portò una mano dietro la testa, e da lì sciolse la
coda di cavallo che le teneva i capelli legati.
La
chioma cadde giù, elegantemente come un pesante manto di seta, e si arrestò
rovesciandosi sulle spalle.
- Ho
bisogno proprio di lavare questi capelli…- fece, prendendo una ciocca tra le
dita, e storcendo le labbra con aria disgustata- Torniamo a casa. – concluse, e
con una certa noncuranza si rimise in cammino.
- Ma che bel caratterino ha la tua piccola cuginetta!
– osservò Zarba, compiaciuto da ciò.
Da
parte di Kouga, uscì solo un sospiro sommesso.
***
Gonza
stava apparecchiando la lunga tavola situata nel soggiorno, per la cena della
sera, mentre Kaoru aspettava seduta sulla sedia lì
accanto.
Sembrava
turbata. Aveva saputo dal maggiordomo che la bella Saejima
era uscita per raggiungereKouga
e dargli una mano a catturare un Orrore.
Diede un’occhiata all’orologio, che segnava le 22, e si mise
pensierosa. L’idea di quei due, insieme, un po’ la tormentava.
Colpa
delle parole di Ikuo. Pensò inoltre
che forse avrebbe fatto meglio a non andare a quella lezione.
Se fosse rimasta a casa, forse adesso non si sarebbe sentita
così inquieta e nervosa.
-
Vedrete che arriverà a momenti! – esclamò Gonza, pensando che la signorina fosse
preoccupata per il ritardo di Kouga, e non certo
perché stava insieme alla cugina.
Lei
annuì, facendo finta di nulla, e in quello stesso attimo si sentì spalancare
l’uscio del portone.
L’artista
schizzò in piedi, eppure l’agitazione non le fece muovere un solo passo. Riuscì
a malapena a raggiungere la soglia d’ingresso del soggiorno. Gonza si recò ad
accogliere i due, sfilò come sempre il soprabito dalle spalle di Kouga, e lo ripose con cura nell’armadio della
hall. Souka era piuttosto stanca, disse a Gonza
che avrebbe saltato la cena e fatto subito un bagno, e si avviò su per le
scale. Kaoru notò subito che i capelli della ragazza
erano sciolti.
“Perché?”, si domandò, mentre le iniziarono a venire una
serie stratosferica di sospetti.
Si
era sciolta i capelli poiché stufa di tenerli legati?
Oppure per incantare Kouga con
l’incredibile fascino di una capigliatura liscia e lucente come un manto di
seta?
La
giovane artista rimuginava assorta, aveva la testa tra le nuvole tanto che non
si era neppure accorta che qualcuno, in quel preciso momento, stava osservando
proprio lei. Poi le nuvolette dei suoi pensieri sparirono di colpo
quando capì di avere occhi puntati addosso, così alzò il capo.
- Ah…
ben tornato! – esclamò, nel vedere Kouga davanti a
lei. La voce parve smorzarsi in gola. Emise un colpetto di tosse, per
nascondere la tensione, ma di certo a Kouga non l’avrebbe mai data a bere. Il signorino si avvicinò, le posò
una mano sulla guancia, poi guardò attentamente la sua faccia.
- C’è
qualcosa che non va? – disse, avvertendo in lei qualcosa di strano.
Scosse
il capo. Dopotutto, non poteva certamente raccontargli la verità. Kouga avrebbe potuto pensare male, o addirittura
arrabbiarsi.
- E’
solo stanchezza! – mentì, facendo uno sforzo sovrumano.
-
Dovresti cercare di riposare di più, ogni tanto.
Calò
il silenzio, poi la figlia di Yuuji lo ruppe con una
mezza risposta a cui seguì poco dopo una curiosa domanda. - Lo farò, o
perlomeno…proverò a farlo. Lo sai che disegnare mi
piace molto, no? – disse, e poi sorrise con dolcezza. Ma fu in questo
frangente, che la curiosa domanda sopraggiunse: - Kouga…
- pigolò dapprima, tremolando con la voce - I miei
occhi… - non riuscì a finire la frase.
Insomma,
Kaoru proprio non ce la faceva a chiedergli se a lui piacevano di più un paio d’occhi dal colore banale come i
suoi, oppure quelli dipinti da iridi chiare quasi quanto il cielo come quelli
di Souka.
- Che cosa hanno i tuoi occhi? C’è forse qualche problema?
La
giovane scosse il capo.
- No,
va tutto bene, ma… - lo fissò con tremendo imbarazzo, dopodichè riuscì a
malapena a dire: - a te come sembrano?
Quel
quesito di certo lo stupì. Tuttavia, prese a fissarla ancora in volto.
Schiuse
le labbra. - Sono grandi, sono scuri, e…- fece una
pausa che parve durare un’infinità. E soltanto alla fine,
guardandola dritta negli occhi, con una sconfinata dolcezza concluse: - e pieni
di luce.
Alla
ragazza mancò per un istante il respiro. Le sue guance si colorarono di un porpora caldo, chinò il capo verso terra e sorrise al
contempo. Si sentì estremamente risollevata da quell’affermazione.
E soltanto dopo, con il cuore che ancora le batteva forte, si
rese conto di essere da sola, in compagnia di Kouga,
mentre tutto intorno a loro taceva.
C’era
solo un rumore che però potevano udire soltanto loro:
quello di due cuori che palpitavano all’unisono.
Un
momento simile, doveva per forza finire con un bacio. Ma
la cosa bella, era che lo sapevano entrambi. E nonostante
sapessero di provare imbarazzo, sapevano anche cosa avrebbero dovuto fare. La
domanda, però, era “come?”, e soprattutto “chi?”. Chi è che avrebbe fatto il
primo passo? Chi si sarebbe avvicinato per primo?
Poi
tutto avvenne spontaneo, com’era consono che fosse, e quel “chi”, assunse il
nome di Kouga: la mano di quest’ultimo
scivolò sotto il mento di Kaoru. Si cercarono con gli occhi, entrambi timidi ma desiderosi allo stesso
tempo, e senza rendersene conto, per riflesso i loro visi cominciarono
ad avvicinarsi.
Kaoru schiuse le labbra, si lasciò trasportare da quella
presa gentile che in un certo senso la voleva solamente accompagnare. Con
lentezza, forse un pizzico di tremore, quelle labbra si ritrovarono l’una ad un
semplice saltello dall’altra.
Bastava
ancora un pochino affinché avvenisse il tanto bramato contatto. Kouga reclinò il capo, schiuse la bocca, e…
L’arrivo
a sorpresa di Souka arrestò tutto.
Quest’ultima si rese conto della situazione, quindi sentì
il dovere di aprir bocca:
- Vi
chiedo scusa. – disse, facendosi vedere piuttosto desolata – Spero proprio di
non aver interrotto nulla.
L’occasione
ormai non c’era più. Kaoru e Kouga
fecero molta attenzione a non rivolgersi a vicenda lo sguardo. C’era ancora
troppo imbarazzo tra i due.
-
Nulla di particolare! – pronunciò a stento l’artista,
cercando di trattenere l’agitazione- Stavamo per andare a cenare…! – si
giustificò, e sorrise nervosa.
-
Allora… - premise Souka, poco prima di andare
nuovamente via- vi auguro una buona cena! – finì, sfoggiando una voce che sì,
era gentile, ma che aveva un certo non so ché di
artefatto. Ma forse, chissà! Era solo apparenza.
Kaoruinfondo la conosceva davvero
pochissimo.
Magari
sperava che con il tempo avrebbe cominciato a capirla di più. Eppure, Souka sembrava non gradire
molto la presenza di quell’artista. Sembrava
addirittura scostante, nei suoi riguardi.
Kaoru scosse la testa. No, si stava sicuramente sbagliando.
Ci
voleva solo tempo, tutto qui.
Tempo
per avvicinarle, e farle diventare amiche.
Sempre
che a Souka, l’idea di divenire sua amica, facesse
piacere, ovviamente!
Fine episodio
I VANEGGIAMENTI E LE
RISPOSTE DI BOTAN:
Bene, eccoci
qua dopo la fine di questo settimo episodio!
Dunque, vorrei dire una cosa in particolare
che riguarda Yuka, guest star del capitolo
precedente. Vi parlo con tutta sincerità: non mi sarei mai aspettata un simile
attaccamento verso di lei da parte vostra.
Personalmente, la reputavo un
personaggio di passaggio, dato che l’idea di legarla a Rei, a sua volta ancora
legato a Shizuka, non mi piaceva per niente. E’
difficile trattare un argomento come questo, però io penso che quando due
persone si amano, ed una delle due muore improvvisamente, l’altra continuerà ad
esserle legata in eterno, senza legarsi a sua volta a nessun’altro. Lo so, può sembrare un pensiero strano
il mio, però l’ho sempre pensata così, probabilmente perché sono un’inguaribile
romantica…! E poi, penso che una volta morta quella
persona continui a restare ugualmente al nostro fianco, solo che noi non
possiamo vederla perché ciò condizionerebbe inevitabilmente il nostro modo di
vivere, dato che l’amore tra un essere vivente ed uno spirito non è concepibile.
Ma questo avviene solo per coerenza. Perché infondo sappiamo tutti che ragionando con il cuore
ogni cosa diventa possibile!
Tornando a Yuka,
vi dirò, adesso sono confusa. Non lo so bene di preciso, comunque
in futuro potrei anche cambiare idea e farla ritornare! Ci sto attualmente pensando, ma soprattutto sto pensando anche al
ruolo che avrà in futuro Souka, l’elegante cuginetta del giovane Saejima. Ci
sono talmente tante cose che vorrei inserire in questa fanfiction,
che temo supererà abbondantemente i 20 capitoli. Magari riuscirò ad eguagliare
gli episodi della prima serie. Per il momento ne ho scritti 16,
ma credo di “sentirmi” solo a metà dell’opera. Non so spiegarvelo bene,
forse non sono ancora pronta per mettere la parola “fine” alla storia, e credo
di sapere anche il perché: Quando lavoro alla GSS, mi sento in pace con me
stessa. Lo dico spesso, ma sono pronta a ripeterlo: scrivere per me è una
terapia contro gli orrori che tutti i giorni siamo
costretti ad affrontare. E credetemi, ringrazio la
serie di Garo ogni benedetta volta che sto veramente
male, che sento ormai di non farcela più, di essere giunta al capolinea.
Penso di dovergli la vita, perché se
riesco a stare in piedi, per un’abbondante parte è merito suo, e farò quanto in
mio potere per evitare che le persone si dimentichino di lui!
Scusate lo sfogo, ma sentivo
profondamente il bisogno di farlo.
Tornando alla new entry… Ebbene, SoukaSaejima dubito che riscuoterà lo stesso successo di Yuka…
Non si fa di certo volere bene, questo lo avrete capito. E
nelle puntate successive, scommetto che alcuni di voi la vorranno prendere a
sassate… ^^,
Però, non so dirvi
perché, ma Souka mi piace. E’ un personaggio ambiguo,
indefinibile e a dirla tutta pure cattivello, però proprio come il cugino, lei
indossa una maschera. Avrete modo di scoprire meglio la sua personalità nei
prossimi episodi, e forse vi passerà anche la voglia di pestarla… chissà!
Riguardo l’aspetto
fisico, mi sono palesemente ispirata ad una statua del marchio “LesAlpes”, che acquistai tempo
fa. Ho solo aggiunto alcuni particolari all’abito e modificato il colore degli
occhi, ma la base resta quella.
Comunque, riprendendo la questione dei disegni,
finalmente ne arriva uno! Lo potete vedere qua:http://picasaweb.google.com/lh/photo/IQVT-bvzPnScsfkKjUN5lA?feat=directlink
Ecco, questa è la famigerata SoukaSaejima!
Come potete vedere, è
truccata (ha il rossetto sulle labbra, l’ombretto sopra agli occhi e le ciglia
ben definite. Volevo rendere l’effetto dell’eyeliner, ma a dire il vero non so se
nel complesso si nota). Si differenzia da Kaoru
proprio perché cura maggiormente il suo aspetto, avvalendosi della cosmetica in
generale. Diciamo che non è il classico tipo che
rinuncia al trucco solo perché combatte gli Orrori e fa un lavoro sporco! Ho
voluto darle questa caratteristica, perché spesso vedo donne che nonostante lavorino
in fabbriche o svolgano mansioni poco femminili, non rinunciano al loro
aspetto. Penso che sia ammirevole, soprattutto per le donne che fanno lavori
stancanti.
Ma ora passiamo alle vostre risposte:
To Mitra: Well, dear Mitra…
Yukahas been a
revelation, it looks like! More people love her, and this is incredible! I
still can’t believe this is happening. However, Yuka is a special guest star
only. When I say “only”, I mean that she won’t return at moment. And yes, Rei plays a more important role into the fiction, as TsubasaYamagatana. You will see
them in action soon! Especially into the final! Getreadyfor the nextbattle?
^__^
Per Stelly89_s: Una curiosità: che musica ascolti quando leggi la fanfiction?
Mi ha molto incuriosito questa cosa! Penso che la
musica, soprattutto quella presa dall’O.S.T. di Garo (che secondo me è uno dei più
belli in assoluto! E te lo dice una persona che non ama
affatto gli O.S.T.) aiuti in qualche modo a
sollevare la giusta atmosfera! Comunque, non credo che
Yuka ritorni… é__è Almeno,non era questa la mia intenzione. Devo
decidere un bel po’ di cose, ma visto il successo che ha ottenuto, un
pensierino lo sto già facendo!
Per _Elentari: Che bello sentirti sia qua che sul forum! Lo trovo magnifico! Cioè,
non mi era mai successo prima d’ora, quindi mi piace! E, grazie come al solito del commento. Usi sempre le parole giuste!
Per Seasons_girl:Un’altrafandi Yuka! ^__^ Ok, lo
ammetto: mi sa che l’ho sottovalutata troppo…
Sì, amo scrivere perché -come il disegno
ed il canto- ciò mi rende libera. Sono alla perenne
ricerca della libertà, per cui sfrutto queste mie
passioni per spiccare il volo. Ed è anche vero che
siamo simili! Molto, direi. E’ fantastica questa cosa!
Sai, quando aggiorno la storia, penso
principalmente a coloro che leggeranno il nuovo
capitolo. Mi piace pensare che ci sia qualcuno ad aspettarlo con ansia, e
soprattutto mi piace pensare che quel qualcuno, leggendo ciò che scrivo riesca
a stare meglio. E’ sorprendente sapere che attraverso la scrittura si possa ridare ad altri il sorriso. Ti mando anche io un
affettuosissimo abbraccio!
IMPORTANTE! LEGGETE PER FAVORE!
Prima di andare, ho bisogno gentilmente
di avere un vostro parere: Ho deciso di inserire una breve anticipazione di ogni nuovo episodio, alla fine del capitolo, proprio come
accadeva alla serie tv, in cui Zarba ci svelava la
trama della puntata successiva dopo i titoli di coda, vi ricordate?
Ciò che vi chiedo, è questo: Potreste
esprimere, con una vostra preferenza all’interno delle recensioni, se preferite
avere o no questo tipo di anteprima?
Preferisco fare scegliere a voi, perché
molti non potrebbero gradire “spoiler” di questo tipo.
Nel frattempo, per darvi un’idea, vi
lascio con il riassunto del prossimo episodio:
Kaoru cercherà di fare amicizia con Souka, ma sarà più dura del previsto. Kouga
dovrà assentarsi da casa, e resterà via un giorno, lasciando da sole le due
ragazze che in questo modo avranno la possibilità di conoscersi più a fondo, ma
ciò scatenerà una serie di eventi che metteranno a
dura prova la vita di Kaoru.
Kaoru era seduta sulla panchina di un parco pubblico, e si fissava le
scarpe nell’attesa che Asami arrivasse da lei
Fermaglio
#08
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
Se ne stava seduta sulla panchina di un parco pubblico
rivolta a fissarsi le scarpe nell’attesa che Asamiarrivasse da lei. Si sentiva un po’ in ansia, Kaoru. La sua amica era terribilmente in ritardo.
Riconobbe in lontananza la voce della rossina
che la chiamava sventolando allegramente una mano sopra il capo, in segno di
saluto. Lei ricambiò, poi sorrise.
- Sono in ritardo, vero? – disse la Shinohara,
e già che c’era si scusò con la compagna, sedendosi di fianco a lei. – Passando
per il centro, ho visto nella vetrina di un negozio un abito a dir poco
stupendo! – gli occhi parvero luccicarle dalla commozione, ma in un secondo la
curva della bocca le si piegò all’ingiù, strutta dal
dolore- Il prezzo era pari a quello di tre mesi del mio stipendio…!
L’artista scoppiò subito a ridere. Le movenze dell’altra
erano veramente buffe.
- Sei incorreggibile! – esclamò scuotendo il capo.
- Lasciamo perdere questa faccenda,
e parlami piuttosto della tua! – Asami si piombò
all’attacco, più che pronta a sapere tutto – Di che cosa volevi parlarmi? Al
telefono sembravi così agitata…- commentò, storcendo
le labbra.
- Io… agitata? Davvero ti ho fatto questa impressione?
Lei annuì più che convinta. – Praticamente
ci conosciamo da una vita… Per me tu non hai segreti!
- Beh, vedi…- premise l’artista, e forse in quell’attimo si
sentì a disagio- E’ arrivata la cugina di Kouga… Resterà da noi per un po’.
L’amica fu di una rapidità impressionante nel tirare le somme.
Si sbatté un pugno nella mano: - Ho capito tutto!-Sembrava un fulmine a ciel sereno! – La parola “cugina”, è spesso sinonimo di guai! – sottolineò,
con una certezza matematica. Le sue parole assomigliavano parecchio a quelle di Ikuo. Tant’è
che l’artista ne rimase sconcertata.
- Ma possibile – premise, con l’aria di chi, alquanto stufa di sentirsi ripetere sempre le stesse cose,
ormai non ne poteva più- che tu ed Ikuo la pensiate
allo stesso modo? Mai una volta che qualcuno mi dicesse il contrario, o che mi
confortasse!
- Ikuo? – Asami
scandì quel nome con interesse – E chi sarebbe?
- Un ragazzo che frequenta il mio stesso corso di pittura.
- Ed è carino?
Kaoru notò subito l’aria
interessata dell’amica. - Beh… sì – in seguito aggiunse spedita – Ma che
domande mi fai?! Non era di questo che stavamo
parlando!
La rossina le fece
un sorrisino, poi riagguantò il filo del discorso lasciato in sospeso poc’anzi.
- Prova a descrivermi com’è questa fantomatica cugina, dai!
La bella Mistuki pensò a come
rappresentarla al meglio, così richiamò l’immagine di Souka nella propria mente.
- Ha i capelli neri, molto lisci e luminosi come la seta, le
arrivano alle spalle, e gli occhi chiari come il cielo. E’ alta, un
fisico magro, più che perfetto, e l’eleganza di una gran dama sia nei movimenti
che nel modo di fare. – Si fermò, per ricordare ancora
più particolari, ma l’altra la fermò seduta stante, mettendole una mano davanti
alla bocca.
- Non serve che tu aggiunga altro.
Finiresti solo col peggiorare ulteriormente le cose, facendo a te stessa una
sezione gratuita di autolesionismo. In altre parole –
concluse con una secca quanto perentoria affermazione- Rinchiudi
il tuo ragazzo in un armadio, e poi getta via la chiave! Almeno fino a quando
questo prototipo di donna perfetta non andrà via, ovvio!
Kaoru si liberò dalla mano
dell’amica, poi replicò in preda allo scompiglio: - Ma sei forse impazzita?! Non farò mai una cosa così macabra… Il
solo pensiero mi fa venire i brividi! – solo pronunciare quella parola,
le aveva fatto venire per davvero i brividi!
La rossina sospirò tutta
sconsolata: - Ma possibile che tu sia così credulona? Il mio era solo un modo
per dire che forse dovresti tenere d’occhio il tuo
ragazzo, e non lasciarlo mai da solo in compagnia della sua dolce cuginetta. Adesso hai capito?
Tenere d’occhio Kouga? Ma se era davvero un’impresa impossibile! E
poi, a Kaoru quell’idea non andava a genio. Ognuno
doveva avere la propria libertà, e non finire in catene.
- Io lo conosco, e so che si comporterà più che bene! –
dichiarò, ostentando una sicurezza pressoché scontata. Sì, ne
era certa: Kouga non l’avrebbe mai fatta soffrire.
Asami scosse la testa, perentoria:
- Fidati di me, Kaoru. Io di esperienza
ne ho accumulata tanta, negli anni. Il tuo Kouga è pur sempre un uomo! E gli uomini, in determinate circostanze sono molto
sensibili al fascino femminile. Tanto da essere disposti a gettarti nel
dimenticatoio non appena un’altra donna gli fa un accattivante sorriso! Dammi retta, quella lo congelerà con la sola forza di uno
sguardo! Ma mi dici tu, dove la trovi un’orientale con
gli occhi chiari? E’ una rarità che nessun uomo al mondo potrebbe mai
permettersi di farsi scappare!
Mio Dio, che sentenza!
Kaoru stava a
pezzi.
Inoltre, nel collegare le parole di Asami a quelle di Ikuo, il
risultato fu catastrofico.
Le due amiche si salutarono con un abbraccio, e l’artista
iniziò a percorrere le strade assolate di una città piena di gente. Passò
accanto alla vetrina di uno dei tanti negozi situati nel quartiere centrale, e
si fermò per osservare uno stupendo fermaglio per capelli esposto lì dentro.
Era nero, fatto di un materiale lucido, e con alcuni piccoli
brillantini molto simili a dei diamanti sparsi qua e là sulla superficie liscia.
Sarebbe stato un regalo più che perfetto per Souka. Kaoru
decise all’istante di comprarlo.
Oramai ne era certa: con un dono
del genere, conquistare la sua stima sarebbe stato un gioco da… ragazze!
Tornata a casa, con il pacchetto tra le mani, domandò a
Gonza della giovane. Il bravo maggiordomo le indicò il giardino, dove la cugina
del ragazzo si stava allenando.
Giunse lì in punta di piedi, si fermò silenziosa ad
osservare quei movimenti fatti di sola eleganza, e per un momento le parve di
assistere ad uno spettacolo teatrale, in cui la protagonista era una ballerina
solitaria che danzava accompagnata dal fruscio silenzioso del suo kimono
bianco.
In effetti, un po’ le dispiaceva interrompere l’allenamento
di Souka, tuttavia accadde che in quell’attimo, la stessa spadaccina finì di volteggiare per fermarsi. Kaoru
si sentì subito osservata da lei.
Divenne rossa a causa del disagio, e si scusò prontamente: -
Non volevo disturbarti!
Souka fece un tantino l’indifferente, e poi se ne uscì con
una replica piuttosto amara: - Io ieri ho disturbato sia te che
mio cugino. Direi che siamo pari.
Fu pressoché inevitabile per Kaoru
provare una forte vergogna. In effetti, parlare con
Souka la metteva molto in soggezione.
Si sforzò quindi di reagire, e le tese il pacchetto che
aveva tra le mani. La bella combattente lo squadrò minuziosamente, senza dire
niente. Era perplessa.
-E’ per te! – disse timida, tant’è che non riuscì neppure a
guardarla in viso. – Un piccolo regalo!
Souka raccolse il pacchetto, ma poco prima appoggiò la sua
spada sopra il tavolino tondeggiante situato in giardino. Tolse la carta lacerandola
con cura, senza fretta, e poi vide il fermaglio.
Lo guardò, ma non sembrava piuttosto interessata a quel
piccolo oggetto luccicante.
- Grazie. – disse soltanto, da persona beneducata. Eppure, quella parola, anche se detta con una voce
all’apparenza gentile, non aveva nessun particolare sapore. E per ultimo, Souka
non poté fare a meno di aggiungere –Non uso questo tipo di cose. – Stavolta
il suono della sua voce divenne freddo.
Era come se Souka le avesse voluto dire:
“ti ringrazio del pensiero, ma sappi che non lo metterò mai.”
Kaoru ci rimase senza dubbio male.
Lei che sperava in una qualche parola gentile, purtroppo restò delusa. A quanto
pare, a Souka non le era per niente simpatica.
Poi la dama con gli occhi del cielo cominciò a guardarle il
viso con ostinazione. Finché non emise una sentenza -
A te, invece, farebbe bene indossare uno di questi.
L’artista si puntò un dito in faccia. – Io?
- Hai un modo di vestire troppo asciutto, che ti fa passare
inosservata. Dovresti curare di più il tuo aspetto.
Mille presentimenti, mille timori
iniziarono ad impensierire Kaoru. Di certo non si
sarebbe mai aspettata che qualcuno le dicesse cose simile.
Eppure, detto da Souka, che di stile ne capiva
certamente più di lei, quell’affermazione mai come in quel momento le parve
veritiera.
- Tu…- cominciò. Voleva che Souka le desse un consiglio. – Cosa mi proponi di fare? – pronunciò di botto, trovando il
coraggio.
Sul tavolino rotondo, proprio vicino alla spada, c’era una
piccola pochette azzurra. Souka la aprì, poi prese
qualcosa che in seguito offrì alla signorina Mitsuki.
– Prova con questo. Farà sparire il pallore che hai sul viso, e ti renderà
senz’altro molto più interessante. Soprattutto nei riguardi di mio cugino. – sottolineò l’ultimo pezzo della frase con un accento
malizioso.
- Non posso accettare! – replicò subito l’artista,
costatando che l’oggetto datole da Souka aveva senza dubbio un valore alquanto
alto.
- Tu hai fatto un regalo a me, giusto? Non mi va di avere
debiti con nessuno. Così, anche ora siamo pari. – Souka raccolse la spada e la
pochette azzurra e si incamminò verso l’interno. Kaoru rimase spiazzata, avrebbe senza dubbio voluto
replicare, ma l’altra ormai non era più lì.
L’oggetto che aveva appena ricevuto in regalo, era un tubo
d’orato di rossetto. Tirò il cappuccio, per vedere il colore del cosmetico, e
ne restò sconcertata.
Sarebbe mai riuscita, KaoruMitsuki, a colorare di rosso la sua bocca?
***
Il portone di villa Saejima si
aprì per poi accostarsi quasi subito.
Gonza si affrettò a sfilare il soprabito bianco dalle spalle
del suo amato signorino, e infine andò a riporlo.
Era arrivato appena in tempo per il
pranzo. Il buon maggiordomo aveva già apparecchiato la tavola in modo ordinato,
come faceva ormai da tantissimi anni.
Kouga varcò la soglia del salone illuminato da una serie di
finestre che lasciavano ai raggi del sole la totale libertà di rendere quel
luogo estremamente luminoso. Il ragazzo si accostò al
tavolo e vide Souka, ben accomodata a tavola, leggere con interesse un libro
nell’attesa che il pranzo giungesse a destinazione. Lo
spadaccino si guardò brevemente intorno. I suoi occhi furono costretti a posarsi
in direzione della cugina, semplicemente perché quest’ultima,
avendolo osservato di sottecchi, con una frase riuscì ad ottenere la sua
attenzione: - Si è chiusa nel bagno accanto allo studio. – disse dapprima, e
poi tranquillamente sottolineò – è lì da più di
un’ora. – Le parole di Souka erano riferite a Kaoru.
Eh, sì! La bella e raffinata cuginetta, aveva capito
che gli occhi di Kouga, dentro quell’enorme sala da pranzo, stavano cercando
proprio l’artista. Lo spadaccino aggrottò la fronte, poi si affrettò a lasciare
la stanza senza prima essere interrotto brevemente
dall’esclamazione dell’ospite: - Ti sei scelto una ragazza davvero strana.
Complimenti! – scherzò infine, e in quell’attimo non sembrò per niente essere
raffinata. Kouga lasciò scorrere via quelle parole, e
non si curò neppure di risponderle.
Kaoru, con lo sguardo immobile
rivolto alla propria immagine riflessa in uno specchio ampio e nitido
dell’unico bagno situato nel piano terra del palazzo, finalmente si era decisa
ad utilizzare ciò che le aveva regalato Souka.
Stringeva quel tubo di rossetto con troppa forza. E la mano, inoltre, era tutt’altro
che stabile. Eppure lei era un’artista! E si sa, tutti gli artisti, quando dipingono, devono avere
una mano ferma e sicura.
Forse la tensione, forse il fatto di non essersi mai passata
un rossetto sulla bocca, non la faceva sentire affatto
tranquilla. Lo accostò alle labbra, nello stesso momento Kouga diede due colpetti alla porta. Fu tutto troppo
improvviso, e quel suono altisonante la fece sobbalzare dallo spavento e… un
disastro! Kaoru aveva appena combinato un disastro.
Si guardò allo specchio, inorridita. Aveva sì colorato la bocca, ma solo per
metà, ed inoltre una striscia spessa di rossetto le si era
stampata sulla guancia.
- Gonza…? E’ lei? – chiese svelta, fremente.
Si sentì rispondere quasi all’istante: - Si può sapere che
stai facendo lì dentro?
Kaoru cadde presto nel panico. La
voce non era quella del buon maggiordomo!
- Kouga! – esclamò, ostentando un timbro traballante,
proprio come lo erano le sue mani. Si guardò attorno per cercare qualcosa che
le togliesse dal viso quell’orrendo disastro, poi
decise di levare via il cosmetico strusciandosi la mano sulla guancia: il
risultato fu ancora più catastrofico!
Il colore rosso si sfumò al contatto con le dita, e finì per
imbrattarle mezzo viso, mani comprese. La ragazza aggrottò la
faccia in una smorfia disgustata, sembrava avere contratto chissà quale
strana malattia. Respirò lentamente e balbettò appena: - E’ tutto apposto! Non
preoccuparti! – e non riuscì a dire altro. Non poteva
di certo farsi vedere da lui in quello stato!
Di sicuro a Kouga la situazione non parve assai chiara. – Il
pranzo è pronto. – disse soltanto, senza aggiungere commenti di nessun tipo. Di
certo non poteva buttare giù la porta.
- Dì a Gonza che pranzerò più
tardi, va bene? – rispose, cercando di apparire tranquilla. Con quel disastro
che aveva combinato, fu un’impresa piuttosto difficile.
Dall’altro lato, il signorino emise un sospiro, successivamente ritornò nel salone illuminato, e si sedette
a tavola. Souka aveva accantonato la lettura di quel libro per versarsi
dell’acqua in un bicchiere.
Durante il pranzo, la giovane, spinta
dalla curiosità, non riuscì proprio a trattenersi, così, approfittando del
momento, mentre Gonza si stava accingendo a portare via i piatti, si fece
avanti con un quesito: - Girava voce che tu avessi salvato una giovane
fanciulla purificandola dal sangue di un Orrore… E’ la verità?
Gonza per un attimo si bloccò. Osservò il signorino che
trovò in lui un appoggio, poi riprese a raccogliere i piatti sporchi e a
sistemarli sulla superficie di un carrellino porta
pranzo.
- E con ciò? Perché ti interessa?– rispose bruscamente il ragazzo. Non gli
andava di certo di tirare nuovamente in ballo quell’episodio. Soprattutto non
gli andava di farlo con Souka.
Quest’ultima si strinse nelle
spalle, con indifferenza: - Niente, ma mi auguro
solamente che quella ragazza ti abbia perlomeno ripagato. Dopotutto, hai
salvato la sua vita quando non eri tenuto a farlo.
Stavolta il maggiordomo non riuscì a trattenersi: - Ecco, signorina…
- premise, continuando con calma a sparecchiare. Poi successivamente,
quasi volesse approvazione, guardò Kouga. Il giovane non disse nulla, perciò l’uomo
continuò – La ragazza purificata, èKaoru! – La rivelazione improvvisa colse Souka alla
sprovvista. La cugina del Cavaliere dell’Est corrucciò la fronte, e con quella
bocca avrebbe voluto dire chissà che cosa, ma non fu capace di aprirla. Quando
il maggiordomo uscì dalla sala portando con sé il
carrellino con piatti e bicchieri da lavare, finalmente riuscì a dire la sua:
- E’ per questo che hai rischiato
la tua vita per salvarla, non è così?
- Che vuoi dire? – replicò
immediatamente Kouga, senza comprendere il significato di quelle parole. Ne
comprese però la cattiveria.
Lei sorrise. – E’ chiaro: ti piaceva, e quindi non potevi
permettere che morisse. Ma se si fosse trattato di una
persona qualsiasi, beh… - lasciò la frase così, nel vago più totale, apposta
per gettare fango.
- Avrei fatto il possibile pur di salvarla lo stesso! –
tuonò il cugino, parecchio adirato. Non aveva per niente gradito quell’insinuazione.
Souka restò un tantino scettica. Ad
ogni modo, l’argomento non le dispiacque affatto.
- Però, te ne sei innamorato. Anziché lasciarla andare per la sua strada, hai deciso di
tenertela per te! L’hai forse obbligata a ripagare il suo debito? – parole
troppo impertinenti, le sue. Avrebbero dato fastidio a chiunque.
Kouga si alzò di scatto dalla sedia, ma anziché replicare
personalmente, cosa che forse con difficoltà sarebbe riuscito
a fare con toni pacifici, tacque.
A dare una lezioncina a Souka, però, ci pensò quel
chiacchierone di Zarba, che vista la situazione non riuscì proprio a tenere a freno la lingua: -
Hey, signorina! Prima di formulare delle ipotesi senza senso, dovresti
conoscere almeno i fatti.
- Portami rispetto, Madougu! –
sbottò all’istante lei, con un’aria di piena superiorità nello sguardo. – Il
tuo compito è solo quello di fare da guida al tuo padrone durante le missioni.
Zarba si fece una grossa risata. –
Ma davvero? Allora ci troviamo entrambi sulla stessa
barca! – Dicendo ciò, le fece notare che sia le Guide
Mistiche sia le Spalle Mistiche, avevano un punto in comune: quello di servire
un Cavaliere.
Souka si incrociò le braccia
davanti al petto, con fare indispettito:
- Io sono un essere umano! E i servi come te
non dovrebbero nemmeno presenziare tra di noi quando non c’è lavoro da
sbrigare!
Come l’aveva chiamato? Servo?
No, Zarba su questo non poteva e
soprattutto non voleva sorvolare.
- Insolente ragazzina! Ritira subito ciò che hai detto! –
tuonò in preda all'ira. Quasi quasi
preferiva le liti con Silva, a quelle con un essere umano sdegnoso e sfrontato
come lei.
L’unico a mantenere ancora la calma, sembrava essere Kouga.
Lo spadaccino se ne andò via, senza aggiungere parola,
lasciandosi la cugina alle spalle. Quest’ultima, con
le braccia sempre più incrociate, sbatté un piede in terra, e poi si accomodò
con rabbia sulla sedia.
Kouga raccolse ed indossò da solo il soprabito, senza
chiamare a rapporto Gonza, sicuramente impegnato a
svolgere le normali pulizie di routine, e lasciò la propria abitazione. Aveva
ben altro a cui pensare che non diede assai peso alle
parole pungenti di Souka e alla lite tra lei e il Madougu.
***
C’era un ragazzo con le spalle appoggiate alla parete di
mattoni messa esattamente dietro di lui, che sembrava aspettare qualcuno. Aveva
indosso un lungo soprabito, simile a quello di Kouga, ed era anch’egli un
Cavaliere. Per la precisione, un Cavaliere d’Argento dell’Ovest. Ma stavolta
non si trattava del giovane ReiSuzumura.
Jin, la persona in questione, vide
Kouga avvicinarsi a lui, e sollevò gli occhi da terra.
- Gonza mi ha detto che volevi
parlarmi. – disse per primo lo spadaccino.
- Infatti.- assentì il moro, poi
slegò dal petto le braccia che fino a pochi istanti prima aveva tenuto
incrociate, ed infilò una mano nella tasca interna dell’elegante soprabito- Ho
qualcosa per te. – dichiarò, porgendogli un pezzo di carta ripiegato.
Kouga prima di sollevare il
braccio, squadrò il foglio, ed infine si accinse a raccoglierlo.
Lo aprì e ci guardò sopra, trovandovi il nome e cognome di
una persona.
- Che significa?
Jin, forse per orgoglio, si girò
appena e guardò altrove. Non voleva farsi vedere da Kouga troppo preso da
quella faccenda.
Dopotutto, lui era il Cavaliere d’Argento dell’Ovest,
ragazzo riservato, taciturno, che pensava a fare il suo dovere. Tutto qui.
Ed anche se aveva ammesso di voler
aiutare il figlio di Taiga, beh, per lui, mantenere una certa “distanza”, era
una prassi.
-Ho detto che ti avrei aiutato. Sto
solo mantenendo la mia promessa. - Jin non era un tipo
che amava sprecare il suo tempo per fare semplicemente quattro chiacchiere.
- In altre parole, sta cercando di dirti
che quel tizio potrà fornirti tutte le risposte che cerchi. Semplice! – irruppe
Danda, il bracciale magico e chiacchierone.
- Dove posso trovare questa
persona? – Kouga sarebbe andato perfino in capo al
mondo pur di avere risposte.
- Nel villaggio del Kantai. E’ un
luogo che hai già visitato, no? – AncheJin sapeva dello scontro sostenuto da Kouga in quel
territorio, durante la cosiddetta “Notte Bianca”. Per cui, era certo che non
avrebbe avuto nessun tipo di problemi ad arrivare in un posto formato prevalentemente
da foreste e una manciata di abitazioni.
- Questa persona è un vecchio Cavaliere del Makai, e devi sapere che… - Danda stava per rivelare
qualcosa, ma il suo proprietario lo coprì con una mano, privandolo della
parola.
- Affinché ti riceva, devi
portargli un compenso. – aggiunse l’umano.
- Di che tipo? – rispose titubante l’interessato.
-Basterà del saké rosso. Ma non uno
qualunque. Una bottiglia di quello che producono nel
territorio del sud, sarà sufficiente. - Il saké di quella zona era molto
pregiato.
Il figlio di Taiga a dir la verità
rimase alquanto perplesso dalla strana richiesta. Ciò nonostante, preferì non
fare ulteriori domande, anche perché sapeva che Jin non avrebbe perso altro del suo tempo prezioso.
Ringraziò semplicemente il collega dell’Ovest con un
diligente inchino, dato che dirlo a parole non era proprio il suo forte. Ma quello era il suo modo di esprimere riconoscenza. Ed un
gesto così, fatto da un Cavaliere Magico che aveva la
fama di essere scontroso e solitario, valeva molto di più qualsiasi parola.
Dopo essersi congedati a vicenda, Danda, finalmente libero
dalla mano del suo padrone, riuscì finalmente a dire la sua: - Perché mai mi
hai tappato la bocca, piccolo Jin?!
– disse arrabbiato.
- Avresti certamente rovinato tutto, con quel tuo difetto di
parlare sempre a sproposito… – lo ammonì il ragazzo, e subito dopo sempre
stizzito aggiunse: - E smettila di chiamarmi “piccolo Jin”!
***
Varcata la soglia di casa, il Cavaliere
Mistico dell’Est chiamò a rapporto il fedele maggiordomo, e gli spiegò in breve
il dà farsi. Il gentile uomo assentì senza esitazione, poi scappò via, per
preparare la vettura con il quale avrebbe accompagnato
il suo signorino nel lontano distretto del Sud, per acquistare una bottiglia di
saké rosso.
Prima che il maggiordomo sparisse del tutto, Kouga gli
chiese un’ultima cosa: - Lei dov’è? Ho bisogno di dirle
che partiamo. – La “lei” in questione altri non era cheKaoru. Raramente il ragazzo usava pronunciare il suo.
Tranne in caso di pericoli immediati: a quel punto gli
usciva limpido come un cielo di primo mattino.
- La signorina è nella sua stanza- disse in un primo momento Gonza, e appena esitante aggiunse – A dire
il vero, si è chiusa lì dentro da quando voi siete uscito di casa.
Kouga storse un po’ le sopracciglia. Il comportamento di Kaoru gli era sembrato alquanto strano fin da quella stessa
mattinata. Evidentemente doveva esserci qualcosa che non girava per il suo
verso.
Si avviò su per le scale, costeggiò la parete di fianco ad esse, e in breve raggiunse la porta della camera, sbarrata,
dell’artista.
Bussò dapprima, dimostrando di possedere grande
educazione, e dall’altro lato si udì una risposta.
- Chi è? – disse la voce della mora. Ma
non era un suono pulito. Sembrava quasi un fascio di parole modulate da un
timbro instabile.
Kouga lo notò subito.
- Devo parlarti. – dichiarò semplicemente, con la chiara
intenzione di farla uscire allo scoperto.
Ma che cosa stava facendo
quell’artista, di così segreto, per chiudere la porta con una doppia girata di
chiavi, e restare da sola nel suo alloggio?
Forse un nuovo dipinto? Una collana di fiori? Un lavoro ad
uncinetto?
Ebbene… Niente di tutto ciò.
Kaoru si guardò brevemente
intorno. Il pavimento della camera era un disastro. A terra,
sparsi praticamente dappertutto, c’erano una miriade di abiti colorati
che per via del modo con cui erano stati riposti, sembravano essere sgualciti.
Dopo le parole di Souka, che criticavano il suo modo di
vestire, Kaoruvoleva a
tutti i costi trovare un indumento che potesse valorizzare al meglio la sua
femminilità. Praticamente aveva provato tutto ciò che
si trovava nel suo guardaroba: da quei pochi vestitini di cotone fino ad
arrivare alle ormai infinite magliette e pantaloncini che aveva. In effetti, in
quell’armadio c’erano troppe poche gonne.
- Adesso veramente non posso… - pronunciò dapprima, e
aggiunse svelta- Facciamo dopo, ok? – poi si guardò
rapidamente allo specchio: indossava i suoi soliti vestiti che, dopo le
affermazioni della bella Souka, la facevano sentire ancora più insignificante
di quanto in realtà lo fosse.
No, non poteva certamente farsi vedere in quello stato!
Tuttavia, la presenza dietro a quella porta chiusa non la
pensava allo stesso modo. Posò una mano sul pomello, e tentò di girarlo, ma
ovviamente non successe nulla.
- Non costringermi a buttare giù la porta. – enunciò lo
spadaccino, con un tono pressoché irremovibile.
- Tu… - premise lei, quasi tremante- Non lo faresti mai,
vero? – Infondo, sapeva bene che quello di Kouga era solo un falso pretesto intimidatorio per costringerla
ad uscire.
Difatti, lo spadaccino replicò quasi subito: - No- pronunciò
in un primo momento, ma non lasciò neppure il tempo necessario alla ragazza di
tirare un sospiro di sollievo che proseguì all'istante – Però
ho un duplicato di tutte le chiavi del palazzo.
Kaoru non poté fare a meno di
deglutire con tensione. Di sicuro se quella porta non l’avesse aperta lei di
sua spontanea volontà, lo avrebbe fatto Kouga! Questo pensiero la fece tremare.
Fu in quel momento che, raccogliendo sia un pizzico di coraggio sia il tubetto
dorato del rossetto regalatole da Souka, si convinse. Quindi,
sollevò il tappo del cosmetico, si portò velocemente davanti allo specchio, e
lo passò sulle sue pallide labbra che in un baleno divennero rosse come quelle di
una magnifica geisha. Sospirò, specchiandosi un’ultima volta, e finalmente
l’uscio della camera si aprì.
Kouga sentì lo scricchiolio della chiave all’interno della
serratura che sbloccò la porta. Dopodichè, seguitò il cigolio di quest’ultima, e… Fu per lui chiaramente una sorpresa,
scorgere un paio di labbra talmente rosse da far contrasto con il colorito di
un viso bianco.
Rimase fugacemente interdetto. Quella era la prima volta che
la vedeva truccata. Per cui anche l’espressione del volto lasciò che lo stupore
gli trapelasse con chiarezza.
- Ecco… - pronunciò flebile la ragazza, abbassando per
riflesso lo sguardo. Non riuscì a proseguire. Il battito del suo cuore era troppo
alto e l’agitazione tanta.
Questa volta fu lui a dire, o per essere
più corretti, a fare qualcosa.
Prese un fazzolettino di cotone bianco dalla tasca interna
del soprabito, e portò la mano che stringeva quel pezzo di stoffa sopra la
bocca di Kaoru. Tolse via il rosso dalle sue labbra
con un solo ma delicato passaggio. Poi guardò bene quella boccuccia che aveva
ripreso il suo vero colore, le adagiò una mano sotto al mento
e la toccò per la seconda volta, togliendo con la punta del pollice un ultimo frammento
di rosso rimasto ancorato su di un lato.
- Mi stava così male? – chiese a quel
punto Kaoru, presa alla sprovvista da quel gesto che
di sicuro la portò a temere il peggio. Pensò che a Kouga non gli avesse
fatto piacere vederla “conciata” in quello stato, e provò una tremenda vergogna
che per un istante le fece desiderare di scomparire in un luogo molto lontano, soprattutto
da lui.
Quando però si vide rispondere,
tutto cambiò. – Affatto – fece, e la guardò profondamente negli occhi. – Ma sembravi non essere a tuo agio. – Portò lo stesso sguardo
oltre le spalle della ragazza, su ciò che lo spiraglio della porta lasciava
intravedere. – Stavi forse cercando qualcosa? – domandò, per cercare una
spiegazione a quel disordine di vestiti sparsi dappertutto ed in subbuglio.
L’artista arrossì subito per via dell’imbarazzo, scosse il
capo, ma non le uscì granché da quelle labbra.
- Io… stavo solo… - fece appena, poi zittì per non
complicare ulteriormente la situazione.
Il rossetto sulle labbra, gli abiti in subbuglio… Forse Kouga aveva già capito, anche senza l’ausilio di una decente
spiegazione. Tuttavia tacque, ma fece in modo di non
farle pesare l’accaduto, e quindi cambiò discorso.
- Sto per partire. – le disse, ed il volto della mora parve
farsi cupo.
- E’ successo qualcosa? – domandò
preoccupata, si portò una mano in petto.
- Niente di grave. Devo prendere una cosa che si trova nel
distretto meridionale. Gonza verrà con me per accompagnarmi. Dovrei tornare
entro domani sera.
Quelle parole la presero in contropiede. Le
si lesse chiaramente in volto un pizzico di timore. Kouga non era mai
stato via per così tanto tempo. Ed
inoltre abitare in quel palazzo immenso, da sola, un po’ la intimidiva. E questo lo spadaccino lo capì al volo.
- Ci sarà Souka insieme a te. Non
devi preoccuparti.
- Già, è vero! – ammise sollevata, per un
attimo si era completamente scordata della cugina di Kouga. – Comunque- rettificò all’istante, mostrandosi la persona più
forte del pianeta- io non ho paura di restare da sola!
- Benissimo! – emise una voce. Quella di Zarba,
precisamente. – I fantasmi che abitano in questa dimora saranno contenti di
conoscere una coraggiosa ragazza come te!
Kaoru fu attraversata da un lungo
e pungente brivido glaciale: - Fa-fantasmi?! – balbettò con difficoltà la parola in questione.
Zarba e il ragazzo si lasciarono scappare un inizio di riso, e a quel punto
l’artista si rese conto della beffa. – Siete davvero odiosi! – sbottò, con
tanto di labbra sdegnate, ma dopo tornò inspiegabilmente seria. Fissò Kouga diritto in volto – Non so cosa tu debba fare, ma comunque sii prudente. Me lo prometti? – aveva un timbro
premuroso e tanto dolce al tempo stesso. Il ragazzo non poté fare a meno di
notare la cadenza di quelle parole accompagnate da una voce così amorevole che
avrebbe fatto sciogliere il cuore a chiunque. Le assentì, poi sorrise con la
forza di uno sguardo soltanto.
Lei chinò gli occhi e senza volerlo vide che egli aveva due
dita macchiate di rosso. Forse per via del rossetto che le aveva
tolto poc’anzi. Gli raccolse dalla mano lo
stesso fazzoletto che era servito a pulirle la bocca, e stavolta fu lei a
levare via quel colore.
Lo fece con cura ed attenzione, prendendo la mano del
Cavaliere, ed adagiandola nella sua.
Quanta tenerezza ostentò quella scena!
Era delicata, e aveva modi tanto dolci quasi quanto quelli
di una madre che accudisce con cura il proprio
bambino. Poi ad un tratto il fazzolettino le sfuggì dalle dita, volò a terra, lei
cercò di riprenderlo, ma non appena staccò la mano da quella di Kouga, quest’ultimo la afferrò.
Si guardarono dritti negli occhi.
Il motivo del perché avesse fatto una simile cosa, neppure lui
riuscì a spiegarselo. Non sapeva bene come, ma dentro di sé aveva sentito il
forte istinto di compiere quel gesto.
Ci fu un momento di silenzio in cui lui dischiuse le dita,
liberando così la gentile mano di Kaoru che anziché
staccarsi, rimase lì per, poco a poco, congiungersi
alla sua.
Tra la mano di Kouga e quella di Kaoru c’era una grossa differenza.
Erano due mani all’apparenza sì diverse, ma infondo tanto uguali.
E tutto ciò perché ciascuna non poteva
fare a meno del contatto dell’altra.
***
Come in un lampo, la sera era presto arrivata.
Fuori il cielo appariva quieto, ma benché non ci fosse
neppure l’ombra di una nuvola, in quel blu notte così denso
non c’era neanche una stella. Perfino la luna si notava appena.
Erano all’incirca le 22, ed a Souka Saejima
piaceva allenarsi all’aperto a quell’ora, soprattutto con un tempo sereno senza
neppure uno spiraglio di vento che la potesse
deconcentrare.
Nel frattempo, Kaoru aveva da poco
finito di riordinare la cucina che fino a qualche istante fa era completamente
invasa dal disordine di pignatte e scodelle varie. Si era
offerta di preparare la cena, ma la paura di sbagliare tra i fornelli, alla
fine le aveva fatto per davvero combinare un gran pasticcio.
Si guardò attorno, ed infine emise un sospiro
di sollievo: finalmente ogni cosa era tornata al proprio posto! Tuttavia, Kaoru sentiva il bisogno di
scusarsi con Souka, dato che il pasto serale non era andato a buon fine.
Si asciugò la fronte con il dorso asciutto della mano, poi raggiunse il giardino ma non vi uscì subito.
Restò immobile ed in perfetto silenzio ad osservare quella
splendida donna così elegante che si muoveva con armonia facendo volteggiare la
lama della spada con bravura. Sembrava quasi che al suo posto in quella mano
lei stesse reggendo un ventaglio, anziché un oggetto pesante come quello. Difficilmente
un’arma nelle mani di una donna sarebbe riuscita a compiere simili evoluzioni.
Doveva avere forza, quindi, Souka. Eppure
non aveva un fisico corpulento e massiccio, anzi!
Anche a Kaoru
sarebbe piaciuto potersi muoversi in quel modo. E la
cugina del signorino, per miracolo parve leggerle nella mente.
- Vuoi provare? – emise ad un tratto, cogliendo l’artista di
sorpresa, dato che mai e poi mai si sarebbe aspettata né di essere vista, e né
di essere letta nei pensieri. Ma come aveva fatto, la
bella Souka, a fare tutto ciò? All'apparenza le era sembrata così presa
dall’allenamento, che niente e nessuno avrebbe mai potuto attirare la sua
attenzione. Doveva essere proprio un tipo speciale.
Kaoru a quel punto fu costretta a
venire allo scoperto.
- Scusa, non volevo distrarti! – fece subito, con aria
sinceramente affranta. E riguardo alla sconcertante
proposta di Souka, aggiunse – Non riesco a tenere una padella in mano,
figuriamoci una spada…!
La dama vestita di bianco riprese
ad esercitarsi, e mentre lo faceva trovò anche il tempo per replicare con
parole senza dubbio pesanti – Colei che aspira a diventare la futura sposa di
un Cavaliere del Makai, deve essere ben preparata a
qualsiasi evenienza. E’ per questo motivo che molti di loro prendono in moglie
solo donne altamente addestrate nella lotta contro gli Orrori, e capaci di
badare a loro stesse anche in caso di pericolo.
A Kaoru quell’espressione suonò
con una certa inquietudine. Ma fu solamente in
seguito, che quell’inquietudine stessa si trasformò in una vera e propria
visione mostruosa del suo futuro.
Stando alle parole della cugina, Kouga prima
o poi l’avrebbe lasciata per scegliere una compagna più capace e più forte?
Lo avrebbe fatto per davvero, attenendosi così a quella sorta di regolamento
del tutto ingiusto, oppure come al solito se ne
sarebbe infischiato?
Non poteva sapere che cosa il futuro le avrebbe mai riservato,
e anche se lei era più che convinta di conoscere bene colui
che le aveva salvato la vita, non poté fare a meno di cadere nel baratro
profondo dell’angoscia.
Fu presto colta da un flashback
tremendo, in cui lei, braccata da un orripilante Orrore, correva a perdifiato
per le vie di una stradina buia, mentre Kouga la osservava da molto lontano senza
prestarle soccorso.
Si trattò di una visione agghiacciante che per sua fortuna
terminò grazie al suono della voce di Souka.
- Non ti senti bene? Sei di colpo
sbiancata.
Ritornata in sé, Kaoru non poté
fare altro che negare.
- Ero solo soprappensiero, tutto qui! – Ovviamente, mentiva.
Discese un silenzio destinato a durare poco, e la brunetta dal dolce sguardo
riprese quel pericoloso filo del discorso interrotto poco fa. – Se io imparassi ad usare la spada, pensi che a lui farebbe
piacere?
Souka sapeva già cosa rispondere.
- Gli faresti un
piacere, questo sì. – precisò netta – In questo modo non lo costringeresti ad
esporsi troppo per tirarti fuori dai guai.
Quel responso fu la molla decisiva
che portò Kaoru a prendere un’irrevocabile quanto
convinta decisione.
Avanzò con passo sicuro, poi d’un
botto esclamò caparbia: - Insegnami a combattere!
Fu proprio grazie a quella frase, che tutto ebbe inizio.
In una frazione di secondo, Souka mise nelle mani di Kaoru una spada. Non era particolarmente
pesante, ma sorreggerla e farla muovere con una certa rapidità, non doveva
essere una passeggiata.
Ed infatti, la prima mezz’ora la
cugina di Kouga la spese per insegnarle ad impugnare con risolutezza l’ansa
dell’arma.
- Tra te e la tua spada deve esserci prima di tutto feeling.
Se lei percepisce che tra di voi c’è sintonia, per
ringraziarti essa si farà più leggera, e vedrai il suo potere d’attacco
duplicare.
Kaoru ascoltò attentamente i
consigli della sua nuova istruttrice, e provò a metterli subito in atto.
Doveva e voleva essere degna di diventare,
in futuro, la sposa di quel Cavaliere. E per farlo,
era tenuta a trasformarsi in una persona completamente diversa. Tutt’altro che fragile ed indifesa.
Il suo Kouga, lei doveva meritarselo!
Souka le fece presto notare che aveva appena migliorato il
modo di tenere l’arma tra le mani, e ciò spinse la bella Saejima
a passare pericolosamente al contrattacco.
Presa così alla sprovvista, Kaoru
riuscì a stento a sollevare la spada davanti a sé, ma fu un’azione dettata per
riflesso, tutt’altro che consapevolmente
difensiva.
- Aspetta…! – esclamò, in preda al panico- Non credi che sia troppo presto per affrontare un duello?
L’altra non sentì ragioni, e si portò la lama della spada
davanti al volto: - Ci andrò piano, stai tranquilla. – caricò un nuovo attacco.
Stavolta la giovane Mitsuki non fu così fortunata:
l’impatto con quel fendente, oltre a farla cadere all’indietro, le fece scivolare l’ansa dell’arma dalle mani.
La dama vestita di bianco avanzò con passo lento ma deciso
verso di lei, e le appoggiò la punta della lama alla gola.
- Non dovresti mai permettere a nessuno di farti disarmare.
E’ un errore che potrebbe costarti caro. Ad esempio- antepose con un timbro
gelido, prima di assottigliare lo sguardo e caricare con forza il braccio che
impugnava la spada- la vita!
Durò giusto una manciata di
secondi, quell’azione. Souka ebbe soltanto il tempo di vedere la propria arma
volare letteralmente via perché colpita da uno spadino volante di ridotte
dimensioni.
Scattò con il capo verso destra, poi fulminò
l’inatteso quanto malgradito ospite con un’occhiata truce. Mosse rapidamente un
passo all’indietro, e corse a recuperare la spada. Fu un movimento talmente
rapido che neppure il più preciso dei cronometri sarebbe riuscito a segnalare il
tempo.
Le intenzioni della spadaccina furono abbastanza chiare:
Ingaggiò spedita un duello con colui che le aveva
appena tolto una preziosa quanto perfida opportunità. Ma solamente Souka sapeva
in realtà quanto fosse disumano quel suo pensiero.
Solo lei, ed il suo prossimo avversario: Rei Suzumura.
Kaoru si alzò svelta da terra,
restò immobile a fissare i due che non parevano affrontarsi in un combattimento
amichevole.
- Hey, vacci piano, sorella! Non vorrai mica ridurmi a
fette…! – la sfotté la Zanna d’Argento, e trovò ironico perfino farle un bel
sorriso.
Souka non lo gradì per niente. - Non ho mai permesso a
nessuno di togliermi la spada dalle mani! – tuonò bruscamente, ma non si limitò
solo a quello – Tanto meno ad un ragazzino impertinente come te!- Era a dir
poco furibonda.
- Modera le parole, umana! Di fronte a te c’è Zero, il
Cavaliere d’Argento dell’Ovest che ha combattuto al fianco di Garo per distruggere Meshia! –
replicò Silva, in preda alla collera. Il Madougu mai
e poi mai avrebbe permesso a qualcuno di disprezzare il suo giovane
proprietario.
Souka fece spallucce: - Sarà, ma resta pur sempre uno
sciocco ragazzino.
La Zanna d’Argento, nonostante la stesse fronteggiando con
una sola delle proprie spade, si parò il viso per bloccare l’ennesimo colpo
della giovane, e sollevò lo sguardo al cielo: - Le donne! Sfido chiunque a
capirle! – successivamente, afferrò con forza il polso
della mano in cui Souka reggeva l’arma, e la indusse ad abbassarla.
Ovviamente, alla cugina di Kouga
quel gesto così sgarbato non le piacque.
- Dovresti avere un po’ più di riguardo verso le donne.
Rei le si accostò al lato del viso,
ed a voce bassa le sussurrò all’orecchio: - Detto da una persona che di
riguardo verso gli altri non ne ha, suona strano. Pensa per esempio se Kouga venisse a sapere della tua
imperdonabile mancanza di riguardo a
cui ho assistito poco fa… - fece, sottolineando le parole giuste per farle intendere
che lui aveva capito quali fossero le sue vere intenzioni.
Souka si divincolò dalla presa che le impediva di muovere
liberamente il braccio, e lo sfidò con un’occhiata. - Che
cosa vuoi insinuare?
- Insinuare? L’ho forse fatto? Io non ho visto niente! –
dichiarò, alzando le mani- E tu, mia cara sorella? Per il tuo bene, ti
consiglio di fare la brava bambina. Dopotutto, è ciò che sei,
no?
Quale fu la risposta di Souka?
Soltanto una: gli tirò uno schiaffo in
pieno volto, ed andò via non prima però di avergli esposto con sdegno:
- Giocare con te non mi diverte più.
- Hey! – sbottò Rei, toccandosi la guancia dolorante con la
mano. – Ma si può sapere che diavolo ti ho fatto?!
La risposta arrivò presto: - L’hai fatta arrabbiare. –
commentò Silva, inoltre aggiunse – E a giudicare dall’impronta che hai sulla
guancia, direi anche parecchio.
L’altro si lamentò presto.
- Voi donne siete davvero un mistero per me!
Giunta nella propria stanza, Souka slegò con rabbia la coda
che teneva i suoi lunghi capelli legati.
Sbuffò pesantemente. In quello stesso attimo, lo sguardo le
finì per sbaglio sul ripiano della scrivania che si trovava all’interno
dell’alloggio. Incappò così nel regalo che le aveva fatto
la cosiddetta “futura sposa” di suo cugino. Quel fermaglio nero, elegante e
raffinato, lei sembrava odiarlo con quanto più disprezzo
avesse dentro. Sebbene in qualche modo si addiceva alla sua figura perfetta ed
elegante, non avrebbe mai ammesso a sé stesse, di gradire quel dono. E né tanto meno lo avrebbe mai indossato.
Ebbene sì: Souka la odiava. E per di più, pochi minuti prima aveva perfino tentato di… Beh,
diciamo sbarazzarsi di lei.
“Kouga, mi dispiace!
Ma un Orrore ci ha attaccate di sorpresa, e… Sono così
addolorata!”
Ecco, questo è quanto avrebbe riferito
al suo amato cugino, per giustificare il tragico accaduto.
In seguito lo avrebbe aiutato a superare la perdita, e poi
finalmente sarebbe stata lei la sola ed unica sposa del Cavaliere.
Ma perché Kaorunon
le era affatto simpatica?
Per gelosia? Perché in realtà quel
cugino piaceva anche a lei? In verità, entrambe le ipotesi. Ma
c’era anche dell’altro… Souka era più che convinta che Kaoru
non fosse interessata minimamente al cugino, bensì ai suoi averi.
E nessuno mai sarebbe stato capace
di levarle quel pensiero dalla mente.
Nel frattempo, in giardino Rei vide
Kaoru andargli incontro con un’aria preoccupata.
- Tutto ok? – gli domandò
dapprima, sfiorandogli con le dita della mano la guancia arrossata.
- Brucia un po’, a dir la verità. –
si lagnò. Ed il suo cuore, nell’istante in cui lo
sguardo cadde sul volto della ragazza, ebbe un sussulto. Fortuna
che durò poco. Anche perché fu Rei stesso a non
dargli una corda necessaria che lo avrebbe condotto molto probabilmente a
commettere un errore madornale.
- Vedrai che un po’ di ghiaccio andrà subito meglio! – gli
propose l’artista, successivamente lo fece accomodare
nel piccolo salotto della villa, quello a pian terreno che aveva due poltrone,
un divano a due posti, tavolino e scaffale di legno.
Seduto sul divano, da una ciotola che Kaoru aveva appena appoggiato sul ripiano del tavolo, con
diversi cubetti di ghiaccio, ne raccolse uno e lo accostò alla parte arrossata
del viso.
- Questo è quello che definirei “sollievo immediato”! –
esclamò, con beatitudine.
La mora sorrise, in seguito gli si accomodò a lato. Aveva
assunto un’aria alquanto mogia. – Per favore, non dire a
Kouga quello che è successo. Si arrabbierebbe
tantissimo… - abbassò lo sguardo come una persona piena di vergogna.
- Mi chiedi troppo… Quella specie di
bambolina antipatica stava quasi per…
- No, non è colpa sua! – si affrettò a dire, cercando di
giustificare il comportamento di Souka che non le era sembrato per niente
voluto. – Sono stata io a chiederle di insegnarmi a combattere. Ma l’idea si è rivelata un vero disastro… E penso che Souka
si sia arrabbiata con me perché mi sono fatta togliere la spada. Non era sua intenzione farmi del male, voleva soltanto
sgridarmi.
- Beh, per sgridare qualcuno, non c’è bisogno di… - Rei si
trattenne dal pronunciare quel pezzo, in quanto a Kaoru
non avrebbe fatto immensamente piacere. Comunque, se
ne avesse avuto l’opportunità, allora avrebbe finito dicendo “tagliare la gola
del proprio allievo”. Già, perché per lui era palese: Souka
avrebbe finito col tagliarle sul serio la gola, se fosse arrivato anche solo un
minuto più tardi. – Perché ti interessa così
tanto imparare a combattere? La tua passione non è forse la pittura?
Kaoru s’irrigidì presto. Non
poteva raccontargli la faccenda nei minimi dettagli. Quella in cui la sposa di
un Cavaliere doveva rispecchiare determinate caratteristiche. Era certa che il
giovane avrebbe finito col deriderla, magari dicendole di non fantasticare troppo
su questioni che avrebbe potuto non avercelo per niente, un senso. “Kouga non
ti scaricherà mai” le avrebbe forse dichiarato. E magari sarebbe corso a riferire l’accaduto allo stesso
Kouga.
Ma quello proprio non doveva
succedere. Kaoru doveva tacere!
La prima cosa che fece, fu quella di scuotere
irrimediabilmente la testa.
Poi di botto esclamò: - Era per scaricare la tensione! Tutto
qui! – e sorrise. O
perlomeno, cercò di fingere nel farlo.
- Esistono tantissimi modi sicuramente più piacevoli per
scaricare la tensione. – Rei la guardò dritta in
faccia. Kaoru rimase lungamente perplessa. Che lui stesse in realtà alludendo a qualcosa? Quest’ultimo notò la sua perplessità, e per farla breve,
con schiettezza aggiunse: - Hai o no un ragazzo?
- Si, ma con questo…?
La Zanna d’Argento scosse il capo, con un gesto ormai di
rassegnazione. Kaoru era propria un’ingenua bambina!
dovette pensare in quel momento.
- Potreste per esempio uscire insieme per una di quelle
passeggiatine romantiche al chiaro di luna, entrambi mano nella mano…! – le disse, illustrandole perfettamente la scena
soltanto con l’ausilio delle parole. – Dopotutto, siete pur sempre due giovani
innamorati!
Quei discorsi la fecero terribilmente arrossire. Le ci volle
un po’ per tornare tranquilla.
- Dubito che Kouga abbia così tanto
tempo da potersi permettere di fare una passeggiata. – dichiarò in tono
abbattuto. Poi si mise pensierosa. – Che tu sappia,
c’è forse qualcosa che ultimamente lo preoccupa?
- Eh? – replicò Rei, fingendo di non capire- Qualcosa che lo
preoccupa?
- Sì, non so, magari problemi con il lavoro, legati agli
Orrori, oppure qualcosa di personale… - spiegò meglio.
Il giovane Suzumura fece la parte
di colui che si era messo a riflettere, dando alla
propria recitazione un tocco veramente realistico. Sospirò, con aria affranta:
- Mi dispiace, non lo so proprio! – ovviamente, era una bugia. Ma non poteva tradire la fiducia di un amico che lo aveva
pregato di mantenere il segreto. – Perché mi hai fatto
questa domanda? E’ forse successo qualcosa tra di voi?
- No, affatto… E’ solo che negli ultimi tempi sembra un po’ inquieto…
Come se ci fosse qualcosa che lo mettesse in apprensione, o... – poi scosse il
capo- Ma forse è solo la mia fantasia!
Rei concordò, reggendole quello che a sua insaputa era solo
un gioco.
- Già, magari un po’ di stress. – le posò con garbo una mano
sulla spalla, per rincuorarla. – Vedrai che non è niente!
Poco prima che il ragazzo lasciasse
l’abitazione, davanti all’uscio di casa Kaoru gli
lanciò un saluto. E fu in quell’attimo che le venne in
mente di chiedergli una cosa.
– A proposito! – urlò, affinché la potesse sentire – Che
cosa ci facevi da queste parti?
Rei si girò appena. - Nulla di
particolare. Sono capitato qui per caso! – disse, ed infine proseguì il
tragitto.
- Per caso, eh? – gli ripeté Silva, intonando una vocina
maliziosa – Non ti sembra di aver detto un po’ troppe bugie, questa sera?
Rei fece spallucce.
- Una più, una meno non fa
differenza.
- Però potevi almeno dirle che era
stato Kouga a chiederti di passare a dare un’occhiata.
- E ricevere in cambio un altro
schiaffo? – Rei sollevò in alto le mani, poi assentì
con certezza- No grazie!
Fine episodio
I VANEGGIAMENTI E LE
RISPOSTE DI BOTAN:
Allora, pochi vaneggiamenti questa
volta…
*e fu così,
che tutti fecero festa*
^__^,
Ho aperto da poco il mio primo blog, quindi sto cercando di capirci qualcosa e di
sistemarlo come si deve (ardua impresa), perché in materia faccio parecchio
pietà…
Prima di passare alle risposte, volevo
dirvi una cosa in particolare… (e qui mi ricollego alle parole di stelly89_s riguardo al fatto che lei
ascolta musica quando legge le fanfic)
UN
MIRACOLO!!!
Mi sa che ho trovato il modo per
sfornare capitoli a raffica e nel più breve tempo possibile, della GSS!!!
E’ successo per caso, (come mi capita
la maggior parte delle volte), una notte stavo ascoltando una canzone dei KAT-TUN
intitolata “PreciousOne”, mentre
scrivevo il capitolo 19 della storia, e da lì mi sono accorta che più sentivo
la canzone, più scrivevo, ed oltretutto senza problemi, così, libera come il
vento!
Ragazzi una figata
pazzesca, ve lo giuro!
Ma il bello è che mi capita solo con
quella canzone… Oltretutto non rientra neppure nella mia top 10 di brani
preferiti… Boh, non so proprio cosa dirvi… Sarà la
melodia, sarà un po’ il significato del testo, oppure si tratta semplicemente
di un fattore psicologico, tutto qui, ad ogni modo con Precious
One filo come un razzo! Tant’è che ho appena finito
di scrivere il 22°capitolo!
Ma la cosa assurda è che il motivetto non mi stanca affatto. Imposto il lettore mp3 sulla
ripetizione continua di quel brano, e in una sera mi capita
spesso di ascoltarla una decina di volte di fila, fino alle 4 del mattino.
Solitamente anche con le mie canzoni preferite, già dopo i primi due ascolti,
mi viene voglia di cambiare, però con questa no.
Proprio non me lo so spiegare…!
Per
akiko: La tua recensione mi ha fatto parecchio sorridere! Eh, Souka quei sassi se li merita
proprio… Soprattutto in questo capitolo! Sono sicura che adesso la vorrai
ammazzare per davvero! Tuttavia, nel prossimo episodio forse cambierai idea,
almeno lo spero per Souka!
Alla prossima!
Per
_Elentari_: Mammina, Elentari…!
Quello che hai scritto a fine recensione, mi fa morire dal ridere!!Ti immagino, con i nipotini che
leggi al computer l’ottocentesimo capitolo di questa fanfic!
Oppure anche l’ottocentesima serie! Altro che secondseason…! XD
Per
seasons_girl: Che bello sapere che i miei
capitoli ti facciano tornare il sorriso! ^__^ Mi fa stare bene anche a me!
Ok, ho inserito l’altra anticipazione,
cercando di mantenermi sul vago, ma ho sempre un po’ paura di spifferare
troppo… Tu cosa ne pensi?
Comunque, puoi anche smetterla di prostrarti ai
miei piedi…! Mi fai diventare troppo rossa…! Un abbraccio fortissimissimo!!!
Per stelly89_s: Ah, sì! AyumuHamasaki la conosco, non
bene, però ne sento spesso parlare. E’ considerata insieme adHikaruUtada (che conosco
poco o niente) una delle regine del pop giapponese…! Io però mi accanisco
sempre, e non so perché, su personaggi meno popolari… Forse è solidarietà? ^__^
Comunque no, prima di tutto mi innamoro della canzone,
e poi vado a cercarmi chi la canta… ecco il perché! Faccio sempre così!
Tornando alla
storia, a quanto pare abbiamo un’altra persona che
vuole ammazzare Souka…! Eeh…
l’avevo previsto, perché il personaggio è proprio odioso, e se poi si mette in mezzo
ai due bombolotti (Kouga e Kaoru), è ancora peggio!
Comunque, sappi che tutto ciò che scrivi nelle recensioni,
anche se a te può sembrare ripetitivo, per me è sempre nuovo! Quindi non farti problemi, e scrivi ciò che più senti di
dire, perché spesso sono quelle le parole più vere! Un bacio!
Vi abbraccio tutti calorosamente, e vi
aspetto al prossimo episodio corredato anche di disegno!
Botan
ANTICIPAZIONI:
Dubbi, incertezze
e voglia di cambiare… Kaoru cercherà di diventare più
forte, ma la situazione le sfuggirà di mano, e mentre fuori un violento
temporale avvolgerà ogni cosa, un avvenimento inaspettato le farà crollare
tutti i suoi sogni. Riuscirà l’intrepido Cavaliere dell’Est a rimettere a posto
ogni cosa?
Questo e molto altro nel prossimo
episodio: #09 Diluvio.
Lassù il cielo di quel tardo pomeriggio aveva un colorito spento, dai
toni del grigio
Diluvio
#09
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
Lassù il cielo di quel tardo pomeriggio aveva un colorito
spento, striato da un manto di nuvole opprimenti dai toni dell’avorio e del
grigio. Da un momento all’altro sarebbe venuto presto a piovere. E a giudicare dall’odore intenso ed umidiccio che si poteva respirare
nell’aria, certamente non sarebbe stato un comune temporale.
Kaoru si affrettò a rincasare alla svelta,
ma prima di richiudersi il pesante portone del palazzo alle proprie spalle, gettò
un’occhiata al cielo.
- Che tempaccio! – esclamò, mentre
un lieve brivido ghiacciato l’attraversò tutta. Richiuse alla svelta l’uscio
per impedire ad un fascio di venticello sottile di accomodarsi in casa ed
invadere il piccolo ingresso, ovvero la pre-hall che
conduceva mediante l’apertura di un ennesimo portone, alla vera e propria hall
principale del palazzo. Si tolse la tracolla della sacca marrone che portava
sulla spalla, ed entrò nel piccolo salone di fianco a lei. La posò
momentaneamente sulla seduta del divano, e qualcosa in quella stanza attirò la
sua attenzione. Da una delle finestre, malgrado il
tempo instabile, intravide qualcuno.
Souka non aveva rinunciato ai suoi allenamenti quotidiani in
compagnia della propria spada.
Kaoru si avvicinò alle lastre della finestra, ci accostò una
mano, e restò lì, come incantata, a guardarla combattere da sola contro il
vento.
Come poteva una ragazza come lei, che era riuscita a
sopravvivere al contagio del sangue di un Orrore, gettare la spugna? Durante
tutta la notte non era riuscita a chiudere occhio. Non aveva fatto altro che
rigirarsi di continuo tra le lenzuola del letto, e soppresso la testa più volte
sotto il cuscino, con la speranza di soffocare i pensieri.
Quel tipo di
pensieri.
Essere una donna debole, fragile, con il
bisogno costante di protezione, quindi la preda ideale per quelle infide
creature demoniache chiamate “Orrori”. E se un
giorno una di loro avesse tentato di rapirla per ricattare Kouga? E se un giorno lei si fosse trovata in pericolo, sarebbe
riuscita a cavarsela senza l’intervento di nessuno? E
se…
Kaoru non ne poteva più di tutti quei “se”, di tutti quei cattivi pensieri che l’avevano assalita subito
dopo le crude quanto veritiere parole di Souka.
Ne era sempre più convinta: Kouga
doveva meritarselo!
Per quanto ancora avrebbe pesato su di lui? E per quanto tempo ancora lui le sarebbe restato accanto? Prima o poi era certa che un giorno o l’altro quel taciturno
Cavaliere si sarebbe stancato di farle da balia, proprio come le aveva detto la
stessa Souka, la sera prima in giardino. Ormai ne aveva
la certezza: era solo questione di tempo. Forse un annetto
al massimo, e la meravigliosa quanto impossibile fiaba tra lei e Kouga si
sarebbe conclusa. E magari chissà, il cuore del giovane
paladino avrebbe iniziato a palpitare proprio per la splendida cugina, che
meglio rappresentava la protagonista di una favola tra un Cavaliere e la sua
Principessa.
Ma poteva Kaoru permettere che
accadesse una simile cosa?
La mano poggiata sulla lastra di vetro della finestra,
lentamente si chiuse a pugno. In un certo senso, quel gesto fu la sola
risposta.
No! Lei non poteva sopportarlo. Avrebbe fatto quanto in suo
potere per impedire che il destino apponesse a quella storia la parola “fine”.
Lanciò uno sguardo all’orologio appeso alla parete. Kouga
sarebbe tornato verso sera. Per cui, di tempo a Kaoru gliene restava ancora un
bel po’.
Sì, ma per fare che cosa?
Raggiunse di corsa la maestosa hall, e in seguito si spinse
verso una delle porte che non avrebbe mai dovuto varcare. Perlomeno, non da
sola.
Ebbene sì, l’artista si ritrovò
molto presto nello stanzone semi oscuro dove solitamente Kouga svolgeva i suoi
allenamenti più duri: L’ala riservata ai Cavalieri Mistici.
Il luogo dove lo stesso Kouga le disse, quando Gonza tempo fa la condusse lì, che vi potevano accedere solo
le persone di cui egli si fidasse di più.
La mora aveva visitato quel posto soltanto una volta. Ma in quel periodo era talmente presa dalla battaglia che
presto ci sarebbe stata tra Garo e Barago, che adesso manco se lo ricordava più.
Il pavimento, diversamente dal resto di tutta la villa, era stato
lastricato con mattonelle di pietra color biscotto, mentre attaccate alle
pareti vi erano diversi candelabri d’ottone a tre fiamme,
che rischiaravano solo alcuni angoli della zona. Kaoru deglutì, poi aggrottò la
fronte con aria pensierosa e si guardò intorno. Effettivamente, un posto tetro
e misterioso come quello, avrebbe fatto paura a chiunque. Nella poca luce,
intravide un supporto di legno per le spade, puntellato al muro. Gli si
avvicinò, e cercando il più possibile di fare
attenzione, alzandosi sulle punte dei piedi, raccolse l’ultima nonché la più
vicina a lei delle spade che vi erano appese.
Si trattava di un pezzo assai vecchio, per sua fortuna
composto da normale ferro anziché Animetallo. Una
semplice umana non avrebbe mai potuto sorreggere una spada fucinata da un
materiale esclusivo come quello.
Nel modo in cui le aveva insegnato
Souka, si affaccendò ad impugnare l’ansa tinta di blu con ambedue le mani:
Stavolta avrebbe fatto tutto da sola, senza richiedere l’aiuto della dama
vestita di bianco, e così iniziò subito ad esercitarsi.
***
Seduto al fianco di Gonza, nell’autovettura che il buon
maggiordomo stava con diligenza guidando verso casa, Kouga teneva tra le mani
un involucro di carta che ricordava a prima vista la
sagoma di una bottiglia. Probabilmente doveva trattarsi di quel famoso saké
rosso prodotto nel territorio meridionale, che avrebbe poi dovuto regalare al
vecchio Cavaliere Mistico del Kantai.
La macchina nel frattempo si era fermata. Gonza aveva
innestato la prima marcia con un cambio ormai antiquato, tipico di un’auto
d’epoca come quella, spinto la frizione ed infine premuto il piede sul pedale
del freno.
- C’è un traffico incredibile, signorino. – gli comunicò con
voce desolata, mentre fissava davanti a sé e con aria affranta una lunga coda
di macchine ferme che pareva non aver fine. Poi prese
dal cruscotto un foulard colorato, e lo usò per tamponarsi la fronte sudaticcia.
Sebbene il cielo fosse carico di nubi, c’era un alto tasso di
umidità che circolava imperterrito nell’aria. Era un clima afoso, che
attendeva l’arrivo di una bella tempesta per potersi rinfrescare. Ma non era il solo a desiderare ciò. Anche
Gonza aspettava con gioia la venuta del temporale. - Temo proprio che resteremo
fermi qui per un bel po’… - continuò, sempre più abbattuto, picchiettandosi la
fronte spaziosa con quel fazzolettino bordò a pois blu, che pareva essere il
suo unico sollievo.
Kouga guardò la lunga fila di auto
ed emise sommessamente un sospiro. In un secondo momento, volse il capo alla
sua destra, in direzione del finestrino accanto, proprio nel luogo in cui si
trovavano una successione interminabile di negozi, ed uno di essi
attirò stranamente la sua attenzione. Rimase con lo sguardo
fisso lì, quando ad un tratto, voltandosi verso Gonza, domandò:
- Quanto pensi che ci vorrà, prima che il traffico riprenda
a scorrere e ci faccia ripartire?
L’uomo sporse brevemente il capo fuori del finestrino, e con
certezza affermò: - Non meno di 20 minuti! – scosse con tribolazione la testa,
ma quando vide Kouga aprire lo sportello della macchina, nel bel mezzo
dell’ingorgo, e scendere, si trovò spiazzato. - Ma,
signorino…! – biascicò, preso così, alla sprovvista- Dove state andando?
- Quando tornerò scommetto che
sarai ancora qui. – disse solamente, e richiudendosi alle spalle la portiera
della vettura, se ne andò verso l’esercizio
commerciale visto poc’anzi.
Gonza lo seguì con lo sguardo, poi gettò anch’egli un occhio
alla vetrina di quella boutique, e fu solo allora che capì il perché di tanta
fretta.
Non c’era bisogno, infondo, di allarmarsi,
e semplicemente sorrise.
***
Era stanca morta. Per riprendere un po’ di fiato, Kaoru si
era lasciata letteralmente cadere a terra. Di fianco a lei, su quella stessa
pavimentazione color biscotto, si trovava anche la causa della sua fiacchezza.
Si girò accidiosa con la testa, e rivolse uno sguardo alla
spada.
- Io e te non abbiamo nemmeno una
briciola di feeling. – mormorò abbattuta, sbuffando quasi con una punta di rabbia.
Per l’ennesima volta aveva fallito. E non riusciva
proprio a darsi pace. Si voltò ancora, stavolta prese a
guardare il soffitto che, a dirla tutta, a causa dell’oscurità non si vedeva
nemmeno.
Le uniche cose con cui riusciva ad avere feeling, erano matite,
pennelli e colori.
Pensò in quell’istante proprio a ciò che le riusciva meglio,
ovvero dipingere. Ricordò una ad una
tutte le tele che aveva creato da quando la passione per il disegno e la
pittura le avevano rapito il cuore.
Ma quando le riaffiorò nella mente anche
il primo dei tanti ritratti fatto a Kouga, improvvisamente le risalì l’angoscia.
– Non basteranno pennelli e matite a difendermi da quelle malvagie creature…! –
sull’orlo di una crisi di nervi, si infilò una mano
tra i capelli.
Vide subito che la fronte era parecchio sudata. In quel
luogo completamente chiuso e privo di finestre, doveva fare molto caldo. Si
alzò da terra, raccattò la spada per rimetterla al proprio posto, e per farlo
raggiunse il supporto di legno assicurato alla parete di fronte a lei.
Si alzò nuovamente sulle punte dei piedi, ed allungò
entrambe le braccia verso l’alto per appendere l’oggetto nel giusto posto. Al
primo tentativo non ci riuscì, per cui decise di
spingersi ancora un pochino più su, finché la spada non le parve raggiungere correttamente
il suo alloggio. Sì, perché quella di Kaoru fu solamente
un’impressione. C’era davvero troppa poca luce, nello stanzone, e le
ombre ingannarono i suoi occhi al punto di farle mollare la presa, benché
l’arma non si fosse perfettamente incastrata nella sede. Si schiodò da lì quasi
subito, prevedibilmente, ma la pittrice fu colta alla sprovvista, e…
Accadde l’irreparabile.
Nel finire giù a picco, la tagliente lama le lambì il
braccio destro.
Soltanto appena. Per sua fortuna.
Kaoru emise un gemito di dolore, poi si afferrò l’arto
ferito con la mano, e la faccia si contrasse in una smorfia di repulsione. Appena sopra il polso, si era aperto un taglio lungo
all’incirca una decina di centimetri.
Per istinto, la prima cosa che fece, fu quella di soffiare
sopra la ferita.
- Accidenti e quanto brucia! – piagnucolò e corrucciò la
fronte per via del fastidioso dolore. – Possibile che io non ne combini mai una giusta? – aggiunse poco dopo, con fare
collerico verso sé stessa.
Si guardò rapidamente intorno, poi guardò
ancora in terra e vide che le chiazze di sangue avevano già sporcato il
pavimento.
Doveva tamponare quel brutto taglio, ed anche alla svelta.
Corse via, dritta verso l’uscita, ma quando si ritrovò nella hall, beh… iniziò a desiderare fortemente di
trasformarsi nella donna invisibile di uno dei tanti fumetti che leggeva suo
padre da ragazzo.
Ebbene, con un’ora scarsa di anticipo,
Gonza era già lì, ma… non da solo, naturalmente!
Di fianco a lui, Kouga si era da poco sfilato il soprabito,
e in quello stesso attimo sollevò lo sguardo verso la fine della sala, proprio
in direzione di una Kaoru che quando lo vide rabbrividì
all’istante.
Per di più, il signorino aveva notato che alle spalle della
ragazza, il portone della fantomatica “ala riservata ai Cavalieri”, meglio
conosciuta come la stanza più inaccessibile del palazzo, era spalancato. Senza perdere
tempo, la raggiunse alla svelta.
Con un gesto istintivo, la prima cosa che fece Kaoru fu
quella di nascondersi il polso ferito dietro la schiena.
- Bentornato! – esclamò, fingendo di
essere calma, ma il suono della voce la tradì spudoratamente. Cercò anche
di sorridere, tuttavia si vedeva che quel gesto non aveva granché di vero. Era
innaturale.
-Perché la porta è aperta? – gli
chiese immediatamente Kouga, e come c’era da aspettarselo, lei trasalì di corsa.
Tentò di trovare una risposta, ma prima ancora aggirò come
meglio poteva la domanda: - Hai fatto buon viaggio? – Quella fu una pessima
mossa. Nel cercare di apparire la ragazza più gentile ed affettuosa del
pianeta, Kouga si accorse subito della trappola, e non cadde nell’inganno.
- Perché è aperta? – ripeté. Stavolta
le parole e la voce non gli uscirono con tanta gentilezza.
- Ti riferisci a questa porta? – Kaoru puntò il pollice
della sinistra dietro le proprie spalle, cercando di guadagnare ancora tempo.
Sperava di farsi venire in mente una giustificazione plausibile. Poco dopo trovò
una sorta di “surrogato” di quella stessa giustificazione. – Era già aperta,
stavo per venire a controllare... Ma non sono entrata!
– disse all’istante per tranquillizzarlo. Oltretutto tentò di
essere convincente.
Tuttavia, nel vederla deglutire con i
nervi a fior di pelle, Kouga capì che stava mentendo. Sentiva che c’era
qualcosa di strano sia nella voce, e sia nel modo di muoversi di Kaoru. Ed infatti, vide subito che la ragazza teneva la mano destra
dietro la schiena, come a voler celare qualcosa.
- Che cosa stai nascondendo? –
chiese presto, additando l’arto con un cenno degli occhi.
Il cuore della pittrice iniziò a battere forte. Si trovò in
balia del panico più totale.
Così, nella confusione disse: - Veramente, c’è stato un… - si
trattenne, e poi ebbe la dabbenaggine di lasciarsi scappare – Non è niente di
grave!
Kouga a quel punto capì che la situazione era molto più
complicata del previsto. E quando intravide delle gocce di
sangue precipitare verso terra e macchiare il pavimento, fu a quel punto che ebbe
un sussulto improvviso.
- Fammi vedere! – gli ordinò con fare allarmato.
Quello, voleva essere un ordine, anziché una semplice richiesta.
Per istinto Kaoru scosse il capo. Cercò anche di
indietreggiare con un passetto, ma lui glielo impedì afferrandole con forza
l’avambraccio.
- Ahi! – gemette, proprio nell’istante in cui il signorino
Saejima, scoprendole il polso, s’imbatté in quello che aveva tutta
l’impressione di essere un gran brutto taglio.
Ovviamente, ciò che vide non lo portò di certo a calmarsi!
- Che cosa è successo?! – sentì il
bisogno di guardarla dritta negli occhi, ma lo fece con una certa durezza.
L’altra aprì la bocca per parlare, ma a
dire il vero, non sapeva bene che cosa rispondere.
- Non è nulla! – rispose ancora, come se quella ferita che
le aveva lacerato la pelle, fosse da considerarsi
assolutamente normale.
- Un taglio del genere può soltanto essere stato provocato
da qualcosa di veramente affilato. – appuntò Zarba, prendendo al volo la
verità. E, di fatto, finì il resto della frase
cogliendo esattamente nel segno- Non ti sarai messa a giocare con degli oggetti
appuntiti, spero!
Kouga la fissò ancora, stavolta con più insistenza: - E’
così? – A quel punto mentirgli sarebbe stato pressoché inutile. La mora
corrucciò un po’ le labbra. Sapeva bene che non avrebbe mai potuto fingere, o quantomeno,
portare per le lunghe quella che fin dal principio si era dimostrata
un’instabile farsa. Abbassando un pochino la testa, con le spalle al muro fu
costretta ad annuire e, ciò non la salvò dall’essere sgridata in pieno. Il sospiro
che emise il ragazzo, stavolta non sembrò per nulla rassicurante. E di contenere quelle parole, lui non ne voleva proprio
sapere. - Si può sapere che cosa ti succede?!
Kaoru trasalì. - Io… -pigolò,
incespicando per via della paura- volevo solo imparare ad usare la spada. – riuscì
a pronunciare, ma era piena di vergogna, mentre l’altro in un primo momento
sembrò non capire il perché di quel desiderio. Perchémai Kaoru avrebbe desiderato apprendere
una simile arte? Lei cercò come meglio poteva di
spiegargli l’accaduto. – Ne ho presa una di quelle che si trovano appese al
muso della stanza, ma quando ho cercato di rimetterla a posto… - trattenne il
fiato, lo guardò con il batticuore, e poi dopo un tergiversare snervante per
entrambi, concluse - mi è caduta addosso. – I battiti del suo cuore ormai non
si contavano più. Socchiuse un po’ gli occhi, pronta a
ricevere un rimprovero che come una saetta in mezzo al cielo le arrivò addosso
all’istante.
- Ti rendi conto del rischio che hai corso?!
Sei stata un’incosciente!– la voce di Kouga rintronò in tutta la hall, facendo tremare come non mai la ragazza che non
ebbe la forza neppure di rispondere. Kaoru non lo aveva mai visto così…
arrabbiato. Stavolta pensò che gli aveva proprio fatto
perdere le staffe, ma se lo meritava dopo quello che aveva fatto, era stata
proprio una vera incosciente.
Kouga era agitato, forse più della stessa Kaoru, ma
soprattutto per un solo attimo sentì la paura divampare in lui con prepotenza.
E se la lama di quella spada,
anziché sfiorarle il braccio, l’avesse colpita in modo assai più letale? Cercò
di non pensarci, e soppresse quella brutta possibilità in un lampo.
In verità, dello strano comportamento di
Kaoru, se n’era già accorto da un po’. Più precisamente, dall’arrivo
della cugina.
Cercò di riacquistare perlomeno un briciolo di calma, così
riuscì a continuare – Perché vuoi imparare a
maneggiare la spada? – Voleva farla arrivare al nocciolo della questione.
L’altra tergiversò ancora prima di rispondere: - Voglio
essere indipendente- dichiarò in un primo momento, e con lo sguardo sempre più
convinto aggiunse d’un botto- Voglio che tu non ti
debba sempre preoccupare per me, e anche se sono una ragazza qualunque, voglio che
tu sia fiero di me! – Kaoru disse tutto ciò con una foga tale che alla fine non
aveva più fiato.
Il Cavaliere del Makai rimase interdetto. Zarba al contrario
appurò subito una cosa: - Il tuo pulcino spennacchiato ha avuto un improvviso
calo di autostima.
Lui non se ne curò e quindi proseguì: - Chi è stato a
metterti in testa queste strane idee?
Kaoru alzò un pochino gli occhi, lo guardò in faccia
brevemente, e poi li abbassò ancora.
- Ecco… Souka ha detto che…
- Souka?! E’ stata lei?! – reagì malamente, senza neppure darle l’aggio di finire la frase.
Fu travolto da una folata improvvisa di emozioni come
stupore e rabbia.
- No! Lei non centra! Non è colpa sua se mi sono ferita!
- Ha parlato anche troppo. Ecco qual è la sua colpa. –
sentenziò secco. Sembrava più che inamovibile. Anzi, lo era. – Gonza! – chiamò,
affinché il maggiordomo medicasse la ferita di Kaoru.
Il buon Kurahashi sopraggiunse seduta stante invitando la
signorina a seguirlo con sé, mentre il figlio di Taiga prese ad incamminarsi
verso il giardino con un’espressione minacciosa stampata in viso.
- Ti prego! – la giovane cercò di andargli dietro – Non prendertela
con lei! – fece, quasi supplicandolo. Quest’ultimo però non le rispose.
Una volta fuori, quando la cugina lo vide sopraggiungere, cessò
di usare la spada. Si girò e lo guardò bene in volto.
Con garbo chiese: - Che c’è?
Kouga non fu altrettanto gentile.
- Lo sai bene! – tuonò bruscamente. Souka,
lanciando un’occhiata furtiva verso la soglia d’entrata che conduceva dritta in
casa, nel vedere Kaoru che si teneva il polso della mano sporco di sangue,
comprese il perché di tanto sdegno da parte dell’altro.
- Non pretenderai mica dare la colpa
a me, spero! – pronunciò, come a volersene lavare le mani. Dopotutto, lei
questa volta non centrava niente.
“Kouga!” stava quasi per dire Kaoru, ma si trattenne.
Non avrebbe mai dovuto fare il nome di Souka. E di questo ne era più che consapevole. Gonza le consigliò di
farsi al più presto medicare, poi la portò via da lì, e nonostante un attimo di esitazione, alla fine si convinse a seguirlo.
- Perché le hai raccontato quelle cose?!
– chiese bruscamente il signorino. Era più che collerico nei riguardi della
cugina.
- Le ho detto solo la verità. –
sentenziò semplicemente l’altra. – E’ forse un reato? Inoltre, lo sai bene
anche tu che la moglie di un Cavaliere del Makai non può essere una donna
qualsiasi.
- Sciocchezze! Non c’è nessun regolamento che lo vieti!
- Confermo! – asserì prontamente Zarba, accodandosi alle
parole del suo possessore. – In quanto spirito millenario, conosco
perfettamente a memoria il codice dei Cavalieri Magici. – si vantò presto.
Souka con scioltezza rinfoderò la propria spada, e benché il
regolamento lo conoscesse benissimo, non poté fare a meno di ricordargli una
cosa. - Anche tuo padre decise di sposare una
promettente sacerdotessa. Ma correggimi se sbaglio, ti
prego! – sembrò beffarlo infine.
- Non sbagli affatto. – sintetizzò
Kouga. E dopo un istante di riflessione, richiamando a sé l’immagine dei suoi
genitori, dichiarò con una semplicità unica: - Ma lui decise di sposarla perché
ne era innamorato.
A Souka le sfuggì un sottile
sorriso. – E tu, sei veramente convinto che quella
ragazza lo sia di te?
La domanda lo fece innervosire. - Cosa
stai insinuando?
Ancora una volta la Spalla
Mistica rise.
- Una bella villa, ed un ingente patrimonio lasciato in
eredità dal defunto padre farebbero gola a chiunque. – insinuò, con grande cattiveria. E quell’affermazione, di cattiveria, ne aveva veramente tanta.
Per Kouga fu addirittura troppa.
- Ne ho abbastanza delle tue intollerabili insinuazioni! –
sentenziò bruscamente. Ma la sentenza più grossa e
pesante, arrivò dopo- Raccogli le tue cose, e tornatene a casa!
Dopo quelle parole, pronunciate con un astio ed un disprezzo
che chiunque, anche se si fosse trovato a chilometri di distanza da lì, avrebbe
potuto percepire, Souka parve trasformarsi in una
statua di ghiaccio. Stentò quasi a credere che suo cugino le avesse detto di andarsene.
Il lampo di un tuono attraversò il cielo, squarciandolo in
seguito con un fragoroso boato.
Kouga rientrò in casa lasciandosi alle spalle la dama dalle
vesti bianche che, immobile in giardino, rimase a fissarlo. Le sembrò che il
cugino irradiasse malevolenza dalla schiena. E in
effetti, era proprio così.
Lui raggiunse lo stanzone oscuro e vi entrò. La prima cosa
che attrasse la sua attenzione, furono delle piccole macchie di sangue, sparse
qua è la, che formavano una lunga scia che sembrava
condurre a qualcosa. Il ragazzo seguì il percorso, finché non lo portò dritto
all’oggetto che aveva ferito Kaoru. Riversa al suolo c’era una delle sue
vecchie spade, ed ancora, accanto ad essa, un altro
cumulo di quelle rosse chiazze. Raccolse l’arma da terra, e la rimise al
proprio posto. Lui sì, che non ebbe nessuna difficoltà nel
farlo.
Rifletté a lungo. Nella mente si ricostruì quello spiacevole
accaduto che per fortuna non aveva causato nulla di veramente grave.
Rivide l’attimo in cui la lama aveva sfiorato Kaoru, e vide
quel taglio espandersi, colorarsi di rosso.
Immaginando ciò, gli si strinse il cuore.
Nello stesso momento, si udirono dei passi. Il Cavaliere si
girò. La figura venne illuminata dalla luce di uno dei
candelieri d’ottone a tre fiamme, e Zarba, per ripicca non riuscì a trattenersi:
- Ma come? Sei ancora qui?
Souka non proferì parola. Tutto ciò che fece, fu portarsi
d’innanzi al cugino.
- Non mi piace che qualcuno mi tenga
il broncio. Soprattutto quando sto per andarmene.
- E’ un problema tuo. – gli rispose con amarezza l’altro. I
modi di fare erano sempre più freddi e distaccati.
- Non ti sto chiedendo né di farmi diventare la tua spalla
Mistica, né tanto meno di essere la tua donna. – gli
disse liberamente, con disinvoltura- Ma permettimi
almeno di fare la pace. - Senza dargli neppure l’aggio di controbattere, cercò
di toccare la guancia di Kouga con la mano, ma quest’ultimo le afferrò il polso
e la trattenne. La bella donna sospirò affranta, tuttavia aveva un che di
malizioso quel gesto – Non ti attraggo neppure un po’,
Cavaliere?
In cambio, Souka ricevette solo un’amara risposta.
- Molto probabilmente, quando finirai di giocare ti
accorgerai che qualcuno si è fatto male per davvero.
Quella frase centrò esattamente un bersaglio che sembrava
essere ben nascosto, e lei scoppiò letteralmente in lacrime.
Fino a pochi minuti fa, una reazione di questo genere
sarebbe stata impensabile da parte sua. Eppure, fu
proprio ciò che successe. Il viso della bianca dama di porcellana che aveva
l’eleganza di un fine manto di seta, si rigò di sottili lacrime. Anche Kouga,
nel vederla piangere, non poté fare a meno che sorprendersi.
Ma cos’era stato a provocare in
Souka una simile reazione? Lì per lì non riuscì a darsi una risposta, ma fu
grazie alle parole della stessa donna, che il signorino Saejima capì finalmente
tutto.
- Quel Cavaliere Mistico che assistevo
in battaglia, era mio padre! – enfatizzò, con una voce sommersa dallo sconforto.
Dopo un’affermazione simile, nei pensieri del ragazzo riemerse come d’incanto
il volto del valoroso Shigeru, marito della zia Sanae, nonché
padre di Souka. Nonostante fossero passati anni, non
gli fu difficile ricordare i lineamenti di quell’uomo che combatteva con lealtà
nell’ordine dei Cavalieri di Bronzo della sua casata. Ma il ricordo più
doloroso lo assalì quando la cugina gli fece
successivamente un’importante rivelazione- E’ stato ucciso davanti ai miei
occhi da un Cavaliere d’Oro simile al tuo Garo!
Nella mente, nell’animo ma soprattutto nel cuore di Kouga, tornò
con prepotenza il lontano ricordo di quella notte di quasi 20 anni fa, in cui Barago
trafisse Taiga davanti allo sguardo di colui che era
solo un innocente bambino.
E Kouga lo sapeva. Sì, sapeva che
cosa Souka avesse provato in quella circostanza. Lo sapeva proprio perché lo
aveva provato anche lui.
Fu pervaso da un violento brivido che lo fece restare senza
parole. Ma il fiato gli mancò anche per un altro
motivo. Ad uccidere Shigeru, era stato quel gemello cattivo di cui non se ne
conosceva l’origine.
Un Lupo Dorato che non faceva altro che
seminare caos, scompiglio e… adesso anche dolore. Ad uccidere il padre
di Souka, era stato quel Garo.
Non poteva crederci, non riusciva a crederci,
eppure era vero!
- Quando? – seppe solamente
chiederle.
- Cinque giorni fa. – rispose la giovane, ormai
con la voce sporcata dal pianto.- Subito dopo il funerale, non sono più
tornata a casa. Vivere tra quelle mura, circondata dai ricordi di una persona
che nessuno potrà più riportarmi indietro, non può che
provocarmi…
- Nient’altro che dolore. – finì Kouga al suo posto, con lo
sguardo perso nel vuoto o semplicemente imprigionato dai ricordi del passato.
Souka lo guardò dritto negli occhi, intensamente.
- Tu puoi capirmi, vero? – gemette dopo. E non appena il Cavaliere Mistico le accennò un sì con la sola forza dello
sguardo, lei si lasciò cadere verso quel torace vestito di nero per cercare
conforto. Vi appoggiò il capo e premette la fronte per fare in modo che la
rabbia le scorresse via, lontano da quella che adesso era l’anima di una sottile
dama sommersa dal dolore. – Perdonami- disse poi,
mentre sentì il bisogno di rivelargli qualcosa- Io ho cercato di fare del male
a quella ragazza. – confessò disperata, alludendo a Kaoru.
Quelle parole turbarono Kouga, ma un altro
evento imprevedibile, tuttavia, lo avrebbe a breve scombussolato di più.
Immobile, ferma a metà tra la linea di confine che
delimitava la hall dalla sala oscura, Kaoru vide le
braccia di Souka cingere la vita di colui che sarebbe dovuto diventare una
presenza fissa del proprio futuro. Nel bene e nel male lei avrebbe fatto
qualsiasi cosa pur di trasformare i suoi sogni in realtà.
Ma questi, le vennero giù come
castelli di sabbia.
Dunque, Kouga aveva scelto di rispettare il regolamento e disfarsi di una figura ingombrante come lei? Era questa la
sua decisione?
Certo, l’essersi ferita con quella spada e quindi aver
dimostrato di essere una persona debole ed incapace che non sarebbe potuta mai
divenuta una vera combattente, forse le aveva fatto
perdere dei punti importanti. Punti che poi sarebbero finiti
dritti nel tabellone di Souka.
Ma dimenticarla così alla svelta, cancellare
con un colpo di spazzola dei ricordi, dei momenti vissuti con la stessa
intensità di una saetta che squarcia la tela di un cielo blu profondo, l’aveva
completamente annichilita.
Eppure, non era così che stavano le
cose. Kaoru aveva frainteso tutto nel peggiore dei modi, ma non riuscì a rendersene conto, in quel momento, semplicemente
perché era confusa ed impaurita.
Il rombo di un tuono si stagliò nel cielo. L’incredibile
boato la colse alla sprovvista, e senza neppure accorgersene, dettato
dall’istinto e dalla paura, compì un passo all’indietro che le fece urtare con
la gamba il battente dischiuso della porta. Quel gesto produsse un tonfo secco
e deciso. Kouga si voltò in direzione dell’uscio e dallo spiraglio scorse la
sagoma oscurata di una figura esile. Sagoma che sarebbe stato
in grado di riconoscere tra mille. Ebbe appena il tempo di osservare un volto
flebilmente bagnato dalla luce della plafoniera d’ottone a tre fiamme.
Un paio di occhi umidi ed un viso
dall’espressione sfatta, fu tutto ciò che riuscì ad intravedere, perché poi
sparì dalla sua vista.
Kaoru si girò di scatto e scappò via, trascinando dietro di
sé vere lacrime. Souka non si era ancora resa conto di nulla. Capì nel momento
in cui il ragazzo urlò a gran voce il nome dell’unica donna che gli aveva fatto
battere follemente il cuore.
Nel bel mezzo dell’atrio, Gonza
vide la ragazza sfrecciare via come un lampo, con un’espressione sconvolta sul
viso.
- Signorina! Aspetti! – pronunciò alla
svelta – Fuori sta diluviando! – fece appena in tempo a dirle, ma ciò
non servì a farla arrestare.
Kaoru si gettò in strada, l’acqua che veniva giù a fiotti la
inzuppò in breve tempo, investendola con immane violenza. Proprio come se
qualcuno le avesse gettato addosso una secchiata
d’acqua improvvisa.
- Gonza! – esclamò Kouga, catapultandosi di corsa nella grande hall.
L’uomo gli indicò al volo il punto in cui era sparita.
- E’ corsa fuori! – poi dentro di sé pregò che il signorino
la trovasse alla svelta.
Sfrecciò via, con la rapidità di una locomotiva impazzita, e
si buttò all’esterno. Discese la breve rampa di gradini che portavano in
strada, ma prima di prendere il largo si fermò sul ciglio della via. Con un
movimento rapido degli occhi si guardò attorno, ed una volta
intravista la sagoma di Kaoru in lontananza, iniziò l’inseguimento.
Souka si avvicinò ad un Gonza
letteralmente in tribolazione che stava attaccato alle lastre di una finestra
dell’atrio.
- E’ colpa mia. – dichiarò la dama, e si accostò anch’essa a
quei vetri. Fuori si vedeva davvero ben poco, tant’era
copiosa la pioggia. Se fosse successo per davvero
qualcosa a quella ragazza, il rimorso non le avrebbe dato più tregua. E questo,
il caro e vecchio Gonza lo intuì senza pretese. Ne era più che certo: - Vedrete che vostro cugino riuscirà a
riportarla a casa!
Souka sembrò per un attimo rincuorarsi. E
solo in quel momento si rese conto di una cosa assai importante: Lei da suo
cugino non voleva amore, bensì semplice affetto. Stava cercando disperatamente
ed inconsciamente di sostituire la figura del padre scomparso con quella di
Kouga.
Però aveva troppa rabbia dentro, e
ciò inevitabilmente l’aveva condotta a sbagliare.
Meditò su questo, mentre osservava in silenzio la tempesta
che impazzava all’esterno.
E sembrava veramente una pioggia
impazzita, quella che veniva giù a picco dalle nuvole e s’infrangeva con
durezza sull’asfalto. Quel diluvio inarrestabile avrebbe fermato chiunque.
Eccetto una ragazza dal cuore ferito come Kaoru.
Correva, correva a perdifiato senza
mai fermarsi, senza mai voltarsi, squarciando la barriera di pioggia con la sua
esile corporatura. Correva via senza una meta precisa, senza controllo, e
quella strada di fronte a lei la vedeva a malapena. Giunta allo sfinimento, si
fermò per riprendere fiato. Le mani appoggiate sulle ginocchia, la schiena
curva verso il basso, e gli occhi chiusi, respirava velocemente, aveva il fiatone, ma non poteva fermarsi. Non ora.
- Kaoru! – Kouga chiamò quel nome spingendo le corde vocali
al massimo. Fu un grido che oltrepassò la tempesta. Nonostante
il fragore dell’acqua, l’artista riuscì a sentirlo, e riprese a muoversi
malgrado si sentisse le gambe pesanti come piombo.
Correva, e mentre lo faceva, le gocce delle sue lacrime si
confondevano con quelle della pioggia, divenendone un perfetto tutt’uno.
Poi successe l’imprevedibile: i fari abbaglianti di un
grosso veicolo capitombolarono nel bel mezzo della strada. Per il conducente,
scorgere Kaoru ed avere il tempo necessario per frenare, sarebbe stato
impossibile. Chiunque, con un tempaccio di quelle dimensioni, avrebbe avuto
difficoltà.
Kouga elaborò il pericolo seduta stante.
Senza indugiare, aumentò il ritmo incessante dei passi, così come salì anche
quello del cuore, e chiese alle proprie gambe di raggiungere il massimo.
Kaoru riuscì ad intravedere finalmente le luci di quel mezzo
che pareva trovarsi ad un passo da lei, ma di botto diventò una statua e si
bloccò in mezzo alla via.
L’impatto sarebbe stato tremendo, tuttavia quel coraggioso
Cavaliere del Makai, di coraggio ne aveva da vendere. Si
gettò a capofitto alle sue spalle, e chiudendola forte tra le
braccia, la trascinò con sé via da lì.
Il mezzo passò di fianco ad entrambi, e quella scena, se
osservata da un’angolazione diversa, avrebbe
certamente fatto credere al peggio.
- Lasciami andare! – strepitò subito la ragazza, nonostante
avesse il fiatone, mentre si dimenava come una furia tra quelle braccia. Anche
Kouga di fiato ne aveva in verità pochissimo. Kaoru
riuscì a sentirlo respirare con affanno, nonostante egli si trovasse alle sue spalle.
Poi di scatto riuscì a girarsi verso di lui. Lo ferì con uno sguardo. – Che
cosa vuoi ancora da me?!
- Voglio che tu la smetta di piangere. –
disse semplicemente, guardandole il viso completamente rigato e gli occhi
arrossati.
- Non sto piangendo! Queste non sono lacrime, ma soltanto
pioggia! – replicò con affanno, ma un singhiozzo di pianto la tradì.
Chiunque avrebbe stentato a capire se su quel viso ci
fossero state lacrime o solo gocce di pioggia. Eppure
Kouga riuscì perfettamente a separare le une dalle altre.
- Che strano… - disse il Cavaliere
Mistico a voce bassa, come se stesse parlando tra sé- Se questa che hai sul
viso è solo pioggia, allora perché anziché cadere dal cielo, scende dai tuoi
occhi?
Fu quasi impossibile descrivere l’effetto che le parole di
Kouga ebbero su Kaoru.
Lei avrebbe voluto molto trattenere il pianto, ma dentro di
sé c’era così tanta tristezza… In preda alla rabbia gli
colpì il torace con uno schiaffetto, ed in seguito fece quello che avrebbe
dovuto fare già da tempo. Raccolse il fiato e, parola dopo
parola, finalmente cacciò fuori ogni sua paura.
- Io ho provato ad essere forte, ed ho creduto di potermi
trasformare in una persona capace di cavarsela da sola! Volevo non esserti
d’intralcio o pesare su di te! Tu hai già tanti problemi da affrontare... E prima o poi ti stancherai di soccorrermi, e a quel punto vorrai
al tuo fianco una ragazza che sappia tenere testa agli Orrori con una forza che
io non potrò mai avere! E poi…- emise, ma a quel
punto, senza fiato non riuscì a dire altro.
Kouga aspettò che lei si fosse calmata, attese
e solo dopo le confidò una cosa che a sua volta gli aveva raccontato
Gonza, quand’era ancora un bambino.
- Il giorno in cui i miei genitori s’incontrarono, fu
durante la celebrazione di una festa che quella sera si stava tenendo in uno
dei villaggi del Kantai. – cominciò, e nel parlare il suo sguardo si fece
distante, tant’è che sembrò abbandonarsi ai ricordi. -Mio
padre si trovava lì perché doveva portare a termine una missione, e durante i
festeggiamenti, tra la folla gremita, una giovane fanciulla
con un abito bianco gli finì accidentalmente addosso. Quando
lui cercò di tenderle una mano per aiutarla a sollevarsi da terra, lo sguardo
di quella figura s’imbatté nel suo, e fu allora che lui capì che quella sarebbe
stata l’unica donna della sua vita.
Kaoru trattene il fiato. Aveva seguito con molta attenzione
il racconto di Kouga. In verità, lui dei suoi genitori non ne parlava così
volentieri. E quelle parole, in un certo senso l’avevano
stupita. Tuttavia, non ce la faceva proprio ad allontanare la rabbia che aveva
dentro. Giunta a quel punto, non sapeva se provare rancore verso il ragazzo,
che all’apparenza sembrava aver scelto Souka, oppure verso se stessa, perché
non era riuscita a trasformarsi nella donna che il Cavaliere
Mistico per eccellenza avrebbe dovuto sposare.
- Perché mi stai dicendo queste
cose? – riuscì solo a dire.
Kouga non esitò un solo attimo nel pronunciare la risposta.
- Soltanto dopo quella sera, mio padre scoprì che la donna
di cui si era innamorato, e che un giorno mi avrebbe dato alla luce, era una
Sacerdotessa del Makai.
Ebbene, tra Rin e Taiga Saejima, a prevalere prima di ogni altra cosa, non era stato uno stupido quanto infondato
regolamento, bensì la sola forza di un amore sbocciato all’improvviso e
destinato nel tempo a diventare immortale.
Ecco, era questo il significato di quelle parole.
Da entrambi i lati della faccia, Kaoru sentì un calore
inspiegabile che le stava solcando le guance. Si trattava di lacrime talmente cocenti,
che le fecero salire tutta la temperatura del corpo al viso. Molto
probabilmente, quelle furono le ultime, ma non per questo le meno importanti. Non
si trattava di semplici gocce ricolme di rabbia, anche perché nel suo cuore la
tristezza aveva deciso finalmente che era giunto per lei il momento di lasciare
spazio a qualcosa di ben più prezioso. Le parole di Kouga le erano servite a
comprendere una sola quanto unica realtà: Quella in cui la favola di un
Cavaliere e della sua Principessa, non avrebbe mai avuto fine.
E la principessa di quella favola,
non poteva che essere soltanto una: Kaoru.
E sì, stavolta stava piangendo, ma per la
gioia di quel cattivo presagio che ormai stava volando via. Molto
lontano.
Tutto ciò che riuscì a dire, con le parole che restandole in
gola non le permisero di parlare, lo esternò
gettandosi tra le braccia di un Cavaliere gocciolante, ma finalmente ritrovato.
***
- Potevate scegliere un tempo migliore per litigare. –
commentò Zarba, non appena furono all’asciutto, sotto il riparo di una tettoia
sorretta da due colonne in pietra, che si trovava proprio sopra il portone
d’ingresso della villa. L’anello gotico provava nei riguardi dell’acqua una
certa avversione.
Kouga e Kaoru si erano fermati lì, dopo aver risalito la
breve rampa di scale che portava al palchetto leggermente sopraelevato del
porticato, senza raggiungere ancora il portone. Infatti
aveva i battenti completamente sbarrati, e sembrava aspettare soltanto che
qualcuno, introducendovi la chiave nella serratura, lo sbloccasse.
Le piante ai lati di ciascuna colonna, erano totalmente
bagnate. Le goccioline continuavano imperterrite a scivolare su quelle cascate
di foglie dal colore verde mela, e a fargli assumere un effetto lucente che si
accentuava di più quando i fasci del vento le
scuotevano. Tuttavia, non furono le uniche a dare l’impressione del fradicio.
I ragazzi lo erano altrettanto, e sul pavimento color panna a
capo del portone, per via dei loro indumenti bagnati, si erano formate delle pozzanghere
d’acqua striminzite, che un materiale compatto come il
marmo non poteva assorbire.
Il soprabito bianco del ragazzo grondava acqua da tutte le estremità.
Praticamente, sembrava un indumento appena lavato ed
in procinto di essere appeso all’aria aperta, sotto ai raggi del sole.
Ma in cielo, anche se nascosta
chissà dove, c’era la luna. In aggiunta, quel diluvio pesante non aveva
accennato a smettere neppure per un secondo.
Kaoru lo squadrò brevemente da capo a piedi, e fu presa dai
rimorsi. Irrimediabilmente.
Sapeva benissimo che per la seconda volta, quel giorno,
aveva rischiato di farsi male per davvero Stavolta addirittura di finire
investita da un pesante automezzo.
Aveva commesso un grave errore, e si era chiesta anche del
perché Kouga non l’avesse ancora rimproverata. Già, poiché in una circostanza
del genere, ne avrebbe avuto il pieno diritto.
Fu lei quindi a farsi avanti per prima. Chinò gli occhi a
terra con aria mortificata, poi commentò abbattuta: - Sono stata una stupida a
correre sotto la pioggia in quel modo, e per di più nel bel mezzo della strada.
– Si sentì la ragazzina più sciocca del pianeta.
- Già. – concordò solamente il signorino, stringendo un
attimo gli occhi come per dirle che avrebbe dovuto
seriamente meditare su ciò che le era successo. Ma convenne
di non farle pesare oltre la questione.
L’artista lo scrutò ancora, guardò l’acqua che continuava a
scendere dal bianco cappotto, poi si portò d’innanzi a lui. Kouga aveva i
capelli completamente bagnati, e la frangia impregnata gli ricadeva all’ingiù
con pesantezza, arrivando a coprirgli un po’ gli occhi. Kaoru la scostò, cercò di allontanare quei ciuffi dalla fronte e, nel
farlo, egli sentì dentro di sé una piacevole sensazione. Era come se Rin, sua madre,
fosse stata lì, a prendersi cura di lui.
Poi, grazie al gesto della giovane, egli riuscì ad osservarla
meglio.
I capelli neri le ricadevano ai lati del viso e parevano
rubinetti d’acqua corrente, tant’era continuo quel flusso. Col tempo però
cominciarono ad assomigliare di più a dei rubinetti semplicemente gocciolanti,
dato che da quelle ciocche adesso l’acqua colava giù a piccole dosi. Vide anche
che la lunga fasciatura avvolta attorno al polso, ormai umida, aveva bisogno di
essere cambiata.
- Devi asciugarti. – le disse, e la voce parve assumere un
tono premuroso. Poi si girò per raggiungere il portone. Il soprabito si muoveva
sospinto dal vento.
- Grazie! – esclamò ad un tratto la dolce moretta. Kouga sussultò.
Si voltò appena verso di lei, con incertezza. – Grazie per avermi salvato
ancora, grazie per non avermi abbandonato, e… - con lo sguardo abbassato e le
labbra leggermente piegate all’insù in quello che aveva tutta l’impressione di
essere un piccolissimo ma raggiante sorriso, asserì
infine- Grazie soprattutto per avermi aperto e regalato il tuo cuore! – Dopo quella farse, cadde un silenzio surreale, pregno di
significati, ma breve. Fu spezzato ancora da Kaoru stessa, che proseguì, decisa
a fare le sue dovute scuse, con una sfilza di parole che sembrava non finire
più. - Riguardo a quella spada… Ti prometto che la
pulirò così bene, che alla fine sembrerà come nuova! Naturalmente farò lo stesso
anche con il pavimento della stanza, della hall, per
non parlare della cucina che fino a ieri era un vero…- Vide Kouga venirle
incontro, e a quel punto le venne meno la voce. Forse aveva
mal di gola, o più semplicemente aveva esaurito le riserve d’aria nei
polmoni, e ciò avrebbe giustificato come si deve quell’improvviso mancamento.
Ma la verità fu ben diversa.
La voce le venne meno per un semplice motivo: Kouga l’aveva
coperta con le sue labbra.
E lei non capì più niente.
Per quanto tempo, entrambi, avevano provato invano a
scambiarsi un bacio?
Troppe volte si erano avvicinati, e troppe volte qualcuno o
qualcosa aveva negato loro la possibilità di farlo.
Ma adesso, proprio con la stessa intensità di quel
temporale, finalmente ci erano riusciti.
Il ticchettio della pioggia si unificò a quello di due cuori
che palpitavano all’unisono, con un diluvio che impazzava sullo sfondo,
burrascoso come non mai, ma non solo lì. Anche dentro
di loro, con una scia di vorticose emozioni, stava proprio diluviando. E le gocce di pioggia che bagnavano i loro visi, si
miscelarono le une alle altre, con profonda armonia, caricandosi di forti sentimenti.
Dai vetri chiusi di una finestra sopra la quale scivolava
con sveltezza l’acqua, Gonza rimase ad osservare quell’immagine, e mentre la bocca
gli si curvava in un sorriso, garbatamente e con educazione si allontanò da lì,
lasciando un leggendario Cavaliere Mistico dell’Est e
la sua dolce fanciulla, uniti da un gesto d’amore considerato come il più
romantico in assoluto.
Il più puro.
***
- Sei proprio sicura di volertene
andare? – disse Kaoru a Souka, mentre si trovavano all’aperto, ai piedi della
gradinata davanti alla villa.
- Mia madre ha bisogno di me. E adesso che mio padre non c’è
più, sarà compito mio occuparmi delle questioni diplomatiche legate alla casata
dei Cavalieri di Bronzo.
In quel frangente, Gonza si accinse a portarle la valigia per
caricarla nel cofano posteriore dell’auto, in quanto sarebbe stato il
maggiordomo stesso ad accompagnarla verso casa.
- Allora non cercherò di trattenerti. Però
sappi che qui sarai sempre la benvenuta! – le esclamò la pittrice, con allegria
e tanta cordialità.
Souka fece un sorrisino. Anche se
d’acchito cercò di occultarlo. E nel momento in cui si mise di profilo, Kaoru
intravide il fermaglio che le aveva regalato il giorno prima,
cingere con eleganza l’attaccatura della sua lucente coda di capelli. Non disse
nulla, ma il cuore le si riempì di una gioia immensa.
Poi inaspettatamente Souka le protese una mano: - Alleate? –
proferì, e stavolta la guardava negli occhi con aria amichevole.
Kaoru non esitò un secondo: - Alleate! – e
le strinse con calore la mano.
- Se dovessi avere bisogno d’aiuto,
sai già dove trovarmi. – dichiarò una voce, giunta di sorpresa alle spalle
delle due. Si girarono, e la giovane Saejima arricciò il naso con aria
sdegnosa- Appena in tempo, cugino. Un minuto più tardi, e non mi avresti più trovato. – Si fece vedere profondamente seccata
da ciò.
- Lo sai anche tu che gli Orrori non aspettano. –
puntualizzò Zarba, e proprio come c’era da aspettarselo, la donna in kimono
bianco non rimase zitta.
- Nessuno ti ha interpellato, Madougu.
- Presuntuosa! – mormorò seduta stante l’oggetto magico. Anche se a voce bassa, Souka sentì ugualmente, e lo ferì con
la sola forza di uno sguardo.
- Tuttavia- riprese la bella dama,
concentrando la propria attenzione sul cugino- Ad aspettarti avresti trovato
una promettente artista. E a te basta solo questo, non
è vero?
Il giovane taciturno scelse di non commentare, e Kaoru da
parte sua non poté fare a meno che sentirsi in
imbarazzo.
Poco prima di infilarsi nell’autovettura guidata da Gonza,
che aveva già il motore acceso, fece un gentile inchino ad entrambi, ed infine partì,
facendo ritorno a casa.
Souka è giunta da noi
come un velo di sottile seta bianca che cade dal cielo. Non è stato facile
conquistare la fiducia di quella che, anche se all’apparenza può sembrare una
ragazza normale, in realtà è una donna dallo spirito coraggioso. Ma se adesso lo sono diventata un pochino anche io, il merito è suo.
E ora che so di aver guadagnato l’appoggio e
l’amicizia di una persona come lei, capisco che, in fin dei conti, tutti i miei
sforzi sono serviti a qualcosa!
Fine episodio
I VANEGGIAMENTI E LE
RISPOSTE DI BOTAN:
Eccolo qui, il
tanto atteso capitolo dove i due Romeo e Giulietta (piuttosto atipici),
finalmente si danno ‘sto benedetto bacio! ^o^/ Era ora, diranno
molti di voi… e vi capisco. Ho aspettato così tanto
perché volevo rendere questo momento davvero unico, sospirato, desiderato. Non
vi nascondo in effetti che questo è uno dei miei
capitoli preferiti… a parte il bacio, mi piace l’idea del diluvio, di vederli
bagnati dall’alto vero il basso, ma stretti l’uno all’altra. Non so, mi prende molto questa parte!
Naturalmente,
qua l’illustrazione ci sta tutta! Ecco il link:http://1.bp.blogspot.com/_Y-wLnSbvRkk/S-RhUJwWsZI/AAAAAAAAAJg/0eYYwq9acvk/s1600/Botan+67.BMP
E’ senza
dubbio uno dei miei disegni preferiti. L’ho sentito proprio parecchio, e mentre
ricreavo l’acqua, pensavo a farle assumere un aspetto
più reale possibile. Volevo che insieme ad essa, la
scena prendesse vita, perché in realtà mi piacerebbe proprio vedere una cosa
così sugli schermi della tv… *botan adesso va in depressione*
Spero che
Souka, dopo quanto scoperto non vi stia più antipatica…!
Infondo, non è male come ragazza, e vi dirò che mi
sono affezionata molto a lei, ultimamente. Comunque,
per un po’ non la rivedrete.
Tornerà tra
una decina di capitoli.
Ok, detto
questo, ho pubblicato il chap oggi perché è il compleanno di Botan! ^__^/
Volevo fare un regalo io a voi, diciamo, perché voi lo fate
già a me ogni volta che leggete la storia, la commentate e la seguite con passione
ed affetto! Sul serio, non mi aspettavo così tanto
consenso da parte vostra, e spesso mi rifiuto quasi di credere a ciò. Però quando leggo le vostre recensioni, mi rendo conto che
c’è la presenza, che voi ci siete, e quindi devo per forza crederci.
Mi commuove
davvero tutto questo.
Per seasons_girl: Carissima Irene, come vedi tra i due
nostri “bombolotti” (perché sono di una tenerezza smisurata…!) è finalmente successo qualcosina! Si
son dati, come dicevi giustamente tu, una mossa! E più
in là ne vedrai delle belle, garantito! C’è qualcosa già nel decimo episodio… Non
ti dico altro per non rovinare la sorpresa, però scommetto che ti piacerà
parecchio…!
Per _Elentari_: Oh, che bello che il
Kouga versione dolce ti sia piaciuto! ^__^ Fa tenerezza,
vero?
Guarda, io
ogni volta che mi leggo le tue recensioni, chissà perché ma rido quasi sempre! Quella della candela votiva è fortissima! XD
Immagino già la scena: Tu che vai davanti ai KAT-TUN con questo cero enorme e
loro che ti fissano con un’aria stranita… E’ magnifico!!!
ANTICIPAZIONI:
Un viaggio verso una terra antica e
misteriosa. Kouga incontrerà delle vecchie conoscenze mentre
cercherà di fare luce sugli eventi che stanno condizionando la sua vita.
Kaoru questa volta sarà con lui, ed
entrambi si ritroveranno per la prima volta ad
affrontare una situazione alquanto insolita che li coglierà alla sprovvista.
“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo
impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
- Ho bisogno di un permesso per recarmi nel Kantai. – annunciò al suo sovrintendente, ovvero il Cane da Guardia del Nord, l’erede di Taiga Saejima.
Il sommo guardiano inizialmente tacque. Preferì dapprima
scrutarlo in volto, e lo faceva con l’aria di chi senza fare domande, avesse già capito tutto. Tuttavia, prima di accordargli quel
permesso, la sentinella vestita di bianco trovò necessario ribadire
un unico quanto obbligatorio concetto: - Non voglio guai di nessun genere. – dichiarò, poi concluse precisando – Ti concedo due giorni.
Fa in modo di farteli bastare.
Kougaannuì con una
certa sicurezza, in seguito accennò un inchino con il capo. – Sarà
fatto. – disse soltanto, ed andò via.
***
Kaoru stava sorridendo con una
luce negli occhi davvero particolare.
Aveva l’aria di chi da un momento all’altro avrebbe fatto chissà
cosa, tant’è che sfoderando una rapidità impressionante,
si accinse a sgomberare il banco che adoperava nell’aula di pittura, durante le
lezioni, dalle sue cose.
- Quanto entusiasmo! – esclamò IkuoShiota, arrivato ad un tratto alle sue spalle. Il
giovane la stava osservando con attenzione, ed il suo innato senso di curiosità
non lo avrebbe più lasciato in pace se non le avesse
chiesto il perché di tanta eccitazione. – E’ successo qualcosa di bello?
L’artista annuì splendidamente. – Sto per partire! E non vedo l’ora di andare a casa e preparare il necessario!
– disse con entusiasmo. Assomigliava ad una bambina in festa.
- Un viaggio? E dove, se non sono
indiscreto.
- Visiterò una terra selvaggia e millenaria, fatta di antichi villaggi circondati da foreste e alberi, in mezzo
alla natura incontaminata! – esclamò, e con la mente parve immergersi
totalmente in quello che, stando alle parole di Gonza, doveva essere un luogo molto
speciale.
Sì, perché era stato lo stesso
maggiordomo, la sera prima, a parlarle del Kantai.
“ Vedete, signorina…
Il Kantai è una terra millenaria, che racchiude tra
lo splendore incantato delle sue foreste verdeggianti, un fascino unico al mondo.
Sono in molti a pensarla in questo modo. Inoltre, i Cavalieri della Notte
Bianca che proteggono quel luogo, sono considerati tra i più eleganti di tutte
le Casate. Per non parlare dei villaggi…! Talmente antichi e naturali, che si ha l’impressione di essere tornati indietro nel tempo. La
popolazione, inoltre, è ancora molto legata alle tradizioni ed alle cerimonie
sacre che si celebrano ormai da millenni. Oltretutto, sono persone estremamente gentili. Dopotutto, il termine “Kantai” significa proprio ospitalità, accoglienza calorosa!
E’ un posto che vale davvero la pena visitare, credetemi!”
Queste, furono esattamente le espressioni che utilizzò Gonza
per descrivere il vecchio continente.
Kaoru, come ogni artista che si
rispetti, ne era rimasta semplicemente affascinata.
Sperava in cuor suo di riuscire a ritrarre scenari mozzafiato da poter, un
giorno, far vedere a tutti nelle proprie mostre. Una terra così magica, l’avrebbero
dovuta ammirare in tanti.
Ma c’era anche un altro motivo che
la spingeva ad andare nel Kantai: Jabi.
Era venuta a sapere da Kouga che
la Sacerdotessa del Makai, dopo che lui la ebbe salvata
dall’albero bestia, era rimasta a vivere in quel luogo.
EKaoru
doveva ad ogni costo rivederla per dirle semplicemente “grazie”. Sia per lei, che per Kouga stesso,
Jabi aveva fatto davvero tanto.
Sì, doveva assolutamente esternarle tutta la propria
gratitudine. E non vedeva l’ora di farlo.
Sempre più rapita da quel sogno ad occhi aperti, ad un certo
punto ritornò in sé e con agitazione si mise a guardare l’orologio da polso.
- Accidenti, devo muovermi! – disse in tutta fretta. Andando
per ordine, raccolse il resto dei libri che c’erano sul banco, li infilò nella la sacca marrone, e si caricò la tracolla sulla spalla.
Ikuo non poté fare a meno di ridere.
Quelle movenze così buffe avrebbero strappato un sorriso a chiunque. Poi,
sempre più incuriosito, proseguì con le domande: - E’ stata un’idea tua, o del tuo fidanzato?
Kaoru si bloccò come disorientata.
Non sapeva bene che cosa pronunciare.
- A dire il vero- cominciò, con uno sguardo che di stare
fermo proprio non ne voleva sapere- l’idea sarebbe mia… Questa mattina volevo proprio
parlargliene, ma era già uscito di casa. – ammise. Si
sentiva un po’ in ansia per ciò, tuttavia di colpo si riprese, e le tornò il
buonumore- Ad ogni modo, sono certa che non troverà
nulla da ridire!
***
- Ma perché no?! – sbuffò arrabbiata
la giovane artista, andando avanti e indietro per tutto il salottino. Sembrava
fuori controllo.
Dalla parte opposta, intento a ripulire la lama della spada
con un panno imbevuto da un particolare tipo di liquido verdognolo, Kouga le diede una risposta sbrigativa ma concisa: - Ti ho
già detto che non puoi venire con me.
Kaorusbatté per
rabbia un piede in terra, poi sollevò con la stessa foga gli occhi in
aria. Aveva un viso veramente imbronciato.
Lo investì ancora con un’occhiata, ma stavolta era furibonda
anziché normale. - Devi solo fare una consegna, giusto? – premise, alludendo,
per consegna, a quel fiaschetto di saké rosso che avrebbe dovuto donare al
misterioso, quanto ormai pensionato, Cavaliere del Kantai.
– Io non ci noto nulla di così pericoloso in tutto questo…! E
se non ci sono pericoli, non vedo perché…
- Potrebbero sopraggiungere in seguito. – replicò celere il
signorino, ma... Non era questo il vero motivo del
perché egli voleva che Kaoru restasse a casa.
Portarla con sé, avrebbe significato farle correre un rischio soltanto: Quello
di scoprire la verità.
La stessa che Kouga
stava cercando in tutti i modi di mantenerle nascosta. SeKaoru fosse venuta a sapere del
Garo malvagio, quello che aveva ucciso senza pietà Shigeru, il padre di Souka, e
creato ovunque scompiglio, in questo modo si sarebbe preoccupata parecchio. E lui questo non lo voleva.
- Sei il solito diffidente! – gli accusò di essere la
moretta, e senza perdersi d’animo, infastidita soprattutto dall’atteggiamento
pieno di indifferenza dell’altro, collerica lo
raggiunse – E smetti per almeno un secondo di lucidare la tua spada con questo
miscuglio! – agguantò con due mani la scodella ricolma di quello strano liquido
verdognolo, l’odore riprovevole le invase le narici – Ma che roba è?! – esclamò, contraendo la faccia in una smorfia
disgustata. Poi si tappò il naso.
Kouga rispose con semplicità, come
se pur lui, maneggiare quella roba fosse la cosa più naturale di questo mondo.
- Succhi gastrici appartenuti ad una bestia demoniaca. – Ovvero, ciò che un tempo galleggiava nello stomaco e
nell’intestino di un Orrore.
Kaoru appoggiò seduta stante la
ciotola sul tavolo, e fece un passo indietro. Si portò subito una mano sopra la
bocca.
- Che… che schifo! – gemette, e fu
colta da un conato tremendo di vomito. Seduto davanti al tavolo, lui si lasciò sfuggire
appena un sorriso. – Perché fai una cosa così…
riprovevole? – cercò di chiedergli, tenendosi ancora la mano davanti alla
bocca.
- E’ consentito lucidare l’Animetallo
solo con questo tipo di composto.
La ragazza lo fissava strofinare la lama, ed aveva un’aria a
dir poco sconvolta. Quella poltiglia era densa come la bava e verde come un
rospo. – Non vorrei essere nei tuoi panni… - fece, ciò nonostante, passata la
nausea iniziale, tornò alla carica: - E comunque,per la questione di prima, ti prometto che
non mi caccerò in nessun pasticcio! – giurò solennemente, cercando di essere credibile.
Kouga la coprì in fretta con uno
sguardo accidioso.
- Già. – disse, ostentando un tono di puro scetticismo.
L’altra reagì con indignazione – Sei… sei-
pronunciò soltanto. La rabbia le aveva annebbiato
il cervello. Di sicuro, se non fosse arrivato Gonza, Kaoru avrebbe finito la frase avvalendosi di vocaboli come
“insopportabile”, “odioso”, “antipatico”, e così via. La giovane intravide nel
buon Kurahashi un barlume di speranza. – Gonza! – “La
prego! Glielo dica anche lei, lo convinca! Metta una buona
parola!” sembrò significare quella cadenza di voce.
Il caro e vecchio maggiordomo emise
un timido sorriso. Infondo, era stato lui a
raccontarle del Kantai e a farle venire la voglia di
visitarlo.
- Ascoltatemi, signorino… - cominciò, con voce malferma – respirare
un po’ l’aria di quella terra, a Kaoru farà senza
dubbio bene! Inoltre, sarebbe una buona occasione per presentarla
ai vostri nuovi amici.
Kouga sospirò… con arrendevolezza.
E quel gesto fece presagire già la risposta.
- Partiamo tra mezz’ora esatta.
La mora si girò con un balzo, e parve sgranargli gli occhi
addosso – Hai detto… partiamo? – ridisse, quasi
intontita. Poi si lasciò cogliere dall’entusiasmo. – Vado subito a prepararmi! –
Nel passare di fianco a Gonza si lasciò sfuggire un
occhiolino, mentre l’uomo reclinando lo sguardo sorrise timidamente al gesto.
Poco dopo sentì il suo nome fuoriuscire dalle labbra di Kouga.
- Gonza- premise, dopo che ebbe finito di lucidare la spada,
alzandosi in piedi – Li hai avvertiti del mio arrivo?
Il maggiordomo assentì. – Certamente, signorino. Ho
telefonato ieri sera, parlando di persona con la Sacerdotessa Garai. Mi ha pregato di riferirvi che vi aspetta con
impazienza.
- Bene. – si compiacque, e successivamente
ordinò al maggiordomo di preparargli il necessario.
***
- Mi raccomando, signorina Kaoru,
divertitevi! – le augurò, mentre si accingeva a salutare i due ragazzi in
procinto di partire.
- Al mio ritorno le prometto che le racconterò ogni cosa! – gli
garantì la moretta, mentre Kouga, com’era solito
fare, si trovava già sul sentiero.
- Sbrigati, se non vuoi rimanere qui. – le disse con fare precipitoso
e certamente poco gentile. Quest’ultima sembrò ringhiargli con la sola forza del pensiero un
“antipatico!”, tanto apparve stizzita l’espressione della sua faccia.
Intrapresero così il cammino che li avrebbe
condotti alla leggendaria dimora dei Cavalieri Mistici della Notte Bianca: il Kantai.
Dopo circa venti minuti, tra un passo e l’altro Kouga fece ricadere il suo sguardo sulla capiente sacca
marrone dell’artista. Praticamente, trasbordava di
roba.
- Che cosa c’è lì dentro? – le
domandò, reso curioso dalle dimensioni gonfie ed esagerate della borsa.
- Pennelli, matite, colori e poi…- si soffermò brevemente
come per pensare- Un’infinità di fogli da disegno!
Sembrava strano, maKouga si sentì per un attimo sollevato. Una
volta arrivati nel Kantai, Kaoru
si sarebbe messa a dipingere lasciando lui completamente libero di agire e
portare a termine il suo compito, senza che la ragazza venisse a scoprire
qualcosa.
Quindi, anziché commentare con una
delle sue solite risposte acide, non disse assolutamente nulla.
Kaoru si mise ad osservare il
cielo. Erano da poco le 11 di mattina, ma non faceva particolarmente caldo in
quella giornata.
- Quanto ci vorrà per arrivare nel Kantai?
– chiese, e lo guardò.
A dare risposta fu Zarba: -
Solitamente ci vuole una settimana.
La frase del Madougu la portò a
fermarsi di botto sul ciglio della strada.
- Cosa?! – strepitò, con la bocca
spalancata. Per un attimo pensò che avrebbe fatto meglio a restare lì, anziché
affrontare una dura settimana di peregrinazione.
- Se utilizziamo il Sentiero del Makai, all’incirca impiegheremo un’ora. – dichiarò Kouga, accodandosi alle parole dell’anello.
- E noi – prepose la giovane, sfoggiando una vocina timorosa ma pieno di speranza- prenderemo quel sentiero,
giusto? – Pregò intensamente che il ragazzo le rispondesse con un sì, ma lui la
trattenne, di proposito, sulle spine. – Ci devo ancora pensare. – In realtà, Kouga sapeva che si sarebbe servito di quel sentiero fin
dal primo momento.
Kaoru cominciò ad agitarsi. – Ti
prego- pigolò in un primo momento, con un filo di
voce. Sembrava che lo stesse supplicando. – Una settimana di cammino è tanta!
- Hai insistito tu affinché ti portassi con me, ricordi?
- Non puoi tirarti indietro, se ci tieni così
tanto. Pur di ritrarre dei paesaggi come quelli, un vero artista non lo
farebbe mai! – Con le sue affermazioni, Zarba non
faceva altro che reggere il gioco al suo proprietario.
- Sì, ma… - pronunciò lei, e non seppe dire altro. Kaoru ormai sembrava essersi rassegnata all’idea di dover
affrontare un tragitto estenuante e prolungato come quello. Si limitò a piegare
gli angoli della bocca verso il basso con delle movenze così afflitte
ma allo stesso tempo buffe, che Kouga non poté
impedirsi di abbozzare un sorriso. La mora sentì quel flebile suono che aveva
tutta l’impressione di assomigliare ad una mezza, o quantomeno ad un accenno di
risata, e si rese così conto del bluff. Diventò quasi
rossa dalla vergogna e, in seguito, dalla rabbia. - Siete insopportabili! –
sbuffò, e con le braccia conserte proseguì imperturbabile il cammino. Era certa
che non avrebbe detto neppure una parola durante tutto il viaggio, eppure fu
costretta a rivedere la sua decisione non appena Kouga
fermò i propri passi ai piedi di un muro. – Che c’è? –
gli chiese, come a voler capire se fosse successo qualcosa in quel preciso
istante.
- Entreremo da qui.
- Entrare?! – ripeté la ragazza, poi
squadrò meglio il muro di mattoni color biscotto. – Vuoi dire che qui c’è l’entrata per quel sentiero? – assottigliò
la vista e contrasse le sopracciglia nella speranza di capirci qualcosa, ma
fallì miseramente. All’apparenza, per lei quello era solamente un normale muro.
Non c’erano porte né pomelli, per di più. Ma allora, come
avrebbero fatto ad entrare?
La risposta arrivò subito: Kouga
protese il braccio sinistro in avanti, e Zarba,
usando il suo potere mistico, aprì nella parete un portale.
Le pupille di Kaoru si sgranarono
dallo stupore. D’innanzi a lei era comparsa una sorta di rettangolo simile ad
un enorme portone, che emanava una luce di un bluastro sfumato ma intriso di
bagliori.
- Accidenti! – commentò estasiata, con lo sfavillio di
quelle luci che presero a ballarle negli occhi. E mentre lo faceva, Kouga le afferro un braccio a passo spedito, ed entrambi varcarono la soglia del portale che si richiuse subito alle
loro spalle.
Un po’ stordita per via del repentino cambiamento di luci, Kaoru si guardò intorno con fare circoscritto, e per la
verità, vide ben poco. Difatti, il Sentiero del Makai
assomigliava ad un lungo e non eccessivamente largo corridoio. Ma la cosa che lo rendeva terrificante per davvero, erano
quelle centinai e centinaia di fiaccole che, poste ad entrambi i lati del
cunicolo, gli davano luce. Tuttavia, nonostante il fuoco ballerino di quelle
torce, l’ambiente non pareva affatto rassicurante.
Nel pensare a ciò, Kaoru non si
era ancora resa conto che Kouga aveva preso il largo
da lei, imboccando così il percorso.
- Aspettami! – urlò, ed in un baleno corse subito da lui e gli
si avvinghiò al braccio. – E’ davvero spettrale… – disse
in seguito, stringendosi sempre più a quell’arto.
- Eppure – premise Kouga- questo è il posto più sicuro del Makai.
- Davvero? – replicò con stupore l’altra, facendo assumere
alle sopracciglia la forma di un ponte arcuato. Poi sollevò il mento e si imbatté in qualcosa che, nel soprabito di Kouga, le era sembrata sempre un po’ strana. – E’ da molto che volevo chiedertelo… Che cosa rappresentano i
ninnoli appesi a questo cerchio?
La domanda inizialmente lo sorprese. Tuttavia
rispose.
- E’ un portafortuna.
- Non l’avrei mai pensato!
- Noi Cavalieri Mistici li consideriamo come una sorta di
protezione che riduce le avversità durante le battaglie.
- Anche se si tratta solo di una leggenda.
– puntualizzò Zarba, con un certo scetticismo. – Però sono in molti a crederci, Kouga
compreso.
Kaoru si fece pensierosa.
- Perché dovrebbero portare
fortuna? Hanno un potere particolare?
Kouga scosse il capo. – No, però
in ogni amuleto viene inserito un frammento composto
da un particolare tipo di Animetallo molto antico,
che non si produce più da oltre un secolo. Inoltre, tutti i Cavalieri sono
tenuti a prepararsi da soli il proprio portafortuna, e questo ne aumenta il potere.
- Rei, ad esempio, ne ha uno fatto
di stoffa e Animetallo, applicato sulla parte
posteriore del cappotto. Mentre Tsubasa, il Cavaliere
della Notte Bianca che avrai modo di conoscere tra
poco, ne ha uno sottoforma di pendente dorato che porta all’orecchio sinistro. –
raccontò il Madougu, con molta accuratezza. Kaoru rimase affascinata da quelle descrizioni, poi dopo un
po’ fu Kouga a farle una domanda improvvisa: - Come
mai lo volevi sapere?
L’artista ci rifletté su, in seguito liberamente ammise: - Fin
dalla prima volta che ti ho visto, mi sono sempre chiesta che cosa se ne
facesse di un oggetto del genere, un ragazzo taciturno come te. Voglio dire, mi
sembrava una cosa fuori luogo, non adatta.
- Trovi che questo portafortuna non
mi si addica? – le domandò lo spadaccino, pensando che fosse quella la causa. Ma dovette ricredersi.
- Al contrario! – Kaoru fece di
“no” col capo – Penso che ti renda una persona più
espansiva! – disse con enfasi, e facendogli un sorriso gli appoggiò leggermente
la testa accanto alla spalla.
Il cuore di Kouga prese ad
aumentare un tantino le pulsazioni. Zarba, come c’era
da aspettarselo, lo registrò subito.
- Qui qualcuno si sta emozionando…! – disse schernendolo, ma
con affetto.
- Siamo arrivati. – dichiarò il Cavaliere, appena in tempo.
Un altro po’ e le guance del suo viso si sarebbero inzuppate di rosso.
C’era una scalinata che andava verso l’alto, proprio davanti
ai due. La salirono, e poco sopra le loro teste, con
la mano sinistra di Kouga ben piazzata in avanti, Zarba fece comparire l’ennesimo portale.
Lo varcarono, e in un men che non
si dica, si ritrovarono sotto il cielo limpido del Kantai.
Presa dall’entusiasmo, Kaoru aveva
iniziato a guardarsi attorno, e senza che se ne rendesse conto, la dura roccia
sotto i suoi piedi aveva lasciato il posto al soffice terreno. Una luce le
brillò negli occhi, ma solamente per poco.
- E questa… sarebbe la splendida
terra del Kantai? – disse di primo acchito, colta da un
guizzo di delusione. – Di terra, ce né anche troppa… Io vedo solo alberi,
cespugli e… cespugli! – Possibile che Gonza le avesse raccontato una bugia? – E il villaggio,
le case… dove sono?
- Questo è un continente selvaggio. Che
cosa ti aspettavi di trovare, signorina? – le rispose Zarba,
in quello che parve un tono severo.
- Ci troviamo nel bel mezzo di un sentiero circondato dalle
foreste. Non appena scenderemo più a valle, vedrai che non ti sembrerà così
male. – cercò di rassicurarla il figlio di Taiga. Poi mosse i suoi primi passi,
dopo un lungo periodo di assenza, tra i sentieri di
quella terra.
Nell’istante in cui Kaoru, ancora
titubante, era impegnata a guardarsi intorno, Zarba
in quel preciso attimo ebbe solo il tempo di aprire le zanne ed esclamare: - Un
Orrore!
Troppo tardi: la perfida creatura sbucò dal terreno, sotto
un manto di foglie secche cadute al suolo che poi schizzò con rapidità verso
l’alto.
Kouga si girò di scatto in
direzione di Kaoru, ma l’orrenda creatura, ricoperta
da una folta pelliccia bianco accesso e gli occhi rossi, le era ormai d’innanzi.
Con lo sguardo impietrito, l’artista cercò istintivamente di indietreggiare, ma
una delle ben nove code di quell’essere, le si abbatté
contro.
Anziché colpirla, s’infranse su
quella che, all’apparenza, aveva le sembianze di un lungo bastone dal manico
bianco.
- Allontanati! – gli ordinò colui che
teneva stretta tra le mani quell’arma. La giovane lo squadrò velocemente con
un’occhiata. Portava lo stesso orecchino dorato descrittole da Zarba. Poi, annuendo scappò via, trovando riparo dietro il
tronco di un albero.
TsubasaYamagatana
era lì, e per di più, giunto appena in tempo. Il duello tra la perfida
creatura, che aveva le sembianze di una volpe mostruosa, e il Cavaliere della
Notte Bianca, ebbe subito inizio. Tsubasa recise una
delle code di quel mostro, ma quell’atto gli costò caro. L’enorme demone gli si
avventò contro, come un grosso felino inferocito sguainò gli artigli e spalancò
le fauci in direzione del suo volto. Tsubasa usò la
propria lancia per contrastare l’essere, che all’apparenza sembrava avere la meglio.
Kouga, nel frattempo, sapeva bene
che non avrebbe dovuto interferire. Quel territorio non era sotto la sua
giurisdizione. Tuttavia, si trovò quasi costretto a sguainare la spada nel
momento in cui una delle code di quel mostro non gli si abbatté contro. La
tranciò appena in tempo.
- L’accoglienza lascia un po’ a desiderare. – enfatizzò Zarba, ma il suo proprietario non rispose, e si lanciò
all’attacco. Colpì la grossa volpe in un fianco, dando così modo a Tsubasa di liberarsi. Quest’ultimo
raggiunse il collega, e i due si ritrovarono schiena contro schiena.
Fu solo allora che poté esclamargli: - Bentornato nel Kantai,
SaejimaKouga.
Un mezzo sorriso fu la replica di Kouga,
e la battaglia riprese.
L’Orrore si stava preparando a dilaniare i due umani con i
suoi artigli.
Kouga e Tsubasa
si portarono le armi sopra la testa, e prima che la creatura trovasse il tempo
di saltargli addosso, furono ricoperti dalle armature leggendarie. Apparvero
così Garo e Dan, il
Cavaliere della Notte Bianco. Quando l’Orrore gli fu praticamente
addosso, loro lo trafissero mortalmente con la forza unisona di due attacchi.
Guaì come un cucciolo di volpe appena nato, e si accasciò al
suolo. Gli occhi si abbassarono, e quando furono del tutto chiusi, di quella
bestia non rimase più nulla.
Svanita la minaccia, poco dopo svanirono
in un lampo anche le corazze che rivestivano i corpi dei due Cavalieri.
Kouga rinfoderò di corsa la spada,
e si precipitò in direzione di Kaoru uscita
finalmente dal nascondiglio.
- Stai bene?
- E’ tutto apposto! – lo rassicurò l’artista, gettandosi lo
spiacevole accaduto alle spalle.
Da lontano Tsubasa li squadrò con
molta attenzione. Gli servì veramente poco a capire che quella era la ragazza
di cui una volta gli aveva parlato Jabi.
Il Cavaliere Mistico del Kantai si apprestò a scortare i due presso il villaggio,
lungo un sentiero che si differenziava da quello erboso in quanto lastricato di
pallida terra.
- Ti ringrazio! – si sentì dire il giovane Yamagatana, all’improvviso. Si voltò compiendo appena mezzo
giro, verso Kaoru che spalancò ancora la bocca – Il
mio nome è…
- So chi sei. – la anticipò il giovane, battendola sul
tempo. – Nel Kantai sei nota come
colei che è riuscita a sopravvivere ai cento giorni.
Kaoru abbassò leggermente gli occhi,
forse perché in imbarazzo. E non aggiunse altro.
Durante il tragitto rimase a camminare alle spalle dei due
per tutto il tempo. Aveva notato che Tsubasa, oltre
al modo di fare distaccato, silenzioso e formale, che per certi versi ricordava
quello di Kouga, era parecchio più basso di lui. Ad
occhio e croce, doveva sfiorare a stento il metro e settanta. Malgrado tutto, malgrado la statura, che nelle
caratteristiche morfologiche di un uomo avrebbe dovuto perlomeno raggiungere il
metro e ottanta, Tsubasa possedeva i lineamenti di un
volto gentile e fanciullesco. E quel soprabito
colorato di bianco, rosso e nero, ben allacciato in petto, con le estremità
inferiori tutte plissettate, portato con compostezza, faceva riflettere su
almeno una delle cose dette da Gonza: I Cavalieri Mistici del Kantai erano veramente i più eleganti.
Dopo circa dieci minuti di cammino, finalmente giunsero al
villaggio.
Lo spettacolo che si parò davanti al volto di Kaoru, fu una sorpresa anche per lei.
Esattamente come asserito dal maggiordomo, sembrava di
essere ritornati indietro nel tempo.
Le abitazioni erano fatte tutte di legno e calcestruzzo. I
tetti erano ricoperti da una miriade di tegole color biscotto, ed avevano una
forma classica, che a tratti poteva ricordare quella di una pagoda. Ogni
abitazione all’esterno aveva con sé dei fasci di legna, usati certamente per
alimentare il camino e cuocere i cibi, dato che nel villaggio mancava
totalmente la corrente. Inoltre, c’erano brocche, vasi
e secchi pieni d’acqua, che servivano a scopi come preparare il pranzo, lavare
oggetti e biancheria, e per la pulizia generale del corpo. Eh sì, a Kaoru le sembrò veramente di essere tornata indietro nel
tempo.
Varcata la soglia del villaggio, in lontananza i tre videro
un gruppetto di persone venirgli incontro.
Si trattava della Sacerdotessa Garai,
scortata dalle sue due ancelle guerriere, ed una bambina, RinYamagata, la sorella minore di Tsubasa.
- Vi stavamo aspettando! – pronunciò con tono cordiale la
vecchia sacerdotessa, accogliendoli con un bel sorriso. Le ancelle alle sue
spalle fecero un inchino in segno di saluto.
- La ringrazio per l’ospitalità. – disse Kouga,
ostentando cortesia nei riguardi di quell’anziana donna. Dalla schiena di quest’ultima, la piccola Rin fece
capitombolare con timore la testa, ma quando vide Kouga
beccarla in flagrante, ritornò subito a nascondersi.
- Ma come, Rin…
Adesso fai la timida e ti nascondi? Fino a poco fa non vedevi l’ora che il
giovane Kougaarrivasse! –
dichiarò Garai, e dalle sue spalle si udì una vocina.
- E se non ha voglia di rivedermi?
– pronunciò tremolante la giovane. Aveva un po’ le labbra imbronciate, e manteneva
il capo chino in direzione del terreno.
- E perché mai non dovrei? – si
sentì presto rispondere.
- Per esempio, perché non ci vediamo da un
po’, e… - fece per continuare, ma quando sollevò la testa, e si ritrovò di
fronte il viso di Kouga, l’aspirante sacerdotessa
sgranò gli occhi e scoppiando a piangere si lanciò tra le sue braccia.
- Temeva che tu ti fossi dimenticato di lei. – gli confidò Garai, e lui sorrise.
- Hai sorriso?! – esclamò in un lampo la ragazzina- Kouga
ha sorriso! – ripeté, con la bocca tirata all’insù e gli occhi stretti
tra due fessure, al colmo della felicità.
- Sei sempre il benvenuto, giovane Kouga!
– dichiarò successivamente l’anziana sacerdotessa, poi
i suoi occhi si spostarono verso la sagoma di Kaoru.
La squadrò con un attento gesto degli occhi, ma non riuscì a capire chi fosse in realtà quella giovane donna. Perlomeno, non voleva
commettere gaffe dicendo una cosa per un’altra – E questa graziosa fanciulla che hai portato con te…?
L’artista fece subito le dovute presentazioni. – Mi chiamo KaoruMitsuki! Molto piacere! – disse
spontanea, e con la schiena accennò un inchino.
Nel sentire quel nome, Rin ad un
tratto parve illuminarsi: - E’ la fidanzata di Kouga!
– disse a voce alta, anche troppo per i gusti del fratello.
Tsubasa la rimproverò seduta
stante: - Rin! Chi ti ha detto queste cose?
Risuonò nell’aria un’altra voce. – Sono stata io! E’ me che
devi rimproverare.
Il gruppetto si voltò con sorpresa verso la coraggiosa
Sacerdotessa del Makai.
- Jabi! – esclamò con sorpresa Kouga. Era felice di rivederla.
La donna sorrise. - So che al vostro arrivo siete stati
attaccati da un Orrore… E’ di buon auspicio, non trovi? – sembrò scherzare. Successivamente i suoi occhi dalla forma affusolata
ricaddero prevedibilmente su Kaoru. La investì con
un’occhiata ben distinta – A quanto vedo, sembra che
il sangue di quella bestia, dopo la purificazione non ti ha lasciato nessuna
cicatrice. – commentò, con parole non proprio cordiali.
La pittrice non seppe cosa dire.
- E’ il suo modo per dirti che ti
trova in forma! – le spiegò all’istante Rin, ma Jabi non parve gradire.
- Bene! – esclamò la vecchia sacerdotessa del Kantai- Che ne dite di andare? Immagino che sarete stanchi
dopo il viaggio. Una bella tazza di te è quello che ci vuole per rimettervi a
nuovo! – successivamente si rivolse a Kaoru – Ti piace il te, Kaoru? – quest’ultima annuì cordialmente. Quell’anziana
signora doveva essere veramente gentile, pensò, e
sorrise.
Mentre si dirigevano in direzione
dell’antica dimora che apparteneva da generazioni alla famiglia della somma Garai, la gente del luogo al passaggio di Kaoru si comportava in modo strano. Tutti la fissavano con
aria esterrefatta, quasi incantata.
- E’ lei! – bisbigliò una donna all’orecchio dell’altra che
le risiedeva affianco, e subito dopo fu un passaparola
generale. L’artista provò un po’ di disagio nel sentirsi osservare con maniere
a dir poco perforanti. Le sembrò di essere la vera
attrazione di tutto il villaggio. E, in un certo
senso, lo era!
***
La domestica che si occupava di tenere in ordine e di preparare
da mangiare nell’abitazione dell’anziana sacerdotessa, aveva appoggiato proprio
sopra il ripiano di una tavola di legno con i sostegni molto bassi che lo
sollevavano dal suolo circa mezzo metro, un vassoio intagliato nella paglia con
tazze e teiera. Dal beccuccio di quest’ultimo oggetto
usciva del vapore che emanava un ottimo profumo, delicato ma forte allo stesso
tempo.
Garai raccolse quel bricco per il
tè, ed infine cominciò a versarlo nelle coppette delle tazze.
- Questo è il tè che produciamo nel Kantai.
– affermò, porgendo la prima tazza verso Kaoru. –
Scommetto che non lo hai mai assaggiato! – le disse, e la mora annuì. Guardò
subito che aveva un colore ambrato, diverso
dall’infuso che le preparava Gonza quasi tutti i pomeriggi. Accostò le labbra
al bicchiere, e ne mandò giù un sorso. Il sapore ricordava vagamente quello del
tè verde, solo con l’aggiunta di miele e, forse anche foglie di menta.
- E’ davvero buonissimo! – esclamò trovandolo di suo gusto.
Ed in effetti, non aveva mai assaggiato nulla che avesse
un sapore così particolare.
L’anziana sorrise, in seguito si rivolse alla sorellina di Tsubasa, che le sedeva a fianco.
- Ne vuoi una tazza anche tu, Rin?
– L’aspirante sacerdotessa annuì senza esitare. Praticamente
ne andava matta!
La saggia donna dedicò poi la sua attenzione a colui che portava un cappotto bianco: - Dimmi, giovane Kouga… Cos’è che ti ha spinto a venire qui? – Garai sapeva benissimo che non si trattava né di un
semplice viaggio come tanti, né di una normale visita di cortesia. Per
costringere Kouga a venire nel Kantai,
doveva essere successo qualcosa di veramente grave.
Il giovane fissò brevemente la tazza di tè che aveva tra le
mani, poi la riappoggiò sull’asse del tavolo. – Sono qui perché ho bisogno di
incontrare YamashitaRyoma.
Mi hanno detto che vive in questo villaggio.
Sia Tsubasa, la sacerdotessa Garai, Jabi e perfino la giovane Rin, provarono sbigottimento
nell’udire quel nome.
L’unica a parlare, tra i quattro, fu l’anziana. Osservò il
sole che splendeva cocente dalla finestra: - Di sicuro adesso è troppo tardi
per parlargli. – affermò, ma non parve alludere all’ora.
Anche se, di primo acchito quell’intonazione fece
sembrare esattamente il contrario. – Ti converrà farlo domani mattina, ancor
meglio verso l’alba. – gli consigliò la saggia donna, e solo dopo prese a bersi
la sua tazza di tè, ancora fumante.
Quella frase, quel comportamento
pressoché attonito, fece diventare Kouga alquanto
pensieroso. Tuttavia, per non essere scortese, preferì
tacere. Garai posò la tazza vuota sul vassoio, e
dietro di lei le ancelle l’aiutarono a rimettersi in piedi. – Allora è deciso:
Per questa notte sarete nostri ospiti! – affermò. – Andrò subito a dare
disposizioni.
In tutta sincerità, Kouga avrebbe
sperato di tornare a casa verso sera, e magari risolvere la faccenda nell’arco di
una giornata soltanto, perciò l’idea di restare lì, sia per Kaoruche quasi non riusciva a credere di dover trascorrere
più tempo racchiusa in un luogo magico ed antico come quello, fu per entrambi
una novità.
- Se non è per voi motivo di
disturbo… - disse, e la replica arrivò con sveltezza da parte Rin.
- Così potrò conoscere meglio Kaoru!
– per via dell’enfasi la voce le era uscita di colpo. La giovane Yamagatana non vedere l’ora di
conoscerla meglio, per l’appunto.
Poi Kouga guardò dritto negli
occhi il fratello. Senza inutili pretese, Tsubasa
comprese al volo il significato di quello sguardo: il figlio di Taiga gli
doveva parlare… ma da solo.
Si alzarono dallo sgabellino di
legname che li aveva sorretti durante la pausa del tè.
Kaoru capì che i due Cavalieri si
sarebbero presto allontanati, ma com’era consono che fosse, lei non sarebbe potuta andare con loro. – Andate via? – chiese,
anche se sapeva già la risposta.
- Rin- disse Kouga,
flettendo la schiena verso il basso, in modo da raggiungere il viso della
ragazzina. Lanciò uno sguardo eloquente verso Kaoru, poi rivolto alla piccola sacerdotessa le disse
– Te l’ha affido.
Dal lato opposto non ci fu nessuna esitazione:
La sorella minore di Tsubasa assentì energicamente
con un colpetto della testa. Ne fu a dir poco entusiasta, di quella “missione”.
I ragazzi ossequiarono la somma Garai
porgendole un doveroso inchino, e poi si rimisero in strada.
Il Cavaliere del Kantai lo
condusse in un luogo isolato, che si trovava esattamente poco sopra il
villaggio. Quel posto Kouga lo conosceva benissimo.
Lo aveva vegliato la sera prima della cerimonia per la soppressione dei demoni,
conosciuta da tutti con il nome di “Notte Bianca”, per proteggere la “Freccia
di Fosforo” col quale i Cavalieri del Kantai
avrebbero infranto la barriera nel cielo, per impedire alla stirpe di Legules di venire al mondo.
Si avvicinarono davanti all’entrata di quell’antico tempio,
fermandosi ai piedi delle scale.
Prima che uno dei due aprisse la bocca
per primo, trascorse un minuto esatto. A quel punto, fu Tsubasa
a farsi avanti: - Sei hai convinto il Guardiano che gestisce il tuo settore e
coordina le tue azioni, a farti venire qui, forse la
faccenda è davvero grave. – Lo investì con un’occhiata incerta. Tsubasa aveva il dono di percepire negli umani i loro
pensieri. In qualche modo era riuscito anche stavolta a cogliere nel segno.
Kouga fece correre i suoi occhi lungo tutta la gradinata di legno che portava
all’entrata sbarrata del tempio. Gli raccontò dall’inizio le sue vicissitudini,
parlò per primo dell’Ottava Stella del Makai, in
seguito gli disse delle Chimere Mistiche, e solo alla
fine, quando arrivò il momento adatto, gli parlò di Garo.
L’altro.
Tsubasa emise un sospiro. Poi
sembrò annuire. – Sì, le voci che parlano di quel Cavaliere d’Oro, sono giunte
anche qui. – ammise, e questa confessione portò la fronte di Kouga a riempirsi di grinze. – Circa una settimana fa, - premise il giovane Yamagatana, ritornando
con la mente a quel giorno – i miei discepoli, Hyuga
e Akatsuki, mi dissero di aver soccorso quasi
ai confini delle terre del Kantai, un’ancora
inesperto Cavaliere d’Argento. Quest’ultimo, dopo
essersi ripreso, raccontò che nel bel mezzo di una caccia, un Cavaliere d’Oro
lo aveva assalito brutalmente, per impedirgli di catturare un Orrore. Riuscì a
sopravvivere nascondendosi nella foresta che fece perdere le sue tracce. Inoltre, - proseguì, accingendosi ad illustrare un altro
avvenimento – Ho saputo che un Cavaliere di Bronzo è morto.
La risposta di Kouga fu immediata
- Già. – e con lo sguardo sembrò ritornare alla sera in cui Souka gli diede
la triste notizia. – Si trattava del marito di mia zia. - Tsubasa
gli rivolse un’occhiata, poi Kouga
riprese – Devo parlare con quell’uomo… Yamashita.
Lui può darmi le risposte che cerco.
- Stai facendo del tutto per mettere fine
a questa faccenda, non è così? Te lo leggo nei pensieri… Sei molto
preoccupato, soprattutto per quella ragazza. – Per l’ennesima volta, Tsubasa aveva colto nel segno.
Poi, a quella chiacchierata si unì un’altra voce: - Il
moccioso che un tempo giocava a Barchess con me, ancora
una volta non le ha detto nulla, dico bene? – i due si
voltarono in direzione di Jabi. Il silenzio di Kouga servì a darle quella risposta. – Non vuoi proprio
imparare… eppure, non ti biasimo. Per proteggere coloro che
amiamo, spesso siamo costretti a fare delle scelte che talvolta ci
costringono a commettere cose che non rispecchiano la nostra vera natura. Ma la
forza per fare tutto ciò ci viene data dall’amore che
proviamo verso quella persona che aspiriamo a proteggere. Ci basta solo questo,
anche se alla fine, questo nostro desiderio non ci consente di capire che
stiamo sbagliando.
***
- Così, Tsubasa è tuo fratello,
giusto? – domandò Kaoru a Rin,
mentre passeggiavano entrambe per il villaggio con lo scopo di far conoscere
all’artista le meraviglie del Kantai. Era stata Rin, di fatti, a proporlo. Annuì, poi
precisò subito – E’ il fratello più coraggioso del mondo!
- Sicuro! – esclamò con certezza la mora –
L’ho visto combattere, è parecchio bravo! Inoltre, vi assomigliate
moltissimo. Scommetto che ve lo dice spesso anche vostra
madre!
Rin abbassò un pochino il mento. Kaoru la vide assumere un’aria nostalgica, attaccata ai
ricordi.
- Nostra mamma non c’è più- rivelò,
e lo sguardo dell’artista divenne triste. – Però hai
ragione, lei ci diceva sempre la stessa cosa!
- Anche mia madre è morta quand’ero
molto piccola. – le confidò Kaoru, e stavolta furono
gli occhi di Rin a diventare tristi- Alcuni anni
dopo, in seguito ad un incidente ho perso anche mio padre.
- Proprio come Kouga! – esclamò
seduta stante la sorellina di Tsubasa, con lo sguardo
sgranato.
Kaoru la fissò,
in seguito rise con dolcezza.
- Eh già! Una bella coincidenza, vero?
Senza remore Rin scosse il capo.
- Niente affatto! – le replicò – Tutto ciò significa che siete fatti l’uno per l’altra! E’ il destino
che vi ha fatti incontrare!
- Beh…- pronunciò appena l’artista, e di preciso non sapeva
bene cosa dire, così arrossì. Poi si rese conto che per l’ennesima volta, la
gente di quel villaggio che vestiva in modo strano aveva ripreso a fissarla con
la stessa intensità e contemplazione di quando era giunta lì. – Tu mi sai dire
perché tutti mi guardano come se fossi una qualche divinità discesa appena dal
cielo?
- E’ semplice… Qui la gente conosce
la tua storia. Sanno che sei stata contaminata dal sangue di quell’Orrore, ma
che sei sopravvissuta. Ed è la prima volta che succede
una cosa del genere!
Kaoru si stupì:
- Veramente?
- Sicuro! Devi sapere che quando un Cavaliere
Mistico si imbatte in una persona contaminata dal sangue degli Orrori, il
regolamento parla chiaro: È tenuto a brandire la propria arma e a toglierle all'istante
la vita. Non può esitare neppure per un secondo! – QuandoRin ebbe finito di parlare, la figlia di YuujiMitsuki ne restò ancora più
stupita.
- Kouga non me ne ha mai parlato.
– affermò, volendosi riferire al fatto che egli non le avesse mai detto di aver violato una parte del regolamento per
salvarle la vita.
- Kouga è come mio fratello. Sono
taciturni, e non parlano molto volentieri. A volte la bocca non la aprono
nemmeno per sbadigliare! – fece la ragazzina del Kantai,
in quella che sembrava una bella lamentela- Però, ho
imparato una cosa… - Rin si trattenne, prese un po’
di fiato, e con un forte scintillio negli occhi scuri e vivaci, esclamò con
tenerezza ed allegria – Loro parlano con il cuore!
Quanta verità c’era in quella frase! Ne era
satura fino al colmo.
Sebbene il figlio di Taiga sembrasse il tipo più asociale della
terra, con il tempo, imparando a conoscerlo meglio, ma soprattutto a leggergli
negli occhi, si poteva capire che aveva un’indole buona e gentile, che metteva a tacere le apparenze.
La giovane Rin rivolse un’occhiata
al sole che oramai si stava delicatamente tingendo di un colore rosso tramonto
particolarmente acceso. Arricciò la fronte con aria pensierosa, dopodichè disse
con enfasi: - E’ l’ora bagno!
***
Il cielo notturno del Kantai aveva
quella nota di colore in più che lo rendeva diverso da tutti gli altri. Il blu,
che tendeva quasi a scivolare nel nero, era assai più intenso, tanto da
donargli una profondità maggiore che, esprimeva al meglio l’idea di uno spazio
immensamente sconfinato.
Inoltre, a rendere ancor di più la magia di quel posto, la
notte del Kantai era una notte
perennemente stellata, con una miriade di puntini luminosi disseminati come
diamanti su di un panno di velluto blu. Per certi versi, con una punta di immaginazione, la volta assomigliava ad un’enorme tela,
dipinta con i tratti decisi di un pennello intriso dal giallo per le stelle,
dal blu per il cielo, e dal bianco per infondere luce ai corpi celesti.
Veniva quasi la voglia di protendere una mano in direzione
del cielo, per lasciarsi avvolgere dalle sue profondità e venirne
catturati. Fu proprio quello che pensò anche Kaoru,
mentre contemplava in silenzio il magnifico spettacolo. Successivamente,
riprese a sfogliare le pagine di un vecchio album fotografico che apparteneva
alla famiglia di Rin.
Infatti, dopo che l’artista ebbe finito di
fare un bagno, e subito dopo ancora la cena, lei e la sorellina di Tsubasa si erano sedute davanti all’abitazione di quest’ultima, per commentare delle vecchie foto che
ritraevano la famiglia Yamagatana.
- Qui avevo soltanto pochi mesi! – esclamò Rin, poi puntò l’indice sulla donna che la teneva tra le
braccia – Questa era mia madre!
Kaoru la guardò con ammirazione.
Aveva dei capelli lunghi e scuri, proprio come i suoi due figli, e la pelle del
viso bianchissima. – Era davvero molto
bella! – affermò, senza riuscire a trattenersi. Vedendo una così splendida
figura, non ci sarebbe riuscito chiunque.
- E guarda questa! – con entusiasmo
Rin puntò un altro ritratto. Si trattava di un
bambino dalla zazzera spennacchiata ed il visetto paffuto. Aveva all’incirca un
anno, al massimo uno e mezzo, e l’aria tremendamente imbronciata. – E’ Tsubasa!
Kaoru non fu capace di non ridere.
– E’ veramente… buffo! – ammise dopo un po’, ed entrambe scoppiarono a
sogghignare.
- E’ quella che preferisco di più! Anche
se mio fratello non è d’accordo… - si lamentò la ragazzina, e in quello stesso
istante, l’ombra di Tsubasa ricoprì le pagine di
quell’album. Le due si voltarono di scatto, colte alla
sprovvista, e Kaoru oltre a lui e a Jabi, avvistò la sagoma di qualcuno che non vedeva ormai da
più di mezza giornata.
- Kouga! – esclamò
Rin, alzandosi con uno scatto dalla sedia – Ho
portato Kaoru a fare il giro di tutto il villaggio!
Le ho fatto vedere ogni cosa! Il
forno dove produciamo il pane, la bottega dove fanno i vasi di terracotta, il
campo dove coltiviamo le erbe da mettere nel tè…
- E c’è anche un laboratorio dove
dipingono le giare! – seguitò l’artista, con l’aria più che eccitata, magica.
Il barlume di un’emozione le aveva acceso gli occhi.
Lo sguardo del Cavaliere dell’Est si caricò di una tenera dolcezza. Parve quasi sorridere, e quel gesto
in qualche modo sembrò dire “Bene, sono molto contento”.
Vedere Kaoru che si divertiva, lo
faceva sentire soddisfatto. Sapere che la sua bella era
felice, equivaleva a trasmettergli la sua stessa felicità. Pensò per un attimo
che averla portata con sé, nel Kantai, tutto sommato non si era rivelato un gesto così incosciente
o azzardato.
Poi Rin gli tirò con un colpetto
la manica del soprabito, e lo indusse a chinare schiena, capo e occhi sulla
foto del fratello.
- Oserei dire… spiritoso! – osò, per
l’appunto, dire Zarba, mentre tutti, eccetto il
povero Tsubasa, si lasciarono scappare un
sorriso beffardo.
Il Cavaliere del Kantai aggrottò
le sopracciglia trasmettendo a tutti la propria irritazione.
- Non avrei mai dovuto darti quel vecchio album. – asserì
tassativamente, senza che imbarazzo ed irritazione accennassero
a scemare. In quell’attimo, la sua faccia aveva assunto l’espressione pressoché
identica a quella del ritratto. Lo notarono tutti, anello chiacchierone
compreso, ma Zarba stavolta preferì non infierire. Al
contrario, Rin disse una cosa veramente, veramente
imbarazzante, ma… stavolta non di certo per il fratello! – Chissà se il figlio
di Kouga e Kaoru
assomiglierà a mio fratello!
Il signorino e l’artista provarono per un secondo soltanto a
guardarsi negli occhi, poco prima di comprendere a fondo il significo di quelle
parole e rendersi conto di essere loro due, adesso, al
centro dell’attenzione. Furono letteralmente travolti da una vampata cocente di imbarazzo. Divennero tesi come una
statua e tremanti come foglie.
Stavolta fu Tsubasa ad ostentare
un sorrisino sarcastico in pieno viso. In un certo senso, stava soltanto
restituendo il favore a quel collega che fino a pochi
istanti prima, aveva osato prendersi gioco di lui.
– Senz’altro, avrà lo stesso caratteraccio del padre. –
sentenziò, per poi sfidarlo con un’occhiata trionfale. – Comunque,
spero che sia un ottimo Cavaliere.
- Ma se invece sarà una femmina?
- Crescerà con la stessa cocciutaggine della madre. –
commentò Zarba, rispondendo in questo modo al quesito
di Rin. La così definita “madre”, ferì l’anello con
un’occhiata grigia. “Non sono di certo una persona cocciuta!”, avrebbe tanto
voluto dirgli… Tuttavia, si rese conto che la vergogna non riusciva a farle
formulare bene quella frase.
Jabi guardò Kaoru
dritta in viso.
- Diventerà una pittrice!
- O una Sacerdotessa del Makai! – continuò Rin,
ipotizzando ancora, fino allo sfinimento.
- Il primogenito di un Cavaliere Mistico
non può essere una femmina. – sentenziò seduta stante Tsubasa,
sempre attaccato alle tradizioni.
Jabi lo corresse
con scioltezza: - E perché mai? Il regolamento di certo non lo bandisce.
- Ma la tradizione sì! – replicò il
giovane Yamagatana, quasi con ostinazione. - Ogni donna
nella propria Casata ha sempre partorito un figlio maschio. Non può e non deve
essere il contrario.
L’argomento sembrava essere decollato con una certa
facilità.
Jabi si strinse nelle spalle come
a dire “Per me sono semplicemente stupidaggini!”. Ma a parole, non gli disse esattamente così…
– Lo sai che sei un gran maschilista, vero? – fece, con quel
suo modo di fare indisponente e schietto. Dal tono si
capiva che la donna non gli stava chiedendo un’opinione, ma voleva bensì
imporgli la sua. Tsubasa la investì di colpo con
un’occhiata bieca.
Il diverbio tra la Sacerdotessa ed il Cavaliere sembrava
essersi acceso come il fuoco di un falò scoppiante.
Ancora una volta, l’intervento della giovane Rin fu decisivo. Diciamo che servì
a mitigare il confronto.
- Perché invece non facciamo
scegliere a loro? – propose, poi fissò quei “loro”, ovveroKaoru e Kouga. – Prenderete
un maschio, oppure una femmina? – formulò quella domanda con la trasparenza che
soltanto una ragazzina di appena 11 anni poteva permettersi di avere. Inoltre,
pareva non conoscere affatto come stavano in realtà le
cose, tant’è che Jabi le
dovette precisare una cosa: - Vedi, Rin… In questi
casi, non siamo noi che scegliamo, bensì è la natura che lo fa per noi.
La ragazzina strinse le palpebre con un’aria perplessa. – Ma
allora perché spesso le persone lo domando alle donne
incinte?
- Beh, diciamo che in
quell’occasione si chiede unicamente un parere, ma di sicuro non è una ferma decisione.
Rin restò un
pochino delusa da quella “sconcertante” verità. Per tanto tempo aveva
creduto che il sesso dei bambini si potesse scegliere, per
cui le parole di Jabi all’inizio non le
avevano fatto immensamente piacere.
- Se le cose stanno così- premise, mettendo da parte i malumori-
allora voi cosa vorreste avere? – si voltò e guardò
con curiosità i due diretti interessati.
Ancora una volta loro non seppero trovare la lucidità
necessaria per controbattere. Quella era la prima volta in cui affrontavo un
simile argomento, e non fu assolutamente semplice mantenere una certa
indifferenza. Furono all'incirca costretti a
scambiarsi un’occhiata. Poi le labbra di Kaoru si mossero con difficoltà, aveva lo sguardo completamente
instabile. – Ecco…- premise, e pensò poi di poter aggiungere “Noi non lo sappiamo”, ma si trattenne la frase nella gola, dato che
quella a non saperlo, era lei, e siccome l’argomento non era stato mai preso in
analisi, Kaoru non poteva di certo conoscere anche il
parere di Kouga!
Si zittì, e naturalmente il signorino non aprì bocca. Dopotutto,
nemmeno lui poteva conoscere le preferenze di Kaoru!
A quel punto intervenne Tsubasa,
che fino ad allora era rimasto in disparte: - Basta
così, Rin. – le disse, con un tono a sufficienza
severo. Sua sorella reclinò la testa, ed azzittì. – Vi mostro l’alloggio dove
dormirete stanotte. – Tsubasa invitò i due ospiti a
seguirlo. Il gruppetto, varcata la soglia dell’antica dimora degli Yamagatana, giunse ai piedi di una porta situata in fondo
al corridoio. Rin fece scorrere il fusuma, una delle tante porte di carta scorrevole presenti in
tutte le abitazioni del paese, e la spalancò.
Fu pressoché inutile descrivere l’effetto che la vista di un
futon a due piazze, letto giapponese per eccellenza,
ebbe sui giovani.
- Rin! – la riprese
bruscamente Tsubasa- Non ti avevo detto di
fargli preparare una camera singola?
- Ma io…- fece per spiegare la
ragazzina, con un’aria tutta mortificata. Qualcuno la trattenne.
- Sono stata io a prendere questa decisione. – sentenziò
liberamente Jabi. – E comunque,
lascia perdere, Rin. Tuo fratello è un uomo molto
antiquato. –commentò con noncuranza.
- Si tratta di rispetto, Jabi! –
esclamò indignato il Cavaliere del Kantai. La
Sacerdotessa si lasciò scorrere via le parole del giovane,
successivamente prese a fissare la coppia.
- Per voi va bene, no? – proseguì, come se si fosse trattato
da considerarsi assolutamente normale, che i due condividessero
insieme lo stesso letto. “Dopotutto, siete una coppia”, parve comunicare con lo
sguardo. Tuttavia, la reazione esagitata dei sottoscritti,
che sembravano assomigliare più a due pesci fuor d’acqua che a semplici umani,
la portò a comprendere la vera realtà dei fatti. Fece un sorrisino che
in verità servì ad esternare anche senza l’uso dei vocaboli, un’espressione incline
ad un “particolare” tipo di insinuazione. Se decise di trattenersi, fu solo a causa della presenza di Rin.
- Ho capito… - asserì solamente, poi cercò con gli occhi Kaoru – Posso sempre offrirti la mia camera e prendere il tuo posto, se proprio l’idea di restare qui non
ti piace. – Naturalmente, Jabi in quel momento aveva
solo voglia di scherzare! Poteva, un tipetto come
lei, lasciarsi sfuggire una tale opportunità?
Kaoru cercò per un attimo lo
sguardo di Kouga. Voleva appoggio, approvazione, le sarebbe bastato anche un cenno del capo, eppure il tacito
giovane lasciò che fosse lei stessa a decidere.
Trovatasi alle strette, presa dall’istinto o semplicemente
dalla fretta di dare una risposta, con i battiti del cuore completamente impazziti,
assentì di colpo: - No, va bene!
***
Perché? Perché aveva acconsentito
di rimanere lì, e prendere una decisione che adesso, a mente fredda le sembrò
la più sconsiderata che nella sua vita avesse mai preso?
Una risposta Kaoru non seppe
darsela. Eppure, adesso era lì, a condividere un futon, che per giunta non si poteva neppure dividere poiché
unico.
Non riusciva proprio a darsi pace e, soprattutto, non riusciva
a prendere sonno.
Si era rigirata sul lato destro, diametralmente opposto a
quello di Kouga, proprio per non trovarsi d’innanzi a
lui, o per meglio dire, d’innanzi alla sua schiena. Aveva messo una mano sotto al cuscino, e l’altra sopra. Trattandosi
della sinistra, Kaoru non faceva altro che fissare
l’anello regalatole da Kouga, con uno sguardo che per
qualche secondo le divenne trasognante. Riuscì finalmente a distoglierlo
dall’anulare della mano, poi per indurre il sonno cercò di chiudere gli occhi,
ma servì a ben poco: li riaprì dopo una manciata di
miseri secondi. Era l’agitazione a non farla dormire. E
per dormire, occorreva essere rilassati. Lei purtroppo non lo era per niente.
Per Kaoru, ma anche per Kouga, ufficialmente quella era la prima notte che
trascorrevano nella stessa stanza, ma prima di tutto, nello stesso letto.
L’agitazione, il nervosismo, la tensione… Si trattava di emozioni assolutamente normali, che chiunque fosse stato
al posto della ragazza, senza dubbio avrebbe provato di persona sulla propria
pelle.
Tuttavia, Kaoru non ammise a sé stessa di essere spaventata, bensì si riteneva colpevole
per ciò che aveva fatto. Ma c’era un’altra cosa che
forse l’aveva turbata, o perfino resa ancora più nervosa…
Da quando i due ragazzi si erano
accomodati su quel materassino imbottito e meravigliosamente soffice, riverso a
terra, Kouga non le aveva rivolto neppure una parola.
Bastava che le dicesse perlomeno “buona notte”, tutto qui.
In effetti, era stato alquanto scortese.
Forse perché aveva troppo sonno per aprire bocca? Oppure perché, contrariamente a ciò che avrebbe pensato
chiunque nel riscontrare in lui un atteggiamento freddo e distaccato,
l’imbarazzo in realtà lo aveva portato ad azzittire?
Inoltre, chissà se in quel momento era riuscito a prendere
sonno, e quindi ad addormentarsi anche lui…
Per scoprirlo, Kaoru tentò di
girarsi almeno un pochino dall’altro lato, ma la paura di essere scoperta la
fece bloccare. Ad ogni modo, dato che si stavano dando ambedue le spalle, non avrebbe visto granché.
Sommesse così un sospiro profondo, si portò con la pancia
rivolta verso l’alto ed affondò con rabbia la testa nel cuscino. Quel gesto le
fece servire a puntare dritta lo sguardo al soffitto e… ad inorridire.
- AAAH!!! – emise, urlando all’improvviso.
Kouga si girò di scatto, messo in
agitazione da quel grido fulmineo, poi vide l’indice della mano destra
di Kaoru puntare eretto al soffitto. Lo seguì e…
sospirò.
- E’ soltanto una lucertola. – le disse, e sbuffò ancora.
- Ma è proprio qui sopra! Potrebbe…
cadermi addosso! – suppose alla svelta, e nel pensare a
quella scena un brivido gelato la attraversò tutta.
- E’ probabile- fece lui, in un
primo momento. Per la verità, l’intenzione era solo
quella di prendersi un pochino gioco di lei. Ciò che aggiunse dopo, non la fece
tranquillizzare per niente – Credo che stia per
cadere. – Il signorino non ebbe nemmeno finito di riprendere fiato che vide la
ragazza oltrepassare come un lampo l’altra metà del letto. L’istinto di Kouga fu quello di allargare le braccia, e lei gli finì
dritta addosso.
- E’… caduta? – pigolò la giovane,
balbettante, mentre si teneva stretta a lui per la paura.
Kouga sospirò ancora, con più
slancio.
- Guarda che stavo solamente
scherzando. – fu costretto a dire, sfoggiando tuttavia una tranquillità
incredibile. Kaoru come previsto aggrottò la fronte e
lo investì con un’occhiata torva.
- Mi hai fatto prendere un colpo! Sul serio!
- Sei tu che sei troppo credulona.
- Che cosa?! Non è vero!
- Lo sei da quando ti conosco, ragazzina. – sottolineò
acido, ma infondo voleva solo prendersi un po’ gioco di lei.
- Non chiamarmi “ragazzina”!
- Ehi, voi due… Potreste abbassare un po’ il tono della voce
e farla finita una volta per tutte? Qui c’è un povero Madougu che vorrebbe riposare. – proferì inaspettatamente
la voce di Zarba, che di preciso era stato rinchiuso nella sua teca fatta di legno, ma ahimè, non insonorizzata. L’anello si era stufato di sentirli
bisticciare.
Kaorusospirò
stizzita, poi abbassò il timbro della voce – Perfino quella lucertola è
più gentile di te nel non cadermi addosso!
Kouga non commentò su quello che
sembrava essere un giudizio del tutto insindacabile, ma sentì l’obbligo di
precisare una cosa: - Non può permettersi di cadere perché deve raggiungere la
sua compagna. – gli fece presto notare. Con lo sguardo, lei si
mise a setacciare l’intero soffitto, finché nella penombra non intravide un altro
animaletto fermo dalla parte opposta. Era leggermente più piccolo,
quindi doveva trattarsi, come fatto capire anche dallo stesso Kouga, di un’esemplare femmina. Fu in quell’attimo, che la
ragazza si rese conto che neppure il figlio di Taiga, pochi minuti fa stava
dormendo. Altrimenti, come avrebbe potuto individuare
quel minuscolissimo animaletto, per di più nascosto
nell’ombra ed attaccato al soffitto, tanto alla svelta? Kouga
aveva trascorso tutto il tempo ad osservarlo, ed ecco perché era riuscito a
ricollegare le due cose in un lampo.
Con tutto ciò, l’artista si sentì
l’obbligo di ribadire: - Ho urlato troppo, prima, vero? Devo averti senz’altro
svegliato.
- Comunque- premise il giovane,
senza commentare la questione dovuta allo strillo improvviso -Non stavo
dormendo.
Kaoru in quel modo era riuscita
finalmente ad ottenere la sua meritata risposta, e quindi a sapere la verità. Si
finse però sorpresa, affinché non se ne facesse troppo accorgere – Davvero? Neanche
io.
- Il letto è forse scomodo? – le chiese,
preoccupandosi di sapere se lei lo ritenesse in quel modo.
- No, anzi! – scosse il capo, ma non seppe cos’altro
aggiungere a quelle parole. Aveva davvero un’aria strana. Si mordicchiò il
labbro inferiore, combattuta nel dire o non dire la
verità, e quel groviglio di lettere le restò a lungo nella gola. Ciò nondimeno,
lei sentiva quasi l’obbligo di comunicargli i suoi pensieri. Esitò, tergiversò,
e alla fine giunse al dunque: - E’ che mi sembra tutto così strano… riguardo al
fatto che siamo qui… Forse avrei dovuto chiedere anche il tuo parere.
- Non ti avrei risposto comunque.
Allibita, la ragazza fece una smorfia: - Aspetta, mi stai
forse dicendo che volevi lasciare a me la decisione? E’ per questo che non hai detto niente?
- Non volevo costringerti a prendere una decisione forzata.
Tutto qui.
- Tutto qui? – il viso di Kaoru si
contrasse ancora- Io pensavo che non te ne importasse molto… - poi ad un tratto
lo stupore mutò in perplessità- Ma se io avessi accettato
la proposta di Jabi? Tu…- “Tu avresti davvero
accettato di dormire con lei?”, avrebbe voluto dire, ma si trattenne.
Ancora una volta Kaoru aveva
creduto alle parole della Sacerdotessa, dimostrando così di essere seriamente
una credulona, ed ancora una volta Kouga si trovò ad emettere un sospiro. In aggiunta a quel suono
sommesso, seguitò un accenno pronunciato di riso. Alla giovane pittrice quel
gesto non passò inosservato, per cui arrivò ad
afferrarne il significato con una certa facilità, e perché no,anche una buona dose di sdegno.
Increspò la fronte incorniciata dai capelli, e schiuse la
bocca dichiarando apertamente: - Non è giusto!
- Sei proprio una… - Molto probabilmente, Kouga avrebbe concluso quella
frase con il termine “credulona”, ma a causa di un impedimento improvviso, non
riuscì a finire: Kaoru aveva afferrato di corsa il
proprio cuscino e glielo aveva lanciato giusto in faccia.
- Antipatico! – gli rimbeccò, con un modo di fare esagitato
e la voce sporca di rabbia, irritata.
- Ma che ti è preso?! – sbottò il
giovane Saejima, scostandosi dalla faccia il
guanciale.
Kaoru lo punse all’istante
lanciandogli una frecciatinacongeniale:
- Dimenticavo che tu sei un
asociale, e che molto probabilmente il termine “lotta con in cuscini” non ti
dice nulla… - poi aggiunse sicura- I tipi come te farebbero meglio a restarsene
da soli!
- Guarda che sei stata tu ad invadere
la metà del mio letto. – pronunciò secco il ragazzo, e
fu soltanto in quell’istante, che la figlia del
pittore Mitsuki apprese di non trovarsi al proprio
posto.
- Accidenti! – riuscì soltanto a pronunciare di colpo, ma quando
fece per balzare indietro, nell’appoggiare con troppa forza la mano destra a
terra, sentì una fitta improvvisa che le provocò un intenso dolore.
Macchinalmente, con un rapido scatto gemette mettendosi a sedere in mezzo al
letto.
Si agguantò subito il polso. Kouga
la seguì quasi a ruota.
- Che cos’hai?! – chiese con fare allarmato.
- Il polso… Credo di averlo poggiato a terra troppo
velocemente... – disse con voce dolorante, continuando a reggersi l’arto. Con
una mano lui l’afferrò garbatamente, poi diede un’occhiata.
Si trattava del polso che Kaoru,
armeggiando con quella vecchia spada, si era ferito alcuni giorni fa.
Fortunatamente del lungo taglio restava un solo segno appena visibile, quindi lui
appurò che la ferita non si era aperta nuovamente.
- Non è ancora guarito del tutto. – disse lo spadaccino –
Quindi cerca di non sforzarlo.
La ragazza assentì. – Ho preso troppa umidità quella sera…
Forse è per questo che accuso ancora un po’ di
fastidio. – affermò, e quella frase fece ritornare magicamente entrambi ad un
evento preciso: L’attimo in cui Kouga le aveva sfiorato le labbra con un bacio da levare il respiro.
Ricordavano perfettamente tutto. L‘acqua che incorniciava i
loro visi, che impregnava i loro capelli e perfino gli
abiti. La pioggia che aveva lavato via le lacrime della dolce moretta, e che continuava
a scendere sulla pelle di entrambi perfino quando
avvenne l’inatteso contatto.
Kaoru ricordava tuttora l’acqua
dei capelli bagnati di Kouga che finì col trasferirsi
anche su di lei, mentre Kouga, invece, di quanto
fosse liscia la pelle di quel viso aggraziato e bianco, solcato da goccioline che
lo inumidivano tutto.
Quando entrambi ebbero finito di
rivivere quell’attimo dalla melodia inconfondibile,
si accorsero anche di trovarsi l’uno di fronte all’altra.
Si rivolsero lo sguardo, ma prima ancora si cercarono con
gli occhi, poi nessuno dei due inseguì il desiderio di pronunciare qualcosa.
Ambedue non sapevano bene che cosa dire, comportarsi, ma specialmente fare. E
molto probabilmente, qualsiasi cosa avessero detto,
forse le parole non sarebbero state in grado di rendere il massimo dei loro
sentimenti. Solo ascoltare in silenzio il folle battito di due cuori, sarebbe
riuscito a descrivere ciò, unicamente con semplicità.
Kouga le teneva ancora il polso
con la mano, e fu così distratto da non accorgersi di averla
avvicinata ulteriormente a sé. E per giunta Kaoru non aveva opposto taluna resistenza. Sembrava che
anche lei non si fosse accorta di nulla, tant’era
impegnata a farsi incatenare da quello sguardo che racchiudeva una profondità sconfinata,
una profondità che avrebbe fatto perdere la via di
casa a chiunque.
In un secondo momento, i loro volti presero a fronteggiarsi in
quella che da lì a poco si sarebbe trasformata in una congiunzione di labbra.
Ma non appena la bocca di Kaoru fu sufficientemente
vicina alla sua, quasi da sentirne il respiro, Kouga
le lasciò di colpo il polso, ed ella smise di
avanzare.
Il figlio del valoroso Taiga si
rese per la prima volta conto delle proprie azioni, e l’animo gli fece finire
ogni suo movimento in catene.
Si trovò ad affrontare a viso aperto una situazione molto
complessa, ma era meglio non cedere a possibili quanto per lui inammissibili
impulsi.
In realtà sapeva già cosa fare.
- E’ tardi – disse, afferrando il
guanciale che la ragazza gli aveva tirato in faccia attimi prima, e
riconsegnandolo a lei- Dovremmo cercare di dormire. – finì la frase
nell’istante in cui Kaoru, presa dall’imbarazzo, gli
annuì soltanto. Collocò il cuscino a terra, cambiò di posto, e si distese lungo
il futon a pancia insù. Fu in quel momento, che
nell’osservare il soffitto, si rese conto di una cosa: l’animaletto verde
smeraldo non era più lì.“Ha raggiunto la sua
innamorata” disse tra sé e sé, affascinata da ciò che ai suoi occhi pareva sembrare
una romantica favola… del mondo animale!
Poi lo sguardo le ricadde sul dorso di quel ragazzo che le
stava di fianco. Sperò nel miracolo, ovvero aspettò
fiduciosamente che lui le rivolgesse una parola. Una soltanto. Forse chissà, in
quel modo sarebbe riuscita a prendere sonno. Ma quando Kaoru,
ormai perse le speranze si apprestò a rigirarsi dall’altro
lato, ciò che stava aspettando arrivò:
- Buonanotte.
Solo una parola. Una soltanto.
La dolce artista sorrise,
nonostante lui non la potesse vedere, e come per magia, chiudendo gli occhi,
finalmente si addormentò. Con il cuore colmo di gioia.
A volte è più semplice
fuggire dalle proprie emozioni, anziché affrontarle di petto e trovare il
coraggio di guardare dentro noi stessi. Pur di fare la
cosa giusta, le congeliamo per paura di ferire qualcuno o per paura di ferirci. Pur di non sentirci tristi, ci
costringiamo a non amare completamente una persona. Ma tutto ciò, serve solo a
farci capire quanto quella persona sia importante per
noi.
Fine
episodio
I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:
Eccoci
arrivati al decimo episodio! Stavolta sono di poche parole perché vado di
corsa… Quindi, passiamo subito alle risposte! ^__^
Per seasons_girl:
Love is in the air… nanana
love is in the air *botan-tan
canta* ^__^ Non potevi scegliere canzone più azzeccata! La cosina che riguarda
ciò che ha attirato Kouga quando stava bloccato nel traffico insieme a Gonza, come
già detto nella mail, la scoprirai nell’episodio 12, quindi pazienta ancora un
pochino, anche se mi rendo conto che non è facile…! Io in primis sono una curiosona nata…! Che bello, dai, tu ed Elentari
dai KAT-TUN!! ^o^ E’ troppo
divertente ‘sta cosa!!!
Per _Elentari_:
Eeh… fa piangere anche a me il chap 9… E sì, lo so che mi adori! Ma
io adoro te per le cose belle che mi scrivi. Ci adoriamo entrambe!Grazie per gli auguriiiiiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!!!!!!! <3
Per stelly89_s:
Ch bello! Un’altra persona che ama la
pioggia come me! Condivido tutto ciò che hai detto, e quando fuori diluvia io
faccio festa! Pensa che mia nonna odia i temporali… gira per casa con le
candele accese pronunciando strane formule per farli passare… Io invece farei la danza della pioggia a vita! Quando piove mi sento
particolarmente ispirata… Soprattutto quando scrivo…! E
grazie mille per gli auguri!! ^__^
Un bacio a tutti voi!
Botan
ANTICIPAZIONI:
Risposte, rivelazioni ed avvenimenti a
sorpresa… Tutto ciò attenderàKouga
che dovrà tenere testa a Chimere Mistiche e misteriose presenze nell’arco della
stessa giornata, ma per fortuna non sarà da solo.
Nell’accogliente camera messa a disposizione dei due ospiti, dalla
famiglia Yamagatana, un raggio di sole ricadde sul materassino imbottito
appoggiato al suolo, mentre Kaoru, investita in viso da quel fascio, non poté
fare a meno di riaprire le palpebre
Fedeltà
#11
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
Nell’accogliente camera messa a disposizione dei due ospiti,
dalla famiglia Yamagatana, un raggio di sole ricadde sul
materassino imbottito poggiato al suolo mentreKaoru, investita in viso dal fascio, non poté fare a meno
di riaprire le palpebre. Si portò istintivamente una mano davanti agli occhi,
per ripararsi dalla luce che gli dava un po’ fastidio. Ancora assonnata, prese
a sbadigliare, in seguito si mise a sedere spingendo il busto in avanti, e si
grattò la nuca.
Fece un altro sbadiglio, coprendolo stavolta con il dorso
della mano, e lo sguardo le scivolò sul lato accanto a lei, quello in cui
avrebbe dovuto esserci Kouga.
Il posto era vuoto.
Doveva essersi alzato da molto tempo prima
di lei, con una tale silenziosità da non farle sentire neppure il minimo
rumore.
Si mise in piedi, portando le braccia sopra la testa per
stiracchiarsi, dopodichè raggiunse la finestra e guardò fuori.
Lo sguardo le si illuminò
all’istante.
Gettò una rapida occhiata alla sacca marrone, che conteneva
i suoi strumenti più preziosi, e sorrise, pronta ad iniziare quella giornata
nel migliore dei modi: – Oggi pittura! Mettiamoci subito all’opera!
***
- Deve essere quella laggiù. – enunciò Zarba,
il millenario Madougu dalla loquace parlantina, riferendosi
ad una piccola casupola, che di primo acchito somigliava di più ad una vera e
propria baracca fatta di legname marcio e putrido – Sembra
venire giù da un momento all’altro. – commentò l’anello, ma non aveva tutti i
torti.
Lo spadaccino la raggiunse con sveltezza, dopodichè batté un
colpetto sulla porta con la mano, e rimase ad aspettare che qualcuno venisse ad
aprirlo.
- Chi è? – tuonò la voce di quel “qualcuno”. Sembrava per
giunta essere piuttosto irritata.
- Mi chiamo KougaSaejima, signore. – dichiarò il ragazzo, presentandosi come
da prassi. E non appena il misterioso tizio sentì quel
cognome, si decise ad aprire.
Spalancò l’anta, che emise un fastidioso gracidio a causa
dei cardini completamente ricoperti di ruggine, e squadrò minuziosamente
l’inatteso ospite. – Sei un parente di Taiga?
- A dire il vero, sono il figlio. – precisò, poi gli chiese:
- Lei, conosceva mio padre?
- Di vista. Una volta abbiamo avuto modo di parlare. – disse
sbrigativo lo strano tizio. Kouga lo guardò con
attenzione e curiosità. Aveva i capelli brizzolati, raccolti in un codino, e
l’aspetto trasandato. Sul viso c’era un accenno di barba dovuto al fatto che
non si rasasse probabilmente da diversi giorni, o comunque
non tutte le mattine, e l’abbigliamento non era di certo da meno! Si vedeva
chiaramente che aveva indosso degli abiti molto consunti, anch’essi cambiati di
rado. – Che cosa vuoi? – disse lì per lì RyomaYamashita, il vecchio Cavaliere.
Ma a dirla tutta, era soltanto l’aspetto trasandato a farlo sembrare molto più
anziano di quanto in realtà non lo fosse.
Kouga non esitò un solo attimo: -
Vorrei che lei rispondesse ad una mia domanda.
- Ma io no. – sentenziò
secco l’uomo, facendogli capire che non era né interessato a sapere, né tantomeno a rispondere a quella domanda. – Non ho tempo da
perdere con i ragazzini. Vattene via! – replicò infine, ma quando si mobilitò
per sbattergli la porta in faccia, Kouga trattenne
l’anta con una mano.
- Ho portato un compenso per voi. – gli disse, facendogli
vedere l’incarto che conteneva il fiaschetto. – Si tratta di saké rosso.
L’uomo storse il naso: – Non mi interessa.
– fece con noncuranza.
- Proviene dalle terre del Sud.
Come per incanto, le parole di Kouga
funsero in qualche modo da “parola magica”. Il vecchio Yamashita
fissò per primo il volto del ragazzo, e poi la bottiglia incartata. – In questo
caso… cambia tutto. – pronunciò, facendolo accomodare nella sua umile
dimora.
Di umile, questa dimora aveva
praticamente tutto. A partire dal pavimento. Le assi
di legno scricchiolavano ad ogni passo, a momenti parevano
fracassarsi sotto i piedi. Kouga se ne accorse subito, e cercò di moderare l’andatura per non
finire con una gamba nel terreno sottostante. Inoltre, la pulizia di quel luogo
lasciava parecchio a desiderare: la cucina era invasa da tegami e scodelle
sporche, accatastate l’una sull’altra da chissà quanti giorni, mentre la
polvere ricopriva ogni angolo della casa. Giunti in cucina, il vecchio si
sedette a tavola, facendo cenno al ragazzo di accomodarsi sulla sedia davanti a
lui.
Zarba tossicchiò di proposito.
Voleva avvertire il suo proprietario che quella sedia non aveva un gran bell’aspetto. Pareva crollare giù da un attimo all’altro,
perché invasa da una miriade di buchi provocati dalle
tarme. Kouga afferrò al volo, tuttavia per non essere
scortese fu quasi costretto a sedersi. Le gambe della sedia, nonostante lo
stato malandato, ressero al peso.
Poi, ancora Zarba si guardò
attorno, e nel vedere almeno una dozzina di bottiglie vuote di liquore, sparse
per metà a terra e per metà sul ripiano insudiciato
della tavola, comprese tutto.
- Adesso capisco perché Jin non ti
ha voluto parlare di lui… - confabulò, mentre Kouga
trasse un profondo sospiro. Gli si poteva leggere negli occhi un velo di marcato
sconforto. Si convinse per un attimo di aver fatto l’ennesimo buco nell’acqua:
come avrebbe potuto, un uomo alcolizzato, risolvere una fetta dei suoi
problemi?
Yamashita scartocciò l’involucro che
attorniava il fiaschetto di saké, e lo gettò con noncuranza a terra. Poi
agguantò un bicchiere dal vetro ormai appannato, proprio di fronte a lui, e lo
riempì. Il liquido rosso sangue si versò in quella conca, e restò lì dentro
solo per pochi secondi: L’uomo si scolò il bicchiere in un lampo.
Sulla faccia di Kouga apparve
un’espressione di assoluto disgusto. Il ragazzo
detestava profondamente quella roba. Gli dava fastidio il fatto che
assomigliasse al sangue. E a lui, anche se cercava
spudoratamente di nasconderlo, gli faceva ribrezzo.
- Era da tempo che non assaggiavo un liquore così buono. –
dichiarò, sfoderando un senso di soddisfazione unico. Aveva gli occhi che a
momenti parevano brillare dall’emozione. Successivamente,
agguantò per la seconda volta bottiglia e bicchiere, e se ne mandò giù un
altro.
- Ehi, Kouga… - intervenne Zarba – Se continua così, sarà talmente sbronzo che non si
ricorderà neppure di averti fatto entrare in casa sua.
– ribadì, ed aveva ragione. Inoltre,
le parole utilizzate dalla somma Garai, finalmente per
entrambi ebbero un senso. Se aveva consigliato Kouga di fargli visita durante le prime luci dell’alba, una
ragione c’era. Verso quell’ora non l’avrebbe trovato
sbronzo, per cui parlargli non sarebbe stata
un’impresa impossibile.
Lo spadaccino sospirò ancora e decise di arrivare al dunque:
- Io le ho portato il saké. Adesso tocca a lei restare
ai patti.
Ryoma appoggiò il bicchiere di
vetro, vuoto, sulla tavola, e poi i gomiti. – Cosa vuoi
sapere, ragazzino?
Si lascio scorrere via il termine “ragazzino”, adoperato per
la seconda volta dall’uomo, e finalmente poté parlare:
- Mi serve il nome di quel Prete del Makai che sancì
il Mistico Patto, durante la
Notte della Supplica di venti anni fa.
Il trasandato Yamashita intrecciò
le dita delle mani sulla tavola. Sembrava che in qualche modo, quella domanda
gli avesse fatto dimenticare anche per un secondo la sua innata passione per
l’alcol.
- Perché sei venuto fin qui per
chiederlo a me? Tuo padre non ha saputo risponderti?
Kouga si adombrò appena. Chinò
leggermente lo sguardo sulla tavola. – Lui è stato ucciso
quando avevo sette anni.
L’alcolista restò sconcertato da quella rivelazione. – Da
tempo, ormai, ho tagliato completamente i ponti con il mondo esterno. – gli
confidò, e non appena Kouga riprese a guardarlo, lui gli
pose un quesito: - E’ stato Barago, dico bene? –
aveva pronunciato quella domanda come se in realtà la risposta già la sapesse.
Il giovane ne restò sorpreso. Poi Yamashitainiziò a raccontargli un aneddoto legato al proprio passato - Ero
appena tornato da una caccia, quell’Orrore mi aveva
sfiancato… - precisò, accennando un malinconico sorriso- Vidi la porta
della mia casa spalancata, e così mi accinsi ad entrare. Trovai mia moglie e mio figlio riversi a terra, in una pozza di
sangue che oramai aveva infangato ogni cosa. Mi ci volle una settimana per
toglierlo. Ma l’odore restò per più di un mese. –
Quella rivelazione così improvvisa scosse fortemente l’animo di Kouga. Stava quasi per dire qualcosa, quando l’uomo lo
interruppe: - Mi dissero che era stato Barago, lo videro uscire dalla mia abitazione, ma nessuno
fece niente per soccorrere la mia famiglia. Le persone ebbero troppa paura, e così
li lasciarono morire. – guardò il ragazzo che gli stava di fronte, e
l’espressione del volto gli divenne quasi dolce – A quest’ora,
mio figlio avrebbe dovuto avere qualche anno in più di te. – commentò, e il
cuore di Kouga per la tristezza parve fermarsi. In
ultimo, il malandato uomo diede la risposta che il figlio di Taiga stava
attendendo con trepidazione di ricevere: – ShiroYomoda. Si chiamava così quel Prete.
***
Seduta su di un enorme blocco di roccia, con l’album da disegno
appoggiato sulle ginocchia e la matita stretta in una mano, Kaoru
stava ritraendo quel meraviglioso spettacolo che le sorgeva d’innanzi agli
occhi.
Di preciso, aveva raggiunto un luogo situato al di fuori del
villaggio, collocato appena più giù, che godeva di una
vista superlativa.
Nel vederlo, l’ispirazione le era arrivata in un batter di
ciglia. La giornata era perfetta: c’era il sole, ma non faceva troppo caldo, ed
inoltre l’erba che ricopriva i sentieri aveva assunto un colorito verdeggiante
assai luminoso. Veniva davvero voglia di imprimerla su carta.
Completamente assorbita dal disegno, Kaoru
non si accorse che qualcuno la stava di nascosto osservando. Si trattava di Rin, la sorella minore di Tsubasa,
che nel vedere il paesaggio ritratto sul foglio, non riuscì a tenere la bocca
chiusa: - E’ bellissimo! – esclamò di colpo, e la pittrice istantaneamente si
voltò.
- Rin! – disse, colta alla
sprovvista – Cosa fai qui?
Fu un’altra voce a rispondere per lei. – Ci teneva a vederti
dipingere.
Kaoru si voltò un altro pochino,
ed intravide la figura longilinea di Jabi, proprio di
fianco alla ragazzina.
- Non sapevo che foste entrambe qui… – ammise
timidamente, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
- Si vede che la pittura è davvero la tua più grande passione. – commentò la Sacerdotessa Jabi, regalando a quella frase una punta di sottile ironia.
- Quando disegno, tutto ciò che mi sta intorno sembra
scomparire… Ci siamo solo io ed i miei strumenti! – asserì in tono convinto, poi vide la giovane Rin fissare con estrema curiosità il suo lavoro. Le ci
volle veramente poco per capire e leggere nei suoi pensieri. – Vuoi provare
anche tu? – le propose, porgendole dapprima una matita, e subito dopo un foglio
pulito.
Rin si fece titubante. – Posso
davvero? – chiese per sicurezza, con lo sguardo che le aveva
preso a vibrare dalla gioia. Kaoruapprovò con un cenno del capo, e nel sorriderle la fece
accomodare di fianco a sé.
Poi spiegò a Rin come fare.
- Guarda… la matita devi tenerla in
questo modo, così la puoi muovere con più scioltezza, e sarai in grado di
tracciare linee più naturali e fluide.
La ragazzina storse le labbra. Sembrava un po’ confusa, ma
soprattutto scoraggiata.
- Ma come faccio a guardare il
paesaggio e contemporaneamente a disegnare?
L’artista scosse il capo con dolcezza.
- Non le devi fare insieme. E’ semplice… Osservi il
paesaggio davanti a te, e fai ricadere lo sguardo sul foglio. Vedrai che le tue
mani si muoveranno da sole, per ricreare ciò che i tuoi occhi hanno visto ed
immagazzinato nella mente.
- Ma se non mi ricordo? – si
preoccupò Rin, dato che tutto ciò le sembrava
un’impresa impossibile da attuare.
Ma la risposta di Kaoru servì a mitigarle ogni dubbio:
- Sarà il tuo cuore a ricordare per te!
Con un forte entusiasmo, la ragazzina annuì e si mise
all’opera.
Nel frattempo, la figlia di YuujiMitsuki si alzò dal proprio posto per raggiungereJabi ferma pochi metri più dietro.
Era giunto il momento di parlarle.
Dapprima non seppe bene come iniziare il discorso. Esitò più
di una volta, ma poi sembrò trovare il modo più adatto per impostarlo, e tutto
ciò da una semplice parola: - Grazie! – disse ostentandole un gran bel sorriso,
e Jabi ne restò sorpresa.
Aggrottò la fronte con fare confuso, e la investì con uno
sguardo. - Per cosa?
Scostandosi un ciuffo di capelli dalla
guancia, l’artista prese ad osservarsi la punta delle scarpe bianche che
portava ai piedi. Si sentiva leggermente a disagio.
- Kouga mi ha detto
che ha chiesto il tuo aiuto per purificarmi.
La replica dell’altra donna giunse con rapidità e certezza: -
Non potevo abbandonare un vecchio amico. – disse, facendole capire che l’aveva fatto per aiutare il ragazzo, di certo non lei. Kaoru restò interdetta. Non sapeva come comportarsi, ma
all’improvviso le uscirono spontanee delle parole: - Non ti sono molto simpatica, vero? – l’intonazione sapeva di
angoscia e sconforto, e la replica dell’altra, dura ma sincera allo
stesso tempo, servì successivamente a farla riflettere:
- Ti sei appropriata dell’unica
cosa che faceva parte dei ricordi della mia infanzia. - Jabi
aveva pronunciato quelle parole con uno sguardo carico di disprezzo. Ma ci fu
un’altra cosa, che le si caricò di così tanta rabbia:
Il cuore.
La Sacerdotessa non lo aveva ancora dimenticato.
Jabi non aveva ancora lasciato
andare via il ricordo di Kouga. Lei gli voleva
davvero bene. E vederlo, adesso, in compagnia di
un’altra donna, le lacerava di continuo il petto. Ma nonostante tutto, lei era
una persona estremamente intelligente, per cui dopo
tale affermazione, seppe trovare le parole più adatte per sostenere Kaoru. - E’ te lui che vuole. Per cui, infondigli quella
felicità che io non potrò mai dargli. – disse, ed un sorriso malinconico brillò
nei suoi occhi.
A Kaorule si
strinse il cuore. Tuttavia, con una dolcezza infinita,
sorridendo le annuì.
Jabi se ne andò,
come una perfetta Sacerdotessa dal contorno solitario, e l’artista ritornò da Rin.
***
Stava riscendendo a valle, l’erede di Taiga Saejima.
Camminava, ma aveva la testa rivolta altrove. Nella sua
mente non sembrava esserci che un nome. Uno soltanto: ShiroYomoda.
Chi era, in realtà, costui? Un Prete del Makai
che aveva osato sancire il Mistico Patto, sì, ma forse
non era tutto. Kouga in un certo senso sentiva dentro
di sé che c’era dell’altro. Però, il ragazzo, quel
nome, non lo aveva mai sentito. E non gli suggeriva
nulla.
- Che strano… - pronunciò ad un
tratto Zarba, mentre qualcosa parve stuzzicargli
l’udito.
- Che cosa c’è? – domandò alla
svelta il Cavaliere Mistico, sollevando la mano
sinistra sotto al mento.
L’anello chiuse gli occhi per qualche secondo, successivamente gli fece una confessione: - Non vorrei
sbagliare, ma mi è parso di avvertire una presenza simile, se non la stessa, a
quella che ti bruciò il diario tra le mani in quella vecchia fabbrica. –
profetizzò, e lo sguardo di Kouga si fece
immediatamente serio.
***
- Bravissima! – esclamò Kaoru, non
appena vide il paesaggio disegnato da Rin, con il
foglio tra le mani. – Alla fine ci sei riuscita! Non è stato poi così
difficile, vero?
L’aspirante Sacerdotessa scosse il capo. – Mi sono divertita
un sacco! Disegnare, è un po’ come fare magie. Noi Sacerdotesse, quando c’è di
mezzo un incantesimo, dobbiamo pregare con tutte le nostre forze e trasferire
ciò che abbiamo nel cuore all’interno di quella
preghiera, affinché prenda vita e si trasformi in magia! – le spiegò in breve
la ragazzina. Poi, all’improvviso, il sorriso che Rin
aveva sul volto appassì inspiegabilmente. Sembrò che in quell’attimo
avesse ricordato qualcosa – Kaoru- premise, con aria mortificata – Quando arrivai per la prima volta a casa di Kouga, per sbaglio la mia magia colpì uno dei tuoi quadri.
Ricordo che lui si arrabbiò moltissimo con me. Mi
tenne il broncio per un po’, ma io non volevo rovinarlo! – si affannò a spiegarle,
con energia. Era davvero molto dispiaciuta. Inoltre, pensò che anche Kaoru l’avrebbe sgridata, e che magari
anch’ella le avrebbe tenuto il broncio. Fu costretta a ricredersi non appena la pittrice scosse il capo.
- Non fa nulla! Quando tornai a casa,
Gonza mi spiegò che cosa era successo, e così lo sistemai in un attimo!
Sulla faccia di Rin riapparve con
entusiasmo un sorriso. – Meno male! Temevo di aver combinato un danno
irreparabile… Non riesco ancora a gestire come vorrei
i miei poteri. – le confidò, rattristandosi un pochino.
- Vedrai che tra non molto diventerai brava come Jabi! – la rassicurò con una certezza tale da convincere
perfino la stessa Rin.
Ma nel medesimo istante, successe
una cosa che strappò via i loro sorrisi e le fece zittire. Dalle profondità del
sottosuolo, venne alla luce un Orrore.
Fu tutto troppo improvviso ed inaspettato: si avvicinò alle
due, spalancò le fauci e ruggì.
Con un coraggio fuori dal comune,
la giovane Yamagatana impugnò alla svelta il proprio
pennello mistico, e lo puntò dritto verso la belva. Il cuore le batteva a
mille, ma nonostante tutto doveva farsi coraggio,
perché Kaoru aveva bisogno di lei.
- Rin! No! – esclamò impaurita la
mora, cercando di trattenerla.
La sorella di Tsubasa le replicò
con caparbietà: - Ho promesso a Kouga che mi sarei
occupata di te! Non posso tirarmi indietro! – poi sfidò l’Orrore con uno
sguardo carico di ostinazione. Quando
la bestia allargò pericolosamente le fauci, dando così l’impressione di essere
sul punto di balzarle indosso, Kaoru afferrò la mano
della ragazzina e poi cominciò a correre.
In quello stesso attimo, sul dito medio della mano sinistra
di Kouga, la voce di Zarba
risuonò altisonante: - Avverto la presenza di una Chimera Mistica! – disse con
fare allarmato, senza il benché minimo preavviso.
Kouga aggrottò la fronte e fulminò
l’anello con una rapida occhiata: - Dove?!
La risposta che gli servì la sua guida, suonò apocalittica:
- Sta inseguendo Kaoru!
E così, senza pensarci su neppure due volte, il Cavaliere Mistico dell’Est si lanciò in una corsa
forsennata.
La diabolica creatura aveva spinto le due ragazze al centro
di un sentiero situato in mezzo alla radura. Kaoru si
guardò con rapidità intorno, dopodichè cercò di
condurre sia lei che Rin in direzione di una foresta,
ma la sorellina di Tsubasa impuntò di colpo i piedi a
terra e la trattenne.
- Quella è la foresta di Naraku! Se ci finiamo dentro, non riusciremo più ad uscire! – le
esclamò con agitazione. Ambedue si voltarono verso la bestia. I denti in bella
mostra, e gli artigli sguainati, le costrinsero ad arretrare di qualche passo.
Man mano che si avvicinava, loro erano obbligate ad
indietreggiare. Ancora un po’, e in quella foresta ci sarebbero finite per
davvero.
Si udì ad un tratto un rumore di rapidi passi. A quel suono,
ne seguì un altro, e poi un altro ancora.
Quando siaKaoru
che Rin si trovarono ad un soffio di distanza dalla
linea di demarcazione che separava ambedue i boschi, si sentirono letteralmente
prendere di peso e portare via.
Jabi si occupò di afferrare Rin al volo, mentre Kaoru fu
trascinata al sicuro da Kouga,
giusto un secondo prima che appoggiasse il piede nelle terre di Naraku.
Colui che fece svanire quella
perfida creatura, fu Tsubasa. La trafisse in petto con
la punta affilata della lancia, ed il pericoloso essere scomparve.
Rin sgranò gli occhi nel vedere
tutto ciò. Perché il fratello, per eliminare quell’Orrore, non aveva indossato l’armatura?
- E’ la prima volta che nel Kantai
compare una Chimera Mistica. – appuntò Goruba, il
vecchio Madougu di Tsubasa,
attaccato al suo polso.
La ragazzina si chinò verso il bracciale, poi prese a
guardare il fratello. – Non era un Orrore?! – fece, in
preda allo sgomento.
- No. – sentenziò lui. Poi si sentì l’obbligo di chiederle:
- Stai bene?
La giovane annuì, ma subito scoppiò in lacrime. – Io… non me
ne sono accorta! – balbettò, in preda al pianto, poi singhiozzante si girò
verso Kouga – Dovevo proteggere Kaoru,
ma non ci sono riuscita! – gemette ancora, con gli occhi sempre più ricolmi di
lacrime.
- Rin- il Cavaliere dell’Est si
chinò verso di lei e le mise entrambe le mani sulle spalle- Ciò che conta è che stiate bene. – e nel dire
ciò, rivolse l’attenzione verso Kaoru. Per fortuna
che non era successo nulla di grave, pensò sollevato.
***
L’anziana Garai trasse uno dei
sospiri più profondi che ebbe mai fatto in tutta la sua vita.
Scosse il capo immensamente convinta
di una cosa, e quel gesto sembrò parlare al posto suo.
- No – disse dapprima – nel Kantai non si è mai verificato un simile evento.
Al tavolino della sua abitazione, vi erano Tsubasa, la Sacerdotessa Jabi e Kouga. Più le due ancelle guerriere che
si occupavano di proteggere l’anziana donna.
- Ho paura che quel Cavaliere d’Oro, sia giunto anche qui. –
profetizzò il giovane Yamagatana, con un manto di
tremore nello sguardo.
Garai lo tranquillizzò subito.
- No, non ancora. Penso piuttosto che qualcuno abbia saputo dell’arrivo
del giovane Kouga, e perciò si sia
dato da fare. – Poi l’attenzione ricadde sul Cavaliere dell’Est- Hai detto che queste Chimere ti hanno attaccato già diverse
volte, giusto?
Lui assentì.
Jabi si fece avanti.
- Lei pensa che si tratti dell’incantesimo del Laccio
d’Asceta?
- Se quella Chimera avesse attaccato direttamente il giovane
Kouga, allora non avrei avuto esitazioni a dire che lo era. Ma dato che quel tipo di incantesimo
agisce solo verso colui a cui è stato lanciato, e visto che ha attaccato Kaoru, credo che la Chimera Mistica sia stata
evocata appositamente da un Prete, in quelle vicinanze.
- Ma Rinne avrebbe
percepito la presenza all’istante. Ne sono sicura!
- Allora non me lo so spiegare.
Lo scambio di battute tra la Sacerdotessa Garai
e Jabi, sembrò non portare a nessuna soluzione.
- Ritornando a noi, giovane Kouga-prepose la vecchia signora, scrutandolo in viso- Il nome di
quel Prete Mistico, ShiroYomoda,
dico bene? Ho controllato nei registri in cui conserviamo i nominativi di tutti coloro che hanno conseguito la qualifica
di sacerdoti, ma non c’è nessuno che si chiami così.
La terra del Kantai era famosa
soprattutto perché ritenuta, a detta di tutti, il luogo
in cui si formavano i Preti del Makai più famosi.
Ogni aspirante sacerdote avrebbe dovuto recarsi lì per apprendere le arti
magiche.
Era dunque una tappa obbligatoria, e nessuno poteva
permettersi di scegliere meta diversa da quella.
Tsubasa guardò Kouga
con un guizzo di perplessità: - Sei sicuro che il vecchio Ryoma
non fosse già ubriaco?
- Sicurissimo, diffidente di un ragazzino. – rispose una
voce. Ma non quella di Kouga.
I commensali si ritrovarono faccia a faccia con RyomaYamashita in persona. Garai inarcò perfino le sopracciglia, dato lo stupore.
Ryoma al villaggio non ci scendeva
mai, salvo per fare scorte di cibo, e soprattutto di liquore.
- A cosa dobbiamo questa tua visita inaspettata? – gli
chiese l’anziana signora, ma l’ex Cavaliere sembrò più attratto da un
fiaschetto di liquore poggiato sul tavolo, che dalle parole della donna.
- Sono stata io a dirgli di venire. – rispose un’altra voce,
questa volta dal tono femminile.
- Un altro Madougu… - commentò Zarba, notando la “collega” allacciata al polso del tizio.
- Perché servi ancora quest’uomo? – la interpellò Goruba,
con l’aria di chi una simile scelta non l’avrebbe mai potuta concepire.
Infatti, tutte le Guida Mistiche, quando il proprio
Cavaliere decide di ritirarsi e va in pensione, ottengono finalmente la possibilità
di tornare ad essere libere.
- Alfa è stata l’unica a non avermi abbandonato. Neppure
quando il contratto fu sciolto, e le venne data la
possibilità di andarsene. – rispose Yamashita,
rivolgendo con affetto uno sguardo al gioiello. Dopo la morte dei suoi cari,
l’uomo decise di rinunciare definitivamente ad essere un Cavaliere del Makai, ed appose così le armi al chiodo
molto tempo prima del previsto, diventando il più giovane tra tutti i
Cavalieri ad andare in pensione. Era chiaro, ormai, che Alfa in un certo senso
doveva essere tutta la sua famiglia. Inoltre, quel Madougu
aveva dimostrato di possedere una qualità quasi unica al mondo: La fedeltà. –
E’ stata lei a dirmi di avere percepito la presenza di una Chimera Mistica. Tuttavia…- precisò il tizio, infilandosi una mano nella tasca
di un vecchio e ormai logoro soprabito – non sono qui per parlare di questo. –
allungò qualcosa verso Kouga. – Ritengo giusto che
questa la prenda tu. Fu scattata parecchi anni fa, durante una cerimonia di investitura tra giovani aspiranti che a quell’epoca rincorrevano il sogno di diventare Cavalieri.
Lo spadaccino dell’Est si trovò tra le mani una vecchia
fotografia, dal colorito lievemente ingiallito e con due angoli rovinati da
pieghe. Riconobbe a prima vista la sagoma del padre, in mezzo ai volti di tante
altre persone, e in quel momento il suo sguardo si ingentilì.
Intravide inoltre il trasandato Yamashita,
che però a quei tempi non lo era affatto. Anzi, su
quella foto sembrava addirittura un tipo sobrio, impeccabile da capo a piedi,
che non avrebbe mai rinunciato a lasciare la propria abitazione senza prima essersi lucidato le scarpe.
Quando ad un uomo gli venivano
tolti tutti i suoi affetti più cari, egli perdeva anche la voglia di vivere.
***
In piedi in mezzo alla camera da letto, Kaoru
stava rimettendo un po’ d’ordine nel borsone marrone, in procinto di partire.
Si voltò nell’udire un rumore di passi, e vide Rin ferma sulla soglia della porta.
- Andate già via, vero? – chiese, nonostante sapesse di già il responso. Abbassò gli occhi con fare mogio, ma li
rialzò non appena la ragazza le mise qualcosa sotto il naso.
- Sono per te! – esclamò, porgendole con
benevolenza un album nuova da disegno, più una scatola di matite
colorate.
La sorellina di Tsubasa accettò di
buon grado il dono, e lo strinse a sé con una tenerezza incredibile.
- Ti prometto che mi eserciterò molto! – disse, dopodichè
finì di aiutare Kaoru nel riporre gli strumenti nella
borsa, e l’accompagnò fuori.
Pronti a partire, Kouga fece un
diligente inchino alla somma Garai, per ringraziarla
di tutto.
Poi si rivolse a Jabi, ma questa
lo trattenne: - Niente inchini, per me. – anticipò, prendendolo naturalmente in
giro. – Piuttosto… fatti vedere un po’ più spesso. – usò una voce che pareva
sapere di rimprovero. Il ragazzo sorrise soltanto, successivamente
passò lo sguardo in direzione di Tsubasa.
I due non si dissero granché. Solo un “ci vediamo”
approssimativo, ma nulla più.
Arrivato il turno di Rin, quest’ultima trattenne con uno sforzo inimmaginabile le
lacrime.
- Non vi dimenticherete di me, vero? – pigolò,
con una voce che tradiva tutto il suo dispiacere.
- Nessuno lo farà. – le assicurò Kouga,
mentre Kaoru gli annuiva.
- Allora mi fate una promessa? – disse ad un tratto la
giovane Yamagatana. Sia Kouga
che Kaoruannuirono
tranquillamente, ma quando Rin disse loro di cosa si
trattava, non lo furono più: - Dovete promettermi che la prossima volta che ci
vediamo mi dite se volete un maschio o una femmina!
- Maschio…
- o femmina? – dissero
rispettivamente Kouga e Kaoru,
lì per lì senza capire.
- Parlo del bambino che avrete in futuro, di vostro figlio!
– e quando finalmente Rin ebbe spiegato, tra i due scese il gelo. Si scambiarono un’occhiata veloce, ma
non dissero nulla. Kouga ebbe una strana sensazione.
Si sentì le guance farsi calde, ma cercò come al
solito di mostrarsi calmo e indifferente. Praticamente
non riusciva a fare altro. Mantenere quel comportamento per lui era come circondarsi
da una sorta di muro invalicabile che lo teneva lontano dalle situazioni
ingombranti.
Fu solo Kaoru quella ad annuire
per entrambi. Ovviamente con il solito imbarazzo di sempre!
***
Kouga e Kaoru
camminavano con passi moderati, diretti a fare ritorno
verso casa.
Non si erano scambiati neppure una parola, durante il
tragitto. Il ragazzo era troppo occupato a ripensare agli avvenimenti
capitatigli poc’anzi, che non aveva per niente voglia di aprire la bocca.
Da parte sua, Kaoru la voglia di
farlo l’aveva.
Lo guardò di sottecchi, silenziosamente. Avrebbe desiderato
chiedergli se c’era qualcosa che lo preoccupasse, oppure
che non andasse per il verso giusto. In verità, non aveva ancora compreso la
realtà dei fatti, nonostante avesse subito l’attacco di quella Chimera Mistica,
anche perché lo stesso Kouga alla domanda di che cosa
fossero quelle creature simili agli Orrori, le aveva risposto
con il termine “altri Orrori”, senza scendere nei particolari.
Ma quello, fu solo uno dei tanti
motivi che la portarono a non fare domande.
Kaoru in realtà temeva in cuor suo
di scoprire che Kouga le stesse nascondendo veramente qualcosa. Anche se lei, più di una volta, si era sempre detta di continuare
ad avere fiducia in quel Cavaliere.
Tra un passo e l’altro, nel bel mezzo del sentiero, Zarba ruppe con la propria voce il silenzio:
- Spero proprio che d’ora in poi, una
volta arrivati a casa, non vi verrà l’idea di dormire insieme!
Altrimenti dirò a Gonza di trovarmi un'altra sistemazione. – appuntò con
certezza, dato che mai e poi mai avrebbe accettato di trascorrere un’altra
notte in compagnia dei due umani, come quella trascorsa nel Kantai.
Notte bianca, per l’appunto!
- Non succederà. – replicò il giovane, e successivamenteKaoru divenne dubbiosa.
- Sono così scocciante?
- Rumorosa. – precisò lo spadaccino, mentre l’artista storse
un pochino le labbra, dando l’impressione di non aver compreso per bene il
significato di quell’espressione.
Aggrottò inoltre le sopracciglia, e non poté impedirsi di
chiedergli: - Che cosa vuoi dire con ciò?
La risposta di Kouga la fece
sbiancare.
- Significa che la notte parli nel sonno.
- Cosa…?! – replicò di botto,
dopodichè si coprì con entrambe le mani la bocca. Il
baratro della vergogna si trovava ad un passo da lei, tant’è che a momenti sembrò finirci dentro. – Ne sei sicuro?! – gli domandò alla svelta, e sperò che egli stesse
scherzando.
- Sicurissimo. – assentì solamente. Kaoru
lo aveva tenuto sveglio per quasi tutta la notte, come poteva non esserlo?
- E per punizione- antepose Zarba,
con tutta l’ilarità possibile – faremo a meno del
Sentiero del Makai!
- Ma perché?! – ancora una volta Kaoru sembrò sull’orlo dello sfinimento, ed ancora una
volta la giovane donna dimostrò di essere la solita
credulona. – Non puoi farmi questo, Kouga! Ti prego!
- Ci devo pensare. – rispose con semplicità il Cavaliere, ma
quando sia lui che Zarba si
lasciarono scappare un minuscolissimo sorriso, che in
questo modo li tradì, Kaoru si sentì di nuovo presa
in giro dai due.
E con il visino arruffato e l’aria
profondamente indignata, ai due gridò rabbiosamente:
- Antipatici!
Fine episodio
I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:
Eccoci
qua con un nuovo e spero interessante episodio!
Prima di
passare alle risposte, volevo dire una cosa… Più che altro ho
bisogno di un vostro consiglio o parere perché non so proprio come fare…
Avrete notato
che sto aggiornando spesso, ultimamente… Prima pubblicavo
un capitolo ogni 2 mesi se non di più, mentre adesso le cose sono cambiate.
In
effetti c’è un
motivo: In autunno arriverà il Red Requiem, il nuovo
film di Garo, ed io ho un brutto presentimento… Temo
che il finale del film sia come quello di questa fanfiction.
E’ un’ipotesi irreale, lo so, perché nel Red Requiem
ahimé manca Kaoru e gran parte dei personaggi
principali della serie, però a me Amemiya non me la
conta giusta. Ho paura che ci faccia la “sorpresa” proprio all’ultimo minuto, e
che in qualche modo cambi le carte in tavole. Lo so, anche questa è un’altra
ipotesi irreale, ma io continuo la notte ad avere incubi. Sogno che il film
rispecchi la mia GSS, e questo mi preoccupa. Non vorrei che qualcuno mi
accusasse di plagio o cose simili. Ci resterei male in quanto il finale della
mia GSS l’ho già stabilito da un pezzo (e che
finale…!), quindi sono un tantino in ansia per questa cosa. Voi cosa mi
consigliate di fare? Ovviamente non vi rivelerò mai e poi mai come finisce la fanfic, neppure sotto torchio! Però
che soluzione potrei adottare per, diciamo, tutelarmi?
Pur aggiornando una volta a settimana, non riuscirò mai a pubblicare l’ultimo capitolo prima dell’arrivo del film, e se decidessi
per aggiornamenti molto più rapidi (due/tre giorni) la cosa non sarebbe
fattibile perché così vi metterei solo fretta e addio suspense…!
Confido in una
vostra risposta perché non so che fare! TTvTT
Per _Elentari_:
E io ogni volta che mi
connetto vado a controllare se ci sono recensioni di una CERTA persona…! ^-^ dai dai, conserva un altro po’ di
dolcezza per i capitoli futuri perché lì sono sicura che tua madre ti troverà
glassata davanti al pc!!
Per seasons_girl:
Ah, il Kouga in versione ironica! XD E’ forte, vero? Comunque la GaroCrazy Moment non centra (perché la Crazy
è nata molti mesi dopo il chap numero 10). Mi
ricordavo di una scena (ma in realtà ce ne sono
davvero tante) in cui Kouga mostra la sua ironia.
Quella dove fa bere –volontariamente- a Kaoru del
liquore. Mi piace veramente troppo, ed ogni che la guardo sto al settimo cielo!
Penso che lui abbia uno spiccato senso dell’umorismo, solo che tende a
nasconderlo come si deve, probabilmente perché non lo accetta neppure lui
stesso, o perché se ne vergogna… Però quando lo sfodera è insuperabile!
*noi siamo un trio allerta e pieni di brio* *canto*
Ok, allora dai
KAT-TUN vengo anche io, dai! Organizziamo un bel
pulmino tutto colorato e pieno di ceri votivi! Sarà un successo!!
Ah, per la
volpe a nove code mi sono ispirata proprio alla leggenda originale perché la
trovo davvero affascinate e soprattutto l’idea di un Orrore così penso si addica molto al Kantai perché
entrambi antichi e in qualche modo eleganti. Non so perché, ma trovo che Dan sia il Cavaliere del
Makai più elegante!
Per
stelly89_s: Concordo con te: GRANDE RIN!!! E’ un personaggio
direi essenziale per creare “certe” situazioni…! E
riguardo al figlio, i due ritorneranno sulla questione molto presto e in più
occasioni…! Muhahahah!!!
*risata diabolica*
Secondo meKouga e Kaoru sono proprio adatti per questi siparietti!
Adesso scappo! Un bacio!
Botan
ANTICIPAZIONI:
Un appartamento da visitare porterà Kouga, in compagnia di Kaoru, ad
incontrarsi con IkuoShiota,
e proprio quando la ragazza li lascerà soli per un attimo, accadrà qualcosa che
susciterà nei confronti di Kouga una tremenda
insicurezza.
Rei salutò il collega dal soprabito bianco con uno scatto di mano,
dopodichè lo stimolo di sbadigliare lo costrinse a farlo per davvero
Gelosia
#12
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
C’era una ragazza, in piedi, nascosta da un pilastro
cementato con il fusto abbastanza largo. Era lì da chissà quanto tempo, ormai
le gambe le facevano male ed avevano incominciato ad intorpidirsi. Ogni tanto
sentiva il desiderio di sgranchirsele facendo quattro passi. Sembrava che
stesse aspettando qualcuno, ma date le circostanze, in realtà sembrò che quel
qualcuno, lei, lo stesse spiando.
Assottigliò le palpebre e si sporse ancora un po’, per
vedere meglio, ma ciò che le passò davanti agli occhi fu terribile.
Vide un ragazzo, forse aveva
qualche anno in più di lei, cingere tra le braccia una scolaretta in divisa. In
seguito la prese per mano ed ambedue si allontanarono
da lì.
La rabbia in quell’istante le salì
al volto, che le divenne livido dallo sdegno.
Era chiaro, ormai: quel ragazzo, il suo, la stava tradendo
con una persona molto più giovane e carina di lei. E per una donna, non c’era affronto più terribile di quello.
Strinse la mano a pugno, e poi lo sbatté sul pilastro.
Gemette appena, per via del colpo, ma la rabbia non sembrava essersi ridotta.
Al contrario, un vortice di amarezza,
delusione, ma soprattutto gelosia, l’aveva avvolta nelle sue spire, tant’è che le sembrò per davvero che qualcosa la stesse circondando
da capo a piedi.
Ma quella, non fu soltanto una
semplice impressione…
***
Rei salutò il collega dal soprabito
bianco con uno scatto di mano, dopodichè lo stimolo di sbadigliare lo costrinse
a farlo per davvero. Si mise per educazione una mano davanti
alla bocca, in seguito si grattò la nuca con fare accidioso. – Scusa il
ritardo, ma stanotte non ho chiuso occhio… - commentò svogliato, precisando poi
– Nel territorio dell’Est c’è stato un gran bel movimento.- asserì, riferendosi
per “movimento” ad uno sciame di Orrori. Poi si guardò
rapidamente intorno, e mentre lo faceva, la curiosità lo spinse a chiedere: -
Come mai hai scelto proprio questo posto per incontrarci?
Si trovavano nel mezzo di un viale circondato da vecchie
abitazioni a dir poco fatiscenti. Alcune di esse erano
addirittura abitate.
Lo spadaccino non rispose, come suo solito, e saltò subito
al nocciolo della questione: - Hai scoperto qualcosa?
Rei emise un sospiro e scosse
lentamente il capo. Con movenze scialbe si infilò
entrambe le mani nelle tasche dei pantaloni e prese a guardare gli alloggi di
fronte a sé. - Niente. – esclamò dapprima, sfoggiando una timbrica che in quel
momento parve rappresentare “l’assoluto per eccellenza”. – Il Cane da Guardia
dell’Est non ha mai sentito parlare di lui, e neppure i miei colleghi. Sembra
che questo “ShiroYomoda” sia
un fantasma… o quantomeno un perfetto sconosciuto.
- Lo immaginavo.- sentenziò con freddezza Kouga, cercando di mantenere un certo controllo. Tuttavia,
una scintilla di delusione gli sporcò lo sguardo.
Il giovane Suzumura notò la
reazione dell’altro, e quindi si lasciò scappare un commento. - E’ andata male
anche a te, a quanto pare…
- Il Cane da Guardia del Nord ci ha detto più
o meno le stesse cose. – gli spiegò Zarba, che
fu subito rincorso da un’espressione di Silva poco gradevole.
- Quel guardiano non sa mai nulla.
L’anello non gradì per niente, così si vendicò seduta stante del semi affronto. - In quanto a garbo e gentilezza,
Alfa non ha rivali!
- Alfa? E chi sarebbe?! – replicò
l’ex collana, con voce altera e malferma, probabilmente sporcata da un qualche
strano sentimento. Sembrava essere gelosia, la sua.
Zarba sogghignò volutamente prima
di darle una risposta. - Un’affascinate Madougu
che ho conosciuto nel Kantai. Dovresti prendere esempio da lei… Ha davvero una gran bella
foggia! – commentò il chiacchierone dalle zanne sporgenti, e sembrò farlo perfino
con gusto. Il gesto fece infuriare Silva come non mai.
- Sei solo un gran cafone!
- Probabile… - premise l’anello, stavolta reagendo con
diplomazia al “complimento”, e poi dichiarò certo: - Ma tu resterai zitella a
vita!
- Come osi, razza di buono a nulla
senza capelli!
- Tsk! – sbottò,
senza remore – Nessun Madougu ne ha. Siamo gioielli, lo hai forse dimenticato, zitella? – ed il termine in questione,
lo sottolineò con perfidia. Stavolta il coltello dalla
parte del manico ce l’aveva lui, e non poté fare a
meno di sogghignare dalla contentezza.
- Rei! – Silva cercò un aiuto dal suo proprietario. Sperava
che egli perlomeno prendesse le sue difese. – Dì qualcosa!
Scocciato, il Cavaliere d’Argento dell’Ovest si mise a
sbuffare. – Tutte le volte che vi vedete è sempre la stessa storia! Fareste
meglio a dichiarare il vostro amore alla svelta, perché mi sono stufato.
- Dichiarare…
- Il nostro amore?!
Tuonarono immediatamente le due Guide Mistiche, in preda ad
uno stupore davvero singolare che li fece di colpo tacere. Sembravano aver
perso entrambi la lingua.
- Ad ogni modo- proseguì Rei, liberatosi dei due
“attaccabrighe innamorati”, come li aveva palesemente definiti poc’anzi –
Continuerò a chiedere in giro… Tu nel frattempo cerca di non strafare, siamo
intesi? – raccomandò all’amico, ma infondo sapeva
benissimo che Kouga, quel consiglio, non lo avrebbe
mai preso in considerazione. – Piuttosto, se ti svagassi un po’ di più… beh, ti
farebbe bene. – finì fissandolo con uno sguardo allusivo.
- Svagarmi? – Kouga non aveva afferrato il senso di
quel termine.
- Hai una ragazza, no?
- E con questo?
Suzumura scosse il capo. – Come pensavo…
- mormorò tutto sconsolato, poi gli batté una pacca sulla spalla. - Sei
proprio un ingenuo, amico mio! - Successivamente,
nello spingere lo sguardo aldilà delle spalle del collega, intravide una sagoma
assai familiare. Sorrise, quasi ad avere intuito chissà che, e infatti disse subito – Credo di aver capito perché siamo
qui… - accennò a Kaoru, con un colpetto del capo –
Avevi un appuntamento con lei, eh? – e si lasciò
scappare un altro sorrisino, stavolta più sottile.
Kouga si voltò, ma prima ancora di
poterlo fare, Zarba aprì la bocca: - A quanto pare,
non è da sola… - disse, ed aveva proprio ragione. Insieme alla ragazza c’era
una persona che lo spadaccino dorato dell’Est conosceva benissimo:
L’intraprendente IkuoShiota.
Rei fece una smorfia strana, che
sembrava volesse dire “Accipicchia…! Questa faccenda la vedo brutta…”,
ma si limitò soltanto ad una candida battuta: – Ha tutta l’aria di
essere un appuntamento a tre.
Proprio come c’era da aspettarselo, Kouga
lo travolse con un’occhiataccia tremenda.
Kaoru li vide entrambi, ed
attraversò la strada in fretta per poterli raggiungere.
- Non sapevo che ci fossi anche tu, Rei! – disse,
salutandolo allegramente.
- Sono solo di passaggio. E lui,
non me lo presenti? – il giovane Cavaliere guardò Ikuo,
gli sorrise cordialmente e quest’ultimo
non fu da meno.
- Mi chiamo IkuoShiota! Molto piacere! – esclamò, facendo le dovute
presentazioni.
- Frequentiamo insieme lo stesso corso di disegno!
- Quindi, condividete la stessa
passione per la pittura… - constatò Suzumura, in modo
malizioso. - Sei anche tu un grande artista?
- Beh- premise il ragazzo col codino sempre attaccato alla
nuca, e lo fissò con imbarazzo- Non sono bravo quanto Kaoru, ma perlomeno ci provo!
La moretta gli tirò una gomitata leggera.
- Non dire sciocchezze! Tu mi hai insegnato un sacco di
trucchi… Quindi non sottovalutarti!
- Già, non sottovalutarlo. – gli bisbiglio il Cavaliere
dell’Ovest a Kouga, facendo in modo che soltanto egli
riuscisse a sentirlo. Il signorino lo guardò di
sottecchi, ma non gli servì aggiungere altro.
- E tu, invece sei…?
- Chiamami pure Rei!
- E’ un amico di Kouga e… - Kaoru si trattenne, non sapendo trovare le parole adatte.
Non poteva di certo dirgli che fosse un intrepido
Cavaliere del Makai che dava la caccia agli Orrori!
Sicuramente l’avrebbe presa per matta.
- Sono anche un suo collega di lavoro. – continuò lo stesso Rei, traendo l’amica dall’impaccio. – A proposito
di lavoro… Mi sa che devo andare! Ho un datore molto esigente…
E’ proprio un demone! – si prese la briga di scherzare, tanto l’umano
non si sarebbe mai accorto che in realtà l’espressione
che aveva usato, era realmente vera. Prima di andarsene sbatté una pacca sulla
spalla del collega. – Occhio, amico! – esclamò, e di primo
acchito, soprattutto per Kaoru, quella dichiarazione
non parve avere un senso preciso. Ma non per Kouga! Quest’ultimo comprese
subito che fosse riferita al fatto di tenere d’occhio Ikuo,
che di certo non era un brutto ragazzo, anzi!
- Perché c’è anche lui? – le
domandò Kouga, dopo che ebbero varcato la soglia
d’una di quelle vecchie palazzine decadenti, nell’anfratto delle scale.
Kaoru gli si accostò affinché Ikuo, pochi gradini più su, non la sentisse.
- L’appartamento che stiamo per
visitare appartiene ad un suo vecchio parente che purtroppo, per via dell’età,
non può muoversi… Quindi è stato lui ad accollarsi l’incarico di farcelo
visitare. E’ davvero gentile da parte sua, non trovi? – Kaoru sorrise nello stesso momento in
cui finì la domanda.
- Già. – fece Kouga, di certo non
mostrando lo stesso tipo di entusiasmo. Anzi…!
Varcarono la soglia del fatiscente locale, che di fatiscente aveva perfino i pomelli delle porte, e Kaoru si guardò subito intorno con impeto. Il locale
sembrava piacergli parecchio.
Ma che cosa ci doveva fare, lei,
con una casa cadente come quella?
- E’ perfetta per farci lo studio che ho sempre sognato!
Ecco, la figlia di Yuuji voleva
tramutare l’alloggio decrepito in uno studio artistico nuovo di zecca, anche se
ciò avrebbe significato tramutare una zucca in
carrozza… Non un’impresa da poco, diciamo.
Si guardò ancora intorno, corse al centro della stanza, e la
fantasia le partì improvvisamente come un razzo.
- Sarà un ambiente accogliente, ogni cosa al suo posto, in
modo che, durante i periodi di confusione, non sparisca nulla, e avrà una bella carta da parati! – Poi guardò Kouga e Ikuo, e non poté fare a
meno di chiedere loro un parere – Voi che dite?
- C’è poca luce.
- E’ abbastanza luminoso!
Commentarono, in ordine, Kouga e Ikuo, facendolo oltretutto in coro. Si lanciarono
un’occhiata bieca.
Successivamente, la scene si ripeté
ancora.
- E’ in un posto isolato.
- Due passi, e sei già in centro!
- Trovo che sia troppo malmesso.
- Qualche mano di pittura lo rimetterà a nuovo!
Ancora una volta i due finirono col fissarsi con un’occhiata
ancora più torva della precedente. Kaoru si accorse
subito di quel palese disaccordo, e cercò di mitigare la questione.
- Scusatemi- pronunciò, per
attirare la loro attenzione, ma non riuscì a dire altro. I due si voltarono
verso lei con uno scatto collerico. Sorrise nervosamente, poi l’attenzione le
finì sulla stanza di fianco, così si spostò per poterla visitare.
Quando i ragazzi restarono soli,
quello a parlare per primo fu Kouga. E non lo fece con dolcezza, anzi.
- A che gioco stai giocando? – Nella voce c’era un forte
carico di astio.
- Gioco? – ripeté Ikuo, facendo
finta di non capire. Poteva sembrare anche un bravo attore, ma di certo non per
Kouga. Quest’ultimo,
infatti, lo investì con un’altra delle sue occhiate. Tuttavia, il giovane Shiota mantenne un certo fair play, e subito dopo volle
precisare una cosa: - Ti assicuro che io e Kaorusiamo solo buoni amici. – lo affermò con una certa
sicurezza. Chiunque avrebbe creduto che fosse una persona leale, corretta, ma…
alla fine, quella sua espressione da bravo ragazzo scomparve
non appena aggiunse- Almeno per adesso!
Il signorino Saejima in quel
momento avrebbe tanto desiderato afferrargli il bavero della maglia e poi
chissà… tuttavia l’ingresso di Kaoru lo trattenne
seduta stante dall’avanzare verso il rivale.
- La stanza che c’è affianco è
magnifica! – esclamò guardando i due. Non si era accorta di niente, quindi
riprese – Perché non venite a vederla?
Nello stesso attimo, si sentì qualcuno emettere un colpetto
di tosse.
- Chi è stato? – replicò Ikuo,
guardandosi intorno con fare confuso.
Kaoru lanciò un’occhiata a Kouga, e questi a sua volta chinò
il capo in direzione di Zarba. L’anello, non potendo
comunicare apertamente davanti a quell’estraneo, gli
fece l’occhiolino. Probabilmente gli doveva dire qualcosa. Forse aveva captato,
da qualche parte, la presenza di un Orrore? Ad ogni modo, di scostarsi da lì,
lasciando la sua bella in compagnia di un rivale così pericoloso, Kouga non ci pensava proprio.
Date le circostanze, il Madougu fu costretto ad emettere un altro colpetto
di tosse, stavolta più forte del primo.
- Ma si può sapere da dove viene questo rumore?! –si lamentò Ikuo, grattandosi
la testa con fare esagitato, senza però venirne a capo.
L’artista prese in mano le redini della situazione. – Sarà
stato un topo! Questa casa è così vecchia… d’altronde!
- Ma io ho sentito qualcuno che
tossiva! E i topi non lo fanno… - commentò l’altro,
piuttosto stranito.
- Ma no! A me è sembrato più uno
squittio, vero Kouga?
Il giovane le rivolse con accidia l’attenzione. – Devo
andare. – disse soltanto, e così fu costretto, a malincuore, ad allontanarsi.
Giunto all’esterno, finalmente Zarba
poté aprire la bocca: - Ho captato la presenza di un Orrore a non molti isolati
da qui. – Nonostante la timbrica alticcia, l’umano sembrò non
prestargli affatto attenzione. – Mi stai ascoltando, ragazzino?! – lo ammonì, e stavolta l’anello sembrava essersi
veramente arrabbiato.
- Non sono sordo! – replicò a tono l’altro,
e dal canto suo, il Madougu si prese la briga
di annotare con chiarezza: - Sordo no, ma geloso sì!
***
Era tornata a casa da poco. Aveva come sempre salito le
scale, raggiunto il piano sovrastante, e poi spalancato l’uscio della sua
camera, ma qualcosa in quel frangente l’aveva
sbalordita.
Notò quasi subito che, collocato sopra al letto, c’era una
scatola di cartone rettangolare piuttosto grande e dalle fattezze raffinate. La
ragazza si avvicinò e la prese tra le mani. Sembrava contenere qualcosa di
molto leggero. Prima di aprirla, pensò bene di chiamare il maggiordomo, che non
appena udì il tono della sua voce, la raggiunse in un batter d’occhio.
- Che cosa c’è, signorina? – le
domandò con gentilezza e cortesia.
- Ho trovato questa sopra al mio letto… Ce
l’ha messa lei? – l’artista gli mostrò l’oggetto in questione, e così
Gonza scosse il capo con un sorriso.
- E’ stato il signorino, questa mattina, poco prima di
andarsene. Si tratta di un regalo per voi!
- Eeh? – Kaoru
sbigottì seduta stante, quasi non le parve vero ciò che aveva appena udito. -
Un regalo… per me? – ripeté, sconcertata. Scosse il capo
perplessa. Ma in realtà era più stranita che
perplessa. - Ma… perché? Non è il mio compleanno… -
biascicò, e a quel punto Gonza le spiegò tutto.
- Vedete… quando ci siamo recati
nella zona meridionale del paese, qualcosa in una vetrina ha attirato
l’attenzione del signorino.
- E quel qualcosa, si trova qui
dentro? – domandò Kaoru, continuando atenere la scatola tra
le mani.
Il buon uomo annuì. - Ha pensato che si addicesse a voi. –
le parole adoperate da Gonza suscitarono in lei una certa curiosità.
- Lo devo aprire ora? – chiese dapprima, per avere appoggio.
Il maggiordomo fu esauriente e celere allo stesso tempo: -
Fate pure!
Kaoru non se lo fece ripetere due
volte.
Alzò il coperchio di quella scatola, e… una luce improvvisa
le accese con fervore lo sguardo.
***
La lama di Animetallo
si infilò alla perfezione nell’interno della bocca del lupo di pietra, la
statua che serviva a purificare il pregiato materiale in seguito allo scontro
con gli Orrori.
Kouga la estrasse dopo una manciata di secondi per poi rinfoderarla. Fatto ciò, si
preparò ad andare, ma la voce del Cane da Guardia del Nord lo frenò di colpo.
- Ci sono nuovi ordini. – disse soltanto, mentre teneva tra
due dita un’altra Lettera di Missione.
- Ancora? – replicò il Cavaliere, contraendo il viso. Era stupito
ma seccato da tutto ciò.
- Due Orrori nell’arco di appena mezza giornata, sono tanti! – commentò Zarba, ed
aveva ragione.
Tuttavia, lo spadaccino fu costretto ad aprire quella
missiva, facendola bruciale tra le verdi fiamme del Fuoco Guida. Successivamente, il messaggio si mostrò in aria,
fluttuante.
Kouga sollevò il mento, affinché
lo potesse leggere, e quando ebbe finito, cercò di andar via, ma per l’ennesima
volta il Guardiano del Nord lo trattenne.
- E’ successo ancora, Kouga.
Il giovane si voltò incuriosito.
- Cosa?
- La sera scorsa, qualcuno si è introdotto nel Makai.
A quel punto la replica di Kouga
arrivò come un lampo: - Da quanto tempo va avanti questa storia?!
- Da un po’. – fece solamente la Sentinella vestita di
bianco.
- E per quanto tempo ancora tutto
ciò continuerà? Quanti Cavalieri dovranno ancora morire?!
- Se ti riferisci alla morte di
quel Cavaliere di Bronzo, lo so bene che faceva parte della tua famiglia. Ma non puoi accusare noi dell’accaduto. Se
non sbaglio, il permesso per andare nel Kantai ti è
stato accordato. – confermò, ma era un po’ come se avesse voluto dirgli “Non ti
sto mettendo i bastoni tra le ruote”.
Kouga tacque seduta stante. Certo, quella Sentinella gli aveva concesso di andare nel Kantai, però non era stata in grado di fornirgli nessuna
informazione riguardo colui che vent’anni orsono scese a patti con Ahriman.
- Ultimamente gli Orrori si stanno dando alla pazza gioia…
Inoltre, sono piuttosto potenti. Perfino io, talvolta, faccio
fatica a percepirli.- annotò l’anello, lì per lì, poi si rivolse al
sommo sacerdote – Lei sa dirmi perché? A volte ho come l’impressione…
- Che qualcuno vi stia scagliando addosso
le creature più potenti? – continuò il Guardiano del Nord, rubandogli le
parole dalla bocca.
- E’ così, non è vero? –
s’intromise Kouga, ma quella, anziché sembrare una
semplice domanda, voleva essere un’asserzione.
Zarba si lasciò sfuggire un commento.
- Anche tu l’hai capito, eh?
Già, sembrava proprio così.
Qualcuno prelevava direttamente dalle aride terre del Makai le creature più forti per poi mandarle sulla terra
all’attacco.
Forse era la stessa persona che varcava di continuo il
portale di quel mondo demoniaco?
Non appena rimise piede in casa, lo spadaccino dal cappotto
bianco filò dritto nello studio della propria abitazione. Aveva una gran fretta
di mettersi a cercare su uno di quei libri, l’Orrore a cui doveva dare la
caccia.
Raccolse il tomo e si sedette alla scrivania, mentre Gonza
gli si sistemò di fianco.
- Volete che vi porti un tè, signorino?
- No. Sono solo di passaggio. – gli rispose sbrigativo.
- Come volete. – il maggiordomo fece un inchino, ma
nell’istante in cui si apprestò a lasciare quel piccolo studio, la voce di Kouga lo trattenne lì.
- Gonza… - premise – Hai mai sentito parlare di un certo “ShiroYomoda”?
Il buon uomo rifletté giusto alcuni
secondi, poi desolato scosse la testa. – No, signorino. Non ricordo
nessuno che si chiami così. – Tuttavia, quel nome sembrò per un flebile
momento, pizzicargli in tutti i sensi il naso. Se lo strofinò con l’indice della mano, dopodichè si
congedò.
Nel frattempo, facendo ricadere lo sguardo
sopra le pagine del vecchio libro, Kouga riprese a
sfogliarlo, continuando la sua ricerca.
Ripose il pesante tomo nello scaffale dietro di sé, una
decina di muniti dopo, ed uscì dallo studio.
Finalmente l’aveva trovato. Con l’aiuto anche di Zarba, s’intende! Quella guida, in fatto di
Orrori, era preparatissima.
Giunto al centro hall sentì la voce di Gonza chiamarlo.
Si girò verso di lui, e quest’ultimo lo raggiunse celermente.
- Aspettate ancora un attimo, signorino. – disse dapprima, e
lui non riuscì a capire il perché di quella richiesta. Lo comprese solo quando l’uomo fece proseguire – La signorina Kaoru vuole che vediate una cosa.
- Kaoru?
- Sì, scenderà a momenti. Abbiate un po’ di pazienza.
Nonostantequell’assurda
richiesta, il ragazzo acconsentì, rimanendo immobile nel bel mezzo dell’atrio
per diversi minuti, finché si udì con chiarezza un rumore di passi scorrere la
gradinata verso il basso. Doveva trattarsi certamente di Kaoru.
- Era ora. – annotò seccato il Cavaliere
Mistico. Ormai si era stufato di aspettare, tant’è
che per un istante pensò bene di instradarsi, ma
quando i suoi occhi ricaddero in direzione delle scale, a Kouga
gli mancò di colpo il respiro.
La giovane si fermò tra un gradino e l’altro, dietro di lei
la luce che filtrava dalla finestra con un grande
vetro la investì con delicatezza, creando sull’abito che indossava un gioco
fatto di luci ed ombre degno di lode.
Il corpetto del vestito, rosa chiaro così come tutto il resto,
era in taglio leggermente svasato, le maniche di un tessuto trasparante le
fasciavano con leggerezza la parte superiore delle braccia, la scollatura aveva
un grazioso inserto in pizzo e un nastro in satin cucito sotto al seno. L’abito scendeva come gli ampi petali di una
campanula, sfiorando il pavimento di legno arrivò a lambire il bordo dei
gradini sovrastanti, scivolando sinuoso tra essi.
Perfino Gonza, nel guardarla, rimase incantato. Sembrava
proprio che quella veste fosse stata cucita espressamente per lei.
Kouga aprì istintivamente la
bocca. Era bella da togliere veramente il fiato! E
questa fu la prima cosa che il taciturno ragazzo pensò, mentre anche il battito
del suo cuore, proprio come il respiro, le braccia, le gambe, ogni sua parte, parve
fermarsi. Tutto l’ambiente, in realtà, sembrò farlo.
- Come mi sta? – chiese lei ad un tratto, intrecciando le
mani dietro la schiena, con fare un po’ timido.
Kouga sollevò il viso, la guardò
dall’alto in basso, aprì ancora la bocca per parlare ma
gli venne meno la voce. Avrebbe voluto restare lì
probabilmente per tutta l’eternità, e se soltanto ne avesse avuto
l’opportunità, avrebbe chiesto al tempo di fermarsi per davvero, perché lui non
poteva smettere di fissarla.
Non voleva.
Se lui avesse potuto violare
perfino la volontà di Dio, senza nessun dubbio, pur di restare lì, Kouga lo avrebbe fatto.
Ma da quel suo stato di torpore
auto-indotto, qualcuno lo risvegliò presto.
- Però! – disse con enfasi il Madougu, impressionato da cotanta grazia. Adesso Zarba non la considerava più un piccolo pulcino
spennacchiato. Poi, ad un tratto si lasciò scappare un’esclamazione che forse
avrebbe fatto meglio a tenere per sé – Pensa se la
vedesse Ikuo…! - L’espressione del suo proprietario
divenne irrimediabilmente cupa.
- Devo andare. – reagì soltanto il Cavaliere. Kaoru fece per replicare, ma non ne ebbe
il tempo. Kouga ormai le aveva già
dato le spalle. Tutto ciò che riuscì a fare l’artista, fu aggrottare la fronte
con aria pensierosa, e nel vederlo svanire dalla propria visuale, un pizzico di
tristezza le carezzò il cuore.
Inevitabilmente.
***
Giunto sul campo, il Cavaliere
Mistico si guardò in giro con fare circoscritto, lo sguardo era più che
attento, accuratamente vigile. Là dove c’era una caffetteria con dieci tavolinetti tondeggianti all’aperto, cominciò a squadrare i
visi delle persone sedute, che chiacchieravano tra di
loro sorseggiando tè e succhi di frutta d’ogni formato e colore. Alcuni bambini
erano alle prese con enormi frappé che, per via della nuance
scura, tendente al nocciola, dovevano avere il gusto della cioccolata.
Ad un tratto Zarba si apprestò a
precisare: - Laggiù. – e puntò con gli occhietti in un
posto preciso.
Nella mano destra, la Fiamma del Makai
rinchiusa nell’accendino, era già pronta ad illuminare le pupille
dell’individuo impossessato da un Orrore, ma… il coperchio del Madoubi non fu sollevato.
- Che peccato… Mi hai già trovata!
– esclamò la voce di una donna, seduta di spalle, poco prima che Kougale si parasse d’innanzi con
lo scopo di illuminarle gli occhi attraverso il Fuoco Guida. Si trattava della
stessa persona che aveva assistito al tradimento del suo ragazzo. La
sconosciuta appoggiò le labbra allo stelo di una lunga e sottile cannuccia,
finendo di bere quello che a prima vista sembrava succo d’arancia. Posò il
bicchiere, vuoto, sul tavolino, e si alzò voltandosi verso il Cavaliere -
Adesso possiamo andare! – propose, ed il flemmatico
spadaccino sbigottì.
Di solito, quando gli Orrori si sentivano minacciati,
fiutando la presenza dei Cavalieri Mistici, scappavano via per cercare di
sfuggire ad una cattura che li portava a morte certa. – Faremmo meglio a
raggiungere un luogo meno affollato di questo… Dubito
che tu voglia eliminarmi in mezzo a tutta questa gente! – propose l’essere, e
fu così.
Il figlio di Taiga e la donna, si ritrovarono ben presto al
centro di uno spiazzale recintato da una rete
metallica.
Non passò neppure un secondo, e l’umana si ritrovò la punta
della spada proprio sotto al mento.
- Vuoi già uccidermi? – disse, quasi in tono
compassionevole, ma si capiva chiaramente che stesse recitando. Poi scoppiò a ridere – Uccidere una donna a sangue freddo, per te è
una cosa così naturale?
- Taci! – fu la risposta immediata di Kouga.
Impugnò saldamente il manico rosso della propria spada, e con una rapida
occhiata la ferì.
- Quanta gentilezza! – lo schernì l’altra, sfoderando una
sottile ed arguta perfidia. – La tua ragazza fa bene a
preferire le attenzioni di un altro, alle tue. – Quella frase turbò
espressamente Kouga. Sembrava aver toccato in lui un
tasto dolente.
Il ragazzo la guardò con il doppio
dell’odio, irradiava ostilità solo con gli occhi.
- Sciocchezze! – dichiarò, cercando di non pensarci.
Dopotutto, gli Orrori ne dicevano veramente tante, di stupidaggini. Quella in
particolare, non gli era piaciuta affatto.
- Non mi credi? Perché allora non
guardi con i tuoi occhi? – la donna puntò l’indice da una parte.
Aldilà del reticolato di ferro, Kouga
intravide chiaramente due sagome, e… Di colpo quell’immagine
lo fece annichilire.
Kaoru si trovava tra le braccia di Ikuo. Quest’ultimo
la cingeva a sé con un trasporto estremo, pieno di sentimento.
- Non farti ingannare! E’ solo una stupida illusione! – lo
avvertì Zarba, ma nonostante tutto,
le parole dell’anello non servirono a scuoterlo per niente.
Si era come paralizzato. Benché
egli sapesse che in realtà quella non era nient’altro che mera fantasia, non ce
la fece proprio a reagire.
E le parole di quella donna,
acuminate come dardi, servirono a peggiorare le cose.
- Che cosa provi, adesso, Cavaliere
del Makai? Rabbia? Rancore? Gelosia…? Cosa senti nel tuo cuore? Ti senti perso, ti senti deluso, ti senti… sconfitto. – continuava a pronunciare
quelle parole in maniera assillante, facendo assumere loro un peso
inimmaginabile, mentre i sentimenti del ragazzo, a poco a poco, si riducevano
in frantumi. – Gelosia, sconfitta, una fiducia tradita… Non c’è niente di peggiore
che si possa provare. – nel dire ciò, quell’umana ormai posseduta da una bestia demoniaca
chiamata “Megera”, fu toccata dal ricordo del proprio ragazzo in compagnia di
quella giovane scolaretta. Il fondo dei suoi occhi si bagnò appena. Trattenne
quelle lacrime, la rabbia che aveva in corpo le soppiantò, prosciugandole. –
Gelosia… Lasciati consumare dalla gelosia, eroico Cavaliere!
- Chiudi quel becco, razza di bestia! – tuonò
con agitazione la voce Zarba – Smettila di
guardare quell’illusione, Kouga!
Riprendi coscienza! – continuò a dirgli il Madougu,
sperando di riuscire a svegliarlo da un incubo ad occhi aperti.
Nel frattempo, approfittando di ciò, la donna si era
tramutata in una belva orripilante, simile ad un’arpia. Al posto dei capelli,
una cascata di lunghi serpenti intrecciati le ricopriva il capo.
L’Orrore, a quel punto, era pronto a farlo a pezzi.
- Non ho altra scelta… Scusami, Kouga. – disse l’anello magico, poco prima di venire avvolto da un forte bagliore verde brillante, simile
alla tinta del Fuoco Guida. Colpì il ragazzo con una scarica elettrica
dall’elevata intensità.
Il giovane si accasciò al suolo con le ginocchia, strinse i
denti dal dolore mentre avvertì ovunque un bruciore
fortissimo. Scosse la testa come per scrollarsi di dosso la scarica che,
nonostante si fosse ormai esaurita, continuava a pervaderlo tutto. Poi riprese
fiato.
Con gli occhi chini al suolo, impugnò saldamente la sua arma
e, con uno scattante slancio, si lanciò finalmente all’attacco.
- Era ora! – annotò Zarba, stufo
di aspettare, nel momento in cui Kouga mutò nella
Zanna Dorata dell’Est.
Il duello iniziò con una certa difficoltà da parte di Garo. Il lupo non riusciva a colpire Megera, e per diversi
istanti i serpenti che le ricoprivano il capo, si erano avvinghiati alla spada
impedendogli di usarla.
- Fa’ attenzione. Quest’essere si nutre dei sentimenti negativi altrui. - lo
avvertì Zarba, con prontezza. Ciò avrebbe significato
soltanto una cosa: Allontanare le emozioni, e combattere.
Strattonò con una forza inaudita le perfide bisce, che
tranciate dalla lama, finirono inermi al suolo.
Megera gli ringhiò come una belva famelica, facendo il
possibile per diventare una creatura ancor più terrificante. Gli sferrò un
pugno, certa che sarebbe andato a segno, ma il Cavaliere d’Oro le afferrò
l’avambraccio, prima ancora che potesse sfiorargli la faccia, e con l’altra
mano le affondò la spada nel ventre, squarciandolo.
- Misero Cavaliere! – sibilò il cadaverico Orrore, poco
prima di spirare definitivamente.
L’armatura dorata si dissolse, Kouga
si apprestò a rinfoderare la spada, ma in cuor suo, quel groppo che aveva gli
si riflesse chiaramente negli occhi.
- Ho dovuto per forza lanciarti addosso
quella scarica. – disse Zarba, quasi a volersi
scusare.
- Hai fatto bene.
- Tra qualche minuto i suoi effetti negativi spariranno, e
ti sentirai meglio.
- Lo so. – rispose soltanto, e poi s’impose il silenzio.
In realtà on riusciva a perdonarsi
di essersi fatto abbindolare dalla visione fittizia generata da quell’Orrore, semplicemente perché Kouga
gli aveva concesso la possibilità di guardare nella sua anima.
Megera aveva il potere di leggere gli animi altrui, a patto
che questi fossero stati logorati dalla gelosia. Attraverso
tale potere, la bestia riusciva a far riemergere quella parte logora, e a
proiettarne all’esterno le immagini.
Se non fosse stato per il
provvidenziale aiuto di Zarba, molto probabilmente
per Kouga non ci sarebbe stato più nessun futuro.
E questa debolezza lo faceva
sentire frustrato come non mai.
Nonostante ciò, di mettere da parte Ikuo,
lui non ne aveva la benché minima intenzione di farlo.
Quella, era una faccenda che non sarebbe mai riuscita a piegargli
la volontà.
***
Tornando a casa, Gonza gli andò incontro per salutarlo con
un inchino, successivamente vide la porta che dava
l’accesso al giardino, situata proprio sotto l’androne delle scale, spalancata.
Doveva essere all’incirca mezzanotte, e a quell’ora
il maggiordomo era solito chiuderla a chiave, dato che nessuno sarebbe mai
uscito lì a quell’ora.
Notando ciò, Gonza si fece subito avanti. - La signorina vi
ha aspettato in giardino fino a poco fa, ma poi si è addormentata. Vuole che provveda a svegliarla?
Kouga scosse il capo. – Puoi
andare, Gonza. Ci penso io. – dichiarò, e successivamente
raggiunse l’esterno.
Scese i gradini di pietra, e quando la suola delle sue
scarpe entrò in contatto con l’erba, stesa sulla seduta di una panca rivestita
di vimini, vide Kaoru dormirci sopra, beatamente.
Aveva indosso ancora l’abito che gli aveva regalato, e gli
orli, per via della lunghezza, ricadevano a terra, posandosi con vaporosità sul
manto erboso di quel prato.
Rimase ad osservarla in silenzio, con il cuore rapito da
un’immagine che a priori avrebbe suscitato forti emozioni a chiunque. Poi le si avvicinò, senza fare rumore, le mise un braccio
intorno al collo e l’altro poco sotto le ginocchia. La prese con sé, nella più
premurosa delle maniere, e in quel modo poté finalmente guardarla meglio in
viso. Aveva la bocca semi socchiusa, le palpebre ben distese ed il respiro
calmo, profondo.
Un fremito gli fece vibrare il cuore.
Non avrebbe mai permesso a nessuno di
portarsela via, anche se il suo orgoglio, i suoi modi di fare troppo freddi e
distaccati, spesso su di lui prendevano il sopravvento, facendo credere
il contrario.
Kaoru era ciò che gli scaldava il
cuore, era una ragazza che lo faceva sentire pienamente in vita, e lui, anche
se con un modo tutto suo, non poteva che esserle grato. La strinse di più a sé,
spinto da un forte desiderio. Voleva solamente
sentirla più vicino, soltanto questo.
S’incamminò con un’andatura calma, per rientrare nella hall, poi salì i gradini delle scale, uno ad uno, con elegante
lentezza, finché di loro non restò più traccia.
Si tratta dell’abito che ha regalato Kouga a Kaoru! Ho fatto una
faticaccia a disegnare lo sfondo perché non riuscivo a trovare dei fotogrammi
che mi mostrassero bene le scale e quella parte del palazzo…
Si tratta delle foto che ho inserito all’interno del mio blog,
che riguardano il Red Requiem.
Da un po’ di tempo a questa parte sto
comprando svariate riviste giapponesi che parlano di Garo
in generale e di Konitan-tan.
I due tizi che vedete nell’articolo
sono i cattivi! Poi nella prima foto trovate Kouga e Rekka (l’altra new entry del
film). Dico solo che l’ambientazione che li circonda a me piace un casino!
Staremo a vedere poi che succederà!
Ritornando
alla GSS, vi preannuncio che nel prossimo episodio (uno dei miei preferiti) ne
vedrete delle belle! :D
Per adesso ho
accantonato momentaneamente la fiction per questioni
legate al lavoro. Faccio plush da mattina a sera, e
quando smetto sono così stanca che non riesco a concentrarmi come vorrei. C’è
una cosa positiva in mezzo a tutto questo caos… Mi
stanno venendo un sacco di idee! Saltano da tutte le parti come le cavallette,
e l’altra notte ho perfino sognato un ipotetico episodio da inserire in questa
storia…!
Per ora le
annoto solamente, però spero di potermi mettere all’opera molto presto. Mi sa
che questa è una storia che sai quando comincia ma non
quando finisce…
Never ending
story… nanananananana…!*eBotan canta!*
Supportatemi o
se vogliamo sopportatemi fino alla
fine di questa grande avventura!
Per _Elentari_:
Grazie mille per i
consigli! Sai che quella cosa della posta non la sapevo?
Cioè, che vai là e ti fai mettere il timbro al
documento… In effetti la mia paura è più un accuso di plagio da parte dei lettori…
Per ora non mi è mai successo, però penso che sia veramente brutto esseri
accusati di un crimine non commesso, soprattutto quando si agisce in buona
fede. Tornando al discorso della glassa… Ti potresti aprire perfino una
pasticceria con tutta quella che ti cadrà addosso!
Per seasons_girl:
Concordo pienamente
con te sulla questione che riguarda la fedeltà, e infatti
l’episodio numero 11 l’ho chiamato proprio così perché ci tenevo a sottolineare
quel piccolo pezzo. Riguardo al fatto che Kaoru parla
nel sonno… mah, non so se Kouga le rivelerà mai ciò
che ha detto! Magari in un futuro, chissà! Guarda Irene, non dire
che Amemiya dovrebbe prendermi a lavorare perché
altrimenti scoppio a piangere! Il sol pensiero mi fa letteralmente venire la
pelle d’oca…! Sarebbe un vero e proprio sogno, credimi… TTvTTaaah… *sospiro sconsolata*
Per ladykoga: Ciao e
BENVENUTISSIMA! ^___^ Per me è un onore fare la conoscenza di persone nuove che
seguono la mia storia con un affetto a dir poco indescrivibile! Perciò sono io che ringrazio te centomila volte del
commento! Sì, sono ligure, nata a Savona per la precisione, però ho vissuto lì
solo per pochi mesi, e si può dire praticamente che
non conosco affatto la mia città natale… é_è Comunque
se vuoi contattarmi mandami un messaggio privato così ti scrivo l’indirizzo di msn! Mi fa molto piacere dialogare con persone che hanno le
mie stesse passioni e che in qualche modo la pensano come me! E grazie per i complimenti… sei stata gentilissima!
Per Takuto90: Un’altra fan di Rei!^__^ Innanzitutto ciao e BENVENUTA anche a te!! E poi… non
sai che piacere sentire quando una persona mi dice che
la GSS gli risolleva il morale… per me significa tanto perché ciò vuol dire che
Garo è ancora vivo nel cuore di tutti nonostante sia
stato bistrattato da centinaia di persone qui in Italia… *mettiamoci una pietra
sopra, va…!* Ad ogni modo grazie di cuore, perché tu insieme a tutti gli altri
sostenitori riuscite a fare la differenza ! ^__^
Per
stelly89_s: Guarda, la partenza così prematura è dovuta al
fatto che le cose da scrivere sono tante e quindi anche i capitoli saranno
parecchi… è dispiaciuto anche a me rispedirli a casa così presto, comunque a me
il Kantai piace ed ispira parecchio, e anche Rin come personaggio in determinate scene può fare la
differenza, quindi di sicuro cercherò di trovare un altro angolino per lei!
Riguardo al Red Requiem…
all’inizio tutti i siti parlavano di un prequel
perché nessuno sapeva né trama né personaggi ufficiali… poi però ho letto sul
sito ufficiale che la storia si ambienta dopo lo special della Notte Bianca, e
lì ti giuro che ci sono rimasta malissimo. :( Però io
fino all’ultimo continuo sempre a sperare… quindi incrocio le dita e aspetto il
miracolo!!
Un salutoneaffettuossissimo a
tutti! Vi lascio con le solite anticipazioni! ^__-
Botan
ANTICIPAZIONI:
Una richiesta particolare porterà Kaoru ad intraprendere un acceso dibattito con Kouga.
Tra rompicapi intricati e battibecchi
animati, la tensione correrà sul filo del rasoio durante una giornata
assolutamente movimentata.
Un uomo con la barba e gli occhiali, il colorito della pelle abbastanza
ambrato, scrutava con attenzione e meticolosità , una serie di fogli
Tangram
#13
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
Un uomo con la barba e gli occhiali, il colorito della pelle
abbastanza ambrato, stava scrutando con attenzione e
meticolosità una serie di fogli ornati con affreschi dai tratti allegri e
colori accesi e vivaci. Sembravano tavole destinate a diventare poi la favola
di un libro per bambini.
Ed esattamente, era proprio a
quello che servivano.
L’uomo, che in realtà era il datore di lavoro di Kaoru, posò quel blocco di carta sopra al ripiano della sua
scrivania, e si levò gli occhialini dal naso.
- Il principe e la principessa della storia sono ben
caratterizzati – premise all’autore di quei disegni che si trovava in piedi
d’innanzi a lui, e che per pochi secondi si sentì sollevato –
Maè il cavallo, che non mi piace.
– asserì infine, smorzando tutto l’entusiasmo di quell’artefice,
che in realtà era, per l’appunto, la talentuosaKaoruMitsuki. Quest’ultima abbassò un po’ il capo, quasi amareggiata dal
verdetto poco piacevole, dopodichè il datore proseguì, spiegandole un concetto
che per lui era più che fondamentale:
- Vedi… questo animale, anche se
non sembra, ricopre un ruolo particolarmente importante. E’ lui che aiuta il
principe a ritrovare la sua principessa, ed e lui che, durante il lungo viaggio,
gli terrà compagnia, senza farlo sentire mai solo. Quindi,
è necessario che abbia un’ottima caratterizzazione, al pari dei due
protagonisti. Soprattutto nei movimenti. Hai capito?
Kaoru annuì, benché non avesse
afferrato bene la parte legata ai “movimenti”.
- Lei cosa mi consiglia di fare?
- Cerca di correggere leggermente le sue forme, rendigli
un’espressione più fiera e coraggiosa, e rivedi la sua andatura. Potrebbe
esserti molto utile osservare da vicino un vero cavallo, ad esempio. Vedrai che
così ti verrà tutto più facile!
- Facile… già, la fa facile, lui! -
sbuffò la giovane artista, oramai rimessasi a camminare per la strada, diretta
verso casa. Con la cartellina dei disegni ben puntata in petto, sbuffò ancora,
fiaccamente – Dove lo trovo un cavallo vero, nel bel mezzo di una metropoli
moderna? Ci vorrebbe una magia… - dichiarò, e nel
farlo, ebbe una folgorazione istantanea.
***
Passeggiando nervosamente, da un capo all’altro del
soggiorno areato, per quindici minuti di fila, Kaoru
non aveva fatto altro che parlare… da sola.
- Senti, Kouga… non
è che per caso mi lasceresti, se non ti chiedo troppo, vedere, sempre se
sei d’accordo, Goten? – spiccicò, cercando di trovare
le parole esatte che poi avrebbe dovuto rivolgere al
ragazzo in persona. Scosse forte la testa – Non ci siamo…
Così è troppo montata! – prese fiato, e con le mani giunte ci riprovò- Ti prego, Kouga! C’è di mezzo il mio
futuro! – esclamò, con una scia di profonda disperazione nello sguardo. Scosse
il capo per la ventesima volta, e si infilò le mani
fra i capelli in preda alla disperazione – Ma no! Adesso è troppo pietosa! –
Niente da fare: la frase giusta sembrava non venirle proprio. Fortuna che Gonza
era andato a fare spese per riempire la dispensa della cucina, e Kouga si stava allenando chissà dove in giardino… In questo
modo era libera di provare “la parte”, in assoluta autonomia.
Dopo un tergiversare durato diversi minuti, capì che era
giunto il momento di agire. Attraversò la hall, con le
gambe tese per via dell’agitazione, e raggiunse la porta che consentiva di arrivare
sul retro della villa dove si trovava il giardino.
Stava per toccare la maniglia, quando ad un tratto l’anta si
spalancò di colpo, rischiando di investirla. Kouga fermò
appena in tempo il pericoloso battente, poco prima che riuscisse
a sfiorarle la punta del naso.
Sospirando, il ragazzo lo richiuse.– Sta più attenta. – sbottò, particolarmente
inacidito. Kaoru lo notò subito, e pensò che di
sicuro lui, con un umore pessimo come quello, non avrebbe mai acconsentito ad
una simile richiesta. A dire il vero, era da qualche giorno che il giovane sembrava
un tantino stranetto.
- Mi dispiace tanto! – disse mortificata, per tacere di
colpo.
La bocca tuttavia le rimase socchiusa.
- Che c’è? – le chiese il
signorino, in quello che a Kaoru parve un tono
piuttosto intollerante.
- Io vorrei che tu… - premise l’artista, e la voce le tremò
un pochino. Poi riprese daccapo, stavolta formulando la domanda per intero,ma tutta d’un fiato
– Io vorrei che tu mi facessi vedere Goten! – esclamò
finalmente. Sembrava essersi tolta dallo stomaco un peso enorme, e senza
soprattutto badare alle conseguenze.
Kouga la squadrò con fare perplesso,
successivamente immaginò il perché di una richiesta
così assurda, e le diede una risposta tanto franca quanto immediata.
- Non se ne parla nemmeno. – Goten
non era di certo un esemplare da poter usare come modello
di qualche quadro!
- Ma è per il mio lavoro! Ho
assoluto bisogno di studiarne i movimenti e di… - le parole furono
coperte dalla voce del giovane, che replicò con una frase alquanto
acidula.
- Fatti dare una mano da quel tuo amico.
Ikuo.
Kouga si stava riferendo proprio a
lui.
La figlia di Yuuji lo intese al volo, e per istinto le venne da dire: - Adesso
Ikuo che cosa centra?- e nel farlo, successivamente
come d’incanto capì tutto. – Sei geloso di lui!
L’altro la investì di colpo con un’occhiata torva: - Niente
affatto. – sentenziò bruscamente, ma ormai era tutto chiaro e limpido come un
cielo d’estate: Kaoru aveva centrato esattamente il
bersaglio. Ma lui non lo avrebbe mai ammesso,
ovviamente.
La ragazza tornò subito alla carica. - Invece
sì! E’ dal giorno in cui ci ha fatto vedere quella
casa, che sei così strano. – puntualizzò, fissandolo incessantemente in faccia.
- E’ una tua impressione.
- No, invece! Te lo si legge in faccia!
– s’impuntò tenacemente. Temendo che Kaoru glielo potesse leggere veramente, Kouga
girò di scatto il viso, ma questo gesto non fece altro che confermare il tutto
– Vedi? Ho ragione! Altrimenti non ti saresti voltato!
- Hai un’immaginazione troppo fervida.
- Allora spiegami perché sono due giorni che fai del tutto
per evitarmi… Avanti! – L’artista si mise con le braccia conserte, decisa più
che mai ad arrivare alla verità.
- Lasciami passare. Ho cose più importanti a cui pensare. –
le ordinò, dato che gli stava bloccando in tutto e per tutto il passaggio.
Infatti, la porta che consentiva di raggiungere la parte posteriore della
villa, si trovava esattamente sotto l’incavo delle scale, a metà tra esse e una parete. Diciamo che
c’era lo spazio sufficiente a far passare una sola persona per volta.
Kaoru allargò le braccia, di
proposito, piazzandosi lì proprio per non farlo procedere oltre.
- No! – disse, concitata – Rispondi
prima alla mia domanda. – fu questa la sua richiesta.
Kouga si mise a sbuffare.
- Sei seccante.
- E tu geloso!
- E anche ripetitiva. – proseguì.
- Infantile!
Proprio come due bambini che andavano ancora all’asilo,
stavano litigando.
EZarba
non poté non metterci lo zampino.
- Comportatevi da persone civili, e fate la pace. – suggerì,
tuttavia i due non sembrarono prenderlo minimamente in considerazione. E a
dirla tutta, ilMadougu si
domandò se, arrabbiati com’erano, in effetti avessero sentito la sua voce.
- Non ti sei degnato neppure di farmi sapere come mi stava quell’abito… - annotò Kaoru,
sull’orlo di una perfetta crisi di nervi, ma forse era molto meglio definirla
una scenata tra innamorati bella e buona. – Se non ti interessava,
allora perché me l’hai regalato? Oltretutto sarà costato una
fortuna…
- Vuoi che me lo riprenda?
- Non ho detto questo! Sei veramente permaloso…!
- La colpa è tua che ti esprimi continuamente male.
- Sempre meglio che starsene zitti come fai tu!
- Fammi passare.
- No!
Stufato praticamente da tutto ciò, nel
tentativo di passare, Kouga le afferrò il polso con
una mano cercando di farle abbassare l’arto, ma lei anziché cedere, impuntando
i piedi a terra tentò di farsi più pesante opponendo resistenza. Di cedere, KaoruMitsuki, non ne voleva
proprio sapere! Più che altro era convinta che Kouga non dovesse avere sempre la meglio. Era come se a lui
tutto fosse dovuto, e questo non le piaceva affatto.
Sparire così, nel bel mezzo di una conversazione, senza portarla a termine, la
faceva imbestialire.
Trovandosi praticamente costretto, il
ragazzo le dovette afferrare anche l’altro polso e, con una mossa fulminea ed
evasiva al punto giusto, attuò un ribaltamento generale della situazione. In
breve, fu Kaoru a ritrovarsi braccata da lui, con
schiena e polsi attaccati al muro.
Kouga la teneva con una certa
insistenza, nonostante lei aveva cercato in tutti i modi di slegarsi dalla
stretta. La rabbia, per non essere riuscita a liberarsi, le era salita in
volto.
- Non vale! Tu sei molto più alto di me! – sbottò,
aggrottando fronte e sopracciglia con fare funesto.
- Un Cavaliere Mistico deve pur sapersi
muovere quando un Orrore gli sbarra la strada.
- Vuoi dire che io assomiglio ad
una di quelle orripilante creature?
- No, ma sei seccante almeno quanto loro.
Kaoru arcuò le labbra con uno
scatto di indignazione profonda, e per dispetto zittì.
Chinando il viso in avanti, verso di lei, Kouga si avvicinò per fronteggiarla. Tuttavia,
la forma di quelle labbra così imbronciate, lo portò a guardarla meglio negli
occhi.
Aveva davvero un’espressione buffa, che la faceva
assomigliare a quella di una bambina capricciosa.
Quanti ragazzi, al mondo, avrebbero desiderato lambire una
bocca imbronciata uguale a quella?
Kaoru spostò d’istinto gli occhi,
muovendoli di lato. Il suo cuore aveva d’improvviso cominciato a battere forte.
Inoltre, quel calore che le era salito poc’anzi al viso, e che sapeva di rabbia, per magia si era
tramutato in qualcosa di diverso, divenendo così semplicemente imbarazzo.
“Non guardarmi in quel modo!”, avrebbe
tanto voluto dirgli, ma continuando a mantenere una forma arcuata della bocca,
non lo fece. Era troppo accaldata anche solo per aprire le labbra.
Oltretutto, avrebbe desiderato coprirsi il petto con entrambe le mani, per la
paura che Kouga le avesse potuto sentire il battito
del cuore, ma date le circostante, per lei non fu
possibile. E nonostante avesse la schiena premuta contro
la gelida parete, il calore in viso non le accennava a diminuire affatto. Forse
fu una profonda irritazione, ma riuscì a trovare la forza necessaria per
guardarlo in volto con un’occhiata quasi di sfida.
In quello stesso istante, con un sacco di fagotti tra le mani,
nel rincasare, Gonza si ritrovò a passare proprio di lì, davanti ai due, ma i
pacchi non gli impedirono di avvistare la scenetta.
I ragazzi incrociarono il suo sguardo
seduta stante, ed il maggiordomo ebbe quasi un sussulto.
- Vogliate scusarmi, non era mia
intenzione interrompervi! – esclamò, convinto di aver provocato accidentalmente
la rottura di un romantico attimo.
La risposta che ricevette, fu pressoché istantanea: - Non
stavamo facendo un bel nulla! – replicarono i due, perfettamente in coro. Si
guardarono l'un l'altro praticamente seccati. Kouga le allentò la presa ai polsi, e Kaorune approfittò per liberarsi con uno strattone
imbestialito delle braccia.
- Con un tipo orgoglioso come lui, anche parlare diventa
impossibile! – brontolò la ragazza, facendo il gesto di aggirarlo per andarsene
via. Avrebbe potuto farlo agevolmente, lui non l’avrebbe di certo trattenuta,
ma esitò, come se in realtà desiderasse essere
fermata. Tutto ciò non avvenne, per cui con andatura
sciolta tornò veloce in camera sua.
- L’hai fatta davvero arrabbiare! – commentò Zarba, e Kouga, nel rispondergli,
alzò di proposito il tono della voce, affinché Kaoru
stessa, tra uno scalino e l’altro lo potesse sentire. - E’ soltanto una
ragazzina.
La risposta le arrivò alle orecchie con lindore. Così,
sempre per dispetto, finì di salire quei gradini colpendoli rumorosamente con
la suola delle scarpe. Per ultimo si udì una porta sbattere con estrema foga,
segno di una rabbia davvero massima.
Il fragoroso rumore fece chiudere per riflesso le palpebre
di Gonza, e nel farlo uno dei tanti fagotti che teneva tra le braccia gli cadde
a terra.
- Ma chi si crede di essere?! –
sbottò Kaoru, dopo essersi seduta di peso e con le
braccia incrociate sul bordo del letto. – E’ odioso, prepotente e presuntuoso!
Certe volte si meriterebbe una sonora lavata di capo! – continuò, e quella
raffica di vocaboli non accennava a diminuire. – Ma come ho fatto ad
innamorarmi di uno come lui?! E’ inaudito!- afferrò la sua matita e il blocco da disegno, e finì di
sfogare la rabbia su quei fogli.
Al piano di sotto il maggiordomo andò di corsa in cucina per
poggiare quello che lui chiamava “spesa settimanale” sul ripiano della tavola.
Nel frattempo, Kouga aveva raggiunto il salottino per
accomodarsi sulla seduta del divano che c’era nella stanza. Di solito sceglieva
sempre quello, anziché una delle due poltroncine che c’erano ai lati.
Con la mano poggiata sul bracciolo, accavallò la gamba,
dopodichè tutto tacque.
Pessimo segno. Non era per niente di buon umore, e questo Zarba lo aveva intuito subito.
Tossicchio per rompere il ghiaccio, dopodichè si trovò per forza costretto a fargli notare una cosa:
- La ragazza aveva ragione, Kouga.
- A cosa ti riferisci? – replicò scocciato ma irritato al
tempo stesso l’umano. Non gli rivolse neppure l’attenzione.
Il Madougu emise un lungo sospiro.
Zarba sapeva che ciò che stava per dire, non gli avrebbe fatto neppure un po’ di piacere. – Presenti i tipici
postumi di una tremenda gelosia.
- Ho già detto che non è così! –
tuonò improvvisamente lo spadaccino, ferendolo con una pessima occhiata.
- E non capisco perché voi umani vi
ostiniate a non volerlo ammettere, anche quando tutte le prove sono contro di
voi… Siete una razza che non capirò mai! – Zarbaaveva continuato come nulla fosse, purtroppo ottenendo solo
silenzi o guardate storte. – Dopotutto, è normale… - andò
avanti in seguito- Non ti sei mai innamorato, non hai esperienze… Perciò per te
ogni cosa che ti succede è nuova. – inoltre l’anello si fermò un attimino, e rise. Sembrava che stesse ricordando qualcosa di
divertente- Anche i tuoi genitori, all’inizio non facevano
altro che discutere. Per un bel po’ di tempo, i miei poveri timpani hanno
patito veramente molto, ma la situazione è cambiata non appena Rindisse a Taiga di aspettare un
bambino. Vedessi la faccia di tuo padre com’era
intontita! Me lo ricordo bene ancora adesso. –La guida rise ancora
di gusto, e sebbene Kouga finse di non essere affatto
interessato ai suoi racconti, tutto sommato restò in silenzio ad ascoltare,
lasciandosi per un attimo cullare da quelle parole. Provò ad immaginare le
scene poc’anzi illustrategli
da Zarba, e ciò riuscì ad infondergli una calma
interiore davvero surreale. Cercò anche di immaginarsi il volto attonito del
padre, descrittogli dal gioiello, mentre proprio quest’ultimo prese fiato e
proseguì – Se voi due seguirete le orme di Taiga e Rin,
allora dovrò aspettare che la tua bella dia anche a te la lieta notizia, per
godermi un po’ di pace. – Quest’ultima affermazione,
in particolare, aveva causato in Kouga una strana
reazione che nemmeno lui riuscì bene a comprendere. Il
calore del corpo gli era improvvisamente salito al viso. Oltretutto, il
pensiero volò istantaneamente a Kaoru. Chissà come si
sarebbe comportato, se lei, un giorno come un altro, le avesse detto di portare in grembo un bambino. Suo figlio. Anzi, il
loro.
La scena gli sfrecciò davanti agli occhi con una rapidità
fulminea. E in una simile confusione emotiva, egli non
giunse ad aprire più bocca, a sbatter ciglio. Dall’espressione si capiva che il
ragazzo non stava tacendo per dispetto, bensì per imbarazzo.
L’arrivo di Gonza lo scosse da tutto ciò.
- E’ giunta questa per voi, signorino! – esclamò in preda
all’agitazione. Tra le mani stringeva un vassoietto
tondeggiante d’argento. Sul ripiano lucente come uno specchio c’era una Lettera
di Missione.
Il Cavaliere Magico la prese, e si
accorse subito del formato differente che aveva quella missiva. Anziché essere
rettangolare, aveva una forma quadrata, e la busta era decisamente
più grande del solito.
Kouga la squadrò con un’occhiata
accidiosa: quella, era una Missiva Tangram.
Lui le odiava. Terribilmente.
Si diressero nello studio, per poterne
riversare il contenuto sul ripiano della scrivania color testa di moro,
utilizzando soltanto le dita. Niente Fuoco Guida.
Le Missive Tangram non contenevano
caratteri fluttuanti in lingua Makai, ma, proprio
come suggeriva il nome, nella busta una volta aperta c’era proprio un Tangram.
I tasselli caddero come un mucchietto di foglie, e a
giudicare dalla quantità nonché complessità delle loro
forme, quel maledetto rompicapo non doveva sembrare affatto semplice.
Ma perché ricevere una roba simile?
In breve, I Cani da Guardia ogni tanto mandavano Missive Tangram come delle normali “prove scolastiche”, che permettevano
di verificare il livello e le capacità intuitive del Cavaliere
Mistico a cui era stata recapitata. Una volta risolto
l’enigma, allora egli avrebbe ottenuto le informazioni necessarie che gli
avrebbero consentito di stanare l’Orrore.
Kouga allargò i vari pezzi di un
colore rosso accesso, proprio come il colore della
busta, lungo il banco, e trasse un remissivo sospiro. Per lui, quella era la
terza prova Tangramda quando
era diventato un Cavaliere del Makai.
Kaoru si portò le mani nei capelli
dopo aver strappato ed accartocciato per l’ennesima folta il foglio.
I pezzi di carta appallottolati sparsi dappertutto sul
pavimento della camera, ormai non si contavano più.
- Se continua così, finirò per
annegare nella carta! – sbottò, guardandosi intorno con aria collerica.
Disegnare quel cavallo, non le riusciva proprio. Inoltre, avrebbe dovuto
consegnare il lavoro finito entro il fine settimana. Tra due giorni esatti.
L’artista si sentiva ormai con l’acqua alla gola, e presto
la rabbia si era trasformata in sconforto.
Per un attimo il pensiero di chiamare Ikuo
le accarezzò la mente, ma dovette subito abbandonare l’idea, dato che non aveva
il suo numero di cellulare.
Si portò le braccia al petto, le incrociò,
poi chiuse gli occhi. Sperava di farsi venire un’idea, e… il
lampo le arrivò per davvero.
Aprì la porta, corse giù per le scale, il tempo di guardarsi
un attimino attorno, e poi via, sfrecciò in direzione
dello studio. Con tutti quei libri, lì di sicuro ne avrebbe
trovato uno con valanghe di foto sui cavalli, e magari, cercando in quelli
dedicati al mondo demoniaco, forse si sarebbe imbattuta in qualche bella
illustrazione di Goten. Certo, il suo datore le aveva
suggerito di cercarne uno vero, di cavallo, ma purtroppo l’impresa, per lei,
aveva un che di impossibile.
Varcò la soglia dell’ambiente, ed una volta dentro ebbe la
brutta sorpresa.
Kouga sollevò di scatto gli occhi
su di lei, sorpreso anche lui di vederla lì, impalata come una statua, e
soprattutto con l’espressione crucciata.
- Se avessi saputo di trovarti qui,
non sarei mai venuta! – sbottò seduta stante, ostentandogli un broncio
veramente terribile. Si preparò a fare dietr-front,
quando ad un tratto qualcosa sembrò attirare particolarmente la sua attenzione.
Intravide sul tavolo i pezzi di quel Tangram, e le pupille
le brillarono immediatamente.
Si avvicinò, vide i pezzi sparsi e la complessità del
rompicapo, dopodichè non poté fare a meno di esclamare con entusiasmo: - E’… è
incredibile! – balbettò perfino, tant’era
l’emozione. Dopodichè lo squadrò meglio- Sembra
piuttosto complicato… - annotò, carezzandosi il mento con una mano.
Il ragazzo le gettò un occhio, avvinto dalla confusione. –
Te ne intendi?
La replica di Kaoru fu pressoché
immediata: - Li adoro! – esclamò, intrecciandosi le mani in petto. – Da bambina
ne facevo a bizzeffe insieme a mia madre. E’ stata lei a trasmettermi questa
passione!
Gonza e Kouga, che nel cercare di
ricongiungere perlomeno due frammenti, avevano impiegato una marea di tempo
interminabile, si fissarono reciprocamente.
- Diglielo tu. – disse al maggiordomo il ragazzo,
utilizzando un tono che in realtà non voleva essere una semplice richiesta,
bensì un vero e tassativo ordine.
L’uomo si fece timorosamente avanti. – Signorina Kaoru… - iniziò, cercando di mantenere una certa
cordialità. In questo modo la ragazza non avrebbe mai potuto
rifiutare la richiesta – Sareste così gentile da voler dare una mano al
signor Kouga? – Tuttavia, dopo
quelle parole, le speranze di Gonza finirono in frantumi.
- Cosa?! – ribatté di corsa la
giovane, e lo fece con un certo stupore- Dovrei aiutare un tipo asociale come
lui?! – additò l’asociale in questione con l’indice,
ma guardando dritto in faccia il maggiordomo- Perché?
- Ecco – si accinse subito a spiegarle la questione,
mostrando sempre calma e rispetto – Quel Tangram in
realtà è un esame che ogni anno i Cavalieri Mistici
sono tenuti ad affrontare con lo scopo di dimostrare il loro grado di
preparazione.
L’artista s’incrociò le braccia al petto. – Non se ne parla
nemmeno! L’esame è suo… inoltre, sarebbe come passargli
un compito in classe. Che se la sbrighi pure da solo, tanto ci
è abituato! – sottolineò con una certa
perfidia, ma quando fece per andarsene, le parole dello spadaccino la
trattennero.
- Se non ne vengo a capo alla
svelta, la vita di molte persone sarà in serio pericolo.
La frase la fece tremare lievemente. Si girò, osservandolo
dritto negli occhi. Dopodichè guardò Gonza. – E’ vero? – chiese, per avere una
maggiore conferma. Era certa che l’uomo non le avrebbe mai
mentito. E fu così. Il maggiordomo le annuì, e lei
chinò gli occhi. In quello stesso istante, però, le venne un’idea improvvisa.
Si rivolse a Kouga, con una
sicurezza madornale.
- Vuoi che ti aiuti? Allora lasciami vedere Goten! Mi sembra uno scambio equo, no?
Equo sì, ma al ragazzo i compromessi non piacevano un
granché.
E questi sospirò, come per dire
“pazienza”. – Vorrà dire che chiederò aiuto a Souka.
In un istante, la moretta prese una sedia lì nei dintorni, e
la piazzò affianco a lui. Nel poggiarla sul pavimento,
la sbatté così forte che il povero maggiordomo strinse i denti e trasalì.
- Lo faccio solo per il bene dell’umanità! – chiarì,
cercando di apparire convinta. Il Cavaliere del Makai
sollevò soltanto mezzo sopracciglio in segno di dubbio, e non aggiunse altro.
Allargando per bene i pezzi sulla tavola, Kaoru procedette.
Riuscì a far combaciare i primi tre con estrema facilità, dimostrando
così un’ottima padronanza del rompicapo. Poi ne afferrò
un altro, lo rigirò diverse volte prima di capire a quale degli altri andasse
collegato. Impiegò poco anche stavolta, così andò avanti spensieratamente, tant’è che sembrava provarci
perfino gusto.
Kouga ogni tanto le lanciava un’occhiata
con fare quasi scettico, ed arrivò perfino a chiedersi come facesse Kaoru a divertirsi con ciò che lui definiva una perfetta
perdita di tempo.
- Come mai non sei riuscito a risolverlo? – domandò
improvvisamente lei.
- Li detesto. – fu costretto ad ammettere quest’ultimo.
La mora lo guardò istintivamente. Poi scosse il capo.
- Un’altra cosa su cui non andiamo
d’accordo. –appuntò, e riprese a comporre i tasselli. Ne restavano pochi,
ormai. – In effetti, questo è piuttosto complicato. E’ la prima volta che ne
faccio uno così. – Fece per prendere un'altra tessera, ma accidentalmente le
cadde a terra. Continuando a restarsene seduta, si chinò per raccoglierla, e
anche Kouga fece per istinto la medesima cosa. Le
mani di entrambi sfiorarono il pezzo, finendo con il toccarsi a vicenda. In
quello stesso istante si rivolsero per riflesso uno sguardo, ma nel farlo le
loro labbra si sfiorarono accidentalmente. Gonza volse il capo dall’altra
parte, per educazione, mentre Zarba si lasciò
sfuggire un colpetto di tosse. Si separarono di scatto,
forse perché interrotti dal rumore, e presero nuovamente a fissarsi. Un
tremolio negli occhi, da parte di entrambi, li portò a sollevare la schiena per
rimettersi dritti sulla sedia. Ambedue fecero in modo di non rivolgersi più
l’attenzione mantenendo semplicemente la testa china sul tavolo. Anche se si vedeva chiaramente che tra i due regnava un’aria
di totale imbarazzo.
Il tassello lo aveva recuperato Kouga,
per cuiquest’ultimo lo
posizionò davanti alla ragazza, pur mantenendo il mento abbassato, ed in questo
modo la giovane poté finire il quadrangolo.
Con tutti i pezzi riuniti, il Tangram
si librò in aria per sgretolarsi in un secondo momento, e mostrare il
messaggio. Kouga lo lesse alla svelta, dopodichè
Gonza corse subito a prendergli il soprabito. L’allontanamento del maggiordomo,
tuttavia, ai due costò caro.
Si alzarono dalle proprie sedie, e per
l’ennesima volta lo fecero all’unisono. Ambedue mossero le gambe, per effettuare uno spostamento, ed ambedue finirono con
l’ostacolarsi la strada a vicenda.
Giunta al culmine della sopportazione, Kaoru
scoppiò: - La finisci di precedermi?!
- Quella che mi anticipa sei tu. – replicò il ragazzo,
ostentando una certa irascibilità nella voce.
- Figuriamoci! L’ultima cosa che voglio, è incrociarmi con
te!
- Già, anch’io.
- Allora perché prima mi hai baciato?
- Io non ho fatto niente. Sei stata tu a venirmi addosso.
Kaoru corrucciò la fronte,
completamente intontita da quella risposta.
- Ma sei impazzito?! Non ho fatto
una cosa del genere!
- Mi sei venuta addosso. – ribatté Kouga,
stavolta accigliandosi anche lui.
- Lo hai fatto tu! E anche di
proposito! – sottolineò la giovane.
Avevano iniziato a litigare di nuovo. Il povero Zarba ormai non ne poteva più, tant’è che decise di commentare la faccenda con parole tutte sue:
- Sbrigatevi a diventare genitori alla svelta, o altrimenti sarò costretto a
cambiare mestiere. – L’anello si stava riferendo alla questione legata ai
genitori di Kouga, ma di certo la figlia di Yuuji non poteva saperlo.
- Scordatelo! – gli tuonarono in coro, e successivamente,
dalle loro bocche praticamente uscì di tutto e di più.
- Il pensiero che mio figlio diventi scontroso come te, mi
terrorizza!
- Erediterà invece la tua stessa cocciutaggine.
- Perlomeno io non mi metto a polemizzare sopra ogni cosa…
Dovrò dirgli che suo padre è un selvaggio!
- Scoprirà che sua madre è una piccola ragazzina insolente.
– proseguì con stizza Kouga, sottolineando
il termine “ragazzina insolente” con un tono provocatorio.
Ambedue si lanciarono degli sguardi a dir poco spaventosi.
Soprattutto Kaoru sembrava non avere digerito tali
affermazioni.
L’intervento di Gonza, per fortuna, salvò Kouga dal ricevere uno schiaffo in pieno viso.
- Eccovi il soprabito, signorino!
– esclamò, con fare tremolante, poi si accinse a
farglielo calzare. Prima ancora però, il ragazzo si trattenne ancora un po’ ad
osservare il pulcino che, adesso più che mai, era più arrabbiato che
spennacchiato, senza che l’inimicizia nei riguardi di ambedue si abbassasse un
pochino.
Se ne andò così via, ma prima
ancora che riuscisse a girare l’angolo e ad immettersi nella hall, riuscì a
sentire la voce di Kaoru. – Sei talmente orgoglioso
che non mi hai neppure ringraziato! – urlò quest’ultima,
ma lui non si fermò neppure, e proseguì dritto ed inamovibile per la sua
strada.
Non c’è che dire, pensò il povero Gonza,
proprio un litigio tra due perfetti innamorati!
Nulla di così semplice.
***
Un uomo correva all’impazzata tra le vie desertiche della
città, in preda al panico.
Sembrava che qualcuno lo stesse inseguendo, o per meglio
dire, sembrava che qualcosa gli stesse dando la
caccia.
- Aiuto! – gridò a squarciagola, negli occhi nient’altro che
panico e terrore. Correva sempre più, a perdifiato, nonostante avesse esaurito anche
l’ultima briciola di respiro. Sentiva le gambe stanche, deboli. Gli cedettero,
e finì a terra, rovinosamente. Nel crollare andò a sbattere contro una pila di
scatoloni vuoti e vecchi, abbandonati nei pressi di un cassonetto di immondizia. Volarono via come un mucchio di birilli.
Lo sconosciuto cercò di rimettersi in piedi, ma la paura gli
portava le gambe a tremare, rendendole pericolosamente instabili. Non riusciva a controllare i movimenti del suo corpo, così nel
rialzarsi ricadde una seconda volta.
Sentì qualcosa avvolgersi alla caviglia, e
successivamente quel qualcosa finì col tirarlo di più verso il suolo.
Urlò per la disperazione, quasi sul punto di mettersi a piangere, abbrancando
le mani sull’asfalto affinché non venisse trascinato
all’indietro.
L’impresa non fu per niente facile, e non appena si voltò,
il cuore parve fermarsi di botto.
L’Orrore si stava preparando a divorarlo, facendo di lui la
propria cena.
Si coprì il volto con le mani, non potendo fare altro, ma
anche queste tremavano dal terrore.
Nello stesso istante, sentì la presa alla caviglia mollare.
Quando abbassò le dita dalla faccia per guardare, vide l’arto reciso di quella orripilante bestia color petrolio inerte a terra, ed
uno scintillio dorato d’innanzi a lui. Squadrò cominciando dal
basso quella figura avvolta dalla luce ricoperta d'oro, che lo aveva
riparato dai getti del sangue della bestia, e le sopracciglia si innalzarono
come archi.
- Vattene via! – gli ordinò Garo,
e il tizio, senza farselo ripetere neanche due volte, tirandosi su se la diede a gambe.
La bestia vide la propria preda sparire, e si arrabbiò come
non mai.
Colpì con un’occhiata rabbiosa il Cavaliere d’Oro. – Lo hai
fatto scappare! – disse ruggendogli contro, con la voce secca e rauca. – Quella
preda era mia! – si lanciò all’attacco, ma il lupo dell’Est lo afferrò per la
gola facendolo gemere.
- Sono affari che non mi riguardano! – tuonò adirato la Zanna Dorata. Più
che irritabilità da Orrore, la sua sembrava un altro tipo di irritabilità…
Il Cavaliere del Makai lo colpì in faccia con un pugno, e la violenza del gesto fu
così tale da ridurre a pezzi le uniche due zanne della creatura.
Quest’ultima si lagnò come un
cucciolo, si portò d’istinto l’unico braccio che gli era rimasto alla bocca.
- Adesso non potrò più spolpare le mie vittime! – disse, quasi
gemendo, ma con gli occhi rossi dalla rabbia.
- Sta’ zitto! – gli ordinò, colpendolo in bocca un’altra
volta.
L’Orrore ne stava passando di tutti i colori, e Zarba sembrò quasi struggersi per lui.
- So che non dovrei dirlo, ma mi fai
davvero pena… Sei sopraggiunto soltanto nel momento sbagliato. – commentò, e la
belva si rivolse a lui quasi supplicandolo.
- Dì al tuo padrone di smetterla! Che
mi uccida subito! – pregò addirittura che venisse
fatto fuori all’istante. Non ne poteva più di tutte quelle percosse.
Zarba prese fiato, e concordò per
la prima volta in vita sua con la bestia demoniaca.
- Kouga… non dovresti usare questo
mostro come una valvola di sfogo per i tuoi problemi. - disse, ma non riuscì ad
aggiungere altro. Il lupo dorato dell’Est lo fece ammutolire.
- Taci anche tu! – ordinò, tassativo, e centrò con un destro,
per la terza volta di fila, la faccia ormai tumefatta
dell’Orrore.
- Pietà! Pietà! – ripeté, e dal tono della voce straripò un
fiume di pusillanime tremore.
Garo gli lasciò
il collo, l’essere cadde a terra. Era distrutto. – Ma che ti ho fatto?! – gracchiò tremante come una foglia.
- Di solito non è così furioso… - gli spiegò Zarba, poi proseguì utilizzando quasi un tono confidenziale, ma quelle parole gli costarono caro –
Problemi con la sua dolce quanto a volte amara metà.
Il Cavaliere d’Oro lo azzannò con uno sguardo borioso,
mentre, prima ancora che l’Orrore potesse commentare la faccenda, la Garoken
lo trafisse esattamente in mezzo agli occhi, nonostante Garo,
quella creatura, non la stesse minimamente guardando.
- Hai fatto centro. – si apprestò a comunicargli il Madougu, come a volergli fare un complimento, ma nel
riacquistare l’aspetto di sempre, Kouga non ne fu
particolarmente entusiasta.
- Che bisogna c’era di raccontargli quelle cose?!
- Tanto sarebbe morto… Non vedo
dove sta il problema. – replicò la guida, piuttosto sicura di sé.
- Hai sempre avuto la lingua lunga. E’ questo il tuo peggior
difetto.
- Mentre il tuo è… - Zarba iniziò quella frase, ma non la portò a termine.
Stavolta di sua spontanea volontà. Se gli avesse detto “sei troppo orgoglioso”
o, peggio ancora “ha ragione Kaoru quando dice che sei un selvaggio”, per lui sarebbe finita
male. Molto male. Tuttavia, l’anello si sentì comunque
l’obbligo di dire almeno una cosa – Datti una calmata, ragazzino!
Dopo quel consiglio, che in realtà sembrava essere quasi un
ordine, senza neppure aggiungere una parola, il “ragazzino” si rimise in
strada, facendo così ritorno a casa.
Gonza udì il portone sbattere e produrre un tonante tonfo, così
uscì nella hall, per accogliere il suo signorino, ma quest’ultimo non si voltò neppure a guardarlo. Tutto ciò
che fece, fu rivolgergli una domanda.
- Dov’è?
Gonza capì, e gli indicò la sala da pranzo.
Kaoru, seduta sul divano in mezzo
alle due poltrone, con il blocco di disegni appoggiato sulle ginocchia, e la
matita nella mano, lo intravide a stento venirle incontro, e si sentì subito
trascinare via.
- Ehi! – mugolò, con la matita in una mano, e il blocco
nell’altra. Cercò anche di dimenarsi, ma non le servì a molto – Che maniere! Dove
mi stai portando?! – Si vide condurre a suon di
strattoni e spinte nel bel giardino della villa.
Kouga le lasciò
il polso all’improvviso, dopodichè avanzò di qualche passo verso lo
spiazzo erboso. Estrasse la spada dal fodero.
La pittrice si massaggiò il polso, ma non sembrò capirci
granché.
- Che ci facciamo qui? – sbottò
ancora, dopodichè fece un passo in avanti, ma il braccio di Kouga
la intimò a non avanzare.
- Sta’ indietro. – le disse, come al
solito usando un tono imperativo, quasi d’obbligo.
- Antipatico! – gli mormorò lei, ma quando il ragazzo, con
la punta della spada, disegnò un ideogramma a mezz’aria proprio davanti a lui,
fu investita in pieno da un bagliore folgorante che la costrinse perfino a
ripararsi gli occhi con le mani.
Un nitrito dal suono imponente le fece abbassare di colpo le
dita. Quello che le si riflesse nelle pupille, la
lasciò semplicemente attonita: Kouga aveva invocato Goten.
Presa dall’entusiasmo, si affiancò al Cavaliere
Mistico per osservare da vicino lo splendido destriero. Chiunque avrebbe
desiderato toccare appena quella criniera rossa, luminosa e fluente, e
carezzargli il capo. Ma Kaoru sapeva bene che,
essendo la corazza di Goten fatta di
Animetallo, non avrebbe mai dovuto sfiorarlo
neppure con un dito, altrimenti la pelle le si sarebbe ustionata all’istante.
Kouga guardava il suo fedele
compagno con un’aria addolcita, quieta. Nutriva verso di lui un profondo ed encomiabile
rispetto.
La giovane non sapeva bene che cosa dire. Mai e poi mai si
sarebbe aspettata una simile cosa, mai e poi mai si sarebbe aspettata che quel
dispettoso ragazzino avesse esaudito il suo desiderio.
Eppure, lei non stava sognando ad occhi aperti, Goten era davvero lì, davanti a lei, a brillare come una
grossa stella caduta nel giardino.
Si mordicchiò il labbro, bastava un “grazie”, ma quando fece
per aprire la bocca, lo spadaccino la anticipò con freddezza, e quella parola
le rimase in gola.
- Goten- proferì, rivolgendosi al
destriero con assoluto rispetto – questa ragazzina vorrebbe ritrarti, sii paziente, ok?
Il tono adoperato da Kouga, alla talentuosa pittrice non piacque per niente.
- Guarda che nessuno ti ha obbligato
a farlo! – ribatté seduta stante, sentendosi nuovamente presa in giro. – E non sono una ragazzina!
Affrettandosi a rinfoderare la spada con perfetta
indifferenza, senza rivolgerle neppure l’attenzione, le rispose: - Sei la
solita permalosa.
Kaoru sbatté un piede in terra, in
preda alla collera.
- E tu sei il solito maleducato!
A quel punto, Zarba alzò gli occhi
con un gesto assolutamente disperato: - Non ricominciate, vi prego!
Entrambi gli umani lo trapassarono con un’occhiata fulminea,
e per finire in bellezza, gli gridarono in coro: - Fa’ silenzio!
Fine episodio
I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:
Ecco uno dei
miei episodi preferiti! Dopo averlo letto, forse è inutile che io vi spieghi il
perché ^__^
Lo trovo
esilarante ma dolce al tempo stesso. La parte in cui Kouga
se la prende con l’Orrore e lo tratta come un sacco di sabbia utile per fare a
pugni, mi piace parecchio, e mi sono pure divertita tanto a scriverla.
Poi un’altra
cosa è che io ADORO i tangram! Da qui il titolo e le
missive…! ^^
Adesso che
sono FINALMENTE in vacanza, potrò dedicarmi meglio alla GSS.
Lo sto già
facendo! ^__-
Per ShoRyuKen: La casetta… Aah, quanto mi piacerebbe
abitare in una casa così! Comunque no, non centra con
quella della mail e a dire il vero è nata così per caso, mentre scrivevo,
perché volevo sottolineare che l’appartamento era fatiscente in quanto vecchio,
e mi piaceva l’idea del dibattito tra Kouga e Ikuo che “giocano” a fare i contrari! Però
quasi quasi sulla casa infestata ci faccio un
capitolo…! Mi hai dato un ideona…! ^__- Sei un geniooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Per _Elentari_: Per il plagio mi sa che ho trovato una
soluzione rapida e sbrigativa… Ma ci sto attualmente
lavorando perché devo chiedere il permesso ad una persona che conosco, e se
accetta allora è tutto risolto! Meno male…! Eh, è vero che scene romantiche
dovevano essercene di più, in particolare un classico come la fatidica scena
della scalinata non poteva mancare. Io pian pianino
sto cercando di inserire il più possibile tutto ciò che mi sarebbe
piaciuto vedere all’interno della serie, ma spesso ho paura di andare ooc. Spero che Amemiya mi perdoni…!
Ok,
per ora è tutto! Ci risentiamo al prossimo capitolo!
Botan
ANTICIPAZIONI:
Una bambina intrappolata in un incubo
aspetterà di essere salvata, e per farlo bisognerà ricorrere ad un particolare
tipo di procedura che si rivelerà essere molto rischiosa.
Riuscirà Kouga
in soli 99.9 secondi a salvarle la vita e ad uscirne indenne?
E soprattutto, tra lui e Kaoru ci sarà una riappacificazione?
E’ passato all’incirca un anno dalla mia brutta disavventura
Incubo
#14
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
E’ passato all’incirca
un anno dalla mia brutta disavventura. Ma ancora oggi,
di notte ogni tanto ho degli incubi. Quando ciò
accade, mi sveglio di soprassalto, la fronte è sudata, il respiro convulso, e
dentro di me una sensazione d’angoscia mi pervade. Mi sembra sempre che una di
quelle creature sia sotto il mio letto, o accanto alla finestra. Sebbene io abbia cercato di dimenticare, so che non è
possibile cancellare per sempre la realtà.
Una volta aperte le porte
di quel mondo, non si può più richiuderle.
Aveva un abito a quadretti, lungo fino alle ginocchia, che
si annodava in vita tramite un nastro di cotone. Era
di un giallo tenue, abbastanza delicato, così come il cerchietto che portava nei
capelli lunghi e neri. Ai piedi era completamente scalza, non aveva né scarpe
né calzini, ma nel luogo in cui si trovava non faceva freddo. Tra le mani una bambola di stoffa con i capelli arancioni
ed il volto sorridente le teneva compagnia. Si guardò intorno, con fare
spaesato, ma la luce in quel luogo era talmente fioca che non riuscì a vedere
quasi nulla. Capiva solo che il pavimento doveva essere di pietra, così come le
mura, perché la sua pelle ancora acerba e delicata ne poteva percepire il gelo.
All’apparenza sembrava un grosso stanzone quadrato. Non c’erano né mobili, né
ornamenti attaccati alle pareti, e neppure porte. Sì, era una stanza senza nessuna via d’uscita. C’era una finestra, una soltanto. Si
avvicinò ad essa,alzandosi in punta di piedi cercò di sbirciare all'esterno con fare curioso,
fanciullesco. Ma ciò che si rifletté nei suoi occhi,
quando fu sufficientemente vicina a quelle gelide lastre, portò le sue manine
ad aprirsi di botto, e quella bambola di pezza le cadde a terra.
Giunto ai piedi di un ospedale, Kouga
osservò dal basso verso l’alto la struttura. Aveva cinque piani, e non era stata
costruita da poco. Lo sottolineavano i segni di un
intonaco ormai spento e rovinato.
Entrò, salì le scale e diede inizio alla perlustrazione dei
diversi ripiani.
Stava cercando qualcosa. Una bestia demoniaca, per la
precisione.
Fu subito attratto da un reparto in particolare, perché
consigliato da Zarba. L’andito era illuminato da
fioche lampadine fissate alle pareti mediante appositi
sostegni di metallo simili a vecchie lampade. La fiochezza di quelle luci era dovuta al fatto che fosse ormai notte inoltrata.
Entrò in una stanza, la porta era aperta, c’era un lettino
soltanto. Una bambina teneva gli occhi chiusi, dormiva profondamente a pancia in su, con il capo adagiato sopra al cuscino. Aveva all’incirca sei anni, ed accanto a lei, messa sul panchetto
di una sedia, si trovava una bambola di stoffa con i capelli arancioni.
All’apparenza tutto sembrava tranquillo. Fece per lasciare
la camera ma una voce lo fermò di balzo.
- Aspetta – disseZarba, per fare in modo che si fermasse- E’ qui. – fece, e Kouga si guardò rapidamente intorno. A parte quella
bambina, la camera era vuota, spoglia. Un Orrore non sarebbe
passato di certo inosservato, eppure, a detta dell’anello la creatura doveva
trovarsi proprio lì.
Kougaguardò
meglio, restava solo un posto in cui rivolgere lo sguardo. E quando lo fece, quando fissò la piccola paziente con aria quasi
scettica, la voce di Zarba fugò ogni suo dubbio.
– Hai capito proprio bene, Kouga… L’Orrore
è in quella piccola umana.
Al ragazzo mancò il respiro per una manciata
di secondi, una sensazione d’inquietudine lo colpì prepotentemente.
Non aveva mai affrontato una simile situazione. Lui era un
cacciatore di Orrori, per cui il suo compito era
quello di eliminarli, ma in tutto l’arco della sua carriera, non aveva mai
ucciso un bambino posseduto da uno di loro.
Provò dentro di sé una frustrazione lancinante, eppure lui
doveva portare a termine quella missione. Era il regolamento. Non poteva fare
altro, e per questo il cuore gli si strinse fortemente in petto.
Posò la mano, tremante, sull’ansa della spada, e si apprestò
a tirarla fuori del fodero. Quel movimento fu interrotto ancora una volta dal Madougu: - Non si trova nel suo corpo- gli disse
cogliendolo di sorpresa, cosicché il giovane Cavaliere arrestò la mano. – E’
nei suoi sogni.
- Nei suoi… sogni? – ripeté l’umano, era
pressoché esterrefatto. EZarba
sapeva anche il perché.
- E’ vero- appuntò, come se si
fosse ricordato di qualcosa- questo per te è il primo “Signore dell’Incubo”.
- Signore dell’Incubo? E’ un Orrore?
Zarba annuì. - Si manifesta solo
nei sogni delle persone, inducendole al coma. Se
controlli la cartella clinica di questa piccola umana, scoprirai che in realtà
non sta semplicemente dormendo. – Il discorso della guida mistica gli fece
afferrare la cartella appesa ai piedi del letto di quella piccola paziente.
Effettivamente, la bambina era stata ricoverata due giorni fa, e non aveva più
riaperto gli occhi.
Kouga provò l’impellente bisogno
di fare una domanda soltanto:
- Si può ancora salvare?
Zarbatrattenne
il fiato, lo rilasciò in seguito per parlare. – Certo,
tuttavia il metodo è assai rischioso.
- Qual è? – gli chiese ugualmente, dimostrando in questo
modo di voler andare fino in fondo.
- Si chiama “la procedura del Cavaliere
Dormiente”. Consiste nel legare entrambe le estremità
di una particolare corda dal colore rosso come il sangue, ai polsi sinistri della
persona addormentata e del Cavaliere Mistico che andrà a salvarla, in questo
modo egli verrà indotto al sonno. E’ pericolosa in quanto il Cavaliere si
ritroverà intrappolato nello stesso incubo dell’umano dormiente, ed avrà
soltanto 99.9 secondi a disposizione per sconfiggere la creatura, ma se in
questo lasso di tempo egli non dovesse farcela,
rimarrebbe intrappolato lì… per sempre. – Ciò che gli aveva rivelato Zarba, non era di certo una prospettiva allettante.
Tuttavia, se voleva salvare quella
bambina, non poteva tirarsi indietro.
Nonostante l’anello glielo avesse
sconsigliato, Kouga si ritrovò ben presto nel palazzo
del Cane da Guardia del Nord. La corda per mettere in
pratica la procedura, si trovava in quel luogo.
Il guardiano vestito di bianco fu d’accordo con Zarba, per cui non si dimostrò
disposto a cedergli l’oggetto. Perlomeno, non al primo tentativo.
- Avresti dovuto eliminare quell’umana,
anziché venire da me e farmi una richiesta così assurda. – gli disse con
durezza, ma Kouga non si fece intimorire dal tono di
quella voce.
- E’ solo una bambina! – replicò, con caparbietà. Era
convinto che non sarebbe mai stato capace di ucciderla, soprattutto se c’era una remota possibilità di poterla salvare. – La prego,
mi lasci provare. – disse infine, con un tono faticosamente implorante.
- Perché lo fai?
A quel punto il ragazzo lo guardò dritto negli occhi. Sapeva
già cosa dire. E con fierezza lo disse. – Perché i Cavalieri Mistici salvano le persone. Non le
lasciano morire.
***
Kaoru si era alzata da poco. Si guardò allo specchio, non aveva una bella cera.
Dopo essersi lavata e rivestita, scese di sotto, e il
maggiordomo, ai piedi delle scale intento a lucidare il passamano di legno, la
fermò prima ancora che potesse discendere nella hall.
- Buongiorno signorina Kaoru! –
disse cordialmente. La ragazza si lasciò sfuggire uno
sbadiglio, poi si grattò la testa con fare assonnato.
- Buongiorno anche a lei, Gonza. – replicò a stento, con le
palpebre calanti e la voce ancora impastata dal sonno.
Non aveva trascorso una bella nottata, e a
dire il vero, aveva riposato malissimo. Il gentile maggiordomo non fece
domande a riguardo, tuttavia la trattenne per farle sapere una cosa: - C’è
qualcuno che vi sta aspettando nel soggiorno.
L’espressione strutta sul viso dell’artista parve scemare.
Fu rimpiazzata da un profondo stupore.
- Qualcuno… che aspetta me? – replicò, e a dire il vero
sembrava essere sì intontita, ma non più dal sonno. Era la prima volta che
riceveva una visita, lì in quella villa.
- Mi ha detto di essere un vostro amico, ma non gli ho
chiesto il nome. – spiegò Gonza, e successivamente
attraversando di corsa la hall lei si recò in soggiorno.
Varcata la soglia dell’enorme stanza, sul divano,
esattamente seduto nel posto più amato da Kouga,
intravide la sagoma dell’ospite inatteso. Quest’ultimo
sollevò di scatto il capo, dopodichè si alzò e l’accolse con un benevolo sorriso.
- … mi ha dato il tuo indirizzo? – concluse
l’altro, pensando che l’amica volesse chiederle quello. Tirò dalla tasca dei jeans un affare bianco, piccolo ed ovale. – L’altro
giorno, nella vecchia casa hai dimenticato il cellulare. Nella rubrica c’era il
tuo domicilio, e così eccomi qua! – spiegò con enfasi, facendo ancora un
sorriso.
Lei si sbatté una mano sulla fronte: - Ecco dov’era finito! Che sbadata…! – dichiarò infine, con una punta di imbarazzo nella voce. Poi si avvicinò all’amico – Grazie!
– spiccicò, ricambiando il sorriso. Lo aveva cercato praticamente
ovunque, ma senza risultati. Alla fine si era perfino rassegnata all’idea di
doversene comprare uno nuovo, malgrado l’aggeggio
bianco non fosse ancora da buttare.
- Gli artisti hanno sempre la testa tra le nuvole! – scherzò Ikuo, giusto per trarla
dall’impaccio, poi la scrutò in viso con un’attenzione millimetrica –
Sembri stanca… Non hai riposato stanotte?
Kaoru scosse il capo ed emise un
sospiro profondo. – Ho dormito malissimo. – fece, ricordando la pessima nottata
sull’orlo dello sfinimento. Poi chiarì in seguito – Un incubo.
- Di che genere?
- Spaventoso! – asserì all’istante, e nel
richiamare alla mente quella fattispecie di sogno angoscioso, si sentì raggelare
dalla testa ai piedi. – Ad ogni modo, preferisco non parlarne. – Come avrebbe potuto
raccontare ad Ikuo di aver sognato un gigantesco
Orrore dalla faccia aggrinzita e le zanne sporgenti che la voleva
divorare? No, proprio non se la sentiva.
Il giovane Shiota alzò le braccia
come per dire “ok, come vuoi tu!”, successivamente
le abbassò per prenderle la mano.
La guardò in viso, con un’espressione così gentile che
avrebbe rasserenato chiunque e cancellato ogni sorta di incubo,
e le mise il cellulare esattamente al centro del palmo. Si trattenne, ma di
proposito, per guardarla ancora un pochino. Faceva fatica a staccarle gli occhi
di dosso. NonostanteKaoru
avesse un aspetto non proprio riposato, per Ikuo
quella giovane donna era sempre meravigliosa.
Da quegli occhi color nocciola scaturiva un calore
rasserenante, cullante. I tratti del viso addolciti, delicati, sinuosi, sembravano
confermare ogni cosa. Inoltre, Kaoru aveva dentro di
sé una luce che avrebbe illuminato il cuore di qualsiasi uomo.
Sì, ne era consapevole Ikuo che sarebbe rimasto lì, immobile come una statua, a
contemplarla per tutto il giorno.Dovette
smettere al più presto per un semplice motivo che oltretutto aveva anche un
nome ed un cognome: KougaSaejima.
Entrato all’improvviso nella stanza, subito l’attenzione gli
ricadde addosso.
Fermo sulla soglia della porta, il Cavaliere osservava Ikuo con un’espressione che avrebbe fatto impallidire
perfino il più intrepido dei ragazzi.
Kaoru voltò di scatto le spalle, e
staccandosi involontariamente dall’amico cercò con gli occhi lo spadaccino.
Anche il signorino Saejima aveva un’aria stanca. Era come se fosse stato fuori tutta la notte, e non c’era realtà più
vera di quella. Tuttavia, il ragazzo trattenne per poco
l’attenzione su di lei. Tra i due c’era ancora la cosiddetta “aria di
tempesta”. La stessa che li aveva fatti litigare come
bambini, due sere prima.
Dal “giorno del tangram”,
come lo aveva definito anche Zarba. Non avevano fatto altro che tenersi il muso, giravano per casa
senza neppure rivolgersi parola, né tanto meno mezza occhiata.
Ad ogni modo, il principale obbiettivo di Kouga era uno soltanto.
- Che ci fa lui qui? – Il quesito
gli uscì con irruenza. Oltretutto, era arrabbiato. Eccome se lo era.
- Mi ha riportato il cellulare che avevo perso. – si
affaccendò a spiegargli Kaoru, ma subito dopo la
voglia di sapere l’avvinse – Sei stato fuori tutta la
notte, non è così? – domandò all’istante, nonostante avesse capito già tutto. Più
che una domanda, la sua era una ramanzina bella e
buona.
Kougaaggirò
completamente l’argomento, non la degnò neppure di un’occhiata. Per lui
era come se Kaoru, lì, non ci fosse mai stata. Inoltre non smetteva di togliere lo sguardo da Ikuo, e quest’ultimo, con una
certa sfrontatezza, si mise a fissarlo nel medesimo modo.
Se lì non ci fosse stata lei, forse
tra i due non sarebbe finita a buon termine.
Ikuo raccolse la propria
giacchetta dal divano e se la rimise indosso.
- Forse – premise, avviandosi all’uscita- è
meglio che vada. – concluse. Sapeva di non essere benvoluto, e non aveva tutti
i torti.
Quasi per dispetto Kouga
si allontanò da lì senza aggiungere neppure una parola.
Kaoru rimase interdetta da ciò, non
sapeva bene cosa dire al giovane Shiota, però sentiva
l’obbligo perlomeno di scusarsi.
- Perdonalo- disse in tono
mortificato, chinando un po’ il mento – ultimamente è intrattabile. – gli
confidò, e poi, scortando l’amico verso l’uscita, concluse
– Grazie ancora per il cellulare!
L’altro sorrise. – Figurati! –
esclamò, come se il comportamento sgradevole di Kouga
non lo avesse turbato per niente. O almeno, così
sembrava.
Quando il giovane artista sparì, la
ragazza fu presa completamente da un moto di stizza improvvisa. Percorse la hall muovendosi velocemente, il suono dei suoi passi
echeggiava lungo tutto l’androne, infine raggiunse lo studio, e la sua voce
fece tremare ogni cosa.
- Si può sapere che ti è preso?!
Gonza sussultò, contrariamente a quello che fece Kouga. Seduto alla scrivania, recitò la parte
dell’indifferente, e questo a Kaoru non piacque
proprio. Gli andò di fronte e si piazzò lì. In questo modo lui le avrebbe dovuto degnare per forza uno sguardo, ciò nonostante continuò
a tenere gli occhi fissi sulle pagine di un libro. Kaoru
sbatté entrambe le mani sul tavolo così forte da far vibrare quei fogli. A quel
punto, per il figlio di Taiga fu pressoché impossibile evitare di fissarla.
- Sto lavorando. – dichiarò accidioso. Ma
l’altra non volle sentire ragioni.
- Non me ne importa niente! – tuonò, e tremava quasi per la
rabbia- Non sei stato affatto cortese nei riguardi di Ikuo!
- Io non ho fatto niente.
- Lo hai praticamente costretto ad
andarsene! – era ormai sull’orlo dell’esasperazione, prese giusto un po’ di
fiato e tornò alla carica – Dove sei stato stanotte? Perché
non ti sei ritirato a casa? Avresti bisogno di riposare, anziché dare la caccia
a quelle orrende creature…!
- Lo farò non appena avrò portato a termine il mio compito.
Adesso non posso. – La risposta fu praticamente
inamovibile. – Tu piuttosto… ti faccio notare che se
non ti sbrighi, arriverai tardi al lavoro.
La pittrice gettò di scatto un occhio all’orologio.
- Ma è tardissimo! – disse in preda
all’esasperazione. Poi, prima di filare via, non poté impedirsi di sputare
fuori ancora un’ultima sentenza: - Faremo i conti quando
torno. E vedi di farti trovare!
***
Gonza, dopo un rovistare incessante, finalmente aveva
trovato il libro giusto. Quello in cui c’erano le parole da pronunciare durante
il rituale del Cavaliere Dormiente. Il buon uomo, infatti,
avrebbe dovuto recitare in lingua Makai a gran voce
una frase che successivamente avrebbe indotto
l’individuo a dormire.
Quando finalmente mostrò il libro a
Kouga, questi commentò che finalmente il tempo di
entrare in azione era giunto.
Così, dopo aver preso il necessario, si avviarono verso
l’uscita della villa.
Il maggiordomo prese il cappello nei pressi dell’entrata, e
se lo portò in testa. Ma quando Kouga
fece per aprire il portone, a sorpresa si scontrò con Kaoru,
di ritorno dal lavoro.
- Hey! – reagì prontamente la ragazza, trovandosi faccia a faccia con lui.
- Non ho tempo adesso per litigare. – La frase di Kouga fu detta seduta stante, con una certa fretta.
E la giovane Mitsuki, presa da uno
scatto di rabbia, replicò con qualcosa che dopo le
fece desiderare di non avere mai detto: - Tu non hai mai tempo per me! – quelle
parole finirono dritte, come una freccia che centra in
pieno un bersaglio apparentemente irraggiungibile, nel cuore del Cavaliere. Un
gelo pesante discese tra i due. Perfino Gonza si sentì tremendamente a disagio.
Zarba avrebbe voluto esprimere
come suo solito la propria opinione, ma pensò bene per una volta tanto di
tacere.
Kaoru desiderò di rimangiarsi
quella frase all’istante, ma ormai l’aveva detta. Successivamente vide Gonza incappottato e a quel punto si
trovò quasi costretta a chiedere: - Dove state andando?
Kouga ignorò la domanda, tuttavia
fu il maggiordomo a darle una risposta, poco prima di mettersi in strada.
- Torneremo questa sera, signorina. – le fece sapere, ed
infine, con fare frettoloso concluse – Ho già
preparato il pranzo. E’ nel forno, dovrà solo
riscaldarlo.
E mentre scendeva i gradini di pietra dell’abitazione, Kouga spudoratamente aggiunse: - Cerca di non dare fuoco alla casa.
Proprio come c’era da aspettarselo, lei si
innervosì pericolosamente, ma non poté fare altro che lanciargli una
linguaccia alle spalle. Dopotutto, lui non l’avrebbe mai vista.
***
Gonza si levò il soprabito e lo appoggiò su una sedia
insieme al cappello. Accostandosi ai piedi del lettino,
guardò Kouga in viso con uno sguardo inquieto, come a
dirgli “possiamo cominciare, ma…”.
- Signorino… - disse, con l’intonazione di chi avrebbe
voluto portare una persona a riflettere.
- Non mi tirerò indietro.
Il maggiordomo calò lo sguardo, sospirò, poi sollevando la
copertina del libro che stringeva tra le mani, cercò la pagina giusta. Dopo
averla trovata, si tirò sul naso gli occhialini, pronto a dare inizio al
rituale.
Kouga si era legato la corda rossa
al polso sinistro, mentre l’altra estremità a quello della piccola
addormentata. Poi, sedendosi accanto al letto, chiuse gli occhi in attesa che Gonza pronunciasse la tanto fatidica frase.
Quando l’uomo scandì la prima
strofa, al ragazzo sembrò di trasformarsi in pietra. Sentì che il suono di
quelle parole lo stava portando via, in un mondo fatto di sogni, ma a volte, in
una società come quella in cui egli viveva, anche di incubi.
E quando finalmente il giovane Saejima poté riaprire gli occhi, scoprì in realtà di
trovarsi proprio all’interno di uno sconvolgente incubo.
Tutto attorno a lui era oscuro. Lo stanzone era spoglio,
gelido, spettrale. Sulle pareti danzavano con fare alternante una miriade di ombre dai contorni mostruosi. Equell’unica finestra che c’era, affacciava nel vuoto più
totale, lasciando intravedere uno scenario apocalittico di crudeltà e
desolazione.
Il lupo dorato dell’Est, unica fonte di luce in mezzo a
quella fitta oscurità, intravide rannicchiata in un angolino
la povera bambina.
Fece per avvicinarsi, ma qualcosa appena sbucato dal suolo
afferrò con dispetto la sua caviglia.
Garo si voltò, estrasse con
rapidità la spada, e da quel preciso momento in poi, iniziò una battaglia che
doveva terminare in 99.9 secondi.
Non un in più.
Altrimenti Kouga sarebbe rimasto
intrappolato in quel lugubre posto. E per sempre.
La Zanna Dorata cercò di non sprecare il suo tempo, e si
lanciò a capofitto nella battaglia.
- Vai di fretta, Cavaliere? – lo schernì l’essere, nero come
l’inchiostro, ad accezione degli occhi interamente gialli. Non aveva una forma
propria. Nel senso che, con molta probabilità egli ne poteva assumere
qualunque, traendo spunto dai peggiori incubi della preda di turno.
E infatti, riuscendo a leggere nel
cuore del suo avversario, con stupore la creatura assunse una forma in
particolare: quella dello stesso Garo. Il Garo malvagio, però.
Il Cavaliere Mistico ebbe un
istante d’incertezza che gli costò caro. La creatura gli si scagliò addosso,
gettandolo al suolo lo immobilizzò e lo trattenne lì.
- Io sono il signore dell’Incubo, e conosco tutte le tue
paure più grandi. – gli sibilò all’orecchio. Rise con perfidia
mentre sempre di più si accostava a quella maschera d’oro.
Garo lo respinse con la forza. Perlomeno,
ci provò. L’essere aveva una consistenza piuttosto molle, per
cui non riusciva, per quanto si sforzasse, ad avere su di lui un’ottima
presa. Gli sembrava quasi di stringere tra le mani un mucchio di nebbia. – Sei
solo un debole se ti servi delle paure altrui per
poter vincere!
La risposta del cosiddetto Orrore dell’Incubo giunse come un
coltello dalla lama acuminata che centra il suo
bersaglio e lo trapassa: - Dimmi, intrepido Cavaliere, a quanti piccoli esseri
umani riuscirai a salvare la vita? Arriveranno dieci, centomila Orrori dopo di
me che non ti daranno mai tregua. E cosa farai a quel
punto? Non potrai proteggere per sempre coloro che ami,
prima o poi dovrai fare delle scelte importanti, che cambieranno
irrimediabilmente il corso della tua vita, e per te sarà quello il vero incubo!
– Le parole dell’essere furono di un’efficacia devastante. Kouga
si sentì inspiegabilmente nervoso. L’agitazione prese il sopravvento in lui tant’è che le dita sembrarono
passare attraverso il corpo della bestia.
Più era agitato, più non riusciva a
mantenere la concentrazione.
Zarba oltretutto gli ricordò una cosa fondamentale: - Siamo agli
sgoccioli, Kouga. Non ti rimane molto tempo.
Doveva darsi una mossa. E anche
alla svelta.
In quello stesso attimo, nella stanza di quell’ospedale la bambola di pezza della bambina
cadde a terra. Gonza la raccolse, la rimise seduta al suo posto, e poi guardò Kouga con profonda apprensione.
- Sbrigatevi, signorino. – disse con un filo di voce, mentre
fissava sulle lancette dell’orologio lo scorrere incessante del tempo.
In quell’incubo, con il fiato sul
collo, a quel punto bastava fare una cosa soltanto: afferrare di pugno la
spada, e porre fine al combattimento. Ma affinché la
lama trafiggesse il nemico, occorreva riacquistare la concentrazione,
altrimenti la Garoken gli sarebbe passata solo
attraverso.
La Zanna d’Oro ripensò al volto assopito della bambina, e
nello stesso attimo udì una voce in mezzo a quelle tenebre.
- Non ti arrendere! – sentì a chiare lettere. Girò il capo e
vide la piccola umana in piedi in un angolo che lo incitava a reagire, a non
arrendersi. Una luce chiamata “speranza” albeggiava nei suoi occhi.
Guardandola, Garo fu sicuro di una cosa: non avrebbe
mai permesso a quella luce di spegnersi per sempre.
A sorpresa, l’Orrore dell’Incubo avvertì una fitta allo
stomaco. Fu nel chinare lo sguardo, che si rese conto di essere oramai finito. La Garoken
lo aveva trafitto in pieno, infilzandolo come un grosso spiedino. L’essere
riacquistò la sua forma indefinita, creata per lo più da ombre divergenti.
Prima di sparire per sempre, ebbe la sfacciataggine di emettere una risata gracchiante.
E poi, il nulla.
***
Kaoru passeggiava nervosamente nella hall della villa. Di tanto in tanto gettava la solita
occhiata all’orologio che le stava sul polso, e poi sbuffava. Non vedeva
proprio l’ora di fare quattro chiacchiere con “lui”. Detestava
lasciare le cose in sospeso, e poi… sì, c’era anche dell’altro. Voleva
in qualche modo scusarsi per via di quella frase detta involontariamente poco
prima che Kougapartisse.
Forse, vista la reazione di quest’ultimo, pensò che non era stata affatto cortese.
In quello stesso istante il portone si aprì di botto.
L’artista attirata dal rumore mosse il capo nella direzione giusta, presa
dall’entusiasmo, ma quando vide rientrare solo Gonza, la scintilla nei suoi
occhi si spense di colpo.
- Dov’è Kouga?
– fu la prima cosa che chiese.
Gonza si tolse paltò e cappello e li ripose con cura nel
guardaroba: - Il signorino aveva bisogno di fare due passi.
Kaoru inarcò le sopracciglia. –
Come mai?
- Quello di stasera non è stato un combattimento facile.
- Gli è forse accaduto qualcosa? – la figlia di Yuuji fu presa dall’agitazione.
- No signorina, state pure tranquilla! – la rassicurò Gonza,
poi finalmente si decise a spiegare come stavano per davvero le cose –
Intendevo dire a livello psicologico, non fisico. Sotto quel punto di vista lì,
non è stato facile. – il buon uomo si ricordò improvvisamente di una cosa - Ah…
prima che me ne dimentichi… Il signorino mi ha chiesto
di riferirvi che fareste meglio a non aspettarlo alzato, dormire bene e a
sufficienza la notte è una cosa fondamentale se si vuole iniziare bene la giornata.
Kaoru fissò esterrefatta il
maggiordomo Kurahashi, come in cerca di una conferma.
– Lo ha detto davvero lui? – stentava veramente a crederci.
- Certamente! – Gonza sorrise bonariamente. – Anche se vi può sembrare una persona distaccata e poco incline al
dialogo, in realtà lui tiene molto a voi. A dire il vero… beh, forse non
dovrei neppure dirvelo perché so che non gli farà piacere, ma… - esitò un attimino, ma alla fine si convinse che forse rivelare certe
cose avrebbe fatto solo bene – Spesso, quando rincasa la sera verso il tardi,
mi chiede sempre di voi ancor prima di sfilarsi il soprabito. La mattina mi
domanda se avete fatto colazione, e poi quando vado a fare spese, anche in quel
caso il primo pensiero è rivolto a voi nel momento in cui mi dice “assicurati
che non le manchi niente”.– Gonza, mentre
raccontava ciò, rammentava con piacere tutte le volte
in cui Kouga gli ribadiva quelle cose. E anche Kaoru, senza neppure nasconderlo, nel sentire ciò si sentì estremamente felice.
Kouga si prendeva cura di lei
anche quando non c’era. E poi capì che, infondo, anche
se in maniera silenziosa, lui era presente più che mai nella sua vita.
- Tira un bel venticello stasera, non
trovi?
- Già.
- Questo posto mi fa ricordare la battaglia con Dantalian e le prove che hai dovuto affrontare per
recuperare l’anima di Kaoru. Fu uno sconto davvero peculiare.
Kouga se ne stava seduto su uno
dei tanti gradini che formavano una lunga scalinata fatta di gelida pietra. Il
luogo era lo stesso, come ricordato da Zarba, dove in
passato la ragazza ricevette la propria anima in precedenza rubatale
dall’Orrore illusionista, nonché perfetto imbroglione.
- Comunque, ottimo combattimento.
Hai affrontato il tuo primo Signore dell’Incubo in una maniera dignitosa.
- Dignitosa? Intendi dire che mi
sono meritato la sufficienza?
- Beh, direi di sì. Tuo padre la prima volta fece anche di
peggio. Sconfisse quella creatura solo 5 secondi prima che il tempo finisse. Con più esperienza la tecnica cresce, perciò si
migliora. Dopotutto, tu sei ancora un ragazzino, hai ancora tanto da imparare!
Kouga gli lanciò un’occhiataccia.
- Non sono più un ragazzino. – disse seccato, con la fronte
corrucciata quanto bastava a fargli capire che doveva tenere a freno la sua
linguaccia e piantarla di trattarlo ancora come un moccioso.
- Beh – premise il Madougu,
facendosi una sana risata - Per me lo sarai sempre!
- E tu per me sarai sempre il
solito chiacchierone. – replicò a tono il ragazzo. Come a volersi prendere una
rivincita. – Cerca di tacere, sono venuto qui per
restare da solo.
A quel punto l’anello trasse un profondo sospiro: - Temo che
tra non molto non lo sarai più. – E subito dopo,
quella previsione diventò magicamente realtà.
Si udirono un rumore di passi provenire dall’alto. Kouga si girò, e fu in quel preciso momento che si vide con
calma avvicinare da una persona.
La squadrò con attenzione, ma ancora di più con meraviglia.
Era stupito, sì, di vedere Kaoru proprio davanti a
sé.
- Cosa ci fai qui? – fu la prima
cosa che le chiese.
- Gonza mi ha detto che eri uscito
a fare due passi, e siccome non mi andava di aspettarti a casa, ho preferito
venire da te. Ho forse sbagliato? Se vuoi stare un po’
da solo, posso andarmene.
- No, va bene. – le rispose - Come sapevi che ero qui?
A quel punto la ragazza si sedette giusto qualche
gradino sopra di lui, poi alzò le spalle con uno scattino, come a dire
“non so”. – Ecco, mi ricordavo di questo posto, era da tanto che non passavo
più di qui, così ho deciso di venirci stasera, probabilmente perché speravo di
trovarti. Solo questo!
Il Cavaliere ritornò a fissare lo spazio dinnanzi a sé.
- Se sei venuta per proseguire
quella lite, sappi che adesso non mi va.
Kaoru scosse il capo: - Niente
litigi, tranquillo! So che hai avuto una serata non facile.
- Te lo ha detto Gonza?
- E chi sennò? – s’intromise subito
Zarba, con una certezza più che assoluta.
- So che questa volta l’Orrore ha preso di mira una bambina.
– commentò la mora, e al sol pensiero per un attimo rabbrividì.
- Già. Si era insidiato nei suoi sogni trasformandoli in incubi.
- Per fortuna che sei intervenuto subito. Adesso sta bene?
Kouga assentì, ma i lineamenti del
suo volto parevano comunicare altro. Era spento, quasi malinconico.
- La sua vita ora non sarà più la stessa. – disse, ed il suo
sguardo divenne chiaramente triste.
La figlia di Yuuji, ricordando il
proprio passato volse verso il basso il capo. – Io la posso capire. – e infatti provò ad immedesimarsi in lei, ci riuscì alla
perfezione proprio perché da bambina aveva provato sulla propria pelle la stessa
sensazione. – La notte ti svegli di soprassalto perché hai fatto uno di quegli
incubi, e quando rimani al buio, hai sicuramente più paura degli altri perché
sai che cosa vive in quell’oscurità, e sai anche che
non potrai prevedere quando e se deciderà di attaccarti. Tuttavia… - Kaoru sollevò lo sguardo, lassù, verso il cielo- fintanto
che voi Cavalieri Mistici continuerete a svolgere il vostro lavoro, l’umanità
avrà sempre una speranza, e in quel buio, accanto a noi, ci sarà sempre una
luce a farci compagnia. – La ragazza guardò Kouga in
viso, gli sorrise, ma lui, ancora turbato dalle parole
dell’Orrore, non riuscì a fare altrettanto.
– Le bestie demoniache sono migliaia. Mentre
noi Cavalieri siamo in minoranza.
- Non è la quantità che conta. E’ il modo con cui si
affrontano determinate situazioni. Anche se l’anima di quella
bambina è stata toccata dalle tenebre, tu alla fine sei riuscito a liberarla
portando dentro di lei la luce. Le hai ridato
la speranza, e tutte le volte che quegli incubi ritorneranno, si ricorderà di
te, e come per magia la luce di quel ricordo illuminerà il suo cuore e li
allontanerà. – disse, e poi si mise a pensare. - Prima di conoscerti, il buio
mi faceva tanta paura. Vivevo con il ricordo di quelle creature che non
lasciavano in pace i miei sogni, ma ora, a distanza di anni,
restare senza luce non mi spaventa più, e sai perché? – Kaoru
lo fissò intensamente in viso, il cuore le palpitava all’impazzata, ma infondo dentro di sé sapeva che doveva parlare, che doveva
dirgli ciò che sentiva, e con spontaneità riuscì a confidargli ciò che teneva
segretamente nel cuore – Perché sei tu la mia luce!
Questa volta fu il cuore di Kouga
a subire un’accelerata. Quella frase lo aveva fatto spudoratamente arrossire.
Sentì le guance farsi calde come una pietra sotto il sole d’agosto, e con il
timore che la ragazza potesse vederlo, reclinò la testa e le diede ancora le
spalle.
Ma c’era dell’altro.
Kaoru aveva un modo di vedere le
cose in maniera ottimista. E quando diceva qualcosa, dalle
sue parole scaturiva un’energia speciale che poteva rincuorare l’animo di
chiunque.
E fu pensando proprio alle parole
della sua bella, che riuscì almeno un pochino a rassicurarsi.
In seguito l’artista sentì che forse era arrivato anche il
momento di fare o, più precisamente, di dire un’altra cosa.
Aprì la bocca, si morse un pochino il labbro, e poi cominciò
a spiaccicare qualcosa: - Io… riguardo a ciò che ti ho detto oggi… sì, quando
stavi andando via… - non sapeva bene come articolare quel pensiero, o più semplicemente
non sapeva come riprendere l’argomento, ci stava per riprovare
quando avvenne qualcosa di inaspettato.
E stavolta a replicare, avendo
intuito già il significato di quella frase, fu Kouga.
– Hai ragione. – disse inaspettatamente, pur continuando a mantenere la solita
posizione da seduto e a rivolgerle le spalle.
- Ho… ragione? – Kaoru si sentì
disorientata.
- Sono poco presente, e tu hai il diritto di farmelo notare.
– Ecco, il figlio di Taiga finalmente lo aveva ammesso di sua spontanea
volontà. Lo aveva dichiarato apertamente, con estrema chiarezza. Sì, Kouga sapeva di non essere assai presente nella vita di Kaoru, sapeva di avere sempre poco tempo per lei, e
soprattutto sapeva che ciò avrebbe portato avvoltoi a farsi spudoratamente avanti.
Come Ikuo, ad esempio. Ma
purtroppo non poteva farci niente. E questo lo faceva
stare terribilmente male.
Kaoru aveva toccato un tasto
dolente destinato comunque a saltare fuori, prima o
poi.
A quel punto, bisognava una volta per
tutte rimettere ogni cosa al proprio posto. Bisognava fare ordine.
Bisognava accordare quel tasto e fare in modo che egli non
fosse più dolente, ma che al contrario, risuonasse
armoniosamente come gli altri.
- Ecco… - premise la ragazza. Era titubante, non sapeva se
fargli capire o no ciò che in realtà le aveva
raccontato Gonza. Ma ormai non poteva più tirarsi
indietro. - So che anche quando noi non stiamo insieme, tu continui a prenderti
cura di me. E questo fa sì che nella mia vita tu sia più di chiunque altro presente.
E anche se il tuo lavoro ci tiene spesso lontani, ciò di cui ho bisogno è
passare ogni tanto momenti come questo, per esempio. Se
arriveranno una volta ogni tanto, beh, io li aspetterò con ansia, perché
saranno sicuramente molto più belli di altri cento messi
insieme, non trovi?
Kouga finalmente si girò, e fu in
quel momento che il sorriso di Kaoru lo colpì come un
fulmine che si staglia in pieno cielo.
Divenne ancora rosso. Non poteva fare altro, d’altronde.
Qualche istante dopo la ragazza scese di un gradino e si
sedette. – Visto che stasera sei in vena… - premise, con uno sguardo
magistralmente furbetto - immagino che tu non avrai anche problemi ad ammettere
che in realtà sei geloso, dico bene?
La risposta di Kouga arrivò
tassativa: - Non lo sono affatto.
L’artista storse appena le labbra, senza
però demordere tornò alla carica. Scese altri 2 gradini e si accomodò. –
Dai, cosa ti costa ammetterlo? Inoltre è palese!
- A me invece non sembra.
- Allora perché sei sempre così ostile nei confronti di Ikuo? - Nell’udire quel nome,
il ragazzo si sentì un tantino nervoso. Soprattutto perché era
fuoriuscito dalla bocca di Kaoru. – Se penso a come lo hai trattato questa mattina…
Kouga la interruppe subito: - Si
era seduto sulla mia poltrona.
- Sulla tua poltrona? – ripeté la giovane quasi subito.
Sembrava incredula.
- Sulla sua poltrona! – ribadìZarba, quasi a volerlo confermare di proposito. – E guai se qualcuno la tocca! – Già, perché il Madougu, quel signorino scontroso lo conosceva alla
perfezione.
L’artista inarcò le sopracciglia, adesso
incredula lo era per davvero. Si agitò tutt’ad
un tratto, scese ancora altri gradini, ma stavolta per sedersi proprio di
fianco a lui.
-Tu… - premise, esasperata come non mai- vuoi
forse farmi credere che sei geloso di quella poltrona ma non di me? – Una bizzarra
situazione era quella. Almeno per lei. Oltretutto, chissà perché, ma per uno
strano quanto improvviso scambio di ruoli, adesso era lei quella a provare
gelosia. Aspettò, speranzosa, perché voleva a tutti i costi ricevere una
risposta, e poco dopo un riscontro ci fu, ma da parte
di Zarba.
- Kouga conosce quella poltrona da
molto più tempo di te. Mi sembra logico che lui le sia legato di più. – Queste
furono le parole dell’anello. Più che altro Zarba cercava
di punzecchiare i due, come suo solito, per cui si
prese anche la briga di aggiungere – E poi rispetto a te, è senza dubbio molto
più silenziosa!
L’artista colpì l’anello con uno schiocco
delle dita, poi puntò quello stesso dito proprio davanti al viso del
ragazzo. – Tu… - spiccicò, con la voce piena di rabbia e l’indice tremolante.
Non riuscì ad aggiungere altro, stava per tirargli uno schiaffo
maKouga l’afferrò per il polso e la bloccò.
Si guardarono a vicenda, lo sguardo di Kaoru era veramente crucciato. - Vuoi davvero più
bene a quella poltrona che a me? – domandò, con fioca voce, e quasi subito si
rese conto di avere appena detto una grande sciocchezza. Tuttavia
aveva sentito ugualmente il bisogno di esternare quelle parole, perché se non
l’avesse fatto si sarebbe sentita male. Ebbe l’impressione di essere tornata
bambina. Aveva perfino assunto un’espressione da bambina. Abbassò
lo sguardo per la vergogna, i capelli ai lati del viso le finirono
davanti.
Kouga notò quel suo fare
fanciullesco, e dopo un breve istante di assoluto
silenzio, con delicatezza le portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Fu
delicato, gentile e garbato al tempo stesso. La giovane donna provò una
sensazione quasi di calore. Fu quel gesto fatto con assai premura, la vera
risposta. Kaoru sollevò timidamente gli occhi.
Ambedue rimasero a rivolgersi lo sguardo ma senza comunicare, e solo dopo
averla guardata attentamente in viso, solo dopo averle sfiorato con il pollice
della mano destra una parte della guancia, Kouga riuscì a parlare: - Ti vedo molto stanca. – constatò,
e quella parola “stanca”, le fece calare un po’ le palpebre affaticate.
Effettivamente, Kaoru stanca lo era per davvero.
- Ultimamente dormo male la notte.
- Come mai? – le chiese il Cavaliere, mentre continuava a
solcarle la guancia con il dito.
- Faccio sempre strani incubi. I soliti, per intenderci. In
quel mondo parallelo, sembra tutto così reale… Per fortuna però che non appena
riapro gli occhi scopro che non lo è.
- Gonza mi ha detto che la sera
resti ad aspettarmi fino a tardi. Non dovresti farlo.
- A me fa piacere.
- Ma non voglio che tu lo faccia.
Kaoru lo guardò in viso, si
accorse che aveva assunto un’espressione preoccupata.
- Ecco… non mi sembra corretto andare a dormine
mentre tu sei ancora fuori casa. Mi piacerebbe qualche volta poterti
augurare la buonanotte. – pigolò, con una dolcezza che
parve non avere più fine.
- Sei fortunato, Kouga. Avrai un’ottima
moglie in futuro! – disse Zarba, per fare un
complimento. Ma l’elogio per la verità fece imbarazzare
entrambi gli umani che finirono con l’arrossire.
- Comunque – premise la ragazza,
aggirando l’imbarazzante questione con un sorriso forzato–
cercherò di rispettare il coprifuoco d’ora in poi!
Kouga sembrò non crederle, ma sorrise
a sua volta. E dopo ciò, con estrema dolcezza lei si
lasciò cadere teneramente tra le sue braccia in cerca di un caldo giaciglio su
cui poter finalmente chiudere gli occhi e riposare.
Senza incubi.
Forse non smetterò di
avere incubi la notte, tuttavia l’importante è trovare dentro noi stessi una luce che ci guiderà attraverso le tenebre.
Potremmo impiegare del
tempo per scovarla, e questo ci costringerà a resistere
quando saremo in balia del buio.
Io ci ho messo un po’,
ma adesso so che nessun incubo potrà farmi del male, perché la luce veglierà su
di me e continuerà a regalarmi momenti felici.
E se una volta aperte le porte di quel mondo,
non si può più richiuderle, allora io non cercherò neppure di farlo. Resterò lì
a contemplarle, e questa volta, con accanto la mia
luce.
Fine episodio
I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:
Le vacanze
sono finite, e Botan riprende a lavorare e ad
aggiornare!
Purtroppo vado
di corsa, stasera sono abbastanza stanca, ho proprio bisogno di fare una bella
dormita, possibilmente senza incubi… I_I
L’ora del Red Requiem si avvicina, e la Botan
sta facendo del tutto per tenersi aggiornata con riviste e cose varie. Piange
il mio portafogli ma poi quando vedo il sorriso di Konitan
capisco che pur di continuare a vederlo sono disposta a fare plush da mattina a sera, perché l’energia la prendo
direttamente da lui. Konitan Santo subito.
Tornando alla
GSS, ho già stabilito quali saranno i prossimi capitoli e quindi il numero in
totale. Sono ancora indecisa se scrivere o no un episodio, ci sto attualmente pensando ma alla fine so già che deciderò
seguendo l’istinto!
Per stelly89_s: Ti quoto! Tra Rin,
Zarba e Rei scegliere non saprei! Sono delle colonne
portanti perché ti offrono l’occasione su di un piatto… d’argento!
Per ShoRyuKen: Neppure io sono capace di disegnare i
cavalli. Sono molto complessi. Aah, quella famosa katana
me la sogno pure la notte! Continua a darmi
inconsapevolmente idee, ok? Io nel frattempo segno!
Per _Elentari_:
Non preoccuparti di
nulla, recensisci quando puoi! Il detto “l’amore non è
bello se non è litigarello” posso affermare che in
tutto è per tutto è proprio vero!
Per ora è
tutto!
Vi lascio con
le anticipazioni!
Botan
ANTICIPAZIONI:
Un viaggio nel passato farà rivivere
sia a Kouga sia a Kaoru un
avvenimento che segnò profondamente quest’ultima. Tra dubbi ed incertezze, la ragazza dovrà fare
i conti anche con ciò che le riserverà un futuro molto probabilmente prossimo.
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
Gonza non riusciva proprio a dormire.
Si girava e rigirava di continuo tra le lenzuola, nonostante
avesse preso la solita tisana rilassante che beveva tutte
le sere puntualmente prima di andare a letto.
Doveva esserci qualcosa che non gli faceva prendere sonno.
Qualcosa che neppure una tisana possente come quella riusciva a farlo cadere
tra le braccia di Morfeo.
Poi successe all’improvviso, e per lui fu come
essere colpito in pieno da una saetta piovuta di colpo dal cielo. Si
alzò con uno scatto mettendosi a sedere in mezzo al lettino. Aveva
l’espressione sconvolta, come di chi senza preavviso si era ritrovato a ricordare
qualcosa dimenticato da anni.
Si rimise in tutta fretta gli occhialini, dopodichè scese
dal letto. Erano le due di notte passate, ma lui doveva ugualmente bussare alla
porta del suo signorino. Questione di vita o di morte.
Kouga udì all’improvviso dei
colpetti. Si svegliò di soprassalto con una certa agitazione, ma quando vide
che Zarba stava tranquillamente riposando al chiuso
nella sua teca, capì che nell’aria non c’era puzza di Orrori.
Si alzò, diretto verso l’anta sbarrata, e l’aprì.
- Gonza…?! – disse, con una certa sorpresa, intravedendo la
faccia dell’uomo agghindata di tutto punto dalla solita ed immancabile papalina
che faceva pendant con il resto del pigiama.
- Signorino! Ho capito! – esclamò con fare eclatante. Pareva
avere scoperto chissà quale tesoro. – Seguitemi! – aggiunse subito, mentre Kouga sembrava essere sempre più confuso da tutto ciò.
Si avviarono verso il fondo di quel piano rialzato dove solo
molti metri più in là c’era uno stanzino. E quando lo raggiunsero
entrambi, il fedele Kurahashi finalmente esclamò: -
Ho capito chi è ShiroYomoda!
Quella rivelazione così inaspettata portò Kouga a trattenere meccanicamente il fiato. Sgranò gli
occhi, poi celere andò verso l’uomo che stava rovistando in una delle scatole
del piccolo sgabuzzino.
- Chi è?! – riuscì
solamente a dire, l’emozione non gli permise di fargli aggiungere
dell’altro.
- Dovrebbe esserci qui una sua foto… - fece in un primo
momento, poi si grattò la fronte come per farsi tornare la memoria – Spero solo
di non averla buttata per sbaglio. – Continuò la ricerca senza sosta. Guardò
prima in un posto, poi nei restanti, e ancora, frugò nelle pagine di alcuni libri accatastati in un angolo, pensando che la
foto potesse essere finita lì tra quei fogli, messa proprio da lui mentre
faceva pulizia, però all’apparenza non c’era nulla.
Ormai Kouga non poteva più
aspettare: lui doveva sapere.
E subito.
- Gonza! – esclamò, per richiamare la sua attenzione. Il
tono della voce pareva dire “avanti, dimmi chi è!”.
L’uomo si rialzò, posizionandosi
bene gli occhialini sul naso finì di tenerlo sulle spine:
- Era un allievo di vostro padre.
Il ragazzo deglutì, mandando giù di colpo divenne
pallido. - Voleva diventare anch’egli un Cavaliere
Mistico?!
Vista l’espressione palesemente sconcertata, Gonza si
apprestò a raccontargli ogni cosa, partendo dall’inizio.
- Ben 28 anni fa, Taiga scelse come discepolo e quindi suo
futuro successore Barago, ma in realtà c’era un’altra
persona che lo aveva pregato insistentemente di prenderlo con sé, sottoporlo all’allenamento
e farlo diventare un Cavaliere del Makai. Dopo le
pressanti richieste di quel giovane che all’epoca aveva solo quindici anni,
egli rifiutò perché sosteneva che non avesse i requisiti necessari per portare
sulle spalle un simile fardello. E quando vostro padre
gli comunicò il suo verdetto, quel giovane sparì definitivamente dalla
circolazione, senza lasciare più traccia.
Quando Gonza ebbe finito, calò
improvvisamente il silenzio. Dopo quella sconcertante rivelazione, adesso il
figlio di Taiga aveva le idee più chiare. Tutto sembrava combaciare alla perfezione.
Il Mistico Patto sancito da quel prete novizio ben venti
anni orsono, faceva come non mai ritornare i conti.
Finalmente le cose si cominciavano a vedere sotto una luce differente.
Finalmente i tasselli di quel complesso rompicapo stavano tornando al proprio
posto. Certo, era solo l’inizio, ma sicuramente meglio quello che il nulla
assoluto.
Ebbene… ShiroYomoda aveva quindi un movente per agire in quel modo:
La vendetta.
Rinunciare al paradiso per avere semplicemente una rivalsa
nei riguardi di colui che lo aveva rifiutato.
E per tutto questo tempo, Kougane era stato all’oscuro. Non sapeva che il padre avesse
negato a quello sconosciuto di diventare suo discepolo, e pensò oltretutto che
se il genitore anziché scegliere Barago avesse preso
con sé l’altro, forse a quest’ora egli sarebbe stato ancora in vita. Per qualche secondo sentì una
nota di malinconia prendere in lui il sopravvento. Si fece forza, come aveva
sempre fatto, e riprese in mano l’argomento.
- Non si è davvero più visto?
Gonza a malincuore fu obbligato ad annuire. – Forse, dopo un
simile rifiuto, per lui restare in questa città non aveva più senso. Ricordo, oltretutto, che teneva in particolar modo a diventare il
successore di vostro padre. Era il suo più grande
desiderio. Una volta mi confidò perfino che pur di calzare quell’armatura
d’oro avrebbe affrontato a mani nude un intero esercito di Orrori.
– sorrise nel ripensare a ciò, poi strinse gli occhi tra due fessure come per
elaborare qualcosa - Oggi dovrebbe avere quarantatré
anni. – disse, dopo aver fatto un rapido calcolo.
- Tu lo conoscevi bene?
- L’ho visto diverse volte. Veniva qui
ogni giorno per incontrare Taiga, per supplicarlo. E puntualmente se ne andava, ma lo faceva con pazienza. Era un tipo che sapeva
aspettare, calmo e tenacie al tempo stesso. Ma lo ricordo soprattutto perché mi faceva venire
l’allergia. – confessò, abbozzando un sorriso. – Quando
vostro padre lo portò a casa per la prima volta, mi attaccò il raffreddore. Successivamente, tutte le volte che veniva a fargli visita,
la mia allergia ricompariva all’improvviso. Ricordo che passai una settimana
veramente terribile! E credo che sia stato per questo motivo se ho avvertito un pizzicore al naso la prima volta in cui, la
scorsa settimana, avete pronunciato il suo nome. Dopo tutti questi anni, devo ammettere
che mi fa ancora un certo effetto.
Era sì un particolare strano, ma di sicuro per Kouga lo era ancora di più l’intera storia.
E poi, un quesito prese a rodergli
dentro: Come avrebbe fatto a trovare quel misterioso uomo, dato che sembrava
irraggiungibile?
Inoltre, era ShiroYomoda a manipolare di persona sia Orrori sia Chimere?
Era ShiroYomoda
che durante quella sera lo aveva colpito con l’Ottava Stella del Makai?
Ma la cosa che aveva per Kouga più importanza, riguardava altro: sotto l’armatura
del gemello malvagio di Garo, si celava in realtà ShiroYomoda?
Chiusa nella sua stanza, con gli occhi aperti da circa
cinque minuti forse per via del trambusto fatto da Gonza, Kaoru
si grattò la testa, emise uno sbaglio e poi scese dal letto.
Sul pianerottolo udì distintamente delle voci. Guardandosi
intorno, si avviò verso il fondo del piano sovrastante, girò l’angolo, nel buio
più completo, e cominciò a seguire il suono di quel chiacchiericcio. E mentre lo faceva, si rese conto per la prima volta di non
essersi mai spinta così oltre all’interno di quell’enorme
caseggiato.
Si preparò a voltare l’angolo, ma quando lo fece urtò
qualcosa. Un ammasso di ferro duro e spigoloso che la fece
cascare in terra. Accusò il colpo emettendo un flebile gemito, e poi
dopo essersi massaggiata il suo povero fondoschiena dolorante, per riflesso
sollevò lo sguardo in alto, verso la cosa che aveva urtato. Un fascio di luce
tenue emanata da un quarto di luna che brillava nel cielo illuminava i contorni
di quell’oggetto in una maniera spettrale, e quando Kaoru lo vide, la sua reazione fu immediata: una smorfia attonita
di spavento le comparve sul viso e nel medesimo attimo Kouga e Gonza udirono un grido di puro terrore.
Si precipitarono fuori, nel bel mezzo dell’andito oscuro, quando
il ragazzo vide Kaoru riversa al suolo non ci pensò
su neppure una volta a raggiungerla.
Si chinò di corsa verso di lei, posandole entrambe le mani
sulle spalle cercò di attirare la sua attenzione chiamandola
più volte per nome.
Ma fu solo quando Gonza si decise
ad accendere le luci dell’andito, che la mora finalmente gli rivolse lo
sguardo.
- Ko… Kouga…?
– balbettò, e tremava tutta.
- Cosa ti è successo? – le disse rapidamente, sembrava addirittura più scosso di lei.
- Ecco… - alzò la testa verso quella cosa che l’aveva fatta
urlare in una maniera indecorosa, ed arrossì per la vergogna. – Era… solo
un’armatura. – constatò, smettendo di trattenere il fiato. Fece un lungo
sospiro e si sentì sollevata.
Il Cavaliere Mistico volse il capo
all’indietro, verso l’oggetto in questione. Che cosa
centrava adesso quella vecchia armatura? Sembrò d’acchito non comprendere il
perché della frase, fino a che fu la ragazza stessa, ripresasi dallo spavento,
a chiarire bene la faccenda: - Ci sono andata a sbattere, e quando l’ho vista
al buio pensavo che fosse una di quelle orrende creature.
L’altro emise un profondo sospiro, poi il
cuore nel suo petto riprese a battere normalmente.
- Ti sei fatta male? – chiese in seguito, per accertarsi che
stesse bene.
Fece segno di no con la testa perché le parole sembravano
essersi fermate in gola.
Poi sollevandosi da terra guardò prima Kouga
e successivamente Gonza.
- Perché vi siete alzati a quest’ora?
- Perdonatemi, signorina! – il maggiordomo le si avvicinò con un’aria davvero mortificata – Forse ho
fatto troppo rumore, prima. Ma essendomi ricordato di…
- Si è ricordato di non avere chiuso bene le finestre, e nel
farlo ha svegliato anche me. – lo precedetteKouga, poi lanciò un’occhiata al fedele Kurahashi,
per fargli cenno di tacere. Quest’ultimo assentì,
fremendo leggermente.
- E’ vero! Sapete, deve essere l’età che avanza… Ormai non
sono più giovane come un tempo. – ed una smorfia di
rassegnazione gli comparve in viso. Poi con un inchino si congedò per tornare
nel suo alloggio. Semplicemente non voleva commettere altri passi falsi.
Kaoru lo seguì con gli occhi, in seguito riprese di scatto a fissare il
ragazzo. Era perplessa.
- Gonza mi è sembrato un po’ strano,
non trovi anche tu?
Kouga si sentì anche se solo per
un momento raggelare. Trovò alla svelta una risposta, per non appesantire
ulteriormente la situazione.
- Ha esagerato con la tisana che beve ogni sera. – disse,
poi si incamminò verso la propria camera.
- Può essere, ma… si è agitato da un momento all’altro quando tu lo hai interrotto. – annotò perplessa,
mentre rifletteva sull’accaduto. Non si era neppure accorta di averlo seguito
involontariamente. Continuò con le illazioni: - Oltretutto
la sua risposta mi è parsa alquanto forzata. – si posò una mano sotto al mento, come per riflettere, e d’un tratto ebbe la
folgorazione. Guardò Kouga dritto in faccia
stringendo gli occhi tra le fessure delle palpebre: - Non è
che mi state nascondendo qualcosa?
Un altro brivido colpì il Cavaliere. - Non ne vedo il
motivo. – fece sbrigativo. L’altra prese fiato e aprì la bocca, riuscì a dire
solamente un “ma” perché Kouga le fece notare una
cosa: - Hai deciso forse di restare qui, stanotte? – Nell’udire quelle parole, Kaoru prese a guardarsi intorno, e finalmente appurò con
stupore di trovarsi nella stanza da letto del giovane.
Le sue guance divennero di un rosso cocente, acuto. E anche dentro si sentì prendere immediatamente fuoco. Era
così imbarazzata che a momenti le girava perfino la testa.
- Io… - biascicò, ma distolse il viso per non mostrare il
proprio imbarazzo. Non sapeva come rispondere a quella domanda. Cioè, lei sapeva cosa dire, sapeva che doveva andarsene da
lì, però non riusciva più a riprendere il controllo dei propri movimenti.
MaKouga…
sì, nel dirle “ hai deciso di restare qui stanotte?” in realtà le aveva dato
l’opportunità di scegliere, oppure voleva solamente, a modo suo, scherzare?
Il cuore prese a batterle con una certa foga nel petto, tant’è che ebbe l’impressione di
avercelo in gola.
- Vi faccio notare che sto cercando di dormire. Se devi restare, decidilo alla svelta. – esclamò
inaspettatamente una voce. Veniva da una teca di legno dalla forma rettangolare
e ben sigillata, messa sul comò nei pressi del letto. In altre parole, l’umile
dimora di Zarba.
Sentendo ciò, Kaoru riuscì a
scuotersi, così tornando in sé alla svelta arrivò ad emettere una risposta
definitiva: - Io vado! – disse con enfasi, frettolosamente, e in un men che non si dica, carica di
vergogna, fuggì.
***
- Ma no! Dici sul serio?
- Ma sì, ti dico che è vero!
- E lui che ha detto?
- Nulla, ma avrà sicuramente pensato che io volessi rimanere
lì, ne sono sicura.
La rossina si scostò dalla fronte
un ciuffo di capelli ramati. - Sarà stato entusiasmante!
- Entusiasmante? – Kaorufece una smorfia di dissenso – Io
direi imbarazzante! Che figura… - commentò, ripensando
all’accaduto avvenuto la sera prima.
L’artista stava per l’appunto raccontando il fattaccio alla
sua migliore amica. Equest’ultima,
anziché darle un sostegno morale, sembrava addirittura farle una sorta di
predicozzo.
- Mi fai rabbia, Kaoru! Al posto
tuo io avrei approfittato di quella situazione senza lasciarmela per nulla al
mondo scappare. – Asami sembrava veramente adirata
con lei.
- Ma io non sono come te! – appuntò
subito, stizzita. – E poi, dici così solo perché in
quella ridicola situazione non c’eri tu. Voglio proprio vedere se avresti avuto il coraggio di farlo… – Kaoru
si incrociò le braccia al petto, poi la guardò con aria imbronciata.
- Sei veramente strana… Da quanto tempo state insieme?
Cinque, sei mesi? Vivete sotto lo stesso tetto, ma in camere separate. A te
sembra normale una cosa del genere? No che non lo è! E
non capisco il tuo lui che cosa stia aspettando… Non ci vuole molto a prenderti
di peso e a farti restare là!
- Tu la fai sempre facile…
- Perché lo è! - L’amica sventolò
una mano come per dire che per lei quella era solo una
baggianata. – Lui non fa il primo passo? Bene, fallo tu! Non ci vuole chissà
quale coraggio a dire “amore, da stasera io resto qua!” – fece, recitando la
parte di Kaoru a pennello. – E non venirmi a dire che a te l’idea di passare la notte insieme al tuo
ragazzo non ti faccia piacere, eh! Perché con un tipo
come lui, nemmeno se mi minacci ci credo! Oltretutto, una coppia normale non
impiegherebbe tutto questo tempo per fare il grande
passo. Insomma, avete pure la possibilità di condividere lo stesso tetto! Si
tratta di dormire insieme, abbracciati teneramente l’uno all’altra, nulla di
più semplice e logico!– Asami forse aveva alzato un pochino la voce. Anzi, la voce l’aveva
alzata, ma non di certo un pochino! E trovandosi in un
luogo pubblico, l’altra le coprì immediatamente la bocca con entrambe le mani.
- Abbassa la voce! Siamo in un negozio, te lo sei forse
scordato?!
- Quanti tabù, Kaoru! – replicò la
rossa, riuscendo a liberarsi la bocca. Si guardò rapidamente in giro – Questo
posto è vuoto, se non te ne sei accorta. – le sottolineò.
- Ma a me imbarazza comunque
parlarne!
Asami si strinse nelle spalle e
scosse la testa: - Sei proprio irrecuperabile. – commentò, mentre dava con
interesse uno sguardo a dei vestiti che penzolavano dalle gruccette
di un appendino.
- Non sono sfacciata, tutto qui. Non è poi la fine del
mondo, no? Prima o poi quel momento arriverà da solo,
senza nessuna forzatura.
- Certo, ma se siamo fortunati, arriverà tra qualche decennio!
– esasperata, si posò entrambe le mani sui fianchi - Secondo me
dovresti essere più intraprendente.
La mora le rivolse con interesse l’attenzione: - E in che
modo?
La risposta le arrivò praticamente
subito: - Con questo!
Si vide finire in faccia un vestito. Era di
seta, rosso come una vampa di fuoco incandescente, molto corto e
terribilmente scollato.
- E’… è… - non riuscì a trovare una
definizione adatta per descrivere l’abito.
- E’ rosso? Vuoi dire questo? Se
non ti piace il colore, c’è anche in blu, rosa, bianco… Forse lo preferisci di
cotone? Magari lo vuoi a fantasia, anziché tinta unita… Oppure…
La giovane Mitsuki decise una volta per tutte di farla smetterla. Oramai non ne poteva
proprio più di sentirle sparare parole a raffica.
- Non lo voglio né di seta né di cotone, né a fantasia e né tinta
unita! – tuonò, sbattendo un piede per terra in preda alla rabbia.
- E allora come lo vuoi?
- E’ questo il punto! Non lo voglio proprio! Rimettilo subito a posto!
Asami storse le labbra. – Se si tratta dei soldi, posso anticiparteli io… poi me li
ridai con calma.
- E non è neppure per i soldi! Io
una cosa simile non la metterò mai! – Kaoru additò
l’abito con l’indice, e lo fece con disprezzo, con orrore. Più
che altro era la profonda scollatura a farle ribrezzo. Immaginò di
presentarsi a Kouga con quel vestito indosso. E la scena non le piacque neppure un po’. Si sentì investire
da una vampata di calore bollente. Scosse con veemenza la testa come per
scrollarsi di dosso qualcosa. - Puoi scordartelo!
L’amica additò la parte incriminata: - E’ per via di questo
scollo? Ma se non si vede nemmeno!
- Guardalo bene… Sembra non avere
fine! Oltretutto mi sembra anche fin troppo trasparente.
Mettilo via!
Guardandola con indifferenza, la Shinohara
sollevò le spalle: - Pazienza – premise, forse nella speranza di farle cambiare
idea all’ultimo minuto – secondo me presentandoti in
camera sua con questo abito indosso, lo avresti steso.
- Tu sei matta! Completamente matta! – alzò gli occhi al
cielo, in preda alla disperazione. Oltretutto l’argomento le aveva messo addosso un certo imbarazzo. Asamidoveva essere proprio matta, pensò per l’ennesima volta.
Uscirono dal negozio, entrambe con un muso lunghissimo.
Kaoru era arrabbiata con l’amica
perché anziché esserle stata d’aiuto aveva solo gettato benzina sul fuoco. Asami, al contrario, lo era perché la mora non aveva voluto
darle retta. Per lei era Kaoru la matta, e non
viceversa!
Si tenettero il muso svariati minuti, finché non accadde un
avvenimento improvviso che ribaltò le carte in tavola.
Ikuo, l’amico di Kaoru, trovandosi a passare da quelle
parte s’imbatté casualmente nelle due.
- Hey, Kaoru! – esclamò, facendo
una corsetta per avvicinarsi a lei.
La pittrice fu colta alla sprovvista. – Ikuo…?!
- Ci incontriamo sempre, eh?
- Già, è vero! Cosa fai da queste
parti?
- Nulla di particolare… Non mi andava di restare a casa, e
così ho deciso di fare due passi. In questo modo mi torna l’ispirazione!
- Stai forse dipingendo un quadro?
- A dire il vero, non l’ho ancora
iniziato… Mi manca per l’appunto l’ispirazione! – arrossì passandosi una
mano dietro la nuca. – E tu? Cosa
fai qui?
- Deve comperarsi un vestito per
stendere il suo… - Asami avrebbe detto sicuramente la
parola “ragazzo”, se soltanto Kaoru non le avesse
pestato un piede di proposito.
- Bucato! Devo stendere il bucato! – intervenne la giovane Mistuki, mentre si udiva la rossina
gemere in sottofondo per via dell’atroce dolore.
Ikuo non capì bene la faccenda.
Corrucciò le sopracciglia, confuso: - Scusa, ma cosa centra il bucato con
l’abito che devi acquistare?
La risposta che ricevette dalla compagna di corso, lo stordì
ancor di più: - Non avendo abiti da stendere, prima ne compro uno e poi lo
faccio! – Kaoru sorrise a trentadue denti, e l’altro
anche, ma ovviamente non si lasciò convincere da quella spiegazione
completamente assurda. Poi con lo sguardo osservò Asami.
– E lei chi è?
- E’ una mia amica.
- Ora non più. – bofonchiò la rossina
a voce bassa, facendo in modo che solo l’amica la sentisse. Quest’ultima
le sferrò una gomitata in pieno stomaco.
- E’ una gran simpatica! – disse con enfasi, continuando a
mantenere il solito sorriso tanto teso quanto nervoso.
- AsamiShinohara.
– si presentò, allungandogli educatamente una mano.
L’altro non fu da meno: - IkuoShiota, piacere di conoscerti!
Non appena le due mani si toccarono, la giovane fu colpita in pieno da una forte scossa. E
mentre Ikuo le sorrideva con garbo e cordialità, quella
smorfia la rincretinì a tal punto che le parve di udire le campane.
- Ehm… - lui, imbarazzato perché la donna non si decideva a
voler mollare la presa, sorrise timidamente – La mano… - disse
soltanto, e finalmente la Shinohara tornò con
i piedi ben piantati in terra.
- Scusa, scusami tanto! – sorrise nervosamente, si mordicchiò
il labbro inferiore, era agitata. Essendo la sua migliore amica, Kaoru capì al volo la situazione: La rossina
si era appena innamorata dell’avvenente artista.
Beh, più che innamorata, diciamo semplicemente invaghita.
Così, per farle un piacere, decise di spararla grossa: - Asami – premise, rivolgendole l’attenzione – se non sbaglio
tu stai cercando casa, non è così? – fece, inventandosi di sana pianta tutto
quanto. L’amica la guardò con perplessità, credendo che si fosse per davvero
ammattita, ma quando fece per replicare, l’altra
proseguì immediatamente: - Ikuo ha una casa vuota che
vorrebbe affittare. Perché non l’andate a vedere? – E dopo quella richiesta, la Shinohara
capì ogni cosa.
- Ma davvero? – disse con enfasi,
rivolta ad Ikuo – Che magnifica coincidenza! Mi
piacerebbe moltissimo, ma forse hai già impegni per adesso, dico
bene?
Cordialmente, il ragazzo fece segno di no con la testa. –
Per me va benissimo! Possiamo andarci anche ora, se vuoi.
Come poteva, quella rossina
scalmanata, farsi sfuggire un’occasione del genere?
Fece uno sfavillante sorriso, dopodichè aggiunse di colpo: -
Andiamoci subito!
- Perfetto! – Ikuoguardò poi Kaoru – Ti unisci anche
tu a noi?
- Oh, non posso! Devo tornare a casa… sai,
il lavoro! – mentì, dato che l’idea era proprio quella
di permettere ad Asami di restare sola con lui.
- Allora ci vediamo tra qualche giorno al corso. – esclamò
l’amico, mentre si rimetteva in cammino.
La rossa lo seguì subito, ma prima ancora di farlo,
voltandosi un attimino disse grazie all’amica usando
solo le labbra ma non la voce.
Kaoru lesse il labiale, e con i
pollici all’insù le augurò buona fortuna.
Quella sera non faceva particolarmente freddo.
Passeggiare era piacevole, anche farlo da soli non pesava affatto.
Tra un passo e l’altro il cellulare della ragazza iniziò a
squillare.
Lo prese dalla tasca dei pantaloni, e poi rispose.
- Ho bisogno di vederti. – disse una voce dal capo opposto.
- Kouga…? Sei tu? – Kaoru fu colpa alla sprovvista.
- Ai giardinetti pubblici, tra dieci minuti. Pensi di
farcela?
L’artista guardò l’orologio, poi annuì.
In effetti quella le era sembrata
una richiesta strana.
Cosa mai avrebbe dovuto dirle, il
signorino, di così importante da spingerlo perfino a farle una telefonata?
***
Erano scoccate le nove di sera.
Nel parco oramai non c’era più nessuno.
Kaoru ci aveva messo più del
previsto ad arrivare, ed infatti notò che Kouga la stava già aspettando.
Lo raggiunse di corsa, ancora con il fiatone e si fermò
d’innanzi a lui.
- Scusa il ritardo. – fece, respirando con affanno. Aveva
corso a perdifiato pur di arrivare puntuale. La verità è che non vedeva l’ora
di sapere cosa doveva chiederle. Dopo essersi ripresa, finalmente riuscì a
parlare con un tono di voce stabile. Ma per la verità,
lo fecero entrambi.
- Cosa volevi dirmi? – dissero in
coro, per poi stupirsi quasi subito di averlo fatto insieme.
Kaoru aggrottò la fronte e scosse
il capo: - Eri tu quello che doveva parlarmi, ricordi?
Kouga si trovò subito in
disaccordo. – Niente affatto. Sei stata tu a farmi venire qua.
Lo sguardo dell’artista si sgranò di colpo. Non poté impedirsi
di controbattere. – Io?! – Doveva esserci sicuramente un errore. Oppure, Kouga voleva farle
semplicemente uno scherzo?
No, una cosa così sarebbe stata impensabile. – Se tu non mi hai chiamato, ed io non ho chiamato te, allora chi…
- la voce improvvisa di Zarba le bloccò le parole in
gola.
- Fate attenzione! E’ qui! –
esclamò la guida, e con uno scatto lo spadaccino afferrò la ragazza per il polso
e la spinse dietro di sé.
Kaoru ebbe il tempo di guardarsi nelle
vicinanze. Scoprì che tutto intorno a loro stava assumendo una forma diversa.
Fissò il pavimento, e vide che anche quest’ultimo era
cambiato. Le pietre e quel poco di erbetta che prima
stava sotto ai suoi piedi, non c’erano più. Al loro posto era comparso un
pavimento liscio e freddo, uniforme e senza scalfitture.
Inoltre adesso si trovavano
racchiusi tra quattro mura, e non più all’aperto. Si strinse al braccio del
giovane, con tremore.
- Ma che sta succedendo?! – riuscì
finalmente a dire.
Kouga si guardò attorno con aria
circoscritta. Gettò uno sguardo all’anello, rapido ma essenziale.
- Cosa è successo, Zarba?
- Sicuramente è opera di un Orrore.
- Adesso dov’è?
- Non saprei dirtelo con precisione. Mi sembra lontano.
Molto lontano. Ma non è qui. Non percepisco nessun
pericolo, nelle vicinanze. Per il momento siete al sicuro. – Le parole
dell’anello erano piuttosto rassicuranti. Tuttavia l’umano continuava a
guardarsi intorno, con la mano pronta a sguainare la spada in caso di necessità
e senza mai abbassare la guardia, ma… accadde una cosa.
Improvvisamente Kaoru, staccandosi
da lui, iniziò ad osservare meglio quel luogo.
Lo faceva con molta attenzione, con interesse. Scavò a
lungo, nei meandri della propria memoria, perché lei in quel posto ci era già stata. E anche Kouga.
Poi i ricordi si riaccesero vividi più che mai, come una
fiammella che prende di colpo potenza: - Questo posto
è… - disse soltanto, perché qualcosa, giunta all’improvviso dal nulla, era comparsa
davanti a loro.
Kouga si avvicinò alla giovane,
con fare guardingo non smise di abbassare la guardia, ma poi anche in lui lo
stupore prese il sopravvento nell’assistere a quella scena che scorreva come le
immagini di un film davanti ai loro sguardi.
Fotogrammi tridimensionali si animavano, sembravano talmente
veri che quasi diedero l’impressione di esserlo. Si
muovevano come loro, parlavano come loro, si comportavano come loro,
semplicemente perché si trattava di loro.
Era un momento riemerso dal passato, ma non uno qualunque:
quello in cui Kaoru venne a sapere da Hal, l’Orrore con le sembianze di una sirena, che in realtà
per Kouga era solamente una misera esca con soli
cento giorni da vivere.
Parteciparono a quell’attimo stando ben attenti a non aprire
bocca. Non potevano. Erano come paralizzati, confusi, persi.
Fu come rivivere per una seconda volta quegli istanti. E mentre le immagini scorrevano nitide, nel rivederle Kaoru si posò entrambe le mani sul petto. Sentì il suo
cuore stringersi con una forza opprimente. Provò dolore, frustrazione, rabbia…
Tutti sentimenti che, durante quella fatidica sera, aveva
già provato sulla propria pelle.
E solo alla fine di quella presunta
proiezione, dopo un attimo di pesante silenzio, trovò la forza necessaria per
voltarsi verso il ragazzo.
Lo guardò dapprima, un velo di tristezza
faceva brillare i suoi occhi. - Tu, non mi mentiresti una seconda volta,
non è così?
Davanti a quel quesito, Kouga si
sentì irrigidire.
Come poteva, lui, risponderle di no, dato che lo aveva fatto
ancora e lo stava continuando a fare?
Non parlarle dei suo problemi,
nasconderle una serie di eventi che per lungo tempo non lo avevano lasciato in
pace… sì, quello era mentire, e di questo ne era consapevole. Sicuramente lo
aveva fatto per il bene della giovane, ma si trattava pur sempre di menzogne. E ciò era evidente.
Quanto male provò dentro Kouga,
neppure lui seppe comprenderlo. Un Cavaliere conteso tra la bugia
e la verità, tra il desiderio di raccontarle ogni cosa per non farla soffrire
in futuro, e quello di tacere per evitarle sofferenza nel presente.
Ma loro adesso si trovavano nel
passato. E perfino lo stesso Kouga,
una volta desiderò di poter tornare indietro per non nasconderle più la verità.
Ma ora? Cosa
avrebbe scelto?
Quale strada avrebbe imboccato?
Da una parte la verità, e dall’altra la menzogna.
Era ad un bivio, adesso.
Dapprima abbassò il capo, poi lo sguardo. Non disse nulla, rimase muto, come sempre.
Kaoru schiuse le labbra, forse per
pronunciare le prime sillabe del suo nome, ma per l’ennesima volta Zarba la interruppe.
- Sta arrivando! – esclamò a gran voce, avendo percepito
chiaro e tondo la presenza del nemico.
Kouga estrasse la spada dal fodero,
l’Orrore si materializzò alle sue spalle, ma lo spadaccino fece appena in tempo
a voltarsi.
Si parò dal colpo portando la lama davanti al viso, e
facendo forza sulle gambe ricacciò la creatura all’indietro.
- Allontanati da qui! – ordinò subito a Kaoru,
e quest’ultima con il cuore che le batteva
all’impazzata, cercò di indietreggiare fino all’angolo dello stanzone.
Da quel momento in poi, finalmente la battaglia poté
iniziare.
Si muoveva con agilità, Cronox,
l’Orrore che poteva spostarsi nel tempo a proprio piacimento.
Appariva e scompariva ad intermittenza da un capo all’altro
della stanza. Per Kouga tenergli gli occhi puntati
addosso non era affatto semplice.
Non sapeva prevedere in che punto si sarebbe fermato, ma faceva
del suo meglio per tenerlo incollato ai proprio occhi.
Attaccarlo, sarebbe stato un inutile dispendio di energie.
Perciò aspettò con impazienza che la creatura smettesse
di prenderlo in giro fino a quando Cronox ebbe pietà
di lui e lo fece.
Certo, non con buone intenzioni! Poteva, d’altronde, una
bestia demoniaca assetata di sangue avere compassione verso colui
che gli stava dando la caccia?
Si fermò materializzandosi in un punto preciso. E quando Kouga giunse ad
individuarlo, perse di colpo il respiro.
L’Orrore si era fermato d’innanzi al volto basito di Kaoru. L’artista deglutì, cercò di fare con cautela un
passo indietro, ma le spalle urtarono una gelida parete che non le lasciava via
di fuga.
Il Cavaliere del Makai corse
subito verso di lei, ma con un movimento del braccio, Cronox
gli scaraventò addosso una potente scarica di energia.
Kouga finì dritto verso il muro, e da lì ruzzolò a
terra. Emise un gemito di dolore che cercò a malapena di contenere in gola.
Quel colpo lo aveva tramortito nel peggiore dei modi, tanto
che al primo tentativo di rimettersi in piedi, finì nuovamente al
suolo.
- Perché stai tremando, ragazza? –
le sibilò la bestia che, a guardarla bene, aveva quasi un aspetto umano, o
forse un po’ meno mostruoso degli altri. – Io non voglio farti del male, sai? -
Le dita lunghe ed ossute si accostarono alla guancia di Kaoru
che paralizzata si strinse le mani al petto.
- Non toccarla! – urlò Kouga, esamine
al suolo, mentre cercava per l’ennesima volta di rimettersi in piedi. Strinse i
denti dal dolore, gli dolevano dorso e braccia, e in più si rese conto in quel
momento di avere le gambe semiparalizzate.
La creatura del Makai si fermò, ma
riprese a parlare. – Io ho la capacità di viaggiare attraverso il tempo. Posso
farti vedere che cosa accadrà nel tuo futuro e darti la possibilità di
viaggiare a tuo piacimento attraverso lo spazio. Posso quietare ogni tuo
dubbio, farti conoscere ogni cosa, se tu lo desideri.
- Ogni cosa? – ribadì la mora, e
l’espressione del suo volto mutò improvvisamente. Sembrava essere quasi
interessata alle parole di quel mostro orripilante.
- Tu non vuoi che accada ancora tutto questo, vero? – Cronox schioccò le dita, ed in un attimo riapparve per
l’ennesima volta la scena vista poc’anzi dai due
umani. L’artista si sentì confusa. Invasa da una girandola di
sensazioni negative, le parole dell’Orrore non avevano fatto altro che
crearle nuovi dubbi. Cronox lesse sopra a quel viso
bianco una forte incertezza. Poi le allungò una mano, e con voce calma disse – Se
vuoi sapere la verità, vieni con me! Afferra la mia
mano, ed io fugherò ogni tuo dubbio.
Kaoru non sapeva cosa fare. Da un
lato voleva sì conoscere la realtà dei fatti, e magari viaggiando nel tempo
avrebbe potuto farlo di persona, ma… lei sapeva anche che non doveva per
nessuna ragione al mondo fidarsi di un Orrore. Tuttavia,
Cronox nel fissarla incessantemente negli occhi,
sembrava quasi averla ipnotizzata. Le iridi bianche del mostro le avevano fatto perdere contatto con la realtà. Ma
quando la ragazza si preparò ad abbassare la mano, la voce inaspettata di Kouga la ricondusse alla ragione.
- Non farlo, Kaoru! – gridò, e fu
a quel punto che lei tirò a sé l’arto.
- Giovane umana, perchè? Preferisci vivere senza sapere la
verità?
Kaoru guardò dritta negli occhi la
bestia. - Preferisco vivere. E se accetto, tu non me
lo lasceresti fare! - Lo fece con coraggio, audacia.
Il suo era uno sguardo di sfida.
Cronox emise un profondo sospiro.
Poi sotto sotto ostentò un sorriso.
- Beh, ad ogni modo non ti permetterò comunque
di sfuggire alla morte! – le lanciò con ferocia un’occhiata. Ma
quando fece per sollevare pericolosamente il braccio verso di lei, dalle
tenebre una luce prese a brillare con fervore.
- Io non credo proprio! – esclamò a sorpresa la voce del
lupo dorato dell’Est, Garo.
Afferrò per il collo Cronox, e lo
tirò a sé. Diede a Kaoru il tempo di allontanarsi da
lì, e compiere il suo dovere da Cavaliere del Makai.
La Garoken trapassò con sveltezza il nemico.
Quest’ultimo si agitò scalpitando le gambe. Il
Cavaliere d’Oro gli strinse ancor di più la mano attorno al collo, riuscendo in
questo modo a soffocarlo. Cronox tentò il tutto per
tutto: unì entrambe le mani attorno all’avambraccio del suo assalitore, ma l’animetallo dorato che rivestiva quell’armatura
gliele ustionò.
Strepitò un’ultima volta, emettendo un agonizzante lamento,
e quando alla fine cessò di vivere, anche il suo potere finì, riportando i due umani
nel presente.
Una volta lasciato il mondo del
passato, Kouga abbandonò anche la sua armatura. E in
quel preciso istante, con le gambe che gli dolevano ancora, cadde a terra sfinito.
Kaoru gli si avvicinò subito e lo soccorse.
- Kouga! Kouga!
– disse a più riprese, china su di lui. Lo rivide riaprire gli occhi e poi
contrarre la fronte dal dolore.
- Sto bene. – rispose a malapena. Tentò di sollevarsi, ma un
gemito tradì il suo malessere.
Vedendo la situazione, l’artista cercò di darsi subito da
fare.
- Chiamo Gonza e gli dico di venirci a prendere! – afferrò di corsa il cellulare dalla tasca, ma la mano del giovane, posatasi
sopra al braccio le impedì di farlo.
- Tra qualche minuto passerà tutto.
- Ma…
Intervenne anche Zarba.
- Kouga ha ragione, Kaoru. Si tratta di un effetto temporaneo. Durerà al
massimo un paio di minuti.
La mora sospirò, così rimise in tasca il cellulare e rimase
seduta accanto a lui.
- Ti sei ferito perché volevi proteggermi. – antepose, e lo
sguardo le divenne di colpo triste. Stava per dire che
la colpa di tutto ciò era sua, tuttavia riuscì a dire solo–
E’…
- Non lo è. – la precedette il giovane, azzittendola seduta
stante.
- Un Orrore capace di viaggiare attraverso il tempo… In
tutta la mia carriera non ne no mai incontrati. – commentò
il Madougu, che poco dopo si sentì sollevare verso
l’alto.
- Come ha fatto a contattarci? – lo interrogò il suo
proprietario, con un’aria perplessa in viso, almeno quanto quella di Kaoru.
E anche quest’ultima
esternò la propria confusione: - Sapeva i numeri di telefono di entrambi, e poi
ha perfino imitato le nostre voci.
- Vi ha costretti a venire qua con
l’inganno.
La ragazza gettò un occhio all’anello, dopodichè assenti
brevemente:
- Sì, ma… a dire il vero, sono rimasta un
po’ perplessa dalla telefonata di Kouga. – mosse gli
occhi verso il ragazzo in persona – Tu non mi chiami praticamente
mai. – bofonchiò alterando la voce. Più che dichiarazione, la sua sembrava
essere una critica.
- Se non ho nulla da dirti, non
vedo perché dovrei farlo. – il signorino come al
solito non aveva capito granché.
Kaoru sospirò sbuffando, poi
scosse la testa come per ribadire “ma devo sempre
dirti tutto io?”, e infine bofonchiò ancora: - Tra due persone che si vogliono
bene, scambiarsi una telefonata anche solo per dire un semplice “ciao”, oppure
un “cosa stai facendo? Dove sei adesso, mi manchi”, è
più che normale!
Zarba non fu capace di
trattenersi, così si lasciò sfuggire un borbottio
simile ad una risata.
La moretta lo fulminò quasi subito con uno sguardo. – Che
hai da ridere?! Non mi sembra di aver detto niente di
ridicolo.
- Infatti non ridevo per te, ma per
un attimo ho provato ad immaginare un “mi manchi” pronunciato da Kouga! Non lo fa quando state
insieme, figuriamoci attaccato ad un telefono.
Eh sì, quell’anello chiacchierone
non aveva torto, anzi! Pensò la giovane Mitsuki.
Da quando lei e Kouga si erano
messi insieme, lui non aveva detto o fatto un qualche tipo di smielata
romanticheria nei suoi confronti. Con le parole ci sapeva
fare pochissimo, mentre con i fatti… beh, lì era ancora peggio. E pensò che addirittura la sua amica Asami
potesse avere ragione a riguardo. Fortuna però che quella riflessione le passò
subito.
Sentendosi preso di mira dai due, lo stesso Kouga avendo riacquistato il pieno uso delle gambe, si
rimise finalmente in piedi.
- Vedo che i nostri discorsi ti hanno fatto bene! – scherzò
il Madougu, ma ben presto, per la troppa loquacità
ricevette la solita ammonizione.
- Faresti meglio a tacere se non vuoi che recida il
contratto e ti rimpiazzi. – Kouga aveva usato un tono
un pochino acidulo. Evidentemente doveva essere parecchio arrabbiato.
Zoppicava ancora, forse perché per porre fine alle battute
si era rimesso in piedi prima del previsto, e Kaoru
questo lo aveva capito subito.
Così, raggiungendolo gli prese il
braccio e poi se lo passò attorno al collo, per aiutarlo a non zoppicare.
Prima ancora che il ragazzo poté dire la sua, l’artista lo
anticipò: - Non dire che riesci a camminare anche da
solo, perché tanto non ti credo. – puntualizzò. E in
questo modo, fu costretto a proseguire gran parte del tragitto appoggiato a
lei.
Mentre camminavano al chiar di luna verso casa, la giovane improvvisamente
cominciò a pensare a quanto successo durante la sera.
Avrebbe voluto riprendere la questione lasciata in sospeso mentre si trovavano bloccati nel passato, ma era
confusa.
Lei aveva fatto una domanda in particolare a lui.
Ma lui non aveva fatto in tempo a
risponderle.
Però, un quesito prese a gironzolarle
nella mente. SeZarba non lo
avesse interrotto, a quel punto Kouga che cosa le
avrebbe risposto?
Forse, era questo il punto: Lui non le avrebbe risposto.
Come quindi interpretare quel silenzio?
Ebbe paura.
Troppe cose non le quadravano, troppe stranezze giudicava veramente… strane. Ma
forse, si trattava per l’appunto solo di stranezze, nulla più. Probabilmente
era lei ad ingigantire quelle anomalie. Forse era la paura di provare ancora
dolore che le faceva pensare e vedere cose che in realtà non esistevano.
Però quel silenzio, la non
risposta…
Tutto ciò la faceva sentire confusa.
Anche durante quella notte, dopo la sconvolgente rivelazione
di Hal, quando Kaoru gli
aveva chiesto una conferma Kouga
era rimasto in silenzio.
Ebbene, tornando nel presente, ancora
una volta quel ragazzo aveva deciso di nasconderle qualcosa?
Si sentì gelare al sol pensiero.
Gli rivolse di sottecchi uno sguardo, ed il cuore prese a batterle forte.
Dio, e quanto ne era innamorata!
E alla fine si convinse.
No, KougaSaejima
non le avrebbe mai più mentito.
No, lui non l’avrebbe fatto.
Fine episodio
I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:
Approfitto della
giornata di riposo per inserire il nuovo capitolo. Vorrei avere più tempo
libero da poter dedicare alla GSS, ma purtroppo mi devo
accontentare di questo poco che ho. Se dipendesse da
me ci lavorerei da mattina a sera, meglio sera perché si crea un’atmosfera
veramente magica che regala tranquillità ed ispirazione, ma per via del lavoro
non sempre riesco a fare le ore piccole… Ad ogni modo, pur di portare avanti
questa storia sono certa che mi getterei nel fuoco, perché grazie ad essa sto
conoscendo persone VERAMENTE MERAVIGLIOSE che non avevo MAI incontrato prima.
Mi riferisco a voi, tutti voi che seguite la fanfiction,
vi emozionate, ridete e gioite, ma soprattutto l’amate come me, e amate Garo, continuate a farlo anche a distanza di anni, quando ormai molta gente che si riteneva fan alla
fine lo ha dimenticato.
Per _Elentari_:
Carissima Elentari, quando dici “periodo difficile” so esattamente
cosa intendi. Ed è proprio per questo motivo che se
vuoi, io ci sono. Per qualsiasi cosa, sappi che sono presente, perché non
vorrei mai e poi mai che una persona come te debba
attraversare momenti brutti. Se soltanto potessi, ti
giuro che farei del tutto per cancellarli. E non devi
ringraziarmi, anzi! Sono io che ti dico “grazie” perché mi fa piacere sapere
che una persona come te segua con estremo affetto
questa storia. Per me è un vero onore averti come lettrice! Un enorme bacione!
Per ShoRyuKen: Sapevo che avresti detto così riguardo la frase del chap 14! E, proprio come Kaoru, sto
cercando di fare lo stesso, ma come sai non è sempre così facile. Tuttavia
quando è Garo ad illuminarci, tutto si semplifica!
Per DANYDHALIA: Ma che bellooooo!!! Un’altra fan di Garo!!! Sono felicissimaaaaaaaaa!!!!!!! ^____^
Per prima cosa
ti dico soltanto che quando ho finito di leggere la tua recensione avevo le
lacrime agli occhi, sul serio: Troppi complimenti non me li merito! E poi, non siete voi a dover ringraziare me, bensì devo
farlo io, perché mi date la forza per andare avanti, mi spronate a metterci
l’anima ed il cuore in questa storia, il merito è solo ed esclusivamente
vostro! Se ci fosse veramente un modo per far leggere
la storia ad Amemiya, cercherei di fare il possibile,
e non ti nascondo che sarebbe per me un sogno che diventa realtà poter lavorare
con lui…! Ad ogni modo, farò del mio meglio per portare a termine la GSS,
contaci! E certo, mi andrebbe moltissimo fare
quattro(ma anche di più) chiacchiere con te! Quando
vuoi, sai dove trovarmi!
Ci risentiamo
al prossimo aggiornamento!
Botan
ANTICIPAZIONI:
Gonza starà via per un po’ lasciando le
redini della casa in mano a Kaoru e a Kouga che in questo modo si ritroveranno da soli. Sarà una
giornata movimentata, soprattutto quando spetterà a Kaoru prendersi cura di un Kouga
improvvisamente ammalato.
Con gli occhi socchiusi, davanti alla specchiera del bagno, Kaoru si
stava lavando i denti
Febbre
#16
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
Con gli occhi socchiusi, davanti alla specchiera del bagno,
la ragazza si stava lavando i denti.
Lo spazzolino andava su e giù, con movimenti lenti ma
costanti, sembrava un’azione fatta quasi controvoglia, forse perché erano da
poco le otto del mattino e aveva ancora sonno.
Aprì il rubinetto dell’acqua, ne versò un po’ nel bicchiere,
ma nel momento in cui lo avvicinò alla sua bocca, le parve di udire qualcosa. Chiuse il rubinetto, lo scroscio dell’acqua cessò così da
consentirle di sentire meglio.
Sentì il campanello di casa suonare. Non badò alla cosa, e
riprese a spazzolarsi i denti. Dopotutto, ci sarebbe andato il maggiordomo ad
aprire.
Tuttavia, successe ancora.
Non subito, diciamo. Dopo circa un minuto si sentì lo stesso
suono.
“Ma perché Gonza non va a
controllare?” pensò KaoruMitsuki,
e in quell’attimo, sgranando gli occhi davanti allo
specchio, le tornò la memoria.
“Domani la figlia di
mia sorella si sposa! E’ da molto che non vedo i miei familiari, e sono felice
di poterli riabbracciare. Starò via un solo giorno, nel frattempo ho preparato
delle razioni di cibo per la cena di stasera ed il pranzo di domani.”
Aveva detto Kurahashi, caricando
nel bagagliaio della macchina una valigia. Dopo aver salutato i due ragazzi,
acceso il motore dell’auto e spinto l’acceleratore, era partito, diretto verso
la propria terra natale.
Ecco, Gonza non aveva aperto perché semplicemente non c’era.
Così, uscendo di corsa dal bagno,
si precipitò giù per le scale, mentre quel campanello continuava a suonare
ininterrottamente, una, due, tre volte di fila.
Kaoru spalancò di getto l’uscio e successivamente anche le palpebre. Facendo ciò le labbra fecero la medesima cosa, e in questo modo lo spazzolino che
stringeva ancora tra i denti cadde a terra.
- Era ora. – sbottò seccato il vero padrone di casa, mentre
si accingeva ad entrare. Prima però le mise tra le braccia un sacchetto di
carta con tanto di coccarda e bigliettino appuntato su di essa.
– E’ per te. L’ho trovato sopra ai gradini qui fuori.
La ragazza restò stordita, e con la bocca ancora impastata
di dentifricio gettò frettolosamente un occhio al cartoncino, tuttavia a
scombussolarle la mattinata non era stato il pacchetto, bensì colui che glielo aveva consegnato, ovvero KougaSaejima. Perplessa, cercò di articolare qualcosa – Ma, tu…? E
che… ore sono? – disse biascicando come meglio poteva.
Fece una smorfia disgustata perché la pasta del dentifricio sapeva di menta, e
quel forte gusto le stava bruciando il palato. Guardò
verso l’orologio attaccato alla parete della hall, e
quando scorse l’ora, quando appurò che si trattava di mattina allora sbigottì.
– Dimmi che non sei stato fuori tutta la notte e che
in realtà sei uscito solo per comprare il giornale!
- Ok, non sono
stato fuori tutta la notte. – rispose l’altro, ma per la verità sembrava
averlo detto così, tanto per esaudire la sua richiesta. Dopotutto, poteva mai Kouga,
uscire solo per comprarsi un giornale? Lui neppure perdeva tempo a leggerli!
Kaoru dapprima tirò un sospiro di
sollievo, successivamente rendendosi conto della beffa
si arrabbiò di brutto. - Non ci posso credere! Lo hai fatto sul serio? – aveva
perso praticamente ogni contegno.
Intervenne Zarba, che chiarì un
po’ meglio la situazione. – Quell’Orrore ci ha fatti
davvero penare. – e dal timbro della sua voce
fuoriuscì un fiume di puro sfinimento.
L’artista alzò gli occhi al cielo, scosse il capo, richiuse
la porta, e non appena si voltò, vide che sul pavimento c’era dell’acqua. Aggrottò
la fronte e con lo sguardo seguì la scia che la portò dritta al colpevole.
- Stai… gocciolando? - pronunciò disordinatamente, vedendo
l’intero cappotto di pelle bianca rilasciare acqua da ogni parte. Ebbene, Kouga era completamente
bagnato.
- La bestiola lo ha scaraventato in un lago. – dichiarò il Madougu, spiegando a modo suo il fattaccio.
Sempre più allibita lei sgranò gli occhi. – Che cosa?! – oramai la pazienza sembrava averla abbandonata. Era
stato fuori tutta la notte, e questo comunque le aveva
dato fastidio, ma vederlo rincasare per giunta anche bagnato, era veramente
troppo. – Se non ti asciughi subito prenderai un
malanno! Ma si può essere così sconsiderati? – Si
avvicinò subito al ragazzo per togliergli immediatamente di dosso quel soprabito,
ma egli preferì fare da solo.
In realtà, aveva un motivo in particolare.
- Và a prepararti o farai tardi al
lavoro. – ecco, era questo il motivo, tuttavia… sembrava essercene anche un
altro. Infatti, Kaoru notò che Kouga
aveva fatto molta attenzione a non rivolgerle lo sguardo. Ovviamente, le parve
un atteggiamento strano. Si spostò per cercare di guardarlo meglio in faccia,
ma lui non le rese il compito facile. Tutte le volte che la giovane Mitsuki provava ad avvicinarsi, il signorino volgeva il capo
altrove. Sì, ma perché faceva questo? Approfittò di una sua distrazione per
prenderlo con le mani nel sacco e scoprire la verità.
Kouga aveva le guance abbastanza
arrossate. Kaoru sbigottì ancora e lo guardò meglio:
- Sembri accaldato… – constatò, e nel momento in cui tentò di mettergli una
mano sopra la fronte, lui scostò il viso. A quel punto, date le circostanze, le
parve tutto più chiaro. – Ma tu hai la febbre!?
- Niente affatto. – tuonò immediatamente, senza dare troppo
peso alla cosa.
- Allora perché stai sulla difensiva?
-Non ho niente, è solo una delle
tue solite impressioni. – detto questo, Kouga fece
per aggirarla, ma avvertì un capogiro. Si sorresse vicino alla parete, per non
cadere, e fu in quel preciso istante che l’artista gli posò una mano sulla
fronte. A momenti sbiancò nel sentire quanto era calda.
- E’ bollente! – ribadì in preda al
panico.
Spazientito, lo spadaccino le scostò la mano.
- Ti ho detto che sto bene. Pensa
piuttosto a prepararti, o farai tardi al lavoro.
- Lavoro? Ma non ci penso nemmeno
ad andarci! – scosse con decisione il capo. Era irremovibile. – Anzi, adesso
chiamo e li avverto. – prese di corsa il cellulare, mentre il ragazzo la
guardava di sottecchi con evidente disapprovazione.
- E’ inutile – gli disseZarba – non le farai mai cambiare idea.
L’umano sospirò, trovandosi d’accordo con le parole
dell’anello, ed azzittì.
- Per prima cosa – fece la ragazza, dopo
aver finito di parlare al telefono – ti devi asciugare. E anche alla svelta. – precisò, afferrandolo per il braccio
e trascinandolo su per le scale. Riuscì a fargli salire mezzo gradino. –
Avanti! – fece, esortandolo a seguirla. Cercò in tutti i modi di smuoverlo da
lì, ma non ottenne ciò che sperava. – Devi toglierti questi vestiti bagnati di
dosso, altrimenti rischierai di peggiorare soltanto la situazione!
- Fa’ come ti dice, Kouga. Ricorda
che un Cavaliere Mistico non può permettersi il lusso
di restare ammalato per giorni. – gli fece notare Zarba,
da brava guida. Grazie al suo provvidenziale aiuto, finalmente l’umano si
convinse a farsi assistere come si deve.
Non senza sbuffare, però!
Giunti al piano di sopra, entrarono in una camera. Era
quella di Kouga.
La luce del mattino che filtrava dalle vetrate di una
finestra, la rischiarava tutta, illuminandolo in ogni angolo. Fu in quel
momento che Kaoru si rese conto per la prima volta di
non averla mai vista così bene prima d’ora. Durante il suo arrivo nella villa, ci era entrata al massimo un paio di volte, e per di più
sempre di corsa.
Fece una breve panoramica, dopodichè cercò
di rendersi subito utile.
- Dove sono le asciugami?
- Dovrebbero essere in quel cassetto là in basso. – rispose
il giovane, rivolgendo un occhio al posto in questione.
L’artista si fletté verso terra mettendosi a rovistare nel
cassetto. Ma prima ancora di farlo, accantonò a terra il cartoccio misterioso
che a quanto pare conteneva un regalo per lei. Tanto
lo avrebbe spacchettato dopo.
Raccolse un telo bianco, ben stirato e piegato, dopodichè si
rialzò per voltarsi, ma quando accadde quasi sobbalzò nel trovarsi d’innanzi alla
schiena del ragazzo che adesso era scoperta.
Le risultarono subito evidenti quei
tagli così profondi, quelle cicatrici ormai consolidate e i lividi ancora
freschi che macchiavano la pelle. A Kaorule si strinse il cuore.
Per un secondo trattene il respiro, dopodichè in silenzio
gli si avvicinò, e con la punta delle dita provò a sfiorare con estrema
delicatezza, quasi avesse paura di fargli male, una di
quelle cicatrici. Al tatto era ruvida, sporgente, e pensò chissà quanto dolore aveva
dovuto procurargli ancor prima di richiudersi.
Quel tocco senza preavviso lo fece sussultare. Si voltò
verso la sua bella, la guardò in viso, e nel porgergli il telo Kaoru disse soltanto: - Quelle creature non ti rendono la
vita facile. – Lo sguardo le divenne subito triste.
Kouga raccolse l’asciugamani,
nel vederla amareggiata a modo suo cercò di rassicurarla.
- Ogni livido si schiarisce, ogni ferita prima
o poi si rimargina. Io sono un Cavaliere del Makai.
Proteggere le persone è un mio compito, e quando ciò accade, non c’è nessuna
ferita che mi impedisca di svolgere il mio dovere.
Lei con benevolenza gli sorrise.
Kouga era fatto così. A lui
serviva soltanto salvare gli esseri umani per essere soddisfatto.
Rimase lì ferma, all’apparenza senza un motivo ben preciso.
Il figlio di Taiga la guardò con aria strana, ma senza aggiungere altro.
- Che c’è? Ho qualcosa sul viso? -
chiese l’artista, dopo essersi accorta di ciò.
- Devo cambiarmi. – rispose Kouga,
per farle capire che non poteva completamente svestirsi davanti a lei.
Al suono di quelle parole divenne rossa come non mai.
- Certo, capisco! – disse svelta, facendo ben attenzione a
non farsi prendere dall’imbarazzo. Ma
oramai quella vile sensazione le era già entrata dentro. – Vado subito via! –
Di corsa si apprestò a lasciare la camera. Richiuse la porta alle spalle,
dopodichè sollevò lo sguardo al cielo in preda alla vergogna.
Appurò inoltre di trovarsi ancora in pigiama.
Corse in un lampo a cambiarsi. Si vestì,
si pettinò, e poi nel ricordarsi del pavimento bagnato, scese di sotto.
Non essendoci Gonza, spettava a lei sbrigare le faccende di
casa.
Raccolse i capelli e li legò, poi si diresse nello
sgabuzzino vicino alla porta che dava accesso al cortile, lo aprì, afferrò
secchio e paletta e diede inizio all’operazione.
Passò più di una volta lo scopettone imbevuto di cera sul
pavimento. Pulì per bene tutta la hall, ogni angolo,
ogni centimetro. Nel farlo un pensiero volò a Gonza. Quel povero maggiordomo,
come faceva da solo ad occuparsi di una casa così grande?
Mentre cercava di darsi una
risposta, sentì dei passi provenire dall’alto.
Intravide Kouga scendere le scale,
e non appena egli fu sufficientemente vicino a lei, sbigottì e restò ferma ad
osservarlo. Il giovane anziché avere la solita divisa da Cavaliere, sopra ai pantaloni
neri rivestiti di pelle indossava una camicia di cotone interamente bianca.
- Perché mi guardi in quel modo? – le
chiese immediatamente.
Kaoru fece finta di non capire.
- In quale modo?
- Sembra che tu abbia visto un fantasma.
- Ma no! E’ solo una tua
impressione… Niente di più! – Di certo Kaoru non se
la sentiva di raccontargli il vero. Da parte sua, Kouga
finse di stare al gioco, e non indagò oltre. Ma quando
le passò d’innanzi, fu costretto a fermarsi di colpo. – Hey, tu! Dove stai andando?
- Vado ad allenarmi. – rispose con semplicità. Per lui
dopotutto era una cosa normale.
Ma di sicuro non per Kaoru!
La mora lo tirò per il braccio. – Non se ne parla nemmeno! Hai la febbre, te lo sei forse dimenticato? Devi restare a
letto.
- Scordatelo. Non lo farò mai. – la risposta del giovane Saejimasembrava non ammettere repliche,
quando ad un tratto, a fargli da bravo padre fu ancora una volta Zarba.
- Devo forse ripetertelo? Per una volta in vita tua, non
essere il solito testardo.
- Io non lo sono. – sbottò il
signorino, gettandogli un’occhiata torva.
- Beh, a me sembra che tu ti stia comportando come un
bambino. Anzi, rettifico. Perfino un bambino darebbe molto più ascolto di te
alle parole di un anziano saggio.
- E saresti tu, l’anziano saggio? – quella di Kouga più che domanda voleva
essere una provocazione.
L’anello ovviamente lo intuì, ma anziché prendersela,
abbassando il tono della voce si vendicò sussurrandogli: - Ikuo
certamente avrebbe dato ascolto alle parole di Kaoru.
L’anello si sentì trafiggere con la sola forza di uno
sguardo. Kouganon aveva affatto
gradito quella frase. E Zarba mirava in un certo senso a farlo riflettere.
Ebbene, magicamente ci riuscì.
Lo spadaccino fece mezzo giro e ritornò sui suoi passi.
Mentre salivano le scale, Kaoru
incuriosita da quel repentino cambio di idea, fece al Madougu una domanda. – Mi dici cosa gli hai detto per convincerlo?
L’anello esalò un brioso sospiro. – Temo che se te lo
dicessi, lui non sarebbe affatto contento. Dico bene, Kouga?
- Smettetela voi due! Mi state facendo venire il mal di
testa.
- E’ colpa della febbre, se ti fa male la testa. – precisò
la ragazza, e dopo aver raggiunto la camera del Cavaliere
Mistico, praticamente lo costrinse a sedersi di peso sopra al letto. Poi si
guardò attorno. Sembrava cercare qualcosa. – Avrai sicuramente un termometro,
giusto?
- Solo Gonza sa dov’è.
Kaoru assunse un’espressione
pensierosa. Bisognava pur sempre misurare la febbre a quel burbero ragazzino,
no? Si posò una mano sul mento, e nel rovistare tra i meandri della propria
memoria trovò la soluzione.
Piegandosi sulle ginocchia, avvicinò la propria fronte a
quella di Kouga finché entrambe non entrarono in
contatto.
- Me lo ha insegnato mia madre. – gli spiegò successivamente – Quando ero piccola lei premeva la sua
fronte contro la mia per vedere quanto scottava. E la
tua scotta un bel po’.
Kouga si sentì lievemente a
disagio. Abbassò lo sguardo verso terra, e tutto il calore del corpo gli salì
al viso, ma di certo non per via della febbre. Poi rialzò il capo senza
riflettere, ed in quell’attimo si accorse di avere le
labbra quasi accostate a quelle della ragazza. Forse nemmeno quest’ultima lo aveva notato, intenta com’era a “misurargli”
la temperatura. Quando ebbe finito, e riprese
finalmente coscienza, vide che il signorino la fissava in modo strano. Non fece
neppure in tempo a chiedergli il perché, che finalmente capì in che
imbarazzante situazione i due si trovavano.
Schiuse le labbra, voleva dire qualcosa, ma non le uscì
nulla. Troppo il disagio, tant’è che le parve perfino
di avere anch’ella la febbre.
- Hai finito? – pronunciò a quel punto il ragazzo, con le
parole che gli uscirono proprio davanti alle sue labbra.
Frastornata com’era, non capì subito il senso della domanda.
- Finito… che cosa? – disse a stento, articolando ciò con un
tono basso.
Quanto avrebbe voluto, Kouga,
darle un bacio?
Non gli bastava fare granché, per riuscirci. Quella bocca era a portata di mano, un solo e semplice scatto in avanti sarebbe
stato sufficiente. Nulla di più semplice.
Tuttavia, avendo timore di attaccarle
l’influenza, si trattenne con la solita rigidità di sempre.
- Finirai anche tu con l’ammalarti, se mi stai
così vicina.
Kaoru si fece ancora più rossa. –
Hai ragione, scusami… – disse balbettando a fatica, e
così si staccò da lui. Tossicchiò bruscamente, non sapendo come fare per
allentare la tensione – E comunque, devi stare al
riposo. La febbre mi è parsa abbastanza alta. – Cercò di farlo distendere, ma
ci riuscì solo dopo svariati tentativi.
- Ci vorrebbe adesso la solita brodaglia che ti prepara Gonza quando stai male. – dichiarò d’un
tratto Zarba.
- E cosa sarebbe?
Il Madougu spiegò brevemente a Kaoru la cosa.
- Si tratta di un brodo curativo preparato con un’antica
ricetta del Makai, che si fa bere ai Cavalieri
Mistici per fargli recuperare in fretta la salute.
L’artista fu presa dallo sconforto. – Gonza non c’è, ed io
non conosco la ricetta.
- Ma io sì! – esclamò con decisione
l’anello. Poi si rivolse al suo proprietario – Se mi consegni
a lei, potrei farle da… guida! – scherzò simpaticamente il Madougu,
fino a che non si sentì sfilare dal dito.
Kaoru lo raccolse tra le mani, e
da quel momento cominciò l’operazione.
Zarba se ne stava posato sul
ripiano della cucina, accanto al lavello. Cercava di fare del suo meglio per
guidare la ragazza, ma il compito non era dei più semplici.
Come al solito lei non sapeva da
dove iniziare.
- Devi prendere un recipiente più grande,
altrimenti il brodo strariperà come un fiume in piena. – le fece notare
il Madougu.
- Questo va bene?
- Direi che può andare. Adesso
aggiungi un po’ d’acqua. Ma no! E’ troppa! Togline
almeno la metà. Poi ci vuole un pizzico di radice sulfurea. E’ quella nel
barattolo con il coperchio rosso. Mentre in quello blu si
trova il nettare di Gaia. Prendi anche quello, e… ah! Non scordarti del
succo di Vidra. E’ importante! E
poi ci vuole…
- Un attimo! – replicò Kaoru,
che poverina, faceva una gran fatica a seguire gli ordini del gioiello
magico. Aveva barattoli e boccette d’ogni tipo tra le mani. Si vedeva che
faceva perfino fatica a tenerli.
- Fa attenzione! – le disse Zarba, perché temeva già il peggio, ed in
effetti non ebbe tutti i torti.
Durante un solo secondo di distrazione, alla ragazza cadde
uno di quei tanti barattoli dalle mani. Lo afferrò al volo, prima ancora che
toccasse il pavimento.
- C’è mancato poco. – rispose a stento, tirando un sospiro
di sollievo, mentre Zarba alzò gli occhi al soffitto
come a dire “Dio mio ti ringrazio!”.
Li poggiò sul tavolo, dopodichè, dovendo
iniziare ne prese uno a caso.
- Quella è la radice sulfurea. Va aggiunta alla fine. – la
ammonì il Madougu.
- Allora quale ingrediente devo
mettere per primo?
- Il nettare di Gaia. Due cucchiai basteranno.
Versò la giusta dose nella pentola, e
sempre sotto consiglio di Zarba, si preparò a
raccogliere il succo di Vidra.
Prese la boccetta, ma quando il tappo sfilò via, un odore
nauseabondo le arrivò dritto sotto il naso.
- E’… è disgustoso! – si tappò la
bocca per evitare di inalare quell’aroma aspro e
pungente. E sempre con la mano davanti alla bocca
aggiunse: - Quanto devo versarne?
- Quindici gocce andranno bene.
- Ma non saranno troppe? Mi chiedo
come farà Kouga ad ingoiare questa roba.
- A quello ci penseremo dopo. Occupiamoci
prima di portare a termine il lavoro, possibilmente senza… - Zarba aveva parlato troppo presto. Le parole gli
furono interrotte dal frastuono di una bottiglia fatta cadere accidentalmente
sul pavimento. Guardò i vetri sparsi ovunque, e finì
la frase - …rompere niente, per l’appunto. – Gettò un’occhiataccia seccata alla
giovane, e quest’ultima sorrise nervosamente. Ciò che
fece l’anello, fu semplicemente emettere un sospiro. – Temo che sarà una lunga,
lunghissima giornata!
***
Finalmente ci era riuscita. Dopo
un’oretta tra i fornelli, la famigerata brodaglia era pronta. Certo, la cucina assomigliava ad un campo di battaglia, ma
questo oramai era pressoché scontato.
E lo fu anche la reazione di Kouga
che, come già anticipato da Kaoru, quando si vide
porgere sotto al mento una tazza ricolma di liquido
verde e maleodorante, fu preso dalla nausea.
Allontanò la ciotola, rimettendola tra le mani della ragazza.
-Scordatelo. – disse soltanto.
L’altra lo riprese seduta stante: -
E’ per il tuo bene! E poi, sono sicura che non avrà un
pessimo sapore.
- Allora mi spieghi come mai tieni una mano davanti alla
bocca?
L’artista si rese conto, proprio come le aveva fatto appena notare Kouga, di
avere le dita ben ancorate alle labbra. Ovviamente, per non sentire l’odore di
quella roba.
- Quando la prepara Gonza non fai
tutti questi capricci. – gli ricordò Zarba, posizionato sul dito medio della mano di Kaoru.
- Perché quella che prepara lui non puzza
in questo modo.
L’artista guardò di sottecchi l’anello.
- Io te l’ho detto che quindici
gocce di quel succo di Vidra mi sembravano troppe.
- Quindici?! – Kouga aggrottò le
sopracciglia con fare a dir poco sconvolto. – Lo sai bene che ne occorrono al massimo cinque.
Il Madougu si lasciò sfuggire un sogghigno. – Suvvia, Kouga. In
questo modo ti rimetterai più in fretta. In un paio d’ore tornerai come nuovo.
Non è la fine del mondo! – e nel ricevere un’occhiata
sprezzante da parte dell’umano, capì che in realtà per lui lo era.
- Ad ogni modo – s’immise Kaoru,
senza perdersi d’animo. – devi prenderla. - afferrò il
cucchiaio piazzandoglielo d’innanzi alla faccia – Forza, apri la bocca!
L’altro fece cenno di no con la testa. Inoltre, non gli piaceva affatto l’idea di essere imboccato.
– Non sono un bambino. – puntualizzò stizzito. Ma lo divenne ancor di più la ragazza.
Gli mise nuovamente la ciotola tra le mani. Ormai avevo
smarrito la pazienza.
- E allora mangia da solo! Purchè tu lo faccia!
- Provala prima tu. – le rispose il signorino. E come previsto, la mora inorridì al sol pensiero.
Osservando la brodaglia verdastra, calda e fumante, le tornò la nausea. Scosse
con sicurezza il capo. Lei non avrebbe mandato giù neppure un goccio di quel
brodo stomachevole.
Ma quando si apprestò a spalancare
le labbra per comunicargli la questione, Kouga le
infilò il cucchiaio dritto in bocca.
D’istinto si trovò costretta a mandare giù, ed il volto le
divenne subito paonazzo.
Quella roba non si limitava solo a fare schifo, di più! Era assolutamente ed innegabilmente riprovevole! Sapeva di
muffa per via delle radici sulfuree, di terra per colpa del nettare di Gaia, e
di rospo per via del succo di Vidra che, per
l’appunto, era una fattispecie di anfibio gigante del Makai.
Fu colta subito dal vomito, così portò entrambe le mani
sopra alla bocca, e cercò di non risputare tutto all’esterno.
Impiegò un po’ per riprendersi. E
quando finalmente ebbe la possibilità di parlare, per Kouga
non ci fu scampo.
- Sei più riprovevole di questa
brodaglia! – gli strillò, in preda ad una crisi di nervi. – Io ce l’ho messa tutta per prepararla, perché mi sta a cuore la
tua salute, ma tu sei davvero un’insensibile! – disse tutto
d’un fiato, e in qualche modo quelle parole lo colpirono.
Kaoru uscì di
corsa da quella camera. Non ci sarebbe restata neppure un
secondo di più.
Era arrabbiata, e faceva anche bene ad esserlo.
Nel corridoio si sentì una vocina emettere un colpetto di
tosse.
Si trattava di Zarba, che nel
frattempo le stava ancora attaccato al dito.
- Che sbadata! – pronunciò
la mora, sbattendosi una mano sulla fronte – Ti riporto subito dal quel
dispettoso.
L’anello la bloccò.
- Non ce né bisogno. Ogni tanto fa bene cambiare un po’
aria! Oltretutto, credo che adesso Kouga
non sia dell’umore adatto per potermi sopportare. Sai, dopo la faccenda
delle gocce…
- Per me hai fatto benissimo! Se la
meritava una bella lezione. Forse la smetterà di fare il testone.
- Chi? Kouga? – Zarba scoppiò a ridere – Ragazza mia, lo conoscono da anni,
e ti assicuro che non lo farà mai! Sono pronto a
scommettere, se vuoi! E se perdo, inviterò Silva a
cena. – ebbe l’ardire di pronunciare. E quelle parole,
poco dopo, gli costarono care.
Guardava con aria stupita la ciotola vuota, Kaoru. Sbirciò sotto al letto,
credendo che Kouga ne avesse rovesciato lì il
contenuto, ma non trovò nulla. Poi spostò lo sguardo in direzione di Zarba.
- Hai detto che lo avresti fatto,
giusto?
Il Madougu tossicchiò a più
riprese. Aveva perso la scommessa che tra l’altro era stato
lui solo a lanciare, quindi si sentì doppiamente stupido. – Vedremo. –
disse solo, e non aggiunse altro. Invitare a cena Silva? No, questo per lui
andava contro ogni principio. Eppure per non rimetterci la faccia e tener fede all’impegno, lo avrebbe dovuto fare. Prima o poi, certamente! Ma forse
più poi che prima.
Dunque, per la precisione Kaoru era tornata nella camera del ragazzo dopo circa
un’oretta. Lo aveva fatto perché mossa dal rimorso di averlo lasciato solo e
febbricitante nella stanza. Ma quando nel dischiudere appena
l’anta, lo aveva intravisto dormire, si era decisa ad entrare trovando per
l’appunto e con stupore la ciotola pulita. La raccolse, per portarla
via, e in quel frangente si accorse di quel pacchetto trovato da Kouga davanti ai gradini della abitazione,
che recava a chiare lettere il suo nome. Non aveva ancora avuto tempo e modo di
aprirlo. A dire il vero se ne era assolutamente
dimenticata.
Lo prese tra le mani, e come prima cosa si affaccendò a
leggere il biglietto che riportava a caratteri cubitali la seguente scritta: “Per Kaoru. Da
parte della tua amica Asami”
Nel vedere la firma della rossina,
le affiorò un gran bel sorriso sulle labbra. Era molto curiosa di vedere il
contenuto del sacchetto. E così, senza neppure
pensarci su una sola volta, iniziò a spaccottarlo,
ma… quando tirò fuori la sorpresa, per lei fu uno shock.
Sbiancò di colpo nel vedere quel famoso abito rosso rubino e
dalla profonda scollatura trovarsi ora lì, tra le sue mani. Era meglio se fosse rimasto al negozio, pensò all’istante.
Lo rimise frettolosamente nel sacchetto, e per la vergogna
gettò l’involucro sotto al letto.
Asami questa volta aveva superato
ogni limite.
Scese giù di corsa nel salottino dove aveva lasciato il
cellulare, e con rabbia compose il numero dell’amica.
- Qui AsamiShinohara,
la dea dell’amore nonché crocerossina delle giovani
coppie innamorate!Chi parla? – enunciò
con un timbro di voce festante. Era allegra, e anche molto. L’esatto contrario
di Kaoru che, incollerita come non mai, se la mangiò
di colpo: - Adesso ti metti pure a scherzare?!
- Ah, sei tu Kaoru!
- Ma ti sei forse ammattita?! Come
hai potuto farmi una cosa simile?!
La Shinohara a momenti si sentì fracassare
l’udito. - Beh, dovevo pur sdebitarmi in qualche modo, no?
- Con un regalo così costoso? Tu sei matta!
-Allora ammetti che alla fine ti piace, eh? – la rossa si
lasciò sfuggire una risata maliziosa.
- Niente affatto! Lo dicevo per il
prezzo…non posso accettarlo! Oltretutto, sai già che non lo metterò mai.
E poi non mi sembra che tu abbia un debito con me.
- E invece sì, mia cara Kaoru. E’ merito tuo se l’altra sera sono uscita con Ikuo, ricordi?
- Lo avevo dimenticato, accidenti! – rispose, dimostrando
così di avere come ogni bravo artista sempre la testa tra le nuvole. – Com’è
andata?
- Oh, direi bene! – rispose sospirando, e sembrò che ci
fosse anche dell’altro, e infatti alla fine disse –
anche se per tutto il tempo non ha fatto altro che parlare di te.
- Ma che sciocchezze dici? Sarà
stata la tua impressione. – Kaoru cercò di
dissuaderla, anche se per la verità forse lo aveva capito anche lei che ad Ikuo stava più che simpatica.
- Sarà- premiseAsami,
e poi come una saetta riprese il discorso di prima. A suo parere, molto più
interessante. – Te l’ho mandato oggi perché sapevo che il maggiordomo era fuori
città. Me lo avevi accennato l’altra sera, ricordi?
La figlia di Yuuji non afferrò il
significato di quelle parole. – E allora?
- Beh, essendo soli in una casa così grande, avrete la via
libera.
Finalmente il concetto Kaoru
lo aveva capito, ma non ne fu particolarmente entusiasta.
- Toglitelo dalla testa!
- Ma dai! Guarda che tutto può succedere quando si ha campo libero, tienilo bene a mente!
Presentati davanti a lui con quell’abito, e cadrà
letteralmente ai tuoi piedi!
- Non lo farò mai! Puoi anche metterti a piangere, se vuoi.
Tanto è inutile. – Kaoru camminava nervosamente,
andando avanti e indietro per tutto il soggiorno. Quell’andirivieni
frenetico, aveva fatto venire al povero Zarba un
tremendo mal di testa.
- Per favore, potresti fermarti un attimino?
Mi sta venendo la nausea. – le disse cortesemente.
- C’è qualcuno lì con te? Ho sentito una
strana voce… - replicò subito la Shinohara.
Kaoru fece cenno all’anello di
tacere. – Forse ci sarà qualche interferenza…!
- Ad ogni modo, provatelo almeno! Solo per farmi contenta, dai! Magari vedendotelo addosso ti farà un altro
effetto, chissà!
L’altra si fece pensierosa. – Non ti prometto niente. Magari
più tardi se ho tempo… Ma la mia idea resta sempre la
stessa.
Asami sospirò a bassa voce. – Ok, come vuoi tu. – bofonchiò,
poi prima di riattaccare le confidò una cosa – Domani rivedrò Ikuo! Gli ho chiesto con una scusa se potevo rivedere
meglio l’appartamento. Prega per me, amica mia!
- Anche se non te lo meriti, credo
che lo farò! – rispose l’artista, e stavolta fu lei a prenderla in giro. –
Fammi sapere poi com’è andata, ok?
- Contaci! E… naturalmente fammelo
sapere anche tu! Non vedo l’ora di conoscere tutti i dettagli! – Ovviamente Asami si stava riferendo alla questione legata all’abito e
a tutto il resto. Kaoru lo intuì
senza pretese, e facendosi prendere dalla rabbia, per dispetto le chiuse
il telefono in faccia.
- Non conosce ostacoli! – esclamò, alzando disperata gli
occhi al cielo. Ma la disperazione più grossa le venne quando
si ricordò in che stato aveva lasciato poco prima la cucina.
Doveva assolutamente rimettere ogni cosa a suo posto. E pur di non subire l’ira di Kouga,
lo fece all’istante.
Lavò ed asciugò i mestoli e le scodelle sporche. Pulì il
ripiano dell’angolo cottura, spazzò il pavimento raccogliendo tutto ciò che le
era caduto a terra durante la preparazione della brodaglia.
Rimise ogni cosa a suo posto. Dalla prima all’ultima.
E non appena ebbe finito, con la
fronte sudaticcia, si posò una mano in cima alla testa, in segno di stanchezza.
Aveva la schiena a pezzi, le dolevano gambe e braccia, tant’è che riuscì a stento a
raggiungere il salottino. Si lasciò cadere sopra al divano, e si distese per
riprendere fiato ed energia.
- Hai lavorato sodo. – commentò Zarba.
La ragazza alzò la mano e guardò l’anello con uno sguardo
accidioso. Non riusciva più a muovere un muscolo. – Sono distrutta. Ma non potevo lasciare la cucina in quello stato.
- Se soltanto io avessi avuto mani e
piedi, ti avrei dato molto volentieri una mano. – fece il Madougu, e questa volta non sembrava scherzare.
- Tu non hai un corpo, Zarba?
- In effetti, prima di sottoscrivere il contratto con Taiga,
ne avevo uno. – confessò, e la ragazza
divenne subito curiosa.
- Dimmi com’eri, allora, dai! Sono curiosa di saperlo!
- Se ci tieni così tanto, allora te
lo racconterò! – L’anello magico cominciò a parlarle di
quando viveva nel Makai, libero e spensierato.
A quell’epoca non aveva padroni, quindi poteva
muoversi liberamente, come meglio voleva. Poi un giorno il sommo Amon tramite un incantesimo lo imprigionò in un anello per
concedergli l’opportunità di diventare la guida di un Cavaliere
Mistico. Certo, Zarba avrebbe potuto anche rifiutare,
tuttavia essendo un tipo curiosa per natura, accettò
volentieri la proposta. Oltretutto, in questo modo avrebbe trascorso una vita
piena di avventure, che non lo avrebbero mai fatto
annoiare. E lui, dopotutto, non desiderava altro.
L’anello continuò il racconto, ma ben presto
si rese conto che Kaoru si era addormentata. Sospirò,
poi sorrise, e rimase lì in silenzio a vegliare su di lei come un bravo
guardiano.
***
Oramai sveglio, aveva disceso le
scale apposta per raggiungere l’ala del palazzo riservata ai Cavalieri Mistici.
Adesso Kouga stava meglio. Decisamente.
Dopo aver bevuto -controvoglia- quel riprovevole
intruglio, sembrava essere tornato come nuovo.
Passò velocemente davanti all’entrata del
salottino, e nel farlo intravideKaoru dormire
beatamente distesa sul divano.
Entrò, avvicinandosi con lentezza la
raggiunse. Vide che la ragazza teneva in una mano ancora uno degli
stracci che aveva adoperato per spolverare la cucina. Con estrema calma,
cercando di fare il più piano possibile, tolse il panno e poi si sentì all’improvviso
chiamare.
- Ehilà, Kouga! – esclamò Zarba, ovviamente a voce bassa. Il giovane per un secondo
trasalì. – Noto con piacere che le quindici gocce del succo di Vidra ti hanno fatto bene!
- Già. – rispose lui solamente, per non dare soddisfazione
all’anello. Poi si soffermò sul visino assopito della giovane Mitsuki. Rimase in silenzio ad osservarla con dolcezza, e
probabilmente sarebbe rimasto a farlo per chissà quanto tempo, finché la voce
del Madougu non attirò la sua attenzione.
- Ha lavorato veramente molto. Era stanchissima, finché alla
fine dopo essersi seduta si è addormentata. – fece, epoi con gentilezza aggiunse - In futuro diventerà
un’ottima moglie. Certo, di strada ne ha tanta da percorrere, però devi essere
fiero di lei.
Sorrise piacevolmente, Kouga. – Lo
sono già. – disse, e lo fece con una voce serena, tranquilla. Certo, se Kaoru lo avesse sentito con le proprie orecchie, di sicuro
si sarebbe stupita. Però stava riposando beatamente,
quindi non ci furono sorprese per lei.
Mentre continuava ad osservarla, il
giovane Cavaliere dell’Est vide che aveva l’indice della mano sinistra fasciato
da un cerotto.
Le prese delicatamente la punta di quelle dita, e Zarba gli spiegò l’accaduto.
- Si è ferita mentre raccoglieva da
terra i vetri di una bottiglia rotta. Sai, era molto
preoccupata per te.
Nel sapere ciò, Kouga fu pervaso
da una benevola sensazione. A parte Gonza e, naturalmente i suoi genitori, nessun’altro gli aveva voluto così
bene.
Le riappoggiò pian pianino le dita
sul ventre, poi osservò l’anello di fidanzamento che le aveva regalato e lo
lambì con l’indice. Kaoru non se lo toglieva mai,
ormai era diventato una parte di lei. E mentre il ragazzo pensava a ciò, provò il bisogno di
compiere un gesto inatteso: le diede con dolcezza una carezza sul capo.
Aveva lo sguardo perso sopra a quel viso. Sembrava
contemplarla in assoluto silenzio, ma in realtà era il battito del suo cuore a
parlare per lui.
- Stai cambiando, Kouga. – fece
all’improvviso Zarba- Grazie a questo piccolo pulcino
spennacchiato, hai smesso di essere burbero e
scontroso con tutti, e ti stai sciogliendo.
- Tu invece resterai un chiacchierone a
vita. – replicò l’altro, ma solo per gioco.
- Probabile… però io mi piaccio così, quindi la cosa non mi
dispiace. Piuttosto… che ne diresti di riprendermi con te? Mi sto un tantino
annoiando.
In effetti il Madougu
se ne stava lì da un bel po’ di ore.
Kougaaccontentò
la sua richiesta, e facendo molta attenzione a non svegliare Kaoru, cercò di sfilarle l’anello dal dito. Ci
riuscì, ma quando fece per rialzarsi, la ragazza riaprì gli occhi.
A dire il vero, non si rese subito conto di Kouga. Era ancora intontita dal sonno.
Soltanto dopo essersi stropicciata gli occhi per benino, si destò
del tutto.
Fissò il Cavaliere del Makai, poi
mettendosi a sedere contrasse le sopracciglia: - Ma tu… che ci fai qui?
- Ho visto che dormivi, per cui
sono passato a controllare.
L’artista emise l’ennesimo sbaglio.
- Dovevo essere proprio stanca… Per quanto tempo ho dormito?
- Circa tre ore. – confermò il Madougu.
- Eeh? Così
tanto?
- Scommetto che se Kouga non ti
avesse svegliato, forse avresti continuato a dormire
come un ghiro.
Kaoruarrossì,
poi istintivamente fissò il giovane Saejima
dritto negli occhi. Qualcosa in effetti non le
quadrava.
- Che ci fai in piedi? Non dovresti
essere a letto?
- Sono guarito.
- Questo lo decido io. – appuntò l’altra, successivamente
si alzò per toccargli la fronte con la mano, ma forse ancora intontita dal
sonno, o forse perché lo aveva fatto troppo velocemente, barcollando si sentì
precipitare all’indietro.
Kouga la mantenne in piedi avvolgendole
un braccio attorno alla schiena.
- Se vuoi, puoi tornare a riposare.
– disse, mentre i due si ritrovarono vicini.
Imbarazzata, gli rivolse l’attenzione. - Meglio di no. – disse, poi ebbe modo di
posargli una mano sulla fronte. – Hai ragione… non scotta
più.
- Sono libero, quindi?
- Direi di sì, però forse sarebbe meglio che tu non… -
riuscì a dire solo questo. Il ragazzo la lasciò di colpo per allontanarsi. – Dove stai andando?
- Ad allenarmi. – rispose soltanto.
- Di già?! Ma
se sei appena guarito! – sbottò, ma oramai Kouga era
sufficientemente lontano, quindi dubitò che avesse potuto sentirla.
Dopo essersi risvegliata del tutto, salì le scale per poi
dirigersi nella camera del ragazzo.
Gli rifece il letto, proprio come le aveva insegnato a fare sua madre da bambina, e solo verso la fine,
quando ogni lembo delle lenzuola si trovava perfettamente al suo posto, con la
coda dell’occhio intravide un pezzo di quel sacchetto di carta che lei stessa
aveva frettolosamente occultato, sbucare da lì sotto. Si chinò verso terra per
tirarlo fuori ed estrasse il vestito.
Quel pezzo di seta rossa le finì così tra le mani.
Era leggero, e sotto la luce artificiale
della camera, sembrava ancor più risplendere. Se
lo rigirò tra le mani, lo guardò e riguardò più volte.
Asami le aveva perlomeno
chiesto di provarlo. Solo questo. Dopotutto, che cosa mai sarebbe potuto
accadere?
Si mordicchiò il labbro inferiore. Tesa, lo era. Si guardò
furtivamente intorno. Kouga, indaffarato con i suoi
soliti allenamenti, di certo non sarebbe salito per ora. E così, dopo
un’incessante tergiversare, finalmente decise di compiere il grande
passo.
Si levò le scarpe, dopodichè sfilò via maglietta e pantaloni,
gettò i suoi soliti indumenti a terra. Li avrebbe raccolti dopo.
L’abito non aveva cerniere o chiusure di nessun tipo, per cui andava indossato così, come si calza di solito una
semplice canotta. Infilò prima la testa, dopodichè
fece passare una alla volta le braccia, e tirò giù la stoffa, fino alle
ginocchia. Sistemò bene ancora qualche lembo, ed infine si guardò allo
specchio.
Inutile, per lei, non farsi prendere dallo stupore
immediato. Quella veste la faceva sembrare un’altra
persona. Forse per via del colore, certamente importante,
oppure per il modello stesso, e… per non parlare soprattutto delle
caratteristiche. Ovviamente la prima cosa che fece nel guardare la sua
immagine riflessa, fu puntare gli occhi sulla parte alta del vestito. Ovvero lo scollo. Beh, una volta indossato,
non le sembrò poi così profondo. Certo, ad esserlo, lo era, però perlomeno
riusciva a coprire le parti giuste, ecco. Tuttavia, per lei era veramente
troppo. Diciamo solo che Kaoru non si sentiva ancora
pronta per indossare qualcosa di simile.
Fece mezza torsione con il busto, affinché potesse guardarsi
anche le spalle, e dopo di sicuro lo avrebbe sfilato via per tornare ad
indossare i suoi soliti ma sempre amati e comodi abiti, però non ne ebbe il tempo.
L’anta della stanza si aprì di botto, lasciando lei e
l’altro senza fiato.
Soprattutto l’altro.
Kaoru trasalì nel vederlo. Kouga non sarebbe dovuto tornare così presto, ecco perché
si era concessa il lusso di provare il vestito nella sua camera.
Istintivamente, la prima cosa che fece fu coprirsi il petto
con le mani nel vano tentativo di occultare lo scollo.
Per qualche momento non le riuscì di
spiccicare parola, tale era lo sbalordimento.
- Ecco… - disse in preda al panico, non sapendo come
iniziare, cosa dire o fare. Non riusciva neppure a guardarlo
in faccia, tant’era la vergogna. – Questo, era
nel pacchetto di stamattina… E’ un regalo di Asami. – miracolosamente riuscì a completare la frase, non
senza avvertire tremori in tutto il corpo. E dopo aver
pronunciato quelle parole, tutto il calore del suo corpo sembrò salirle al
viso.
In quell’istante desiderò
ardentemente di sprofondare.
Ancora davanti alla porta, Kouga
era rimasto lì in assoluto silenzio, perché incapace anch’egli di parlare. Cosa mai avrebbe potuto dire, in quella circostanza? Nulla, perché semplicemente quella stessa circostanza lo aveva
colto impreparato. Infondo, lui era salito un
attimo in camera per prendere un telo pulito, non di certo per assistere a
quanto il suo sguardo, ancora lievemente perso, gli stava mostrando.
Tutto ciò che fece, forse senza neppure volerlo, fu portare
la gamba destra in avanti.
Il gesto portò Kaorua divenire preda dell’agitazione. Sempre per paura che il
giovane potesse accorgersi dello scollo, per mantenere le giuste distanze
arretrò di un passo.
Dietro di lei, a terra si trovava la custodia elegante
dell’abito. La investì col piede, e credendo di aver urtato
chissà che cosa, finì col perdere l’equilibro.
Andandole subito incontro, il ragazzo l’afferrò affinché non
scivolasse all’indietro, e… finì col venire trascinato anch’egli.
Cascarono, ma per fortuna non a terra. Il letto attutì la
caduta, ammorbidendola.
Ma la situazione che da li a breve
si venne a creare, fu devastante.
Kouga sollevò il viso portandolo
esattamente poco più sopra quello di Kaoru.
- Tutto ok? – disse, e poco dopo
non riuscì ad aggiungere altro.
In che pericolosa situazione si erano
mai andati a cacciare?
La ragazza non aprì bocca. In quel momento non capì
assolutamente niente. Oltretutto, una parte della scolatura durante lo scontro si
era leggermente spostata. Certo, non in una maniera tale da lasciar intravedere
chissà cosa, però restava comunque un particolare che
di certo non sarebbe potuto passare inosservato.
Le sembrò di trasformarsi in una statua di pietra. Anzi, in
quel momento avrebbe voluto esserlo per davvero. Ma
che altro poteva fare, trovandosi in una simile circostanza?
Come piombo, calò irrimediabilmente il silenzio.
Si sarebbe potuto sentire volare una mosca, se ve ne fossero
state.
Il fatto di trovarsi lì, tra le lenzuola bianche, stesi sul
letto l’uno contro l’altra, non rendeva le cose facili. Al contrario, le faceva
diventare estremamente complicate.
Per un qualche tipo di riflesso condizionato, Kaoru dischiuse le labbra. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma
le parole non le uscirono. Era troppo confusa per pronunciare qualsiasi cosa. E
poi si rese conto di un particolare che prima d’ora le era sfuggito. Teneva una
mano accostata al torace di Kouga. E
nel prenderne atto, inevitabilmente poté ascoltare attraverso essa l’irregolare
battito del suo cuore. Doveva essere agitato, forse più di lei, e quel pensiero
la fece diventare ancora più rossa.
Trovò la forza per riuscire a fissarlo dritto negli occhi,
mentre quel silenzio si faceva sempre più pressante.
E adesso? Cosa
sarebbe accaduto?
Mio Dio! Quei due erano sufficientemente grandi per
sapersela sbrigare da soli. Avevano l’età giusta, e soprattutto si volevano
bene per davvero.
In più, in casa non c’era nessuno. Esattamente come sostenuto
da Asami.
Sì, erano soli. Completamente.
Inoltre perché mai continuavano ancora a dormire in camere
separate?
Perché nessuno dei due trovava il
coraggio per proporre all’altro di “traslocare” e condividere lo stesso letto?
Potevano farlo benissimo, avevano
le cosiddette carte in regola.
Però, si trattava pur sempre di Kouga e Kaoru.
Un ragazzo ed una ragazza molto diversi da tutti gli altri.
Inoltre, nessuno dei due prima d’ora aveva avuto l’ardire di
sfiorare l’argomento.
Ciò nonostante, già…
Qualcosa avrebbe forse potuto scatenare in loro una
scintilla immediata. E questo perchè entrambi si trovavano
a stretto contatto l’uno contro l’altra.
Quale occasione migliore di quella?
Inoltre, a differenza di Kaoru, Kouga era un ragazzo. Solo uno sciocco non ne avrebbe approfittato.
MaKouga,
era pur sempre Kouga.
Ed anche se a lui sembrava tutto
così nuovo, non si sarebbe mai azzardato ad alzare un dito verso di lei.
Era sì turbato, ma per via di quell’imbarazzante
situazione. Inoltre aveva letto nello sguardo della
sua ragazza una lieve traccia di paura. Evidentemente ella
non si sentiva pronta a compiere un passo così grande. Ecco
perché non aveva fatto altro che rimanere immobile, come un esserino
spaurito ed indifeso.
C’era troppo disagio tra i due, troppe
paure. Era un continuo crescendo di insicurezza,
turbamento, imbarazzo per una situazione inimmaginabile.
E poi…
Il rumore di un’auto giunse in loro aiuto.
Disturbati da ciò, a quel punto tutta
la tensione scemò di colpo. Kouga si rimise in piedi
e guardò fuori della finestra.
Gonza era ritornato dal suo viaggio.
Approfittando del momento, Kaoru
si alzò mettendosi a sedere sopra al letto, e con una mano tappò lo scollo di quell’abito. Cercò inoltre di nascondere il proprio viso
spostando lo sguardo di lato. Non se la sentiva proprio, dopo quanto successo,
di guardare il ragazzo in faccia. E quando quest’ultimo si avviò verso l’uscita, un pensiero lo trattenne.
Si voltò appena in direzione di Kaoru,
lì per lì sembrava essere confuso. Dischiuse le labbra come a voler dire
qualcosa, ma si arrestò dal continuare.
Lasciò la camera e sparì portando con sé anche ciò che
avrebbe voluto dirle.
Con il cuore ancora pieno di confusione, nel vederlo andar
via la figlia di Yuuji si raggomitolò sopra quel
letto. Sembrava un piccolo gattino accucciato.
Strinse con una mano un lembo di quelle lenzuola bianche, e
poi inspirò. Avevano l’odore di pulito, erano fresche
e soprattutto accoglienti.
Lì Kaoru si sentiva veramente al
sicuro.
Ma se ne rese conto solo in quell’attimo.
Quando ormai era troppo tardi.
Ebbene, se non fosse stato per quel suo carattere troppo
rigido e riflessivo, se Kouga anziché ragionare con
il cervello lo avesse fatto con il cuore, forse le cose sarebbero andate
diversamente, e lui avrebbe trovato il modo per dirle
che se voleva, allora poteva restare a dormire in quella camera.
E se soltanto lui lo avesse trovato,
quel coraggio, solo a quel punto, Kaoru, gli avrebbe
risposto di sì.
Fine episodio
I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:
Ecco il
capitolo da molti di voi tanto atteso che ci mostra un Kouga
febbricitante ed una Kaoru indaffarata più che mai!
Se l’inizio può sembrare comico, la fine
del capitolo lascia un po’ l’amaro in bocca. Mentre
rileggevo le ultime righe, ho sentito quasi un vuoto dentro.
Kouga
e Kaoru sono proprio diversi da tutti gli altri.
Quasi intoccabili!
Ok,
passiamo alle risposte!
Per ShoRyuKen: Eeh… anche io vorrei poter vedere le
espressioni che faccio fare a Kouga…!
Comunque lo sappiamo tutti, Zarba
è un chiacchierone che ama stuzzicare il suo proprietario, e questo aspetto mi
piace tantissimo…! Concordo con te, Asami
è proprio come Rei. Il suo modo di essere, in certe situazioni, mi
ritorna sempre utile. Secondo me, se messa in mezzo a Kouga
e Kaoru, può scatenare il putiferio!
Ricorda che
non sono solo io a far risplendere la luce di Garo… bensì siete anche voi che con il vostro affetto incitate me
a farla risplendere!
Per _Elentari_:
Come dobbiamo fare con
questo Kouga che non vuole proprio imparare? La
risposta a ciò arriverà molto, molto presto! ^_^
Per DANYDHALIA: Il faccia a faccia
penso sia inevitabile, vista la situazione, e infatti ci sarà, non nel prossimo
capitolo, ma ci sarà! E’ vero, a volte le bugie si dicono anche a fin di bene,
però ci sono persone che preferiscono non essere ingannate, soprattutto da coloro che amano e di cui si fidano ciecamente… ma non
aggiungo altro perché altrimenti rischio di lasciarmi scappare qualche altro
particolare interessante!
Per stelly89_s: E qua ritorniamo sempre al solito
detto che recita “l’amore non è bello se non è litigarello”!
Secondo me è sacrosanto! Tranquilla, non preoccuparti
di nulla, quando puoi leggere e commentare lo fai, altrimenti non fa nulla. La fanfic da qui non si
muove, quindi goditela con calma!
Bene, direi che per ora è tutto!
Se riesco, vorrei aggiornare prima
dell’uscita del Red Requiem… Speriamo!
Botan
ANTICIPAZIONI:
Il territorio del Nord si ritroverà
misteriosamente invaso da un traffico di Orrori. Kaoru, grazie anche all’aiuto di Ikuo, scamperà ad un incombente pericolo, ma i problemi per
lei non finiranno. Un avvenimento inaspettato metterà la ragazza a dura prova.
Spetterà a Kouga, e al provvidenziale intervento di
Rei, cercare una soluzione.
In un hotel d lusso, al banco reception c’era un uomo che stava
accogliendo dei nuovi clienti
Possessione
#17
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
In un hotel di lusso, al banco reception,
un addetto si girò per prendere la chiave di una delle tante camere messe a
disposizione dall’enorme struttura, ma nel voltarsi fu afferrato con slancio per
il bavero della giacca da uno strano ragazzo. Aveva uno sguardo fermo ed
impassibile, indossava un cappotto di pelle interamente bianco.
Non poteva che trattarsi di una sola persona: KougaSaejima, giunto sul posto
per fare il suo lavoro.
Senza perdere tempo, gli puntò in faccia il Madoubi, l’accendino magico capace di rivelare gli Orrori,
ma quando scoprì che non era l’addetto alla reception
colui a cui dare la caccia, lo lasciò bruscamente andare, ed il povero
dipendente, scioccato da tutto ciò, cadde a terra in preda alla paura.
- Riesci a percepire qualcosa? – chiese il Cavaliere Mistico a Zarba, ma
l’anello apparve da subito titubante.
- Ha un’energia molto debole, tuttavia sento che si trova in
questa sala.
C’erano persone praticamente
ovunque. Un andirivieni continuo, frenetico, degno di
un grande albergo.
Gente che arrivava portando con sé le proprie valige, e gente
che invece si faceva aiutare dai facchini addetti a quel compito.
Fu nell’osservarli con maggiore attenzione, che Kouga capì. Fece appena in tempo a vedere di sfuggita uno
di quegli addetti con la divisa rossa indosso infilarsi di soppiatto
nell’ascensore, come per sfuggire appositamente a
qualcosa o, per meglio dire, a qualcuno.
Ad un cacciatore, per esempio.
E proprio il cacciatore iniziò a
correre, nella speranza di raggiungerlo, tuttavia le porte automatiche
dell’ascensore si chiusero non appena lui giunse lì. A quel punto gli restava
una sola cosa da fare, per poter raggiungere la bestia: usare le scale.
In aggiunta, Zarba gli fece notare
che era diretto al settimo piano. Una bella scarpinata, quindi.
Non si perse d’animo, anzi, ed iniziò la rocambolesca
scalata.
Salì di corsa, freneticamente, finché non giunse all’ultimo
gradino. Quando intravide con la coda dell’occhio il
nemico sfrecciare via dall’ascensore, lo inseguì, ma la belva con una mossa
astuta prese in ostaggio un’anziana donna che trafficava soprappensiero nei
paraggi.
- Non avvicinarti! – ringhiò la bestia al Cavaliere che,
vista la situazione, fu costretto malgrado tutto ad
obbedire. Kouga si mantenne sulla difensiva. Non
poteva permettersi di rischiare. Oltretutto, sul pianerottolo c’erano anche
altre persone. Una di loro, accortasi della situazione, si armò di coraggio e, arrivando
alle spalle del facchino lo afferrò di soppiatto mettendogli due mani intorno
al collo.
La donna poté in questo modo liberarsi, così approfittando
della situazione si allontanò di corsa, mentre il suo aggressore, arrabbiato
come non mai, con uno scatto furente si voltò verso il coraggioso umano e lo
investì con un ruggito famelico. Dopo quel fragore terrificante, il facchino si
trasformò nella bestia.
L’umano sbiancò di colpo nel vedere quell’ammasso
di viscidume che sembrava essere uscito dal set cinematografico di un film.
Spalancò le palpebre e per riflesso iniziò ad indietreggiare, ma il terrore gli
aveva procurato la paralisi quasi completa degli arti
inferiori. Sembrava ormai spacciato, ma fu a quel punto che intervenne Kouga: afferrò la bestia per la coda e la trattenne sul
posto.
- Scappa! – ordinò quasi subito al tizio, e quest’ultimo facendosi ancora
coraggio fuggì via in preda al panico. Anche le
persone che si trovavano nei paraggi scapparono urlando.
Non c’era più nessuno lì. Il Cavaliere e la bestia erano
soli.
Senza perdere alcun tempo, Kouga lo
tramortì con il fuoco magico per immobilizzarlo. Sfruttò quell’occasione
anche per trasformarsi in Garo e portare a termine il
suo compito.
L’Orrore con le mani agli occhi gridò, poi come un animale
impazzito si lanciò verso il suo cacciatore. Il lupo d’orato dell’Est lo
respinse con la spada, e la bestia finì dritta nella cabina dell’ascensore.
Garo lo raggiunse
lì dentro, le porte si chiusero alle sue spalle.
Giù nella hall dell’albergo era
scoppiato il panico generale. La vecchina aggredita
era sotto shock, e anche il tizio che aveva cercato di salvarla stava male.
All’improvviso le porte dell’ascensore si aprirono di colpo.
Tutti i presenti si voltarono.
Kouga uscì. Era da solo. Rinfoderò
la propria spada, e sotto l’attenzione allibita della gente, percorse la hall ed andò via.
Lo scontro si era concluso ancora
una volta a suo favore.
Come sempre.
Tra un passo e l’altro, nel bel mezzo della strada, qualcosa
solleticò il fine udito di Zarba.
- Kouga… - disse, e quando l’umano
sollevo il braccio, continuò – C’è un altro Orrore nelle vicinanze.
- Ancora? - Sfinito dal combattimento avvenuto nell’hotel,
il giovane umano sollevò con accidia lo sguardo verso il cielo. – E’ il terzo
da questa mattina.
- Evidentemente si saranno messi d’accordo per darti
fastidio. – scherzò l’anello, per sdrammatizzare la faccenda.
Nello stesso istante, l’infida creatura si parò d’innanzi a
loro. Kouga sbuffò seccato, e per l’ennesima volta si
preparò a sguainare la sua spada.
***
Era pomeriggio inoltrato ed il sole ormai si stava preparando
a lasciare spazio alla luna.
Kaoru si trovava nel corridoio situato
fuori l’aula di disegno. Stava leggendo qualcosa sopra la bacheca attaccata al
muro. I risultati di un compito che aveva svolto una
settimana prima. Quello legato al concetto dell’eleganza,
per essere più precisi.
Ad un tratto le si avvicinòIkuoShiota. Avendo partecipato
anch’egli all’esame, era curioso di conoscerne l’esito, ma soprattutto di
vedere anche quello dell’amica.
- Però! – esclamò
entusiasta – Mi hai battuto di ben 5 punti! – disse rivolto alla mora. –
La cugina del tuo ragazzo sembra avere avuto un certo effetto.
Lei sorrise.
Grazie a Souka era arrivata terza
in quella classifica.
Fu più che felice di vedere quel voto impresso lì, in mezzo
a tanti altri.
Nel corridoio ormai non c’era più nessuno. Tutti erano
andati via, e tra poco l’istituto avrebbe chiuso i
battenti per riaprirli la mattina seguente, come ogni giorno.
Restarono solo Ikuo e Kaoru, che continuavano a commentare i risultati del
compito con un certo interesse.
Ad un tratto le luci del posto andarono di colpo via. Tutto
cadde preda del buio.
I due si guardarono intorno spaesati.
- Forse un cortocircuito. – ipotizzò il giovane Shiota, maKaoru, quando apprese con sorpresa la verità, sentì
il dovere di correggerlo all’istante.
- Non direi proprio. – disse a stento e con un filo di voce,
mentre guardava oltre le spalle del ragazzo. Aveva sul viso un’espressione a
dir poco terrorizzata, gli occhi spalancati. Lui non capì il perché di tanto
sgomento. Così si voltò, e anch’egli ci restò di sasso.
Davanti a lui c’era un Orrore.
Sì, proprio così. Una di quelle creature
orripilanti che divoravano senza pietà le persone.
EKaoru
li conosceva benissimo. Sapeva inoltre quanto potessero
essere infide e crudeli con le proprie prede.
Non perse tempo. – Corri – disse
dapprima, sibilando la parola. Lui stordito non sentì, così l’altra iniziando
ad indietreggiare con molta attenzione, di colpo urlò: - Corri!!!
A quel punto non ci fu altra scelta.
Se fossero rimasti lì, beh, di
sicuro sarebbe andata a finire molto, molto male.
Scapparono con il cuore che batteva all’impazzata, fuori
controllo. Raggiunsero in un baleno l’uscita sul retro, la più vicina a loro.
Non appena Kaoru cercò di spalancare la porta, si
accorse che era chiusa. Ikuo le fece
cenno di spostarsi da lì, e dopo aver preso una breve rincorsa, buttò
giù la porta a spallate. Ce ne vollero ben tre, prima di riuscire a scardinarla
del tutto. Afferrò poi la ragazza per una mano, e si lanciarono all’esterno.
- Ma che diavolo è quella… cosa?! –
trovò il tempo di dire, mentre continuavano a correre a più non posso.
Kaoru presa dalla confusione si
lasciò scappare una frase: - Sembra che io sia il loro bersaglio preferito!
- Come hai detto?! – Ikuo era frastornato, e faceva bene ad esserlo. Si sentiva
braccato come una preda che fa del tutto per sfuggire
al suo cacciatore. – Vuoi forse dirmi che conosci
quei… cosi? - Non sapeva proprio come
chiamarli.
EKaoru,
trovandosi alle strette, fu costretta a dire qualcosa. – Diciamo
che li conosce meglio Kouga.
- Ma dove lavora il tuo ragazzo?!
In un circo di bestie rare?! – sbottò sconcertato il
giovane Shiota. Tutto gli sembrò terribilmente
strano. Sperò inoltre di trovarsi sul set cinematografico di un film. Ma
purtroppo, quando si rese conto che quell’essere
era più vero che mai, dovette in qualche modo farsene una ragione.
A non molti isolati da lì, Kouga stava
preparandosi a rientrare. Era stanco, l’aria spossata, sfinito dalla mole di
straordinari che non lo avevano lasciato in pace.
Adesso desiderava solo rincasare, farsi sfilare il soprabito
da Gonza e sedersi sulla sua poltrona preferita, magari ad osservare di
sottecchi la sua Kaoru che dipingeva l’ennesimo
quadro.
Ad un certo punto dalla bocca di Zarba
fuoriuscì un borbottio. Ne seguì un altro, poi un altro ancora. Il giovane gli
gettò con accidia un occhio. Poi quel suono strano si trasformò in parola.
- Ohi ohi,
Kouga… - fece, e quel timbro non lasciava presagire
nulla di buono.
- Che cosa c’è stavolta? – rispose
l’umano, con estrema pazienza.
- Una Chimera Mistica.
- Dove?! – chiese subito con tono allarmato.
E alla risposta del Madougu, tutta la sua stanchezza si dissolse in un colpo: -
Sta inseguendo Kaoru.
***
Ikuo e Kaoru
si trovarono con le spalle al muro, o meglio, ad una grata.
La loro intenzione era quella di fuggire sì all’aperto, ma
l’uscita posteriore dell’istituito era tutta recintata. E
nonostante Ikuo avesse cercato di buttare giù per
l’ennesima volta a spallate la porta di quello steccato, essendo chiusa da un
lucchetto massiccio con tanto di catene, alla fine dovette arrendersi.
La spalla gli doleva, tuttavia se non avesse trovato
un’altra via d’uscita, non sarebbe stata solo quella a
fargli vedere le stelle, bensì l’intero corpo, dilaniato dalle fauci di quel
mostro.
L’essere ormai era a pochi metri da loro. Da un momento
all’altro si sarebbe scagliato sui due, senza dargli via di
scampo.
La ragazza tremava, iniziò a sudare, e più la bestia si
avvicinava a loro, più sentiva il cuore aumentare il suo battito. Chiuse gli
occhi per non guardare. Ikuo la strinse a sé nella
vana speranza di proteggerla, ma in realtà entrambi
sapevano che non c’era molto da fare. Potevano solo sperare in un miracolo
improvviso. E per fortuna, quel miracolo avvenne.
Sul posto giunse di corsa l’erede di Taiga Saejima. Il tempo sembrò fermarsi. Lentamente la Chimera si
voltò verso egli, lo guardò quasi con ironia, e sorridendo sparì.
Kaoru riaprì gli occhi, vide Kouga con la spada sguainata, era confusa, ma un senso di gioia
la portò a rianimarsi. La prima cosa che fece, senza pensarci nemmeno due
volte, fu staccarsi dall’amico che finora l’aveva protetta, e correre in
direzione del suo Cavaliere.
Gli si gettò tra le braccia. Quasi non desiderava altro.
- E’ apparso all’improvviso, non sapevo cosa fare…!– balbettò mentre lo guardava negli occhi. Era spaventata,
terrorizzata. Le tremavano ancora le mani, il corpo.
- Adesso è andato via. E non
tornerà più. – disse Kouga, posandole affettuosamente
una mano sul capo per cercare di calmarla.
A quel punto Ikuo non riuscì a
trattenersi, e preso da uno scatto di ira improvvisa scoppiò
– Mi spiegate che diavolo era quella cosa?!
Il Cavaliere Mistico lo guardò in
faccia. – Nulla che ti possa riguardare. – replicò
secco. Ma l’altro proprio non riuscì a tollerare una
simile risposta.
- E invece mi riguarda! Kaoru mi ha detto che riguardano anche te.
La figlia di Yuuji fece scendere
lo sguardo verso il basso. In effetti si era lasciata
sfuggire quel particolare durante la fuga, solo perché in preda all’agitazione.
Ikuo riprese, perché non aveva di certo finito il
discorso – Voleva… divorarci! C’è mancato veramente poco! E
se fosse successo qualcosa a Kaoru? Se io non fossi
stato insieme a lei…? Tu non puoi mettere a repentaglio
la vita della tua ragazza in questo modo!
Alterato da quella frase, Kouga si
sentì il dovere di ribattere amaramente. – Non lo farei mai. – lo investì con
un’occhiata torva. Kaoru li guardò entrambi con
sgomento. – Chi parla senza conoscere i fatti, farebbe meglio a tacere.
L’altro ricambiò lo sguardo con un’occhiata altrettanto
aspra, e si convinse sempre più di una cosa. – Tu non meriti di stare con una
ragazza come lei.
Quella frase spinse Kouga a fare
uno scatto in avanti, deciso più che mai a mettergli le mani addosso, tuttavia
la ragazza lo trattenne per evitare che la situazione degenerasse
ulteriormente.
Forse Ikuo non aspettava altro.
Forse voleva proprio dargli una bella lezione.
I due si fissarono con un’ostilità reciproca, sotto i raggi
di un tramonto che stava per scemare.
Ikuo scosse ancora il capo. Guardò
Kaoru, e poi se ne andò via,
tenendosi con una mano la spalla dolorante.
Quando furono da soli, la ragazza lasciò
il braccio di Kouga e gli rivolse uno sguardo. – Sai… l’ho capito. – disse ad un tratto,
mentre lo spadaccino avvertì un lieve tremore. – La prima sera durante il
trasloco, quella sul pontile che affacciava sul mare, poi nel Kantai, ed infine questa… Quelle creature non sono Orrori,
vero?– Kaoru sembrava sì aver capito, ma fortuna per Kouga non tutto. – Sta succedendo
qualcosa, è così? – chiese ancora, sempre con un tono di voce calmo, pacato. Si sforzava di esserlo.
L’unica cosa che il ragazzo riuscì a dire, distrutto da una
faticosa giornata come quella, non servì a darle una risposta:
- Sono stanco. Torniamo a casa. - Si avviò per primo verso l‘uscita,
mentre la pittrice lo osservava allontanarsi in silenzio. Sentì un velo di
tristezza sfiorarle il cuore.
Avrebbe voluto che lui si fosse confidato,
avrebbe voluto essergli d’aiuto in qualche modo. Però
sapeva che per fargli dire una parola soltanto ci voleva tempo, e soprattutto
pazienza.
Un’infinita pazienza.
***
Rei si trovava nel Palazzo del Cane
da Guardia.
Il sommo sacerdote del Makai gli
aveva appena chiesto di recarsi nel continente del Nord, dove lavorava uno dei
suoi colleghi nonché detentore del titolo di Garo, Kouga.
Si erano manifestati troppi Orrori, perciò serviva una mano.
Salì in groppa alla moto parcheggiata lì fuori, dopodichè si infilò il casco e partì per la missione.
Nello stesso momento, Kaoru correva
per raggiungereAsami che
l’aveva in precedenza chiamata. La rossina sembrava
doverle parlare con una certa urgenza.
Giunse d’innanzi all’amica con il fiatone,
così si sedette sulla panchina del parco pubblico a riposare.
- Questa volta sei tu ad essere in
ritardo e non io. – puntualizzò Asami, e l’altra malgrado tutto fu costretta a darle ragione.
- Oggi mi è successo di tutto. – replicò a stento, pensando
all’intera giornata.
- Hai litigato ancora con il tuo bel cavaliere? – disse ad
un tratto, e quell’affermazione portò Kaoru a sorridere di gusto. La Shinohara
aveva usato proprio la parola giusta, pensò, senza in realtà sapere che Kouga lo fosse per davvero, un
Cavaliere.
Sospirò alzando gli occhi in aria. – Non ho proprio litigato,
però a volte è così difficile capirlo… Io cerco di fare del mio meglio per
essergli d’aiuto, ma lui non me lo permette. – la pittrice confidò all’altra
che da un po’ di tempo il ragazzo era strano. Più nervoso del solito.
E solo dopo, quando ebbe finito di
parlare, Asami storse le labbra dicendo una cosa alquanto
inaspettata. – Secondo me faresti meglio a non sprecare
altro tempo con lui. Non se lo merita.
Guardandola dritta in faccia con fare allibito, Kaoru non poté fare a meno di
chiederle: - Sei sicura di stare bene? Al telefono eri un
tantino strana.
Sorrise educatamente.
- Benissimo, direi. Anzi, mai stata meglio! – le brillavano
gli occhi, eppure all’artista quello continuò a parere un comportamento bizzarro.
Asami non le avrebbe mai
parlato in un simile modo.
La conosceva benissimo, era certa che non lo avrebbe fatto.
Forse l’amica era solo stressata dal lavoro? Forse aveva litigato con la sua
ennesima fiamma?
Mentre rifletteva su ciò, ad un
tratto si sentì afferrare il polso sinistro. Aggrottò la fronte e spalancò gli
occhi nel vedere un Asami intenzionata
a sfilarle l’anello regalatole da Kouga. Oppose chiaramente
resistenza, cercò in tutti i modi di evitare che l’amica riuscisse a levarglielo
dal dito, e proprio in quell’attimo l’intervento
inaspettato da parte di una persona portò entrambe a distrarsi.
Rei, che fino a quel momento era rimasto nascosto dietro una
colonna, adesso si trovava davanti alle due.
Prima ancora però di intervenire, il
Cavaliere d’Argento dell’Ovest aveva chiesto a Silva di mettersi in contatto
con Zarba, affinché potesse esporgli il problema.
Già, ma qual’era
questo famigerato problema? E perché lui si trovava
lì, quando in realtà doveva dare la caccia agli Orrori?
In realtà, lui il suo lavoro lo stava per l’appunto proprio
facendo.
Asami lo vide e trasalì. Entrambi
si scambiarono un’occhiata. Kaoru
guardò attentamente la scena con fare perplesso. Era sempre più smarrita.
- Rei… - disse, guardando il giovane in questione. – Come
mai qui?
- Sto lavorando! – rispose il moretto, e sorrise beatamente.
Ma soprattutto sorrise in modo particolare alla
giovane Shinohara. Le allungò una mano, per
educazione – Molto piacere! Mi chiamo Rei! – esclamò, ma l’altra sembrava
titubante. – Cos’è, ti faccio forse paura? – aggiunse, e anche se con tremore, la rossina
fu costretta ad allungargli l’arto per non sembrare maleducata. Fu a
quel punto che lui anziché scambiare una stretta di mano amichevole, la prese
con forza e le puntò il Madoubi dritto in faccia. Le
pupille di Asami illuminate
dal fuoco guida azzurro si trasformarono, rivelando così che dentro di lei
c’era qualcosa di pericolosamente oscuro.
A quel punto fu costretta a darsi una mossa: gettò via l’accendino
dalle mani del giovane che distratto da quel gesto improvviso distolse lo
sguardo ed abbassò la guardia.
L’errore gli costò caro.
Asami afferrò Kaoru
trascinandola via, qualche metro più avanti. - Ma che sta succedendo?! – replicò la giovane Mitsuki in
preda alla confusione e adesso anche al panico.
Era sempre più disorientata, sempre più confusa nel vedere la
sua migliore amica comportarsi in un simile modo. Perché
la teneva stretta come se fosse un ostaggio da utilizzare contro il più
pericoloso dei nemici?
Rei capì che la situazione non era
per nulla semplice. Se avesse deciso di intervenire, avrebbe rischiato di
coinvolgere anche Kaoru, per cui
sguainare le armi non gli sarebbe servito a niente. Almeno non in quel momento.
- Ti ho in pugno, Cavaliere! – sibilò la rossina,
con una voce carica di rabbia. Strinse ancora di più il braccio della pittrice,
tant’è che Kaoru provò subito un lancinante dolore.
- Asami…!? Che stai facendo?! – disse in preda all’esasperazione, mentre faceva del suo
meglio per sfuggire a quella serrante morsa.
La replica di Rei arrivò senza preamboli inutili: - Non è
più la tua amica! – disse apertamente, e dopo quelle parole, proprio come c’era
da aspettarselo, Kaoru azzittì.
Si girò lentamente verso laShinohara, vide che i suoi occhi non erano più gli stessi,
e fu a quel punto che si rese conto della verità.
Rimase assolutamente immobile. Era terrorizzata non dal
fatto di trovarsi in pericolo, bensì ciò che le faceva veramente timore era
sapere che quell’amica, la sua migliore amica, di umano adesso aveva ben poco. Si sentì crollare il suolo
sotto i piedi. Deglutì, un gelido brivido le attraversò la schiena, poi i
pensieri la investirono con violenza.
Asami posseduta da un Orrore?
No. Non poteva crederci. Assolutamente. Non voleva crederci, si rifiutava. Eppure,
più Kaoru guardava quella giovane donna ed i suoi
occhi ormai privi di luce, più si sentiva sconvolta e confusa. Non c’era nessuna recita in atto, non era un semplice scherzo.
Quella era la realtà.
Kouga arrivò sul posto
all’improvviso.
Si vedeva chiaramente che aveva corso, e anche parecchio.
Con ancora il fiatone si guardò rapidamente intorno. Gli
bastò semplicemente vedere la morsa serrata di quella donna che stringeva con
pericolosa violenza Kaoru per cadere preda del
panico. Mosso dall’istinto fece un passo avanti, ma Asami
indietreggiò strattonando bruscamente il suo ostaggio.
Deglutì, poi guardò Rei, come a volere una conferma, e quest’ultimo annuì.
Kouga era spiazzato. Rivolse uno
sguardo a Kaoru che lo fissava con aria sconvolta.
Che razza di situazione era mai
quella?
Non poteva capitargli di peggio.
- Quanto è infame il destino. – disse Zarba,
anch’egli turbato da tutto ciò. – Ma tu sei un Cavaliere
Mistico, e devi fare il tuo dovere.
Kouga non rispose. Cosa avrebbe potuto dire?
SuccessivamenteAsami
lo investì con un’occhiata sprezzante. – E’ arrivato anche il Cavaliere d’Oro!
– sorrise con perfidia, e portò una mano sotto al mento
di Kaoru. - Sei addolorato nel vedere che la vita di
questa umana è nelle mie mani?
- Cosa vuoi in cambio? La libertà?
– rispose con fermezza il giovane Saejima, credendo
che la creatura volesse proprio quello.
- Al contrario… - rispose prontamente l’essere, e con la
frase successiva stupì tutti i presenti: - Pur di vederti soffrire, sono
disposta a sacrificare la mia stessa vita, e questa ragazza verrà con me!
Kouga ebbe un sussulto. Rei lo guardò all’istante, dovevano intervenire alla svelta, e infatti
posarono le mani sulle anse delle spade, ma nello stesso attimo la voce
dell’artista li trattenne bruscamente dall’intervenire.
-Fermi! – urlò ad entrambi. Come poteva permettere a loro di
fare del male ad Asami? Scosse fortemente il capo.
- Hai coraggio, giovane umana. – rispose la rossina. Ma ovviamente non era più
lei a parlare. – Perché mi difendi?
Kaoru ribatté seduta stante. – E’
l’affetto che ho nei confronti della mia migliore amica che mi spinge a farlo!
L’altra scoppiò a ridere. – Ma la
tua amica non esiste più ormai. Devi rassegnarti.
- Io so che Asami c’è. La posso
ancora sentire attraverso il calore della sua pelle, e non mi rassegnerò mai
all’idea di doverla perdere.
- Sei solo una sciocca sognatrice! Tutti gli esseri umani lo
sono.
Kaoru chinò lo sguardo verso
terra, la vista le si annebbiò e con i ricordi tornò
indietro nel tempo. – Quand’ero piccola, all’asilo molti bambini mi prendevano
continuamente in giro perché non avevo più i genitori. Tutti mi tenevano alla
larga, nessuno voleva giocare con me e spesso venivo
esclusa e lasciata in disparte. Un giorno uno di loro gettò in una pozzanghera
il mio album pieno di disegni, io scoppiai a piangere mentre
tutti gli altri ridevano, ma all’improvviso si avvicinò una bambina. Raccolse
quel blocco e poi scaraventò il compagno nella stessa pozzanghera. Da quel
giorno diventammo subito inseparabili e nessuno osò più trattarmi male. Quella
bambina si chiamava Asami. E’ stata per tanto tempo
la mia più cara amica, e continuerà ad esserlo perché io ho fiducia in lei e so
che non riuscirebbe mai a farmi del male. – Kaoru la
guardò con fermezza. Le brillavano gli occhi, ma dentro non aveva più paura. Continuava ad avere fiducia nell’amica, continuava a non
perdere la speranza.
Quella convinzione così forte, riuscì in qualche modo a
raggiungere il cuore della vera AsamiShinohara. Presa dalla confusione, disorientata da ciò,
l’influsso malefico della creatura scemò per un attimo, facendo riemergere la
parte buona dell’essere umano.
Asami riuscì a prendere il
controllo di sé stessa, del proprio corpo. Lasciò andare l’amica, la guardò dritta in viso con aria
sofferente, dolorante. – Và via… - disse a stento - Non
voglio farti del male, Kaoru… – crollò con le
ginocchia al suolo, tenendosi la testa tra le mani.
- Sta combattendo contro l’Orrore che è in lei. – spiegò
Silva, mentre la giovane Mitsuki nel veder l’amica
soffrire in quel modo, provò un forte senso di impotenza.
Rei intervenne all’istante, con le
spade sguainate fece indietreggiare Kaoru, ma questa
gli afferrò un braccio.
- Ti prego…! – disse a stento, con la gola secca e le
lacrime agli occhi.
- E’ stata posseduta.
- E questo che significa?
- Non possiamo fare nulla… ormai. – rispose ancora una volta
il Cavaliere dell’Ovest. E per lui quella risposta
aveva un sapore triste ma amaro al tempo stesso.
Kouga era rimasto in assoluto
silenzio. Si avvicinò a lei, le posò una mano sulla spalla e la guardò in
volto. Non sapeva cosa dirle perché ogni parola sarebbe stata inutile.
– Che significa che non potete fare
nulla? – disse Kaoru, ma stavolta il tono della sua
voce era quasi flebile, spento. Guardò ancora l’amica con le ginocchia a terra
e la testa tra le mani mentre tentava di opporsi all’essere che l’aveva
catturata. Sentì gli occhi bruciarle, divenne calda
per via della rabbia, dell’agitazione. Scosse il capo. Non voleva accettare
quella realtà. – Ci deve pur essere un modo per salvarla!
Rei fu categorico a riguardo. – Il
processo è irreversibile.
Quella risposta le spezzò ogni speranza. Guardò
istantaneamente Kouga, come a cercare in lui una
conferma. Equest’ultimo,
con un’espressione sofferta, purtroppo fu obbligato ad annuire. Fare quel gesto
gli costò veramente tanto.
- Bisogna eliminarla ora, finché è innocua. – propose alla
svelta Silva.
La mora divenne subito irrequieta. – Eliminarla?! Voi… non
potete! – disse, e a quel punto le lacrime presero a bagnarle copiosamente il
viso.
Rei aveva già le spade sguainate.
Guardò di sottecchi il collega. Vide che era combattuto. D’altronde, come
poteva uccidere la migliore amica di Kaoru? Da ciò,
il Cavaliere dell’Ovest capì che Kouga non avrebbe
mai sfoderato la propria arma verso quell’essere
umano.
Quindi decise di farlo lui stesso.
Ormai non c’era scelta. Si avvicinò ad Asami, maKaoru tentò di andargli incontro. Pur di fermarlo, era
disposta a mettersi in mezzo. Kouga la trattenne.
- Lasciami andare! – strepitò piangendo – Lasciami
andare da lei! – ripeté ancora, in preda alla disperazione. – Ti prego… - disse per un’ultima volta, e la tristezza, nel tono della
sua voce, più che mai era tangibile.
Nel vederla così, a Kouga gli si
strinse irrimediabilmente il cuore. Non potendo fare altro, a quel punto la
strinse fortemente a sé.
Se soltanto lui avesse potuto fare
propria almeno una piccola parte della sua sofferenza, senza esitare lo avrebbe
fatto.
PerchéAsami?
Perché proprio lei? Un tipo solare
ed ottimista, a prova di Orrori.
No, non era giusto che quella ragazza dovesse morire così,
in quel modo. Meritava di vivere più di chiunque
altro.
Non poteva finire così. Doveva pur esserci un modo per
salvarle la vita. E, nell’avere un attimo di esitazione,
Rei capì che probabilmente non tutto era perduto.
- Forse… - premise tentennante – si può fare ancora
qualcosa.
Sia Kaoru siaKouga lo guardarono con un’espressione a dir poco
sconcertata.
Intervenne Silva, allarmata da quelle parole. Temeva già il
peggio. – Non vorrai mica provare con la Croce Mistica, spero! – ovviamente
anche il suono della sua voce era piuttosto inquieto.
Kaoru scosse il capo, senza
capire. – Di cosa state parlando?
- E’ una sorta di esorcismo – le
spiegò Zarba – si può praticare solo quando il
soggetto in questione risulta essere ancora cosciente.
Rei continuò quel discorso. – La
tua amica ha dimostrato di esserlo. Sta lottando con la bestia che dimora in
lei, e ciò significa che può essere salvata.
Quella frase riaccese in Kaoru un barlume, anche se flebile, di speranza.
- E allora fallo! Che aspetti?!
- Non è così semplice. Se la
procedura fallisce, quella ragazza morirà seduta stante.
- Ma se non fate nulla, lei morirà comunque!
– L’artista aveva ragione. Guardò il Cavaliere dell’Ovest, e con quello sguardo
così carico di speranza riuscì a colpire il suo cuore. Sospirò, Kouga aveva già capito, così prendendo Kaoru
per mano la fece indietreggiare.
A quel punto Rei aveva preso la sua
decisione.
E la procedura per la purificazione di Asami, poté cominciare.
Per prima cosa prese un talismano mistico dal taschino
interno del soprabito nero, successivamente lo adagiò
sul petto della giovane umana. Afferrando la propria arma, tracciò una croce in
aria, esattamente sul corpo disteso di Asami. Quel simbolo si colorò di rosso, e prese a luccicare
come un faro abbagliante in piena notte.
Silva era preoccupata. Sentì il bisogno di ricordargli una
cosa legata alla procedura. - Se il talismano dovesse
bruciare prima che l’Orrore venga espulso dal corpo, a quel punto dovrai
ucciderla subito.
- Questo lo so bene. - assentì il
ragazzo, sperando che ciò non accadesse.
- Sai anche che se non lo farai, l’Orrore si
impossesserà di te?
A quella domanda Rei non rispose.
Sapeva già tutto, ma nonostante ciò doveva provarci
ugualmente perché il compito di un Cavaliere Mistico era
quello di salvare le persone anche a costo della propria vita.
Asami sentì un dolore lancinante
al petto.
La croce stava cercando di purificare la sua anima ed
incenerire l’essere che si trovava nel suo corpo. Nel rituale della Croce
Mistica, il talismano serviva a trattenere e a stordire la creatura.
Quello era di sicuro un meccanismo che doveva causare un
gran dolore non solo alla creatura, ma anche all’umano che la stava ospitando.
E infatti, la giovane Shinohara
urlò disperata, arrivando perfino a piangere a causa di quel tremendo spasmo.
Nel vederla in quello stato, Kaoru
si sentì male almeno quanto lei. Si strinse a Kouga
più forte che poteva, e cercò di soffocare le grida disperate della sua
migliore amica affondando il capo tra i drappeggi di pelle di quel soprabito
bianco.
Lui non poté fare altro che attendere. Cercò di trasmetterle
tutte il coraggio che poteva, abbracciandola con
calore.
Sopra quel suo volto sempre imperturbabile adesso c’era solo
un velo di tristezza. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di evitare a Kaoru una simile sofferenza.
Proprio in quell’attimo
Rei si accorse che gli angoli del talismano stavano iniziando a
bruciare.
Pregò affinché la carta magica restasse intatta, affinché quell’incendio di ridotte dimensioni non si espandesse fino
a consumarla del tutto.
- Rei – disse alla svelta Silva – la carta
si sta inesorabilmente consumando! – con quelle parole, gli fece capire
che forse avrebbe fatto meglio a preparare le armi.
Lui sospirò soltanto, e posando una mano sull’ansa di uno
dei due spadini, si apprestò a tirarlo fuori, ma… in quel preciso istante la
luce della croce raggiunse la sua massima intensità, finché non si spense di
colpo.
Si udì un boato, poi dal corpo di Asami fu espulsa una nube di polvere scura come il
petrolio.
Kaoru assistette alla scena con
aria incredula, smarrita. Guardò all’istante Kouga – Cosa è successo?! – chiese in preda al
panico, con il cuore che non le sembrava batterle più in petto, bensì in gola.
E quando vide il Cavaliere dell’Est
sorridere, allora si rese finalmente conto che Asami,
la sua migliore amica di sempre, era finalmente salva.
Sentì subito il desiderio di correre da lei. - Asami..?! Asami?! – pronunciò
quel nome a più riprese, ma la giovane Shinohara non
riaprì gli occhi.
- Credo che sia meglio portarla all’ospedale. – disse Rei.
E a quel punto si mobilitarono per darsi
da fare, senza perdere altro tempo.
Fine episodio
I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:
Finalmente
riesco ad aggiornare…
Questo è il link dove potete vedere la fan art legata al capitolo: http://4.bp.blogspot.com/_Y-wLnSbvRkk/TR4G1JONSYI/AAAAAAAABSU/B56nWS6bl_Q/s1600/Botan+91.bmp
Oggi non mi
divulgherò molto perché a causa di una brutta influenza non mi sento molto
bene. *leggete tranquillamente “sfiga”* Non riconosco una A da una B e
viceversa, o volendo restare in tema, mentre rileggevo questo capitolo avevo
l’impressione che Kouga fosse diventato Rei e Rei Kouga, e che Zarba fosse un
Santo…
Nonostante
tutto, ci tenevo assolutamente a pubblicarlo oggi per chiudere l’anno in
bellezza (per voi… Per me è di sicuro in bruttezza…), perciò, passate tutti un magico capodanno all’insegna di fuochi
d’artificio e GARO!
Botan
Per DANYDHALIA: Hai ragione, Kaorudoveva curare Kouga per
almeno una settimana! E chissà cosa avrebbe combinato, poverina…
Però un Cavaliere Mistico non può permettersi una simile “vacanza”, e
purtroppo ho dovuto accantonare l’idea per non andare troppo fuori serie. Essendo
un tipo molto, ma molto curioso, dammi il tempo di organizzarmi, che una
lettura alla tua storia sempre ci scappa!
Per Sho RyuKen: Tu
cominci a scrivere la tua recensione con un “Gonzaaaa!
Doveseiii!” e io rispondo
con un altrettanto “Gonzaaa! Doveseiii!” perché avrei proprio bisogno di lui e della
sua famigerata brodaglia… Konitan mezzo svestito
dici, eh? Vogliamo parlare di Mr. Trampolino? ^__^
In realtà, Zarba una specie di corpo ce l’ha…
C’è una foto in uno dei visual book di Garo dove si
vede in tutto il suo splendore! Un giorno preparo una scansione e te la faccio
vedere! Parlando della vendetta… mah, diciamo tutte e due: l’anello ha agito
sia per ripicca che per il bene del suo proprietario!
E beh, la scena della stanza da letto è
stata veramente difficile. Non sai quante volte l’ho
riletta, ricorretta e modificata perché temevo di finire fuori character e di guastare il tutto. E
per quel che riguarda il “riprovarci” di cui tu mi parlavi, aspetta e vedrai!
*si bea sogghignando*
Mi cucio la
bocca!
Per _Elentari_:
A quanto pare il mini
racconto dedicato a Zarba è
piaciuto proprio a tanti! Quell’anello ha il suo fascino, è proprio vero!
To Mitra: Thanks a lot, Mitra!
I was very happy to receive your comments! So many…! ^__^ Thanks again, you’re
very kind!
ANTICIPAZIONI:
Un incontro voluto, cercato. Kouga finalmente otterrà ciò che più stava
tentando di trovare: L’ubicazione esatta del misterioso ShiroYomoda. Un confronto sarà inevitabile, ma una volta
lì, non è detto che i suoi dubbi potrebbero trovare una
lauta risposta.
Riaprì gli occhi dopo aver passato l’intera notte in ospedale, Kaoru
Incontro
#18
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
Riaprì gli occhi dopo aver passato l’intera notte in
ospedale.
Era rimasta lì accanto all’amica, senza staccarsi da lei per
un solo istante.
Secondo la diagnosi dei medici, nonostante il forte shock, il
suo organismo non aveva subito gravi danni.
Asami sarebbe dovuta restare un
paio di giorni sotto stretta osservazione medica, e soprattutto a riposo.
La figlia di Yuuji quando fu del
tutto vigile si rese conto che la rossina
la stava osservando. Molto probabilmente doveva essersi svegliata da tempo.
- Asami…!? – esclamò rianimandosi
in un lampo, e si alzò subito dalla sedia dove si era appisolata durante la
notte. – Come ti senti? Vuoi che chiami un medico? – fece a più riprese. L’agitazione
le ballava negli occhi.
La sua migliore amica, in quanto tale, se ne
accorse, ma nonostante il lieve stato di spossatezza sorrise. – Che c’è? – chiese a quel punto Kaoru,
non si ricordava di aver detto o fatto qualcosa di strano.
- Niente. E’ solo che quando fai così, è impossibile non
ridere! – la Shinohara la guardò ancora. Stavolta
aveva assunto un’espressione quasi malinconica – Sei stata
qua tutta la notte, vero?
- Non potevo lasciarti da sola. – asserì, ne
era più che convinta. – Ho telefonato ai tuoi. Arriveranno a momenti.
Asami non poté fare altro che sospirare.
Guardò ancora l’amica e stavolta le sorrise con dolcezza. – Grazie! –
pronunciò, con un timbro pacato e dolce allo stesso
tempo. Cercò di prenderle la mano, e malgrado le mancassero ancora le forze, lo
fece con trasporto. Lo fece con quella stessa energia di chi, nel momento di
maggiore bisogno trova qualcuno pronto a dargli un
prezioso sostegno.
La sua era una gratitudine sincera.
Kaoru arrossì leggermente. Ma più di ogni altra cosa, sapere che poteva ancora parlare con la
sua migliore amica la ripagava abbondantemente di tutte le difficoltà che aveva
dovuto affrontare pur di salvarla.
Poi ad un tratto Asami, com’era
consono che fosse, le fece una domanda in particolare: - Che cosa mi è successo?
La mora ebbe un sussulto. Non poteva raccontarle la verità.
Avrebbe rischiato di spaventarla per davvero. – Sei svenuta
mentre stavamo chiacchierando in quel parco, ricordi?
Scosse il capo, sconsolata. - A dire il vero, no... –
dopodichè fu costretta ad ammettere – Forse sto lavorando troppo…
però – fece una breve pausa. Sembrava che stesse ricordando qualcosa – ho come la sensazione di essere stata inseguita da un
orrendo mostro.
Kaoru sussultò ancora una volta.
Non sapeva cosa risponderle, perché in effetti l’amica
aveva ragione. Quella non era una semplice sensazione, bensì la realtà.
Tergiversò biascicando inizialmente
qualcosa, per fortuna a salvarla da quella tremenda circostanza fu
l’arrivo improvviso della famiglia Shinohara.
Con educazione, l’artista si fece da parte. – Vi lascio da
soli. Per qualsiasi cosa, sono qui fuori! – disse, e così uscì dalla camera.
***
Nel palazzo del Cane da Guardia del Nord, d’innanzi alla
sentinella vestita di bianco, c’era un Cavaliere
Mistico.
Ma non uno dei tanti. Si trattava
di Kouga in persona.
Guardava quell’anziano saggio con
un’aria pericolosamente minacciosa. Ovviamente, non doveva essere di buon
umore.
- Mi serve l’indirizzo di un certo ShiroYomoda. – disse ad un tratto, con una maniera
diretta, senza avere esitazioni o ripensamenti di qualsiasi genere.
- E chi sarebbe costui?
- La smetta di mentire! Sono stufo ormai. – replicò
bruscamente. Aveva uno sguardo duro, ostinato. Fece una fatica incredibile a
trattenere la rabbia che dimorava in lui dopo quanto accaduto la sera prima
alla migliore amica di Kaoru. – Quanta altra gente
dovrà soffrire? Quante altre persone moriranno inutilmente?
- E secondo te, questo ShiroYomoda è la causa di tutto
ciò? – gli domandò a quel punto il sacerdote, mantenendo nonostante tutto un
tono pacato.
- Se non lo incontro di persona,
non potrò mai saperlo.
Il guardiano emise un sospiro. – Dimmi, Kouga,
se io ti dicessi dove si trova costui, tu andresti in
quel posto solo con l’intento di parlare? – l’anziano temeva che il giovane una
volta lì, non riuscendo a trattenere la rabbia avrebbe perso il controllo. Ma questo era contro il regolamento. Un Cavaliere
Mistico non poteva fare del male ad un essere umano.
Kouga abbassò gli occhi. L’uomo
aveva esattamente colpito nel segno. – Quindi,
significa che lei non mi aiuterà, è così?
- Al contrario – premise la sentinella del Makai, prendendolo alla sprovvista
– Ti dirò dove puoi trovarlo. Questa faccenda sta diventando ingestibile anche
per noi. Ti concedo l’opportunità di indagare, ma ricorda che se violi il
regolamento, la punizione per te sarà severa. – fece, mentre lo fissava con
quei suoi occhi scuri ed inflessibili. - Vuoi dunque accettare questa missione?
Kouga ne fu praticamente
certo: - Accetto!
***
Con le spalle appoggiate alla parete bianca, Kaoru aspettava accanto alla camera di Asami.
Da lì poteva sentire il chiacchiericcio dei genitori
dell’amica, e anche la voce di quest’ultima.
Gettò uno sguardo all’orologio, aveva
saltato la colazione e a breve anche il pranzo pur di restare accanto
all’amica.
Certo, lo stomaco le brontolava, ma
nonostante tutto lei resisteva o cercava di farlo. Non se la sentiva di
tornare a casa, farsi preparare qualcosa da Gonza e mangiare come nulla fosse mai accaduto.
Un rumore di passi attirò la sua attenzione. Nel sollevare
il capo intravide un cappotto bianco svolazzante muoversi nel bel mezzo del
corridoio. Lo riconobbe quasi all’istante.
Kouga la raggiunse, le si avvicinò, poi gettò uno sguardo verso la porta della
camera dove si trovava Asami.
- Si è svegliata?
- Sì, adesso c’è la sua famiglia.
- Come sta?
- I medici hanno detto che il
nostro intervento è stato provvidenziale. Ad ogni modo non ricorda nulla di ciò
che le è successo.
- E’ un bene, no? – proruppe Zarba
con la sua voce.
Kaoru assentì. – Già, è un bene. In
ogni caso, le ho raccontato che si era sentita
semplicemente male, e che… - Kaoru stava per finire
quella frase, ma d’istinto sentì la necessità di portarsi una mano sulla fronte.
Inoltre avvertì le palpebre degli occhi farsi estremamente
pesanti.
Che cosa c’è? – chiese Kouga notandola.
- E’ solo stanchezza. – rispose, e in quel momento,
sentendosi la forza nelle gambe mancare di colpo, si accostò al torace del
giovane per non cadere, ed afferrando un lembo del soprabito si tenne su.
- E’ molto debole. – disse il Madougu,
costatando la salute della giovane mediante l’anello magico di fidanzamento che
ella portava al dito.
- Da quant’è che non mangi? – le
domandò il ragazzo, con un’intonazione di voce quasi apprensiva.
- Da ieri pomeriggio, ma non è nulla, davvero. – rispose a
stento. Non voleva farlo preoccupare per ciò che lei reputava solo una
sciocchezza. – Mi sento solo… - riuscì semplicemente a
dire queste parole, dopodichè crollò a terra perdendo i sensi.
Kouga la sorresse al volo. - Kaoru?! – esclamò colto dall’agitazione, e con dei dottori lì nei paraggi,
non gli fu difficile chiedere aiuto.
La figlia del pittore Yuuji riaprì
lentamente gli occhi. Se li sentiva tremendamente pesanti e
stanchi.
Si trovava distesa su uno dei lettini posti nella camera
dell’ospedale poco più distante da quella dove alloggiava Asami.
La prima cosa che vide davanti a sé, fu il volto annottato
di Kouga.
- Cosa mi è successo? – pronunciò con un filo di voce, poi si toccò la fronte con la
mano. Aveva un gran mal di testa.
- Hai avuto un calo pressione e sei svenuta. Sei stata tutta la notte accanto alla tua amica, adesso dovresti
riposare. Chiamo Gonza e gli dico di venirti a prendere. – il ragazzo fece per
alzarsi, ma Kaoru lo trattenne per un braccio.
- Vorrei restare ancora un po’. Almeno finché Asami non si sente meglio, ti prego. – Ad una richiesta
simile, soprattutto se accompagnata da un’espressione del viso molto tenera,
come si faceva a rifiutare?
Il signorino sospirò, e solo alla fine,
con estrema fatica, acconsentì. – Dirò a Gonza di venirti a portare qui il
pranzo.
Kaoru annuì, ed infine sorrise.
***
Rei Suzumura stava aspettando
qualcuno ai piedi di una lunga scalinata di pietra. Aveva le braccia incrociate
e di tanto in tanto lanciava un occhio alla via, verso l’orizzonte. Nel farlo
per l’ennesima volta, vide finalmente che quel qualcuno era giunto.
La reazione di Kouga, stupito di
trovarlo lì, fu pressoché scontata: - Che ci fai anche tu qui?
Il collega più giovane fece spallucce. – Il Cane da Guardia
dell’Est mi ha chiesto di farti da spalla.
- In pratica sei qui per tenere d’occhio Kouga ed evitare che infranga il regolamento. –
asserì convinto di ciò l’anello guida, Zarba. Il
Cavaliere d’Argento si lasciò sfuggire di proposito un sorriso. Kouga al contrario non sembrava pensare ad altro che a
raggiungere l’abitazione del signor Yomoda. Salì i
gradini, ed in un lampo si ritrovò davanti ad una delle porte che mai nella sua
vita aveva desiderato aprire così tanto.
Rei gli fu accanto in un baleno.
Gli posò una mano sulla spalla, come per rassicurarlo. – Cerca
di mantenere la calma, siamo d’accordo?
La replica pressoché scontata dell’altro non lo stupì per
niente. – Non faccio promesse. – dopodichè suonò il campanello.
Mentre aspettava, si accorse che i
battiti del cuore stavano aumentando, l’ansia stava germogliando in lui come
un’erbaccia difficile da espellere.
La porta si aprì, e i Cavalieri del Makai
fecero per la prima volta la conoscenza di Shiro in
persona. Per una qualche strana ragione, anche se Kouga
non lo aveva mai visto prima d’ora, lo riconobbe senza esitare.
Si trattava di un uomo sulla quarantina d’anni, con
l’aspetto pressoché normale, forse leggermente trasandato, con tanto di
barbetta incolta sul viso. Non appena egli notò l’abbigliamento di quegli
ospiti inattesi, capì che non erano delle semplici persone. Si rese conto di
trovarsi faccia a faccia con addirittura due Cavalieri
Mistici. Cercò di richiudere la porta per istinto, Kouga
trattenne l’anta bruscamente e tentò di mantenere il timbro della voce stabile.
- E’ lei ShiroYomoda?
- Ho chiuso con i Cavalieri Mistici da anni. Andatevene via!
– da quella risposta, i due dedussero che quello era un “sì”.
Kouga lo investì con un’occhiata
bieca. – Ne è davvero sicuro? – parve quasi sfidarlo.
Rei capì che la situazione stava prendendo una gran
brutta piega, così prese la parola al volo.
- Vogliamo solo che lei risponda a delle domande. Tutto qui.
- Io non parlo con una razza meschina come la vostra! –
Un’affermazione simile, di quella portata, avrebbe fatto perdere le staffe a
chiunque. Oltretutto il giovane Saejima già le aveva
perse di suo, per cui a quel punto non cercò neppure
di contenere la propria rabbia: Lo afferrò per il bavero della camicia e lo
strattonò all’indietro. – Se c’è una persona meschina tra di
noi, quella sei tu! – gli disse urlando. Il giovane Suzumuraintervenne cercando di trattenerlo come meglio poteva.
- Calmati Kouga! – riuscì a fargli
mollare la presa, anche se con una fatica mostruosamente immensa. E capendo che la situazione gli sarebbe potuta sfuggire di
mano, arrivò al dunque. – Vogliamo sapere cosa ne hai fatto della Stella del Makai, quella che hai creato
durante la notte della supplica.
Shiro li guardò con aria
sconcertata. Sgranò gli occhi. – Voi come fate a sapere di quella stella?!
Rei sospirò. Stava perdendo anche
lui la pazienza. – Tu rispondi e basta.
- Andate via! – tuonò ancora. Proprio non ne voleva sapere
di parlare con loro.
- Stanno accadendo cose strane ultimamente. Abbiamo bisogno
che tu ci dia una risposta!
- Sono affari questi che non mi riguardano. Se siete davvero dei Cavalieri del Makai,
sbrigatevela da soli e toglietevi di mezzo!
Kouga afferrò la spada per il
fodero, strinse il manico con l’intento di sguainarla, ma ancora una volta Rei lo frenò.
- Sei forse diventato matto?! Altro
che punizione! Così verrai cacciato dall’ordine dei
Cavalieri!
Fu in quel preciso istante che, ShiroYomoda, nel vedere il fodero della spada colorato di
rosso, ebbe un sussulto.
- Tu… - premise, la voce tremolante, mentre guardava con incredulità
Kouga – Chi ti ha dato quella spada?
La replica del ragazzo per lui assunse un suono simile a
quello di un tuono che squarcia il cielo. - L’ho
ereditata da mio padre, Taiga Saejima!
La rabbia annebbiò Shiro che senza
riflettere si lanciò verso lo spadaccino con l’intento di aggredirlo.
Ovviamente Kouga si difese, e ciò li portò a tenersi
testa pericolosamente. Rei tentò di dividerli, ma dapprima
non fu facile. Si trovava in mezzo a due furie.
- Sei figlio di quel maledetto! –
tuonò con rabbia Shiro, mentre lo strattonava per il
bavero del cappotto.
Kougasi innervosì
pericolosamente. Nessuno mai avrebbe dovuto usare parole così forti nei
confronti di Taiga.
Inaspettatamente tra le due voci ne comparve una terza.
- Che sta succedendo, papà?! – si udì echeggiare, dopodichè alle spalle di Shiro
arrivò qualcuno. Prendendolo per un braccio
cercò di trascinarlo via, di farlo calmare. E quando Kouga vide finalmente il volto di quella misteriosa figura,
diventò di colpo pallido.
Sì, perché il figlio di Shiro altri non era che Ikuo.
I due coetanei si guardarono con reciproco stupore, entrambi
sbigottiti nel trovarsi l’uno davanti all’altro.
- Tu?! – esclamarono a vicenda, sembrava
quasi un coro.
Poi Ikuo si fece avanti per primo.
– Che ci fai in casa mia? – Il tono della sua voce era
particolarmente acido.
Rei capì che tra i due non c’era di
certo un’ottima intesa. Così, intervenne. – Siamo venuti per chiedere una cosa
a tuo padre. Non vogliamo creare problemi, perciò credo che sia
meglio andarcene. – disse, e nel farlo guardò Kouga
di sottecchi. Finì la frase quasi sussurandogli – Per
oggi è meglio evitare altre azzuffate.
- Non me ne vado finché lui non avrà
parlato! – sentenziò lo spadaccino. Nessuno mai lo avrebbe smosso da lì.
Di questo ne era più che sicuro.
Lui e Shiro si fissarono negli
occhi.
I Cavalieri Mistici erano una razza testarda. Questo l’uomo
lo sapeva benissimo, avendo frequentato Taiga per un po’.
- Se io ti dicessi a cosa mi è
servita quella stella del Makai, tu spariresti per
sempre dalla mia vita?
- All’istante. – replicò Kouga,
senza perdere altro tempo.
- Papà… Che cos’è questa storia? – si sentì l’obbligo di
chiedere a quel punto Ikuo, dato che non ne aveva la più pallida idea.
L’uomo non prestò neppure attenzione alle parole del figlio.
– Ho creato quell’arma perché volevo dare una lezione
a Taiga, ma quando Ahriman in persona mi disse che ormai era già morto, la sotterrai in un terreno
abbandonato.
- Bugiardo! – tuonò irrimediabilmente il Cavaliere dell’Est.
Non credeva che avesse fatto una cosa simile, che avesse rinunciato ad avere un
potere così influente.
- E allora perché non lo provi, ragazzino? – sottolineò,
e il termine usato in questione lo fece infuriare.
- Andiamocene via! – disse Rei, afferrandolo per un braccio.
Il collega si liberò dalla presa e lo investì con uno sguardo truce.
- Non sto rischiando di essere bandito dall’ordine dei
Cavalieri Mistici per nulla! Voglio sapere la verità!
- Andiamo via! – ripeté per l’ennesima volta l’amico, e
stavolta alzò il tono della voce. Possibile che Kouga
fosse così dannatamente ostinato? Ormai Suzumura non
ne poteva più di stargli dietro. Sembrava perfino essere diventato lui quello
serio e tutto d’un pezzo, mentre Kouga
si era trasformato nel bambino della situazione.
- Se non ve ne andate chiamo la
polizia. – ribadì ad un tratto Ikuo,
e non stava di certo scherzando!
- Ci manca solo questa e stiamo apposto. – sbottò il
Cavaliere dell’Ovest, alzando gli occhi al cielo con una mano tra i capelli.
Kouga fu costretto a malincuore a
cedere. Si girò in direzione dell’uscita, ma nell’istante in cui lo fece,
accadde un avvenimento inaspettato.
- Kouga!
- Rei!
Dissero in coro Zarba e Silva. E poi ancora all’unisono sputarono fuori la sentenza: - C’è
un Orrore!
I due si scambiarono un’occhiata, successivamente
corsero fuori nel piazzale. Li seguì anche Shiro, in
compagnia del figlio, sempre più confuso da quanto stava succedendo.
L’Orrore in realtà non era uno, bensì tre.
- Maledetti! Li avete portati fin qui! – sbottò Yomoda severamente.
Rei lo corresse. – Non era di certo
nostra intenzione.
Le belve li attaccarono quasi subito, senza dare loro
l’aggio di pensare. I guerrieri del Makai sfoderarono
le armi per difendersi, mentre Shiro agguantò un
lungo bastone di ferro lì vicino, e lo usò per respingere uno di quegli esseri.
- Allontanati, Ikuo! – ordinò al
figlio, che lì impalato non sapeva cosa dire o fare. – Muoviti!
Ikuo corse via a più non posso, mentre i tre si apprestavano a duellare.
- Dovresti scappare anche tu. Ci pensiamo noi a loro. –
propose Rei nei confronti dell’uomo.
Tuttavia egli non era d’accordo.
- Ho passato cinque lunghi anni ad allenarmi per diventare
un Cavaliere Mistico, mi ricordo ancora come si
combatte. - Shiro aveva di sicuro un carattere forte
e molto orgoglioso.
Mentre lottavano, lui e Kouga si
ritrovarono esattamente fianco a fianco. E lo stesso Yomoda, nel vederlo
duellare in quel modo, fu costretto ad ammettere una cosa. – Taiga ti ha
addestrato bene.
Kouga non ribatté, e proseguì la
sua battaglia.
La lotta non durò molto. In tre fecero
prima del previsto, ed una volta sconfitti i nemici, riuscirono a
riprendere il controllo della situazione.
Si fermarono giusto per riprendere fiato, perché subito dopo
arrivò un altro avvenimento sconvolgente.
In lontananza, eretto sulla cima di un palazzo, il luccichio
improvviso di qualcosa attrasse la loro attenzione.
Quando misero a fuoco la vista, lo sgomento si impossessò dei due Cavalieri.
Ma fu Kouga, quello a provarne di
più nel momento in cui vide che quello era Garo.
La mistica figura se ne stava ferma, immobile, rivestita da
quella corazza d’oro che si rifletteva nella notte, li scrutava.
Kouga cercò di muoversi, voleva
corrergli incontro, ma era troppo lontano per raggiungerlo. E così, il lupo
dorato tanto simile all’originale, se ne andò via, sparendo
nelle tenebre di quella sera.
- Non dirmi che è stato lui a
mandarci addosso quegli Orrori!? – esclamò Rei, piuttosto sbalordito.
- A quanto sembra… - commentò Silva.
Kouga guardò dritto in faccia Shiro. Era evidente, adesso, che non era lui a vestire i
panni dell’altro Garo.
E nel constatarlo, provò solo una
forte amarezza.
- E’ a causa di quel Cavaliere d’Oro, che sei
venuto a cercarmi? – pronunciò l’uomo, che forse aveva capito gran parte della
questione. Nel guardarlo dritto negli occhi, si rese conto di quanto fossero
spenti, di quanta delusione ci fosse dentro quel ragazzo che aveva quasi l’età
di suo figlio. La differenza stava solo nel fatto che Ikuo era un giovane come tutti gli altri,non aveva di certo simili problemi. Oltretutto, suo figlio aveva ancora un padre, mentre Kouga non poteva contare sull’aiuto di nessuno. – Ti
consiglio di cercare altrove, perché io ho chiuso con le arti magiche dal
giorno in cui ho rinunciato al paradiso per avere vendetta. - Con quelle
parole, fu come se Shiro avesse voluto dargli un
consiglio, mettendo per un attimo da parte i dissapori, e rientrando nel ruolo
di un padre che voleva dare una mano al proprio figlio.
Sopraggiunse anche Ikuo, che senza
pensarci neppure una volta gli corse incontro.
- Papà, stai bene? – chiese preoccupato – Non sei ferito, vero?
- Avrò anche qualche capello bianco, ma non sono di certo un vecchio. – rispose l’uomo, successivamente guardò sia Rei che Kouga
– Spero che adesso ci lascerete in pace.
Il Cavaliere dell’Est non disse neppure una parola. Gli lanciò un’occhiata breve, e poi, silenziosamente andò via.
Rei lo raggiunse di corsa, gli si
affiancò.
Per strada i due non dissero nulla. Non aprirono neppure per
mezza volta le loro labbra.
E anche se Rei avrebbe voluto dire
qualcosa, sapeva che Kouga, ferito più che mai
nell’animo, non gli avrebbe risposto.
Fine episodio
I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:
Eccomi qua! ^__^
Siccome vado di fretta, non vaneggerò molto,
state tranquilli! ^^;
Perciò, passiamo subito alle risposte:
Per stelly89_s: E’ verissimo! La parte in cui Kouga sale le scale se interpretata in chiave ironica è
veramente buffa! ^__^ Ma un Cavaliere del Makai è
costretto a fare questo ed altro per il bene degli esseri umani. Anche farsi 7 piani a piedi!
Per DANYDHALIA: Purtroppo Kouga
non impara mai la lezione, finché non succede qualcosa di veramente grave, ma
lui è fatto così, è testardo ed orgoglioso. Avrai modo di scoprire tutto nel
prossimo episodio.
Devi sapere
che all’inizio optai per la morte di Asami, tuttavia l’idea di farla sparire mi piaceva poco. Facevo
fatica a scrivere quel pezzo forse perché la Shinohara
mi sta molto simpatica, è un tipo dal carattere
allegro, solare, non poteva fare quella fine. Così, mi venne in mente la
trovata della Croce Mistica e decisi di cambiare. Menomale! Ikuo in questo capitolo è
sempre confuso (poverino!), prima Kaoru con gli
orrori, e poi ora anche suo padre! In realtà i capitoli che stai leggendo
adesso, li ho scritti circa 7/8 mesi fa, quindi sono
vecchi. Preferisco avvantaggiarmi con le fanfic, così
non mi sento troppo oppressa e lavoro meglio! Appena posso vado a leggere la tua storia! ^__^
Per ShoRyu Ken:Ahah! XD Guarda che se la prossima volta
recensisci in ritardo, ti faccio fare anche a te i 7
piani di scale a piedi! XD Scherzi a parte, Eh già, quando Kouga
ed Ikuo si arrabbiano sono formidabili! Ti assicuro
che mi diverto un casino a fare scene così. La prossima volta ci metto pure un’Impala nella fic!
Magari guidata da Gonza!! Sì, Rei è
servito proprio a quello, e a dirla tutta, anche senza di lui Kouga non avrebbe mai fatto del male ad Asami.
E’ la migliore amica di Kaoru, quindi una cosa simile
è impensabile, e non ha tutti i torti. Al posto suo avrei fatto lo stesso.
Acc!
Ho visto solo ora l’errore perché me lo hai detto tu, ma quando la stavo
correggendo deve essermi sfuggito. E’ la prova tangibile che quel benedetto
giorno stavo proprio male!
Per adesso è
tutto. Il prossimo capitolo arriverà molto presto, per i più
sensibili consiglio di preparare i fazzoletti perché potrebbero
servire…!
Alla prossima!
Botan
ANTICIPAZIONI:
Kouga
è di cattivo umore. Kaoru accetterà l’invito di Ikuo credendo di fare la cosa
giusta, e lì sul quel pontile sospeso tra cielo e terra il destino cambierà il
corso degli eventi portando alla luce quesiti irrisolti.
Kaoru aveva visto Gonza rientrare in casa, dopo essere stato fuori in
giardino, con un’espressione sul viso a dir poco terrorizzata
Menzogna
#19
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
Kaoru aveva visto Gonza rientrare in casa, dopo essere stato
fuori in giardino, con un’espressione sul viso a dir poco terrorizzata. Si era
chiesta il perché di così tanto sgomento, e per
curiosità decise di uscire anch’ella per verificare di persona.
All’apparenza sembrava tutto normale. C’era come al solito Kouga che stava facendo
i suoi allentamenti mattutini con la consueta scrupolosità di sempre. Gli si
avvicinò, convinta di non fare nulla di male. – Sai per caso cosa è successo a
Gonza? Sembrava avere appena visto un mostro. – disse, ma non appena il giovane
le diede “gentilmente” una risposta, allora capì tutto.
- Vattene via!
Ecco, Gonza aveva incontrato “quel” mostro. Adesso tutto
filava per il verso giusto e senza sbavature.
Kouga era nervoso dalla sera
precedente. L’artista infatti ricordava che dopo
essere tornata a casa dall’ospedale, lui non le aveva rivolto parola. Per
giunta era perfino andato a letto presto. Davvero
preoccupante per uno che passava le notti fuori casa a caccia di belve feroci.
A quel punto cosa poteva fare?
Se avesse provato a chiedergli “c’è qualcosa che non va?”,
lui al massimo le avrebbe chiesto di fare silenzio ed
andar via. Per l’ennesima volta.
Così, senza dire nulla, ciò che fece Kaoru fu proprio
andarsene. Attraversò il lungo corridoio in silenzio. Era mogia, e si capiva
solo guardandola dritta in viso. E la causa di ciò era
ovviamente da attribuire al comportamento freddo ed irrequieto del suo Kouga.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di vederlo sorridere. A
Kaoru piacevano molto i suoi sorrisi. Forse perché lui rideva di rado, perciò
erano più speciali.
Nel corridoio si imbatté
nell’antica armatura che tempo addietro l’aveva fatta cadere. Si fermò proprio là
davanti, e reclinò il capo verso destra. – Tu che dici? Sarà nervoso per via
del lavoro? – disse, non sapendo con chi parlare.
Asami era tornata a casa quella
stessa mattina, perciò non poteva certamente stressarla raccontandole i suoi
problemi. Poi ad un tratto le squillò il cellulare.
Rispose, e dall’altro capo una voce squillante enunciò: -
Sono io, Ikuo!
- Ah, ciao! – disse dapprima sorridendo,
poi chiese - Hai bisogno di qualcosa?
- Vieni subito davanti all’istituto di pittura. C’è una cosa
che devi assolutamente vedere!
Era alquanto incuriosita dalla richiesta dell’altro. Arrivò
sul posto in un baleno. Quando vide l’amico si fermò
lì davanti, con il fiatone. Cercò di riprendere fiato, e le ci volle un po’.
- Ma quanto hai corso? – fece il giovane
Shiota, nel vederla tutta scombussolata.
Rispose a stento, tra un respiro e l’altro. – Tanto! – e poi tentò di aggiungere - Al telefono sembravi agitato, ho
pensato che fosse successo qualcosa, che il palazzo fosse stato raso al suolo,
o peggio, che...
Ikuo scoppiò improvvisamente a
ridere. Ancora una volta Kaoru aveva frainteso tutto,
con la stessa ingenuità di sempre.
- Beh, se sono qui davanti a te, significa che sono ancora
vivo, no?
L’altra arrossì imbarazzata nel rendersi conto che aveva equivocato
proprio tutto. – Ma allora cos’è che volevi farmi
vedere?
L’amico sorrise bonariamente. – Questo. – disse
semplicemente, e quando si spostò da una parte di quella parete che lui teneva
nascosta con le spalle, emerse qualcosa di straordinariamente strabiliante.
La bella Mitsuki sgranò gli occhi
in preda allo stupore non appena intravide un manifesto che sponsorizzava
alcune delle sue favole create per lo studio dove lavorava.
- Ma come… - tentò di articolare,
tuttavia la sorpresa improvvisa non le fece uscire granché dalle labbra.
- Come ci è finito qui? – continuò Ikuo, pensando che l’amica volesse dire proprio quello. Si
strinse nelle spalle – Mah, diciamo che un giovane
artista mezzo matto ne ha parlato con il direttore di questo istituto, ed ha
così ottenuto un lasciapassare per appendere qui il manifesto.
La figlia di Yuuji scosse il capo,
ancora stordita da ciò. – Aspetta… mi stai forse dicendo
che sei stato tu? – Infatti anche se ingenua, aveva
capito che l’artista mezzo matto in realtà era proprio Ikuo.
Equest’ultimo
oramai scoperto, fu costretto a dire ogni cosa.
- In un posto simile, dove entrano centinaia di persone
appassionate d’arte e soprattutto molto facoltose, ho pensato che magari
qualcuno di loro sarebbe stato interessato a finanziare uno studio tutto tuo,
dove puoi creare storie liberamente e senza vincoli. Se
ben ricordo, era questo il tuo sogno, giusto?
Dopo quelle parole, Kaoru non seppe cosa dire. Era in
tremenda difficoltà, ma felice allo stesso tempo.
Reclinò un pochino il capo per reprimere l’imbarazzo, e poi timidamente
aggiunse – Hai avuto un pensiero molto carino.
- Te lo meriti, tutto qui. – Ikuo
sorrise, guardò successivamente l’orologio, e nel
farlo si fece venire un’idea. – Senti, che ne diresti se pranzassimo insieme?
C’è una piccola locanda qui dietro, dove vado spesso. Fanno
dei dolci buonissimi, e la cucina è molto tradizionale.
- Veramente… - premise la ragazza, non sapendo cosa risponde
perché presa alla sprovvista. La richiesta l’aveva spiazzata. Però all'improvviso
nel ricordarsi del comportamento che aveva avutoKouga solo poche ore fa, pensò che forse avrebbe fatto
meglio a non rientrare a casa per evitare di causargli altri fastidi. Forse il
signorino aveva solo bisogno di stare un po’ per i fatti
suoi, in totale tranquillità, pensò in quel momento.
Sorrise ad Ikuo, e prese il
cellulare tra le mani.
***
Kouga era appena rientrato in casa
dopo una mattinata passata ad allenarsi all’aperto. Più che allenamento, quello
gli era servito a scaricare la rabbia accumulata durante la sera prima.
Gonza, nei paraggi, esitò un momento prima
di richiamare la sua attenzione.
- Signorino- antepose, tremolante.
E la replica del ragazzo fu, proprio come se lo immaginava il maggiordomo, abbastanza acida. – Cosa c’è?
Il buon uomo deglutì a fatica. – Ha telefonato la signorina Kaoru
- fece apposta una pausa per racimolare un pizzico di coraggio. Era cosciente
del fatto che al ragazzo ciò che stava per dire non gli avrebbe fatto piacere.
Smise di tremolare con la voce, e si lanciò – Mi ha chiesto di riferirvi che
pranzerà fuori con quel suo amico… Come si chiamava…? Non ricordo più il nome…
Kouga si girò di scatto verso di
lui. Lo investì con un’occhiata torva. – Ikuo?!
- Esatto! – esclamò il maggiordomo, ma nel vedere
l’espressione del signorino diventare di colpo arcigna,
finì di esultare.
Lo spadaccino andò a prendersi il soprabito, mentre Gonza lo
guardava impietrito con una certa incertezza.
- Ma signorino…! Dove
state andando? Il pranzo è quasi pronto, e… - non gli fu concesso aggiungere
altro. La replica del giovane coprì bruscamente il suono di una voce mite come
la sua.
- Non ho più fame.
Gonza lo vide andare via, ma rimase in assoluto silenzio,
dandogli così la libertà di uscire. E quando il rumore
del portone della villa riecheggiò nell’atrio facendo tremare anche i quadri
appesi alle pareti, anche il buon maggiordomo sussultò.
Per strada il figlio di Taiga camminava con un’andatura
sostenuta, pressante. Aveva l’espressione del volto accigliata ed aspra, il
respiro teso e il cuore in tumulto.
- Dimmi dov’è?! – chiese,
rivolgendosi al proprio Madougu malamente.
Zarba infatti
mediante l’anello che il ragazzo aveva regalato a Kaoru, poteva rivelare la sua
posizione.
Tuttavia sospirò, mostrando pazienza.
– Finiresti con il violare la sua privacy se te lo dicessi.
Se non sbaglio l‘anello doveva servire a proteggerla
in caso di pericoli. Ma non mi sembra che ce ne siano
con lei adesso.
Tra i due ci fu un botta e risposta altalenante.
- Non dovrebbe stare con quel ragazzo.
- Perché è il figlio di Shiro? Sei ancora convinto che centri qualcosa con tutta
questa faccenda?
- Non voglio correre rischi.
- Secondo me tu non vuoi correre il rischio che quel giovane
te la porti via.
- Dimmi dov’è! – tuonò Kouga per
l’ennesima volta, e stavolta non avrebbe accettato un
“no”come risposta.
Zarba sbottò qualcosa anche se a
voce bassa. Non poté far altro che obbedire a quell’assurda
richiesta.
Gli esseri umani erano proprio una razza
ostinata e complessa da capire, pensò indignato l’anello.
***
Kaoru ed Ikuo
erano appena usciti dalla vecchia locanda dove avevano pranzato.
Per la strada a quell’ora non
c’era nessuno. La giovane artista si guardò un po’ in giro,
si stiracchiò. Era sazia e si sentiva parecchio piena. – Ci vorrebbe
adesso una lunga passeggiata per smaltire il pranzo. EdIkuo quella richiesta la prese alla lettera. Afferrò
di corsa la sua mano. Kaoru in quel momento si sentì tirare letteralmente via
da lì. - Hey, ma..!? Che
succede adesso…?
- Succede che adesso ti porto in un posto speciale!
- E ci andiamo correndo?
- Così smaltiamo il pranzo, no? – Il
giovane Shiota sorrise allegramente, e Kaoru non ribatté. Dopotutto era stata lei ad esprimere il
desiderio di fare due passi per alleggerirsi lo stomaco.
Dall’altra parte della città, qualcuno notò una certa
anomalia.
- Ohi ohi,
Kouga… - disse ad un tratto Zarba
– Non la sento più.
Il ragazzo lo investì con un’occhiata inquieta. – Che vuoi dire che non la senti più? Le è forse accaduto qualcosa?
- No, però faccio fatica ad individuarla. Credo che ci sia
qualcosa che interferisca, e a dire il vero… - Zarbasmise ad un tratto di parlare. – Un Orrore! – Kouga ebbe un sussulto. L‘anello poi si espresse
meglio – C’è un Orrore in questa zona!
Il figlio di Taiga si preparò a sguainare la spada, ma prima
ancora guardò il cielo. La sera stava calando, e non aveva tempo da perdere
appresso a quella bestia. Lui doveva raggiungere la sua Kaoru.
Maledizione, pensò con rabbia, non ci voleva proprio un
contrattempo simile in un momento simile.
Che tremenda ironia!
Nel frattempo Ikuo e la ragazza si
erano finalmente fermati. Kaoru si piegò sulle
ginocchia, aveva il fiato corto, e faticava perfino a parlare normalmente. –
Non ho mai corso così tanto in vita mia!
- Almeno adesso non ti sentirai più piena!
- Però in questo modo mi verrà
un’altra volta fame. – appuntò, facendo una smorfia buffa con il viso. Ikuo scoppiò subito a ridere. Era inutile: Kaoru lo faceva
sorridere, Kaoru lo faceva sentire in pace con il
resto del mondo, Kaoru lo rendeva semplicemente ed
unicamente un ragazzo felice.
Perché mai il destino non li aveva
fatti incontrare prima?
Per l’esattezza, prima che Kouga la portasse via. Prima che quell’immeritevole
persona scontrosa e burbera le rapisse il cuore.
No, lui non meritava di essere amato da una donna come
quella. E fu a quel punto che, guardandola negli occhi, smise di ridere e le si avvicinò.
- Che c’è? – chiese
perplessa la pittrice – Ho forse qualcosa sul viso?
Ikuo scosse la testa. – No, il tuo
viso è perfetto così. –sorrise, ma stavolta con molta più dolcezza, e
gentilmente le portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Kaoru provò subito un forte
imbarazzo. Si trattava di una frase dotata di un velo
zuccherino, che neppure quel testone di Kouga, forse,
sarebbe stato in grado di pronunciare.
Sentì il calore del corpo fermarsi sulle guance che,
naturalmente, si tinsero di un rosso fuoco intenso.
Distolse lo sguardo, e per distogliere
anche l’imbarazzo guardò altrove.
Fu in quel preciso istante che si rese conto di trovarsi su
un ponte altissimo che collegava un capo della città all’altro. Da lassù c’era
una vista mozzafiato. Inoltre, quando scendeva la sera, e si accendevano le
mille luci di una città in continua evoluzione, l’atmosfera che regnava su quel
pontile di pietra non poteva essere paragonata a quella di nessun’altro posto, perché era semplicemente unica e…
magica.
- E’ magnifico – disse, mentre
fissava il panorama con occhi estasiati. Tuttavia si vedeva
lontano un miglio, anche dal tono della voce, che per lei quella era una
situazione abbastanza ingombrante. – C’è una vista spettacolare da
quassù.
Ikuo nell’osservarla in silenzio
aveva capito che un forte senso di disagio le impediva di essere
se stessa. Ciò nonostante, sentiva che non poteva più tacere e reprimere ciò
che provava, ciò che aveva provato fin dal primo
momento, quando si erano visti in quell’aula di
disegno durante la fine della lezione.
- Kaoru – articolò, la voce gli
tremava un pochino, tuttavia lui doveva dirglielo. Assolutamente. – Io… - si
fermò, la osservò in volto, e poi ancora una volta ripetèquell’”io”
ma ci aggiunse dell’altro. – Io credo di essermi innamorato di te.
Ecco, lo aveva finalmente detto, così, d’un
botto, senza rimpianti, ripensamenti o timori.
E quella frase, com’era logico che
fosse, scatenò nei riguardi della bella Mitsuki una
serie di profonde reazioni.
Lei infondo col passare del tempo
lo aveva intuito. Però, nel trovarsi faccia a faccia con
una persona che le aveva appena confessato di amarla, era diverso. Non riuscì né
a fare finta di non aver capito e né tanto meno ad
ignorare quelle parole. Sorrise nervosa, era tesa e si vedeva. Abbassò
leggermente il mento, e riuscì a pronunciare appena il nome dell’amico, perché prendendola alla sprovvista, quest’ultimo
le posò le mani sulle spalle, e spinto dal paesaggio avveniristico o dalla
magia di tutte quelle luci colorate che danzavano nelle vie di città laggiù,
con l’intento di baciarla accostò il viso al suo, ma quando ormai mancava
veramente poco per toccare quelle labbra, Kaoru antepose una mano tra le due
bocche, e così tutto venne giù come un castello di carte con le fondamenta
instabili.
- Anche io ti voglio bene – disse dapprima, e successivamente aggiunse – ma non è lo stesso tipo di
affetto che tu provi per me. – Con una risposta simile Ikuo
sentì inevitabilmente il proprio cuore dividersi a metà.
Si fece forza e sorrise, ma quel gesto aveva un gusto
disperatamente amaro.
- Già – fece, e poi con la rassegnazione nello sguardo
assentì – dovevo immaginarmelo, infondo lo ami così
tanto. – quelle parole si riferivano a Kouga.
Kaoru non poteva e non voleva amare altri ragazzi
all’infuori di lui. E questo Ikuo
fu costretto ad accettarlo, a farsene una ragione anche se controvoglia.
Lei amava Kouga. Nonostante avesse un carattere intrattabile, nonostante fosse un
tipo scontroso, selvaggio, asociale… Lui era l’uomo di cui si era innamorata,
aldilà di tutto. Ed avrebbe continuato a farlo
in eterno, finché la morte, proprio come recitava il sacerdote durante il rito
nuziale, non li avrebbe separati per poi, un giorno, ricongiungerli ancora, di
nuovo, in un universo parallelo. E lì, avrebbero
continuato a vivere insieme per il resto dell’eternità.
A quel punto la ragazza emise un sorriso. Guardò Ikuo, non poteva fare altro per lui, e quel senso di
tristezza, di impossibilità nell’aiutare una persona che
adesso stava soffrendo, anche se esternamente non lo manifestava, le fece
stringere il cuore.
Nello stesso medesimo attimo, su quello stesso
ponte sospeso tra cielo e terra, inaspettatamente giunse lui: KougaSaejima.
Era nettamente in ritardo, e per ciò era
anche di pessimo umore. L’Orrore non gli aveva concesso sconti sulla durata
della battaglia combattuta poc’anzi.
L’attenzione di Kaoru si spostò. Le si
dipinse sul viso un’espressione mista, allarmata e sorpresa nello stesso
tempo. Che ci faceva il signorino lì?
Svelta, si allontanò da Ikuo per
andargli incontro. Nell’avvicinarsi Kouga la afferrò
di corsa per un braccio. Fu brusco.
- Stai bene? – le chiese, ma la voce non pareva avere un
tono molto gentile.
- Certo che sto bene. Perché me lo
chiedi? – Lei non riusciva a comprendere il motivo di tale apprensione da parte
sua, e si sentì un pochino irritata.
- Te lo dico io perché – premise ad un tratto il giovane Shiota, intromettendosi tra i due di proposito. E per questo, Kouga lo fissò con
disprezzo. Ma nonostante ciò, Ikuo
avrebbe parlato ugualmente. – Il tuo ragazzo crede che mio padre sia un
assassino, quindi presumo che non gli faccia piacere che tu frequenti un tipo
come me che fa parte di una famiglia poco
raccomandabile.
Spiattellata la faccenda, Kaoru
guardò Kouga dritto negli occhi. Non era più tanto
allarmata, bensì stranita. – Cos’è questa storia?
- Non ti riguarda. – sentenziò bruscamente, ma quando fece
per trascinarla via da lì, lei si impuntò con i piedi
sul selciato e non mosse un solo passo.
- Non mi muovo da qui finché non mi dirai
che cosa sta succedendo! – lo disse con risolutezza, mentre lo guardava decisa.
Era pronta se necessario anche ad andare contro lo stesso volere del giovane.
Ikuo si mise le mani in tasca con
scioltezza. – Te l’ho già detto una volta che se continuerai ad ostentare un
atteggiamento così ostile, la perderai. E sappi che io
non aspetto altro! – Quella, fu la goccia che fece traboccare l’acqua fuori da un vaso che ormai ne era già da tempo pieno. E per via di quella frase, accadde l’irreparabile.
Il figlio di Taiga scattò in direzione di Ikuo, quest’ultimo si sentì
afferrare per il bavero della maglietta con estrema violenza. Fu spintonato con altrettanta foga, ma anche se sbalordito da
quella reazione improvvisa, di certo non rimase lì impalato a farsi
riempire di botte come un inerme sacco di farina.
Gli “rispose” dandogli una spinta
in petto con ambedue le mani. Il gesto fece arretrate Kouga
di due passi.
Chiaramente quello fu un atto provocatorio, che poi spinge l’altro inevitabilmente a reagire. Ma
l’amico di Kaoru non la finì lì. – Si può sapere che diavolo di problemi hai con me?! Ti dà fastidio che qualcuno possa
fare il filo ad una ragazza che tu non meriti?
Il Cavaliere del Makai non cercò
neppure di ribattere, e lo colpì al viso con un pugno. Kaoru
in quel momento si portò ambedue le mani davanti alla bocca. Dall’altra parte,
l’istinto fece portare anche ad Ikuo una mano sopra
la bocca. Ma quello non fu un gesto dettato dallo
stupore.
Sopra il viso gli comparve una smorfia di dolore che però cercò quasi all’istante di trasformare in un riso
beffardo. Sputò a terra una piccola quantità di sangue dalla bocca, e senza
tanti complimenti si lanciò su di lui.
Cominciò così una lotta che per certi versi assomigliava a
quella tra due coetanei nonché immaturi che misuravano
la propria forza per amore di una ragazza.
In pratica si stavano picchiando perché innamorati della
stessa persona.
Da una parte c’era Kouga che aveva
subito troppi affronti verbali da parte di quello Shiota
insopportabile, mentre dall’altra c’era Ikuo che,
beh, non poteva sopportare il fatto chequell’asociale dal cappotto bianco trattasse una persona
come Kaoru in un modo tanto scortese.
Anche se ovviamente quella era solo
una sua impressione.
E Kaoru, invece? Quale fu la sua
reazione?
Nel vederli litigare in quel modo, fu colta dall’agitazione.
Di sicuro se uno dei due non fosse cascato esamine a terra per primo, l’altro
non si sarebbe fermato.
Tuttavia, se c’era qualcuno che poteva farli smettere, quella era solo lei.
Scosse il capo con decisione, e si lanciò per fermare la
zuffa. Proprio in quel momento Kouga stava per
colpire al volto Ikuo, ma fu trattenuto in tempo
dalla ragazza, che lo afferrò per il braccio stringendolo forte a sé.
- Basta, smettetela! – aveva le lacrime
agli occhi, era sconvolta. Il signorino con una punta d’affanno nel
respiro la scrutò, e tentando di darsi una calmata abbassò il braccio. Ma non subito.
Ikuo si rimise presto in piedi, si
strusciò la guancia con la mano per pulirsi un lato della bocca sporco di
sangue, dopodichè senza aggiungere neppure una sola parola andò via. Prima di
farlo, però, investì Kouga con un’occhiata carica di
sdegno. E l’altro, ovviamente, non fu da meno.
Lo videro allontanarsi zoppicando. Ne aveva
prese parecchio, ma anche il figlio di Taiga da quella disputa infantile non ne
era uscito indenne.
Kaoru si accorse che aveva un taglietto sul labbro inferiore.
Prese un fazzolettino dalla tasca dei pantaloni e lo usò per tamponare la
ferita. Quando il pezzo di stoffa lambì la bocca, lui
si lasciò scappare una smorfia di dolore e contrasse la fronte. La giovane Mitsuki cercò di pulire con delicatezza il sangue,
picchiettando semplicemente la punta del fazzoletto lungo il taglio.
Vide inoltre che sulla guancia di Kouga
era comparso un livido violaceo. Lo sfiorò appena con la punta di due dita. Era
caldo e senz’altro doveva causargli parecchio fastidio. – Ti fa molto male? –
chiese con apprensione.
- Un po’.
E dopo quella risposta, alla
giovane venne quasi spontaneo chiedere dapprima: - Perché? – e successivamente, sentendosi lacerare dentro, fu costretta a
continuare – Perché vi siete picchiati? Perché non
vuoi che io stia con lui? Sappi che per me Ikuo è, e
resterà solo un amico. Non è lui il ragazzo che ho scelto di amare. – lo guardò
intensamente negli occhi. Quelle parole fecero iniziare a battere forte il
cuore di Kouga.
Ma lui, sì, non poteva raccontarle
la verità. Anche a costo di vivere nella menzogna, per
non farla soffrire doveva tacere.
Tuttavia, ci fu qualcosa che cambiò inesorabilmente il corso
degli eventi.
E così, la verità emerse all’improvviso con la stessa forza
di un terremoto devastante che non risparmia nessuno,
e soppresse ogni bugia. Perché la verità, era giunta
dalle tenebre di quella sera, proprio davanti a loro.
Il Garo che aveva finora creato
tanto scompiglio, adesso si trovava lì.
Kouga nel vederlo provò un tuffo
al cuore. Kaoru al contrario fu pervasa da una folata gelida di confusione, tant’è che rimase interdetta a
fissarlo.
- Si mette male. – appuntò Zarba, e le sue parole mai come in quella volta, furono
di una veridicità impressionante.
Kouga prese Kaoru e la spinse
dietro di sé.
Lei sussultò, poi fu costretta a chiedergli: - Cosa sta succedendo? – Ma la domanda venne
assolutamente ignorata. Non si scoraggiò, e proseguì ancora, perché lei doveva
capire ciò che stava avvenendo. Non ce la faceva più a non sapere. – Perché è identico a Garo? – La
risposta a quel quesito la ottenne da quelGaro stesso, che per la prima volta in assoluto fece udire
il suono della sua voce.
- Perché io sono Garo.
- Sciocchezze! – tuonò seduta stante l’altro Cavaliere del Makai. Lo tramortì con un’occhiata bieca. – Tu sei solo un’impostore! Non sei degno di indossare quell’armatura!
– Kouga aveva atteso quel momento da un sacco di
tempo. Troppo, per lui. E finalmente era giunto. In un
certo senso era come se si fosse liberato di un peso. Dirgli
che non era degno di ricoprire un ruolo di quella portata, fu per lui una
liberazione.
- Perché pensi che io non lo sia?
Mi reputi un debole, un vigliacco che gioca a nascondersi? – l’essere ricoperto
d’oro lo fissò in faccia. – Ora sono qui, e ti sto dando la possibilità di
vedere con i tuoi stessi occhi che non sono nulla di
tutto ciò. – Sfoderò all’improvviso la spada, e la puntò dritta davanti al
giovane. – Coraggio novellino, vediamo chi tra noi è quello vero!
L’espressione lo fece infuriare, Kouga non se lo lasciò ripetere una seconda volta.
Era troppo arrabbiato per farsi sfuggire
un’opportunità simile. Finalmente aveva l’occasione di eliminare una volta per tutte la sorgente dei suoi problemi.
- Stai indietro e non avvicinarti per nessuna ragione. – ordinò a Kaoru, mentre portandosi la spada sopra la testa, si
trasformò nell’unico e solo lupo dorato dell’Est.
La giovane Mitsuki, sempre più
confusa, si trovò così d’innanzi a due figure praticamente
identiche. Si tenne a distanza come le aveva chiestoKouga, tuttavia continuava a non avere ben chiara tutta
quella situazione. Cento perché affollavano la sua mente, erano troppi, non
riusciva a tenerli a bada, a contenerli, ma non poteva fare altro che assistere
all’imminente battaglia.
E così, il tanto atteso confronto
era giunto.
Fu il vero Garo a fare la prima
mossa, e con tutta l’indignazione che aveva in corpo, scagliò la spada contro
l’avversario che la respinse prontamente, dimostrando di essere
alquanto preparato.
Si muovevano entrambi con velocità, scaltrezza, oltretutto erano in perfetta sincronia: quando l’uno attaccava, l’altro
era pronto a parare. EKouga
dovette ammettere a se stesso, che quella copia era notevolmente abile.
Si fronteggiarono con le spade, le lame presero
ad incrociarsi, a fare scintille. Si guardarono dritto negli occhi.
- Non riuscirai a sbarazzarti di me! Prenderò
il tuo posto e a quel punto tu finirai nel dimenticatoio, e questo mondo, tutti
i Cavalieri del Makai, cadranno al mio servizio perché
sono io l’unica Zanna Dorata dell’Est!
- Non permetterò mai che tu faccia ancora del male! – Il
lupo originale aveva appena emesso la sua sentenza. Lo respinse con quanta più
rabbia avesse in corpo, e nel farlo pensò a Shigeru, il padre di Souka,
ucciso proprio da quella figura che adesso stava duellando con lui. L’odio ed
il rammarico gli annebbiò il cervello, fece per gettarsi su di lui, ma Zarba intervenne e lo bloccò. – Esci dall’armatura! Il
tempo sta per scadere! – e dopo queste parole, fu a
quel punto che il figlio di Taiga si rese conto di un particolare assai
importante: quel gemello indegno di ricoprire tale ruolo, nonostante avesse
indossato l’armatura molto prima di lui, ancora non si era deciso ad
abbandonarla. – Kouga, avanti! – lo esortò ancora il Madougu, e l’umano non ebbe scelta: abbandonò la corazza
d’oro, e a quel punto si trovò sguarnito.
Il falso scoppiò improvvisamente a ridere. – A quanto pare,
non siamo poi così uguali. Tu hai dei limiti di tempo, ma io no! – una
rivelazione del genere, tuonò amara come una condanna per Kouga.
Senza l’armatura, non avrebbe mai potuto minimamente pensare
di attaccare il nemico. Il rischio di venire a contatto con l’animetallo che rivestiva la corazza, era troppo elevato.
Non ebbe né il tempo né il modo di pensare ad altro. Il lupo d’oro si fece
subito sotto, e lo colpì con la spada.
Kouga fece appena in tempo ad
evitare che la lama lo tramortisse, ma nel pararsi dall’attacco, cadde a terra
e perse la propria arma dalle mani. Non riuscì a rialzarsi: il nemico gli aveva
puntato l’estremità della spada proprio davanti alla gola, impedendogli così di
fare qualsiasi movimento.
- Non lasciare che ti tocchi! – gli ricordò con prudenza il Madougu.
- Lo so! – Kougane era ben consapevole. Se quella
lama avesse sfiorato anche solo per un momento un lembo della sua pelle, egli
avrebbe preso fuoco all’istante, perché nessun umano, compresi i Cavalieri
Mistici, poteva sperare di venire a contatto con una lega magica di quella
portata ed uscirne indenni.
Garo lo squadrò quasi con
compassione. Gli sembrava un povero cucciolo smarrito.
- Non sono io quello che non è degno di indossare quest’armatura. – dichiarò altezzoso, con
una voce imponente e fiera di sé – In questo mondo non possono esistere
due entità simili. E tra di noi, colui che dovrà
andarsene, sei tu! – caricò il braccio, e con violenza lo spinse in avanti. Per
Kouga non sembrava esserci più scampo, ma accadde
qualcosa di inaspettato. Vide di corsa la sagoma di
Kaoru pararsi davanti a lui e con le braccia spalancate urlare al nemico: - Non
farlo!
La Zanna Dorata arrestò di colpo il braccio. Fortuna volle
che la punta della spada si fermò appena in tempo.
Egli lesse negli occhi di quella giovane un coraggio ed una forza interiore
dall’energia sconfinata.
Ciò lo fece riflettere. – Hai messo a repentaglio la tua
vita per proteggere una persona che non merita il perdono di nessuno. Perché lo fai?
Kaoru deglutì, e con fermezza
rispose: - Questa non è una persona qualunque. Tempo fa, ha fatto di tutto per
salvare la mia vita.
- Quindi, stai ripagando un vecchio
debito?
Scosse il capo. – Sto solo proteggendo colui
che amo. – La risposta fece sussultare Kouga.
Ci fu un attimo di silenzio, che poi fu spezzato ancora dalle parole della
ragazza. – Cosa vuoi da noi? Chi sei?
Il gemello malvagio fu colto dallo stupore. – Questo ragazzo
non ti ha mai parlato di me? – intuì la risposta di Kaoru semplicemente
vedendola assumere un’espressione smarrita. Sorrise divertito. – A quanto pare, la persona che ami sembra tenerti all’oscuro di
tutto. Ma forse, credo che sia meglio lasciare a lui la
parola. – rinfoderò la spada, e sotto lo sguardo
atterrito dei giovani, saltando sul parapetto del ponte, si lanciò nel
vuoto per scomparire come un lampo dorato nella notte.
Kaoru si voltò lentamente verso Kouga.
Le gambe le tremavano.
Alzandosi da terra, lui raccolse la propria spada e la
rimise nel fodero. Poi arrivò la tanto attesa domanda.
- Che cos’è questa storia? –
pronunciò a stento la giovane Mitsuki. Aveva la gola
asciutta e, paradosso, le mani sudate.
Ma quando non si vide arrivare
nessuna risposta, quando sentì l’indignazione esploderle dentro, capì di non
poter sopportare neanche un istante di più quella situazione. – Adesso basta!
Non ne posso più dei tuoi continui silenzi! – urlò, dando così libero sfogo a
tutta la sua rabbia. – Perché non me ne hai parlato?
Perché mi tieni sempre all’oscuro di tutto?!
- Perché queste sono cose che non
ti dovrebbero riguardare. – Kouga aveva pronunciato
quelle parole con una freddezza unica. Probabilmente perché
quella situazione lo aveva in qualche modo preso alla sprovvista.
Però, successe un qualcosa che lo
spiazzò ancor di più. La reazione che quelle parole ebbero su Kaoru fu istintiva ed immediata, e Kouga
si vide arrivare uno schiaffo in pieno viso.
Rimase un secondo senza fiato, il gesto gli arrecò stupore. Lei
non gli aveva mai tirato uno schiaffo prima d’ora.
Faceva sì male, ma la sofferenza fisica non si poteva certo
paragonare a quella interiore.
- Come puoi pensare di escludermi dalla tua vita? – Nello
sguardo della giovane c’era una luce carica di sdegno. Poi quello stesso
sguardo divenne improvvisamente triste.
- Kouga non voleva farti preoccupare.
Dopotutto quello che sta succedendo… - si lasciò
sfuggire Zarba. E poco dopo
provò il forte desiderio di non averlo mai detto.
Osservò perplessa il Madougu. – Tu
lo sai, non è vero? Dimmelo, allora! Dimmi cosa
succede! – era come se lo stesse pregando.
Zarba sospirò pazientemente.
Secondo lui non era giusto nasconderle la verità. Non ora,
quando ormai le carte di quella partita erano state scoperte. – Credo che
tu abbia il diritto di sapere, e a questo punto mi sembra inutile continuare a
mentire. – l’anello non aspettò l’approvazione del suo proprietario. Gli sembrava
una cosa insensata, oramai. – Quel Cavaliere simile a Garo,
sta creando problemi ovunque. Ha ucciso il padre di Souka,
un Cavaliere di Bronzo, e ne ha attaccati molti altri.
Inoltre sembra avercela in modo assai particolare con Kouga. A dirla tutta, pare che tutti gli Orrori sembrino
avercela con lui, e per una qualche strana ragione, creature chiamate “Chimere
Mistiche” non fanno altro che perseguitare sia lui che
te. Ciò che è successo alla tua amica, l’altra sera, crediamo
che sia collegato a tutta questa faccenda. - QuandoZarba ebbe finito di parlare, con un’espressione smarrita Kaoru guardò Kouga.
Non voleva credere che lui lo avesse fatto per davvero,
un’altra volta.
Non poteva credere che le avesse ancora
mentito.
E poi improvvisamente ogni cosa le
quadrò. Ogni istante passato a sfuggire a quegli esseri chiamati chimere, ogni
momento passato ad interpretare i continui sbalzi d’umore del ragazzo, quella
tristezza che spesso gli appariva negli occhi all’improvviso… Comprese ogni
singola cosa. Ma ciò non la fece stare meglio. Al
contrario.
- Perché? – disse, mentre avvertì
calore agli occhi. – Perché mi hai detto solo bugie? -
A quella domanda, Kouga non seppe dare una risposta.
Lei lo fissò imperterrita. Faceva fatica a trattenersi. – Asami
ha rischiato la vita per questo, lo capisci?! Se tu me
ne avessi parlato, io… - “io avrei cercato di stare
più attenta” avrebbe voluto dire, ma ormai nel suo cuore c’era così tanta
sofferenza che le parole adesso non avrebbero più avuto la stessa importanza.
Ormai nulla di ciò che avrebbe voluto dirgli aveva più un senso.
Ora a darle il tormento era un unico pensiero. Uno soltanto: Kouga le aveva mentito.
Questo era ciò che la faceva stare male, che le provocava
una sofferenza intensa e silenziosa. E il suo cuore, ormai, di quella
sofferenza ne era pregno. – Dimmi perché?! – urlò all’improvviso, e nel farlo lo
colpì al petto con uno schiaffo. Incassò il colpo, quel tacito ragazzo,
e continuò a restare fermo ed immobile. Davanti a quelle domande, era come se lui
non sapesse cosa rispondere semplicemente perché sapeva
di avere sbagliato.
Ma non era questo che lo
paralizzava di più.
Ancora.
Lui aveva sbagliato, sì, ma ancora. Per l’ennesima volta le
aveva mentito. Forse non avrebbe dovuto. No. E fu in quell’istante che se ne rese conto. Ma
ormai, per rimediare era già tardi.
Kaoru lo guardò un’altra volta. Le lacrime adesso le bagnavano
il viso con violenza, tanto da sembrare inarrestabili. Deglutì e tremante si
posò una mano in petto. – Io mi fidavo di te. – disse, e quando sentì avvolgersi
da un gelido mantello, quando lo sdegno le ricoprì per intero il cuore, gridò
con tutta se stessa: - Sei un bugiardo!
Quella parola, “bugiardo”, risuonò nell’aria e fece eco a
lungo.
Kouga ne fu tramortito. Rimase per
un secondo senza fiato, rimase inerme, mentre dentro
di se un dolore straziante gli squarciò il petto. Era una sensazione
insopportabile, opprimente.
Non seppe fare altro che guardarla, ancora in silenzio,
colpevole quasi di ciò che aveva fatto.
Lei scosse il capo e fece un passo indietro. Sembrava voler
scappare via da un momento all’altro, ma esitò, come se in realtà desiderasse
essere fermata. Tuttavia dal lato opposto non ci fu nessuna reazione.
Distrutta dal dolore, delusa dall’uomo che credeva di amare, corse via a più non posso. Lontano da lì, lontano
da quella persona che le aveva soppresso ogni speranza, lontano da colui che aveva rovinato ogni suo sogno.
E mentre correva le lacrime si
confondevano nell’aria, e trasportate dal vento volarono via portando con sé
nient’altro che dolore.
Immobile, Kouga la guardò andare via ma restò impalato e non sbatté ciglio.
Tutto ciò perché era arrabbiato con se stesso, era
amareggiato perché il suo modo di fare lo aveva inesorabilmente condotto a commettere
uno sbaglio.
L’ennesimo.
Adesso sì, che si sentiva veramente un
bugiardo.
Desiderò ardentemente di poter tornare indietro per non
ripetere lo stesso errore.
E lo desiderò davvero, come un bambino che crede nelle fiabe e spera un giorno di incontrare il genio
della lampada.
Ma, come la vita ci insegna, ci si
può pentire tante volte senza però avere la capacità di poter cambiare il
proprio passato.
Fine episodio
I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:
Chiedo
umilmente scusa per il ritardo, purtroppo il lavoro mi tiene molto occupata in
questo periodo, e questo capitolo qui in particolare richiedeva una buona attenzione. L’ho infatti corretto
più volte, ci tenevo a non rovinarlo e soprattutto a non storpiare i
personaggi.
C’è poco da
dire, tutte le volte che lo leggo mi assale una punta di tristezza, e in effetti non è che sia poi così raggiante.
I fazzoletti
che vi avevo consigliato la volta scorsa vi sono
serviti? ^__^
Io ho
asciugato le lacrime sulla manica della maglia!
Ma bando alle ciance, passiamo alle
risposte!
Per DANYDHALIA: Hai proprio ragione: come vedi Kouga ha imparato ma non nel migliore dei modi. Della serie “sbagliando si impara”, solo che lui l’ha fatto per una seconda volta…
Però è Kouga, quindi dovrebbe essere normale! Capita
anche a me di allontanarmi dalle cose che amo per
paura di sciuparle. L’esempio che hai fatto tu mi colpisce molto perché mi ci rivedo.
Ho una bambola a cui tengo in modo particolare, è rimasta con me sulla
scrivania per troppo tempo finché un giorno, vedendola lì e un po’ impolverata ho deciso di riporla in una vetrina. Certo,
ora è più pulita ed in ordine, però in un certo senso mi manca, e
guardandola ho ome l’impressione che io manchi a lei.
Magari un giorno quando ne sentirò il bisogno la riporterò qui sulla scrivania,
chissà!
Per ShoRyuKen: Davvero la parentela che lega Ikuo e Shiro ti ha sorpreso?? Beh, effettivamente è un colpo di scena, ma non sarà mica
l’unico! Già, perché quanto prima vedrai Dean
Winchester alle prese con un Orrore!!! E al posto di Sam nell’impala ci sarà Kouga!!
Ovviamente scherzo, altrimenti sai che risate? Io già
immagino la scena!
Per ora è tutto.
Vi lascio alle anticipazioni, e buona lettura!
Botan
ANTICIPAZIONI:
Dopo
l’allontanamento di Kaoru, Kouga
farà del tutto per trovarla, ma dovrà prima cercare di fare chiarezza con se
stesso per riuscire a riconquistare la fiducia della ragazza.
“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo
impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la canzone del
destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una
luce nell’oscurità.”
Era agitato.
Irrequieto.
Era in attesa di risposte che
doveva assolutamente avere.
Non poteva più aspettare, non poteva
perdere altro tempo. Le lancette di quell’orologio si
erano spinte già oltre. Troppo, per uno come lui.
Per uno come Kouga.
Già, proprio KougaSaejima. Sentiva ormai di non farcela più ad attendere. Anzi, di non essere più disposto a farlo.
Finché, finalmente, le sue preghiere
furono esaudite.
Gonza uscì da una delle camere poste al piano terra della
villa e gli si avvicinò con passo svelto.
In mezzo alla hall vide Kouga in assoluta trepidazione, tant’è
che il cuore chiuso in petto parve al ragazzo schizzare fuori da un momento
all’altro. Aspettava di ricevere una risposta positiva,
non desiderava altro, e così fu.
- L’ho trovata! – esclamò il buon uomo,
con fare eclatante – E’ da vostra cugina, da Souka!
– finalmente grazie a quella rivelazione smise di trattenere il fiato e si
sentì per la prima volta, dopo quella sera, tranquillo.
E la sera, la famosa sera, era
proprio quella in cui Kaoru gli aveva dato del
bugiardo per poi correre via, chissà dove, lontano.
Lui e Gonza avevano passato la
notte intera svegli, ad aspettare che tornasse, ma quel campanello da nessuno
fu sfiorato.
Così, il maggiordomo durante le prime luci dell’alba aveva iniziato un lungo giro di telefonate, rivolte per lo
più alle poche persone che conosceva Kaoru, finché,
quando ormai ogni speranza sembrava persa, ecco che nel chiamare presso l’altra
famiglia Saejima, dove risiedeva Souka,
accadde il tanto sperato miracolo.
Adesso c’era solo una cosa da fare: andare lì, e riportare
la ragazza a casa.
Anche se, quasi certamente, non sarebbe
stata un’impresa così facile.
***
Kaoru si era da poco svegliata.
Aprì gli occhi, e con fare assonnato iniziò a stropicciarli.
Quello che era successo nella serata, le parve di averlo
solo sognato. Ma quando nel guardarsi intorno si rese
conto di non essere nella sua camera, capì che un incubo, quello, non lo era
stato.
Si alzò e scese dal letto. Il sole splendeva già alto nel
cielo riscaldando così una mattina gelida di primo inverno.
Doveva lavarsi e pettinarsi, darsi una sistemata, ma non
aveva con sé nessun cambio, nessun abito pulito.
Dopotutto, era giunta a casa di Souka
nel bel mezzo della sera, senza passare a prendere almeno una piccola parte dei
suoi oggetti personali.
Girandosi in direzione della finestra, vide una sedia
sopra la quale vi era appoggiato con cura un abito
bianco e rosa con inserti in pizzo. Senza dubbio doveva appartenere a Souka, e senza dubbio ancora forse era stata lei stessa a
metterlo lì per lei, affinché lo indossasse.
Lo raccolse, lo sfiorò con le dita, al tatto quella stoffa
leggiadra emanava una sensazione di fresco, di molto raffinato ma semplice allo
stesso tempo. Doveva costare un bel pò, constatò
guardandolo ancora, e andò a prepararsi.
Kaoru aveva già fatto la
conoscenza dei due maggiordomi che si prendevano cura della stupenda villa dove
abitava Souka.
Si trattava di un posto immerso nel
verde, ma a differenza del palazzo di Kouga, nel
giardino attorno alla dimora c’era un enorme lago.
Inoltre il sentiero che portava fino ad esso
era fatto di pietra. Tanti sassi dalla forma quadrata formavano una sorta di
lungo serpente che si estendeva sul selciato.
Alberi di acero rosso
contribuivano a dare un fascino misterioso ad un luogo che sembrava essere
uscito da un maestoso dipinto.
Quando venne fuori della camera, uno dei maggiordomi lì
presenti la salutò con un inchino, successivamente la
condusse da Souka. Quest’ultima
si stava allenando in giardino, ma al posto della spada reggeva tra le dita una
serie di pugnali.
Lo scopo dell’allenamento consisteva nel centrare sottili
strisce di carta rossa legate ai tronchi di alberi
posti in lontananza. Sembrava una cosa impossibile, dato che quei nastri
avevano un diametro a dir poco ridicolo.
La giovane si apprestò a scagliare l’ultimo pugnale in
direzione di un albero assai distante da lei. Prese bene la mira, ed essendo
dotata di un’abilità estremamente alta, riuscì
nell’impresa. La striscia fu recisa dalla lama del coltello e cadde a terra,
accompagnata da uno spiffero di vento. In quello stesso istante si udì un
battito, uno schiocco di mani. Souka si voltò e vide
una Kaoru estasiata che la guardava sorridendo.
- Sei bravissima! – le disse, complimentandosi per la
perfetta esibizione.
- E’ solo questione di allenamento.
– La dama con l’eleganza della seta finì l’allenamento e la raggiunse. – Sei
pronta per fare un giro della casa? Oppure preferisci
restare in giardino?
Kaoru non aveva avuto il tempo
durante la sera di vedere la villa. Per cui non ebbe nessun dubbio su cosa
rispondere: - Scelgo la prima!
Souka le fece visitare ogni
angolo di quel sontuoso palazzo. C’erano all’incirca una cinquantina di stanze,
di cui molte inutilizzate. Si vedeva insomma che quella era la dimora di un
Cavaliere facoltoso.
- Mio nonno fu il primo a fondare la casata dei Cavalieri
di Bronzo. Quando morì passò tutto nelle mani di mio padre, e adesso, in quanto
unica erede, sono io ad occuparmene.
Dopo quella breve rivelazione, la pittrice reclinò un po’
la testa con fare abbattuto. – Ho saputo che è scomparso da poco. – disse, e lo
sguardo le divenne subito triste. – So cosa si prova ad avere delle responsabilità quando non ti senti ancora pronta.
- Già – antepose Souka,
sembrando avere ricordato appena qualcosa – tu hai perso entrambi i genitori
quand’eri piccola.
- Come fai a saperlo? – Kaoru
non ricordava di averglielo mai detto.
- Anche se può sembrarti
impossibile, è stato Kouga a dirmelo.
Nell’udire il suono di quelle lettere che messe insieme
formavano un nome ben preciso, l’artista provò un’intensa sensazione di occlusione al cuore. Si sentì bruciare dentro, e fu colta
da un moto di sudore alle mani improvviso.
Souka intuì il suo malessere
semplicemente scrutandola in volto.
La giovane Mitsuki le aveva raccontato tutto ciò che era successo la sera stessa in cui
aveva bussato alla sua porta.
Souka sospirò. – Gli uomini
sbagliano di continuo, ma quando credono di avere imparato dai loro stessi
errori, sbagliano ancora. - Nulla di più vero, pensò per un istante Kaoru, e lo sguardo le divenne ancora triste.
- Lui… non doveva mentirmi. Non un’altra volta.
- Lo avrà fatto senza dubbio credendo di fare la cosa giusta per te.
- Ma io mi fidavo di… - “Kouga”, avrebbe voluto dire, tuttavia non riuscì neppure a
pronunciare l'inizio di quel nome che ora la faceva sentire a disagio, la
spiazzava. Abbassò lo sguardo amaramente. Soffriva, e tanto. Durante la notte
non aveva chiuso occhio, un rigirarsi di continuo non solo con il corpo ma
anche e soprattutto con la mente. Il cuscino aveva accolto così tante lacrime
che neppure la luce di un sole cocente sarebbe
riuscita ad asciugare.
Senza contare le lenzuola torte più e più volte dalla
forza delle sue mani che non sapevano contro chi
accanirsi, contro chi lottare.
A quel punto Souka le pose un
quesito che la portò a meditare seriamente sull’accaduto.
- Se tu adesso potessi scegliere, vorresti trovarti qui
oppure nella casa in cui sei stata fino a ieri? – La
domanda in realtà aveva un significato nascosto.
Se interpretata nella maniera
giusta, il quesito diventava simile a questo: “Adesso, dopo quanto successo, tu
provi ancora il desiderio di stare con lui? Senti, nonostante sia trascorso un
solo giorno, la sua mancanza?”
Il palazzo di Souka era a dir
poco spettacolare. Chiunque avrebbe desiderato restare lì a lungo, per godere delle meraviglie del luogo, eppure… Kaoru lì si sentiva persa. Dentro di lei si era aperta una
voragine molto profonda che le dava la sensazione del vuoto. Era come se le
mancasse una parte della propria anima, o un frammento di sé
stessa.
Nonostante i maggiordomi di quella dimora fossero persone estremamente garbate, l’affabilità e la gentilezza di Gonza
non avevano eguali.
E nonostante la dimora fosse
accogliente e calda, continuava stranamente a sentire freddo.
E, non certo per ultimo,
nonostante Souka fosse lì accanto a lei, si sentiva
instabile, insicura, persa.
Sì, a Kaoru mancava veramente
qualcosa.
Qualcuno.
A Kaoru mancava Kouga.
Buffo pensarlo, dopo neppure un giorno di lontananza. Però era così.
E si chiese oltretutto se in
futuro lei lo avrebbe più rivisto. Se loro due
avrebbero continuato a litigare, come facevano spesso, se avrebbero passeggiato
ancora insieme, se si sarebbero tenuti ancora la mano in quelle rare volte che
succedeva qualcosa di speciale.
Non vedendosi dare una risposta, Souka
interpretò quel silenzio nel migliore dei modi possibili, tant’è
che parve averla letta dritta nel cuore.
Stavolta disse qualcosa, ma nulla a che fare con la
dolente questione – Vieni, ti faccio conoscere mia
madre.
SanaeSaejima.
La sorella minore di Taiga, nonché
zia di Kouga.
Souka aveva ereditato il cognome
della madre perché il regolamento della casata dei Cavalieri di
Bronzo lo imponeva alle future nasciture.
Chissà che aspetto avrebbe avuto la donna.
Kaoru provò a chiederselo, cercò
di darle una forma, se la immaginò non tanto anziana,
colta e raffinata, con indosso un elegante kimono di quelli rigorosamente
tradizionali.
E invece, non appena entrarono nella
stanza, seduta dietro una scrivania e con la penna tra le dita, rimase sorpresa
di scoprire l’esatto contrario.
Aveva i capelli corti, un viso spigliato
e a prima vista sincero, indossava abiti normalissimi: una semplice
camicia blu come il mare, ed un paio di pantaloni bianchi.
La ragazza d’istinto fletté la schiena in avanti, come per
farle un mezzo inchino, ma la donna la fermò.
- Ma no, cara! Non serve tutta
questa riverenza. – disse con semplicità, e sorrise garbatamente. – Stai pure
ben ritta sulla schiena, e lascia che ti osservi bene in viso. – la guardò senza essere troppo invadente, poi sorrise ancora – L’abito
di mia figlia ti sta molto bene. Viceversa, a lei non ha mai donato.
- Mamma! – sbottò Souka seduta
stante, piuttosto stizzita da quell’affermazione.
- Lo sai che io dico sempre la
verità. – poi guardò ancora Kaoru – Dunque, come ti chiami giovane ragazza?
- Kaoru, MitsukiKaoru!
Sanae sorrise. – Allora sappi
che qui sei la benvenuta, Kaoru!
La giovane Mitsuki rimase
sorpresa da tanta gentilezza. Mai e poi mai si sarebbe aspettata di trovarsi
davanti ad una persona così aperta e socievole. Al massimo lei se l’immaginava
tacita e riservata come la figlia.
Ma ovviamente si era sbagliata. E anche di molto!
Dopo il pranzo, Souka si ritirò
nello studio insieme a due Cavalieri di Bronzo giunti lì in quell’istante,
per discutere con loro su diverse questioni legate alla casata.
Adesso era lei, e non Shigeru,
ad avere tra le mani le redini dell’intera stirpe.
Sanae aveva chiesto due tazze di
tè: una per lei e l’altra per Kaoru che le faceva
compagnia nel salottino della villa. Quando il maggiordomo posò il vassoio sul tavolinetto, ella gli fece cenno
di andarsene, così prese la tazza di persona e la porse con gentilezza
all’ospite che ringraziò subito.
- Mia figlia mi ha detto che sei
una pittrice.
- Sì, o perlomeno ci provo!
Sanae sorrise con benevolenza a
quella risposta. – Oltre ad essere carina ed educata,
sei anche modesta. Quel testone di mio nipote è stato proprio fortunato ad
averti incontrata. – QuandoSanae
disse ciò, vide il viso dell’ospite divenire pallido. La figlia le aveva spiegato ciò che era successo, quindi quel pallore non la
stupì molto. – Ascolta, Kaoru – anticipò, per far sì
che ella prestasse ascolto alle sue parole – Non vedo
mio nipote dal giorno in cui Taiga fu sepolto. Tuttavia, ricordo che anche a
quei tempi aveva un carattere molto chiuso ed introverso, talvolta perfino
incomprensibile, ma solo per coloro che lo conoscevano relativamente poco.
Credo che tu, con il tempo lo abbia imparato, e penso anche che, ancor prima di
rendertene conto, tu ti sia innamorata di lui per quello che è, con i suoi
difetti, con un caratteraccio che farebbe tremare chiunque. Non ti chiedo di
biasimarlo, non puoi, ed è giusto che lui rifletta su ciò che fa, però, almeno
prova anche tu a riflettere sulle mie parole, vedrai che la risposta a ciò che
cerchi di comprendere, quando dal tuo cuore si allontaneranno le nubi, arriverà
all’improvviso, e tutto ti sembrerà più semplice. – Con quel lungo discorso, Sanae aveva centrato esattamente il problema. Kaoru si chiedeva se sarebbe riuscita a perdonare anche
stavolta quel cocciuto ragazzo. Ma la risposta, per quanto ella
si sforzasse di trovarla, proprio non ne voleva sapere di venire alla luce.
Forse, proprio come aveva detto Sanae,
per giungere alla verità doveva allontanare quelle nubi dal proprio cuore, così
tutto sarebbe stato più facile.
Forse.
***
Mentre sorseggiavano il tè, dalla finestra della stanza si
udì il rombo di un’auto che sembrava essere appena giunta davanti allo spiazzale della casa.
Sanae si alzò, convinta che
fossero i soliti scocciatori che puntualmente venivano ogni giorno a stipulare
accordi con sua figlia. Si accostò al davanzale, e quando riconobbe senza esitazione
la sagoma di Gonza al volante di quell’auto, ebbe un
sussulto.
- Kaoru – disse in un primo
momento, girandosi verso di lei senza farle capire nulla. – Potresti farmi un
piacere?
- Ma certo, dica pure!
- L’altro giorno, mentre passeggiavo lungo la sponda del
laghetto, ho perso uno dei miei orecchini preferiti. Penso che sia caduto in
acqua, sfortunatamente non sono riuscita a vederlo. Tu hai senza dubbio una
vista migliore della mia, perciò mi chiedevo se
saresti così gentile da controllare? Te ne sarei estremamente
grata!
L’artista annuì senza alcun dubbio:
- Conti pure su di me! Anzi, adesso esco e ci vado subito! – fece per alzarsi e
varcare la soglia della porta, maSanae
quando la vide dirigersi verso il portone principale del palazzo, al volo la
fermò.
- Non da quella parte, Kaoru. Usa l’uscita sul retro, arriverai prima. – le indicò una
porta secondaria, così senza pensarci e facendo dietro-front, la ragazza la
raggiunse ed uscì.
SeSanae
aveva architettato tutto ciò, c’era un perché. E,
naturalmente, quel perché aveva un nome: si chiamava Kouga.
Il campanello produsse un suono, uno dei maggiordomi aprì
l’uscio di quell’imponente portone e dopo anni
d’assenza il figlio di Taiga rimise piede in quella che un tempo era anche la
dimora del padre.
Al suo fianco c’era Gonza, che lo aveva accompagnato fin
lì con l’auto di famiglia.
La zia ed il nipote si guardarono dritto negli occhi. Non
si vedevano da anni, e lei in particolare nel vedere quanto fosse cresciuto, nel constatare quanto egli nello sguardo
assomigliasse al fratello scomparso, provò un forte senso di nostalgia.
Ciò nonostante, si rivolse per prima al maggiordomo. Quasi
di proposito. – Gonza, da quanto tempo! Ti trovo ringiovanito.
Il buon Kurahashi fece un
doveroso inchino con il capo. – Felice di rivederla, signora Sanae! Noto con piacere che anche lei si mantiene in forma!
La donna sorrise educatamente, al contrario, quando la sua
attenzione si spostò su Kouga, l’espressione del viso
mutò improvvisamente. – Tu invece, sei cresciuto parecchio. Non ti avevo
neppure riconosciuto. – La frase aveva un doppio significato. Mirava a sottolineare quel lungo lasso di tempo che li aveva
inspiegabilmente tenuti distanti. Il ragazzo afferrò le parole sibilline che la
frase nascondeva, ma ovviamente preferì non commentare.
Lui era venuto lì solo per un motivo: riportare Kaoru a casa.
Non poteva mettersi a discutere di cose che oramai
appartenevano al passato.
- Sono qui per…
- Lo so già. – anticipò la donna, azzittendolo. Poi si incrociò le braccia al petto. – Ti dirò dov’è solo se
accetterai la mia proposta.
Kouga emise un sospiro sommesso.
Conosceva bene la zia, e sapeva anche quanto ella
potesse essere ostinata e tenace in determinate situazioni. – Quale sarebbe?
- Nulla di così complicato. Ma
forse per te lo è… Voglio parlarti.
- Tutto qui?
- Sì, tutto qui. – Sanae aveva
fatto in modo che lui e Kaoru non si
incontrassero perché voleva chiacchierare con il nipote affinché egli,
una volta ripresosi la ragazza, non commettesse altri sbagli.
Kouga si sfilò
il cappotto, Gonza lo raccolse subito tra le mani. – Sbrighiamoci. –
disse, e in quel modo le fece capire di aver accettato la proposta.
Si diressero proprio nel salottino dove poco prima Sanae e Kaoru stavano prendendo
il tè.
Quando il ragazzo si fu seduto,
la donna rimase a lungo in silenzio, rapita dai ricordi. Lo guardava, ma
stavolta lo faceva con tenerezza, affetto.
- Somigli moltissimo a tua madre. – disse in un primo
momento, rivedendo in lui i dolci lineamenti del viso di Rin.
Stesso colore dei capelli, stesso taglio degli occhi, stesse
labbra della madre. – Anche se a tratti ho come
l’impressione di rivedere Taiga.
- Zia – la interruppe Kouga – cosa volevi dirmi? – Proprio non ce la
faceva ad aspettare.
- Kaoru mi sembra una gran brava
ragazza.
- E lo è.
- Lo è? – ripeté la donna, lanciandogli un’occhiata come a
volere sottolineare quelle parole. – A lei lo hai mai
detto? - Ovviamente, la risposta a quella domanda era un “no”,
maKouga si zittì. Quella non risposta valeva
per Sanae come una conferma.La donna con lui non usò né toni gentili né
comprensione o pazienza, ma solo fermezza. – Se le vuoi veramente bene, allora cambia.
- Cambiare? – il figlio di Taiga si sentì preda della
confusione. Doveva cambiare, ma… Cosa voleva dire con
ciò? Cambiare perché? In che modo? Così all’improvviso, poi, gli sembrava una
cosa totalmente assurda.
- Sì, cambiare. - ripetè la zia,
poi proseguì - Cambia il tuo comportamento, cambia
atteggiamento, cambia almeno una parte di quel carattere arido che ti ritrovi.
Non ti sto chiedendo di diventare un’altra persona, ma di sforzarti affinché tu
capisca di più quelli che ti stanno intorno.
A dire il vero Kouga non fu
particolarmente ricettivo. Sembrò assumere una smorfia sempre più incerta, a
tratti pareva spazientito, tant’è
che neppure rispose o si prese la briga di farlo.
Fece per alzarsi, ma un’esclamazione brusca della zia lo
bloccò di colpo.
- Kouga! – tuonò,
affinchè il giovane cambiasse atteggiamento.
Quel suono fu udito perfino da Gonza, seduto in cucina nella
stanza affianco.
Stavolta il Cavaliere del Makai
fu obbligato a darle una risposta. – Tu mi conosci, sai come sono fatto. –
disse, tanto per portare a termine il discorso, ma finì ancora una volta per
provocare le ire della zia.
La donna alzò gli occhi al soffitto in preda alla collera.
Dio e quanto era testardo e cocciuto suo nipote! Esattamente come il padre. Lo fissò con chiarezza, quel viso ora incuteva un certo timore:
- Non cambiare per gli altri, ma fallo per Kaoru! -
"Per Kaoru", era questa la chiave di tutto
l'intero discorso. Quella frase lo investì in pieno, in un modo così diretto
che inevitabilmente lo portò a riflettere.
Fu costretto a ripensare alla
sera prima, quando non era stato capace di dirle la verità, di spiegarle tutto
con gentilezza, e non com’era solito fare, ovvero aggrottando la fronte e
sbottando. Forse, se lui le avesse spiegato la
faccenda senza lasciare l’arduo compito a Zarba, Kaoru non sarebbe mai corsa via.
E nel pensare a ciò, finalmente
comprese l’enorme sbaglio.
Non solo Kaoru era delusa perché
lui le aveva mentito ancora, ma era amareggiata dal
fatto che, nonostante tutto quello che era successo, aveva continuato a mantenere
un comportamento freddo ed inflessibile.
Kouga si sentì per la prima
volta in vita sua un perfetto immaturo, un ragazzino stupido, un… piccolo
idiota innamorato, come lo chiamava simpaticamente Jabi.
E pensò che l’amica avesse ragione, anche se lui si sentiva
un idiota innamorato che però non sapeva amare.
La zia lo osservò attentamente in viso, si accorse che
finalmente quel nipote così ostinato aveva compreso ed accettato lo sbaglio.
Adesso però lei doveva concludere così come aveva
iniziato quel discorso. Stavolta lo fece ostentando un tono più dolce. – Quella
ragazza ti ama veramente. Lo si capisce quando
qualcuno pronuncia il tuo nome. I suoi occhi iniziano a brillare, si rianima,
spesso arrossisce, e con quella luce che le irradia il viso sembra contagiare
anche colui che la osserva. E’ davvero…
- Bella. – concluse Kouga, e nel
ricordare il volto di Kaoru, sulle labbra gli affiorò
un sorriso.
- Tu invece sei impacciato come Taiga. – Sanae richiamò alla mente un avvenimento passato appartenuto
al fratello. – Quando conobbe Rin,
ricordo che il giorno del loro primo appuntamento venne da me per chiedere un
consiglio. Non sapeva cosa avrebbe dovuto indossare durante quell’occasione. All’epoca era soltanto un ragazzo, proprio
come te, e passammo un’ora a scegliere gli abiti giusti. Alla fine ricordo che
poco prima che se ne andasse, lo costrinsi a mettere
del profumo. Esagerò così tanto che quell’odore avrebbe stordito chiunque, credimi! Eppure a tua madre piacque moltissimo. – Sanae
sorrise dolcemente nel pensare a quell’evento. Il
nipote, al contrario, restò meravigliato da ciò. Provò ad immaginare Taiga
durante quel giorno, e il buffo pensiero di vedere il padre agitato ed
agghindato per l’occasione lo divertì parecchio.
Ad un tratto la porta del salottino si spalancò di botto.
- Se mamma ha aiutato tuo padre,
io adesso aiuterò te. – era stata Souka a parlare.
Stringeva qualcosa tra le mani. Degli indumenti che successivamente
lanciò addosso al cugino. - Sono gli stessi che indossò
tuo padre quel giorno. – disse la ragazza. E la madre
aggiunse poco dopo: - Li ho conservati con molta cura, ed ho fatto bene, dato
che adesso serviranno a te.
- Devo… indossarli? – chiese a quel
punto Kouga, non sapendo come comportarsi.
La pronta risposta di Souka non
gli lasciò la possibilità di fare una scelta. – E devi
farlo anche di corsa. Detesto le persone lente.
E così, dopo quell’affermazione
che suonò quasi come un ordine perentorio, ironia della sorte Kouga si trovò a calzare abiti che un tempo erano appartenuti
al padre: una camicia bianca con un pantalone dello stesso colore. Nulla
di più semplice, ma era questo il bello. Adesso poteva dire di essere un
ragazzo normale, come tutti gli altri. Ora non era il solito cacciatore di Orrori, il cavaliere rigido ed inflessibile di sempre.
Sembrava in un certo senso più... dolce.
Le due donne lo stavano aspettando fuori della camera,
mentre Gonza, prima di farlo uscire gli sistemò per bene il colletto della
camicia, e dopo un’occhiata generale finalmente diede l’ok.
Nella hall l’entusiasmo apparve per magia sul viso di Sanae.
Le sembrò per un solo momento di rivedere l’amato
fratello. Avvertì un po’ di calore agli occhi, ma cercò di essere
forte, e si trattenne dal versare anche solo una lacrima.
Souka, al contrario, storse il
naso. C’era qualcosa che non andava. E dopo averlo
squadrato attentamente, con una meticolosità innata, intravide la nota stonata.
Si avvicinò al cugino e gli slacciò i primi 3 bottoni della camicia.
- Avevo scordato che tu sei sempre così formale. -
appuntò, compiaciuta nel vedere il bel risultato. E in
effetti, non aveva tutti i torti!
- E’ in giardino, nei pressi del laghetto. - disse ad un
tratto la zia. Non aveva più nessun motivo di
trattenerlo ancora lì.
Ormai era pronto per rimettere a posto le cose. Sanaene era più che convinta.
Prima che il ragazzo potesse
correre via come un lampo, la donna gli posò due dita sul collo.
Si levò in aria un odore intenso ma gradevole. EKouga capì che quello era lo
stesso profumo che anni addietro lei aveva fatto indossare al padre.
La guardò semplicemente con gratitudine, ma com’era
consono che fosse, le parole non gli uscirono.
- Adesso và! – disse
imperterrita, e stavolta sentì gli occhi inumidirsi. Si girò per nasconderli,
mentre il nipote senza pensarci neanche un istante corse finalmente via.
Per rimettere ogni cosa al suo posto.
***
Per l’esattezza, Kaoru
si trovava sul bordo del lago, con i piedi nell’acqua e le ginocchia curve
verso il basso per cercare un orecchino che in realtà Sanae
non aveva mai perso. Ma la ragazza questo non
lo poteva sapere di certo!
Era così impegnata a guardare verso terra e a tenersi su i
lembi dell’abito affinché non si bagnassero, che non si accorse di non essere
sola. Qualcuno era sopraggiunto silenziosamente alle sue spalle.
Si sentì ad un tratto posare due mani sugli occhi.
- Chi è?! – replicò, colta alla
sprovvista. Poi si toccò il viso.
Quelle, non erano certamente le mani di Souka, né tantomeno quelle di Sanae. Inoltre era convinta di
avere già sfiorato una simile pelle. Il calore che emanava era molto familiare.
Quando ebbe la possibilità di
voltarsi, quando riaprì le palpebre, di colpo il cuore sussultò in petto e
prese a battere con più forza. Chissà perché, ma le sembrò che quel battito
avesse superato perfino la velocità del suono.
- Tu… - disse solo. Non riuscì ad aggiungere nient’altro.
Confusione e sorpresa le impedirono di parlare.
Kouga era proprio lì davanti.
Non stava sognando, eppure tutto ciò non poteva avere un senso, o forse no?
Il tempo di riprendersi e notò che aveva abiti diversi dai
soliti. Nessun soprabito bianco, o completo nero di pelle.
Il batticuore aumentò nel constatare quanto vestito così, fosse
davvero diverso. Irradiava una luce particolare, fresca.
Sembrava adesso un ragazzo normale, semplice.
Tuttavia, smise subito di fissarlo. Abbassò il mento,
facendosi cogliere da un moto di rabbia improvvisa. – Se
sei venuto per riportarmi a casa, sappi che io…
- Non sono qui per quello. – le anticipò.
- E allora perché sei qui?
- Per chiederti scusa.
“Scusa”? Lui, aveva detto veramente quella parola?
No, Kaoru non riusciva a credere
a ciò che le sue orecchie avevano appena udito.
No, KougaSaejima,
tipo flemmatico e freddo, distaccato ed introverso, nonché
fortemente orgoglioso, non avrebbe mai potuto pronunciare una simile parola.
Scosse il capo, confusa. – Tu… hai detto…
- Scusa. Ti sto chiedendo scusa. – Nel dirlo ancora, il
ragazzo provò un forte senso di vergogna. Ad ogni modo, se lui le voleva
veramente bene, allora doveva cercare di mettere da parte il disagio, e trovare
la forza necessaria per andare avanti.
La pittrice lo fissò amaramente. Non si lasciò abbindolare
da quanto appena detto. – Tu pensi che con una parola, le cose si rimettano a
posto?
- No, ma sono qui per parlare. – nel dirlo Kouga si guardò attorno. – Saresti disposta a farlo in un luogo
più asciutto? – proferì, quasi scherzando sulla cosa. In effetti, intraprendere
una conversazione importante con le gambe immerse nell’acqua, non era per
niente comodo.
Non avendo altra scelta, Kaoru
fu costretta ad acconsentire.
Dopotutto, desiderava almeno quanto lui chiarire in modo
definitivo quell’assurda faccenda.
Non aspettava altro.
Si fermarono al di sotto di un
grosso arco fatto di mattoni, molto profondo, che conduceva al territorio
limitrofo.
Sotto quella tettoia di pietra, la giovane Mitsuki, incrociando le braccia al petto, fu la prima ad
aprire il discorso.
- Allora, sentiamo… cos’hai da
dire? – il suono della voce era teso, tuttavia si sforzò di non apparire anch’ella così nei movimenti del corpo.
Più facile a dirsi che a farsi,
dato che aveva iniziato a torcersi con le dita il labbro inferiore.
- Ho sbagliato a non dirti subito
la verità.
- E’ la seconda volta che sbagli.
- Non volevo farti preoccupare.
- E tu pensi che io non mi debba
preoccupare per te? Pensi che a me ciò che fai o ti tormenta non mi debba interessare? Cosa credevi, di potermi mentire senza
che io me ne accorgessi? Senza che io notassi il tuo
strano comportamento, i tuoi improvvisi cambi d’umore,
o l’espressione del tuo viso sempre cupa? – Se fin ora
i toni della conversazione si erano mantenuti pressoché stabili, adesso Kaoru aveva alzato un pochino la voce.
Era stufa di tenersi tutto dentro, era
stanca di vivere una storia d’amore in quelle condizioni. Una
volta per tutte, lo tramortì con uno sguardo, e poi esplose. – Se vuoi che io faccia parte della tua vita, non escludermi!
Io voglio starti accanto quando sei felice, ma lo
voglio ancor di più quando sei triste, voglio prendermi cura di te quando ti
senti male, io voglio… - trattenne brevemente il fiato, e poi d’un tratto mandò
fuori il resto dello sfogo – Io voglio stare con te, Kouga!
Ma tu… - serrò di colpo le palpebre, scosse il capo, e
ormai giunta allo stremo, non riuscendo più ad impedire alle lacrime di venire
giù, le lasciò libere di fluire sopra al viso. – Io mi fidavo di te, eri il mio
punto di riferimento, e credevo in te, ti volevo bene, te ne voglio
ancora ora, e questo mi fa rabbia! – si coprì il volto tra le mani, adesso i
singhiozzi si udivano di meno, ma le lacrime continuavano imperterrite a cadere
giù come gocce di pioggia.
Tutto questo non lasciò Kouga
impassibile. Incapace di mantenere ancora il silenzio, le afferrò le spalle con
le mani affinché lei smettesse di agitarsi. Riuscì ad
attirare la sua attenzione, in questo modo poté parlare liberamente. –
Io… non posso cambiare il mio modo di essere, però…
cercherò di diventare una persona migliore – le tolse le mani dal viso, con
estrema tenerezza – tu però non piangere più. Quando lo fai sto male, perché
significa che non sei felice, che c’è qualcosa che ti fa soffrire, ed
inevitabilmente, insieme a te soffro anche io.
Kaoru fu preda della confusione.
Scosse il capo, era agitata.
- Se io riuscissi ad odiarti o ad amarti
un po’ meno, forse sarebbe tutto più facile. – disse, guardandolo negli
occhi con dolore, rabbia, confusione. Poi afferrò le sue mani, e le volse verso
il basso – Tu mi hai mentito, chi mi dice che non lo
rifarai più?
- Non riesco a darti nessuna certezza, se lo facessi ti mentirei ancora, però… posso provarci. La parola di un Cavaliere Mistico vale molto.
- Ma per me non è sufficiente! – replicò la ragazza con affanno, scosse il capo – Io non voglio
parole, promesse, voglio certezze! – sentì le lacrime
ritornare, non riuscì ad aggiungere altro, così, presa forse dallo
sconforto, si staccò da lui per andarsene via.
Kouga non commise un’altra volta
lo stesso sbaglio. Fece appena in tempo ad afferrarle il polso della mano e a
tirarla verso di sé. La guardò in faccia, a lungo. - Fidati, ti prego. - e dopo
averle sfiorato la guancia con la mano, fu talmente
improvviso che Kaoru non poté rispondere, perché un
bacio sulle labbra le tolse la facoltà di parlare.
Un bacio può farti mancare letteralmente il fiato. Lei
difatti ne restò senza.
Il potere di quel gesto spazzò via le nubi che avvolgevano
il suo cuore, facendole capire la verità.
Inoltre, quel bacio era diverso da tutti gli altri.
In quel bacio c’era trasporto, e, per la prima volta,
passione.
Come una girandola colorata mossa dal vento, si sentirono
avvolgere nella più magica delle atmosfere. Quell'attimo
era tutto per loro, e quando il ragazzo guardandola con
estrema dolcezza le sorrise, Kaoru si sentì
riempire di gioia. - Voglio potermi ricordare di questo tuo sorriso. Per
sempre. - gli posò delicatamente una mano sulle labbra, non
smetteva di fissarlo.
Kouga la strinse a sé con
trasporto, e capì che non avrebbe mai voluto più perderla.
Senza di lei, la vita non aveva senso. Non valeva la pena
di essere vissuta intensamente. Senza Kaoru si sentiva incompleto, preda del vuoto interiore. Si sentiva
solo.
Le accostò il viso all’orecchio, e le parole gli uscirono
spontanee. – Non farmi più preoccupare.
- Vedessi com’era agitato questa
mattina! – commentò Zarba, e Kaoru
si lasciò strappare un sorriso da quell’affermazione.
- Pensavi che non sarei più tornata?
Lui assentì, e nel farlo la giovane Mitsuki
notò in quel gesto qualcosa di buffo che quasi lo fece assomigliare ad un
bambino.
Gli scostò la lunga frangia dalla fronte con molta
dolcezza. – Adesso sono qui, per cui vedi di non farmi
scappare di nuovo! – disse scherzando, e lui finì con l’abbracciarla ancora.
Stavolta ne era certo: non
l’avrebbe più lasciata andare via.
Tra le sue braccia lei sentì improvvisamente un
particolare tipo di profumo. Era intenso ma gradevole al tempo stesso.
Alzandosi sulla punta dei piedi, gli avvicinò il volto al collo. – Ma… tu hai messo del profumo? – disse alquanto perplessa. Kouga non aveva mai fatto una cosa simile prima d’ora.
Lui per vergogna reclinò un pochino il mento. – Ti da
fastidio? – aveva paura che l’odore intenso tipico di una fragranza maschile,
potesse in qualche modo disgustarla.
- Al contrario – premise subito, ed avvicinò ancora il
naso in direzione del collo. Inspirò, voleva poter
imprimere quella fragranza dritta nella mente. Così non l’avrebbe mai
dimenticata. – Con questo vestito e con questo profumo
mi sembri addirittura un’altra persona. Però, quando
ti guardo negli occhi capisco in realtà che il ragazzo davanti a me non è uno
sconosciuto, ma semplicemente sei tu. - gli adagiò una mano
sul petto, con dolcezza lo guardava in viso - Ed è questo il Kouga che ho scelto di amare fin dal primo momento!
Quando quelle parole gli attraversarono il petto, il
giovane figlio di Taiga Saejima non ebbe più nessuna esitazione. – Kaoru –
disse, guardandola dritta negli occhi, e fu proprio a quel punto che, per la
prima volta, accostandole il viso al suo disse una cosa che avrebbe dovuto già
da tempo farle sapere, e che toccò profondamente come una saetta accecante che
si staglia all’improvviso nel cielo l’animo della sua giovane amata.
Fine episodio
I
VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:
Oggi è un
giorno speciale per una persona altrettanto speciale,
quindi va festeggiato in un modo speciale!
Ed è per
questo motivo che dedico il capitolo numero 20 della GaroSecond Season alla carissima Ire,
akaShoRyuKen che oggi compie gli anni!!! ^___^ BUON
COMPLEANNO!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Per
DANYDHALIA: Grazie dei
complimenti, sei veramente molto gentile! Lavorare alla GSS mi piace
moltissimo, e se posso migliorarla in qualche modo spendo più che volentieri il
mio tempo libero per fare qualcosa di decente e che soprattutto lasci qualcosa
dentro a chi legge.
Per ShoRyuKen:
No, non sei
ripetitiva, ma anzi! Continua pure così con le recensioni che ogni volta
leggerle diventa una gioia! Semplice fatalità quella di Zarba
che non percepisce Kaoru quando sta con Ikuo, ma più che
altro dovuta al fatto che c'era un Orrore nelle vicinanze che
"disturbava" il segnale. Adesso però voglio sapere il cambiamento non
radicale che hai notato, sono troppo curiosa!
Per stelly89_s:Sì, il chap
precedente ricordava molto l'episodio in cui Kaoru si
fa togliere l'anello da Kouga
e poi scappa via. E' una scena quasi impossibile da dimenticare!
Parlando del
prossimo capitolo... beh, leggete le anticipazioni e forse capirete qualcosa!
Botan
ANTICIPAZIONI:
Una giornata
tutta per loro, da trascorrere in assoluta tranquillità. Kouga
e Kaoru avranno finalmente l'occasione di passare un po’
di tempo insieme, anche se l'inizio non sembrerà affatto
dei migliori, complice l'atmosfera di un accogliente chalet immerso nel verde,
davanti alle fiamme danzanti di un camino, quel giorno potrebbe trasformarsi in
un momento indimenticabile.
- Ma sei proprio sicuro che puoi assentarti per tutto questo tempo
Atmosfera
#21
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
- Sei proprio sicuro che puoi
assentarti per tutto questo tempo?
- E’ la terza volta che me lo domandi. Vuoi forse che cambi
idea e torni indietro?
Kaoru scosse seduta stante il capo.
Mai e poi mai avrebbe rinunciato a trascorrere mezza giornata in compagnia di Kouga.
Oltretutto, senza Orrori o seccature legate ad essi. Questo perché gli era stato concesso
sotto esplicita richiesta un permesso speciale affinché avesse alcune ore di
totale libertà. Dopotutto, se lo meritava. Dopo giorni interi di straordinari, passati a dare la caccia a
bestie d’ogni tipo, colore e fauci, una sosta anche se minima non poteva
mancare.
Di preciso si trovavano in un bosco. Attorno a loro decine di alberi si stagliavano nel cielo grazie a fronde folte e
rigogliose.
Era una giornata nella norma. La temperatura nonostante
l’inverno fosse alle porte manteneva un certo grado di calore, timido ma
piacevole. L’ideale insomma per fare una graziosa passeggiata all’aperto.
- Ci vorrà ancora molto? – chiese Kaoru, tra un passo e l’altro,
mentre cercava di mantenere la stessa andatura di Kouga.
Camminavano da un’oretta, ed ogni tanto facevano una sosta giusto per
permetterle di riposare.
- All’incirca mezz’ora. La prossima sosta la faremo dopo
essere usciti dal bosco.- le rispose, e
così proseguirono.
Ma dov’è che stavano andando di
preciso?
Kaoru aveva espresso più volte il
desiderio di ritornare nel posto in cui Kouga era
cresciuto. Le piaceva molto perché pieno di verde. L’orizzonte che si ampliava
all’infinto, lo faceva assomigliare al paesaggio che lei aveva dipinto ancor
prima di incontrarlo.
E pensare che tutto era cominciato
proprio grazie a quel quadro…! Kouga lo teneva appeso
sopra al camino come una reliquia preziosa, unica al mondo.
Quando finalmente uscirono dal
bosco, Kaoru fu investita dalla luce di un sole
raggiante. Si guardò intorno. Il viso si illuminò come
la più scintillante delle stelle. Quel posto era un autentico spettacolo.
C’era una lunga distesa d’erba tinta di giallo e verde, piena
di fiori, di colori.
Ne rimase folgorata. Non aveva mai visto nulla di così armonioso
prima d’ora.
- E’… è… - disse balbettando.
L’emozione le impediva perfino di parlare. Si girò di scatto
verso Kouga – Ci fermiamo qui, vero? – Pareva
averglielo chiesto come una bambina che si aspetta di
essere accontentata dal padre.
Lui assentì, vide Kaoru correre in
mezzo al prato e abbozzò un sorriso.
Circondata da tutti quei fiori colorati, inspirò
profondamente. Avevano un odore delicatissimo, inebriante. Si chinò verso
terra, e tra quelli che le stavano intorno ne raccolse
uno. Le sembrava il più bello, ma in realtà lo erano tutti.
Si portò la corolla di quel fiore tinto di rosa sotto al naso. Emanava una fragranza timida, fresca ma deliziosa.
Kouga la guardava con una strana
luce negli occhi. La verità è che lui era veramente contento di vederla
sorridere in un modo così spensierato e nuovo. Dopo tutto
quello che avevano passato soltanto due giorni prima, non gli sembrava vero che
lei fosse ancora lì, bella come non lo era mai stata, con un sorriso
abbagliante seppur tanto dolce.
Correndo Kaoru gli andò incontro,
e quando fu sufficientemente vicina, lo prese per mano
e lo portò in mezzo al campo. Lui si lasciò trasportare senza opporre
resistenza, quasi volentieri.
- Chiudi gli occhi ed inspira profondamente. – disse, e Kouga eseguì alla lettera quella richiesta. – Dimmi, cosa
senti?
- Il profumo dei fiori freschi.
- Non lo trovi rilassante?
Annuì. – E’ vero.
- Questi fiori hanno il potere di rasserenare chiunque.
Sembrano magici.
- La natura a volte lo è. – le spiegò.
- Tutto ciò è semplicemente meraviglioso! A
partire da questo posto. – Fece un lungo sorriso, e quando Kouga la vide socchiudere gli occhi intenta a respirare e a
godersi l’aria di quel posto incantato, pensò che la vera meraviglia,
aldilà dei fiori e della natura stessa, fosse soltanto lei.
- Grazie – disse ad un tratto Kaoru
– Grazie per avermi portato qui! - lo fissò con il batticuore
mentre lo guardava con quella tenerezza che la rendeva diversa da tutti
gli altri, unica al mondo.
Rapito, Kouga aprì la bocca, come se
volesse dirle qualcosa, ma poi tacque di colpo per un motivo preciso che aveva
anche un nome: Orrori.
Non uno, non due, ma tanti.
Emersero come erbaccia orripilante dal terreno, e fu subito panico.
Zarba prontamente li rassicurò: -
Sono Chimere! – ammise, ma Kouga restò guardingo.
Possibile che un momento così romantico, puntualmente doveva
essere interrotto, o meglio, sporcato in maniera così prepotente da quelle
terribili creature?
A sorpresa, una di loro si gettò all’attacco. Svelto, Kouga sguainò la spada e spinse Kaoru
dietro di sé.
Rispedì la Chimera all’indietro, e fu solo grazie a ciò, che
si rese conto di quanto la bestia fosse forte. Molto più del solito.
- Zarba! – chiamò rapido il Madougu, come per avere una conferma. La ottenne.
- Sono diverse dalle altre Chimere Mistiche. Sono… -
trattenne il fiato quando percepì con chiarezza il
vero potere spirituale degli avversari. Rabbrividì – Sono
perfino più potenti degli Orrori!
Scese d’improvviso il gelo, e per la prima volta Kouga impallidì.
Maledizione. Non ci voleva proprio. Lui era da solo, mentre
loro erano in sette. Come avrebbe fatto a tenergli testa? Oltretutto, doveva
badare anche a Kaoru.
No, una cosa del genere non ci voleva proprio.
Mentre rifletteva, una delle bestie
si avvicinò pericolosamente alle spalle della ragazza.
Il Cavaliere Mistico fece appena in
tempo a girarsi e a farle da scudo per evitare che venisse aggredita.
L’essere si avventò su di lui azzannandogli l’avambraccio
con ferocia. Kouga avvertì dapprima un intenso
calore, e solo dopo una tremenda fitta lungo l’intero arto. Cadde con le
ginocchia al suolo. Kaoru si gettò verso di lui per prestargli
soccorso, mentre approfittando dell’attimo favorevole le Chimere li
accerchiarono.
Adesso non avevano più nessuna via di
scampo, e per di più lo spadaccino non era più in grado combattere.
Provò a brandire l’arma, ma quest’ultima gli scivolò
a terra. Il dolore era troppo intenso, e sentì in quello stesso istante le
forze mancargli di colpo per un semplice motivo: Il morso di una Chimera
Mistica corrispondeva a quello di un serpente velenoso.
- A questo punto suggerirei di scappare. – propose d’un tratto Zarba, ed usando i
suoi poteri generò un’onda d’urto che stordì i nemici facendoli finire al suolo
come un mucchio di birilli. – Coraggio, allontaniamoci alla svelta da qui.
L’effetto del mio potere non durerà in eterno. – disse, e nel rialzarsi Kouga ebbe un cedimento. Kaoru lo
sostenne subito, aiutandolo a stare in piedi. A malapena ci riuscì, e si
avviarono a nascondersi nella boscaglia.
Con il ragazzo in quelle condizioni, di sicuro non sarebbero
potuti andare lontano.
- Che cosa facciamo adesso?! –
disse l’artista in preda al panico.
- Dobbiamo raggiungere la residenza invernale. Non è molto
lontana da qui. – le spiegò il giovane, e nel farlo cercò a stento di
trattenere il dolore. Respirava a fatica, adesso.
Kaoru ricordava bene quel posto.
Ce la portò Gonza quando ormai i cento giorni messi a
sua disposizione stavano per finire.
Cercò di sorreggerlo come meglio poteva e, un passo dopo
l’altro, un po’ per volta, seppur con fatica alla fine giunsero
a destinazione.
Entrarono alla svelta, e subito si ritrovarono in quella che
era l’unica sala posta al pian terreno dello chalet.
Si trattava di un salone quadrato ed enorme, a prima vista
molto accogliente. Infondo all’ambiente si trovava un camino, sulla destra c’erano
le scale che portavano al piano sopraelevato, mentre di fianco ad esse una porta.
Kaoru condusse Kouga
in direzione di un divano proprio lì nelle vicinanze, lo fece sedere con cura ma prima ancora gli diede una mano a sfilarsi il
soprabito. Era lacero da un lato e sporco di sangue.
Con una certa agitazione lo aiutò a togliere la parte superiore della divisa di
pelle per dare uno sguardo alla ferita. E quando le spalle di Kouga furono completamente scoperte, per un attimo il
respiro le si fermò in gola.
Sgranò gli occhi, deglutì cercando di restare calma, ma più
guardava il taglio coperto dal sangue che scorreva senza freno, più l’ansia
accresceva. Ma la cosa più strana era il colore, non
rosso, bensì aveva assunto un tono violaceo.
- Non va per niente bene. – appuntò allarmatoZarba, e lei agitata come non mai trasalì.
– Cosa
significa?!
- Il morso di una Chimera Mistica è altamente
tossico. Se la saliva di quegli esseri entra in
contatto con l’organismo di un umano, ben presto il suo intero sistema
immunitario crollerà, e quando il sangue cambierà colore, a quel punto sarà
necessario intervenire subito, altrimenti gli organi interni cesseranno di
funzionare e il cuore si fermerà.
- Si fermerà?! – Kaoru fu presa dal panico totale. Iniziò a tremare, si
passò una mano tra i capelli – Quanto tempo ci resta?!
- Non molto, direi. Presumo che Kouga
abbia già perso in parte l’uso della vista, non è così? – gli domandò Zarba, che aveva centrato come sempre il bersaglio.
Praticamente non ci vedeva quasi
più, e quando Kaoru lo vide annuire, scattò in piedi:
- Cosa possiamo fare?!
- Cerca il balsamo di Rivatra. –
rispose a stento il giovane, e sentì il fiato mancargli di colpo. Ciò gli fece
capire che a breve avrebbe perso anche la facoltà di respirare.
Kaoru si guardò intorno facendo
una panoramica della stanza. – Dove devo guardare?
- Dovrebbe trovarsi in uno di quegli scaffali laggiù. – le
indicò il Madougu, additando il posto con
un’occhiata.
Kaoru cercò, rovistò come una
furia tra i ripiani, ma c’erano così tante ampolle che non riusciva
a distinguere le une dalle altre. – Accidenti! – imprecò, portandosi le mani
nei capelli – Com’è fatta questa bottiglia?
Fu sempre l’anello a rispondere: - Rotonda, ed ha un colore
blu intenso. – espose, mentre Kouga si sentiva sempre
più debole. Ormai sapeva di non avere più la forza necessaria per cercare di
stare sveglio. Stava per crollare, quando in estremisKaoru trovò la boccetta. Prendendola al volo, corse
verso di lui e lo aiutò a bere il contenuto. Con il Madoubi
racchiuso nella mano tremante, egli riuscì a bruciare la ferita mediante la
fiamma sacra del fuoco guida. La vampa verde acceso avvolse del tutto
l’avambraccio che si rimarginò dal taglio. Adesso la pelle era intatta, il
morso non si vedeva più, e non c’era neppure una cicatrice.
Fu così che Kouga si sentì di
colpo restituire il respiro. La vista gli tornò ma solo per
poco: stremato da quanto patito, si accosciò sul divano e svenne.
- Kouga?! – strepitò Kaoru in preda alla disperazione. Non sapeva cosa fare,
cosa pensare.
Zarba la tranquillizzò: - Non
preoccuparti, è solo svenuto.
L’umana cercò di mantenere la calma, respirò a fondo e
decise subito cosa fare. – Chiamo Gonza e gli dico di venirci a prendere. – Quando fece per infilare una mano nella tasca del vestito,
si rese conto che era vuota. A quel punto capì di aver smarrito il cellulare
durante il trambusto avvenuto con le Chimere.
Poteva sempre tornare indietro a cercarlo. Certo, era
rischioso, però se Kouga si fosse ancora sentito
male? Isolati in un posto sperduto in mezzo alla foresta, chi mai li avrebbe
soccorsi?
Quel brutto presagio le lambì la mente, maZarba,ancor prima che l’umana potesse muovere una
gamba, avendo intuito le intenzioni la bloccò seduta stante: - Non pensarci
nemmeno, signorina! E’ pericoloso, e inoltre se dovesse accaderti qualcosa, lui
non me lo perdonerebbe mai.
- MaKouga
potrebbe avere bisogno d’aiuto!
- Rilassati e non pensarci. Il balsamo di Rivatra è un prodotto magico dal potenziale altissimo. Quando il tuo Romeo riaprirà gli occhi, sarà in piena forma!
– scherzò quel chiacchierone d’un anello, e lei
stavolta fu costretta ad obbedirgli.
Prese la coperta che si trovava sulla spalliera di una
poltrona lì accanto, e coprì con cura il ragazzo.
La temperatura si stava abbassando, ormai era
quasi sera.
Lo guardò silenziosamente riposare, adesso sembrava sereno,
quindi tutto ciò che doveva fare era solo mantenere anch’ella
la stessa serenità.
Certo, la cosa non doveva essere
affatto facile. Si sedette a terra, di fronte a lui. Adagiò il capo sul bordo
del divano, e mentre lo fissava con profonda apprensione, abbassando gli occhi
quasi fosse stremata dalla fatica, si addormentò.
***
Fuori era buio, il vento aveva
cominciato a canticchiare la sua inconfondibile melodia fatta di soffi e fischi
leggeri.
Le fronde degli alberi si muovevano nel
cielo, e di tanto in tanto una foglia cadeva al suolo.
Le palpebre di Kaoru si aprirono lentamente
dopo aver fatto una sana dormita. Quando le spalancò
del tutto, vide che il divano era vuoto. Kouga non
era più lì.
Si alzò di scatto e nel farlo la
coperta che aveva sulle spalle cadde a terra. Era la stessa che aveva usato per
coprire il ragazzo. Evidentemente doveva essere stato lui stesso,
una volta sveglio, a poggiarla sulla sua schiena.
Lo cercò con lo sguardo, e quando lo vide entrare dalla
porticina accanto alle scale fu colta dall’agitazione. - Kouga!
– disse correndogli incontro – Come ti senti? Ti fa
male qualcosa? Vuoi sederti? – era talmente scossa che non riusciva a smettere
di parlare.
Il giovane con calma scosse il capo. – Ora sto bene.
- Te lo avevo detto io che il balsamo di Rivatra
faceva miracoli. – commentò Zarba, e lei, come a
voler sottolineare che il Madougu
avesse ragione, timidamente sorrise.
- Volevo telefonare a Gonza, ma ho perso il cellulare… -
spiegò poi.
Lui scosse il capo. - Non fa nulla. Adesso siamo al sicuro.
Ho sigillato le entrate con dei talismani mistici, perciò non dovremmo avere
problemi. Ce ne andremo domattina, con la luce del
sole, ma per stanotte saremo costretti a restare qui.
Annuì irrequieta. – Per me va bene, ma sei sicuro di
sentirti meglio?– chiese per l’ennesima volta, ma era troppo agitata per rendersene conto.
Kouga lo aveva capito, quindi non poté fare a meno di andarle vicino.
Le posò affettuosamente una mano sulla testa. – Va tutto bene, adesso è tutto apposto. – e
non appena ebbe finito di parlare, lei gli si gettò tra le braccia.
- Non sapevo cosa fare, e tu stavi male, e poi c’era così
poco tempo… Ho avuto tanta paura!– disse ormai tra i singhiozzi.
Quello fu un pianto liberatorio. Kouga
non cercò di fermarla, al contrario, lasciò che si sfogasse. In questo modo poi
si sarebbe sentita meglio. E infatti quando le lacrime
cessarono di bagnarle le guance, in qualche modo avvertì un senso di leggerezza.
Tuttavia, assumendo un’espressione
buffa, quasi mortificata disse: - Sono una gran piagnucolona, vero?
Nel vederla così, al ragazzo scappò un leggero sorriso. A volte
sembrava proprio una bambina, pensò simpaticamente.
Zarba se ne uscì all’improvviso
con una delle sue trovate geniali: - Perché non le insegni a giocare a Barchess? Da qualche parte dovrebbe esserci una scatola del
gioco.
Il figlio di Taiga prese a fissarlo con fare perplesso. –
Giocare a Barchess… senza potere spirituale? – in effetti ciò non poteva essere fattibile, perché Kaoru di certo non aveva doti mistiche.
- E’ un problema che si risolve facilmente. – anticipò
l’anello, e successivamente spiegò la faccenda-
Anziché affrontarvi con la forza della mente, per scoprire chi avrà la meglio
basterà affidarsi al lancio di due comunissimi dadi. – La soluzione non era poi
così malaccio, tuttavia facendo ciò si perdeva un po’ del fascino di cui il
gioco era dotato.
- Cos’è il Barchess? – chiese Kaoru a quel punto. In passato ne aveva
sentito parlare da Gonza, tuttavia ricordava molto poco a dir la verità.
- E’ una sorta di gioco simile agli scacchi. – le spiegò velocemente Kouga – Bisogna
avere una strategia efficace per vincere, e inoltre un forte potere spirituale
per respingere gli attacchi dell’avversario.
- Sembra interessante… - constatò – Beh, io adoro i giochi
in scatola, e sono curiosa di vedere questo!
- “Questo”, come lo chiami tu, è molto più di un semplice
gioco in scatola… - commentò Zarba, e poi ridacchiò
con gusto nel pensare a quanto piacesse al maestro Amon.
- Allora proviamolo, forza! – esclamò con entusiasmo, perciò
Kouga non ebbe scelta: nel vederla così elettrizzata,
dovette per forza arrendersi e cedere a quella richiesta.
Prese la scatola quadrata del gioco dallo scaffale lì
accanto, e la posizionò a terra, davanti al camino che
aveva acceso poco prima che Kaoru si svegliasse.
- Va bene se giochiamo qui? – le domandò. All’artista quel
posto sembrava più che perfetto.
Si sedettero sopra al grosso tappeto che ricopriva una buona
parte del pavimento, e una volta sistemata la scacchiera a terra con tutti i
relativi pezzi, cominciò la partita.
A dirla tutta, più che partita era una
sorta di tutorial. Qualcosa
di semplice, giusto per iniziare a spiegare i concetti fondamentali del Barchess, e soprattutto a passare un po’ il tempo.
- Posso scegliere io le pedine rosse? – domandò gentilmente
la ragazza, non appena vide che le stava per prendere Kouga.
Quest’ultimo esitò inizialmente.
Di solito le sceglieva sempre lui, tuttavia per accontentarla dovette fare
un’eccezione. E poi, con un espressione così tenera,
come avrebbe fatto a dirle di no?
Dopo averle posizionate nelle rispettive caselle, finalmente
la lezione poté cominciare.
Durante la spiegazione, Kaoru
aveva avuto spesso delle difficoltà. Il Barchess
certamente era molto interessante, ma forse per lei un tantino complicato. Però doveva ammettere una cosa: con i dadi aveva una gran
bella fortuna. Così tanta da farle vincere un considerevole
numero di mani.
- Sono basito! Devo dire che la
sorte ti sostiene, e anche parecchio… - esclamò Zarba.
Subito giunse come una saetta la replica di Kouga.
- E’ la solita fortuna del principiante. – disse con una
certa stizza. Solitamente quando da piccolo giocava con Jabi,
per galanteria la lasciava vincere di proposito, ma adesso… beh, la questione
era ben diversa! Di sicuro non stava facendo finta di perdere!
Kaoru lo guardò in faccia con una
di quelle espressioni soddisfatte e compiaciute – Non dirmi
che ti dà fastidio essere battuto da una principiante…!
L’altro abbassò meccanicamente il viso. – Niente affatto. E poi la partita non è ancora finita. – appuntò, e con una
mossa degna di un abile stratega, praticamente le
bloccò ogni pedina che c’era sulla scacchiera. Adesso non poteva muovere più
nessun pezzo, perciò il tutto si concluse così, in un
soffio.
- Non è giusto! – sbottò come una ragazzina, e si portò le
braccia al petto. – Non mi avevi detto che quelle
pedine si potevano muovere anche in diagonale…!
- E invece sì, ma tu evidentemente
non hai prestato attenzione.
- Come si fa quando sei tu a spiegare le cose? Corri troppo,
e non ti soffermi mai neppure se qualcuno te lo chiede. – Insomma, Kaoru si stava arrampicando sugli specchi, e tutto ciò
perché non voleva ammettere di avere perso in una maniera così assurda.
- Pensa se avreste scommesso cosa
sarebbe successo… – fece Zarba, ma l’artista non
capì.
- Perché, cosa si scommette di
solito?
- Anni.
- Anni?
- Anni di vita. – precisò Kouga, e
subito lei si sentì gelare e divenne paonazza.
- Noi non avevamo scommesso, giusto? – balbettò,
stringendosi una mano in petto.
- No – disse dapprima Kouga,
mentre rimetteva i pezzi del gioco nella scatola – Però
possiamo sempre fare un’altra partita e rimediare a questa mancanza.
La replica della giovane Mitsuki
fu tanto rapida quanto esaustiva: - Declino l’offerta! – e
scosse il capo con decisione.
Kouga ovviamente stava, a modo
suo, solo scherzando, ma come al solito lei non lo
aveva capito.
Poi si accorse che una delle pedine rosse era rotolata
lontano dalle altre.
Si spostò per prenderla, lo fece anche Kouga
e finirono inevitabilmente col toccarsi. Si lanciarono
un’occhiata, fuKaoru a ritirare per prima la
mano. – Scusa. – biascicò spontaneamente, tanto per dire qualcosa.
E come piombo cadde il silenzio.
Nell’aria si respirava un forte odore di plausibile imbarazzo.
Tutto ciò era comprensibile. Per la prima volta si trovavano completamenti soli.
E adesso la situazione era ben diversa da quella notte
passata nel Kantai… almeno lì, in quella casa enorme nelle
altre camere c’era qualcuno.
Senza dare preavviso, un orologio molto antico dotato di
meccanismo a cucù spezzò il silenzio con il suo suono inconfondibile. Kaorutrasalì all’istante come un gattino
colto di sorpresa, e per una reazione spontanea si gettò addosso a Kouga. Colto anche lui alla sprovvista, ma non per il rumore,
bensì per la reazione della ragazza, scivolò all’indietro e finì con la schiena
al suolo. Gli uscì dalle labbra una sorta di suono simile ad un lamento. Kaoru lo fissò subito per sincerarsi che stesse
bene. – Sei tutto intero?- chiese con un filino di voce. Di certo non era sua
intenzione travolgerlo in quel modo.
Lui, ancora a terra sbuffò con accidia. – Stavo meglio
prima. – si rimise a sedere e poi continuò - Sei
sempre la solita selvaggia.
- Io… selvaggia? – si puntò un dito in faccia. Aveva assunto
una di quelle espressioni allibite, sintomo che a breve sarebbe scoppiata. – Mi sono solo spaventata. Non pensavo che quello
fosse un orologio a cucù. E poi chiunque al posto mio
avrebbe fatto lo stesso. – Ne era più che certa, e con
fare indispettito si incrociò le braccia al petto.
- Un orologio a cucù non ha mai fatto del male a nessuno.
- Ma questo lo so, è ovvio! Però mi
ha colta alla sprovvista, non ero preparata.
- Io sì.
- Eeh?! – Kaoru
lo guardò esterrefatta. – E perché non mi hai
avvisato, allora? Ci tieni così tanto a vedermi
sobbalzare dallo spavento?
- Penso che tu lo faccia ridere. – rispose
apertamente Zarba, senza un minimo di
incertezza.
L’artista alzò brevemente gli occhi al soffitto. – Questa
poi…! Sei davvero un immaturo quando ti comporti così,
lo sai? – lo guardò dritto negli occhi con un’aria quasi di sfida. Resistette
solo per pochi secondi, perché poi scoppiò a ridere.
- Che c’è? – le domandò Kouga, chiedendosi del perché avesse iniziato a sogghignare
in quel modo.
- Era da un po’ che non litigavamo così, come due perfetti
bambini immaturi ed orgogliosi.
- Ed infatti lo siete entrambi. –
commentò da bravo osservatore Zarba. Come sempre
quando il Madougu apriva bocca, aveva sempre ragione.
– Quando sono con voi più che una guida mi sento una
balia.
Trascinato dalla risata di Kaoru e
dalle parole di Zarba anche Kouga
si lasciò strappare un sorriso.
Era da molto che non trascorrevano insieme un momento così sereno
e senza pensieri.
Quel modo di scherzare gli era mancato, e anche parecchio.
Il modo in cui Kaoru rideva, gli era mancato.
Adesso sì, che Kouga
sarebbe stato capace di affrontare anche cento copie di Meshia
in persona, perché finalmente aveva ritrovato la sua luce. Gli bastava
solo lei per andare avanti, e nulla più. Niente artifizi, beni, oggetti
preziosi. Quella ragazza per lui era tutto.
Gettò un occhio al quadrante del cucù che segnava la
mezzanotte.
- Si è fatto tardi – disse – Puoi
andare a dormire di sopra, io mi sistemerò sul divano.
Titubante, Kaoru scosse il capo. –
Non ti lascio da solo. – Dopo quanto successo, in cuor suo la paura di perderlo
per davvero si era oramai impadronita di lei.
- Guarda che so cavarmela da solo.
- Ma a me non va di rischiare
un’altra volta. E se ti succede qualcosa? Se ti
attacca una di quelle orribili creature mentre sono di
sopra? Come farò a sentirti?
- Chi vuoi che mi attacchi?
L’orologio a cucù, forse? – replicò ironicamente il giovane, e all’improvviso Kaoru si batté una mano sulla fronte.
- Ma certo! Un Orrore potrebbe
impossessarsi dell’orologio, proprio come successe quella volta a me, con… Come
si chiamava…?
- Morax.
- Esatto!
- Piantala. – sbottò a quel punto
lui, senza inutili convenevoli – Non succederà nulla di tutto ciò.
- Ma io non voglio restare con il
dubbio. E se ti lascio da solo, non mi farai chiudere
occhio per tutta la notte, è sicuro! – appuntò con una certa cocciutaggine. Quando fece per lanciargli un’occhiata, anziché continuare lo
squadrò con attenzione. Indossava abiti troppo leggeri. Al posto della
giacca di pelle, ormai rovinata dal morso della Chimera, portava una canotta.
Si alzò di scatto, Kouga la seguì
con gli occhi e successivamente si vide posare sulle
spalle una coperta.
- Meglio se ti copri, così non prenderai freddo. – disse,
mentre amorevolmente gli sistemava i lembi del panno.
- Non ho freddo, e poi in ogni caso
c’è il camino a riscaldare l’ambiente. Te lo ripeto- disse pazientemente il
giovane – adesso sto bene, per cui smettila di
preoccuparti.
- Meglio andare sul sicuro, no? – replicò giustamente Kaoru, e per gioco gli coprì la testa con un pezzo della
coperta. Nel vederlo conciato così le scappò una risata – Adesso sei tu quello
buffo! – Lo guardava divertita, peccato però che Kouga,
al contrario, non lo era affatto. Si calò il panno dal
capo, ma quando lei cercò ancora di rimetterlo dove stava, il Cavaliere
dell’Est le afferrò una mano e la bloccò. La guardava con un’aria a dir poco
stizzita. – Ok, non lo faccio più, promesso! – giurò,
ma con quel faccino furbetto che aveva, di sicuro non l’avrebbe
data a bere proprio a nessuno. Per di più aveva giurato in modo strano, con un
sorriso sulle labbra ed un’aria sbarazzina. Era come
se si sentisse più libera, serena. Non sembrava provare timore, ma al
contrario, lei aveva totalmente fiducia nell’uomo che le stava di fronte.
Kouga non l’aveva mai vista così.
Ne fu inspiegabilmente rapito, poi folgorato ed infine inspiegabilmente attratto.
Dio e quanto era bella la sua Kaoru
quella sera!
Lo scintillio delle fiamme del camino che le danzavano negli occhi e sulle guance, le donava un’aria più speciale.
Kouga le teneva ancora la mano,
nonostante ella avesse mollato il lembo della coperta
e smesso così di divertirsi. Si accorse poi che se prima lui la stava stringendo
con una presa forte e tenace, adesso lo faceva con molta più dolcezza, quasi a
volerla tenere dolcemente tra le sue dita. Notò inoltre che era gelida, perciò
ad avere freddo doveva essere proprio Kaoru. E così, compiendo un’azione
del tutto inaspettata, la tirò verso di sé e la avvolse nella stessa coperta che
a sua volta stava circondando lui.
- Sei gelata. – disse.
Ancora stordita dal gesto dapprima non rispose. Tra quelle braccia,
condividendo lo stesso drappo, si riscaldò subito.
- Adesso va già meglio. – rispose solo dopo un po’, e
socchiudendo le palpebre si accoccolò tra quelle braccia. – Sai – premise,
senza scostare il capo – l’altro giorno, a casa di Souka,
quando mi hai detto per la prima volta che…- si trattenne, arrossì, era in imbarazzo,
e pensando che Kouga avesse intuito il resto della
frase non la finì, ma aggiunse – Mi hai stupito molto.
- Stai forse cercando di farmelo ripetere?
- Ripetere cosa?
- Che… - Kouga
a momenti ci cascava, fortuna che capì subito l’innocente giochetto architettato
dalla sua bella, e si fermò. Le lanciò un’occhiata decisa, e lei sbuffando fu
costretta a confessare.
- Ok, volevo cercare di fartelo
ripetere. – ammise ormai scoperta, come un ladro colto in flagrante nel bel
mezzo del misfatto. Poi schiuse timorosamente le labbra – Ma
volevo anche dirti che per me è lo stesso, anche io ti voglio bene, cioè no! Non questo, ma che ti… - biascicò qualcosa e si trattenne senza
finire la frase. L’imbarazzo non la fece andare oltre, per di più era
diventata tutta rossa in viso, abbassò lo sguardo per vergogna, ma non servì a
molto.
Kouga quella frase l’aveva già
capita. Ma non la obbligò a portarla a termine. Sapeva
che lei non ne avrebbe mai avuto il coraggio perché
troppo impacciata. Le posò una mano sotto il mento, e Kaoru
fu costretta a guardarlo per forza.
Era quasi convinta che le volesse dire qualcosa, ma
stranamente non la punzecchiò.
Rimase solo a guardarla. Tutto qui. E
lo faceva con interesse, perché le fiamme del camino continuavano a danzarle
negli occhi, e a lui quel movimento piaceva. Il bagliore del fuoco si
rifletteva su quella pelle diafana, delicata, e forse rapito da tutto quello
splendore, lentamente iniziò ad accostare il viso al suo, i respiri si
congiunsero, si unirono, finché non fu così vicino da poterle finalmente
sfiorare le labbra con un bacio.
Kaoru sentì il cuore scoppiargli
in petto ed il calore del corpo salirle al viso, e poi… Fu tutto come un
venticello che prima soffia piano e d’un tratto
diventa sempre più forte e si trasforma in tempesta.
Quel bacio acquistò una libertà tutta sua, in esso c’era più slancio, più sentimento. Ed entrambi si lasciarono travolgere da esso.
Rapiti l’uno dall’altra, attratti come non lo erano mai
stati prima d’ora, con la complicità di un’atmosfera suggestiva,
successe l’impensabile: Kaoru si lasciò scivolare
all’indietro sospinta da Kouga, che non si era
neppure accorto di quanta pressione con quel bacio stesse esercitando su di lei.
Quando la schiena della ragazza toccò con dolcezza il
tappeto, il fuoco del camino scoppiettò, e quel rumore lo costrinse bruscamente
a rendersi conto di ciò che stava succedendo.
Sollevò il capo poco sopra quello
della giovane e la fissò con estrema incertezza. Voleva dire certamente
qualcosa, ma in un primo momento rapito dalla confusione tacque. Soltanto dopo,
quando si rese conto di aver lasciato andare le redini del proprio cuore per un
attimo, e di aver quindi ceduto al suo istinto, confuso mormorò appena: - Cosa
sto facendo…?
Già, che cosa stava facendo Kouga?
Cosa gli era preso così all’improvviso? Si sentì stranito
dal proprio comportamento. Cercò di riagguantare le briglie delle proprie
emozioni, di riprendere il controllo di se stesso, ma non fu semplice.
Sembravano abitare lui e Kaoru in
un mondo a parte, isolati dalla realtà, in un tempo che pareva appartenere solo
a loro. E mentre la guardava in viso, capì che non
poteva fare a meno di lei. Non riusciva. E si sentì in
trappola. Eppure, lui sapeva che in certe situazioni
doveva ad ogni costo mantenere il controllo.
A dire il vero, non l’aveva mai perso prima d’ora. Non gli
era successo né durante la notte passata nel Kantai,
né durante quel famoso giorno, in cui cadendo sopra al letto si erano ritrovati
l’uno vicino all’altra.
Kouga per certi versi poteva sembrava
un bambino: non aveva mai avuto una persona a cui volere bene, spesso non
sapeva come comportarsi in certe circostanze, e a volte la sua ingenuità non teneva
eguali. Prima di incontrare Kaoru non aveva mai detto
“ti amo” a nessuno.
E adesso ad un tratto l’uomo che
era in lui sembrava avere preso il sopravvento.
Ma perché non riusciva più a
controllarsi? Cos’è che gli aveva fatto abbassare la
guardia fino a quel punto? Forse, dipendeva dal comportamento meno restio di Kaoru? Oppure adesso anch’egli si
sentiva più libero?
Magari tutto ciò dipendeva da entrambe le cose.
Restò a fissarla senza sapere cosa fare, senza sapere se era il caso di fermarsi oppure…
L’unica cosa che gli uscì da quella bocca, molto
probabilmente determinò il resto degli eventi. – Hai paura? – le chiese con una
premura a dir poco inconsueta. Dimostrò in quel modo di tenere realmente alla
sua amata. E lei lo capì.
Adesso sapeva cosa fare, adesso sapeva
quali parole usare per dargli quella risposta.
E non aveva più timore di commettere
uno sbaglio, perché comprese che era giunto il momento. Lo guardò facendogli un
sorriso che racchiudeva in sé mille emozioni. E poi, con una luce bianca che le
danzava negli occhi, alla fine disse – Quando sto con
te, non ho mai paura.
Fu grazie a quella risposta che tutto ebbe inizio.
Gli attimi successivi narrarono di una luce, quella di un
camino acceso, che con garbo si rifletteva sulla pelle di un dorso scoperto.
La mano di Kouga, con il braccio
disteso sul tappeto, si stringeva a quella di Kaoru.
Poco alla volta il fuoco del camino si spense. Restò un bagliore
soltanto: quello della luna che infranse il vetro della finestra e li avvolse
regalando a quell’atmosfera qualcosa di prezioso.
Qualcosa di magico.
E mentre le dita di quelle mani si intrecciavano
sempre di più l’una all’altra, l’amore, quello vero, spiegò le sue ali dando
così libero sfogo alle emozioni.
E grazie a quel bacio inizialmente
dato a fior di labbra, ogni ostacolo fu oltrepassato, ogni barriera fu valicata
e ogni tabù sciolto.
Adesso c’erano solo due cuori che battevano in una sincronia
perfetta, armoniosa.
Due persone che all’unisono respiravano
e che, all’unisono, meravigliosamente si amavano.
Fine episodio
I
VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:
Ebbene sì,
ecco il famoso capitolo, quello che molto probabilmente, anzi, sostituite il
termine “molto probabilmente” con “senza ombra di dubbio”
la maggior parte di voi stava aspettando.
Non
commento per evitare di rovinare quel po’ di magica atmosfera che la fine di
questo capitolo ha lasciato nelle vostre camere e, si spera, nei vostri cuori. Dico solo che ci ho lavorato a lungo,
ho cambiato poche righe dal progetto iniziale scritto forse più di un anno fa,
e più leggevo più mi veniva quasi da chiedere “Ma un
episodio del genere nella serie di Garo può essere
fattibile?”. La risposta è: forse sì, forse no.
Questo è proprio un grande dilemma!
Per _Elentari_:
Ma che bello rivederti!!! Mi hai fatto preoccupare, sai? Sei una delle prime che
legge e commenta le mie storie, perciò non vedere più le tue recensioni mi ha
messo in ansia. Per fortuna che tutto è apposto e che sei tornata!
Per
DANYDHALIA: Non preoccuparti del ritardo, come vedi anche io ultimamente non sono
molto puntuale con i capitoli… Noto con piacere che la signora Sanae è piaciuta a molti! E’ una persona alla mano, e come
dici tu, una così serviva proprio alla storia!
Per Iloveworld: Ma no, non sei
affatto impacciata, anzi! E quella a doversi
scusare sono io… il messaggio che mi hai mandato è arrivato, l’ho anche letto
solo che a causa degli impegni lavorativi non mi è stato possibile rispondere,
anche se avrei voluto farlo quasi subito, perché da come scrivi si capisce che
sei una persona gentile. E poi abbiamo gli stessi
gusti, ad entrambe piace Garo, e questo basta e
avanza, no? Continua a seguirmi se ti va, e fammi sapere cosa ne pensi di
questo e degli altri capitoli!
Per ShoRyuKen:
Il segnale non è né digitale né analogico, E’ “orrologico”!
Il profumo è proprio lo stesso! Ma è rimasto intatto.
Ma che profumo hai annusato? No, perché io ho regalato
a mia madre una boccetta del profumo “Venezia” (non so se lo conosci), è fuori
produzione da una decina d’anni o forse anche più, però quella che ho preso io
non odorava di vecchio, la fragranza è rimasta
intatta.
Eh, sì! Quando vuole, Zarba
sa tacere!
Per MiKiUsSaN: Ciao e
benvenuta! I tuoi complimenti mi fanno arrossire, lo ammetto, e sapere che
segui la mia storia e che ti entusiasma così tanto mi
fa molto piacere! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto e che continuerai a
seguirmi!
Bene, per ora è tutto!
Vi saluto affettuosamente e ringrazio come sempre le persone che seguono
con affetto e tanta passione la mia storia!
Alla prossima!
Botan
ANTICIPAZIONI:
Confusione,
paure forse infondate e il timore che tutto non sia più come prima. A causa delle
parole di Rei, Kaoru dovrà fare i conti con presunte
inquietudini, cadendo preda di una forte incertezza che trascinerà anche Kouga in un profondo e totale equivoco.
Un delicato raggio di sole attraversò i vetri di una finestra e
s’infranse sulla superficie di un tappeto, rischiarandolo con una luce bianca e
calda
Incertezza
#22
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
Un delicato raggio di sole attraversò i vetri della finestra
e s’infranse sulla superficie di un tappeto, rischiarandolo con una luce bianca
e calda. In quello stesso istante, illuminata da essa,
Kaoru riaprì pian pianino gli occhi.
La prima cosa che vide, quando essi furono del tutto
spalancati, fu il viso di una persona che la stava silenziosamente osservando.
Divenne rossa all’istante nel vedere Kouga,
lì proprio accanto a lei, che la fissava con un piccolo sorriso disteso sulle
labbra.
Si coprì meccanicamente il viso con un lembo della coperta,
mentre soffocata quasi da essa la sua voce parve
uscire fuori quasi come un flebile lamento. – Non guardarmi, ti prego. –
biascicò tremante, nel pieno di un fiorente imbarazzo.
Kouga strinse gli occhi, segno che
non aveva capito, e curioso le chiese – Perché?
- Mi vergogno. – pigolò, ma lui
afferrando con tre dita un lembo del panno che ella si teneva davanti al viso,
lo tirò giù di colpo. Presa alla sprovvista Kaoru
divenne ancor più rossa. – Sei cattivo quando fai
così! – sbottò stizzita, pur continuando ad avere un atteggiamento evasivo,
tremante. Il ragazzo si lasciò scappare di proposito
un sorriso che però la giovane Mitsuki interpretò in
maniera errata. – Ti diverte pensare che io sia la solita ragazzina, è così? –
lo fissò con un’aria imperturbabile ma buffa al tempo stesso.
Kouga scosse il capo. – Rido per
via della tua faccia.
- Cos’ha la mia faccia che non va?
- E’ dello stesso colore di questo tappeto.
Kaoru gettò furtivamente un occhio
a terra, proprio sull’oggetto incriminato. Aggrottò le sopracciglia e scosse
appena la testa. – Porpora…? Ho il viso così rosso? – si appoggiò subito le
mani sopra le guance. Erano così calde che forse, anche faticando ad
ammetterlo, lui doveva avere proprio ragione. – Si
vede tanto che sono imbarazzata? – disse abbattuta, perché la risposta non
poteva che essere un semplice “sì”, tuttavia Kouga
non si limitò solo ad annuire.
- Si vede anche che sei la solita ragazzina noiosa. –
rincarò.
Kaoru divenne rancida in un colpo.
- Noiosa? Io? Come sarebbe…?! – lo
fulminò con ferocia servendosi di una sola occhiata. Sembrava addirittura
essersi gettata l’imbarazzo alle spalle. – Sei un gran maleducato! In un momento
simile, in cui una ragazza sogna di svegliarsi e di ricevere attenzioni da colui che ama, tu ti comporti da perfetto cafone e rovini
tutto.
Kouga sorrise ancora, ma stavolta
sembrava ostentare un atteggiamento piuttosto compiaciuto.
La moretta azzittì per meditare su quel
comportamento a prima vista strano, e alla fine, infatti, come un
fulmine si rese conto che quello era solo un mero imbroglio. – Aspetta un
attimo… - antepose dapprima, e scosse la testa – Lo
hai fatto apposta per farmi reagire, non è così? – alzò gli occhi al cielo in
preda ad una crisi di nervi – Possibile che tu ti diverta
così tanto a vedermi in questo stato? Tra noi due sei tu il ragazzino! –
puntualizzò.
- Almeno ora non ti senti più a disagio, o sbaglio? –
rispose l’altro, facendo intendere che la provocazione serviva
proprio a quello. Lo scopo era di farle dimenticare l’imbarazzo nel più
semplice dei modi, ovvero facendola arrabbiare.
Non sapendo cosa rispondere, Kaoru
zittì di colpo. Calò lo sguardo come per cercare coraggio, poi decise che
doveva per forza aprire bocca. – Ecco, io… - biascicò, senza sapere come
proseguire un discorso già di per sé complicato da portare avanti con
naturalezza. – Ecco – ripeté un’altra volta, mentre il ricordo della notte
passata con Kouga le passò per un istante davanti
agli occhi. Prima arrossì, poi reclinò ancora lo sguardo e il gesto le fece salire
maggiormente tutto il calore del corpo al viso. Adesso era di nuovo in imbarazzo.
– Ciò che voglio dire riguarda quello che… - tergiversò, e nel farlo convinta
che le avrebbe fatto guadagnare tempo, iniziò a
mordersi il labbro con fare nervoso. Poi all’improvviso se ne uscì con un’esclamazione,
forse la prima che le era saltata in mente, e che avrebbe fatto meglio a
tenersi dentro. – Che situazione…! Pensa se lo sapesseAsami… - alzò gli occhi al
cielo, dapprima senza rendersi conto di nulla.
Kouga divenne confuso. – Cosa centra la tua amica?
Lei s’irrigidì. Lo fissò tremante, in
qualche modo doveva trovare una risposta a quella domanda. D’istinto
disse: - Niente! Dicevo così, per dire… - emise un sorrisetto tirato, nervoso, pensando di aver fatto un’altra
delle sue solite figure, ma quando il giovane Saejima
le scostò un ciuffo di capelli dagli occhi, un sussulto le fece vibrare
intensamente il cuore. A quel punto capì che, anche se non sapeva bene come, doveva
riprendere il discorso lasciato poc’anzi. Così lo
cominciò nel migliore dei modi. – Ciò che ci è successo
durante la notte… - intenzionata a proseguire si fermò ancora. Stavolta non per
semplice imbarazzo, bensì era stato lo stesso Kouga a
toglierle la parola con un quesito improvviso.
- Sei pentita? – chiese, e in quel
momento i suoi occhi scuri e profondi presero a fissarla con il timore che ella potesse rispondere di sì.
La replica di Kaoru giunse subito:
- No, anzi! – affermò, ma si accorse di averlo detto con troppa fretta, e pensò
in questo modo di aver fatto la figura di colei che in realtà non aspettava
altro che arrivasse quel momento. Ma non era per nulla
così. Tentò di spiegarsi meglio, voleva che lui sapesse come stavano le cose, prese
di petto la situazione e l’affrontò: - Per me è stata
la prima volta. – Finalmente, era riuscita a dirglielo, e lo aveva fatto con
semplicità e naturalezza, senza tralasciare quel pizzico di vergogna che in una
situazione come quella non poteva certo mancare.
Kouga non era un tipo che amava
molto il dialogo, né tanto meno gli piaceva utilizzare inutili giri di parole
per comunicare una cosa. - Anche per me. – asserì
solamente, e per Kaoru quella risposta ebbe un suono melodico,
armonioso. Sorrise quasi sollevata, strisciando sulla superficie morbida del
tappeto si avvicinò a lui e gli si accoccolò accanto, ostentando una tenerezza fuori
del comune. Sembrava una piccola creatura indifesa bisognosa d’affetto ed
attenzioni.
Quando le posò con dolcezza una
mano sul capo, Kaoru si lasciò sfuggire qualche
lacrima. – Mi avevi promesso che non avresti più pianto. – le ricordò il
ragazzo, mentre con la stessa affettuosità continuava a carezzarle i capelli.
- Lo so, ma queste almeno sono lacrime di gioia. Adesso se
vuoi puoi anche dire che sono una ragazzina noiosa,
perché penso proprio di esserlo.
- Già – concordò dapprima l’altro, tuttavia precisò una cosa – però sei la mia ragazzina noiosa.
La “ragazzina” lo guardò con quei suoi occhi lucidi.
Sorrise, raggiante come non lo era mai stata prima di quell’attimo,
e lo abbracciò forte.
Sì, con Kouga lì accanto a lei,
adesso era veramente la ragazzina noiosa più felice di tutto il mondo, di tutto l’universo, di tutto e di tutti. Gli si accoccolò come
uno scricciolo sul petto, e restò in silenzio ad ascoltare il battito di quel
cuore che per lei era così speciale.
Passandole una mano sulla schiena, Kouga
sentì una pelle liscia come quella di un manto di seta, ma
gelida.
- Hai freddo? – le domandò, e nello
stesso istante prese un lembo del panno e le coprì il dorso. Gettò successivamente un’occhiata verso il quadrante del cucù
appeso alla parete. – Dovremmo andare. – disse.
- Mi piacerebbe restare ancora un po’, ma se dobbiamo… - Kaoru si era già rassegnata all’idea, ma quasi subito il
ragazzo riprendendosi la parola la stupì ancora.
- Infatti io ho detto “dovremmo”, a
non “dobbiamo”. – precisò.
- Significa che restiamo ancora un po’? – reagì prontamente,
sembrava una bambina, visto com’era felice. Si strinse ancor di più a lui, e
per la tanta contentezza non riuscì a moderare la stretta.
- Vacci piano o mi ucciderai. – replicò a tono il signorino,
ma infondo più che protesta il suo era solo un modo per
scherzare.
Quando lei pigolò dolcemente “scusa”,
in quel momento si udì una terza voce.
- Qualcuno sarebbe così gentile da togliermi questa roba di
dosso?
Sia Kouga che Kaoru
istintivamente si misero a sedere nel bel mezzo del tappeto, e quando il
ragazzo sollevò uno dei lembi del proprio soprabito gettato lì accanto,
finalmente Zarbarivide la
luce e si sentì rinascere.
- Adesso va molto meglio. Credevo che mi avreste lasciato lì
sotto per sempre.
L’artista divenne paonazza nell’istante in cui un pensiero
le sfiorò la mente.
- Tu… - iniziò, e prese perfino a balbettare. Le guance si
tinsero di un rosa più acceso del solito, certamente sinonimo di imbarazzo. – Tu… stanotte…
- Stai tranquilla. – dichiarò seduta stante Zarba, avendo intuito quello che la ragazza gli voleva
chiedere. – Sono un tipo che rispetta la privacy
altrui. Mi sono disattivato nel momento opportuno, così non
ho visto né sentito nulla. - le spiegò con accuratezza, e lei poté
tirare un sospiro di sollievo. Ma
al saccente Madougu c’era qualcosa che non andava
giù. Rivolto al proprietario, esternò la faccenda come suo solito, senza tanti
preamboli – La prossima volta che ti capiterà di fare un qualcosa di simile, ti
chiedo di non lanciarmi bruscamente a terra. Anche se sono fatto di metallo, provo ugualmente dolore. –
appuntò, e dal tono di voce si capiva che fosse piuttosto stizzito.
- Non ti ho gettato a terra. – precisò Kouga,
perché non ricordava di averlo fatto. A dire il vero non si ricordava neppure
il momento in cui se l’era sfilato dal dito.
Kaoru, al contrario, ebbe un flashback immediato. Rivide l’attimo in cui il povero Zarba fu scaraventato a casaccio verso l’alto. Si ricordò
perfino che il Madougu, nel finire a terra, avesse
emesso un profondo lamento.
- Veramente, temo che abbia ragione…
- Giustizia è fatta! – replicò soddisfatto l’anello, mentre
il ragazzo ebbe un attimo di smarrimento. Poi, per rivalsa nei riguardi della
sua guida mistica, convenne che forse una risposta a tono non avrebbe guastato.
- La prossima volta tu non ci sarai.
Il Madougu sorrise. Di gran lunga era molto meglio riposare nella sua teca di
legno, comoda ed insonorizzata, che sul pavimento, sepolto vivo da un soprabito
di pelle e stoffa.
Archiviato l’argomento che riguardava Zarba,
Kouga si voltò verso Kaoru
e notò per la prima volta che ella si teneva stretta
in petto un’ampia parte della coperta.
- Se hai freddo… - antepose,
pensando che la causa fosse quella, ma l’altra lo anticipò.
– No, non è per
quello…- abbassò gli occhi come se avvertisse un certo
imbarazzo – è che mi vergogno.
- Per via di Zarba? – Kouga non aveva afferrato subito il concetto. Ma d'altronde lui era così. Ingenuo al punto giusto.
E infatti fu proprio quello che
pensò lei. Quanto doveva essere ingenuo? Provò a chiederselo, tuttavia non
riuscì a darsi una risposta.
- Si vergogna di farsi vedere da te. – gli spiegò brevemente
l’anello, dimostrando in questo modo di conoscere gli umani molto
più di quell’umano stesso. Forse perché aveva
trascorso gran parte del suo tempo in mezzo a loro.
Tornando a Kouga, no, con tutta la
spiegazione di Zarba lui proprio non riusciva a
comprendere.
Cosa mai significava l’espressione
“si vergogna di farsi vedere da te” se durante la notte sicuramente l’occasione
di vederla senza vesti c’era stata? Dove stava il
problema?
Provò a chiederselo ancora, ma il signorino Saejima non fu in grado di darsi una risposta.
Per via di ciò, fu la stessa Kaoru
a precisare: - C’è troppa luce. – ed era sempre più
avvinghiata alla coperta.
Fu solo a quel punto che Kouga si
rese conto che non avrebbe mai capito a fondo una donna.
Attratto dalla situazione, Zarba
pensò bene di movimentare l’attimo. – Non dovresti vergognarti, dopotutto non
sei la sola che Kougaabbia visto
senza vesti. Prima di te c’è stata Jabi.
Kaoru sentì all’improvviso la
rabbia salirle al volto. – Jabi?! - Investì il ragazzo con
un’occhiata torva, poi minacciosa si avvicinò a lui. – Tu, hai visto Jabi… - non riuscì a
finire la frase. Era troppo sdegnata, anche solo mantenere la calma le riusciva
a fatica.
- E’ successo durante lo scontro con l’albero che la teneva
imprigionata. – le spiegò il Cavaliere, ma oramai la frittata era già fatta: Kaoru aveva messo il broncio. Quasi di proposito, il
signorino le disse: - Ti da forse fastidio?
- Fastidio? A me…? E perché mai
dovrebbe darmi fastidio?
- Bene – premise Kouga, come nulla
fosse – presumo allora che non ti dia neppure fastidio
sapere che lei è una vera donna.
No, questo a Kaoru aveva dato fastidio,
e anche molto. Unito poi alla “rivelazione” di poc’anzi,
che l’aveva colta alla sprovvista e irrimediabilmente fatta innervosire, perse
il controllo e reagì con l’intento di colpirlo al petto con uno schiaffo. Nel
farlo tuttavia tolse le mani dalla coperta che si teneva ancorata al busto e
che in questo modo finì a terra.
Il silenzio cadde con un tonfo sordo ma spiazzante
accompagnando la pelle del viso di Kaoru a diventare
rossa quasi quanto quella del tappeto della stanza. Colta dall’agitazione, fece
per portarsi le braccia in petto ma il giovane fu più
veloce di lei e, afferrandola la tirò a sé.
- Così non rischi di essere vista da nessuno. – disse
tenendola tra le braccia. Ella arrossì ancora, per
quanto potesse sembrare impossibile perché lo era già tanto.
- In effetti, fa un po’ freddo. – biascicò, e forse aveva sì
freddo, però lo aveva detto perché non sapeva quale
altro argomento tirare in ballo. La sua voce era bassa, ma non perché aveva mal di gola, bensì quel tono effimero era dovuto alla
situazione.
- Lo avevo notato.
- Tu invece sei caldo. – si strinse forte a lui e chiuse gli
occhi- Vorrei che questo momento durasse all’infinito,
ma…
- Ma…? – ripeté Kouga,
affinché continuasse e finisse la frase.
- Ma sono convinta che ne arriveranno
tanti altri, forse anche più belli. E questo pensiero
mi rassicura perché so che li vivremo insieme, io e te. – lo guardò
regalandogli un sorriso. Nei suoi occhi brillava un’energia fatta da una luce
intensa, pura. Dopo quelle parole, Kouga non poté
fare a meno che accostare la fronte alla sua. Parlare
non era il suo forte, però quando voleva, con la sola forza di un semplice
gesto lui riusciva a trasmetterle tutto ciò che il suo cuore, con la voce non
era in grado di esternare.
- Non vorrete ricominciare, spero.
– sbottò Zarba a quel punto, e sembrava essere
piuttosto preoccupato. Proprio non ci teneva a finire per l’ennesima
volta sepolto da un indumento ingombrante come il soprabito di Kouga. Tuttavia dovette arrendersi
ed accettare il suo destino. Il signorino lo seppellì sotto un lembo di quell’affare di pelle bianca come il
latte affinché chiudesse una volta per tutte le sue zanne. Durante ciò
non aveva spostato neppure per un secondo lo sguardo da Kaoru.
Provò ad accostare il viso al suo, l’altra copiò senza volerlo quella mossa, e
nessuno dei due riuscì ad avvicinarsi.
Risero, ci riprovarono, ma non
subito. Per meglio dire, Kouga ci riprovò e stavolta
per avere la certezza di portare a compimento l’azione, le posò una mano sotto al mento e finalmente riuscì a sfiorarle le labbra.
La ragazza adagiò una mano verso terra ma
nel toccare il tappeto con il palmo semi schiuso ebbe un sussultò.
- Che c’è? – replicò il ragazzo,
mentre Kaoru fece scivolare lo sguardo verso il basso.
Sollevò la mano poi sorpresa sgranò le palpebre.
- Ma… è una pedina del Barchess! – constatò con i suoi stessi occhi, lasciandosi
scappare un sorriso.
E pensare che tutto era cominciato proprio
grazie all’aiuto di quel gioco.
Prendendola tra le dita Kouga si
apprestò a metterla via, ma la giovane Mitsuki si
riprese il tassello. – Stavolta lascia tirare qualcosa anche a me! – fece, e fu
così, che nel lanciarla via prese in pieno l’orologio a cucù che si staccò dal
supporto appeso al muro e cadde a terra. Si coprì la bocca con una mano, in
preda allo sgomento e fissò Kouga dritto in faccia. –
E adesso? – disse mortificata.
- Gonza non sarà di sicuro contento, ma almeno non suonerà
più. Mi dava sui nervi.
Kaoru scoppiò letteralmente a
ridere. - Sei veramente… incredibile! – asserì convinta, senza smettere di sorridere,
però in quello stesso attimo ci fu qualcosa che le strappò l’allegria dalle
labbra.
Si udirono ben 3 colpi al portone principale.
Entrambi sobbalzarono, Kaoru istintivamente si accostò a Kouga.
– Chi può essere? – biascicò in preda allo spavento – Una di quelle orribili
creature…?!
- Dubito che gli Orrori o le Chimere sappiamo
bussare alla porta. Al contrario, loro la sfondano e basta. – dichiarò Zarba, giusto per tranquillizzarla.
- Tu percepisci qualcosa? – gli domandò a quel punto Kouga, mantenendo un certo controllo pur lo sguardo vigile
e attento.
- Niente di strano. Avverto solo l’odore di un altro Madougu. – e non appena ebbe
finito di pronunciare ciò, si sentì una voce strillare fuori casa.
- Kouga! Kaoru!
Qualcuno stava chiamando i loro nomi.
Si guardarono dritti in faccia. – Rei!? – esclamarono
simultaneamente.
- Lo avrà chiamato Gonza quando non
vi ha visti rientrare. – commentò l’anello non appena il Cavaliere dell’Est se lo
rimise al dito. – Fareste meglio a darvi una sistemata, se volete evitare
brutte figure. – commentò giudiziosamente, spingendo i due umani dapprima a
guardarsi indosso, poi intorno.
Nel farlo si resero conto che la stanza oltre a non essere
perfettamente in ordine, segnalava in tutto e per tutto ciò che c’era stato tra
i due durante la notte. Volendo poi parlare del loro caratteristico
abbigliamento, se così si poteva chiamare, beh, non c’era molto da dire. Di
certo non si potevano presentare davanti a Rei l’uno e l’altra
avvolti da una coperta. Chissà poi cosa avrebbe
pensato, o meglio ancora detto, l’arguto ragazzino che veniva dalle terre dell’Ovest.
- Ok, niente panico – premise d’un tratto la figlia di Yuuji,
evitando di farsi prendere, come da lei detto, dal panico, per cercare una
valida soluzione. – Tu ti rivesti ed apri la porta mentre
io sgattaiolo di sopra, ovviamente raccogliendo prima i miei abiti. – Aveva
organizzato tutto a puntino, ma nel guardarsi meglio intorno
le mani le finirono tra i capelli.
I suoi vestiti erano praticamente
ovunque.
Kouga prese in mano le redini
della situazione, e lanciando il proprio soprabito indosso a Kaoru affinché potesse nel frattempo coprirsi con quello, si
apprestò a raccogliere da terra i suoi indumenti. La ragazza per pudore si voltò,
concedendogli la possibilità di rivestirsi, mentre con
affanno china a terra si riprendeva i propri abiti.
- Accidenti – sbottò agitata – dove sarà
finita l’altra scarpa? – prese un lembo del tappeto e lo sollevò per
dare una rapida sbirciata. Nel frattempo Kouga si
diresse verso la porta, afferrò il pomello ed infine la spalancò.
Dal capo opposto Rei a momenti non finì
per cascare con spavento a terra. Dopo aver passato dieci minuti là davanti, a
quel punto era convinto che lì non ci fosse proprio nessuno.
- Ko-Kouga?! – biascicò stranito,
però si riprese subito – E’ mezz’ora che ti chiamo! Si
può sapere che diavolo stavi… - si bloccò senza finire
la domanda, perché all’improvviso intravide alle spalle dell’amico una sagoma
femminile coperta da un soprabito bianco sgattaiolare furtivamente su per le
scale. Aggrottò la fronte – EraKaoru
quella? – disse, con un’espressione metà incredula e metà
confusa, mentre indicava con l’indice della mano il punto in cui la ragazza era
sparita.
Ovviamente Kouga
non rispose, e grazie a ciò finì ugualmente per peggiorare la situazione.
A Rei subito uno strano pensiero gli solleticò la mente. Lo squadrò dal basso
verso l’alto, con estrema attenzione. Kouga si era
rivestito frettolosamente tanto da dimenticarsi il colletto della divisa
sbottonato. Inoltre aveva i capelli spettinati e
un’aria stralunata albeggiava impressa sul suo viso a caratteri cubitali.
Eh sì, alla fine Rei, l’arguto
ragazzino, aveva capito esattamente tutto.
Gli fece uno di quei sorrisi pieni, compiaciuti,
dopodichè gli batté una pacca sulla spalla. – E
bravo Kouga…! Chi l’avrebbe mai detto, eh? –
enfatizzò ridacchiando – A quanto pare, Gonza si
sbagliava, e anche di grosso! – ironizzò ancora, poi si fece per un secondo
serio – Una telefonata però potevate anche farla.
- Niente affatto, nessuno si è sbagliato.
- Vuoi forse farmi credere che non siete
venuti qui per stare un po’ da soli? Ma dai,
non ci…
- Devi crederci. – sbottò a quel punto, seccato.
- Siamo stati attaccati da un branco piuttosto inferocito di
Chimere Mistiche. – spiegò per bene Zarba.
- Che cosa?! – Rei impallidì. E a quel punto dopo averlo fatto
accomodare in casa gli fu raccontata ogni cosa.
***
- Sei stato fortunato, amico mio. Pensa se ti fossi trovato in un posto molto più isolato. Senza il
tempestivo intervento del balsamo di Rivatra, dubito
che ne saresti uscito indenne.
Kouga guardò Rei e trovandosi
pienamente d’accorto con lui, annuì. – Già. E’ stata una fortuna.
- Cosa pensi sia successo? E’ raro che
le Chimere siano così forti, ed è ancora più improbabile il fatto che agiscano
in gruppi numerosi. Di solito arrivano a materializzarsene un paio, non di più.
Che io sappia, solo il maestro Amon
era in grado di evocare più Chimere per volta.
Il Cavaliere dell’Est si mise pensieroso. Non sapeva che
risposta dare a Rei. – Quando sarò a casa inizierò
subito a fare delle ricerche. – dichiarò. Doveva assolutamente saperne di più.
- Gonza arriverà a momenti. – rispose il giovane Suzumura, e nel farlo si trovò a spostare lo sguardo verso
il fondo della stanza. – Cosa è successo a quell’orologio? – chiese, nel vederlo riverso al suolo. Ancor
prima che Kouga potesse rispondere con qualcosa di
certamente vacuo, sopraggiunse Kaoru.
Adesso si era rivestita e sistemata i capelli, tuttavia come
per Kouga, anche in lei c’era sempre qualcosa di
diverso.
Il giovane Suzumura la accolse con
uno strano sorrisetto e dapprima non disse nulla.
- Hai detto proprio bene, sai? Perché la sorpresa l’avete fatta voi a me. – commentò con malizia. Ormai era
tutto chiaro: aveva capito come stavano le cose, e difficilmente Kaoru sarebbe riuscita a fargli credere il contrario. Provò
a lanciare uno sguardo in direzione di Kouga, lui ricambiò però ormai cos’altro potevano fare? Proprio un bel
nulla. Ma Rei da bravo sfacciato decise che qualcosa
doveva pur dirla. E lo fece all’istante. - Da adesso
presumo che la vostra vita e le vostre abitudini
cambieranno del tutto. Vi sentite già da ora diversi,
dico bene? – fece, tuttavia non si accorse subito che con quelle parole aveva
appena combinato un pasticcio. Un grosso pasticcio.
La reazione di Kaoru fu alquanto
inaspettata. Reclinò il mento come per pensare e divenne di
colpo pallida.
- Cos’hai? – le domandò Kouga, avendo notato un pallore inspiegabile tingerle il
viso.
- Nulla, è tutto ok. – rispose,
tuttavia lo fece senza sollevare il capo e guardarlo negli occhi. Sia la
risposta, sia lo strano comportamento non convinsero
del tutto il ragazzo. E quando fece per avvicinarsi a
lei, accadde un’altra cosa inaspettata: Kaoru
indietreggiò per evitare che egli la sfiorasse.
Rei osservò attentamente la scena,
ma tacque. Da bravo osservatore forse aveva intuito qualcosa. Colui a non aver
capito, invece, era Kouga. Come mai all’improvviso Kaoru cercava di tenersi lontana da lui?
Eppure non aveva fatto o detto
nulla di grave. Allora perché lei sembrava essersi distaccata? Era come se non
lo volesse avere affianco. Era come se volesse prendere le distanze. Quel gesto
forse dettato dall’istinto, lo ferì silenziosamente, e a quel punto non disse
più una parola.
Ma cosa era successo a Kaoru?
In realtà la faccenda era piuttosto semplice: Le cose dette
Rei le avevano fatto venire dei tremendi quanto
devastanti timori. E se adesso tra lei e Kouga sarebbe veramente cambiato tutto? Temeva che non ci
sarebbe stata più la stessa atmosfera, lo stesso
rapporto di un tempo, temeva che lui non l’avrebbe trattata più come sempre,
come faceva prima dell’arrivo di quella fatidica notte, e nel pensare a ciò si
sentiva confusa, incerta, provava vergogna, scalpore e disagio al tempo stesso.
E quando per un istante provò a rivolgere uno sguardo verso colui
che l’aveva trasformata in una donna, e si accorse che egli la stava
osservando, successe ancora: abbassò il mento e s’irrigidì. Proprio non ci
riusciva, KaoruMitsuki, a
guardarlo in faccia liberamente, come se mai nulla fosse accaduto. Mentre anche lo stesso KougaSaejima, confuso da ciò, inevitabilmente fu obbligato a prendere
le distanze.
L’auto di Gonza arrivò.
Adesso si ritornava finalmente a casa.
E chissà come sarebbe stato il
rientro, visto l’inizio promettente.
Gonza Kurahashi era seduto come
sempre al posto di guida con le mani ben piazzate sul volante. Affianco a lui c’eraKouga, mentre
dietro, uno accanto all’altro sedevano Kaoru e Rei.
Si trovavano quasi in città, infatti
da lontano spiccavano i primi edifici del posto.
Per tutto il tragitto nessuno aveva aperto bocca. Rei era stanco di mantenere un silenzio che secondo lui non
aveva molto senso. E per interrompere quel vuoto
assoluto usò l’argomento meno adatto.
- Allora ragazzi, raccontatemi un po’ cosa è successo, sono curiosa di sapere!
Kouga e Kaoru
ebbero un improvviso sussulto. Avevano afferrato perfettamente il senso di
quella domanda, tuttavia fecero finta di non capire.
- Te l’ho già detto, non ricordi? –
sbottò il signorino, facendo la parte della persona scocciata.
- Ma io non mi sto riferendo alla
questione legata alle Chimere… - alluse l’altro, mentre con quell’aria
da furbetto sorrideva malizioso. Sospirò e disse l’unica cosa che non avrebbe
mai dovuto dire – Sto parlando della vostra prima
volta, perché lo è stata per entrambi, ho indovinato?
L’auto frenò di botto nel bel mezzo della strada. Gonza aveva
schiacciato senza motivo il pedale del freno.
Kaoru finì bruscamente in avanti,
sbatté con la faccia sul sedile dove si trovava Kouga,
mentre Rei picchiò la spalla sinistra sulla portiera della vettura.
- Perdonatemi! – esclamò mortificato il povero maggiordomo,
cercando di riprendere il controllo della macchina ma soprattutto anche quello
delle proprie azioni. L’inattesa rivelazione fatta da Rei lo aveva colto alla
sprovvista. Non era turbato, bensì molto sorpreso.
Il veicolo riprese a muoversi tra le vie della città, e la prima
cosa che fece Kaoru dopo essersi ripresa fu tirare a
Rei una bella gomitata.
- Hey! – si lagnò quest’ultimo.
- Cerca di stare un po’ zitto! – gli bofonchiò stizzita.
La Zanna d’Argento si sa, non aveva peli sulla lingua, per cui se lei non gli avesse tassativamente ordinato di
tacere, avrebbe certamente continuato a parlare. Oltretutto era anche una
questione di rispetto nei riguardi di Gonza.
Pochi metri più in la il giovane Suzumura chiese al maggiordomo di accostare la macchina. –
Questa è la mia fermata. Ho diverse cose da sbrigare, per cui
proseguirò a piedi. Un po’ d’aria fresca fa sempre bene. – asserì, e quando
posò il primo piede sull’asfalto, guardando i due coetanei aggiunse – e farebbe bene anche a voi.
- Rei! – lo richiamò Silva, quando ormai erano già lontani.
– Non sei stato affatto carino poco fa.
- Ma dai, hai visto anche tu quanto erano
tesi, no? Dovrebbero sbloccarsi, e farebbero meglio a farlo alla svelta, prima
che tra di loro si eriga un muro.
- Un muro? Che intendi dire con
ciò?
- Che se Kaoru
non riuscirà a guardare Kouga negli occhi come faceva
prima, e se Kouga non comprenderà alla svelta ciò che
le sta succedendo, passeranno entrambi ad ignorarsi, e allora sì, che tra i due
cambierà sul serio ogni cosa.
- Come può essere possibile questo? Io non capisco… non sono forse innamorati l’uno dell’altra?
Rei sollevò la mano col mezzoguanto in pelle ed accostò il viso a quello del Madougu. - Cara Silva, l’amore è la più micidiale delle
armi!
***
Dopo averla parcheggiata come si deve sul ciglio della
strada, Gonza era sceso dall’auto per recarsi a comprare alcune cose in un piccolo negozietto per la casa situato dall’altro lato
della via.
I due ragazzi erano rimasti in macchina, preferendo così di
aspettarlo lì.
E naturalmente lo facevano in
assoluto silenzio.
L’uno seduto davanti, l’altra
esattamente dietro.
Troppa quiete a Zarba non piaceva.
Soprattutto perché, al contrario di Silva, forse lui qualcosa
l’aveva intuita. Emise un lungo sospiro, poco dopo a
quel suono fece pervenire una parola: - Interessante.
Kouga gli gettò un’occhiata.
- Cosa?
L’anello rise. – Voi due. Un’ora fa sembravate l’impersonificazione vivente e moderna di Romeo e Giulietta,
e ora non vi rivolgete neppure lo sguardo. Posso
sapere come mai?
NéKouga
né Kaoru dissero una parola. Mai avrebbero cercato di
farlo. Kaoru non sapeva come esternare
ciò che aveva dentro, mentre Kouga non voleva infastidirla
con una sua eventuale risposta. Non sapeva neppure se poteva ancora avvicinarsi
a lei, dopo quella brutta reazione che aveva ricevuto.
Malgrado tutto, Zarba
da quella faccenda cercò di trarre le sue personali conclusioni.
Per lui quei due erano semplicemente confusi. E tutto ciò
era iniziato da quando Rei aveva messo piede in casa e
aperto bocca.
Il Madougu era certo che doveva
fare qualcosa. Si dovevano in qualche modo parlare, altrimenti avrebbero rischiato di allontanarsi per colpa di un momento
che, davvero buffo a dirsi, li aveva uniti. E la trovata di Zarba
fu tanto immediata quanto drastica: - Kouga! Un Orrore sta per attaccare Kaoru!
– gridò allarmato, e fu così credibile da spingere il
ragazzo a girarsi di scatto verso la giovane, e la giovane a lanciarsi con
slancio verso il ragazzo.
Data la situazione, riuscirono a guardarsi dritto negli
occhi, poi Kouga cercò di individuare l’Orrore con
uno sguardo vigile ed attento, ma non ci riuscì semplicemente perché non c’era
mai stato. Ferì l’anello con un’occhiata truce. – Se
non la smetti di prenderti gioco di me, sarò costretto a trovare un rimpiazzo.
– fu una replica molto severa, ma dettata più che
altro dalla rabbia.
- Io ti sto solo aiutando, ragazzino! – replicò a tono il Madougu, e per dispetto azzittì.
Certo, lui non disse più nulla, ma per via del suo inganno,
adesso i ragazzi, anche senza sapere come, si tenevano stretti l’uno all’altra.
Era una situazione che metteva a disagio
entrambi, ma allora perché non si staccavano semplicemente ed ognuno
tornava a posto suo?
Il problema è che nessuno dei due ci riusciva perché
aspettava fosse l’altro a farlo per primo.
Forse per Kouga quello era il
momento giusto per chiedere a Kaoru cosa le stava
succedendo, e per Kaoru, invece, quello era il momento
più adatto per rispondere a quella domanda, anche perché sembrava proprio
desiderare di essere interpellata da lui.
Tuttavia, con il timore che potesse reagire in malo modo, il
ragazzo la lasciò di colpo e tacque.
Quella reazione in realtà provocò in lei ancora più
inquietudine, incertezza, e cominciò a pensare che forse Rei aveva
ragione, e che tra di loro qualcosa era veramente cambiato. Ma
in peggio.
Mai nulla fu così sbagliato.
In pratica, avevano equivocato entrambi.
Fine
episodio
I
VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:
Aggiorno in
ritardo e purtroppo non riesco a rispondere alle vostre graditissime recensioni
per mancanza di tempo. A causa degli ordini che mi arrivano mi tocca lavorare
anche la domenica… Ma prometto la prossima volta di
aggiornare il prima possibile e di rispondere a tutti voi!
E mi
raccomando… non trascurate la mia seconda serie di Garo anche se adesso in
Giappone è arrivata quella vera!!
Abbraccio e
saluto tutti affettuosamente!
Botan
ANTICIPAZIONI:
Nel palazzo
dei Cani da Guardia tutti i Cavalieri Mistici saranno chiamati a rapporto per
discutere su questioni importanti. AncheKouga riceverà il fatidico invito, e mentre cercherà di
rimettere a posto le cose con Kaoru, grazie anche all’aiuto
di Gonza che si rivelerà provvidenziale, l’ennesima rivelazione troverà la
luce.
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
Alla fine erano giunti a casa.
A Kaoru quasi
non sembrava vero. Aveva assolutamente bisogno di darsi una sistemata e
soprattutto di farsi un bel bagno.
Gonza si levò il cappello e la giacca, dopodichè posò le
buste della spesa a terra. Le avrebbe sistemate più
tardi e con calma.
Il signorino gli consegnò il soprabito che per via del morso
di quella Chimera andava necessariamente riparato. Si sfilò anche la parte
superiore della divisa nera, anch’essa lacerata nello stesso punto, il
maggiordomo ripose il tutto in un sacchetto di carta. – Li farò riparare oggi
stesso. – affermò, poi si rivolse ad entrambi – Volete
che vi prepari un bagno caldo?
- Non aspetto altro, Gonza! – esclamò entusiasta la giovane Mitsuki, mentre si avviavano tutti e tre su per le scale.
Quando furono in cima il buon Kurahashi si bloccò nel mezzo del corridoio. A
guardarlo dava l’impressione di colui che si sentiva a
disagio. Si voltò verso i due, ma prima di aprire bocca ci pensò su ben tre
volte. Doveva decidere come formulare al meglio ciò che stava per dire, e forse
trovare pure una punta di coraggio.
- Volete che vi prepari un unico bagno? – ecco, l’aveva
detto, non senza incertezze, ma Kaoru lì per lì non
avendo afferrato il senso della domanda, quasi automaticamente rispose: - Che vuol dire un unico bagno? – aggrottò la
fronte e storse un po’ la bocca, e solo dopo averci riflettuto con attenzione
riuscì a risolvere l’enigma. Il termine “unico bagno” equivaleva a “bagno unico per due”, oppure “due persone nello stesso
bagno” o meglio ancora “bagno insieme”.
“Volete fare un bagno insieme?” era questo che si celava dietro la domanda fatta da Gonza, e Kaoru
sfortunatamente avendolo capito fu presa da un moto di vergogna improvvisa. Si
portò entrambe le mani sopra la bocca affinché colta dall’agitazione non potesse più aprirla per dire chissà quale altra
sciocchezza.
Neppure Kouga osò dire la sua, ma Zarba sì!
- Gonza, temo che i due non siano ancora pronti per quello.
– appuntò, ed aveva ampiamente ragione.
Kaoru fece seduta stante un
dietrofront fulmineo.
- Ma… signorina?!Dove state andando? – biascicò il povero maggiordomo.
- Non si preoccupi… Mi preparerò il
bagno da sola! – rispose frettolosamente, e per simulare che fosse tutto ok, riuscì ad emettere un finto sorriso. Tuttavia quel disagio
fastidioso regalò al gesto una rigidità palese, la presenza di Kouganon le giovava affatto. Doveva
assolutamente allontanarsi da lui, e alla svelta.
Tornò come una saetta nella propria camera, richiuse la
porta e con la schiena appoggiata all’anta si lasciò scivolare verso terra.
Scosse il capo, si gettò ambedue le mani nei capelli. Pareva una persona in preda alla disperazione, aveva bisogno
di parlare con qualcuno.
Sentiva la necessità di raccontare ciò che le era capitato
ed essere rassicurata. Una ragazza normale lo avrebbe fatto con la propria madre o con una persona a lei molto cara, ma Kaoru non aveva più nessuno, e questo pensiero non poteva
che arrecarle disturbo.
Certo, poteva afferrare il telefono e chiamare Asami, la sua migliore amica, però dubito che dalla Shinohara avrebbe ottenuto l’attenzione sperata. Di sicuro
l’amica si sarebbe messa ad esultare per ciò che aveva “coraggiosamente” fatto.
Ma allora come avrebbe annullato
interamente le sue paure? A chi avrebbe mai chiesto se fra lei e Kouga sarebbe da ora in poi tutto cambiato?
A Kouga stesso?
Già, ma in che modo, se non riusciva neanche a restargli
accanto?
***
- Zero! – esclamò Silva all’improvviso. La Zanna d’Argento
dell’Ovest rinfoderò le armi dopo avere egregiamente eliminato un Orrore, e
riacquistò le proprie sembianze. Il Madougu proseguì:
- Guarda. – fece, indicando un punto preciso della strada.
Rei sbuffò con accidia. – A quanto pare, temo che stasera non potrò vedermi quel film
che davano alla tv. – si avvicinò con aria palesemente scocciata verso una
figura maschile vestita di nero. Aveva i capelli molto lunghi e la pelle del
viso assai pallida, quasi cadaverica. Indosso sfoggiava una sorta di lunga
tunica e teneva le mani fasciate da guanti rossi di velluto. Si trattava di un
“messaggero del Makai”, ovvero
una sorta di corriere inviato personalmente dai Cani da Guardia che aveva il
compito di recapitare comunicati molto speciali.
- Suzumura Rei – scandì il pallido essere – Sono qui per…
- Lo so- replicò l’altro,
grattandosi la nuca con un fare proprio svogliato – C’è una riunione in vista.
- Questo è il suo invito. Si ricordi di rispettare l’orario
stabilito.
- So anche questo, tranquillo. – Rei afferrò
la busta tra le mani, e il messaggero avendo compiuto il suo dovere sparì nel
nulla. L’umano sbuffò ancora – Mai una volta che mandassero
una graziosa fanciulla. Perché nel Makai il gentil
sesso viene preso poco in considerazione?
- Non ci sono molte candidate, tutto qui. – rispose Silva –
Ad ogni modo ti rincuorerà sapere che il Cane da Guardia del Sud è rappresentato da una figura femminile.
Il ragazzino sollevò la mano e guardò la guida. – Allora non
vedo l’ora di vederla!
Silva sorrise con malizia. - Dubito che sia il tuo tipo.
- E da cosa lo deduci?
-Lo scoprirai stasera! - Il Madougu
rise ancora e lo lasciò sulle spine.
***
Dopo aver fatto un bagno rilassante, Kaoru
notò che si sentiva decisamente meglio. Si era
rivestita, pettinata per bene i capelli e poi era uscita fuori, in corridoio.
Tra le mani stringeva una cesta con gli abiti della sera prima, li stava
portando nel bagno di servizio dove avrebbe potuto comodamente lavarli.
Voltò l’angolo incappando nella solita armatura medioevale
esposta nell’andito, ma stavolta non fu il pregiato oggetto a farla sussultare.
Vedendo Kouga la cesta con gli
abiti le cadde a terra e finì con rovesciare il tutto sul pavimento. Ambedue si
chinarono per raccogliere il contenuto sparpagliato, e quando il ragazzo fece
per consegnarle una maglietta, lei continuando a mantenere lo sguardo in terra
a stento riuscì a rispondere “grazie”. Afferrò la cesta e si alzò
frettolosamente. Sentiva ancora il bisogno di andarsene perché aveva paura di
scoprire che lui era veramente cambiato. Le sarebbe bastato anche un gesto, un
movimento del corpo o del viso di quel ragazzo a farla finire in un baratro
chiamato “paura”.
Fece per aggirarlo e voltarsi, ma lui di sguincio le afferrò
il polso. Sussultò e voltandosi stavolta non riuscì ad evitare quello sguardo perentorio
che la fissava con chiarezza. E poi successe ancora:
Spezzò la presa e tirò verso di sé la mano.
Il gesto violento fece comprendere a Kouga
la vera gravità della faccenda. Capì inoltre che non poteva più starsene in
silenzio.
- Cosa ti sta succedendo? – disse mentre la fissava con incertezza, ma Kaoru dopo un primo sussulto scosse subito il capo.
- Nulla! – Si vedeva chiaramente che non era una risposta
dettata dal cuore.
L’altro sempre più inquieto le rispose con un tono
sostenuto. - Allora perché stai cercando di evitarmi?
- No, non è così, ti sbagli. – ribatté con affanno, ma quelle parole non convinsero neppure lei.
Fu a quel punto che Kouga per
dimostrare il contrario provò ad avvicinarsi nuovamente a Kaoru,
e per l’ennesima volta la sua reazione fu la stessa: come un gattino impaurito
si fece indietro, confermando così che ella aveva
torto marcio.
Colpevole, non riuscì a dire nulla. Al contrario, lui zitto
non rimase.
- Quando questa mattina ti ho chiesto se ti eri pentita, tu
hai risposto di no. – disse dapprima
– Però il tuo comportamento sembra quasi dichiarare il contrario. – Kaoru lo guardò seduta stante. Non voleva che lui credesse
a queste cose, ma... poi arrivò un quesito improvviso. – La mia presenza ti da
fastidio?
Lei prese fiato, come a voler dire
qualcosa, però riuscì solo a scuotere il capo. In realtà avrebbe desiderato
esporgli le proprie paure ed ottenere in cambio una parola confortante, ma… Se
non fosse stato così? SeKouga
non avesse capito a fondo il problema?
Tacque per tenersi tutte le ansie e le paure dentro, per non
aggravare una situazione già confusa e difficile da gestire.
Reclinò mortificata il capo, fino al momento in cui lo
stesso Kouga, dopo un silenzio durato anche troppo,
apertamente le disse: - E’ inutile che tenti di nascondermi i tuoi occhi. Mi accorgo quando c’è qualcosa che non va anche se non riesco a
vederti in viso.
Se Gonza, arrivato lì in tutta
fretta non li avesse involontariamente interrotti, forse Kaoru
gli avrebbe raccontato tutto.
Ma ormai non c’era più nulla da
fare: il maggiordomo aveva attirato la loro attenzione.
Tra le mani stringeva con vigore una lettera. Kouga riconobbe l’incartamento e poi guardò la ragazza: -
Devo andare. – disse, ma era come se per ciò fosse mortificato.
La figlia di Yuuji scosse la
testa: - Non fa nulla, lo capisco. – Aveva intuito che si trattava di una
questione importante, e infatti lo era.
I quattro Cani da Guardia si erano riuniti nel palazzo del
Nord, luogo che per via dell’imminente adunata era invaso da Cavalieri Magici
di ciascun rango e casata giunti da ogni parte del territorio.
Rei Suzumura, arrivato in perfetto
orario, intravide in mezzo alla folla Kouga, ed
affrettando il passò cercò di raggiungerlo. Un
gruppetto di Cavalieri, tre per l’esattezza, avevano
circondato minacciosamente il suo amico, impedendogli di avvicinarlo.
- Tu sei colui che detiene il
prestigioso titolo di Garo? – gli chiese uno del
trio. Dai modi si capiva che il tipo non aveva la minima intenzione di
adoperare toni gentili.
Kouga li squadrò uno per uno. Non sì sentì affatto intimorito, anzi. – Che
cosa volete?
- Fartela pagare per tutte le cacce che ci hai rovinato.
- E dire a tutti che sei un
traditore! – risposero due di loro, quasi scherzando, ma dal tono della voce si
capiva benissimo che avevano intenzioni parecchio serie. Il terzo senza tanti
preamboli lo afferrò per il bavero del cappotto. – Sei venuto qui per cercare guai, non è vero? Sappi allora che li hai
appena trovati! – caricò il braccio destro, chiuse la mano a pugno
ma l’intervento inaspettato di Jin, il
Cavaliere d’Argento, lo bloccò con una facilità impressionante.
- Non siete stati avvertiti? – disse, facendo nel frattempo
abbassare all’altro il braccio.
- Di che diavolo stai parlando?
- Il Garo che rovina le vostre
cacce è una copia dell’originale che sta davanti a
voi.
Il terzetto guardò Kouga dritto in
faccia. Adesso sembravano più disorientati che inferociti.
- Nessuno ci ha detto nulla. – dichiarò apertamente uno di
loro, facendosi così passare alla svelta la stizza. Poi guardò i suoi compagni
che meccanicamente abbassarono il capo.
Rei si avvicinò proprio nel momento
in cui i tre andarono via. Portandosi entrambe le mani sui fianchi trasse un sospiro: - Quelli erano nuovi. Altrimenti chi mai
avrebbe osato aggredire un altro Cavaliere del Makai
proprio all’interno del palazzo dei Cani da Guardia?
- Nuovi o no, è bene che il regolamento lo imparino alla
svelta. – replicò severamente Jin, e nel sentirsi
poco dopo osservato da Rei, sbottò subito: - Che hai da guardare?
- Fai anche tu parte delle Zanne
d’Argento, ho indovinato?
- Avevi forse qualche dubbio?
Il giovane Suzumura fece cenno di
no con la testa: - Per niente! Riconosco ad occhi chiusi quelli che hanno il
mio stesso sangue.
- Io invece riconosco a prima vista le belle fanciulle! – esclamò apertamente un’altra voce. Era di Danda, il bracciale magico di Jin.
Silva si sentì chiaramente chiamata in causa. – Ti stai
forse riferendo a me?
- Oltre ad essere un gran bel pezzo di Madougu
e ad avere un colorito fresco e raffinato sei anche perspicace! Dimmi, come fai
a mantenerti così lucida alla tua età?
- Prego..?! – ribatté lei, allibita.
- Avrai come minimo un centinaio di anni,
no? – Danda non era stato molto educato.
Silva lo ammonì immediatamente. – Ma come ti permetti, cafone!
- Ho solo detto che sei un Madougu antico, perchè te la prendi così tanto?
- A-antico?! – la guida mistica di
Rei non riusciva più a parlare per via della rabbia. – E tu perché non dici
niente?! – sbottò rivolgendosi a Zarba.
Voleva che almeno dicesse qualcosa in suo favore. – Hai perso di colpo la tua
linguaccia?!
L’anello si fece una sana risata. - Per una volta tanto è bello sapere che non sono io il cafone di turno.
Se soltanto Silva ne avesse avuto
la possibilità, oh sì, in quel momento li avrebbe strozzati entrambi.
- Un attimo di attenzione –
proclamò ad un tratto la voce del Cane da Guardia del Nord, padrone del
palazzo. I Cavalieri Mistici gli rivolsero la dovuta attenzione e in sala scese
il silenzio.
Al suo fianco apparvero rispettivamente il sommo guardiano
dell’Est, ovvero colui che aveva sostituito Ker, Ber e Ros, il guardiano
dell’Ovest ed infine l’unica presenza femminile del quartetto, la custode del
Sud.
- Adesso capisco perché mi hai detto
che non era il mio tipo. – bisbigliò Rei a Silva. Decisamente
la guardiana era troppo vecchia per lui. Se fosse stata umana, le avrebbe
riconosciuto all’incirca una settantina d’anni, anche se doveva
ammettere che se li portava bene.
- Sono trascorsi tre anni dalla nostra ultima adunanza. –
proferì il Cane del Nord – Sapete benissimo che quando
ciò accade, qualcosa di molto importante ci spinge a riunirvi. Ebbene, molti di
voi ne sono già a conoscenza, altri lo scopriranno
ora. Sto parlando di quell’individuo che ha preso le
sembianze di un Cavaliere del Makai che si trova
adesso in mezzo a voi. – Quando il guardiano puntò Kouga con lo sguardo, tutti i presenti lo seguirono. In un
batter d’occhio il figlio di Taiga si sentì pesantemente osservato.
- Da questa sera, se quella copia dovesse manifestarsi sul
vostro cammino, ognuno di voi sarà obbligato a dargli la caccia. – illustrò il
sacerdote dell’Ovest.
- Ma il regolamento non vieta forse
di assalire altri Cavalieri? – domandò un ragazzo, forse un novizio.
- Quell’essere
non è un vero Cavaliere Mistico. Quindi il regolamento non lo impone. – gli rispose il Cane dell’Est, per poi aggiungere – Voi avrete il
compito di catturarlo.
- Ma che sia ben chiara una cosa: non lo
dovrete eliminare. – finì l’Ovest, e proprio come c’era da aspettarselo,
in sala scese di colpo lo sgomento.
- Che cosa?! – tuonò uno dei
presenti, ma non fu l’unico.
Ne seguirono altri due.
- Cos’è, uno scherzo?
- Ci sta rovinando il lavoro, ha ucciso perfino un Cavaliere
di Bronzo e non possiamo eliminarlo? Questo è ridicolo!
- Perché?
– chiese inaspettatamente Kouga. Più
che agitato sembrava abbastanza calmo. L’intera sala prese a fissarlo
tra un brusio e l’altro. Dopotutto era lui il diretto interessato, quello a trovarsi
al centro dell’attenzione.
- Abbiamo una ragione per credere che sia un essere umano.
- Un…
- Umano?! – dissero Rei e Jin, in
preda allo sgomento.
- Come può un semplice umano evocare un’armatura mistica di
quel rango? – il giovane Suzumura si sentì assalire
da forti dubbi.
- Lo sanno tutti che i Cavalieri d’Oro sono la stirpe più
conosciuta ed importante tra le diverse casate. Non tutti i Cavalieri possono
aspirare a quel titolo. – precisò Jin.
Il Cane da Guardia del Sud per la prima volta prese la
parola. – Ci sono ancora molte cose che non sappiamo. Tuttavia, una delle
regole principali del codice indica chiaramente che un Cavaliere del Makai può uccidere un essere umano solo se posseduto da un
Orrore.
- E’ assurdo! Anche se si tratta di
un normale essere umano, sta intralciando il nostro cammino e creando problemi
ovunque. Ci ha messi perfino l’uno contro l’altro, ha ucciso e di sicuro lo
farà ancora. Come si può perdonargli tutto ciò soltanto perché il regolamento
lo impone? – Jin veramente non riusciva a comprendere
quella situazione assurda. Scosse con forte disapprovazione il capo, si sentì
avvampare dalla rabbia.
- Ricordo a tutti voi che siete Cavaliere del Makai, e di conseguenza agite secondo le regole che questo
mondo vi impone. Le regole che
adottate qui, su questo vostro pianeta, non hanno nulla a che vedere con quelle
del Makai.
- Ci penseranno le leggi della vostra terra a fare
giustizia. – dissero rispettivamente il Cane da Guardia del Sud e dell’Est.
- Ci state forse dicendo che non
siamo tenuti a farlo noi? – sbottò ancora Jin.
- Eppure, una delle principali regole del codice dei
Cavalieri Mistici dice che è nostro dovere proteggere
gli esseri umani che però fanno parte di questo mondo e non hanno nulla a che
vedere con il vostro. – disse Kouga, e le sue parole
portarono a riflettere gran parte dei presenti.
Il Cane da Guardia del Nord, nonché
suo responsabile lo guardò silenziosamente.
Infondo sapeva che il ragazzo aveva
ragione, tuttavia doveva mantenere un certo ordine in quanto guardiano.
Esattamente come i suoi colleghi.
La cosa più importante in un momento simile era evitare
rivolte o portare scompiglio tra le diverse fazioni.
Per fare ciò, bisognava ricordare ai Cavalieri che per loro
il regolamento era come una sorta di codice d’onore da rispettare ad ogni
costo.
Non si poteva rischiare che si venissero a formare gruppi
che volevano dare la caccia a quel Garo unicamente
per eliminarlo mentre altri che pur di rispettare le
regole imposte avrebbero fatto del tutto per impedirlo.
Una situazione del genere avrebbe generato solo caos.
- Cosa succederà se uno di noi
violerà il regolamento? – domandò a quel punto Rei,
cercando di indovinare la risposta.
La replica del Cane da Guardia del Nord fu inequivocabile: -
Sarà radiato per sempre dall’ordine dei Cavalieri Mistici.
Con una punizione così severa a nessuno sarebbe venuto mai
in mente di violare le regole.
Quelle furono le ultime parole del sommo guardiano. La
riunione era giunta al termine. T
utti i
presenti abbandonarono il palazzo tra mormorii e malumori vai, Jin si allontanò con una certa fretta, ovviamente lui non
aveva mai tempo da parte. E quando Kouga
e Rei si avviarono verso l’uscita, il Cane da Guardia del Nord invitò il
Cavaliere dell’Est a restare.
- Devo parlarti di una cosa. – disse, facendogli capire che
doveva trattenersi lì più del dovuto. Rei batté una
pacca sulla spalla dell’amico, e poi andò via.
Kouga lentamente si girò verso
l’arcana figura.
Si guardarono in faccia, ormai non c’era
più nessuno.
Quello, aveva l’aria di essere un colloquio a due.
***
Uscì dal bagno di servizio dopo aver lavato per bene i
propri indumenti. Si sentiva un pochino stanca,
camminando passò una mano sulla fronte e nell’andito vide Gonza chino ai piedi
dell’antica armatura. Stava lucidando i gambali di quella corazza con un panno
imbevuto da uno speciale detergente fatto apposta per ridare splendore ai
metalli.
La giovane passò proprio lì accanto, e avvicinandosi disse:
- Non le fa male la schiena? Se vuole posso farlo io.
- Oh, no signorina, non si disturbi. Questo è un lavoro che
richiede polso! – commentò il maggiordomo, mentre strofinava con energia il panno,
ridando così al metallo una luce intensa e nuova.
Kaoru sorrise come per dire “va bene”, ma quando fece per andarsene si
sentì trattenere dalla voce dell’uomo: - Signorina Kaoru
– premise, cessando di lucidare – se c’è qualcosa che volete chiedermi,
sappiate che io sarò ben lieto di ascoltarvi. - Ebbene
sì, Gonza aveva intuito vagamente qualcosa, se non addirittura tutto. Sapendo inoltre che la giovane artista non aveva genitori o
familiari con cui parlare, quello a prendere per un attimo le veci di un
confidente caro non poteva che essere lui.
La figlia di Yuuji lo guardò per
un attimo soltanto, mordendosi il labbro fu così che finalmente prese la
fatidica decisione.
Scesero entrambi nel salottino. Lì potevano parlare meglio,
e non appena si furono accomodati sul divano Kaoru
confidò a Gonza ogni suo dubbio, ogni sua paura. Disse che dopo quanto successo tra lei e Kouga
aveva come il timore che qualcosa fosse cambiato. Si sentiva strana, ed era
come se non riuscisse più a gestire come prima il rapporto che aveva con il
ragazzo. Aveva paura che Kouga con lei non sarebbe
stato più lo stesso. Questa faccenda la bloccava, non le permetteva più di essere spontanea.
- E se lui dovesse cambiare
atteggiamento verso di me? Lo ha visto anche lei stamattina…
era molto freddo. Più del solito. – disse amareggiata.
- Forse perché lo eravate voi, signorina.
- Io?
Gonza annuì con gentilezza. – Credo che il signorino avesse paura di arrecarvi fastidio. Avete detto o fatto
qualcosa di strano prima di notare questo cambiamento?
Kaoru si mise pensierosa. -
Veramente… sì. – ammise poi, e spiegò al maggiordomo la questione – Questa
mattina ha cercato di avvicinarsi a me, ma io mi sono allontanata.
- Avevate paura che lui vi sfiorasse, è
così?
- Esatto. Ma ho reagito
istintivamente, forse perché mi sentivo confusa.
- Vedete, è normale. Queste sono
situazioni completamente nuove sia per voi che per il
signorino Kouga. – cercò di spiegarle Gonza.
Kaoru storse le labbra. – Ma se la situazione non ritornerà più come prima? Io non
voglio che questo accada e che Kouga pensi che io non
voglia più averlo accanto. Tuttavia, allo stesso tempo ho paura che da adesso
in poi non saremo più gli stessi. – reclinò il capo
per nascondere un velo di malinconia che le aveva velato
gli occhi. Fu a quel punto che Gonza le posò affettuosamente una mano sulla
spalla.
- Se il vostro amore è sincero,
nulla potrà mai cambiarlo. – disse con semplicità, ed il significato di quelle
parole così cariche di speranza la colpì profondamente.
Forse quell’uomo aveva ragione.
Forse non doveva farsi attanagliare dai dubbi, doveva
dare fiducia a quel rapporto. Kaoru abbracciò Gonza
così forte che a momenti non finì per travolgerlo. Per lei fu come abbracciare Yuuji, perché in un certo senso quel caro e vecchio
maggiordomo le ricordava il padre che aveva ormai perduto.
Il Cane da Guardia del Nord guardava Kouga
accuratamente. Sembrava dovergli riferire una cosa importante. E quando aprì la bocca per parlare, il ragazzo capì che lo
era.
- Io ho conosciuto tuo padre.
Come c’era da
aspettarselo, il Cavaliere del Makai ebbe un
sussulto. - Lei… - disse a malapena, lo stupore si era impadronito di lui.
- Ha lavorato per anni in questo
settore, sotto la mia guida. Kouga – anticipò – Ho
saputo che sei stato attaccato da un gruppo di Chimere
Mistiche.
- Perché?
– disse all’improvviso il giovane. Maquell’espressione sembrava non seguire il filo del discorso
legato alle Chimere.
- Perché…?
– replicò il guardiano, senza capire.
- Perché
me lo ha detto solo ora? Perché mi ha detto che
conosceva mio padre soltanto adesso?
L’anziano emise un sospiro. Con lo
sguardo sembrò ritornare indietro nel tempo di qualche decennio. – Un giorno
Taiga mi sfidò a Barchess, facendomi promettere che
se io avessi perso, e tu in futuro ti saresti ritrovato
sotto la mia giurisdizione, avrei dovuto tenerti lontano da guai.
- E’ per questo
che non voleva farmi indagare su quel Cavaliere d’Oro? Perché doveva rispettare quel patto?
- Al contrario… quella partita la vinsi
io, ma dopo la morte di Taiga decisi ugualmente che
quel suo desiderio andava rispettato.
- Ma se ha
deciso di rispettarlo, allora perché non ha rispettato anche le mie scelte se
sapeva che erano giuste?
- Giuste forse sì, ma azzardate. Se
ti avessi concesso più libertà, non avrei più potuto
mantenere fede a quella promessa.
- Ma io
non mi sarei mai cacciato nei guai! – asserì all’istante Kouga,
negli occhi gli brillava una luce intensa, carica di
tenacia, ma ben presto l’intensità di quello sguardo fu smorzata.
- Per l’onore di tuo padre, sono
sicuro che lo avresti fatto. – E
dopo le parole del sacerdote dai capelli bianchi, colpito profondamente il
figlio di Taiga abbassò gli occhi.
Si rese conto solo in quel momento
che quell’uomo non aveva torto.
Se quella figura all’apparenza così
severa non gli avesse impedito di agire come aveva più e più volte
richiesto, il suo essere impulso, il suo essere ostinato lo avrebbe
condotto alla rovina.
Se non era
neppure stato capace di lottare contro un mucchio di stolte Chimere, come
avrebbe fatto a fronteggiare tutto il resto?
- Cosa dovrei
fare adesso? – chiese, con un timbro flebile, demoralizzato da quei pensieri.
- Dimostra a tuo padre che si
sbagliava – disse senza esitazione il guardiano – perché
tu non ti cacceresti mai nei guai.
Rimuginava sulle parole
dell’anziano custode del Nord e in quello stesso frangente si apprestava a fare ritorno verso casa. Spalancò l’uscio del portone, Gonza
lo accolse come sempre, gli sfilò il cappotto e con cura andò a riporlo.
Erano scoccate da poco le dieci di
sera, solitamente a quell’ora Kaoru
si trovava nei paraggi, tant’è
che quando sentiva il portone principale della villa chiudersi di botto in un
certo modo, accorreva nell’atrio come una bimba in festa perché riusciva ormai
a distinguere la maniera in cui Kouga lo accostava.
Stavolta però lei non era venuta a
dargli il bentornato.
E quella
mancanza a Kouga pesò parecchio.
Si guardava attorno
silenziosamente, senza dare troppo nell’occhio, ma
Gonza non poté fare a meno di notare che sembrava essere alla ricerca tacita e
discreta di qualcuno.
- E’ nella sua stanza. – disse ad
un tratto il buon Kurahashi, cogliendolo di sorpresa.
- Non sta bene?
- In parte. – rispose l’uomo,
rendendosi conto che anche per Kouga era giunto il
fatidico momento. – Penso sia opportuno che adesso parli anche con voi,
signorino. – disse, e proprio come aveva fatto con Kaoru,
il maggiordomo iniziò il discorso.
Kouga per
tutto il tempo rimase ad ascoltarlo. E lo faceva con interesse, non lo
interruppe neanche quando si sentì posare da lui una
mano sulla guancia. – Adesso siete diventato veramente
un uomo, anche se il vostro cuore continua a mantenere la purezza di quello di
un bambino. – Gonza lo guardò con amorevolezza. Per lui che mai aveva avuto
figli, Kouga rappresentava un pezzo importante della
sua vita. Si era preso cura di lui dopo la morte di Taiga, gli voleva un bene
sconfinato e anche per lo stesso ragazzo era così. Quella persona
gentile e servizievole era molto più che un semplice maggiordomo. Era
come un padre putativo, una presenza fissa che mai gli avrebbe voltato le
spalle.
Gonza lo guardò ancora, e fu certo
di una cosa: sarebbe stato disposto anche a vendere la propria anima al diavolo
pur di vederlo sorridere.
Se ne stava seduta sul letto con il
capo spostato verso il basso, e si guardava le scarpe.
In realtà non è
cheKaoru le fissava, dato che aveva lo
sguardo perso nel vuoto. Con i pensieri rivolti chissà dove, proprio non ne
voleva sapere di ritornare sulla terra ferma. Pensava e ripensava alle parole
di Gonza, e per come si era comportata nei riguardi di Kouga,
adesso si sentiva una sciocca. Aveva interpretato male
le parole di Rei, si era fatta prendere stupidamente dal panico ed aveva
combinato un pasticcio.
Pensava e ripensava a quanto era
stata sciocca, ingenua. Proprio una ragazzina noiosa, come l’avrebbe chiamata
il suo Kouga.
Un suono improvviso la riportò di
colpo a terra. C’era qualcuno che bussava alla sua porta. Senza staccare gli
occhi da terra e con un timbro mogio rispose: - Avanti – e convinta che si
trattasse di Gonza, neppure si voltò verso l’entrata. – Ha bisogno di qualcosa?
- Da quando mi dai del lei? –
rispose ad un tratto una voce che non era certamente quella del maggiordomo.
Si voltò ma
prima ancora trasalì. Con un nodo di agitazione in
gola abbassò il viso: – Scusa, non ti ho sentito rincasare, altrimenti sarei
scesa.
- Lo so. – rispose Kouga, come a sottolineare il
fatto che fosse a conoscenza dell’abitudine che aveva Kaoru.
Si avvicinò al bordo del letto, poi chiese: - Posso? – e
lo accennò con uno sguardo. Lei annuì, così si sedette
lì accanto. Accidentalmente lo sguardo le ricadde sulla mano sinistra del
giovane, nel notare l’assenza dell’anello chiese:
- Dov’è Zarba?
- Nella sua teca. – rispose, e per
una qualche strana ragione l’artista si sentì stranamente a disagio. La
risposta le provocò un flashback fulmineo: rivide una scena in particolare
della mattinata, e poi ricordò per filo e per segno ciò che Kouga
aveva detto a Zarba quandoquest’ultimo gli aveva
chiesto di non essere più lanciato a terra. Ebbene, se
fosse successo ancora qualcosa tra lui e Kaoru,
l’anello non sarebbe stato lì.
La giovane fu di una rapidità
impressionante a collegare le due cose. Così, si alzò di scatto dal letto e
raggiunse nervosamente la finestra.
- Cosa è
successo? – le domandò il Cavaliere del Makai,
fissandola in modo strano. Ma lei non seppe cosa dire.
Poteva inventare una scusa, o
rispondere semplicemente con “nulla”, ma la verità era che ella
provava il bisogno di esternare ciò che sentiva fluire dentro, perciò rimase
sospesa, contesa tra il dire e non dire. Dal lato opposto, Kouga
aveva capito che forse lei non sarebbe stata mai capace di rispondere, e per
non metterle pressione anziché riformulare la domanda pronunciò
quello per cui era giunto fin lì. – Ho parlato con Gonza, mi
ha spiegato tutto.
Kaoru
ebbe un altro sussulto e si girò improvvisamente. – Tutto? – biascicò agitata. Abbassò ancora lo sguardo poi nervosa prese a mordicchiarsi
il labbro inferiore. Per “tutto” lui intendeva veramente tutto? Si sentì
avvampare. Adesso era veramente in imbarazzo. – Ecco – disse inizialmente,
giusto per iniziare un discorso. Sperava di riuscire a mettere una parola
dietro l’altra, ma poi dopo quell’“ecco” non le uscì nient’altro che un sospiro.
- Sei piuttosto disordinata. – fece
all’improvviso Kouga, guardandosi intorno. Viste le
circostanze, Kaoru storse il naso. Quell’affermazione le era parsa piuttosto inappropriata.
Rispose ma solo per dargli una
giustificazione.
- Vado sempre di corsa, ma quando
posso rimetto in ordine.
- Quando
puoi?
- Sì, quando posso… perché?
- Se una
ragazza non riesce neppure a tenere in ordine la propria camera, non diventerà
mai una buona donna di casa né tanto meno una brava moglie.
- Prego?! – biascicò
allibita, sembrava proprio non capire il perché di quell’affermazione.
- Ti sto solo facendo notare che
sei disordinata.
- Beh – premise, e adesso più che
allibita Kaoru era stizzita - Ci sono modi molto più gentili per fare simili annotazioni. – alzò lo
sguardo al soffitto e scosse il capo – Non ho tutti i
torti quando dico che sei un vero asociale. – sbottò, ostentando un tono seccato.
Successivamente si accorse che Kouga
la fissava in modo strano. – Cosa c’è adesso che non
va? Le tende della stanza non ti piacciono? Il letto è troppo morbido? Oppure…
- Se riesci a reagire alle mie
provocazioni come hai sempre fatto, non c’è nulla che non va.
– e grazie al suono di quella risposta, Kaoru si rese
conto che se Kouga era stato scortese con lei, lo aveva fatto per farle capire che le cose tra loro due non
erano affatto cambiate.
Più imbarazzata
che indispettita reclinò il mento. – Già – disse dapprima, e cominciò ad
avvicinarsi a lui. Si sedette lì affianco, stavolta
notò che non era più tesa. Il disagio pareva essersi dissolto. – Se riesco ancora a tenerti testa, significa che non è
cambiato nulla. – si voltò verso Kouga e finalmente
ci riuscì. Kaoru riuscì a guardarlo negli occhi come
aveva sempre fatto – Siamo sempre gli stessi io e te. E continueremo ad esserlo, giusto?
Lui assentì, tuttavia c’era ancora
una cosa che doveva appurare.
- Se
adesso provo a toccarti, non cercherai di scappare?
Kaoru
sorrise seduta stante. – Mettimi alla prova, coraggio!
Il signorino provò ad accostarle
una mano accanto alla guancia, ma ancora prima che egli potesse sfiorarla, la
giovane Mitsuki si lanciò verso di lui e lo
abbracciò. Quel gesto la fece rinascere. AncheKouga provò una sensazione di quiete, si sentiva più calmo
ma… stanco. Riuscì ad occultare uno sbadiglio, poi posò
un’occhiata sull’orologio appeso al muro. Era esausto a causa della lunga
giornata, ma non poteva andare a dormire. C’era ancora un’ultima questione che
prima doveva sistemare.
- Allora, cosa vuoi fare? – disse
all’improvviso. Kaoru prese per un istante a
guardarlo. Aveva l’aria frastornata. Corrugò appena la fronte
ma subito dopo sempre dallo stesso Kouga
ottenne un chiarimento. – In origine questo letto era legato a quello che c’è in camera mia. – le rivelò, e a lei fu tutto veramente più
chiaro: Kouga la stava invitando a “trasferirsi”
nella sua stanza. O perlomeno le stava dando la
possibilità di scegliere. Non voleva farsi vedere agitata, confusa, ma cominciò
a sentire sempre più calore salirle verso il viso. Emise un sorrisetto,
un pochino agitata lo era. Se Asami
fosse stata lì, di sicuro le avrebbe urlato “accetta subito prima che cambi idea!”. Le parve perfino di sentire la sua
voce, tant’era frastornata! Ormai aveva più
senso dormire in camere separate? Non molto, pensò. Tuttavia
doveva esserne sicura. Per lei era una cosa importante.
Rivolse uno sguardo all’orologio.
- Mi sembra tardi
per fare un trasloco.
- Non lo è.
- Tu però sei stanco.
- Non così tanto.
- Ma daremo
di sicuro fastidio.
- Non mi risulta
che abbiamo dei vicini. – rispose a quel punto Kouga, dopotutto abitavano pur sempre in un luogo
circondato dal verde e lontano da altre abitazioni. Iniziò a
sentirsi veramente stanco o semplicemente spazientito dalle continue risposte
tentennanti di Kaoru. Si alzò all’improvviso
dal bordo del letto e con passo sostenuto raggiunse la porta.
Seguendolo con gli occhi lei non
poté fare a meno di chiedergli: - Dove vai?
- Nella mia stanza.
- E… - Kaoru deglutì – del trasloco?
- Non mi sembra il caso di
disturbare dei vicini immaginari.
- Dai, non scherzare!
- Ne riparleremo
quando ti sentirai pronta. – disse, ed aprendo l’anta andò fuori.
Adesso Kaoru
doveva prendere una decisione. Una decisione importante che
avrebbe cambiato per davvero la sua, anzi, la loro vita. Non rimuginò a lungo, ed anzi, in realtà sapeva già cosa fare.
Lasciò che fu il suo cuore a
parlare per lei e così afferrando la spalliera del letto con entrambe le mani,
affinché Kouga potesse udire il suono di quella
risposta urlò: - Ma io sono già pronta!
Lo spostamento rumoroso del letto
che Kaoru si apprestava a portare di peso e con
affanno fuori, fece tornare Kouga sui suoi passi.
- Ma che
stai facendo? – disse nel vederla così presa e decisa.
- Penso che sia arrivato il momento
di ricongiungerli questi letti, tu che dici? – replicò a stento, mentre tutta
affaticata si asciugava il sudore dalla fronte con il dorso della mano – Se
soltanto fosse un po’ più leggero… Spostare un
elefante sarebbe meno faticoso.
Kouga sorrise, appoggiò
anch’egli le mani sulla sponda in ferro battuto del
letto e fu così che quel tanto voluto trasloco ebbe inizio.
Fine episodio
I
VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:
Finalmente sono riuscita ad aggiornare senza farvi aspettare
troppo tempo!
Se tutto va bene, da adesso in poi pubblicherò un capitolo ogni
settimana perché vorrei riuscire a finire la fanfic prima che trasmettano l’ultima puntata della seconda
serie di Garo (quella vera) prevista mi sembra per
febbraio/marzo. Spero di farcela!
Intanto sto scrivendo gli ultimi capitoli di questa fanfic, e ho già le lacrime agli occhi, anche se… forse è
un po’ troppo prematuro per parlarvene, ma da qualche
mese sto “lavorando” ipoteticamente ad una possibile ma non certa GaroThird Season… Per ora ci
sono solo delle idee, dei possibili e nuovi personaggi, i nemici ed una trama
più o meno delineata, ma tutto è ancora in cantiere.
Prenderò una decisone non appena la GaroSecondSeason sarà
terminata. Nel frattempo godiamoci questi nuovi capitoli!
Per MiKiUsSaN: Grazie
infinite e continua a seguire che ne vedrai delle belle soprattutto nei
capitoli successivi!
Per Iloveworld: Sì, c’è una serie nuova, se cerchi su internet troverai sicuramente tutte le informazioni che una
fan di Garo si aspetterebbe di trovare. Provare per
credere! Riguardo alla tua fanfic, a causa del lavoro
durante il tempo libero riesco solo ad aggiornare il
mio blog e questa fanfiction,
ma quando arriveranno le vacanze natalizie mi dedicherò a tutto il resto. E non
vedo l’ora!!
Per
DANYDHALIA: Ti dirò, io la seconda serie di Garoho deciso di non vederla. Primo perché
vorrei aspettare l’uscita dei dvd, in modo da
godermela seduta sul divano, con la giusta comodità e per darle soprattutto la
giusta importanza, e secondo per evitare che in qualche modo possa influenzare
la stesura di questa mia seconda serie. Ti ringrazio per la fiducia e
per l’appoggio prezioso che mi dai, sapere che questa mia seconda serie piace
ed è seguita come quella vera mi fa molto piacere!
Per ora è
tutto.
Mando un
saluto affettuoso a tutto voi e alla prossima!
Botan
ANTICIPAZIONI:
Gli Orrori hanno fattezze e poteri diversi. Alcuni di essi riuscirebbero perfino a far regredire un essere umano
grazie a questa abilità speciale. Una creatura dotata di un simile potere
riemergerà nel territorio posto sotto la giurisdizione di Kouga
creando una situazione davvero difficile da gestire.
Nel cielo lo squarcio di un tuono preannunciava l’arrivo di un temporale
imminente
Involuzione
#24
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
- Vedessi come dorme, Asami! – esclamò con occhi trasognanti, mentre parlava al
cellulare con l’amica. – Sembra proprio un bambino! E’così…
dolce! – sospirò, e nel frattempo ripensava al modo di dormire che egli aveva. Tutta un’altra cosa rispetto a quando era sveglio… e petulante.
Nel cielo lo squarcio di un tuono preannunciava l’arrivo di
un temporale imminente.
Sollevò il capo e vide che le nuvole avevano assunto un
colorito grigio ed arruffato.
Pensò che tirare fuori della borsa l’ombrello pieghevole
sarebbe stato inutile, dato che KaoruMitsuki ormai si trovava a due passi da casa. Salutò
l’amica e si staccò il cellulare dall’orecchio.
Ancor prima di raggiungere la scalinata, in lontananza intravide
qualcuno seduto ai piedi di essa. Guardò meglio, e
così si rese conto che quello era un bambino. Fece una breve corsetta e gli si
avvicinò.
- Piccolino, ti sei forse perso? – chiese,
chinandosi sulle ginocchia per fare in modo di portarsi davanti a lui.
Era avvolto solo da un telo bianco e ai piedi non portava assolutamente nulla.
- E’ da un’ora che aspetto. Sei la solita ritardataria. –
rispose il piccolo, che a quanto pare non doveva avere
un bel carattere.
Kaoruaggrottò
la fronte, confusa non seppe subito cosa dire. Quel moccioso di sei anni
al massimo, in qualche modo le aveva lanciato un’offesa,
anche se per l’appunto si trattava pur sempre di un estraneo che lei non aveva
mai visto prima d’ora.
– Ritardataria…? Ma io… - biascicò.
Il piccolo si alzò in piedi con una certa fretta. – Se fossi stato almeno un po’ più alto, non avrei avuto
difficoltà ad inserire le chiavi nella serratura del portone. – appuntò, e
quando l’espressione del viso gli si fece torva, fu a quel punto che Kaoru, squadrandolo bene in volto, venne
colta da uno stupore improvviso.
- Kouga…?!
***
- E così, un Orrore che ha il
potere di far regredire le cose, ti ha trasformato in un bambino, dico bene? –
domandò la giovane Mitsuki, poco dopo che il “piccolo
signorino” ebbe finito di raccontarle ogni cosa. Questi annuì, e continuava a
tenere un broncio lungo un chilometro per via del minuscolo inconveniente che
gli era capitato. – Come mai a Zarba non è successa
la stessa cosa?
- Perché su di me la magia di
quell’Orrore non ha effetto. – le spiegò il Madougu,
che a dirla tutta sul dito medio della manina di Kouga
non si trovava proprio a suo agio.
Kaoru si mise pensierosa, la
situazione di sicuro era insolita, e così ridotto Kouga
non avrebbe mai potuto combattere. Se
non riusciva neppure a raggiungere la serratura del portone, come avrebbe fatto
a brandire la sua spada?
- Adesso cosa facciamo?
- Per prima cosa devo trovare dei vestiti adatti alla mia
taglia. – rispose.
- In effetti non puoi andare in
giro così. – Kaoru rimuginò sul da farsi – Immagino
che tu non abbia conservato gli abiti di quando eri
bambino.
- Questo dovrebbe saperlo Gonza. – replicò il giovane Kouga, e proprio in quell’attimo l’uscio di casa si aprì ed
il maggiordomo fece il suo ingresso. Lo raggiunsero, ma i sacchi della spesa
che l’uomo teneva tra le braccia gli permisero di intravedere solo Kaoru.
- Oh, signorina, è già tornata a casa?
- Veramente, non sono l’unica… - rispose, e spostando lo
sguardo di lato, verso il basso, portò il maggiordomo a togliersi i pacchi dal
viso e a guardare.
- Si-signorinoKouga?! – balbettò quando lo vide. A
differenza di Kaoru, lo aveva riconosciuto
all’istante. Si avvicinò svelto, gli prese il volto tra le mani e cominciò a
scuoterlo con apprensione – Cosa vi è successo?!
Quel gesto come al solito a Kouga non piacque. Lo faceva sentire in tutto e per tutto
un vero bambino. – Trovami dei vestiti. – disse solo, e se d’aspetto poteva sembrava
un innocuo fanciullo, il carattere di sicuro era
rimasto quello di sempre.
Quando Gonza gli consegnò degli
abiti adatti a lui, si rivestì di corsa e poi scese nel salottino dove Kaoru lo stava aspettando per pranzare.
Si sedette a tavola, la prima cosa che notò fu che a
malapena riusciva a sfiorare il pavimento con la punta delle scarpe.
Sbuffò, logicamente, ma lo fece in silenzio. Non voleva
farsi vedere troppo seccato da quella faccenda.
- Ehm… vuoi che… - premise la ragazza, ma non sapeva se
finire o no la frase. Poi finalmente proseguì – Vuoi che ti imbocchi?
Kouga rispose guardandola semplice
in malo modo, così ella capì ed iniziò a mangiare.
- Ditemi, signorino – disse Gonza,
che nel frattempo gli stava rovesciando dell’acqua nel bicchiere. – siete già stato dal Cane da Guardia per avvertirlo della
questione? Nel vostro stato non potete di certo prestare servizio.
- Non ancora, ma di certo non ho intenzione di restare così
per un altro giorno.
Kaoru scosse il capo. - Ma come farai a trovare quella creatura e a sconfiggerla?
Non puoi affrontarla se sei così… piccolo.
- E’ vero, signorino! Lasciate almeno che qualcuno vi dia
una mano… ad esempio quel giovane, Rei, sì, lui
potrebbe…
- Non azzardatevi a farne parola con lui. – replicò
all’istante il piccolo Saejima, e fissò in modo
particolare Kaoru in quanto sapeva bene che ella avrebbe potuto, anche se a fin di bene, farlo.
- Ma… perché? – rispose arrabbiata
– Se pensi che lui possa scoppiare a ridere, beh, è un
rischio che dovrai correre se vuoi ritornare alla normalità.
- Risolverò la questione senza l’aiuto di nessuno. – Il
piccolo era stato più che chiaro. Non voleva essere aiutato semplicemente
perché reputava di poter fare tutto da solo. E siccome
da bambino era sempre stato un gran testardo, mai nessuno gli avrebbe fatto
cambiare idea.
***
- Hey…! Non correre e aspettami!
- Sei lenta. Così mi farai perdere solo tempo.
- Guarda che lo dico per te, non guardi neppure la strada quando attraversi. E’ pericoloso!
- Sei stata tu a volermi accompagnare, anche se ti avevo
chiesto espressamente di restare a casa.
- Ti ricordo che sei sotto la mia responsabilità. Un bambino
della tua età non può andare in giro da solo.
Kouga si fermò di scatto e
girandosi verso Kaoru la fulminò con un’occhiata
bieca. La ragazza deglutì, ed intimorita da ciò per tutto il resto del tragitto
non aggiunse nient’altro.
Arrivato ai piedi di una grossa parete, il ragazzino protese un braccio in avanti affinché Zarba
potesse aprire un varco nel muro.
- Dove stiamo andando di preciso? –
chiese a quel punto Kaoru, poi vide lo squarcio
magico espandersi nel tramezzo.
- Andrò da solo, tu aspettami qui.
– rispose poco prima di infilarsi nel varco e sparire.
Giunto al cospetto del Cane da Guardia del Nord, non fu
obbligato a spiegare l’intera faccenda poiché
l’anziano saggio non appena lo vide comprese tutto.
- Colui che ti ha ridotto così si
chiama Alchemide. A causa del suo pericoloso potere, quaranta
anni fa fu relegato nei confini più remoti del Makai
da un Cavaliere Bianco.
- Come ha fatto ad evadere? – chiese l’umano, ma il saggio
lo corresse senza incertezza.
- Non come, ma chi. – fece, e Kouga
iniziò ad inquietarsi maggiormente. – Ad ogni modo, adesso devi pensare a
rompere il sortilegio che ti è stato fatto. Da quanto tempo ti trovi in questo
stato?
- Da circa 7 ore.
Il guardiano si fece di colpo pensieroso. – Sai a quale
numero corrisponde il simbolo dell’infinito che molti Orrori considerano sacro?
- E’ il numero 8. – affermò il giovane Cavaliere, e in quel
momento si chiese il perché di quella domanda che all’apparenza non sembrava
legarsi al problema che doveva affrontare.
- Il simbolo dell’infinito vuol dire continuità, permanenza,
qualcosa che non può essere spezzato. Molti Orrori basano i loro poteri su
questa regola, perché sono convinti che qualcosa senza principio né fine
porterà la loro specie, il loro influsso negativo ad un’esistenza
inestinguibile.
Zarbafece un
profondo sospiro, dopodichè si rivolse al suo proprietario.
- Significa che ti resta solo un’ora di tempo per
riacquistare le tue sembianze.
- Se dovessi non farcela in un’ora,
cosa succederebbe? – chiese all’anziano saggio, preparandosi al peggio.
A quella domanda seguì presto una sentenza. – Passerai il
resto dei tuoi giorni in questo stato.
Ovviamente la risposta non piacque minimamente a Kouga.
***
Mentre aspettava il ritorno del
ragazzo, o per meglio dire del ragazzino, Kaoru se ne
stava con le spalle appoggiate ad un gelido muro di pietra grigia. Di tanto in
tanto lanciava un’occhiata al cielo, e subito dopo all’orologio che le stava
sul polso. Era pomeriggio inoltrato, quasi sera a momenti.
Un giovinastro che passava di lì, nel vederla da sola pensò
bene di avvicinarsi.
- Hai perso l’ultimo treno?
La figlia di Yuuji si voltò verso
lo strano tizio, che a guardarlo bene non sembrava un tipo rassicurante.
Indossava un paio di jeans strappati sul ginocchio e una t-shirt nera. Aveva
scarpe bianche con i lacci slacciati, i capelli spettinati che in parte gli
ricadevano sugli occhi e un enorme teschio con i denti affilati tatuato
sull’avambraccio.
Kaorurabbrividì
per un secondo, poi cercò di mantenere una certa distanza stando ben
attenta però a non mostrare il proprio turbamento. - Sto aspettando il mio
ragazzo.
Il giovane scoppiò sfacciatamente a ridere. – Deve proprio
essere uno stupido per lasciare un fiorellino come te in mezzo a questa
stradina completamente isolata!
- Faresti meglio ad andartene. Se
viene e ti trova qui, potrebbe arrabbiarsi, e siccome è il doppio di te non ti
conviene. – replicò a tono, cercando di essere
convincente. Certo, sapeva che Kouga avrebbe potuto
metterlo in fuga anche solo con uno sguardo, ma non di certo trovandosi in
quello stato di regressione forzata.
Purtroppo il tremolio della sua voce la tradì spudoratamente.
- Ma davvero? E
aspetti che io me la beva? – lo sconosciuto le si avvicinò
pericolosamente, sbatté una mano sulla parete, proprio accanto al suo viso,
quel gesto le fece serrare di colpo le palpebre. – Facciamo
così – propose ad un tratto, avvicinando il volto d’innanzi al suo. – Se
vieni con me, ti prometto che tra un paio di ore al
massimo ti riporto a casa. Ci stai?
Kaoru scosse il
capo perentoria, poi tentò di indietreggiare, ma venne subito afferrata
per il braccio.
- Lasciami andare immediatamente o mi metto ad urlare! – protestò cercando di barcamenarsi come meglio poteva.
- Fallo pure, tanto è inutile. Questa strada è deserta! –
replicò sarcasticamente lo sconosciuto, e purtroppo aveva ragione. La trascinò
via dalla parete, mentre lei cercava di imputare i piedi sul selciato ogni
volta veniva sradicata da lì con violenza. Da sola non
avrebbe mai potuto farcela.
- Lasciala subito. – echeggiò ad un tratto una vocina.
Il giovinastro si girò, squadrò l’intruso e fece una grossa
risata. – E tu chi diavolo saresti piccolo moccioso?
Kouga gli si avvicinò con aria
minacciosa, Kaoru ebbe un sussulto, temeva per lui,
per la sua incolumità, dopotutto era un bambino. Molto probabilmente non
sarebbe stato neppure in grado di difendersi, eppure dovette
ricredersi non appena lo vide piazzare un pugno ben assestato nel ventre del
tizio. Così facendo, riuscì a liberarsi da quella forte
stretta, e quando il suo assalitore cercò per l’ennesima volta di riprendersi
il suo fiorellino, il piccoletto scontroso ed asociale lo atterrò con una
ginocchiata sul capo.
- Dobbiamo sbrigarci. – disse svelto, poi afferrò la giovane
Mitsuki per il polso e la portò con sé.
Ancora incredula per quanto accaduto, riuscì a malapena ad
aggiungere: - Dove stiamo andando adesso?
- Devo trovare l’Orrore che mi ha ridotto in questo stato.
EZarba
poi aggiunse: - Abbiamo meno di un’ora per farlo. E se Kougadovesse fallire, resterà un bambino per sempre.
Kaorusi irrigidì,
fu colta alla sprovvista da quella rivelazione. - Meno di un’ora? Ma come farai a… - non riuscì a completare la frase che il piccolo la
anticipò.
- Tu preoccupati di tornare a casa. Non posso portarti con
me.
- Dovrei lasciarti da solo in una simile situazione? Non ci
penso nemmeno!
- Faccio già fatica a badare a me stesso, non
posso permettermi altre distrazioni.
- Distrazioni? – ripeté la ragazza, e si fermò di colpo.
Sembrava esserle venuto chissà quale lampo di genio.
- Cosa c’è?
- Distrazioni! – esclamò ancora, poi guardò Zarba – da cosa è attratto questo
Orrore? Voglio dire, so che ognuno di loro ha una predilezione particolare per
qualcosa… Ma a lui cosa piace?
- Alchemide sceglie le sue vittime
in base al colore della pelle. Più essa è chiara, più
diventa per lui un succulento spuntino.
La ragazza rimuginò a lungo, poi ecco, la soluzione. Si
batté un pugno in mezzo al palmo. – Perfetto! Allora portami da questo Alchemide ed io farò da
esca.
- E’ fuori discussione! – tuonò immediatamente Kouga. MaKaoru
era preparata ad una risposta del genere.
- Allora resterai bambino a vita. O
forse preferisci che chiami Rei? Non ti rimane ancora molto tempo.
- La tua bella ha ragione, Kouga.
– convenne l’anello guida – Se riesci a trovare l’Orrore, sarà comunque difficile attuare il piano che abbiamo stabilito
per catturarlo.
- Di quale piano state parlando? – si intromise
incuriosita la pittrice.
- Kouga in questo stato è evidente
che non può trasformarsi in Garo, perciò spetterà a
me annientare la creatura. Il Cane da Guardia mi ha bagnato con una speciale
acqua che sgorga nel Makai. E’ un effetto temporaneo
e avrò a disposizione un solo tentativo per eliminare l’Orrore. Ma per farlo ho bisogno che qualcuno mi lanci nelle sue
fauci, in modo da poterlo distruggere dall’interno.
- Perciò, dovrei lasciare che
quella creatura si avvicini a me il più possibile, giusto?
- Proprio per questo motivo ti vieto di fare una cosa
simile. – rispose ancora una volta il giovane Saejima,
e in fin dei conti aveva ragione. Di certo non poteva
permettere che Kaoru corresse un simile rischio. Fissò l’anello magico con ostinazione – Ci penserò io a
lanciarti nella sua bocca.
Zarba lo guardò con una certa
perplessità. Sapeva già cosa dire. - Alchemide non si
avvicinerà mai a te. E’ troppo astuto.
- Oltretutto non sei neppure il suo piatto preferito. –
scherzò Kaoru, ma a quella battuta rise solamente il
simpatico Madougu parlante.
Il Cavaliere Mistico non era
affatto d’accordo, tuttavia senza dargli neanche il tempo di reagire, si vide
sfilare via l’anello dal dito. – Cosa stai facendo? –
borbottò, tentando di riprendersi il suo Zarba, ma ahimé, la statura minuta non glielo permetteva.
- Guidami da questa creatura. – disse la pittrice
all’anello, e questi annuì.
La traversata non fu facile. Per paura di arrivare in
ritardo, furono costretti a correre, poi arrivati sul posto l’ennesimo ostacolo
impedì loro di proseguire.
- E adesso cosa si fa? – disse Kaoru, mentre osservava un muro di cinta che gli tagliava
il passaggio. – Potremmo provare a fare il giro, ma di questo passo non
arriveremo mai in tempo.
- Manca poco ormai. – confermò Zarba – Il tempo a nostra disposizione sta quasi per
scadere.
Kougapensò per un
attimo, squadrò il muro con interesse poi trovò una soluzione.
Avvicinandosi ai piedi della parete, si mise in posizione raccolta, poggiò le
mani e le ginocchia al suolo.
- Sali. – disse, rivolto a Kaoru. Quest’ultima storse il naso.
- Ma io ora sono più pesante di te,
lo hai forse dimenticato? Rischierei di schiacciarti.
- Salì! – ordinò per l’ennesima volta il signorino, e non avrebbe accettato un “no” come risposta.
Anche se titubante, l’artista fece
esattamente ciò che le era stato chiesto, e così riuscì a raggiungere la cima
del muro.
- Tutto ok? – chiese successivamente, mettendosi a cavalcioni
sul tramezzo.
- Allungami una mano e tirami su. – Certo,
la schiena gli faceva tremendamente male, ma Kouga
non lo avrebbe mai ammesso di sua spontanea volontà. E
poi non c’era tempo da perdere.
La mora si sporse e gli allungò l’arto. Alzandosi sulla
punta dei piedi, Kouga cercò di afferrare la mano, ma
proprio non riusciva ad arrivarci. Arrivò a sfiorarle le dita, dopodichè nulla
più.
- Odio doverlo ribadire, ma siamo
agli sgoccioli. – confermò ancora una volta Zarba, poi emise un sospiro.
Kaoru fu obbligata a prendere una
decisione drastica.
- Tu aspettami qui, andrò da sola.
– Non pensarci nemmeno! – tuonò perentorio Kouga, con sguardo ostinato.
- Ma non c’è più tempo! E poi c’è Zarba qui con me. Non mi
succederà niente.
Il giovane non fece neppure in tempo a dire la sua. La vide
saltare giù dal muretto e scomparire dalla sua visuale.
- Torna indietro! – urlò, ma ormai non poteva più fermarla,
e preso da uno scatto di rabbia improvvisa colpì quella parete con un pugno.
- Adesso, non vorrei infilare il dito nella piaga, ma…
quando tutta questa storia sarà finita, e Kouga tornerà alla normalità, dubito che con te sarà
clemente… - ipotizzò l’anello guida, e Kaoru sapeva
benissimo che le parole di Zarba si sarebbero presto tramutate
in realtà.
- Pensiamo prima di tutto a farla finire questa storia. –
rispose con sempre più decisione.
- Concordo con te, e ho una buona notizia… Alchemide è nelle vicinanze.
La ragazza si mise subito sulla difensiva. – Dove?! – disse
in preda all’agitazione. Ora aveva paura, il cuore prese a
batterle velocemente, iniziarono perfino a sudarle le mani. Inoltre
l’ambiente attorno a lei non la rassicurava per niente. Uno spiazzale
circondato da un muro, la luce di un sole che ormai non era più lì iniziò a
mancarle, il nulla assoluto. Era sola. Completamente.
- Kaoru – disse ad un tratto Zarba, non potendo fare a meno di parlare – se l’Orrore ti
vedrà tremare in questo modo, non uscirà mai allo
scoperto. Ricorda che se vogliamo prenderlo, deve sembrare una cosa naturale.
Resasi conto di ciò, cercò di essere più
disinvolta. – Hai ragione – fece, non poteva fallire, doveva aiutare Kougaa tutti i costi, e quel
forte desiderio le permise di avanzare con coraggio.
Si udì un fruscio, poi dal nulla una belva simile a un drago si materializzò proprio davanti al volto della
giovane che nonostante il tremore mantenne un autocontrollo fenomenale.
L’essere la scrutava con ammirazione, divorandola con gli
occhi. Le sfiorò la guancia con le dita di una mano gelida. –
Che pelle bianca, appetitosa… - disse con voce roca, affamata. Kaorufece appello a tutto il suo coraggio,
aspettava il segnale di Zarba. - Penso proprio
che ti mangerò subito! – Alchemide spalancò le fauci
con un ruggito famelico, e fu proprio in quell’istante che la voce dell’anello guida finalmente si levò in aria.
- Ora!
Non se lo fece ripetere due volte, scagliò il Madougu dritto nella bocca di quell’Orrore e pregò affinché
tutto ritornasse alla normalità.
Dalla pelle di Alchemide
fuoriuscì un fumo sibilante. Si stava sciogliendo come acido, ma nonostante tutto, la creatura iniziò a dimenarsi come un cavallo
imbizzarrito, fuori controllo.
- Cosa mi hai fatto…?! – riuscì a
borbottare – Cosa mi sta succedendo?! – Avvertiva sempre più caldo, si sentiva sempre più debole,
dolorante.
Kaoru indietreggiò con tremore, il
cuore in petto sembrava batterle in gola, finché una luce dalla purezza immensa
non fuoriuscì dalle fauci dell’essere ripugnante e pose così fine alla sua
esistenza.
Aspettò che il fumo evaporasse del tutto, poi corse nel
punto in cui l’Orrore era stato sconfitto.
Vide Zarba
riverso al suolo, lo raccolse tra le mani. – Zarba?!
– esclamò allarmata.
Il Madougu tossicchiò appena. Era
esausto, ma stava bene. – Quella bestia aveva proprio un alito pestilenziale. –
fece, schifato da cotanto olezzo.
L’artista sorrise, subito dopo
guardò il muro che la divideva da Kouga. Il pensiero
di essere arrivata troppo tardi la fece rabbrividire.
Si precipitò di corsa all’esterno, nel punto in cui lo aveva
lasciato, ma una volta raggiunto il posto, non trovò
nessuno ad aspettarla.
Iniziò a guardarsi intorno con fare irrequieto. – Kouga?! – chiamò, a voce alta, nella speranza di udire
qualcosa.
- Sono qui. – finalmente rispose. La voce proveniva da
dietro un angolo. Fece per andargli incontro, ma
l’anello guida la fermò.
- Fossi in te eviterei di andare.
Se il tuo intervento ha avuto successo, dubito che
abbia ancora indosso gli stessi abiti.
Kaoru arrossì leggermente, e cadde
vittima dell’imbarazzo.
- Quando mi hai lasciato qui, ti
sei portata la borsa con gli indumenti di ricambio. – le fece notare il
ragazzo, fu allora che ella si accorse di avere con sé
la sacca con il cambio d’abito di Kouga. Lanciò il
borsone in avanti, oltre la parete che faceva ad angolo.
Il Cavaliere del Makai la raccolse,
si rivestì e mentre Kaoru teneva lo sguardo rivolto
verso il basso dopo poco uscì allo scoperto.
Vide l’ombra del ragazzo avvicinarsi a lei, sollevò il capo
e ritrovò con enorme piacere il Kouga di un tempo,
così come lo aveva conosciuto il giorno della sua
prima mostra, nella galleria di Port City.
- E’ tornato tutto alla normalità, no? – fece Zarba piuttosto compiaciuto.
Kaorugli
sorrise con gentilezza. – Già. E’ andato tutto bene.
- Per fortuna. – puntualizzò Kouga,
ostentando un tono della voce aspro e pungente.
– So che ho agito in maniera avventata, ma non avevo altra
scelta, non c’era più tempo. – disse cercando di
trovare una giustificazione.
- Ti avevo chiesto esplicitamente di tornare a casa, ma tu hai fatto di testa tua.
- Questo lo so bene, ma cerca di
ragionare…
- Sei tu quella che non ragiona. – replicò severamente Kouga, tant’è
che la ragazza serrò per un attimo le palpebre. – Hai rischiato grosso, spero
che tu te ne renda conto.
- So anche questo, però io ero
l’unica in grado di poterti aiutare. Tu al mio posto avresti fatto lo stesso. –
lo guardò dritto negli occhi, Kouga distolse lo
sguardo forse perché sapeva che in quelle parole c’era qualcosa di vero, tuttavia
non poté ugualmente trattenersi.
- Promettimi che non lo rifarai più. Non devi mai
avvicinarti ad un Orrore se non sei in grado di poterlo combattere.
Kaoru questo lo sapeva benissimo, annuì
per fargli piacere, tuttavia sapeva anche che avrebbe fatto il possibile pur di
aiutarlo, in qualsiasi situazione.
Sempre e comunque.
***
Erano le 2 di notte, ma la figlia del pittore Yuuji non voleva proprio saperne di dormire. Kouga aveva di nuovo quell’espressione
stampata sul viso assopito. Un’espressione giudicata da lei stessa dolce
e innocente. Non poteva proprio farne a meno di fissarlo silenziosamente
mentre se ne stava rannicchiata lì accanto, a sole due dita di stanza da
lui.
Abituata a vederlo sempre con quel viso così accigliato,
inflessibile, se solamente ne avesse avuto
l’opportunità, di sicuro avrebbe fermato lo scorrere del tempo.
Ma in effetti c’era un altro modo
per imprimere un attimo così prezioso e farlo durare nel tempo. Certo, si
trattava di un metodo forse un po’ fuori dal comune,
vista l’ora, ma affatto impossibile.
Mentre rifletteva sulla fattibilità
della cosa, di punto in bianco prese una decisione repentina. Sì, doveva fargli
un ritratto. E subito.
Si alzò in punta di piedi dal letto, fece
attenzione alle molle del materasso e a quel cigolio che avrebbe potuto
svegliare il giovane, e come un gatto che in punta di piedi si rialza e si
allontana, fuggì furtivamente verso il fondo della camera.
Il blocco da disegno era lì, poggiato sul ripiano del
cassettone. Silenziosamente lo raccolse, prese matita
e gomma e ritornò sui suoi passi.
La stanza era immersa nel buio, e non poteva accendere la
luce. Kouga si sarebbe di colpo svegliato. Fortuna
che il letto si trovava poco sotto il grandefinestrone. Lei dormiva proprio nel lato accostato al muro,
accanto alla finestra. La luce della luna si rifletteva sulle lenzuola bianche,
si sedette con molta attenzione, aprì il blocco ed agguantò la matita. Aveva così
tanta voglia di disegnare quel volto, che senza rendersene conto e con una
leggerezza che mai aveva posseduto prima d’ora, la matita su quel foglio le
parve di volare.
Di tanto in tanto gettava uno sguardo al ragazzo che dormiva
profondamente, e poi ne riprendeva i lineamenti. Intorno a lei c’era un
silenzio surreale, una calma che le permetteva di lavorare con estrema
tranquillità. Proprio un ambiente ideale, pensò compiaciuta. E non aveva affatto sonno, anzi. Non vedeva l’ora di finire
quel ritratto per poterlo portare sempre con sé.
Certo che Kouga, quando dormiva,
assumeva un’espressione incredibilmente buffa!
Le piaceva la tenerezza di quel viso che non era costretto a
mantenere di proposito un’espressione seria. Quando
dormiva lui si lasciava completamente andare, e diventava un altro. Sembrava in
tutto e per tutto un innocente bambino.
Finalmente lo aveva completato. Il ritratto era pronto, e Kaoru non riusciva a credere ai suoi occhi. Aveva fatto
proprio un ottimo lavoro, e di questo ne fu sorpresa.
Forse era stata l’atmosfera magica di quel momento a renderle le cose più
semplici.
Kouga non si era smosso di un
millimetro. Era rimasto così, con la linea delle sopracciglia ben distesa, la
curva della bocca serena, i lineamenti del viso addolciti.
Mentre lo guardava si rese conto
che al suo ritratto mancava ancora qualcosa. Solo un paio di
ciuffi sparsi qua e la che ricadevano sulle palpebre. Allungò una mano
nel punto in cui aveva appoggiato la matita, ma si accorse che non era più lì. Forse l’aveva per puro caso spinta
sotto le lenzuola.
Iniziò a frugare facendo assai attenzione a non urtare Kouga accidentalmente. Il panico le venne però quando vide
che la matita era scivolata proprio accanto al suo viso. Si avvicinò e tentò di
prenderla molto lentamente, le dita le tremavano, ma proprio quando finalmente
era riuscita ad afferrarla, Kouga riaprì di scatto
gli occhi.
Intontito dal sonno, vide Kaoru
che sorrideva in modo incomprensibile.
Gettò distrattamente uno sguardo alla sveglietta
che teneva accanto al comodino, ma a dire il vero si vedeva chiaramente che al
sorgere del sole mancava ancora molto tempo.
- Cosa stai facendo? – chiese con
la voce ancora impastata dal sonno.
Lei tentò di occultare il ritratto infilandolo semplicemente
sotto al cuscino, ma Kouga
aveva visto ugualmente l’inconsulto gesto. Tuttavia
non fece domande. Forse era troppo stanco a causa della faticosa giornata che
aveva trascorso e di tutto ciò che gli era accaduto. Sospirò, dopodichè
riappoggiò la testa sul cuscino ma fece soltanto finta
di essersi riaddormentato.
Kaoru ci cascò in pieno, riprese
il blocco con sé, e fu solo a quel punto che lui, continuando a tenere gli
occhi chiusi, disse: - Non restare alzata tutta la notte.
L’artista ebbe un sussulto, poi in seguito
annuì. E quando alla fine lui cadde per davvero
in un sonno profondo, l’espressione innocente ritornò su quel viso.
Kaoru lo guardò, sorrise con
dolcezza e non poté fare a meno di pensare che quello che aveva accanto a sé fosse
proprio un tenero angioletto.
***
- Rei, hai saputo la novità?- disse Silva, attirando
l’attenzione del suo giovane proprietario intento a leggere un libro.
Era notte inoltrata, spostò lo sguardo
da quelle pagine per guardare il Madougu. – No, ma sono tutto orecchi.
- Oggi Kouga è stato trasformato
in un bambino da un Orrore.
Quella scoperta inaspettata gli fece sgranare gli occhi. – Che cosa? – strepitò, quasi sul punto di cascare dal bordo
del letto.
- Comunque, la situazione si è
risolta. Tutto è tornato alla normalità.
- Poteva almeno chiamarmi. – brontolò, facendo la parte del
risentito.
- Forse avrà avuto vergogna. Sicuramente nel vederlo in
quello stato tu gli avresti riso in faccia.
- Non lo avrei fatto, questo è
certo.
- E invece sì, ti conosco troppo
bene.
Rei tacque, cercò di non pensare
ad un possibile Kouga ridotto in miniatura, ma
nell’immaginarsi la scena fu travolto da un’incontenibile voglia di ridere. Cercò
di resistere, solo per non dare a Silva la giusta soddisfazione, però fu per
lui una partita persa. E quando spalancò la bocca ed
iniziò a ridere fragorosamente, la sua cara e tanto preziosa guida, guardandolo
con soddisfazione esclamò: -Visto? Te lo avevo detto!
Fine episodio
I
VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:
Sono riuscita
miracolosamente ad aggiornare rispettando la scadenza…! Avevo già corretto il
capitolo la settimana scorsa quindi non ho avuto
problemi, spero di riuscire a mantenere lo stesso ritmo anche con gli altri.
Per Iloveworld: Certo, si troveranno
più che bene, già da questo capitolo si capisce qualcosina,
e poi chi non vorrebbe dormire al fianco di un Kouga
che quando riposa sembra un tenero bambino? ^_^Ahahah che
la Zanna d’Oro sia con te!! XD Mi ricorda Star Wars…!
Bella questa!!!
Per
DANYDHALIA: Ma certo, sarebbe grandioso poter commentare insieme la seconda serie di Garo!!Ti informo
che l’uscita del primo dvd è prevista per il
02/02/2012 ovviamente in Giappone. Già non vedo l’ora… e a dirla tutta non mi
sembra neppure vero. Riflettendoci su questo è proprio un sogno che si avvera!
Abbracci tutti
per voi e a presto!!!
Botan
ANTICIPAZIONI:
La casa dei Miura, famiglia ricca e facoltosa cerca inservienti.
Circolano però strane voci su quella villa enorme ma all’apparenza normale. Il
maniero sembrerebbe essere infestato dai fantasmi, e per una serie di alquanto
bizzarre circostanze spetterà a Kouga
cercare di risolvere il mistero con l’intervento di Kaoru
che cercherà a tutti i costi di dargli una mano pur andando contro il volere
del ragazzo.
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
- Hai l’aria stanca questa mattina. – gli fece notare Zarba, mentre lo osservava di sottecchi nel bel mezzo della
via. – Non hai dormito bene? – chiese, ma la risposta non arrivò subito.
Con accidia Kouga provò quasi la
necessità di emettere un lauto sbadiglio, tuttavia pur di mantenere il suo
solito contegno si trattenne.
- No. – rispose finalmente, e il timbro della voce non
sapeva proprio di buono. Anch’esso tendeva verso il
basso, a cadere sfinito da una stanchezza pesante e fastidiosa. Svegliarsi la
mattina e sentirsi già fiacchi non era proprio il massimo.
- Eppure ieri non mi sembra che tu abbia fatto le ore
piccole… - disse il Madougu con una certa perplessità
– Adesso che mi ci fai pensare, è da quandoKaoru si è trasferita in camera tua che ti vedo sempre così
assonnato. Non avrà ricominciato a parlare nel sonno, spero!
– fece, ripensando a quella famosa notte passata nel Kantai
insieme ai due umani. Il pulcino spennacchiato non gli aveva fatto chiudere
occhio, constatò amaramente, rivolgendo un pensiero a quel ricordo.
Kouga sembrava avere annuito con fiacchezza
alla domanda dell’anello, e sempre con più accidia aggiunse: - Oltre a parlare,
non sta ferma un secondo.
Zarba scoppiò di proposito a
ridere. – Questa è veramente bella! E non ti biasimo affatto. Non è facile
dividere la metà di un letto con un terremoto vivente. Fortuna che io ho la mia
teca di legno del tutto insonorizzata, in aggiunta non devo dividerla con
nessuno. Scommetto che adesso vorresti fare a cambio, dico bene? – scherzò con
lauta ironia, ma proprio come c’era da aspettarselo Kouga
non rispose.
Anche perché in quell’attimo c’era ben
altro a cui pensare. Doveva occuparsi del suo lavoro, come sempre. E da quella Lettera di Missione che gli era stata
recapitata, non aveva ricavato granché.
- Cosa vuol dire “Vive accogliendo
la vita dentro se”?
- Stai ancora pensando a quella frase? – gli rispose
l’anello guida, a tratti un po’ scocciato – Anche se
non ti farà molto piacere, per l’ennesima volta sarò costretto a ripeterti che
accanirsi troppo su ciò che c’è scritto nelle Lettere di Missione a volte può condurre
fuori strada.
- In ogni caso, si tratta di un messaggio dal significato
inconsueto. Nessun Orrore può accogliere dentro se stesso una forma di vita.
- Ti riferisci al fatto che quelle creature sono capaci di
seminare solo morte?
Kouga annuì. - E’ un paradosso.
Zarba si mise pensieroso. – Sì,
concordo con te, ma quella frase chiunque potrebbe interpretarla in chissà
quanti modi. Tuttavia, come ti ha appena spiegato il Cane da
Guardia, dovresti iniziare le tue ricerche proprio partendo dal territorio che
ti è stato menzionato.
- Tu percepisci qualcosa di anomalo?
- A dire il vero no. Però sappiamo
che si trova da queste parti. Il quartiere non è molto
grande, c’è poca gente. Non ti sarà difficile individuarlo.
Kouga si fece silenzioso, e mentre
camminava con andatura lenta tra le varie stradine di quella zona presidiata
per lo più da enormi case residenziali e splendide ville, cercava di fare del
suo meglio per risolvere alla svelta quello strano
caso.
Anche perché non vedeva l’ora di tornare a
casa e recuperare finalmente il sonno perduto.
***
Kaoru fissava con lo sguardo perso
nel vuoto il posto vacante d’innanzi a sé.
Era da un po’ che Ikuo non veniva
più alle lezioni di disegno. Mancava ormai da diverse settimane, dal giorno in
cui lì su quel ponte sospeso tra cielo e terra si era scontrato pesantemente
con Kouga.
Forse gli era capitato qualcosa, o più semplicemente non gli
andava di incontrare Kaoru per solo imbarazzo. Si era
dichiarato a lei ricevendo un rifiuto, perciò era comprensibile.
Finita la lezione, raccolse le sue cose e uscì dall’aula.
Mancava poco all’ora di pranzo, e Gonza le aveva
promesso che le avrebbe cucinato una delle sue memorabili specialità quel
giorno.
Raggiunse l’esterno, ma quando svoltò l’angolo andò a
sbattere contro qualcuno.
I libri che aveva tra le mani le
volarono a terra, si inginocchiò per prenderli e quando vide che la persona
contro cui era andata a scontrarsi aveva un nome ed un cognome ben preciso, provò
una forma di scossa.
- I-Ikuo…- biascicò, mentre il
giovane con estrema gentilezza le finì di raccogliere il resto dei libri. –
Grazie – rispose, ma vide subito che l’amico cercava di mantenersi sulla
difensiva. Capì che doveva dirgli qualcosa, e dopo un primo tentennamento si
fece avanti – E’ da un po’ che non vieni al corso. E’
forse successo qualcosa? – chiese con tono quasi timoroso, l’altro si limitò
solo ad oscillare il capo, segno che no, non era successo niente, era tutto ok, nella norma. Lei sollevata tirò un
sospiro - Menomale, sai, stavo iniziando a preoccuparmi.
- E invece non credo che dovresti
farlo. Il tuo ragazzo potrebbe arrabbiarsi, e non ho nessuna intenzione
di litigare ancora con lui. – replicò seduta stante, ma lo fece con estrema
freddezza.
Ormai era più che evidente: Ikuo
non era più lo stesso. Trattava Kaoru quasi come se
fosse un’estranea, quasi non volesse più avere a che fare con lei.
Quella risposta la mise a disagio. Non sapeva se tirare in
ballo quel tanto fatidico argomento, oppure tacere. Però
in qualche modo doveva tentare perlomeno di aggiustare le cose, di rimettere
ordine nell’intera faccenda.
Spostò leggermente gli occhi verso il basso, schiuse la
bocca – Riguardo a quella sera… - premise con una cadenza incerta, ma non
appena riprese fiato lui la bloccò con una risposta secca.
- Non mi interessa. Ormai è storia
vecchia.
- Però non vorrei che per colpa di
quanto successo ci andasse di mezzo la nostra amicizia.
- Ma tu non hai fatto nulla, non
c’e l’ho con te. Sto solo dicendo che io e il tuo
ragazzo vediamo le cose in maniera differente, e se lui mi reputa un tipo poco
raccomandabile, forse dovresti seguire il suo consiglio e tenermi alla larga. –
Ikuo si stava certamente riferendo al fatto che Kouga, dopo essersi introdotto con una
certa irruenza in casa sua e scontrato con il padre, lo ritenesse un
pericolo, un soggetto da evitare ad ogni costo.
Cosa poteva aggiungere Kaoru a quel punto? Ricordava perfettamente la faccenda, e
sapeva oltretutto che Kouga non sarebbe stato molto
propenso ad accettare il ritorno del giovane Shiota.
- Capisco. – disse soltanto, e mogia chinò il capo. Tuttavia
di quella situazione non ne andava particolarmente
fiera.
L’amico gettò uno sguardo all’orologio. Sembrava avere una
certa fretta. – Adesso devo andare. Sto cercando un lavoro part-time,
e non posso trattenermi oltre.
- Hai già controllato sulla bacheca degli annunci appesa qui
fuori? – fece, indicando un grosso riquadro agganciato sul muro lì accanto. – Se non sbaglio cercano giovani camerieri disposti ad
occuparsi di un’enorme villa.
- Vuoi scherzare?! – replicò inorridito il ragazzo, ed un lungo brivido freddo gli solcò
la schiena. – Lo sanno tutti che quella casa è infestata.
- Infestata? – Kaoru non aveva capito, così specificò – Da topi?
L’altro dopo un primo momento di indecisione,
scosse con risolutezza il capo. – Fantasmi. E’ una casa infestata dai fantasmi!
Stavolta fu la giovane Mitsuki a
rabbrividire. – Fantasmi?! Ma… - riuscì solo a dire, era
troppo spaventata anche solo per infilare una parola dietro l’altra.
E pensare che spesso, quando non le
andava di ritornare a casa mediante la stradina più lunga, quella che passava
per il centro della città, decideva di percorrere il sentiero secondario, esattamente
quello in cui si trovava il presunto maniero infestato.
Chissà quante volte, anche nelle ore più tarde e buie, l’aveva vista da lontano. E chissà quante
altre volte ancora c’era persino passata spensieratamente accanto.
E mentre lei ripensava terrificata
a tutto ciò, Ikuo andò via. A dire il vero le aveva
anche detto “ciao”, ma presa dalla sua fervida
immaginazione, Kaoru non l’aveva sentito.
Poi iniziò a pensare che se avrebbe voluto mangiare le
prelibate pietanze cucinate da Gonza alla svelta, si sarebbe
dovuta servire proprio di quella famosa stradina. Ma visto quanto appena
scoperto, dubito che lo avrebbe fatto.
Pur di non incappare in un fantasma dispettoso, il suo
gorgogliante stomaco poteva anche aspettare.
***
- Non può essere… - disse ad un tratto Zarba,
poi sembrò sorridere – Questa è veramente bella!
Kouga lo guardò alla svelta con
fare stranito. – Mi avevi detto che quell’Orrore si
trovava qui. Ti sei confuso?
- Niente affatto. E’ proprio qui. – rispose con certezza il Madougu, maKouga continuava a non capire e a guardarsi attorno
con aria spaesata. In quel posto non c’era nessuno, solo una casa enorme. A
giudicare dalle dimensioni, i proprietari dovevano essere molto ricchi. Per
certi versi poteva assomigliare anche alla residenza dei Saejima.
- Vuoi dire che si trova in questa
casa?
L’anello parlante socchiuse gli occhi. – Non in questa casa,
bensì la casa stessa.
Il ragazzo si sentì colto praticamente
alla sprovvista. – La casa? – ripeté, quasi scettico – Spiegati meglio.
- L’Orrore si è impossessato di questa casa. Probabilmente
il terreno sulla quale è stata costruita, doveva essere
l’antica dimora di qualche vecchia entità demoniaca. Credo che nel momento in
cui hanno iniziato ad edificare, l’essenza del mostro si sia
unita alle fondamenta di questo maniero finché non è diventato un tutt’uno con l’intera struttura. – QuandoZarba ebbe finito, Kouga iniziò
a collegare svariati fattori.
- “Vive accogliendo la vita dentro se”… - pensò a voce alta.
Aveva scoperto il significato sibillino di quella frase che fin dall’inizio gli
era parsa troppo inconsueta.
- Una casa come questa accoglierà un sacco di persone,
quindi vite umane. – precisò Zarba.
- Questa villa avrà più di cinquant’anni.
Perché l’Orrore ha aspettato tutto questo tempo per uscire
allo scoperto?
Il Madougu non sapeva bene cosa
rispondere, ma un dubbio lo spingeva a credere ad un’unica supposizione.- Potrebbe avere a che fare con te, scommetto che sarà stato
risvegliato da quella stessa persona che non fa che crearti problemi. Tuttavia,
il vero dilemma ora riguarda come stanare la creatura.
Il giovane Saejima si mise
pensieroso. In effetti, mai prima d’ora si era ritrovato a dover combattere con
un’enorme… casa.
- Dovrò distruggerlo dall’interno?
L’anello annuì. – Ma prima ancora
dovrai trovare il punto esatto in cui colpire. Ci saranno almeno una
cinquantina di stanze presidiate da inservienti, custodi addetti alla
sicurezza, senza contare gli inquilini che ci abitano. Eludere la servitù non
sarà per niente facile, e non puoi nemmeno bussare alla loro porta e dire che l’intera casa va esorcizzata, o nel peggiore dei
casi, rasa al suolo. – Le parole di Zarba non erano
di certo confortanti.
- Così non mi aiuti per niente. – sbottò seccato il giovane
Cavaliere.
Zarba fece metaforicamente
spallucce. – Guarda che questa situazione è nuova anche per me. Ad ogni modo,
se proprio vuoi un consiglio, faresti meglio a tornare
a casa. Hai bisogno di dormire, non puoi pretendere di affrontare una simile
situazione nello stato in cui ti trovi adesso.
Per una volta tanto, Kouga si
trovò d’accordo con il proprio Madougu.
Oltretutto, da lì la casa di sicuro non si sarebbe spostata.
***
Gonza spalancò il portone del palazzo ed accolse Kaoru con un inchino cortese.
- Avete fatto tardi signorina? – le
chiese, mentre lei appoggiava la sua saccoccia marrone sulla sedia.
- Per una serie di circostanze sono stata costretta a fare
un giro più lungo. – rispose fiacca, e anche un pochino
arrabbiata. Per colpa di quella storia legata alla casa infestata ci
aveva messo più del solito a rientrare, e ora aveva terribilmente fame. Lo
stomaco brontolava a gran voce, così forte che persino Gonza riuscì a udire il
bizzarro suono.
Sorrise bonariamente. - Il pranzo è pronto. Ho già preparato
tutto ed apparecchiato.
- Finalmente si mangia! – esclamò Kaoru,
dopodichè corse subito a lavarsi le mani prima di raggiungere la spaziosa sala
da pranzo situata a pian terreno.
Entrò e si sedette al suo posto. Prima ancora di farlo
iniziò a guardarsi intorno. Mancava qualcuno lì. – Kouga
non è ancora rientrato? – domandò, nel momento in cui il buon maggiordomo le
mise lo squisito pranzetto davanti a sé.
- A dire il vero, è rientrato un’ora prima di voi, ma non ha
pranzato.
- Non ha pranzato? Si sente male per caso?
- Mi ha solo detto che aveva
bisogno di riposare. Si è addormentato sulla poltroncina che c’è nello studio.
- Forse avrà avuto una giornata difficile. – ipotizzò la
giovane artista. L’odore del buon piatto le attraversò le narici aprendole lo
stomaco. Prese la forchetta e diede il primo assaggio. Una luce particolare
attraversò con un guizzo lampante i suoi occhi. – E’ buonissimo! Lei è davvero
un ottimo cuoco!
Il maggiordomo arrossì tutto fiero di sé. – Modestamente,
cucinare mi riesce proprio bene.
- Allora dovrà passarmi la ricetta di questo piatto. Magari
uno di questi giorni proverò a farlo anch’io! In Italia
ho imparato talmente tante cose che mi piacerebbe
metterle in pratica.
Gonza deglutì con un’espressione sul viso lievemente
agitata. – Certo, senz’altro. – rispose, ma giusto per compiacerla. Quando Kaoru si metteva ai fornelli, nella più tragica delle
ipotesi andava a fuoco l’intera cucina, e quando ciò non accadeva, colui che assaggiava un dei suoi “esperimenti” culinari,
finiva dritto in ospedale.
Mandò giù l’ultimo sorso d’acqua e si tamponò la bocca con
un lembo del tovagliolo.
- Adesso mi sento più felice! – dichiarò, dopo aver consumato il pasto. Si alzò dalla sedia stiracchiandosi le
braccia, poi prese con sé due piatti sporchi. – La aiuto a sparecchiare! –
disse rivolta al maggiordomo, ma questi con estrema gentilezza scosse il capo.
- Non si preoccupi signorina, questo è
compito mio. Vada pure a riposare. Una ragazza come lei che studia e allo
stesso tempo lavora, deve prendersi una pausa! – Gonza poggiò i piatti sul carrellino per il pranzo, poi tolse con cura la tovaglia e
la ripiegò su sé stessa.
In quell’attimo Kaoru si ricordò
di Kouga. Forse stava ancora dormendo nel suo studio,
ma lei moriva dalla voglia di andare lì solo per vederlo.
- Pensa che Kouga stia dormendo
ancora? – chiese, probabilmente era in cerca di qualcuno che la incoraggiasse ad andare.
Gonza capì con estrema facilità, e così rispose: - Perché
non va a controllare? Anche se sta riposando,
scommetto che al suo risveglio gli farà piacere trovarla lì.
Kaoru sorrise con vigore. – Ci
vado subito allora!
Scappò, anche se in punta di piedi nello studio. Fece attenzione a non spalancare la porta con estrema
violenza, e girò il pomello piano piano.
Kouga stava dormendo sulla sua
poltrona, con il capo abbassato e le palpebre degli occhi ben serrate.
Si avvicinò a lui con fare silenzioso, alle
sue spalle, poggiata sulla sedia c’era una coperta di calda lana. La
raccolse, fuori faceva piuttosto freddo, e lo coprì con estrema cura.
- La coperta. – disse ad un tratto una voce. Kaoru sobbalzò, poi si rese conto che quella voce
apparteneva a Zarba. – Saresti così gentile da
togliermi questa coperta dalla faccia? – chiese educatamente, finché non rivide
la luce.
- Scusami. – mormorò lei, non avendolo
fatto di proposito, poi parlando a voce bassa aggiunse – Spero di non
averti svegliato.
- Non stavo riposando. A differenza di Kouga
io la notte riposo serenamente.
- Cosa vuol dire “ a differenza di Kouga”? Non mi sembra che lui soffra di insonnia…
- rispose perplessa l’umana.
- Diciamo che la sua è un tipo di
insonnia particolare… Dovuta non a qualcosa, bensìa qualcuno. – Le parole di Zarba avevano qualcosa di strano. Suonavano in un modo
particolare, quasi ironico ma pungente al tempo stesso.
Kaoru si puntò subito un dito in
faccia. – Io? – fece, l’espressione del suo viso mutò
in un lampo. Adesso era allibita. – Ma io non…
- A detta di Kouga, non solo
chiacchieri, ma ti agiti come una trottola fuori controllo. – le riferì il Madougu, e con estrema calma aggiunse – Ieri notte gli hai
persino tirato un pugno nello stomaco.
Kaoru sgranò gli
occhi colta da un stupore istantaneo. Divenne subito rossa in viso, poi
iniziò ad agitarsi. – Ma è assurdo! – disse alzando
inconsapevolmente la voce. Si portò entrambe le mani sulla bocca, ma ormai il
danno era già fatto.
Ancora intontito, Kouga riaprì del tutto gli occhi. - Che cosa
stai facendo qui?
- Gonza mi ha detto che ti sentivi
stanco, e sono passata a controllare. – rispose in un primo momento, ma la
voglia di continuare l’avvinse – E’ vero che ieri notte ti ho
tirato un pugno? - Lui guardò immediatamente Zarba.
Lo fulminò con un’occhiata. – E’ vero? – ripeté ancora, con un’aria inquieta.
Doveva sapere, e quando egli annuì, provò una terribile vergogna. – Perché non me lo
hai detto?
- Perché non sarebbe servito a nulla.
Non lo fai di proposito, e quando dormi non puoi controllarti.
- Invece per colpa mia non riesci a riposare bene. – disse quasi
arrabbiata – In questo modo ne risente anche il tuo
lavoro.
La parola “lavoro” fece improvvisamente ricordare a Kouga che aveva un compito piuttosto complicato da portare
a termine.
Si rimise in piedi, dopodichè raggiunse uno scaffale ricolmo
di antichi manoscritti.
Tra i tanti ne prese uno. – E’ questo? – disse rivolto a Zarba, ma l’anello dissentì.
- E’ quello là in basso, con la copertina rossa.
L’umano si fletté per prendere l’appena indicato libro e
cominciò a sfogliarlo.
Kaoru osservava con attenzione la
scena, gli si avvicinò e provò a gettare anch’ella
un’occhiata.
- Stai lavorando ad un nuovo caso?
A quella domanda rispose Zarba. – E anche piuttosto difficile.
- Qui dice che il suo nucleo
dovrebbe trovarsi nel piano più vicino alle fondamenta, ma talvolta può
stabilirsi in un luogo presidiato da sorgenti di calore, elettricità o zone
umide. – disse Kouga, poi sospirò
con accidia – In pratica potrebbe trovarsi ovunque.
Zarba si mise pensieroso. – E’
proprio un bel problema. Ti ci vorrà del tempo prima
che tu riesca a stanarlo, a meno che tu non abbia una buona dose di fortuna.
Sempre più incuriosita da tutto ciò, Kaoru
provò a chiedere: - Con che tipo di Orrore avete a che
fare questa volta?
- Con una casa. – rispose il giovane.
- Con una casa? – ripeté confusa l’artista.
Il Madougu parlante si apprestò a
spiegarle meglio la situazione. – Si tratta di una creatura che si è fusa con
un’intera abitazione che per nostra sfortuna non è affatto
disabitata. Il problema maggiore in questo caso riguarda le persone che abitano
lì dentro. Tra servitù e padroni di casa, trovare il nucleo senza creare
confusione non sarà per niente semplice. Inoltre, abbiamo scoperto che i
proprietari dell’enorme tenuta, la famiglia Miura, sono una delle famiglie più restie e facoltose del
quartiere.
- Miura? – ripeté Kaoru, pensando che si trattasse solo di un banale caso
d’omonimia, ma per togliersi un peso, volle chiarire ogni suo dubbio con una
domanda precisa – In che quartiere si trova questa
casa?
- Non molto distante dall’edificio scolastico dove prendi
lezioni di disegno.
Kaoru ebbe quasi un mancamento, il
suo viso divenne paonazzo, tant’è
che sia Kouga sia Zarba
presero a fissarla con aria stordita.
- Qualcosa non va? – le chiese il ragazzo, e lei senza
neppure pensarci due volte replicò secca:
- E’ la casa infestata!
Inizialmente lui non capì. Infestata da cosa? Così chiese: –
Da topi?
- Da fantasmi!
Kouga e Zarba
si guardarono reciprocamente in faccia. Kaoru non
sembrava avere la febbre, tuttavia pensarono che stesse delirando.
- Non esistono i fantasmi. – rispose seccato il ragazzo,
mentre ritornava sulle pagine di quel libro.
Ma lei era pienamente convinta del
contrario.
- E invece sì! In quella casa ci
sono.
- Di quale casa stai parlando?
- Quella dei Miura, ovvio.
- E tu come fai a saperlo?
- Fino a questa mattina neppure io lo sapevo,
poi ho incontrato Ikuo che… - si trattenne le
parole in gola seduta stante, ma ormai non c’era più nulla da fare, l’errore
era stato commesso, e quel nome udito perfettamente da Kouga.
La investì con un’occhiata gelida, Kaoru deglutì e
tentò di giustificarsi raccontando la verità dei fatti – L’ho incontrato questa
mattina, è da molto che non frequenta più le lezioni,
così mi sono fermata a parlare con lui. – spiegò, ma per qualche strana ragione
l’espressione accigliata di Kouga non accennava a
diminuire. In quel preciso istante la figlia di Yuuji
capì che doveva prendere in mano un argomento che di sicuro a lui non avrebbe
fatto piacere ascoltare – So che quel ragazzo non ti
piace, mi hai spiegato tutto, ma Ikuo non mi sembra
una cattiva persona, e se devo essere sincera, la sera in cui vi siete
scontrati, nessuno dei due aveva più colpe dell’altro. Avete esagerato
entrambi, senza riflettere su ciò che stavate facendo.
- Non ho tempo per parlare di questo. – rispose bruscamente
il ragazzo. Lei abbassò gli occhi con profondo dispiacere, sapeva che non
avrebbe mai potuto fargli cambiare idea, doveva essere lui di sua spontanea
volontà a farlo.
- Ad ogni modo – premise la mora, voltando pagina – se
quello che dite è vero, i fantasmi non centrano nulla,
giusto?
- E’ facile scambiare un fantasma con un Orrore,
semplicemente perché gli esseri umani non sono a conoscenza di questi ultimi. –
precisò Zarba, ed il suo ragionamento filava alla
perfezione. – Il problema che ci affligge però resta
sempre lo stesso.
- Entrare in quella casa. – ripeté quasi esausto Kouga. A furia di pensare ormai non sapeva più che fare.
Restava solo un’unica soluzione: Irrompere nell’abitazione senza chiedere il
permesso a nessuno, e distruggere la creatura. Insieme alla casa, ovvio.
Ad un tratto Kaoru si mise
pensierosa. – Servitù… - pensò a voce alta – Cercasi servitù…
- ripeté ancora, poi all’improvviso si batté un pugno sul palmo della mano – Ma
certo…! Ho trovato la soluzione! - Kouga le lanciò
un’occhiata fiacca. - Sulla bacheca appesa davanti all’istituto scolastico,
c’era un annuncio in cui la famiglia Miura cercava
dipendenti disposti ad occuparsi della loro residenza.
Il signorino storse il naso. - E
con ciò?
Incrociandosi con fierezza le braccia al petto la ragazza
fece un enorme sorriso. – Hai qui davanti a te la futura cameriera di villa Miura!
A giudicare dal viso alquanto turbato del giovane signorino,
la soluzione adottata dalla sua ragazza non gli andava particolarmente a genio.
- Non pensarci nemmeno. – Più che particolarmente, non gli andava affatto a genio.
- Ma ragiona…!
- Ah! – s’immise come al solito Zarba, non potendo fare a meno di tacere – L’ultima volta
che hai pronunciato questa frase, un Orrore stava quasi per divorarti. – fece, riferito
chiaramente agli avvenimenti di qualche sera addietro, quelli legati alla
creatura che aveva fatto tornare Kouga bambino.
Il ragazzo le gettò un’occhiata tutt’altra
che benevola. - Non mi avevi parlato di questo.
- Era solo un dettaglio.
- Un dettaglio piuttosto importante. – rettificò subito il
Cavaliere del Makai, senza darle più nessuna via di
fuga.
- Resta il fatto che a voi serve
qualcuno in grado di introdursi in quella casa e che abbia libero accesso ad
ogni stanza. E se mi faccio assumere da loro come
cameriera, avrò campo libero. – il ragionamento di Kaoru
non faceva una piega, anche Zarba sembrava in un
certo senso concordare, ma quello con più dubbi restava Kouga.
- E cosa pensi di fare una volta
che sarai entrata? – le chiese, pur continuando a non vedere di
buon occhio l’intera situazione.
- Semplice, in quanto cameriera, nessuno sospetterà
di me, e con la scusa di aggirarmi per le stanze del palazzo, mi metterò
a cercare l’Orrore. Non ci vorrà molto, al massimo mezza
giornata, e una volta trovato ti avviserò subito, così potrai
eliminarlo. – Kaoru sorrise fiera di sé stessa e del piano che aveva ideato. Quello a non essere contento, senza ombra di dubbio, era Kouga.
Rimise il libro dove lo aveva raccolto, e con estrema calma
rispose: - Non farai nulla di tutto ciò.
- Ma... perché?
- Primo- antepose – è troppo
rischioso. E secondo – si avviò a concludere – hai
promesso che non ti saresti più intromessa in questo tipo di faccende. – la
guardò dritta negli occhi come a dire “te lo sei forse
dimenticato?”.
Kaoru si ricordò della promessa
fatta, e sentendosi a disagio volse altrove lo sguardo. La curva delle sue
labbra si piegò verso il basso.
Il signorino lasciò lo studio poco dopo. Non c’era bisogno
di aggiungere dell’altro. Per lui quello era un discorso già chiuso.
Non gli avrebbe mai permesso di andare. A
meno che, con un abile stratagemma, lei non avesse fatto di testa sua,
s’intende.
Fine episodio
I
VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:
Oggi pensavo
di non riuscire ad aggiornare a causa del lavoro, ma invece
ho finito prima, il capitolo era già bello e corretto, mi è bastato solo
gettargli una rapida occhiata, l’ho riletto una sola volta e non più e più
volte come faccio di solito, e poi via con la pubblicazione!
Per
DANYDHALIA: Non scusarti di nulla, e anzi, io lo dico sempre a tutti, recensite quando potete e soprattutto leggete quando volete,
perché le storie si leggono meglio nei momenti di tranquillità assoluta o
quando ne sentite la necessità!
Per Iloveworld: Un sito? Mmh…
a parte quello ufficiale che però è tutto in lingua giapponese, prova a cercare
su google “GaroMakaisenki”, ovvero il titolo della
seconda serie, sicuramente ti uscirà qualcosa. Se vuoi
vedere gli episodi, invece, vai su youtube perché ci
dovrebbero essere tutti quelli usciti finora!
Alla prossima! Baci!
Botan
ANTICIPAZIONI:
Assunta come
cameriera dalla famiglia Miura, Kaoru
avrà libero accesso alle enormi stanze della misteriosa casa infestata.
Cercherà in tutti i modi di portare a compimento il suo lavoro e nonostante i
continui avvertimenti di Kouga, che cercherà in tutti
i modi di riportarla indietro, la situazione le sfuggirà di mano.
Le lancette dell’antico orologio appeso nella sala da pranzo segnavano
le 16 passate
Fantasmi – parte 2
#26
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
Le lancette dell’antico orologio appeso nella sala da pranzo
segnavano le 16 passate. Gonza aveva appena finito di riordinare lo sgabuzzino
che si trovava accanto all’ingresso principale, posò il
secchio con l’acqua sporca a terra ed accostò lo scopettone alla parete.
AncheKouga
aveva finito di praticare i suoi soliti allenamenti giornalieri. Più che altro quelli di oggi gli erano serviti a schiarirsi un po’
le idee, affinché trovasse una soluzione legata al problema di quella casa
posseduta da un Orrore.
Purtroppo non aveva ottenuto il risultato sperato, e per
colpa di ciò anche il suo umore ne aveva risentito.
Entrò nella hall, subito dopo
attirò l’attenzione del fedele Kurahashi: - Gonza – esclamò
facendolo avvicinare.
- Dite pure signorino. – rispose gentilmente l’uomo.
- Sto per andare dal Cane da Guardia, assicurati durante la
mia assenza che Kaoru non lasci la casa.
Gonza sussultò, e con fare inquieto rispose: - A dire il
vero, la signorina Kaoru è uscita poco fa.
Kouga trattenne un moto di rabbia,
ma cercò di mantenere la calma. – Non ti ha detto dove andava?
Il maggiordomo scosse il capo. – E’ corsa via
all’improvviso, non ho fatto in tempo a chiederle dov’era diretta.
E pensando già al peggio, Zarba asserì
con schiettezza: - Ohi ohi, Kouga…
Sento odore di guai. – subito dopo aggiunse – A quanto pare,
è stata più furba di noi.
Ed aveva proprio ragione!
***
Si sistemò la cuffietta bianca sul capo, annodò con un bel
fiocco il grembiulino in vita, e poi corse subito a fare il suo dovere. Quello
per cui era stata assunta.
Tra una faccenda e l’altra, il cellulare che aveva lasciato
nella tasca della propria divisa, iniziò a squillare.
Si assicurò prima che non ci fosse nessuno nei paraggi, poi
rispose.
- Qui Kaoru, chi parla?
- Dove sei? – disse una voce irritata dal capo opposto.
La giovane sussultò. – Kouga… sei
tu? – fece, e avendo sentito quel tono poco amichevole, deglutì – Mi trovo… mi
trovo a casa di Asami. –
rispose balbettando.
- Bugiarda. Gonza ha chiamato la tua amica dieci minuti fa.
- Infatti sono arrivata proprio
adesso.
Per l’ennesima volta il giovane cercò di mantenere la calma.
Ma fece una grande fatica. – Ti avevo detto di non
farlo. Perché hai disobbedito?
Le mani di Kaoru iniziarono a
sudare. Cercò di prendere tempo, di tergiversare, anche se non sarebbe servito a nulla. – Fare cosa? Di che stai parlando?
- Smettila di scherzare! – tuonò imperterrito, era fuori di
sé. Il tono alterato della sua voce attirò l’attenzione di un anziano
vecchietto, claudicante e forse mezzo sordo, che si
trovava nei paraggi. Ma nonostante tutto lui proseguì
con la sua ramanzina – Lo sai bene che tutto questo è pericoloso. C’è in gioco la tua vita, te ne rendi conto?
- Starò attenta, qui non corro
nessun pericolo, sul serio.
- Esci immediatamente da lì. Sto per venirti a prendere.
- Non ci penso nemmeno. Ho già controllato diverse stanze,
finirò al più presto, dammi solo un altro po’ di tempo.
Quella risposta gli fece perdere completamente il controllo.
– Sei solo una stupida! – sbraitò, con i nervi a fior di pelle, ostentando un atteggiamento
poco garbato.
Colta alla sprovvista, Kaoru si sentì
avvampare. Presa da uno scatto incontrollabile di rabbia, poco prima di chiudergli
il telefono in faccia urlò con tutto lo sdegno possibile –
Questa stupida sta lavorando per te!
La comunicazione si interruppe
bruscamente, Kouga affrettò il passo, sembrava emanare
malevolenza dalle spalle tant’era adirato. Neppure Zarba ebbe il coraggio di aggiungere qualcosa.
Nell’enorme villa Miura, la più
anziana delle cameriere chiese a Kaoru di spegnere il
cellulare. Durante gli orari di lavoro, non era consentito nessun tipo di
distrazione.
A guardarla bene dall’interno, quella
residenza era davvero enorme. Sontuosi mobili arredavano con gusto le
numerose camere, eleganti lampadari pendevano dal soffitto, e con i loro
fronzoli di cristallo donavano ad ogni stanza una luce pura e trasparente.
La giovane artista con un canovaccio tra le mani sgattaiolò
furtivamente nel lungo corridoio, eludendo così il resto della servitù. Doveva
continuare la sua ricerca, e mancava poco ormai allo scadere delle sue ore di lavoro.
Attraversò l’andito ritrovandosi d’innanzi
ad una porta enorme. Entrò silenziosamente, e fu subito attorniata da bellezze
d’ogni tipo. Un grosso tappeto ricopriva il pavimento, quadri antichi e molto
pregiati rivestivano le pareti. Un enorme vaso trasbordava di profumatissimi
fiori, e poco distante intravide qualcuno che sedeva d’innanzi
ad un caminetto acceso.
La figura si voltò di poco, la vide
e sorrise amabilmente.
Si trattava di un’anziana signora che indossava un kimono di
pregiatissima seta azzurra.
- Non volevo disturbare, sono
nuova, e credo di aver confuso le stanze. – tentò di giustificarsi la giovane.
La donna scosse il capo, mentre continuava serenamente a
sorridere. – Questa casa è così grande, perdersi è
normale. Anche io da bambina lo facevo spesso. Come ti
chiami? – le chiese con garbo.
- Kaoru, signora. – rispose
timidamente.
- Kaoru… che bel nome! – sorrise
ancora, poi sfiorò con una mano uno dei tanti fiori che stavano in quel vaso.
- Adesso devo tornare al mio lavoro. – l’artista si avviò
verso l’uscio della porta, ma prima di lasciare la camera udì distintamente
dalla misteriosa donna queste parole:
- Presta attenzione al camino.
Lì per lì, quella frase le suonò strana. Avrebbe voluto
chiedere maggiori spiegazioni, ma purtroppo non le restava
molto tempo.
Si lasciò la stanza alle spalle, e proseguì la
perlustrazione di villa Miura.
Certo che quell’anziana signora aveva proprio un sorriso
gentile, solo a guardarla in viso si avvertiva un senso di squisita serenità, pensò mentre si avviava verso il basso, nel luogo più
profondo del palazzo, quello dove si trovava l’enorme seminterrato.
Stando alle parole di una giovane inserviente, quel luogo
tetro e umidiccio nascondeva oscure presenze. La notte si udivano strani rumori,
cigolii fastidiosi ed un incedere di passi. Non c’erano topi lì sotto, non
c’era nessuno, eppure si riusciva a percepire distintamente qualcosa o...
qualcuno. Disse che molti anni fa, un antenato della
famiglia Miura si tolse la vita proprio in quel
luogo.
Subito dopo aver fatto tali affermazioni la più vecchia
delle inservienti le aveva detto che non doveva
spaventare la nuova arrivata con storielle di dubbia provenienza. In pratica,
fandonie.
Ma a chi doveva credere Kaoru? Un senso di tensione in lei divenne più che
tangibile, e una volta arrivata d’innanzi a quella porta, non poté più tirarsi
indietro.
Posò una mano sul pomello arrugginito, lentamente iniziò a
girare finché il battente, sbloccandosi, si aprì.
La cantina era sì enorme, ma anche molto buia. Per
raggiungerla avrebbe dovuto percorrere una rampa di scale vecchie e cigolanti.
Prima di farlo cercò invano l’interruttore della luce. Per
fortuna che aveva portato con sé una piccola torcia tascabile.
La accese, ed iniziò la discesa.
L’odore di muffa e di umido le
attraversò le narici. Era un luogo gelido, desolato, privo di vita.
Chissà perché, ma in quel preciso istante le ritornò in
mente la faccenda legata ai fantasmi. Forse era dovuto
al fatto che quel seminterrato faceva veramente paura.
Iniziò a sentire freddo, avvertì un tremolio lieve alle
gambe, e quando giunse all’ultimo gradino, fece scorrere la torcia sulle pareti
intorno a sé.
C’erano solo cose vecchie e tante
cianfrusaglie. Restò un po’ delusa, a dire il vero. Si spettava di trovare
qualcos’altro. Qualcosa di infido e pericoloso come un
Orrore. Dopotutto, lei non aveva paura di trovarsi faccia a
faccia con la creatura, perché a detta di Zarba
doveva essere solo una sorta di nucleo informe ed innocuo, poi…
Uno scricchiolio improvviso la fece di colpo sobbalzare.
Si voltò molto lentamente con il cuore in gola e la fronte
gelida, e se avesse visto per davvero un fantasma?
Il tetro pensiero le sfiorò la mente. Raccolse coraggio, e
si girò di scatto puntando il fascio di luce della torcia davanti a sé.
- E’ solo un gatto. – appurò sollevata, tirando un sospiro di sollievo.
- Si chiama Ayu. – rispose una
voce in cima alle scale.
Kaoru trasalì ancora portandosi
una mano in petto. Intravide una sagoma minuta, forse una bambina, che
indossava un grazioso abito blu e bianco.
Fece per risalire le scale, ma la piccola scappò via. Corse a nascondersi dietro il drappo di una lunga tenda che copriva
uno dei tanti finestroni posti nell’andito.
L’artista le si avvicinò con molta
calma, poi sorrise.
- Io mi chiamo Kaoru, e tu? –
disse, per instaurare un dialogo.
- Atsuko - pigolò
timidamente, e con il capo si decise a far capolino dalla tenda.
- Piacere di conoscerti, Atsuko! –
esclamò sorridendo. – Sei la figlia dei padroni di
casa?
La piccola annuì, finché non si decise ad uscire del tutto
dal suo nascondiglio. Ayu, il gattino, la raggiunse.
Lo prese con sé e gli accostò la bocca all’orecchio. – Questa è Kaoru, Ayu. – disse, facendo le
dovute presentazioni. Il gattino dal pelo corto a chiazze bianche e nere emise
un miagolio mentreKaoru gli
carezzava con dolcezza il capo. Sgattaiolò a terra poco dopo, e scomparve.
- Cosa ci facevi da queste parti, Atsuko? – le chiese la ragazza.
La piccola chinò a terra lo sguardo. – Avevo paura di
restare da sola in camera.
- Paura? E perché?
- Lì ci sono sempre strani rumori.
Kaoru ricollegò all’istante le
cose. Senza dubbio, quella doveva essere opera dell’Orrore. Si fletté sulle
ginocchia per potersi avvicinare meglio al viso della bambina. – Questo accade
solo in camera tua?
Atsuko scosse il capo. Le codine
ai lati della sua testa tintinnarono come due campanelle. – In tutta la casa.
- Ascoltami Atsuko,
hai mai notato qualcosa di strano prima d’ora, a parte i rumori? Qualcosa che si può vedere e non solo sentire, ad esempio.
La bimba si mise pensierosa, poi si
ricordò di un avvenimento successo l’altro giorno. – Ho visto una lucina. – raccontò, ma non fece in tempo ad aggiungere
dell’altro, perché dall’angolo dell’andito arrivò una ragazza vestita da
cameriera.
- Kaoru, vai subito in giardino.
C’è qualcuno cha ha chiesto di te.
- Di me? – replicò attonita la diretta
interessata, poi raggiunse l’esterno. AncheAtsuko l’aveva seguita, ma era rimasta più indietro.
Si guardò intorno, ma non vide nessuno semplicemente perché
la figura misteriosa che la stava aspettando si trovava dall’altra parte del
cancello.
L’indignazione le salì alle stelle non appena se ne accorse. Si avvicinò in un lampo con fare battagliero. –
Che ci fai qui?! - sbottò in preda alla rabbia.
Dal lato opposto della cancellata, Kouga
cercò di mantenere il controllo. Se anche lui avesse
perso la pazienza, sarebbe stata la fine. – Sono qui per riportarti a casa.
- E io ti ripeto che non voglio andarmene.
– rispose impuntandosi.
- Esci immediatamente da questo posto.
- Perché non provi a trascinarmi
con la forza? – gli ribatté l’artista con un tono impertinente, dopotutto,
sapeva che la cancellata glielo avrebbe impedito.
Il signorino spostò lo sguardo altrove. – Non mi hanno fatto
entrare.
- Logico… I Miurasono una famiglia riservata, non permettono a nessun
estraneo di invadere il loro territorio. – gettò un occhio all’ora,
le restava ormai poco tempo. – Forse sono riuscita a trovare l’Orrore, ma devo
sbrigarmi.
- Niente affatto. Tu non ti muoverai da qui. – rispose il
giovane, ma stavolta lo aveva fatto con un tono forte,
quasi di comando.
Ovviamente a Kaoru non piacque. Si impuntò le mani sui fianchi, e con uno sguardo di sfida
lo investì tenacemente. – Prova a fermarmi, allora! – si girò, ed andò via
lasciandolo lì, dietro quelle fredde sbarre.
- Maledizione! – imprecò lui a voce alta. Non solo era
arrabbiato, ma adesso doveva trovare anche un modo per recuperare Kaoru e poi annientare l’Orrore.
- Non ti rimane che fidarti di lei, Kouga.
– disse a quel punto Zarba, forse perché sapeva che Kaoru non avrebbe ceduto. Ma al giovane Cavaliere del Makai la scelta impostagli non
piacque affatto.
L’artista raggiunse la piccola Atsuko,
che nel frattempo si era seduta sui gradini esterni del palazzo.
- Atsuko – premise, avvicinandosi
a lei – puoi portarmi nel posto in cui hai visto
quella sfera luminosa? – ormai non restava più tempo. La piccola annuì, ma
prima ancora di raggiungere il misterioso luogo, Kaoru
si tolse l’ingombrante divisa da cameriera, che certamente non era molto
indicata, ed indossò i suoi abiti.
Le due si fermarono davanti alla porta di una delle tante
stanze situate a pian terreno.
- E’ qui? – domandò alla piccola, e quest’ultima
annuì. Prima di girare il pomello, guardò Atsuko
– Forse faresti meglio a tornare dai tuoi genitori. Potrebbe essere
pericoloso.
- Non voglio tornare indietro da sola. Ho paura. – le pigolò, aggrappandosi ad un lembo della sua maglia.
- Però stammi vicina, intesi?
La bimba annuì, dopodichè entrarono.
A dire il vero si trattava di una camera che rispetto alle
altre non era molto grande. Un tappeto rosso ricopriva il pavimento, un paio di
quadri appesi alle pareti, due poltrone ed un camino spento. Aveva un aspetto
assai semplice, privo di fronzoli.
La talentuosa pittrice si guardò
attentamente intorno nella speranza di intravedere il nucleo dell’Orrore.
Sembrava all’apparenza non esserci nulla, eppure era più che convinta che Atsuko le avesse detto la verità.
- Si vede solo quando c’è buio. –
disse ad un tratto proprio la piccola.
Di corsa Kaoru andò a coprire i
vetri di due finestre con le tende, e così la stanza si colorò di tinte cupe.
Fu in quell’attimo che la tanto agognata scintilla
saltò fuori. Era grande quanto una pallina da golf, e si trovava nell’incavo
spento e freddo del camino.
- Atsuko-disse,
senza staccare gli occhi di dosso alla sfera – corri verso il fondo
della stanza, e non muoverti da lì. – La bambina ubbidì, e corse via.
A quel punto restava una sola cosa da fare: Kaoru afferrò il cellulare ed avvertì subito Kouga.
- L’ho trovato! – esclamò entusiasta – Si trova… - la
comunicazione si interruppe di colpo.
Il ragazzo restò per un attimo interdetto,
poi ebbe un brutto presentimento.
Doveva entrare in quella casa.
- Ma cosa gli prende? Un attimo fa c’era campo, e ora non più. – sbottò l’artista, dando dei
colpetti con le dita al cellulare. – Proviamo ad aprire una finestra… - disse,
e si avvicinò ad una di esse. Provò a spalancarla
tirando più volte il battente, ma sembrava sigillata. Allora si avvicinò alla porta della stanza, di sicuro nel corridoio il
telefono avrebbe ripreso a funzionare. Agguantò il pomello e spinse. O perlomeno, provò a farlo. La porta era chiusa. Proprio
come le finestre. – Ma che scherzo è mai questo?! –
esclamò in preda alla confusione, non fece neppure in tempo a voltarsi, che il
camino come per magia si accese. Atsuko corse subito
in direzione di Kaoru. La strinse
forte, era spaventata.
Tutti gli altri camini della villa si scaldarono di colpo,
lasciando di stucco i presenti.
- Che cosa succede? – pigolò la piccola, stringendosi sempre di più a Kaoru.
- Non lo so, ma troveremo un modo per uscire di qui. – Iniziò a guardarsi intorno. Ogni possibile via di
fuga sembrava essersi sbarrata di colpo. E poi, un
altro pericolo iniziò ad incombere su di loro: il fuoco.
Fuoriuscì con veemenza dal camino, e raggiunse i pesanti
tendaggi della camera. Le fiamme iniziarono a divampare, a bruciare lungo tutta
la parete, finché non raggiunsero il tappeto. Lo stesso scenario si manifestò
in tutte le altre stanze. I dipendenti in preda al panico urlarono,
poi iniziarono a scappare da tutte le parti.
Kaoru prese una sedia e la lanciò
contro una finestra, ma il vetro non si ruppe. Inoltre il fumo generato dalle
fiamme iniziò a divorare l’aria.
La piccola Atsuko tossicchiò
sentendosi invadere da quel vapore asfissiante. Kaoru
si frugò nelle tasche dei pantaloni, prese un fazzoletto di stoffa ed ordinò
alla bimba di tenerlo davanti alla bocca. L’avrebbe aiutata a filtrare il fumo.
- Ascoltami bene – premise,
portandola vicino alla porta – sdraiati a terra, cerca di restare il più in
basso possibile e non muoverti.
La bimba si accovacciò tenendo il viso il più vicino
possibile al pavimento, dove l’aria non era del tutto malsana.
Nel frattempo riprovò più e più volte a rompere i vetri
della finestra, ma quel fumo con il passare del tempo
la stordiva sempre di più.
Iniziarono a bruciarle gli occhi, ma non poteva tenerli
chiusi, doveva fare qualcosa. Purtroppo più passava il tempo e più la
situazione cambiava.
In peggio.
***
Nel bel mezzo della strada di quel quartiere semi deserto, Kouga continuava a sentirsi inquieto. Cos’era successo a Kaoru? Perché la linea era caduta all’improvviso?
Era sul punto di scavalcare la cancellata, quando ad un
tratto, dal lato opposto della strada, i suoi occhi incrociarono quelli di una
persona che mai avrebbe pensato di incontrare proprio in quell’attimo.
IkuoShiota
lo fissò, Kouga fece
altrettanto, ma solo per poco. Non poteva perdere altro
tempo, doveva cercare Kaoru.
- C’è del fuoco. – disse ad un tratto Zarba.
I due umani si voltarono in direzione della villa, e fu subito panico.
Dalle finestre fuoriuscivano nuvole
copiose di fumo scuro, l’interno della casa si trovava completamente
avvolto dalle fiamme.
- Kouga, Kaoru
è in serio pericolo! – esclamò ad un tratto l’anello.
- Cosa?! – risposero in coro i due
ragazzi. Poi si guardarono reciprocamente, e senza pensarci neppure una volta,
scavalcarono la cancellata di ferro e corsero in direzione dell’enorme casa.
Il portone principale era bloccato, Kouga
provò a spalancarlo con una spallata, ma da solo non ci sarebbe
mai riuscito.
- Dobbiamo collaborare. – disse
all’improvviso Ikuo – Proviamo a colpirlo
insieme. – il giovane Shiota aveva ragione. L’altro annuì, dopodichè all’unisono lo colpirono. Si spalancò di
colpo, la gente intrappolata iniziò a scappare fuori da
ogni dove, urlava, era spaventata.
- Mia figlia Atsuko non è qui! –
si disperò una donna, madre della piccola. Fece per tornare indietro, ma il
marito la trattenne.
- Ci pensiamo noi. – la rassicurò Ikuo.
Neppure Kaoru era lì. Kouga provò a cercarla in mezzo a tutta quella folla, ma
invano.
- Riesci a portarmi da lei, Zarba?
Il Madougu annuì, e lo guidò verso
l’interno della casa.
- Come fai a sapere dove si trova? – chiese Ikuo gettando un’occhiata stranita a quell’anello.
- Sono in grado di percepire la sua aura.
- Si può sapere cosa diavolo sei?!
– il giovane ormai non ci stava capendo più nulla.
Zarba rispose nel più semplice dei
modi: - Un anello.
Shiota alzò gli occhi al cielo, e
mentre correva non poteva fare a meno di notare che il fuoco aveva logorato
ogni cosa.
- Tra poco crollerà il soffitto! – esclamò.
- Ci siamo, è qui! – Zarba aveva segnalato una camera.
La porta era chiusa, ma le fiamme non l’avevano ancora
intaccata.
Kouga non ebbe nessuna
esitazione, e colpendola con un calcio la spalancò di colpo.
Atsuko per fortuna stava bene, il
fumo non l’aveva stordita, ma Kaoru si trovava
esanime riversa al suolo.
Ikuo fece uscire di corsa la bambina dalla stanza, poi tornò dentro per sincerarsi
delle condizioni di Kaoru.
Kouga cercava di farla rinvenire
chiamandola più volte per nome, le sollevò il capo, la scosse con decisione,
finché non la sentì tossicchiare.
Riaprì gli occhi lentamente, ma era troppo debole per rimettersi in piedi e scappare.
La raccolse di corsa tra le braccia, la sollevò, poi guardò in
direzione di Ikuo.
- Portala fuori di qui. – disse, e quella richiesta a dire il vero lo spiazzò molto. Tuttavia la prese con sé
sorreggendola tra le braccia, e senza fare domande la portò via da quel posto.
Il figlio di Taiga doveva portare a termine il suo compito. E prima che il soffitto gli crollasse addosso.
- Eccola lì, è nel camino in mezzo alle fiamme. – gli fece
notare Zarba, riferito chiaramente alla sfera, in
altre parole al nucleo centrale dell’Orrore.
Sguainò la spada, e in men che non
si dica si trasformò in Garo.
L’armatura dorata lo avrebbe protetto dal
fuoco, così avanzò verso il camino, proprio in direzione del nemico, e
con un colpo preciso della Garoken tagliò il nucleo
in due, mettendo così fine al potere dell’Orrore.
Nel frattempo all’esterno erano giunti i soccorsi.
Ormai l’incendio aveva distrutto gran parte della villa, ma
le fiamme per fortuna erano state domate.
Atsuko corse a riabbracciare la
sua mamma, mentre Kaoru, ripresasi quasi del tutto,
iniziò a guardarsi intorno. Era stordita, ma cercava con insistenza una persona
soltanto.
- Scommetto che sta bene. – disse Ikuo,
avendo intuito che ella era molto preoccupata per Kouga. E infatti, lo videro sbucare
da un ingresso secondario. Come sempre, aveva avuto la meglio.
- Io devo andare. – il ragazzo si apprestò
a lasciare l’amica - Mi raccomando, cerca di riposare. Poi un giorno mi
spiegherai cosa ci facevi in questa casa infestata! –
scherzò infine, e in seguito si allontanò.
Kaoru lo guardò
andar via, poi voltandosi videKouga. Avrebbe
voluto dire qualcosa, ma lui la precedette: - Andiamo
via anche noi. – fece, e si rimise in strada.
Prima di seguirlo, tornò brevemente indietro. Mancava
qualcuno lì.
Si avvicinò ai genitori di Atsuko, poi chiese loro: - Scusate, quell’anziana signora
dov’è? Sta bene?
I due coniugi si guardarono reciprocamente, senza capire. –
Di quale anziana signori parli? Nella nostra famiglia ci siamo solo io, mia
moglie e mia figlia. – rispose il signor Miura.
- L’ho vista oggi, era seduta nel
salone, indossava un kimono di seta azzurra e… - non fece in tempo a finire la
frase. La mamma di Atsuko la
frenò.
- E’ impossibile, cara. Ti sarai sicuramente confusa. La
donna di cui parli è mia madre, ma è morta tanto tempo
fa.
Kaoru sussultò leggermente. Poi
all’improvviso le ritornò alla mente la frase che la donna le aveva detto poco prima di lasciare il salone. Ebbene,
quell’anziana signora le aveva chiesto di fare attenzione al camino. Aveva in
qualche modo voluto lanciarle un avvertimento.
Non disse nulla perché sapeva che sarebbe stato inutile. Non
l’avrebbero mai creduta, e così, salutando la piccola Atsuko,
raggiunseKouga.
Per circa metà del tragitto non aprì bocca. Si sentiva
tremendamente, terribilmente in colpa per tutto ciò che era successo, per tutto
quello che aveva causato, per aver disobbedito alle sue regole. E ora ne stava pagando le conseguenze.
Tentò un primo approccio, e siccome camminava dietro di lui,
affrettò il passo per poterlo affiancare.
Tuttavia, l’unica cosa che riuscì a dire
fu un: - Mi dispiace.
Kouga si fermò di colpo. La
stradina era deserta, dei lampioni la illuminavano con
una luce bianca e accesa.
- Tutto qui? – disse, senza neppure girarsi verso di lei.
- Ho sbagliato, e avevi ragione tu.
– confessò mortificata.
- Con il tuo comportamento non solo hai messo a repentaglio
la tua vita, ma hai coinvolto anche quella di altre
persone. – Kouga stava usando un tono che poteva
sembrare a prima vista normale, maKaoru
in realtà sapeva benissimo che non era così.
- Hai ragione. Sono stata veramente una stupida.
- Ti avevo chiesto di non intrometterti, ma tu non mi hai dato ascolto.
- E’ vero, ho sbagliato.
- Gli Orrori sono esseri che vanno gestiti da persone
competenti, basta un minimo di distrazione o una leggerezza e la situazione può sfuggirti subito di mano. Ma tu questo lo sapevi già, te l’ho ripetuto tante volte.
Kaoru abbassò il capo. Si sentiva
veramente a disagio. – Ti do il permesso di chiamarmi
stupida, se vuoi. Perché lo sono davvero.
Kouga si girò appena verso di lei.
Le sue parole, il tono di quella voce aveva una freddezza spaventosa. – Mi
avevi promesso che non avresti più fatto una cosa del genere.
- Mi sono lasciata trasportare dalla voglia di aiutarti, ho
agito senza pensare alle conseguenze, ma l’ho fatto in buona fede. – cercò di
spiegare, ma non servì a nulla.
- Spero che tu rifletta seriamente su quanto accaduto, e
sulla gravità della cosa.
- Lo sto già facendo, e ti prometto che…
- E’ inutile che prometti qualcosa se poi non sei in grado
di mantenerla. – le rispose bruscamente, tagliandole così ogni possibile
replica. Si avviò per la strada, lasciandosi Kaoru
alle spalle.
Era davvero dispiaciuta. Quella frase le aveva gelato il cuore.
A questo punto non sapeva più se sarebbe riuscita a
rimettere le cose apposto.
Ciò che aveva fatto era imperdonabile. E
con molta probabilità, era convinta che Kouga non
l’avrebbe più perdonata.
Giunti a casa, Gonza li accolse come
sempre, sfilò il soprabito del giovane e poi lo rimise nel guardaroba.
Kaoru continuava a tenere lo
sguardo basso, era più muta del solito, ma il buon maggiordomo per educazione
non fece domande.
- E’ pronta la cena. – disse rivolgendosi ad entrambi, ma fu
solo Kouga a raggiungere la sala
- Non ho molta fame stasera. – dichiarò la
ragazza - Vorrei fare un bagno.
- Certamente signorina, vado subito a prepararvi la vasca. –
Gonza si avviò su per le scale, mentre Kaoru si
trattenne ancora nella hall. Magari sperava che Kouga, mosso a compassione sarebbe tornato lì a prenderla,
però tutto ciò non successe.
Salì la scalinata con la stessa espressione di quando era arrivata, raggiunse la toilette completamente
assorta in mille pensieri, Gonza le porse delle asciugamani pulite, dopodichè
andò via.
Non appena si immerse nella vasca,
il caldo vapore dell’acqua sembrò restituirle parte dell’energia che aveva
speso durante la faticosa giornata.
Quella sensazione di tepore era veramente confortante.
Si gettò con le mani una manciata
d’acqua calda sul capo, i capelli si impregnarono divenendo pesanti, le
scivolarono giù lungo il viso, e con le dita poi li ricacciò all’indietro.
Dopo aver raccolto nel palmo della mano un po’ di sapone, si
ripulì la faccia che portava ancora qualche segno di fuliggine sulle guance. Quando la schiuma ricadde nell’acqua creando una miriade di
bollicine, nel fissarle iniziò a pensare. Kaoru
avrebbe tanto desiderato in quel preciso istante diventare leggera e
trasparente come loro.
Non poteva perdonare sé stessa per
ciò che aveva combinato, e più ripensava all’accaduto, più un forte senso di
colpa la faceva stare male.
Se soltanto avesse dato ascolto a Kouga, forse tutto questo non sarebbe successo.
Iniziò a pensare che il ragazzo non volesse più vederla, e
più passava il tempo, più ci rifletteva, quel pensiero diventava sempre più
concreto.
Si asciugò per bene i capelli con il getto caldo del phon,
indossò un pigiama di colore rosa con un enorme orsacchiotto stampato sul davanti,
ed uscì dal bagno.
A questo punto era indecisa su dove andare e cosa fare. Già, perché di sicuro Kouga non avrebbe
più voluto dividere la metà del letto con una perfetta stupida.
Così, alla fine aveva preso la sua decisione. Tornò in
camera, aprì la porta quasi certa di trovare il ragazzo, ed entrò.
La camera era ancora vuota. Kouga
non era ancora arrivato. Tirò un sospiro di sollievo
perché a dirla tutta non se la sentiva di incontrarlo, e poi si avvicinò al
lato del letto.
Raccolse il suo cuscino, lo strinse a sé, e con l’aria
abbattuta ritornò nel corridoio.
Soprappensiero accostò l’anta e la
richiuse, ma non appena girò il capo, il suo sguardo si incrociò con
quello di Kouga, anch’egli diretto in camera.
Lei quasi sussultò, ma distolse subito l’attenzione per non
mostrare il proprio imbarazzo.
Quando il giovane le passò di
fianco, nel vederla camminare a rilento, con quel cuscino enorme che le copriva
quasi mezzo viso e la testa abbassata, non poté fare a meno di domandarle: -
Dove stai andando?
Kaoru sussultò per l’ennesima
volta, iniziò a voltarsi timidamente verso di lui ma
il coraggio di guardarlo negli occhi non lo trovò.
- Vado a dormire giù in salotto, sul divano.- rispose a
testa bassa.
- Perché?
- Non penso che tu voglia più dividere il letto con me.
- Ma la metà di quel letto
appartiene a te. – le fece notare il ragazzo.
- Sì, ma si trova pur sempre in camera tua, e dopo quello che ho causato… - si fermò, rimase interdetta perché
sapeva benissimo che continuare e finire la frase non sarebbe servito a nulla.
Tanto ne era più che certa: con i guai che gli aveva
procurato, adesso le spettava solamente un lungo e penoso esilio.
Il ragazzo non commentò, ma poco prima di entrare in camera
disse: - Non mi risulta di averti messo in punizione.
Kaoru sollevò di scatto il capo,
lo vide entrare e dopo qualche istante lo seguì.
- Significa che non sei arrabbiato con me?
- Al contrario. – rispose, poi si sfilò l’anello dal dito e
lo ripose nella sua teca di legno. – Sono molto arrabbiato.
La giovane artista reclinò ancora lo sguardo. – Capisco. –
mormorò con una voce mogia, demoralizzata. – Mi dispiace – ripeté,
forse per la centesima volta, ma a lei non importava – Mi dispiace davvero
tanto.
- Lo so.
- Sai anche che ho fatto una cosa imperdonabile? – chiese ancora, Kouga annuì. – E sai anche che sono una stupida, vero?
- So anche questo. – il signorino si voltò verso di lei, ma
stavolta aveva un’espressione meno severa. Poi si avvicinò e le tese una mano. Kaoru sembrò non capire. - Il cuscino. – disse
dapprima, indicando l’oggetto – Ti sei presa il mio cuscino.
Imbarazzata glielo restituì all’istante. – Non me ne ero accorta, scusami. – Fece per prendersi il suo, ma la
replica di Kouga la trattenne.
- Per me potresti anche lasciarlo lì.
- Significa che posso restare?
- Ti ripeto ancora una volta che non mi sembra di averti
messo in punizione.
- Però non abbiamo fatto pace.
- Ma di cosa parli? – Kouga iniziò a fissarla con aria stranita.
- Sì, quando due persone litigano e l’altra gli chiede
scusa, poi fanno la pace… una cosa così, insomma.
- Per me è la stessa cosa.
- Ma non mi hai ancora detto “ok, pace fatta”.
- Ok.
- Ok cosa?
- Ok. – ripeté Kouga,
e a quanto pare la questione stava iniziando a dargli
un certo fastidio.
Kaoru abbassò il capo, prese a
fissare il pavimento. – Sul serio – fece in un primo momento – mi dispiace tanto per quello che ho fatto. – le lacrime le
bagnarono le guance, con il dorso della mano e le movenze quasi simili a quelle
di una bambina si asciugò il viso. – Mi dispiace davvero tanto. – continuò a
ripetere tra singhiozzi, ed era così realmente dispiaciuta che non riusciva a fermarsi.
Avvicinandosi a lei, Kouga le posò
una mano sul capo.
– Lo so che ti dispiace, te lo si
legge in faccia. L’importante è che tu abbia riconosciuto il tuo errore.
Finì di asciugarsi il viso impiastricciato
dalle lacrime e con gli occhi ancora umidi lo guardò. – Ti prometto che
non cercherò mai più di intromettermi nel tuo lavoro.
- Voglio sperarci. – sembrò quasi scherzare, poi un senso di stanchezza prese in lui il sopravvento. – Sei
ancora intenzionata a dormire sul divano? – le chiese, giusto per avere una
conferma.
- Se tu mi dai il permesso, allora
resto qui.
Il giovane si avviò verso la metà del suo letto. – Se non mi
tiri un altro pugno, allora puoi restare.
- Riguardo alla storia di quel pugno e al fatto che la notte
parlo nel sonno – premise l’artista, poi iniziò a
fissarlo in modo acuto – hai preferito non parlarmene perché temevi che io pur
di non disturbarti avrei cambiato stanza? – A quella domanda lui non rispose,
ma Kaoru guardandolo insistette – E’
così?
- Niente affatto.
- Forse… hai paura di dormire da solo? – insinuò, ma Kouga preferì non commentare. D'altronde, cosa mai avrebbe
potuto dire? Che in realtà la presenza di Kaoru lo aiutava a riposare meglio? Che
vederla dormire accanto a sé lo faceva sentire finalmente una persona completa?
No, era per lui troppo imbarazzante affrontare determinati discorsi. Si infilò sotto le coperte, la ragazza lo raggiunse a ruota
sedendosi dall’altro lato, e avvicinando la bocca al suo orecchio gli sussurrò
– Magari hai paura dei fantasmi.
- Smettila. – ripose con accidia il giovane. Non gli andava
proprio di continuare una discussione che per lui era solo ridicola. - I
fantasmi non esistono.
- E invece ti sbagli. In questo
momento potrebbero trovarsi anche qui. – asserì, ostentando una certa
sicurezza. Era come se quell’argomento non le facesse minimamente paura. –
Magari si trovano sotto al letto, oppure nell’armadio,
chissà. O magari sono seduti a testa in giù sul
soffitto. - Kouga decise che doveva
farla smetterla. Simulò di alzarsi ed afferrare il cuscino, e Kaoruabboccò all’amo. - Che stai facendo?
- Vado a dormire sul divano. – fece per spostarsi, ma si
sentì afferrare di peso ad un braccio. – Cosa c’è
adesso?
- Prometto che starò zitta, ma non andare. – balbettò, e
sembrava avere quasi paura. Che fine aveva fatto il
suo coraggio?
- Hai paura dei fantasmi che ci sono qui? – disse lui, e con
quella domanda aveva colto nel segno.
Ovviamente lei negò, poi un pensiero prese
a gironzolarle in testa.
- In questa stanza non ci sono i fantasmi, vero? – voleva
essere rassicurata, ma a dare il via a quel giochino
un po’ infantile era stata lei.
- Chissà. – rispose vagamente il giovane, e si rimise a
letto.
- Significa sì?
- Chissà. – ribadì ancora Kouga lasciandola sulle spine, e Kaoru
si sentì vittima del suo stesso gioco.
Strisciò lentamente sotto le coperte, si portò il lenzuolo
fin sotto il naso, ogni minimo rumore le sembrava un suono strano, un lamento
che proveniva dritto dall’oltretomba. Pensando ai fantasmi seduti a testa ingiù
sul soffitto, le parve quasi di vederli, ma era solo frutto della sua immagine,
solo suggestione. Lentamente invase di soppiatto
l’altra metà del letto, quella in cui si trovava Kouga,
ma a lui non fece molto piacere ritrovarsela praticamente
avvinghiata al braccio.
Però a dirla tutta era così stanco che di mettersi a
discutere non ne aveva proprio voglia. Sospirò
sommessamente, e con Kaoru proprio lì accanto, chiuse
gli occhi e si addormentò.
O perlomeno, provò a farlo.
Fine episodio
I
VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:
Altro
aggiornamento settimanale riuscito, ma vi annuncio già da ora che il prossimo
capitolo potrebbe subire qualche ritardo. La causa è sempre legata al lavoro,
manca poco ormai, e poi andrò in ferie, per questo sto cercando di portare a
termine le commissioni entro la data prestabilita, ma per farlo dovrò
accantonare la fanfic. Quando
poi avrò finito riprenderò subito a correggere i capitoli già pronti e nel
periodo delle vacanze natalizie a scrivere gli ultimi. Non vedo l’ora!
Per Iloveworld: Faccio del mio meglio per aggiornare
ogni settimana perché ci tengo a terminare questa seconda serie prima
dell’altra, ovvero quella vera. E
se penso che prima aggiornavo anche dopo tre mesi mi viene da piangere…! Però sto recuperando!
Per
DANYDHALIA: Sono come tuo fratello, allora!! E devi sapere
che la sottoscritta è una grande appassionata di film
horror di origine asiatica, perciò non poteva mancare un capitolo così nella
storia. Anche se mi piacerebbe scriverne un altro (magari lo
farò per la terza serie) con un’atmosfera incentrata più nel soprannaturale.
Sarebbe fantastico!
Per
stelly89_s:Allora
diciamo ad Amemiya che dopo la seconda faccia la terza, la decima, ventesima, trentesima serie che
arriverà nell’anno 3000, ma noi ci saremo ugualmente!!!
Vi abbraccio forte forte e a presto!
Botan
ANTICIPAZIONI:
Chi sono gli eroi? E soprattutto, al
giorno d’oggi esistono ancora? Nacchan, un tenero
cagnolino abbandonato sul ciglio di una strada, sarà raccolto da Kaoru e portato nella residenza Saejima.
Ma il cucciolo
ha un proprietario, e mentre la ragazza cercherà di riportarlo a casa, si imbatterà in un Orrore che non ha completato la sua fase
evolutiva per il bene di una persona amata.
“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo
impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la canzone del
destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una
luce nell’oscurità.”
Afferrò l’ennesimo biscotto e in un lampo mandò giù sotto
lo sguardo esterrefatto dell’amica.
A dire il vero era da un po’ che la stava fissando con un
certo stupore.
- Quand’è stata l’ultima volta che hai mangiato? – domandò
finalmente Asami a Kaoru, e quest’ultima come se nulla fosse, tra una
mangiucchiata e l'altra rispose:
- Un’ora fa, credo. – poi guardò la rossina – Perché me lo
chiedi? C’è forse qualcosa che non va?
- Questo veramente dovresti dirmelo tu.
- A me sembra tutto normale. – replicò semplicemente.
Asami inarcò le sopracciglia in segno di stupore. – Kaoru,
ma stai forse scherzando?! Da quando sei arrivata a casa mia, ti sei mangiata
una scatola intera di cioccolatini, bevuto tre bicchieri di latte e finito
quasi questo pacco di biscotti alla vaniglia. Ti sembra forse normale?
L’artista si guardò intorno. Sul tavolinetto c’erano carte
di cioccolatini ovunque. – Davvero ne ho mangiati così tanti? Non me ne sono
neppure accorta.
- Ma io sì! – La Shinohara scosse il capo. Evidentemente
doveva esserci qualcosa che non andava. Ci rimuginò su con le braccia conserte,
finché non le arrivò il fatidico responso. Iniziò a squadrare l’amica da capo a
piedi, strinse gli occhi tra due fessure, dopodichè cercando di non essere
troppo indiscreta disse: - Non sarà che…- si fermò, non sapeva se finire la
frase. Kaoru avrebbe potuto anche reagire male.
- Che? – ribadì la mora, con l’aria perplessa, mentre
sgranocchiava l’ennesimo biscotto. Il profumo della vaniglia era così inteso da
avvolgerla completamente. – Hanno davvero un buon sapore questi biscotti. Avevo
proprio voglia di vaniglia! -sorrise ignara e felice, mentre la rossina scattò
seduta stante in piedi.
- Voglia! Hai detto proprio la parola giusta!
- Beh, che c’è di strano? – continuava tutto sommato a non
capire le frecciatine che Asami stava tentando in tutti i modi di lanciarle.
Stufa di ciò, la Shinohara si sedette, si incrociò le
braccia al petto e guardandola dritta negli occhi dichiarò apertamente: -
Kaoru, tu sei incinta!
A momenti quel pezzo di biscotto che teneva in bocca non
finì per strozzarla. Tossicchiò energicamente, si colpì in petto con una mano,
e poi bevve di colpo.
- Ma come ti salta in mente?! – Tentò di farsi aria con le
mani, di restare calma.
- Ma ragiona… Hai sempre fame, in più ti vengo pure le
voglie, mi sembra scontato.
- A me no! – Kaoru divenne subito furibonda nei riguardi
dell’amica. – E’ solo un periodo, tutto qui. Oltretutto, tu mi conosci, e sai
come la penso su determinate cose.
Asami si mise pensierosa, poi affranta sospirò: - Già, è
vero. Tu sei la purezza fatta a persona, non faresti mai un figlio senza avere
la fede al dito. – sospirò ancora, si sentiva a momenti dispiaciuta. – Un vero
peccato… speravo proprio di diventare zia.
- Lo diventerai quando sarà il momento. – sbottò l’artista
piuttosto irritata.
- Però cerca di non farmi diventare troppo vecchia. Voglio
essere una zia giovane e bella! – Quella rossina era proprio un tipo
stravagante. Tuttavia, nonostante le due avessero caratteri diametralmente
opposti, si volevano un gran bene.
Per strada, nel ritornare a casa c’era qualcosa che Kaoru
non riusciva a smettere di pensare.
Se veramente fosse stato il contrario, se ciò che
sosteneva Asami fosse stato vero, Kouga come avrebbe reagito ad una simile
notizia? Ne sarebbe stato entusiasta, oppure si sarebbe di colpo preoccupato?
Provò ad immaginarsi la scena, o un suo surrogato molto
astratto, però la reazione del ragazzo era l’unica cosa che al momento le
risultava più confusa.
Avrebbe sorriso? Avrebbe pianto? O nella più strampalata
delle ipotesi sarebbe svenuto? Il pensiero di vederlo colare letteralmente a
picco la fece sorridere di gusto.
Eh già, doveva trattarsi di una scena veramente buffa!
Poco più in là, sul ciglio della strada, legato ad un palo
c’era un piccolo cagnolino peloso, con le orecchie dritte ed il pelo color
caramello. Aveva l’aria triste, il musino appoggiato sul selciato accanto ad un
pallone rosso.
Kaoru lo intravide, poi iniziò a guardarsi intorno, ma la
strada era deserta. Si avvicinò lentamente, senza spaventarlo, e poggiò le
ginocchia al suolo.
- Chi ti ha lasciato qui, piccolino? – disse, nella vana
speranza di intravedere il proprietario di quella tenera creatura. Il
guinzaglio era ben legato al palo, sembrava quasi che qualcuno lo avesse
lasciato lì di proposito, già, ma perché? Forse il suo padrone non poteva più tenerlo,
un cane di quella portata, prevedeva un certo impegno. Sì, era solo un
cucciolo, ma poi sarebbe cresciuto, e non solo anagraficamente.
Provò a guadagnarsi la sua fiducia porgendogli una mano
sotto il muso. Voleva fargli capire che di lei non doveva avere paura, che si
poteva fidare. La creaturina l’annusò, poi iniziò con tenerezza a leccarle le
dita. Kaoru si sentì letteralmente sciogliere. Lo accarezzò con affetto, ma nel
ripensare a colui o colei che lo aveva lasciato lì, tutto da solo e in una strada
poco trafficata, provò un moto di rabbia. – Come si fa a lasciarti in un posto
come questo? E’ una vergogna! – sbottò, poi vide che il cucciolo aveva un
collare con tanto di medaglietta. La raccolse con le dita, inciso c’era scritto
un nome. - Nacchan. – lesse a voce alta – Così, sei un maschietto, eh? – gli
accarezzò il capo energicamente, poi vide che dalla parte opposta di quel
ciondolo dorato c’era scritto dell’altro. Si trattava di un indirizzo, e quasi
certamente il cagnolino prima di venire abbandonato doveva abitare lì. Gettò un
occhio all’orologio da polso, poi storse il naso. – Adesso è tardi per
riportarti a casa tua. – Ma Kaoru non poteva lasciarlo lì, al freddo e
all’intemperie, a morire di fame. Non ci pensò troppo a lungo, prese con sé la
palla rossa, e slegandolo da quel palo decise di portarlo con sé.
A Kouga di sicuro non avrebbe dato fastidio, oltretutto la
permanenza in villa Saejima di Nacchan sarebbe durata al massimo un paio d’ore.
Il tempo di pranzare, finire l’ultima pagina del suo ennesimo libro illustrato,
e poi lo avrebbe riportato dal suo vero proprietario.
Infondo, era solo un tenero ed innocuo cucciolo.
***
Era salito per tre volte sul divano, aveva morso e cercato
di tirare giù le tende che ricoprivano il finestrone, si era divertito a
giocare con dei cuscini e a riversarne il contenuto lungo tutta la hall, aveva
perfino tentato di fare la pipì sul tappeto che stava nello studio di Kouga.
Gonza ormai non ce la faceva più a stargli dietro. E purtroppo Kaoru era troppo
impegnata a finire l’ultima illustrazione di quel libro, per dare una mano al
povero maggiordomo. Ma la cosa peggiore, era che Kouga, non essendo ancora
rientrato, non sapeva assolutamente nulla del tenero ma fin troppo vivace
Nacchan.
Gonza doveva ripulire ad ogni costo la hall prima
dell’arrivo del signorino, altrimenti sia lui che Kaoru avrebbero passato un
gran brutto quarto d’ora.
Il cagnolino correva senza freni per tutta la sala, ma più
Gonza cercava di rimettere ordine, più lui credendo che l’umano volesse
giocare, continuava a sporcare.
L’uomo era esausto, e quando il portone della villa si
spalancò all’improvviso, capì che ormai non c’era più nulla da fare.
- Che cos’è tutta questa confusione? – chiese
immediatamente Kouga, non potendo fare a meno di notare quel disordine.
Il buon Kurahashi tremolò, ma non ebbe il tempo di
parlare, di spiegargli pacificamente la questione. Nacchan irruppe come una
trottola impazzita nell’atrio, abbaiando allegramente, e nella foga urtò un
enorme vaso pieno di fiori facendolo crollare al suolo.
Fu un disastro. L’ennesimo. L’acqua si riversò ovunque, i
cocci ormai rotti si sparpagliarono sul pavimento, e a Kouga, proprio come c’era
da aspettarselo, tutto ciò non piacque.
Chissà per quale oscura ragione, non aspettò neppure che
il maggiordomo gli avesse raccontato tutto, lo fissò solamente, come a voler
dire qualcosa. Il buon uomo capì al volo, e così rispose balbettando: - E’di sopra.
Si diresse subito nella camera in cui Kaoru teneva i suoi
strumenti da disegno, e senza bussare la spalancò di colpo.
La ragazza ebbe un sussulto, si alzò in piedi, e stranita
cercò di parlare, ma l’altro la precedette.
- Che ci fa quell’animale in casa? – dal tono della voce
si capiva benissimo che non era affatto entusiasta.
C’era proprio aria di tempesta, pensò impaurita.
- L’ho trovato per strada, ma ha un padrone! – asserì
subito, quasi a volerlo rassicurare.
- Riportalo immediatamente a casa. – sentenziò, facendole
capire che non avrebbe accettato un “no” come risposta.
- Finisco di lavorare, e poi…
- Adesso. – pretese il signorino, sempre più
irritato.
- Ma ora non posso…! – tentò di giustificarsi con affanno-
Se non finisco questo disegno entro stasera, il mio datore di lavoro si
arrabbierà con me. Ho una scadenza da rispettare.
- Dovevi pensarci prima.
Kaoru ebbe un moto di stizza. - Ma perché ti comporti in
questo modo? E’ soltanto un povero cucciolo che qualcuno ha deciso di
abbandonare in una strada. Non ti dispiace neppure un po’?
- Mi avevi detto che aveva un proprietario. Se è stato
abbandonato, presumo che non lo rivorrà più indietro. – le fece notare Kouga, e
con una certa rigidezza.
Lei si impuntò le mani sui fianchi. – E se anche fosse?
Qual è il problema?
- Il problema è che qui non può stare.
Kaoru s’impuntò ancor di più.
- Perché?
- Sta distruggendo la casa.
- Pulirò io, se questo è quella che ti spaventa.
- Mi spaventa il fatto che quell’animale possa restare
qui.
- E allora? Me ne occuperò io, non te ne accorgerai
nemmeno! – non appena ebbe finito di pronunciare quelle parole, si udì un
tremendo fragore. L’ennesimo vaso di porcellana rotto da Nacchan.
Kouga si girò verso Kaoru con un’aria praticamente
arrabbiata. – Riportalo indietro. E subito!
Alla ragazza quel modo di fare così freddo non piacque
neppure un po’. Finì per irritarsi ancora di più nei riguardi di quel giovane
che a quanto pare non provava nessun tipo di compassione verso quella povera
creatura.
Non riuscì a trattenersi, e così gli urlò in faccia –Sei
solo uno stupido egoista! - prese fiato, ed aggiunse – Se sei ancora qui, devi
ringraziare Gonza che si è preso cura di te quando sei rimasto orfano!
Kouga fu investito da quelle parole, non disse nulla, in
qualche modo la frase lo aveva azzittito. La vide uscire dalla stanza, ma prima
di raggiungere le scale, ella si voltò e aggiunse: - Altro che sorrisi o
svenimenti! Sono sicura che tu resteresti impassibile, come sempre! – sbraitò,
riferita alla questione legata ad una sua futura gravidanza, ma ovviamente lui
non poteva saperne niente.
- Che stai dicendo?
- Che sarai un padre insensibile! – sbottò furibonda,
dopodichè senza aggiungere altro si avviò verso il piano terra e cercò il
cucciolo con lo sguardo. – Nacchan? – chiamò, e quasi subito lo sentì abbaiare.
Il piccolo le corse incontro, ma poi ritornò nel salottino. – Dai Nacchan,
dobbiamo andare! – disse, poi lo inseguì. Vide che con il musino faceva
rotolare il pallone che Kaoru aveva trovato accanto a lui. Si fletté sulle
ginocchia e raccolse la sfera tra le mani. – Non possiamo giocare ora. – fece,
ma quel cucciolo la guardava con degli occhioni talmente dolci che un rifiuto
sarebbe stato impensabile. – E va bene – assentì – ma te la lancio solo una
volta, ok? – Nacchan abbaiò scodinzolando allegramente mentre la vedeva tirare
in aria quel pallone rosso come il fuoco. La palla toccò terra, il cucciolo la
inseguì ma subito dopo rimbalzò ancora, prima sul tavolinetto posto accanto
alla vetrata di una finestra, e poi ahimé nella vetrata stessa. Il fragore del
vetro rotto attirò subito l’attenzione del maggiordomo. Kaoru impallidì,
afferrò Nacchan con entrambe le mani, e con la bestiola tra le braccia
sgattaiolò via.
- Ci vediamo stasera, Gonza! – sorrise a denti stretti
incrociandolo nella hall, poi corse subito verso il portone di casa. Era stata
così rapida da non permettere al maggiordomo di rispondere al saluto.
E quando Gonza entrò nel salottino e vide il vetro della
finestra ridotto in frantumi, sgranò gli occhi e in preda alla disperazione si
lasciò cadere sul divano.
Dopo aver recuperato il cosiddetto “corpo del reato”,
ovvero quella palla, si avviò giù in città con tanto di Nacchan al seguito.
Doveva riportarlo dal suo proprietario che, sfortunatamente, abitava in un
quartiere mai visitato prima d’ora.
Difatti nel trovarlo ebbe non poche difficoltà.
Le stradine erano deserte, chiedere informazioni non
sarebbe stato possibile, e con tutti quei vicoli, quelle diramazioni che
sfociavano in altri quartieri e stradine varie, si poteva facilmente perdere il
senso dell’orientamento. La ragazza si fermò un attimo per guardarsi attorno.
Una strada per lei assomigliava all’altra, e di questo passo avrebbe perso solo
tempo.
Era ormai pomeriggio inoltrato, e sia lei sia Nacchan
stavano iniziando ad avere fame. Si passò una mano tra i capelli guardandosi
ancora intorno. Sbuffò, il cagnolino ormai si era completamente sdraiato a
terra, con tutto quel tragitto doveva essere stanco.
Eppure Kaoru, durante il cammino non si era accorta di un
particolare estremamente importante: qualcuno la stava pedinando.
Avvertì un fruscio dietro le sue spalle, la strada era
completamente isolata, e quando si voltò, stentò a credere ai suoi occhi.
Un Orrore dalle fattezze molto più umane che mostruose si
trovava d’innanzi a lei.
Paralizzata dallo spavento, non riuscì ad indietreggiare
subito. Mosse il primo passo dopo aver ripreso il totale controllo del proprio
corpo, ma la voce dell’essere la bloccò.
- Aspetta, non scappare! – le afferrò il polso e la
trattenne lì, ma senza fare troppa pressione.
- C-cosa vuoi? – balbettò l'umana, il cuore le batteva
all’impazzata, la paura unita allo sgomento le impediva di reagire. Tutto era
successo in una maniera troppo veloce, imprevedibile.
- Devi aiutarmi!
Quelle parole risuonarono nell'aria come un grido di
speranza. Kaoru si sentì sempre più confusa. Un Orrore le aveva appena chiesto
aiuto, sembrava una cosa strana, assurda, dalla bocca di quelle infide creature
non usciva mai nulla di buono, e lei questo lo sapeva. Si dimenò ancora, con
più slancio – Lasciami andare!
- Devi aiutarmi! – ripeté ancora – Non ti farò del male,
te lo prometto, ma fidati di me... sei la mia ultima speranza!
Kaoru ebbe un sussulto, in quella voce c'era qualcosa di
strano, non era uguale a quella degli altri Orrori, sembrava più... più umana.
Scosse il capo, non doveva farsi abbindolare, voleva andare via, si dimenò ma
era impossibile sfuggire a quella presa.
- Nacchan! Almeno tu scappa via! – esclamò rivolta al
piccolo cucciolo, ma lui continuava a fissare l’Orrore con un certo interesse.
- Ho legato io quel cane vicino al palo, e ho fatto in
modo che tu lo trovassi perché ho bisogno del tuo aiuto. - disse all'improvviso
l'essere. Ma come faceva a sapere del cane, del palo e di tutto il resto? Da
quanto tempo la stava seguendo?
- Non ti credo! Tu sei un Orrore, e il tuo principale
scopo è quello di divorare le persone.
- Ti sbagli invece! Io… - la tetra figura chinò il mento,
lo sguardo gli divenne triste – io sono ancora un umano.
La figlia di Yuuji restò quasi sconcertata da quella
dichiarazione. Scosse il capo, non poteva essere vero, doveva trattarsi di una
trappola, di un inganno, e ne era più che convinta finché non accadde una cosa
inaspettata. La stretta al polso allentò, la creatura la lasciò libera, poi
flettendo le ginocchia verso terra e guardando Nacchan gli tese una mano. Il
cucciolo senza pensarci su neppure un istante si avvicinò, annusò quella
pallida mano e poi gioiosamente prese a scodinzolare. – Riconosci ancora il mio
odore, vero Nacchan? – gli accarezzò affettuosamente il capo, sembrava sentirsi
a suo agio, sembrava riconoscere in quella figura che un tempo era umana
qualcuno a lui familiare.
Kaoru sapeva benissimo che l’istinto di un cane in
qualsiasi circostanza non aveva mai fallito. Ma allora chi era quell’Orrore? E
soprattutto, diceva il vero? E poi se avesse voluto davvero farle del male, non
l’avrebbe mai lasciata libera di andare.
Pur mantenendo la difensiva, cercò di parlargli. – Tu…
conosci questo cane?
- L’ho comprato io tre mesi fa per fare un regalo alla mia
ragazza.
Kaoru si sentì confusa. – Non capisco… perché lo hai
legato a quel palo? E io, che…
L’essere si alzò in piedi. – Ti spiegherò ogni cosa, ma
prima togliamoci da qui. C’è troppa luce, e qualcuno potrebbe vedermi.
A dire il vero l’artista era titubante. Non sapeva se
andare con lui oppure correre via. Però, visto il modo in cui Nacchan lo
guardava, si convinse che l’Orrore non poteva averle mentito.
Quando entrambi raggiunsero un vicoletto al riparo da
sguardi indiscreti, la creatura iniziò il suo racconto.
- Tre mesi fa portai la mia ragazza fuori a cena. Era il
giorno del suo compleanno, e la sera prima di riaccompagnarla, feci in modo di
farle trovare Nacchan davanti al portone di casa. Lei era raggiante, non
l’avevo mai vista così entusiasta. Decidemmo insieme il nome, poi ci salutammo
ed io andai via. Ero molto felice quel giorno. Volevo iniziare una nuova vita
insieme a lei, non desideravo altro, ma poi... Non ricordo bene come e quando
successe ma, qualcosa sbucò all’improvviso dal terreno, e mi afferrò per le
gambe. Caddi a terra, cercai di urlare, ma la voce ad un tratto venne meno.
Persi i sensi, e quando riaprii gli occhi ero confuso, dolorante, mi rialzai,
ma qualcosa non andava. Ero stordito, eppure sentivo che in me c’era qualcosa
di diverso. Mi resi conti che non ero più io quando la mia immagine si specchiò
nella vetrina di un negozio, ma non volevo, non potevo credere che quella cosa
ero io. Corsi a casa, cercai uno specchio, e fu solo a quel punto che dovetti
arrendermi alla realtà. Questa pelle bianca, questi occhi rossi, e queste ali nere
sulla schiena fanno di me un demone, un… Orrore, come mi hai chiamato tu. –
Quando l’essere ebbe finito, Kaoru provò dentro di se un forte senso di
tristezza. Non le era mai successo prima d’ora di incontrare un Orrore che di
mostruoso possedeva solo l’aspetto.
- Gli Orrori sono creature che si cibano di noi umani –
fece, poi cercò di aggiungere dell’altro, ma la bestia aveva già capito il
senso di quella frase.
- La prima volta che cercai di attaccare un umano,
qualcosa dentro di me mi disse che era sbagliato. Probabilmente il mio lato
ancora buono. Così, da quel giorno iniziai a nutrirmi di carcasse o resti di
animali morti.
- Ma… perché io? Come dovrei aiutarti?
- Ho fatto delle ricerche, so che hai un legame con colui
che gli Orrori chiamano “Garo” il Cavaliere D’Oro, e in un certo senso tu sei
più preparata a questo genere di cose. Se avessi tentato di avvicinarmi ad una
qualsiasi persona, non mi avrebbe mai creduto e soprattutto capito fino in
fondo.
La giovane Mitsuki annuì. – Co perfettamente quello che
vuoi dire. – Finalmente anche lei come Nacchan si sentiva più a suo agio. Aveva
capito che in quell’essere demoniaco si celava un cuore umano che riusciva a
provare ancora amore verso gli altri. – Cosa vuoi che faccia esattamente?
- Da quella sera non ho rivisto più Mei, la mia ragazza.
Non potevo presentarmi da lei in questo stato, si sarebbe spaventata. E per
tutto questo tempo non ho fatto altro che spiarla di notte nascosto tra le
fronde di un albero che si trova accanto alla finestra della sua camera. Ha
sempre lo sguardo triste, e ora sorride raramente. Dovevamo sposarci il
prossimo anno, ma il destino con noi è stato crudele. – Gli occhi rosso rubino
dell’Orrore divennero tristi, assieme ai suoi anche quelli di Kaoru si
velarono. E per un istante provò ad immedesimarsi in Mei, e allora capì che il
dolore per la perdita improvvisa di qualcuno che ami non potrà mai trovare una
sua fine. – Ho bisogno che tu le parli al posto mio, che le dica di non
preoccuparsi perché sto bene, ma che non posso più tornare da lei, e che
nonostante tutto, qualsiasi cosa accada io continuerò a vegliare su di lei,
continuerò… ad amarla.
Kaoru non sembrava convinta da quel discorso, tuttavia
annuì. – Lo farò, ma se io le parlassi di te, sono sicura che lei…
- No, non capirebbe. Una persona non potrebbe mai
innamorarsi di un mostro come me.
- Ma il tuo corpo non ha subito una metamorfosi completa.
Paragonato agli altri Orrori, tu sei finora quello che ha un aspetto più umano,
più…
- Guardami bene! Ti sembro forse un umano? Io… non so più
cosa sono. – si portò le mani nei capelli, avrebbe voluto piangere ma trattenne
quelle lacrime. Poi qualcosa attirò la sua attenzione: un pericolo imminente
nei paraggi. – Sta arrivando! – esclamò mettendosi in allerta. – Quel Cavaliere
d’Oro sarà qui a momenti, devo andare.
Anche Kaoru ebbe un sussulto. Sapeva benissimo che se
Kouga l’avrebbe trovato lì, le cose si sarebbero messe male. Si trattava pur
sempre di un Orrore, e lui aveva il compito di ucciderli.
Annuì perché sapeva che quella creatura non avrebbe fatto
mai male a nessuno.
- A proposito – disse l’essere poco prima di spiccare il
volo e sparire – Io mi chiamo Daigo.
Lo guardò scomparire, e anche se ancora confusa sapeva che
doveva darsi da fare. Girò l’angolo, intravide Kouga che arrivava in
lontananza. Kaoru non aveva nessuna intenzione di incontrarlo. Primo perché a
causa di Nacchan c’era stato tra di loro quell’acceso diverbio, e secondo
perché sempre a causa di Nacchan aveva procurato la rottura di quella finestra
e poi era corsa via senza neppure dare giustificazioni. Nel ricordarsi di ciò,
e nel vedere che la palla, il corpo del reato, si trovava proprio tra le sue
mani, capì che doveva assolutamente occultarla. Si fece prendere dal panico, e
in tutta fretta la nascose sotto il maglione bianco che indossava.
Ovviamente Kouga aveva già visto Kaoru, e proprio come
c’era da aspettarselo la raggiunse di corsa.
- Che ci fai qui? – chiese, burbero come al solito. Poi
gettò un occhio al cagnolino.
- Sto riportando Nacchan a casa come mi avevi ordinato.
– sottolineò quella parola in modo particolare, perché voleva semplicemente
fargli capire che aveva adottato con lei un attegiamento veramente
scortese.
Kouga cambiò subito discorso. Molto probabilmente aveva
capito di essersi comportato male. – C’è un Orrore nelle vicinanze. Faresti
meglio a tornare a casa.
Kaoru restò pressoché allibita. – Vuoi dire che tu… -
biascicò, ma si trattenne in tempo. In realtà credeva che Kouga fosse arrivato
lì semplicemente perchè Zarba gli aveva riferito che Daigo si trovava con lei.
Stranamente all’anello quel particolare era sfuggito. Si sentì quasi più
sollevata, anche perché in questo modo non sarebbe stata costretta a dare
spiegazioni.– Ad ogni modo, ormai sono
qui, e se torno a casa dovrei portare anche Nacchan con me, ma presumo che tu
non sia d’accordo.
- Non importa, va bene. – dichiarò sotto lo sguardo
attonito della giovane.
- Oggi non eri così d’accordo, anzi. Ti sei pure arrabbiato.
- Perché tu hai preso una decisione senza interpellarlo. –
s’intromise Zarba, che durante il dialogo aveva prestato attenzione.
- Ma se tu non me ne hai dato neppure il tempo! Sei
entrato in camera mia e ti sei messo subito ad urlare.
Kouga non ribatté, sapeva che il suo comportamento non era
stato dei migliori, come sempre aveva reagito seguendo l’impulso, ma al posto
suo, nel vedere cocci di vasi rotti a terra e disordine ovunque, chi non
l’avrebbe fatto?
Ad ogni modo, l’attenzione gli ricadde su quel qualcosa
che Kaoru teneva nascosto sotto la maglia.
- E’ con quella che hai rotto il vetro della finestra? –
dichiarò senza preavviso, perché la cosa ormai era più che evidente.
Kaoru era stata scoperta, certo, infondo sperava che la
palla sotto la maglia non si notasse molto, ma era praticamente impossibile non
vederla. Si grattò la guancia come per tergiversare, ed iniziò ad esprimersi
con una certa indecisione. – Veramente, è successo per uno sbaglio… - biascicò,
ma non seppe dire altro, trovare una giustificazione adatta senza farlo
ulteriormente arrabbiare non era per niente facile.
Una tenera vecchina dal viso gioioso passando di lì si
fermò di fianco a Kouga. Affettuosamente gli batté una mano sul braccio, e poi
con modi molto educati gli disse: - Mi raccomando giovanotto, in questo periodo
cerchi di starle molto vicino e non la faccia stancare. Le donne incinte vanno
trattate con premura e tanto amore! – dicendo ciò, sorrise bonariamente ad
entrambi e poi si rimise in cammino. Era ovvio che la vecchina aveva frainteso
tutto, scambiando quella palla che la ragazza teneva nascosta sotto la maglia
per una pancia da perfetta donna incinta.
Zarba ridacchiò con gusto, mentre la giovane Mistuki si
tolse immediatamente la palla da sotto il maglione. Nel farlo tenne gli occhi
ben piantati in terra, era in evidente imbarazzo, così non aggiunse nulla.
Nel silenzio generale Kouga disse senza preavviso: - Poco
prima di andartene, oggi hai detto delle cose strane.
Certamente si riferiva alle parole usate da lei durante il
breve litigio avvenuto nella villa.
- A dire il vero, io volevo parlarti di una cosa… -
rispose Kaoru, però era troppo imbarazzata per spiegargli la questione. Avrebbe
fatto prima a formulare quella domanda in un sol colpo, senza magari pensarci
troppo, però temeva la risposta di Kouga.
D'altronde, lui avrebbe anche potuto mostrare
indifferenza, disinteresse. Poi capì che in qualche modo doveva continuare,
fece per spalancare la bocca, ma la voce di Zarba la interruppe.
- Ho localizzato l’Orrore, Kouga!
Il ragazzo annuì seduta stante, poi si rivolse a Kaoru: –
Me lo dirai più tardi.
A nulla servì la replica della giovane che gli diceva di
fermarsi perché quell’Orrore non era cattivo come tutti gli altri. Ormai era
già corso via.
Si mise subito in agitazione. Sentiva che doveva fare
qualcosa, ma prima di tutto doveva riportare Nacchan da Mei.
Daigo le aveva indicato il luogo esatto in cui abitava.
Forse, correndo veloce, sarebbe riuscita ad avere il tempo necessario per fare
entrambe le cose: spiegare a Mei l’intera questione e fermare Kouga.
E forse proprio Mei stessa sarebbe riuscita a fermarlo.
Non c’era più tempo da perdere. Aveva deciso. Non poteva
finire tutto così. In fin dei conti, anche se Daigo le avevo chiesto di non
rivelare alla sua ragazza la verità, sapeva che nel suo inconscio desiderava
rivede il suo sorriso ancora una volta. Forse in questo modo avrebbe trovato la
forza per continuare a vivere pur sapendo ormai di non essere più umano.
E poi Kaoru credeva fermamente nelle favole a lieto fine.
Ne era più che convinta: anche con un aspetto diverso, se Mei ne era veramente
innamorata, lo avrebbe accettato.
Ma per fare tutto ciò, doveva farli incontrare.
E così iniziò rapidamente a dirigersi verso l’abitazione
della giovane donna.
Suonò il campanello prima una, poi due volte, finché non
vide l’anta spalancarsi. Aveva ancora il fiatone, ma riuscì ugualmente a
parlare.
- Tu sei Mei? – disse alla persona che le avevo aperto la
porta. Doveva essere per forza lei. Daigo l’aveva descritta come un tipo dallo
sguardo estremamente dolce e i lineamenti del volto gentili.
La figura annuì, e nel vedere Nacchan rimase sconcertata.
Si gettò subito a terra per poterlo abbracciare, mentre la tenera bestiola con
modi allegri abbaiava festosamente alla sua ritrovata padrona. – Non ti
ringrazierò mai abbastanza! – esclamò rivolta con eterna gratitudine a Kaoru. –
E’ scomparso all’improvviso questa mattina, l’ho cercato ovunque, temevo che
non l’avrei più rivisto. – i suoi occhi si velarono di lacrime, ma per come
erano andate le cose, si sentiva felice.
- Ascolta Mei – disse improvvisamente Kaoru, guardandola
in viso - non ci resta molto tempo, dobbiamo andare.
- Andare dove…? – si sentiva spaesata, non capiva. – Ma...
tu chi sei?
- Io conosco Daigo, sono una sua amica.
- Daigo?! – Mei si portò le mani in petto, era sempre più
confusa – E’ vivo? Sta bene? Dimmi dove si trova, ti prego!
- E’ vivo, però non è più quello che conoscevi un tempo.
Il suo aspetto è cambiato, ora è complicato da spiegare, però ti vuole un gran
bene, forse più di quanto tu immagini.
- Portami da lui, voglio vederlo! Non mi importa se non è
più lo stesso, io continuerò ad amarlo, e voglio che lo sappia! – disse con
agitazione, mentre un barlume di speranza le attraversò lo sguardo.
Kaoru annuì decisa, ormai non c’era più tempo da perdere.
Adesso non le bastava che trovarlo. Non le fu affatto
difficile, anzi. Alzò gli occhi verso il cielo, e nonostante non ci fosse più
il sole, riuscì ad intravedere una sagoma che scappava verso sud, come
inseguita da qualcuno.
Il fuggitivo era senza dubbio Daigo, mentre il suo
cacciatore non poteva che essere Kouga.
- Seguimi! – esclamò a Mei, e in un baleno iniziarono a
correre.
- Si sta dirigendo verso il parco. – gli comunicò nel
frattempo Zarba, e poco dopo aggiunse – Non capisco perché prima quando poteva
colpirti non l’ha fatto.
A Kouga non gli importava granché. Lui doveva solo portare
a termine quel lavoro.
Giunto nel parco vide la creatura dirigersi verso un
parapetto che affacciava nel vuoto.
Cercò di scavalcarlo per potersi gettare di sotto e
spiccare il volo, ma grazie all’aiuto del Madoubi, l’accendino magico, Kouga
gli colpì l’ala destra con un fascio incandescente del fuoco guida. In questo
modo non sarebbe stato più in grado di volare.
Era in trappola.
Si avvicinò con la spada dritta d’innanzi a sé, a breve si
sarebbe trasformato in Garo, ma un rumore di passi improvviso lo fece
distrarre. Si girò e nel vedere Kaoru in compagnia di un’altra ragazza ebbe un
sussulto improvviso.
- Perché sei venuta qui?! – disse con un tono quasi
furente.
- Lui è buono, non devi ucciderlo! – esclamò subito
l’artista, nella speranza di fargli cambiare idea.
- Cos’è questa storia? - Kouga si sentì piuttosto
stranito.
- So come la pensi, ma ti prego non fargli del male.
- Non posso, è un Orrore.
- No, invece! E’ molto più umano di quanto tu pensi. –
Kaoru tentò in ogni modo di spiegargli la questione, ovviamente non fu affatto
facile.
Mei, rimasta in disparte per tutto questo tempo, iniziò ad
avvicinarsi lentamente a quella creatura. Nel suo sguardo c’era qualcosa di
familiare, i lineamenti di quel viso bianco le ricordavano qualcuno. Infondo,
Daigo aveva conservato gran parte del suo aspetto umano.
Mentre Kaoru cercava in tutti i modi di far ragionare
Kouga, ad un tratto i due udirono distintamente la voce di Mei pronunciare un
nome. Proprio quello di Daigo.
Si voltarono, il Cavaliere del Makai cercò subito di
fermare quella sconosciuta, ma Kaoru lo bloccò a sua volta, e scuotendo il capo
gli fece cenno di non andare.
L’Orrore abbassò gli occhi, si vergognava a farsi vedere
in quello stato, non voleva mostrare alla sua Mei il mostro che era diventato.
- Non avvicinarti. – disse la creatura dagli occhi color
rubino. – Per favore.
Si coprì il volto con le mani, ma subito dopo avvertì un
dolce calore sfiorargli le dita. Quando le abbassò, vide Mei davanti a sé, ma
non era spaventata, turbata, al contrario, sorrideva. – Non ti faccio paura? –
gli chiese l’essere, ma lei scosse il capo e continuò a sorridere.
- Perché dovrei averne? Anche se il tuo aspetto è
cambiato, qui dentro c’è ancora il mio Daigo. – gli posò una mano in petto, con
gentilezza, il calore generato da quel palmo toccò profondamente il suo animo,
e fu grazie a quel gesto che il mezzo demone si sentì finalmente sé stesso.
Abbracciò la sua Mei, la strinse per sentire ancora una volta il buon profumo
che indossava.
- Cosa facciamo, Kouga? – disse ad un certo punto Zarba,
ed ammise in seguito – E’ un caso che non avevo mai affrontato prima d’ora,
anche se ne ho sentito parlare. – L’anello si sentì sollevare verso l’alto per
chiedere delucidazioni. – Quando un Orrore si impossessa di un umano, la
trasformazione avviene in maniera immediata, tuttavia se l’umano sente di avere
dei forti legami con questo mondo, può succedere che ci sia un arresto
temporaneo o definitivo del processo evolutivo.
- Significa che il processo di trasformazione potrebbe
ricominciare anche a distanza di tempo?
Il Madougu gli annuì, Kouga si mise pensieroso.
Sapeva benissimo che quella non era una situazione uguale
alle altre, tuttavia non poteva trasgredire il regolamento. Sollevò il braccio
che stringeva la spada, ma Kaoru si aggrappò ad esso e scosse il capo.
- Non farlo, ti supplico. – aveva lo sguardo triste, non
sapeva come fare a fargli cambiare idea, però lei doveva provarci. – Non ha mai
fatto del male a nessuno, e sono sicura che non accadrà in nessun caso.
- Adesso capisco tutto – fece in un primo momento Zarba, e
finalmente le cose iniziarono a quadrargli - Quando Kaoru si trovava con lui,
io non ho percepito nessuna situazione di pericolo semplicemente perché non
voleva farle del male.
- E’ buono, vedi? – disse Kaoru al ragazzo, però Kouga era
estremamente combattuto.
- Potrebbe completare la sua trasformazione e perdere il
controllo. – anche questo era vero, e una volta diventato un Orrore a tutti gli
effetti, non si sarebbe più accontentato di vecchie carcasse. Posò una mano
sull’ansa della spada, ma prima ancora guardò l’artista dritto negli occhi. -
Non posso rischiare. – Stava in qualche modo dicendole che Daigo andava
eliminato.
- E se tu adoperassi la procedura che Rei ha usato per
Asami?
- Non funzionerebbe su di lui. Anche se non del tutto,
quel ragazzo ha già abbandonato la sua forma umana. – le spiegò l’anello
parlante, e fu a quel punto che Kouga mosse il primo passo in avanti. Proprio
quello che gli avrebbe permesso di raggiungere ed eliminare Daigo.
Mei capì immediatamente, e si parò d’innanzi al suo
ragazzo.
- Per favore, lascialo andare. – disse con gli occhi pieni
di lacrime. Ma Kouga purtroppo non poteva esaudire una richiesta come quella,
anche se avrebbe voluto.
- Spostati, o potresti farti male. – replicò soltanto,
tuttavia lei continuò a restare lì. Non poteva e non voleva lasciare Daigo al
suo infame destino.
Il figlio di Taiga si avvicinò alla ragazza per indurla ad
allontanarsi, ma il mezzo demone fu più rapido di lui, e con uno scatto la
prese per una mano e la tirò dietro di sé.
Si sentì nell’aria un profumo quasi di sfida, assistendo
alla scena Kaoru cercò di avanzare per ristabilire l’equilibrio, tuttavia Kouga
con un cenno della mano la fece indietreggiare.
Daigo guardò il giovane Cavaliere dritto negli occhi. –
Proteggo la mia ragazza così come tu stai proteggendo la tua.
I due si scambiarono l’ennesimo sguardo. Entrambi non
avevano voglia di mettersi a combattere, soprattutto Daigo, con quelle parole
gli aveva fatto semplicemente capire che non voleva in nessun modo fargli del
male.
- Voi due vi assomigliate – disse in un primo momento
Kaoru, e Kouga si voltò verso di lei, attirato da quella frase. – Il vostro
aspetto esteriore non rispecchia ciò che avete dentro, e la gente in questo
modo tende a farsi un’idea sbagliata di voi, ma conoscendovi a fondo si capisce
che il vostro cuore è capace di amare molto più di chiunque altro.
Daigo e Kouga ascoltarono con attenzione quelle parole, e
quest’ultimo, avendone compreso il significato, abbassò di sua iniziativa la
spada.
- Kouga… - intervenne Zarba – non mi sembra un’ottima
idea.
- Non posso uccidere qualcuno che non ha mai fatto del
male.
- Però potrei in futuro farlo, non è così? – chiese il
mezzo demone a quel punto, pur sapendo il verdetto.
- E’ una probabilità, ma non posso saperlo con certezza.
- E se mi trasformassi per davvero, cosa succederebbe? Non
potrei più controllare il mio corpo, le mie azioni, giusto?
Kouga annuì, Mei intervenne all’istante. – Ma non
succederà! Tu non diventerai mai cattivo.
- Hai sentito anche tu, Mei… è una cosa che non possiamo
prevedere. E se tutto ciò accadesse, molta gente potrebbe morire a causa mia. –
Daigo reclinò il capo, aveva uno sguardo triste, si sentiva un pericolo non
solo per l’umanità, ma soprattutto per la sua Mei. – Potrei fare del male anche
a te.
La ragazza scosse il capo, non poteva accettare una simile
cosa. – No, io ti conosco, ne sono sicura, tu non ci farai mai del male. –
rispose, ma in quelle parole c’era qualcosa di strano.
Daigo la guardò negli occhi con aria confusa.
Mei si appoggiò con delicatezza una mano sulla pancia, poi
sorrise dolcemente. – Aspetto un bambino.
Nella sua confusione emotiva, il mezzo demone non riuscì
quasi a capire che cosa intendesse dire.
- Vuoi dire che io diventerò padre? – domandò con voce
tremante. Mei annuì dolcemente, era stordito a causa della notizia così
improvvisa, ma sentì il cuore esplodere dalla gioia. Perfino Kaoru si rallegrò
della lieta notizia, e sorrise, ma… quell’attimo durò poco. Daigo si rese
subito conto che non poteva sfuggire al suo destino. Soprattutto ora che Mei
aspettava un bambino, si rese conto che non voleva assolutamente correre
rischi. Le prese con gentilezza entrambe le mani. – Promettimi che quando sarà
un po’ più grande gli parlerai di me. – disse, e le posò una mano sulla pancia.
La giovane non capì. – Perché mi chiedi questo? Sarai tu
stesso a farlo.
- Non posso restare, Mei. Ora ho un motivo in più per
accettare il mio destino. Io... devo andare.
- Andare… ma dove?
Daigo la guardò ancora, poi indietreggiando si avvicinò al
parapetto.
Kouga aveva già capito quali fossero le sue vere
intenzioni, ma prima ancora che potesse intervenire, il mezzo demone sorrise
alla sua ragazza e sotto lo sguardo attonito dei presenti si lasciò cadere di
sotto.
Il Cavaliere del Makai si precipitò in direzione della
balaustra di ferro, Kaoru lo seguì subito, si affacciarono entrambi ma fu
l’artista quella a distogliere per prima lo sguardo.
Daigo si trovava riverso al suolo in una pozza di sangue
nero come la pece. Iniziò a trasformarsi in polvere bianca luccicante, diversa
dalla solita sabbia scura che caratterizzava ogni Orrore.
- Daigo… - sussurrò con voce tremolante Mei. Si coprì il
viso con le mani e pianse. Kaoru andò da lei, la strinse forte cercando in
qualche modo di farle sentire il suo calore, il suo sostegno.
- Si è sacrificato per il bene delle persone che amava. –
asserì Zarba, ma Kouga, ancora scosso per l’accaduto, preferì non commentare e
si lasciò per un labile istante trasportare dai ricordi.
“Chi è un eroe, papà?
“Un eroe è colui che sacrifica la propria vita pur di
salvare quella degli altri.”
“Ma non ha paura di morire?”
“Ognuno di noi ha paura della morte, ma nel momento in
cui la vita ti pone davanti a delle scelte ogni timore svanisce. In un mondo in
cui sempre più persone pensano ai propri interessi, la figura dell’eroe
mantiene viva la speranza negli esseri umani.”
“Anche i Cavalieri Mistici sono degli eroi?”
“Certamente.”
“Allora da grande voglio diventare un Cavaliere Mistico
proprio come te, papà!”
“Se questo è ciò che desideri veramente, allora ci
riuscirai. E fino a quel giorno io veglierò su di te, Kouga.”
Ripensando alle parole dell’amato padre scomparso proprio
per salvare suo figlio, Kouga sentì quella vecchia ferita riaprirsi.
Taiga aveva protetto la persona che più amava al mondo,
scegliendo così di rinunciare alla propria vita, esattamente come Daigo.
Erano questi i veri eroi.
***
Dopo aver aiutato Gonza a sistemare tutto ciò che il
piccolo Nacchan aveva messo in disordine, Kaoru andò a sedersi sul divano che
c’era nel salottino.
Gonza finì di raccogliere le ultime cose, dopodichè prima
di andar via disse: - Vi occorre qualcosa, signorina?
- Vada pure a riposarsi, io resterò qui per un po’.
- Come volete. – rispose il maggiordomo, e con un inchino
si allontanò.
Quella era stata una giornata piuttosto faticosa sia per
Kouga, che per Gonza, ma forse la ragazza ne aveva maggiormente avvertito il
peso.
Prima l’arrivo di Nacchan, poi Daigo e Mei…
Si sentiva stanca, ma soprattutto non poteva fare a meno
di pensare al sacrificio di Daigo, e allo sguardo triste di Mei. Quando
l’avevano riaccompagnata a casa, nonostante ella si sentisse ancora confusa,
sapeva che doveva andare avanti per il bene di ciò che le aveva lasciato il
ragazzo, ovvero un figlio. Non poteva permettere allo sconforto di prendere il
sopravvento, doveva semplicemente continuare la sua vita ed essere felice
insieme al suo bambino.
Mentre rifletteva su tutto ciò, Kouga arrivò alle sue
spalle.
- Dovresti andare a riposare. – le disse.
- Sono stanca, ma non ho molto sonno.
Si sedette affianco a lei. – Starà bene. – affermò ad un
tratto, riferito ovviamente a Mei.
La figlia di Yuuji reclinò un pochino il capo, con un
soffio di amarezza sul viso ripensò all’attimo in cui Mei disse a Daigo di
aspettare un figlio. – Spero che vada tutto bene, e che siano ugualmente
felici, anche se quel bambino crescerà senza aver mai conosciuto suo padre.
-Daigo veglierà su di lui, ne sono certo.
Pensando a quella frase Kaoru sorrise. - E' vero - disse
dapprima, poi guardandolo con dolcezza ribadì - Proprio come fanno i nostri
genitori.
Anche se Taiga, Rin, Yuuji e Karin con erano più con loro,
i due ragazzi sapevano che da qualche parte chissà dove lo sguardo benevolo
degli amati genitori non avrebbe mai smesso di svegliare su ciò che avevano di
più caro al mondo.
– A proposito – disse ad un tratto il giovane, ricordatosi
di una questione lasciata in sospeso – cosa volevi dirmi oggi?
- Oggi? – la giovane cercò di ricordare, e quando ciò
avvenne fu presa per un attimo dal panico. – Certo, oggi…! – ripeté, facendo un
sorriso forzato. Si grattò il capo con fare nervoso – Non so da dove iniziare…
- farfugliò. – Non è una cosa semplice, e a dire il vero credevo che te ne
fossi dimenticato.
- Avrei forse dovuto farlo?
- Beh, non so, dipende.
- Da cosa? Questo pomeriggio parlavi in modo strano.
- Per la precisione hai detto che Kouga sarebbe stato un
padre insensibile. - appuntò Zarba, che ricordava alla perfezione tutto.
Kaoru spalancò con stupore gli occhi. – Davvero ho detto
così? Forse devo aver pensato a voce troppo alta, e poi non so nemmeno come tu
reagiresti.
- In merito a cosa?
Accidenti, pensò Kaoru, lo aveva fatto ancora. Aveva per
l’ennesima volta pensato a voce alta.
- Dicevo così, per dire! – tentò di giustificarsi. Invano.
Kouga fece finta di nulla, non gli andava di indagare
oltre, sapeva bene che quella ragazza non gli avrebbe mai detto la verità, e
infondo a lui non importava nulla di una questione che nemmeno conosceva.
- Ti chiedo scusa. – disse però ad un tratto, prendendola
alla sprovvista. – Oggi ho alzato troppo la voce con te.
Lei stranita inizialmente dal gesto inconsueto, dopo essersi
ripresa scosse il capo. – Non fa nulla, anche io ho le mie colpe. Non pensavo
che un cagnolino così piccolo potesse distruggere un’intera abitazione. Ad ogni
modo, per il vetro di quella finestra non devi preoccuparti perché lo ripagherò
io.
- Ho già detto a Gonza di occuparsene.
- Allora potrei contribuire alla spesa. Dovrò pur
sdebitarmi in qualche modo.
- Hai rimesso in ordine le stanze. Direi che può bastare.
Kaoru si mise pensierosa, poi ebbe un’illuminazione
istantanea: - Ci sono! Preparerò il pranzo per una settimana! – Sembrava più
che entusiasta della cosa, peccato però che Kouga non era molto d’accordo.
Dopotutto, i famosi manicaretti che preparava Kaoru non erano di certo
apprezzati per il buon sapore, anzi.
- Non è necessario, davvero. – rispose Kouga senza farsi
vedere troppo preoccupato.
Stranamente, lei non reagì in malo modo, anzi, sorrise e
quasi subito colse Kouga alla sprovvista con qualcosa di spontaneo ma speciale.
Qualcosa come un abbraccio improvviso.
- A cosa devo quasto abbraccio? – le domandò con
gentilezza il Cavaliere del Makai.
- Io non riuscirei mai ad essere così forte, non come Mei.
– gli confessò, e più andava avanti con le parole, più Kouga si sentiva
stringere forte. – Non ci si può rassegnare alla perdita di qualcuno che ami
veramente, e se ti dovesse succedere qualcosa, io… - si trattenne, sembrava
molto agitata, turbata da un simile pensiero. – Lo so che non dovrei pensarci,
ma con il lavoro che fai metti a repentaglio la tua vita ogni giorno per salvare
quella degli altri, e la notte quando mi sveglio e non ti trovo accanto a me,
prego aspettando il tuo ritorno, e anche se ti può sembrare una cosa sciocca,
io non riesco ad immaginarmi un futuro dove tu non ci sei. – Adesso che Kaoru
gli aveva detto quelle cose, ora che aveva espresso chiaramente i suoi
sentimenti, i suoi timori, si aspettava certamente di ricevere da Kouga una
risposta pressoché scontata. Di sicuro le avrebbe detto che non c’era motivo di
preoccuparsi, che forse un tantino sciocca, in quei ragionamenti, lo era,
eppure fu quasi presa alla sprovvista dalla reazione del giovane.
Sì, perché lui anziché contrattaccare con una frase
sbrigativa, si lasciò scappare un sorriso.
Le appoggiò con gentilezza una mano sul capo, e poi con
quella stessa serenità, garbatamente rispose: - Preoccupiamoci di vivere il
presente, va bene?
Kaoru lo guardò dritto negli occhi, non aveva mai visto
Kouga esibire un atteggiamento così calmo, e in un certo senso si sentì
dapprima stranita, poi però si rese conto che quel ragazzo non smetteva mai di
sorprenderla, e che di cambiamenti, da quando lo aveva conosciuto, ne aveva
fatti tanti. Certo, aveva i suoi lati negativi, ma a lei dopotutto importava
poco.
Gli bastava vivere con lui per essere felice. Poteva
sembrare una cosa forse troppo banale, ma non poteva farci nulla. Adesso sapeva
che per sentirsi vivi non c'era bisogno di chissà quali pretenziose cose.
L'amore di una persona era tutto ciò di cui aveva bisogno.
Assorta in quei pensieri si sentì sollevare verso l’alto.
- Ma… che stai facendo? – disse confusa, ritrovandosi
praticamente tra le sue braccia.
- Ti porto di sopra. Hai bisogno di dormire.
- Non posso restare ancora un po’?
- No.
- Ma almeno mettimi giù. Ci andrò da sola in camera.
- Non ci andrai.
Kaoru storse la bocca, un’aria rassegnata le apparì in
viso. - Sono così prevedibile?
E mentre Kouga si dirigeva verso il lungo andito, quasi
con un sorriso rispose: - Sì.
***
- Che notizie mi porti? Spero per te che siano buone.
La figura nella penombra si inchinò d’innanzi all’essere
spaventoso che gli si ergeva d’innanzi. – Certamente, mio signore. Tutto
procede secondo i piani.
- Bene. – l’essere lo squadrò compiaciuto. – Ripongo in te
molte speranze. Abbiamo fatto un patto, ricordi? Tu hai ottenuto ciò che
volevi, e adesso spetta a me reclamare la mia parte.
Annuì. – Non la deluderò. Anche se… - sembrava voler dire
qualcosa, gli occhi ancora chini verso il suolo vacillarono.
- Parla, ti ascolto.
- Vorrei che risparmiaste la vita di una persona.
- Una vita? – ripeté la figura mostruosa, stringendo i
suoi occhi cupi e penetranti tra due fessure – Non era questo l’accordo.
- Me ne rendo conto, ma questa persona non centra nulla,
perciò chiedo che venga risparmiata.
Si udì un profondo sospiro. – Lo farò – emise dapprima- a
patto che tu porti a termine il compito il più in fretta possibile.
L’umano sollevò il capo per esternare tutta la sua
riconoscenza. – La ringrazio sommo Ahriman. Tra non molto otterrà ciò che le
spetta di diritto.
Compiaciuto, il potente mostro portatore di menzogna e
vile falsità svanì nel nulla, e sotto le fronde di quell’albero, in quella
campagna deserta e sconfinata l’umano alzandosi in piedi e fissando il cielo
scuro come la pece sorrise silenziosamente e sibilò ancora: – Molto
presto.
Fine episodio
I
VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:
Dopo un
breve periodo di pausa, ritorno con un altro capitolo che per la precisione
sarà l'ultimo di quest'anno!
Ne approfitto
anche per fare a tutti voi gli auguri, passate un buon Capodanno ed iniziate il
nuovo anno nel migliore dei modi, mi raccomando!
Per
Fiorella Runco: Cercherò
di continuare così, ma tu non fare indigestione...!!!
Per
_Elentari_: Mi
riposerò, anzi, lo sto già facendo! Non vedevo l'ora di farlo... tra lavoro ed
impegni vari è stata dura, ma ora vacanze! E' una bella parola, vero? Baci e
recensisci quando puoi!
Per
DANYDHALIA: Io adoro i
fantasmi, quindi non potevo non inserire anche quelli veri! Grazie come sempre
per le tue splendide recensioni, e a risentirci presto! Ah, ho letto i tuoi
messaggi, appena finisco un progetto che ho iniziato durante le vacanze ti
rispondo subito!
Ancora
auguri ragazzi miei!
Un abbraccio
a tutti!
Botan
ANTICIPAZIONI:
In un posto
isolato, dopo un lungo periodo di attesa, Ahriman tornerà a far parlare di sè.
Rei informerà Kouga dell'accaduto, ma prima ancora che i due possano fare
qualcosa, quel quesito rimasto irrisolto e che legava indissolubilmente il Cavaliere
d'Oro agli esseri chiamati "Chimere Mistiche" troverà finalmente una
risposta.
Girava tra gli scaffali di una grossa biblioteca alla ricerca di un
libro interessante da poter leggere a casa
Sortilegio
#28
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
Girava tra gli scaffali di una grossa biblioteca alla
ricerca di un libro interessante da poter leggere a casa.
C’era l’imbarazzo della scelta, ogni volume riportava una
storia diversa, ogni tomo si differenziava dall’altro
non solo per forma o colore ma anche per tipologia. Era lì da più di mezz’ora, ma
non sapeva proprio quale prendere e portare con sé. Si incamminò
verso un’ala della biblioteca più interna, isolata, e una volta lì udì un
flebile brusio.
Si voltò di scatto, ma non vide nulla. C’era solo l’ennesimo
scaffale colmo di libri, tuttavia uno in particolare attirò misteriosamente la
sua attenzione. Il ragazzo lo raccolse con estrema curiosità, lo sguardo gli
brillava, e quando vide la copertina, logora ma piena
di mistero, pensò che non poteva più aspettare oltre. Doveva leggerlo subito.
Lo aprì entusiasta, il tempo di gettare uno sguardo alle prime righe di quelle
pagine ingiallite, e poi il buio.
Si udì un tonfo, il tomo cadde a
terra. Del suo giovane lettore nessuna traccia. Divorato in un sol boccone dal
libro stesso.
- In fondo a destra, ma non ne sarei così sicuro.
- Hai forse perso il senso dell’orientamento?
- No, ma questo posto mi confonde. Sembra un dedalo
ammuffito, e c’è un silenzio che non mi tranquillizza affatto.
- Ci troviamo in una biblioteca. Qui è vietato alzare la
voce.
- Allora ti toccherà uccidere l’Orrore silenziosamente, se
non vuoi essere ripreso. – Zarbaridacchiò,
poi ad un tratto si fece serio – E’ infondo a quella corsia. Ora lo
sento.
Kouga, giunto lì per fare il suo
dovere, si avviò verso la fine della grande sala. Più avanzava, più le luci in quel punto diventavano fioche.
Poco più in là, una ragazza vide un libro riverso a terra,
per una qualche strana ragione si sentì subito attratta da esso.
Le pareva che quel tomo sibilasse il suo nome. Flettendosi in avanti allungò
una mano con l’intento di raccoglierlo, una voce la frenò poco prima che le sue
dita riuscissero a sfiorarlo.
- Non toccarlo! – si avvertì distintamente – Allontanati da
qui.
La giovane ebbe un sussulto, osservando
intimorita il viso annottato di Kouga, senza farselo
ripetere una seconda volta correndo andò via.
- Un libro… e per di più, in una biblioteca. Chissà quanti
pasti avrà già consumato prima del nostro arrivo. – Zarbaemise un malinconico sospiro, nel
frattempo Kouga aveva già sguainato la spada,
pronto a far cessare tutto quello scempio.
Il libro, o per meglio dire l’Orrore che dimorava in quelle
pagine fiutò odore di pericolo. La copertina si sollevò di scatto, una nuvola
di polvere si erse in aria e la bestia uscì allo scoperto. Nera come una notte
senza luna cercò di prendere il volo con le sue
minuscole ali, ma una spada lo tenne ancorato al suolo. Era la Garoken del Cavaliere d’Oro, che lo aveva bloccato a terra
trapassandogli la lunga e viscida coda.
Quando Garo
ritirò a sé l’arma, prese l’Orrore per il collo e strinse forte.
- Sei fuori forma. Decisamente. – appuntò il Madougu parlante, notando la
debolezza del nemico – Dopotutto, per procurarti il cibo non devi far
altro che aspettare.
Il mostro tentò a malapena di opporre resistenza. Era troppo
debole, e tenere testa a Garo per lui non fu
semplice. Sapeva che sarebbe morto, perciò smise di sprecare ulteriori
energie, ed iniziò a sogghignare con sprezzante cattiveria. – Uccidimi pure, se
questo può farti guadagnare il rispetto di tutti i tuoi simili. Ma sappi che tra non molto ti ritroverai anche tu dall’altra
parte.
Garo strinse ancor di più la mano
attorno a quel collo rugoso. – Cosa intendi dire?
- Lo capirai molto presto. Nel frattempo, per ingannare
l’attesa perché non ti leggi un bel libro? – la bestia rise
con fare gracchiante, poi tacque di colpo. La lama della spada gli aveva
trafitto il petto, ponendo fine alla sua inutile
esistenza.
***
- Mi sembra chiaro, ormai – disse Zarba,
mentre si avviavano verso l’esterno della biblioteca, Kouga
gli lanciò giusto uno sguardo, e proseguì senza fermarsi – gli Orrori sanno
qualcosa che a noi sfugge, e osano perfino farsi beffa
di te.
Pensieroso, il
ragazzo gli diede una risposta sbrigativa forse perché sperava di allontanare i
suoi dubbi. – Tu mi hai insegnato che non bisogna credere alle parole di quegli
esseri, ricordi?
L’anello emise un mormorio. – Mmh…
certo. Ma spesso potrebbero anche dire la verità. E se
hanno a che fare con Ahriman, colui
che induce gli uomini a vivere nella menzogna, capirlo diventa ancora
più difficile.
- Stando alle parole di quella bestia, non dovremo aspettare
molto per saperlo. – concluse Kouga, uscendo
finalmente all’aperto.
Un lieve venticello sollevò in aria un mucchietto di foglie
sparse sul terreno. La brezza le fece svolazzare qua e la, poi
adagio iniziarono a cadere nuovamente al suolo. Seduta su di una panchina, una
figura vestita di nero attirò l’attenzione del giovane Cavaliere con una
semplice frase. – Hai trovato qualche libro interessante? Scommetto che parlava
di Orrori. – Rei Suzumura
sapeva in realtà che l’amico non aveva letto nessun buon libro. Si alzò dalla
panca, Kouga gli andò incontro, era sorpreso di
vederlo. Quando i due furono sufficientemente vicini, il
giovane che proveniva dalle terre dell’Ovest smise di sorridere e divenne di
colpo serio. – Ci sono delle novità. – disse guardandolo negli occhi. Dall’espressione
del viso Kouga intese che doveva
trattarsi di qualcosa estremamente importante.
Un argomento che forse non poteva essere reso
noto in una sede qualunque.
Nello studio della spaziosa residenza Saejima,
Rei si accomodò sulla poltrona, prese una tazza di the offertagli gentilmente
da Gonza e mando giù. Quando ebbe finito la riappoggiò
sul tavolo massiccio della scrivania e rivolse lo sguardo in direzione di Kouga, seduto proprio d’innanzi a lui. – Ieri notte il Cane
da Guardia del mio settore ha registrato una forte presenza mistica.
- Un Orrore? – chiese l’altro, ma Rei scosse il capo.
- Ahriman.
- Ahriman?! – Kouga
sgranò gli occhi, allibito mandò giù e quasi subito riprese – Dove?
- In un campo non molto lontano dalla città. Sono già stato
lì questa mattina, ma non ho trovato tracce. Sembra si sia trattato solo di un
colloquio, presumibilmente a due, tra Ahriman e un
altro individuo. Forse un umano.
- La stessa persona che ci sta rendendo il
lavoro più snervante. – commentò l’anello, Zarba.
Il proprietario di quest’ultimo si fece di colpo
pensieroso. Le parole che gli aveva detto quell’Orrore nella biblioteca potevano in qualche strano
modo avere a che fare con quest’ultima faccenda.
- Kouga – disse ad un tratto Rei, riuscendo ad attirare la sua attenzione – prima
di pensare ad Ahriman, dovremmo occuparci della tua
“maledizione”.
Il signorino di casa Saejima aveva
afferrato il concetto. L’amico parlava delle Chimere, del fatto che ormai lo
seguivano ovunque, e che, come già successo in passato avevano anche cercato di
ucciderlo, e non con scarsi risultati. – Sono diventate più forti, non puoi più
rischiare, devi fare qualcosa.
- La sacerdotessa Garai ti aveva
parlato del “Laccio d’Asceta”, ricordi? – intervenne l’anello guida.
Assentì. – Ma solo in parte. – si
alzò dalla sedia e cominciò a frugare tra i libri. Ne raccolse uno dallo
scaffale, lo sfogliò fino a trovare ciò che stava cercando – E’
questo – pose il libro davanti a Rei.
- Il Laccio d’Asceta,
conosciuto anche con il nome di Laccio della Chimera, è un potente incantesimo
che si divide in due fasce: “lieve”, di leggera
entità, “indissolubile”, di grave entità, spezzabile solo da colui che ha
lanciato l’incantesimo o dalla morte di quest’ultimo.
Può legare la vita di una persona ad esseri chiamati “Chimere”, creature
incorporee che ingannano la propria vittima facendole vedere, a seconda dei casi, il lato oscuro delle sue paure più nascoste.
Per creare tale incantesimo, vige in qualunque caso un’unica regola: possedere
un oggetto della persona alla quale va fatto il sortilegio. – Rei smise di leggere, poi guardò Kouga
di sottecchi – Hai perduto qualcosa di recente?
Prima di rispondere ci penso su, però sapeva
bene di non aver smarrito nulla. Gli capitava raramente di farlo, perciò sentì
quasi il dovere di scartare l’ipotesi dell’incantesimo, ma quando fece per
aprire bocca, una terza voce dal timbro squillante prese
parte al discorso. – Io ho smarrito la mia matita. Ma
è successo diversi mesi fa. – si trattava di Kaoru,
entrata nello studio di sorpresa. Trovandosi nei paraggi, senza volerlo aveva
ascoltato la conversazione. – Di cosa state parlando? – domandò
con spensieratezza, mai e poi mai si sarebbe aspettata da lì a poco di
ricevere un terzo grado.
- Perché non me lo hai detto prima?!
– disse con enfasi Kouga, sembrava perfino agitato,
ma lei non riusciva a comprenderne il motivo.
- Ho perso solo una matita, non mi sembra
una cosa molto importante.
Rei guardò il collega, poi di nuovo
Kaoru. – Quella matita potrebbe essere la chiave di
tutto.
Zarba iniziò lentamente a
rimuginare. - La Chimera nel Kantaiha preso di mira proprio Kaoru, e quella
volta nella scuola… sì, ha inseguito ancora lei.
- Hanno solo e sempre inseguito lei. – dichiarò in quel
momento Kouga, e tutto nella sua mente si fece più
chiaro. Solo una volta fu aggredito da una Chimera Mistica, in quell’autobus dirottato. Maquell’unico episodio in realtà serviva a mandarlo fuori
strada. Quegli esseri dopotutto potevano essere invocati anche da un Prete, ma
il vero incantesimo non era stato fatto a lui, bensì…
Alla fine l’arcano era stato svelato. Non c’era più nessun dubbio, doveva essere così.
Guardò Kaoru, si rese conto del
rischio che ella aveva corso, e che stava tuttora
continuando a correre. Lei scosse il capo, era stordita da tutti quei
ragionamenti. In fondo, aveva solo detto di aver perso una matita. Tutto qui.
Non gli sembrava una cosa così grave, e invece…
- Continuo a non seguire i vostri discorsi… - fece in un
primo momento, ma più guardava Kouga che la fissava
con uno sguardo allarmato, più sentiva l’angoscia salire. – Cosa
sta succedendo? – chiese a quel punto, ma guardò il giovane Cavaliere
dell’Est in maniera più specifica. A quel punto sapeva che lui non le avrebbe mai potuto mentire, aveva giurato di non farlo più, e adesso
gli spettava mantenere la parola data.
- Ti ricordi delle Chimere Mistiche? – le domandò, e lei chiaramente
annuì. Come poteva non ricordarsene? Dopo tutto quello
che le avevano fatto passare. Il ragazzo ebbe un istante di palese incertezza,
questa volta non voleva raccontare bugie, era costretto a dirle, malgrado tutto, la verità. Non si tirò indietro, perciò nel
più chiaro dei modi le spiegò cosa stava accadendo – Quegli esseri non inseguono me… Loro cercano te.
Kaoru impallidì da subito, divenne
di colpo ancor più bianca di quella pelle che lo era
già di suo. – Me? – biascicò appena, stordita da quella notizia inaspettata –
Per quale motivo?
Fu Rei a darle una risposta. –
Qualcuno ti ha fatto un incantesimo. E’ evidente che questa persona sapeva che avevi un legame con il Cavaliere d’Oro, perciò ha
preferito giocare d’astuzia, in questo modo non solo ha messo a repentaglio la
tua vita, ma anche quella di Kouga. Sapeva che lui
avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di salvarti, e gli ha reso la vita un inferno.
Kaoru guardò Kouga
con estrema sofferenza. – C’è qualcuno che ti odia così tanto?
– scosse il capo, incredula.
- Sembrerebbe di sì. – rispose l’altro. Ma
quello per ora era il problema minore. Sì, perché adesso
doveva ad ogni costo risolvere un’altra questione. – Dobbiamo spezzare
il sortilegio. – fece, poi iniziò a pensare. C’era una
sola persona capace di rompere quel tipo di incantesimo.
Tuttavia…
- Il maestro Amon ci avrebbe aiutati. – disse Zarba.
- Peccato però che sia morto. – commentò
Rei con una punta di rammarico nel tono della voce – Jabi
è una sua degna erede, lei dovrebbe sapere come…
Kouga lo frenò. – E’ partita per risolvere delle questioni importanti, tornerà
la settimana prossima.
- Possiamo aspettarla, no? – disse a quel punto Kaoru, ma
Rei le lanciò uno sguardo interessato.
- Se preferisci restare una settimana chiusa in casa, allora
direi che abbiamo fatto centro.
- Una settimana?! – una smorfia di
mero stupore le si posò sul viso. No, era decisamente troppo! Come avrebbe fatto con il lavoro? E con i suoi studi?
Il sagace Suzumura fece spallucce.
- Non pretenderai mica che noi ti lasciamo andare in
giro con una maledizione che può mettere a repentaglio la tua vita?
Kaoru non ebbe neppure il tempo di
rispondere. Kouga fu più rapido di lei, alzandosi
dalla sedia fece capire a Gonza che aveva bisogno del soprabito. - La questione
va risolta subito. Aspettare potrebbe essere troppo rischioso. – Sapeva già
cosa fare, ci aveva riflettuto a lungo.
Rei però non aveva ancora ben chiara la situazione. – SeAmon è morto e Jabi è partita, allora da chi ti farai aiutare? – non c’era
molta scelta, anzi, praticamente nessun altro
all’infuori di quei due poteva fornirgli un valido aiuto. A
meno che… - Aspetta un attimo… - si fermò a riflettere, una mano
poggiata sotto al mento – Vuoi portare Kaoru da quel
vecchio eremita… Denemon? – Kougaassentì mentre si infilava il bianco cappotto. Denemon dopotutto era il fratello del maestro Amon, perciò doveva sapere come risolvere il problema.
Tuttavia, Il Cavaliere d’Argento scosse il capo – Vi
accompagno.
Girandosi per un istante verso Kaoru,
Kouga le disse di andarsi subito a preparare.
Sarebbero usciti a breve.
Non appena la giovane varcò la soglia d’ingresso dello
studio, egli si girò verso l’amico. – Due Cavalieri Mistici attirerebbero
troppa attenzione.
- Certo, ma lo sai anche tu che quel posto pullula di Orrori.
- Non ci attaccheranno.
- Come fai ad esserne così sicuro? Sono
bestie imprevedibili, dovresti saperlo meglio di me.
- Ma non sono lì per cacciare. Né tanto meno io caccerò loro.
Kouga poteva anche avere ragione,
ma a Rei quell’idea non piaceva
affatto.
***
La giovane Mitsuki si guardava
intorno mentre tra un passo e l’altro cercava di mantenere la stessa andatura
di Kouga.
Si trovavano in mezzo ad una stradina di aperta
montagna, il sentiero era tutto in discesa con sassi e ciuffi d’erbetta sparsi
qua e la. Una brezza autunnale si alzò in volo, era
gelida, lei rabbrividì cercando di scaldarsi le braccia con le mani.
- Hai freddo? – le chiese il
ragazzo, voltandosi e rallentando il passo.
- Solo un po’, ma se sto in movimento
mi passa. Manca ancora molto? – Si guardò intorno, vedeva solo alberi e quel lungo sentiero scosceso, difficile da
percorrere e completamente isolato.
- Siamo quasi arrivati. – indicò un punto, laggiù verso la
fine della strada. Kaoru provò a sporgersi per vedere
meglio, si alzò in punta di piedi ma a causa della
forte pendenza di quel terreno perse l’equilibrò a cadde in avanti.
Kouga la prese per un soffio,
afferrandola per le spalle. Forse, stavano camminando da troppo tempo, iniziò
quasi a pensare che avrebbe fatto meglio a non portarla fin lassù, però era
inevitabile. – Se vuoi, possiamo fermarci per una
sosta.
- Preferisco continuare, tanto manca
poco. E poi più prima ci sbrighiamo, e più prima
potremo tornare a casa. – sorrise con dolcezza, anche se si sentiva un po’ stanca sapeva che fermarsi a fare una pausa non sarebbe
servito a molto.
Proseguirono lungo il sentiero, non ci
misero molto ad arrivare. Quando furono lì, la strada si
interruppe, e Kaoru rimase a bocca aperta nel
vedere che non c’era nessun altro passaggio di roccia ad attenderli, bensì una
lunga distesa d’acqua.
- Dobbiamo attraversare questo lago? – l’artista iniziò a
chiedersi come avrebbero fatto ad arrivare dall’altra parte senza un mezzo di
trasporto adeguato. – Non vedo imbarcazioni qui.
- Ne sta arrivando una. – Kouga le
indicò una grossa zattera di legno che adagio galleggiava sulle acque. L’imbarcazione
si accostò al bordo della sponda per accogliere i due nuovi passeggeri. Fu lui
quello ad andare per primo. Successivamente protese
una mano verso Kaoru e l’aiutò a salire. Il legno
sotto i suoi piedi ondeggiò lievemente, e di nuovo la
zattera ripartì.
I due non erano soli. C’erano altre persone a bordo.
All’incirca una decina, uomini, giovani donne, anziani. Tutti sembravano squadrare
Kaoru.
Nell’essere così pesantemente osservata, si sentì a disagio.
perché quella gente la stava fissando? Non le sembrava
di avere capelli fuori posto o abiti sporchi di terra. Eppure
gli altri misteriosi passeggeri non le toglievano gli occhi di dosso. C’era
qualcosa di strano in quegli sguardi, qualcosa di… avverso.
Rabbrividì.
- Stammi vicino, e non muoverti da qui per nessuna ragione.
– le sussurrò Kouga, mentre osservava uno ad uno gli stranieri. – Queste persone non sono
più umane, sono Orrori. - Kaoru rabbrividì
ancor di più, vide inoltre che il ragazzo teneva per sicurezza la mano destra
posata sull’ansa della spada. Percependo l’inquietudine della giovane, cercò di tranquillizzarla – Non ci attaccheranno. Non sono
qui per combattere.
- Vanno da Denemon. Hanno bisogna dell’aiuto
del vecchio perché sulle loro vite grava un pesante sortilegio.– le spiegò Zarba.
- Non capisco… Un umano che aiuta gli Orrori?
- In cambio del favore il vecchio eremita li obbliga a
ritornare per sempre nel Makai. E’ lui stesso a
rispedirceli. Denemon toglie le maledizioni e i
sortilegi che quegli esseri contraggono durante le battaglie con i Cavalieri
del Makai. Purtroppo non tutti gli Orrori che
riescono a sopravvivere si recano da lui. Piuttosto che essere confinati per
sempre nel loro mondo, preferiscono lottare fino all’ultimo. – mentreZarba parlava, un
vecchietto malconcio si fece avanti.
– Signorina, sarebbe così gentile da dirmi l’ora? - Si
rivolse a Kaoru con un tono gentile, tanto da farle
dimenticare che sotto quell’aspetto mite e tranquillo
si celava un’infida creatura.
Gettando uno sguardo all’orologio da polso, lei cordialmente
rispose – Tra non molto saranno le cinque.
L’uomo scosse la testa. – Non sento bene, ho problemi di udito, potrebbe avvicinarsi a me? – tese l’orecchio,
mentre la ragazza mosse un piede in avanti ma nello
stesso momento Kouga stese un braccio e le impedì di
procedere.
Il vecchio gli lanciò un’occhiataccia,
infine abbozzò un sorriso. – Oh, capisco… il giovane
Cavaliere è diffidente. Ma noi non siamo qui
per cacciare.
- Nemmeno io sono qui per fare il mio lavoro. - Kouga continuava a tenere la mano poggiata sull’ansa della
spada, con l’altra invece spingeva Kaoru dietro di
sé.
- Mi fa piacere, giovanotto. Così possiamo stabilire una
tregua. Cosa ne pensa?
Un’altra voce coprì quella del vecchio. Stavolta però
apparteneva ad un uomo. Alto, giovane e dallo sguardo irritato.
- Parla per te, vecchio! Io potrei ancora avere fame… - sibilò quelle parole con una punta di malizia, mentre
osservava la ragazza con un certo interesse.
Kouga lo investì con uno sguardo
torvo, tuttavia non aprì bocca.
Per tutta la durata del tragitto non fece altro che tenerlo
strettamente d’occhio.
Quando la zattera si accostò alla
sponda, le persone scesero una ad una ed iniziarono a risalire lungo un
sentiero fatto di roccia e terra compatta. Il Cavaliere dell’Est e la ragazza
furono gli ultimi a lasciare la zattera.
Kouga voleva assicurarsi di non
essere seguito. Preferiva essere lui quello a tenere gli altri sotto il suo
vigile occhio, e non il contrario.
Perché la prima regola era una soltanto:
mai fidarsi di un Orrore.
- Dobbiamo andare fin lassù? – domandò Kaoru,
rivolta con il naso verso l’alto. Era proprio una gran bella scarpinata!
Il ragazzo annuì, poi le spiegò in seguito che la casa di Denemon aveva due ingressi: uno dei due era riservato
interamente ai Cavalieri Mistici. – Da quella parte si trova un altro sentiero.
E’ meno accidentato, non ci metteremo molto.
Si incamminarono verso il sentiero
indicato poc’anzi, ma un brusco rumore fece
sussultare Kouga che si voltò di scatto, purtroppo
non fu così veloce da evitare il peggio.
L’uomo che stava sulla zattera, colui che
aveva dimostrato un certo interesse nei confronti di Kaoru,
adesso la teneva stretta tra le braccia, come una preda preziosa che non poteva
farsi assolutamente scappare.
Kouga stava per sguainare la
spada, ma l’altro strinse una mano attorno al collo della giovane, minacciando
di farle del male.
Fu costretto ad abbassare l’arma, con gli
occhi non smetteva furiosamente di fissarlo. – Lasciala andare. Ormai
sei spacciato. – gli ricordò. Dopotutto, se non lo avesse ucciso lui, lo
avrebbe fatto il sortilegio a cui era stato esposto.
All’altro non sembrava importate
tutto ciò. – Se torno nel Makai,
in quel fetido mondo, avrò vita breve. E’ dura procurarsi il cibo
quando le bocche da sfamare sono tante. – contemplò la sua giovane preda
che tremava terrorizzata, con le dita le lambì una guancia. L’odore di quella
pelle fresca gli fece venire ancor più fame – Concedimi
un ultimo pasto, poi sarai libero di uccidermi. – Quella frase mandò Kouga in collera. Lanciò fulmineo un’occhiata a Zarba, e l’anello non perse altro tempo. Raccolse un filo
di concentrazione e preparò il contrattacco. Grazie ai suoi poteri mistici,
emise un sottile suono udibile solo dagli Orrori. Suono che li mandava in
bestia.
- Fallo smettere! – sbottò l’uomo, infastidito da quel
brusio che gli martellava la testa – Fallo smettere! – urlò ancor più forte,
infine il bisogno di tapparsi le orecchie con le mani divenne sempre più
impellente, perciò dovette cedere. Lasciò Kaoru
seduta stante, e mentre ella scappava Kouga estrasse la spada.
Non gli servì neppure trasformarsi in Garo,
perché il sortilegio che aveva colpito quell’Orrore
non gli diede via di scampo, e lentamente lo trasformò in un mucchio di
sabbia.
Kouga si girò verso Kaoru, quest’ultima ancora prima
che egli potesse aprire bocca cercò di rassicurarlo dicendogli
che stava bene, eppure il ragazzo divenne titubante. - Non avrei mai dovuto
portarti qui. – disse con un profondo senso di amarezza.
Si era reso conto che Rei aveva ragione, e che avrebbe fatto meglio a rivolgersi
a lui, anziché fare di testa tua.
- Io non la penso così, sai? – fece ad un tratto la figlia
di Yuuji – Viaggiare su quella zattera lungo le
sponde del lago è stato entusiasmante. Infondo, mi sono divertita! – sorrise gentilmente sotto lo
sguardo stupito del giovane, poi fissò la stradina che portava verso la dimora
di Denemon. – Sarà meglio proseguire il tragitto, sei
d’accordo?
- Tra qualche ora calerà il buio. – aggiunse Zarba – E viste le premesse, non vorrei trovarmi ancora qui quando non ci sarà più luce.
A nessuno avrebbe fatto piacere sostare in un posto del
genere, isolato dal resto del mondo.
Si avviarono verso il sentiero tutto in salita. Il terriccio
era abbastanza liscio, rendeva la scalata meno faticosa.
Dopo svariati minuti, arrivarono a destinazione.
La dimora di Denemon era una sorta
di casupola fatta di pietra, porte e finestre erano in legno, e quando
varcarono la soglia d’ingresso, quella riservata solo ai Cavalieri Mistici, Kaoru scoprì che anche il pavimento lo era.
Aspettarono l’arrivo del vecchio eremita in una sala non
molto grande. C’erano delle panche, un grosso baule impolverato e alcune
candele messe li affianco.
La ragazza vide Kouga sedersi su
una di quelle panche. Capì che forse l’attesa doveva essere lunga, perciò fece
altrettanto.
- Verrà non appena sarà riuscito a rispedire quelle creature
nel loro mondo. – le spiegò, e tra una parola e l’altra da una finestra
lasciata aperta qualcosa di bianco e piccolo atterrò
con un balzo nella stanza.
L’animaletto, che aveva una coda folta e lunga, si avvicinò
ai due con fare curioso. Poi si sedette ed iniziò a fissarli. – Ma è una volpe! – esclamò Kaoru,
restandone meravigliata. Una volpe dal pelo interamente bianco. Incuriosita si
alzò dalla panca per andarle incontro, si avvicinò lentamente per paura di
spaventarla, la volpina drizzò le orecchie, e solo dopo averla squadrata a
lungo con un balzo le si gettò tra le braccia. –
Quanto entusiasmo! – esclamò Kaoru, carezzandole con
affetto il capo. – Sai che sei proprio carina? – si girò
verso Kouga – Non sembra anche a te? – chiese
sorridendo.
Annuì, ma subito dopo si accorse che la punta della coda
folta e soffice dell’animale stava lentamente tingendosi di viola. Ebbe uno
strano presentimento, tuttavia non disse nulla. Neppure Kaoru
l’avevo notato.
La porta accanto alle panche cigolò, un vecchio dalla lunga
barba e l’aria spossata fece il suo ingresso. Si
trattava di Denemon, l’eremita.
- Scusate il ritardo, c’erano un
paio di creature che anche dopo aver accettato le mie condizioni non volevano
lasciare questo mondo. – Si voltò verso Kaoru,
sorrise con benevolenza – Vedo che hai già fatto la
conoscenza di Lili… a quanto pare ti trova simpatica!
Lei arrossì in presenza
dell’anziano, stando a ciò che le aveva spiegato Kouga,
quello era il fratello del ben più noto maestro Amon.
Lili, la piccola volpe saltò sulle spalle del padrone. Socchiuse gli occhi
mentre le dava una grattatina affettuosa sotto al mento.
- Maestro Denemon – antepose Kouga, il vecchio annuì, sapeva già tutto.
- Gonza mi ha spiegato qualcosa per
telefono, poi è caduta la linea. In questo luogo non funziona mai
niente. – scosse il capo quasi infastidito, infine fissò il ragazzo – Prima di
procedere, però, devo parlarti. – spostò la sua
attenzione verso Kaoru. In quel modo fece capire che
aveva bisogno di iniziare un colloquio privato con il giovane.
- Tutto ok – fece
dapprima la ragazza – vi aspetto qui! – si accomodò di
nuovo sulla panca, Kouga seguì il vecchio
nella stanza affianco, la porta si chiuse alle loro spalle.
- Non posso fare nulla. – dichiarò senza tanti preamboli il
vecchio. Preso alla sprovvista Kouga
non comprese il significato di quella frase. Denemon
si lisciò la lunga barba – Non posso fare nulla per
quella ragazza. – precisò stavolta.
- Come fa a dirlo se non l’ha neppure visitata?
- Lili è una volpe magica. E in
grado di classificare le energie spirituali di qualsiasi individuo, e lo fa
attraverso la punta della sua coda. Di norma lo spirito di ognuno di noi ha lo stesso colore del cielo, ma la coda di Lili è
diventata viola non appena si è avvicinata a lei, e ciò significa che un
potente incantesimo è entrato a contatto con quella ragazza.
- Si tratta del Laccio d’Asceta, in grado di evocare le
Chimere Mistiche. – gli spiegò il ragazzo, ma l’anziano saggio sapeva già
tutto.
- Conosco quel sortilegio, so quanto possa
essere fastidioso.
- Allora faccia qualcosa per eliminarlo del tutto, per…
- E’ questo il problema, Kouga. –
lo interruppe Denemon, questa volta chiamandolo per
nome, e non semplicemente “ragazzino”, come faceva di solito. – L’incantesimo
che ha colpito quella giovane donna non è un Laccio
della Chimera qualunque, bensì è dieci volte più potente, ed io non posso fare
nulla per spezzarlo. Soltanto colui che l’ha creato o
la morte di quest’ultimo, può togliere il vincolo che
la lega a quegli esseri.
A Kouga quella sentenza suonò come
una condanna. Scosse il capo, un altro modo doveva pur esserci, un altro
soltanto… Denemon gli posò una mano sulla spalla, ed
anch’egli scosse la testa. Non esistevano altre soluzioni.
A quel punto bisognava trovare la sorgente di tutti i mali,
ma non era per niente semplice. Come avrebbe fatto il Cavaliere dell’Est a
rintracciare il misterioso individuo che si divertiva a giocare con la vita
degli altri?
- Solo un Prete del Makai è in
grado di lanciare simili incantesimi, o qualcuno che con gli anni è riuscito ad
imparare tali magie, tuttavia… - l’anziano si trattenne, sapeva bene cosa dire perché
l’argomento lo riguardava in un modo particolarmente strano – Esistono tanti
incantesimi, tutti diversi tra loro, ma in questo percepisco l’aura maligna di
un essere mostruoso che tu ormai dovresti avere imparato a conoscere… Sto
parlando di colui che vive nella menzogna, Ahriman.
Ancora lui. Ancora quel mostro portatore di discordie,
falsità, distruzione.
- Non capisco… questo significa che lui è l’artefice del
maleficio? – Kouga sperò vivamente di essersi
sbagliato, si sentì più sollevato solo quando
ricevette una conferma.
- Non lui, ma qualcuno che lavora per lui. Presumo che Ahriman abbia aiutato il suo complice incrementandogli il
proprio potere mistico. Un Sacerdote qualsiasi non riuscirebbe mai a creare una
simile magia, ed io so con precisione che Ahriman ha
una certa affinità con gli incantesimi correlati alle Chimere. – Il sorriso di Denemon fece intuire a Kouga che
l’anziano nascondeva un oscuro segreto. Fin dal principio aveva dimostrato un
certo interesse nei riguardi di Ahriman,
sembrava quasi… conoscerlo. – Ormai è inutile tacere, preferisco che tu sappia
la verità, dopotutto se non te la dicessi rischierei
di assomigliare a quello spirito malvagio. – sotto l’occhio sempre più vigile
di Kouga, il saggio si avvicinò ad un tavolo. C’era
un cassetto con la serratura bloccata. La chiave si trovava appesa al collo del
vecchio. Se la sfilò, la introdusse nella fessura,
girò ed il cassetto si aprì.
Estrasse un foglio arrotolato, a prima vista sembrava una
pergamena, la srotolò senza neppure osservarla, il contenuto ormai lo conosceva
a memoria: - Questo che vedi è il contratto che mi lega indissolubilmente ad Ahriman. – quando porse il pezzo
di carta a Kouga, questi sgranò lo sguardo e divenne
subito rigido.
- Lei… - disse solo, non riusciva a finire il quesito.
A Denemon il seguito della frase
non serviva, lui aveva già intuito cosa volesse
chiedergli il giovane.
- Oltre trent’anni
fa ho sancito un Patto Mistico con Ahriman,
rinunciando per sempre al paradiso. – ammise, ma dallo sguardo non era
spaventato, sconvolto, preoccupato. – Quando morirò, la mia anima apparterrà a
lui, ma tutto sommato non ho rimpianti, non potevo
negare a mio fratello l’accesso al paradiso.
- Il maestro Amon?! – Kougadeglutì
– Lui aveva stretto un patto con Ahriman?
- A mio fratello serviva il potere
dell’Ottava Stella del Makai, a quell’epoca
c’era in corso un furente scontro tra Orrori e Cavalieri. Fu costretto a
forgiarne una, nonostante io glielo avessi sconsigliato, ma per quel testardo
il lavoro veniva prima d’ogni cosa. QuandoAhriman gli consegnò la pergamena, fui io a firmare al suo
posto. A quei tempi ero giovane, incosciente, ma gli volevo un gran bene,
ricordo che si adirò, passò mesi ad ignorarmi, a non rivolgermi la parola. Non
dovevo interferire, non dovevo alterare il fato, quel
destino spettava a lui, ma io restavo pur sempre suo fratello. – osservò Kouga con una certa attenzione – So
che tu puoi capirmi, ragazzino. – disse, ma stavolta il termine non gli diede
fastidio. Kouga pensava a quella storia, sì, lui
poteva capire le ragioni che avevano spinto Denemon a
compiere un simile gesto.
Taiga lo aveva fatto per il figlio, sacrificando la propria
vita pur di proteggerlo, e Kouga stesso avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di proteggere la sua Kaoru.
Ma ora come avrebbe potuto
aiutarla? Come avrebbe fatto a sciogliere l’incantesimo?
Pensava e ripensava, passo dopo passo,
il sole stava calando, il colore del cielo diveniva sempre più intenso, virava
verso il blu profondo.
La brezza soffiava leggera, le fronde degli alberi sospinte
dal vento ondeggiavano, le foglie volteggiavano nell’aria, e
nell’erba del prato si udivano i grilli cantare.
Kaoru camminava al fianco di Kouga. Da subito aveva notato che era più silenzioso del
solito. Precisamente, da quando avevano lasciato la dimora di
Denemon per ritornare a casa.
Si decise a spezzare quel silenzio. – Non mi hai ancora
detto come mai quell’anziano non ha voluto spezzare
l’incantesimo.
Lui non rispose. Eppure in un modo
o nell’altro avrebbe dovuto farlo. Non poteva raccontarle una bugia. Non doveva
più mentirle. Tuttavia non riusciva a trovare le parole adatte per dirle la verità.
- Più che non vuole, direi che non
può. – fece Zarba, sollevandolo così dal gravoso
compito e spingendolo a parlare.
- Denemon non può toglierti quel
sortilegio. – si fermò in mezzo alla stradina senza voltarsi verso Kaoru. Non riusciva a guardarla in viso,
non poteva.
- Non… può? – biasciò la giovane, portandosi d’innanzi a
lui. Fu costretto in questo modo ad osservarla. Vide che aveva il volto
pallido, gli occhi privi di luce, spenti.
- Solo colui che ha fatto
l’incantesimo è in grado di toglierlo.
- Allora… ti ho fatto fare tutta
questa strada per niente. – disse presa dallo sconforto, poi
aggiunse – ti chiedo scusa.
Kouga scosse il capo. - Niente
affatto, sono io quello che deve scusarsi. Hai corso inutilmente dei pericoli,
ed ora… - non riuscì a finire, chinò il mento, nello
sguardo gli si leggeva un senso di pesante afflizione. Poi d’improvviso la
guardò dritta negli occhi – Lo troverò – disse
dapprima, e ripeté ancora, sempre con più convinzione – lo troverò, te lo
prometto.
Kaoru sapeva che poteva fidarsi di
lui, gli avrebbe affidato la vita, e con naturalezza perché non aveva nulla da temere quandoKouga stava al suo
fianco.
Assentì regalandogli uno dei suoi luminosi sorrisi, successivamente alle loro spalle si udì una voce. Si voltarono, Rei gli stava andando incontro.
Quando si fermò, aveva il fiatone.
– Ma quanto ci avete messo? – riuscì a stento a dire,
con il dorso curvo e le mani poggiate sopra le ginocchia. – Stavo venendo a
cercarvi.
- Ci sono stati dei… contrattempi. – specificò Kouga, e Rei avendo già capito si mise a sbottare.
- La prossima volta facciamo come dico io. Ad ogni modo,
avete risolto il problema? – li fissò nella speranza di
ricevere una bella notizia, sui volti di entrambi non apparvero sorrisi
ma solo espressioni tristi.
Mentre rincasavano tutti e tre,
raccontarono all’amico ogni cosa, ovviamente Rei non poté che storcere il naso
e sbuffare. Tanta strada per nulla, pensò, e ora dovevano
trovare una soluzione alternativa. La giovane artista non poteva andarsene in
giro con una maledizione ancorata addosso, che le avrebbe
senza ombra di dubbio fatto rischiare la vita.
Bisognava trovare un rimedio, o meglio ancora, colui che aveva lanciato l’incantesimo.
Varcato il portone della residenza dei Saejima,
Gonza disse che nello studio c’era qualcuno che li
stava aspettando.
Raggiunsero la stanza in questione, e Jin, Cavaliere d’Argento, si alzò dalla sedia. –
Finalmente sei arrivato. Devo parlarti. – disse rivolgendosi a Kouga. Poi i suoi occhi si spostarono in direzione di Kaoru. Era ovvio che la sua presenza lì significava
un intoppo.
- Beh – premise la ragazza, avviandosi
fuori – vi lascio soli! Sono molto stanca, perciò credo che andrò a
riposare. – dicendo ciò uscì dallo studio accostando la porta. Tuttavia si trattenne. Non le andava di origliare, sarebbe
stato scorretto, tuttavia il comportamento di Jin gli
era parso piuttosto strano. Il Cavaliere aveva l’aria di essere
irrequieto, e poco dopo i suoi sospetti trovarono presto una degna conferma.
- Quella ragazza non può restare con te. – disse di primo
acchito, fissando Kouga in modo autorevole – So che è stata colpita da un potente incantesimo. – al suono di
quelle parole, il Cavaliere dell’Est lanciò un’occhiata a Rei, questi sollevò le mani, come a dire “non sono stato io a
dirglielo”. Come c’era da aspettarselo, la notizia si era
propagata piuttosto rapidamente.
- Cosa pretendi che faccia? – Kouga non aveva usato un tono remissivo nei riguardi del
collega.
Per Jin c’era solo un’unica
sentenza: - Devi allontanarla da qui, se resterà con te attirerà sempre più
Chimere e quindi… guai.
- Non lo farò. – Non avrebbe mai
allontanato Kaoru, era fuori discussione.
- Ma devi, se non vuoi rischiare
ulteriormente la vita.
- Stai sprecando solamente tempo.
Jin iniziò ad alterarsi. Doveva
fargli cambiare idea. Era un suo preciso dovere. – Non puoi pretendere di
gestire una situazione del genere e nello stesso tempo svolgere il tuo lavoro.
Le Chimere potrebbero attaccare in qualsiasi momento, perfino adesso, nella tua
stessa abitazione. Oltretutto, non sono delle semplici apparizioni. Sono
aggressive, feroci, attaccano in branco e potrebbero
sopraffarti senza il minimo sforzo, in qualsiasi luogo, o peggio ancora durante
il sonno. Le persone contaminate da un sortilegio che può arrecare danno agli altri vanno immediatamente esiliate, e mandate nelle
terre del sud. E’ il regolamento. Lo hai forse dimenticato?
Non lo aveva affatto dimenticato, Kouga. Ma non riuscì più a
trattenersi. – Al diavolo il regolamento! – tuonò all’improvviso,
Rei trasalì, Jin si bloccò.
Ne aveva abbastanza. Era stanco di sentirselo dire in continuazione, era stanco
di quel codice. Non avrebbe permesso mai e poi mai ad una sciocca legislazione
di portasi via ciò che aveva di più caro al mondo.
-In quanto Cavaliere Mistico sei
tenuto a rispettare il codice. – gli ricordò Jin, con
una certa ostinazione.
- Ma sai che Kouga
non lo farà. Perciò non ti resta che scegliere… sei
con noi o contro di noi? – Rei si incrociò le braccia
in petto, aspettava una risposta.
Attaccato alle sue leggi, Jin si
sentì conteso tra il dovere e l’amicizia.
- Se anche tu avessi una persona da
amare, forse riusciresti a comprendere meglio la situazione, piccolo Jin. – disse Danda, il suo bracciale magico. In quella
frase c’era un fondo di verità. E forse il suo Madougu poteva avere ragione, pensò silenziosamente. -
Avete il mio appoggio. – confermò – Però non dimenticare che il rischio che corri è alto.
Il rischio che correva, che stava correndo,
era elevato. Poteva costargli la vita, come già successo in altre occasioni. Kaoru aveva ascoltato praticamente
tutto. Ogni singola parola, ogni singolo respiro. E ora pensava, rifletteva.
Ma la decisione l’aveva già presa.
Non poteva mettere a repentaglio la vita di Kouga,
sapeva che lui avrebbe fatto di tutto pur di salvarla. Perciò
le restava una scelta soltanto: andare via.
Proprio come aveva suggerito Jin,
doveva allontanarsi da lì, scappare senza però farsi vedere dallo stesso
ragazzo, perché di certo lui glielo avrebbe impedito.
Andare via all’insaputa di tutti, anche di Gonza. Non doveva
vederla. Si assicurò che il maggiordomo fosse impegnato con la cena, poi prese carta e penna e scrisse qualcosa. Lasciò il foglietto
su un tavolino che c’era nei paraggi, e facendo in maniera silenziosa si avviò
al portone di casa ed andò via.
Mentre camminava rifletteva su dove
andare. Era ormai sera, faceva freddo e non poteva rivolgersi alla sua amica Asami. Se fosse andata a casa sua
l’avrebbe di certo messa in pericolo con la faccenda delle Chimere.
Non se la sentiva di andare nemmeno da Souka.
Kouga l’avrebbe subito trovata.
Pensò a lungo, ma a dire il vero non c’erano molte
soluzioni. Finché non ne trovò una.
Gonza entrò nello studio senza neppure bussare. Aveva
l’espressione sconvolta. – La signorina Kaoru è
scomparsa! – esclamò in preda al panico.
Kouga si alzò immediatamente. –
Come scomparsa?!
- L’ho cercata ovunque, ma non riesco a trovarla!
- Sarà uscita un attimo. – disse Rei, poi
vide il maggiordomo scuotere il capo.
- Mi avrebbe avvertito. La signorina lo fa
sempre, non è da lei comportarsi così. – Gonza ormai la conosceva. La
sua apprensione perciò non poteva essere infondata. Guardò istintivamente il
signorino, e questi si avviò nella hall.
Era agitato, non sapeva cosa
pensare, dove andare. Poi…
Il foglio di carta lasciato da Kaoru
su quel tavolino attirò la sua attenzione. Lo raccolse tra due dita tremanti.
Gli altri aspettavano impazienti un verdetto.
Quando ebbe finito di leggere si bloccò.
– E’ andata via. Non vuole farmi correre dei rischi. – fece con un filo di
voce.
- Andata via? Ma dove…? – chiese
Rei allarmato.
- Non lo so. – rispose il ragazzo, ma non sprecò minuti
preziosi. – Zarba, riesci a localizzarla?
Il Madougu in un primo momento
tacque. Stava tentando di intercettare il segnale. – Che strano… - mugugnò all’improvviso – sembra trovarsi ancora qui.
Gli altri si misero subito in allerta, poi Rei vide che sul tavolino dove prima c’era il foglio si trovava
qualcos’altro. Indicò l’oggetto, Kouga
lo riconobbe all'istante.
- Adesso è tutto più chiaro – precisòZarba, vedendo che il suo proprietario stringeva tra
le mani l’anello che aveva regalato a Kaoru – L’ha
tolto perché sapeva che in questo modo sarei riuscito a rintracciarla.
Come avrebbero fatto a trovarla senza avere nessun appiglio
sul quale potersi aggrappare?
Si guardarono in faccia.
Nessuno seppe dare una risposta.
Fine episodio
I
VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:
Rapido aggiornamento,
quindi non riesco a scrivere molto. La prossima volta vi dirò
di più!
Vi lascio alle
anticipazioni!
Botan
ANTICIPAZIONI:
La fine dei
giochi si rivelerà essere molto vicina, il confronto, inevitabile, tra Kouga e colui che ha stravolto la
sua vita avrà inizio. I due Garo lotteranno ancora
una volta, l’ultima, ma la battaglia più grande deve
ancora venire.
L’uomo staccò gli occhi dal giornale,
gettò uno sguardo all’orologio appeso al muro poi bofonchiò un “no”.
Quando il ragazzo spalancò il
portone e vide Kaoru lì d’innanzi a lui, pallida in
volto ed infreddolita, rimase a bocca aperta.
- Ti disturbo? – chiese timidamente e con voce stanca.
Lui la squadrò in viso, aveva gli occhi spenti, a tratti
lucidi, ed era come se non sapesse dove andare, cosa fare. Si sentiva spaesata,
persa. Capì che qualcosa non andava. – Entra – fece, aprendo
l’uscio per intero.
Si avviarono passando per il salotto. Shiro
le lanciò incuriosito un’occhiata, ma tacque come suo solito. Per educazione Kaoru fece un cenno di saluto, non aveva mai visto quell’uomo prima
d’ora.
- Quello è mio padre. – le disse il ragazzo, mentre si
avviavano verso la cucina.
- Non vorrei disturbare, mi rendo
conto dell’ora, ma…
- Affatto, stai tranquilla. Piuttosto… - la fece accomodare, si sedettero entrambi al tavolo posto in
cucina. L’ambiente anche se non molto spazioso era caldo ed
accogliente. – Tutto bene? – fu la prima cosa che le chiese.
Cosa avrebbe potuto rispondere, in
un momento simile, Kaoru? Si sforzò di emettere un
sorriso. Troppo tirato, troppo imposto. – Direi proprio di no, vero? – il
giovane fece un lungo sospiro, poi riprese – Hai
litigato con il tuo ragazzo?
- Non proprio. E’ una situazione molto difficile da
spiegare. – Abbassò il mento con un incedere stanco, per arrivare
da Ikuo aveva corso. Ma
non si sentiva fiacca solo per quello. Bensì era
l’intera faccenda a crearle quell’opprimente senso di
stanchezza, di vuoto. Vuoto che a quel punto le sembrò non avere più fine,
proprio come i suoi problemi, anzi, i loro problemi. Quelli che adesso la tenevano lontana da Kouga.
Un abbandono forzato che per ora non aveva una sua fine.
Ikuo brontolò qualcosa mentre scuoteva il capo. Era
preoccupato, non riusciva proprio ad immaginarsi un volto così dolce non
avere più nessuna luce, labbra delicate senza l’ombra di un sorriso. Alzandosi
si avvicinò ai fornelli. – Ti preparo una tisana, così ti
sentirai meglio. A proposito – disse nel frattempo, intento a far
bollire l’acqua – chi ti ha dato il mio indirizzo?
- Prima di venire qua sono passata a scuola. Ho chiesto a
loro di darmelo.
- Hai avuto difficoltà a trovare la mia casa?
- Non molte, però ho notato che sulla porta c’è scritto un
altro cognome...
- E’ vero, che sciocco che sono! – si batté
una mano sulla fronte, poi con estrema naturalezza disse – Shiro non è il mio vero padre.
– Davvero? Non me lo avevi mai detto.
Versò la tisana fumante in una tazza di porcellana bianca e
la porse a Kaoru. – Forse perché
sono il primo a non farci più caso. – accomodandosi di nuovo le raccontò
tutta la storia – Non ho mai conosciuto mio padre, andò via poco prima che io nascessi. Quando avevo solo tre anni mia
madre incontrò Shiro e si sposarono. Per lui ero come
un figlio, mi ha cresciuto, amato, ed ha continuato a farlo anche quando la
mamma pochi anni dopo si ammalò e morì. – un velo di malinconia coprì i suoi occhi.
Eppure non aveva smesso di sorridere con dolcezza mentre
ripercorreva il suo passato.
Kaoru era la sola che poteva capirlo
fino in fondo. Dopotutto, le similitudini tra lei ed Ikuo
erano tante. Entrambi avevano perso i propri genitori,
solo che lui non era rimasto del tutto solo. Shiroaveva continuato a fargli da padre, non lo aveva abbandonato
o lasciato al suo triste destino.
Mandò giù il primo sorso di quella tisana profumata che
sapeva di limone, in quell’attimo il padre del
ragazzo si affacciò alla porta per comunicare al figlio che sarebbe uscito a
fare due passi. – Vedi di non combinare disastri in mia assenza. – gli fece
poco prima di andare.
Ikuo arrossì per la vergogna. –
Non sono più un ragazzino, papà. – sbottò arrabbiato, cercando di mantenere un
certo contegno. - Tu piuttosto sta attento alle
macchine!
L’uomo bofonchiò qualcosa e prima di sbattere l’uscio di
casa rispose a tono - Per me lo sarai sempre.
Avendo assistito alla scenetta, sulle labbra di Kaoru si dipinse un sorriso. - Non starai mica ridendo di me, spero.
– sbuffò Ikuo, rosso in viso e sempre più crucciato.
- No, ma vedervi così affiatati un po’ mi sorprende. Si
capisce subito che vi volete un gran bene e che uno dei due non può fare a meno
dell’altro. – sorrise ancora, poi i pensieri le ricaddero su quel rapporto così tanto simile che c’era tra lei e Kouga
e lo sguardo le divenne nuovamente triste.
- Non vuoi proprio dirmi quello che ti è successo? – chiese
a quel punto l’amico. Voleva fare qualcosa per lei, voleva
farle tornare il sorriso. – Ho capito che centra il tuo ragazzo, se così si può
ancora chiamare… - quella frase nascondeva un doppio
senso. Stava alludendo a qualcosa, e infine decise di dire finalmente la sua. –
Se ti fa soffrire in questo modo, non merita il tuo
amore. E’ solo un’egoista.
- Ti assicuro che non lo è, credimi.
- Ah no? – le rivolse uno sguardo bieco – Mette a
repentaglio la tua vita coinvolgendoti in situazioni strane e pericolose, ti
tratta come una persona che non è in grado di prendere le proprie decisioni, ti
lascia da sola proprio quando tu hai più bisogno di
lui e per occuparsi del suo bizzarro lavoro… Se non è un’egoista, dimmi allora
cos’è.
Kaoru guardò nel fondo della tazza
fino a specchiarsi nel liquido dorato della tisana. – E’ colui
che amo. – replicò con voce soffusa, ma quella
risposta fece irritare ancor più il ragazzo.
Con uno scatto si alzò dalla sedia - Ridicolo! – sembrava fuori di sé - Non puoi essere così cieca, non puoi
essere così innamorata di lui, non puoi! Ascoltami – fece
all’improvviso, posandole due mani sulle spalle. La fissava in modo strano, tant’è che lei per un istante si
sentì a disagio. – perché non vieni via con me, perché
non scappiamo via non appena questa faccenda sarà finalmente conclusa?
- Faccenda? – ripeté la giovane con aria frastornata – A
cosa ti riferisci? – sperava di ottenere una
spiegazione, il comportamento di Ikuo
le era parso strano, tuttavia ciò che ricevette da lui fu solo un mezzo sorriso.
Si accorse subito che in quella bocca arcuata c’era qualcosa di diverso, di ambiguo. Non sembrava più il ragazzo allegro e spensierato
di sempre, e quella stretta sulle spalle anziché allentare dava l’impressione
di farsi sempre più pressante. – Ikuo… così mi fai
paura. – biascicò, mentre lo fissava con una certa inquietudine.
- Non voglio spaventarti, ma… - si trattenne, la stretta
allentò, al contrario del sorriso che si fece sempre più marcato. Sembrava una
smorfia di trionfo. - Tra non molto sarà tutto finito, te lo prometto, e tu
verrai con me, scapperemo lontano da qui, inizieremo finalmente a vivere!
Kaoru fu colta dal panico. - Io…
io non verrò da nessuna parte. – Si sentiva tesa, e quando tentò di rimettersi
in piedi, ebbe un capogiro. Lungo tutto il corpo avvertì un senso di malessere,
tremava, non riusciva più a muovere le gambe, sentiva le forze mancarle da un
momento all’altro, poco dopo le si annebbiò la vista.
Guardò la tazza poggiata davanti a sé. Scosse a malapena il
capo, e tentò di dire qualcosa. – Cosa hai messo nella
tisana?
Il ragazzo sorrise ancora. - Dormirai per un po’, e al tuo
risveglio sarà tutto finito. – Kaoru riuscì ad udire
quelle parole, ma non poté più rispondere.
Poi tutto divenne buio.
***
Non si trovava da Asami. Rei era appena stato lì.
Non era nemmeno da Souka. Gonza
aveva appena finito di telefonare.
Sembrava essere sparita.
Non sapevano più dove guardare, dove cercare, chi chiamare.
Kouga ormai stava iniziando a perdere
il controllo. Prese il soprabito, se lo infilò, era
pronto a partire ma Jin lo trattenne.
- Dove stai andando?
- Vado a cercarla. – rispose sbrigativo.
- Non sai nemmeno dove andare, rifletti.
- Jin ha ragione. – replicò Rei – In questo modo sprecheremo solo tempo.
Potrebbe essere ovunque. Se vogliamo trovarla, sarà
meglio dividerci le zone.
Kouga abbassò il capo, cercava di
mantenere la calma, di essere lucido, ma l’idea di Kaoru in giro per la città e con un potente sortilegio
indosso gli procurava solo una forte inquietudine.
Sapeva bene che il piano di Rei era il migliore, eppure
quello stato di tensione emotiva gli impediva di riflettere.
Poi…
- Kouga!
- Rei!
- Jin!
Furono i tre Madougu a parlare. I Cavalieri
Mistici sollevarono le mani, Zarba
aprì per primo la bocca. – Avverto una forte energia mistica. Qualcuno
ha appena eretto un cerchio magico.
- Si trova a non molti chilometri da qui, verso la parte
orientale della città, in un luogo poco abitato circondato da un piccolo corso
d’acqua. – precisò Silva.
- La parte orientale? – Rei si mise
pensieroso, stava tentando di ricordare qualcosa.
- Un luogo poco abitato… un corso d’acqua… - ripeté Kouga, era convinto di aver già visto quel posto, di
esserci passato almeno una volta, finché non ebbe un flashback
improvviso che gli fece ricordare tutto. Lui e l’amico si rivolsero uno
sguardo.
- In quella zona abita quel tizio… Shiro!
- C’è dell’altro… - precisò Danda, il bracciale magico di Jin – avverto una flebile energia al centro del cerchio. E’
un flusso che ho già avuto modo di conoscere. – Danda
non riusciva a ricordare, ma Zarba sì. E con la sua risposta capovolse le sorti della serata.
- Appartiene a Kaoru.
Svelto, Kouga lo sollevò d’innanzi
al viso. – Ne sei sicuro? – chiese con il cuore in gola, l’anello annuì. E dopo
ciò, nessuno fu più in grado di fermarlo.
Uscì alla svelta, correndo tra le vie semi illuminate, Rei e
Jin lo accompagnarono.
Doveva arrivare in quel posto il prima possibile. Doveva
salvare Kaoru. E mentre si
muoveva velocemente non riusciva a pensare ad altro.
- La senti ancora? – domandò al Madougu,
con la paura nel cuore.
Questi mugugnò un sì, poi aggiunse: - Non vogliono
ucciderla, altrimenti lo avrebbero già fatto. Chiunque esso sia,
sta cercando di attirare la tua attenzione servendosi di un’esca molto
speciale.
- Se la sua energia vitale si abbassa o
noti anche solo un minimo cambiamento, dimmelo. - Kouga
era troppo agitato. Voleva raggiungerla a tutti i cosi, il
più in fretta possibile, solo così si sarebbe calmato.
Gli bastava essere lì con lei per tenere a freno l’angoscia.
Mancavano una manciata di metri,
solo pochi isolati. Passarono d’innanzi all’abitazione di Shiro,
all’apparenza tutto sembrava normale, le luci della casa però
erano spente.
Ironia della sorteKouga lo vide di sfuggita dal capo opposto della strada.
Senza riflettere si avventò sull’uomo, afferrandolo per il
bavero della giacca. – Che cosa le hai fatto?! – urlò,
strattonandolo con brusca violenza. Rei e Jin
sopraggiunsero alle sue spalle con il fiato ormai corto.
- Ma che diavolo stai facendo! – reagì l’uomo, cercando di scrollarselo di dosso – Lasciami
subito!
- Dimmi dov’è! – Kouga sembrava
fuori controllo.
- Dove hai portato Kaoru?! – intervenne Rei, con una mano già sull’elsa di uno dei
due spadini.
Shiro guardò entrambi con un’aria
stranita. Poi si ricordò della ragazza che aveva qualche ora prima bussato alla
sua porta. - Se ti riferisci a quella giovane con la
pelle bianca, in questo momento dovrebbe trovarsi con mio figlio. – gettò un
occhio all’abitazione, vide che le luci erano spente, ma all'improvviso si
sentì lasciare da Kouga. Il ragazzo era impallidito
di colpo.
- E’ stato lui... – mormorò in un
primo momento, con gli occhi sgranati, l’espressione allibita. Jin non afferrò al primo colpo, ma
Rei che stava iniziando a capire, sì. E non riusciva a
smettere di pensare a tutto ciò.
Si scambiarono uno sguardo d’intesa, e senza perdere altro
tempo cominciarono subito a correre.
Shiro decise di seguirli. Aveva
intuito che poteva esserci qualcosa di strano in quella faccenda. Qualcosa che riguardava anche suo figlio. E
solo più tardi avrebbe scoperto la dura quanto triste verità.
***
Kaoru era riversa al suolo.
Attorno a lei ed impresso sull’asfalto si trovava un cerchio. Le linee
tracciate con una particolare miscela composta da
polvere ricavata dai resti di un Orrore e sangue la circondava quasi come se
fosse una prigione. Nel cerchio si leggevano chiaramente dei caratteri scritti
in lingua Makai, forse una sorta di formula magica
che serviva a qualcosa.
Arrivati sul posto, il Cavaliere dell’Est si gettò in
direzione della giovane, tuttavia quando oramai stava
per toccarla, non riuscì ad avvicinarsi e fu rispedito all’indietro. – E’ stata
eretta una barriera magica. – gli confermò Zarba, e
poco dopo si sentì un’altra voce.
- Pensavi che te l’avessi lasciata portare via così
facilmente? – Ikuo era uscito allo scoperto, sotto lo
sguardo allibito dei presenti. Kougafaceva fatica a trattenersi, la rabbia gli impediva di
parlare. – E così, siamo giunti alla fine. A quanto pare ho vinto io, no? – proclamò con aria
vittoriosa, senza staccargli gli occhi di dosso.
- Lasciala andare! – tuonò il Cavaliere
Mistico, cercando di mantenere il controllo. Sapeva che Ikuo
avrebbe potuto vendicarsi facendo del male a Kaoru,
perciò non valeva la pena rischiare.
- Dopo tutta la fatica che ho fatto, dovrei lasciarla
andare? – scosse il capo in modo ironico – Ma non temere, quando avrò finito
con te la porterò via da questo posto. – Quella frase
aveva un suono pungente.
- Cosa hai intenzione di fare? Non
riuscirai a tenerci testa, siamo Cavalieri Mistici, lo hai
forse scordato? – intervenne Rei, lui e Jinaveva già sguainato le armi.
Ikuo ridacchiò divertito. – Beh –
premise, estraendo qualcosa dalla tasca. Era una pietra dal colore verde
brillante, molto simile agli occhi del Cavaliere
Dorato. Ci soffiò sopra, e poco prima di abbassare le
palpebre dichiarò con una sonora esclamazione – Anche io!
Una luce forte e sfavillante lo ricoprì del tutto, quando il
bagliore svanì l’armatura dorata di quel Cavaliere così simile a Garo scintillò sotto il cielo, ma fu Kouga
quello a provare maggiore sgomento.
- Tu…! – esclamò, sentendosi rapire da un’incontenibile
rabbia. I dubbi che lo avevano tormentato per così tanto
tempo adesso erano spariti. Ora ogni tassello di quel contorto mosaico finalmente
aveva riacquistato una sua logica. Il quadro gli fu interamente completo quando con una facilità impressionante ricollocò
ogni ambiguo istante nella sua giusta maniera. Quelle notti passate a
riflettere adesso potevano avere un senso.
Da qui in poi non ci sarebbe stato nessuno
scontro impari, finalmente si poteva giocare una partita a carte
scoperte. Nessun trucco, nessun gioco illogico, nessun
magico inganno.
Solo la verità.
- Ti starai chiedendo come tutto
ciò sia possibile… - la voce di Ikuo
attraverso l’armatura era più imponente. – Ti ricordi di questa? – fece, e gli
mostrò qualcosa di piccolo ed affilato. Kouga
riconobbe senza esitazione l’Ottava Stella del Makai.
– E’ stata proprio questa stella a ferirti alla mano,
quella fatidica sera. Per evocare la tua stessa armatura mi serviva una goccia
del tuo sangue, dopodichè, lo spirito malvagio, colui che
tutti chiamano “il distruttore” ha fatto il resto.
- Allora sei tu che ti avvali dell’aiuto di
Ahriman… - disse Rei, avendo risolto anch’egli
l’arcano mistero che si celava dietro tutta quella faccenda.
Jin, il Cavaliere dell’Ovest
scosse il capo. - Come hai fatto a forgiare la stella? Non sei un Monaco
Mistico.
- L’ha trovata. Non è forse così? – esclamò ad un tratto una
voce. Si trattava di Shiro, sopraggiunto in quel
momento. Aveva assistito alla scena, ascoltato in silenzio le parole del figlio,
ed ora non poteva più tacere. – Avevo sotterrato quell’arma
in un terreno lontano, molti anni fa, come hai fatto a
trovarla? Io… non me lo spiego.
- Papà… - Ikuo fu colto alla
sprovvista. L’arrivo inaspettato dell’uomo lo aveva spiazzato. Tuttavia sapeva già cosa rispondere. Ormai non aveva più
nulla da perdere. – Ho trovato il tuo diario, quello che nascondevi in
soffitta.
- Il mio diario – ripeté l’uomo – avrei
dovuto sotterrare anche quello, bruciarlo… - il tono della voce gli si
faceva sempre più basso, più spento - Dimmi solo perché… voglio solo sapere il
motivo di questo tuo gesto. – Shiro non riusciva a
darsi pace mentre osservava quell’armatura
dorata che in realtà racchiudeva in sé suo figlio – Lo sai a cosa vai incontro,
i rischi che corri? Il patto che hai stretto con Ahriman ti vieterà per sempre il paradiso. Ti rendi
conto di quello che hai fatto, di ciò che hai risvegliato?
- L’ho fatto per te, papà! – rispose bruscamente Ikuo – Nelle pagine di quel diario c’era tanta rabbia,
tanto odio verso colui che ti aveva impedito di
realizzare i tuoi sogni. Volevo riscattarti, volevo che tu nel vedermi
indossare questa armatura fossi stato fiero di me.
Eliminando il vero Garo speravo di farti dimenticare
il passato, volevo realizzare quello che è sempre stato il tuo più grande
desiderio, e ora ci sono riuscito!
- In che modo? Mettendo a repentaglio la vita di questo
ragazzo e quella delle persone che gli stanno accanto? – Shiro
fissava il figlio con uno sguardo furente. – No, non è questo che ti ho
insegnato. Non si realizzano i proprio sogni tarpando
le ali agli altri! Dovresti vergognarti, dovresti… - l’uomo era distrutto,
amareggiato, non riusciva più a parlare, c’era troppa rabbia in lui, e mentre
scuoteva il capo iniziò a chiedersi in che cosa avesse
sbagliato.
- Ma tu in quel diario meditavi
vendetta! Tu… - non poté finire, il padre lo interruppe
bruscamente.
- Ero giovane, deluso, mi sentivo perso, ma con il tempo ho
capito che nel mio modo di pensare c’era qualcosa di
sbagliato. – si posò una mano nei capelli con un gesto disperato – Ho sbagliato
tutto… avrei dovuto accorgermene che in te c’era
qualcosa di diverso. Quel patto ti ha cambiato, anche se facevi del tutto per
tenermelo nascosto, ti vedevo spesso assente. Credevo
che la mancanza di tua madre potesse farti soffrire, ma
invece mi sbagliavo. Rimedia allo sbaglio che hai fatto, lascia andare
quella ragazza ed esci da questa corazza che non ti appartiene!
Le parole di Shiro risuonarono
nell’aria quasi come una pesante condanna, ma furono del
tutto inutili. Ikuo non voleva dargli ascolto.
Era convinto che il padre con il tempo lo avrebbe accettato, che avrebbe
compreso. E poi sapeva che aveva tutte le carte in
regola per vincere in modo definitivo quella battaglia. Ne era
consapevole, perciò non avrebbe mai ceduto, non prima di aver portato a termine
il suo compito.
Sguainò la spada e con uno scatto la puntò d’innanzi a Kouga. Rei e Jin avanzarono in
direzione dell’amico, ma il falso Garo richiamò con
l’ausilio della magia un gruppo di Chimere Mistiche.
Gli esseri sbucarono dal terreno e seduta stante bloccarono i due Cavalieri con fare minaccioso. Per
fronteggiarli furono costretti ad evocare le proprie armature, ma come volevasi
dimostrare vista la forza i nemici non erano solo
semplici illusioni.
- Adesso tocca a te – ruggì il falso Garo investendo Kouga con uno
sguardo torvo – evoca la tua inutile corazza e preparati a morire! – dicendo ciò mosse il braccio che impugnava la spada per scagliare
il primo di una lunga serie di fendenti.
Kouga indietreggiò rapidamente,
evitando il colpo, e quando fu abbastanza lontano evocò la sua armatura per
trasformarsi in Garo. Quello vero.
Tra i due lo scontro fu serrante. Si muovevano con la
medesima rapidità, la padronanza della spada era più che ottima, anche se le
abilità di Ikuo erano dovute
al fatto che l’armatura d’oro da lui indossata lo guidava nei movimenti e nelle
azioni. Infondo, quella corazza era stata ricavata
adoperando una goccia del sangue di Kouga.
Si aveva l’impressione che il vero Garo
combattesse in realtà con il suo stesso riflesso.
Tuttavia…
Il tempo messo a disposizione era scaduto. Kouga dovette uscire dall’armatura per non incorrere a ben
più noti e gravi pericoli.
Non avendo più una difesa, fu obbligato a mantenere una
certa distanza.
- Il fatto che io non abbia nessun limite di tempo ti penalizza. – il finto Garo
avanzò verso di lui, la spada tesa, pronta a colpire quel tanto odiato
bersaglio – Prima di stringere il patto con Ahriman,
ti ho spiato a lungo, ho seguito i tuoi movimenti, le tue
azioni, ma anche quelle della ragazza che vedevo accanto a te. Mi sono iscritto a quel corso di disegno per poterla conoscere meglio,
non è stato difficile diventare suo amico e sottrarle quella matita. Quando mi sono accorto che la sua amichetta chiacchierona
provava un certo interesse verso di me, ho deciso di approfittarne. E’ stato
divertente vederti tribolare mentre cercavi in tutti modi di evitare che Kaoru soffrisse. – lo fissò con aria
beffarda, divertito da ciò, sorrideva sotto lo sguardo sempre più
attonito di Kouga. - Inoltre, grazie a Kaoru ho imparato molte cose sul tuo conto, e più il tempo
passava più mi accorgevo che tra me e lei non c’erano disuguaglianze, eravamo
simili. Ciò che sto cercando di farti capire, è che quando tu non ci sarai più
sarò io a prendermi cura di lei, perciò non temere per la sua sorte, ed accetta
l’evidenza.
- Non farai nulla di tutto ciò! – ribadì
con spregio Kouga, e prima ancora che Ikuo potesse vederlo, estrasse il Madoubi
e lo investì con una fiammata di fuoco magico.
- Come pensavo… - mormorò Zarba quando vide che le
ardenti fiamme provocavano ad Ikuo un senso di acuto
dolore lungo tutto il corpo – Sarà pure un’armatura identica a quella del vero Garo, ma la lega che la compone non è la stessa. Il Fuoco Guida
non è in grado di nuocere ai Cavalieri del Makai. –
Il ragionamento di Zarba filava perfettamente, ad Ikuo però
non fece molto piacere. Quelle parole lo avevano fatto sentire una stupida ed
insignificante copia.
Facendo appello al suo potere richiamò una Chimera Mistica
dal terreno. Kouga si sentì bloccare da quella
creatura, ma opporre resistenza non gli servì a nulla. Ormai era spacciato. Il
falso Garo caricò il braccio che impugnava la spada,
la lama vibrò, gli altri due Cavalieri, Rei e Jin,
stremati dal combattimento con le Chimere, non riuscirono a sollevarsi dal
suolo.
Per Kouga la fine era sempre più
vicina.
Ebbe la forza di guardare Kaoru,
riversa al suolo, e provò rabbia. Non poteva concludersi
tutto in quel modo, lui doveva fare qualcosa.
Un fascio oscuro investì il Garo
fasullo che fu sbalzato via, lungo il terreno. Quell’intervento
inatteso aveva salvato Kouga, ma quando il giovane si
voltò per scorgere il suo misterioso salvatore divenne
di colpo pallido.
Ahriman era lì. Il vero
“distruttore”, lo spirito malvagio portatore di menzogna e falsità aveva usato i suoi poteri per impedire al suo stesso alleato
di uccidere Kouga.
- Sommo Ahriman… Perché? -
biascicò Ikuo, ricoperto dalla sua armatura che ora
per via del colpo ricevuto aveva perso splendore. Cercò di rialzarsi
ma ricadde.
Lo spirito ricoperto dalla sua imponente corazza cremisi
fece udire il tono altisonante della sua voce. – Tu volevi diventare un
Cavaliere d’Oro ed io te l’ho concesso. Ma il nostro
patto non comprendeva che la vita di quell’umano fosse
spezzata.
- Ma voi…
- Taci! – gli ordinò la creatura, poi si
rivolse a Kouga. Lo fissò a lungo con quegli
occhi gialli e freddi, pareva avere un certo interesse per lui, se lo aveva
salvato da morte certa c’era un motivo. Tuttavia non rivelò quali fossero le sue vere intenzioni. Indicò con un dito Kaoru, distesa in quel cerchio magico che fungeva da
portale e che serviva proprio a condurre Ahriman nel
mondo terreno. – Se tieni alla vita dell’umana che ora giace
ai miei piedi, presentati da solo e senza le tue armi al Ponte del Giudizio.
Io ti aspetterò là insieme a questa fanciulla. –
proferì con quella sua voce imponente, cupa.
- Non erano questi i patti! – strepitò all’improvviso Ikuo – Mi avevi promesso che
l’avresti risparmiata!
Ahriman gli lanciò un’occhiata
bieca. – Hai forse dimenticato che io sono il signore della menzogna?
La frase gli fece perdere il controllo. - Tu! – ringhiò alzandosi
con veemenza dal suolo, la spada sguainata e l’espressione dura in volto. Non
poteva permettere a quel mostro di portarsi viaKaoru.
Si lanciò verso di lui senza riflettere,
era troppo accecato dalla rabbia. Di sicuro non avrebbe mai potuto
tenergli testa. Neppure il più esperto Cavaliere
Mistico sarebbe riuscito a duellare contro Ahriman in
persona. La sua energia distruttiva poteva eliminare chiunque e in poco tempo.
Perfino le armature dei Cavalieri non riuscivano a garantire una protezione
efficace contro quelle scariche mortali. MaIkuo era solo un ragazzo, certi dettagli non poteva
conoscerli. E quella sua disattenzione gli costò cara.
Anche se in maniera indiretta.
ShiroYomoda,
suo padre, adesso giaceva esamine al suolo. Per proteggere il figlio da un
attacco mortale di Ahriman
gli aveva fatto scudo col proprio corpo.
L’energia oscura lo aveva interamente paralizzato. Molto
presto sarebbe arrivata al cuore, era questioni di attimi.
Ikuo si gettò verso il padre,
voleva soccorrerlo, fare qualcosa, ma egli con quelle poche forze che aveva
fece cenno di no. Ormai sapeva che non c’era più
nulla da fare. Era prossimo alla morte.
- Papa…! – singhiozzò il ragazzo, uscendo dall’armatura. Si
chinò sul viso del genitore. – Perché ti sei messo in mezzo?!
- Dovevo fare qualcosa per proteggerti… - rispose flebile
l’uomo, il volto pallido del viso, gli occhi prossimi allo spegnimento
– Anche se non sei un Cavaliere d’Oro ti voglio bene comunque, perché
sei mio figlio. – sollevò una mano e gli toccò amorevolmente la guancia. Poi,
chiudendo gli occhi sotto quel cielo scuro esalò il suo ultimo respiro.
Quella scena riportò Kougaal giorno in cui vide Taiga morire. Anche
in quel caso l’uomo aveva preferito sacrificare la sua stessa vita per
proteggere il suo amato bambino.
Per la prima volta provò pena nei riguardi di quel ragazzo
sfrontato che era sempre stato il suo rivale.
Ikuo strinse le mani a pugno, con
il volto rigato dalle lacrime si lanciò contro l’essere che gli aveva portato
via il padre, ma ovviamente non poteva sperare di ottenere vendetta in quel
modo, senza un’arma tra le mani, senza una protezione. La battaglia di un
semplice umano contro uno spirito malvagio non ebbe neppure inizio, e quando il
ragazzo avvertì l’energia distruttiva invadere il proprio corpo, comprese che aveva
così posto la parola fine al proprio destino.
Si accasciò al suolo, non riusciva più a rialzarsi, eppure
cercava di rimettersi in piedi, di sopraffare quel senso di malessere che
percuoteva il suo corpo, il dolore stesso sopraffò
lui e non fu più capace di muoversi.
L’imponente voce di Ahriman tuonò ancora una volta. – Ti aspetto al Ponte del
Giudizio, umano. Non farmi attendere, altrimenti questa ragazza ne pagherà le
conseguenze. – ribadì, e battendo in terra la lunga
asta della lancia che stringeva in una mano, lui e Kaoru
svanirono nel nulla.
Kouga corse verso il cerchio
magico, ma oramai era troppo tardi. Ahriman l’aveva
portata via.
Si portò una mano tra i capelli con un gesto disperato.
- Salvala – biasciò la voce tremolante di Ikuo. Kouga si voltò, poi lui e
gli altri lo raggiunsero, ma sapevano bene che non poteva aiutarlo in nessun
modo. Gli restavano ancora pochi attimi prima di raggiungere il mondo
ultraterreno. Nessun paradiso lo attendeva dopo la morte. A Shiro
era toccato lo stesso destino perché ambedue avevano sancito il Mistico Patto.
Invano.
Ma chissà, forse i due si sarebbero
incontrati.
Allungò una mano in direzione di Kouga,
ciò che voleva era una stretta – Promettimi che lo farai – pronunciò con le
ultime forze rimaste – Io… All’inizio volevo portarti viaKaoru solo per il gusto di vederti soffrire, ma come
uno sciocco me ne sono innamorato. – riuscì a dire, e quando la mano del
Cavaliere dal cappotto bianco strinse la sua, Ikuo chiuse gli occhi.
Per sempre.
Prima Shiro, e adesso anche lui… Ahriman aveva già causato la morte di due persone quella
sera. E se Kouga non si
fosse presentato al Ponte del Giudizio, la terza vittima di quel crudele
spirito forse sarebbe stata Kaoru.
- Cosa facciamo adesso? – fece Rei,
rinfoderando le armi.
- Ovviamente, quella di Ahriman non è altro che una trappola. – dichiarò Jin. MaKouga
la sua decisione l’aveva già presa.
- Io vado. – fece in un primo momento, poi chiese a Zarba di prepararsi ad aprire un portale magico. Prossima
destinazione: le terre del Makai.
Jin lo invitò a riflettere, Rei al
contrario si offrì di accompagnarlo, anche se la creatura lo aveva invitato a
raggiungere il Ponte del Giudizio da solo, e per di più senza armi al seguito.
Consegnò la propria a spada al giovane Suzumura, poi
il Madoubi, l’accendino magico.
- E’ una follia – constatò in un primo
momento Rei – ciò nonostante, ti capisco. – Per la sua amata Shizuka avrebbe fatto la stessa cosa. Non aveva alcun
dubbio.
Zarba riuscì a creare un
passaggio. Adesso era giunto il momento di andare. – Stai attento e ricorda che
Ahriman è un’abile imbroglione.
Non fidarti mai di lui. – gli ricordò Rei, Jin al contrario fu di poche di parole. Quell’idea non gli piaceva affatto,
però non avrebbe mai potuto impedirgli di andare. Si limitò ad augurargli buona
fortuna, e non appena Kouga oltrepassò il passaggio
magico e svanì anch’egli, i due si diedero subito da fare.
- Avverti i Cani da Guardia della cosa, io
nel frattempo cercherò di chiamare i rinforzi. – si affrettò a dire Rei.
Jinassentì, poi
ognuno prese strade diverse.
- Cosa pensi di fare, Rei? – gli
chiese preoccupata Silva, e il ragazzo cercando di mantenere la calma ci
rifletté su.
Sapeva già a chi rivolgersi: - Chiamerò dei vecchi amici. – e dicendo ciò sparì all’orizzonte.
***
Kouga, arrivato nel Makai si guardava intorno con aria circoscritta. In quel
luogo era tenuto a mantenere gli occhi ben aperti.
Poi il ragazzo lo vide. D’innanzi a sé si ergeva maestoso
l’antico Ponte del Giudizio. Alla fine di esso una
figura statuaria di nome Ahriman attendeva il suo
arrivo. Stesa ai suoi piedi c’era Kaoru.
Kouga iniziò a muoversi verso la
struttura sospesa tra cielo e terra, la voce di Zarba
però lo trattenne. – Sei davvero convinto di ciò che stai
per fare? Ahriman vorrà certamente qualcosa in
cambio. – constatò sapientemente.
- Non ho altra scelta. Devo rischiare.
- La tua risposta non mi sorprende. Voi umani sareste capaci
di dare la propria vita pur di salvare quella della
persona che amate. Ad ogni modo, stai ben attento alle promesse di quell’essere, mentire gli riesce bene. – L’anello diceva il
vero, Kouga annuì consapevole di quello che stava per
fare, perciò senza esitazioni si avviò verso il ponte.
Il pavimento di quella struttura eterea si
illuminò non appena il giovane ne sfiorò la superficie bianca e liscia.
Il bagliore poi andò via via scemando. Quando fu a
metà strada, il Madougu gli ricordò che se avrebbe oltrepassato il punto di mezzo per raggiungere
l’altra parte non sarebbe più potuto tornare indietro, perciò si trattenne.
Ahriman lo scrutava con un certo
interesse, ma inizialmente tacque. A Kouga quel
silenzio lo rese ancora più nervoso.
- Avanti, dimmi cosa vuoi. – fece per essere più sbrigativo,
mentre fissava il mostro con aria inflessibile.
- Vorrei proporti uno scambio. Un solo e semplice scambio.
- Di che genere? Sii più chiaro. – lo esortò, ed arrivò
subito al dunque – Cosa vuoi in cambio della ragazza?
Ahriman sembrò sorridere poco
prima di dare la sua risposta. – Te. – disse, mentre sul volto del Cavaliere si
manifestò una smorfia di stupore. – Mi sembri sorpreso… Penso sia plausibile,
dopotutto ti ho appena chiesto di scambiare la tua vita con quella di questa fanciulla. Non è forse uno scambio equo? Una vita in cambio
di un’altra. Mi sembra onesto da parte mia.
- Dove vuoi arrivare con ciò? Cosa vuoi da me?– Kouga stava iniziando
a perdere il controllo delle proprie azioni. Quella richiesta lo aveva in tutto
e per tutto spiazzato.
- La risposta è tanto semplice quanto scontata – iniziò Ahriman – Sei stato l’unico Cavaliere del Makai che grazie alla sua forza è riuscito a ricacciare Meshia nelle sue terre. Io ho bisogno del tuo potere per
sconfiggerla una volta per tutte ed impadronirmi di
questo mondo.
Ascoltate le motivazioni, Zarba gli pose un quesito. – Non sei interessato al
mondo degli umani? Perché…?
- Laggiù c’è già troppa menzogna. La falsità dilaga ovunque,
nei cuori delle persone c’è odio, ferocia, cattiveria… Un mondo così non vale
la pena di essere espugnato. Perlomeno, non ancora.
- Ti sbagli – intervenneKouga, con voce ferma e decisa – seppur in minoranza, le
persone con un animo onesto e leale esistono ancora. E
fanno parte di quel mondo. – con gli occhi guardò Kaoru
distesa sulla superficie bianca del ponte. Lei faceva parte di quell’universo, apparteneva alla schiera di persone che
possedevano un cuore puro. Il suo posto non era lì, ai piedi di
Ahriman. Lui doveva riportarla a casa, anche
se facendo ciò sarebbe stato costretto ad accettare la proposta dell’essere –
Tu sei lo spirito che governa gli influssi legati alla
menzogna, come posso fidarmi di te?
Con un movimento della mano lunga ed ossuta, Ahriman scrisse a mezz’aria qualcosa. Si trattava di un
contratto. – Leggi pure attentamente, non troverai nulla di sbagliato. Quando sarai pronto, per sigillare il nostro patto imprimi
la tua mano sullo scritto e sarò obbligato a mantenere la parola data così come
tu sarai costretto a venire via con me.
Kouga lesse attentamente quelle
parole scritte in lingua Makai, quando ebbe finito
capì che doveva fare una scelta.
Sollevò la mano destra senza incertezze, perché sapeva di
non averne. Per Kaoru avrebbe fatto qualsiasi cosa,
anche la più estrema, folle, impensata. Perciò non aveva motivo di sentirsi angosciato.
Lo stava facendo per lei. Nient’altro. E
questo pensiero gli bastava.
- Kouga – intervenne
il suo anello – pensaci bene. – lo esortò a riflettere, ma in cuor suo Zarba sapeva che cosa sarebbe successo da lì a poco. Non
poteva di certo obbligarlo a non firmare, anche se avrebbe voluto.
Il ragazzo sollevò la mano dove risiedeva il Madougu. – Prenditi tu cura di lei
– disse, con un accenno di sorriso guardò amorevolmente il proprio compagno, ma
Zarba non disse nulla, non gli piacevano gli addii.
Poi si vide sfilare dal dito e posare in terra. Ciò che riuscì ad intravedere
da quella prospettiva, gli provocò un profondo senso di malinconia. Il suo
proprietario aveva appena firmato la sua condanna a
morte. Eppure a vederlo sembrava tranquillo.
Quando l’impronta della mano si fissò su quel nugolo di
lettere fluttuanti, una luce investì sia lui cheKaoru.
In pochi istanti la ragazza si ritrovò al posto di Kouga, e Kouga… riemerse dall’altra
parte.
Non gli fu neppure concesso di sfiorarla con una mano.
Dovette accontentarsi di rivolgerle uno sguardo perché una barriera di vetro
gli impediva di andare da lei.
Kaoru poco per volta aprì gli occhi, si sentiva stordita, confusa. Quando mise a
fuoco intorno a sé vide un territorio interamente
spoglio, bianco.
Si alzò, con una mano poggiata sopra al capo, che cosa le
era successo? Stava sognando?
Aveva ancora le gambe intorpidite, ma nel momento in cui
intravide Kouga proprio di fronte a lei si rimise
subito in piedi.
Corse in quella direzione, un sorriso le illuminò il volto,
sorriso che poi appassì subito non appena andò a sbattere contro qualcosa.
Si trattava di una barriera simile ad una lastra di vetro.
Quel muro a prima vista impercettibile divideva la metà buona del ponte da
quella malvagia. E di conseguenza anche Kaoru da Kouga.
- Non capisco – fece in un primo
momento. Scosse il capo ed iniziò a guardarsi intorno. Forse c’era un’altra
strada per aggirare quell’ostacolo invisibile, o
forse bisognava premere un interruttore od eseguire un comando speciale. Guardò
Kouga nella speranza che egli potesse risolvere i
suoi dubbi – Dove ci troviamo? E perché questa lastra
ci divide? – aveva i tratti del viso molto scossi, era turbata, il cuore le
batteva forte in petto. Deglutì aspettando una risposta, ma lui posando con
delicatezza una mano sul muro di vetro le rivolse un sorriso. – Perché non dici niente? E’ forse successo qualcosa? Questo
posto non mi piace… torniamocene a casa, ti prego.
Kouga reclinò il capo verso il
basso, non riusciva a guardarla negli occhi e nello stesso tempo a dirle una verità che le avrebbe fatto molto male. – Non
posso accontentarti questa volta. – le rispose, lo sguardo
gli divenne immediatamente triste.
- Che cosa significa che non puoi?
– Kaoru appoggiò una mano sulla lastra cristallina,
nel punto in cui il ragazzo teneva la sua. Anche se
non poté toccarla, riuscì a sentirne solo il calore che si diffondeva
attraverso il vetro. Spostò lo sguardo oltre le sue spalle, vide Ahriman alla fine del ponte che aspettava qualcosa… o qualcuno.
Intuì subito che la situazione non era delle migliori. – Che
cosa sta succedendo? Ti prego, dimmelo. – Quegli occhi
così inquieti, quell’espressione tesa, ansiosa… Doveva darle una risposta. Kouga
doveva trovare il coraggio necessario per dirle la
verità.
– Non posso venire
con te. – disse guardandola negli occhi, ma gli costò tanto farlo.
- Non puoi venire ora, vuoi dire
questo? Ma poi lo farai, vero? – Kaoru
si fece sempre più inquieta, soprattutto quando si
accorse che lui nonostante le ripetute domande continuava a non darle risposte
chiare.
- Purtroppo no – proferì una vocina alle sue spalle. Si girò
e vide poggiato in terra Zarba. Ma
se lui era lì, come mai Kouga non lo portava più al
dito? Quando l’anello si apprestò a concludere la
frase il segreto fu presto svelato. – Per salvare la tua vita ha stretto un
patto con Ahriman, e adesso sarà costretto a passare
il resto dei suoi giorni rinchiuso in questo mondo.
Quella rivelazione inaspettata le suonò come una tremenda
condanna. Ebbe un sussulto, avvertì chiaramente un tonfo al cuore, prima fissò
l’anello con un’aria stranita, ma quando si rese conto che Zarbanon stava affatto mentendo, subito guardò Kouga, il suo Kouga. Colui che non avrebbe più rivisto.
Gli occhi le vibrarono, un nodo in gola
inizialmente le impedì di parlare. Ma lei
doveva dire qualcosa.
- Che significa che resterai qui?
Che cosa vuol dire che non potrai più tornare a casa?
Non potrai più tornare… da me?
Seppure con uno sforzo enorme, Kouga fu costretto ad annuire. – E’ così. – rispose
solamente, non sapendo cosa altro dire, non sapendo
quali parole aggiungere. E quando la vide di colpo scoppiare in lacrime si sentì una persona inutile.
Avrebbe voluto evitarle una simile
sofferenza, avrebbe dovuto.
Eppure… Dopo le tante giornate
trascorse insieme, ora lì su quel ponte stavano per dirsi addio.
No, Kaoru non poteva accettarlo.
Mossa dalla disperazione iniziò a picchiare contro quella maledetta lastra che
la teneva lontana dall’unica persona che mai avrebbe voluto perdere. Più la
prendeva a pugni, più le lacrime le scendevano giù dal viso, la sofferenza aumentava, la rabbia accresceva a dismisura. – Non puoi farlo, non puoi! – disse tra i
singhiozzi – Non puoi lasciarmi sola. – Era disperata,
la voce sporcata dalle lacrime, scuoteva il capo con lo sconforto negli
occhi, con la paura di doverlo perdere da un momento all’altro. – Non puoi lasciarmi!
– ripeté mentre lo fissava con maggiore inquietudine,
con maggior… disprezzo. – Perché hai fatto una cosa simile?!
Tu… non dovevi rinunciare alla tua vita! Sei uno stupido! Tu… non dovevi…
- Zarba si prenderà cura di te, e
anche Gonza lo farà, ne sono certo. – le rispose Kouga, ma cosa poteva ormai dire o fare? Come doveva
comportarsi adesso che quel patto l’avrebbe condotto via da lei? Non c’erano
parole o gesti in grado di placare quel senso di vuoto indotto da una situazione
oramai irreversibile. Come potevano d'altronde le premure di Zarba e quelle di Gonza sostituirlo? Il dolore lo stava
opprimendo. – Dovrai andare avanti senza di me, continuare la tua vita e…
- Ma la mia vita sei tu. – rispose Kaoru. La malinconia di quello sguardo unita alla dolcezza
che il suono della sua voce riuscì a diffondere raggiunse il cuore di Kouga aldilà della barriera. Premette la fronte contro
quella gelida lastra, strinse forte gli occhi, avrebbe voluto
stringerla almeno a sé, carezzarle il capo, sfiorarle la guancia con un bacio. Serrò
in un pugno la mano che teneva premuta sulla lastra e poi sussurrò qualcosa. –
Devo andare. – disse sforzandosi di non tremare con la voce.
Kaoru posò anch’ella
la fronte sul gelido vetro. – Non farlo – singhiozzò, non
voleva arrendersi a quel fato ingiusto. E poi
improvvisamente decise di reagire – Non c’è un modo per spezzare il patto? – si
girò per un attimo in direzione di Zarba. – Tu non
puoi fare niente? – gli occhi le tremavano, il suono di quella voce pregna di
false speranze tremolava, doveva avere fiducia, doveva
continuare a sperare, ma… con un sospiro profondo l’anello le fece capire che
non c’erano vie d’uscita. - Non può finire così… - disse con un filo di voce,
rapita dalla disperazione si voltò ancora verso Kouga,
voleva fare qualcosa per lui, ma egli scosse il capo quasi a voler dire “va
tutto bene, tranquilla”.
Come poteva Kaoru restare
tranquilla? Stava per perdere una parte di sé, la più importante. Lo stava per
perdere.
Tutti i suoi timori avevano iniziato a prendere vita, a
divenire una cruda quanto inverosimile realtà. Una vita senza Kouga non valeva la pena di essere vissuta. Era convinta
che non sarebbe riuscita a sopportare il peso di quell’abbandono.
Lo guardò dritto negli occhi. – Non puoi rinunciare alla tua vita solo per
salvare la mia. – Al suono di quella frase egli sorrise gentilmente.
- Tu avresti fatto lo stesso. – e
mentre continuava ad osservarla per la sua ultima volta, la mano si staccò da
quella fredda lastra di vetro, iniziò ad indietreggiare sotto lo sguardo sempre
più disperato di Kaoru che gridava il suo nome a voce
alta, batteva con i pugni chiusi su quel muro invalicabile, piangeva.
Kouga si girò per non guardarla. Anche se quelle grida continuavano a risuonare nell’aria, sempre
più forti, sempre più amare. Fu straziato da quel suono. Ma ormai non poteva fare più nulla. Era obbligato ad accettare
il suo destino.
E per farlo, le doveva dire addio.
Quando raggiunseAhriman preferì non voltarsi. Sarebbe servito solo a
ritardare ulteriormente la sua partenza perché lui ne era
certo: se le avesse rivolto lo sguardo non sarebbe più riuscito ad andar via.
Svanirono nel nulla una volta superato
il varco opposto, sotto lo sguardo atterrito di Kaoru.
Scosse lentamente il capo, era
confusa, incredula. Le sembrava di vivere un incubo, forse lo
era per davvero. Sì, quello era solo un brutto sogno, e una volta
sveglia sarebbe tutto passato.
Eppure sembrava così dannatamente reale…
Si lasciò scivolare in terra, lo sguardo perso, privo di
luce. Il sorriso spento.
Aveva smesso di piangere ma solo perché di lacrime non ne aveva più. Un senso di desolazione albergava in lei.
E adesso cosa sarebbe successo?
Come sarebbe cambiata la sua vita? Continuava a scuotere il
capo, continuava a sperare in un miracolo improvviso. Da lì non si
sarebbe più mossa. Kougaprima o
poi sarebbe tornato indietro. Ed era pronta ad
aspettarlo anche per tutta l’eternità, non le importava più di nulla, di
nessuno.
Lei voleva solo riabbracciarlo.
- Kaoru – disse
ad un tratto Zarba, riuscendo ad attirare la sua
attenzione – non possiamo restare qui. Dobbiamo andarcene subito.
- Lui tornerà, ne sono certa –
rispose la ragazza – Non può lasciarmi.
- Pensiamo prima ad allontanarci da qui, e poi ci occuperemo
di Kouga. – le propose il Madougu,
dando così una flebile speranza alla giovane umana – Avvicinati, presto. –
disse, e lei camminando a carponi lo raggiunse. – Ci
troviamo nel Makai – le spiegò successivamente
– e questo che vedi è il Ponte del Giudizio, una delle strutture più antiche e
magiche di questo mondo. Separa i confini della verità da quelli della
menzogna, ovvero il bene dal male. Sul ponte la mia
magia non funziona, quindi non posso aprire nessun varco per riportarti a casa.
- Allora spostiamoci da qui. – propose la giovane raccogliendolo
tra le mani ed alzandosi in piedi. L’anello mugugnò qualcosa poco prima di
farle notare laggiù, verso l’inizio del ponte un “piccolo” ma fastidioso
particolare. Kaoru sollevò il capo d’innanzi a sé,
dove Zarba le aveva detto di
guardare poi sussultò. Un branco di Orrori bloccava
l’accesso, erano affamati e piuttosto irrequieti. Solo a guardarli veniva la
pelle d’oca.
Tuttavia la ragazza si accorse che c’era qualcosa di strano
in quelle creature.
- Perché non ci attaccano?
Preferiscono aspettare piuttosto che venire qua, sembrano avere paura di
qualcosa…
- Il Ponte del Giudizio è un territorio neutro. A loro non è
consentito l’accesso. Se tenterebbero di oltrepassare
quel confine, la parte “buona” del ponte, quella in cui ci troviamo, li
ridurrebbe in cenere. E’ per questo che ho bisogno del
tuo aiuto. Ascoltami bene – premise il Madougu, successivamente le spiegò il piano.
Kaoru annuì, poi si diresse verso
l’uscita, più avanzava e più quelle infide creature sentendo l’odore dell’umana
diventavano irrequiete. Si fermò a pochi metri da loro. Il cuore le batteva
forte, ma Zarba le aveva detto
che almeno lì, su quel ponte restava al sicuro.
Il piano era semplice: la giovane avrebbe dovuto lanciare
l’anello aldilà del ponte, nella zona in cui risiedevano
gli Orrori. Una volta lì, Zarba sarebbe riuscito a
riacquistare i suoi poteri, ma… Kaoru
iniziò a chiedersi una cosa.
- Come farai ad eliminare quei mostri? Sono tanti… - chiese preoccupata. Quell’anello
non poteva avere dei poteri così grandi… o forse sì?
Zarbaridacchiò
con gusto, poi la fece preparare al lancio. – Una volta ti ho raccontato
che qui nel Makai il mio aspetto era ben diverso da
quello che vedi ora.
- Significa che ti vedrò nella tua vera forma?
- Lo scoprirai tra poco, quando sarò dall’altra parte, cioè… ORA! – urlò, dandole così il via. Kaoru
lo lanciò in aria, ben oltre il confine di terra che separava il ponte dal
continente arido e secco del Makai.
Zarbavolteggiò
in aria, sopra le teste degli Orrori, poi una luce lo avvolse
all’improvviso. Cadde a terra, si udì un tonfo pesante, un suono strano,
poderoso, e quando il bagliore si fu dissolto, al posto del minuto Madougu apparve qualcosa di estremamente
grande. Ora su quel suolo si ergeva una creatura imponente, alta più di tre
metri, con braccia lunghe rivestite da una possente corazza,
un corpo scheletrico e duro come l’acciaio, dietro il capo, l’unica parte che
non aveva perso il suo solito aspetto, scendeva un pennacchio lungo e folto
colorato di rosso. Tra le mani ossute ed artigliate stringeva con fierezza una
falce lunga ma dall’aspetto minaccioso.
Con un colpo solo di quell’arma
sottile ed affilata, Zarba ridusse il nemico in
cenere.
Un Orrore scampato all’agguato tentò di attaccarsi alla sua
gamba, ma l’essere ossuto rivestito da quella corazza d’argento lo afferrò con
una sola mano, spalancò le fauci e con un ruggito infuocato lo carbonizzò in un
sol colpo.
Kaoru aveva assistito alla scena
con occhi spalancati. Era sbalordita da tutta quella potenza. QuandoZarba si voltò verso di
lei, con un balzo la raggiunse senza però oltrepassare il ponte, altrimenti
avrebbe perso i suoi poteri.
- In quella zona si può aprire un portale. – Zarba indicò con il dito lungo ed affilato un punto
lontano. – Dobbiamo sbrigarci, non posso mantenere
questa forma ancora per molto. Salta su, coraggio. – si abbassò leggermente per
darle l’aggio di salirgli sulla spalla. Kaoru si
sentì lievemente a disagio, poi però si rese conto che
doveva affrettarsi.
Si sedette così sulla spalla massiccia dell’imponente
creatura che iniziò subito la sua corsa.
Da lassù riusciva ad intravedere ogni
cosa, il vento durante la traversata le passava tra i capelli. Tenendosi
stretta a Zarba, le venne spontaneo fare una domanda.
– Non ti ho mai visto assumere la tua vera forma prima
d’ora… Come mai?
- Sulla vostra terra non mi è concesso riprendere il mio
aspetto originario. Soltanto nel Makai posso
richiamare il mio vecchio corpo, ma il procedimento richiede un elevato
dispendio di energia. – le spiegò, e non appena furono
vicini alla meta, Zarba, usando i suoi poteri riuscì
ad aprire un varco. Dietro di lui, un branco affamato di Orrori
gli fu subito alle calcagna. Si muovevano come cavallette, a gruppi numerosi,
pronti a spolpare fino all’osso l’ambita preda. – Tieniti forte! – disse a Kaoru, accelerando il passo, e con quelle gambe lunghe ed
agili riuscì a distaccarsi dagli inseguitori e a saltare letteralmente in quel
portale magico.
L’atterraggio fu tanto brusco quanto caotico.
Zarbariacquistò
la sua solita forma poco prima di cascare a terra, Kaoru
lo seguì a ruota. Entrambi ruzzolarono in
quella che, a prima vista poteva sembrare un’enorme sala. Ed
infatti lo era.
Si trattava della hall di casa Saejima.
Quando la giovane finì al suolo,
dopo un primo attimo di stordimento si vide arrivare incontro una figura
piccola e minuta che l’aiutò a rimettersi in piedi. – Rin…?
– biascicò, ancora frastornata. Ma non era da sola.
Sopraggiunsero Rei che raccolse Zarba da terra,
Gonza, Tsubasa e perfino Jabi.
– Ma voi… - riuscì ad articolare solo poche parole, Jabi le spiegò brevemente tutto.
- Ci siamo subito precipitati qui non appena Rei ci ha
spiegato cosa stava succedendo.
- Non potevamo ignorare la questione. – disse Tsubasa, e successivamente la
sorellina Rin aggiunse: - Tu e Kouga
siete nostri amici. – poi la ragazzina si guardò intorno – Ma
lui dov’è? – fece in un primo momento, anche Jabi e
il fratello iniziarono a chiedersi che fine avesse
fatto il Cavaliere dell’Est. Rei temeva già il peggio,
e quando vide Kaoru scoppiare in lacrime, le sue più profonde
paure presero vita.
Tra i singhiozzi la ragazza cercò
di raccontare l’accaduto, Zarba l’aiutò a finire
cercando di riportare tutto quello che era successo, quando disse che Kouga aveva firmato il contratto con Ahriman,
i presenti azzittirono di colpo.
Nella sala la sofferenza era palpabile.
Gonza fu costretto a sedersi su una sedia, Rin divenne pallida, Jabi si
sentì salire la rabbia al volto. “Che stupido” sbottò
tra sé, in preda alla disperazione.
- Dobbiamo riportarlo indietro. – disse ad un tratto Tsubasa. Rei lo fissò ed annuì
senza incertezze.
Il cuore di Kaoru iniziò a battere
forte. Era in preda all’agitazione. – Potete salvarlo? – biascicò tremante,
aspettando quella risposta.
- E’ un suicidio – intervenneJabi, certa della cosa. Aveva già intuito tutto, sapeva a
cosa sarebbero andati incontro, tutti gli altri ne
erano consapevoli, ma si trattava di Kouga. Colui che non aveva mai voltato le spalle a nessun amico.
– E’ un suicidio – ripeté ancora,
ma stavolta sorrise. - Però vale la pena rischiare.
Fine episodio
I
VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:
Eccoci
giunti al capitolo che finalmente, dopo anni di attesa,
svela il mistero! Mi sento in un certo senso più leggera…
però mentre scrivevo la parte in cui Kouga è
costretto a dire a Kaoru che non si rivedranno più ho
sofferto anche io insieme a loro, mentre provavo ad immaginare la scena.
Qui trovate
una mia fanart ispirata proprio a quel pezzo: http://4.bp.blogspot.com/_Y-wLnSbvRkk/S-RgjEBFAbI/AAAAAAAAAJI/NY_oldTArms/s1600/Botan+66.BMP
E adesso… è giunto il momento. Ebbene, proprio in questi giorni sto scrivendo l’ultimo
capitolo della GaroSecond
Season. E’ dura per me, a livello psicologico è molto difficile, primo perché
questa fanfic mi ha accompagnato per molto tempo
tenendomi compagnia sia quando le cose non andavano bene sia, al contrario,
quando mi sentivo particolarmente ispirata e avevo voglia di creare, inventare,
darle la vita. Cosa che ho
fatto, con tanto impegno e dedizione, anche quando ho iniziato a lavorare e non
avevo molto tempo libero a disposizione non l’ho mollata semplicemente perché Garo non ha mai mollato me.
Detto questo,
l’ultimo capitolo, il 31, chiuderà la storia.
La
pubblicazione avverrà prima dell’ultima puntata della GaroMakaisenki, ovvero la
seconda seria, prevista mi sembra per la metà di febbraio. Fino ad all’ora, questi ultimi capitoli vi terranno compagnia,
spero, nel migliore dei modi!
Per
DANYDHALIA: Cara D, come vedi grazie a questo capitolo il
mistero è stato svelato! Ma i colpi di scena non sono
ancora finiti…!
Per MissysP: Una nuova lettrice! Che bello!!! Grazie innanzitutto per la recensione e per aver letto
la storia in così poco tempo! Significa che ti è piaciuta, e questo mi rende
veramente felice! Tra non molto arriverà anche l’ultimo capitolo, ma se ti
continua a seguire!
Alla prossima!
Botan
ANTICIPAZIONI:
Un labirinto
oscuro, pieno di insidie metterà a dura prova Kaoru, Rei, Tsubasa e Jabi che tenteranno di arrivare a destinazione lottando
contro le proprie paure. QuandoKouga
sarà ad un passo da loro, Kaoru dovrà prendere una
decisione importante che, inevitabilmente, cambierà per l’ennesima volta il
corso degli eventi.
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
- Ma spiegami perché?! – esclamò Rin fissando con una certa ostinazione suo fratello Tsubasa. – Perché non posso venire anche io?!
- Vedi Rin… - intervenne Jabi, certa che se avrebbe lasciato fare a Tsubasa di sicuro la situazione sarebbe sfociata in un
litigio. – Il luogo in cui tra non molto dovremo
andare, è diverso da tutti gli altri. Ricordi la foresta di Guren?
I suoi tranelli, le sue insidie? E’ perfino più
pericoloso di quella foresta stessa.
- Ma io potrei esservi di aiuto. Ho
studiato molto, questo lo sai bene. Diglielo tu a mio
fratello, digli che ora sono più brava, digli che sono
pronta, Jabi!
La Sacerdotessa emise un sospiro, si girò verso Tsubasa ma
questi con uno sguardo torvo le fece capire che la sua era una decisione
irremovibile. – E’ per il tuo bene, Rin, cerca di
capire. C’è in gioco la vita di Kouga, non possiamo rischiare,
dovremo prestare la massima attenzione a quello che una volta entrati lì ci
attenderà. E poi, se anche tu vieni con noi chi terrà
aperto il portale? Il tuo compito è importante quanto il nostro. – le fece
notare, mentre la piccola storcendo il muso e con un profondo sforzo fu
costretta ad accettare le regole.
- Però… non ho mai praticato un simile incantesimo
prima d’ora. – disse preoccupata, mentre osservava delle candele
rigorosamente rosse disposte in terra l’una al fianco dell’altra fino a formare
un cerchio.
La sacerdotessa le appoggiò entrambe le mani sulle spalle,
infine sorrise. –Io ho fiducia in te, so che ci riuscirai.
Quando Rei ebbe finito di accendere
l’ultimo cero, Rin deglutì, e stringendo con
decisione il suo pennello magico si mise in posizione.
Si trovavano tutti nel giardino della residenza Saejima. Le grosse candele disposte in terra illuminavano
quella sera, mentre la luna tondeggiante si affacciava timidamente in cielo.
Jabi, Tsubasa
e Rei si posizionarono nel bel mezzo del cerchio, Kaoru li seguì senza esitare ma con un braccio Rei la
trattenne. – Non puoi venire – disse – è troppo rischioso.
- AncheKouga
ha deciso di correre dei rischi pur di salvarmi, e non me ne starò qui con le
mani in mano ad aspettare il vostro ritorno. Farò quanto in mio potere pur di
riportarlo indietro. – l’ostinazione regnava incontrastata in quello sguardo.
Rei esitò, poi si convinse che Kaoru
non avrebbe mai ceduto, ed abbassando il braccio le consentì di venire.
Con le setole del pennello magico di fronte alle labbra, Rin pronunciò delle parole nell’antica lingua Makai, quando ebbe finito soffiò
con tenacia, ed improvvisamente la fiamma ardente delle candele poste in terra
da gialla divenne bianca e poi di colpo nera. Quel segno indicava la
pericolosità del luogo in cui il quartetto si sarebbe recato.
Rin pronunciò ancora una frase,
l’ultima, e disegnando a mezz’aria delle linee scintillanti con l’ausilio del
suo pennello, aprì finalmente le porte a quel passaggio misterioso che
inghiottì in un baleno i quattro ragazzi, facendoli svanire nel nulla.
- Buona fortuna – disse la ragazzina. Era turbata, pregò
affinché tornassero alla svelta.
Il buon Gonza con fare benevolo le
posò una mano sulla spalla e con un sorriso affettuoso cercò di farle coraggio
senza però nascondere anch’egli il proprio turbamento.
Quel luogo non lasciava presagire nulla di buono. Fu la
prima cosa che pensò Kaoru quando ancora stordita
prese a guardarsi intorno.
- Dove siamo di preciso? – chiese,
la mano posata sul cuore, lo sguardo atterrito.
Si trovavano nelle gole profonde del Makai,
in un posto spettrale, un angolo che nessuno mai avrebbe osato visitare.
Rei andò dritto al sodo. – Nella
tana del nemico.
- Non proprio – precisò Tsubasa,
poi con un cenno del capo indicò un punto oltre le rocce – La dimora di Ahriman si trova aldilà di
questo labirinto.
- Il labirinto oscuro. Lo chiamano così. – disse ad un
tratto Jabi.
Tsubasa le gettò un’occhiata. - Lo
conosci?
- Se vuoi diventare un Prete del Makai devi imparare ogni cosa su questo mondo. Confesso
che il luogo in questione non mi è mai andato a genio. Da bambina facevo disperare
il maestro Amon perché ogni volta pur di evitare
l’argomento preferivo scappare dalle sue lezioni. Lui mi ripeteva spesso che
avere paura di questa zona equivale ad avere paura del
proprio inconscio, perché è qui che la menzogna prende vita per insinuarsi nel
cuore delle persone e di ogni essere vivente.
- Quindi, è qui che nascono le fandonie… - scherzò Rei, giusto per sdrammatizzare la cosa. Infondo
però percepiva anche lui una forte aura maligna, e ciò lo metteva a
disagio.
Quello che aveva raccontato Jabi
era vero, ogni essere umano nasconde qualcosa nel suo inconscio, ed ogni
persona ne è a sua volta spaventata. In un luogo
simile, capace di tirar fuori il peggio di ognuno, perdere lucidità sarebbe
stato tutt’altro che difficile.
Tsubasa guardò gli altri con fare
risoluto. Era giunto il momento di andare.
- L’inconscio di ognuno di noi è come questo labirinto. Ci
si può perdere facilmente senza mai trovare il suo punto d’arrivo. – Il
Cavaliere della Notte Bianca avanzò in direzione del dedalo spaventoso.
- Una volta dentro, non sappiamo quello che ci attenderà. Vi
consiglio di mantenere la vostra mente sgombra da qualsiasi pensiero. Dovete
concentrarvi solo sul punto di arrivo, sull’uscita. –
affermò la Sacerdotessa. Rei emise un lungo sospiro,
Silva mugugnò qualcosa, forse voleva dire al suo proprietario di fare estrema
attenzione, ma almeno per questa volta tacque.
- Avanzeremo in gruppo, con un passo diretto. – fece Tsubasa.
Jabi rettificò all’istante.
- Meglio essere cauti. Non sappiamo se durante il tragitto incontreremo delle trappole. Si tratta pur sempre di un
luogo che mira ad ingannare le sue prede.
- Troppa lentezza ci porterebbe a qualsiasi distrazione.
- Troppa rapidità nei movimenti ci porterebbe a perdere il
senso dell’orientamento. Dobbiamo attraversare un labirinto,
lo hai forse scordato?
- Dobbiamo restare concentrati, lo hai tu stessa ribadito, forse sei tu quella che ha scordato qualcosa. – guardò Jabi con
un’aria quasi di sfida, lei non apprezzò il gesto, e con braccia incrociate
diede la sua secca risposta.
- Perlomeno, io ho dimostrato di conoscere questo posto, a
differenza di qualcun altro. – disse, con una certa disinvoltura, mentre lo
guardava in modo particolare.
Tsubasa incassò il colpo senza
aggiungere altro. Dovevano addentrarsi in quel labirinto, non c’era né il tempo
e né la voglia per iniziare di sana pianta un litigio.
- Possiamo dividerci. – propose a quel punto Kaoru.
Tsubasa le lanciò un’occhiata
bieca. – Ho detto che avanzeremo in gruppo. Su di
questo non sono disposto a scendere a compromessi.
Jabi sorrise compiaciuta, infine
si fece avanti. – Avanzeremo in gruppo, ma lentamente. – Sembrava una perfetta
via di mezzo. Tuttavia…
Tsubasa e Rei si avviarono verso
l’entrata del dedalo oscuro, Kaoru li seguì maJabi ancor prima la
trattenne per un istante. – Non sarà una semplice passeggiata. – le ricordò,
guardandola negli occhi. Voleva farle capire che quel posto era realmente
pericoloso. Perfino lei ne era intimorita. – Con
questo non voglio dire che faresti meglio a tornare
indietro, ma se ti dovesse succedere qualcosa, so che Kouga
non ce lo perdonerà mai. Io cercherò di darti la mia protezione, ma sta ugualmente attenta a tutto ciò che ti circonderà.
Kaoru annuì, pur sapendo a cosa
stava andando incontro. Eppure strano a dirsi non
provava una forte inquietudine. Questo perché non aveva
smesso per un solo istante di pensare a Kouga.
Pregava affinché fosse ancora vivo, voleva rivedere ancora una volta il ragazzo
che le aveva in più occasioni salvato la vita, e che,
per dirla con un buffo gioco di parole, le aveva cambiato la vita.
- Non ti accadrà nulla, puoi stare
tranquilla – emise Zarba, sistemato sul dito medio di
Kaoru – Prima di andarsene, Kouga
mi ha chiesto di prendermi cura di te. Se non dovessi tener
fede alla parola data, non sarei più degno di essere la guida mistica di un
Cavaliere d’Oro. – pur ironizzando sulla questione,
l’anello era certo di quello che aveva appena detto. E aldilà
di tutto, Zarba con il tempo aveva imparato a volere
bene anche a quel pulcino spennacchiato, come si divertiva spesso a chiamarla,
di nome Kaoru. AncheKaoru teneva in modo particolare a lui. Sapeva che Kouga non lo considerava come un anello qualunque, quel Madougu era più di una semplice guida. Lo aveva aiutato a
crescere, gli aveva dato ottimi consigli, anche quando tra lui e Kaoru scoppiavano come tempeste improvvise implacabili liti
lo aveva indirizzato sulla retta via, e fatto capire
cosa era giusto e cosa, invece, sbagliato.
Zarbafaceva
parte della famiglia, questo era certo.
***
- Cosa ci fai qui? Non lo sai che
le Spalle Mistiche nel Palazzo dei Cani da Guardia non possono entrare? – le
disse Jin, il Cavaliere d’Argento, con modi tutt’altro che blandi.
Soukaarricciò
il naso facendo spallucce, poi arrivò dritta al nocciolo della
questione.
- Ho saputo che il Cavaliere d’Oro è rinchiuso nelle terre
del Makai governate dallo Spirito della Menzogna. Dovete
intervenire! – sbraitò, rivolta alla sentinella dell’Est che le stava
d’innanzi.
Questa, con modi assai calmi si apprestò a darle una
risposta. – Ha fatto una scelta, firmando un contratto, noi
non possiamo fare nulla.
Souka sbatté un piede in terra
colta da un moto di rabbia. – Tutto ciò non ha senso! Non potete abbandonarlo
al suo destino…!
- Noi guardiani siamo molto amareggiati per quanto accaduto,
credimi. Abbiamo perso un valido Cavaliere Mistico, e
non sarà facile continuare a svolgere il nostro operato senza il suo valido
appoggio.
- E’ questo il punto! Trattate Kouga
come se fosse un oggetto prezioso, ma nessuno di voi si rende conto che prima ancora
di essere un Cavaliere lui è una persona! – Souka era
fuori di sé, avanzò pericolosamente verso la sentinella, ma si sentì fermare da
Jin, che la trattenne per il braccio.
- Andiamo fuori. – disse, esortandola ad uscire da lì.
Malgrado tutto fu costretta a
seguirlo, e una volta in strada non si trattenne di certo. - Chi diavolo sei?! – sbottò, strattonandosi via da quella presa.
- Sono un amico di Kouga, e la
questione ti assicuro che non mi è del tutto
indifferente.
- Se veramente sei un suo amico,
dovresti imporre il tuo volere anziché assecondare quelle stupide creature
vestite di bianco.
- Il regolamento lo impone.
- Il regolamento… - Souka reclinò
il capo, era come se stesse rivivendo qualcosa – Mio padre è morto pur di
portare a termine il suo compito. E non permetterò che
a Kouga tocchi la stessa sorte. – In realtà Souka aveva un piano ben preciso. Era stato Gonza a
raccontarle ciò che era successo a suo cugino, inoltre il maggiordomo aveva
aggiunto che degli amici del giovane si stavano recando nel Makai
per riuscire a portarlo fuori da quel luogo desolato
che lo teneva prigioniero. – Devo allontanare Ahriman
da lì. – mormorò, Jin scosse il capo ma quando fece
per chiederle cosa avesse intenzione di fare, Souka
andò via di corsa. Non poteva perdere tempo.
- Ti toccherà andarle dietro, piccolo Jin.
– gli consigliò a quel punto Danda, il bracciale magico. L’umano borbottò
qualcosa, e poi fu costretto ad inseguirla.
- Conosco questa strada… - disse tra un passo e l’altro il
Cavaliere d’Argento, che quindi aveva deciso di aggregarsi a lei
– ma non mi hai ancora detto quali sono le tue reali intenzioni.
Souka sorrise, poi alzò il capo in
direzione di una casupola non molto lontana. – Lo scoprirai a breve.
Jin fu del tutto scettico. – Quel
vecchio eremita non ti aiuterà mai. – Forse aveva già intuito quali fossero le intenzioni della giovane.
- Lo farà. Mi deve un favore. Che tipo di debito
poteva mai avere l’anziano Denemon nei riguardi di Souka?
Jin scosse ancora il capo quando ad un tratto sentì un urlo, subito dopo vide
qualcuno uscire a gran velocità dalla dimora dell’anziano saggio.
- Torna indietro! – urlò Denemon,
sulla soglia della porta. Quando intravide Souka e Jin lì nei paraggi chiese
loro di intervenire. – Prendetelo! E’ un Orrore! – detto questo, i due
iniziarono subito il rocambolesco inseguimento.
L’uomo, sentendosi braccato si gettò a capofitto nella
boscaglia. Corse senza girarsi mai indietro, solo dopo un po’ decise di
fermarsi.
Era riuscito a seminarli, adesso si sentiva più tranquillo, forse troppo, e quella mancanza di attenzione
gli costò cara.
Souka gli piombò
letteralmente addosso, lanciandosi dal ramo di un albero, in pochi attimi
riuscì a bloccarlo aizzandogli contro la lama affilata della sua
preziosa spada.
- Lasciami andare, ti prego! – lo
supplicò l’uomo, era terrorizzato, non riusciva a smettere di tremare.
Souka fece spallucce. – Tanto
morirai comunque. – rispose, perché sapeva bene che la
maledizione a cui era stato esposto senza l’aiuto di Denemon lo avrebbe presto annientato.
Jin arrivò lì. Trasformatosi nel
Cavaliere d’Argento intimò a Souka di farsi da parte
e, dopo aver brandito la propria arma, compié il suo dovere.
Eliminato l’Orrore, adesso non bastava che ritornare
indietro.
Tra un passo e l’altro Danda, il
bracciale magico, fece a Souka uno dei suoi piccoli
appunti. – Sei veramente veloce. Senza il tuo aiuto quella creatura ci sarebbe
sfuggita. Qual è il nome del Cavaliere che stai assistendo? – chiese, l’altra
reclinò il mento, e senza cercare di scomporsi provò a
rispondere.
- Ero la Spalla Mistica di mio padre, ma ora che lui è
morto, non assisto nessuno. – Sembrava aver detto ciò
quasi con un fare indifferente, tuttavia dallo sguardo si poteva intuire che
tanto dolore albergava ancora in lei.
Danda mugugnò qualcosa prima di parlare. – Quindi, sei senza lavoro… - disse, poi, come c’era da
aspettarselo, attirò l’attenzione del suo giovane proprietario – Perché non
l’assumi, piccolo Jin? Semplificherebbe
il tuo lavoro, e inoltre, è anche carina! – Danda come al solito aveva parlato troppo. Il ragazzo lo coprì con una
mano, non ebbe il tempo per far conoscere il suo parere, erano
arrivati a destinazione e Denemon li stava
aspettando.
- Tutto risolto. – gli fece sapere Souka,
mentre si avvicinava ad esso. L’anziano tirò un sospiro di sollievo.
- Vengono da me per cercare aiuto, ma non vogliono ritornare
nel loro mondo. – si lamentò il saggio, poi li fece
accomodare. – Posso fare qualcosa per voi? – chiese.
Souka rispose a bruciapelo. –
Richiama Ahriman in questo mondo e trattienilo qui il
più possibile.
Denemonebbe un
sussulto, quella richiesta lo aveva spiazzato. Scosse il capo. – Non
posso, ho giurato a me stesso che non lo avrei più chiamato.
- Kouga è in pericolo, tu sei
l’unico che può aiutarmi!
- Quel ragazzino è in pericolo? – il saggio sembrava non
saperne nulla, ma quando la ragazza finì di spiegargli l’accaduto restò per un
attimo in silenzio. – Quindi – premise carezzandosi la
barba – vuoi che io trattenga Ahriman affinché non
ritorni nelle sue terre?
L’altra assentì. – In questo modo permetterai ad altri
Cavalieri Mistici di introdursi in quel luogo senza attirare la sua attenzione.
- Certo, potrebbe funzionare, tuttavia… - Denemon non sembrava convinto da quella richiesta, non
voleva avere nulla a che fare con lo Spirito Malvagio.
- Non può rifiutarsi, mi deve un favore, se lo ricorda?
Il saggio eremita si sentì quasi in trappola. Sorrise con
benevolenza. – Certo, mi ricordo. – disse, mentre posò i suoi occhi in
direzione di una sedia. – Tempo fa Lili si perse nel
bosco, ma tu la trovasti salvandole la vita e riportandola a casa. – La volpe
dal manto bianco riposava su quel morbido cuscino adagiato sulla sedia. – Tu
sai che per richiamare Ahriman mi occorre l’Ottava
Stella del Makai?
Souka assentì. – So che lei ha
conservato quella che suo fratello forgiò anni fa, è per
questo che sono venuta fin qui.
- C’è una cosa che però non sai… -
premise l’anziano eremita, dirigendosi verso un lato della stanza. – Trattenere
Ahriman in questo mondo richiede un elevato dispendio
di energie. – Spostò un baule
vecchio e impolverato, poi si fletté verso il suolo. Diede uno due, tre colpetti ad una mattonella ingrigita, che
scricchiolò dapprima, poi con le dita infilate in una stretta fessura la fece
salire fino a rimuoverla del tutto. Al di sotto c’era un piccolo foro, infilò
ancora la mano ed estrasse qualcosa avvolta in un panno vecchio ed ammuffito.
Tolta la copertura, l’Ottava Stella del Makai rivide
finalmente la luce. – Si è conservata bene – disse,
mentre la guardava per la prima volta dopo anni. – Tornando alla questione di
prima – deglutì avvicinandosi ai due – oramai sono
vecchio, non ho più tanta forza spirituale, e dubito fortemente di riuscire a…
- Prenda la mia! – esclamò Souka
all’improvviso. Era decisa ad offrire al saggio la sua energia. Jin ne restò stupito da quella richiesta.
- Se mi dai la tua energia
spirituale, perderai le forze per un po’.
- Dormirò al massimo un paio d’ore, tutto qui. – Souka era disposta a tutto pur di salvare Kouga, anche se faceva l’indifferente, e non dava troppo
peso alla questione, si capiva che in realtà ci teneva molto.
- E va bene – disse alla fine Denemon, davanti a tutta quella tenacia non riuscì a fare
diversamente. Si avvicinò alla ragazza, posandole una mano
sulla fronte recitò a voce bassa una vecchia formula. Gli servì a
convogliare l’energia della giovane nel palmo della sua mano. Una luce lo
investì, e quando ebbe del tutto assorbito il flusso spirituale, come per magia
quel bagliore tendente al bianco svanì e Souka cadde
preda di un sonno profondo.
Jin la trattenne a sé senza farla
cadere in terra, e mentre osservava Denemon iniziare
il rituale, pregò affinché tutto andasse per il meglio.
***
Ormai camminavano da più di mezz’ora, cercando di mantenere
la mente sgombera da ogni pensiero. Non avevano incontrato nessun ostacolo,
forse perché stavano seguendo i consigli di Jabi, o
semplicemente perché non era ancora arrivato il momento.
Visto dall’interno, il dedalo oscuro faceva venire la pelle
d’oca. C’era poca luce, nell’aria svolazzava un odore fastidioso che sapeva di
muffa ed erbacce appassite. I tramezzi interni che formavano il labirinto erano
costituiti da fogliame che si alternava a terriccio fangoso e dura roccia.
Rei strusciò per sbaglio un braccio
su di una parete fangosa, sporcandosi così la manica del soprabito.
- Che olezzo… - appuntò disgustato
tappandosi il naso. Poi d’un tratto Tsubasa, colui che guidava la fila, si fermò di colpo.
- Che succede? – intervenne Jabi, spostando Rei che le si trovava
davanti e andando di persona a controllare.
- Succede che qui non si passa. E’ un vicolo cieco. – Tsubasa la guardò in malo modo, stava
iniziando a perdere la pazienza. – Dovevamo prendere l’altra strada, quella che
svoltava a destra. – appuntò con tono seccato – Non avrei
mai dovuto darti retta.
Jabisi innervosì
subito. - Il mio pennello non sbaglia mai. Lo vedi anche tu che le setole sono
rivolte verso questa direzione. – con un cenno del capo gli fece osservare
l’oggetto in questione. Fluttuava poco sopra il palmo ben steso della sua mano.
Tsubasa fece spallucce, facendole capire che non gli importava molto. – Siamo qui da troppo tempo, dovevamo essere più rapidi. Per
colpa tua adesso dovremo tornare indietro.
- Per colpa mia? – la Sacerdotessa alzò la
voce, sentiva di perdere il controllo delle proprie azioni da un momento
all’altro. – Sono stata io a guidarvi fin qui, e senza mai sbagliare o portarvi
fuori strada.
L’altro protese un braccio verso il
passaggio sbarrato che aveva d’innanzi. – E questo
come lo spieghi?
Jabi scostò leggermente il capo
rivolgendo il proprio sguardo altrove. Non sapeva cosa rispondere, oltretutto
si sentiva particolarmente a disagio. – Non ti fidi della mia
magia, è così?
- Non ho detto questo. Ti sto solo facendo notare che hai
commesso un errore.
- Se ti fidassi per davvero, allora
mi daresti ragione. Cosa che ti ostini a non voler fare.
- Il fatto è che tu non vuoi mai ammettere di aver
sbagliato.
- Io so riconoscere i miei sbagli! Ma
ora che cosa dovrei dire? Che in realtà ho commesso un errore
anche se non è vero? – Jabi si piazzò le mani
sui fianchi. Solo a guardarla, con quelle linee del volto tutt’altro
che piane, emanava malevolenza da ogni minima parte del corpo. – Dovrei mentire
a me stessa solo per farti un piacere? – gli gettò un’occhiata torva, il tono
che aveva usato nei confronti di Tsubasa lo fece di
colpo irritare.
Rei intervenne per cercare di
calmare gli animi. – Non mi sembra questo il momento! – sbottò, strattonando il
ragazzo con un gesto brusco. Lanciò un’occhiataccia anche a Jabi,
per farle capire che dovevano smetterla. Tsubasa
ripreso il controllo delle proprie azioni abbassò il mento, l’espressione
contratta che aveva in volto andò via via scemando.
Rei mollò la stretta al suo braccio, anche Jabi sembrò essersi un attimino calmata. Perlomeno, aveva
smesso di tenere dispoticamente le mani sui fianchi.
Quell’attimo di silenzio durò
pochi istanti. Tsubasa sentì una voce nella sua
testa. Qualcuno lo stava chiamando. Il tono era flebile, simile ad un lamento, ma dolce al tempo stesso. Sollevò di scatto il
capo, in lontananza vide una sagoma vestita di bianco, i capelli mossi dal
vento creavano un gioco fatto di linee sinuose e mirabili, a tratti ammalianti.
Tsubasa fece un passo indietro e spalancò la bocca
con aria allibita. – Mamma…! – esclamò, senza staccarle lo sguardo di dosso.
- Non guardarla, è solo un’illusione! – ribadìJabi in tono deciso, esortandolo a distogliere la sua
attenzione. – Il labirinto ti sta ingannando!
Lui sapeva che la ragazza aveva ragione, eppure nonostante i
continui avvertimenti non riusciva a smettere di
fissare quella donna. Era così tangibile da non sembrare una mera illusione. Il
suono della voce materna che continuava con insistenza a pronunciare il suo
nome, si faceva sempre più pressante, era sempre più
coinvolgente, ammaliante. Si tappò le orecchie con le mani,
ma quella voce non cessava. Arrivò perfino a credere che la figura fosse
davvero sua madre. Poi ad un tratto la donna iniziò ad allontanarsi. L’abito
bianco si muoveva trasportato da quell’andatura
lenta, avvolta da un candore magico. Fu a quel punto che Tsubasa
rompendo ogni schema iniziò a correre verso il fondo del dedalo, per inseguire
colei che sembrava essere realmente la sua compianta madre.
Senza pensarci Rei scattò in direzione dell’amico, doveva
bloccarlo, ma quando fu sufficientemente vicino a lui, alle spalle dei due si
eresse un invalicabile muro che, ovviamente, impedì l’oro di tornare indietro.
Allarmata, Jabi
corse in direzione della parete melmosa, urlò i nomi dei due ragazzi, e questi
fortunatamente risposero.
Rei scosse il capo. – Era una trappola…
volevano dividerci. – disse con sdegno.
Tsubasa, resosi conto del crudele
inganno provò rabbia verso se stesso. - E ci sono
riusciti. – ringhiò. Strinse forte le mani a pugno, serrò
le palpebre. Come aveva potuto farsi ingannare? Proprio lui
che in più eventi aveva sempre mantenuto un certo controllo.
- Dobbiamo trovare il modo di aggirare l’ostacolo. – Rei iniziò a guardarsi intorno, trovare il giusto imbocco
sembrava impossibile. Colto da uno scatto collerico batté un pugno sulla parete
che gli impediva di raggiungere le due ragazze. La mano restò intrappolata in
quella fanghiglia appiccicosa che iniziò a risucchiare il suo braccio. Tsubasa lo afferrò, e con forza i due riuscirono a
liberarlo. – Ma che diavolo è questa roba?! – disse
schifato, mentre osservava un pezzo di melma gorgogliante caduta al suolo tornare
nel muro.
- Le pareti del labirinto sono animate! – urlò Jabi dal lato opposto – Non toccate nulla, altrimenti
potreste venirne inghiottiti.
Tenendosi a distanza di sicurezza, Rei alzò lo sguardo al
cielo. “Grandioso” disse tra sé, poi le chiese come potevano trovare una via
per raggiungerle, ma Jabi scuotendo il capo non seppe
dare una risposta. Fu Kaoru quella a spezzare il
silenzio. – Dobbiamo proseguire lo stesso, ci ritroveremo
all’uscita. – disse, ma la sacerdotessa non sembrò voler appoggiare la sua
scelta.
- I miei poteri non sono forti quanto quelli di un Cavaliere Mistico. Se dovessero attaccarci
ora che siamo divisi, non credo che riuscirei a proteggerti. – chinò lo
sguardo verso il suolo, una punta di amarezza le
sporcò il viso, si sentiva impotente, poi d’un tratto udì una voce. Quella di Tsubasa.
- Sei stata addestrata dal maestro Amon,
senza dubbio uno dei migliori, e da quando sono diventato un Cavaliere, non ho
mai visto nessun altro Sacerdote del Makai duellare
come te. – Quella rivelazione inaspettata colpì profondamente Jabi. - Ci rivediamo all’uscita. – aggiunse poi il giovane.
- Tenete gli occhi ben aperti. – si affrettò a dire Rei, poi ognuno dei due gruppi prese la sua strada.
Jabi imbracciò il suo pennello
magico. Voleva interpellarlo ancora una volta per vedere se l’oggetto gli
avrebbe segnalato un’altra direzione all’infuori di quella sbarrata. In fin dei
conti, poteva anche avere commesso un errore.
Anche dopo il secondo consulto, la
punta bianca e folta non smetteva di indicare il solito punto.
Prese coraggio, ed iniziò ad avanzare verso il muro che
bloccava il passaggio.
Kaoru si posò una mano in petto, segno
di inquietudine, poi accadde qualcosa di inaspettato.
Non appena le dita della mano di Jabi si accostarono
alla parete rocciosa, questa si dissolse, rivelando il passaggio. – Un’altra
illusione… - sibilò con sorpresa.
- Il labirinto ha fatto in modo di confondervi, perché in
realtà mirava fin dall’inizio a sfaldare il gruppo. – dichiarò Zarba. Jabi sentì la rabbia
salirle al viso. – A quanto pare, questo posto è più furbo di noi.
- Non ci coglierà più impreparati. Non questa volta. –
affermò Kaoru, Jabi si
trovò d'accordo con lei e, seguendo le indicazioni del pennello magico, subito
iniziarono la loro traversata.
- Il labirinto ha ingannato Tsubasa
servendosi del ricordo di sua madre… - fece Silva, attirando l’attenzione del
suo proprietario.
- So dove vuoi arrivare - Rei aveva capito subito quale
fosse il significato di quella frase – ma non
permetterò più a nessuno di servirsi di Shizuka.
- Non è così facile ragazzino. – proferì Goruba,
il bracciale magico di Tsubasa – se questo luogo è
riuscito a manipolare perfino il mio proprietario, non mi sembra
così saggio abbassare la guardia.
Rei tacque brevemente poi concordò
con quel Madougu, e fu felice di averlo fatto perché
subito dopo nell’aria si udì un pianto. Lo riconobbe senza esitazioni: il
gemito apparteneva a Shizuka.
Ebbe un tuffo al cuore, ma non si fermò, anzi. Determinato
più che mai a proseguire, nonostante il lamento di quel suono
lontano, prese fiato e urlò a pieni polmoni: - Dovrai trovare un altro
modo per imbrogliarmi, perché io so che lei è felice!
Il pianto cessò immediatamente. Tsubasa
rimase fortemente colpito dalla forza d’animo di Rei. L’attimo di pace durò
poco. La terra sotto i loro piedi iniziò a tremare,
poi il pavimento si fece molle.
- Sabbie mobili…?! – replicò il
Cavaliere dell’Ovest, sentendosi letteralmente risucchiare verso un fondo
melmoso e senza fine.
- Non lasciatevi ingannare, è
un’altra illusione! – disse con enfasi Goruba, ma i
due umani non la pensavano allo stesso modo.
- Se questa è un’illusione, beh-
premise Rei – è la più riuscita.
Tsubasa cercò come meglio poteva
di uscire da lì aiutandosi con la sua lancia, ma ben presto anch’essa venne lentamente assorbita dalla pozza. Tirò più volte,
senza riuscire ad estrarla dal fango. Sembrava come se fosse stata conficcata
in un blocco di cemento prossimo alla solidificazione.
- Non sento più le gambe…! – disse ad un tratto, mentre
continuava a dimenarsi. Ormai la fanghiglia nera come la pece lo aveva
raggiunto alla vita. La situazione per Rei si presentò ancora più drammatica,
perché la melma gli era arrivata fino alle spalle. Teneva la mano sinistra
sopra il capo, per evitare che Silva finisse sepolta, ma lui continuava a
sprofondare, sempre di più, sempre più giù, e sempre più in fretta.
- Così non va… dobbiamo trovare un
modo per uscire. – biascicò il ragazzino che veniva dalle terre dell’Ovest. –
Siamo ancora troppo giovani per morire, sei d’accordo?
– si girò verso Tsubasa.
- Concordo. – gli rispose.
- Se vi agitate peggiorerete
ulteriormente le cose!
- Dovete starci a sentire!
Dissero i due Madougu, riuscendo
finalmente ad attirare la loro attenzione. – Il dedalo mira a farvi perdere il
controllo, ma dovete convincervi che tutto ciò non è reale. – gli ricordò
Silvia, per l’ennesima volta.
- Facile a dirsi – bofonchiò in un primo
momento Rei – se immergessi anche te in questo intruglio stomachevole,
sono certo che cambieresti subito idea. E’ così… reale.
- Ma non lo è! Dovete
concentrarvi su questo, dovete rilassarvi, lasciatevi andare, smettete
per un istante di muovervi. – ribadìGoruba, Rei lo fissò come a voler dire “ma sei matto?”,
perché era convinto che se avessero smesso di lottare, la melma oscura li
avrebbe sopraffatti ed inghiottiti in un sol colpo.
- Ha ragione – disse ad un tratto Tsubasa – ha ragione lui. Più ci muoviamo, e più ci sembra
di finire verso il fondo. E’ l’agitazione che ci sta facendo cadere in questo
tranello. – poi di colpo smise di muoversi e chiudendo gli occhi mandò fuori un
profondo sospiro. Si stava pian pianino lasciando quasi cullare dal movimento oscillante
della fanghiglia.
Forse era folle come piano, forse sarebbero
morti, ma non avendo altra scelta, anche Rei si lasciò completamente
andare. Abbassò le palpebre, rilassò i muscoli contratti delle gambe e delle
braccia, poi sgombrata la mente da qualsiasi pensiero, sentì
che i battiti del cuore riprendevano un ritmo naturale.
Non si erano neppure accorti che avevano smesso di
sprofondare. Quando entrambi ebbero riagguantato le
redini delle proprie emozioni e allontanato la paura dalle proprie menti,
l’inganno svanì.
- E’ tutto finito. - dichiarò Goruba,
loro aprirono gli occhi e constatarono che il bracciale aveva detto il vero.
- Dovevate darci ascolto prima –
brontolò Silva – siete i soliti testardi.
Rei si piegò facendole un inchino
galante. - Mia signora, potrà mai perdonarmi?
- Smettila o mi farai arrossire! – balbettò la guida, e
mentre quei due parlottavano tra loro, Tsubasa rivolse
uno sguardo al cielo e pregò affinché Jabi e Kaoru arrivassero a destinazione sane e
salve.
***
Mancavano ancora pochi metri. Jabi
se lo sentiva. Il pennello aveva iniziato ad oscillare leggermente, ciò voleva
dire solo una cosa: l’uscita era vicina.
Durante il tragitto non avevano
incontrato nessun ostacolo, nessun inganno. Il labirinto oscuro sembrava in un
certo senso essersi dimenticato di loro. Già, sembrava.
- Jabi – pronunciò
Kaoru, tra un passo e l’altro – sei ancora
innamorata di Kouga? – Al suono di quelle parole la
Sacerdotessa del Makai arrestò le sue gambe. Per una
ragione a lei sconosciuta, il battito del suo cuore aveva iniziato ad accrescere.
Forse la domanda era stata talmente improvvisa da farle perdere per un secondo
il controllo.
Si voltò fugacemente in direzione della
sua compagna di viaggio, poi riprese il tragitto. – Perché
me lo chiedi?
L’artista si mordicchiò il labbro. Non sapeva se poteva
rispondere liberamente oppure doveva tenersi tutto dentro. – Ecco… - balbettò,
magari per prendere tempo. Poi convenne che doveva
dirle la verità. – Kouga mi ha detto
che da bambino si è preso una cotta per te.
- Davvero? – replicò la Sacerdotessa, dopo sorrise con gusto – Quando si è piccoli a volte succede.
- Io però credo che lui sia ancora innamorato di te.
Jabi si fermò ancora. Questa volta
però non riuscì a voltarsi. Possibile che Kouga fosse
innamorato di lei? Scuotendo il capo si convinse che non poteva essere vero.
No, lui non l’aveva mai amata, Kouga l’aveva sempre
considerata come una buona amica, la sorella che non
aveva mai avuto. – Non hai risposto alla mia domanda. - QuandoJabi alzò gli occhi, vide Kaoru
davanti a sé. Aspettava una risposta precisa. – Sei ancora innamorata di lui? –
domandò ancora, con un ritmo incalzante, mentre la fissava dritta negli occhi.
Doveva fare i conti con la propria coscienza, con il proprio io interiore. Kaoru voleva
una risposta, Jabi sapeva che non poteva mentirle,
non era giusto. Tuttavia, cosa poteva mai dire, in
quella circostanza? Che i suoi sentimenti, a distanza di anni,
non erano cambiati? Che, nonostante tutti i suoi
sforzi, non era riuscito a dimenticarlo? Il rancore nei riguardi di Kaoru con il tempo era sì svanito, ma l’amore che provava
per quel ragazzino che un tempo giocava a Barchess
con lei continuava a far parte della sua vita.
- Se vuoi una risposta, allora te
la darò, ma… – alzò il capo con decisione, la guardò senza incertezze – Ma
prima dimmi dove hai nascosto la vera Kaoru.
Jabi si era resa conto che quella d’innanzi a lei era solo un’illusione. La vera Kaoru non le avrebbe mai fatto una
simile domanda, semplicemente perché sapeva già quale fosse la risposta.
- Perché dici questo? Sono io quella vera, non mi riconosci?
- No, non ti riconosco proprio, e soprattutto non mi lascio
ingannare così facilmente. Perciò, puoi anche smetterla
di recitare.
- Se ne sei così convinta, perché sono ancora qui? Non
dovrei forse sparire? – quella figura così simile a Kaoru riuscì a metterla in difficoltà. Jabitacque, poi iniziò a
riflettere. Cercò di ricordare ciò che il maestro Amon
le aveva insegnato durante il suo apprendistato. Ripensò
ad una lezione in particolare che l’aiutò a risolvere l’enigma.
- Credo di aver capito… - disse in un primo momento, si
guardò intorno. Poi ecco la risposta. – Sono vittima della
mia stessa mente, mi trovo nel mio inconscio.
- E come pensi di uscirne? Sei
davvero sicura di potercela fare?
Jabi scosse il capo. – Devo
affrontare il mio inconscio, proprio come diceva il maestro Amon.
Devo… - alla fine aveva intuito ciò che bisognava fare. - essere sincera con me
stessa! – esclamò a voce alta, e proseguì proprio come una donna che si confida con una sua cara amica. – Sono molto legata a Kouga, da bambina lo consideravo come un fratello, ma crescendo
i miei sentimenti sono mutati, mentre i suoi sono rimasti sempre gli stessi. Ho
sofferto a lungo perché sapevo che non avrebbe mai ricambiato, poi il tempo ha
lenito le mie ferite e anche se ho dovuto imparare ad accettare la realtà, non mi importa. Io sono così, ho provato a cambiarmi, ma ho
fallito. Perciò abbraccio il mio destino e vado
avanti. Dopotutto, è meglio amare qualcuno anziché provare rancore verso gli
altri.- Aveva affrontato il suo io interiore senza
scappare dalle proprie emozioni, senza nascondere i suoi sentimenti. La sincerità intrisa in quella confessione spontanea prevalse sul
potere della menzogna che si annientò in un istante.
Jabi ritornò in sé, vide Kaoru con l’aria spaurita che la scuoteva, urlava il suo
nome. Ripreso il controllo totale del proprio corpo, la tranquillizzò
spiegandole l’accaduto.
Kaoru tirò un sospiro di sollievo,
poi preoccupata per l’amica le chiese: - Cosa hai
dovuto affrontare?
AncheJabi
emise un sospiro, ma stavolta sommesso. Rispose evasiva a quella domanda, senza
scendere nei dettagli.
- Ricordi che ormai appartengono al passato. – disse solo.
Zarbasi intromise
con una comunicazione improvvisa. – A quanto pare
siamo arrivati. – Attirate da quelle parole, le due ragazze si voltarono e videro che l’uscita si ergeva d’innanzi a loro.
Senza incertezze corsero verso il fondo, per lasciarsi finalmente alle spalle quell’orribile dedalo.
Quando raggiunsero l’esterno
trovarono Tsubasa e Rei ad aspettarle.
- Stavamo iniziando a preoccuparci! – esclamò il Cavaliere
dell’Ovest, che quando le vide uscire si sentì più
sollevato.
Tsubasa si avvicinò alle due. –
State bene? – chiese, guardando in modo particolare Jabi.
Dall’espressione del viso si capiva che era preoccupato.
Annuirono, e mentre la sacerdotessa iniziò a raccontargli
che c’era stato un contrattempo, la voce di Kaoru
risuonò improvvisamente nell’aria.
Aveva pronunciato un nome. Uno soltanto.
“Kouga”
I restanti tre si voltarono e seguendo il suo sguardo ebbero
un sussulto. O per meglio dire, solo Jabi fu colta alla sprovvista, perchè Tsubasa
e Rei, essendo arrivati prima delle ragazze, lo avevano già visto.
Rei trattenneKaoru
appena in tempo, per evitare che corresse da lui. – Cosa
stiamo aspettando? Dobbiamo andare! – replicò la giovane, cercando di
opporre resistenza.
Tsubasa fu inamovibile. – Ci
troviamo nel territorio di Ahriman.
Questo posto è sotto la sua legislazione, perciò prima di oltrepassare quella
linea dobbiamo analizzare con cautela la zona. – indicò il punto in cui
iniziava il territorio del mostro. Una landa desolata, spoglia, sotto un cielo
nero senza stelle. Kouga si trovava all’interno di un
cerchio magico, circondato da una barriera incandescente di energia
distruttiva. Fasci di luce attorno ai suoi polsi come catene indissolubili lo
sorreggevano impedendogli di muoversi. Il capo chino, gli occhi chiusi,
all’apparenza sembrava aver perso i sensi.
- Quello laggiù potrebbe non essere Kouga.
– si accodò Rei, ma c’era dell’altro. – Questo posto non vi sembra un po’
troppo silenzioso? – guardò Jabi e Kaoru.
- Dici che potrebbero averci teso
un tranello? – disse la prima delle due. Infondo, il potere dello Spirito
Malvagio, Ahriman, consisteva
nel manipolare la gente facendole vedere solo ciò che voleva realmente vedere.
- Può essere, noi non lo escludiamo.
- Quella non è un’illusione - intervenne Kaoru,
rimasta in disparte per tutto il tempo. Guardava dritto d’innanzi a sé. Nei
suoi occhi si accese una luce, si posò le mani sul
petto – Quello è davvero Kouga, lo sento. – E lo sentiva per davvero. Sì, lei ne era
pienamente convinta, nessuno mai sarebbe riuscito ad ingannarla. Non sapeva
neanche spiegarsi il perché, era una sensazione, un presentimento, oppure la
forza della speranza, ma sapeva che la persona intrappolata nel cerchio non era
un fantoccio.
- Kaoru, saresti così gentile da sollevarmi
verso l’alto? – Zarba aveva in mente qualcosa. La
ragazza eseguì alla lettera, il Madougu
azzittì per trovare la giusta concentrazione. Stava cercando di capire
se l’energia vitale rilasciata da Kouga appartenesse
davvero a lui. Anche se si trattò solo di un istante,
agli altri parve durare un’eternità. L’anello mormorò qualcosa prima di
annunciare il verdetto. – Kaoruha
ragione, quello laggiù è proprio Kouga.
Il gruppo si rianimò in un lampo.
Ora era arrivato il momento di intervenire. Oltretutto da Goruba giunse un’altra importante dichiarazione. – Ahriman sembra trovarsi in un altro settore.
Iniziò un dialogo tra Tsubasa, Rei
e la Sacerdotessa Jabi.
- Forse starà organizzando il suo contrattacco nei confronti
di Meshia.
- Non si aspettava il nostro arrivo, e così ha abbassato la
guardia.
- Questo perché nessuno è mai riuscito a superare il
labirinto oscuro. Tuttavia, le nostre sono solo delle supposizioni.
Si guardarono reciprocamente, imbracciando ognuno la propria
arma. AncheKaoru si sentiva
pronta, il pensiero di poter riabbracciare Kouga le
aveva trasmesso una forza d’animo inarrestabile.
In un battito d’ali si ritrovarono davanti alla linea che avrebbe
permesso loro di entrare nelle terre di Ahriman e salvare il ragazzo.
Varcarono quel sottilissimo confine, un
miasma li investì con brutale violenza. Si avvertiva un senso di
desolazione ovunque, perfino la terra sotto ai loro
piedi aveva perso la sua linfa vitale.
Con circospezione avanzorarono verso il
centro di quel luogo maledetto, in direzione del cerchio magico che teneva Kouga prigioniero.
Non lo raggiunsero. Un rumore improvviso alle loro spalle li
fece di colpo sussultare. Si voltarono appena in tempo per permettere a Tsubasa e Rei un rapido contrattacco.
- A quanto pare, Ahriman ha un
cucciolo. – disse ironicamente Rei, poi si corresse –
anzi, tre.
Una belva famelica dalla stazza imponente li aveva appena aggrediti.
L’essere, alto più di due metri aveva ben 3 teste. Menzogna,
Inganno e Distruzione. Questi i loro nomi, stampati con un
marchio sulle loro teste massicce e pelose. Le zanne lunge simili a
quelle di un lupo mannaro, gli occhi piccoli e gialli, e le zampe dotate di affiliati artigli capaci di lacerare perfino il cemento,
infondevano al mostro un aspetto più che spaventoso, raccapricciante.
- Non poteva essere così sciocco da lasciare il suo
territorio incustodito. Specialmente ora che si è impadronito di un tesoro così
importante – Per “tesoro” Tsubasa
si riferiva a Kouga.
Indietreggiarono lentamente, evitando movimenti bruschi. La
belva non cessò per un istante di tenerli sotto mira. Sei
occhi puntati addosso, tre fauci dotate di denti aguzzi pronti a dilaniare
qualsiasi cosa, qualsiasi intruso.
- Ci considera come dei ladri. D'altronde, siamo entrati di
nascosto nel territorio del suo padrone senza essere invitati.
- Rei – lo ammonì Silvia – fossi in te inizierei
a darmi da fare. – L’umano le gettò con sveltezza un rapido
sguardo, poi ritornò sul suo avversario.
- Purtroppo c’è poco da fare. Siamo costretti ad affrontarlo.
- RaggiungeteKouga!
– ordinò Tsubasa, senza voltarsi verso le due
ragazze. – Noi penseremo a tenerlo occupato. – Fece roteare
la lancia in aria, un fascio di luce lo investì trasformandolo in Dan, il lupo dalla bianca corazza ed il rosso mantello. Rei
fece spallucce, come a voler dire “quand’è così, diamoci
da fare”, ed avviò la sua trasformazione.
Zero e Dansguainarono
le armi, la belva gli artigli. Fu la prima ad attaccare. Balzò in aria per
ripiombare al suolo con una potenza inaudita. La terra tremò sotto i piedi del
gruppetto.
Jabi afferrò Kaoru
per un braccio ed iniziò a correre. Menzogna, Inganno e Distruzione le videro
scappare e furono colti da un impulso accecante. I Cavalieri Mistici gli
impedirono di procedere parandosi davanti al suo cammino. Fu una pessima
scelta. Il mostro perse il controllo come un enorme animale impazzito. Emise un latrato rabbioso, era totalmente infuriato.
Fu colto da un irrefrenabile impulso: eliminare gli intrusi.
Gli artigli si allungarono, crebbero
a dismisura come arbusti. I due Cavalieri ebbero l’impressione che l’intero
mostra si stesse evolvendo, peccato però, che quella non fu
solo un’impressione.
La creatura subì una crescita istantanea,
le spalle divennero più ampie, forti, i denti più lunghi. Adesso era
perfino più spaventosa di prima.
- Credo che non sarà affatto facile
tenerlo a bada. – appuntò Dan, preparato al peggio.
- Sono d’accordo con te, amico. – convenne Zero. E dicendo ciò, si prepararono a dover affrontare uno dei
mostri più grossi che avessero mai visto prima d’ora.
Menzogna, Inganno e Distruzione ruggirono lanciandosi
all’attacco. Con una zampa si avventarono verso Zero, che non fece in tempo a
schivare il colpo e ne fu investito. Ruzzolò a terra, il dolore era così forte
che gli sembrava di essere stato appena investito da un tir fuori controllo.
Dan aggredì il nemico
conficcandogli la punta della sua lancia in una gamba. Servì a poco, la pelle
della belva era troppo spessa, e di quel colpo avvertì solo una lieve puntura.
Zero, rialzatosi da terra, collegò le due spade che
sorreggeva tra le mani, fino a trasformarle in un enorme boomerang.
Caricò il braccio, e con forza lo lanciò verso il bersaglio.
Riuscì a colpire di striscio il testone di Distruzione che urlò in preda ad uno
scatto di rabbia. Accecato da essa corse in direzione
di Zero e stese un braccio per poterlo afferrare, ma il Cavaliere della Notte
Bianca si parò davanti all’amico e venne acciuffato in pieno dalla creatura che
lo strinse forte tra le sue mani possenti. Dan emise
un urlò di dolore, quella forte presa gli aveva tolto
il fiato.
Udendo quelle grida disperate Jabi
si fermò all’istante. Vide che Tsubasa era in seria
difficoltà, e nonostante Zero, la Zanna d’Argento dell’Ovest, cercava di far
mollare la presa al mostro, questi non dava segni di resa.
Sentì che doveva fare qualcosa. Impugnò il
suo pennello magico, poi guardòKaoru. – Devo
aiutarlo – disse, facendole capire che doveva tornare
indietro. Le posò una mano sulla spalla. – Và e libera
Kouga! – dicendo ciò, Kaoru
annuì, e mentre osservava la Sacerdotessa correre come il vento per salvare la
vita di Tsubasa, anch’ella
girandosi in direzione di Kouga si mise a correre.
Più forte che poteva.
Jabi adoperò il pennello per
stordire la belva. La magia ebbe l’effetto sperato, Tsubasa, privo ormai dell’armatura, cadde a terra.
Vide una sagoma che lo aiutò a rimettersi in piedi, quando mise bene a fuoco la
vista e capì che quella figura apparteneva a Jabi
bofonchiò come suo solito qualcosa. – Perché sei
tornata? – disse, con la voce ancora spezzata. Sentì una fitta all’addome che
gli tolse il respiro per qualche attimo.
- Dovevo farlo.
- Perché? – ripeté.
Jabi gli curò
brevemente una ferita con l’ausilio del suo pennello, poi rispose – Sono
una Sacerdotessa, ricordi? E se un amico è in
difficoltà, non lo lascio nei guai.
Tsubasa abbozzò un sorriso. –
Grazie. Sono in debito con te. – disse poi. Maquell’istante durò poco. Menzogna, Inganno e Distruzione si
ripresero rapidamente, e infuriate più di prima
andarono all’attacco.
Ai tre umani non restava che combattere.
***
Era quasi arrivata, lo aveva raggiunto, ancora pochi metri e
poi avrebbe potuto riabbracciarlo.
Corse a perdifiato, aveva il fiatone, non si reggeva più in piedi ma ugualmente decise che non poteva fermarsi, lei
doveva proseguire e così fece fino a che…
- Kouga… - pigolò,
con affanno, accostandosi alla barriera magica. Lui aveva ancora il capo tirato
giù, gli occhi chiusi. Aveva perso conoscenza. Allungò un braccio verso la
barriera di energia, Zarba
intervenne subito.
- Non toccarla! – disse con enfasi, lei trasalì e si bloccò.
– Questo cerchio è composto da un’energia distruttiva ricavata
dal potere di Ahriman. Se
entrasse in contatto con il tuo organismo, lo annienterebbe in un istante.
Il potere di Ahriman,
lo spirito distruttore, era immenso e spaventoso.
L’umana guardò Kouga ridotto in
quello stato a causa sua. Si sentì avvampare dalla rabbia,
strinse le mani a pugno, forte, serrò le palpebre. – Mi dispiace – mormorò dapprima – Mi dispiace! – ripeté urlando.
Cadde in terra una lacrima, poi un’altra e un’altra ancora.
Un flebile lamento destò la sua attenzione. Aprì gli occhi e
sollevò il capo. Vide che Kouga si stava riprendendo.
- Sono qui per te, per salvarti! – rispose,
gli occhi le brillavano. Era convinta che non avrebbe mai più sentito il
suono di quella voce.
- No, tu devi… devi andare! – Kouga fu colto dall’agitazione. Lei non poteva
restare lì, era troppo pericoloso. Vide Zarba
spuntare sul dito di quella mano esile e bianca. – Portala
via, ti prego! – gli chiese, più che un ordine sembrava
una richiesta disperata.
- Non ho rischiato l’osso del collo per nulla. – gli rispose l’anello - Ti rivogliano indietro.
AncheKaoru
annuì, poi rivolta al Madougu chiese: - Come lo
tiriamo fuori di qui?
Zarba storse le fauci,
metaforicamente scosse il testone e trasse un lungo sospiro. – Veramente –
premise, la voce quasi scorata. Non le stava per consegnare buone notizie. – Solo
Ahriman può annullare il potere di questa barriera.
Tuttavia… - Zarba si bloccò, Kaoru
lo spinse a proseguire, ma il Madougu non fu subito
chiaro. – Ci sarebbe un altro modo. – le fece sapere – L’energia vitale di un
essere umano, frapposta a questa barriera darebbe
origine ad un’alterazione dei flussi negativi che manderebbe in arresto il sistema.
In altre parole, basterebbe che tu inserissi una mano in questo muro per
disattivare l’intero campo. – Certo, il modo elencato da Zarba
poteva avere esito positivo, ma comportava dei rischi.
Questo Kaoru lo aveva capito fin dall’inizio.
- Immagino che non ci sia altro modo, è così? – guardò Zarba, questi assentì, successivamente
sollevo il braccio destro. – Dovrei introdurre la mia mano all’interno della
barriera, giusto? – gli chiese, Kouga intervenne dicendole che non si sarebbe dovuta azzardare a fare una
cosa simile, che era troppo pericoloso. Nonostante le
continue esortazioni, la ragazza continuò, decisa a perseguire il suo scopo - Per
quanto tempo?
- Finché il campo magico non sarà
del tutto spento. Questione di secondi, ma ti esporrai in questo modo ad un
alto livello di energia distruttiva. – le comunicò Zarba, doveva metterla al corrente
dei rischi. – Come ti ho già spiegato, nessuno sopravvive
a quell’enorme potere. Ikuo
e suo padre sono già morti per questo.
Kaoru ebbe un sussulto. - M-morti?
- Già.
- Io… - la giovane abbassò il capo, si sentì una persona
inutile. Forse, pensò, anche Kouga si era sentito così quando entrambi si trovavano sul Ponte del Giudizio.
Sembrava una storia senza fine, destinata a concludersi con un tragico epilogo.
Rei, Tsubasa e Jabi,
che cercavano con tutte le loro forze di contrastare la belva addetta alla
guardia di quel tesoro, prima o poi sarebbero morti, invano, e Kouga,
una volta che Ahriman avrebbe raggiunto il suo scopo,
insieme a loro.
Forse Zarbasarebbe
riuscito a riportarla nel suo mondo, sì, forse si sarebbe salvata, ma a
che scopo?
Poteva più proseguire, come se nulla fosse mai esistito, una
vita normale?
Si sarebbe ancora innamorata di qualcuno, ora che aveva
conosciuto il vero amore?
Si sarebbe spostata, avrebbe mai avuto dei figli, sarebbe
stata felice?
Felice con chi? Con qualcuno che non
poteva essere più Kouga.
Avrebbe dovuto affrontare una vita senza però essere viva.
Ne valeva davvero la pena?
No, non aveva senso continuare a pensare.
Doveva agire.
E lo fece.
Sollevò la mano in direzione del campo
d’energia, poi guardòKouga e sorrise
dolcemente. - Mi hai salvato così tante volte… adesso permettimi
che sia io farlo. – Ormai era deciso: lei lo avrebbe liberato. Neppure le urla
di Kouga che, con un gesto disperato, provando in
tutti i modi a dimenarsi, gli diceva di non farlo, le fecero
cambiare idea.
Introdusse la mano all’interno del muro, quando le dita
sfiorarono l’energia scoppiettante emise un urlo di dolore.
Faceva male, pensò, e più la spingeva verso l’interno, più
il dolore alle falangi aumentava. Poi iniziò ad avvertire un formicolio anche
al braccio. Poco a poco si sentì invadere dall’energia distruttiva che aveva
raggiunto ogni singola parte del suo corpo.
Fu straziante sopportare tutto ciò, così
come fu straziante per Kouga guardare la sua Kaoru senza poter intervenire.
Urlò, le disse di fermarsi, arrivò perfino a supplicarla, ma
lei non si arrese.
Sentiva di cedere da un momento all’altro, le tremavano le
gambe, non riusciva più a sopportare quel dolore lancinante che la stava
dilaniando dall’interno. Ma il cerchio non si era
ancora bloccato. Doveva resistere ancora un po’, era questione di attimi.
Sospinse ancora più in profondità la mano, il viso le si contrasse in una smorfia di dolore.
Fece ancora un ultimo sforzo, uno soltanto.
Il campo di energia emise un
sibilo, poi di colpo ci fu l’arrestò totale. Anche i fasci di luce che
avvolgevano i polsi di Kouga
si dissolsero. Il giovane fu così libero di potersi muoversi, e senza taluna
esitazione si precipitò verso Kaoru.
Notò subito che aveva un volto estremamente
pallido, tremava ma pur di non essergli d’intralcio cercò di farsi forza. – Sto
bene – disse in un primo momento, poi con mano scossa gli riconsegnò Zarba. – Hanno bisogno di te. – proseguì, facendogli notare
il resto del gruppetto che si batteva contro quel mostro. – Vai
da loro, io ti aspetterò qui. – si sforzò di sorridere, voleva fargli
capire che non doveva preoccuparsi per lei, ma che, al contrario, doveva
correre dai suoi amici.
C’era bisogno di lui.
E così, seppur a malincuore, posò entrambe le mani sulle
spalle di Kaoru e la guardò
con profonda attenzione. – Tornerò subito, te lo prometto.
– La giovane annuì, solo quando egli ebbe voltato le
spalle per correre via, si posò una mano in petto.
Sentiva ormai di non farcela più.
Quando Rei, Tsubasa
e Jabi videro Kouga
arrivare in loro aiuto, lo accolsero con un grido di gioia. Rei gli lanciò immediatamente la sua spada, l’aveva portata con sé
per tutto quel tempo perché era certo che lo avrebbe rivisto.
- Benvenuto tra noi. – gli disse accogliendolo con un lauto
sorriso.
– Che ne diresti di darci una mano?
– proseguì Jabi, come suo solito. In realtà era così
felice che fece una fatica incredibile a trattenere le lacrime.
Lui li squadrò tutti e tre. Poi sfoderando la spada e
puntandola verso l’alto dichiarò d’un fiato – Diamoci
da fare.
Si trasformò in Garo, il Cavaliere
d’Oro. Tsubasa e Rei lo seguirono subito dopo.
Jabi si tenne a lauta distanza,
per supportarli con la sua magia.
- Propongo di trovare un punto debole – propose,
per l’appunto, Zero – Dovrà pur averne uno, spero.
Dan si rivolse a Goruba, il proprio Madougu, per
avere un sostegno. – Riesci ad individuarlo?
Goruba era il più anziano tra
tutte e tre le guide. Analizzò con scrupolosità la belva, mentre i Cavalieri
Mistici le tenevano testa, o cercavano di farlo. Dopo
un primo attimo di pausa, finalmente capì quale fosse
il suo punto debole.
- Dovete colpire alla testa, nel punto in cui si trova il
loro marchio. – enunciò, e Dan comprese subito.
- Ogni creatura ha impresso il proprio nome sulla fronte. E’
da lì che deriva il suo potere!
- Non sarà facile riuscire a fare centro se il bersaglio
continua a muoversi. – appuntò stizzito la Zanna d’Argento,
maJabi lo rassicurò impugnando il suo
pennello magico e dando vita ad un vero e proprio incantesimo.
- Ci penso io! – esclamò, recitando una strana formula.
Disegnando delle linee a mezz’aria le scagliò in direzione del mostro che smise
di muoversi. – Non durerà a lungo, perciò sbrigatevi!
– disse loro.
Zero unì i due spadini fino a formare quel grosso boomerang,
caricò il braccio che lo stava impugnando e prese la mira. – Io mi prendo Menzogna – disse ironico, come suo solito.
- Distruzione. – fece Dan, Cavaliere
della Notte Bianca, e caricò anch’egli il braccio per poter scagliare la sua
lancia il più lontano possibile.
- Ti dovrai accontentare di Inganno
– intervenne Zarba – è quello che si trova al centro.
Al Cavaliere d’Oro non importava granché. L’importante per
lui era abbattere quel mostro. E alla svelta.
Strinse forte l’elsa della Garoken,
prese la mira e via. Avevano un solo colpo a disposizione. Non potevano
sbagliare. Se avessero fallito, Jabi
non sarebbe più riuscita a rifare lo stesso incantesimo perché era stremata.
L’Animetalloluccicò
nell’aria, quelle armi sembravano frecce. E,
proprio come frecce raggiunsero e colpirono il bersaglio.
Si udì un latrato spaventoso, poi una luce accecante
fuoriuscì dai simboli che il mostro aveva sulle sue tre teste. Andò
letteralmente a fuoco.
Non ebbe neppure il tempo di accasciarsi
al suolo, svanì nel nulla trasformandosi in cenere.
- E’ finita. – esclamò esausto Tsubasa,
uscito dall’armatura. Gli si avvicinò Jabi.
Posandogli una mano sulla spalla sorrise.
Anche Rei e Kouga
ripresero il loro aspetto. Erano riusciti a sconfiggere il cagnolino da guardia
di Ahriman.
Sembrava un miracolo, tuttavia…
I festeggiamenti durarono poco.
Kouga si girò verso Kaoru, voleva esultare insieme a
lei ma quando vide che la ragazza giaceva esamine al suolo quel sorriso si
trasformò in una smorfia di terrore.
Urlò il suo nome, e si precipitò subito da lei. La raccolse
tra le braccia. – KAORU! – gridò, mentre la scuoteva. Quel
viso pallido, spento, che sembrava avere perso anche l’ultimo soffio vitale lo
fece rabbrividire. – KAORU! – ripeté, ma lei non dava segni di vita.
Gli altri sopraggiunsero alle sue spalle.
Jabi si fletté per constatare di
persona quali fossero le condizioni di salute della giovane. Grazie alle sue
arti magiche capì che era ancora viva, ma la situazione essendo estremamente critica, la mise in allarme.
- Ha incamerato troppa energia distruttiva.
Kouga la guardò con fare
disperato. – Puoi fare qualcosa?
Jabi fu franca fin dall’inizio. –
Posso provarci, ma… - restò interdetta, non riusciva a continuare quella frase,
non ne era in grado.
Lui aveva già capito tutto. Strinse forte quella mano che
teneva poggiata sul selciato grigio e spento. Il terriccio in quel pugno chiuso
finì per sbriciolarsi ulteriormente. Raccogliendo Kaoru
tra le braccia si rimise in piedi.
Dovevano assolutamente rientrare. Chiese a Zarba di aprire un varco affinché potessero lasciare
immediatamente quel luogo triste e spoglio, Tsubasa intervenne
dicendo che sua sorella Rin aveva
eretto un portale nel giardino della sua villa, e che sarebbero potuti uscire
da lì. Ordinò a Goruba di sintonizzarsi con il varco
creato dalla sorella. Ci riuscì, e concentrandosi poté adempiere
aquell’ordine.
Un buco enorme si aprì d’innanzi a loro,
lo varcarono senza perdere altri istanti preziosi.
***
QuandoSouka
riaprì gli occhi, vide che tutto intorno a lei lentamente si muoveva. Provò a
guardare meglio, alla fine si rese conto che in realtà Jin
la portava sulle spalle.
- Cosa stai facendo…? – mormorò,
con la bocca ancora impastata dal sonno.
- Hai dormito per più di un’ora, e non eri
certamente in grado di ritornare a casa da sola.
- Il rituale… - biascicò dapprima, poi di colpo ricordò
tutto. – Cosa è successo?!
- Quell’eremita è riuscito a
trattenere Ahriman per diverso tempo, non è stato facile ma è andato tutto bene. – gli spiegò
brevemente, Souka non poté che tirare un
sospiro.
- Sei ancora troppo debole. – rispose Jin,
ed aggiunse anche – Non agitarti, altrimenti finiremo
per cadere.
Lei reclinò il capo, poi a bruciapelo gli chiese: - Perché
hai deciso di seguirmi?
- Perché, infondo, volevo anche io
aiutare un amico.
- E il regolamento?
Jin sembrò curvare le labbra in un
sorriso. – Da tutta questa faccenda ho imparato che ogni tanto si può anche
trasgredire.
- Piccolo Jin sta cambiando. – si intromise subito Danda. Proprio non riusciva a starsene
zitto. – Per festeggiare l’evento potreste andare a cena fuori.
– Tu al contrario non cambierai
mai. – ribadì il ragazzo. Souka
sorrise, e poco dopo anch’egli. E scuotendo il capo
con uno sguardo rivolto verso il cielo, proseguì il tragitto.
***
QuandoRin,
l’aspirante Sacerdotessa del Makai, vide il gruppetto
comparire magicamente davanti a sé, una luce sfavillante le accese lo sguardo. Luce che poi si spense in un soffio non appena scorse, sorretto da Kouga, il corpo all’apparenza esanime di Kaoru.
Gonza il maggiordomo trasalì. – Signorina Kaoru…!? – balbettò in preda al
panico, senza fare domande. E quando vide quell’espressione cupa sul volto del signorino, ebbe un
brutto presentimento.
Senza fiatare Kouga si avviò
velocemente verso casa. Raggiunse il salottino della villa, quello a pian
terreno, e flettendo il dorso verso il basso stese Kaoru
sul divano. Jabi gli fu subito accanto. Nella mano
destra aveva già impugnato il suo magico pennello. Vide che Kouga
la fissava con sguardo disperato. Quegli occhi sembrano comunicare un solo
pensiero: “salvala!”.
Jabi lo sentì tremare. Non lo
aveva mai visto prima d’ora così spaventato, così
perso.
Su di lei gravava un pesante compito, una pesante
responsabilità. Capì che non doveva fallire, non ora. Avrebbe usato tutto il
suo potere pur di salvare Kaoru.
Impugnò saldamente il manico dello strumento magico e chiuse
gli occhi. Per prima cosa doveva capire fino a che punto si era spinta
l’energia distruttiva che dimorava nel corpo della giovane.
Fece scorrere il pennello dall’alto verso il basso, da
destra verso sinistra, lungo l’esanime corporatura minuta. Quando
le setole da bianche divennero nere, Jabi fermò il
braccio nel punto appena mostrato e impallidì.
La potente energia di Ahriman aveva quasi raggiunto il cuore di Kaoru, ormai era questione di attimi.
Fu colta da un senso d’angoscia che le impedì brevemente di
muoversi. Si sforzò di reagire, non poteva fermarsi.
Con ambedue le mani impugnò il
pennello e ripeté a voce alta una frase. Sperava con quell’incantesimo,
di riuscire a fermare l’energia malefica una volta per tutte,
ma quando fece per avvicinare la punta del pennello verso il busto della
ragazza, questi volò improvvisamente via, finendo dritto contro una parete. Rei
fece appena in tempo a scansare Gonza da lì. Quell’affare sembrò un proiettile impazzito.
Jabi deglutì, con occhi sgranati
si rese conto che doveva usare più potere, altrimenti l’energia distruttiva non
le avrebbe mai permesso di essere scacciata.
Con un cenno della mano richiamò a sé il pennello. Stavolta
lo afferrò saldamente, tirò un profondo sospiro che gli permise di incanalare
quanta più magia possibile. Con uno scatto lo accostò ancora al corpo di Kaoru, e poi spinse. Sentiva il potere demoniaco di Ahriman opporre resistenza con
una notevole pressione, il forte contrasto generò una scintilla elettrica che,
totalmente fuori controllo si avventò con violenza sulle mani della
sacerdotessa.
Lasciò cadere involontariamente il pennello. Una smorfia di
dolore le sporcò il viso. Tsubasa preoccupato la
raggiunse. – Tutto ok?! - le
chiese, guardandole le mani. Annuì, e quando si rese conto che aveva fallito,
provò a guardare Kouga dritto negli occhi. Come
avrebbe fatto a dirgli la verità? L’energia era troppo
forte, troppo potente per lei e per qualunque altro. L’unico in grado di
poterla espellere da quel corpo, era Ahriman.
- Io… - disse, con un groppo in gola. Scosse il capo, lo
abbassò lentamente perché non riusciva a proseguire guardandolo negli occhi. – Non
posso fare più nulla.
Kouga non capiva, o non voleva capire. – Che significa che non
puoi fare più nulla? – ripeté, la voce gli tremava, non riusciva neppure a
parlare, a muoversi liberamente. Questo Jabi lo aveva
intuito senza neppure osservarlo. Lei non ne aveva
bisogna.
- L’energia distruttiva ha quasi raggiunto il suo cuore. E’…
questione di attimi. – Alla fine glielo aveva detto.
Questa volta però non riuscì ad ignorare il suo sguardo. Quando sollevò la
testa e vide che quella pelle un tempo rosacea aveva di colpo perso ogni sua
sfumatura, sentì una forte stretta al cuore.
Kouga smise di respirare, il volto
pallido, l’espressione atterrita. Con la bocca socchiusa scuoteva il capo,
sembrava incredulo, non riusciva a crederci, si rifiutava
di farlo. – Morirà? – chiese all’improvviso. Jabi non
trovò la forza necessaria per aprire bocca, rispose con un cenno del capo e
nella sala scese il gelo.
Si udì un pianto. Era la piccola Rin,
che con quegli occhioni lucidi guardava Kaoru e nello stesso tempo tremava.
Tsubasa si avvicinò
a lei, con un abbraccio cercò di confortarla, di farle sentire calore. Ne aveva bisogno.
Il buon maggiordomo, Gonza, aveva assistito alla scena senza
dire nulla. Si tenne il suo dolore dentro, soffrì in silenzio
e mentre guardava la sua signorina riversa sul divano, un velo gli coprì gli
occhi.
Rei si era voltato in direzione
della finestra, proprio per non guardare. Aveva già visto anni fa la sua Shizuka cadere al suolo senza vita, e adesso non riusciva a
trovare il coraggio di girarsi ed assistere impotente a ciò che sarebbe
accaduto da un momento all’altro. Posò una mano sul muro lì accanto, la chiuse
in un pugno serrato, sperava di reprimere tutta la rabbia, ma fallì
miseramente.
Jabi si sollevò da terra, ormai
sapeva che a Kaoru non restava molto tempo. Con il
cuore in gola si diresse verso Tsubasa e Rin, per lasciare Kouga da solo
con lei.
Nel salottino una tragica atmosfera regnava
incontrastata, un gelo penetrante attanagliava i presenti. Nessuno disse
una sola parola. Nessuno fiatò, solo Rin
singhiozzava tenendosi stretta a suo fratello.
Kouga si piegò verso il basso, in
direzione di Kaoru. Posò le ginocchia al suolo e le
scostò una ciocca di capelli dal viso. Vide che il colorito di quella bocca che
a lui piaceva sfiorare di tanto in tanto con le dita si era tinta di un pallido
viola.
Non seppe nemmeno lui attribuire un nome a quel senso di
vuoto che lo aveva di colpo attanagliato.
E così, per la prima volta in vita
sua si lasciò andare.
Nessuno dei presenti lo aveva mai visto piangere. Neanche
Gonza. Kouga aveva versato le sue ultime lacrime il
giorno in cui Taiga morì. Il maggiordomo lo ricordava
bene. Forse era convinto che non avrebbe più pianto in vita sua, eppure quando vide quel viso bagnato dovette ricredersi.
Pianse con così tanto dolore che
perfino Tsubasa si commosse. Pianse con così tanto trasporto che riuscì a toccare il cuore di tutti.
Madougu compresi.
Poi udì un flebile lamento. Subito dopo una mano gli sfiorò
il viso. – Perché piangi? – disse
questa voce, era flebile ma nello stesso tempo distinguibile da
qualsiasi altra. Kougasollevò di
scatto il capo, con occhi tremanti guardòKaoru.
Era ancora viva, ma sapeva che le restava ancora poco tempo a disposizione. Gli
asciugò la guancia bagnata con una carezza, faceva fatica a tenere il braccio
sollevato, ma resistette perché gli piaceva il calore che emanava quel volto.
– Sai – biascicò- avevi ragione. -
disse, con una voce sempre più debole. – Quando… mi dicevi
che non dovevo più frequentare Ikuo… io… avrei dovuto
darti ascolto, io...
Kouga scosse il capo, le sfiorò la
mano con la punta delle dita. – Non parlare, ti prego. Ti prometto che troverò
un modo per…- Si sentì posare una mano sulla bocca. Il
gesto non gli permise di finire la frase.
- Quando mi sono resa conto che ero
l’unica in grado di poterti salvare sapevo a che cosa stavo andando incontro. E’
stata una mia scelta, e se potessi tornare indietro, nonostante tutto lo rifarei.
Kouga fu subito preda di un
terribile senso di colpa. – Io… – biascicò, scuotendo il capo
– non so cosa fare! – Era disperato, si gettò le mani nei capelli, e provò tanta rabbia verso se stesso.
- Non piangere, e portami sempre con te, anche quando non ci
sarò più. – gli rispose con dolcezza la sua Kaoru.
Sorrise ancora una volta, l’ultima. Un rigolo di
sangue le colò da un lato della bocca. Quella flebile scintilla che dimorava
nei suoi occhi stava per spegnersi. – Tu… sei stato
l’unico che ha creduto in me. - disse, sentì il
respiro venirgli meno, le palpebre farsi pesanti – Grazie di cuore, Kouga.
Vide la mano di Kaoru scivolare
dal suo viso con un movimento esanime, inanimato. Vide quei
suoi occhi oramai chiusi, sentì quella pelle gelida farsi ancora più
bianca, cerea.
Provò a chiamarla, prima piano, poi sempre più forte. Gridò
il suo nome una due, tre volte. Cercò di scuoterla, di rianimarla, di farle
riaprire gli occhi. La strinse con trasporto, l’abbracciò per trasmetterle
tutto il calore che aveva in corpo.
Poco dopo si udì un urlo. Uno soltanto.
E poi, nient’altro che silenzio.
Fine episodio
I
VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:
Questo è il penultimo capitolo della fanfic, il
31 come già scritto la volta scorsa, sarà l’ultimo.
Capitolo molto
sofferto, io stessa mentre lo rileggevo non facevo che pensare a Kouga e alla sua dolce Kaoru.
Erano anni che volevo scriverlo, non ho cambiato una sola virgola dal
primissimo abbozzo che avevo preparato tempo fa, anzi,
secoli fa! Mi sembrava perfetto così, e forse una scena del
genere in una serie di Garo ci potrebbe anche
stare!
Per MissysP: Confermo: il
principe azzurro non esiste, e se c’è si chiama Kouga! A parte gli
scherzi, credo che un ragazzo con maniere garbate, e soprattutto una persona
vera, forse esista, ma in questo campo serve avere un
buon fattore c…! La seconda serie la puoi guardare su you tube oppure cerca su google,
dovrebbero esserci gli episodi da scaricare. Si chiama “GaroMakaisenki”. Io per scelta
ho deciso di non guardarla perché ci tenevo prima a finire questa mia seconda
serie senza essere influenzata da nulla, e poi perché trattandosi di una cosa
importante, preferisco guardarla sulla tv di casa per darle l’attenzione che
merita, perciò ho ordinato i blu-ray, disponibili per
ora solo in Giappone.
Per
DANYDHALIA: L’ultimo capitolo è il 31, ovvero il prossimo, e
poi tutti a piangere coi fazzoletti, sottoscritta compresa…!
Che altro
dire… Ci risentiamo per l’ultimo capitolo!
Botan
ANTICIPAZIONI:
L’ultima
battaglia, quella che vedrà il Sacro Spirito, forza creativa, opposto allo
Spirito Malvagio, forza distruttiva, determinerà la fine di un’acceso conflitto tra bene
e male e darà vita ad un nuovo inizio.
Kouga,
supportato dalle persone che ama, si preparerà a dover
affrontare lo scontro finale.
La guardava con gli occhi puntati verso il basso, lo sguardo perso nel
vuoto, velato
Solo tu puoi
sentirmi #31
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
La guardava con gli occhi di chi, sopraffatto dal dolore,
non riusciva ad accettare quella realtà. Lo sguardo perso nel vuoto, velato, non
poteva darsi pace, non riusciva a credere che lei non fosse più in questo mondo.
Gli sembrava di impazzire, di perdere il controllo di qualsiasi azione, non fu
neppure in grado di parlare, aveva urlato troppo quel nome, e per troppe volte.
Era rimasto senza fiato, ma non gli era servito a nulla, era sconvolto,
frustrato.
Lui non l’aveva protetta, non ci era
riuscito, e ora si sentiva una persona inutile, un fallito.
Come aveva potuto, pensò distrutto
dal dolore, lasciarla andar via? Avrebbe dovuto lottare contro
quel fato, avrebbe dovuto trattenerla in questo mondo ad ogni costo, con
ogni mezzo.
Eppure aveva perso quella
battaglia. Forse una delle più importanti della sua vita.
Sapeva già che il dolore per quella perdita così improvvisa
lo avrebbe annientato, ma nonostante tutto, nonostante quei mille pensieri,
quelle mille sensazioni, non poteva darsi pace.
Avrebbe voluto violare perfino la volontà di Dio pur di riaverla
indietro, eppure sapeva che non era possibile, ma lui non
riusciva a smettere di pensare, di sperare.
La vita gli aveva tolto tutto.
Prima Rin, sua madre.
Poi Taiga, suo padre.
E adesso lei, l’unica donna che
dopo la scomparsa dei suoi genitori gli aveva insegnato ad amare.
Era certo che non sarebbe più riuscito ad andare avanti ora
che quella ragazza dal sorriso abbagliante non c’era più.
Senza Kaoru non ce
l’avrebbe fatta.
- Kouga – disse una voce,
spezzando in un sol colpo il silenzio. Apparteneva a Zarba.
– Kaoru… - premise, pronunciando distintamente quel
nome - lei è ancora viva! – esclamò, sotto l’attenzione e lo stupore dei
presenti. Kouga guardò subito l’anello con occhi tutt’altro che spenti, ma forse preso
alla sprovvista da quella rivelazione inaspettata e pervaso dall’agitazione non
riuscì ad aggiungere nulla. – Anche se flebile, sento
ancora la sua energia. – specificò in seguito il magico anello.
Jabi si avvicinò di corsa alla
ragazza, per constatare di persona. Quando ebbe
appurato la verità, guardando Kouga con una luce
raggiante negli occhi annuì subito.
Sì, lei era ancora viva!
- Ha scelto di aspettarti, sta lottando contro l’energia
distruttiva che dilaga nel suo corpo. – dichiarò a quel punto la Sacerdotessa
del Makai.
Non c’era tempo da perdere: bisognava agire subito.
Il tempo di guardare Kaoru, poi Kouga ebbe uno scatto improvviso. Adesso sapeva cosa fare!
Si avvicinò a Rei, con uno sguardo sbrigativo gli chiese: - Dov’è l’Ottava Stella del Makai?
Senza aggiungere altro, l’amico aveva già capito quali fossero le sue reali intenzioni. Si infilò
una mano nella tasca interna del soprabito, poco prima di consegnarli l’oggetto
ebbe un attimo di esitazione. – E’ davvero questo ciò che vuoi?
Abbassando il capo, il figlio di Taiga gli rispose senza
nessun’incertezza. - Non voglio perderla. – Era questo ciò che Kouga voleva per davvero. E nient’altro.
Lui rivoleva la sua Kaoru.
Rei sorrise, la frase lo aveva profondamente colpito. Forse
perché sapeva che in fin dei conti pur di riportare indietro Shizukasarebbe stato disposto a
commettere qualsiasi pazzia. Almeno Kaorudoveva vivere, pensò, ricordando ancora una volta il sorriso
dell’amata sorella. Senza avere più esitazioni, gli consegnò il prezioso
oggetto.
Alla svelta, Kouga si diresse
verso il centro della sala. Il resto del gruppo, avendo intuito ciò che a breve
sarebbe successo, lo guardava con profonda apprensione.
- Ahriman ti costringerà
senz’altro a ritornare con lui. – intervenne Tsubasa,
certo della cosa, ma lui anziché rispondere, proseguì dritto per la sua strada.
Solo Ahriman poteva espellere l’energia
distruttiva dal corpo di Kaoru. Non c’era nessun
altro, nessun’altra soluzione, e non poteva di certo
sperare in un fortuito miracolo.
Certo che avrebbe accettato qualsiasi condizione impostagli
dall’essere demoniaco, iniziò alla svelta il rituale magico.
Si accorciò la manica destra del soprabito, stese bene il
braccio e con una delle punte di quella stella si procurò un taglio sulla pelle.
Rin fu colta dallo spavento, Jabi cercò di tranquillizzarla, ma la verità era che
nemmeno lei riusciva a smettere di tremare.
Per chiamare Ahriman mancava ancora
un passaggio, l’ultimo: Doveva recitare a voce alta ciò che si trovava impresso
sulla stella.
Si trattava di una frase scritta con caratteri appartenuti
ad una vecchia lingua che secoli fa spadroneggiava nelle terre del Makai.
Si schiarì la voce, respirò a fondo, e con l’oggetto
d’innanzi a sé lesse a gran voce: - “VidiaZemaMoficiaDeiJitanaRah” – scandì quella frase in maniera impeccabile, il
cuore gli batteva forte in petto, ma nonostante tutto si sentiva pronto a
ricevere il mostro senza indugi, paure. Guardò Kaoru,
poi comprese che era lei a dargli quella forza.
Si udì un boato nella sala, seguito da un raggio di luce. Il
fascio si diffuse ampiamente ma con una grazia fuori del comune.
La luce era calda, benevola, non sembrava appartenere allo Spirito
Malvagio, definito da tutti un portatore di immani catastrofi.
Quando il bagliore andò via via
scemando, sia Kougache
tutti gli altri intravidero una figura possente dall’aspetto austero che tuttavia
dava l’impressione di dissociarsi in qualche modo da Ahriman,
grazie all’aura che spandeva nella sala.
Poteva mai, Ahriman il
distruttore, infondere un senso di pace?
QuandoKouga
si fu del tutto calmato, osservando l’essere dinnanzi a sé, poté rendersi conto
di un particolare che prima d’ora gli era sfuggito.
Il colore dell’armatura che rivestiva interamente il corpo
dello Spirito Malvagio tendeva al cremisi, una tinta
nettamente forte, di predominanza assoluta, che non aveva nulla a che vedere
con quella tenue e dalle sfumature cerulee di questo nuovo e misterioso essere.
- Tu non sei Ahriman! – dichiarò a
quel punto il giovane Cavaliere, cogliendo tutti alla sprovvista. Rei sguainò preventivamente le armi, Silva gli intimò seduta
stante di riporle.
I Madougu conoscevano quella creatura imponente.
- Lui è SpentaMainyu,
il “Sacro Spirito”, gemello di AngraMainyu, lo “Spirito Malvagio”, ovvero Ahriman.
– proferì Zarba, che in più occasioni aveva dato prova di conoscere l’argomento.
- AngraMainyu, in quanto alleato della Menzogna rappresenta il
male, a differenza di Spenta Mainyu, alleato della
Verità, che ha scelto di schierarsi dalla parte del bene, dando così vita al
conflitto cosmico tra Verità e Menzogna. – continuò Goruba,
approfondendo l’argomento.
Kouga scosse il capo, era confuso.
– Non capisco… sono certo di non aver commesso errori,
quella frase… - L’imponente voce del Sacro Spirito sovrastò le sue parole
permettendo così di essere ascoltata per la prima volta. – Non è stato un tuo errore – proferì, la cadenza altisonante
riecheggiò nella stanza fino ad oltrepassare le pareti. Era un suono di
dominanza assoluta. - Le sacre scritture incise sull’Ottava Stella del Makai permettono a colui che
detiene l’oggetto di richiamare in questo mondo il mio gemello. Tuttavia, se
chi formula quelle parole è mosso da uno spirito
nobile che nemmeno il male è in grado di corrompere, la Menzogna, sopraffatta
dalla potenza di quello stesso individuo, lascia spazio alla Verità. – Spenta Mainyu puntò un dito lungo ed ossuto in direzione di Kaoru. Kougaebbe
un sussulto, poi lo seguì attentamente. – Quella giovane fanciulla ha sacrificato sé stessa per salvare la vita di
colui che ama. – spostò lo sguardo fermo e penetrante verso Kouga, additò anch’egli. – Tu ti sei offerto allo
Spirito Malvagio per liberare colei che ami e che ora giace esanime d’innanzi a
te. Entrambi avete scelto di scarificare le proprie
vite in nome di un sentimento chiamato “amore”. KougaSaejima – tuonò all’improvviso,
senza staccargli lo sguardo di dosso - la mia venuta su questa terra non è
dettata semplicemente dal caso. Io salverò questa fanciulla
estirpando l’energia distruttiva dal suo corpo, ma ti chiederò qualcosa in
cambio. Sei disposto ad accettare? - Kouga non
sembrava intimorito da quella richiesta improvvisa. Proprio come aveva fatto
con Ahriman, lui non si sarebbe tirato indietro.
Annuì con decisione, e fu solo a quel punto che la creatura rivestita da una
corazza cerulea gli rivelò le sue condizioni: - Dovrai aiutarmi a fermare AngraMainyu.
La richiesta così singolare lo spiazzò. Nessuno mai, prima
d’ora, era riuscito a battersi contro Ahriman, colui che aveva di sua spontanea scelta deciso di allearsi
con il male.
- Io… - biascicò il giovane Cavaliere, pensando che non ce l’avrebbe mai fatta – non ho tutto questo potere.
Spenta Mainyu si avvicinò a Kaoru, il suono di quei passi prodotto dall’armatura
possente vibrò nell’aria. – Al momento opportuno lo troverai. – rispose soltanto,
regalando a quella frase un alone di mistero. – In un mondo in cui la maggior
parte degli esseri viventi ha scelto di schierarsi dalla parte del male, AngraMainyu è diventato perfino
più potente di me, ma finché ci sarà anche una sola persona disposta a credere
nella Verità, io continuerò a combattere. Se non
sbaglio, questo è anche il credo di voi Cavalieri Mistici. – fece una pausa,
socchiuse gli occhi fissandolo. – Sappi che sei libero di scegliere, non mi
servirò di questa ragazza per obbligarti ad accettare. Qualunque sia il tuo responso, la salverò ugualmente. – sollevò il
braccio in direzione di Kaoru, chiuse gli occhi e
prima ancora che potesse aspirare l’energia distruttiva Kouga prese una decisione.
- In quanto Cavaliere Mistico, è
mio dovere andare fino infondo a questa storia, perciò accetto. – affermò,
certo che avrebbe portato a termine quel compito. Lui era Garo,
il Cavaliere d’Oro, e aveva una missione da compiere: proteggere gli esseri
umani da ogni pericolo.
Spenta Mainyusembrò
sorridere, poi facendo appello a tutto il suo potere assorbì l’energia
distruttiva dal corpo della giovane convogliandola nella propria mano. I flussi
negativi evaporarono purificati dalla forza benevola emanata dal Sacro Spirito,
e il cambiamento fu immediato.
Il cuore di Kaoru, che prima batteva
con un incedere debole, riprese il suo ritmo naturale. Il colore di quella
pelle così pallida iniziò a ravvivarsi, le labbra persero quel tono violaceo e
ritornarono le stesse di un tempo, proprio quelle che Kougaricordava.
– Riprenderà conoscenza tra non molto. – gli rivelò lo
spirito della Verità, e lentamente iniziò a scomparire. – Porta il mio gemello
alla controparte terrena del Ponte del Giudizio. – disse poco prima di svanire
del tutto in una luce abbagliante. I presenti si coprirono gli occhi con il
dorso delle mani per non venirne accecati. L’energia
rilasciata da Spenta Mainyu aveva una purezza senza
uguali. Era unica nel suo genere, in quanto rappresentava l’energia creativa,
il bene assoluto, opposta a quella distruttiva, ovvero
il male.
Quando tutto ritornò pian pianino
alla normalità, una volta abbassato la mano dal viso, Kouga
si rese conto che Kaoru stava riaprendo gli occhi.
Fu colto dall’agitazione, avvicinandosi a lei si fletté
verso il basso, pensò che il cuore gli sarebbe schizzato
via dal petto da un momento all’altro, ma nell’attimo in cui la vide
riprendersi da quel torpore destinato a portarsela via, fu come ritrovarsi per
la prima volta fuori da un incubo e quando ella guardandolo con estrema
dolcezza sorrise, non fu più in grado di trattenersi, e preso da una forte
emozione si gettò verso di lei per cingerla tra le sue braccia.
Non riuscì a dire nulla, era troppo rapito da quell’attimo,
da quella situazione, voleva solo stringerla a sé, poterle sfiorare i capelli,
il colorito pulsante e non più cereo di quel viso
radioso, e quelle labbra…
- Mi dispiace – fuoriuscì proprio
da quella bocca – ti avevo promesso che non mi sarei più cacciata nei guai, ma
per l’ennesima volta non ho dato ascolto alle tue parole.
- Non farlo più – rispose Kouga, a stento tratteneva il pianto – ti prego, non
farmi più preoccupare. – biascicò con voce tremante, senza vergognarsi di
quella fragilità emotiva che era riemersa all’improvviso, senza curarsi di quel
limpido velo che gli offuscava la vista, di quella voce sporcata da un pianto
sommesso ma ugualmente tangibile. – Senza di te non riesco ad andare avanti. – disse
con quanto più trasporto avesse dentro, con tutto
l’amore che nutriva per lei, e mentre la stringeva sempre di più a sé, Kaoru sentì qualcosa di bagnato caderle sul dorso della
mano. Lo guardò, vide che aveva il volto rigato dalle lacrime di quel pianto
che non era riuscito ad arginare. Con garbo gli lambì una guancia, l’unica cosa
che fece fu prendergli la mano e sorridere, come aveva sempre fatto, per
scaldare il suo cuore ed asciugare le lacrime.
Solo lei poteva compiere un simile miracolo, e anche
stavolta ci era riuscita, mano nella mano, mentre lo
guardava con occhi grandi ed immensamente dolci.
Quando la giovane si rimise finalmente
in piedi fu subito accolta dal resto gruppo. Gonza per l’emozione si era tolto
gli occhiali e di tanto in tanto si tamponava gli occhi con un fazzolettino
color porpora, Rei la guardava soddisfatto senza smettere di sorridere, anche Tsubasa, ragazzo rigido e tutto d’un
pezzo si era lasciato andare. Jabi le posò una mano
sulla spalla e Rin corse da lei per abbracciarla
forte. La piccola del gruppo piangeva a dirotto, nello stesso istante però si sentì sollevata ora che tutto era ritornato
alla normalità.
Tuttavia…
Il felice attimo ebbe vita breve.
Un boato attirò l’attenzione dei presenti che colti alla
sprovvista sussultarono. Il pavimento sotto ai loro
piedi vibrò pericolosamente, sembrava un terremoto, poi un bagliore accecante li
colse ulteriormente di sorpresa.
Corsero in giardino, la luce proveniva da lì, un miasma li
investì brutalmente.
In quel cerchio magico, proprio nel bel mezzo di quelle
candele rosse predisposte a terra, apparve affiorando dal sottosuolo una sagoma
spettrale.
Ci fu un disappunto assoluto quando capirono che si trattava
addirittura di Ahriman, lo Spirito Malvagio.
- Tu…?! – tuonò Kouga in preda
allo stupore, mentre appoggiando una mano sull’elsa della spada sospinse Kaoru dietro di sé.
- Si è servito del portale magico creato da Rin per arrivare qui. – gli disse Zarba, poi si udì la voce
furente di Rei.
- Che cosa vuoi ancora?!
Ahriman sapeva bene che quel
maledetto cerchio gli impediva di muoversi, se fosse stato
il contrario senza ombra di dubbio li avrebbe sterminati tutti, tranne uno. Puntò il dito ossuto verso Kouga, lo
investì con uno sguardo minaccioso. – Se non
fosse stato per quello stupido eremita e per quei due ragazzini presuntuosi tu
non saresti mai riuscito a scappare!
- Eremita…? – biascicò il figlio di Taiga, senza
comprendere. Gonza ebbe un sussulto, si era appena
ricordato di una cosa.
- Vostra cugina Souka e quel
Cavaliere… Jin! Sì, loro hanno chiesto a Denemon di fare qualcosa…! – intervenne prontamente,
riferendo al signorino l’accaduto.
Finalmente fu tutto più chiaro a Tsubasa
e gli altri. Ahriman, quando Kouga
fu tratto in salvo, non si trovava nel suo regno perché qualcosa lo aveva
trattenuto al di fuori contro la sua volontà.
- Tu sei mio, mi appartieni, rispetta i patti e torna subito
da me! – tuonò ancora il potente Spirito, che non avrebbe mai rinunciato al suo
prezioso tesoro, ma l’umano fu altrettanto ostinato.
- Non torno sui miei passi. – rispose, era
perfino pronto a battersi con lui in quello stesso istante, se necessario.
- Hai firmato un contratto, non puoi rifiutarti, devi adempiere al tuo dovere! – ringhiò
l’essere, poi facendo appello alla sua potente magia, dopo aver tracciato con
le lunghe dita artigliate dei simboli a mezz’aria, iniziò a recitare una
strana formula. La nenia durò pochi attimi, quando scese il silenzio sotto lo
stupore generale di tutti, Kouga vide la sua
abitazione svanire nel nulla.
Si guardò intorno con fare frenetico, ma tutto quello che
aveva costruito suo padre ormai non c’era più. Scosse il capo, non riusciva a darsi una risposa, tutto ciò non aveva un senso,
era impossibile. Guardò Ahriman dritto negli occhi,
senza farsi intimorire da esso. – Che cosa hai fatto?! – urlò, pretendendo una risposta.
Un ghigno affiorò sul volto dello Spirito Malvagio. – Mediante
le mie arti magiche ora un potente sortilegio grava su di te e su ciò che hai
di più caro al mondo. Se non rispetterai i patti, le
persone che ti stanno accanto inizieranno poco per volta a scomparire. Ti
consiglio di ritornare sui tuoi passi, se non vuoi restare solo. – sorrise
ancora con perfidia, poi svanì nel nulla lasciandolo senza parole.
- Che significa tutto ciò? – chiese
Rin al fratello, spaventata da quello che sarebbe
potuto accadere, ma Tsubasa non se la sentì di
rispondere.
- Dobbiamo trovare un modo per spezzare il sortilegio. –
intervenne Rei, non c’era un solo istante da perdere, ma Silva, la sua compagna
frenò tutto il suo entusiasmo.
- Solo Ahriman può neutralizzare
la propria magia, ricordi?
- Ma allora… cosa possiamo fare? –
il giovane Suzumura cadde preda del panico.
Più il tempo passava, e più c’era il rischio che qualcuno di
loro iniziasse a scomparire.
- Devo affrontarlo. – disse ad un tratto Kouga.
Si sentì posare lo sguardo degli altri su di sé. – Devo affrontare Ahriman.
- Ma… non puoi! – urlò all’improvviso
Kaoru, andandogli d’innanzi.
Kouga si flette
di poco per poterla guardare meglio negli occhi, le posò ambedue le mani
sulle spalle. – Questa volta non mi accadrà nulla, te lo
prometto. – le assicurò, poi si rivolse a Zarba
– Dove si trova la controparte terrena del Ponte del
Giudizio?
Il Madougu ci pensò su, e dopo un
istante giunse il verdetto: - Nel posto in cui tu ed Ikuo
vi affrontaste per la prima volta.
Kouga annuì, si ricordava di quel
luogo, un ponte sospeso tra cielo e terra, in effetti
poteva ricordare vagamente il vero Ponte del Giudizio che si ergeva nel Makai. – Devo andare – disse
guardando prima Kaoru, poi i suoi amici.
Tsubasa, Rei e Jabi
fecero un passo avanti.
- Noi veniamo con te. – disse quest’ultima,
anche Kaoru e Rin
raggiunsero gli altri tre, facendogli capire che nessuno lo avrebbe lasciato
solo.
Gonza fece per accodarsi al gruppo, non avrebbe mai e poi
mai abbandonato il suo signorino, ma qualcosa andò storto. Iniziò a sparire,
prima lentamente poi sempre di più.
- Gonza…! – urlò Kouga, colto alla
sprovvista sgranò gli occhi, ma non fece in tempo a raggiungerlo. Il
maggiordomo si dissolse nell’aria e di lui non rimase
più nessuna traccia. – Gonza… - biascicò ancora, ma questa volta lo disse con
un tono flebile, amareggiato. Strinse le mani a pugno, socchiuse forte gli
occhi, e infine motivato più che mai si decise a portare a termine quel
maledetto incarico.
***
Il tragitto per arrivare al ponte non era poi molto, però da
subito si erano accorti che qualcuno li aveva seguiti.
QuandoTsubasa
finalmente si voltò, capì che non erano soli. Con la lancia sguainata partì
all’attacco verso un gruppo di Orrori. Trasformatosi
in Dan, iniziò il duello. Kouga
voleva intervenire, ma Rei posando una mano sul suo braccio,sguainò con l’altra una delle sue
spade. - Conserva le forze per dopo. – gli disse, poco prima di lanciarsi
all’attacco.
Trasformatosi in Zero, la Zanna d’Argento, il combattimento durò poco, in due non ci misero molto ad eliminare quel
fastidioso gruppetto di mostri.
- Li avrà mandati Ahriman? – disse
Tsubasa, sospettoso.
- Non credo – rispose subito Jabi - lo Spirito Malvagio non sa che Kouga
ha incontrato il suo gemello.
- Gli Orrori sanno ciò che Kouga
sta per fare. Ogni creatura del Makai
che vive qui sulla terra ha percepito l’aura benevola di Spenta Mainyu. – spiegò Zarba,
poi ammise franco – Ormai è questione di attimi. Tra
non molto ne arriveranno altri.
- Dovete sbrigarvi – convenne
Silva, gli umani annuirono all’unisono.
Fecero per rimettersi in cammino, ma un urlo inaspettato da
parte di Rin li fece girare.
Tsubasa stava iniziando a
scomparire.
- Non andartene! – strepitò abbracciando il suo amato fratello
– Non mi lasciare!
Il giovane Yamagatana le posò
affettuosamente una mano sul capo. – Anni fa ho promesso a nostra madre che non
mi sarei mai allontanato da te. Vedrai che tornerò. –
le disse con un sorriso, e prima di sparire del tutto rivolse il suo ultimo
sguardo in direzione di Jabi. Quest’ultima
si sentiva tremendamente agitata, anche se non aveva detto nulla, Tsubasa aveva in qualche modo capito quale fosse in verità il suo reale stato d’animo.
Nessuno riuscì a dire nulla, non se la
sentirono. E così tutto tacque.
Adesso erano rimasti in cinque.
Si guardarono in faccia pensando a chi sarebbe
toccato, e dopo pochi isolati arrivò il responso.
- A quanto pare, sono arrivato al
capolinea. – esclamò ad un tratto Rei Suzumura,
arrivando perfino a sdrammatizzare sull’accaduto. Rise,
infilandosi le mani in tasca guardòKouga. –
Vedi di riportarmi indietro e anche di non farti ammazzare!
- Finalmente avrò un attimo di pace. – enfatizzò
Zarba, chiaramente si stava riferendo a Silva.
- Sei il solito cafone! – reagì quest’ultima, una manciata di
secondi prima di sparire, ma l’anello ebbe comunque il tempo di emettereancora una replica.
- Quando torni sarò lieto di
invitarti a cena. – fece, e parve addirittura sorridere, ma in realtà anche Zarba era molto preoccupato.
- Spariremo tutti… - balbettò la piccola Rin,
aveva paura soprattutto perché non sapeva ancora quando
sarebbe toccato a lei. Si sentì posare una mano sulla spalla. Era Kaoru.
- Kouga ci riporterà indietro. –
le disse, poi fissò il ragazzo e sorrise – Siamo in
buone mani!
Kaoru aveva fiducia in lui, ciononostante
Kouga iniziò a dubitare della sua forza, delle sue
capacità. Si vergognava ad ammetterlo, eppure aveva anche lui paura di fallire quel
compito che sembrava essere così importante, troppo. Non sapeva se sarebbe
riuscito a riportare indietro le persone che amava, e ciò gli dava quasi il
tormento.
Jabi lo destò da quei pensieri.
Aveva appena avvistato due Orrori.
- Abbiamo visite. – disse, preparandosi a sguainare le sue
rosse bandiere. Si voltò appena verso gli altri. – Voi andate,
ci penso io a loro.
Kouga sarebbe voluto restare, ma
sapeva che ormai mancava poco tempo, e seppur a malincuore fu
costretto a darle retta.
Si allontanarono lasciandola lì. Rin
urlò qualcosa, forse voleva restare con lei, ma ormai la donna era già corsa via, in direzione del nemico.
Grazie alle sue arti magiche riuscì a tenere dignitosamente
testa a quelle infide creature, volteggiò in aria, sopra le
loro teste, i drappi delle bandiere vibrarono mossi dal vento, come in
una sorta di danza, e la magia fece il resto.
Gli Orrori cercarono di reagire agli incantesimi, tuttavia
la loro inferiorità gli costò cara, e furono sconfitti. La Sacerdotessa del Makai aveva portato a termine il suo compito. Riprese
fiato, adesso non le restava che raggiungere gli altri ma il sortilegio si
abbatté su di lei, senza darle la possibilità di reagire.
Girandosi, augurò buona fortuna al ragazzo che un tempo
giocava a Barchess con lei, e con le rosse bandiere
agitate dal vento, svanì anch’ella nel nulla.
Correvano su per quella stradina che li avrebbe portati alla
meta. Ormai mancava poco. Solo alcuni isolati, il
ponte si scorgeva in lontananza, solo pochi metri e poi... Poi Kouga si sarebbe trovato faccia a faccia con Ahriman in persona.
Non sapeva se sentirsi a disagio e prepararsi al peggio,
oppure fidarsi di Spenta Mainyu, e credere nelle
proprie capacità.
Quando arrivarono ai piedi del ponte
si fermarono per riprendere fiato. Erano esausti, Kouga
si guardò intorno, non c’era nessuno nei paraggi.
Ripresosi interpellò l’anello. – Come faccio ad attirare Ahriman in questo posto? – Zarba
mugugnò qualcosa, prima di rispondere.
- Dovrai usare l’Ottava Stella del Makai,
tuttavia… - si trattenne, sapeva che a Kouga non
avrebbe fatto piacere ascoltare il resto della frase – la sua magia non ha più effetto.
– Zarba aveva visto giusto. Al ragazzo quelle parole
non piacquero.
- Cosa intendi dire?
- E’ stata usata troppe volte. In passato da Shiro, poi successivamente da quel
ragazzo, Ikuo, infine da te.
- Mi stai dicendo che ha perso il
suo potere? – chiese, l’anello non poté che annuire. – Che alternativa
mi proponi?
- Le alternative sono due –
rettificò Zarba – Recuperare una seconda Stella,
oppure…
Rin non lo lasciò finire. –
Distruggere questa e liberare tutto il suo potere!
- La ragazzina ci sa fare…! – scherzò
prontamente il Madougu, poi con un sospiro tornò
serio. – La Stella è composta da un Animetallo purissimo, difficile da rompere.
- E’ vero, però esiste lo scioglimento degli elementi!
- Conosci quella tecnica? – domandò con meraviglia l’anello.
Rin annuì soddisfatta.
- Me l’ha insegnata Jabi la
settimana scorsa.
- Presumo che tu non abbia ancora avuto modo di provarla…
L’aspirante Sacerdotessa reclinò il capo con fare mogio. –
Non ne ho avuto il tempo… però sono certa di poterci
riuscire! – si voltò in direzione di Kouga. – Lasciami provare, ti prego! – In quegli occhi c’era così
tanta determinazione che il giovane Cavaliere del Makai
non se la sentì di respingere quella richiesta. Oltretutto Kouga
riponeva grande fiducia nella piccola Rin.
Annuì, e consegnandole tra le mani l’antica stella le lasciò
il campo libero.
La sorella di Tsubasa questa volta
doveva concentrarsi. Più del dovuto. Sapeva bene che ora tutto dipendeva da
lei. Forse si sentiva agitata per questo, ma una brava Sacerdotessa del Makai doveva dimostrare in qualsiasi circostanza di avere
un autocontrollo senza pari.
Rin si posizionò
al centro esatto del ponte, abbassò le palpebre e cercò la giusta
concentrazione. Tra le mani stringeva l’Ottava Stella del Makai,
schiuse le dita, la lasciò stesa su entrambi i palmi per qualche secondo finché
non iniziò a fluttuare a mezz’aria.
La formula da recitare era semplice, tuttavia richiedeva una
padronanza lodevole del proprio potere, gli errori non erano ammessi in quella
circostanza. Scandì le parole a voce alta, poi con l’aiuto del pennello magico
tracciò dei segni scintillanti d’innanzi a sé, e l’oggetto fu completamente
avvolto da una sfera luminosa che lo racchiuse al suo
interno, fino ad inglobarlo del tutto. Poco prima che Rin aprisse gli occhi, Zarba
emise una sottile risata, segno che la procedura era andata completamente in
porto. Fiera per ciò che aveva fatto guardò Kouga,
questi l’accolse con un sorriso benevolo, che
successivamente si trasformò in una smorfia di terrore.
La ragazzina stava iniziando a scomparire.
-Rin…!? – biascicò subito, voleva
fare qualcosa per lei, ma sapeva fin dall’inizio che non avrebbe potuto
aiutarla.
La sorellina di Tsubasascosse il capo quasi a volergli dire “non fa niente, è tutto
ok”. – Sono riuscita a portare a termine il rituale.
Questo è ciò che conta. – rispose con un bel sorriso. E
con lo stesso entusiasmo corse verso i due, per poterli abbracciare ancora una
volta. E mentre si stringeva a loro, continuando a
sorridere svanì del tutto.
Kaoru reclinò il capo, si sentiva
tremendamente amareggiata per quanto accaduto, il sortilegio le aveva concesso il lusso, se così si poteva chiamare, di scomparire
per ultima. Non le restava che attendere il suo turno, ora.
Kouga sapeva che presto o tardi
sarebbe dovuta sparire anche lei, tuttavia cercava di non pensarci.
- Cosa facciamo adesso? – si sentì
presto chiedere dalla ragazza.
Guardò l’oggetto prezioso consumarsi, proprio come una
candela, all’interno del nucleo cristallino creato da Rin.
– Quando si sarà del tutto sciolta,
il suo potere attirerà Ahriman in questo mondo. – Dal
tono della voce Kaoru capì che doveva essere molto
agitato.
- Hai paura? – gli chiese a quel punto, ma lui non rispose anche se in realtà avrebbe voluto farlo, perché Kouga aveva paura, ma non di Ahriman.
Ciò che più lo spaventava era il timore di non riuscire a riportare indietro i
suoi cari, di non riuscire a vincere quell’ultima battaglia. Mentre
pensava a quella tragica ipotesi, si sentì ad un tratto afferrare la mano.
Girandosi vide che Kaoru lo guardava con un amabile
sorriso. – Io credo in te, ci riuscirai! – disse. In
un certo qual modo era riuscita a leggergli dentro, ad
entrare nei suoi pensieri, nei suoi timori più profondi.
Kouga le posò una mano sulla
guancia, Kaoru si lasciò quasi cullare da quel gesto,
socchiuse le palpebre, si sentì sfiorare il mento con un gesto delicato che
raggiunse le labbra dolcemente, e poi quel tocco sparì all’improvviso.
Quando riaprì gli occhi si rese
conto che la mano di Kouga era passata attraverso il
suo corpo, e che, alla fine, anche per lei era giunto il momento di andarsene.
- A quanto pare non potrò fare il
tifo per te! – esclamò, quasi scherzando, mentre il ragazzo la fissava con aria
atterrita.
- Non andartene…! – replicò, in preda al panico,
all’agitazione. Voleva fare qualcosa, intervenire, però nello stesso tempo
sapeva che non c’erano vie di fuga, Kaoru si sarebbe dissolta nel nulla esattamente come gli altri. Era
difficile per lui da accettare, ma purtroppo non poteva farci nulla, non questa
volta. L’unica cosa che poteva fare, era sconfiggere Ahriman.
Mentre la osservava farsi sempre più tersa, come un fine velo di stoffa, si vide posare una mano in petto.
- Anche se non sarò qui, sappi che
continuerò ad incoraggiarti. Ascolta la mia voce attraverso il tuo cuore, e
vedrai che andrà tutto bene, perché solo tu puoi sentirmi! – Kaoru svanì completamente dopo aver detto quelle parole. Parole che colpirono profondamente Kouga.
Nel medesimo attimo, il destino volle che, ultimato il
processo di scioglimento, l’Ottava Stella del Makai
finisse per portare a termine il suo ultimo compito:
richiamare Ahriman in questo mondo.
Kouga fu investito da una luce
improvvisa, si udì un boato possente, poi una folata di vento sollevandosi
nell’aria lo costrinse a pararsi il viso con un
braccio.
La raffica si placò, la luce smise di brillare, e davanti
allo sguardo sbalordito del giovane, lo Spirito Malvagio fece il suo ingresso.
- Come hai osato convocarmi in questo mondo?! – tuonò l’essere, lanciandogli uno sguardo torvo. – Ti
avevo intimato di tornare da me, cosa stai aspettando?!
Kouga sapeva già cosa rispondere.
– Ho preso la mia decisione – disse, senza mostrare su quel volto una sola
linea di terrore, di angoscia. Era deciso ad andare
fino in fondo. Ora più che mai non poteva tirarsi indietro, e lui non voleva
farlo. – Verrò con te solo se accetterai le mie condizioni.
- Mi stai forse proponendo un patto? – ribatté la belva,
sembrando interessata ma nello stesso tempo innervosita
da quella richiesta.
- Ti propongo un duello. Se vinco, tu libererai tutte le
anime che hai raccolto nel corso degli anni,
lasciandole libere di raggiungere il Paradiso, ma se perdo, allora rispetterò
il tuo patto e verrò con te. – Kouga era stato
chiaro, aveva illustrato le sue condizioni nel migliore dei modi,
maAhriman non era particolarmente interessato
a quella stupida richiesta.
- Hai firmato un contratto, tu mi appartieni comunque, perché mai dovrei accettare? – affermò, tuttavia
quel profondo senso di sicurezza che Kouga aveva nei
suoi occhi lo fece dubitare. Iniziò a guardarsi intorno, poi
improvvisamente capì tutto. Ma non ne fu
entusiasta. – La controparte terrena del Ponte del Giudizio… - constatò. –
Questo posto mi impedisce di ritornare nel mio mondo,
sono bloccato qui. – fissò lo sguardo sulla mano sinistra del
ragazzo, in particolar modo l’attenzione gli ricadde su Zarba. – Solo quel Madouguè in grado di aprire un passaggio, e se io non accetto il tuo
insignificante patto, tu non gli ordinerai mai di creare uno. – La
spaventosa creatura si sentì quasi vittima dei suoi stessi tranelli. A questo
punto doveva fare una scelta. – Ho intenzione di assorbire tutto il tuo potere
per sconfiggere Meshia, la mia forza unita alla tua
non avrà più eguali nel Makai, ma per fare ciò, tu mi
servi vivo. Sii realista, piccolo umano, come farai a tenermi testa? Hai forse
dimenticato chi sono io?
No, Kouganon lo
aveva affatto dimenticato. Ahriman era il
demone della menzogna, della distruzione, colui che
aveva ucciso davanti ai suoi occhi Shiro ed Ikuo, e con una facilità impressionante. Sapeva bene che
quello scontro che si preannunciava sempre più imminente sarebbe stato tutt’altro che facile, sapeva a cosa stava per andare
incontro, con chi si sarebbe dovuto battere, o per meglio dire con cosa avrebbe
dovuto lottare. La Distruzione in persone, una forza senza
eguali, un’energia che non temeva il confronto con nessuno.
Preferì non rispondere alla domanda nettamente provocatoria
del demone, perciò, con sicurezza e prestanza impugnò saldamente l’elsa della
spada e sfilandola dal fodero rosso gli fece capire che non aveva nessuna intenzione di tirarsi indietro.
Ahriman sorrise. Tutto sommato quello stupido umano non poteva che essere un
pazzo. – Se questo è ciò che vuoi, allora sarai
accontentato. – tuonò, poco prima di impugnare la sua lancia.
Kouga fece roteare la punta della
spada esattamente sopra la sua testa. Il fascio di luce lo investì ricoprendolo
con quella corazza d’oro. Garo sfoderò finalmente i
suoi artigli, e sopra quel ponte sospeso tra cielo e terra si diede il via ad
un epico scontro.
***
Il primo a partire all’attacco fu il Cavaliere
Dorato dell’Est.
Ahriman riuscì senza neanche
spostarsi dal punto in cui si trovava a respingere sapientemente il colpo, ma Garo non si lasciò scoraggiare e ripartì subito.
Cercava in tutti i modi di trovare un punto debole, sperava
che Ahriman abbassasse la guardia per poter mandare a
segno almeno un colpo di spada. Si muoveva con maestria, era
rapido, ma non troppo. Il nemico riusciva a precederlo durante gli spostamenti,
e ad anticipare le sue mosse.
Ogni attacco gli fu parato, ogni fendete
fu deviato dall’asta di quella lunga lancia, e tutto ciò ad un ritmo
incalzante.
Il Cavaliere d’Oro sapeva che non poteva fermarmi a
riprendere fiato, mirava a sfiancare il mostro, ma
cosa assai più bizzarra è che quest’ultimo mirava a
stancare lui.
Non si stava impegnando molto lo Spirito Malvagio. Zarba se ne era reso conto, così
come aveva capito che, al contrario, Kouga stava
dando fondo a tutte le sue energie senza ottenere nulla in cambio.
- Così non va – disse dapprima
l’anello parlante, nel momento in cui l’umano riprendeva fiato – tra non molto
resterai senza energie. – Zarbaaveva
ragione, pensò il giovane duellante. Doveva trovare un modo per
distrarre Ahriman, per fargli abbassare la guardia.
Ma doveva essere un qualcosa di estremamente valido,
altrimenti il demone non si sarebbe mai lasciato trarre in inganno.
- Quando sarò abbastanza vicino a
lui, apri un portale. – disse svelto.
- In questo modo darai ad Ahriman
ciò che vuole, ovvero ritornare nel suo mondo. – gli
ricordò il Madougu, ma di questo lui ne era consapevole.
- Non ho altra scelta – rispose,
preparandosi ad un nuovo contrattacco- devo rischiare. – finì la frase nel
momento in cui si lanciò verso il nemico, era ad un passo dalla creatura quandoZarba eseguì gli
ordini e, proprio come sperato da Kouga, Ahriman si lasciò per qualche breve istante distrarre dalla
luce di quel portale apparso d’innanzi a lui. La lama della Garoken
si mosse con estrema sveltezza, e senza taluna difficoltà affondò nel costato
del mostro. Lo Spirito Malvagio gemette, ma più che un urlo di dolore il suo
sembrava un ruggito collerico.
Afferrò Garo per
il collo, e con la sola forza di un braccio lo sollevò da terra.
Era fuori di sé.
Accecato dalla rabbia lo scaraventò nel portale magico
eretto da Zarba, e subito dopo con un balzo lungo
oltre dieci metri vi entrò anch’egli.
Garo cadde rovinosamente a terra,
si fermò pochi metri più in la dopo una serie di ruzzoloni che lo costrinsero
più e più volte a picchiare contro la dura superficie di quell’arido
mondo.
Riuscì ad alzarsi a malapena, sentiva dolore ovunque, e gli parve di fare una fatica impressionante a tenere ben alzata
l’elsa della sua spada.
Kouga sapeva di non avere molto
tempo a disposizione. Doveva concludere quella che gli
sembrava una battaglia impossibile da affrontare e vincere senza il minimo
sforzo.
Cercando di essere il più rapido possibile, decise di
avvalersi dell’aiuto di un suo fidato destriero, Goten.
Lo splendido esemplare, ricoperto da una corazza d’oro dal
bagliore sfavillante emise un nitrito ergendosi sulle due zampe posteriori.
Garo gli salì in groppa, la spada
che teneva stretta in una mano si trasformò nell’enorme Garozanba,
forma evoluta e indubbiamente più grossa della Garoken,
e nel medesimo attimo Zarba attirò subito la sua
attenzione con una frase inconsueta. – Sarà un duello a cavallo. – fece, e
solamente quando alzò lo sguardo davanti a sé poté capire quale fosse il vero significato di quella strana esclamazione.
AncheAhriman,
proprio come il Cavaliere d’Oro, aveva richiamato a sé il suo imponente
destriero.
La bestia in questione era molto più grande di Goten, ricoperta da una corazza cremisi, massiccia, a prima
vista impenetrabile, e quando nitriva non c’era luogo in cui quel suono non potesse arrivare. Quando si alzò
sulle zampe posteriore dando sfoggio di tutto il suo potere con una maestosa
impennata, e sbatté gli zoccoli sul terreno bianco e spoglio, la terra tremò
fortemente. Ahriman saltò in groppa al suo spaventoso
destriero, strinse le redini e con la lancia sguainata partì all’attacco.
Garoordinò a Goten di fare la medesima cosa, lo scontro tra i duellanti
fu immediato.
Si battevano destreggiandosi abilmente in sella ai loro
destrieri con sapiente maestria. Il bagliore prodotto dalle armi che vibravano
nell’aria generava un susseguirsi di scintille, di lampi accecanti.
Dagli zoccoli del cavallo di Ahriman fuoriuscivano scariche di energia distruttiva,
segno che quel combattimento doveva essere più che serrante. Lo Spirito
Malvagio ordinò all’animale di colpire il suolo con i suoi pesanti zoccoli, la
terra tremò ancora, tanto da far perdere a Goten
l’equilibro. Nonostante l’improvvisa oscillazione
riuscì a non crollare, ma quel breve attimo di smarrimento diede l’aggio ad Ahriman di sferrare un colpo in direzione del nemico. Colpo
che raggiunseGaro
duramente.
Kouga urlò dall’interno dell’armatura,
l’energia distruttiva del mostro lo aveva investito in pieno, e anche se grazie
alla corazza che indossava non c’era pericolo che il suo corpo ne venisse
direttamente a contatto, si ritrovò ugualmente a subire un brutto contraccolpo.
In quell’attimo capì quanto Kaoruavesse
sofferto a causa di quella spaventosa energia, e quel pensiero gli diede
la forza necessaria per reagire a quella ulteriore mossa.
Strinse con vigore l’elsa della Garozanba
e partì senza pensarci in direzione di quel tanto odiato bersaglio. Ahriman non si aspettava una simile
ripresa, era convinto di averlo stordito abbastanza. Dovette ricredersi
e fare i conti con la lama dello spadone, solida ed incombente, che lo travolse
in pieno, arrivando perfino a disarcionarlo. La lunga lancia che teneva in una mano gli volò via, poi egli finì in terra, con una caduta
rovinosa. Il tonfo prodotto dall’armatura che lo rivestiva fu inevitabile e
generò solo frastuono, la terra vibrò maGaro resistette in sella a Goten,
finalmente era riuscito nel suo intento. Era stanco, esausto,
riprese fiato, e più guardava Ahriman riverso
verso il suolo, più sentiva l’energia ritornargli in corpo.
Si sentì soddisfatto per quel risultato, ma la gioia durò
poco. Finì nel momento in cui vide lo Spirito Malvagio sollevarsi da terra
senza la minima difficoltà.
Servendosi del potere sconfinato che aveva in corpo, manovrò
a distanza la sua lunga lancia, che in quel frangente era riversa al suolo a
molti metri di distanza da quel campo di battaglia. L’oggetto lievitò a
mezz’aria e come una freccia dalle dimensioni smisurate si preparò a centrare
il suo bersaglio.
Garo non fu in grado di scorgere
quell’imminente pericolo che stava per raggiungerlo proprio alle spalle, e ne
fu irrimediabilmente trafitto. La lama affilata riuscì a penetrare nella
corazza d’oro, trapassandola. Si udì un grido di lancinante dolore, cadde in
terra ai piedi di Goten che nitrì con fare nervoso,
la stilettata infertagli fu così forte da fargli abbandonare l’armatura contro
ogni sua volontà. A causa di ciò, anche Goten sparì,
lasciandolo inerme.
Kouga riverso al suolo gemeva, urlava. Vide espandersi sul terreno bianco una
chiazza rossa che si andò via via ad ampliare intorno
a lui. Stava perdendo molto sangue, senza un’adeguata
protezione e ridotto in quello stato non sarebbe riuscito a scamparla.
Con un movimento rapido della mano Ahriman
richiamò a sé la lunga lancia, che si staccò bruscamente dal dorso di Kouga inducendolo ad urlare per l’ennesima volta.
Il ragazzo non aveva nessuna via di scampo. Steso sul
terreno, agonizzante, non fu in grado di rimettersi in piedi. Lo Spirito
Malvagio procedette a passo svelto verso di lui, era
fuori di sé. – Ti assorbirò ora! – tuonò, con uno sguardo minaccioso e la ferma
intenzione di fare ciò che aveva appena detto. Kouga
si ritrovò alla mercè dell’essere che tese una mano affinché potesse assimilare
le ultime energie rimaste dell’umano, ma l’anello guida Zarba
lo respinse colpendolo in viso con un raggio accecante.
- I mie occhi…! – strepitò il demone
dalla corazza cremisi, con le mani ossute premute sulla faccia. – I miei occhi!
– ripeté, dimenandosi.
Zarba era riuscito a guadagnare
istanti preziosi. Li sfruttò per cercare di rianimare Kouga,
ma questi sembrava aver perso completamente i sensi.
Quando riaprì gli occhi si trovava
in un ambiente buio. Forse, pensò con angoscia, doveva essere morto. Sì, non
c’era nessun’altra spiegazione.
Lui aveva fallito.
Provò dentro di sé tanta rabbia. Pensò improvvisamente alla
sua Kaoru e a quella promessa che le aveva fatto. Avrebbe dovuto sconfiggere Ahriman
e riportarla indietro, riportare indietro tutti coloro
che avevano creduto in lui. Fu così tanta la disperazione che cadde vittima
dello sconforto.
In quello stanzone buio, spoglio e gelido, riverso lì su
quel suolo, Kouga desiderò ardentemente di riuscire a
portare a termine il suo compito. Serrò la mano in un pugno, e con tutto il
fiato che aveva in corpo lanciò un grido.
Un flebile bagliore squarciò quel fitto buio, Kouga si sentì posare una mano in petto, provò a guardarsi intorno ma aveva la vista annebbiata. Credette
di vedere una sagoma dai contorni familiari, lì china su di lui, poi udì
distintamente il suono di due voci.
- La nostra energia ci viene dal cuore. – disse la prima,
che aveva un dolce suono.
Proseguì l’altra, dal temperamento più forte ma nello stesso
tempo affettuoso.
- Se vuoi vincere una battaglia non
devi mai dubitare delle tue capacità, altrimenti ti sentirai sconfitto ancor
prima di iniziare.
Kouga le aveva riconosciute
entrambe. Quelle voci appartenevano ai suoi genitori, Rin
e Taiga.
Anche se non riuscì a vedere i loro volti, ebbe come
l’impressione che i suoi cari da tempo ormai scomparsi gli stessero
sorridendo.
Sentì l’energia accrescere in lui, e poi si ricordò delle
parole che gli aveva detto Kaoru
poco prima di svanire.
Chiuse gli occhi provando ad ascoltare il suo cuore, e fu
solo allora che udì distintamente la voce della sua amata che gli ripeteva
senza sosta di non mollare.
Kaoru aveva fiducia in lui, e
continuava tuttora ad averne. Così come Rei, Tsubasa, Jabi e la piccola Rin, ed il suo fidato maggiordomo, Gonza. Kouga non poteva deluderli, non voleva
farlo. Tutto ciò che più desiderava era poter riabbracciare i suoi cari.
Aprì gli occhi all’improvviso, sentendo distintamente la
voce di Zarba che non aveva smesso di chiamarlo per
un solo istante. Quando si fu del tutto ripreso, provò
a rimettersi in piedi, nonostante la brutta ferita che continuava a sanguinare,
ma fu tutto inutile.
- Non ci riesco – biascicò, con la
voce tremante, pallido in viso per via del dolore. Tentò perlomeno di afferrare
la sua spada, ma l’elsa gli scivolò via dalle dita.
Ahriman, che nel frattempo aveva riacquistato la vista, più furioso che
mai avanzò in direzione dell’umano, pronto a riprendersi ciò che gli spettava
di diritto.
Kouga era spacciato. In quelle
condizioni non sarebbe stato in grado di difendersi, ne era
più che consapevole eppure non riusciva a riprendersi, nonostante il desiderio
di farcela fosse forte, intenso.
Proprio quando il demone che si trovava a soli pochi metri
da lui aizzò il braccio in avanti con fare minaccioso, un bagliore apparso dal
nulla si parò d’innanzi all’umano. Il lampo misterioso assunse una forma ben
precisa, lasciando Ahriman senza parole.
Spenta Mainyu, il Sacro Spirito nonché suo gemello, era accorso in aiuto di Kouga.
- Tu…! – ringhiò il demone della menzogna, puntando l’enorme
lancia verso quel tanto odiato antagonista. – Levati di mezzo!
Spenta Mainyu lo investì con un
globo di luce purissima, talmente limpida da stordirlo.
Si voltò in direzione dell’umano riverso a terra, e facendo
uso dei suoi poteri gli sanò la ferita.
Kouga avvertì un senso di
benessere in tutto il corpo, il dolore alla spalla era cessato, adesso poteva
rialzarsi ed impugnare la sua spada senza nessun impedimento.
Il Sacro Spirito lo guardò dritto negli occhi. – Ti darò il
mio potere affinché tu riesca a sconfiggere il mio gemello. – proclamò, e Kouga si tenne pronto a riceverlo.
Spenta Mainyu divenne nuovamente
luce, avvolse il Cavaliere Mistico in un turbinio di
fasci luminosi.
Adesso Kouga era pronto a
trasformarsi in Garo. Per l’ennesima volta. Ma era convinto che tutto si sarebbe svolto per il meglio,
ora aveva fiducia nelle proprie capacità, e non avrebbe mollato.
L’armatura dorata lo rivestì interamente, era più brillante
del solito, emanava una luce straordinaria, fuori dal
comune. Anche la corazza aveva subito alcune modifiche, per certi aspetti le
effigi impresse su di essa potevano assomigliare a
quelle di Spenta Mainyu.
Ahriman fece un passo indietro,
quella luce lo stava accecando, era troppo pura,
incontaminata, non riusciva a sopportarla, lui la detestava così come
detestava il suo gemello, padre della verità, della creazione.
Fece ancora un altro passo indietro, e poi un altro, ma a
nulla gli servì indietreggiare. Garo lo aveva
raggiunto, ed Ahriman si sentì
schiacciato da quella possente energia creativa.
Decise di dare fondo a tutte le sue forze, ed emise un
latrato spaventoso. Richiamò tutto il potere distruttivo che aveva in corpo,
ora più che mai ne aveva bisogno.
I due si fronteggiarono pericolosamente.
Da un lato l’energia creativa emanata dal Cavaliere
Dorato dell’Est, dall’altro l’energia distruttiva emanata dallo Spirito
Malvagio.
La collisione tra i due elementi fu devastante.
Il conflitto generato dalle due forze opposte tra loro causò
lo sgretolamento del territorio circostante. Una folata di vento prese a
volteggiare nell’aria, la roccia si stacco dal suolo, i detriti volteggiarono
verso l’alto, creando un turbine senza precedenti.
Garo fu investito dall’energia
distruttiva, così come Ahriman che venne
preso in pieno da quella creativa.
Nessuno dei due cadde, nessuno dei due
cedette. Il Cavaliere d’Oro non poteva perdere quella battaglia. E mentre si batteva senza sosta, ripensava a tutti i bei
momenti che aveva trascorso nella sua vita, in modo particolare a quelli
vissuti con Kaoru. Di quella volta in cui le aveva dato un bacio sotto una pioggia incessante, di quella volta
in cui la vide scendere dalle scale con indosso l’abito che le aveva regalato,
e di quella sera in cui, lì davanti alle fiamme di un camino acceso, avevano
consolidato il loro amore.
Immaginò dentro di sé il suo sorriso, quei suoi occhi grandi e luminosi, pieni di vita, e fu proprio
quel pensiero a trasmettergli una forza d’animo senza eguali.
Impugnò saldamente l’elsa della sua spada che in quel
momento aveva iniziato a brillare con fervore, Ahriman
si sentì sopraffare da quella luce che non temeva inganni, ma che al contrario
poteva purificare qualsiasi male. Abbassò la guardia, si sentì bloccato, e pagò
a caro prezzo quella sua avversione.
La lama lo trafisse in pieno, la luce generata da essa
si diffuse rapidamente nel corpo dell’essere, che presto ne venne rivestito.
Urlò in preda al dolore, urlò con le sue ultime forze
rimaste, e a poco a poco l’energia distruttiva che aveva dentro fu del tutto
annientata.
Ahriman cadde con le ginocchia in
terra producendo un tonfo che fece vibrare il suolo. La corazza cremisi che lo
rivestiva iniziò a spaccarsi come fragile cristallo, e quando anche l’ultimo
pezzo fu completamente ridotto in frantumi, di quell’essere
così tanto temuto rimase una sola fiammella, il suo spirito.
Kouga uscì dall’armatura.
Era esausto. E al tempo stesso
incredulo.
Con lo sguardo smarrito si guardò intorno, vide una miriade
di sfere luminose fluttuare nell’aria, libere ora più
che mai come il vento.
Erano le anime che Ahrimanaveva raccolto in tutti questi anni. Adesso quegli spiriti
finalmente potevano raggiungere il tanto sognato Paradiso.
Anche gli innumerevoli contratti
che lo Spirito Malvagio aveva stipulato erano stati annullati.
Sembrava un sogno, eppure quella era la realtà.
Spenta Mainyu, la forza creativa,
si materializzò ancora una volta, l’ultima, davanti a colui
che aveva reso tutto ciò possibile.
Gli rivolse uno sguardo. Sembrò in qualche modo sorridere. –
Lo spirito di Ahriman
continuerà a diffondere i suoi influssi negativi nel cuore delle persone, ma
finché ci saranno esseri umani disposti a lottare contro una nobile causa, il
mondo non avrà più nulla da temere. – proferì con un tono solenne. Si inchinò davanti a quel giovane per esternargli tutta la
sua gratitudine, ed avvolto da una luce pura e splendente, si librò in alto nel
cielo, scomparendo all’orizzonte.
- Hai fatto un buon lavoro, Kouga.
– disse a quel punto Zarba, cogliendolo impreparato.
Raramente l’anello si complimentava con lui, era più portato a fargli le sue
solite ramanzine per qualcosa di sbagliato, e questo perché vederlo reagire
alle provocazioni in parte lo divertiva parecchio, e poi perché, soprattutto,
mirava a farlo diventare un eccellente Cavaliere
Mistico, forse il migliore.
Kouga sollevò la mano, poi sorrise
a quel Madougu a volte troppo chiacchierone, ma che, tutto sommato, restava il suo più fedele compagno.
Adesso per concludere al meglio
quel momento, gli restava da fare una cosa soltanto.
Chiese a Zarba qualcosa, questi
gli indicò un punto lì, proprio nel Makai. Kouga cominciò a correre
più forte che poteva, su quel territorio bianco e sconfinato. Si fermò davanti
ai piedi dell’imponente ed antico Ponte del Giudizio.
I suoi compagni di vita e di avventura
si trovavano lì.
Rin quando lo vide fece un salto di gioia. Gonza aveva le lacrime agli occhi,
per tutto il tempo non aveva fatto che pregare affinché il suo amato signorino
ne uscisse indenne e vittorioso. Jabi e Tsubasa si guardarono in faccia con aria compiaciuta e
sorrisero in coro.
- Mi sembri tutto intero. – disse una voce dal tono
scherzoso, quella di Rei. Anch’egli proprio come tutti
gli altri era felice di rivederlo.
Ma in quel gruppo mancava qualcuno.
Mancava Kaoru.
Kouga iniziò a cercarla con lo
sguardo, fu solo nel momento in cui Gonza, Rin e Tsubasa si spostarono che egli la vide.
E sorrise.
Rei diede una gomitata a Gonza per
fargli capire che forse era meglio lasciarli soli. Successivamente
chiese alla sua Silva di ricondurli a casa, nel loro mondo. Il Madouguaprì un portale, uno ad uno lo
attraversarono tutti, tranne uno.
Kaoru rimase. Era lì, Kouga la osservava, poi lei sorrise, fu il sorriso più
bello che egli avesse mai visto. Corse
da lui, i capelli mossi dal vento, il volto raggiante e luminoso. Il
ragazzo spalancò le braccia e lei si lasciò avvolgere da quella dolce
stretta.
- Sapevo che saresti tornato! – esclamò, abbracciando quel
giovane con trasporto, con amore profondo.
Kouga le passò una mano sulla
nuca, e premette forte quel capo sul suo petto. – Sono tornato per te, per mantenere
la promessa che ti avevo fatto. – rispose guardandola intensamente negli occhi.
Le prese il viso tra le mani, sorrise con estrema dolcezza e poi la stupì
ancora.
Estrasse la spada dal fodero e tracciò con la punta di
quella lama delle linee a mezz’aria. Il simbolo prese ad illuminarsi e come per
magia davanti allo sguardo estasiato di Kaoru apparve
Goten.
Lo scintillio di quella corazza dorata le danzava negli
occhi. Quando vide che Kouga
si avvicinò a quello splendido destriero per carezzargli affettuosamente il
capo rimase allibita. Sapeva bene che nessuno al mondo poteva sperare di
sfiorare anche solo con un dito l’animetallo senza
uscirne illeso. – Come può essere? – chiese sbalordita.
- Qui nel Makai l’animetallo si raffredda perché questo è il suo ambiente
naturale. – le spiegò, cogliendola alla sprovvista.
L’artista fece un passo in avanti, avvicinandosi al maestoso
destriero. Allungò timidamente un braccio, ma prima ancora rivolse un’occhiata
nei confronti di Kouga. – Posso? – chiese, questi
annuì e Goten si lasciò carezzare dolcemente da lei.
- Gli piaci. – annotò il giovane, vedendo che il destriero
si lasciava sfiorare ben volentieri da Kaoru.
Arrossì lievemente, sfiorando quella criniera rossa e tanto
delicata fino a che Kouga non decise di salire in
groppa a quel magico cavallo.
Quando si trovò in sella, porse una
mano in direzione di Kaoru invitandola a salire. Non
era mai stata su un cavallo prima d’ora, perciò dapprima
si sentì impacciata, ma poi lasciandosi andare afferrò saldamente la mano di Kouga e montò su, sedendosi di sbieco davanti a lui.
Goten si mosse
con andatura lenta, e quel movimento improvviso la fece sussultare. Ebbe
quasi paura di cadere e per riflesso si aggrappò al ragazzo.
- Non avere paura, ti tengo io. – la rassicurò quest’utimo, ed impugnando le redini con una mano, una
volta preso il controllo dell’animale poterono
partire.
Il vento soffiava leggermente lì in quel posto bianco,
spoglio ed immenso. Le lunghe distese parevano non avere fine, e quel cielo
sopra le loro teste era così terso, così infinito. Di
solito nel Makai non regnava un’atmosfera simile.
Oltretutto, per due esseri umani camminare in quel posto poteva avere i suoi
rischi. Si trattava pur sempre di un mondo abitato da creature fameliche, pronte
a divorare chiunque, pronte a cacciare qualsiasi
ignara preda.
Stranamente, il territorio sembrava essere deserto. Ma dove erano finiti gli Orrori? Kaoru
provò a chiederselo, tuttavia non trovando risposte rigirò quella domanda a Kouga.
- Non corriamo pericoli restando qui? – disse, aspettando
con curiosità il responso.
- Gli influssi benevoli rilasciati da Spenta Mainyu terranno gli Orrori lontani per un po’. – rispose,
quindi non c’era motivo di preoccuparsi. Buffo a dirsi ma in quel momento nel Makai regnava la quiete assoluta.
Il paesaggio così terso era talmente piacevole che la
giovane si lasciò completamente andare. Chiuse gli
occhi, poi appoggiò il capo sul dorso di Kouga e si
godé il resto della traversata. Si lasciò cullare dall’andatura quieta di Goten, dal rumore dei suoi zoccoli che si battevano sulla
terra bianca e spoglia, e dal respiro del suo ragazzo.
Quando ad un tratto si rese conto che
avevano smesso di muoversi, aprì gli occhi e restò senza fiato.
Una miriade di sfere luccicanti volteggiavano
intorno a loro, dava l’impressione di trovarsi in un banco di lucciole.
Rimasero a lungo in silenzio, a contemplare quello
spettacolo di rara bellezza, certi che avrebbero immortalato quell’attimo nei
loro cuori, per sempre.
Kouga infilò una mano nella tasca
interna del bianco soprabito ed estrasse qualcosa. – Credo che questo sia tuo.
– fece, mostrandole l’anello che ella si era sfilata
dal dito la sera in cui aveva deciso di fuggire via. Kaoru
assentì con un sorriso, poi si vide prendere la mano e senza opporre taluna
resistenza lo lasciò libero di infilarle quell’anello al dito, e lì, in sella
al destriero dalla corazza dorata, mano nella mano restarono
ad osservare l’orizzonte, attorniati da quelle splendide luci pregne di pace e
tanto calore.
***
Varcarono il portale, per tutto il tempo non avevano smesso di tenersi per mano, e all’uscita furono
accolti da sorrisi gioiosi e sguardi allegri.
Gonza, Rei, Tsubasa,
Jabi, Rin e perfino Souka e Jin, erano tutti lì, ad
attenderli.
La prima a corrergli incontro fu la piccola Rin che sorridendo come non mai abbracciò entrambi con una
calorosa stretta.
Kouga sentiva il bisogno di
ringraziare i presenti, senza il loro supporto non ce l’avrebbe
fatta. Tuttavia quando cercò di farlo, si rese conto che non gli uscivano le
parole di bocca, tant’era l’emozione, tant’era impacciato. Rei gli batté amichevolmente una pacca sulla spalla. – Non
sforzarti, ti si legge in faccia che sei emozionato. – scherzò com’era suo
solito fare.
- Sappi che noi non ti avremmo mai
abbandonato. – esclamò Jabi, accogliendolo con
uno splendido sorriso.
- Hai perfino trovato un nuovo amico. – ribadìSouka, sua cugina, indicando con un cenno degli occhi
Jin, che stava proprio accanto a lei. Questi arrossì
non sapendo cosa dire, e tacque. Al contrario del suo Madougu,
Danda.
- Non mi hai ancora detto la tua età, Silva. – dichiarò,
rivolto alla collana. E proprio come c’era da aspettarselo, lei non gradì affatto.
- Sei un rude, un cafone! – sbottò
inacidita. Zarba rise di gusto.
- Non te lo dirà mai – fece in un
primo momento, ma stranamente non proseguì con una delle sue solite battute. –
Non penso che sia così vecchia, è ancora nel fiore degli anni, dico bene
madamigella?- La collana divenne subito rossa
dall’imbarazzo e non fu nemmeno in grado di biasciare una degna risposta.
Tutti scoppiarono a ridere, dando a quell’atmosfera qualcosa
di unico, di speciale.
Perfino Kouga sorrise. Ora si
sentiva a casa, circondato da persone che avevano saputo conquistare il suo
rispetto, la sua fiducia, attorniato da coloro che avevano
creduto in lui, sempre e comunque. Forse in futuro ci sarebbero state nuove battaglie, ma quel giovane ed intrepido paladino che lottava
con coraggio e profonda dedizione per difendere l’umanità era sempre più
convinto di una cosa: Grazie all’amore dei suoi cari non avrebbe avuto più nulla
da temere, perché ora più che mai sapeva che non sarebbe stato più da solo.
3 anni dopo
Camminava nervosamente giù nella hall
di quella villa enorme ed immersa nel verde, ogni tanto gettava fugace uno
sguardo all’orologio appeso alla parete, poi riprendeva quell’andirivieni
frenetico che perlomeno riusciva a tenere a bada la sua del tutto plausibile
agitazione.
Era così assorto in cento, mille pensieri che le gambe
oramai si muovevano da sole, contro il suo volere.
Aveva anche provato a sedersi, ma dopo nemmeno un battito di
ciglia si era rimesso nuovamente in piedi, pronto a
consumare il pavimento sottostante.
Si era già sentito così, altre volte, ma ora aveva a che
fare con un tipo alquanto differente di agitazione.
Forse era per questo che non riusciva a darsi una
calmata, un contegno. Proprio lui che aveva sempre avuto un atteggiamento
altero nell’affrontare le cose, adesso non sapeva che fare, cosa pensare. Quell’andirivieni incessante era sinonimo anche di una
forte apprensione, nonostante il maggiordomo gli avesse più volte riferito che
stava andando tutto bene, che non doveva preoccuparsi. Sì, ma questo era
successo molte ore fa, e da quell’ultima volta non aveva più ricevuto risposte,
rassicurazioni.
Non gli restava che aspettare e sfogare tutta quell’ansia
con un avanti e indietro propenso per lui, ma deleterio per qualcun’altro.
- Potresti gentilmente smetterla di andare da un capo
all’altro della sala? Mi sta vendendo un forte mal di testa. – intervenne Zarba, l’anello guida parlante
che, poverino, con tutto quel movimento gli sembrava di trovarsi a bordo
di una giostra.
Kouga si fermò in mezzo all’atrio,
ma di certo non lo fece per accontentare la richiesta del Madougu.
Quel gesto gli servì più che altro a guardare, per la forse millesima volta
l’orologio. – Sono più di due ore che stanno chiusi lì dentro. – scoppiò alla
fine, sedendosi nuovamente su di una panca lì vicino.
- Presumo che per queste cose ci voglia tempo. Dovrai avere
pazienza.
- Per quanto ancora? Sono stanco di
aspettare, non ne posso più.
- Per tutto il tempo che sarà necessario. Anche
un giorno intero. – replicò infastidito l’anello. Il ragazzo lo investì con
un’occhiata strana. Era sconvolto ma confuso nello stesso tempo. Un giorno
intero? No, niente affatto. Al massimo avrebbe aspettato per altri cinque minuti,
di questo ne era più che certo. - E comunque,
ti è stato detto che non puoi entrare, perciò non ti resta che attendere qui,
magari stando seduto. – Zarba sperò quasi nel
miracolo, non ne poteva più di vedere Kouga andare
avanti e indietro senza sostanza, e di conseguenza, costringere l’anello che
portava al dito a fare la medesima cosa.
Detto fatto, il ragazzo si alzò ancora, ma questa volta
aveva intenzioni ben diverse.
- Io vado a controllare. – disse all’improvviso, con un tono
concitato, certo che avrebbe salito le scale, percorso il breve andito ed
entrato in quella stanza, ma… Una
voce tuttavia anticipò le sue mosse. Si trattava di Gonza, il buon maggiordomo.
Eh sì, fu una sorpresa per quel ragazzino scontroso che
spesso giocava a fare l’asociale vederlo arrivare a metà tra uno scalino e
l’altro, con un’espressione quasi arruffata ma raggiante allo stesso tempo in
viso, mentre gridava a più riprese e con voce squillante“ E’ nato! E’ nato!”.
Kouga si sentì mancare di colpo il
suolo sotto ai piedi. Con gli occhi
sgranati, le mani sudate e tremanti, tutto il calore del corpo gli salì
al viso, sentì tutta quell’agitazione che aveva accumulato scemare
all’improvviso per lasciare spazio a ben altre emozioni, e mentre il
maggiordomo lo incitava a salire su per le scale, ebbe l’impressione di non
riuscire più a muovere le gambe. Era paralizzato, l’emozione
gli aveva giocato davvero un brutto scherzo.
Si ritrovò chissà come a correre su per quei gradini,
tremava e nello stesso tempo mentre seguiva Gonza non riusciva a smettere di
pensare a ciò che da poco, in quella splendida villa, era avvenuto.
Fu veramente questioni di attimi,
ma a Kouga quando la porta della sua camera da letto si
aprì quel momento parve durare un’eternità.
Kaoru, coperta da una magnifica
veste bianca, era distesa sul letto. L’espressione del viso assai stanca
tuttavia non le aveva fatto perdere splendore, anzi.
Aveva una luce negli occhi davvero intensa, notò subito Kouga,
che si sentì accogliere da uno splendido sorriso. Tra le braccia stringeva
dolcemente un piccolo fagottino avvolto da una coperta bianca e candida.
Ebbe un sussulto, l’ennesimo, e ancora per l’ennesima volta
rimase a metà strada, con le labbra dischiuse non sapeva cosa dire, aveva paura
di non trovare le parole adatte a quell’attimo, aveva
paura di non riuscire a farle capire quello che il cuore gli sussurrava di
urlare. Aveva paura che una semplice frase non sarebbe
mai bastava a descrivere quell’enorme sentimento che ora sentiva accrescere
come una folata di vento impetuoso dentro di sé.
Provò ad avvicinarsi, ebbe un labile attimo di esitazione, le gambe gli tremarono, ma più i suoi occhi
si fermavano su ciò che Kaoru teneva tra le braccia,
più la voglia di avanzare accresceva. Quel forte desiderio l’avvinse, e non appena
si accostò al lato del letto finalmente poté vedere per la prima volta il viso
di suo figlio.
Fu talmente tanta la gioia che non riuscì a trattenere le
lacrime. Non aveva mai provato prima d’ora un’emozione così grande verso
qualcosa di così piccolo ma unico nel suo genere. Verso qualcuno, verso colui che sarebbe diventato il suo erede. Il suo
primogenito, o perché no, la sua primogenita.
- E’ un maschio o una femmina? – fu la prima cosa che riuscì
a dire, mentre non smetteva di osservare il dolce visino di quella piccola
meraviglia.
- E’ una bambina! – esclamò la sua Kaoru,
illuminandolo con uno di quei sorrisi raggianti.
- Una bambina… - biascicò, l’emozione fu così tanta che fece
fatica ad esprimersi liberamente. – Una bambina… - ripeté
ancora, tanto era forte in lui la meraviglia, la contentezza. - Ha i
tuoi stessi occhi. – disse, notando la palese somiglianza. Sorrise ancora,
senza staccarle l’attenzione di dosso, non ci riusciva. Quella piccola creatura
lo aveva rapito, incantato, lo aveva reso l’uomo più
felice del mondo. La pelle delicata e liscia, le guanciotte
rosa, gli occhi grandi, luminosi e vispi, e la boccuccia così graziosa, gaia.
Ero uno spettacolo. Semplicemente uno spettacolo.
- Congratulazioni – disse ad un tratto Zarba, sentendo il dovere di parlare – Sono
diventato zio. – scherzò, per aggiungere in seguito - Mi auguro
che la piccola non erediti il vostro carattere, altrimenti invecchierò prima
del tempo.
Kouga e Kaoru
risero con gusto, poi quest’ultima
guardando il padre di sua figlia pensò bene di rivolgergli la fatidica domanda:
- Vuoi tenerla?
La richiesta inaspettata lo fece sussultare. Non se la sentiva di prendere quel piccolo fagotto tra le braccia, era
convinto di non essere pronto, di non esserne all’altezza. – Io… - balbettò, la
voce tremante, un po’ roca. Si vide avvicinare la piccola, e
preso alla sprovvista cercò di fare del suo meglio affinché potesse assumere
la giusta posizione.
A sorpresa ci riuscì. Gli venne quasi naturale, forse il
desiderio di tenerla tra le braccia per la prima volta aveva prevalso sopra ogni
cosa, e messo a tacere il senso iniziale di quella che senza
ombra di dubbio era solo una banale paura.
Notò subito che il fagottino era così leggero, così piccolo.
La pelle di quelle manine che non smetteva di agitare era di una deliziosa
morbidezza, così come i capelli che incorniciavano il dolce visino. Più la
guardava e più non riusciva a smettere di sorridere, di farsi incantare da lei.
Aveva iniziato a volerle bene dal primo momento in cui Kaoru
gli aveva detto che aspettava un bambino. E ora, mentre la fissava non poteva credere ai suoi occhi.
- Diventerai un provetto papà. – dichiarò convinta Kaoru, guardandoli con aria spossata ma felice. Kouga si sentì tremendamente imbarazzato, in un primo
momento non rispose, ma pensò che con il tempo lo sarebbe diventato e così
sorrise.
- Sei stanca? – le
chiese poi, non potendo fare a meno di notare quel viso pallido e svigorito.
Annuì, lasciando sprofondare il capo sul bianco cuscino.
Era stanca, Kaoru, ma felice.
Felice di quella famiglia, felice di quel
miracolo che aveva portato in grembo per nove mesi, e felice di avergli regalato
il dono più grande.
Si sentì sfiorare il capo, socchiuse gli
occhi lasciandosi cullare da quella dolce carezza, la mano di Kouga aveva un tocco così caldo, una movenza così delicata.
La premura di quel gesto la ripagò di tutta la fatica che
aveva dovuto affrontare durante il suo primo parto.
Era piacevole, pensò, lasciandosi
cullare dal suo sposo. Essere lì, circondata dall’affetto dei suoi cari, la
faceva sentire come una persona che aveva finalmente trovato la sua felicità.
- Non vorrei proprio interrompere questo momento così
idilliaco, ma… - disse inaspettatamente Zarba, poi
dovette proseguire- a circa 2 chilometri da qui è comparso un Orrore. – dichiarò
alla fine, e fu costretto a farlo dato che quello era uno dei suoi compiti
primari.
Kouga guardò immediatamente Kaoru, e senza pensarci rispose: - Mi faccio sostituire. –
Era intenzionato davvero a farlo, e questo perché desiderava restare al fianco
della sua famiglia. Non se la sentiva di lasciarle proprio ora, in un momento
simile. Voleva restare con loro.
La giovane donna che aveva dato alla luce sua
figlia dissentì. – Tu sei un Cavaliere Mistico, il tuo
compito è quello di salvare le persone che sono in difficoltà. E in questo momento c’è qualcuno là fuori che ha bisogna di
te. – gli posò con estrema dolcezza una mano sul braccio e per dargli tutto il
suo appoggio, proprio come aveva sempre fatto, guardandolo negli occhi con uno
splendido sorriso annuì. – Aspetterò con trepidazione il tuo ritorno,
ma questa volta non sarò più da sola. Nostra figlia mi terrà compagnia,
e sono certa che ancora una volta andrà tutto bene,
perché io, anzi, noi abbiamo fiducia in te! – Le parole di Kaoru
toccarono in maniera significativa il cuore di Kouga. L’amore che provava verso di lei non
si poteva misurare, era senza fine, era unico nel suo genere. Ogni attimo
prezioso della sua esistenza cercava di viverlo appieno e questo perché al suo
fianco c’era colei che giorno dopo giorno gli aveva
fatto capire che l’amore, quello vero, poteva rivoluzionare ogni cosa, riempire
ogni cuore, anche il più arido, e permettere a chi non aveva ali di spiccare
magicamente il volo.
Guardò sua figlia con gli occhi di un padre che osserva il suo bene più prezioso. Era bella come sua madre, eppure
tanto indifesa. Aveva bisogno di attenzioni, di amore,
di essere protetta. Kouga si sarebbe gettato nel
fuoco per lei, anzi, per loro.
Avvicinò la piccola al ventre della madre. Kaoru la raccolse tra le braccia, poco
dopo si sentì posare un bacio sulla fronte.
Gonza sopraggiunse con il bianco soprabito tra le mani. Dopo
averlo indossato, rivolgendo un doveroso inchino a quelle due giovani donne che
con naturalezza gli avevano cambiato la vita, Kouga si
lanciò a capofitto verso la sua prossima avventura.
Pronto ad iniziare una nuova battaglia.
Pronto a dare vita ad una nuova
leggenda.
Fine
I VANEGGIAMENTI
E LE RISPOSTE DI BOTAN:
Caro
lettore, cara lettrice, anzi, cari amici… dopo oltre 3 anni siamo giunta alla
fine. Lo dice la
parola stessa, quella che potete intravedere verso l’alto, verso la fine, per
l’appunto, di una fanfic che mi ha dato tanto. Non è
stato facile per me scrivere quella magica parolina che inevitabilmente ti
porta a versare qualche lacrima, per una come me che
non si commuove facilmente, poi, è il colmo.
Sarò sincera
con voi, così come lo sono sempre stata, perché la verità, ma anche la fiducia
ed il rispetto, come ci ha insegnato la GaroSecond Season, dovrebbero trovarsi
alla base di ogni rapporto. Se da un lato sento già la forte mancanza di questa
storia, da un altro per la prima volta in vita mia posso dire di sentirmi fiera
di me. Non ho mai scritto così tanto e con così tanta
dedizione prima d’ora, sapevo che la fanfic andava a
tutti costi terminata prima della messa in onda dell’ultima puntata
dell’originale seconda serie, e così ho lavorato senza sosta affinché tutto ciò
fosse possibile.
Ci sono state
sere in cui quando staccavo dal lavoro (quello vero!)
non mi andava proprio di scrivere, poi però iniziavo a leggere le prime righe
di quei capitoli ancora in costruzione e mi lasciavo cogliere dall’ispirazione
e da quella magia che solo Garo riesce a
trasmettermi.
Volevo dire
tante di quelle cose ma stranamente ho scordato tutto…
l’emozione mi sta giocando brutti scherzi…!
Di una cosa
però non mi sono dimenticata, e cioè di voi. Sì, voi tutti, che mi avete sempre incoraggiato, che mi avete sostenuto
attraverso recensioni e messaggi che mi facevano esultare ogni volta, che mi
spingevano a fare del mio meglio. Ho cercato di trasmettere tutte le mie
emozioni attraverso questa storia, volevo regalare a
tutti quelli che la seguivano un sorriso, perché penso vivamente che non ci sia
cosa più bella che regalare un sogno a qualcuno. Spero proprio di avervi fatto
sognare. Voi ci siete riusciti attraverso l’affetto
che mi avete dimostrato durante tutto questo tempo.
Non voglio che
questo sia un addio… per carità! Io li odio…! Sappiate che continuerò
a scrivere storie su Garo, e forse, in un futuro magari
non troppo lontano, potreste ritrovarvi a leggere un seguito, o una terza
serie, perché no…!
Nel frattempo,
come ogni serie di Garo che si rispetti, non poteva
mancare di certo un episodio gaiden! Nulla a che
vedere con la trama principale, ovviamente, da leggere così, con naturalezza,
proprio come quello della prima stagione, ve lo ricordate? Esilarante da un
lato, ma che sapeva ugualmente incantare il pubblico, me compresa! Arriverà
esattamente dopo quest’ultimo episodio, il tempo di
ultimare alcune cose.
Da parte mia
posso dire che in un certo senso questa fanfic ha portato fortuna alla vera serie di Garo. Ho iniziato a scriverla perché desideravo tanto
vedere un seguito di quella meraviglia creata da KeitaAmemiya, e alla fine così è stato!
Concludo, e mi pesa proprio tanto farlo, sperando
che ognuno di voi riesca a realizzare i suoi sogni, e che, come è giusto che
sia, possa ricevere dalla vita una storia a lieto fine proprio come i nostri
tanto amati Kouga e Kaoru!
A presto ragazzi miei! Mantenetevi allegri, sorridete e
soprattutto tifate sempre Garo!!!
Lui le aveva detto di non fare di
testa sua, e lei invece lo aveva fatto.
Lui le aveva detto di non andare,
ma lei come nulla fosse si era allontanata.
E con le bandiere sguainate al
vento, era partita all’attacco.
Ovviamente l’altro avrebbe potuto continuare a starsene ben
nascosto, in attesa del momento giusto, ma se quello
stesso momento era stato appena rovinato da una donna capricciosa ed
impertinente, non c’era molto da fare.
Così, non avendo altra scelta, uscendo allo scoperto si era
lanciato nella mischia.
Avevano combattuto fianco a fianco,
senza nemmeno aprire bocca. E quando la creatura
finalmente fu sconfitta, nulla più riuscì ad impedirgli di parlare.
- Perché fai sempre di testa tua?!
Abbiamo rischiato grosso! – Il suo non era di certo un tono pacifico ed
amichevole.
La donna che gli stava di fronte fece spallucce, quasi con
noncuranza. Non le importavano granché di quei rimproveri che tra l’altro reputava completamente inutili. Ormai ci aveva fatto
l’abitudine, a furia di abitare nello stesso villaggio e, cosa peggiore, sotto
lo stesso tetto.
- Rilassati una volta ogni tanto.
- Rilassarmi?! Ma come puoi dire una
cosa simile? Lo sai bene che…
- C’è in gioco la nostra vita?
- Sei già morta una volta, te lo ricordi?
- Una o due per me non fa nessuna differenza.
- Sei un’immatura! Maledico il giorno in cui la somma Sacerdotessa
Garai ti ha concesso di farmi da assistente. – si incrociò le braccia al petto, e con aria torva guardò
altrove.
- E’ stata lei ad affibbiarmi a te. Non l’ho certo preteso
io, anzi! Se avessi avuto l’opportunità di scegliere,
con quel carattere odioso che ti ritrovi non avrei mai accettato.
L’altro la ferì con un’occhiata bieca, poco prima di
chiamare a rapporto i suoi due allievi, Akatsuki e Hyuga, e sparire nella boscaglia.
Lo guardò andar via. Pareva emanare malevolenza dalle
spalle, ma tutto sommato ci era abituata, perciò come nulla
fosse se ne ritornò al villaggio.
Una ragazzina, nel momento in cui la vide rientrare, le corse
subito incontro. Aveva i capelli neri, di cui una
ciocca legata a codino sul lato della testa. La giovane la scrutò bene in viso,
poi magicamente capì tutto quello che c’era da comprendere. – Hai litigato ancora
con mio fratello. – affermò, praticamente certa della
cosa. Quando non si vide rispondere, capì che aveva indovinato. Per l’ennesima
volta. – Lo sai com’è fatto, no? Dovresti cercare di non prendertela.
- Ma io non sono offesa, anzi. E comunque – si portò le mani sui fianchi- cosa ci fai qui, signorinella? A quest’ora non dovresti
seguire la lezione della Sacerdotessa Garai? – disse,
ma con tono affabile, più che una ramanzina sembrava un consiglio amichevole.
La più giovane abbassò leggermente lo sguardo ed annuì. –
Vado subito! – esclamò correndo via. Rin aveva tanto
da imparare se voleva diventare in futuro una brava Sacerdotessa, proprio come
tutti gli altri che in passato l’avevano preceduta.
Dopotutto, il Kantai era famoso
proprio per essere una terra ricca di abili Sacerdoti
Mistici.
E forse adesso, grazie ai continui
battibecchi di un burbero Cavaliere del Makai e di una
saccente Sacerdotessa, poteva aspirare a divenire celebre anche per quello.
Ovviamente, i due in questione non potevano che essere da
una parte TsubasaYamagatana,
e dall’altra Jabi.
Proprio non riuscivano ad andare d’accordo. Per quelle due
figure diametralmente opposte era impossibile trovare anche solo un punto di incontro.
Tsubasa era un ragazzo rigido,
severo e puntiglioso, mentre Jabi uno spirito
semplicemente indomito, che per di più odiava i tipi maschilisti. E il giovane Yamagatana, visto come la trattava di continuo, senza ombra di dubbio doveva esserlo.
Ogni volta, puntualmente spuntava fuori qualche diverbio.
Spesso le loro discussioni diventavano anche troppo accese, ma il bello era che
non portavano a niente.
Sembravano litigare solo per il gusto di farlo. Ma dubito
che per Tsubasafosse così.
Nella selvaggia ed antica terra del Kantai
sopraggiunse la sera. Il cielo di quella zona regalava agli abitanti del luogo
uno spettacolo assolutamente unico. Aveva un colore blu intenso, così profondo
da trasmettere una sensazione di quiete assoluta. Ciò che più riusciva ad
incantare lo sguardo delle persone era un luccichio
pallido ma copioso emanato dalla miriade di stelle che riempivano la volta.
La luna giocava a nascondino tra un vaporoso banco di nubi, Tsubasa mise piede in casa, e la sorella corse subito ad
abbracciarlo, poi lo aiutò con piacere a levarsi il soprabito.
Jabiera lì,
seduta sorseggiava una tazza di tè senza dire una parola. A dire il vero
neppure l’altro aveva aperto bocca. Dopotutto, lui era convinto ancora di avere
ragione.
Quando si tolse il soprabito, nel
flettere il collo Jabi intravide di sfuggita
qualcosa. Era un taglietto, molto probabilmente doveva
esserselo procurato durante lo scontro con l’ennesimo Orrore.
- Cosa hai fatto al collo? – chiese, non per conoscere una risposta, ma giusto per dire come
sempre la sua. In realtà voleva fargli sentire ulteriormente la sua presenza,
tanto per fargli capire che non aveva né timore né disagio a stare lì. In
pratica stava, anche se con diplomazia, sottolineando
il fatto di non trovarsi in nessun modo dalla parte del torto.
- Non sono affari tuoi. – rispose bruscamente l’altro, senza
scomporsi.
- Sempre gentile, a quanto vedo. – ironizzò lei con
sarcasmo.
Rin fissò prima l’una e poi
l’altro. Non ne poteva davvero più di quella situazione.
- Insomma! – sbottò seduta stante, attirando l’attenzione
dei due – Quand’è che la smetterete di fare i bambini?
- Io non lo sono di certo. –
dichiarò Jabi, con sagace ironia. E Tsubasaabboccò all’amo.
- Vuoi forse insinuare che lo sono io?
- Oltre ad essere maschilista, sei pure
permaloso. Temo che la tua lista di difetti non abbia fine.
- Dovresti portarmi maggiore rispetto! Ti ricordo che sono
un Cavaliere Mistico.
- E con questo cosa vuoi dire? Che siete una razza superiore? – rispose la
donna, poi si avvicinò lentamente al ragazzo con fare provocatorio. –
Sentiamo, allora… Chi è che vi ripara gli oggetti magici? Chi è che vi permette
di avere un Madougu? E chi,
quando serve, vi dà una mano in battaglia? – Jabi lo
stava fissando di proposito in viso. Alzò mezzo sopracciglio, come a dire
“avanti, sentiamo un po’ che cosa mi rispondi adesso!”, dato che senza un Prete
del Makai, ogni Cavaliere non poteva di certo avere
vita lunga.
- Tu intralci il mio lavoro, e non mi aiuti
per niente. – seppe dire solo.
- Sei tu, invece, che non mi rendi le cose facili. Durante
la battaglia di oggi, se io non fossi intervenuta
subito, l’Orrore sarebbe scappato.
- Niente affatto! – tuonò imperterrito Tsubasa,
e la sfidò con uno sguardo – So bene cosa faccio, e
nessuno ti dà il diritto di sconvolgere i miei piani come puntualmente accade!
La Sacerdotessa non riuscì a controllarsi. Doveva reagire a quella odiosa illazione. E lo fece
all’istante.
- Sei solo un ragazzino che gioca a fare l’uomo! – ribatté,
in preda allo sdegno.
- Non chiamarmi ragazzino!
- Ok, come vuoi tu… moccioso! – sottolineò
ancora, ma con estremo sarcasmo.
Rin a quel punto decise di
intervenire nuovamente. Aprì la bocca, intenta a fare una sonora lavata di capo
ad entrambi, ma fece solo in tempo a dire “Hey!” perché quasi subito ricevette
un “ Và a dormire!” piuttosto concitato sia da Tsubasa che da Jabi. Questi due si
guardarono l'un l'altro, con ancora più astio.
La sorellina del ragazzo serrò le labbra ed abbassò gli
occhi. Senza aggiungere altro, fu costretta ad andare a letto.
Dopotutto, era abituata a ciò. Sapeva inoltre che in quella
circostanza era molto meglio lasciare che si sfogassero da soli. E fu ciò che accadde poco dopo l’uscita di Rin.
- Vuoi che me ne vada e smetta di assisterti? – chiese a quel punto la Sacerdotessa, guardandolo con un coraggio senza
pari.
Quella domanda spiazzò Tsubasa che
ebbe un attimo di esitazione nel dare una risposta.
- Nessuno ti trattiene qui con la forza.
Jabi sbatté un piede in terra in
preda alla rabbia. - Ti ho fatto una domanda precisa! Abbi almeno l’accortezza
di rispondere chiaramente.
- L’ho già fatto.
- Sei stato evasivo, come sempre. Detesto chi non parla in
modo chiaro.
- Tu detesti tutto. Ecco qual è tuo problema! – rispose
acidamente Tsubasa. Jabi
non mandò giù il colpo.
- Detesto i tipi come te.
- Detesti me in particolare, dillo
chiaramente.
- E ti sei forse mai chiesto il
perché?
- Presumo che sia legato al giorno
del nostro incontro.
- Presumi bene. Non ho affatto
dimenticato come mi hai trattata quella volta. Per te ero solo una figura
destinata ad essere rispedita nell’aldilà, una presenza ingombrante che secondo
la tua logica non poteva trovarsi ancora in questo mondo.
- Non ho mai detto questo. – si giustificò prontamente il
Cavaliere, ma nella sua voce c’era un pizzico di tremore.
- Ah, no? Devo forse ricordarti come mi hai chiamato la
prima volta che sei entrato come un pazzo nell’abitazione della Sacerdotessa Garai? – Jabi si portò entrambe
le mani sui fianchi. – Che ci fa la morta qui? – fece,
rammentandogli la famosa espressione.Tsubasa spostò lo sguardo verso destra, e non ribatté.
Sapeva chiaramente di avere torto. – Ad ogni modo, - continuò la ragazza- ciò
che mi fa più rabbia, è sapere che da quel giorno non sei
cambiato affatto.
Il giovane Yamagatana scattò
all’istante perché non reputava veritiere quelle parole. – Questo non lo puoi dire! Tu hai salvato mia sorella, e te ne sono
riconoscente.
- Questo è vero, ma il tuo atteggiamento nei miei confronti
è rimasto immutato.
- Perché con il tuo comportamento
non mi rendi le cose facili.
Jabi decise di arrivare una volta per tutte al punto di quella questione.
- Allora rispondi chiaramente, vuoi che me ne vada?
Come c’era da aspettarselo, Tsubasa
si bloccò ancora, ma Goruba, il suo Madougu, si immise alla svelta nel
discorso.
- Mio signore! – eruppe, attirando subito
l’attenzione – C’è un Orrore nel villaggio!
Il ragazzo sollevò di scatto il polso. Poi lui e Jabividero un’ombra al di fuori
della casa sfrecciare nella boscaglia. Si guardarono dritto negli occhi e
corsero fuori.
- Dove si sta dirigendo, Goruba? –
gli chiese rapidamente il Cavaliere del Kantai.
- Vicino alla sorgente termale.
- Vuole farsi un bagno a quest’ora?
– scherzò la Sacerdotessa, ma solo per smorzare l’attimo.
Arrivarono con il fiato corto sul posto. Non si muoveva
neppure una foglia. All’apparenza il luogo sembrava deserto.
Restarono vigili ma in silenzio a guardarsi intorno. Tsubasa era molto teso.
- Cerca di stare calmo, e non agitarti. – gli consigliò Jabi, vedendolo alquanto irrequieto.
Successivamente udì uno strano
fruscio, lieve e quasi impercettibile, si avvicinò al bordo della vasca,
convinta che l’Orrore fosse nascosto lì. Anziché aspettare un attacco imminente
da parte della bestia, preferì andargli incontro.
Fece ancora un altro passo, gettò uno sguardo nella vasca,
ma non vide nulla. La superficie dell’acqua era piatta, calma, là non c’era
nessuno, tuttavia quando si apprestò a ritornare sui
suoi passi, qualcosa le afferrò di getto la caviglia trascinandola di sotto.
- Jabi! – urlò Tsubasa,
vedendola finire in quel baratro. Si scaraventò verso la conca, ma non riuscì a
prenderle in tempo la mano, e così fu portata sott’acqua.
La vide dimenarsi sotto la superficie di quella fonte
limpida e calda, ma la creatura era più forte di lei, perciò prese
spudoratamente il sopravvento. Per salvarla restava una sola cosa da fare:
Levandosi di corsa il soprabito, Tsubasa si gettò in
acqua.
E fu lì, che lo scontro ebbe luogo.
Cogliendo la creatura alla sprovvista, si trasformò in Dan, il Cavaliere della Notte Bianca. Dall’acqua
fuoriuscirono fasci d luce abbaglianti, che illuminarono il fondo di quella
sorgente termale.
Approfittando della situazione, Jabi
riuscì a divincolarsi dalla stretta. In questo modo Dan
poté colpire ed eliminare con facilità l’orrenda creatura che prima di spirare
emise un sibilo spaventoso e si trasformò in un nugolo di bolle che al contatto
con l’aria divennero vapore.
Aiutò la Sacerdotessa a ritornare in
superficie, la spinse verso il bordo della vasca, poi riemerse
anch’egli.
Jabi teneva gli occhi chiusi. Notò
subito che non respirava, il colorito della sua pelle era divenuto
di colpo pallido.
Doveva fare qualcosa per scongiurare il peggio. Distese per
bene la ragazza verso il suolo, e subito dopo le posò
una mano sotto al mento.
Prese fiato, si avvicinò ancor di più al viso di Jabi e poi premette le labbra contro le sue per cercare di
rianimarla.
Lei riaprì gli occhi solo dopo alcuni istanti. Tossicchiò
per espellere dell’acqua che le era rimasta ancora in gola, e pian pianino
riprese conoscenza.
- Come ti senti? – chiese subito Tsubasa,
mentre ancora sconvolto le teneva una mano poggiata sulla spalla.
- Adesso va meglio. – rispose a stento, con il colorito che le
tornava sulle guance. Tossicchiò ancora, poi cercò di
mettersi seduta. Si sentì aiutare dal giovane, e non appena ne
ebbe il tempo, Jabi cercò di parlare. – Mi hai
salvato la vita. – fu costretta a riconoscergli. Teneva gli occhi bassi,
probabilmente perché si sentiva a disagio.
- Era mio dovere farlo.
- Già, è vero… tu sei un Cavaliere
Mistico. E’ tuo dovere salvare le persone. – rispose, poi si
passò una mano tra i capelli bagnati.
- Non è solo per questo – ribatté
improvvisamente Tsubasa, attirando su di sé
l’attenzione dell’altra. - Non potevo permettere che accadesse qualcosa ad un
mio compagno di lavoro.
- Stai cercando di dire che vuoi
farmi restare?
Tsubasa non l’aveva proprio
espresso chiaramente, tuttavia il significato delle sue parole era più o meno lo stesso.
Jabi scoppiò all’improvviso a
ridere.
- Cosa c’è? – sbottò perplesso il
Cavaliere del Kantai.
- Se sono ancora viva, presumo che
tu abbia dovuto rianimarmi.
- E con questo?
- Scommetto che non avevi mai baciato
nessuna donna prima d’ora, dico bene? – lo guardò direttamente in faccia, e
rise ancora di più nel vedere quanto quella di Tsubasa
stesse diventando sempre più accesa.
Evidentemente imbarazzato, si alzò all’in
piedi. – Non vedo questo cosa centri con tutto il
resto.
Lei lo seguì a ruota.
- La mia era solo una semplice
supposizione. Non volevo di certo turbarti!
- A te invece è già successo? - chiese improvvisamente, facendo
molta attenzione a non rivolgerle lo sguardo.
La giovane Sacerdotessa iniziò ad osservare il cielo. – Sì,
una volta. – rispose. Mentre lo contemplava il suo sguardo
si faceva sempre più distante. – Avevo nove anni, e difficilmente dimenticherò
quel giorno, ma soprattutto la persona a cui l’ho
dato.
- Da come ne parli, sembra che per te sia molto importante.
– disse Tsubasa, girandosi verso di lei.
Jabi annuì, ma stavolta lo fece
con dolcezza. – Lo è ancora tutt’ora, e continuerà ad esserlo, anche se a volte temo che lui
non lo saprà mai.
- Perché non provi a dirglielo?
- Perché ormai è troppo tardi. Lui
ha trovato una persona a cui volere bene, e, anche se a malincuore, so che l’amerà fino alla fine dei suoi giorni.
Tsubasa guardò immediatamente Jabi. – Kouga…?! – esclamò in
preda allo stupore. Lei annuì ancora, e continuando a sorridere abbassò il
mento. Tentava in un certo senso di nascondere la propria tristezza dietro ad un
sorriso.
- E’ veramente innamorato di Kaoru.
Lo vedo da come la guarda tutte le volte che si trova affianco a lei, da come i
suoi occhi si illuminano tutte le volte che quella
ragazza sorride… - fece una pausa, sentì gli occhi bruciarle appena, ma riuscì
ad ogni modo a trattenere quello che per lei era solo uno stupido pianto. – Se lui è felice, lo sono anche io.
- So cosa vuoi dire. – rispose ad un
tratto Tsubasa – Farei qualunque cosa pur di
vedere Rin sorridere.
Jabi tacque, rifletteva su
qualcosa che forse prima d’ora gli era sfuggita. – Dopotutto – premise, quasi
abbozzando un sorriso – io e te siamo simili. Entrambi
crediamo fortemente nelle nostre idee, ci preoccupiamo per coloro che più ci
stanno a cuore ma senza dare troppo nell’occhio, siamo
testardi, orgogliosi, nessuno dei due è mai disposto a cedere per primo, ma
quando si tratta di aiutare un amico che si trova in pericolo non ci tiriamo mai
indietro.
- Già. – assentì Tsubasa, senza
aggiungere altro. Infondo sapeva che in quelle parole c’era
qualcosa di vero. Lei aveva ragione a dire che erano
simili, anche se poteva sembrare il contrario, Jabi
si era resa conto che tra di loro non c’era poi un abisso così grande, anzi. Le
similitudini, seppur nascoste, erano tante. Ad unirli c’era un profondo senso di uguaglianza.
Uno spiffero di vento la fece rabbrividire. Era del tutto bagnata, la temperatura nel Kantai
stava scendendo rapidamente quella sera.
Tsubasa raccolse da terra il suo
soprabito, e all'improvviso lo posò sulle sue spalle. Quel gesto fu così
spontaneo da impressionarla. - Sarà meglio andare. Inizia a fare freddo. –
aggiunse il giovane dal burbero carattere, e si avviò verso casa.
Quando raggiunsero l’accogliente
dimora, la Sacerdotessa lo vide andare in direzione della piccola cucina. – Vatti ad asciugare, io nel frattempo ti preparo qualcosa di
caldo da bere. – Si sentì dire.
Quasi stupida da quelle parole gli venne da chiedere: - Sai
cucinare?
Tsubasa fu piuttosto sbrigativo a
darle quella risposta. – Solo il tè.
Lei sorrise, poi andò a cambiarsi.
Ritornò dopo alcuni minuti. Si era asciugata i capelli, e
ora le ricadevano sul viso incorniciandolo perfettamente.
Nel momento in cui Tsubasa la vide
fu colto da un tremendo imbarazzo. Jabi indossava una
sottoveste di seta nera, con due spacchi laterali ed una profonda scollatura.
Cercò di indirizzare il suo sguardo altrove, ma quel movimento così impacciato
finì per sottolineare ancor di più tutto il suo
imbarazzo. Lei chiaramente se ne accorse, ma preferì
abbozzare solo un sorriso e non aggiungere altro. Raccolse la tazza di quella
tisana calda che stava sul tavolo e bevve.
- E’ buona. – fece. Il profumo intenso che si scioglieva
nell’aria era piacevole. – Questa devo considerarla
una tregua? – disse poi, riuscendo ad attirare finalmente l’attenzione del
giovane Cavaliere.
- Tregua? – ripeté, non sapendo cosa intendesse
dire l’altra.
- Prima mi salvi la vita, poi mi offri
del delizioso tè. Penso che tu mi stia proponendo di firmare un ipotetico armistizio.
- Sto solo rendendomi utile.
- Però non abbiamo ancora litigato. Non trovi
che sia strano?
- Non vedo perché dovremmo farlo se non c’è una ragione
valida.
- Possiamo sempre trovarla. – disse ad un tratto Jabi, ed appoggiò con fare provocatorio
due dita sull’orlo di quella profonda scollatura. Sembrava farlo
apposta, sembrava perfino divertirsi.
Tsubasa si sentì subito a disagio.
Cercò di tenere lo sguardo altrove, ma lei non la smetteva di giocare con
quello scollo estremamente pericoloso. – Smettila! –
sbottò a quel punto, non potendone proprio fare a meno. Lei scoppiò a ridere
sotto lo sguardo frastornato del giovane. – Che ti prende adesso?! – sbottò ancora, ma l’altra non ce la faceva proprio a
contenersi.
- E’ che sei così… buffo! – riuscì
finalmente a dire, tra una risata e l’altra. Poi lentamente ritornò seria. – Quando sei in imbarazzo, il tuo viso assume tutta un’altra
luce. Sotto quell’aria da duro in realtà si nasconde
un piccolo uomo che non ha ancora visto il mondo, e che conserva un animo puro
come quello di un bambino. – Jabi si avvicinò a Tsubasa, questi ebbe un sussulto, poi
quando la vide accovacciarsi in terra ed appoggiare il capo sopra le sue
ginocchia non poté fare a meno di sussultare ancora. – Cosa… stai facendo…?! – balbettò, senza sapere se doveva rialzarsi di scatto oppure
continuare a starsene fermo.
- Ho sonno. – replicò l’altra, esibendo una movenza simile a
quella di una bambina.
Tsubasa sentì le guance del viso
farsi sempre più calde, rosse. - Vattene a dormire. – biascicò.
- Lo sto già facendo.
Com’era consono che fosse, lui ebbe da obiettare. Tuttavia non riuscì a dire nulla. Era più imbarazzato che furioso.
Non capiva perché Jabi si stesse comportando in quel
modo. Non aveva mai ostentato prima d’ora un atteggiamento così infantile.
- Sai – premise la ragazza – probabilmente io e te litigheremo ancora. – disse, prendendolo
alla sprovvista.
- Non vorrai mica farlo proprio ora, spero…!
– replicò a tono il giovane Cavaliere.
La bella Sacerdotessa chiuse gli occhi
stremata da quella giornata, e poco prima di lasciarsi completamente
andare, con un sorriso rispose: - Domani Tsubasa,
domani.