Io parlo troppo__

di Ellens
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sperando negli ufo ***
Capitolo 2: *** Gertrude ***
Capitolo 3: *** Assunta ***
Capitolo 4: *** Ma chi, io?! ***
Capitolo 5: *** Rutti ***
Capitolo 6: *** Ops ***
Capitolo 7: *** Baby-sitter equivochi ***
Capitolo 8: *** Zia Mandy ***
Capitolo 9: *** Non sono graditi cellulari in chiesa ***
Capitolo 10: *** Incinta? ***
Capitolo 11: *** Tu parli troppo ***
Capitolo 12: *** Torno a casa ***



Capitolo 1
*** Sperando negli ufo ***


Capitolo 1

Capitolo 1

Sperando negli Ufo

 

 

 

Sventolai la mano, le lacrime agli occhi.

Sembravo in uno di quei film diabetici, in cui lui deve fare un viaggio molto, molto lungo, e prima di partire dichiara tutto il suo amore incondizionato alla sua anima gemella.

Sì, sembravo proprio quello, escluso tre minimi particolari:

- Ero donna, fino a prova contraria;

- Nessuno c'era dall'altra parte del treno, in lacrime, che mi urlava " Ti amerò per sempreeeee";

- piangevo per l'allergia al pollone;

 

Però, partivo. Davvero, stavo partendo, finalmente.

Con l'euforia che andava a mille nelle mie vene, feci un salto di classe, uno di quelli che non si dimenticano facilmente.

Per "dimenticare facilmente" intendo: nello slancio sentii un CRACK.

Il che è preoccupante, soprattutto se proviene dalla gonna.

Senza controllare, per il terrore, mi piantai sul sedile accanto a me, come una cozza si attacca al suo scoglio preferito.

Afferrai i braccioli e li stritolai accanto con forza sovrumana.

Venti minuti dopo sembravo Hulk: ero verde dal mal di macchina, e le mani avevano praticamente spappolato il sedile.

 

- Il biglietto, prego- un uomo di circa 340 anni, mi stava davanti, arzillo come Lady D. lo può essere nel 2010.

Osservai, sconcertata la borsa accanto alla valigia, sul portabagagli sopra la mia testa. Se mi fossi alzata, tutti avrebbero ammirato il mio egregio di dietro.

Il che non era allettante.

 

Okay, potevo sempre fare la finta sordomuta.

 

- Signorina?-

Non sento. Non sento.

- Signorina?-

Non sento, ne sono quasi certa.

- Signorina, l'ho vista parlare al telefono, tre minuti fa-

- Be', posso sempre soffrire di sordità istantanea, che ti credi, eh?-

Oh cazzo.

Questo non lo dovevo dire, il mio piano è andato in frantumi!

Uff, perchè non so mai mantenere un segreto? Alle elementari li spifferavo sempre in giro, così alle medie hanno smesso di racocntarmeli.

Uff.

- Si può alzare, per favore, e prendere il biglietto dalla borsa?- sospirò- Se lo ha, ovviamente-

- Certo che ce l'ho!- mi sentii punta nell'orgoglio. Spifferatrice sì, ma mica fessa.

Feci per alzarmi, quando lo strappo nella gonna mi balenò davanti, canticchiando: ti vedranno il culo, ti vedranno il culo, ah aaaaah.

Di conseguenza, come ovvio che sia, mi ripiantai sul sedile.

Il vecchio sogghignò. Avrei messo la mano sul fuoco che voleva vedermi il deretano!

I vecchi sono i più pervertiti, si sa.

- Qualche problema?-

- Ooooooh, sìììììììì! Ho un crampo al braccio- mi guardò malissimo- sì, al braccio, mi parte dal braccio e mi arriva alla caviglia. Fa male, sa?-

Il bigliettaio era a metà tra il ridere e chiamare la polizia.

- Senta, pò fare un atto di galanteria e prendermi la borsa?-

Lento quanto lo potrei essere io, confrontata a Bolt (il che, ragazzi miei, è davvero lento)afferrò la mia piccola, dolce borsettina dimensioni 1 metro x due, e me la passò.

Iniziai a cercare il biglietto, giusto perchè metà vagone mi stava osservando piegato in due dalle risate (esclusa una mocciosetta, che mi credeva l'uomo nero versione donna, pulita).

Mezzora dopo, ormai allo stremo delle mie forze, lo porsi al bigliettaio.

- Signorina, se lo faccia dire, di questo passo mi mandano in pensione- disse, afferrandolo e timbrandolo.

 

 

* * *

 

 

Londra.

Finalmente, grazie ai santi lassù, ero arrivata a Londra.

Oooooh, quasi qausi mi emozionavo: avevo davevro abbandonato quello stupido paese lontano 300 km da questo piccolo angolo di Paradiso.

 

Osservai il bigliettino stropicciato nella mano: Green Avenue 345.

Sì, diciamo che lì non si era proprio nel cuore di Londra, ma andava bene comunque.

Avevo trovato un piccolo appartamento da dividere con altre due ragazze, posate, garbate ed educate, molto gentili, sottolineerei.

 

Quando, dueore e mezza dopo, con l'aspetto di una barbona che cerca l'elemosina, arrivai alla mia nuova casa, la mia bocca prese la forma di una O perfetta.

 

Per intenderci, in senso negativo.

Il palazzo era alquanto vecchio, malandato e, a primo avviso, poco sicuro.

Per poco sicuro, io già mi vedevo sotto le macerie dopo una centrifuga della lavatrice.

 

Bussai alla porta, meditando nel frattempo di darmela a gambe.

Due ore dopo, davanti ai miei occhi comparve una figura.

Una tipa, dai capllei blu, in pantaloncini e maglietta, col caffè in mano e l'aria annoiata.

- Ciao, sei la nuova inquilina?-

- Sì, e tu?- Speravo, sentivo, che mi avrebbe risposto: sono la donna delel pulizie.

- Sì-

I miei sogni andarono in frantumi come un bicchiere caduto dal 45° piano di un palazzo in di New York.

- Piacere... Emma. Emma Owens-

- Come quello delle olimpiadi?-

- Ehm, sì, come quello- annuii convinta.

Di che stava parlando? Quali olimpiadi? Io manco sapevo che fosse il calcio.

- Io sono Linda Wood- mi guardò di sottecchi, poi, notando che ero alquanto orripilata dalla sua capigliatura, rise - Ah, sono tinti, non sono mica un esperimento della natura-

- Oh, sì, certo- Perchè non mi rassicurava, comunque?

In quel preciso istante, una ragazza di colore, i capelli raccolti in treccine sottilissime, comparve dietro la tipa blu.

- Oh, è lei? Credevo fosse una ricca sfondata-

Non sapevo se ridere o piangere: mi avevano scambiata per una col portafoglio traboccante di banconote. Al telefono. Perchè, a quanto pareva, di persona sembravo una poveraccia.

- Sì, ehm, ciao, Mi chiamo Emma Owens-

- Ah, come quello delle Olimpiadi-

Ancora? Ma chi èèèèè, chi lo conosceeee.

- Sì-

- Io sono Andreea Cox, piacere-

- Il piacere è tutto mio- sorrisi.

Sì, come no.

Magari, prima o poi, gli ufo venivano a rapirmi.

 

 

Salveee ^^

Allora, è da molto, moltissimo tempo che volevo postare una storia a capitoli su questa sezione, visto che m'ispira moltissimo, ma non ci sono riuscita per vari motivi tecnici (il pc è una robetta della mutua -.-")

Ma finalmente oggi ce l'ho fatta, yupp xD

Spero che vi piaccia, davvero :)

Al prossimo capitolo

Caramella_rosa_gommosa <3

 

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Capitolo 2
*** Gertrude ***


Mi chiusi la porta della camera alle spalle

Capitolo 2

Gertrude

 

 

 

Mi chiusi la porta della camera alle spalle.

Ero sconcertata, se non di più.

Sembravano due tipe a posto, dal telefono, davvero, sembravano due persone garbate, educate e bla bla bla.

Be', ragionando, io sembravo ricca sfondata.

Ma non è la stessa cosa.

No, assolutamente.

Una delle due aveva i capelli blu!

Blu, cavolo, blu! Mica gialli, o neri, o grigi, no, blu!

 

" Va be', dai, su col morale, sono solo capelli"

" Sì, lo so Gertrude, ma blu è davvero devastante"

" Mica te la devi sposare"

" Sì, lo so, ma t'immagini svegliarsi la notte, andare al bagno e magari trovarsela davanti?"

" Be', non li vedresti, meglio"

"..."

" Hai finito di parlare con la tua voce interiore?"

" Sì, ciao, Gertrude"

 

Dovevo smetterla, però.

Parlare da soli era un conto, ma confrontarsi con una vocina nella propria testa, di nome Gertrude, era preoccupante.

Tanto.

 

- Emma, noi usciamo- Andreea aveva fatto capolino dietro la porta.

- Certo, ciao ciao-

 

La porta si chiuse e il silenzio piombò nell'abitazione.

 

- Sììììììììì, Sìììììììììììììììììì, S-O-L-I-T-U-D-I-N-E. Solitudine, solitudine, solitudine, solitudine! Aahahahahah!- sembravo pazza.

 

Iniziai ad andare in giro per la casa urlando "solitudine".

Sembravo Laura Pausini.

Entrai in cucina, e iniziai a levarmi le scarpe e lanciarle in aria.

- Solitudine, solitudine-

Via la gonna.

- Solitudine, solitudine-

Via la giacca.

- Solitudine, solitudine-

Via la camicetta.

- Solitudine, solitudine-

Rimasi in mutande e reggiseno.

Feci un salto acrobatico da far invidia ai tipi olimpionici, mi girai verso la finestra e urlai " SONO SOLAAAAAAAAA"

Quando riaprii gli occhi, che fino a quel momento avevo tenuto ben sigillati per non guardare ciò che c'era nel lavandino, mi trovai un bambino di 5 anni dall'altra parte della finestra, nel palazzo accanto, che mi guardava estasiato.

 

- Josh, Josh, JOOOOOOOOOOSH, vieni a vedere! C'è una femminuccia con le tette come quelle della mamma! Ma le sue sono più belle! E' nella casa accantooooo-

Mi schiantai a terra.

Oddio.

Oddio.

Oddio.

Ora i miei vicini avrebbero pensato che ero una pazza maniaca pervertita che cercava di adescare bambini piccoli.

Oddio.

 

" Te lo dicevo sempre, io, di non ballare nuda davanti alle finestre!"

"Zitta, Gertrude"

 

* * *

 

Il pomeriggio del mio arrivo, decisi di andare a cercare lavoro.

Mi ero laureata da 3 mesi in legge, il che non mi lasciava una gamma molto ampia di lavori.

Ciò che più m'interessava era diventare avvocato.

 

Quando presi la metropolitana, restai per ben dieci minuti impalata, ad osservare il design dei biglietti.

Non ero mai uscita dal paesello in cui ero nata, e ciò implicava che non avevo mai visto un biglietto della metropolitana.

Estasiata, lo infilai nella bocca di quel coso che li catturava e poi te li ridava, e restai ad ammirare come il mio fantastico pezzetto di carta non fosse cambiato, finchè una tipa, da dietro, non mi disse "Imbecille, ti muovi""

 

Quel piccolo trenino tenero e dolce mi portò in pochissimo tempo allo studio legale in cui volevo entrare.

Quando, venti minuti dopo, capii che lo studio non era un negozietto che si chiamava " Da Bob", piccolo quanto la mia camera, ma una grandissima struttura, un isolato più avanti, che si chiamava " "Bob & Co.", mi esaltai.

 

Stavo per entrare, quando il mio tacco 15 cm s'incastrò nel buco del tombino.

Una donna mi passò accanto, guardandomi impietosita.

- Aaah, questi tacchi, ahah, sono delle scomodità assurde. Ma poi, non portarli è davvero poco di classe- le dissi convinta.

Lei, di rimando, mi guardò offesa, e passò avanti.

Ai piedi, aveva delle paperine.

 

Iniziai a strattonare il piede.

Potevo farcela, davvero.

"Tira! Uno, due, tre, tira! Uno, due, tre, tira! Sì, ma tira forte, dai!"

"Gertrude, devi stare zitta"

" Ma per sostegno morale"

"Quando torniamo a casa facciamo i conti"

Oddio, ero impazzita, avevo appena detto alla mia vocina interiore che l'avrei messa in punizione, una volta a casa.

" Sì, credo anch'io che tu sia un po' deficiente"

- Gertrude, taci-

Ops, avevo parlato ad alta voce.

- Si sente bene, signorina?-

A quanto pareva, non ero stata l'unica ad accorgermene.

- Oooooh, sìì, l'auricolare, sa? Grande invenzione-

Alzai lo sguardo per guardare in faccia il mio interlocutore.

Restai ammaliata.

Era... Era... Era un figo assurdo.

Cioè, era alto, aveva i capelli castani come il cioccolato, gli occhi azzurri e un sorriso che... che... ti accecava come la torcia con le pile con i coniglietti rosa. Quelle della pubblicità, là, Duracel.

- Sicura?-

- Non tanto-

- Ha bisogno d'aiuto?-

Oh, era anche gentile.

- Magari-

S'inginocchiò, mi afferrò la caviglia, e tirò.

Il tacco, finalmente, si liberò da quel cacchio di tombino inutile.

In compenso, la caviglia mi si era demolita. Evviva.

 

- Grazie, davvero. Sono Emma Owens, sono qui per un incontro di lavoro-

- Ah, Owens come quello delle...-

- Non so chi sia, comunque sì-

Il tipo rise. Oh, com'era bello.

- Piacere. James Davies. Avvocato divorzista-

- Sfascia-famiglie?-

Il tipo mi guardò malissimo poi, accennando un sorriso, si allontanò.

Ops.

 

* * *

 

Bussai alla porta.

Il mio datore di lavoro era lì, dietro quella lastra di legno.

Uao.

 

-Avanti-

Entrai dentro con un sorriso smagliante, che mi si spense appena vidi che, dietro la scrivania, con aria austera, c'era una donna.

Quella donna.

La tipa con le paperine.

Ops numero 2.

 

- Ah, salve. Lei è?-

- Emma Owens-

- Ah, come quello delle Olimpiadi-

Eh che cazzo! Ma qui passavano il tempo a guardarsi le Olimpiadi? Era la mia unica carta per riabilitarmi ai suoi occhi.

- Oh, sì, certo. Gran bell'uomo, vero? Due occhi azzurri stupendi-

- Era di colore-

- Ah-

Qualcuno bussò alla porta.

L'uomo figo entrò senza attendere risposta.

- Brianne, avrei bisogno di chiederti una cosa riguardo a un caso... Ah, salve-

- Sì, lei è Emma Owens. E' qui per un colloquio di lavoro-

- Già conosciuta-

- Bene... allora, dimmi-

Mi alzai un attimo - Ho bisogno di andare in bagno. Mi sa dire dov'è?-

- La prima porta a destra-

- Grazie-

Scappai via per il corridoio. Quando arrivai al gabinetto, mi ficcai dentro e mi osservai allo specchio. Avevo i capelli rossi spettinati, il trucco sbavato e un aspetto orribile.

Secondo i miei calcoli, il posto era mia.

"Certo, come no"

" G-E-R-T-R-U-D-E-"

 

 

Salveee :)

Allora, ho postato già il secondo capitolo perchè 1) lo avevo già pronto xD 2) tra un po' partirò, quindi ci tengo a non lasciarvi per due mesi o di li con due o tre miseri capitoletti insipidi, 3) mi sentivo ispirata xD

Spero che questo vi piaccia.

 

Elly_Lily_Herm: ciaoo!! Sono felice che la storia ti piaccia :) A me il nome Emma piace tanto *_* Spero che recensirai anche questo capitolo :)

_SiL_: salveee xD Che si diceee? xD Quanto tempooo xD Ok, evitiamo -.-"

Non ho molto da dirti, cara, tanto ci si sente su msn xD Ti voglio beneee

 

Spero di trovare altre recensioni. Grazie a chi leggerà e cestinerà, comunque, almeno mi avrà dedicato del tempo v.v

 

Caramella_rosa_gommosa

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Assunta ***


Dopo mezzora nel bagno, decisi di tornare in ufficio

Capitolo 3

Assunta

 

 

 

Dopo mezzora nel bagno, decisi di tornare in ufficio.

Almeno per andarmene dignitosamente, e non scappare da una finestra del corridoio.

Quello lo avrei fatto subito dopo essermi congedata.

 

Uscii dal gabinetto e mi osservai un'altra volta allo specchio, ravviandomi i capelli rossi naturali.

Sì, okay, ci tenevo a precisare il "naturali", che male c'è?

Tsk.

 

Comunque, dicevo, mi sentivo pronta.

Un soldato che per l'amor di patria si faceva giustiziare, per il proprio orgoglio andava incontro alla morte!

Iniziai a marciare, pancia in dentro e petto in fuori, il fuoco negli occhi verde/castano/verdino-ino-ino (sono indecisa, se dico verde è troppo verde ma se dico castano è troppo castano. Diciamo che sono un castanverde!), Gertrude con la lancia in mano e lo scudo in testa.

 

Mi sentivo una patriota, un'eroina, una giustiziera... Il fatto che mi stessero per licenziare, senza neanche avermi davvero assunto, era solo un dettaglio minimo.

Passai davanti alla segretaria, che mi sorrise sostenitrice.

Il tipo che riforniva le macchinette mi guardò con ammirazione e una donnina, in sala d'aspetto...rise.

Un attimo, perchè rideva?

Mi fermai di colpo: avevo un pezzo di carta igienica sotto la suola delle scarpe.

Bene, la mia entrata teatrale si prospettava promettente!

 

Spalancai la porta, pronta a sorbirmi gli insulti più atroci, quando la tizia con le paperine, là, Brianne, mi sorrise malefica.

- Signorina Owens, finalmente-

- Sono... ehm... rimasta chiusa nel bagno, sì-

- Senta, andiamo al sodo-

Deglutii, guardandomi intorno. James Davies era scomparso, nel frattempo.

- Ovviamente-

- Detto sinceramente, lei non ha un brutto curriculum, solo poca esperienza- mi guardò da sotto le lenti degli occhiali, quasi a volermi dire " confessa, dai, confessa che hai trovato 'sto curriculum su internet, in vendita su E-Bay, eh, dai, confessa" - ma c'è sempre una prima volta, non trova? Inizierà dalla prossima settimana, se non le dispiace- mi passò un malloppone di fogli -qui c'è tutto quel che bisogna sapere sul nostro studio-

 

Rimasi con la bocca ad O perfetta.

Io quel robo non potevo leggerlo, no, assolutamente no. Non volevo, ecco.

- Be', direi arrivederci, signorina Owens-

- Sì... arrivederci-

 

Uscii dallo studio in trans.

Ero stata assunta.

A Londra.

Assunta.

 

Scesi l'ultimo scalino della rampa che portava alla struttura, ben attenta a circumnavigare il tombino.

Mi girai verso un barbone, stravaccato in un angolino del marciapiede.

- Sono stata assunta! Ah, sono stata assunta!- gli urlai.

- Signorina, qui tutti vengono assunti e alla fine si licenziano, e finiscono per strada, e gli piglia una broncopolmonite, e poi muoiono. La vita è triste, signorina, moriamo tutti, nessuno si salva, signorina. Ehi, signorina, che me la da la sua borsetta?-

Mi allungò la mano.

- Scostumato! Come si permette? Si vergogni!- e, impettita, me ne andai.

 

Girai l'angolo, con la borsetta giudiziosamente incastrata tra l'ascella e il braccio, e adocchiai un bar sulla strada di fronte.

 

Constatando la mia pancia, che stava intrattenendo un concerto pop a furia di brontolii, e la mia gola, che era più secca del Sahara, decisi di intrufolarmi.

 

Appena aprii la porta, m'accorsi che era pieno come un uovo.

Un uovo bello pieno, sì.

 

Mi sedetti ad uno sgabello, accanto al bancone, e attesi.

Mi sentivo in un film: un'intraprendente avvocatessa in un bar in, vicino al suo studio legale, che aspettava composta il suo bicchiere di caffè macchiato, senza zucchero, circondata da colleghi.

 

Passarono cinque minuti, e l'avvocatessa che era in me si sciolse come gelato al sole: il cameriere continuava a non calcolarmi.

- Hem-hem- tossicchiai.

Lui non si girò.

- Ehm... scusi?-

Niente.

- Cameriere?-

Niente.

- Senta, brutto pinguino da quattro soldi, mi ascolta oppure devo ballare nuda sullo sgabello per attirare la sua attenzione?- chiesi, leggermente irritata.

Leggermente, eh.

Tutte le persone accanto a me si zittirono, scioccate dalla mia reazione.

- Signorina, deve ordinare alla cassa, e poi presentarsi con lo scontrino-

Ah.

Ops.

Mi feci spazio, sgomitando come se fossi stata allo stadio.

Arrivata davanti al bancone della cassa, una ragazza carina, i capelli biondi raccolti in due trecce, mi sorrise.

- Salve, senta vorrei un caffè macchiato, senza zucchero, però il latte parzialmente scremato, e il caffè decaffeinato, bollente ma non troppo, cioè, tiepidamente caldo, capisce? E denso, non acquoso, buono, sì, ma non deve sapere troppo di caffè, quanto di latte macchiato, mi spiego? Tipo quello di mia madre- aggiunsi infine.

Lei mi guardò leggermente stranita.

Che c'è, a Londra non sapevano fare un normalissimo caffè macchiato?!

- Se preferisce, abbiamo acqua calda, tiepida, con un po'di zucchero e limone- mi disse infine.

Sentii uno dietro di me ridacchiare.

Era un'offesa?

- Sei sarcastica?-

- No, sono serissima-

- Be'...- un'altra risata da parte deltizio dietro- no, io voglio il mio caffè macchiato-

- Come desidera- e, con uno strappo, mi consegnò lo scontrino.

Quando mi girai, senza alzare lo sguardo, pestai distrattamente il piede all'uomo alle mie spalle, infine mi diressi dal cameriere di prima.

 

Dieci minuti dopo, mi venne servito il caffè.

Faceva schifo, sinceramente, ma che pretendevo? Era l'unica cosa che riusciva divinamente a mia madre.

- Com'è il suo caffè?- chiese una voce alla mia destra.

Riconobbi subito la risata del maleducato in coda.

- Decente. Il suo spero che sia disgustoso- risposi, stizzita.

- Davvero?-

- Ovvio-

- Be', mi dispiace deluderla, ma è ottimo. Lo prendo sempre prima di tornare a sfasciare famiglie-

Sbiancai, girandomi.

Accanto a me c'era James Davies, figo come qualche un'ora prima, ma con un piede dolorante.

Ops, ops, ops e ancora ops.

- Ah-

- Sorpresa!-

- Sì-

- Ah, gliel'ha detto Brianne che io sarò il suo capo?-

- No, su questo ha sorvolato...-

- Bene, ora lo sa-

- Bene-

- Ah, il suo tacco, sul mio piede sinistro,  davvero adorabile-

- Lo credo anche io-

- Mi vorrebbe chiedere scusa?-

Mi girai quasi con le lacrime agli occhi - Senti, Davies, mi dispiace, davvero, credevo che fossi un buzzurro senza ritegno-

- Chiamami James-

- Oh, per fortuna, credevo che fossi uno con la puzza sotto il naso che si vuole far chiamare "capo"-

Un tipo della mia età, all'incirca, posò una spalla su James.

- Salve, capo-

- Salve, Matter-

- ...-

- Sì, diciamo che capo lo preferisco, ogni tanto-

- ...-

Guardò l'orologio - Credo che ci sia una famiglia pronta a dividersi per colpa mia, signorina Owens. Arrivederci-

- ...-

 

Ero pronta al suicidio.

Il mio capo mi sfotteva, gli avevo dato del buzzurro con la puzza sotto il naso, uno sfascia famiglie, e gli avevo pestato un piede.

Sì, direi  che l'inizio era buono.

 

 

Eccomi col terzo capitolo.

Non ho il tempo di ringraziarvi, i miei genitori mi stanno minacciando di andare a mangiare -.-"

Devo scappare.

Spero davvero che vi piaccia.

Grazie a tutti quelli che hanno recensito

Vi adoro *___*

 

Al prossimo capitolo

 

Caramella_rosa_gommosa

 

P. s. Ci tengo a precisare che il mio Word è fuori funzione, di conseguenza non mi segnala gli errori meli fa correggere -.-" Spero di sistemare il tutto :)

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Capitolo 4
*** Ma chi, io?! ***


" Vai, vai, puoi farcela"

Ma chi, io?!

 

 

 

 

 

" Vai, vai, puoi farcela"

" Sì, hai ragione, posso farcela"

" Poi col mio sostegno morale, tutto si può fare"

" Gertrude, devi stare zitta. Sei solo una stupida vocina interiore"

" Con cui parli"

" Dettagli"

 

- Signorina Owens! Signorina Owens!-

NOOOO, NOOOOO ti prego, NON ORA

- Signorina Owens, ho bisogno di parlare con lei, le devo presentare una persona-

- Magari dopo, eh, Brianne-

Non potevo, non dovevo, restare con quelle scarpe ai piedi un secondo di più.

- No, è davvero importante-

- Sì, certo, ma io ho una cosa vitale da fare-

- E sarebbe?-

Valutai per una frazione di secondo, decidendo se rispondere "Levarmi le scarpe" oppure chiamare mia madre che ha una malattia gravissima e avanzatissima, il che, oggettivamente, non era vero.

Ma va be'.

- Devo chiamare mia madre. Sa, ha una malattia gravissima e avanzatissima-

- Ma è sul punto di morte?-

- No, non ancora-

Mi atteggiai, facendo singhiozzi, ma sembravo più che altro presa da uno spasmo polmonare.

- Bene, allora ha cinque minuti per me!-

- No! Seriamente, mia mamma morirà tra poco!-

- Ma non ora! Non in questi cinque minuti-

- E io invece dico di sì-

- Ma signorina Owens! Si vergogni!-

- Ah, io? Lei non mi permette di chiamare mia mamma che sta schiattando!-

- Ma la chiami se vuole, la chiami pure. Non voglio avere parole non dette sulla coscienza!-

- Ah, sì, certo, così magari quando tornerò mi dirà che non se lo aspettava da me e mi licenzierà! Bene, allora vengo. Chi vuole presentarmi?! Su, me lo dica, su!-

Oddio, perchè lo stavo dicendo? Io volevo solo togliermi le scarpe.

Brianne mi guardò, indecisa se scappare o rinchiudermi nello sgabuzzino, poi, da dietro le sue spalle comparve lei.

Lei.

La stronza bionda, magra, occhi azzurri e tette da fuori, francobollo al posto della gonna, smalto rosso sciacquetta e labbrone tipo gommoni.

La stronza che ti incenerisce con lo sguardo, che ti fa sentire una mosca spiaccicata contro il vetro di una finestra, con magari di sottofondo la sua voce che fa "Ah, ti ho uccisa, come godo".

La solita stronza che ti umilia davanti all'uomo dei tuoi sogni, che ti fa sembrare una barbona a confronto, quella che ti fa sentire una nullità, più inutile di Gertrude.

Il che la dice lunga.

- Saaaaaaaalve, mi chiamo Virginia-

- Ah. Sa, questo nome mi ha sempre ricordato quella canzone di Madonna, I'm a virgin-

Tiè. Uno a zero per me.

Il suo sguardo si fa vacuo per qualche secondo. Poi sorride.

- Ho sempre pensato che quella canzone l'ascoltassero piccoli bamboccioni di periferia-

Ops. Uno pari.

- Ah, quindi la conosce!-

Pigliati questa, troietta da quattro soldi.

"Sì, vai così Emma"

"Gertrude non interferire"

- No, me la canta spesso la mia cameriera-

Pff. Risposta scontata.

- Mia madre dice sempre che le donne con le cameriere non saranno mai donne vere-

Ah-aaaaa e ora come la mettiamo eh, eh, eh?

- Ho venticinque anni, non seguo più i detti di mia madre-

Figlia ingrata.

Stavo per ribattere qualcosa, quando James ci balenò davanti.

Quella notte lo avevo sognato nella mia cucina, vestito con il grembiule di mia nonna, quello con la carota che dice "Bugs Bunny mi adora", che mi canticchiava "Emmaaaa, Emmaaaa, ti voglio regalare una lattuga".

Okay, sull'ultima frase sorvolerei.

Appena lo vidi, mi venne spontaneo dirgli " Mi piace la lattuga", poi, Sant'Antonio mio beato, mi trattenne dal farlo.

O forse, fu la sua mano che si posò sul fianco di quella stronzetta.

Probabile.

- Oh, Emma, eccoti! Ho bisogno di chiederti una cosa riguardo a un caso, appena hai due minuti-

- ....-

- Oh, conosci già Virginia?-

- ....-

- Virginia, lei è Emma, il nuovo membro della società, Emma, lei è Virginia, la mia fidanzata-

La tipa ridacchiò e gli scoccò un bacio sulle labbra.

- ...-

- Ci sposiamo a giugno-

Feci un calcolo mentale.

Nove mesi, giusto il tempo di rimanere incinta, partorire, entrare in depressione post.partum e licenziarmi.

- Naturalmente, inviteremo tutto lo studio-

Un'altra risata.

-...-

Ehi, nessuno si era accorto che la mia faccia aveva assunto il colore della moquette?

- Cara, ti senti male?- Virginia allungò una mano verso di me.

Grazie a Dio svenni, prima di insultarla.

 

Quando, un'ora dopo, ritornai nello studio camminando sui miei piedi, ero indecisa se fare un' assassinio di gruppo o uccidere solo Virginia.

Che poi dai, suvvia, puoi mai chiamarti Virginia?

Mi affacciai dal balcone, quando, il mio piede inciampò in una matita abbandonata sul pavimento.

- Stupido, stupido, stupido pezzo di legno- lo afferrai e lo gettai dalla finestra.

Era alquanto appagante.

Accanto alla mia mano, trovai un blocco di carta sporca di marmellata, presi anche quella e la buttai giù.

- Ahahaha!-

Iniziai a ridere come una scema.

Mi divertivo con poco.

Giù lo smalto arancione di Linda, giù il lucidalabbra di Andreea, via temperino per la matita degli occhi, gli occhialini 3D usati al cinema il giorno prima, via il fazzoletto sporco, il ciuccio di un bambino a cui avevo fatto da baby-sitter mesi prima, la gomma, la penna rossa ormai scarica, il bianchetto e le cartucce della stampante.

Mi stavo divertendo, quando ad un tratto la morsa serrata al piede tornò a farsi sentire.

Mi alzai in piedi, quindi, e iniziai a tirare, per togliermele.

Quando, cinque minuti dopo notai che la situazione era pressochè disastrosa, il collo della scarpa all'angolo del davanzale, e iniziai a far pressione.

Nel palazzo di fronte, una donna delle pulizie era rimasta ad osservarmi sconcertata col detersivo che le gocciolava dalle mani.

"Un altro sforzo, dai, dai"

Tirai un urlo tipo Xena, la principessa guerriera forgiata dal fuoco di mille battaglie (sì, okay, lo guardavo. Sì, okay, ero innamorata di Marte. Sì, okay, ho sempre pensato che Olimpia fosse della sponda sbagliata) e, finalmente, neanche stessi partorendo, la scarpa lasciò la presa.

Il fatto che cadde giù dalla finestra, era solo un piccolo, insignificante dettaglio da tralasciare.

 

- Ahia!-

Mi affacciai giù, giusto per capire chi fosse stato il malcapitato.

Quando i miei occhi incontrarono quelli di Virginia, lacrimanti, mi sentii realizzata.

- SIII, SI SI SIII, ah-aaaaa godo! Godo!-

- Emma, che guarda?-

- AHH- Mi voltai di scatto. James mi stava di fronte, incuriosito.

- Niente. Niente. Assolutamente niente-

- Che succede?-

- Oooh, nieeeeente, davvero!-

James mi scostò il braccio e guardò giù, verso il marciapiede ma, grazie a Dio, la fidanzata era scomparsa.

- Che... che vuole la donna delle pulizie?-

La tipa, effettivamente, era ancora lì, impalata.

- Boh! Quanta gente strana a 'sto mondo, eh?-

Una furia bionda fece irruzione nello studio.

Ciò che riconobbi subito fu il bernoccolo che capeggiava tra quegli spaghettini gialli chiamati capelli.

- TUUUUUUU-

- Virginia, tesoro, che succede?-

- TUUUUU-

- Ehi, ciaooo! Che hai fatto in testa?- la tirai sul genere "faccio la finta-tonta e mi piace"

- LO SAI CHE E' SUCCESSO. LO SAAAAI-

- Tesoro, calmati. Che succede?-

- La tua collega mi ha tirato una scarpa dal balcone!-

- Ma chi? Io?-

Due paia d'occhi mi fissarono i piedi - Mi ritenete capace di una cosa simile?!-

 

 

 

Sono davvero di fretta, e non posso commentare. Scusate gli errori, se ci sono, ma non ho davvero la possibilità di sistemare.

 

Grazie di tutto gente, vi adoro **

 

caramella_rosa_gommosa

 

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Capitolo 5
*** Rutti ***


Rutti

Rutti

 

 

Ci vollero ben tre ore, prima di convincere James e la sua... tizia che avevo perso la scarpa nel gabinetto, e non ero del tutto certa che mi credessero.

Okay, mi avevano preso per deficiente, ma sono dettagli, assolutamente.

 

Tornai a casa come un'anima in pena, ero a pezzi, come un puzzle.

Non ho mai saputo fare un puzzle, quando facevo le gare con mia sorella perdevo sempre.

Ero una piccola, grande schiappa.

Odio i puzzle.

Ehi, perchè stiamo parlando di puzzle?1

Ah, sì, giusto, mi sentivo a pezzi.

 

Aprii la porta di casa e strisciai fino alla cucina, con il morale sotto le mattonelle, in compagnia di sporcizia e detriti vecchi di 50 anni.

- Emma, che succede?-

Andreea mi aiutò ad appoggiarmi ad una sedia.

- Sono distrutta. La vita fa schifo e l'amore non esiste-

- Perchè?-

- Perchè c'è sempre una stronza di nome Virginia che ti frega l'uomo della tua vita-

- Oh, la ragazza del mio fratellastro si chiama virginia. Una sciacquetta da quattro soldi, bionda tinta e tutta tette.-

-...E pensare che a me James piace pure...-

-... Il mio fratellastro si chiama James...-

- .. E si sposeranno, si sposeranno! E io vado dietro al mio capo avvocato sfascia-famiglie che si sposerà a giugno...-

-... Il mio fratellastro si sposa a giugno...-

- Sì. Linda, ho capito, hanno tante cose in comune, ma tu non capisci, tu non capisci! Io mi sono invaghita di un uomo occupato! Di James Davies, capiamo? Quel figo senza macchia e senza paura, che sta con quella tettona bionda!-

-... Davies...-

- Linda, non me ne frega un corno del tuo fratellastro, sono a pezzi e tu mi snoccioli il tuo albero genealogico? Che coinquilina della mutua sei?!-

-... Tu... Mio fratello... Tu... Mio fratello-

- Linda, ma tuo fratello non lavora nella sua stessa società?- s'intromise Andreea.

- MA CHE ME NE FREGA DOVE LAVORA SUO FRATELLO, io sono ridotta ad una cacca di piccione!-

- Emma, ti sei innamorata di mio fratello-

- Innamorata, che esagerazione, diciamo che sono fisicamente e mentalmente attratta da lui-

- Emma, è mio fratello-

-... che poi, non è che sia quella grande bellezza, quella Virginia là, ha un nome orrido-

- Emma, non hai capito, mio fratello! MIO FRATELLO-

- L'ho capito, cazzarola!-

-...?...-

-...!...-

-.. No, scusa, posso riavvolgere il nastro? Cancelliamo l'ultima risposta- mi alzai di colpo, con un'espressione sconcertata- mettiamo questa: JAMES E' TUO FRATELLO?-

- Oggi viene a cena-

- Aahahahahhahahahahah! Aahahah! No, dai, okay, beeeeeello- feci finta di ridere. Sembravo in preda a convulsioni epilettiche - stai scherzando vero?-

- No-

- No, senti, non può essere. No-

- Eh...-

- Posso chiudermi nel cesso?-

- Ma sarà la tua buona occasione!-

- Ma sei scema?-

- Ma no, Virginia non entra in questa casa da quando le versai il succo di mirtilli nella camicetta-

- Oh, come t'invidio...-

 

Di colpo m'immaginai di spappolarle la torta alle mele, quella cazzo di torta che sinceramente mi ha sempre fatto schifo, su quel suo bel visino deficiente.

Oh, sì, quello sì che era appagante.

 

- Emma?-

- ... mele... tette... Mele e crema...-

- Emma?-

-... I'm a virgin...-

- Davvero?-

- Madonna...-

- Sei vergine come la Madonna?-

- James...-

- No, Emma, il marito della Madonna era Giuseppe-

- Stanno suonando al campanello...-

- Dlin dlon...-

- L'abbiamo persa- Andreea iniziò a contemplare la possibilità di schiaffeggiarmi.

- Vado io- s'offrì Linda.

Mentre, piano piano mi riprendevo da quel sogno sublime, sentii una voce familiare dal corridoio.

- Ciao, piacere, senti c'è Emma?-

- E' di la...-

- Emma! Emmeline!-

 

Chi, nel raggio di tutta la superficie terrestre, poteva storpiare il mio nome da Emma a Emmeline in quel modo barbaro, se non lei?

La distruttrice di tutti i miei sogni infantili, la bulla della mia esistenza, quella che mi avrebbe sempre battuto ai puzzle.

Mia sorella.

Che cavolo ci faceva mia sorella a Londra?

 

- Emma, ho bisogno di te! Mi devi tenere Hanna per qualche settimana-

- Abby, da dove esci?-

- Dalla macchina, perchè?-

- No, intendo... che ci fai qui?-

- Te l'ho detto, mi devi tenere Hanna -

Mi sventolò davanti una marmocchietta di nemmeno cinque mesi che era la mia fotocopia.

Come si permetteva di somigliarmi, no, vorrei proprio saperlo.

- E perchè?-

- Sono in crisi con George, dobbiamo passare un po' di tempo insieme-

- Ma portala in un orfanotrofio, non so, io non ci so fare coi marmocchi. Sono teneri ma fanno la cacca-

- Ah, giusto, perchè tu non la fai mai, vero?-

- No, Abby, non puoi smollarmela qui, neanche fosse una scorreggia, e poi andartene calma calma. Lo sai che se piangono inizio a piangere anche io-

- Emma, esercitati, suvvia, così quando sarai mamma sarai perfetta-

- Ma non voglioooo! Ho avuto una giornata micidiale-

- Emmeline, ti preeeego. Ne va del mio matrimonio-

- Ne va della mia vita sociale e della mia stabilità mentale, però- feci un profondo respiro- Abigail-

Ebbene sì, gente, mia sorella si chiamava Abigail.

Credo, anzi, sono certa che mia madre, dopo averla partorita, si fosse fumata una canna, ma una di quelle grosse ed efficaci, giusto per dimenticare il dolore.

Cioè, chiamare una figlia Abigail è un suicidio.

Oltretutto, un oltraggio a mia sorella. E' sempre stato doloroso per me pronunciare quel nome, credetemi.

- Emma, ti scongiuro-

- Quanto mi dai?-

- Emma! Ma come puoi volere dei soldi!-

- Lo dico a mamma-

- Cosa?-

- Charlie, terzo anno, camera da letto della nonna, 3 di notte mentre i nostri genitori portavano nonna Frankie all'ospedale per l'infarto-

- Non puoi-

- Oh, certo, invece-

- Non facemmo niente, stavamo solo cercando il mio orecchino-

- Ma la mia mente di povera tredicenne capì altro...-

- Venti sterline-

- Cinquanta-

- Dieci-

- Io dico trenta- s'intromise Linda.

- No, scusa, la bambina dovremmo tenerla pure noi. a 'sto punto venti a tutte e non se ne parla più-

- Cinque a tutte-

- Quindici- contrattai io.

- Due-

- Dieci-

- Sette-

- Dieci e non ne parliamo più-

- Okay. Siete delle ladre-

- E tua figlia è un distributore di cacca gratuito-

- Emma! E' tua nipote-

- Che c'entra? Sono oggettiva-

Mi guardò male, con una di quelle occhiate tipo "tanto a fare i puzzle sono invincibile" e poi, sbolognata la pargola, mi iniziò a snocciolare come cambiarle il pannolino, come farle fare il ruttino, la canzone per la ninna-nanna, la sua pappa preferita e quante volte poteva mangiare al giorno. Infine, schioccato un bacio alla figlia, mi abbandonò sul divano, senza nessuna pietà.

- Bene Hannina, cucciola di zia, che ne dici se ora vai a fare la nanna? Ti sveglio domani mattina!-

- Emma, sono le cinque del pomeriggio-

- Che c'entra, Andreea, se volessi io dormirei 48 ore di seguito-

- Ma tu sei un caso isolato-

- Ma non la devo allattare, vero?-

- Emma, sei la zia, non sei mai stata incinta-

- Io e mia sorella siamo sempre state telepatiche...-

- E quindi?-

- Oh, senti, volevo solo assicurarmi di non essere un distributore di latte automatico- poi, con grande cautela, mi girai verso Hanna - Che ti va di fare, cosetta?-

 

 

* * *

 

 

Il campanello suonò ripetutamente.

Oh Cristo.

- AAAAAAAHHHHHH-

Ecco, vorrei specificare che quella era la mia reazione tipo a qualsiasi cosa urtasse la mia calma.

Ero piantata in cucina, circondata da pannolini contenenti una massa di indefinita natura, ricoperta dall'omogenizzato al pesce e grondante di saliva di Hanna.

E James era a due stanze lontano da me.

- Bene, Hanna, amore della zia, ora non devi fare altro che ruttare, e poi saremo tutti più felici-

Hanna non mi calcolò di striscio.

- Hanna, se fai 'sto santo ruttino in tempo, magari riesco a scappare, prima che il mio capo mi veda. Rutta Hanna, rutta, ti prego-

La bambina ridacchiò.

Che. Cavolo. Aveva. Da. Ridere. ?.

- Hanna, rutta, santo cielo, rutta! Dai, Abby dice che facevi subito il ruttino. per subito cosa intendeva, un arco di 5 ore?-

-Vieni, James, ti presento la nostra inquilina-

Nooooooo, Gesù, se ti ricordi quando ero piccola dicevo sempre il Padre nostro, ti prego, ti scongiuro, non abbandonarmi.

- Oh, giusto. Come si chiama?-

oh, che bella voce

- Hanna, senti, ti ricordi tuo zio? Ecco, lui è un camionista. i camionisti ruttano, Hanna, ruttano come dovresti fare tu. Dai, ce l'hai nel sangue, cazzarola, rutta, Hanna, rutta!-

I passi inesorabili s'avvicinavano. erano il rumore della mia umiliazione, quelli.

- HANNA, Hanna, ti prego, rutta, così mi posso nascondere nella scarpiera e conciarmi in modo decente. Hanna, fallo per me-

Puff.

Oh.

Mio.

Dio.

- Che è questo odore, Linda?-

La figura di James comparve da dietro la porta.

- Eh, Hanna, però! - Boh, quel che era fatto, ormai era fatto. Non si tornava indietro - Dovevi ruttare, non scaricare il tuo cibo in eccesso sulla mia gonna!-

gli occhi di James si posarono su di me, poi su Hanna, poi sulla mia gonna, poi su Linda.

- Emma?-

Avevo i nervi a fior di pelle.

- Si-

- James, ti presento Emma, la nostra coinquilina-

- Emma-

- James-

- Emma... hai una figlia?-

- NO! EH NO! UNA FIGLIA NO! E' SOLO UNA CAVOLO DI NIPOTE CHE NON RUTTA! NON RUTTA! NON SA RUTTARE!-

Feci per uscire dalla stanza, quando tornai indietro.

- AAAAAH! Oltretuuuuutto, le tette della tua fidanzata sono finte! Finte! FINTE!-

 

 

 

 

Eccomi gente :)

Colpo di scena! Per qualche capitolo avremo una nuova piccola pargola nei capitoli :D

 

Spero che anche questo vi sia piaciuto... Passo ai ringraziamenti

 

_Fairy_: ma io adoro te ** Una nuova lettriceeee ** sì, Emma è alquanto sfigatella, ma raccoglierà i suoi frutti, prima o poi. ma non mi sbilancio troppo ù_ù Grazie per la recensione, troppi complimenti ** Un bacio, bella :)

 

Berry_Apple: ecco il seguito :D Troppi, troppi complimenti, non li merito. Questa storia è solo la figlia della mia mente malata :) Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto ** Un bacio, al prossimo capitolo nascituro xD

 

space_Oddity: tu, tu sei il mio idolo, per ognuna delle tue storie XD Comunque, hai ragione, questo matrimonio non s'ha da fare, e Emma sarà il nostro Don Rodrigo (... era lui, vero? o.o) buono v.v XD Grazie grazie per le tue recensioni, al prossimo capitolo (mio o tuo xD) Un bacio <3

 

AngelMary_95: innanzitutto, vorrei specificare che abbiamo la stessa età XD In secondo luogo, una nuova lettriceeeee ** in terzo luogo, io adoro te, per il semplice fatto che tu adori Emma XD Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto! Un bacio

 

ellaella: ecco a te il nuovo capitolo :) Devo dire che Emma mi assomiglia un po', ma non spifferarlo in giro, la mia reputazione sarebbe in frantumi XD Un bacio

 

DracosWife: ahahah tu mi hai tipo recensito tre storie, di conseguenza, sono io ad amare te *___* Sono felice che ti piaccia, e spero che anche questo sia bello XD Quindi, hai l'obbligo di recensire v_v

 

 

Spero davvero di trovare nuove recensioni

Grazie a tutti quanti, davvero!

Un bacio

Caramella_rosa_gommosa <3

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Capitolo 6
*** Ops ***


Ops

Ops

 

 

 

 

 

Non sapevo cosa mi fosse preso.

Non potevo aver fatto seriamente... ciò che avevo fatto.

Dai, non sono poi così squilibrata da dire al mio capo che la sua fidanzata futura moglie, futura madre dei loro insulsi e orribili pargoli ha le tette finte.

Il che, comunque, è assolutamente vero...

 

Qualcuno bussò alla porta.

- Emma?-

- Non ci sono-

- Ma se mi hai appena risposto-

- Non sono io-

- Emma, mi credi scemo? Dai esci fuori, non ti licenzio-

- Prometti?-

- Sì-

Con cautela aprii la porta della mia camera e il volto di James occupò tutta la mia visuale.

Non ho idea della faccia che assunsi, ma oggettivamente non credo fosse un'espressione idonea alla situazione.

- E' che Hanna non ruttava-

- Eh, ho notato...-

- E sono molto ma molto nervosa, è il peridio delle mestruazioni, piango per scemenze e mi arrabbio per sciocchezze, l'ultima volta sono scoppiata in la...-

Di botto mi balenò in mente l'immagine di me, stesa sul tappeto del soggiorno, in lacrime perchè la ragazza del Vanish aveva trovato la maglietta presa in prestito alla madre sporca irrimediabilmente.

Okay, capitava che diventassi sensibile.

Molto sensibile.

-... Mi stai parlando dei tuoi problemi mensili?-

Oh cazzo.

Perchè avevo appena rivelato al mio capo che una volta al mese diventavo un distributore automatico di lacrime?

- Io....-

Il silenzio cadde fra di noi.

Sarebbe stata una scena romantica, quasi, con me che mi confidavo con e lui che mi ascoltava beatamente, se solo io non avessi la maglia sporca di pappette non identificate, lui non fosse sconcertato e io non gli avessi appena detto che avevo le mestruazioni.

- A te non piace Virginia-

- Ma cosa te lo fa pensare? E' una ragazza così simpatica-

Lui ridacchiò.

Ooooh.

- Sei cattiva con lei. Non è male-

Nooooooooo, vai tranquiiiiillo, è solo simpatica come l'ortica nelle mutande, ma non preoccuparti, tempo cinque giorni e me la bacio manco fosse mia madre.

Lo osservai bene.

Ehi, era una mia impressione o i centimetri fra di noi si erano bruciati drasticamente?

I neuroni nella mia testa iniziarono a ballare la samba e, contando che io la samba non la sapevo ballare, le mie facoltà cognitive iniziarono a prendere la via sbagliata.

Il mio capo.

Il mio capo era a cinque centimetri dalla mia bocca.

Il mio capo fidanzato con una sciacquetta bionda finta era a cinque centimetri dalla mia bocca.

Il mio capo figo, sottolineerei.

Che mi piace alquanto.

Ma dettagli.

Tre centimetri.

 Due centimetri.

Il cuore iniziò a prendere una strada tutta sua, il che non era una cosa proprio positiva.

Okay, se mi baciava, significava che non ero poi tanto male.

E che, magari, potevo fargli da amante.

No, ma amante no, è davvero depressivo.

Magari mi stava per baciare per la situazione.

Magari per pura e semplice alchimia, magari perchè lui era abituato a baciare cani e porci.

Un centimetro.

Le mie gambe iniziarono a fare Giacomo Giacomo, Massimo Massimo e Oronzo Oronzo; i suoi occhi da vicino erano così azzurri.

Oddio, e se sapevo di carne tritata?

Mezzo centimetro...

- Emma, vieni in cucina, Hanna si è fatta la cacca addosso-

Ecco, quello era quel che si diceva culo sfondato.

Che poi, tanti modi per interrompere un idillio, ma la cacca di Hanna no.

- Ho interrotto qualcosa?-

No Andreea, cosa te lo fa pensare?

Hai solo mandato in fumi il sogno di una povera e piccola giovincella innamorata.

Di colpo mi allontanai da James, manco fosse un ammasso di sterco e, con passo afflitto, mi diressi verso la cucina.

 

* * *

 

La serata fu alquanto deprimente, con James che mi evitava visibilmente e hanna che non faceva altro che farsela addosso.

Quella pargola aveva problemi di contenimento.

Il giorno dopo, entrai in studio il prima possibile.

Innanzitutto, dovevo far passare inosservata mia nipote, perchè i colloqui per la baby sitter erano quel pomeriggio, in secondo luogo non aveva alcuna intenzione di beccare James.

Sgattaiolai dentro in punta di piedi, e poggiai momentaneamente Hanna sulla scrivania, comoda comoda su una pila di fogli indecifrabili.

Tempo cinque minuti e la pargola iniziò a piagnucolare irreversibilmente.

- Hannina, non dirmi che hai di nuovo...-

Iniziai a cambiarla, ormai senza neanche trattenere il respiro, ormai abituata all'odore, e le aprii il pannolino.

Un toc toc alla porta mi fermò.

Oh porca l'oca...

Mi affrettai ad aprire e mi trovai Brianne piantata davanti.

- Signorina Owens, devo ritirare delle carte che ho lasciato ieri sera sulla sua scrivania-

Senza attendere risposta mi allontanò dalla sua visuale e si diresse a passo spedito verso la scrivania.

- Sì, ecco Brianne, lei è la mia nipotina. E' una cosa momentanea, non si preoccupi, è la prima volta che la porto al lavoro e sarà anche l'ultima-

Brianne si girò sconcertata verso di me.

- Sì, lo so, non ha un buon odore, ma anche lei da piccola almeno una volta se la sarà fatta addosso-

- Emma Owens -

- No, si chiama Hanna Burning-

- ...Lei è la persona più confusionaria... squilibrata...sconcertante... disastrosa che io abbia mai assunto-

- Ma non esageriamo...-

- La sua nipote- disse alzando la bambina e spostandola - ha appena macchiato- silenzio. Iniziò a tremare tutta -.. le pratiche...- afferrò i fogli su cui avevo poggiato Hanna - del caso Brooks- concluse drasticamente, mostrandomi una macchia irreversibilmente marrone al centro del foglio.

Ops.

 

 

eccomi gente :DD

Scusate sono davvero davvero di fretta, non posso ringraziarvi tutti uno ad uno, devo scappare!

Spero che questo capitolo vi piaccia, qui le acque s'incominciano a muovere :DDDD

Un bacio a tutti quanti, grazie a chi ha recensito e a chi lo farà per grazia di Dio xD

 

 

Caramella <3

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Capitolo 7
*** Baby-sitter equivochi ***


- Signorina Owens, ne mio ufficio

Baby-sitter equivochi

 

 

- Signorina Owens, nel mio ufficio. Ora-

Deglutii l'ultima goccettina di saliva rimasta in bocca.

Okay, la vedevo davvero, davvero nera.

Già mi immaginavo sotto un ponte, con maniaci e barboni che mi circondavano, senza un soldo, sporca e con Hanna che non faceva altro che farsela addosso.

Che vita miserabile.

- Signorina Owens, si rende conto di ciò che è successo?-

Si sedette piano sulla sua poltrona in pelle finta.

Chissà quanto petrolio era stato sprecato per far accomodare il suo grosso culone.

Ma non divaghiamo.

- Brianne, mi dispiace infinitamente! Ma mia nipote ha seri problemi di contenimento-

- Ma lei ha messo sua nipote sulle pratiche dei Brooks! Si rende conto? Cosa dirò ora? Sono nello studio affianco, devono firmare. Come faccio? Vado da loro e dico" Signori, sono costernata, ma non potete divorziare oggi perchè la nipote di una mia assistente ha fatto la cacca sopra le pratiche?!"-

Silenzio.

A mio parere, c'erano tanti modi per toglierseli dai piedi, quelli.

In primis si poteva chiamare un prete.

I preti si sa, sono tutti pane e amore. Sarebbe andato lì e avrebbe iniziato a dire che divorziare è la cosa peggiore del mondo, che lo avevano giurato davanti a Dio e bla bla bla.

Poi c'era il mio vicino di casa che era un pompiere. Bastava far suonare l'allarme, chiamarlo velocemente ed entrare nello studio urlando " A FUOCO, ANDIAMO A FUOCO", e lui sarebbe subentrato con la sua entrata trionfale munito di pompa dell'acqua, bagnando tutti i fogli. Così avevamo anche la scusa delle pratiche scomparse.

Oppure, se ci si ingegnava un po', potevamo far entrare nello studio Jaqueline, la segretaria del secondo piano, incinta all'ottavo mese, ossessionata dal lavoro, e iniziare a dire che stava partorendo e dovevamo portarla al pronto soccorso.

Avevano mica intenzione di divorziare mentre due nuovi occhietti si aprivano al mondo?

- Be', potremmo chiamare un prete...- iniziai.

Brianne sbiancò.

- Owens, mi sta prendendo in giro?-

Stavo per ribattere che no, cavolo, io ero seria, il mio piano non aveva falle e ne saremmo usciti vittoriosi con la nomea dei salva-matrimoni, ma in quel preciso istante Virginia entrò come una furia nello studio.

Aveva le tette praticamente fuori dalla camicetta, di due taglie più piccola del dovuto.

Trasparente.

E aveva il reggiseno leopardato, Cristo. Non puoi! Non ci si può vestire così da... da..

- Oh, Emma! Vedo che oggi ha entrambe le scarpe ai piedi-

- Sì, ho insegnato loro a restare al loro posto e non pestare le teste di ca..-

- Virginia- m'interruppe Brianne con un'occhiata sconcertata - vai al sodo, cara, ho dei clienti che mi aspettano e devo risolvere una questione importante-

Virginia mi fulminò prima di parlare - Oh, Brianne, volevo solo portarti questa piantina - tirò fuori un' insulsa erbetta orripilante con dei fiori schifosamente scialbi e monotoni, tipo quelli che nascono nel preciso punto in cui i cani vanno a fare la pipì - come ringraziamento - mi guardò compiaciuta - sai, a giugno io e James ci sposiamo, quindi credo sia giusto ringraziarti. Non è grazie a te che ci siamo conosciuti, forse?- sorrise.

Un sorriso schifosamente falso e orribile.

Provai un odio sconfinato verso Brianne.

Quella vecchia deficiente aveva presentato 'sta sciacquetta a James? Ma perchè?

Perchè?

Perchè, santo cielo, esistevano 'ste esimie teste di corno? Cosa aveva in testa Brianne mentre li presentava? Le balle di fieno che rotolavano?

E, soprattutto, cosa aveva in testa James mentre le chiedeva di sposarlo? Homer Simposn?

- Grazie, cara. Poi passo a trovarti, magari stasera. Ora, se vuoi scusarci...-

- Certo! A dopo- volse lo sguardo falso come un sedere di babbuino appena sottoposto alla liposuzione e incontrò il mio- spero di rivederla presto- e poi, tra un'ancata e l'altra, uscì.

- Emma, dicevamo- prese un respiro - mi trovo costretta a prendere provvedimenti. Questa non è una cosa di poco conto, sommata ai suoi atteggiamenti sbadati e strani in studio. Mi dispiace, ma mi sento davvero in dovere di chiederle di andar...-

- Brianne, scusa, posso parlarti?-

La sua voce.

Oh deus.

Avevo evitato James drasticamente tutta la mattina, e lui mi mandava all'aria tutti i miei perfetti piani entrando in quel momento?

Oh deus.

- Dimmi, James - Brianne era visibilmente esasperata. Si vedeva lungo un miglio che non aspettava altro che licenziarmi. E, caso strano, sembrava che tutti si opponessero.

- I Brooks si stanno innervosendo. La moglie non fa altro che schiaffeggiare il marito-

Brianne dilatò gli occhi - Prego?-

- La moglie sta schiaffeggiando il marito. Blatera cose del tipo " mi hai messo le corna, ora ti incorno io"-

Ridacchiai, nel mio piccolo angolino.

Gli occhi di James seguirono il rumore e incontrarono la mia faccia, rossa per lo sforzo di trattenere il riso.

La sua espressione cambiò istantaneamente. Da preoccupata che era, mi sorrise. Poi, forse rendendosene conto, tossicchiò e tornò serio.

- Santo cielo. Di' loro di andare a casa. La signorina Owens ha creato un disastro-

- Cosa?-

- La nipotina ha rilasciato la popò sulle pratiche del divorzio- spiegò, sofferente.

James tacque. Poi, stranamente, scoppiò a ridere.

- Davies, non vedo niente di così spiritoso. La situazione è tragica. Se permetti, sto cercando da mezzora di congedare la signorina Owens-

A quelle parole ci furono due reazioni diverse da due persone differenti.

La prima fui io.

Sospirai abbastanza rumorosamente, digrignando un "stronza" tra i denti.

La seconda fu quella di James. Sgranò gli occhi, urlando un "NO!"

Brianne lo osservò perplessa.

- No, cioè, dicevo. Ehm. Non credo sia opportuno, sai? Cioè, oggettivamente ci manca personale, il potenziale della signorina Owens ci fa comodo- tentò.

Brianne continuò a guardarlo, sempre più perplessa.

- Possiamo parlare in privato, James?- disse, infine.

E, senza attendere risposta, uscì dallo studio accompagnata dall'uomo.

Gran bell'uomo.

Rimasi sola in quel buco.

Cioè, era oggettivamente piccolo e cupo.

I muri  erano grigi e la vetrata, che copriva una parete intera, dava sul parcheggio dell'edificio.

Iniziai a guardare nel palazzo di fronte, annoiata.

C'era la signora delle pulizie, quella che ormai aveva seriamente paura di me, che puliva le scale. Un tipo stava uscendo dall'appartamento del quinto piano, e una donna, in bagno ( aveva la finestra spalancata), si pettinava i capelli.

Di colpo lasciò il pettine, afferrò la sua capigliatura lunga e bionda e la tolse, drasticamente.

Oh deus.

La pelata lucida brillò alla luce della lampadina; tolse velocemente la vestaglia che portava sulle spalle, scoprendo un fisico floscio.

Maschile.

Oh Cristo.

Istintivamente tirai la tenda dello studio, coprendo la visuale.

Mentre lo facevo, i miei occhi si posarono su un detersivo, nell'angolo della stanza.

Accanto, brutta come la donatrice, c'era la piantina di Virginia.

La mia mente fece due più due.

Cioè, suvvia, era destino!

Mi avvicinai al detersivo per pavimenti e svitai il tappo del contenitore. Una puzza assurda di moquette marcia invase l'aria.

Ahahah!

Senza pensarci su troppo svuotai il detersivo nella piantina.

- Che bella piantina sei, eh? Profumaaaaata, graziooooosa. E la tua padrona! Oh, la tua padrona! Che simpatica è, eh? Come un calcio nel sedere!- dissi, mentre tutta quell'acqua bianca veniva assorbita dalla terra, che aveva assunto un preoccupante colore grigio marroncino.

- Emma, cosa fai?-

Mi girai velocemente, fissando preoccupata la vecchia.

Brianne, intendo.

- Oh, niente, osservavo la piantina. Oh, è così bella!-

- Trovi?-

- Assolutamente-

La donna mi guardò, sospettosa.

- Comunque sia, abbiamo deciso di darti un'altra possibilità. Ma che sia chiaro, è l'ultima. Esigo da te un lavoro impeccabile-

Me ne uscii dallo studio assillata dalla voce acuta e fastidiosa della tipa.

- Mi raccomando, mai più scene simili...-

- Sì, ovviamente-

- Non portare più tua nipote...-

- Non succederà...-

-... e voglio che tu sia sempre attenta e partecipe...-

- Come sempre-

- E... Emma...-

- Ovviamente, Brianne, hai ragione-

- Ma non ho detto ancora niente-

- Ah- silenzio - Ma tu hai sempre ragione, eh!- e, con un salto, mi chiusi a chiave nel mio studio.

 

 

 

Quando a fine giornata tornai a casa, ero distrutta.

E la cosa più preoccupante, soprattutto, era ciò che mi attendeva.

La prova baby-sitter.

- Emma, finalmente!- Andreea mi venne incontro, prendendomi Hanna dalle braccia - C'è già una signora in soggiorno-

Entrai stanca nel salotto, sprofondando sul divano.

- Salve, il mio nome è Emma Owens, la bambina si chiama Hanna. E' una bambina brava e assolutamente silenziosa, non piange quasi mai. Ha un solo difetto: tende a farsela sotto ogni mezzora- dissi come un automa, senza nemmeno guardare in faccia la mia interlocutrice.

- Oh, non ci sono problemi!- rispose questa.

Ehi.

C'era qualcosa di strano nella voce.

Era troppo roca e profonda, per essere femminile.

Linda tossicchiò, mentre Andreea gridò - Qualcuno vuole un caffè? Per tirarci su, ecco!-

Alzai gli occhi e osservai sospettosa la donna/uomo.

C'era qualcosa di strano nel suo viso.

Qualcosa di... Vagamente familiare.

- Il suo nome?- chiesi.

- Vanna Kruschenberg. Sono tedesca-

Quei capelli... Quel viso... Quella fronte. L'attaccatura della capigliatura...

- Dove abita?-

- Non so se ha presente la filiale di avvocati, Bob & Co? Ecco...-

Improvvisamente collegai il tutto.

Ecco dove l'avevo vista/o! Era l'uomo nel palazzo di fronte, quello con il parrucchino tipo Pippo Baudo, con il fisico floscio e peloso.

Oh deus.

- Aaaah, sì, sì, ho capito- la fermai, preoccupata. Oddio, poteva essere un maniaco! Avrebbe ucciso me, Linda e Andreea e poi avrebbe chiesto un riscatto a Abby. Lei naturalmente non avrebbe battuto ciglio, tanto io ero inutile: non sapevo fare i puzzle.

Si sarebbe ripresa la sua figlia spara-cacca e avrebbe continuato la sua vita felicemente.

- NO- urlai, di colpo.

La donna/uomo mi guardò, preoccupata, e Linda cadde dalla sedia.

- Non abbiamo bisogono di baby-sitter, no, no, ho cambiato idea. Amo mia nipote, non posso stare un secondo senza di lei, non si vede?-

Presi Hanna e me la spiaccicai al petto, coccolandola febbrilmente.

Sembravo in preda a una crisi epilettica.

- Ma...-

- LINDA ZITTA- urlai come una pazza.

- Su, su, vada pure, arrivederci, ci si rivede se rimango incinta, ma non credo proprio. Mi dispiace davvero, ora se ne vada- presi la donna/uomo per le spalle e la trascinai fino alla porta.

- Ma io credevo che fosse urgente-

- Lo era! Davvero, lo era! Ma ho cambiato idea, davvero, amo mia nipote. Ho il diritto di amarla, no? Arrivederci-

- Ma...-

- Chiamo la CIA, se ne vada!-

Una ragazza di pressochè 17 anni si fermò dietro la nostra porta.

- E' qui il colloquio per baby-sitter?- mi chiese.

La donna/uomo la prese per le spalle - Scappa! E' pazza, è pazza, scappa!-

E, così dicendo, corse giù per le scale.

 

 

 

Saaaalve, gente.

Eccomi qui :D

Non ho molto da dire, quindi passerei direttamente ai ringraziamenti.

_SiL_ : lo so, ma altrimenti non ci sarebbe stato gusto! Quindi abbi pazienza, cara :D ci si vede <3

 

DracosWife: salve, cara :D oh, sono così felice che ti piaccia il capitolo ** Sì, lo so, Hanna non doveva farsela addosso, ma suvvia, se son rose fioriranno, e noi abbiamo pazienza, no? Non sarà una popò ad impedir loro di baciarsi ** XD Okay, basta, evito XD Al prossimo capitolo, cara, e grazie grazie per aver recensito <3

 

_ LarchyX_ : ciaoo :Dbeh, dai, non ti voglio morta, altrimenti chi mi recensisce i capitoli? XD Seriamente, sei troppo tenera, grazie per i complimenti ** troppo buona ^^ Spero che ti piaccia anche questo capitolo!

 

BeRRy_aPPle. ahaha, sì, Hanna è sempre inopportuna! Sempre che fa la cacca << XD ma dopotutto, a me fa tanta tenerezza ** Grazie, spero che ti piaccia anche questo capitolo, cara! ^^

 

MeiroKangourou: allora, innanzi tutto per scrivere il tuo nome ci ho messo un'eternità XD e se l'ho scritto male, cavolo, perdonami, ma siamo a fine settimana, la vecchiaia avanza e i neuroni vanno in vacanza (oh, ho fatto la rimaa **) okay, evito -.-" ma comuuunque, ti assicuro che James Owens esiste, è stato famoso per la storia di Hitler, mi pare... ma comunque XD Sono felicissima che ti piaccia la mia demenziale e assurda storia(oooh, un nuovo lettore **) e sì, la suddivisione in capitoli la faccio al momento. Di solito inizio a scrivere e blocco la storia nel momento che mi pare più opportuno XD Al prossimo capitolo :D ciao ^^

 

AngelMary_95: ciao, coetanea :D XDXD okay, evitando, ahaha sìì  Hanna è un mito! Il mio mito ** ahahahahah ma vedrai che, secondo me, grazie a lei in nostri due amichetti diventeranno.. ehi, ma che faccio, spoilerizzo? ò_ò mai! XD al prossimo capitolo, cara :DD

 

shizuka96: oh sono tanto felice che ti sia piaciuto il capitolo :DD spero che anche questo ti faccia ridere, perchè la cosa che più mi preoccupa è proprio questa :D non vorrei mai che fosse scontato.. ma comunque, fammi sapere ^^ ciaooo

 

space_oddity Ma povera Hannaaaaa, non trattiamola male XDXD ha solo dei piccoli problemini XD ci sentiamo sulla tua storia, scappo a recensirla ^^ ciao, cara <3

 

Okay gente, non badate troppo agli errori, sono difrettissima e mia mamma mi sta ricattando di andare a mangiare subito, o mi assassina. E voi non volete questo, vero??

XD

al prossimo capitolo

Caramella <3

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Capitolo 8
*** Zia Mandy ***


Ci volle ben un'ora per convincere Linda e Andreea che ero nel pieno delle mie capacità mentali

Zia Mandy

 

Ci volle ben un'ora per convincere Linda e Andreea che ero nel pieno delle mie capacità mentali.

Non riuscii ahimè a convincere Gertrude.

Ma andiamo, Gertrude non esisteva.

Vero?

No, dico, vero?

"Certo che esisto"

"No! Non è vero! Devi stare zitta"

" Se non esistessi, non mi diresti di tacere"

"Va bene, domani prenoto dalla psichiatra"

"Ci sto, sorella"

"Ehi, sorella a chi?"

Il mio discorso tutto interessato con la mia vocina preferita, per modo di dire, venne interrotto da Linda.

- Io direi di continuare con i colloqui, altrimenti Hanna-spara-cacca non la rifileremo mai a nessuno-

E fu così, quindi, che altre 4567837 persone s'intrufolarono in casa.

Okay, va bene, va bene, non esageriamo.

10 anime pie.

10 anime pie che, quando vennero a sapere dei piccoli problemi di contenimento della pargola, o per meglio dire, quando assistettero ad ogni sua scagazzata ( una all'ora, per la precisione, quantità di massa variabile), scomparvero drasticamente, lasciandomi solo una vecchia bacucca davanti.

Sembrava Brianne invecchiata.

Ehi, no, un attimo, sembrava Brianne e basta.

- Salve, lei è?- mentre lo chiedevo, notai una cosa.

Una cosa alquanto difficile da non osservare. Ipnotizzati, intendo.

Era un porro. Uno bello grosso, cioè, praticamente gigante, un terzo occhio, sotto il naso, il che gli dava l'aspetto più di una mega caccola, che di un occhio.

Ma comunque.

Avete presente quel conduttore italiano, là, Bruno vespa? Ecco, i suoi a confronto erano puntini.

Iniziai, di conseguenza a fissarla.

- Il mio nome è... Janet Crofford. Sì-

Io non risposi. Ero tipo tutta presa da quel coso orripilante.

Andreea, da dietro, mi tirò un calcio. Uno di quelli davvero dolorosi, da saltare su e urlare come scemi, ma il porro funzionò da anestetico.

Nel vero senso della parola; non sentii minimamente il dolce conficcarsi del piede della mia coinquilina nella schiena.

- Va bene-

- Ehm, sì... Io... io... ho esperienza coi bambini...- s'interruppe.

- Mi pare giusto-

- Prego?-

- Eh?-

- Ma mi sta fissando il neo?-

Io distolsi finalmente lo sguardo.

Neo? Neo? Ma quello era una betoniera impiantata sotto il naso!

- No! Giuro!-

-Lei mi stava fissando il neo!-

Linda intervenne - No, è che tende spesso a imbambolarsi. sa, soffre di questa rara patologia dalla nascita, e non v'è cura. si chiama deficienza-

- Vero, vero- annuii. Poi, esaminando l'accusa della mia amica aggiunsi- Ehi, tu, piano con le parole-

- Sta' zitta, Emma - Andreea sorrise falsa come Virginia (sapete, no? Il culo del babbuino e blablabla), tirandomi un altro calcio. Questo lo sentii.

- Cielo, Andreea, vuoi perforarmi la schiena? - urlai, saltando su.

- Se non taci, sarà solo la cosa più delicata- rispose lei, prendendomi per le spalle e abbassandomi per farmi sedere - sta' buona, su-

Janet, la vecchia, si voltò preoccupata verso Linda - Ma.. ma è grave? Voglio dire, è pericolosa?- sussurrò.

- No, assolutamente no- poi aggiunse- Solo, non rimanga sola con lei. Non si sa mai-

Io lanciai uno sguardo alla tipa blu.

Doveva essere uno sguardo pieno di quei sentimenti tipo odio, vendetta e roba simile, ma con gli sguardi non ci ho mai saputo fare. Tipo i puzzle.

Effettivamente, sembravo una mezza scema.

Janet si allontanò visibilmente dal divano.

- Credo, credo che tornerò la prossima volta- aggiunse, infine.

Afferrò la borsa, prese il suo soprabito senza indossarlo e fece per allontanarsi. Poi torò indietro, si avvicinò ad Andreea e disse - Se vi serve aiuto.. Be', sì, se siete... insomma... in pericolo, chiamatemi, care- infine, si voltò verso di me - A-Arrivederci-. Prese l'ombrello dalla borsa a mo' di difesa, mi puntò il manico in faccia e piano, piano si allontanò.

 

Non feci in tempo a pretendere scuse dalle mie coinquiline, per avermi fatta passare per maniaca (perché io non lo ero, vero?) che il telefono squillò.

Rispose Andreea - Pronto?-

Silenzio.

- Oh, sì, James, ti passo Linda-

James.

James. Oh, , James.

- oh, dimmi-

Silenzio.

- Emma?- chiese Linda, al telefono.

- Sì?- urlai io.

- No, non tu-

Ah, sigh. Non era giusto, non poteva illudermi così.

Sprofondai nel divano.

- Stasera? Passa stasera- disse la mia amica, sorridendomi.

silenzio.

- Ah, domani? Va bene. A domani, ciao-

- Cosa?- chiesi io.

Sembravo un'adolescente in calore, tipo quelle nei film di Hilary Duff. Dovevo smetterla di vedermi quei film.

- Deve passare a prendere delle robe per nostra madre-

- Che c'entro, io- chiesi, speranzosa.

Già m'immaginavo che lei mi dicesse cose del tipo "ah, no, niente, voleva assicurarsi che stessi bene, perchè è seriamente innamorato di te".

- No, la vicina di casa di nostra madre si chiama Emma, e l'ha chiamato a casa dicendo che a mamma era caduta la dentiera nel gabinetto-

Oh.

Romantico.

- Ah.-

Il telefono squillò ancora. Io mi slanciai per prenderlo, ma Linda fu più veloce.

- Sì?- silenzio - ah, James, sì, dimmi. Domani sera? A cena?-

Io dall'altra parte facevo segni di vittoria.

- Con Virginia?-

Sbiancai. No, oh, che storia era? No, quella rifattona in casa mia non la volevo.

Avrebbe portato altre piantine disgustose.

No.

No.

No, manco se mi pagava una liposuzione delle sue.

Che poi, modestamente, io non ne avevo bisogno.

Scossi in segno negativo la testa - Ah, no, James, mi sa che non è una buona idea. Sai, Virginia non è quel che si dice simpatica-

Ci fu un altro silenzio.

- No, James, no. Ah, sì, lei sì. No, Virginia? Sì, va bene-

Poi, chiuse la telefonata.

Stavo per urlare che non avevo intenzione di accogliere quella specie sottostante di essere umano nelle mie mura, quando il telefono squillò ancora.

Mi tuffai a pesce, e questa volta fu mio.

- JAMES, QUELLA NON LA VOGLIO, INTESI? IN CASA MIA NO. fammi parlare, non ho intenzione di accoglierla nella mia dimora. manco se si vestisse da topolino e mi ballasse davanti la In tutti i mari e in tutti i luoghi di Scanu, no, no, non ne ho intenzione. Non osare portarmela dentro, nella mia tana. Intesi?-

In risposta, ebbi un singhiozzo.

Si era offeso? Oddio, per quella sciacquetta là, si era offeso?

Suvvia, non ero stata poi tanto dura. No, per niente.

Avrei potuto aggiungere che stava con lui per i soldi, che si sarebbero sposati, lei si sarebbe rifatta le tette la settecentoventunesima volta ed infine l'avrebbe piantato in asso per andare con un appena maggiorenne aitante.

Un altro singhiozzo.

No, non era per niente virile, suvvia.

- James?-

- tesoro...-

Okay, il fatto che James mi chiamasse tesoro non mi dispiaceva, ma il fatto che l sua voce fosse la stessa di un maschio castrato era alquanto preoccupante.

- Chi sei?-

- Io, tesoro. Sono mamma-

Occristo.

- Mamma?-

- E' successo un disastro-

- Non dirmelo. Hai di nuovo distrutto la cucina con la pentola a pressione-

Un'altra volta no. Dai, non poteva essere.

Mia madre era fissata con la cucina italiana; era una patologia avanzata, ormai.

Ogni due mesi distruggeva la cucina, e sempre in modi diversi.

La sua ultima passione era la pentola a pressione, il che era preoccupante.

Ricordo ancora quando la comprò

"guarda, tesoro! Guarda qui che oggetto delizioso" 

" mamma, è una pentola"

Mi guardò come se avessi bestemmiato " non dirlo! Non dirlo! Questa non è una pentola, questa è la mamma di tutte le pentole. Lei è... lei è... la pentola a pressione"

" Ah"

" Nooooo, noooo, non dire ah. Devi dire cavolo, mamma, che emoziooooone! e' la mamma delle pentole. Come se io fossi una pentola a pressione, e tu un pentolino"

Ecco, dopo quel discorso decisi che era giunto il momento di trasferirmi.

Comunque sia.

- No, tesoro, no, è successo una disgrazia- sospiro- Zia.. z-zia Mandy è...è... morta-

Silenzio.

Iniziai a pensare convulsamente a chi cazzo fosse zia Mandy.

- Oh, oh, che peccato! E.. e papà come sta?- chiesi. Forse era la sua prozia.

- Oh, papà l'ha presa bene, non ci ha mai parlato-.

Okay, non era la prozia.

- Ah. E.. e... che dicono Harry e Miranda?- tentai. erano i miei cugini di ventesimo grado, tipo, forse era madre loro.

- Ma loro non la conoscevano, tesoro-

Okay, fuori due.

Ma allora, chi era?

- Ehm... mamma...ma, chi.. chi è?-

Silenzio, poi mia madre iniziò a piangere più forte.

-No, no, mamma è che ho preso una botta in testa, prima, e ho qualche problema con la memoria. Ma sono sicura che zia Mandy sia stata la donna più favolosa del mondo!-

- Te-tesoro, era la simpatica vecchietta che vendeva le pere al mercato!-

Ah.

Ecco, ora ricordavo.

Era quella odiosa vecchietta che si faceva chiamare da tutti zia Mandy, quando non aveva un cane di parente.

Ecco.

Da piccola, ricordo, andavo sempre al suo banco perchè mia madre mi ci mandava spesso a comprare la frutta.

Arrivavo e le dicevo " Ciao, mi dai un chilo di pere?"

Cavolo, ero tenera!

Una volta mi prese la mano e mi disse a bassa voce " Senti, mocciosetta, la prossima volta che tocchi le mie pere con la tua manina piccola e sporca, prometto che prendo le tue belle treccine rosse e te le taglio".

Okay, va bene, avevo la mania di toccare le sue pere - non pensate male-, ma giuro che le mani me le lavavo.

Da quella volta, rimasi scioccata.

- Che peccato!- risposi.

- Quando vieni?-

Eh? Eh? Di che parlava?

- Dove?-

- A casa! Devi esserci, il funerale è una cosa importante-

- No, no, mamma, non posso prendermi permessi-

- Tesoro, esigo che tu torni immediatamente. Faceva parte della famiglia!-

Ma cosa? Cosaaa? Col barbone sotto casa avevo più parentela!

- No, mamma...-

- Tesoro! Niente paghetta-

Ma era scema?

- Mamma, ho lo stipendio-

- Che c'entra?-

- Mamma, non mi hai mai dato la paghetta!-

- Ah. eppure nei film questo ricatto funziona sempre-

- Mamma, tu non vedi film. Tu vedi solo Beautiful!-

- Infatti! Ieri Ridge l'ha detto ad Amanda-

Desolazione infinita, gente.

- No, mamma, non verrò!-

- Tesoro, ti voglio qui entro stasera!-

- Mamma, ma non posso!-

- Sì che puoi. Cos'è, Londra ti ha fatto dimenticare i veri valori?-

No, ti prego, non di nuovo la storia sui veri valori.

Ti prego, noooo.

Iniziava dicendo 'sta frase, e continuava a parlare per ore, finchè tutto non si concludeva con la pizza italiana.

- Mamma, non posso assentarmi!-

- Tesoro, i valori non bisogna mai trascurarli, la famiglia, ...-

La lasciai sfogare una mezzoretta, finchè, finalmente, non terminò la filastrocca.

- ... prendi gli italiani, per esempio, e la loro pizza!-

- Certo. Certo.-

- Allora verrai?-

Senza neanche pensarci, risposi - Certo, certo-

- oh, benissimo, allora ti aspetto per cena-

Oddio no, no, che avevo fatto.

- No, mamma, mamma, mi sono confusa, no, no, no!-

Ma lei non rispose, avendo già chiuso la telefonata.

Restai un'altra mezzora piena a piangere sul divano, disperata.

Io non volevo andare da zia Mandy, la odiavo!

 

 

Feci i salti mortali per avere un biglietto di andata e ritorno per il paese.

Fu un vero trauma chiedere tre giorni di permesso a Brianne per telefono, me la menò per un'ora sul fatto che noi dipendenti eravamo tenuti ad essere sempre presenti.

Quando finalmente il treno arrivò a destinazione, sentii nell'aria l'odore di pioggia.

Cavolo, in quel buco di pese pioveva anche a ferragosto.

Uscii dalle porte del treno in depressione, con Hanna aggrappata come una ventosa addosso ( non potevo lasciarla in balia di Linda e Andreea) e le mutande infilate nel sedere.

Iniziai di conseguenza a muovermi scoordinatamente, mentre la gente mi guardava scioccata.

- Eccola, eccola, John, te lo dicevo che sarebbe venuta- sentii mia madre urlare.

Vidi mio padre dietro di lei trascinarsi annoiato.

Quell'uomo lo dovevano fare martire.

Mia madre, una pallina dai capelli rossi e ricci, bassa e grossa mi si avventò contro.

- Ecco il mio orsacchiotto- urlò davanti a tutti - E' tornata, è tornata da Londra! il mio pulcino!-

Ecco.

Questo era il motivo per cui sono scappata da casa.

No, non per mia madre, no.

Perchè tutti, in quel dannato paese, mi conoscevano come Emma-orsacchiotto.pulcino.

E la mutanda continuava a seghettarmi tra le cosce.

 

 

eccomi, gente.

Ho scritto davvero tanto questa volta o_o

Comunque sia, sono in ritardo, come sempre.

Nel prossimo capitolo ci sarà un bel po' di movimento *O*

Non posso ringraziare tutti, sono super super di fretta e mia mamma sono tre ore che urla -.-"

Un bacio

caramella <3

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Capitolo 9
*** Non sono graditi cellulari in chiesa ***


Avrei dovuto assumere un'aria devastata

Non sono graditi cellulari in chiesa

 

 

 

 

Avrei dovuto assumere un'aria devastata.

Sì, molto probabilmente avrei dovuto farlo; ma proprio non mi veniva.

Scesi le scale, trovandomi in soggiorno.

Guardai l'ora: le sette e mezza.

Drastico, direi. Non mi svegliavo alle sette e mezza dai tristi tempi della scuola.

La sera prima era stata alquanto traumatica: ero stata sballottata da amici/parenti/sconosciuti a destra e a manca facendomi imbrattare la mia camicetta nuova di lacrime.

Cioè, suvvia, piangevano per zia Mandy!

Come si poteva piangere per zia Mandy?!

- Emma, tesoro, sei pronta?-

Se avessi risposto di no?

- Certo, mamma-

- Il nonno sarà così felice di vederti!- Abbassò la maniglia della porta, poi si voltò titubante - Ah, pulcino, il nonno... Non è... più come una volta-

Oddio, era impazzito ulteriormente.

- In che senso?-

- E' molto affettuoso-

- Lo è sempre stato-

- Oh, sì.. sì-

Alzai un sopracciglio squadrandola.

Il nonno, probabilmente, era diventato una cozza umana.

 

Uscii di casa, seguendo mia madre in silenzio.

Alle dieci ci sarebbe stato il funerale della tipa, e mia madre aveva avuto la brillante idea di andare a trovare suo padre.

Quell'uomo era stato sempre un grande punto interrogativo della mia vita.

Non che fosse mai stato normale, ovviamente, ma negli ultimi anni aveva iniziato a svalvolare.

Letteralmente.

Alle tre di mattina chiamava a casa dicendo che i vampiri non esistevano, ma lui voleva diventare Batman.

Aveva sposato la sua badante trentenne, e per un mese ci aveva assillati dicendo che questa era una spia della CIA.

Infine la tipa lo aveva piantato in asso, scappando in Marocco con il massaggiatore musulmano che avevano assunto.

Poi si era trovato un'altra vecchietta come lui, ma questa volta era stato lui a lasciare lei, perchè diceva che non era abbastanza soddisfacente.

Il che, per dirla tutta, era ancora più preoccupante.

 

- Papà?-

Mia madre aprì la porta di casa del nonno con il doppione delle chiavi che ci aveva consigliato lo psichiatra, ed avanzò sicura nel corridoio che portava alla sala da pranzo.

- Papà?- ripeté mia madre.

- Susie- la chiamò mio nonno dalla cucina, a destra.

Mia madre aprì la porta ed entrò.

Io restai impiantata là davanti, terrorizzata.

Mio nonno era seduto su una poltrona davanti alla TV, con un sigaro due metri per due, che più che sigaro sembrava un cannone pesante, ficcato in bocca e ben incastrato nella dentiera, in mutande, che guardava un programma di televendite su costumi da bagno femminili.

Al muro, accanto al quadretto della Vergine Maria che mia nonna, ai suoi tempi, aveva praticamente attaccato col cemento, era affisso un calendario di donne seminude svaccate sulle automobili.

Sulla televisione un adesivo attaccato nell'angolino recitava " Il sesso fa bene alla salute", e da sotto una sedia spuntavano quelle che sembravano manette.

Quel tipo di manette.

Dio, mio nonno era appena settantenne, non poteva ancora essere sessualmente attivo! Era raccapricciante.

- Emma!- disse lui, voltandosi a guardarmi - Quanto tempo! Vieni qui, fatti vedere-

Oddio, no, ti prego.

Si alzò barcollante e mi si aggrappò addosso; quando mi abbracciò la puzza di vino e di sigaro passò da lui a me, appestandomi.

- Come ti sei fatta beeeeella-

Una sua mano scese, acchiappandomi una chiappa.

Occristo, ecco cosa intendeva mamma per affettuoso.

- Papà, vieni qui, vieni qui, le hai prese le pillole per il cuore?- mia madre me lo afferrò e me lo scollò di dosso.

Dio grazie.

Mio nonno, testardo, continuò a guardarmi - Oh, Emma, ti ricordavo davvero più bruttina-

Grazie, nonno.

- Ah, bene-

- Oh, ma sei davvero migliorata. Chissà quanti amici avrai-

- Oh, mai tanto quanto i tuoi, nonno-

- Sai, dovresti vestirti un po' meglio, però. Così conciata sembri tua madre! Non so, una maglietta più scollata, una gonnella più corta-

Arrossii. Un tale insulto potevo aspettarmelo da Virginia, non da un bacuccone.

- Oh, oh, oh, sei arrossita. Ahah!-

No, ma cosa si rideva? Cosa?

- Grazie, nonno, ora che me lo hai detto impallidirò subito-

- Sai, una mia vecchia fiamma metteva sempre degli autoreggenti...-

- Mamma, credo proprio che andrò a casa. Ho dimenticato di chiamare il mio capo- lo interruppi.

- Ma tesoro, siamo appena arrivate-

- Oh, ma tu resta, non ti preoccupare. Io.. io vado-

Afferrai la mia borsa che chissà come era finita per terra e me la defilai.

Appena fui per le strade chiamai James: avevo bisogno di assicurargli il mio ritorno la sera stessa.

" Sono James Davies, al momento non posso rispondere. Lasciate un recapito e vi richiamerò al più presto. Se sei Virginia, tesoro, la statua di Marco Aurelio non possiamo comprarla, fattene una ragione"

Dio, quella ragazza era davvero stupida come un culo di babbuino in preda a flatulenze asfissianti.

- Ehm, Davies, salve, sono Emma. Volevo assicurarle che stasera prenderò il treno di ritorno. Mi richiami al più presto, devo chiederle un favore per le pratiche dei Nawely -

- Emma! Ma sei Emma Owens!-

Mi voltai verso la mia interlocutrice.

Davanti a me una tipa coi capelli giallo piscio, un vestito che sembrava un francobollo appiccicato con la saliva e degli occhiali che assomigliavano terribilmente agli occhi di una mosca mi salutava con la mano.

Occristo, poteva essere la nuova amichetta di mio nonno.

- Ehm, sì, lo so- le sorrisi, in dubbio.

Avrei dovuto conoscerla?

- Non ti ricordi di me?- chiese lei, incredula.

Perspicace.

- Dovrei?-

- Suvvia, Emma, tre mesi a Londra e già hai dimenticato tutti i tuoi vecchi amici?-

- Siamo mai state amiche?-

- Oh, certo! Sono Miranda! Miranda Burns-

Il suo nome mi ricordò i periodi oscuri delle superiori.

Una tipa coi capelli giallini che mi perseguitava nei bagni della scuola, chiudendomi dentro i gabinetti e umiliandomi davanti a tutti, ecco cosa mi ricordava.

Be', aveva le tette molto più grosse, e i capelli molto più gialli, e la faccia molto più tonta.

E, naturalmente, aveva rimosso il terzo anno, quando le versai un piatto di pasta al pesto sulla maglietta nuova, in mensa, davanti a tutti, chiarendo che avrebbe dovuto portarmi rispetto.

Oh, sì era troppo amichevole per ricordarselo ancora.

Probabilmente aveva rimosso tutto.

Quasi sicuramente.

Indietreggiai pian piano: meglio essere prudenti.

- Ehm, soffro di perdita di memoria a breve termine, non ho idea di chi tu sia-

- Avevo sentito dire che Emma Owens era tornata dalla grande città-

Sorrise cattiva.

Okay, qualcosa mi diceva che non aveva dimenticato del tutto.

- Sai, ti ricordi il terzo anno?-

- No, te l'ho detto, soffro di perdita di memoria a breve...-

- Io invece ricordo tutto precisamente-

- Addirittura! Ma vedi un po' che bella cosa-

- Vuoi che ti racconti qualche bell'aneddoto?-

- No, no, ho un funerale, un'altra volta, magari, eh?-

- Sai, mi hai fatto dei gesti così belli, quell'anno, che vorrei ricambiare. Meglio tardi che mai, no?-

- Oh, no, io sono così generosa che faccio senza pretendere niente in cambio. Ammirevole, no?-

- Ma io ci tengo davvero-

- Ma io no-

Mi voltai: accanto a me era appoggiata al muro una bicicletta da postino.

Il mio cervello fece due più due, ma ho sempre detto di essere negata in matematica.

Avrei dovuto salvarmi rinchiudendomi nelle poste, invece la mia mente brillante decretò che due più due faceva cinque; afferrai la bicicletta e me la svignai sulle due ruote, con la fedina penale sporca: sottrazione di bicicletta postale ad un uomo nel pieno del suo turno lavorativo.

 

 

 

La marcia funebre partì che era una bellezza.

Una sensazione di tristezza devastante mi si appioppò addosso, tanto che sembrava mio nonno maniaco.

Passai la prima buona mezzore nella chiesetta a girarmi, aspettandomi da un momento all'altro di veder entrare Miranda o il postino, peggio ancora.

Così il prete mi avrebbe costretta a confessarmi, e avrei dovuto raccontare di come ho ucciso l'innocente vita di quella piantina regalata da Virginia a Brianne.

O peggio ancora, avrei dovuto ammettere tutte le volte che fregavo l'ostia non consacrata dal cassetto della sua scrivania, da piccola, perchè mi piaceva.

Ah, no, quello me lo sarei portato nella tomba.

Mi risvegliai dai miei macabri pensieri con una suoneria di sottofondo.

Mi accorsi di essere praticamente davanti alla bara di zia Mandy.

Mi sporsi un po' ad osservarla: era più maligna del solito.

Se Gesù la mandava in paradiso gli facevo causa, questa era una promessa.

Mia madre mi ficcò una gomitata al fianco - Tesoro, il cellulare!-

Mi accorsi solo allora che la suoneria non era l'organo del tipo che se la suonava amabilmente, ma era il mio telefonino.

Lo cercai nella borsetta, mentre mia madre mi snocciolava tutte le punizioni che Dio mi avrebbe dato per aver lasciato il cellulare acceso.

- Pronto?-

- Emma? Sono James-

Il tipo che suonava lanciò un acuto spaventoso.

- Dove sei?-

- Al funerale-

- Ah, condoglianze, mi dispiace-

- Sì, sì, senti...- mentre cercavo di ricordarmi il problema per le pratiche dei Nawely, mi ritrovai precisamente davanti alla bara, in coda, per l'ultimo saluta alla vecchia- si.. allora... in pratica la famiglia Nawely vuole ritirare il divorzio-

- Tesoro, spegni subito-

- Zitta, mamma-

- Mamma?-

- No, non a lei, Davies. Comunque, sia, se ne occupa lei?-

Stavo cercando il burrocacao nella borsa, e il cellulare mi cadde.

- Tesoro, ti è caduto il telefono!-

- Me ne sono accorta, mamma-

- Tesoro, ti è caduto nella bara-

Mi sporsi a controllare. Il mio bellissimo nokia era precisamente sopra la mano raggrinzita di zia Mandy.

Occristo.

- mamma, prendilo-

- No, mi impressiono-

- Mamma, prendilo, è il mio capo, devo rispondere-

- Tesoro, è il tuo cellulare, prendilo tu-

- Mamma, mi impressiono-

- Oh, ma quelle la davanti si muovono?- sentii sussurrare dietro.

Ficcai una mano nella bara. Mia madre iniziò a bisbigliare - oddio, oddio, mia figlia che profana un luogo sacro davanti ai miei occhi-

- Mamma, sta' zitta-

- oddio, oddio, povera zia Mandy-

- Mamma, mi metti ansia-

- Povera, povera zia Mandy-

- Sorelle, c'è qualche problema?- alzai lo sguardo: davanti a me una suora ci guardava, seriamente preoccupata.

Di sottofondo si sentiva un " Emma? Emma? Ci sei ancora?" provenire dalla mano della vecchia zia Mandy.

 

 

 

 

 

Ok, gente, sono in un super ritardo!

Non posso commentare niente, ma ringrazierò uno ad uno coloro che hanno recensito stasera, per messaggio privato, visto che ora efp ce lo permette.

Grazie

Un bacio!

Caramella

 Ah, una cosa, ci ho già provato ma proprio non riesco a caricare le foto dei personaggi che ho trovato, anche se ho fatto come dice il regolamento T_T

Ma mi ci applicherò e nel prossimo tenterò di farlo! :D

 

Alla prossima <3

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Capitolo 10
*** Incinta? ***


Mi sedetti accanto al finestrino, tirando un sospiro di sollievo

 

Mi sedetti accanto al finestrino, tirando un sospiro di sollievo.

Mia madre, dopo la funzione era andata avanti tre ore a snocciolare ogni ragione per cui il mio compito era restare a casa, e, naturalmente, al primo posto c'era la sua cucina.

" Tesoro, ti trovo sciupata! Resta ancora un po', scommetto che ti mancano i miei piatti"

No, mamma, cucini da cani.

Ma come potevo sferrarle un colpo tanto basso?

Tagliai quindi corto dilungandomi a descrivere la brutalità con cui Brianne puniva le neoassistenti quando non si attenevano ai propri doveri.

- Tesoro, chiama il telefono azzurro!- ed era andata avanti ore a spiegarmi il perchè fosse giusto denunciare tali soprusi.

 

- Salve- un uomo grosso e simpatico, forse più grosso che simpatico, sprofondò nel sedile accanto al mio.

Mi voltai accennando un sorrisino: era alquanto inquietante la sua stazza.

- Scusi, che ore sono?- chiese.

Portai il braccio sotto il naso per osservare il mio orologio mezzo rotto ma ancora bello da vedere.

- Le sette e venti-

- Oh, cavolo! C'è lo sciopero dei taxi dalle sette e mezza-

Cosa?

No, ripeto, cosa?!

- Che?!-

- Lo sciopero. Dei taxi-

- E io come torno a casa?!-

L'uomo alzò impercettibilmente le spalle, poi si sistemò il colletto della camicia giallina, si mise petto in fuori e pancia in dentro, per quanto la ciccia glielo permettesse, e infine proferì - Vuole un passaggio? Un amico mi viene a prendere-

Oddio, era un un maniaco.

Uno squilibrato mi proponeva un biglietto solo andata verso la mia fine tragica e dolorosa: mi avrebbe violentata, mi avrebbe fatta a pezzi e poi avrebbe sparso i miei resti per il centro di Londra, costringendo così mia madre a venirmi a ricostruire dito per dito, piede per piede.

Mi spiaccicai al finestrino, afferrando il cellulare.

- No, guardi, non c'è bisogno. Chiamerò il mio fidanzato. Il mio forte, bello, muscoloso fidanzato. Fa boxe, sa, un suo pugno e li stende tutti. Tutti quanti-

Il tipo ciccione alzò un sopracciglio, mentre io digitavo il numero del cellulare di Linda.

- Linda?- sussurrai nel telefonino abbastanza piano da non fami sentire.

- Emma, dimmi-

- Sono sul treno di ritorno, ma mi hanno detto che c'è lo sciopero dei taxi. Vienimi a prendere-

- A che ora arrivi?-

- Alle otto e mezza-

- Va bene, ci sarò-

Chiusi la telefonata e osservai lo squilibrato - Viene!- urlai- Viene a prendermi, il mio uomo-

 

 

Il tipo andò avanti per un oretta a girarsi e rigirarsi sul sedile, facendomi traballare come se fossi su una sedia massaggiatrice: la mia cellulite sarebbe sparita nel giro di pochi minuti.

Stavo leggendo un articolo noioso sull'effetto serra, quando un prum attirò la mia attenzione.

Il tipo, dal canto suo, alzò il coscione poco preoccupato.

- Ah, la peperonata!-

Un'espressione orripilata si fece strada sulla mia faccia, mentre uno strano odore invadeva la cabina.

Aveva scoreggiato.

Il mio vicino di sedia squilibrato e maniaco aveva scoreggiato.

Mi avrebbe ucciso comunque, quindi, spezzettata o meno!

Stavo per chiedergli se aveva intenzione di assassinarmi con qualche gas nocivo scaturito dal suo grande buco nell'ozono, situato fra le sue naticone, quando la voce automatica salvò la mia pelle, dicendo di essere giunti a Londra.

Mi spiaccicai contro la porta della cabina cercando di tirare finché dopo una decina di minuti qualcuno non mi aprì da fuori, facendomi notare che si spingeva, e non si tirava.

Ma dettagli.

Me la squagliai alla velocità della luce, catapultandomi fuori dalla stazione col fuoco al culo; iniziai, quindi, a cercare con lo sguardo una testa blu, il che mi risultò abbastanza difficoltoso.

Ovunque mi girassi c'erano tizi sconosciuti che spingevano e premevano, qualcuno allungava pure le mani in una veloce palpatina, ma quelli erano perlopiù ragazzi in preda a crisi ormonali.

Una bimba pochi metri più in là urlava qualcosa sul fatto che volesse fare la cacca, due adolescenti erano in preda a crisi di pianto, continuando imperterriti a smoccolarsi addosso, abbracciarsi, limonare senza pudore e sbattersi al muro, finché il padre di lei non giunse a scollare il maschio avvinghiato alla sua piccola principessa, minacciandolo di gravi ritorsioni se non fosse sparito dalla loro vita.

Una vecchietta seduta su una panchina snocciolava gli eventi tragici della seconda guerra mondiale ad una povera martire che aspettava il suo treno, annuendo meccanica e poco interessata.

Un tipo di quarant'anni probabilmente schizofrenico o giù di lì andava in giro urlando di aver perso la valigia, mentre la moglie, ancora più in preda all'ansia trascinava un mocciosetto che indossava tutto felice la maschera di Tarzan, urlando a tutti i passanti di aver perso di vista la sua amica scimmia.

- Emma, finalmente-

Davanti a me si parò uomo di circa trent'anni o giù di lì, occhi azzurri come quelli di Linda e capelli castani o forse neri, la luce faceva brutti scherzi.

Okay, tagliandola corta, davanti a me c'era un James affaticato, con le occhiaie sotto gli occhi, che mi guardava ansioso e vagamente irritato.

- Capo?-

- Lo sai che stavo dormendo? Sono due notti che non dormo, sai? E mia sorella mi chiama tutta felice e mi fa " vai a prendere Emma alla stazione" e io che le avrei dovuto dire? Non voglio alzare il culo dal letto, Linda? Poi mi facevi pena, Dio santo, non potevo piantarti in asso nel mezzo della stazione-

Io lo guardai sbigottita, sentendo il sangue che saliva alla testa.

Ero penosa, gente, Dio se ero penosa, sembravo un'adolescente in preda a sfoghi ormonali, in calore come le foche nel periodo dell'amore.

- Arrivederci, signorina- sentii da dietro.

James intercettò il tipo che m'aveva salutata, inarcando le sopracciglia e corrugando la fronte.

Io, intanto, mi girai giusto in tempo per osservare il botolone che s'allontanava salutando con la mano simile ad una pala assassina l'amico non molto più snello di lui. Probabilmente, insieme, fondavano il club dei salsicciotti.

- E quello chi è?-

- Oh, il mio vicino di posto che mi ha offerto un passaggio a casa-

- E tu non hai accettato, vero?-

- Oh, certo, invece. Prima ho accettato, poi ho convinto Linda a venirmi a prendere, giusto per mettere in atto un rapimento di massa: ci avrebbe uccise tutte e due insieme, spezzettandoci senza pietà, se solo tu non fossi giunto in mia salvezza. Ti rendi conto di aver sventato un attentato, vero?-

- Non dovresti parlare agli sconosciuti- concluse lui.

Lo afferrai per un braccio, indicandomi il viso con il dito destro - Va bene, lo ammetto, uso la crema anti rughe che sponsorizzano sul settimo canale, ma credi mi ringiovanisca troppo? Non so, ti sembro una mocciosa?-

Poi, naturalmente, staccai subito la presa.

Ero alquanto maleducata, forse, passavo dal lei al tu, dal Capo al James con una certa facilità, ma lui sembrava non accorgersene.

Forse era tonto.

- C'è la festa per il pensionamento di Lavanda Gingers, per la cronaca-

- Quando?-

- Stasera-

- Non credo verrò, sono stanca e spossata- dissi, accompagnando il tutto con qualche mancamento teatrale.

- Io credo che verrai, perchè sono solo e senza compagnia-

- Tua moglie-

- Non sono sposato-

- Virginia-

- E' a casa con la febbre-

- Che peccato, Gesù è sempre ingiusto con le malattie-

- Queste battutine potrebbero nuocere alla tua carriera-

- Ma fanno bene al mio ego personale-

- Comunque sia, verrai-

- Non se ne parla neanche, scarrozzati Brianne-

- Ma potrei trascorrere la serata a parlare di sottane anni settanta-

- Non hai idea di come potresti trascorrere la serata con me, però-

Impegnammo quindi tutto il viaggio a discutere sul fatto che la mia presenza fosse d'obbligo, finché non riuscì a strapparmi un sì doloroso e maledetto.

Strisciando salii le scale del portone, quando mi trovai Linda e Andreea sorridenti davanti alla porta.

- Te lo ha chiesto?-

- Di andare alla festa in ufficio? Sì- sembrava che stessi raccontando la mia condanna a morte.

- Che problema c'è? Ti ho già preso un vestito io-

- Non ho intenzione di trovarmi James davanti tutta la santissima sera. Ogni secondo me lo immagino in qualche posizione erotica con Virginia TettaGrossa-

Linda mi prese sottobraccio trasportandomi sino al divano del soggiorno.

- Tesoro, devi combattere-

- Contro cosa?-

- Contro Virginia. James è nato per essere tuo, non può andare diversamente-

- Ma lei mi schiaccerà come una formica, mi spappolerà contro la dura verità il giorno in cui lui sposerà lei e lei sposerà i suoi soldi-

- Puoi farcela-

- Tu hai tante cose che lei non ha- iniziò Andreea, sedendosi accanto a me.

- Il conto in rosso in banca?- proposi.

- Per esempio...-

Linda tirò una gomitata ad Andreea - No, Andreea scherza sempre, che simpatica!-

- Ho le tette vere-

- Ecco-

- I capelli rossi-

- Giusto-

- Quella deliziosa camicetta rosa-

- Sono sicura che Virginia non l'ha mai indossata-

- Una casa disastrata-

- Siamo in tre, Emma- constatò Andreea.

- Viviamo insieme- feci notare.

- Ah, ecco, giusto-

Inspirai l'odore del coraggio - Posso farcela!-

- Che è sta puzza?- storse il naso Andreea.

- Il pollo va a fuoco- Linda s'alzò correndo in cucina.

Bene, il mio coraggio puzzava di pollo affumicato; la serata si prospettava vittoriosa.

 

 

Quando arrivai in ufficio il mio orologio declamava un ritardo di ben tre quarti d'ora.

- Cosa le fa pensare che io ami il ritardo, Owens?-

- Cosa le fa pensare che io volessi essere in ritardo, capo?-

James, bello come sempre, mi spinse verso il bancone degli aperitivi - prendine uno solo, Jessica Moonly se ne è scolati tre e ora è stesa sulle poltrone nella sala d'aspetto-

Mi girai guardandolo negli occhi - Io e te abbiamo dei dubbi sull'usare il lei o il tu-

Lui mi guardò alquanto interdetto, infine sorrise - Tu?-

Io annuii - Vada per il tu-

Sentivo un delizioso odore di pollo.

 

 

Un'ora e mezza dopo mi aggiravo vagamente brilla per le vecchiette e le trentenni occupate in pettegolezzi succulenti.

- hai visto? Non è qui. Si è portato l'altra-

- Io preferisco la rossa alla bionda, è molto più simpatica-

- Ma è così imbranata-

- Sì, ma non potrebbe mai essere peggio di quella vipera-

Qualcuno annuiva, altre ridacchiavano in preda a stuzzichini al salmone che davano loro alla testa.

Mi ficcai nel gruppo più gremito, cercando di capire chi fossero gli oggetti della conversazione.

- E' rimasta a casa, e io so il perchè-

- Ah sì?-

- E' incinta, te lo dico io-

- Come incinta?-

- Incinta, bella e buona-

Inarcai un sopracciglio - Ma chi, scusate?-

- Come chi?-

- Chi è incinta?-

- Virginia, ovviamente-

Non mi accorsi nemmeno, nei minuti successivi, di aver mangiato tre o quattro tartine al salmone attentando inconsapevolmente alla mia vita; solo quando il paramedico, caricandomi in ambulanza, mi chiese a cosa fossi allergica riuscii a spiaccicare un " ...almon..."

Tutto ciò che fino a quel momento mi aveva spinta nell'ardua battaglia per accaparrarmi l'uomo della mia vita scomparve.

Non potevo più condurre quella campagna, non potevo privare un moccioso del padre, soprattutto se quel moccioso aveva i suoi stessi occhi e il suo stesso sorriso.

Lo avrei potuto sopprimere, vero, ma come?

Gertrude mi consigliò di uccidere Virginia, così da prendere due piccioni con una fava, ma avevo paura di finire nel braccio della morte con altre detenute assatanate pronte a farmi a pezzi perchè più giovane di loro.

- Emma, Emma come ti senti?- James, accanto a me, mi afferrò una mano.

Aprii un occhio mezza moribonda - Virginia è incinta?-

James aprì la bocca per darmi la risposta che avrebbe tolto ogni dubbio, quando la faccia di mia mamma comparve tra i miei pensieri.

" tesoro, ho comprato una nuova pentola a pressione" canticchiava felice, mostrandomi un pentolone di ferro; quella era un'allucinazione, la più brutta allucinazione mai avuta dal genere umano in preda ad uno shock anafilattico.

Ho sempre trovato che mia madre fosse una presenza a sproposito nella mia vita e quella ne era solo una prova.

 

Continuo ad essere nei pasticci, il pc si spegne da solo e sono in crisi tecnologica. Appena posso ringrazierò tutti

Al prossimo capitolo

Caramella

 

 

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Capitolo 11
*** Tu parli troppo ***


Cosa spinge una comune donna di ventiquattro anni o giù di lì a tentare il suicidio

Cosa spinge una comune donna di ventiquattro anni o giù di lì a tentare il suicidio?

Sapere che la vipera di turno è incinta dell'uomo di cui è innamorata, forse.

E cosa spinge, quindi, una comune donna di ventiquattro anni ad innamorarsi del suo capo?

Le circostanze, probabilmente. Vedere i suoi occhi azzurri ogni santo giorno, il suo mezzo sorriso farsi strada sul suo viso, il suo fascino irresistibile; il fatto che, senza rendersene conto, ci si ritrova a pensare a un'improbabile vita futura con questo. Senza rendersene conto, davvero, da un giorno all'altro capita tra capo e collo lui, e da capo simpatico diventa nelle proprie fantasie Rocco Siffredi un po' più pacato. Senza accorgersene, ci si trova infatuati della persona sbagliata al momento sbagliato.

E cosa spinge, allora...

Gertrude, basta fare domande, hai rotto le palle.

 

 Aprii un occhio, poi un altro, infine li richiusi entrambi, sospirando.

Ero nella merda, oppure ero morta.

La seconda opzione mi levava dai casini: non avrei dovuto farmi in quattro per conquistare James, no avrei dovuto dare spiegazioni a mia madre per il tentato suicidio involontario e, soprattutto, non mi sarei dovuta preoccupare di un possibile assassinio nei confronti di Virginia.

Ma, naturalmente, Emma Owens non è mai stata fortunata: un uomo, davanti a me, in camice verde e la cuffietta in testa, diceva qualcosa riguardo ad una lavanda gastrica.

Porca paletta, ero viva.

Entrai in trans per qualche altro minuto e quando finalmente ripresi coscienza, la stanza era vuota.

Non c'era nessuno piangente al mio capezzale, non c'era nessun dottore che dichiarava l'ora del decesso né infermiere che mi ricoprivano con un velo bianco.

Ero davvero sopravvissuta.

Con la testa che ancora mi girava, decisi che un bel giretto nell'ospedale sarebbe stata la cosa giusta: per come mi sentivo, probabilmente, la lavanda gastrica era già bell'e fatta.

Feci qualche passo nel corridoio, mentre il mio stomaco lanciava SOS al mio sistema immunitario o, semplicemente, al mio cervello che naturalmente evitò accuratamente di coglierli e mi impose di continuare nella mia amabile passeggiata.

Mi passai in rassegna ogni corridoio di quel santissimo ospedale, scambiando qualche battuta con vecchiette in preda a crisi respiratorie, infine, stanca, decisi di tornare nella mia stanza.

Ciò che mi fregò, perchè ovviamente c'è sempre qualcosa che va storto nei miei piani infallibili, fu il fatto che non mi ero affatto preoccupata di controllare che numero fosse la mia camera.

Mi ritrovai, perciò, a girovagare per i corridoi cercando di andare a fortuna: aprii due volte i gabinetti, finché non capii che le porte rosa con un tipo accovacciato era uno che faceva la pipì e non uno che riabilitava i muscoli dei glutei.

Ma comunque.

Per tre volte m'imbattei in mocciose che stringevano convulsamente i loro Winnie  the Pooh sotto l'ascella, mettendo a tacere l'irrefrenabile desiderio di andare lì e spiattellar loro che il loro amato amichetto si chiamava Winnie la Cacca.

Ma sorvolando, giunsi infine nel settimo corridoio del quarto piano e aprii la prima porta che mi capitò a tiro: dentro, in una stretta mortale da cui fuoriuscivano solo gambe pelose e depilate e mani che si sventolavano in aria, due medici o specializzandi o quel che cavolo erano, consumavano la loro oretta d'amore puro e senza confini.

Mi richiusi immediatamente la porta alle spalle, immaginando di vedermi spuntare da un momento all'altro Derek e Meredith di Grey's Anatomy mentre si rivestivano dopo un incontro furtivo nel magazzino dei medicinali.

 Ripresi quindi a girarmi intorno, finché, ormai stanca, decisi di arrendermi: strisciai con la flebo in mano fino alla reception.

- La camera di Emma Owens- dissi con un filo di voce.

- Lei è?- chiese sospettosa la vecchietta, il telefono incastrato tra il mento e la spalla.

-... Emma Owens-

E sentii la mia dignità distruggersi in mille pezzi.

 

Il giorno dopo, i medici mi permisero di tornare a casa.

- Emma, sei una stupida- Linda, accanto a me, apriva la porta.

Lei e Andreea erano subito venute a riprendermi in ospedale appena James le aveva avvertite e, dai loro racconti, l'uomo ci aveva messo ben venticinque secondi per articolare una frase di senso compito.

- Mangiare salmone! Dio, Emma, come ti è saltato in mente?- rincarò la dose Andreea.

Che avrei dovuto rispondere?

Non me ne sono neanche accorta, ho iniziato ad ingerire oggetti non identificati per mettere a tacere il dolore immenso che si propagava, uccidendo il mio ego personale, già decisamente lacerato dalle tette abnormi di Virginia.

Quindi mugugnai qualcosa sul fatto che la disperazione mi aveva assalita e mi buttai a peso morto sul divano.

Nell'altra stanza, la centrifuga andava alla grande e il lampadario sopra la mia testa cominciò a ballare pericolosamente; osservandolo, mi resi conto che ballava bene quasi quanto me.

O meglio, io ballavo male come un lampadario traballante.

O meglio ancora, io facevo letteralmente schifo nel ballo.

Mi appuntai mentalmente di eliminare il momento "ballo col padre/marito/testimone" dalla mia lista di cose da fare durante il mio matrimonio, e ripresi a divagare con la mente, immaginandomi miriadi di piccoli James avvinghiati alla gamba di Virginia.

Dolore, quanto dolore.

Il telefono fisso squillò due volte e Linda si occupò di rispondere, abbandonandosi a qualche sì, hai ragione oppure no,no assolutamente, infine abbassò la cornetta.

- Emma, è meglio che tu stia a casa per due o tre giorni, giusto il tempo per rimetterti-

sospirò poi.

- Era James?-

- Sì. Ha detto che è davvero dispiaciuto, e che la cosa migliore sia che tu stacchi per un po'. Giusto qualche giorno-

Sentii il cuore sprofondare nella mia pancia ed appoggiarsi dolcemente sul mio intestino: il mio intuito infallibile mi suggerì che Virginia era davvero incinta.

Non c'erano altre possibilità, non c'erano altre vie d'uscita: se prima una vaga illusione che questa non avesse il seme del mio sexy e affascinante capo, di cui ero vagamente innamorata, nel suo ventre mi aveva mantenuta in vita, ora non v'era più alcuna ragione perchè continuassi a perseverare in una vita terrena inutile e poco appagante.

- Allora posso morire in pace, Gesù mi vedrà, avrà pietà di me e mi farà santa, martire di bionde e giustiziera dei poveri avvocati in erba, innamorati del capo- sussurrai a bassa voce.

Deliravo, o forse ragionavo lucidamente: non è che ci fosse troppa differenza.

Linda mi cinse le spalle con un braccio, Andreea prese una sedia e si posizionò dinanzi a me.

Entrambe iniziarono a guardarmi con compassione, mentre io dicevo loro che Virginia era in ritardo.

- Oh, sì, lei è sempre in ritardo, deve cercare di infilarsi in magliette troppo piccole per il suo... ehm.. busto...-

- No, non hai capito, Virginia aspetta-

- No, impossibile, James è sempre veloce, non ci mette niente a prepararsi. Ma perchè, scusa, devono venire qui? Non mi hai detto niente. Io non voglio quella siliconata nella mia abitazione-

- No, non comprendi. Virginia... ha il seme... e crescerà... e lo accudirà...-

- Non ho mai visto Virginia come una dal pollice verde.-

Mi veniva quasi da piangere - Virginia è incinta!- dissi infine, tra un singhiozzo e un mugugno.

Linda si strozzò con la sua stessa saliva e Andreea, seduta calma e placida sulla sedia, rise.

Rise?!

- Andreea, la situazione è tragica, che cazzo ridi?- chiesi con trasporto, lasciando andare tutto il mio odio represso, sguinzagliandolo a briglie sciolte contro la mia amica coinquilina.

- E' impossibile, un giorno, agli inizi della loro relazione, ho origliato una sua conversazione al telefono: lei è sterile, o giù di lì. O comunque, non vuole avere figli-

Rimasi perplessa per un secondo, mentre il silenzio calva in salotto.

-... Ci siete arrivate?- chiese in un sussurro Linda.

-... No?- risposi io - dovrei intuire qualcosa di assolutamente maligno, subdolo ed intelligente? L'utero di Virginia si è risvegliato dal coma, James non sapendolo ha dimenticato di utilizzare le precauzioni necessarie e... bum! Un pargolo virginiano con tette e capelli platinati, maschio o femmina che sia, ci capiterà tra capo e collo entro nove mesi. E tu, Linda, sarai sua zia- dissi tutto d'un fiato, analizzando ogni situazione ed immaginandomi James e quella sciacquetta lì aggrovigliati come quelli che avevo beccato all'ospedale con le mani nel sacco.

Che dolore, che dolore.

- No, scema! Virginia vuole accelerare il matrimonio, probabilmente per essere sicura che qualcuno non si metta in mezzo, essendo questo qualcuno decisamente in grado di rovinare una relazione che si trascina da anni, e si è inventata di punto in bianco questa scemenza. Ecco tutto- disse lei, socchiudendo gli occhi e assumendo l'aria da Conan super detective con gli occhiali.

Io la guardai stupita, ammirata e estremamente incazzata - E chi è 'sta stronza che vuole provarci con James? Un'altra! Un'altra! Non ce la farò mai a sopportarne una seconda-

Linda e Andreea alzarono un sopracciglio - Emma, quando noi ti lanciamo occhiate ammiccanti, non lo facciamo perchè abbiamo degli spasmi muscolari al volto: ci riferiamo a te-

Ah, ecco perchè erano cinque minuti che muovevano convulsamente la testa.

- Non fatelo più, sembrate in preda a crisi epilettiche-

E la discussione si concluse lì.

 

 

Passai tre giorni rinchiusa in camera a drogarmi di marshmallow e soap opera lacrimose in cui tutti amavano tutti e tutti se la facevano con tutti, a prescindere dal sesso o dall'età della persona.

La sera del terzo giorno stavo letteralmente affogando nelle mie stesse lacrime guardando Beautiful, in presa a crisi di ghiandole lacrimali e gente che si mollava a destra e a manca; non che facesse davvero piangere, o per lo meno, non che fosse commovente, ma le mestruazioni scatenavano effetti collaterali sulla mia dignità.

Linda entrò nel momento esatto in cui la puntata 45768 finva, sdraiandosi accanto a me nel letto.

- Allora, hai attuato un piano?-

- No, Ridge ha lasciato Jessica definitivamente, sono troppo compromessa moralmente...-

- Non essere stupida. Domani vai da lui e gli parli apertamente, dicendo che Virginia non può essere incinta-

Io annuii poco convinta - Lo farai, vero?- chiese lei.

- E' come chiedere ad un mammut di scatenarsi in un valzer mozzafiato su un lago ghiacciato, ma sì, lo farò-

- Davvero?- chiese lei, entusiasta.

- No-

Linda sbuffò - No, Emma, devi farlo, non capisci? E' l'unica possibilità che hai per sbarazzarti di quell'essere geneticamente modificato. Devi farlo-

Annuii, e questa volta ero convinta.

O quasi.

Per metà, dai.

Okay, no, non ero un cazzo convinta, ma nella vita bisognava tirar fuori le palle. Per James sì, questo ed altro.

Almeno, così dicevano nei film.

 

Il giorno dopo, per i corridoi della Bob&Co non potevo muovere un passo senza essere assalita dalle segretarie ultra protettive, pronte a chiedermi cosa mai fosse successo al mio cagionevole organismo.

Cambiai motivazione ogni volta che me la chiedevano: a una riuscii a dire di aver avuto un cancro che, grazie a Dio, si era ritirato nel giro di cinque minuti.

La tipa ci credette pure, povera tonta.

A metà giornata adocchiai James dall'altra parte del reparto divorzista e lo pedinai, finché lui, dopo circa venti minuti, non sentì l'irrefrenabile bisogno di andare in bagno.

Prima che riuscisse a chiudersi la porta alle spalle, sgusciai nel gabinetto dei maschi e lo guardai dritto negli occhi.

Che cazzo stavo per fare?

Mi appuntai mentalmente di maledire Linda, una volta tornata a casa.

- Oh... oh...- era imbarazzato, oh, se era imbarazzato- Emma. Emma... come...stai?-

- Oh, bene, dopo essere stata reclusa in camera mia per settantadue ore... Direi bene-

- Oh, sì... mi dispiace, sai, ma credo che un po' di riposo...-

-... Sia la cosa giusta. Sì, James, sì-

Il silenzio cadde e iniziammo a guardarci, sospettosi.

O meglio, lui era sospettoso, io me la stavo facendo in mano.

"Dai, sei nel luogo giusto" disse Gertrude.

"Taci, Gertrude, non è il momento adatto"

- Vuoi... qualcosa?- chiese quindi James, notando che mi ostinavo a tener chiusa la porta del gabinetto.

- Sì, dobbiamo parlare-

- Va bene-

- Va bene-

Restammo quindi in silenzio per un altro minuto, poi James alzò un sopracciglio- Hai intenzione di dire qualcosa?-

- Oh.. Oh, sì, hai ragione. Volevo dire, sto preparando il discorso. Eccomi. Eccomi. Virginia non è incinta-

Lui mi guardò sbigottito, poi boccheggiò un attimo - Che... come... cosa?-

- Virginia! Non ha in grembo il tuo amato pargolo, non è incinta, non può esserlo: Andreea dice di averla sentita dire al telefono, qualche tempo fa, di essere sterile-

James continuò ad aprire la bocca e richiuderla, senza però emettere alcun suono.

- Fai un test, James, non so, prendi la sua urina, o non so... inventati qualcosa! Puoi provarlo! Posso provarlo! Non è incinta-

James continuò a guardarmi stupito, ma questa volta parlò - Perchè ti interessa tanto che lei non sia incinta, Emma?-

- Ovvio! Perchè se lei fosse incinta mi sentirei una sfascia famiglie nello sperare che vi lascia...-

Oh cazzo!

Oh Cazzo!

Che avevo fatto? Che avevo detto? Che cavolo avevo sparato?

Dovevo stare zitta, dovevo tacere, non dovevo lasciarmi sfuggire tutte quelle cose personali, segrete, deludenti e dolorose.

James questa volta rimase impassibile, senza lasciar trasparire alcuna emozione, neanche il disgusto, il che, da un certo punto di vista, era positivo.

- Tu parli troppo, Emma- disse dopo circa cinque minuti, avvicinandosi.

Oh, sì, io parlavo davvero troppo.

- Credo di sì. Comunque, ascoltami bene, Virginia non è incinta, vuole solo sposarti e succhiare tutto il tuo patrimonio-

- Virginia non è incinta- ripeté lui.

Prego?

- Prego?-

- Virginia non è incinta. Virginia non è mai stata incinta, non ho mai avuto il dubbio che fosse incinta, sono solo stupidi pettegolezzi di segretarie troppo annoiate per attenersi al reale svolgimento dei fatti-

Iniziai a comprendere, probabilmente troppo tardi, di essermi fatta una grande, madornale, figura di merda col mio capo.

Una bella grossa.

- Oh-

- Oh-

- Be', credo proprio che il mio lavoro qui sia finito. Sì, credo di sì. Ehm... arrivederci- dissi, aprendo la porta e cercando di squagliarmela.

Dovevo scappare, forse rifugiarmi in Uzbekistan o Kazakistan o giù di lì, dovevo fuggire il più lontano possibile, mettere su un allevamento di polli ed allearmi con quel tipo italiano, Amadori.

James, però, la pensò diversamente: mi trattenne per il polso e mi trascinò nuovamente nel bagno.

- Devi dirmi qualcosa, Emma?-

- Co... Cosa?-

- Non so, qualcosa riguardante lo sperare che io mi lasci con la mia futura moglie...-

Deglutii, poi presi fiato - Ho una reputazione da difendere, capo. Sono abbastanza umiliata di mio, non credo di voler incrementare la mia disperazione. Non credo proprio-

Lui, naturalmente, fece totalmente il  contrario: prese il mio viso tra le mani e lo avvicinò al suo.

- Che stai facendo?-

- Osservo i tuoi occhi alla ricerca di qualche grave malattia oculare, Emma-

- Oh, e vedi qualcosa?-

- Se io ti baciassi, lo saprebbe qualcuno?- chiese lui, totalmente indifferente.

Il mio pensiero volò a Linda ed Andreea.

- Sorelle e coinquiline escluse, ovviamente-

- Non credo-sussurrai. Perchè nei momenti più decisivi non riuscivo a spiaccicare parole, ma nei momenti meno adeguati snocciolavo i fatti miei senza trattenermi? Soffrivo di una grave patologia.

Lui, senza darmi troppa retta, bruciò gli ultimi centimetri che dividevano le nostre labbra, baciandomi.

Okay, specificando che le mie labbra andarono a fuoco insieme agli ultimi centimetri, vorrei aggiungere qualcosina:

Uno: baciava da Dio.

Due: le fantasie, a confronto, erano una gran schifezza.

Tre, ma non meno importante: baciava da Dio.

... Già detto? pazienza, per riconfermare il concetto la ripetizione ci sta tutta.

 

 

 

Okay, gente, ecco qua questo capitolo *_*

Da quanto lo aspettavamo?

Sono di frettissima, risponderò alle recensioni appena posso!

Un bacio!

Ellens

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Torno a casa ***


James mi sollevò senza troppi problemi, il che significava che la dieta aveva fatto effetto, e mi fece sedere sul lavandino

Questo capitolo lo dedico a Madda

che vedrà la scena che aspetta da mesi sfumare via

drasticamente.

Abbi fede, bella donna, e goditi

la dedica.

 

 

 

 

 

James mi sollevò senza troppi problemi, il che significava che la dieta aveva fatto effetto, e mi fece sedere sul lavandino.

Okay, devo ammettere che non era propriamente comodo, ma in tale situazione l'unica cosa che mi premeva era che nessuno aprisse la porta del cesso.

Ecco, effettivamente non era neanche da definirsi un luogo adeguato, ma tant'è.

Continuando a baciarmi, iniziò a passare la mano sotto la mia camicetta che, ci terrei a sottolineare, era decisamente bella.

Ma non tergiversiamo!, dicevo, mi passò la mano sotto la camicia, poi, capendo che la cosa era decisamente scomoda, prese la magnifica iniziativa di sbottonarla direttamente.

Ovviamente io non m'opponevo, il che era l'unica cosa giusta che portavo a compimento in quel santissimo giorno; il pensiero che James stava tradendo Virginia, che lo stava facendo nel bagno, e più correttamente, che lo stava facendo con me, non poteva che farmi bene.

Mi ritrovai, non chiedetemi come e nel giro di quanti millesimi di secondo, schiacciata tra il muro e il suo corpo decisamente bello e palestrato.

Non m'ero mai resa conto di quanto fosse scolpito il suo petto, sotto la camicia che solitamente indossava; ehi, un attimo, non sarebbe stato meglio osservare dal vivo quei muscoli? Io e Gertrude convenimmo che sbottonargli la camicia era la cosa più giusta da fare.

Lui, intanto, non se lo fece ripetere due volte e si sciolse la cravatta dal collo, mentre io armeggiavo con il bottone nei pressi del petto.

Quel cazzo di robo sembrava non avere alcuna intenzione di sbottonarsi, mentre le mie mani iniziavano a sudare e James non si poneva nessun problema.

Egoista.

Passò una mano sotto la gonna, preso della foga; era impressionante come solo pochi secondi prima ci stessimo baciando innocuamente; quello era il bello d'essere ventiquattrenni -parlando per me- non dovevi porti il problema di apparire troia o meno.

Almeno, quella era la scusa su cui mi stavo amabilmente adagiando, moralmente parlando, perché oggettivamente ero bell'e adagiata sempre sul lavabo.

Ce l'avevo quasi fatta con quel santissimo bottone, quando un colpo alla porta ci fece separare istantaneamente.

- E' occupato?- James s'allontanò alla velocità della luce, iniziando a riabbottonare la camicia, mentre io l'osservavo decisamente delusa: ero a tanto così dal sbottonarla definitivamente, cazzo, tanta fatica per nulla.

- Ehm, sì- rispose lui, tossicchiando.

Io, dal canto mio, mi rivestii totalmente, mi girai e gli detti le spalle, iniziando a sciacquarmi le mani, giusto per non vederlo in faccia e servirgli su un piatto d'argento la delusione che si faceva strada nel mio ego personale.

Sfiga, sfiga.

Ciò che in quel momento iniziò a lampeggiare nella mia testa, era un cartello gigante con su scritto "Emma, deficiente, sei nel bagno dei maschi".

James mi prese per un braccio, guardandomi negli occhi - Senti- iniziò.

Eh no.

Il senti no, porca puttana, il senti no! Mi avrebbe detto una cosa del tipo senti, ho sbagliato, io amo Virginia e questa è stata una debolezza che non accadrà mai più.

Allora sì che avrei dovuto fuggire in Uzbekistan.

Presa dalle mie enormi seghe mentali, scostai il braccio, spingendo il mio capo verso la porta - Tu vai, io mi nascondo nel gabinetto finché il tipo non ha finito- sussurrai, poi mi chiusi nella prima porta a destra, abbandonando James e restando in ascolto della porta che si chiudeva e del tipo che la riapriva, entrando e lavandosi le mani.

Mi sedetti sul water, abbassando la tavoletta e tirando su i piedi, così che non si vedessero dall'esterno.

Restai lì, ad immaginarmi le possibili scuse che James mi avrebbe rifilato per mettere fine a quell'incontro decisamente troppo spinto per un capo e un avvocatessa in erba.

"Te l'ho detto dall'inizio che non avrebbe mai funzionato" Gertrude fece capolino nella mia testa.

"Fanculo, Gertrude, tu mi incitavi"

" Non è affatto vero" canticchiò. Dovevo smetterla di parlare da sola, la situazione stava degenerando.

"Sì, effettivamente dovresti smetterla"

" basta, Gertrude, tra me e te è finita"

" E' mai iniziata?" restai, quindi, a piagnucolare da sola sul fatto che Gertrude continuava a

perseguitarmi senza posa, finché qualcuno non aprì la porta del gabinetto e non mi colse in fallo.

Alzai la testa, squadrando l'impiegato del secondo piano, la faccia sudaticcia e le mani gocciolanti, che mi osservava imbarazzato.

Aprii la bocca, cercando di dire qualcosa di sensato, per quanto mi sarebbe risultato difficile in situazioni normali, infine cedetti - Sa che c'è? Eh? Sa cosa le dico?- dissi, scendendo dal water e avviandomi verso l'uscita - Non si baci mai con un suo collega nel cesso, perché va a finire tutto una merda- feci per andarmene, poi tornai indietro - Ah, e a proposito, non sono una maniaca, non avevo intenzione di spiare lei e il suo pirillo mentre faceva la pipì, giusto per chiarire- dietrofront, uscita teatrale.

Figura di merda abnorme, mostruosamente infinita.

Strisciai fino al mio studio, e mi chiusi all'interno: avevo bisogno di solitudine, seriamente; volevo affogare i dolori nel vino (che avevo nascosto nel terzo cassetto, a destra, qualche mese prima) e ubriacarmi fino a dimenticare l'accaduto.

E se Brianne fosse entrata nel mentre, le avrei finalmente detto che le sue scarpe facevano cagare, le paperine erano decisamente brutte, che lei era un mostro e che io non avevo alcuna intenzione di restare ulteriormente in quel cazzo di ufficio.

E infine le avrei suggerito di farsi vedere quel neo ricoperto di peletti che aveva sotto il mento, perché era proprio impressionante.

Mi sedetti alla poltroncina, passandomi una mano sugli occhi: la verità era che James avrebbe potuto benissimo venire a cercarmi, che avrebbe potuto dirmi qualcosa di diverso dal senti; la verità era che per James era stata solo una debolezza, come già immaginato e che non c'era più motivo per restare.

M'alzai, buttai tutti i fogli sul pavimento in  preda ad una crisi isterica, afferrai cappotto e borsa, mi vestii di tutto punto e avanzai con sin troppa convinzione verso l'ufficio di Brianne. Non ci sarebbe stato alcun "e se qualcuno mi vedesse bere"; non ci sarebbe stato più niente da nascondere.

Arrivata dinanzi alla porta su cui spiccava la targhetta col suo nome e cognome, deglutii decisa e la aprii, senza bussare.

Brianne, seduta in poltrona, alzò gli occhi su di me - Sa che c'è, Brianne?-chiesi, e la vecchia mi guardò insistentemente.

- Che succede, Owens? Vuole un permesso per uscire? E' successo qualcosa?- chiese, infastidita.

Io sorrisi - No, Brianne. Me ne vado. Me ne vado, ecco cosa c'è. Me ne vado e non torno più, se proprio lo vuole sapere- presi un bel respiro- Quindi, prima di andarmene, credo proprio che sia giusto che lei sappia qualcosina, giusto per informazione- mi passai una mano tra i capelli- Le sue scarpe fanno cagare- e qui mi tenni ai miei piani iniziali- il suo studio è penoso, dovrebbe farsi togliere quel neo, ed è simpatica come un compasso nel sedere, se proprio lo vuole sapere. E' sola ed acida, una zitella di vecchia data, per il semplice fatto che è isterica e brutta, che non sa cosa vuol dire viversi la vita, che è nata vecchia, con tanto di zampe di gallina intorno agli occhi. Che la bellezza non sa dov'è di casa, che gli uomini la vedono e si sentono attratti da lei tanto quanto potrebbero sentirsi attratti da un calamaro, e se lo vuole sapere, è anche decisamente priva di umorismo. Oltretutto, per finire, le vorrei dire che non ho idea di chi sia questo Owens delle Olimpiadi, e me ne fotto altamente- aggiunsi, nonostante l'ultima frase non c'entrasse molto.

Ma tant'è.

Le detti le spalle, uscendo dall'ufficio.

Avevo decisamente urlato, perché per il corridoio molti impiegati guardavano nella mia direzione. All'angolo, vicino alle macchinette del caffè, James stava parlando concitato con... Virginia.

Sentii la gelosia pervadermi, il senso dell'ingiustizia urlare nella mia testa, e un non so che di pazzo incitarmi.

La frittata l'avevo fatta, tanto valeva farla per bene, no? Avanzai meno sicura di prima verso quei due, mentre lo sguardo di James si spostava da Virginia a me, facendosi preoccupato.

Mi dispiaceva un po' fargli quello, ma Virginia doveva soffrire come stavo facendo io in quell'istante.

Le puntai un dito contro - Senti, botolo di silicone incorporato in un corpo umano- dissi, mentre lei si voltava a sua volta, rivolgendomi uno sguardo vacuo - sai cosa stava facendo mezzora fa il tuo futuro marito? Stava sbottonando la mia camicetta, se proprio vuoi saperlo. E non sembrava proprio preoccupato del fatto che le mie tette fossero più piccole delle tue di due taglie. Fatti delle domande, quindi- non aspettai che lei ribattesse qualcosa di sciocco e tettoso, lanciai uno sguardo a James e me ne andai, iniziando a scendere le scale a due a due.

Quando infine uscii dalla struttura, il sole di Londra, quel santo giorno, sembrava volesse giocare alla caccia al tesoro.

Tirai su col naso, sentendo la delusione che mi aveva accompagnato in quei mesi salire pian piano fino a raggiungere l'altezza degli occhi, poi girai a destra, verso la metropolitana.

Un mano, improvvisamente, mi fermò, aggrappandosi al mio braccio; istintivamente pensai che fosse il barbone di qualche tempo prima, e mi voltai decisa e regalargli direttamente il portafoglio.

Quando però i miei occhi indugiarono sul viso di James, constatai che non aveva propriamente l'aspetto di un barbone.

- Emma, senti, per... ciò che è successo..-

- Non sei arrabbiato, James? Ho appena mandato a monte il tuo matrimonio- gli feci notare, confusa; sotto sotto, ero felice che mi avesse ricnorso.

- Non importa, Emma, non importa. Ciò che mi preme, è che tu non ti sia offesa- disse, passandosi una mano tra i capelli. Ah, ecco.

In quel momento, lo avrei rapato seduta stante. Un moto di rabbia crebbe nel mio cuore: a lui importava che non fossi offesa, non che restassi sola o che mi fossi appena licenziata.

Gli importava che non serbassi rancore, giusto perché nei suoi confronti quello era uno dei tanti sentimenti che non dovevo provare, vero? Era stato solo un errore, non dovevo offendermi.

La mano andò da sola, colpendo la sua guancia chiara e sbarbata - Prima mi sbatti al muro, facendomi capire che è solo una questione di una botta e via, e poi mi dici di non offendermi? Sai che c'è, Davies? Ma vaffanculo-

 

 

* * *

 

Infilai le chiavi nella toppa, girai con forza e aprii la porta.

Linda sbucò da dietro la libreria con lo scopettino della polvere in mano - Che ci fai già a casa?- indagò, sospetta.

- Torno a casa- le dissi soltanto, entrando in camera mia.

- Ho capito, ma come mai sei tornata così presto? Come è andata con James?- io, senza risponderle subito, tirai giù la valigia dall'armadio.

- No, non hai capito, Linda. Torno a casa. Casa mia- dissi, iniziando a ficcare alla rinfusa gli abiti.

- Cosa?!-

- Me ne vado. Ho sbagliato sin dall'inizio, non dovevo venire a Londra. Non dovevo proprio. Tu fratello è uno stronzo, con tutto il rispetto, e a lavoro mi sono appena licenziata. E per James no sono niente, se non una botta e via- sputai tutto d'un fiato.

Linda rimase in silenzio, continuando ad osservarmi fare la valigia.

- E' uno scherzo?- disse, infine.

- No, Linda, torna a casa per davvero-

 

 

* * *

 

La voce automatica chiamò il mio treno, ricordando ai passeggeri che stava per partire.

Tirai un sospiro, trascinando la mia valigia - Se trovate qualcosa di mio speditemelo, non preoccupatevi- dissi, voltandomi verso le mie coinquiline.

La verità era che mi sarebbero mancate tanto.

- Emma, vieni a trovarci- singhiozzò  Andreea, affondando il naso nel fazzoletto ormai lercio.

- Certo, Drea. Verrò- le abbracciai entrambe - E voi venite a trovare me-

Ci stringemmo ancora, infine salii sul treno, sventolando un po' la mano.

Ero partita alla volta di Londra con gli occhi lacrimanti per l'allergia e nessuno da salutare; ora mi trovavo in lacrime, sventolando convulsamente la mano in direzione delle mie amiche.

Tirai un sospiro, affondando nel sedile assegnatomi.

- Oh, ci si rivede, signorina!- una voce felice mi ripescò dai miei pensieri.

Alzai lo sguardo, osservando un uomo stritolato nel suo sedile.

Oh, no, il ciccione maniaco scoreggione no!

 

 

 

 

Saaaaaaaaaaaalve :D

Allora, questo capitolo di comico ha poco o niente, lo so, lo so, ma che ci posso fare? Dovevo proseguire, dopotutto, e non possiamo mica servire alla nostra povera Emma la vittoria su un piatto d'argento, no? Deve sforzarsi un altro po' :D

Ma non temete, gente, presto avremo un lieto fine.

Credo ahahahah :D

Comunque sia, dal prossimo capitolo si tornerà a ridere, non preoccupatevi, ma avevo bisogno di un capitolo mediamente serio per reggere la situazione, quindi state calme :D

Lo so, lo so, credevate che fra James e Emma ormai fosse fatta, ma non m'andava proprio di far iniziare una tresca amorosa ora; no, direi proprio di no. Vi assicuro però, visto che vi ho lasciati con l'amaro in bocca, che presto, prestissimo lui tornerà: sotto sotto è innamorato di Emma, e non si lascerà sfuggire la donna della sua vita.

Non temete, quindi :D Vi lascio assicurandovi che è solo un capitolo serio passeggero, e che la speranza deve essere l'ultima a morire.

basta, basta, ho detto sin troppo.

Al prossimo capitolo, cari!

Un bacio

 

~Ellens

 

Ci terrei a dirvi che sto scrivendo una nuova stroia, nella sezione Romantico, che si chiama Sotto questo sole. Se vi va di passare, mi farebbe davvero piacere :D

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